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La novit del libro di Thorton sta nel fatto che egli non si limita ad analizzare il ruolo passivo tradizionalmente

attribuito alla storia africana, a causa delle deportazioni e della colonizzazione. Piuttosto lautore tenta di evidenziare limpatto sociale e culturale che, pur in condizioni svantaggiate. Gli africani ebbero sia nei loro paesi di origine che nei luoghi in cui furono deportati. La posizione di passivit, assegnatale da numerosi storici del passato, non pi attendibile e studi sempre pi approfonditi rimescolano le percentuali degli attori e rilevano nuovi scenari. Il libro di Thorton si inserisce in questo filone, allargando langolo di osservazione, per scardinare il continente africano e i suoi abitanti da un presunto isolamento e inserirli nella storia del mondo atlantico, connettendo le due sponde di questo oceano e lagandole ad un destino comune. Il lavoro di Thornton era apparso nel 1992 e si fermava al 1680. Nelledizione del 1998 stato aggiunto un capitolo sul XVIII secolo. Affascianato dalla lezione del Mediterraneo di Braudel, lautore sorretto da una documentazione assai ampia, anche di prima mano, e da un costante confronto con gli studi antropologi, propone una lettura di tre secoli di storia atlantica, cercando un equilibrio tra la storiografia eurocentrica, convinta dellassoluta inferiorit dellAfrica, quella radicale, che riduce lidentit africana a quella degli schiavi, e la storiografia pi recente dei nazionalismi africani, che leggono la vicenda precoloniale nellottica del vittimismo. Il fuoco della ricerca si concentra sullapporto degli africani alla costruzione di una cultura afroatlantica e afroamericana, che si manifesterebbe prima della grande ondata di immigrazione forzata del settecento. La tesi che gli africani parteciparono attivamente alla vita del mondo atlantico, sia per quanto riguarda il commercio tra lAfrica e lEuropa sia come schiavi nel nuovo mondo. La seconda e pi ampia parte del volume esamina la vita degli africani nelle Americhe per dimostrare questa tesi, illustrando nei dettagli il loro contributo culturale nelle sue varianti artistica, musicale, o religiosa: una cultura che sopravvive al di l dellAtlantico, facilitata nellincontro con nuove cultura dalle componenti europee che aveva gi assimilato in Africa. ________________________________________________________________________________ I lavori di impianto scientifico moderno sulla storia dellAfrica sono comparsi per la prima volta intorno al 1960. Capostipite di questo genere di studi pu essere considerato i novi volumi di Pierre e Huguette Chaunu interamente basati sullarchivio storico di Siviglia a cui fecero seguito gli studi di Frederic Mauro. Questi autori consideravano lAfrica che si affacciava sullAtlantico come una regione infinitamente pi arretrata dellEuropa entrata in contatto con il continente nero, ci che rendeva i loro libri viziati da un eurocentrismo a tratti eccessivamente marcato. A correggere questa impostazione venne in seguito una nuova leva di storici, che si collocarono a met strada riguardo al ruolo giocato dallAfrica ma che non si allontanavano molto dalle ipotesi di Chaunu e Mauro. Nel senso che, ancorch avessero un approccio critico nei confronti delle potenze coloniali europee e nutrissero un evidente simpatia per la causa del Terzo Mondo, anche questi storici finirono per considerare lAfrica come una vittima passiva dei Paesi coloniali. Anche quando si affacci sulla scene il primo storico nazionalista africano, Basil Davidson, che pure spese una vita per dimostrare quanto i neri avessero alle spalle una vera storia e da molti secoli prima dellet coloniale avessero esercitato un pieno controllo del proprio continente, al momento di parlare della tratta degli schiavi si torn non solo ad assegnare allAfrica un livello di sviluppo inferiore rispetto allEuropa, ma ad indicare nello squilibrio tra Europa e Africa la causa

del traffico schiavista. Con il che si ribadiva un immagine dellAfrica arretrata e passiva proprio per il fatto di essere vittima della potenza e dellingordigia europea. Eppure storici successivi ( Creel, Sobel, Price) hanno portato prove su prove al background dinamico e creativo degli africani in America: giunsero si come schiavi, ma il loro apporto fu poi fondamentale per lo sviluppo culturale oltrech economico degli Stati Uniti. Ma anche questi studiosi non sono riusciti ad affermare pienamente le dinamiche delle societ africane precoloniali. Con la conseguenza che rimasto inesplicato da dove traesse origine il background di cui si detto che tanto giov agli Stati Uniti. Thorton rivoluziona questo campo di studi. Dimostra che il commercio atlantico non fu cos essenziale al benessere e allo sviluppo degli africani. Che lAfrica precoloniale possedesse un economia molto pi varia e produttiva di quanto si sia sempre pensato. Che gli europei non avessero la forza necessaria a costringere gli africani a partecipare a qualsiasi tipo di commercio che i loro leaders non avessero liberamente scelto di intraprendere. Che lintero commercio africano con lAtlantico, inclusa la tratta degli schiavi, fu volontario. Che ben prima del XV secolo la schiavit era una pratica assai diffusa nelle societ africane, che i loro sistema dava molta importanza ai rapporti giuridici di schiavit per fini politici e che un numero relativamente grande di persone fu probabilmente schiavo, per un lasso di tempo, almeno una volta nella vita. E qui Thorton punta lindice contro gli africanisti accusandoli di non essersi mai interessati a quegli aspetti della societ e della storia dellAfrica che avrebbero chiarito la natura delle intenzioni con il mondo atlantico: in particolare essi non si sono mai chiesti come il background africano degli schiavi afroamericani abbia inciso sulle loro reazioni al nuovo ambiente. Di fatto gli africanisti hanno sempre considerato il destino degli africani solo una volta che questi erano arrivati nelle americhe. Mentre c un grande passato africano da investigare e riportare alla luce. A questo punto, afferma Thorton, c bisogno di una revisione sostanziale nella storiografia esistente anche se abbatter alcuni pilastri della tradizionale visione dellAfrica vittima degli Europei. Si pu senzaltro sostenere afferma Thornton che le relazioni commerciali tra Africa ed Europa furono piuttosto simili alle altre relazioni economiche internazionali di quel periodo; questa tesi surrogata dal fatto che gli africani furono commercianti esperti, che non subirono il dominio dei commercianti europei, n in virt di un presunto controllo che questi ultimi esercitavano sui mercati, n di una presunta superiorit nelle tecniche commerciali o di produzione. Ma gli storici, in questo influenzati dalle ricerche demografiche, hanno sempre messo in rilievo gli effetti nocivi della tratta degli schiavi, il danno provocato allintera regione dalla perdita di maschi adulti. In particolare Rodney ha scritto che il commercio forzato degli schiavi aveva causato allAfrica uno scoinvolgimento sociale (guerre e danni militari), alterato i sistemi giuridici e aumentato le disuguaglianze.

Successivamente per nuovi storici (Fage, Eltis) hanno sostenuto che la schiavit era gi ampiamente diffusa prima dellarrivo degli europei e aveva carattere autoctono nella societ africana, cos come era presente un commercio di schiavi. Gli europei si sarebbero limitati a sfruttare questo mercato preesistente e gli africani avrebbero risposto alla domanda in crescita nei secoli successivi fornendo sempre pi schiavi. Ed questo il punto per Thornton: Non possibile accettare la tesi secondo cui gli africani sono stato obbligati a partecipare a questo mercato contro la loro volont. La schiavit era diffusa in Africa, la sua crescita il suo sviluppo furono gran parte indipendenti dalla tratta atlantica; il commercio atlantico stimolava e sviluppava il mercato interno incentivando una pi diffusa ricerca di schiavi Ma perch la schiavit era cos diffusa in Africa? Per il fatto che, risponde lautore, gli schiavi rappresentavano lunica forma di propriet privata capace di produrre reddito che fosse riconosciuta dalle leggi. E in Europa, invece? Nel vecchio continente la forma principale di propriet privata in grado di produrre ricchezza era rappresentata ( e giuridicamente riconosciuta) dalla propriet terriera, istituto praticamente sconosciuto in Africa. Jack Goody ha sostenuto che nel continente nero di terra ce nera troppa per la bassa densita di popolazione e che sarebbe questo che avrebbe causato larretratezza di questa vasta area geografica. Ma anche qui Thornton non daccordo: nel XVII secolo, egli sostiene che la densit media della bassa Guinea (corrispondente circa alla met meridionale del Ghana, Benin, Togo, e Nigeria) ammontava a pi di 30 persone per chilometro quadrato, ben oltre a quella dellEuropa nello stesso periodo, tant che i padri cappuccini che visitarono larea nel 1662 osservarono che era cos popolosa da rassomigliare a un continuo e nero formicaio. Dunque prosegue Thornton abbiamo buone ragioni per credere che in Africa non esistesse ne la grande ne la piccola propriet, ossia piccoli appezzamenti di terra posseduti dai contadini o destinati allaffitto. Naturalmente a ci deve essere aggiunto che il sistema giuridico africano non garantiva ai piccoli coltivatori la sicurezza del possesso. Quel che sappiamo dai nuovi studi, induce a ipotizzare che chi coltivava la terra fosse piuttosto sicuro di proprio diritto di farlo, ma probabilmente non avesse la facolt di venderla, alienarla o affittarla e comunque abbiamo sufficiente elementi per credere che gli africani possedessero i prodotti della terra ma non la terra stessa. Fin qui, negli studi sul continente, le societ africane precoloniali sono state descritte come retrograde perch in esse lo Stato limitava fortemente liniziativa privata dal momento che non garantiva la certezza del profitto; in particolare gli studiosi ritenevano che lassenza di ogni forma di ricchezza privata che non fosse mediata dallo Stato, avesse impedito lemergere del capitalismo e, in definitiva, avesse bloccato sul nascere ogni sorta di progresso africano. Niente di pi falso sostiene Thornton: Se gli africani non disponevano della propriet privata di uno dei mezzi di produzione (la terra), potevano ancora possedere laltro, il lavoro (il terzo fattore, il capitale, era relativamente poco importante prima della rivoluzione industriale). La propriet privata del lavoro perci procur agli imprenditori africani ricchezza sicura e riproducibile.

In Europa se qualcuno acquistava delle ricchezze che desiderava investire in maniera sicura e proficua, in genere acquistava della terra. Naturalmente osserva Thornton, la terra in se non produce ricchezza, ma in genere veniva data in uso a mezzadri in cambio di un affitto oppure veniva coltivata da braccianti sotto la supervisione del proprietario, cosicch non era necessario ricorrere a schiavi per procurarsi forza lavoro. In Africa invece chiunque volesse investire la propria ricchezza in maniera proficua non poteva acquistare la terra nel momento che come si detto no esisteva la propriet privata. Perci lunica via era acquistare schiavi che, in quanto propriet mobile, potevano essere ereditati e generare ricchezza. Poi non ci sarebbero stati problemi ad ottenere la terra da far coltivare agli schiavi, poich il diritto africano permetteva laccesso alla terra a chiunque la coltivasse, libero o schiavo, a meno che qualcun altro la stesse coltivando prima di lui. In questo modo gli schiavi rappresentavano la figura equivalente a quella europea del libero affittuario o del bracciante. Anzi le loro condizioni di vita erano addirittura migliori di quelle europee. Giacinto Brogiotti da Vetralla, che raccont il Congo nel 1659, scrisse che li esistevano uomini schiavi solo di nome in virt della loro relativa libert e dellampia gamma delle attivit in cui venivano impiegati. Gli schiavi giunsero ad avere ruoli di soldati, amministratori, consiglieri reali, godevano perci di grande libert di movimento e di uno stile di vita talvolta privilegiato. Cos gli allargamenti territoriali non costituirono una priorit per i regnanti africani. Gli storici hanno fin qui indicato questa incapacit africana di erigere grandi stati duraturi come prova dellarretratezza del continente. Thornton si concentra invece su entit statuali pi piccole, ne dimostra crescita e sviluppo e giunge alla conclusione che le guerre africane che puntavano ad ottenere schiavi costituirono lequivalente delle guerre europee e asiatiche di espansione territoriale: Mentre la conquista di nuove terre scrive avrebbe comportato lamministrazione di aree pi grandi e lespansione delle risorse militari, lacquisizione di schiavi richiedeva brevi campagne che non necessitavano della creazione di nuovi apparati amministrativi.. Di pi: La conquista di territori e il loro successivo governo richiedevano di norma la condivisione dei ricavi della terra con i proprietari esistenti, con i notabili e gli altri potenti dello stato sconfitto che potevano si essere eliminati ma che spesso invece venivano cooptati. Con gli schiavi al contrario non era necessario negoziare e si potevano utilizzare individualmente o in piccoli gruppi nelle strutture gi esistenti.. In ogni caso lo studio accurato di due grandi realt africane come il Congo e il Ndongo, nel Quattrocento rende evidente come la schiavit costituiva gi allora quantomeno un fondamentale supporto per i processi di accentramento dei poteri delle monarchie. Gli schiavi erano presenti in tutte le aree geografiche dellAfrica atlanticae il mercato degli schiavi era assai sviluppato. Chiunque ne avesse la possibilit, acquistava schiavi nei mercati locali, sebbene talvolta fosse richiesto a questo scopo un permesso statale o reale, come in Costa dAvorio. Dopo la missione diplomatica di Diogo Gomes presso i governanti dellAfrica occidentale nel 1456, che apr la strada dei mercanti a nord del Gambia, le esportazioni di schiavi crebbero a dismisura.

Quindi anche prima che le navi raggiungessero il fiume Senegal, i mercanti portoghesi acquistavano schiavi dalle carovane provenienti dal nord, dallavamposto di Arguin, lungo lantica tratta commerciale transahariane. E il re del Portogallo dovette intervenire per vietare che questi schiavi venissero rivenduti ai musulmani. Non vi sono ragioni, afferma Thornton, per credere che i portoghesi fossero in grado di forzare il Conghe esportare schiavi contro la propria volont. Al contrario le ragioni della crescita della tratta congolese vanno ricercate nella presenza di un sistema di schiavit sviluppato, di un mercato e di una spedizione di schiavi che preesistevano al contatto europeo. Dobbiamo perci concludere che la tratta atlantica degli schiavi e la partecipazione degli africani ad essa avessero solide origini nelle societ africane e nei lori sistemi giuridici; listituzione della schiavit era assai diffusa in Africa ed accettata in tutte le regioni di esportazione e la cattura, lacquisto, il trasporto e la vendita degli schiavi erano eventi usuali nella societ africana.

Pur spostando il suo obiettivo sul mare e sulle rotte che lo attraversarono, Thorthon non si limita a frequentare le coste africane. LAtlantico infatti, penetra dentro lAfrica grazie ai grandi fiumi, che fin dai tempi remoti hanno costituito delle fondamentali vie di collegamento utili ai commerci interni ed esterni. Grandi corsi dacqua come il Niger, il Senegal, il Congo penetrano profondamente nellinterno e le testimonianze dei primi esploratori raccontano di imbarcazioni che trasportavano ininterrottamente merci e uomini lungo questi fiumi. Il tutto sta a testimoniare che fin dal XV sec., negli stati atlantici dellAfrica leconomia godeva di buona salute e non a caso,, infatti, i portoghesi, i primi a percorrere le coste occidentali del continente, avviarono floridi commerci alla pari con regni e stati africani. Non dunque una condizione succube dellAfrica, ma un ruolo attivo e redditizio. Come afferma Thorton, con dovizia di dati e fonti storiche, non era conveniente combattere in Africa, meglio commerciare.

Molto interessante invece, lo sguardo nuovo che si da allimportanza della cultura africana, approdata sullaltra sponda delloceano con gli schiavi, nella costruzione delle diverse culture americane. Adottando un approccio dinamico e dialettico ai fenomeni culturali, Thorton smentendo diverse teorie del passato, analizza i diversi modi in cui gli africani, diventati afroamericani, abbiano saputo ricontestualizzarsi e rimodellare la loro cultura, trasformando di conseguenza anche le culture autoctone. Dalla parentela all estetica gli africani deportati non si sono ne chiusi in gusci impenetrabili, na hanno abdicato totalmente alla loro tradizioni, ma hanno saputo reagire alla nuova condizione, interagendo con i nuovi paesaggi culturali che li attorniavano. Non sopravvivenza di cultura negra , ne solo adozione di nuovi modelli, ma la formulazione di una vera e propria cultura afroamericana. Ecco ribadito il ruolo attivo e condizionante degli africani, anche nella fase pi tragica per loro, che fu quella della tratta. Thorton parla di intere regioni americane africanizzate dagli schiavi a scapito

dei gruppi creoli che le abitavano, come nel caso di Cuba, della Jamaica, di Santo Domingo e di molte altre isole caraibiche, che conobbero non pochi conflitti tra africani e locali. Schiavi si dunque ma non per questo deculturati o assolutamente passivi. Due sono i presupposti principali della tesi di Thornton. Il primo che nei luoghi di arrivo gli schiavi avessero la possibilit di comunicare tra loro nonostante le enormi differenze delle lingue dorigine, di creare o ricreare famiglie e forme comunitarie, e avessero del tempo libero a disposizione: solo cos potevano mantenere e sviluppare un autonomia culturale. La presentazione di Thornton della schiavit sembra pi dolce. E semmai nel settecento che i codici neri prevedono, assieme al riposo domenicale, la riunione di schiavi appartenenti allo stesso padrone o piccoli orti che essi possono coltivare in proprio. Ed discutibile, anche se attestato in alcuni casi, considerare le forme di resistenza degli schiavi, come la fuga dal luogo di lavoro, tentativi di rovesciare il sistema o di contrattare migliori condizioni di vita. Laltro presupposto lattribuzione allAfrica di un ruolo attivo nel commercio atlantico. La suggestiva descrizione geografica iniziale con al centro i fiumi che collegano il continente nero alla costa, serve a spiegare il dinamismo economico dei regni africani e la loro capacit di commerciare alla pari con gli europei. Capitolo I La navigazione europea verso lAfrica e il nuovo mondo. Chaunu lo chiama disenclavement coi la fine dellisolamento. Importanza dei fiumi Importanza dei venti e delle correnti. 1. Origini della navigazione Il mare mediterraneo e il mar Baltico Es. di Malocello tra la Francia e Ceuta. 2. Motivazioni europee di lungo periodo. Abbiamo una lettura romantica e una lettura contemporanea Obiettivi geopolitica es. Enrico Zurava alleanze contro i musulmani Obiettivi economici es. perdita di Acri 1291 Fr. Vivaldi e Ferrer. 3. Motivazioni di breve periodo. Spedizioni non solo Portoghesi e soagnole ma internazioni Espansione africana (schiavi e oro)

Espansione atlantica (ricerca di terre da sfruttare) In entrambi i casi si parte dalle Canarie. 4. Il ramo africano dellespansione. Ferrer dalle Canarie verso il fiume delloro Gil Eanes Capo di Bojador Senegal 1444 con motivazioni di profitti immediati Arcipelago Capo Verde (disabitato) pepe malaguetta Isola San Tom Diego Cau, Dias, Vasco de Gama

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