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La parabola del mattone Il paradigma delleducazione: un modello in crisi

Noi nasciamo deboli e abbiamo bisogno di forze, nasciamo sprovvisti di tutto e abbiamo bisogno di assistenza, nasciamo stupidi e abbiamo bisogno di giudizio. Tutto ci che non abbiamo alla nascita e di cui abbiamo bisogno da grandi, ci dato dall'educazione. Questa educazione ci viene dalla natura, o dagli uomini, o dalle cose. Lo sviluppo interno delle nostre facolt e dei nostri organi l'educazione della natura; l'uso che ci si insegna a farne l'educazione degli uomini; l'acquisto di una nostra propria esperienza sugli oggetti che ci colpiscono l'educazione delle cose.{{1}} 1762. Forse conviene iniziare da qui. Non siamo poi cos distanti dalla pubblicazione per la prima volta del Discorso sullorigine e i fondamenti dellineguaglianza tra gli uomini, sempre di Rousseau, in cui grande spazio dedicato al tema delleducazione e del sapere come mezzo per emancipare se stessi, diremmo oggi. Per quanto non si possa parlare appieno di una teoria pedagogica consapevolmente strutturata nel pensiero di Rousseau, possiamo iniziare a ripercorrere tracce sparse di queste riflessioni, fino a ritrovarle due secoli dopo nelle parole e negli scritti di un altro pensatore francese: il Michel Foucault di Sorvegliare e Punire{{2}}. Lidea del sapere come espressione di potere nella gestione delle verit e delle conoscenze ci riconduce ad un sistema complesso che pervade la fisicit e la politica intesa con laccezione di controllo del corpo che ancora oggi al centro della discussione sulle istituzioni{{3}}. Lanno preciso il 1975 e non ci dovrebbe stupire il fatto che sia lo stesso periodo in cui nelle aule dei tribunali (istituzione) venivano dibattuti casi emblematici di un sistema educativo escludente e classista come quello dell'Istituto Medico Psico-pedagogico Villa Giardini{{4}}, nel nostro modenese (guarda caso unaltra istituzione). Istituzioni che Basaglia{{5}}, non solo in riferimento al manicomio, chiamava totali, e che ben si raccordavano allistituzione carceraria. Villa Giardini, caso che occupa uno spazio centrale di una nostra ricerca in corso, un istituto per minori, privato e convenzionato con lente pubblico, in cui non vi sono persone, ma matti, vagabondi, figli di emigranti e derelitti{{6}}. Queste sono pi o meno le categorie che appartengono ad un modello di pensiero che si fa sistema e in particolare si qualifica come educativo, fortemente influenzato dal proprio passato e costretto {{7}} a costruire le proprie pratiche e metodologie sul suo bagaglio culturale di riferimento. Ma non corriamo, non seguiamo la tentazione della generalizzazione, della provocazione, ma afferriamo il consiglio/critica di Elisa, pedagogista e amica. Proviamo a dipanare una matassa densa e coinvolgente, cerchiamo di fissare alcuni punti, forse a volte nemmeno i pi importanti della storia della pedagogia, per comprendere il paradigma educativo del presente e scorgerne le prospettive.

Il progetto pi completo e organico di riforma dell'educazione nella Francia rivoluzionaria fu presentato all'Assemblea legislativa nel 1792 da J.A. Caritat marchese di Condorcet{{8}} (1743-1794). Limpostazione da cui trae spunto la sua proposta decisamente sollecitata dai lumi del suo tempo: listruzione il mezzo pi diretto per sollevarsi dalla miseria, dunque uno Stato deve fornire a tutti, gli strumenti per poter provvedere ai propri bisogni ed essere in grado anche di contribuire al benessere comune. La stella polare, come risulta evidente, dunque luguaglianza. Il sillogismo semplice: pi persone istruite uguale a meno persone povere. Meno persone povere, uguale a una societ pi giusta.

La proposta di Condorcet era decisamente articolata (cinque gradi di istruzione, formazione degli insegnanti di ogni grado allinterno del grado successivo di istruzione...), ma ci che in questa sede ci interessa il tentativo di costruire una scuola in cui lo Stato non avesse autorit. Una scuola in cui il potere pubblico non potesse impedire la genesi di nuova conoscenza. Fin qui ogni cosa ci risulta familiare, anche se gi iniziamo a percepire, per quanto possa essere sottile e silenzioso un paradosso che solamente pi avanti si espliciter. Ci basti sapere per ora che, anche nella teoria pi profondamente connessa al secolo dei Lumi, la scuola si doveva occupare delloggettivit dei fatti, senza occuparsi di trasmettere opinioni politiche o religiose. Ecco listruzione come mezzo di trasmissione di un sapere oggettivo, fattuale e dunque vero. Al resto dovevano pensare la famiglia e la Chiesa. Basta. Sul concetto di verit potremmo a questo punto perderci inseguendo le innumerevoli discussioni aperte dalla storiografia, ma di rilievo comprendere dove ci conduce la strada che abbiamo appena cominciato a battere e che abbraccia solamente due secoli di storia. Negli anni in cui il Rousseau dellEmilio scriveva, le societ dell'occidente stavano lentamente immergendosi in quella fase storica che solitamente, nei manuali per le scuole superiori, viene rigidamente periodizzata cos: la prima rivoluzione industriale{{9}}. Mentre i manualisti si dimenano tra un mezzo secolo di esistenza - tra gli anni ottanta del Settecento e i primi trenta dellOttocento - e che ci piaccia identificarla con i telai inglesi o con una bella macchina a vapore di Watt, la rivoluzione industriale contraddistinta da processi di alta fermentazione anche nel mondo delleducazione; ci porta a compimento alcuni paradossi tipici del mondo che cambia. La convincente teoria secondo la quale leducazione emancipa le coscienze e contribuisce ad elevare lessere umano dalla povert materiale e spirituale, collide in modo evidente e fragoroso con la differenza sociale prodotta dal diffondersi della grande industria e della manodopera a basso costo. Come armonizzare levidente importanza dei saperi teorizzata dagli illuministi con l'imposizione delle 14-16 ore di lavoro giornaliere? E come rispondere alla necessit crescente di manodopera specializzata? Se allapparenza possono apparire domande retoriche o banali, poste a paragone con il nostro presente o con il nostro futuro si dimostrano assai attuali e centrali nei meccanismi dellistituzione scolastica. Le teorie educative proprie di quella contemporaneit trovano dunque spazio e si mescolano nelle numerose teorie filosofiche di tutti i pensatori. Questi pensieri sparsi sulle pratiche educative e la loro importanza, trovano del resto spazio anche allinterno del mondo socialista e ai suoi richiami alleducazione collettiva come condizione primaria per il riscatto umano dalle miserie della terra{{10}}, cos come nelle teorie pi idealiste dei romantici, secondo le quali leducazione una questione privata e appartiene all'autonomia del proprio Io interiore. Su queste basi, ancora fortemente improntate dalle teorie del secolo dei Lumi, inizia a prendere forma con lentezza, ma in modo inesorabile, la scuola che oggi conosciamo, imboccando strade a volte chiuse, a volte dissestate, a volte in salita, ma che in un modo o nellaltro hanno contribuito a delineare i contorni di quella odierna {{11}}. Se dunque abbiamo attraversato in questa nostra corsa la Francia e lInghilterra, ora ci ritroviamo nella Germania della Bildung (educazione), intesa qui non come un insieme di conoscenze, ma come la capacit dellessere umano di realizzarsi. In contro luce abbiamo quindi fotografato le grandi teorie che ci hanno accompagnato fino ad oggi e ci ritroviamo a confrontarle con alcune discussioni molto attuali e che riempiono numerosi spazi che abitiamo: pluralit dintelligenze, otri da riempire, organizzazione degli spazi e della didattica, attenzione al soggetto, centralit delloggetto. Scintille dalla fucina. E un incendio allorizzonte.

La ragione. Tale incendio come spesso accade parlando di straordinari fenomeni culturali conta pi punti di innesco, si diffonde in modo irregolare e d spazio a interpretazioni dellevolversi della societ molto diverse a seconda di chi le formula. Senza voler essere eccessivamente sintetici possiamo per brevemente accennare che lapproccio scientifico ai problemi delleducazione coincide, verso la met dellOttocento, con lo sviluppo della societ di massa{{12}}. Questa tendenza culturale ha un significato ben preciso e conduce alla nascita di numerose teorie educative: da quelle del positivismo evoluzionistico{{13}} a quelle pi vicine al marxismo, fino a quella dimpronta sociologica di Durkheim che gi nel 1922 intendeva studiare in modo storico - scientifico leducazione, intendendola come un fenomeno sociale e pertanto da adattare alla societ{{14}}. In Italia la cultura del Positivismo si afferma come tentativo di consentire alla cultura di affrontare in modo realistico, nel periodo post-risorgimentale, i gravi problemi sociali della nazione, dal cui assetto istituzionale e giuridico non possono essere separati. Il nuovo Stato ricevette un'organizzazione fortemente accentrata e caratterizzata da una forte "piemontesizzazione": l'intera vita politica era regolata nei ministeri della capitale, mentre vennero estesi a tutto il territorio i sistemi normativi del Regno sabaudo{{15}}. Cos accade anche per il sistema educativo. A questo punto potremmo continuare a lungo con lanalisi storica del percorso che ci ha trascinati agli attuali sistemi educativi e istituzionali che governano la crescita dei bambini e degli adolescenti nel mondo occidentale. Potremmo adottare un punto di vista nazionale o europeo e seguire liter politico amministrativo che ha dato origine nel dettaglio ai differenti gradi di istruzione, cos come potremmo procedere come abbiamo fatto fino ad ora compiendo lunghi balzi e osservando come le diverse teorie delle idee hanno generato di conseguenza altrettanti modelli educativi. Si potrebbe altrimenti continuare fornendo un elenco analitico degli autori chiave, classificando coloro i quali si sono posti contro il positivismo delle ragione tra fine Ottocento e inizio Novecento. Potremmo aprire un varco ampio e forse necessario per far spazio alla riforma Gentile{{16}}. Ma forse a questo punto, come dicevamo, conviene fare una pausa. Riflettete per un momento sugli spunti forniti. Godetevi un buon bicchiere dacqua. Una boccata di ossigeno. Una sosta lungo la strada. Bene. Riprendiamo. Da un altro punto. Non cos distante. Anzi. Immedesimiamoci per un momento e leggiamo un paio di brevi aneddoti. Scuola Media. Ora secondaria di primo grado. Classe definita speciale. il 2011. Una giornata di ottobre, di quelle ancora belle calde che ti chiedi dove sono finite le mezze stagioni e ti rendi conto che lo stai pensando dallinterno di una stanza con 28 banchi disposti al centro per accogliere una riunione di professori di scuola media, la dirigente scolastica, e i servizi sociali del distretto. Oltre alle mezze stagioni, ti chiedi anche cosa ci stai facendo tu, l dentro. Hai studiato storia, in questo caso non hai assolutamente labilitazione per insegnare nulla, sei un educatore, rigorosamente non professionale, sottopagato da una Cooperativa sociale a cui stato chiesto di fornire due figure di educatori per un progetto funzionale alla riduzione della dispersione scolastica. S, ti senti anche un po fuori luogo. Nonostante tutto, per, non ti rassegni, prendi posto a uno dei banchi e noti la parola cazzo di merda intagliata con saggia e abile maestria sul legno. Lincontro serve a pianificare lanno scolastico di questa particolarissima classe dal simpatico nome di Futuro oltre il banco. Non la solita classe di scuola media. un innovativo (innovativo?) progetto in cui 15 tra ragazzi e ragazze pluri-bocciati di tutto il distretto

scolastico sono stati accorpati in una unica classe che dovr accompagnarli allesame di terza media contando sul buon funzionamento di una quipe multidisciplinare. E non puoi fare a meno di pensare alluso improprio dei termini. Funziona cos: tu acciuffi 15 adolescenti, met stranieri, met del sud Italia pi un paio di autoctoni e li costringi a vivere dentro una stanza, seduti al loro posto per qualche ora. Nella stessa stanza, mediante un'ampia fessura che chiamano porta infili a turno i professori di ruolo della scuola media, ovviamente inconsapevoli del progetto. Ricordati della psicologa unora alla settimana e delle due immancabili guardie del corpo travestite da educatori e guardi cosa succede. In teoria, pensi ne verr fuori un capolavoro di promozioni a raffica. Ed eccoti il progetto innovativo. Se cerchi di non pensare al fatto che tutto ci sia sbagliato e bisognerebbe far tabula rasa e costruire ben altro, puoi provare a far notare almeno che un consiglio di classe al mese, di unora e trenta, in cui pianificare le attivit e discutere dei ragazzi un po poco, ma nessuno ti ascolta. Puoi provare a dire che bisognerebbe combinare delle strategie individuali e di gruppo, immaginare e organizzare delle attivit educative non formali e modalit laboratoriali attraverso cui le discipline scorrono e si dispiegano. Ma ti verr risposto che non sono micca degli artisti!. Che non hanno interessi! Se provi a insistere scopri che il colpo mortale, non lhanno ancora sparato, fino a quel momento si stavano scaldando. Noi siamo professori, siamo qui per dirgli le cose che devono sapere e ci devono portare rispetto. I loro problemi vanno visti dagli assistenti sociali o dagli psicologi. Se sono gravi dagli psichiatri. La scuola li deve educare, per il resto ci sono altre professionalit. Scuola elementare. Ora scuola primaria. Laboratorio di storia. I bambini e le bambine vengono condotti dentro una aula dellarchivio comunale di turno che accoglie. I tavoli sono pronti per far lavorare gruppetti pi piccoli rispetto allintero gruppo classe. Gi pronti in bella mostra alcuni documenti di archivio per ognuno di loro. Titolo del laboratorio: Vivere in guerra. La vita quotidiana durante la seconda guerra mondiale (1943-1945). Le finalit: educare ad una cittadinanza consapevole attraverso la valorizzazione dei luoghi legati alla storia della Seconda Guerra Mondiale e la conoscenza della storia locale; stimolare le capacit di osservazione e di analisi verso il patrimonio storico della propria citt e le forme di memoria presenti nel tessuto urbano. Gli obiettivi: conoscere le emergenze culturali e architettoniche della propria citt; comprendere e interpretare documenti; costruire collegamenti fra la storia locale e quella generale; conoscere aspetti specifici di un evento storico. Tempo: 3 ore. Encomiabile. Poi a casa. Lavoro preparatorio svolto in classe. Nessuno. Lavoro da svolgere in seguito. Nessuno. I documenti sono gi stati scelti e forse nessuno si curato di spiegare cosa un documento. Per interpretare i documenti vengono poste domande precise. Le risposte, chi fa le domande, le sa gi. Il suo obbiettivo carpirle dalla voce dei bambini. I contenuti che si vogliono far passare (come se si trattasse di osmosi) sono ben chiari a chi conduce. Non ha importanza il pensiero dei bambini, ci che davvero conta creare abbastanza spazio nel loro cervello per farci stare il materiale che dobbiamo archiviare. Un bel garage vuoto. Ogni tanto nel caos che regna sovrano riuscite anche a tornare presenti a voi stessi, mentre anche in questo caso vi chiedete come siete finiti in quella situazione, ma poi lesperta dellarchivio vi ricaccia nel vostro angolino in cui cercavate riparo. Stava urlando Io sono una prof. mi dovete ascoltare. Ecco. Finita la pausa. Forse si stava meglio prima. Riprendiamo dunque da dove ci eravamo interrotti. Se state leggendo questo articolo sul web e vivete in un luogo abbastanza contemporaneo con un collegamento decente (dunque ci leggete fuori dai confini nazionali) allora vi invitiamo a guardare il video qui sotto (mettere http:// www.youtube.com/watch?v=xNDuCGZoc5M&feature=related) e contemporaneamente dimostrare

che siete multitasking e aprite, naturalmente in un pannello nuovo, questo link. Fa parte di ci che vogliamo scrivere in queste 30000 battute a nostra disposizione: http://www.youtube.com/watch?v=1qo3nYQu6FM&feature=relmfu (mettere link). Si aprono in questo modo anche nel nostro cervello due finestre parallele che vorremo seguire in questultima parte di articolo. Da una parte il ragionamento, a nostro avviso centrale, relativo il cambio di paradigma che necessario affrontare per poter affrontare preparati le sfide del sistema scolastico del XXII secolo, dallaltra levidente disinteresse che la storia, in particolare come disciplina accademica, ma non solo, ha dimostrato nei confronti dello sviluppo di discussioni e confronti per aprirsi al come insegnare la materia. Alla didattica. Quel capitolo 5 che Bloch nel suo libro pi famoso non fece in tempo a scrivere. Sono passati quasi settanta anni e nonostante tutto siamo ancora fermi, incastrati tra quelle pagine bianche {{17}}. E allora quale modello educativo dovremmo, anzi vorremmo, prendere come riferimento? Quale strada si prospetta davanti ai nostri piedi? Franca Pinto Minerva sostiene lurgenza da parte della pedagogia di rivedere la propria articolazione concettuale e di considerare lapertura interdisciplinare come elemento fondamentale per la riformulazione del concetto di formazione. Dello stesso avviso sembra Giorgio Chiosso il quale afferma che luomo contemporaneo deve imparare a familiarizzarsi con le dissolvenze e con il pluralismo metodologico, a costruire logiche inter- e poli-disciplinari per definire nuovi schemi cognitivi, oltrepassare i confini disciplinari tradizionali e procedere a forme di ibridazione fra competenze scientifiche diverse. Sembra ci sia accordo, dunque, nellauspicare il superamento del modo riduttivo in cui il concetto di educazione viene inteso dai paradigmi interni alle singole discipline e nellaffermare la necessit di un approccio interdisciplinare che metta la pedagogia in relazione con i saperi che le altre scienze umane e sociali elaborano. Si tratta, sostiene Concetta Sirna, di saperi necessari per leggere e decifrare meglio levento educativo nella sua complessit. Franco Frabboni, a sua volta, parla di un rinnovamento della pedagogia che dovrebbe cambiare pelle scientifica e slargare il proprio compasso ermeneutico, rifondando la propria teoria della conoscenza. In effetti, lapertura interdisciplinare sembra costituire una strategia conoscitiva efficace per far fronte ai molteplici problemi concettuali ed operativi che la condizione postmoderna pone alla pedagogia. Mi trovo daccordo con gli studiosi sopra ricordati sul fatto che una simile scelta, se assunta fino in fondo, implicherebbe profonde innovazioni allinterno di quadri accademici consolidati {{18}}. Jerome Bruner, psicologo americano considera il pensiero narrativo il primo dispositivo per conoscere e interpretare la realt e sostiene che Il pensiero umano essenzialmente di due tipi. il pensiero logico-scientifico e il pensiero narrativo. Questi due modi di pensare, pur essendo complementari, sono irriducibili luno all'altro. Il pensiero narrativo si occupa del particolare, delle intenzioni e delle azioni dell'uomo, delle vicissitudini e dei risultati. Il suo intento quello di situare l'esperienza nel tempo e nello spazio. Il pensiero logico-scientifico un sistema descrittivo e matematico ricorre alla categorizzazione e alla concettualizzazione, teso a trascendere il particolare e a conseguire un elevato grado di astrazione {{19}}. Provando a riassumere per punti i due tipi di pensiero individuati dallo psicologo potremmo dire che il pensiero logico scientifico (o paradigmatico): descrive; cerca Verit scientifiche; utilizza come strumenti: logica, matematica; si basa sulla creativit: teorie, analisi, argomentazioni scientifiche;

dall'altra invece, il pensiero narrativo: interpreta; parla di verit per il soggetto, non di verit assolute; utilizza come strumenti: la lingua, le regole sintattiche e morfologiche, arte; si basa sulla creativit: sostanziale, libert assoluta della mente. Ora potremmo chiederci: i due modelli possono coesistere, oppure uno esclude l'altro? Per rispondere vi portiamo l'esempio di Charles Darwin, il padre dell'evoluzionismo. Nel 1831 tra l'insoddisfazione e il disinteresse verso gli studi di teologia e ancor prima di iscriversi a medicina, ma felice della sua collezione di coleotteri e armato della sua passione per la botanica part per un viaggio di 5 anni intorno al mondo. Durante questi anni raccolse le sue intuizioni su alcuni taccuini{{20}} e lo fece in due modi: attraverso la scrittura diaristica e attraverso il disegno. Questo esempio mostra come il pensiero narrativo sia molte volte il supporto fondamentale per la generazione di teorie di stampo scientifico e di come quindi i due possano, non solo coesistere, ma essere l'uno complementare all'altro. Uno splendido esempio lo schizzo del corallo della vita (mettere immagine che abbiamo allegato allarticolo) un modello capace di spiegare meglio di quello ad albero, l'evoluzione. La scienza dunque, spesso frutto di intuizione e pensiero narrativo. E quindi? Vi starete chiedendo. Quindi crediamo che nellambito accademico, quello della nostra disciplina prima di tutto, sia necessario trovare lo spazio per discutere e progettare strategie che tengano conto anche di tali teorie per aprirci al nostro presente. Presente che troppo spesso tendiamo a considerare pi complesso del passato, ma che a nostro avviso semplicemente richiede forme di pensiero che utilizzino categorie attuali, pur nella consapevolezza del processo storico che le ha prodotte. Crediamo dunque si ponga una questione ormai ineludibile nel dibattito storiografico. Come affrontare linsegnamento? Come pensare la diffusione di ci che viene prodotto? Come pensare ad un modello educativo differente? Come usare gli strumenti di cui disponiamo non per servirci dell'altro, ma perch l'altro si serva di ci che lo circonda? In questo senso il video di Ken Robinson interessante: invita a ripensare il nostro sistema educativo alla luce di teorie neanche poi cos moderne, sintetizza le precedenti teorie per fornire una via d'uscita da un modello considerato in crisi. 1973. Gianni Rodari in quello che lui definisce libretto ossia Grammatica della fantasia {{21}} fornisce una serie di strumenti pratici e di tecniche concrete volte a creare nel processo educativo ampi spazi per l'immaginazione. Invenzione, gioco e creativit vengono cos rivendicati come strumenti costituitivi di un approccio alla realt e di un processo educativo. L'immaginazione diviene cos l'insieme di stimoli ed impulsi che permette la crescita della persona in societ. La creativit va coltivata in tutte le direzioni {{22}}. Sarebbe interessante comprendere, nel rapporto Emilia-Mondo (si permetteteci un po di campanilismo), quale sia stato storicamente il ruolo del pensiero e delle tecniche di Gianni Rodari. Sicuramente possiamo assistere ancora oggi alle diverse brecce aperte da queste sue riflessioni. Uno spazio confinato e ben delineato all'interno di un sistema che ancora oggi si muove in unica direzione. Integrazione facoltativa in un sistema e non sistema a s. Importante allora porsi alcune domande per il futuro. Se quello spazio allora rivendicato fosse, al contrario, l'assioma su cui costruire l'intero sistema educativo dall'infanzia all'universit? Se immaginazione, gioco, creativit fossero i mattoni di un paradigma fondato sulla interdisciplinariet?

Quanto alla parola mattone ricordiamo il test americano di creativit, di cui parla Marta Fattori nel suo bel libro Creativit ed educazione. I bambini vengono invitati, con quel test, ad elencare tutti gli usi possibili del mattone che conoscono o che riescono ad immaginare [] Purtroppo test del genere non hanno lo scopo di stimolare la creativit infantile, ma solo quella di misurarla per selezionare i pi bravi in immaginazione come con altri test si selezionano i pi bravi in matematica. Avranno la loro utilit, naturalmente. Ma in sostanza perseguono scopi che passano sopra la testa dei bambini. Il gioco del sasso nello stagno che qui ho brevemente illustrato, invece, si muove nel senso opposto: deve servire ai bambini, non servirsi di loro {{23}}. Le rivendicazioni, oltre il lungo Novecento, e ancor oggi aumentano. Sir Ken Robinson non cita il mattone, ma la graffetta. Fa differenza? Prendiamo a questo punto in prestito da Bruno Munari, artista e designer, il termine di pensiero laterale{{24}}: verso la fine degli anni sessanta, dopo lesperienza dei libri illeggibili (si avete letto bene, cercate su google) individua significati differenti per i termini fantasia, invenzione e creativit. Con il termine fantasia si indica la possibilit di concepire, di pensare ci che prima non c'era, e quando la fantasia comincia a funzionare ecco l'invenzione, che fa diventare immagine ideale e progetto il lavoro della fantasia. Il materiale di cui l'invenzione si serve ci che gi si conosce, ci che gi c', ma l'invenzione consiste proprio nel ricombinare idealmente questo materiale, empirico o astratto che sia, in modo nuovo e originale. Ma questo non ancora un atto creativo, perch la creativit, per Munari, la capacit-possibilit di realizzare e mettere in pratica (che significa anche far entrare in relazione con gli altri) ci che la fantasia ha concepito e l'invenzione ha trasformato in progetto. A livello educativo questo significa che l'invenzione e la creativit non hanno bisogno solo di doti intellettuali, non sono solo idee e pensiero: nascono e vivono anche grazie ai luoghi e ai materiali attraverso cui loro data la possibilit di prendere corpo. [] E' ben chiaro, d'altra parte, che anche la fantasia, se non alimentata, incoraggiata, allenata dall'abitudine e dalla pratica inventiva e creativa, si affievolisce e scompare dall'orizzonte del pensare e del fare{{25}}. A queste teorie si aggiunge, sempre nel dopoguerra il concetto di pensiero divergente {{26}} una nuova facolt mentale, un tipo di intelligenza differente dalla pi convenzionale abilit di risolvere problemi standardizzati in modo altrettanto standardizzato, si inaugura cos la tendenza americana a ricercare e classificare diverse forme di intelligenza. Una concezione questa che trova oggi il suo pi marcato sostenitore in Howard Gardner e nella teoria di intelligenze multiple {{27}}. Ma forse ora che ci avviamo verso la conclusione di questo breve viaggio che abbiamo deciso di affrontare in queste pagine con voi. Quello che ci piacerebbe riuscire a fare in modo pi deciso, nella nostra disciplina di provenienza, la storia, ma in generale nella relazione tra le discipline umanistiche, riuscire a localizzare uno spazio di discussione e approfondimento in cui porre a confronto le questioni appena accennate. Vogliamo provare, anche noi, il piacere dellatto creativo. Tante volte, guardandoci alle spalle abbiamo rischiato di essere (o lo siamo stati) linsegnante vestale che detiene il monopolio dei saperi. Quale che sia la materia che manipoliamo, dobbiamo essere artigiani consci delle opportunit che la contemporaneit ci offre dncoraggiare il pensiero divergente in noi e in chi ci sta di fronte. Esercizio in noi e fuori da noi. Troppo spesso tendiamo a ricompensare solo le risposte giuste e a penalizzare quelle sbagliate, eppure sbagliando s'inventa. Le scuole hanno le loro regole e regolamenti, i loro modelli normativi di procedura, di condotta e coercizione, troppo spesso chi si conforma, rinunciando a s, riesce a convivervi in maniera pi

serena di quello non conformista e molto fantasioso. Nelle scuole quotidianamente assistiamo a veri e propri delitti. Inoltre le idee divergenti possono essere spesso originali e di valore, ma possono anche essere stravaganti e sciocche, inducendo l'insegnante a sospettare che il bambino stia soltanto facendo il furbo. Sfortunatamente (o fortunatamente) la creativit una cosa imprevedibile e noi non possiamo pretendere che si estrinsechi sempre in una forma adatta alle circostanze del momento: proprio in questa fase nascono le innovazioni che disgregano le alternative fino ad allora postulate e le prospettive calcolate. Ci che noi possiamo fare cercare di essere consapevoli del contesto in cui ci muoviamo e del suo passato. In quest'ottica squisitamente storica possiamo, forse, provare a metterlo in discussione. Impegnarci insomma a scrivere noi quel capitolo cinque che Marc Bloch non fece in tempo a cominciare. E magari con un po di fantasia. NOTE
[[1]]Jean-Jacques Rousseau, Emilio o dell'educazione, Mondadori, Milano, 1997, pagg. 9 [[1]] [[2]]Foucault Michel, Sorvegliare e Punire, Einaudi, 2005[[2]] [[3]]Pensiamo al Roberto Esposito di Bios, biopolitica e filosofia, Einaudi, Torino, 2004 ma ci rendiamo conto che il ragionamento pu apparire forzato e portare a una forza centrifuga rispetto al ragionamento che portiamo avanti, ma un argomento che a nostro avviso andrebbe meglio affrontato[[3]] [[4]]La storia di questaistituzione attiva nella prima parte del Novecento a Casinalbo (Modena) e gli eventi connessi alla sua attivit sono al centro della nostra attuale ricerca e riflessione storica.[[4]] [[5]]Franco Basaglia, Listituzione negata, Dalai Editore, Milano, 2010[[5]] [[6]]Tipico dellepoca categorizzare in questo modo coloro che facevano parte di istituzioni socio assistenziali. Le scuole speciali non fanno differenza. Interessante in proposito: Agostino Pirella, Paolo Tranchina (a cura di), Matrici, Manicomio Scuola Istituti per minori Psicoanalisi Tecnica Politica Istituzioni nei Fogli di Informazione ciclostilati, Pistoia, Centro di documentazione di Pistoia editrice, 2000[[6]] [[7]]Dal latino con-stringere, mettere qualcuno nella necessit di dover fare qualcosa contro la propria volont)[[7]] [[8]]Matematico, economista, filosofo e politico entr a far parte dellAccademia delle scienze nel 1769 e instaur una proficua collaborazione con Voltaire e DAlembert. Partecip inoltre attivamente alla rivoluzione francese tra i girondini.[[8]] [[9]]Soltanto per citarne uno, si veda ad esempio A. De Bernardi, S. Guarracino, La conoscenza storica, Milano, Bruno Mondadori Scolastica, 2000.[[9]] [[10]]Robert Owen (1771-1858), Una nuova visione della societ, 1813, in Maurizio Pancaldi, Linee di Storia della Pedagogia tra Ottocento e Novecento: http://www.ilgiardinodeipensieri.eu/storiafil/pancaldi-1.htm[[10]] [[11]]Tantissimi e differenziabili per epoca e per teoria di appartenenza sarebbero gli esempi e le metodologie utilizzate. Per non allontanarci dalla rivoluzione industriale e dal Fordismo che di li a breve si diffuse, interessanti e, agli occhi di un contemporaneo quasi divertenti, appaiono lorganizzazione della didattica suddivisa per orari e a volte nel dettaglio minuto per minuto, la ricerca di strumenti didattici ripetibili e a basso costo, lorganizzazione degli studi seguendo il concetto della catena di montaggio (gli studenti imparano e insegnano ai pi giovani) e cos via.[[11]] [[12]]Ugo Avale, Enzo Cassola, Pedagogisti e pedagogie nella storia, Paravia, 1994, p. 373[[12]] [[13]]Herbert Spencer, Educazione intellettuale, morale e fisica, a cura di Saloni, La nuova Italia, Firenze, 1973[[13]] [[14]]mile Durkheim, La sociologia e leducazione, Ledizioni, Milano, 2009[[14]] [[15]]Maurizio Pancaldi, Linee di Storia della Pedagogia tra Ottocento e Novecento: http:// www.ilgiardinodeipensieri.eu/storiafil/pancaldi-1.htm[[15]] [[16]]La riforma voluta dal filosofo Giovanni Gentile entr in vigore nel 1923 durante il governo della dittatura fascista di Mussolini. La norma rimase invariata sino al 1962 e nonostante fosse stata in parte modificata dalla legge n. 1859 del 31 dicembre del 1962 in epoca repubblicana, rimase comunque il fondamento dell'istruzione professionale e della scuola media italiana.[[16]] [[17]] Marc Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico, Einaudi, Torino, 1998.[[17]] [[18]] Patrizia Panarello IL SOGGETTO POST-MODERNO http://www.compu.unime.it/illuminazioni/numero9/4.rtf [[18]] [[19]] Jerome Bruner, La mente a pi dimensioni, Laterza, Roma-Bari, 1993[[19]] [[20]]I taccuini sono ora pubblicati a cura di Pievani, 2008. Per approfondimenti consultate il sito http:// www.darwinproject.ac.uk/ da cui potrete scaricare opere, articoli e corrispondenze integrali.[[20]] [[21]]Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973[[21]] [[22]] Ibidem, p. 170.[[22]] [[23]] Ibidem, cit.12[[23]] [[24]]Bruno Munari, Fantasia, Laterza, Roma-Bari, 2011 . Si consiglia di precedere tale lettura con il pi consistente ed esaustivo approccio teorico Bruno Munari, Da cosa nasce cosa, Laterza, Roma-Bari, 1981[[24]] [[25]]Marco Dallari, In una notte di luna vuota, Centro Studi Erikson 2008.[[25]] [[26]]Joy Paul Guilford, 1897-1987, psicologo americano.[[26]]

[[27]] Si veda in proposito Howard Gardner, Sapere per comprendere, Feltrinelli, Milano, 2009, oppure Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Edizioni Erickson, 2005.[[27]]

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