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numero 43 anno IV 12 dicembre 2012


edizione stampabile

L.B.G. GUIDO MARTINOTTI Guido Martinotti OBAMA C'EST MOI! Basilio Rizzo PUNTARE TUTTO SU UMBERTO AMBROSOLI Michela Locarno IO STO CON ALESSANDRA KUSTERMANN Carlo Monguzzi ANDREA DI STEFANO CONTRO LA SFINGE REGIONE Patricio Eduardo Enriquez COL PGT UN DIVERSO PROGETTO PER MILANO POSSIBILE Giuseppe Natale CITT METROPOLITANA E RIFORMA DELLE AUTONOMIE LOCALI Giovanna Franco Repellini LA CITT, IL GRATTACIELO E LA NUOVA PIAZZA Vittorio Gregotti LAPIET RONDANINI: UNA RISPOSTA NON FACILE Antonio Piva PER PIET LASCIATE DOVE LA PIET RONDANINI Franco DAlfonso UNINCOMPRENSIBILE SINISTRA-SINISTRA Marco Ponti SEA: CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA VIDEO 1 UMBERTO AMBROSOLI: LA MIA REGIONE VIDEO 2 ALESSANDRA KUSTERMANN: QUEL CHE NON HO POTUTO FARE, QUEL CHE FAR SUGGERIMENTI MUSICALI PAPER AIRPLANE canta Alison Krauss & Union Station Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA Marco Santarpia e Paolo Schipani

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GUIDO MARTINOTTI Luca Beltrami Gadola


Di tante cose avrei dovuto parlare in questo editoriale: dellosceno spettacolo degli uomini del Pdl e della loro schiena incapace di star dritta, della nausea che mi prende pensando a Berlusconi, il pupazzo sempre in piedi, e al suo calpestare il bene comune, della spudoratezza delle sue bugie, dello sconforto per le parole dellarcivescovo Scola col suo integralismo e il suo profondo irriconoscente disprezzo per tutti noi laici che in nome della libert non alziamo un dito per impedirgli di dire quello che dice, anzi difendiamo il suo diritto a esprimersi. Dovrei parlare del suo forsennato tentativo di riportare Milano e i milanesi indietro di qualche secolo quando le istituzioni erano profondamente condizionate dalla Chiesa che si alleava con la nobilt e allaristocrazia per non pagare le imposte e per opprimere il popolo. Da questi tristi argomenti mi allontana un preciso doloroso compito: il compianto per Guido Martinotti. Coetanei, ci conoscevamo da sempre, lo stimavo e lo apprezzavo per il carattere e per tutti i meriti che i suoi amici e i suoi collaboratori e la citt intera gli hanno riconosciuto in questi tristi giorni, senza eccezione alcuna. Ci conoscevamo da sempre anche per la comune militanza politica ma solo nel 2009 i nostri rapporti sono diventati ben pi stretti: nel maggio di quellanno scrisse il primo articolo per il nostro giornale e da allora la sua collaborazione e i suoi pezzi divennero una feconda consuetudine per i nostri lettori. Se ArcipelagoMilano si conquistato un posto al sole nel panorama culturale e politico milanese lo dobbiamo anche a lui. E non solo. Le conversazioni con Guido sugli argomenti da trattare e sugli orientamenti del nostro giornale erano unoccasione pressoch settimanale. Gli devo dunque molto perch, dopo aver parlato con lui delle cose che a entrambi stavano a cuore, il mio giudizio diveniva pi meditato e la rabbia e la foga si tramutavano in un sentimento equilibrato: era riuscito a trasmettermi il suo ottimismo di fondo, il rispetto e lamicizia verso la societ che ci circonda, anche quella dagli atteggiamenti meno condivisibili. Le sue osservazioni e i suoi studi sulla societ milanese resteranno come bagaglio indispensabile per chiunque di questa citt voglia conoscere tutto, anche i visceri pi nascosti. Le sue frequentazioni del mondo anglosassone, universit e amicizie, davano ai suoi giudizi e alle sue analisi unapertura da cittadino del mondo, consentendogli una visione della realt italiana libera da condizionamenti e prudenze provinciali. Poche settimane orsono nelle nostre chiacchiere conviviali davamo corpo alla comune speranza che il declino del nostro Paese volgesse al termine e che, uscito di scena come sembrava luomo pi dannoso che lItalia mai ebbe dopo Mussolini, la vita ricominciasse come la desideravamo. Berlusconi nuovamente in campo e se mai dovesse vincere almeno questo ennesimo oltraggio Guido non dovr soffrirlo. Ma se il Paese con un sussulto di dignit potesse finalmente voltare pagina, non avremo Guido a supportarci col suo sapere e la sua saggezza e a evitarci gli errori dei facili entusiasmi della vittoria. Il compianto. In sua memoria pubblichiamo oggi linedito Obama cest moi! una parte di un suo recentissimo contributo che, col suo consenso, avevamo spezzato in due per ragioni di equilibrio editoriale, ripromettendoci di pubblicarne il seguito. La prima parte stata pubblicata nel n39 del nostro giornale col titolo Note sparse sul fine tuning del rientro

OBAMA CEST MOI! Guido Martinotti


Come sempre i politici italiani sono velocissimi nel rigirare qualsiasi frittata: a leggere i giornali non ce n uno che era stato per Romney. Formigoni e Maroni in testa sembra che Obama sia il loro fratello di latte (mi scusi Obama per Maroni). Mi domando se Formigoni abbia mai discusso con Obama dei same-sex marriages. E Maroni? Gli avr sicuramente raccontato quella barzelletta leghista che fa tanto ridere: l culpa mia se lu l negher?. La chutzpah di questi personaggi resiste al martello pneumatico. Ma non sono solo i politici: a leggere i terzini del Corriere, (in grandissima forma Antonio Polito e Ostellino) si respira una buona boccata di aria fresca, sopratutto nuova e originale, e in conclusione si capisce che Obama ha preso lezione da loro e ripetizione da Casini. Per Polito lestremismo non paga: per farsi eleggere bisogna fare come Polito. A dire la verit non ha pagato lestremismo di n. 43 IV 12 dicembre 2012 destra, perch il grande rimprovero che stato fatto a Obama dal suo elettorato, e che forse gli ha fatto perdere alcuni voti, stato di essere troppo tiepido, non di essere troppo estremista. Non stato Obama, ma Romney a fare un giro di valzer verso il centro e le minoranze ispaniche, quando si accorto che i Repubblicani rischiavano di essere insabbiati come partito di bianchi in et avanzata. Polito ha una semplice spiegazione Its the economy stupid. In periodo di crisi le persone si dimenticano degli issues, ma non si rende conto, nonostante la sua cultura marxista, temo ormai sepolta, di stare citando Brecht "Erst kommt das Fressen, dann kommt die Moral!". Lidea di fondo che Obama ha vinto al centro: certo, dice Polito, il same sex marriage gli avr fatto perdere qualche voto (come fa a saperlo? Boh. Ma non dice Polito quanti gliene ha fatti guadagnare da unaltra parte) ma questi temi non interessano gli elettori in questi momenti. Peccato che nella storia politica americana concedere i matrimoni ai gays, varare un piano di sanit pubblica, ma soprattutto dire che i ricchi (come lui) devono pagare pi tasse dei poveri, sono azioni molto lontane dallelettore medio che piace a Polito, e sono considerate da gran parte dei perbenisti americani posizioni molto estreme, che per molti di loro sono socialiste, esattamente come sarebbero ritenute comuniste da Berlusconi. Obama le ha testardamente perseguite non perch portassero voti del centro, ma perch una persona seria che crede nelle cose in cui crede, un tipo di mentalit che il realismo dei terzini non riesce neppure a concepire essendo la razionalit dei terzini interamente blase (cauteriata, traduce correttamente Rosmini, riferendosi a questo tipo di coscienza).

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Peccato che questa interpretazione tralascia alcuni importanti dati di fatto. Obama ha fatto man bassa non di voti di centro, ma di minoranze (13% neri e ispanici passati dal 6 al 10%) conquistate con il porta a porta e soprattutto con la grande passione dei volontari. Ma per i terzini questa roba non esiste: Realpolitik e Zweckrationalitaet, tutto il resto non esiste. E quella lacrima? Roba da sissies. I veri politici non piangono, la politica solo sudore e merda, e corsa al centro. Inutile dire che Obama una persona decente che crede in quello che fa, ma non un nincompoop, sa il fatto suo e, come la volta scorsa aveva sorpreso con luso straordinariamente abile della rete, questa volta ha sorpreso tutti, a partire dal suo avversario Romney, con luso sistematico delle scienze sociali: un team delluniversit di Chicago ha messo in piedi uno straordinario sistema di informazioni (chiamatelo pure database, ma riduttivo) che ha permesso ai volontari di individuare, sezione elettorale per sezione elettorale, chi non aveva votato in precedenza in modo sistematico e puntuale (attenzione, sono dati pubblici, non c nessuna violazione della privacy). Ovviamente senza il lavoro volontario di decine di migliaia di volontari queste informazioni non sarebbero servite. questa la grande lezione di Obama: che si possono portare avanti anche politiche impopolari se si pronti a investire molto e se si riesce a comunicare con le persone tanto ai margini della societ, da non essere nemmeno in grado di esprimere il proprio voto. Altro che centro! Obama ha vinto nelle periferie, ma i supermaghi della analisi politica italiana, come Polito, queste cose non le possono vedere, contrariamente alla interpretazione materialista che sia leconomia a motivare le persone (andatelo a raccontare ai volontari della campagna di Obama) proprio nei periodi di crisi che si liberano molte risorse personali e molti elettori dai loro legami tradizionali e che la proposizione seria di progetti difendibili, ancorch non perbenisti, pu motivare azioni innovative. Piero Ostellino non ha problemi, Obama non gli piace e, in aperta contraddizione con Polito, sposa la propaganda di Romney senza alcuna riserva e crede che Obama abbia vinto, non perch sostenuto dal centro, ma perch rappresentativo della way of life pauperista e assistenzialista. Cosa sia questa way of life pauperista non mi chiaro, n. 43 IV 12 dicembre 2012

ma era chiarissimo a un Romney sempre vestito e pettinato come un signore da country club diretto al bar. la vecchia storia che Obama un socialista e Ostellino non fa che riprendere in tono pi soffice lo spot politico di Perteffy, che mi ha ossessionato durante le ultime due settimane di campagna. Cerco di controllare la mia Schadenfreude, ma non posso che rallegrarmi per tutti i milioni di dollari che Perteffy ha speso per la campagna contro Obama e che, lo giurerei, sono in buona parte finiti nelle tasche di creativi che poi per Obama avranno probabilmente votato. Anche il WSJ se la ride un po sotto i baffi After Warning of Slide Into Socialism, Billionaire Peterffy Disappointed by Election.. Lad di Peterffy era un esempio vergognoso di propaganda stalinista, forse lunica che limmigrato ungherese conosce, e non ha avuto successo anche perch finalmente, come per il comunismo di Berlusconi, si sono affacciati nuovi elettori, giovani, immigrati da paesi non europei, che non comprendono questi codici obsoleti. Ostellino si produce nella improbabile tesi che se gli Usa fossero ancora un Paese conservatore nellaccezione americana di liberale anche sotto il profilo socio-economico avrebbe vinto Romney. N lalternanza elettorale fra democratici e repubblicani ne fa un Paese di centro. Gli Stati Uniti sono, ormai e a modo loro, un paese tendenzialmente statalista. A dare la definitiva spallata al sogno individualista stata la mutazione antropologica prodotta dalla massiccia immigrazione latinoamericana. Gli Ostellino sono terrorizzati dagli ispano-americani, come generazioni di conservatori in passato hanno avuto paura degli irlandesi, degli italiani degli ebrei e via dicendo e non si rende conto del ridicolo che pu suscitare una affermazione come questa: forse, la prossima tappa sar la scomparsa dellinglese, come lingua ufficiale, sostituito dallo spagnolo (perbacco in molte citt lo spagnolo gi la seconda lingua). E questo terrore ha portato il proprietario di un McDonalds in West Virginia a esporre la bandiera americana al contrario o gli studenti della Universit del Mississippi (altro stato con forte assistenzialismo) a inscenare un riot razziale contro Obama. Il rispetto dei fatti non il punto forte di chi, come Ostellino, ha opinioni tanto granitiche e ho limpressione che Ostellino faccia qualche confusione di date. C. Wright Mills che

scrive nel 1951 e 1956 quando londata ispanoamericana era appena uno sciaguatto nel West Side, ha come riferimento Behemoth del 1942 e teme una evoluzione interna alla struttura organizzativa capitalista. Non centrano per nulla gli ispanici, cos come non centrano con il New Deal e la Tennessee Valley Authority, il pi celebrato degli interventi statali (dello stato federale) a sostegno delleconomia. La concentrazione di potere nello stato federale , se vogliamo, una conseguenza inevitabile di Yalta e del proseguimento a livello mondiale delle teorie per cos dire genetiche della cultura americana: quelle che Hector de Crevecoeur, duecento anni prima, aveva chiamato love of newness e senso di manifest destiny della cultura americana, poi riprese da Sullivan. evidente che se lAmerica crede, come ha creduto, finora al suo ruolo di leader mondiale, come hanno ben spiegato C. W. Mills e decine di altri autori era inevitabile una concentrazione di potere nelle mani dello stato (federale) Che piaccia o no, lAmerica di Tocqueville che la vecchia Europa ammirava e della quale, contemporaneamente, diffidava non c pi. Alla buonora! Ma sono passati quasi due secoli (1835, 1840)! Tocqueville uno dei fondatori della mia disciplina, e il suo testo importante e attuale per i problemi teorici che lucidamente pone, prenderlo come riferimento di tipo descrittivo o storiografico per la comprensione della societ americana contemporanea sarebbe un po come intervistare Rip Van Winkle alluscita dalla grotta. Lipset in America the First New Nation sottolinea limportanza dei coloni e degli immigrati, lAmerica senza immigrati non sarebbe America e Rudy Giuliani, il sindaco idolatrato dai conservatori milanese, sugli immigrati ha parole da vero liberale If we remain united and focus on our mission we will do justice to the great legacy of immigrants and we will protect the rights of immigrants, both those who are in the country already and those who plan to come here in the future. Then we will be advancing the principles of America which are also the founding principles of this organization. Forse Ostellino non lo sa o forse non lo vuole dire, ma gli stati con la maggior proporzione di assistiti da welfare sono proprio gli stati della Red America, quella che vota Romney. E poi chi lassistito? Romney che paga sui suoi miliardi di dollari il 14% o la sua donna di

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servizio che sulle sudate migliaia paga il 30%? Non si potrebbe una buona volta smetterla con questa propaganda? Obama sar probabilmente uno dei grandi presidenti della storia americana, ma non lo possiamo dire ora con certezza perch la storia anche capace di giocare brutti scherzi e ci troviamo tutti su una pericolosa rocky road. Possiamo dire per che lo gi stato in buona misura: la sua dirittura e la sua ragionevolezza (che gli viene spesso rimproverata dai suoi sostenitori) hanno gi ampiamente dato ragione a chi gli ha assegnato il Nobel. Il suo comportamento durante luragano stato quello di un uomo di stato (e vengono i morsi alle budella se lo si confronta con le volgari buffonerie di Berlusconi allAquila) e la sua sincerit ha bucato lo schermo tanto da attrarre anche il plauso degli avversari. Ostellino non si pu trattenere dallusare il populismo di bassa lega tipico dei conservatori italiani (che stanno sempre dalla parte di chi ha i soldi, ma poi se uno che non povero fa discorsi di sinistra gli saltano alla gola), e stigmatizza i modi propri del ricco establishment cui appartiene. Cerca poi di fare un improprio confronto con Kennedy, un

altro che la destra italiana non ha mai digerito, rivelandoci che il vero grande presidente stato Johnson. Vero verissimo e ho ribadito proprio questo punto il 30 ottobre scorso in un post agli amici del Circolo Rosselli. Vero anche che, allora, Johnson venne attaccato dai democratici pi liberal, ma cera la guerra in Vietnam che appariva stolta e crudele, come poi si rivel. Proprio un paio di anni fa visitando il ranch di LBJ (con molta commozione) con un mio coetaneo, Michael Gagarin, professore a Utexas, commentavamo la poca saggezza delle grida degli studenti di allora: Hey Hey, Lbj, how many kids did yo kill today. Ma la consapevolezza che Johnson stato un grande presidente era gi ben solida in chi aveva seguito la legislazione della Great Society e della lotta alla povert (che per il suo assistenzialismo dovrebbe fare inorridire lOstellino, che ora lo elogia in funzione antikennedyana: infatti contemplava anche il cosiddetto salario negativo). La revisione della figura di Kennedy non proprio fresca di giornata: il libro di Seymour Hersh, The Dark Side of Camelot del 1997 e la versione fictional noir, American Tabloid di Ellroy era gi uscita nel

1995, per citare solo due lavori come segnalibro in una lunga lista. Ma nel 1962-1963, allapice del periodo kennedyano io ero l e posso dire senza timore di essere smentito che, senza la spallata di JFK, difficilmente si sarebbe potuti arrivare alla Great Society di Johnson, cosicch oggi questo discorso appare un po stantio. Lassimilazione tra Obama e Kennedy poi del tutto fuori fuoco, sia come origine sociale, sia come stile personale e politico: forse lunica cosa che li accomuna la circostanza che Kennedy fu il primo cattolico alla presidenza degli Stati Uniti e Obama il primo presidente minority, perdipi confermato. Difficile trovare una testimonianza allAmerican Dream, pi indiscutibile e significativa. Forse i soloni italiani, invece di proiettare su Obama i pi triti luoghi comuni della nostra cultura, fondamentalmente incapace di percepire e amare il nuovo e, anzi, profondamente misoneista, come avrebbe detto Pareto, dovrebbero fare uno sforzo per conoscerlo meglio e capirlo davvero, questo Obama e la cultura che egli rappresenta.

PUNTARE TUTTO SU UMBERTO AMBROSOLI Basilio Rizzo


Abbiamo dopo quasi ventanni la possibilit di dare alla regione Lombardia un governo di reale cambiamento, attento ai bisogni reali dei cittadini, alla tutela del territorio al rispetto della legalit e non possiamo perdere questa opportunit. Credo dunque che la buona politica debba anteporre questobbiettivo a qualunque altra pur legittima considerazione. Le primarie del prossimo 15 dicembre devono perci conformarsi alla realizzazione di due risultati: scegliere il candidato che abbia le maggiori possibilit di portare il nostro schieramento alla vittoria e mettere quel candidato nelle migliori condizioni per vincere. Dico questo perch queste primarie, in questa particolare contingenza, non possono essere fruite come una bilancia su cui pesare le diverse sensibilit, le articolazioni, le possibili differenti risposte ai problemi che esistono in una coalizione ampia e libera quale e vuole essere quella che mettiamo in campo. Non che quella pesatura sia inutile: anzi! Sar preziosa nelle valutazioni del nostro Presidente allatto dellesercizio della sua azione di governo: ma trover il suo modo migliore di manifestarsi nella votazione vera, nel confronto tra le diverse liste della coalizione, e nelle ripartizioni elettorali che ne deriveranno. Questo lungo preambolo per dire che io voter con identica, determinata convinzione alle primarie Umberto Ambrosoli e al voto di febbraio-marzo la lista che si costruir attorno ai contenuti programmatici egregiamente portati avanti fin qui da Andrea Di Stefano. Umberto Ambrosoli sul piano personale figura che non necessita di vedere aggiunte nuove lodi. un ancoraggio sicuro per chi ricerca saldezza di principi, autonomia di giudizio, garanzia di moralit e legalit. Nella fase in cui sar necessario ricostruire un buon governo antitetico alle pratiche perverse del sistema di potere formigoniano, luomo giusto al posto giusto. Ambrosoli e la squadra che si costruir attorno sapranno disarticolare il sistema di potere costruito attorno allasse Formigoni - Lega (e che questultima la smetta di chiamarsi fuori dopo aver tenuto bordone e incassato sottogoverno in tutti questi anni!), rimetteranno al centro il rispetto delle regole, il merito e il perseguimento dellinteresse collettivo. Avremo in Ambrosoli il garante di unattenzione scrupolosa allevitare commistioni tra politica e affari, un forte impegno per assicurare, nellesercizio del governo, adeguate forme di controllo contro tentativi di infiltrazioni mafiose. E la sua formazione testimone di una attenzione ai temi della giustizia sociale e della condizione degli strati meno privilegiati della popolazione. Sar sensibile ai temi del lavoro e alla tutela dei beni comuni. Umberto Ambrosoli viene dalla societ civile, ma una figura che trasmette fiducia e rispetto per le istituzioni nei suoi comportamenti e nelle sue prese di posizione. Non alimenta sentimenti di generalizzata ostilit nei confronti degli organi elettivi e dunque richiama a una buona politica che crei ponti, non scavi

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fossati tra cittadini e chi chiamato ad amministrare la cosa pubblica. In questa fase di sconcerto di molti di fronte a troppi cattivi amministratori abbiamo bisogno di persone come lui. Mi auguro dunque che le primarie assicurino ad Umberto Ambrosoli un significativo successo. Gli altri due validissimi candidati (cos come altri che hanno fatto ancor prima un passo indietro), con il loro valore danno il senso della ricchezza e della qualit che il centro-sinistra pu mettere a disposizione. Mi pare tut-

tavia che sia obiettivo che nessuno pi di Ambrosoli abbia la possibilit di raccogliere consensi ad ampio spettro, diventare baricentro di uno schieramento largo in cui diverse sensibilit possono sentirsi rappresentate, rispettate e considerate. E senza schieramento ampio in cui tutti possano sentirsi a casa propria non c speranza di una vittoria che possibile, ma che tutta da conquistare. Ambrosoli, per quel che io conosco, persona che sa ascoltare e dunque, come ha detto fin dallinizio,

non apparterr mai alla categoria delluomo solo al comando ma valorizzer contributi ed esperienze disponibili. Spero che dal 15 dicembre esca con una dote di consensi vasta, che ne accresca credibilit e autorevolezza. Avere un candidato forte e condiviso dar quella fiducia indispensabile perch il popolo del cambiamento sia in grado di certificare a febbraio o marzo prossimo la fine dellera formigoniana, del centro-destra e della Lega al governo della Lombardia.

IO STO CON ALESSANDRA KUSTERMANN Michela Locarno


Quando mi hanno chiesto di raccontare la mia esperienza con Alessandra Kustermann il mio primo ricordo andato a una attesa. Non una dolce attesa come potrebbe suggerire la sua professione, pi che altro direi unattesa estremamente comune. Limmagine che mi si formata nella mente stata quella di una sala daspetto, circondata da donne come me. Ogni tanto si apriva la porta di uno studio e vedevo uscirne un ginecologo che salutava la paziente appena visitata e accoglieva la successiva con un sorriso. Qualche volta mi sono chiesta perch, invece, il medico che avevo io era sempre in ritardo, perch ero l, perch tanti anni prima avevo fatto quella scelta e non ero pi riuscita a cambiare idea. Sono una persona che non ha paura di decidere, di cambiare, di rimettere tutto in gioco: mi piace la puntualit, ma semplicemente questa donna mi ha conquistata. Con tutte le armi che aveva, che sono tantissime, preziose e tremendamente efficaci. Alessandra Kustermann una donna speciale, basta leggere la sua biografia per rendersene conto. Ma io, che la conosco, e alla quale ho affidato la nascita dei tre miei figli, la considero prima di tutto una persona giusta. Perch dedica il suo tempo alle persone, alle donne che soffrono, quando invece potrebbe svolgere la sua professione (che fa in modo integro, attento, splendido) e vivere benissimo e, tutto sommato, con la coscienza a posto. Lei ha sempre voluto fare qualcosa di pi, per questo ha realizzato negli ultimi ventanni due servizi a tutela delle donne, degli uomini e dei bambini: il Centro contro la Violenza Sessuale e il Centro contro la Violenza Domestica e lo Sportello per Bambini e Adolescenti Maltrattati, che assistono quotidianamente centinaia di donne, uomini e bambini maltrattati, abusati, abbandonati e si prendono cura del loro futuro. Mi piace giudicare le persone da quello che realizzano nel mondo, da quello che producono di concreto per la societ, ecco perch non posso rimanere fredda di fronte a tutto quello che lei ha creato e continua a creare. Allamore che dedica a ogni suo paziente, me compresa, alla dolcezza verso ogni donna maltrattata che assiste, alla determinazione che la porta a creare realt assistenziali in grado di funzionare senza sprechi e a essere utili alle persone alle quali sono dedicate. Questa passione lei la mette dentro cos tante cose che fisicamente impossibile non accorgersene. Per questo non posso non appoggiarla nel suo impegno politico, che va oltre le barriere di appartenenza a uno schieramento, ma un impegno che io sono certa non fa per interesse personale o qualche altro fine, come tantissime volte abbiamo visto fare in politica. Lei stata spesso la prima, ad esempio la prima donna a essere stata nominata primario ginecologo in cento anni di storia della Mangiagalli, ma il suo impegno non e non sar esclusivo verso alcuni pochi eletti che possono permetterselo. La sua passione la porta ovunque, soprattutto verso quelle parti della societ dove scomodo, scomodissimo stare, dove la donna vittima di violenza, di sopruso, dove la sofferenza sembra essere lunica realt. Ecco, mentre penso a queste cose, immagino di vederla finalmente arrivare: devo ammettere che gi da lontano mostra una certa autorevolezza, per la quale a tanti pu apparire severa, a prima vista. Eppure non vorrei che essere qui, ad aspettare il mio turno. Ed per questo che io sto Alessandra Kustermann. E non ho alcuna intenzione di cambiare idea.

ANDREA DI STEFANO CONTRO LA SFINGE REGIONE Carlo Monguzzi


Quando ho conosciuto il professor Di Stefano iniziava la sua carriera di giornalista. Raccoglieva e leggeva tonnellate di materiale. Credo fosse nel mondo emerso, lessere umano pi documentato sulle cose di cui si occupava. Questo mi piaciuto fin da subito, soprattutto se penso ai molti inventori ed esegeti del nulla. Con lui mi sono occupato di quelle che adesso si chiamano ecomafie, interloquendo con magistrati e forze dellordine, stimolando le sonnacchiose o addirittura conniventi istituzioni, ma soprattutto lavorando sul campo, inseguendo di notte camion di mafiosi che scaricavano abusivamente rifiuti tossici. Per questo mi piace Andrea Di Stefano. Perch studia, pensa e poi passa allazione con coraggio e de-

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terminazione. Anche gli altri contendenti mi paiono proprio persone per bene, competenti e capaci, ma mi sembra che per abbattere quella enorme sfinge dormiente, prigioniera di potentati com la Regione Lombardia, ci voglia un ariete come sappiamo che il professore sa essere. C molto da fare in Lombardia. C da cambiare una macchina amministrativa che non funziona proprio al servizio dei cittadini ma che riperpetua meccanismi di potere e di spartizione divenuti inamovibili dallineffabile connubio tra i vertici di Comunione e Liberazione e della Lega. Come? Sostituendo merito e competenza allappartenenza politica e confessionale. La Regione Lombardia deve essere il territorio di una nuova economia. Efficiente, etica e responsabile dove lavoro, salute, ambiente, territorio siano i fattori privilegiati. Dobbiamo pensare a una sanit con pi prevenzione, ambulatori e assistenza domiciliare. Cos come rivedere il sistema degli accreditamenti, eliminare le posizioni di rendita della sanit privata e garantire controlli efficaci che scoperchino quella coltre di imbrogli, venuta alla luce solo grazie allintervento della magistratura.

Anche la scuola pubblica va difesa, resa efficiente e di eccellenza per tutti. Bisogna investire nel diritto allo studio. In Lombardia non si pu continuare a destinare l80% delle risorse alla scuola privata. La competizione tra pubblico e privato deve essere alla pari, trasparente e soprattutto nellinteresse dei cittadini, degli studenti e dei pazienti. Non di chi vuole speculare. Su tutto questo Andrea Di Stefano ha le idee ben chiare. Cos come le ha sullacqua pubblica, lacqua del Sindaco, lacqua dei cittadini che pu essere meglio dellacqua in bottiglia. Unificando le aziende pubbliche lombarde e portandole a essere un forte operatore economico al servizio dei cittadini, possiamo costruire un unico ambito di governo del settore idrico, con funzioni di indirizzo e di controllo, volto ad ammodernare e rendere efficiente il servizio. In Lombardia, servono politiche industriali a sostegno del lavoro e dellinnovazione, garantendo al mercato la massima libert ma riservando al pubblico il fondamentale ruolo di indirizzo. La green economy di cui tanto si parla e non molto si fa, deve avere un ruolo centrale nel rilancio del lavoro. I dati di Confindustria ci dicono

che sono 1.600.000 i posti di lavoro che si possono creare solo investendo nel settore dellefficienza energetica: pi artigiani, muratori, falegnami, idraulici, elettricisti significa investire nella spina dorsale della nostra economia. Bisogna avere il coraggio di favorire limprenditoria over 50 e under 30, prevedere premi per le imprese che certificano il rispetto dellambiente e dei diritti, contrastare il consumo di suolo, oggetto di molti convegni e di cui tutti ne condividono la filosofia . Ora basta solo parlarne bisogna metterlo in pratica. E poi ci sono i disperati che aumentano di giorno di giorno. A loro, vittime della crisi, deve essere garantito un reddito minimo che restituisca dignit al loro vivere quotidiano. Prerequisito a tutto ci il valore etico e morale delluomo Di Stefano che io conosco. Un ricordo. Insieme, quando non era una moda ma solo una pesante e rischiosa responsabilit, abbiamo condiviso la battaglia contro i corrotti nella prima e nella seconda Repubblica. Andrea poi una persona ragionevole, attenta che affronta e risolve i problemi e i conflitti, ma anche uno incazzato e questa una garanzia.

COL PGT UN DIVERSO PROGETTO PER MILANO POSSIBILE Patricio Eduardo Enriquez
vero che da un certo momento storico in poi Milano diventato il modello da seguire nella deregolamentazione del piano urbanistico con lesteso impiego dei Piani Integrati di Recupero (PIR), Programmi di Recupero Urbano (PRU), Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territori (PRUSST), Programmi Integrati dIntervento (PII), Accordi di Programma (AdP), ecc., approvati sul principio dellinadeguatezza delle previsioni urbanistiche esistenti; della quantificazione artificiosa degli spazi da destinare a servizi pubblici; del valore giuridico del piano e conseguente rigidit nellorganizzazione razionale del suolo. Questa pratica di sviluppo territoriale milanese ha fatto scuola ed stata locomotiva di un nuovo metodo di trasformazione e gestione del territorio in tutta Italia, piuttosto che di esempio verso un autentico rinnovamento capace di sancire la prevalenza dellinteresse pubblico sullinteresse privato, prassi coniata come rito ambrosiano secondo la definizione di Pietro Bucalossi. (1) n. 43 IV 12 dicembre 2012 altrettanto vero che il nuovo e reale fabbisogno abitativo richiede una risposta di alloggi orientati verso laffitto calmierato, ledilizia agevolata e ledilizia sociale, soprattutto di fronte alla perdurante crisi economica, dove i nuclei familiari (nella loro variegata composizione) non riescono pi far fronte alla solvibilit dei crediti ottenuti. Al riguardo, la citt Milano nellapprovazione del proprio Piano di Governo del Territorio (Pgt), di recente pubblicazione, si fatta carico innanzitutto di superare quel rito e procedere nellaffermazione di un nuovo modello milanese, che possa valere come esempio. In altri termini, la riforma di quellerrato modo di costruzione della citt stato intrapreso su un progetto di piano ereditato, che rappresentava per lappunto laffermazione e la totale conferma della validit del rito ambrosiano. Ora il Pgt non solo prevede una forte rimodulazione dellintera capacit edificatoria, portando le precedenti previsioni edificatorie da 8.6 mln di mq a 2.4 mln di mq di slp nel solo Documento di Piano, ma anche attraverso linserimento di un tetto massimo nella riconversione e riassetto della citt esistente, prima non previsto e considerato infinito, soprattutto nei tessuti pi esterni negli ambiti di riqualificazione urbana (ARU), dove non solo vi una presenza diffusa di funzioni residenziali storicamente consolidate e stabili, ma di una dilatata preesistenza di funzioni in attesa di riconversione funzionale che ammontano a circa 7.5 mln di mq di slp. Ma laspetto pi innovativo, al di l della matematica numerica del piano, risiede nellaver fissato obiettivi sociali a una struttura spaziale definita da aspetti come le qualit edilizie e urbanistiche, il tipo di godimento degli alloggi da destinare ai ceti sociali pi deboli, il contesto ambientale generale. Sta, ancora, nellaver inserito principi che non restino a galleggiare nellaria, ma si traducano in tempi certi e tangibili, secondo un programma che metta in primo piano le necessit pi urgenti come ad esempio il fabbisogno abitativo di alloggi sociali, indi6

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viduando conseguentemente in modo equilibrato sia le risorse pubbliche che private in termini economici, progettuali, di ricerca. Linnovazione e rinnovamento culturale nella progettazione della citt sta nel costruire un tessuto urbano non ghettizzato, sia sul versante funzionale che su quello sociale, inteso dal punto di vista del reddito, delle fasce di et, della condizione professionale e culturale, mediante la fissazione al 50% di qualunque

intervento di trasformazione edilizia la quota delle abitazioni economiche sociali, in netta controtendenza rispetto alle classiche politiche abitative incentrate sulla sola edilizia convenzionata ordinaria. Intervenire sulla casa non significa solo costruire abitazioni, e farlo con lidea di una societ composita ed equilibrata, ma anche di rispondere alle richieste sociali collettive della societ insediata al fine di costruire le basi di una citt sostenibile.

(1) Vezio De Lucia nella sua illustrazione sulla formazione del nuovo piano regolatore di Roma, rileva diverse analogie con le vicende urbanistiche milanesi definite rito ambrosiano, come le defin Pietro Bucalossi, indicando particolarmente come la pi clamorosa di tale rito quella di CityLife sulle aree dellex Fiera.

CITT METROPOLITANA E RIFORMA DELLE AUTONOMIE LOCALI Giuseppe Natale*


Listituzione della Citt Metropolitana una questione centrale della democratizzazione delle autonomie locali nelle aree densamente urbanizzate. Se ne parla da oltre un quarantennio: una storia infinita, appesantita da una caterva di atti legislativi convegni studi e parole e parole . Unaltra metafora dellinsipienza delle classi dirigenti del nostro paese e di lesioni micidiali al sistema costituzionale e democratico. Prevista dalla L. 142/1990 (artt.16 21), inserita nella Costituzione (art.118, c.1) e riproposta in altri atti legislativi (Testo Unico n. 267/2000), la Citt Metropolitana rimasta sulla carta. Intanto si bruciano risorse e si privatizzano patrimoni pubblici e funzioni di governo territoriale. Si innesta un processo di proliferazione di enti e authority e di frantumazione dello Stato nelle Regioni che assumono carattere di staterelli assai dispendiosi: il cosiddetto federalismo che nulla ha a che fare col federalismo che consolida lunit nazionale e democratizza le istituzioni. Lintervento chirurgico del governo tecnico Monti daltra parte espressione coerente del capitalismo finanziario che sta strozzando leconomia reale e i diritti e contribuendo a uccidere la democrazia Con la Legge n. 35/7 agosto 2012 (conversione del Decreto legge n. 95 sulla spending rewiew) si procede al riordino delle Province (art.17), alla istituzione delle Citt Metropolitane (art.18) e alla ridefinizione delle Funzioni fondamentali dei Comuni e modalit di esercizio associato di funzioni e servizi (art.19). Due i criteri fondamentali per la riduzione e il riordino delle province: popolazione (non inferiore a 350.000 ab.) e dimensione territoriale (non inferiore a 2.500 kmq). Il CAL (Coordinamento delle Autonomie Locali di livello regionale) chiamato a approvare una proposta di riordino che viene inviata alla Regione e quindi al Governo. davvero avvilente e allarmante che una questione istituzionale cos importante venga affrontata soltanto (o principalmente) dal punto di vista del risparmio della finanza pubblica, in modo strumentale e contingente e servile nei confronti dei poteri finanziari e tecnocratici (ce lo chiede lEuropa!?). Non un cenno a finalit qualitative di maggiore democrazia ed efficienza. Vengono istituite dieci Citt Metropolitane: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Contestualmente si sopprime la provincia del relativo territorio metropolitano. Alle Citt Metropolitane. si assegnano le funzioni di: - pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali - gestione di sistemi coordinati e organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano - politiche della mobilit e della viabilit promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale. Organi previsti: Sindaco e Consiglio metropolitano composto da non pi di dieci consigleri, non eletti dai cittadini, ma tra e dai sindaci e i consiglieri comunali. Gravissimo vulnus al diritto di voto e messa in discussione alla radice dellistituzione intermedia di valore costituzionale! Entro il 31 ottobre 2013 deve essere redatto, da una Conferenza di sindaci e presidente della provincia dellarea, lo statuto della Citt Metropolitana che entrer in funzione il 1 gennaio 2014. Un altro punto cruciale riguarda la possibilit di scomporre il capoluogo in pi comuni. Nel nostro caso Milano pu (e, secondo noi, deve) articolarsi in una ventina di comuni (le vecchie 20 zone). (Cfr. lappello in www.forumcivicometropolitano.it). da evidenziare inoltre il tentativo di favorire le unioni/associazioni dei piccoli e piccolissimi comuni tramite il contributo straordinario del 20% dei trasferimenti erariali (art.20). Si tratta di un criterio premiale tutto dentro la logica economico-finanziaria che non intacca il livello di polverizzazione e di scarsa efficienza/efficacia dellunit amministrativa di base. Milano e la sua attuale provincia (situazione analoga nelle altre nove aree metropolitane) sono lesempio tra i pi critici dello squilibrio tra il gigantismo urbanizzato concentrato nel capoluogo e il nanismo disperso dei piccoli e piccolissimi centri. A questa distribuzione demografica eccessivamente squilibrata corrisponde unirrazionale organizzazione istituzionale, la quale aggrava i problemi anzich affrontarli adeguatamente per risolverli. Il CAL (Coordinamento delle Autonomie Locali) della Lombardia chiede in prima istanza il mantenimento dello status quo. In subordine, propone il seguente piano di riordino: conservazione delle province di Sondrio, Mantova, Monza Brianza; laccorpamento di Cremona e Lodi, e di Como, Lecco e Varese; listituzione della Citt Metropolitana coincidente con il territorio dellattuale provincia di Milano. evidente che la proposta risulta inadeguata e irrazionale, in particolare per quanto riguarda la limitazione territoriale della Citt metropolitana alla sola provincia di Milano. Larea metropolitana non pu non comprendere il territorio di Monza/Brianza. E vi si pu benissimo aggiungere Lodi nel solco delle caratteristiche geografiche (dal Ticino allAdda) e della storia economica sociale e civile dellintera area, tenendo in considerazione inoltre la valorizzazione dellagricoltura in ambito urbano e metropolitano. Cos era loriginaria provincia di Milano. Trasmessa in

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www.arcipelagomilano.org regione, la proposta del CAL non viene discussa in Consiglio bloccato dal sistema formigoniano in putrefazione. E proprio Formigoni e la sua giunta approvano il 22 ottobre scorso una delibera che chiede al governo di non modificare lassetto attuale di 12 province!?! In altre faccende affaccendate, le forze politiche hanno taciuto. Comprese quelle di opposizione. Spettacolo avvilente e deplorevole! Il governo, da parte sua, con il decreto attuativo, si orienta a non accogliere listanza formigoniana di lasciare le cose come stanno. Riduce il numero delle province lombarde da 12 a 7. Rimangono Bergamo, Brescia, Mantova, Pavia, Sondrio. Si accorpano le province di Lecco e Como con Varese; di Lodi con Cremona. Monza ritorna a Milano per formare la Citt metropolitana: decisione razionale e positiva, che costituisce di fatto una critica pratica alle scelte fatte dalle forze politiche della destra leghista e berlusconianformigoniana, con la corresponsabilit - occorre ricordarlo - dei partiti del centro-sinistra. Si poteva certo procedere in modo lungimirante e soprattutto nel rispetto della Costituzione: - abolire le province istituite nellultimo trentennio e quella/quelle delle aree metropolitane; - ridisegnare lente sovracomunale necessario nella geografia costituzionale delle autonomie locali e territoriali (art.5 Cost.), allinterno di un riassetto istituzionale e democratico in cui le regioni devono cedere funzioni e poteri alle province e citt metropolitane e ai comuni, nella logica del decentramento reale e della partecipazione democratica alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art.3 Cost.). La battaglia per una riforma delle autonomie locali aperta. Decisiva quella nellarea metropolitana milanese. Per togliere la questione dellistituzione della Citt metropolitana e quella del superamento del comune unico di Milano dalle mani predatrici di gruppi di potere e di forze politiche grette chiuse e autoreferenziali, occorre creare un movimento di cittadinanza attiva di livello metropolitano che sappia rivendicare democrazia partecipata. E mettere al primo posto i diritti di cittadinanza metropolitana. Quelli civili (voto e strumenti di partecipazione proposta e controllo) e quelli sociali ed economici nel quadro costituzionale di etica pubblica trasparente e di salvaguardia dei beni comuni. *Forum Civico Metropolitano

LA CITT, IL GRATTACIELO E LA NUOVA PIAZZA Giovanna Franco Repellini


Una volta tanto il rapporto tra il pubblico, lamministrazione milanese, e il privato (fondi pensione, assicurazioni, fondazioni bancarie coordinati dalla societ immobiliare Hines e dal suo amministratore Manfredi Catella) sembra aver funzionato e il giorno di SantAmbrogio Milano ha inaugurato una nuova grande piazza nel cuore del tessuto urbano. Di fronte alla stazione Garibaldi, sopraelevata di circa sei metri sul livello stradale, la piazza funziona da snodo che mette finalmente in comunicazione Brera, Porta Nuova e il quartiere Isola da sempre diviso dalla citt dal taglio della linea ferroviaria. I milanesi da anni hanno visto crescere i grattacieli in quella area e oggi sono molto curiosi di capire cosa ne verr fuori per loro e per la vita dei cittadini. Cos sono accorsi numerosi per il taglio del nastro: una popolazione composita e formata soprattutto da architetti di ogni et che parevano soddisfatti, infatti, non ho sentito critiche ma solo compiacimento sferzato da un freddo gelido che per non allontanava nessuno. In effetti vi hanno lavorato venti studi di architettura di otto nazionalit diverse con lidea di creare un sistema urbano con aree verdi, strade pedonali e piste ciclabili, che copre quasi 300.000 metri quadri delle aree dismesse dello scalo ferroviario. La piazza bella, rotonda (80 metri di diametro) progettata dallarchitetto Cesar Pelli cos come il grattan. 43 IV 12 dicembre 2012 cielo posto verso nord, edificio che con il suo alto pinnacolo, in concorrenza con la Madonnina, pone lo spazio quasi come un contraltare a piazza del Duomo. Il cerchio si completa con un edificio basso e si protende con uno spiazzo verso nord est: una piattaforma un po panoramica dove si trova un campetto di pattinaggio e, al momento, una sequenza di chioschetti - piccole baite alpine dove si vendono salumi e ricordi di Natale (il cot popolare della piazza, per il resto destinata a negozi o uffici chic). Alla base delle costruzioni, sempre a pianta tonda, un portico/pensilina sorretto da pilastrini sghembi e sottili (per fortuna offrono poca superficie per incollarci volantini e scritte varie). La tettoia doppia: una falda superiore in vetro disegnato a quadrettini chiari e scuri (piccoli pannelli fotovoltaici) e sottostante un bers con doghe di legno su cui si arrampicheranno dei glicini che al momento sono solo dei miseri rametti ma che con la primavera cresceranno veloci portando un elemento di fresca naturalezza in uno spazio solido tutto disegnato. Insomma dal punto di vista architettonico un effetto grandioso e tutto studiato con cura, ma per quale uso? Intanto auguriamoci che abbia un uso e che si riempia di negozi e posti di lavoro perch solo la presenza continuativa di giorno e di notte di tanta gente decreter il vero successo del luogo; speriamo non resti semideserto come la vicina piazza posta ai piedi della torre della Regione. Se piazza Duomo il grande campo del popolo, luogo di manifestazioni, festeggiamenti, passeggio di turisti e immigrati, questo nuovo spazio (a parte gli uffici e le banche) sembra piuttosto destinato per shopping e movida: la posizione da questo punto di vista straordinaria perch direttamente collegato con un tratto di strada a rampa con corso Como che notoriamente alla sera rigurgita di persone che potrebbero sciamare nella sovrastante piazza, dotata di una lunghissima e sinuosa panchina scultura (105 metri) che delimita i bordi delle fontane centrali, serpentone dove sedersi a chiacchierare. Ci domandiamo, quando saranno finite tutte le opere, a chi andr la manutenzione di tutti gli spazi pubblici che sono tanto pi belli quanto pi puliti, non rotti e non ingombrati di oggetti fatiscenti spuntati come funghi e abbandonati. Panchine sbrecciate, pavimenti in pietra costellati di macchie nere delle cicche americane, tags insensate sono tutti elementi di degrado che tolgono ogni grazia ai luoghi. A questo proposito ricordiamo che questa piazza stata intestata a Gae Aulenti autrice di unaltra piazza, alla stazione Cadorna, che diventata in tempo brevissimo un luogo di degrado (le piazze di fronte alle stazioni sono sfortunate). Oggi ci sono i ponteggi e dei restauri in corso ma se si vuole onorare veramente larchitetto Aulenti la prima

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cosa tenere costantemente a posto quel luogo, lunico suo interven-

to milanese.

LA PIET RONDANINI: UNA RISPOSTA NON FACILE Vittorio Gregotti


Bisogna riconoscere che nello straordinario capolavoro dei BBPR che la sistemazione del museo del Castello, il posizionamento del capolavoro di Michelangelo arrivato con lacquisizione da parte del Comune di Milano della statua nel 1953 a progetto gi terminato, ha costituito sin dallinizio un problema sia in relazione alla stanza dedicata al Bambaia gi decisa, con cui il lavoro di Michelangelo ha scarse relazioni, sia la scala della scultura che costrinse a immaginare una diversa quota del pavimento originale per collocarla e isolarla. In quegli anni frequentavo assiduamente (come assistente di Rogers e come redattore di Casabella) lindimenticabile studio BBPR e sono stato talvolta testimone di molte discussioni intorno a quel complicato problema della sala degli Scarlioni e del suo contenuto. Spostare in altro spazio il capolavoro non finito di Michelangelo presenta certamente alcuni vantaggi insieme al rischio di accessibilit diretta, di possibilit di visione e di isolamento di unopera darte culturalmente diversa da quella che domina il resto della sequenza del museo del Castello; sequenza che a sua volta andrebbe ricondotta in altri punti al suo raffinato e preciso disegno originale. La questione da risolvere come completare senza stravolgere la stanza finale della sequenza del museo, utilizzando lo spazio gi definito dal progetto dei BBPR: con altre opere del Bambaia? Con qualche grande frammento architettonico o con qualche altra opera che utilizzi lo spazio esistente? Questo un interessante problema aperto che attende una risposta non facile.

PER PIET LASCIATE DOVE LA PIET RONDANINI Antonio Piva


Sembra strano ma mezzo secolo di buona condotta, anzi ottima, non garantisce che le mani bramose di cambiamento spettacolare non cadano anche sulla Piet Rondanini di Michelangelo. Lopera, a piano terra del Castello Sforzesco, conclude il percorso attraverso un museo prevalentemente lapideo nato per non essere modificato. La notizia che riguarda lo spostamento della Piet va ad aggiungersi ad altre del passato che, attraverso concorsi di edicole espositive del capolavoro, avrebbero dovuto esaltare le peculiarit artistiche di unopera non sufficientemente ammirata da un pubblico troppo esiguo per gli standard che lAmministrazione Milanese si prefissata di raggiungere. Sarebbe da non credere se non fossero state riportate dalla stampa nazionale, tra virgolettati generici, affermazioni e motivazioni che vanno contro i concetti di conservazione dei beni culturali organizzati in spazi studiati appositamente con intelligenza e sensibilit. Quando nel 1954 gli architetti BBPR conclusero il loro lavoro museografico interpretando il progetto museologico di Costantino Baroni, il Direttore di allora, la critica internazionale si espresse ammirata sulla collezione e sui rapporti interpretati con lo spazio del Castello rinato con un restauro conservativo e innovativo al contempo. Il risultato appariva una risposta alla complessit di una sfida che la cultura di allora scioglieva creando un unicum colto che n. 43 IV 12 dicembre 2012 vedeva impegnati a Milano gli architetti e il loro ambiente a esprimere le tensioni di una difficile rinascita. Contemporaneamente Franco Albini a Genova e Carlo Scarpa a Verona avevano realizzato i presupposti di un rinnovamento totale della museografia italiana creando, con i BBPR, tre filoni di pensiero diversi tra loro ma, tutti insieme, basi indistruttibili della cultura museologica e museografica del novecento. Che si potrebbe dire se a Verona, per dare visibilit a Cangrande della Scala si spostasse il monumento marmoreo dalla posizione ideata da Scarpa in una altra sede pi grande e spettacolare? Lascio al mormorio dellAdige i commenti. Il Naviglio, meno irruento, tace. Forse si vuole ignorare che a distruggere molto facile mentre a creare soluzioni intelligenti difficilissimo. Forse si vuole ignorare che il percorso del museo lapideo, che nella prima sala espone il monumento equestre di Barnab Visconti, racconta una storia del tempo che si conclude nella sala degli Scarlioni dove esposto Gaston di Foix del Bambaia e a un livello inferiore lultima opera incompiuta di Michelengelo. Mirabili soluzioni di uno spazio organico, conseguente, illuminato dalla luce delle finestre che non colpisce a caso ma crea le ombre che modellano la pietra, il sonno eterno di Gaston, il peso del Cristo che scivola lungo il corpo del dolore della madre Lesecuzione perfetta, i materiali ben lavorati e ben posati parlano di artigiani e manodopera post bellica che si impegnata a dare il meglio di s nonostante le ristrettezze economiche. Non parlatemi dei portatori di handicap che rispetto ma nemmeno delle folle oceaniche che devono vedere e non possono perch lo spazio antistante la Piet troppo esiguo. LUltima Cena di Leonardo visibile da trenta persone per volta e le folle oceaniche la visitano. La Cappella degli Scrovegni a Padova con gli affreschi di Giotto richiede nello stesso modo di contingentare laccesso del pubblico. Modificare la sala dove sono esposte le opere citate sembra quasi impossibile e se ci fosse fatto scardinerebbe il senso di quello che rimarrebbe. Chi mai oserebbe modificare con una sostituzione una sola parola dellInfinito? Quale principio da il diritto di mettere mano a unopera compiuta universalmente apprezzata. Quale principio da diritto di manomettere le eccellenze di Milano cancellando i segni intelligenti delle persone che non ci sono pi? Se il mondo politico scompare spesso con le sue responsabilit, gli organi istituzionali preposti alla salvaguardia delle opere invece rimangono e questa, di cui parlo, fa parte del meglio della nostra cultura del 900: fate un passo indietro voi che avete loccasione e la possibilit ancora di non commettere un errore imperdonabile.

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UNINCOMPRENSIBILE SINISTRA-SINISTRA Franco DAlfonso


Qualche giorno fa ho ricevuto un post proveniente dallarea della sinistra che pi sinistra non si pu, stranamente privo di accenni espliciti al basso livello di moralit politica derivante dalla mia cultura socialista, nel quale si leggeva fra laltro: Quella della lista Gallino - Cambiare si pu / Prc / Alba (Alleanza Lavoro, Beni Comuni, Ambiente) / parte di SeL non vendoliana venduta e, mi auguro, veri arancioni (De Magistris se non viene risucchiato dalle sirene del CS) e forse anche parte dell'Idv, davvero l'unica speranza per chi pensa che si debba uscire dal vicolo cieco nel quale la disastrosa politica di Monti e Napolitano hanno cacciato questo disastrato Paese. Intanto prepariamoci a sostenere in Lombardia la candidatura di Andrea Di Stefano. Qui c' la summa politica della sinistra che chiamo "asinistra" intendendo la "a" come privativa, nel senso che proseguendo su questa strada la sparizione della sinistra politica certa (la precisazione necessaria per non incorrere in equivoci, chi scrive su Facebook o nei blog insulti da querela sempre pronto a indignarsi per nulla ). C' la coazione a ripetere sempre e comunque lo stesso schema: non bastata Rifondazione dopo Vendola, la "Sinistra Arcobaleno" e via risalendo su su fino a Pdup e a Dp, per restare all'arco della nostra vita vissuta. C' l'intramontabile impronta e improntitudine di cultura comunista che, neanche fossimo ancora ai tempi di Labriola e Turati, porta a ritenere propria esclusiva propriet i simboli di verit e traditori tutti gli altri, con sommo sprezzo del ridicolo. Mettersi a parlare dei "veri arancioni" di matrice napoletana per distinguerli da quelli milanesi farebbe ridere chiunque ma non chi sa che ripetere all'infinito una qualsiasi sciocchezza pu portare al suo inveramento. Dare credito al furbacchione De Magistris che prepara la fuga dal municipio di Napoli prima che salti il coperchio messo sulla gestione amministrativa in costante peggioramento serve a ridurre il movimento arancione alla versione monocromatica del politicamente scombinato Arcobaleno che si unisce ai cocci dellIdv frantumatosi cadendo in una delle case prese in affitto dalla famiglia Di Pietro. C' l'orgoglio identitario, cos identitario da portare a riconoscersi fra pochi, pochissimi eletti, che fa tornare a casa la sera felici e perdenti ma non perduti. C' l'idea che la politica sia una successione di "conquiste" compiute da un numero di portatori della verit che prima devono unirsi schifando il resto del mondo e soprattutto i socialtraditori travestiti da sostenitori della prima ora degli arancioni o perfino arancioni loro stessi. C' infine la certezza di essere sempre i pi furbi, pronti a ripetere all'infinito lo scherzetto che l'organizzato Lenin fece al povero Kerenskij, rendendo per la storia l'artefice della rivoluzione di febbraio il reazionario sconfitto di ottobre. Pensare che il sostegno all'ottimo (detto senza alcuna ironia) Di Stefano, in contrapposizione al candidato sostenuto dai venduti di SeL (quelli non venduti votano Di Stefano, evidentemente) come dal sindaco Pisapia sia cosa diversa dal ritornare all'eterno "di sconfitta in sconfitta verso la vittoria", ben sapendo che le possibilit di vittoria dello stesso sono pressoch nulle contro qualsiasi candidato del centrodestra non idealismo, velleitarismo politico elevato a sistema. La sinistra arancione che a Milano ha vinto con lentusiasmo e non con il deliquio le elezioni e che governa in condizioni mai cos difficili di economia e struttura amministrativa da oltre un anno sta tentando di aiutare il centrosinistra lombardo a rigenerarsi per rigenerare la Lombardia: il fuoco (fintamente) amico , come sempre, il peggior nemico. A votare sognando ci si ritrova con i barbari sognanti di Maroni ancora a redigere delibere celtiche, cerchiamo di non dimenticarlo.

SEA: CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA Marco Ponti


La vicenda complessiva dellalienazione della Sea non certo edificante, e i suoi sviluppi erano piuttosto prevedibili. La vendita di una prima, consistente quota allasta avrebbe dovuto far insospettire: come mai non cerano compratori alla porta, per quel prezzo? La risposta pi ovvia apparentemente non venuta in mente a nessuno: il prezzo era troppo alto, e la F2i di Gamberale ha comprato probabilmente su pressione politica del suo azionista pubblico pi rilevante, la Cassa Depositi e Prestiti. Niente di scandaloso, per carit, ma bisognava trarne le conseguenze: si trattava di un investimento di dubbia redditivit. Se la tranche successiva fosse stata di nuovo messa allasta, F2i era in una posizione favorevole per comperarla anche pagandola cara: poteva diventare socio di maggioranza. Ma altre pressioni politiche, probabilmente sindacali, hanno fatto preferire una diluizione del controllo di Sea, tentando di collocarla in borsa. Al prezzo richiesto, il mercato ha risposto con un secco no. F2i stata danneggiata: la sua quota apparsa anche formalmente valere meno di quanto la ha pagata. Se poi si comportata male, lo decider il tribunale. Ma i fatti rimangono. Ora la provincia di Milano, socia di minoranza di Sea, deve mettere allasta la sua quota per far tornare i suoi malmessi conti, e F2i pu essere davvero interessata a comprare. Il Comune ha solo danni dallintera operazione, non avendo voluto vendere realmente Sea, per mantenerne in qualche modo il controllo, e forse finir per perderlo ugualmente. Lassessore Tabacci, che sembra si fosse espresso contro la collocazione in borsa, aveva anche (udite, udite!) accennato allesistenza di un conflitto di interessi. E questo davvero il nocciolo della questione, che vale anche per Atm ecc.: il comune ha due cappelli, in queste gestioni. Dovrebbe occuparsi solo di fornire buoni servizi ai suoi cittadini, a bassi costi. Ma se anche proprietario, i suoi interessi diventano molto opachi e intrecciati. Per esempio, ha interesse che Sea, un monopolio naturale, faccia dei grandi profitti (cio rendite di monopolio), a danno dei milanesi e delle imprese che usano gli aeroporti. Nel caso di Atm invece prevale il voto di scambio con i dipendenti, le loro famiglie, i fornitori ecc., se non posti dirigenziali... il risultato comunque

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www.arcipelagomilano.org che costa ai contribuenti un milione al giorno in sussidi. Tutte queste cose, fin troppo ovvie, si chiamano tecnicamente fenomeni di cattura, e uno studioso americano (il professor Buchanan) ci ha anche preso un Nobel. Ma vediamo ora le condizioni del contesto nelle quali questa vicenda si dipanata, per capirne forse qualcosa di pi. Loperazione hub Malpensa, come molti studiosi del settore prevedevano, si rilevata un tragico flop: un hub, cio un aeroporto capace di concentrare voli di corto raggio per smistarli poi su voli intercontinentali, necessita di almeno una di due condizioni: o una compagnia aerea di riferimento molto forte, possibilmente di scala almeno nazionale, o un mercato molto concentrato, per esempio una grandissima metropoli capace di generare molta domanda business (quella pi redditizia). Ora, Alitalia, gi di per s debole, aveva il suo hub naturale a Roma, e certo non poteva sostenerne un secondo. La domanda business della pianura padana dispersa, e di conseguenza servita da molti aeroporti, in quanto tecnicamente impossibile concentrarla in uno solo. Questi due fattori hanno reso da sempre il ruolo di Malpensa come hub intercontinentale molto incerto, nonostante le promesse di Formigoni e i tentativi di Bersani di limitare il ruolo di Linate. Un secondo aspetto la passione della sfera politica italiana per le societ miste: si spera di avere sia i vantaggi del voto di scambio ecc. (visti sopra), che lefficienza che pu garantire il privato libero da condizionamenti elettorali. La realt lesatto opposto: il privato, per poter fare profitti nonostante le pressioni pubbliche contro lefficienza, cerca di aumentare le rendite di monopolio in modo da goderne di una qualche quota (per esempio, evitando gare future). Il pubblico a sua volta ben felice di farsi corrompere del privato, in modo diretto o pi spesso indiretto. Da qui lavversione anglosassone per le societ miste (ognuno, Stato e privati, faccia al meglio il proprio ruolo). La soluzione ovvia solo una privatizzazione reale, con un forte soggetto regolatore (lAutorit indipendente invisa a politici e monopolisti), che difenda gli utenti sia da rendite private che da inefficienze pubbliche. Ma nessuno la vuole, naturalmente, e nemmeno il liberale Monti sembra esserci riuscito. Peccato che la giunta Pisapia, su cui tante speranze di rinnovamento per i servizi pubblici erano state riposte, non sembra riuscire a differenziarsi molto in questo campo dallamministrazione precedente.

MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org La Scala e Barenboim


Questa settimana non si pu certo eludere il tema della doppia inaugurazione delle stagioni scaligere: dapprima il concerto della Filarmonica, luned 3, con la mezzosoprano Cecilia Bartoli che ha scatenato una contestazione e una riprovazione sicuramente motivate ma soprattutto volgari e riprovevoli, e pochi giorni dopo linaugurazione della nuova stagione dellOpera, il giorno di santAmbrogio, con il successo strepitoso del Lohengrin. Tutte e due le serate sono state condotte da Barenboim, direttore onnipresente e ancor pi attivo e presenzialista del suo predecessore: dirige lopera, il balletto, lorchestra Sinfonica e la Filarmonica, fa musica da camera, laccompagnatore e il solista. E a proposito di direttori scaligeri non possiamo dimenticare le incredibili parole di Paolo Isotta sul Corriere di qualche settimana fa io penso che oggi Pappano veda superiori a lui solo i maestri Muti, Thielmann, Temirnakov e il sommo Bernard Haithink con le quali ha sistemato non solo Barenboim (di cui ora dice che non sa dirigere Verdi e che ha diretto Wagner benino!) ma addirittura Claudio Abbado (di cui stronc violentemente un meraviglioso e indimenticabile Tristano)! A parte lopinione di Isotta, che dire di questo maestro russo argentino israeliano tedesco - italiano (anche sulle sue radici di una poliedricit straordinaria!) che fra una prova e laltra del Lohengrin riesce a dirigere un concerto di canto (con un programma bizzarro - arie di Hndel e di Rossini, lExultate jubilate di Mozart e due Sinfonie mozartiane usate come preludio e conclusione del concerto - e risultati assai modesti, tanto da provocare quel po po di bagarre) che passa con stravagante leggerezza dal podio alla tastiera e viceversa, e che si adopra pi che meritevolmente per la pace in Medio Oriente? Che sia un grande talento musicale non abbiamo dubbi, ma certamente anche un grande genio della comunicazione. Se abbiamo da recriminare sul concerto della Filarmonica, che ha visto la povera Bartoli diventare capro espiatorio di una serata nata male, dobbiamo invece riconoscere a Barenboim che il Lohengrin di questi giorni uno spettacolo indimenticabile, tanto quanto lo fu quel Tristano con cui nel 2007 inaugur la sua prima stagione alla Scala. Barenboim sta a Wagner come Abbado a Mahler ed entrambi accreditano lidea, non del tutto ovvia, che direttori e interpreti si immedesimino in un particolare autore e ne interpretino lopera con la stessa totale dedizione richiesta dalla sua composizione. Dobbiamo anche rendere onore a tutti gli interpreti e in particolare allo strepitoso Jonas Kaufmann e alla sostituta della sostituta Annette Dasch che, invitata nella notte precedente alla prima, riuscita in una mattinata a capire tutto della cervellotica e complicata messa in scena e, oltre a cantare in modo sublime, a recitare quella parte in modo ineccepibile. E auguriamoci che il bagno nel fiume imposto dal regista non abbia fatto ammalare anche lei e non si debbano cercare, per le prossime recite, quarte e quinte sostitute! Come molti hanno gi osservato, anche noi riteniamo che le scene e la rega di questo Lohengrin - per quanto colte e fascinose possano essere apparse a molti - siano proprio fuori luogo. Come si pu ambientare nellottocento borghese una donna imputata di fratricidio che invoca la comparsa di un cavaliere sconosciuto per difenderla nel Giudizio di Dio affidato a un duello? Cosa pu capire della vicenda e del significato ultimo dellopera chi vi assista per la prima volta, senza 11

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www.arcipelagomilano.org sapere che nel testo originale essa si svolge nel X secolo, se non si letto il libretto con le ricche e circostanziate note di ambientazione e di rega dellautore, se non si in grado di leggere la complessa sovrapposizione e lintreccio creato dal regista fra il mito e la sua decrittazione in chiave psicanalitica? Ci piacerebbe, infine, che alla dittatura mutiana non seguisse una dittatura barenboimiana, specialmente ora con un sovrintendente dimezzato di cui abbiamo sempre detto tutto il bene possibile per le novit e la qualit che ha riportato al nostro Teatro ma che oggi, avendo gi deciso di andare allOpra di Parigi (e, detto fra noi, sarebbe bene lasciargli seguire il suo destino, sostituendolo immediatamente), ha perso molto della sua credibilit e autorevolezza e ci sembra lasci troppi spazi al dinamismo del suo direttore musicale.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Amore e Psiche a Palazzo Marino
Torna anche questanno lappuntamento firmato ENI e Comune di Milano, che per Natale presentano unaccoppiata deccezione: Canova e Grard. Direttamente dal museo del Louvre di Parigi, ai milanesi saranno presentate due opere molto significative per i due artisti, il dipinto "Psych et lAmour" di Franois Grard e "Amore e Psiche stanti" di Antonio Canova. Il soggetto il medesimo, rappresentato per in due modi distinti. La favola quella di Amore e Psiche, narrata nelle Metamorfosi di Apuleio, che racconta la storia di una giovane, Psiche, che diventer dopo mille prove, la sposa del dio Amore. Tutto inizi con Canova, che nel 1797 cre la terza versione scultorea di questo famoso soggetto, da lui gi rappresentato. Ugualmente importanti e struggenti sono anche le prime due, e pi famose, versioni del gruppo, conservate rispettivamente al Louvre e allHermitage di Pietroburgo. Nella versione qui esposta i due amanti, al loro primo contatto, sono rappresentati in piedi, con Amore che cinge con il braccio il corpo di Psiche, mentre la fanciulla, che poggia il capo sulla testa dellamato, gli dona una farfalla, poggiandola sulla sua mano. Questo gesto cos delicato, la rappresentazione della purezza e dellofferta dellanima psyk in greco - (nellantichit rappresentata dalla farfalla) di Psiche nei confronti del dio Amore. Prendendo spunto dai capolavori di Canova, il francese Franois Grard presenta al Salon parigino del 1798 un dipinto dello stesso soggetto, ma nel quale trasforma radicalmente il clima della storia. Se in Canova tutto era struggente e delicato e i due amanti erano colti in un momento molto privato della loro vicenda, in Gerard tutto si cristallizza in una perfezione che sfiora la rigidit del ritratto in posa. In questa versione i due giovani sono rappresentati in uno spazio aperto, una collina fiorita, in cui Psiche seduta e si protegge il grembo con le mani, mentre guarda lontano, lo sguardo assorto e un poco stupito. Amore si china su di lei e mentre la cinge con le braccia, avvicina il volto alla sua fronte. La farfalla volteggia sopra di loro. Una composizione differente, che mostra non solo gli idilli e le promesse amorose, come in Canova, ma anche le paure e i pensieri irrequieti. Una prova importante per il pittore francese di origini romane, e che mostra tutta la sua abilit e precisione nella morbidezza dei veli di Psiche, nelle bellissime ali di Amore e nella stupefacente farfalla. Ancora una volta unoccasione preziosa per vedere, gratuitamente, nel salotto di casa, due capolavori parigini, allestiti come se si trovassero in un giardino neoclassico. "Amore e Psiche a Milano" Palazzo Marino - Sala Alessi Fino al 13 gennaio. Ingresso gratuito Aperto tutti i giorni. Orari 9.30 - 20 (ultimo ingresso ore 19.30) Gioved 9.20 - 22.30 (ultimo ingresso ore 22) Aperto anche: 8 e 25 dicembre e il 1 gennaio. Chiusure anticipate: 7 dicembre ore 12. Il 24 e 31 dicembre ore 18.

Gaillard archeologo moderno


Archeologo delle rovine della modernit, ecco come stato definito Cyprien Gaillard, giovane artista, classe 1980, che ha da poco inaugurato la sua prima personale italiana curata dalla Fondazione Nicola Trussardi, in particolare da Massimiliano Gioni. Artista giovane ma gi con una considerevole carriera alle spalle, e che ha fatto del suo continuo viaggiare per il mondo largomento centrale di questa mostra, intitolata Rubble and Revelation - rivelazioni e rovine. Gaillard riflette su quelli che sono i monumenti della nostra epoca, non per forza intesi come opera darte, e ne studia la vita e il progressivo degrado, soffermandosi sui temi della din. 43 IV 12 dicembre 2012 struzione e della decadenza. Protagonisti dei suoi lavori, affrontati con la tecnica del frottage, dei video, delle polaroid e dei documenti darchivio, sono architetture e spazi aperti, edifici abbandonati, grattacieli, periferie degradate, aree militari e rovine antiche, di cui Gaillard studia e analizza la storia. Attento osservatore dei cambiamenti e delle rivoluzioni che sono avvenuti nei tempi recenti, Gaillard ricostruisce con i suoi lavori una sorta di archivio di immagini, che testimoniano momenti e passaggi della storia delluomo a noi pi vicina, segnata dalla globalizzazione, dallindustrializzazione pesante e dal consumismo pi sconsiderato. Una ricerca improntata anche a mostrare il potere delle immagini, inteso nella loro veste positiva ma anche come iconoclastia, vandalismo e distruzione di simboli, realt che oggi sono sempre pi presenti nella nostra vita quotidiana. Daltra parte egli stesso a dire che "bisogna essere irriverenti verso i monumenti", motivo per cui non stupisce la provocazione dei suoi lavori. Allinterno del suggestivo spazio del panificio militare della Caserma XXIV Maggio, in via Monti, Gaillard ci introduce alla sua indagine attraverso il tema della globalizzazione devastante grazie al frottage dei tombini di Los Angeles, rigorosamente made in India, cos come nel

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www.arcipelagomilano.org ciclo New Picturesque, utilizza vecchie cartoline con immagini di antiche ville e castelli, che per copre parzialmente con dei fogli bianchi, impedendoci la vista e inducendo un senso di soffocamento. Una operazione iconoclasta che fa riflettere su quanto il monumento sia sempre meno arte e sempre pi luogo di ricreazione di massa. Il percorso continua poi con video di edifici distrutti, simbolo eloquente dellusa e getta tipico della nostra epoca e di una umanit che non sa pi curarsi dei propri monumenti. Millions into darkness sono invece installazioni composte da foto darchivio in bianco e nero, che ricostruiscono una mini storia dei conflitti politici e razziali dellAmerica di qualche decennio fa, mischiate a pezzi di meteoriti comprati su internet, facendo diventare linsieme una sorta di metafora delle lotte e dei disastri naturali dei nostri tempi. Colpiscono pi di tutti i Geographical Analogies, un atlante del mondo fatto di analogie e contrasti di luoghi accomunati dal senso del sublime: una serie infinita di polaroids che lartista ha scattato nei suoi viaggi per il mondo e che, accostate per temi e assonanze, danno al lavoro unaria poetica e lirica, accostando graffiti, alberi, le rovine di Petra, edifici modernissimi, sculture e palazzi di vetro. Chiude la mostra un video altrettanto poetico, girato in 35 mm, che mostra un atto puramente vandalico: lartista fa esplodere estintori industriali attorno a un albero secolare, mentre la telecamera riprende lazione senza mai staccare. Un vandalismo reversibile che non modifica totalmente il paesaggio ma lo fa tornare, con una nuova luce, alla compostezza dellinizio. Cyprien Gaillard. Rubble and Revelation - Rivelazioni e Rovine Caserma XXIV Maggio, via Vincenzo Monti 59 Milano, 13 novembre 16 dicembre 2012 h 10-20, Ingresso libero

Claudia Gian Ferrari e le sue passioni


Collezionare il Novecento. Claudia Gian Ferrari, collezionista, gallerista e storica dellarte il primo appuntamento di un ciclo di mostre che il Museo del 900 dedica a collezionisti importanti che hanno messo al centro larte del XX secolo. Si inizia con Claudia Gian Ferrari, collezionista, studiosa, appassionata darte e figlia di Ettore, importante gallerista milanese, dal quale erediter la gestione della galleria. Claudia si propone fin da subito come una importante figura di riferimento per il mondo artistico milanese, tramite un lungo percorso, che ha portato la Gian Ferrari a far scoprire e riscoprire importanti artisti del 900 attraverso mostre e accurate monografie, quali quelle su Giorgio de Chirico, Filippo De Pisis, Arturo Martini, Giorgio Morandi, Fausto Pirandello e Mario Sironi. Ma un artista fu forse pi importante di altri, Arturo Martini. Sulla scia del padre, che aveva fondato lAssociazione Amici di Arturo Martini a sostegno delle opere del maestro, Claudia Gian Ferrari nel 1998 ne cura limportante catalogo generale e ragionato delle sculture, che porta a scoprirne una serie di inedite e anche alcune ritenute disperse. Tra queste, lOfelia acquistata dalla Pinacoteca di Brera proprio quando Claudia fu presidente dellAssociazione (opera presente in mostra). Quindici le opere che entrano da oggi a far parte delle collezioni del Museo, donate dalla famiglia e a cui Claudia fu sempre particolarmente legata, opere che occupavano un posto speciale allinterno della sua abitazione privata. Troveranno spazio un Achrome di Manzoni, destinato alla sala Azimuth del museo, una gouache di Lucio Fontana e unesemplare delle uova in terracotta realizzate dallartista allinizio degli anni Sessanta, ci sar Mario Merz, con la sua Proliferazione laterale del 1975, Apollo e Dafne di Giulio Paolini, una composizione di sale di Giuseppe Penone, una piccola installazione di Pier Paolo Calzolari, e una Stella del 1977 di Gilberto Zorio. La donazione include poi Prire de toucher realizzata da Marcel Duchamp per la copertina del catalogo pubblicato in occasione della mostra Esposizione surrealista, organizzata con Andr Breton alla Galerie Maeght di Parigi nel 1947, le fotografie di Dan Graham, Bruno Kirchgraber e Giorgio Colombo e uno schizzo di De Kooning. Per concludere, ci saranno anche una Macchina drogata di Vincenzo Agnetti del 1969 e un gesso di Fausto Melotti. Inoltre in mostra anche opere di artisti molto amati dalla Gian Ferrari, e prestati appositamente per loccasione, come Arturo Martini, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi, Cagnaccio di San Pietro, Fausto Pirandello e Mario Sironi, a cui Claudia Gian Ferrari ha dedicato una vita di studi, pubblicazioni ed esposizioni. Infine, due degli artisti contemporanei pi vicini alla gallerista, Luigi Ontani e Claudio Parmiggiani, hanno contribuito ad allestire due piccole sale monografiche di particolare intensit. Interessante anche la selezione di materiali provenienti dai documenti dellarchivio storico della galleria Gian Ferrari, che Claudia ha destinato con un legato testamentario agli Archivi del Novecento, attraverso i quali si potr capire e approfondire meglio i momenti pi salienti e le scelte artistiche della Galleria. Documenti, fotografie, lettere e una biblioteca relativa a circa settantanni di attivit per far rivivere unepoca intera. Pitture e sculture ma non solo. Nel percorso espositivo sono inseriti anche mise e accessori amati e usati in vita dalla Gian Ferrari. Vengono proposti alcuni abiti del suo guardaroba, firmato quasi esclusivamente da Issey Miyake, e dei cappellini dautore che Claudia ha sempre indossato, vera e propria passione trasformatasi nel tempo in collezionismo. Claudia ha lasciato a Palazzo Morando, sede delle collezioni di Costume, Moda e Immagine del Comune, oltre cento abiti di Miyake e altrettanti copricapo, tra cui quelli dello stilista Alan Journo e dellartista, da lei promossa, Lucia Sammarco. Una vera amante dellarte e della filantropia. Nel 2006, prima dellapertura del Museo del 900, furono donati consistenti nuclei di opere a Villa Necchi Campiglio e al MART di Rovereto. Una parte di queste collezioni sono andate anche a far parte del MAXXI di Roma, altra citt amata e frequentata dalla collezionista. Lallestimento della mostra altrettanto di eccezione, firmato Libeskind. In una sorta di labirinto dalle pareti disuguali il visitatore potr ammirare da ogni angolo le singole opere, avviluppandosi man mano nel mondo tutto privato che fu un tempo della collezionista, e che da oggi diventa spazio pubblico. Molteplici punti di vista come molteplici e di diversi orientamenti furono le passioni di Claudia Gian Ferrari. Collezionare il Novecento. Claudia Gian Ferrari gallerista, collezionista e storica dellarte - Fino al 3 marzo 2013 Museo del 900 Orari lun 14.30 19.30 mar, merc, ven e

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www.arcipelagomilano.org dom 9.30 19.30 giov e sab 9.30 22.30 Ingresso intero 5 euro

Costantino 313. Il sogno che cambi lEuropa


Per celebrare la nascita del famoso Editto di tolleranza, datato 313 d.C., il Museo Diocesano e la casa editrice Electa, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, con la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e sotto lAlto Patronato del Presidente della Repubblica e della Segreteria di Stato del Vaticano, presentano la mostra Costantino 313 d.C. Una grande esposizione celebrativa non solo di quelleditto che di fatto cambi il corso della storia europea, ma anche del ruolo di Milano come citt imperiale e punto di riferimento politico, religioso e culturale. LEditto di Milano fu emanato nel 313 d. C. dallimperatore romano dOccidente Costantino e dal suo omologo dOriente, Licinio, che si incontrarono nel palazzo imperiale milanese e decisero che, da quel momento, il Cristianesimo, culto gi affermato in larghi strati della popolazione dellImpero, dopo secoli di persecuzioni veniva dichiarato lecito, inaugurando cos un periodo di tolleranza religiosa e di grandi rinnovamenti politici e culturali. Dal palazzo imperiale a Palazzo Reale, dunque. La mostra, divisa in sei sezioni, racconta la Milano dellepoca, ricostruendone idealmente spazi e palazzi, luoghi, arte e suppellettili che circolavano non solo nella capitale ma anche in tutto il mondo romano. Con pi di duecento preziosi oggetti darcheologia e darte, vengono indagate tematiche storiche, artistiche, politiche e religiose: da Milano capitale imperiale, alla conversione di Costantino, con quellaura di leggenda, fino ai simboli del suo trionfo. Attraverso la ricostruzione di Milano, il visitatore potr ritrovarsi nella capitale dellepoca, con tutti gli edifici funzionali a una grande citt: dal Palatium, edificio polifunzionale destinato ad accogliere non solo limperatore ma anche la complessa burocrazia dello Stato, alle grandiose terme erculee, identificabili tra gli odierni Corso Vittorio Emanuele e via Larga, fino alla necropoli dellarea di SantEustorgio, senza tralasciare quartieri residenziali e nobiliari. Ma siamo in un momento di transizione, in cui accanto allaffermarsi del Cristianesimo come culto sempre pi importante, persistono ancora diverse religioni nellimpero costantiniano, che ci sono note mediante luso di iconografie pagane in oggetti darte di destinazione ufficiale o privata, e che spesso si mescolano ai simboli e alle immagini cristiane. Oltre ad approfondire la figura di Costantino e della sua famiglia, ampio spazio dato anche a tre istituzioni importanti per la vita pubblica romana: lesercito, la chiesa e la corte imperiale. Cos grandi ritratti ufficiali, monete, medaglie e oggetti quotidiani documentano il nuovo aspetto pubblico e sempre pi presente dellimperatore, della corte, dei grandi funzionari, dellesercito, della Chiesa e dei suoi vescovi, fino ad Ambrogio. Oggetti preziosi e di lusso che testimoniano, con le loro figurazioni, il passaggio graduale che il Cristianesimo compie allinterno della societ, da devozione lecita ma privata a una dimensione pubblica e ufficiale, per arrivare infine a essere lunica religione dellImpero. Gemme e cammei, argenterie, gioielli in oro e fibule auree consentiranno di tracciare un quadro dello splendore che caratterizzava la vita della corte e la nuova devozione verso la Chiesa. Chiude la mostra una grande sezione dedicata a Elena, madre di Costantino, santa e imperatrice. Fu proprio Elena che si rec in Terra Santa e trov, secondo la tradizione, dopo averla riconosciuta, la Vera Croce di Cristo, riportandola in Europa e inserendo nella corona imperiale del figlio uno dei Sacri Chiodi, come protezione e dichiarazione ufficiale della nuova, vera Fede. Imperdibile la bellissima SantElena di Cima da Conegliano, proveniente dalla National Gallery di Washington, 1495 c. Sulla conversione di Costantino si scritto molto: fu frutto di una decisione presa per convenienza o il suo spirito era sincero? Il battesimo in punto di morte, il celebre sogno, avvenuto la notte prima della Battaglia di Ponte Milvio, nel 312, in cui si preparava a combattere il suo nemico Massenzio, sono storie ben note. Quel che certo che, da quel momento, inizia a diffondersi liconografia del Krismon, le due iniziali greche di Cristo incrociate tra loro, dapprima sugli scudi dellesercito di Costantino, poi su monili e gioielli, per approdare infine in tutto lImpero. Si diffonde a simbolo di unepoca intera il signum crucis di Costantino.

Costantino 313 d.C. Palazzo Reale, fino al 17 marzo 2013 orari: lun 14.30 19.30 mar, mer, ven, dom: 9.30 19.30 giov, sab: 9.30 22.30 ingresso: intero euro 9,00 ridotto euro 7,50

Cadaveri in mostra - Body Worlds


Body Worlds il titolo della mostra che ha dato, e continuer a dare scandalo e suscitare perplessit. In pratica, si tratta di unesposizione di cadaveri, o di parti di essi, completamente ridotti nelle loro parti pi essenziali: muscoli, ossa, vasi sanguigni ecc. Sembra la descrizione di un film dellorrore, in realt una mostra che vuol essere scientifica e didattica. E perch no, anche un poco artistica. Body Worlds - Il vero mondo del corpo umano, gi stata visitata da oltre trentaquattro milioni di persone nelle sessanta citt del mondo in cui n. 43 IV 12 dicembre 2012 ha fatto tappa, di cui solo 200.000 a Roma e Napoli. La mostra celebra il corpo umano, facendo luce sui segreti della sua anatomia e del suo funzionamento, spiegando con parole semplici e comprensibili a tutti informazioni e questioni scientifiche sui temi della salute, delle malattie, del benessere e della vita in generale. Come possibile tutto questo? Lidea di questo circo dei morti del Dr. Gunther von Hagens, che dal 1977 ha inventato e continuamente modernizzato la tecnica della plastinazione, attraverso la quale si sostituiscono ai liquidi corporei polimeri di silicone, rendendo perfettamente conservabili nel tempo tessuti e organi umani e animali. Il fine della mostra assolutamente medico, come precisano gli organizzatori, allinizio questi esperimenti servivano soprattutto per gli studenti di medicina, ma col tempo si estesa la possibilit di questa particolare materia anche al grande pubblico, per mostrare, in modo ravvicinato, come funziona davvero il corpo umano, con tutti i suoi segreti e le sue risorse, per permetter-

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www.arcipelagomilano.org ne davvero una piena comprensione. La domanda sorge spontanea. Chi sono-erano queste persone che oggi, alla Fabbrica del Vapore, ritroviamo letteralmente a pezzi dentro delle vetrine o impiegate in strane pose plastiche? Le tante mostre che Body Worlds ha creato dagli anni 80 a oggi sono state possibili grazie a specifici programmi di donazione del corpo, nel quale i donatori dispongono esplicitamente che i loro corpi possano essere esposti a Body Worlds dopo il decesso. A oggi i registri dellistituzione contano pi di 13.000 donatori registrati, tra viventi e deceduti. Oltre a vedere nel dettaglio organi, in salute e affetti da patologie, ossa, sezioni di tessuto ecc, c anche spazio per lestetica. In mostra infatti sono presenti corpi posizionati in atteggiamenti e pose varie, per mostrarne a pieno il funzionamento dei muscoli, dei nervi ecc. Tra gli altri ricordiamo una toccante coppia di ballerini, un giocatore di basket, uno sciatore, tre ironici giocatori di poker e addirittura un cavaliere su cavallo. Tutti, ovviamente, fatti di scheletro e tessuti muscolari ben in vista. Ma non c niente di macabro o di cattivo gusto, come spiega lideatore, Gunther von Hagens: "L'esposizione Body Worlds un luogo destinato alla divulgazione e alla riflessione intima, un luogo dedicato all'autoconsapevolezza filosofica e religiosa. Non un cimitero illegale, n un salone di bellezza postmortem. Mostra il corpo quale miglior rappresentante dell'anima, che si porge al visitatore di mentalit aperta". Una mostra per stomaci forti. Gunther von Hagens Body Worlds Milano, Fabbrica del Vapore via Procaccini 4 fino 17 febbraio 2013 biglietti: intero 15,00 euro, ridotto over 62, studenti, 14 euro La mostra aperta tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 20.00 con orario continuato. Il gioved e il sabato lorario dalle 10.00 alle 23.00 con orario continuato.

Dal 1953 a oggi: Picasso a Milano


Picasso torna a Milano. I capolavori del genio spagnolo arrivano in citt con una grande ed emozionante retrospettiva. Le opere, pi di 200, arrivano dal museo pi completo e importante per quanto riguarda la produzione dellartista: il Muse Picasso di Parigi che, chiuso per restauri fino al 2013, ha deciso di rendere itineranti le sue collezioni e di presentarle in tutto il mondo. Prima della tappa milanese infatti le opere sono state esposte in America, in Russia, Giappone, Australia e Cina. Certo non la prima volta che Picasso arriva a Milano. Oltre alla grande mostra del 2001, ci fu unaltra kermesse, che fece la storia delle esposizioni museali in Italia, la grande mostra del 1953. Una mostra dalla duplice tappa italiana, prima Roma e poi Milano, ma che ha avuto nei suoi sviluppi meneghini una risonanza e unimportanza non paragonabile a quella romana. Voluta fortemente dal senatore Eugenio Reale, la mostra romana si presentava ricca s di opere, ma parzialmente oscurata per motivi politici. Ad esempio non compariva il Massacro in Corea (presente oggi in mostra). Ledizione milanese, organizzata dallinstancabile Fernanda Wittgens e dai suoi collaboratori, fu invece ancora pi ricca di opere, scelte dallo stesso Picasso, con addirittura larrivo, a mostra gi iniziata, di Guernica, celeberrimo dipinto del 1937, e manifesto contro la guerra franchista. Dipinto che per la sua importanza fu sistemato, su richiesta di Picasso, nella sala delle Cariatidi, che per contratto non doveva essere restaurata dopo le devastazioni della guerra, proprio per creare un connubio e un monito forn. 43 IV 12 dicembre 2012 tissimo a memoria degli orrori e delle devastazioni belliche. Proprio da questa stessa sala prende avvio oggi la mostra Picasso. Capolavori dal Museo nazionale di Parigi, che racconta in un percorso cronologico e tematico la vita e le opere dellartista. Insieme alle fotografie che ci mostrano attimi di vita, amori, amici e ateliers dellartista spagnolo, in mostra dipinti, sculture e opere grafiche create durante la sua lunghissima vita. La mostra, curata da Anne Baldassari, presidente del museo parigino, illustra le varie fasi e gli stili che Picasso us, spesso in contemporanea, durante la sua carriera. Si inizia con lapparente classicismo e malinconia dei periodi blu e rosa, di cui sono memorabili opere come La morte di Casagemas, dipinto dedicato allamico morto suicida, la misteriosa Celestina e I due fratelli. Ma gi dal 1906 si intuisce linfluenza che larte primitiva, africana e iberica, avranno su Picasso. Sono questi gli anni che vedono la nascita dei tanti disegni preparatori per il capolavoro assoluto, Les Demoiselles dAvignon, 1907 (conservate al MoMA di New York). Lautoritratto nudo, gli studi di donna, sono tutti dipinti in cui il Cubismo inizia a prender forma, semplificando e rendendo impersonali volti e sessi. Ma la rivoluzione vera arriva intorno al 1912, quando Braque e Picasso inventano i collage, e la forza dirompente delle loro sperimentazioni porta alla nascita del Cubismo, analitico e poi sintetico, in cui la figura viene prima scomposta, resa irriconoscibile, come nel Suonatore di chitarra e Il suonatore di mandolino, per poi tornare a inserire elementi di realt, come lettere, numeri, scritte o veri e propri elementi oggettuali. Ma Picasso non solo Cubismo. Negli anni 20 segue, a suo modo, il Ritorno allordine dellarte, con le sue Bagnanti e le sue donne enormi, deformate, possenti e monumentali, omaggi agli amici impressionisti come Renoir. Sono gli anni in cui conosce anche Breton e i Surrealisti, e in cui crea figure disumane e contorte, mostri onirici che ci mostrano le pulsioni sessuali e le ossessioni del pittore. La guerra per, sconvolge tutto. Oppositore della dittatura franchista, Picasso non pu far altro che denunciare gli orrori e la violenza della guerra con sculture e dipinti dai toni lividi, come Guernica, o nature morte popolate di crani di tori, capre e candele dalla fiamma scura. Non mancano i ritratti dei figli e delle donne amate: Fernande, Dora Maar, Marie Therese, Francoise, Jacqueline e la bellissima Olga in poltrona, dipinto che Picasso conserver fino alla propria morte, appeso sopra il letto. Ritratti ma anche autoritratti dellartista, dipintosi davanti al cavalletto, o con una modella nello studio, tema prediletto per dipingere la Pittura, il vero amore della sua vita. Picasso dipinse fino a poco prima di morire. Degli ultimi anni sono i dipinti che riprendono i maestri a lui pi cari, Matisse, Velazquez, Delacroix, ma anche un lucido autoritratto in cui lartista si rappresenta sempre pittore ma con un volto che sembra gi un cranio dalle orbite vuote (Il giovane pittore, 1972). Morir lanno seguente. Una mostra completa, che prende origine dallincredibile collezione del Museo Picasso di Parigi, forte di pi

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www.arcipelagomilano.org di 5.000 opere, donate in vari nuclei da Picasso stesso e in seguito, direttamente dagli eredi. Ieri come oggi le opere di Picasso potranno ancora insegnarci qualcosa, monito e delizia dei tempi moderni. Picasso. capolavori dal Museo Picasso di Parigi Palazzo Reale, fino al 6 gennaio 2013, orari: luned, marted e mercoled: 8.30-19.30 gioved, venerd, sabato e domenica: 9.30-23.30; biglietti: 9,00 intero, 7,50 ridotto

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Ars Culinaria
Dal Piemonte alla Sicilia, i piatti degli antichi Romani sulle loro (e le nostre) tavole Antonietta Dosi Giuseppina Pisani Sartorio Donzelli Editore, luglio 2012 pp.441, euro 24
Mercoled 12 dicembre, ore 18, il libro verr presentato presso Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7, Milano con Anna Pesenti Erminia Dell'Oro, Eva Cantarella Nihil sub sole novi: stupiremo nello scoprire che Artolaganaus si chiamava l'attuale focaccia, ai tempi dei Romani e pulmentarium ad ventrem corrispondeva alla nostra tisana digestiva, cos come il porcellum vitellianum alla porchetta di Ariccia. Per non parlare del ficatum, alias fois gras e relativo pat, che non francese, perci, bens romano. Queste e altre insospettabili curiosit, conosceremo nel sapiente e divertente libro, unico nel suo genere, della filologa Antonietta Dosi, gi docente di Lingua italiana presso l'Universit di Atene e direttore dell'Istituto italiano di Cultura ad Alessandria di Egitto e da Giuseppina Pisani Sartorio, archeologa e gi direttrice alla Soprintendenza ai Beni culturali del Comune di Roma Il testo, dallo stile accattivante e scorrevole, una carrellata di 450 pagine nella storia, e nella cultura materiale di Roma antica, corredato da splendide illustrazioni di dipinti e mosaici antichi, ove il cibo un formidabile indice antropologico, dello stile e dei cambiamenti sociali di una Roma sempre pi cosmopolita. Per cercare di ricostruire gli usi alimentari di quei tempi, le autrici si sono avvalse, sia dei reperti archeologici, delle pitture e dei mosaici provenienti dalle abitazioni di Pompei, Ercolano, dalla tomba etrusca Golini I di Orvieto e da altri antichi siti; sia della consultazione delle rare fonti scritte sul tema, in maniera organica, in primis il De Coquinaria di Apicio, vissuto sotto Tiberio nel I sec. d. C., del quale resta un'edizione abbreviata del IV sec. d.C., riscoperta nell'Umanesimo. n. 43 IV 12 dicembre 2012 Gi Catone nel II sec. a.C., nel De agri culinaria, aveva illustrato varie tradizioni della cucina povera dei primi secoli della vita di Roma, come minestre, intingoli e pietanze frugali. In seguito Cicerone, Orazio, Virgilio, Plinio il Vecchio e il Giovane, Seneca, Petronio, Giovenale faranno brevi accenni ai ricchi banchetti della classe dominante, detti convivia, che sotto l'impero vedranno inviti estesi anche a seicento ospiti. Il nostro vademecum culinario riuscito a individuare ben 130 ricette antiche e 140 ricette rivisitate, anche se stato difficile realizzarle nella pratica, perch mai sono indicati nei testi antichi i dosaggi dei singoli componenti, n si conoscono i sapori dei vini, se non di quelli resinati greci, e non si ha pi a disposizione il vasellame adeguato e il sistema di cottura coerente all'antico. All'uso di frutta ed erbe selvatiche dei tempi pi antichi, si passa a coltivazioni di cereali quali il farro, l'orzo, il miglio, e solo dal V sec. a.C. far capolino nell'alimentazione il grano. Il termine frugale, proprio di quella tradizione culinaria, deriva da fruges, frutti della terra. La base dell'alimentazione era la puls, di farina di farro o orzo, arricchita da semi di lino, antefatto dell'attuale polenta, alla quale si aggiungevano a volte latticini, verdure, legumi, uova, queste come antipasto. E aglio e cipolla, cavolo, un centinaio di erbe conosciute, tra le quali l'ortica, i ricercati funghi, le rape, la carota. Certo solo dopo la scoperta dell'America arriveranno in Europa pomodoro, patata, barbabietola. I romani dunque in origine erano vegetariani e solo raramente mangiavano carne, (di porco in primis, pecore, capre, pollame, ghiro, cinghiale, selvaggina) utilizzata anche per i sacrifici rituali. Raramente si cibavano di carne di bue, che non allevavano per la macellazione, perch era adibito all'agricoltura, tenuta in grande considerazione. La carne veniva bollita due o pi volte nell'acqua o nel latte, perch dura e fibrosa, in quanto conservata sotto sale. Per lo stesso motivo, non si usava arrostirla nei primi tempi della Repubblica. Di certo la carne era cibo per classi elevate, che nel periodo dell'Impero giunsero a farne uso smodato. Per monitorare i costumi sfrenati, in origine di influenza greca, sin dal II sec. a.C. furono introdotte le leggi suntuarie, spesso eluse in seguito, come nei banchetti sfrenati del liberto arricchito Trimalcione, descritti da Petronio. Con l'espandersi della potenza romana e contatti con altre civilt, inizi l'importazione di nuovi prodotti. Ecco l'importanza delle spezie provenienti dall'Asia e dall'Africa, per insaporire i cibi, specie le carni bollite, prive in s di alcun gusto. Per conservare gli alimenti, utile era il pepe, di cui i romani erano ghiotti. E lo zenzero dall'India, i semi di papavero, il laser, resina aromatica dalla Persia, e la cannella e il cumino dall'Asia orientale, il prezioso zafferano dal Kurdistan: occorrevano pi di 100 fiori per un etto di prodotto. I pesci in origine non facevano parte della dieta dei Romani, in quanto terricoli, e solo verso la fine della Repubblica, si afferm ovunque l'uso del garum, un condimento universale, proveniente dall'Indonesia, noto in Grecia sin dal V sec. a.C., ottenuto facendo macerare vari strati di pesce, sale, e spezie per alcuni giorni, dando vita a un alimento simile alla salsa di acciughe, a volte maleodorante. In seguito pesci e crostacei vennero allevati anche nelle piscine private dei ricchi e comparvero allevamenti di ostriche e mitili, insieme a vere industrie di conservazione del tonno, sgombri,

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sardine, soprattutto in Sicilia . noto che i romani apprezzavano anche le murene. Era abitudine diffusa mescolare il dolce, derivante dal miele, e il salato, e si conservavano in salamoia persino le pesche e le albicocche e le ciliege di origine asiatica. E abbondavano nei banchetti frutta come l'uva, i prelibati fichi, le variegate mele, frutta secca e castagne e melograni. Molto in uso era il rito della trasformazione per imitazione del cibo,

una sorta di creazione culturale, per fare apparire ricercati, gli ingredienti pi poveri, come l'uso poliedrico della zucca. E i cuochi romani, come gli antichi magheroi di origine greca, si sbizzarrivano rielaborando i menu pi strani atti a stupire, come la porchetta cotta, riempita nella pancia di volatili vivi. Un capitolo a parte merita l'uso dell'olio e delle olive, e la storia della produzione del vino, utile sia per le varie necessit rituali, sia per la tavola. Curioso che le donne non po-

tessero di regola accostarsi a quella bevanda.Anche la birra era apprezzata, di provenienza dalla Gallia e dalla Spagna, ma gi conosciuta dagli Egizi. Nell'impossibilit da dare conto delle centinaia di pagine del libro, non resta che sperimentare sulle nostre tavole questo antico Artusi, le cui ricette provengono dalle varie Regioni italiane, grazie alla competenza e alla curiosit delle due autrici.

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org Questi amati orrori
di Renato Gabrielli e Massimiliano Speziani testo di Renato Gabrielli In scena Massimiliano Speziani Spazio scenico e luci Luigi Mattiazzi Prodotto da BIBOteatro In un luogo inusuale e poco frequentato dal grande pubblico (inteso come numeroso) come lo Spazio Van gh, Gabrielli e Speziani hanno ripresentato un lavoro di due anni fa e una trentina di spettatori a sera hanno avuto la fortuna di assistere a una chicca di teatro dattore e dautore. Massimiliano Speziani parte da se stesso e presta il suo corpo a quattro coppie di personaggi: un cane e il suo padrone, una madre e il figlio, due innamorati e un dottore con uno dei suoi pazienti. Le coppie, in una sorta di tesi-antitesi-sintesi hegeliana si creano, con uno dei due personaggi che esce, seguito subito dopo dallaltro, interagiscono e poi scompaiono andando a confluire e ri-fondersi nellattore che, subito intervallando con qualche canzone che per non sembra mai una divagazione, ma piuttosto parte di un flusso inizia a dar vita alla coppia successiva. Il tema del doppio affrontato dal punto di vista fisico-espressivo, pi che da quello concettuale, e la fluidit delle immagini e dei rapporti fra i personaggi che Speziani interpreta, suscitano la fantasia dello spettatore che tentando di ricostruire il filo di una storia che non c segue e interpreta in una sorta di stream of consciousness. Lassenza di una trama vera e propria rischierebbe di far perdere lattenzione in certi punti, ma la concretezza delle immagini e il costante rapporto con il pubblico al quale come in Thom Pain di Will Eno si dichiara fin da subito di non avere nulla da raccontare, riescono a coinvolgere per tutta la durata dello spettacolo. Lo spazio adattissimo al tipo di lavoro, che perderebbe molto se schiacciato su un palco frontale, e che ha la sua forza proprio nel rapporto diretto dellattore/personaggio con gli spettatori che, dopo essere stati prelevati dal piccolo foyer e portati ai loro posti dal personaggio stesso, vengono disposti su tre lati e sono parte dellazione scenica. La scrittura di Gabrielli, cucita addosso a Speziani, semplice e brillante, ricca di giochi di parole non fini a loro stessi e tesa verso unessenzialit in perfetto equilibrio fra il colloquiale e levocativo. Spazio Van gh, dal 1 al 3 dicembre In scena Al Teatro Elfo Puccini dal 4 al 16 dicembre Un marito ideale di Oscar Wilde, regia di Roberto Valerio.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Troppo amici


di Olivier Nakache, Eric Toledano [Tellement Proches, Francia, 2009, 102'] con Vincent Elbaz, Isabelle Carr, Franois-Xavier Demaison, Audrey Dana, Omar Sy, Josphine de Meaux
Dopo il clamoroso successo di Quasi Amici, Olivier Nakache ed Eric Toledano tornano nelle sale italiane con una pellicola che risale al 2009. Le famiglie disfunzionali sono il soggetto pi ripreso dalle commedie cinematografiche. Non fanno eccezione i due registi francesi che non riescono a liberarsi da questo stereotipo e scelgono di raccontarci la vita convulsa e frenetica di Alain (Vincent Elbaz), adolescente mai cresciuto, e di sua moglie Nathalie (Isabelle Carr). La coppia vittima dei rapporti morbosi e soffocanti che legano la donna alla famiglia d'origine. Perch, a dispetto della fuorviante traduzione italiana, in questo caso di parenti che si tratta e non di amici. Il fratello di Nathalie, Jean-Pierre, (Franois-Xavier Demaison) un avvocato con poche speranze di carriera che asseconda passivamente le stravaganti ambizioni della moglie. La sorella Roxane, (Josphine de Meaux) timida e infelice, cerca ossessivamente un compagno con cui soddisfare il proprio desiderio di maternit.

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www.arcipelagomilano.org Tutto comincia con la tradizionale cena di famiglia, preludio di unimplosione che non tarda ad arrivare. La cena mostra allo spettatore, quasi come uno studio sociologico, gli usi e le abitudini di una famiglia francese media, ridicolizzando le pi banali aspirazioni borghesi. La casa, i soldi e l'educazione dei propri figli fungono cos da miccia all'inevitabile disgregazione familiare. I personaggi di Troppo Amici vengono separati in singole storie, spesso fantasiose e lontane dalla realt. Sono tutti fragili e insicuri, devono sopportare il peso del fallimento delle proprie ambizioni o la frustrazione di pregiudizi razziali ormai desueti. La loro goffaggine nell'affrontare le difficolt quotidiane ci che dovrebbe suscitare ilarit ma che, pi banalmente, li conduce alla tanto temuta unit familiare.

Marco Santarpia In sala a Milano: The Space Cinema Odeon, Colosseo, UCI Cinemas Bicocca.

GALLERY

VIDEO

UMBERTO AMBROSOLI: LA MIA REGIONE http://www.youtube.com/watch?v=fuvLmQli-8c

ALESSANDRA KUSTERMANN: QUEL CHE NON HO POTUTO FARE, QUEL CHE FAR http://www.youtube.com/watch?v=_QBHfbZJihs

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