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Richard Dawkins, "L'illusione di Dio" (I parte) [Prima di leggere questa presentazione - necessariamente superficiale - del libro di Richard Dawkins

(o dopo averla letta), vi suggerisco di leggerne alcuni estratti che sono stati tradotti sul blog di Maurizio Colucci]

Ci voleva proprio Richard Dawkins per fare il punto della situazione e sferrare qualche colpo decisivo all'ipotesi di dio e alla pervicacia con cui la religione cerca d'infiltrarsi ovunque. Nel suo ultimo libro, The God Delusion (L'illusione di Dio), il biologo inglese rivolta come un guanto tutte le possibili obiezioni e, forte della sua esperienza di scienziato e delle accuse dei religiosi a cui negli anni ha dovuto rispondere, lo fa con grande abilit logica - e, del resto, non ci si poteva aspettare altro da uno come lui - e con verve da vero polemista. The God Delusion s un testo che tiene alto il vessillo della razionalit - condannando l'indebito spazio concesso e gli sconti concessi alle religioni nel dibattito pubblico -, ma non un testo arido. Tutt'al contrario: insieme con la discussione di solidi argomenti logici, Dawkins fornisce anche una marea di dati, puntellandosi con gli studi di altri scienziati, e numerosi aneddoti che fanno del suo libro una lettura scorrevole e piacevole. In ogni caso, quando si arriva all'ultima pagina, si ha la netta sensazione di essere pi intelligenti: l'autore ha fatto un po' da "levatrice" all'intelligenza - a volte un po' sommersa, a volte assediata - del lettore in cerca di concretezza e di logica. Sin dall'inizio Richard Dawkins, per evitare quegli equivoci che sorgono costantemente ogni volta che si parla di dio, definisce subito il senso da attribuire a questa parola: "un'intelligenza sovrumana, sovrannaturale che ha deliberatamente progettato e creato l'universo e tutto ci che esso contiene". Questo serve a fugare l'uso - fatto anche da alcuni scienziati (tra i quali Albert

Einstein) - della parola "dio" in senso molto lato, tanto da indicare genericamente la natura e le sue leggi: in questo caso, sostiene Dawkins, si potrebbe parlare tutt'al pi di panteismo. Ma non questa la posizione delle grandi religioni monoteistiche e non questo il dio di cui esse rivendicano l'esistenza e che, invece, il biologo vuole confutare. Sgomberato il campo da questa ambiguit iniziale, Dawkins dedica la prima met del suo libro all'esame dell' "ipotesi di dio", passando prima in rassegna le varie posizioni riguardo alla religione, dal politeismo al monoteismo fino ad arrivare alla posizione degli agnostici. Agli agnostici non riserva un trattamento di favore. In linea generale, la posizione di un agnostico - in qualsiasi ambito - quella di chi, non potendo affermare n negare nulla di certo, si limita a sospendere il giudizio. Dawkins, tuttavia, distingue tra un "agnosticismo temporaneo nella pratica", per il quale il giudizio solo momentaneamente sospeso. Il soggetto sa che a certe domande esiste una risposta, che per non ancora stata trovata. La soluzione continuare a indagare e studiare la realt, fiduciosi che la situazione, prima o poi, cambi. Poi c', invece, un "agnosticismo permanente di principio", riservato a questioni per le quali non sar mai possibile avere risposta. Secondo Dawkins, l'ipotesi di dio rientra nella prima categoria. Dio o esiste o non esiste: non pu esservi una via di mezzo. In questo senso una questione scientifica: un giorno avremo una risposta definitiva, ma per ora gi possibile fare qualche affermazione forte sulla probabilit della sua inesistenza: "Non ci sono ragioni per considerare dio immune da una riflessione nello spettro delle probabilit. E sicuramente non esistono ragioni per supporre che, proprio perch non si pu provare n l'esistenza, n l'inesistenza di dio, la sua probabilit di esistere sia esattamente il cinquanta per cento". Affrontata la questione dell'agnosticismo, Dawkins passa a un'altra "teoria" che spesso viene avanzata - non soltanto dai religiosi, ma anche da taluni scienziati - e che lui definisce "NOMA", cio "non overlapping magisteria" - i "magisteri che non si sovrappongono". E' la tecnica con cui, per tirarsi fuori d'impiccio ogni volta che si chiede alle religioni di fornire prove concrete dell'esistenza di dio e della sicumera con cui i suoi interpreti impongono la verit dei loro dogmi, si sostiene che scienza e religione si occuperebbero di due ambiti che non si sovrappongono. In realt, dice Dawkins, non cos, perch "la presenza o l'assenza di una super-intelligenza creativa ,

inequivocabilmente, una questione scientifica". Anzi, questa tecnica viene usata esclusivamente perch non ci sono prove inconfutabili per sostenere l'ipotesi di dio. Commenta infatti sarcasticamente l'autore che nel momento in cui vi fosse la minima prova scientifica, gli apologeti della religione sarebbero i primi a buttarla a mare (e fa questo esempio: che cosa accadrebbe se si trovassero frammenti di DNA che provano che Cristo non aveva un padre biologico?). Dopodich, Richard Dawkins ricapitola - con un certo gusto - i vari argomenti che, in passato e in parte ancora oggi, sono stati elaborati a sostegno dell'esistenza di dio, smontandoli uno per uno. Si parte dalle "prove" classiche di Tommaso d'Aquino: il "motore non mosso", la "causa non causata" e l' "argomento cosmologico" - che presuppongono, in modo del tutto ingiustificato, che dio sia immune dal "regresso" (cio se si stabilisce che tutto pu esser fatto risalire a una causa non si capisce per quale ragione la stessa cosa non dovrebbe valere anche per dio), l' "argomento della gradualit" - secondo il quale nel mondo le cose differiscono per gradi e ci sono gradi perfezione o di bont, che per possiamo giudicare solo paragonandoli con un massimo, e questo massimo sarebbe dio (e Dawkins commenta: "Si potrebbe anche dire che le persone differiscono per il loro odore, ma noi possiamo fare un paragone solo riferendoci a un massimo perfetto di odorosit. Perci ci dev'essere un puzzone senza pari, e questo lo chiamiamo dio") -, e infine l' "argomento teleologico" - o argomento del "disegno". Di tutti gli argomenti, quello ancora in auge ai giorni nostri e si basa su un'analogia: ogni cosa che usiamo stata progettata da qualcuno, quindi anche l'universo stato progettato da qualcuno e questo qualcuno sarebbe dio. Peccato che questo argomento stato distrutto dalle scoperte di Darwin. Dopo gli argomenti di Tommaso d'Aquino, Dawkins elenca altri argomenti aprioristici, come l' "argomento ontologico", formulato nel 1078 da Anselmo di Canterbury, che si risolve in un sofisma astratto: "E' possibile concepire un essere perfetto rispetto al quale non si pu concepire nulla di pi grande. Ma un essere che non esiste nel mondo reale per questo stesso fatto men che perfetto. C' quindi una contraddizione e allora dio deve esistere!". Purtroppo, per, il "trucco" sta nello stabilire a priori che l'esistenza pi perfetta della non esistenza. Al riguardo, Dawkins cita il "divertissement" di un filosofo australiano, Douglas Gasking, che, impiegando gli stessi stratagemmi verbali, ha "dimostrato" che dio non esiste.

Seguono poi, nell'ordine: l' "argomento della bellezza" (l'universo cos bello che impossibile che non vi sia un dio), l' "argomento dell'esperienza personale" - che Dawkins smonta mostrando che il cervello umano funziona come un formidabile "software di simulazione"), l' "argomento degli scienziati stimati che credono in dio", l' "argomento delle scritture" (nonostante le numerosissime incongruenze che affliggono i testi cosiddetti sacri), per concludere con la famosa "scommessa di Pascal". In ogni caso, nessuno di questi argomenti risolutivo: "Le persone con un'inclinazione teologica sono spesso cronicamente incapaci di distinguere che cosa vero da ci che esse vorrebbero fosse vero". (Per sottolineare la vacuit delle dimostrazioni dell'esistenza di Dio, Dawkins ne presenta alcune tratte da questo sito, ora accresciuto. La maggior parte sono, ovviamente, una forma di satira, ma contengono tutte in nuce una verit: nessuna in grado di dimostrare nulla). Liquidati gli "argomenti" a favore dell'ipotesi di dio, nel capitolo successivo intitolato "Perch quasi certamente non c' un dio" - Richard Dawkins espone la tesi centrale del suo libro, che aveva gi annunciato all'inizio: "Qualsiasi intelligenza creativa, sufficientemente complessa da poter progettare qualsiasi cosa, viene a esistere solo come prodotto finale di un lungo processo di evoluzione graduale". A chi replica che le cose complesse non possono essere "nate per caso", infatti, Dawkins replica che la selezione naturale una cosa completamente diversa dal caso e che il darwinismo mostra tappe successive di complessit sempre crescente. La selezione naturale, dunque, l'alternativa alla creazione attraverso il disegno di un'intelligenza divina. La selezione naturale infatti un processo di accumulazione, che serve a spezzare il problema dell'improbabilit in frammenti pi piccoli: ogni frammento leggermente improbabile, ma non in maniera proibitiva. Quando grandi quantit di questi eventi leggermente improbabili si collegano in serie, il prodotto finale appare molto improbabile - ma lo sarebbe solo se si postulasse che fosse nato di colpo. Il creazionista, invece, non comprende questo fatto, perch continua a trattare la nascita delle cose come un unico evento. Dawkins ricorre alla similitudine del "monte improbabile": da una parte c' uno strapiombo, dal quale non possibile saltare con un balzo sulla cima, mentre dall'altra c' un sentiero che, a poco a poco, sale verso la vetta. E se l'evoluzione non ancora in grado di spiegare tutto, lasciando dei "buchi", questo

non significa che questi "buchi" debbano venire riempiti postulando l'esistenza, indimostrata, di un dio - come fanno i creazionisti. L'evoluzionismo darwiniano, perci, funziona come una specie di "gru" per raggiungere vette che altrimenti non potremmo raggiungere. Stabilito che l'ipotesi di dio quasi certamente falsa, Dawkins si chiede a questo punto che origine abbia la religione e, soprattutto, perch sia ancora tanto diffusa. A prima vista si direbbe che, partendo dal principio darwiniano secondo cui ci che non serve all'evoluzione a poco a poco viene eliminato, la religione dovrebbe essere gi scomparsa, perch rappresenta uno spreco notevole. Che la religione dunque serva a qualcosa? Allora bisogna determinare che cos' questo "qualcosa". Dawkins per specifica che secondo Darwin il beneficio non ristretto ai geni del singolo organismo. L'individuo che si osserva, infatti, potrebbe essere influenzato e manipolato dai geni di un altro individuo, per esempio un parassita, e che ci che dal punto di vista del primo organismo potrebbe apparire uno spreco in realt utile al secondo organismo. Il fatto che la religione sia presente pi o meno ovunque potrebbe significare che ha operato a beneficio di qualcosa, anche se non siamo noi o i nostri geni. Anche se gli scienziati trovassero un "gene di dio" - una propensione genetica alla religione - nel cervello umano, lo scienziato darwiniano comunque tenuto a scoprire il processo di selezione naturale che ne ha favorito la sopravvivenza: "Perch quei nostri antenati che avevano una tendenza genetica a sviluppare un 'centro di dio' sono sopravvissuti e hanno avuto pi nipoti rispetto ai rivali che non l'avevano?". Posto che i vantaggi diretti della religione - la funzione di placebo o la funzione di consolazione - non sono abbastanza forti per produrre questa selezione naturale, Dawkins avanza l'ipotesi che la religione sia il sottoprodotto - o il "prodotto collaterale" - di qualcos'altro, una qualche tendenza psicologica, che ha valore per la sopravvivenza dell'uomo. Dawkins sostiene che il bambino deve credere e non mettere in dubbio quello che gli dicono gli adulti per non mettere a repentaglio la sua esistenza: "La selezione naturale costruisce il cervello dei bambino con una tendenza a credere qualsiasi cosa i loro genitori o gli adulti della trib dicono loro. Questa obbedienza fiduciosa preziosa per la sopravvivenza. (...) Il rovescio della medaglia per una credulit servile. L'inevitabile sottoprodotto la vulnerabilit all'infezione per opera di 'virus mentali'". Poi, secondo Dawkins, entra in gioco anche un altro

elemento. Gli esseri umani hanno sviluppato dei "moduli" per interpretare gli oggetti e, soprattutto, gli altri esseri che li circondano. Poich non sempre immediatamente possibile verificare le intenzioni di ci che ci sta attorno, utile per la nostra sopravvivenza avere delle "scorciatoie" interpretative per accelerare il processo decisionale in circostanze pericolose o in situazioni sociali cruciali, risparmiando tempo prezioso. E' questo ci che un altro filosofo, Daniel Dennett, ha definito "intentional stance" - "atteggiamento intenzionale" - con cui attribuiamo agli altri una certa "intenzione" e in base a ci regoliamo il nostro comportamento e le nostre reazioni. Questo "atteggiamento intenzionale", per, finisce per essere attribuito persino a esseri inanimati (per esempio, una macchina che non funziona potrebbe "avercela" con noi) e a farci trovare agenti come, appunto, divinit - dove non ce ne sono.

Richard Dawkins, "L'illusione di Dio" (II parte)

Qui Dawkins reintroduce la sua "teoria del meme": il meme - analogamente al gene - l'unit minima di eredit culturare e rappresenta un replicatore in grado di essere copiato e trasmesso di generazione in generazione. I "memi" pi adatti a sopravvivere vengono in qualche modo selezionati e si trasmettono. In questo senso si pu anche formulare una teoria memetica della religione: alcuni memi sopravviverebbero per loro merito assoluto (dove con ci s'intende, darwinianamente, la loro capacit di sopravvivere e trasmettersi, e non il loro contenuto intrinseco, che pu anche non avere alcun valore oggettivo) e sopravviverebbero in qualsiasi "complesso memetico" - cio in combinazione con qualsiasi meme (un meme di questo tipo potrebbe essere: "sopravviverai alla tua morte"), mentre altri sopravvivono perch sono compatibili con altri memi gi presenti e numerosi nello stesso gruppo (cio sopravvivono solo in quanto parte dello stesso gruppo). Sono questi che differenziano una religione dall'altra. Una religione o un'altra, quindi - per esempio, il cattolicesimo romano e l'islam evolve in parte grazie a questo raggruppamento di memi che fiorisce in presenza di altri membri dello stesso "memeplex". L'evoluzione delle religioni avviene spesso in modo inconscio, anche se non escluso l'intervento di persone che le organizzano in un certo modo. Tuttavia ci sono alcuni esempi di religioni esplicitamente progettate e create dal nulla, come Scientology. A conclusione di questa analisi, Dawkins racconta dei cosiddetti "culti del cargo", che si sono sviluppati nella Melanesia dell'Oceano Pacifico e in Nuova Guinea, e che esemplificano la facilit con cui possono nascere certe religioni, fornendo un modello della loro nascita dal nulla, della velocit con cui il processo di origine fa perdere le sue tracce, di come culti simili nascono su isole diverse (il che

rivelatore della psicologia umana) e di come la nascita di questi culti sia, in fondo, simile a quella del cristianesimo, che l'evoluzione memetica di uno dei tanti culti - l'unico sopravvissuto - nati intorno a una probabile figura carismatica. Nella seconda parte del libro, invece, Dawkins passa ad analizzare l'effetto che le religioni hanno sulle attivit umane, partendo dall'etica. Innanzitutto confuta l'idea secondo la quale solo la religione - e quindi la fede in un dio - pu essere alla base di una vera moralit, sostenendo anzi che se i principi etici che regolano il comportamento degli esseri umani non hanno alcun fondamento nella religione. Infatti, i testi cosiddetti sacri sono in s troppo contraddittori per potere essere usati come fonte di precetti morali. Per dimostrarlo, Dawkins passa in rassegna vari episodi narrati nella Bibbia e conclude che alcuni di essi sono persino pericolosi - si pensi per esempio all'episodio del sacrificio di Isacco. Se non dunque la religione all'origine del senso morale, questo da dove nasce? Anche in questo caso, Dawkins cerca ragioni darwiniane che spieghino perch gli individui sono altruisti: si va dal caso particolare dell'affinit genetica, poi c' il motivo della reciprocit, poi il beneficio di acquistare una reputazione di generosit e gentilezza - che, oltretutto, porta a crearsi una "pubblicit" autentica. Dawkins presenta anche molti studi e indagini che mostrano come gli uomini basino le loro scelte e i loro comportamenti su princpi morali validi universalmente, frutto di un'evoluzione biologica. Il punto , si chiede Dawkins se "le persone religiose differiscano dagli atei nelle loro intuizioni morali. Sicuramente, se deriviamo la nostra morale dalla religione, dovrebbero differire. E invece sembra che non sia cos" - e non da ultimo, verrebbe da aggiungere, lo dimostrano il livore e la violenza degli attacchi che Dawkins ha ricevuto da parte degli estremisti religiosi. A chi sostiene, dostoevskianamente, che se dio non c', allora tutto consentito, Dawkins risponde con la frase, un po' cinica, di H.L. Mencken: "La gente dice che ci serve la religione, quando in realt intende che ci serve la polizia". Per riassumere Dawkins afferma che non intende "mostrare che non dovremmo ricavare i nostri princpi morali dalle scritture (...). Ho inteso dimostrare che noi (e questo include la maggior parte delle persone religiose) di fatto non ricaviamo i nostri princpi morali dalle scritture" - malgrado tutto quello che i credenti sostengono, la loro concezione morale di fondo liberale. Per fortuna, verrebbe da aggiungere, perch chi credesse fino alle estreme conseguenze a ci che

insegnano le scritture finirebbe come quelli che si fanno saltare per aria per ammazzare gli infedeli. Detto questo, evidente che l'ateismo non causa di maggiore immoralit. A chi continua a portare come "argomento" decisivo il fatto che personaggi come Hitler e Stalin fossero "atei" - fatto ancora tutto da verificare - Dawkins replica che "ci che importa non se Hitler o Stalin fossero atei, ma se l'ateismo influenzi sistematicamente la gente a compiere il male. Non c' la minima prova che sia cos". Mentre, invece, "perch qualcuno andrebbe in guerra per amore di un'assenza di fede?" Ma perch tutta questa ostilit nei confronti della religione? A che cosa serve opporsi - si chiede, retoricamente, Dawkins - quando basterebbe ignorare le pretese dei credenti? La risposta che Dawkins fornisce una risposta da scienziato, la risposta di qualcuno che cerca una verit confermata da prove oggettive, che studia teorie che possono essere verificate in maniera empirica e che, quindi, vede i rischi insiti nell'accettare una verit "per rivelazione": "Come scienziato sono ostile alla religione fondamentalistica, perch corrompe attivamente l'impresa scientifica. (...) La religione fondamentalistica determinata a rovinare l'educazione scientifica di numerose migliaia di giovani menti innocenti, bene intenzionate e diligenti." Ma nemmeno la versione moderata delle religioni priva di colpe perch "rende il mondo sicuro per i fondamentalismi insegnando ai bambini, sin dalla pi tenera infanzia, che la fede assoluta una virt". La religione "moderata", insomma, aiuta a creare il clima di fede in cui fiorisce l'estremismo. Ci che va criticato dunque la religione in s, non l'estremismo, come se questo fosse una "perversione" della "vera religione", perch infatti "come pu esistere una perversione della fede, se la fede, essendo priva di una giustificazione oggettiva, non possiede uno standard dimostrabile da pervertire?". "L'alternativa (...) abbandonare il principio del rispetto automatico per la fede religiosa": molti dei problemi di oggi sorgono proprio perch alla religione, nel discorso pubblico, concesso un credito che non si concede ad altre cose. In un'intervista in cui parlava di questo libro e del fatto che molti si sono scandalizzati per il titolo ("l'illusione di Dio"), Dawkins ha detto che nessuno si sarebbe scandalizzato se avesse scritto un libro intitolato "l'illusione del socialismo" o "l'illusione del monetarismo". Questo perch alla religione - e all'ipotesi di dio - si garantisce ancora una certa aura di intoccabilit.

Anche se si volesse ignorare il lato oscuro delle religioni - che comunque Dawkins mette bene in evidenza quando descrive l'influsso pernicioso della mentalit religiosa sulla percezione dell'omosessualit, su problemi come eutanasia o ricerca sulle cellule staminali - resterebbe comunque la violenza che le religioni esercitano nei confronti dell'infanzia: questo manda Dawkins letteralmente su tutte le furie. La violenza non soltanto quella fisica o il lavaggio del cervello che nell'islam radicale viene fatto ai bambini per convincerli che diventare "martiri della Jihad" sia una bella cosa, ma anche violenza psicologica derivante dall'imporre ai bambini convinzioni sulle quali, per la loro giovane et, non possono avere riflettuto abbastanza. L'educazione in base a princpi religiosi pu, inoltre, creare scompensi psicologici che si trascineranno dietro anche quando saranno adulti, impedendo loro di vivere una vita pienamente soddisfacente (e, al riguardo, Dawkins riporta le testimonianze di molte persone ferite da un'educazione religiosa e costrette a ricorrere all'aiuto di psicoterapeuti in et adulta). Dovrebbe suscitare indignazione "l'idea che battezzare un bambino inconsapevole, che non capisce, possa farlo passare da una religione all'altra". Oggi, invece, l'indottrinamento dei bambini considerato normale, mentre invece dovrebbe farci inorridire. "La nostra societ, incluso il settore non-religioso, ha accettato l'idea assurda per cui normale e giusto indottrinare i bambini piccoli nella religione dei loro genitori e affibbiareloro etichette religiose - 'bambino cattolico', 'bambino protestante', 'bambino ebreo', 'bambino musulmano' ecc. mentre non ci sono etichette come: bambino conservatore, bambino liberale, bambino repubblicano, bambino democratico. Per favore, per favore risvegliate la vostra consapevolezza a questo proposito e protestate con forza quando lo sentite. Un bambino non un bambino cristiano, non un bambino musulmano, ma un figlio di genitori cristiani o un figlio di genitori musulmani". Particolarmente grave, poi, quando si accetta questo indottrinamento in nome di un preteso "multiculturalismo": inumano "sacrificare qualcuno, specialmente i bambini sull'altare della 'diversit' e della conservazione di varie tradizioni religiose". In ogni caso, Dawkins favorevole all'insegnamento, molto laico, della storia delle religioni e riconosce che l'istruzione religiosa dovrebbe essere parte dell'istruzione letteraria. La letteratura occidentale, infatti, giocoforza impastata di riferimenti biblici e, per comprenderla, bisogna avere la conoscenza necessaria. Tuttavia, "lo

stesso vale per le leggende degli di greci e romani, e noi li studiamo senza che ci venga chiesto di crederci". Bisognerebbe quindi applicare il medesimo metodo anche alla religione - nel nostro caso, il cristianesimo. Anche le tradizioni di origine religiosa possono essere coltivate, scrive Dawkins, che spiega: "possiamo mantenere una fedelt sentimentale alle tradizioni culturali e letterarie dell'Ebraismo, dell'Anglicanesimo o dell'Islam, e persino partecipare a rituali religiosi come matrimoni e funerali, senza per accollarsi anche le credenze sovrannaturali che storicamente hanno accompagnato queste tradizioni". The God Delusion molto pi ricco di quanto possa lasciare intendere un riassunto come il mio, sia pure abbastanza dettagliato, che potrebbe dare l'impressione che si tratti d'un testo "astratto". E invece non cos: un libro pieno di dati, di riferimenti, di studi ed anche per questo che godibile - senza contare poi l'ampia bibliografia che fornisce in fondo e dalla quale sicuramente attinger qualche spunto di lettura. Io qui, insomma, leggo l'avventura dell'intelligenza umana che, pragmaticamente, si applica alla realt e cerca, a poco a poco, di decifrarla e non getta la spugna compiendo il famigerato "salto" kierkegaardiano nella fede religiosa. O, per dirlo con le parole di Dawkins in chiusura del testo: "Mi emoziona vivere in un'epoca in cui l'umanit si sta spingendo verso i limiti della conoscenza. Ancora meglio: forse scopriremo alla fine che non ci sono limiti".

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