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DOSSIER
Istanze, permessi e concessioni, l’Abruzzo manifesta sempre più una nuova geografia: la geografia
degli idrocarburi.
Un fenomeno che si è accentuato notevolmente negli ultimi anni, non gestito dalle Istituzioni
regionali, provinciali e comunali, e soprattutto, totalmente nelle mani e negli interessi delle
compagnie petrolifere nazionali ed internazionali.
La vicenda, giunta all’attenzione dell’opinione pubblica e politica grazie, alla mobilitazione di
comitati locali ed associazioni, con la proposta ENI di realizzazione il Centro Oli di Ortona, pone
l’accento, oltre che sulla legittima partecipazione delle popolazioni ai processi decisionali, sulla
vocazione del territorio.
La vertenza mette l’Abruzzo d’innanzi ad una scelta cruciale, poiché sarà impossibile far coesistere
le ragioni del petrolio con le ragioni di oltre mezzo secolo di economia consolidata fatta di
agricoltura e turismo, vere vocazioni di questa regione.
Scelte strategiche queste, da tempo condivise, che hanno destinato importanti territori a parchi,
puntato sullo sviluppo dell’agricoltura e dei suoi prodotti, valorizzato il turismo costiero e montano
e creato nel mondo il marchio di un Abruzzo a garanzia di genuinità e di rispetto del territorio e
delle sue diversità.
E’ sulla base di queste premesse che va letta anche la posizione di contrarietà alla realizzazione del
Centro Oli espressa dal neo presidente Chiodi nel suo discorso di insediamento.
Legambiente e WWF ritengono l’orientamento del Governo regionale una condizione utile ad
avviare responsabilmente una riflessione sul futuro industriale ed energetico dell’Abruzzo che, di
fronte alle sfide globali dei mutamenti climatici, non può che essere orientata alla qualità e
all’innovazione ambientale.
Per fare tutto questo occorre aumentare in primo luogo gli attuali livelli di conoscenza.
Occorre che i Comuni acquisiscano le necessarie informazioni sui rispettivi territori, occorre che la
Regione svolga appieno il suo ruolo e gestisca la vicenda ad oggi in balia di interessi industriali
“legittimi” ma inconciliabili con l’Abruzzo dei parchi, del turismo, della qualità..
Uscire dal petrolio è l’occasione utile per avviare concretamente un programma di risparmio, di
efficienza energetica, di diffusione delle fonti rinnovabili e di innovazione e rafforzamento del
sistema produttivo regionale.
Nel giorno del quarto anniversario dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, Legambiente
e WWF, intendono contribuire alla discussione con la presentazione del Dossier sullo stato
dell’arte della ricerca e della coltivazione degli idrocarburi in Abruzzo.
Uno studio dettagliato, scaturito da una serie di approfondimenti derivanti dall’elaborazione dei dati
ufficiali del settore reperiti presso il Ministero dello Sviluppo Economico che, intrecciati con i dati
Istat territoriali, hanno evidenziato, la geografia degli idrocarburi regionale, per la prima volta su
scala dei singoli comuni.
Un quadro interessante che vede l’Abruzzo tra le prime regioni italiane con la metà (49,11%)
del territorio interessato e con circa i tre quarti dei Comuni (221) coinvolti che racchiudono
nell’insieme quasi l’80% della popolazione regionale (1.045.488 abitanti).
Il quadro si completa con lo studio storico dei pozzi scavati in Abruzzo che, concentrati
essenzialmente nella fascia pedemontana e collinare costiera, hanno evidenziato un totale di
722 perforazioni.
Pozzi perforati in Abruzzo, situazione al 31.12.2007
Esito
Pozzi Totale
Non Produttivi Gas Olio Altro
A terra 217 202 76 32 527
A mare 68 79 43 5 195
Sommano 285 281 119 37 722
Istanze di Permesso di Ricerca in Terraferma
Denominazione Richiedente Sup. (Kmq) Comuni
1 Agnone Medoilgas Italia 337,1 22
Borrello, Carpineto Sinello, Carunchio, Castelguidone, Castiglione M.M., Celenza sul Trigno,
Fallo, Fraine, Liscia, Montazzoli, Monteferrante, Motelapiano, Palmoli, Pietraferrazzana,
Roccaspinalveti, Roio del Sangro, Rosello, San Buono, San Giovanni Lipioni, Schiavi
d’Abruzzo, Torrebruna, Villa Santa Maria,