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~Himitsu Chissa` perche` l'autobus e` in ritardo. Eppure avrebbe dovuto essere qui mezz'ora fa.

Mi siedo sotto la pensilina, pensieroso. Non e` il primo contrattempo della giornata, questo. Intorno a me, intanto, tutto e` diventato buio e freddo. Guardo il lampione che si accende e spegne sull'altro lato della strada, cercando di godere appieno dello scrosciare incessante della pioggia intorno a me. Fortunatamente stamattina mi sono ricordato l'ombrello, altrimenti mi sarei infradiciato e avrei dovuto sorbirmi le lamentele di mia madre e mia sorella. Sono diventato insofferente verso di loro, ormai: ogni parola che esce dalla loro bocca e` per me un grande disturbo. Vorrei tanto non tornare a casa, oggi. Anzi, vorrei non tornarci mai piu`. Sento qualcuno correre sotto la pioggia e rifugiarsi all'asciutto, per poi sedersi sull'altro angolo della panchina. Mi volto impercettibilmente, cercando di vedere in volto la persona che, come me, e` stata fregata dai comodi dell'ennesimo autista scansafatiche, e mi ritrovo vicino la ragazza piu` strana che mi sia mai capitato d'incontrare. I capelli, corti fino alle spalle tranne che per due ciocche davanti, che le arrivano fino ai gomiti, sono neri, lisci e completamente bagnati. Gli occhi, di un nero che pare senza fondo, sono rivolti verso il basso tanto da sembrare chiusi. La ragazzina tiene le braccia incrociate, probabilmente per scaldarsi, e trema visibilmente. Mi fa quasi pena: ecco cosa succede a dimenticarsi l'ombrello a casa. Ciao. dico, la mia voce resa quasi un sussurro dal rumore della pioggia. Ciao... E` un sorriso quello che ho visto? Hai freddo, eh? Lei gira il viso verso di me, quanto basta per vedere che indossa solo un vestito a maniche corte lungo fino alle ginocchia e un paio di stivali. Sorrido. Non ti sembra un po' un suicidio andare in giro vestita cosi` quando piove? Non pioveva, quando sono uscita... rabbrividisce. Annuisco. Lo immaginavo. Vuoi la mia giacca? Non ho tanto freddo, e comunque mi dispiacerebbe vedere una persona morire a due centimetri da me. Non vorrei disturbarti...non so neanche come faro` a ritrovarti, come farai a riaverla? Ti accompagno a casa, se vuoi. Si morde un labbro fino a farselo sanguinare. No. Mi tolgo la giacca e gliela porgo. Ti prego. E va bene, d'accordo. Non so cosa te ne torni in tasca, ma va bene. Se la mette, visibilmente a disagio, e poi alza lo sguardo fino ad incontrare il mio. Non posso aiutare una persona in difficolta`? Non sto dicendo questo, ma mi sembra strano che tu stia aiutando me. Riabbassa lo sguardo, passando velocemente la lingua sul labbro. Abbasso lo sguardo anche io e inizio a fissarmi la punta delle scarpe. Perche`, cos'hai tu che non va? Ride. Oh, niente. All'apparenza niente. E` che se scavi molto in fondo, troverai qualcosa di brutto in ogni persona. In me soprattutto. Ad esempio? Prima tu. Raccontami qualcosa che ti rende disprezzabile, qualcosa che cambierebbe la tua vita se

qualcuno lo venisse a sapere. Faccio un sospiro. Non ho molto da raccontare. Lei si avvicina lentamente finche` le nostre gambe non si toccano, continuando a guardare in basso. Non ci credo. Viene scossa da un tremito che mi spaventa. Se te lo racconto, non dovrai dirlo a nessuno. Non conosco nessuno, tranne me stessa. A chi potrei raccontarlo? Mi appoggio contro lo schienale della panca e chiudo gli occhi. Mio padre se n'e` andato per colpa mia. Ah, davvero? Beh, gli ho urlato io di lasciare stare mia sorella e andarsene. La stava picchiando, avevo paura, che altro avrei potuto fare? Silenzio. Ehi... Ti sto ascoltando. Quando li ho visti litigare mi sono nascosto, ma poi ho sentito mia sorella cadere per terra, mentre mio padre la chiamava in tutti I modi possibili, e sono corso da loro, l'ho fermato, gli ho detto di andarsene di casa e non tornare mai piu`, se non voleva che chiamassi la polizia. Non l'abbiamo piu` rivisto. Quanti anni fa e` successo? Una lacrima mi riga la guancia. Due. Mesi, pero`. Non anni. Tua sorella quanti anni ha? Quindici. E tu quanti ne hai? Quindici. Siamo gemelli. Apro gli occhi e la vedo sorridere. Non l'avevo mai raccontato a nessuno. Io sono nessuno. Non e` cambiato nulla. Rimaniamo in silenzio per un po', poi si sfrega le mani e inizia a parlare. Il mio segreto e` torbido. Ho ucciso una persona. La guardo, incredulo. Davvero? O meglio, credo si sia uccisa per colpa mia. Non lo sapremo mai davvero. Eravamo alla fermata del tram e stavamo litigando, quando io le ho detto che le sue parole non avevano nessun effetto su di me e che la odiavo. Allora lei si e` messa a correre ed e` caduta sulle rotaie. Il treno e` passato in quel momento. Sta piangendo anche lei, ora, nonostante sorrida. Non volevo dirlo davvero. Non ho mai voluto succedesse. Le sue parole erano importanti per me, come lo era lei. Chi era...? La mia unica amica. Ci guardiamo negli occhi nuovamente, piangendo entrambi. Non credo sia stata colpa tua. le dico. Tutti hanno pensato di si`. Da quel giorno, mi evitano tutti. Sai quanti anni ho? Diciotto. E quanti anni avevi quel giorno? Sei. Da allora non ho piu` nessuno. I miei genitori a malapena mi parlano. Qualcosa, dentro di me, si rompe. La abbraccio istintivamente, e lei si irrigidisce non appena la tocco. Oggi era l'anniversario della sua morte. Le ho portato dei fiori al cimitero, poi si e` messo a piovere. biascica, singhiozzando. Le accarezzo la testa. Capisco.

Non mi ha piu` abbracciata nessuno, da allora. Voglio dire, chi mai amerebbe un mostro come me? Non sei un mostro. Ah no? E allora perche` le ho detto quelle cose? La stringo piu` forte. Perche` da bambini, a volte, si dicono cose stupide. Non risponde. Non parla piu` finche` non arriviamo davanti a casa sua. Mentre sto per andarmene, sento che mi tocca una spalla. Quando mi giro, lei mi accarezza leggermente una mano, con nervosismo. Il mio e` Isabella, comunque. Io sono Andrea. La vedo che armeggia con il giubbotto, cosi` la fermo. No, aspetta. Puoi tenerlo, vengo a prenderlo domani. Mi allontano salutandola con una mano, poi mi fermo. Anzi, grido, in modo che tutti possano sentirmi, vengo a prenderti.

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