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Funzioni del bilancio, politiche di bilancio, disciplina fiscale

Valerio Antonelli
Professore ordinario di Bilanci dimpresa corso avanzato, Facolt di Economia, Universit degli Studi di Salerno

Nel delicato equilibrio che dovrebbe governare il sistema delle relazioni tra azienda e stakeholder, un ruolo decisivo svolto dal bilancio di esercizio, che si pone come strumento primario di comunicazione della performance economico-finanziaria e, quindi, come principale fonte delle informazioni sulle quali gli stakeholder prendono le proprie decisioni. La sua redazione non pu essere considerata come un semplice adempimento formale, ma come una vera e propria leva di politica aziendale, al servizio dellobiettivo di sopravvivenza della combinazione produttiva. Nel seguito intendiamo esaminare come lobiettivo di sopravvivenza, perseguito dal soggetto economico di unazienda in crisi, richieda una visione strategica delle funzioni da assegnare al bilancio desercizio e se, e in che misura, vi siano spazi di manovra, compatibilmente con le ipotizzate condizioni di difficolt, affinch quelle funzioni possano essere assolte nellambito di un sistema di civil law come il nostro.

Posizione del problema La crisi che ha investito le imprese italiane in questi ultimi tre anni non allenta la presa e, dunque, esse si trovano ancora a fare i conti con problemi strategici, organizzativi, finanziari di non poco conto, problemi su cui si sofferma ampiamente questo numero della rivista. In molti casi, la congiuntura sfavorevole si traduce anche nel sensibile peggioramento delle condizioni di redditivit di breve andare (e con esse, di solito, anche delle posizioni di equilibrio finanziario) di quelle unit produttive. La propriet, il management, i lavoratori, tutti gli altri stakeholder, inutile osservarlo, sono pienamente

disponibili e fortemente coinvolti nella vicenda aziendale quando questa assicura ricompense soddisfacenti ai loro apporti di capitale, lavoro, collaborazione, risorse, consensi; specularmente, quando quelle ricompense sono a rischio, nellimmediato o in prospettiva, tutti gli attori che gravitano nellorbita dellazienda si allarmano, sono interessati a conoscere la reale portata, per quanto loro possibile, del grado di compromissione delle loro aspettative, a valutare le condizioni di funzionalit duratura dellunit produttiva e, nei casi pi gravi, a intuire se essa sia proiettata verso i punti di massimo disequilibrio e, di conseguenza, destinata alla propria dissoluzione.

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Politiche di bilancio nelle aziende in crisi: obiettivi e vincoli

Per certi versi, si potrebbe affermare che proprio nelle fasi di crisi che il livello di attenzione e di vigilanza di tutti gli interlocutori verso lo stato di salute dellazienda si alza e con esso il grado di approfondimento con il quale si vanno a scandagliare tutte le informazioni a disposizione per scorgere segnali premonitori del precipitare della situazione, onde abbandonarla per tempo e limitare cos i danni, o per intravedere indizi rassicuranti di una ripresa possibile. Dal canto suo, il soggetto economico ha linteresse, e il dovere morale che gli deriva dalla funzione dindirizzo strategico che assolve, a perseguire, con tenacia, lobiettivo di sopravvivenza della combinazione aziendale, quando essa appare a rischio o, addirittura, compromessa. Tale obiettivo deve essere perseguito adottando adeguate strategie di risanamento;1 richiede, poi, che il sistema degli interlocutori sociali dellazienda tenga i nervi saldi e non sia, in particolare, assalito da frenesie di rapida ristorazione dei propri investimenti o dinterruzione dei rapporti che instaura con lazienda. In prima fila, su questultimo fronte, deve senzaltro annoverarsi il sistema bancario, che, specialmente dopo Basilea 2, deve allocare il credito e fissarne il prezzo in ragione delle performance economico-finanziarie delle aziende affidate, puntualmente e regolarmente misurate. Poich la maggior parte delle crisi aziendali oggi osservabili trova nel deterioramento delle relazioni funzionali tra fonti e impieghi il moltiplicatore dei loro effetti negativi, appare evidente come sia facile innescare un circuito perverso nel quale il graduale peggioramento delle condizioni di equilibrio finanziario (e reddituale) induca le banche affidatarie a ridurre il credito erogato e a inasprirne il costo, accelerando quel peggioramento, e cos via, acuendo la punta finanziaria fino al collasso dellattivit aziendale e, probabilmente, alla sua precoce conclusione. In questo complesso e delicato equilibrio che dovrebbe governare il sistema delle relazioni tra azienda e stakeholder, un ruolo decisivo svolto dal bilancio di esercizio. Esso si pone come strumento primario di comunicazione della performance

economico-finanziaria e, quindi, come principale fonte delle informazioni sulle quali quegli stakeholder prendono le proprie decisioni, quindi la sua redazione non pu essere considerata come un semplice adempimento formale il che avviene normalmente nella percezione di chi governa le piccole e medie aziende quando esse attraversano fasi di prosperit ma come una vera e propria leva di politica aziendale, al servizio dellobiettivo di sopravvivenza della combinazione produttiva. Con il modello del bilancio civilistico che si applica alle PMI alle quali maggiormente pensiamo con queste riflessioni si afferma comunemente che gli spazi di manovra sono praticamente cancellati, il che, da una parte, dovrebbe tranquillizzare gli interlocutori dellazienda circa la capacit del documento amministrativo di sintesi di informare correttamente (in modo, per cos dire, spietato) sulle condizioni di funzionalit dellunit produttiva e, nel caso di specie, di non nascondere la situazione di crisi eventualmente attraversata e gli effetti che essa provoca, dallaltra, impedirebbe al soggetto economico di potere utilizzare quella leva a cui si appena accennato, rimanendo cos completamente esposto alle reazioni (incontrollabili e non influenzabili) di tutti gli stakeholder. A onor del vero, laffermazione di cui sopra appare troppo sommaria, in quanto margini di discrezionalit che si aprono alle politiche di bilancio sussistono sempre; tali margini, costruiti raccogliendo tra gli interstizi di norme, principi contabili e sistemi dipotesi a fondamento delle stime e delle congetture, riguardano tanto la misura del reddito e del capitale, quanto le altre informazioni di corredo, investendo linformativa obbligatoria, imposta dalla legge e regolata nei suoi contenuti, e linformativa volontaria, liberamente esposta e non disciplinata nei suoi contenuti. Nel seguito intendiamo esaminare come lobiettivo di sopravvivenza, perseguito dal soggetto economico di unazienda in crisi, richieda una visione strategica delle funzioni da assegnare al bilancio desercizio e se, e in che misura, vi siano

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spazi di manovra, compatibilmente con le ipotizzate condizioni di difficolt, affinch quelle funzioni possano essere assolte nellambito di un sistema di civil law come il nostro. Le funzioni del bilancio nelle strategie delle aziende in crisi Consideriamo, brevemente, quali funzioni svolge il bilancio nelle relazioni con: la propriet; gli altri interlocutori sociali. Le funzioni che il bilancio di esercizio assolve nei confronti della propriet sono: la misura della rimunerazione periodica; la valutazione della performance aziendale; il controllo delloperato dei manager; linformazione al servizio della contendibilit del controllo e, pi in generale, della ricerca di acquirenti di azioni o quote. La prima funzione assolta dal bilancio di esercizio nella regolazione dei rapporti con la propriet indicare la misura della rimunerazione periodica che le spetta (normalmente nulla) in corrispondenza delle perdite assegnate a ciascun esercizio amministrativo o lentit di questa che grava sugli utili passati (se accantonati in riserve deputate alla copertura contabile di quelle perdite), o su quelli futuri (se le perdite sono riportate a nuovo). Nei casi pi gravi, la misura della perdita subita segnala, se opportunamente inserita in una strategia di ampio respiro, lentit di apporti ulteriori che si dovrebbero domandare alla propriet per ripianarla e per ripristinare condizioni minime di solidit patrimoniale, o la impone, se sussistono le condizioni previste dagli artt. 2446 e 2447 cod. civ. La valutazione della performance aziendale da parte della propriet un processo di apprezzamento consapevole e approfondito della situazione di crisi in atto e sinnesta nel ruolo che essa svolge nellazione di governo economico.

Il controllo delloperato dei manager assegna al bilancio di esercizio la funzione di strumento mediante il quale si regola periodicamente il rapporto di agenzia, consentendo ai soci attuali di analizzare i risultati aziendali avversi che vengono resi loro noti. Il problema assume rilievo soltanto in quelle imprese dove gi si prodotta una chiara separazione tra propriet e governo, affidato a manager esterni alla famiglia proprietaria. In tali casi, il controllo pu limitarsi alla decisione di confermare i manager, pu culminare nella decisione di sollevarli dallincarico, o pu esaurirsi nella presa datto delle condizioni in atto. Il punto centrale proprio questo: le crisi dipendono, prima di tutto, dalla condotta strategica, da chi la interpreta e nellinteresse di chi.2 Pertanto, laddove la propriet forte, informata e competente, valuter con attenzione se il management ancora in grado di svolgere le delicate funzioni di governo che gli sono affidate, mentre dove debole, male informata e incompetente potr essere facilmente circuita dalle promesse dei manager. La contendibilit del controllo dovrebbe essere una condizione igienica del sistema capitalistico che dovrebbe favorire comportamenti razionali proprio nei momenti di maggiore difficolt. Il bilancio desercizio , infatti, chiamato a fornire informazioni orientate a quegli investitori (anche non organizzati o attivi su mercati non regolamentati o, ancora, disponibili a trattative private con il capitale di comando) che, essendo potenzialmente interessati a scalare lazienda in crisi, vogliono potere confron-

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Nelle PMI a propriet familiare, dove gli azionisti, appartenendo al ramo principale o, dopo alcune generazioni, a quelli collaterali della famiglia del fondatore, fanno spesso parte integrante dellarea di governo aziendale, remota la probabilit di dovere ricorrere al bilancio di esercizio per informarli degli avversi andamenti gestionali. In genere, la separazione tra propriet e governo non si consumata del tutto e, pertanto, il bilancio di esercizio non chiamato ad assolvere la funzione di regolatore degli interessi di cui sono portatori gli azionisti di minoranza.

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tare le alternative di allocazione dei propri capitali e, se del caso, farsi avanti con unofferta tesa a rilevare la propriet (e a sostituire il management). Per rendere potenzialmente contendibile la propriet delle aziende e, di conseguenza, favorire lefficiente allocazione delle risorse capitale proprio e capacit manageriale, gli amministratori dovrebbero assicurare massima trasparenza ai bilanci delle aziende in crisi che dirigono, onde consentire agli azionisti, attuali e potenziali di poterne valutare (negativamente) la performance e decidere, di conseguenza, se rimuovere quegli stessi manager o se vendere i titoli di propriet di quellunit produttiva.3 Difficilmente, per, nelle imprese a cui si fa qui riferimento, si pu ipotizzare una scalata ostile quale risposta allo stato di crisi, come si immagina per le grandi societ quotate nei mercati finanziari. Di solito, il trasferimento del pacchetto azionario di controllo di unazienda minore in crisi segue tuttaltro percorso: in certi casi, proprio lazionista di riferimento ad attivarsi nel cercare nuovi potenziali acquirenti disposti a subentrargli e ad avviare apposite trattative; in altri, lopacit dei bilanci e le scarse prospettive di ripresa tengono distanti quei potenziali acquirenti dallazienda considerata; in altri ancora, il sistema di bilancio non costituisce la fonte informativa primaria che influenza la decisione di acquisire lunit in crisi, perch magari il compratore potenziale in cerca di risorse e di competenze specifiche detenute dallunit produttiva. Nella realt delle PMI, dunque, le funzioni che il bilancio desercizio assolve nei confronti della propriet (e indirettamente anche del management, se questo presente in azienda) sono sostanzialmente limitate. La crescente apertura dellazienda verso gli altri stakeholder, in conseguenza di quanto va producendo in termini di effetti sullambiente e di quanto va ricevendo in termini di stimoli e reazioni, minacce e opportunit, evidenzia una dinamica relazionale dalla trama estesa e complessa.4 Seguiamo la distinzione che, in ragione della natura degli interessi, distingue gli interlocutori sociali tra chi

avvinto allazienda da relazioni di scambio di utilit economiche, cio gli stakeholder primari (lavoratori, finanziatori, fornitori, clienti), e coloro che, invece, non intrattengono tali relazioni, rapportandosi con lunit produttiva sul piano politico, cognitivo, culturale, valoriale, cio gli stakeholder secondari (organismi di vigilanza, amministrazioni pubbliche, associazioni di consumatori, cittadinanza, ricercatori).5 Gli stakeholder primari, i quali hanno un interesse alla continuit della vita aziendale, giacch stabiliscono con essa rapporti di scambio e da essa fortemente dipendono, saranno i soggetti pi interessati alla comunicazione economico-finanziaria obbligatoria e alla valutazione delle condizioni di equilibrio aziendale. Gli stakeholder secondari, interessati soltanto a specifici comportamenti, non direttamente legati allunit produttiva da relazioni di scambio, spesso portatori di una cultura personale e di gruppo non molto attenta (o addirittura avversa) agli aspetti imprenditoriali, manageriali, economico-finanziari della vita aziendale, saranno i soggetti pi interessati alla comunicazione ambientale e sociale. Sono gli stakeholder primari, dunque, a potere lamentare, nessuno escluso, grande preoccupazione circa la sicurezza della soddisfazione dei loro interessi quando essi vedranno lazienda con cui interagiscono in situazioni di crisi (tabella 1). Le brevi considerazioni svolte sembrano, dunque, tutte convergere verso due condizioni alle quali gli obiettivi di sopravvivenza dellunit aziendale in crisi sembrano subordinati: da una parte, tutti gli attori coinvolti (propriet, management, stakeholder primari e secondari) si sentono minacciati dalla comparsa e, a maggior ragione, dal consolidarsi di andamenti economici e finanziari sfavorevoli; dallaltra, lopportunit e la convenienza di adottare politiche di bilancio6 finalizzate a ridimensionare la sensazione collettiva di minaccia dei propri interessi appaiono crescenti. A questo punto, la valutazione investe la liceit di quelle politiche.

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Tabella 1 LE FUNZIONI DEL BILANCIO NELLE AZIENDE IN CRISI Soggetto Propriet Interesse Misura della rimunerazione periodica Valutazione della performance aziendale Controllo delloperato dei manager Informazione al servizio della contendibilit del controllo Management Misurazione della propria performance Continuazione del proprio mandato Stakeholder primari Stakeholder secondari Continuit e convenienza dei rapporti con lazienda Profili comportamentali e strategici Informazione rilevante Reddito netto (negativo)

Reddito netto (negativo) Parametri di performance (poco soddisfacenti) Reddito netto (negativo) Valore economico del capitale (in diminuzione) Parametri di performance (poco soddisfacenti) Parametri di performance (poco soddisfacenti) Continuit aziendale (a rischio) Continuit aziendale (a rischio) Informazioni sulle strategie (prevalenza della redditivit sulla socialit)

Opportunit e vincoli normativi al concreto dispiegarsi delle politiche di bilancio Larea delle alternative possibili e lecite sulle quali pu concretamente esercitarsi la strategia di comunicazione economico-finanziaria dellunit aziendale e, in particolare, il sistema delle politiche di bilancio dipende dal reticolo di disposizioni che, variamente sovrapponendosi nel corso del tempo, definisce le opportunit e i vincoli che si offrono al soggetto economico e tra i quali esso deve districarsi. Tali opportunit e vincoli derivano da: la disciplina positiva del bilancio; la disciplina fiscale. La disciplina positiva del bilancio Le principali disposizioni rilevanti per la nostra indagine, fissate dal codice civile e dai principi contabili nazionali, sono: il modello del reddito prodotto; la deroga obbligatoria ai criteri di valutazione; la deroga facoltativa ai criteri di valutazione; la valutazione atomistico-prudenziale delle rimanenze della gestione incompiuta; la comunicazione della situazione economico-

finanziaria e delle strategie aziendali mediante la relazione sulla gestione. La statuizione del modello del reddito prodotto a fondamento del bilancio desercizio regolato dal codice civile e dai principi contabili nazionali costituisce una soluzione di compromesso che il legislatore costruisce a composizione degli interessi che convergono nellorbita dellazienda, basata sui principi di neutralit, di comparabilit nel tempo e nello spazio, di competenza economica ancorata alla realizzazione dei ricavi, di prudenza estimativa, di convenzionalit delle regole di redazione (e, quindi, di correttezza che si domanda al processo e al risultato della redazione del bilancio). La sensibilit agli andamenti, propria di quella configurazione, impone non soltanto la variabilit del risultato netto positivo, ma anche la possibilit di assegnare allesercizio amministrativo un reddito netto negativo, il quale assume significanza sintetica proprio di andamenti congiunturali sfavorevoli. sul fondamento di tale modello che la nostra migliore dottrina ripudia le politiche di bilancio quali provvedimenti volti a un conguaglio deliberato, metodico e opaco delle formazioni reddituali da un esercizio allaltro.7

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Profili reddituali, finanziari e patrimoniali (sfavorevoli)

La deroga obbligatoria ai criteri di valutazione prevista, com noto, dallart. 2423, comma 4, cod. civ. Per quanto riguarda lorigine della deroga, essa individuata nella manifestazione di casi eccezionali. La norma non va oltre. La relazione ministeriale al D.Lgs. 127/1991 fornisce soltanto una precisazione in negativo, escludendo che la perdita di significato dei valori di bilancio a seguito dinflazione possa considerarsi un caso eccezionale. La dottrina giuridica e la giurisprudenza escludono, poi, dai casi eccezionali lipotesi di esercizio chiuso in perdita. Pertanto non possibile effettuare rivalutazioni economiche allo scopo esclusivo di compensare, in tutto o in parte, gli effetti negativi, sul capitale e/o sul reddito, di andamenti economici sfavorevoli (il che sarebbe in evidente contrasto con il modello del reddito prodotto, proprio perch avverso a ogni forma di conguaglio dei redditi nel tempo).8 Pertanto la rivalutazione degli elementi attivi del capitale di funzionamento, specialmente dei fabbricati di propriet (per i quali maggiori appaiono i margini di apprezzamento nel tempo rispetto al costo storico), non costituisce rimedio praticabile in conseguenza della disposizione di legge quando lazienda denuncia un risultato economico negativo. Per questo, come si ricorder tra poco, per consentire una cura ricostituente del capitale netto, depauperato dalla perdurante diseconomicit della gestione, deve intervenire il legislatore con norma derogatoria. Le medesime considerazioni valgono, a maggior ragione, nellipotesi di un peggioramento dello stato di salute aziendale, quello in cui le perdite, assegnate e/o accumulate, superino le altre quote ideali del capitale netto, dando luogo addirittura a una condizione, economicamente e giuridicamente insostenibile, di deficit patrimoniale.9 Situazioni di perdita (con capitale netto ancora positivo) o di deficit patrimoniale, dunque, non possono costituire valido presupposto per lapplicazione della deroga ai criteri di valutazione (tesa a consentire valori discrizione maggiori del costo storico): pertanto, coerentemente con la statuizione del modello del reddito prodotto, la rivalutazione non contemplata quale meccanismo, insito nel

sistema del codice civile, di correzione del valore del capitale netto di funzionamento. La deroga facoltativa ai criteri di valutazione, ossia la loro modificazione, costituisce unattenuazione del principio di continuit, che trova esplicita formulazione nellart. 2423-bis, comma 1, n. 6, cod. civ., essenziale per garantire la comparabilit dei valori di bilancio e la costruzione della configurazione del reddito prodotto.10 Una rigida applicazione delle regole di determinazione di quella potrebbe, infatti, rivelarsi inadeguata ad affidare al bilancio la sua fondamentale funzione informativa erga omnes, in ragione delle circostanze esterne, dambiente e di mercato, o delle condizioni interne di gestione, nel loro incessante divenire. Di qui una flessibilit controllata dei criteri di valutazione. Le deroghe al principio di continuit dei criteri di valutazione sono facoltative, non domandano accantonamenti dei maggiori utili netti a riserva (se non nel caso in cui si adottino criteri di valutazione non previsti dalle norme di legge), presuppongono il manifestarsi di casi eccezionali, da interpretare in termini meno restrittivi di quelli imposti dallart. 2423, comma 4, cod. civ. e richiedono unadeguata informativa supplementare.11 Esempi delle deroghe facoltative, rilevanti ai nostri scopi, possono essere riconosciuti, tuttavia, solo nella variazione dei criteri di valutazione conseguenti a una ristrutturazione aziendale (che modifichi la posizione combinatoria dei fattori produttivi) o ingresso della societ in un gruppo (a seguito di unoperazione che preveda il passaggio della propriet della prima al secondo)12 che adotta principi contabili differenti.13 La valutazione atomistico-prudenziale delle rimanenze della gestione incompiuta subisce inesorabilmente gli effetti di una situazione di crisi aziendale, derivante da caduta della domanda, o da difficolt produttive, o da incaglio finanziario. Quando, infatti, si procede allindividuazione dello spazio dei valori ragionevoli,14 ci si pu attendere che: la forbice costi-prezzi delle rimanenze attive della gestione incompiuta, destinate a realizzo

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diretto, sinverta (poich crescono le difficolt di collocamento dei prodotti o decresce la capacit di acquisto o di consumo dei clienti) e, dunque, scendendo il corrispettivo di realizzo al di sotto del costo di acquisto o di produzione, il primo termine del confronto diventi lunico valore ragionevole (producendo, come si suole dire, una svalutazione del magazzino); le condizioni di solvibilit dei debitori vadano peggiorando se essi sono contagiati dalle avverse circostanze di mercato (andando tutta la filiera in crisi); i crediti, quindi, dovranno subire pesanti svalutazioni tese a ricondurne il valore di presunto incasso alle peggiorate situazioni finanziarie, generali e particolari; la capacit di ammortamento della gestione futura si contragga e, di conseguenza, occorra rivedere il piano di ammortamento o si proceda senza indugio a impairment test. In situazioni di crisi non congiunturale, infatti, le condizioni di redditivit della gestione futura possono subire improvvisamente e imprevedibilmente un grave peggioramento. Questevenienza potr manifestarsi, negli anni a venire, sotto forma di riduzione dei ricavi (in ragione di una contrazione dei volumi e/o dei prezzi di vendita), dincremento dei costi operativi, pi raramente di espansione dei mezzi propri (e conseguente aumento dellattesa di rimunerazione dei conferenti di quelli), o di tutti questi fenomeni contemporaneamente; ma potr manifestarsi anche nel caso in cui, pur non variando le condizioni di redditivit della gestione futura, ci si

renda conto che il complesso degli ammortamenti ancora da computare risulta troppo elevato, vuoi perch le quote gi imputate in passato sono state troppo basse, vuoi perch gli impianti sono sovradimensionati rispetto alle esigenze della gestione, in conseguenza di investimenti che hanno portato alla formazione di riserve di capacit produttiva che lavversa congiuntura di mercato non consente, in alcun modo, di sfruttare secondo ragioni di convenienza economica. La contrazione prevista dei ricavi, laumento dei costi futuri, il sottoutilizzo della struttura produttiva fanno tutti s che la capacit di ammortamento della gestione a venire si riduca: di conseguenza, il valore contabile netto degli impianti, a un certo punto, sar maggiore del loro valore duso.15 In altri termini, quando le condizioni prospettiche di disequilibrio economico si consolidano e si estendono a includere il periodo di sfruttamento economico di un fattore durevole della struttura, di una coordinazione parziale (CGU, secondo il linguaggio degli IAS/IFRS) o dellintera combinazione produttiva, quelle condizioni si trasferiscono inevitabilmente sulle valutazioni terminali di periodo.16 Ne consegue che, contrariamente a quanto molti imprenditori e consulenti immaginano, quando le condizioni di redditivit futura attesa sono prospettate come negative o, comunque, in evidente peggioramento (giacch la direzione del moto aziendale si invertita e questo va sostando nella zona di disequilibrio), simpongono svalutazioni che vanno a gravare sulle formazioni reddituali correnti. Si veda la figura 1.

Figura 1 GLI EFFETTI DEL PROTRARSI DELLA CRISI SULLA VALUTAZIONE DELLE IMMOBILIZZAZIONI

Crisi attuale

Crisi futura

Bilancio desercizio

Svalutazione

Impairment test

Contrazione dei ricavi Aumento dei costi

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Da quanto sopra pu trarsi pure una risposta a una domanda che circola, di questi tempi, in molti ambienti imprenditoriali e professionali, ossia se sia possibile ridurre opportunamente le quote di ammortamento proprio in ragione delleccedenza degli altri componenti negativi di reddito su quelli positivi, onde scongiurare o attenuare la formazione di perdite nette. Tale risposta necessariamente articolata e, per i limiti che ci siamo dati per questo lavoro, qui solo compendiata e discussa in termini di: liceit di un principio, generale e incondizionato, di flessibilit del piano di ammortamento; variabilit delle quote di ammortamento in ragione della contrazione dei volumi di attivit; sospensione del piano di ammortamento in conseguenza dellinterruzione dellattivit. La dottrina, fin dallapprovazione della disciplina civilistica,17 e i principi contabili nazionali18 negano la liceit di un principio, generale e incondizionato, di flessibilit del piano di ammortamento, in particolare se esso piegato allobiettivo di conguagliare scientemente i redditi nel tempo, allo scopo di esporne, nel bilancio di ciascun esercizio attraversato dalla vita utile degli impianti, una misura media, rassicurante per gli azionisti e per gli stakeholder in genere. I principi contabili nazionali sono tassativi al riguardo: lammortamento un costo ricorrente che va registrato nella sua interezza anche se limpresa ha subito una perdita o se il cespite non stato sfruttato nei volumi previsti (OIC 16, par. D.XI.4). La variabilit delle quote di ammortamento in ragione della contrazione dei volumi di attivit (variabilit intesa, nel caso di specie, come riduzione delle quote correnti rispetto a quelle dei periodi precedenti) deve essere discussa in termini di ammissibilit giuridica e di applicabilit tecnica. La riconfigurazione delle quote di ammortamento non costituisce, dal punto di vista civilistico, una variazione dei criteri di valutazione (a presupposto della quale dovrebbero porsi quei casi eccezionali di deroga facoltativa, ai quali si accennava sopra).19 La commisurazione della quota di ammortamento ai

volumi di attivit (e, dunque, la compressione della prima quando si d una contrazione dei secondi) dovrebbe, invero, trovare una ragione generale e automatica nel principio di competenza economica in ragione dellesercizio, il quale, nel modello del reddito prodotto, domanda ai costi di partecipare alla configurazione desercizio se, e nella misura in cui, appaiano correlati ai ricavi (e, dunque, se quei ricavi non si conseguono o si manifestano in misura minore perch dipendenti da minori volumi di beni e servizi ceduti sul mercato, a loro volta assicurati da pi limitate combinazioni produttive, anche i costi di competenza dovrebbero allinearsi di conseguenza). Tale sincronismo, opportunamente fondato sul sistema dei piani aziendali e quindi correlato allintero ciclo di sfruttamento degli impianti,20 trova tuttavia non poche resistenze in campo applicativo, vuoi per la tendenza di studiosi e operatori a interpretare ancora lavverbio sistematicamente (qualificante il calcolo delle quote nellart. 2426, comma 1, n. 2, cod. civ.) come sinonimo di ripartizione a quote costanti, vuoi per la cautela che i principi contabili nazionali impongono nella costruzione del piano di ammortamento e, di conseguenza, per lo standard di correttezza che il redattore del bilancio deve sempre dimostrare di rispettare, vigente una norma tecnica chiara e dettagliata (come quella, appunto, dettata dallOIC 16 in tema di piani di ammortamento). I principi contabili nazionali ammettono che il piano di ammortamento inizialmente predisposto possa essere periodicamente riesaminato allo scopo di accertare se il sistema dipotesi, relativo agli andamenti aziendali futuri, su cui si regge sia ancora prospetticamente accettabile o siano intervenuti cambiamenti tali da richiedere una modifica delle stime effettuate nella determinazione della residua possibilit di utilizzazione. In tale senso, un ridimensionamento non congiunturale delle prospettive di mercato e, di conseguenza, un accorciamento del ciclo di vita dei prodotti (in presenza di impianti dedicati o a flessibilit limitata) potrebbe domandare una compressione della durata economica delle strutture produttive, con leffetto (non auspicato dalle aziende

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Per altra via si pu discutere se la quota di ammortamento possa essere, fin dalla fase dimpostazione del piano originario, commisurata ai volumi di attivit (a prescindere dalle aspettative su andamenti altalenanti del ciclo economico) e, dunque, se la prima sia automaticamente variabile con i secondi, senza giustificazioni da ricercare in circostanze estranee al piano stesso. I principi contabili nazionali prevedono tale procedimento di computo, che consiste nellattribuire a ciascun esercizio la quota di ammortamento di competenza determinata dal rapporto tra le quantit prodotte nellesercizio e le quantit di produzione totale prevista durante lintera vita utile della immobilizzazione: quei principi, per, non sembrano ammettere tale procedimento come generale e incondizionato, giacch essi intendono riferirlo solo ad alcune classi di immobilizzazioni, anche se subito dopo si rinvia non alla natura dei fattori produttivi, ma al settore in cui operano le aziende che alcune di quelle immobilizzazioni pi frequentemente impiegano: estrattive, minerarie e petrolifere (OIC 16, par. D.XI.4). Non potendosi dire se lelenco sia tassativo o esemplificativo (data la prudenza che sempre caratterizza linterpretazione dei principi contabili nazionali, di solito letterale e mai estensiva), va da s che, ove si ammetta un piano di ammortamento a quote variabili con i volumi di produzione, una contrazione di questi (e con essi dei ricavi derivanti dalla loro cessione sul mercato di sbocco) provocherebbe anche una corrispondente (proporzionale) riduzione delle quote annue di ammortamento. Altra opzione potrebbe rinvenirsi nel continuare ad applicare un piano di ammortamento impostato fin dallinizio a quote decrescenti e, quindi, che vede le quote annue di valore inferiore a

Pi ampio margine sembra, invece, potersi intravedere quando trova applicazione una vera e propria sospensione del piano di ammortamento in conseguenza dellinterruzione dellattivit produttiva, come nei casi di chiusura degli stabilimenti e di adozione di provvedimenti correlati di applicazione della cassa integrazione guadagni o della messa in mobilit del personale. In questi casi, i principi contabili nazionali contemplano due circostanze e altrettanti comportamenti congetturali: nel caso in cui si diano cespiti temporaneamente non utilizzati, le quote di ammortamento devono essere ancora imputate allesercizio (ma senza precisarne laltezza); nel caso, invece, in cui si diano cespiti che non verranno utilizzati per lungo tempo, obsoleti o da alienare, si dispone che lammortamento sia sospeso e il valore di tali cespiti sia ridotto al prezzo di mercato, poich di essi si immagina un imminente realizzo per stralcio (OIC 16, par. D.XI.9). Una parte della dottrina collega la prima ipotesi alla circostanza che il fattore produttivo, a prescindere dalle modalit del suo utilizzo, debba comunque incidere sul reddito di periodo a causa del processo di affievolimento della vita utile,21 forse intendendo che la componente tendenzialmente costante di quel componente di reddito debba comunque incidere sul reddito di periodo, mentre la seconda prelude alla dissoluzione della combinazione produttiva parziale e quindi assume rilievo, per quel che si va qui discutendo, soltanto nel caso in cui il risanamento aziendale contempli un piano di rinnovo degli impianti e la prevista dismissione

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in crisi) di doverne ripartire il valore contabile netto residuo sulla nuova vita utile residua (OIC 16, par. D.XI.3), pi breve di quella ipotizzata inizialmente. Una crisi di mercato, quindi, potrebbe alla fine tradursi in un incremento della quota di ammortamento e non in una sua contrazione.

quelle imputate nellesercizio precedente, anche se tale procedimento ammesso dai principi contabili nazionali soltanto nei casi di maggiore utilit nei primi anni della loro vita, di efficienza tecnica [che] tende a diminuire con il passare del tempo, di costi di manutenzione [che] tendono ad aumentare per il processo di invecchiamento dei cespiti stessi, tutte circostanze ipotizzate fin dallavvio dello sfruttamento degli impianti e, comunque, indipendenti da improvvise e successive inversioni del ciclo economico (OIC 16, par. D.XI.4).

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di quelli detenuti. Nel caso, ben pi frequente, di permanenza dellattuale struttura produttiva e di un suo parziale e temporaneo inutilizzo (per esempio: due linee produttive su tre restano ferme per sei mesi), lambiguit del principio contabile appare insuperabile, anche se uninterpretazione ragionevole dello stesso porterebbe a ritenere che si possa imputare comunque una quota annua, ma dimporto significativamente inferiore a quella corrispondente allo sfruttamento della linea produttiva a pieno regime, interpretando come variabile una porzione significativa della quota stessa (e dunque azzerando tale porzione, in ragione dellinattivit stessa, se del caso, opportunamente computata pro rata temporis). Ci si muove va detto chiaramente nel campo del possibile e non del certo e quindi ogni cautela appare dobbligo (specialmente in considerazione del fatto che i rischi legali crescono esponenzialmente quando lazienda in crisi). Si veda la tabella 2. La capitalizzazione dei costi, infine, considerata una possibile leva delle politiche di conguaglio dei redditi azionabile in periodi di crisi,

ma, a ben vedere, essa sembra sottratta a una vera e propria area di discrezionalit, se non nel caso dei costi di ampliamento, di ricerca e sviluppo, di pubblicit, ma a condizioni che devono comunque sussistere,22 tra le quali la ricuperabilit di quei costi mediante i margini reddituali futuri (che, quindi, ancora implica linversione della direzione attuale del moto aziendale e lorientamento della gestione verso condizioni almeno soddisfacenti di redditivit di non breve andare). La migliore dottrina ritiene che i costi di ampliamento debbano essere sempre capitalizzati,23 mentre i costi di pubblicit, a parte la controversa interpretazione del legame che li legherebbe ai primi, indotta dalla formulazione dellOIC 24,24 sono rinviabili in circostanze piuttosto rare,25 s che lunica zona di potenziale arbitraggio si concentra solo sui costi di ricerca applicata e di sviluppo (sempre nei limiti posti dallOIC 24). Ma non pu sfuggire al lettore che difficilmente unazienda in crisi compie operazioni di ampliamento o intraprende cospicui investimenti nellinnovazione di prodotto, giacch le prime sono accolte con diffidenza dalla propriet (se hanno per oggetto

Tabella 2 LA POSSIBILIT DI RIDURRE LA QUOTA DI AMMORTAMENTO IN UN ANNO DI CRISI Fattispecie Adattamento del piano di ammortamento in conseguenza di redditi negativi Contrazione dei volumi di attivit Piano di ammortamento a quote decrescenti Effetto sulla quota Riduzione in funzione anticiclica Riferimento Art. 2426, comma 1, n. 2, cod. civ. OIC 16 OIC 16, par. D.XI.3 OIC 16, par. D.XI.4 Maggiore utilit nei primi anni della loro vita. Efficienza tecnica che tende a diminuire con il passare del tempo. Costi di manutenzione che tendono ad aumentare per il processo di invecchiamento dei cespiti stessi Classi di immobilizzazioni di imprese estrattive, minerarie e petrolifere Cespiti che non verranno utilizzati per lungo tempo, obsoleti o da alienare Campo di applicazione NON APPLICABILE IN QUANTO ILLECITO

Aumento causa riduzione dei ricavi futuri Riduzione secondo il procedimento aritmetico. Riduzione secondo il procedimento logaritmico

Piano di ammortamento a quote variabili Interruzione dellattivit

Riduzione agganciata alla riduzione dei volumi di attivit Riduzione o azzeramento della quota

OIC 16, par. D.XI.4

OIC16, par. D.XI.9

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La pratica delle aziende di questi ultimi anni conosce anche politiche di bilancio di tipo diverso da quello finora ricordato e cio non finalizzate a modificare la misura del reddito, ma volte a mutarne la struttura o a variare la misura e la struttura del capitale. Si tratta di quegli interventi

Tabella 3 LE LEVE DI AZIONE SUL REDDITO E SUL CAPITALE E LA LORO PRATICABILIT IN CASO DI PERDITE Azione Modello del reddito prodotto Effetto cercato Perequazione dei redditi Effetto indesiderato Riferimenti Artt. 2423, 2423-bis, 2426 cod. civ. OIC 11 Art. 2423, comma 4, cod. civ. OIC 11 Art. 2423-bis cod. civ. OIC 29 No Applicabilit Contenuto della norma Impossibilit di attuare indiscriminatamente politiche di bilancio Impossibilit di operare rivalutazioni solo perch in perdita Deroga consentita in caso di ristrutturazioni societarie o di entrata in un gruppo Svalutazioni imposte dalla discesa del valore recuperabile tramite luso dovuta alla redditivit negativa attesa Varie situazioni possibili

Deroga obbligatoria ai criteri di valutazione Deroga facoltativa ai criteri di valutazione

Rivalutazione dei fabbricati

No

Rivalutazioni

Svalutazioni

Imputazione di componente negativo di reddito

Art. 2426, comma 1, n. 3, cod. civ. OIC 16. OIC 24 Art. 2426, comma 1, n. 2, cod. civ. OIC 16 Art. 2426, comma 1, n. 1, cod. civ. OIC 24

Ammortamenti

Riduzione della quota

Aumento della quota

Varie situazioni possibili

Capitalizzazioni di costo

Incremento dei componenti positivi di reddito

Costi di ampliamento. Costi di pubblicit. Costi di ricerca e sviluppo

Sussistenza delle condizioni. Facolt/obbligo di capitalizzazione

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il capitale) o sono scarsamente praticabili quando lazienda immersa in una punta finanziaria (se hanno per oggetto la capacit produttiva) e i secondi sono generatori di costi discrezionali che il management spesso incline a tagliare proprio come rimedio immediato e transeunte al peggiorare delle condizioni di redditivit di breve andare, cos che vengono meno quelle condizioni di ammissibilit e di misurabilit proprie di ogni capitalizzazione.26 Si veda la tabella 3.

che intendono migliorare i punteggi derivanti dai meccanismi di rating comunemente impiegati dal sistema bancario e variamente inferiti nellesperienza dei manager e dei consulenti pi attenti ai processi di erogazione del credito. I provvedimenti pi conosciuti riguardano lo spostamento di componenti di costi, di origine operativa, tra quelli straordinari e le politiche di rateizzazione o di rinvio delle scadenze dei debiti. Il primo provvedimento intende accrescere la misura dellEBIT normalizzato e, di conseguenza, gli indicatori (come il ROI e il ROS) che da esso dipendono e che maggiormente sono presi in considerazione negli algoritmi di Basilea 2. Tale provvedimento deve ritenersi ostacolato dalle rigide prescrizioni dellOIC, Documento interpretativo n. 1 del principio contabile 12. Classificazione nel conto economico

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dei costi e ricavi, il quale specifica dettagliatamente i raccordi tra piano dei conti e struttura di conto economico civilistico. Il secondo provvedimento intende migliorare gli indicatori di solvibilit, che pongono a denominatore dei quozienti o al sottraendo dei margini le passivit a breve termine. La riclassificazione dei debiti appare di pi difficile ricognizione ed , per certi versi, implicita nella condizione stessa di crisi. La comunicazione della situazione economico-finanziaria e delle strategie aziendali mediante la relazione sulla gestione costituisce, specialmente dopo lentrata in vigore del D.Lgs. 32/2007, un obbligo e non una facolt: essa impone allazienda di evidenziare i rischi ai quali esposta e le consiglia di esporre le condizioni prospettiche della propria ripresa. La dottrina sostiene, fin dallentrata in vigore della versione originaria dellart. 2428 cod. civ., uscita dal D.Lgs. 127/1991, che la relazione sulla gestione deve indicare le linee strategiche aziendali27 e, con sufficiente dettaglio, anche le connesse politiche di gestione.28 Ne consegue che, in fase di crisi conclamata, come quella attraversata oggi da molte imprese italiane, il lettore del bilancio si dovr attendere, da una parte, una diagnosi dei fattori e delle circostanze che hanno provocato tale crisi e, dallaltro, gli eventuali (e auspicabili) provvedimenti volti al risanamento. Il dispositivo produce inevitabilmente effetti su: la possibilit degli stakeholder di integrare lanalisi economico-finanziaria nel pi ampio quadro delle condizioni di equilibrio aziendale; la possibilit dellazienda di rassicurare gli stakeholder in ragione dei piani strategici elaborati. Quanto alla possibilit degli stakeholder di integrare lanalisi economico-finanziaria nel pi ampio quadro delle condizioni di equilibrio aziendale, un cospicuo e dettaglio flusso informativo relativo alle performance aziendali trova alimento nellanalisi della situazione della societ, nella presentazione dindicatori di performance

economico-finanziaria, nella descrizione dei rischi e delle incertezze, nelle informazioni attinenti allambiente e al personale che il CNDCEC si affrettato a codificare secondo una struttura analitica e, si pu ragionevolmente intendere, obbligatoria.29 Pertanto gli stakeholder primari e secondari, oltre a trovare risposte a molte delle domande di cui sono portatori, possono, se vogliono, costruire un quadro diagnostico autonomo e completo, che potr, in ragione degli esiti attesi, tranquillizzarli o preoccuparli ulteriormente. La relazione sulla gestione (e con essa, seppure in misura minore, la nota integrativa) dovrebbe, quindi, offrire tutti quegli elementi di corredo che linterprete del bilancio ricerca per farsi unopinione pi articolata e approfondita sul divenire dellunit produttiva.30 Se, specularmente, si riflette sulla possibilit dellazienda di rassicurare gli stakeholder in ragione dei piani strategici elaborati, si assume una prospettiva che pu intendersi come proattiva. Lazienda infatti, proponendo, in modo chiaro e trasparente, tanto le condizioni in cui versa, quanto le prospettive di ripresa, offre agli stakeholder una chiave interpretativa delle proprie condizioni di equilibrio aziendale. Rivela cos le ragioni della sopravvivenza che immagina, potendo, allo stesso tempo, diffondere una fiducia ragionata sulle sue prospettive di ripresa, rinnovando il patto di collaborazione con tutti gli interlocutori sociali che avranno capacit di attesa di tempi migliori, specialmente se vi una leadership carismatica, capace di catalizzare consenso, e giudicata competente e determinata nel compito di fare uscire lunit aziendale dalla crisi.31 La disciplina fiscale La disciplina fiscale , da sempre, quella dagli effetti pi pervasivi (e perniciosi) sui processi di formazione del bilancio desercizio, specialmente nelle unit produttive di minore dimensione. Se il principale risultato culturale di una condizione di sostanziale e prolungata sudditanza

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La disciplina fiscale cerca, in particolare, di impedire politiche di bilancio volte a conguagliare i redditi (contabili e, di conseguenza, gli imponibili IRAP e IRES), ma, allo stesso tempo, soprattutto con una serie di provvedimenti ad hoc dettati sullonda dellemergenza economica di questi ultimi anni, cerca di favorire condizioni contingenti di equilibrio reddituale e patrimoniale. Le disposizioni che assumono maggiore interesse agli occhi dellorgano di governo delle aziende in crisi, interessato a ponderare gli spazi di discrezionalit nei quali esercitare politiche di bilancio orientate a rappresentare, per quanto possibile, condizioni temporanee di equilibrio economico-finanziario, sono: la limitazione della possibilit di mutamento dei criteri di valutazione, a fini fiscali;

La limitazione della possibilit di mutamento dei criteri di valutazione, a fini fiscali, pu considerarsi applicabile allimpresa non IAS-compliant, soggetta allapplicazione dellIRES, la quale si trova costretta nellambito dei criteri dimputazione e di valutazione previsti dal TUIR. Tali criteri, se, da una parte, consentono alcuni margini di discrezionalit (per esempio, nella determinazione delle quote di ammortamento o nel rinvio delle plusvalenze), dallaltro, tendono a limitare la possibilit di mutare radicalmente landamento reddituale e di conguagliarne le masse in vista di obiettivi di risparmio fiscale immediato o di rinvio al futuro di oneri comunque ritenuti insostenibili nel tempo attuale. Lart. 110, comma 6, del TUIR regola la fattispecie, stabilendo che, nel caso in cui il contribuente adotti in un periodo dimposta criteri di valutazione diversi da quelli adottati in quelli precedenti, lo stesso deve darne comunicazione allAgenzia delle Entrate nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato. Poich si in presenza di una mera comunicazione e non di unautorizzazione, si ritiene che lAmministrazione finanziaria non abbia alcun potere di divieto in merito. La relazione governativa al D.L. 416/1994 ha precisato che la libert di scelta del metodo di valutazione deve sempre esplicarsi nel rispetto dellobbligo del mantenimento in bilancio dellinvarianza dei criteri di valutazione da un esercizio allaltro. Pertanto, una volta adottato un criterio di valutazione, questo non potr essere mutato negli esercizi successivi, se non in casi occasionali, adeguatamente motivati e comunque fornendo adeguata comunicazione, distinta dal mero inserimento delle richieste informazioni nella nota integrativa (circ. n. 73/E del 27 maggio 1994, risp.3.5).32

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del processo formativo del bilancio alle politiche aziendali di pianificazione tributaria che i fondamentali criteri di valutazione fiscale sono talmente penetrati nella mentalit dei professionisti e delle direzioni amministrative delle imprese che suona loro ancora oggi quasi sconosciuta lesistenza di un corpus cogente di principi contabili e, di conseguenza, ladozione di uno schema logicoeconomico per la costruzione del bilancio di esercizio del tutto autonomo dal TUIR, allora molte imprese italiane, specialmente quelle di minore dimensione, pur dichiarando nei propri bilanci che applicano i principi di redazione insieme ai criteri di valutazione previsti dalla legge (in specie nel caso del bilancio civilistico), di fatto seguono pedissequamente le norme valutative tributarie per ridurre i problemi di raccordo tra bilancio e dichiarazione dei redditi e per pianificare i maggiori risparmi fiscali possibili. In molti casi, dunque, la misura delle perdite (che allarmano gli stakeholder) o degli utili (che li mantengono in una condizione di relativa tranquillit) potrebbe essere distorta, oscurando inconsapevolmente lentit del reddito prodotto (sempre entro i margini di indeterminazione in cui esso pu essere assegnato allesercizio amministrativo).

il potere di disconoscimento dei criteri di valutazione civilistica; le manovre di rivalutazione dei fabbricati; la sospensione della svalutazione dei titoli; il riporto delle perdite; la penalizzazione delle imprese in perdita.

Il potere di disconoscimento dei criteri di valutazione civilistica conferito allAmministrazione finanziaria dallart. 1, comma 34, della legge 244/2007. La norma stabilisce che gli ammortamenti, gli accantonamenti e le altre rettifiche di valore imputati al conto economico, a partire dallesercizio dal quale cessa la facolt di operare deduzioni extracontabili dallimponibile fiscale, possono essere disconosciuti se giudicati non coerenti con i comportamenti contabili sistematicamente adottati nei precedenti esercizi, salva la possibilit per limpresa di dimostrare la giustificazione economica di detti componenti in base a corretti principi contabili. La norma stata introdotta in quanto, come numerosi commentatori hanno maliziosamente insinuato fin dalla sua approvazione, il ripristino del meccanismo della dipendenza rovesciata (deduzione fiscale di soli componenti negativi di reddito iscritti nel conto economico e per lammontare ivi indicato) pu facilmente indurre limpresa ad aggiustare le proprie stime e congetture civilistiche allo scopo di allineare ammortamenti, accantonamenti e rettifiche di bilancio ai valori massimi fiscali (gabellandoli per corretti in sede di commento in nota integrativa). Lo spazio per lunghi e complicati contenziosi sul disconoscimento a fini fiscali delle valutazioni di bilancio appare, anche allosservatore meno attento, ampio e pu generare nellimpresa pericolose remore, se intende adeguare le proprie stime e congetture al mutare delle circostanze esterne e delle condizioni interne, perch ci pu sempre attirare lattenzione (mai gradita) dellAmministrazione finanziaria. Allo stesso tempo, sempre per timore di incorrere in fastidiosi (e onerosi) conflitti con il Fisco, pu indurre le imprese a congelare le proprie politiche contabili (minimizzando gli scostamenti rispetto al passato) anche in presenza di significativi cambiamenti nella dinamica aziendale e ambientale. Aumentano, in ogni caso, i costi di dimostrabilit (che lazienda si deve precostituire) della giustificazione economica e della corretta applicazione dei principi contabili. La limitazione della possibilit di mutamento dei

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criteri di valutazione, a fini fiscali, e il potere di disconoscimento dei criteri di valutazione civilistica sembrano quindi scoraggiare politiche di conguaglio dei redditi tra gli esercizi, in particolare a favore di quelli meno favoriti dalla congiuntura economica, ma anche ragionevole ipotizzare che le maggiori attenzioni dellAmministrazione finanziaria saranno rivolte a quei comportamenti contabili volti alla compressione artificiosa dellimponibile fiscale, giacch il bene maggiormente protetto appare quello del gettito presente. Allopposto, politiche di bilancio volte a sostenere gli andamenti reddituali attuali, a danno di quelli futuri, non sembrano completamente contrari allinteresse primario del Fisco, anche se esigenze di certezza del diritto e di rigorosa applicazione del principio di competenza, ex art. 109, commi 1 e 2, del TUIR, sono affermate nella giurisprudenza della Corte di Cassazione a prescindere dal segno delle variazioni che limponibile fiscale subisce. Se, dunque, si danno norme che tendono a scoraggiare azioni orientate al conguaglio dei redditi e, di conseguenza, al miglioramento, contingente e, in certi casi, transeunte, delle formazioni reddituali desercizio, altre siscrivono invece in direzione opposta. La manovra di rivalutazione dei fabbricati, consentita dallart. 15, commi 16-23, della legge 2/2009, ha riguardato i beni immobili risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2007 e ha permesso alle aziende di formare un saldo attivo, imputato a capitale o accantonato in speciale riserva, al netto dellimposta sostitutiva e delleventuale fondo imposte differite, in ragione delle varie situazioni possibili, con ci rivalutando, con effetti civilistici immediati, il valore dei cespiti interessati e differendone i benefici fiscali di tre (computo delle quote di ammortamento, plafond del 5% delle spese di manutenzione), o di quattro (misura di plusvalenze e minusvalenze) esercizi. La circ. n. 13/E del 19 marzo 2009 prevedeva, in tema di valore massimo attribuibile ai fabbricati, che la rivalutazione non potesse sospingerlo

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oltre il valore di sostituzione, inteso come il costo di acquisto di un bene nuovo del medesimo tipo o come il valore attuale dei flussi netti ottenibili dallimpiego del bene incrementato dei costi di ripristino della sua originaria funzionalit (purch inferiore al valore corrente). Dal canto suo, lOIC33 precisava che, in caso di impresa in perdita, il maggiore valore attribuito alle immobilizzazioni a seguito della rivalutazione pu ugualmente essere ricuperato. Il documento interpretativo richiamava, quale riferimento, il valore ricuperabile, come definito dallOIC 16, par. D.XIII.2, ovvero come il maggiore tra il presumibile valore realizzabile tramite alienazione e il suo valore in uso. Prassi ministeriale e standard setter, dunque, subordinavano la rivalutazione a una soddisfacente redditivit della gestione futura (quando fanno riferimento al valore duso) o a favorevoli condizioni di dismissione (quando il termine di paragone il valore di scambio): la prima presuppone la ripresa, a condizioni di convenienza economica durevole, dellattivit produttiva, la seconda un provvedimento tampone di liquidazione degli investimenti accessori o di riduzione di quelli operativi (magari inquadrati in unoperazione di sale and lease-back). Ne consegue che la rivalutazione (per la prima volta consentita anche solo a fini civilistici) appare chiaramente di natura economica e dettata allo scopo evidente di favorire la ricapitalizzazione delle imprese, senza per incidere sul processo formativo del reddito. Pertanto le imprese che hanno fatto ricorso alla rivalutazione non hanno potuto impedire di assegnare allesercizio amministrativo in chiusura un risultato netto negativo, ma ne hanno compensato gli effetti contabili mediante laccantonamento di una riserva con la quale quella perdita (o una corrente di perdite) pu essere stata contenuta, azzerata, o anche superata (secondo rispettivamente che la riserva sia stata formata in misura minore, pari, o maggiore della perdita stessa), conguagliando con gli esercizi futuri (per i quali evidentemente ci si attende uninversione della congiuntura) i maggiori costi derivanti dalloperazione (ossia i maggiori ammortamenti).

La sospensione della svalutazione dei titoli stata disposta dallart. 15, comma 13, della legge 2/2009 e rinnovata per il 2009 e il 2010. La norma assumeva come motivazione leccezionale situazione di turbolenza nei mercati finanziari e fissava, come dispositivo, che i soggetti non IAS-compliant potessero valutare i titoli iscritti nellattivo circolante in base al loro valore di iscrizione cos come risultante dallultimo bilancio, o, ove disponibile, dallultima relazione semestrale regolarmente approvati, anzich al valore di realizzazione desumibile dallandamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole. In pratica, come si sa, si estendeva, seppure facendo ricorso a un decreto fiscale, al bilancio civilistico il dispositivo frettolosamente elaborato per il bilancio IAS/ IFRS, con il quale si intendeva sterilizzare leffetto devastante dellapplicazione sistematica agli strumenti finanziari del criterio di valutazione al fair value.34 La temporanea disapplicazione del principio di prudenza non ha potuto certo impedire sine die andamenti sfavorevoli dei mercati degli strumenti finanziari, n operazioni speculative sfortunate o mal gestite. Essa piuttosto ha spostato gli effetti delle avverse tendenze del mercato dei titoli negli esercizi successivi (in particolare dal 2011). Invero, trattandosi di quote del capitale di rischio o di debito non immobilizzati, dovrebbero essere destinati al rapido realizzo, indipendentemente dal loro rimborso (quindi anche nel caso di obbligazioni o di titoli di Stato distanti dalla data di rimborso o di azioni e titoli similari). Se linvestimento operato ha carattere estemporaneo, leffetto immediato e diretto sulle formazioni reddituali di periodo dato dallutile o dalla perdita di negoziazione dei titoli. Se, invece, la dinamica finanziaria dellunit aziendale mette incessantemente a disposizione liquidit altrimenti inoperose, alle dismissioni di titoli (dettate dalla loro scadenza o dal venire meno della convenienza della loro detenzione) succedono nuove acquisizioni di strumenti finanziari, a loro volta destinati a pronto disinvestimento, si manifesta una permanenza di genere, ma non di specie, di titoli a breve. La permanenza di genere consiste non ci pare inutile ricordarlo nel fatto che in azienda una certa dose

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del capitale appare assiduamente investita in titoli a breve, per i quali si continuato ad applicare, fintanto che ci stato consentito, la norma sospensiva del principio della prudenza, bench quei titoli mutassero per composizione, in quanto quelli originariamente detenuti venivano sostituiti con altro di differente natura ed emittente (e, dunque, senza permanenza di specie, cio di quegli specifici titoli). Leffetto complessivo sui bilanci degli esercizi successivi , dunque, quello di accentuare le tendenze depressive o espansive del ciclo, giacch, in ipotesi dinversione delle tendenze del mercato, gli utili da negoziazione potranno risultare maggiori di quelli computabili in assenza della norma sospensiva, mentre, in ipotesi di continuit delle tendenze del mercato, le perdite di negoziazione potranno manifestarsi in misura superiore a quella determinabile quando si applica il principio di prudenza (che appunto quelle perdite tende, almeno in parte, ad anticipare allesercizio in chiusura, proprio in ragione della discesa del valore di presunto realizzo atteso al di sotto del costo). Anche la sospensione della svalutazione dei titoli, dunque, appare un provvedimento dagli effetti contingenti, i cui benefici possono prodursi sulla vita dellazienda soltanto se questa si proietta in un contesto che manifesta tendenze cicliche al rialzo. Il riporto delle perdite, disciplinato dallart. 84 del TUIR, produce effetti immediati e differiti sulla redditivit aziendale. Oltre a evitare lerogazione di somme liquide conseguenti a imposte correnti che si annullano con limponibile fiscale (a meno di riprese fiscali capaci di superare la perdita netta), il meccanismo del carry forward, se sono avvertite aspettative di ripresa per il tempo a venire, consente liscrizione di imposte anticipate, le quali, pur nellincertezza che ne caratterizza la stima, dipendente, a sua volta, dalla misura cumulata attesa degli imponibili fiscali futuri,35 costituiscono un componente positivo di reddito capace di compensare, almeno in parte, il risultato netto negativo assegnato allesercizio in cui vengono rinviate al futuro. Si badi che lo storno delle imposte anticipate non pu considerarsi

definitivo, giacch, nel caso di peggioramento delle condizioni prospettiche di economicit della gestione futura e, di conseguenza, di contrazione del valore cumulato degli imponibili fiscali attesi nellarco di tempo previsto dallart. 84 del TUIR, il costo per quelle imposte deve essere ripreso e, quindi, dovr incidere sul reddito dellesercizio in cui le prospettive su quelle condizioni si reputano peggiorate. A parziale temperamento di questo regime, come avviene con altre norme aventi funzioni (anche se non natura) antielusiva, si pone la penalizzazione delle imprese in perdita, emergente dal pi recente provvedimento anti-crisi varato dal Governo. Lart. 24 della legge 122/2010 stabilisce infatti che la programmazione dei controlli fiscali dellAgenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza deve assicurare una vigilanza sistematica, basata su specifiche analisi di rischio, sulle imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale, non determinata da compensi erogati ad amministratori e soci, per pi di un periodo dimposta e non abbiano deliberato e interamente liberato nello stesso periodo uno o pi aumenti di capitale a titolo oneroso di importo almeno pari alle perdite fiscali stesse. Considerazioni conclusive Le politiche di bilancio, intese come un (moderato) conguaglio dei redditi tra gli esercizi in perdita e i successivi, attesi in utile, appaiono provvedimenti di frequente utilizzati nelle imprese italiane per attenuare il grado di allarme che performance economico-finanziarie particolarmente negative possono suscitare nella propriet e negli stakeholder primari. Tali politiche, tuttavia, appaiono praticabili soltanto se valgono certe condizioni: si d una prospettiva ragionevole di inversione del moto aziendale e quindi ci si attendono, per gli esercizi a venire, correnti di utili netti; ci si muove nellambito della disciplina positiva del bilancio e si sfrutta, se del caso, ogni opportunit offerta da norme agevolative (di origine fiscale);

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Tabella 4 I MARGINI DI MANOVRA CONCESSI DALLE NORME FISCALI Fattispecie Limitazione possibilit di mutamento criteri di valutazione fiscale Disconoscimento criteri valutazione civilistica Rivalutazione fabbricati Riferimento Art. 110, comma 6, TUIR Art. 1, comma 34, legge 244/2007 Art. 15, commi 16-23, legge 2/2009 Art. 15, comma 13, legge 2/2009 Art. 84 TUIR Art. 24 legge 122/2010 Effetti Variazione del criterio comunicata allAgenzia delle Entrate Possibilit di controllo da parte dellAmministrazione finanziaria in caso di scostamenti dai criteri applicati nei periodi dimposta precedenti Possibilit di rivalutare gli immobili. Limite discrizione nel valore duso (e, quindi, nella redditivit futura positiva) o nel valore di mercato (in caso di prospettata alienazione) Eliminazione temporanea della svalutazione in conseguenza di prezzi correnti inferiori al costo Riduzione imponibile fiscale futuro. Rinvio di imposte anticipate in caso di redditivit futura positiva Controlli sulle imprese in perdita

Sospensione della svalutazione dei titoli

Riporto delle perdite Penalizzazione delle imprese in perdita

si offre unadeguata informazione sulle prospettive di ripresa. Al di fuori di questi limiti, le politiche di bilancio invadono il campo dellillecito civile, della frode fiscale o del reato penale. Certo, in condizioni particolarmente disperate, imprenditori, manager

e consulenti non sembrano avere altra scelta e lobiettivo della sopravvivenza dellunit aziendale diventa preminente sulle remore etiche, sul timore di sanzioni, sulla coscienza del rischio, il che investe tanto la dimensione interna (risk management), quanto la qualit della revisione esterna.36

Si veda il saggio di Paolo Bastia in questo stesso numero. E. Cavalieri, Una riflessione sulle cause e sulle responsabilit della crisi globale, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n. 5-6/2009, pag. 280. 3 S. Grossman O. Hart, The costs and benefits of Ownership. A Theory of Vertical and Lateral Integration, in Journal of Political Economy, vol. 94/1986; O. Hart J. Moore, Property Rights and the Nature of the Firm, in Journal of Political Economy, vol. 98, n. 6/1990. 4 V. Coda, Lorientamento strategico dellimpresa, Utet, Torino, 1988, pagg. 218-242. 5 M.B.E. Clarkson, A Stakeholder Framework for Analyzing and Evaluating Corporate Social performance, in Academy of Management Review, n. 20/1995. 6 G. Bruni, Le valutazioni e le politiche di bilancio per lalta direzione aziendale, in Scritti in onore di Ugo Caprara, vol. IV, Vallardi, Milano, 1975, pagg. 748-752; P. Di Toro G. Ianniello, La politica di redazione del bilancio di esercizio, Cedam, Padova, 1996; P. Onida, Natura e limiti della politica di bilancio, in Rivista dei dottori commercialisti, n. 6/1974; M. Pini, Politiche di bilancio e direzione aziendale, Etas, Milano, 1991, pag. 18; R. Verona, Le politiche di bilancio. Motivazioni e riflessi economico-aziendali, Giuffr, Milano, 2006. 7 La nozione di reddito desercizio pi congeniale agli effetti di cui sopra quella del reddito prodotto nellesercizio stesso al quale il bilancio si riferisce: nozione che, di per s, contrasta lermetismo ancorato alle cosiddette politiche di bilanci. G. Ferrero, I complementari principi della chiarezza, della verit e della correttezza nella redazione del bilancio desercizio, Giuffr, Milano, 1991, pag. 8. E lo stesso Autore altrove: Le valutazioni del capitale di funzionamento debbono essere ai sensi di legge assolutamente svincolate da ogni politica di bilancio finalizzata a conguagli reddituali, giacch, in caso contrario, il bilancio stesso fornirebbe, della situazione patrimoniale e della collegata situazione reddituale, un quadro oltremodo oscuro. Oltre tutto, la stessa nozione di reddito prodotto nellesercizio sarebbe incompatibile con lintroduzione di siffatte politiche G. Ferrero, La valutazione del capitale di bilancio, Giuffr, Milano, 1988, pagg. 134-135. 8 G.E. Colombo G. Olivieri, Bilancio desercizio e consolidato. Trattato delle societ per azioni, Utet, Torino, 1994, pagg. 335, 337. Si veda anche: E. Santesso U. Sostero, I principi contabili per il bilancio di esercizio. Analisi e interpretazione delle norme civilistiche, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006, pag. 21. 9 F. Poddighe S. Coronella, Possibilit e limiti della rivalutazione economica degli immobili aziendali in caso di deficit patrimoniale, in Rivista dei dottori commercialisti, n. 1/2007, pag. 51. 10 N. Di Cagno, Informazione contabile e bilancio desercizio, Cacucci, Bari, 2004, pag. 89.
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11 R. Caramel, Il bilancio delle imprese. La nuova disciplina secondo le norme dattuazione delle direttive europee, Il Sole 24 Ore, Milano, 1994, pag. 42; M. Caratozzolo, Il bilancio desercizio. Seconda edizione aggiornata ai principi contabili nazionali e internazionali, Giuffr, Milano, 2006, pag. 823; M. Lacchini, Modelli teorico-contabili e principi di redazione del bilancio, Giappichelli, Torino 1994, pag. 115. 12 Si veda il saggio di Stefano Garzella in questo stesso numero. 13 Caramel, Il bilancio delle imprese, cit., pagg. 42-43. Si tratta di modificazioni profonde dellassetto strategico, istituzionale, organizzativo e produttivo dellazienda o di un ramo di essa. Le ristrutturazioni interessano non un singolo fattore produttivo, ma un intero gruppo coordinato di fattori produttivi. Se e in quanto si determini un rilevante cambiamento nellimpiego, e quindi nel valore economico, di tali fattori produttivi, esistono le condizioni per lesercizio della deroga. F. Giunta M. Pisani, Il bilancio, II edizione, Apogeo, Milano, 2008, pag. 111. LOIC 29, paragrafi A, B, C, regola i casi di cambiamento di principi contabili, di cambiamento di stime contabili, di correzione di errori contabili con ampia casistica a cui si rimanda il lettore. 14 F. Ranalli, Il bilancio desercizio, Aracne, Roma, 1996, pag. 52; Ferrero, La valutazione del capitale di bilancio, cit., pagg. 51-96. 15 P. Onida, Il bilancio di esercizio nelle imprese. Significato economico del bilancio. Problemi di valutazione, Giuffr, Milano, 1974, pag. 362. 16 P. Pisoni F. Bava D. Busso A. Devalle, Bilancio 2009: le valutazioni critiche in presenza di perdite, in Il Fisco, n. 15/2010, pag. 2258. 17 Ferrero, La valutazione del capitale di bilancio, cit., pagg. 86-87. 18 Esaminando alcune delle interpretazioni del concetto di ammortamento, lOIC 16, par. D.XI, discutendo della concezione a), secondo cui lammortamento andrebbe calcolato in funzione a prescelte politiche di bilancio, osserva: La teoria di cui al punto a) incompatibile con le finalit del bilancio di esercizio di esporre in maniera veritiera e corretta il risultato economico dellesercizio. Non corretto determinare il reddito al lordo degli ammortamenti e successivamente, in dipendenza degli scopi che si propongono i compilatori del bilancio, stabilire gli ammortamenti. 19 Colombo Olivieri, Bilancio desercizio e consolidato, cit., pag. 236. 20 F. Superti Furga, Il bilancio desercizio italiano secondo la normativa europea, III ed., Giuffr, Milano, 1997, pag. 147. 21 Giunta Pisani, Il bilancio, cit., pag. 439. 22 Nonostante luso del verbo potere nel n. 5 dellart. 2426, sembra doversi confermare la soluzione dellobbligo di iscrizione: Colombo Olivieri, Bilancio desercizio e consolidato, cit., pag. 258. I principi contabili nazionali stabiliscono che: per i beni immateriali soggetti a tutela giuridica e per lavviamento, liscrizione nellattivo dello stato patrimoniale costituisce un obbligo; per gli oneri pluriennali, caratterizzati da un alto grado di aleatoriet e di indeterminatezza, in base al principio di prudenza, liscrizione nellattivo dello stato patrimoniale costituisce una facolt e non un obbligo. Giunta Pisani, Il bilancio, cit., pag. 488. 23 Caratozzolo, Il bilancio desercizio, cit., pag. 572. 24 Giunta Pisani, Il bilancio, cit., pagg. 504-505; P. Pisoni F. Bava D. Busso A. Devalle, Il bilancio desercizio 2010. Principi, struttura e valutazioni, Euroconference, Verona, 2009, pag. 215; Santesso Sostero, I principi contabili per il bilancio di esercizio, cit., pag. 190. 25 Di Cagno, Informazione contabile e bilancio desercizio, cit., pag. 140. 26 S. Madonna, Il processo di capitalizzazione dei costi nelleconomia dellazienda, Giuffr, Milano, 2004, pagg. 22-31. 27 Giunta Pisani, Il bilancio, cit., pag. 360. 28 Superti Furga, Il bilancio desercizio, cit., pagg. 263-264. Cos anche: S. Terzani, Introduzione al bilancio di esercizio, V ed., Cedam, Padova, 1995, pag. 82. Il resoconto dovr riguardare anche le principali politiche finanziarie, commerciali e di marketing svolte nel corso dellesercizio e le principali politiche svolte in ordine allutilizzo del personale dipendente. Caratozzolo, Il bilancio desercizio, cit., pag. 1063. 29 CNDCEC, La relazione sulla gestione. Art. 2428 codice civile. La relazione sulla gestione dei bilanci desercizio alla luce delle novit introdotte dal Dlgs 32/2007, in www.cndcec.it. Si leggano al riguardo: G. Capodaglio, Documento del CNDCEC riguardante la relazione sulla gestione, in Guida alla contabilit e bilancio, n. 6/2009, pagg. 49-51; M. De Sarno, La relazione sulla gestione. Ruolo informativo e contenuto della stessa, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n. 9-10/2007, pagg. 458-466; M. Pozzoli, Novit per la redazione della relazione sulla gestione, in Guida alla contabilit e bilancio, n. 12/2007, pagg. 45-51; P. Pisoni D. Busso A. Devalle F. Bava, Bilancio 2008: relazione sulla gestione e giudizio del revisore: prima applicazione delle novit del D.Lgs. 32/2007, in Contabilit finanza e controllo, n. 3/2009, pagg. 202-211. 30 M.Minoja, La valutazione delleconomicit di lungo periodo dellimpresa: il contributo informativo della nota integrativa al bilancio e della relazione degli amministratori sulla gestione, in Rivista dei dottori commercialisti, n. 6/1996, pagg. 1051-1091. 31 S. Hwang G.T. Cameron, The estimation of a corporate crisis communication, in Public Relations Review, vol. 35/2009, pagg. 136-138. 32 AA.VV Commentario breve alle leggi tributarie. Tomo III. Testo unico delle imposte sui redditi e leggi complementari, Cedam, 2010, pagg. 602-603. ., 33 OIC, Documenti interpretativi di legge. Le novit introdotte dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2), par. 3.2.7.1. 34 E. Vigan, La sospensione del fair value. Minata lautonomia della ragioneria o strumento macroeconomico?, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n. 5-6/2009, pagg. 267-277. 35 Pisoni Bava Busso Devalle, Il bilancio desercizio 2010, cit., pag. 522. 36 A. Hopwood, The economic crisis and accounting: Implications for the research community, in Accounting, Organizations, and Society, vol. 34/2009, pag. 798.

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