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Le vie del racconto

Temi antropologici, nuclei mitici e rielaborazione letteraria nella narrazione medievale germanica e romanza

a cura di

Alvaro Barbieri, Paola Mura, Giovanni Panno

unipress

Dallo sposo di Venere al fidanzato della Vergine: evoluzione e sviluppo di una leggenda medievale
di CARLO DON 1. Il nesso fra temi antropologici, nuclei mitici e rielaborazione letteraria, appare in piena luce, per tutto il Medioevo, soprattutto nellambito mediolatino. La tradizione mediolatina, infatti, filtra e trasmette leredit classica; d, per prima, voce alla cultura folklorica (si pensi a opere come il De nugis curialium o gli Otia imperialia); e, soprattutto, esprime il meglio della cultura cristiana: essa dunque il luogo geometrico in cui le tre grandi tradizioni mitiche dellet di mezzo si incontrano e si fertilizzano reciprocamente. Non solo: travalicando i secoli e le barriere politiche e linguistiche, la letteratura mediolatina costituisce una sorta di tessuto connettivo, che da un lato permette la rapida circolazione dei materiali culturali, dallaltro rende estremamente unitaria e compatta la cultura europea, fra il tramonto del mondo antico e il sorgere della civilt moderna. Altrimenti detto: poich anche chi scriveva in volgare faceva comunque riferimento, prima di tutto e soprattutto, alla tradizione mediolatina, la nostra abitudine di parcellizzare linguisticamente il campo letterario medievale, per quanto comprensibile dal punto di vista della prassi , teoricamente e storicamente, del tutto malfondata. Solo un approccio globale, che non tenga conto delle differenze linguistiche, pu dar ragione dellestrema complessit della trasmissione culturale. Cercher di dimostrare questo assunto esaminando la collezione di testi nata intorno alla leggenda del fidanzato della statua: una leggenda che, per quanto ne sappiamo, fu narrata per la prima volta, appunto in latino, da Guglielmo di Malmesbury, intorno al 1120, e venne quindi incessantemente rielaborata, per parecchi secoli e da

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innumerevoli autori.1 Costoro, con straordinaria fantasia, ricamarono sul vecchio canovaccio mitico che Gugliemo aveva rispolverato in sostanza, linverso della storia, anchessa amatissima, di Pigmalione , creando, intorno ad esso, una costellazione letteraria di prima grandezza, in cui la variatio narrativa giunge a vertici di sorprendente stravaganza. Oggi noi conosciamo questo canovaccio soprattutto attraverso le sue numerose rielaborazioni del primo Ottocento: Das Marmorbild di Joseph von Eichendorff (1819), Venus in Rom di Wilibald Alexis (1828), la Venus dIlle di Mrime e gli Elementargeister di Heine, che sono del 1837, e lormai dimenticata Frau Venus di Franz von Gaudy, pubblicata nelle Venetianische Novellen del 1838.2 Il fascino della storia, tuttavia, ispir anche molti altri scrittori, come William Morris, che nel suo The Ring given to Venus, uscito nel 1870 in The Earthly Paradise, ne tent una versione preraffaellita pedante e piuttosto noiosa; Henry James, che in The Last of the Valerii (1874) mise insieme involontariamente, temo una divertente collezione dei pi stupidi luoghi
I lavori fondamentali sul tema sono tutti piuttosto vecchiotti: mi sembrano indispensabili, in particolare, P. F. Baum, The Young Man betrothed to a Statue, PMLA XXXIV (1919), pp. 523-79, XXXV (1920), pp. 60-62; A. Graf, Roma nella memoria del Medio Evo, Torino 1888, t. II, pp. 338-402 (ed. 1923 in vol. unico pp. 665-675); G. Huet, La lgende de la Statue de Vnus, Revue de lhistoire des religions, LXVIII (1913), pp. 193-217; Alfons Hilka, Zum rmischen Legende vom Marmorbilde der Venus, in Zeitschrift fr franzsische Sprache und Literatur, 46 (1923), pp. 303-314; A. Mussafia, Studien zu den mittelalterlichen Marienlegenden, in Wiener Sitzungsberichte, I (CXIII, 1886, Heft 2, pp. 917 ss.); II (CXV, 1887, Heft 1, pp. 5 ss.); III, (CXIX, 1896, Abh. 9), IV, (CXXIII, 1890, Abh. 8), V (CXXXIX, 1896, Abh. 8); P. Toldo, DallAlphabetum narrationum, in Archiv fr das Studium der neueren Sprachen, LX, vol. CXVII, (1906), pp. 68-85, 287-303; LXI, vol., CXVIII, (1907), pp. 69-81, 329-351; LXI, vol. cxix (1908), pp. 86-100, 351-371; A. Wyrembeck, J. Morawski, Les lgendes du Fianc de la Vierge dans la littrature Mdivale. Essai de synthse suivi de plusieurs textes indits en vers et en prose, Posen 1934 Poznam, Nakladem Poznamskiego Towarystwa Pzyjaciol Nauk, 1934. La scarsa bibliografia pi recente non apporta, mi pare, alcunch di nuovo; da vedere, tuttavia, almeno lampia antologia Racconti di immagini. Trentotto capitoli sui poteri della rappresentazione nel Medioevo Occidentale, a cura di E. Burgio, Alessandria, Edizioni dellOrso, 2001, pp. 166-191. 2 Per i testi tedeschi in particolare cfr. M. Cottone, Metamorfosi di Venere nel Kunstmrchen romantico tra classicismo e folklore, La ricerca folklorica 33, 1996, pp. 87-93.
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comuni americani sullItalia e la sua tradizione culturale; o Gabriele DAnnunzio che, nel prologo della Pisanelle, riscrisse da par suo questa vecchia storia, con risultati pieni di torbido fascino, ma dai toni quasi caricaturali. Non mancarono neppure rielaborazioni in chiave comica, come The Tinted Venus: a Farcical Romance di Thomas Anstey Guthrie, uscito nel 1885, che nel 1943 venne trasformato da Ogden Nash e da S. J. Perelman in una memorabile commedia musicale, One touch of Venus, musicata da Kurt Weil e diretta da Elia Kazan. Il musical ebbe un grande (e giustificato) successo, e fin per approdare agli schermi, in un film del 1948 che in Italia comparve come Il bacio di Venere diretto da William Seiter e interpretato da Ava Gardner: oggi appare un poco stucchevole, ma merita ancora di essere visto, se non altro per la bellezza davvero scultorea della protagonista, e perch i dialoghi contengono perle come Lamore non lagonia lamentosa di un violino lontano, il cigolio trionfante delle molle di un letto. Ora, tutte queste versioni moderne, per quanto dissimili per tono, stile e carattere, e per quanto diversificate per la prospettiva diegetica e i particolari della storia, da un punto di vista strettamente narrativo appaiono per chiaramente come variazioni su un unico tema, che resta perfettamente riconoscibile anche nelle sue trasformazioni pi eccentriche: il tema, appunto, del giovane avventatamente legatosi, spesso grazie a un anello, a una statua di Venere, che diviene magicamente viva e in qualche modo finisce per interporsi fra il giovane stesso e la sua sposa, con esiti spesso gravi o addirittura fatali. Ci significa che tutte queste versioni moderne derivano direttamente dal canovaccio di Guglielmo di Malmesbury, che racconta appunto questa storia per mettere in guardia i suoi lettori contro i pericoli della lussuria e gli oscuri poteri degli antichi di. Questa monogesi narrativa, peraltro, non una novit. Da Guglielmo in poi, la leggenda dello sposo di Venere, infatti, non cess praticamente mai di affascinare e turbare. Prima delle rielaborazioni ottocentesche, la ritroviamo, sempre identica, in compilazioni barocche come laffascinante Mons Veneris di Heinrich Kornmann (Frankfurt a. M., 1614) e il suo De annulo triplici (Leyden, 1672); la

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divertentte Historia Ludicra di Baldassarre Bonifacio (Venezia, 1652); lAnatomy of Melancholy di Robert Burton (Oxford, 1621); le Grsseste Denkwrdigkeiten der Welt oder so genandte Relationes Curiosae (Hamburg, 1687) di Eberhard Werner Happel, e via dicendo. E prima ancora, la storia spacciata per vera circolava nei diffussissimi trattati sulla stregoneria, come le Disquisitionum Magicarum libri sex di Martin Antoine Del Rio (Mainz, 1604) o il Compendium Maleficarum di Francesco Maria Guaccio (Milano, 1626). Dire quindi, come si suole, che la leggenda stata riscoperta nellOttocento una vera sciocchezza: dalla sua nascita in poi essa stata costantentemente e continuamente soggetta a una rielaborazione letteraria tanto assidua quanto fondamentalmente rispettosa. Ci accadde, sintende, sin dal Medioevo. Ma, curiosamente, mentre dal Seicento in poi, la nostra leggenda circola solo nella versione mitologica che ha come protagonista una Venere fascinosa quanto pericolosa si ricordi lepilogo della Venus dIlle di Mrime , nel Medioevo e nel Rinascimento essa nota anche, e soprattutto, attraverso altre forme, spesso molto diverse da quella che conosciamo: forme che meritano di essere esaminate, se non altro perch mostrano con grande chiarezza il tema antropologico su cui simpernia la vicenda, permettono di valutare con precisione il senso e la natura del nucleo mitico che la sottende, e, last but not least, sembrano essere perfettamente ignote ai moderni studiosi del mito pigmalionico.3 2. La versione ufficiale della nostra storia, dunque, quella, per quanto ne sappiamo, pi antica, e la sola che sopravviva nella posterit letteraria, dovuta a Guglielmo (n. ca 1085, ca. 1143), il grande storico benedettino dellabbazia di Malmesbury che lha inserita allinterno delle sue Gesta regum anglorum, composte intorno al 1120.4
3 Penso il particolare al bel volume di Victor I. Stoichita, Leffetto Pigmalione. Breve storia dei simulacri da Ovidio a Hitchcock, Milano, Il Saggiatore, 2006. 4 William of Malmesbury, Gesta Regum Anglorum (Deeds of the English Kings), vol. I, edited and translated by R. A. B. Mynors, R. M. Thompson and M. Winterbottom, Oxford University Press, 1998, II.205, pp. 380-385, e vol. II, General Introduction and

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Vale la pena di notare, preliminarmente, che la storia viene considerata reale, e che essa ambientata nel 1036: per Guglielmo e i suoi immediati lettori, si muove quindi nello spazio del passato recente. Da dove egli labbia effettivamente desunta, non sappiamo: ma labbazia di Malmesbury possedeva nel XII secolo una della pi fornite biblioteche europee, ed possibile che lo storico labbia tratta da un qualche testo non giunto sino a noi. Daltro canto, ci sono anche indizi che depongono a favore di una circolazione orale del racconto: per esempio il fatto che Guglielmo taccia i nomi dei protagonisti, mentre alcuni manoscritti li riportino come se li conoscessero da altra fonte. A Roma un giovane di buona famiglia celebra le nozze. Dopo il pranzo, troppo abbondante, ci si muove un po: i ragazzi giocano a palla e il novello sposo, temendo di rompere lanulum sponsalicium non trova di meglio da fare che infilarlo al dito di una statua di bronzo che si trova nei pressi del campo di gioco: ma ecco che, a fine partita, tornato alla statua, trova la bronzea mano richiusa, e scopre con terrore che non in alcun modo possibile estrarre lanello. Calata la notte, il giovane torna, ancora una volta, dalla statua, che rappresenta una Venere nuda: ma questa volta, il dito di nuovo disteso, e lanello scomparso; non gli resta dunque che tornare a casa, turbato, dalla giovane moglie.
Cumque hora cubandi uenisset seque iuxta uxorem collocasset, sensit quidam nebulosum et densum inter se et illam uolutari, quod posset sentiri nec posset uideri. Hoc obstaculo ab amplexu prohibitus, uocem etiam audiuit: Mecum concumbe, quia hodie me desponsasti; ego sum Venus, cuius digito apposuisti anulum; habeo illum nec reddam.5
Commentary, R. M. Thomson e M. Winterbottom, Oxford, Clarendon Press, 1999, p. 297; utile vedere anche ledizione precedente, William of Malmesbury, De Gestis Regum Anglorum, Rolls editions, ed. W. M. Stubbs, London, 1887, I, pp. 256-8, e la trad. italiana Guglielmo di Malmesbury, Gesta regum, a cura di Italo Pin, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1992, II, 205, pp. 261-63. 5 William of Malmeslbury, Gesta regum Anglorum, cit., vol. I, p. 382.

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Il tremendo prodigio si ripete purtroppo ogni volta che il giovane tenta di possedere la moglie; per un po la cosa resta segreta, ma alla fine la donna protesta coi suoceri, i quali decidono di risolverla assoldando, a gran prezzo, un certo Palumbo, suburbanus presbiternigromanticis artibus instructus, che si dichiara in grado di por fine alla demoniaca apparizione. Per raggiungere lo scopo, costui fornisce al ragazzo una lettera, imponendogli di consegnarla, senza mai parlare, a un uomo che incontrer a un certo quadrivio, recandovisi nel bel mezzo della notte. Il giovane obbedisce, e giunto al punto stabilito, vede un corteo di gente piuttosto strana, tra cui spicca una donna acconciata come una puttana (ornatu meretricio), che cavalca seminuda una mula muovendosi oscenamente. Alla fine del corteo, ecco comparire un dominus dal terribile sguardo, assiso su un cocchio splendente di gemme; a lui che il giovane deve consegnare la lettera, e il demone questo il termine che lo qualifica alzate le braccia al cielo, deplora a Dio la nequizia di Palumbo, ma, non osando comunque sottrarsi ai suoi voleri, procura lanello.
Nec mora, satellites a latere suo misit, qui anulum extorquerent a Venere. Illa multum tergiuersata, uix tandem reddidit. Ita iuuenis uoti compos, sine obstaculo potitus est diu suspiratis amoribus. Sed Palumbus ubi demonis clamorem ad Deum de se audiuit, finem dierum sibi praesignari intellexit. Quocirca omnibus membris ultro truncatis, miserabili defunctus est poenitentia, confessus papae coram populo Romano inaudita flagitia.6

Non mi dilungher sugli evidenti meriti letterari di questa storia: conturbante, strana, fascinosa e piena di elementi molto interessanti basti pensare al tema del corteo notturno degli dei ormai divenuti demoni, che costituisce una delle prime attestazioni medievali del wtendes Heers, sebbene non sia listata come tale, salvo errori da parte mia, nel grande repertorio di Meisen. Varr perlomeno la pena di aggiungere, per, che essa particolarmente ben narrata: per esempio
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Ivi, pp. 382-84.

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per il tono di mistero che circonda la statua e la sua apparizione, e per la crepuscolare ambiguit che domina tutto il racconto. Sia stato per gli intrinseci meriti del racconto di Guglielmo, o per la sensualit ambigua che esso emana, o per limmortale fascino degli antichi dei, sta di fatto che questa leggenda ebbe, come dicevo, un grande successo sin dal XII secolo. La ritroviamo infatti, pi o meno trasformata, in molte opere che seguono due linee genealogiche parallele ma distinte. Da un lato, abbiamo una nutrita serie di testi storici, soprattutto inglesi, che dipendono direttamente da Guglielmo: i Flores Historiarum, le Abbreviationes Chronicarum di Radulfo da Diceto, il Poly-chronicon di Higden, il De Eventibus Angliae di Enrico di Knygnton, il Chronicon di John Brompton. Da un altro lato, abbiamo invece una posterit, quasi altrettanto ampia, dipendente non direttamente da Guglielmo, ma dal fortunatissimo Speculum Historiale di Vincenzo di Beauvais, che verso la met del 200 aveva ripreso quasi letteralmente il racconto del benedettino inglese. Questa linea ovviamente di prevalente matrice ecclesiastica: grazie a Vincenzo, ritroviamo il nostro racconto in raccolte esemplari come lAlphabetum narrationum, nella Chronica di S. Antonino da Firenze, nei sopraccitati testi contro le streghe e via dicendo. Sulla scorta delle Gesta, in tutte queste opere la storia viene ambientata subito dopo il 1000, ma a date spesso diverse dal 1036: intorno al 1050 (Vincenzo di Beauvais), nel 1058 (Matteo Paris), nel 1066 (John Brompton e Enrico di Knyghton); in ogni caso, per, la leggenda viene situata a Roma, e Venere ne la protagonista negativa e temibile. Ora, tutta questa numerosa progenie, derivando per via esclusivamente scritta da testo, a testo ha una caratteristica essenziale: le versioni possono essere pi o meno dettagliate e felici, ma mantengono sempre un chiaro rapporto genealogico la loro fonte. Ne fa fede, per esempio, la versione del Myreur des histors di Jean dOutremeuse (1338-1400), che pur essendo fortemente scorciata e narrativamente stravolta, in quanto segue il punto di vista di Palumbus, purtuttavia riconoscibile come un diretto derivato del testo di Guglielmo.

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Dallo sposo di Venere al fidanzato della Vergine En cel an astoit Romme Paulumbe, li prestre, de pluseurs malifis plains, qui destraindit le dyable chu quil rendit lanel I jovene compagnon qui lavoit buteit ens en doit del ymage de Venus, li planete, et li dyable lavoit pris hors de doit: si quant li dyable se senti distrains par conjuracion, si dist: O Deus, quamdiu patieris nequitias Palumbi presbyteri? et chu oi Palumbe, si oit paour et penitat; et li membre li falirent touz, et morut.7

Di contro, si colloca invece una versione della storia del tutto difforme dal dettato del malmesburense, versione che, essendo estremamente antica risale addirittura al decennio 1140-1150 , sembra effettivamente costituire una rielaborazione diversa e indipendente di uno stesso canovaccio. Si tratta della leggenda riportata ai vv. 13083-13392 della Deutsche Kaiserchronick, che non il caso di riassumere qui ma che, rispetto al racconto di Gugliemo, presenta una nutrita serie di motivi favolistici un viaggio aereo in una palude oltremondana, unerba magica che produce lamore, una prova difficile sul tipo di quelle che vengono poste agli eroi del Mrchen eccetera.8 Sulla scorta di questi vari elementi il taglio del racconto; il suo carattere di leggenda locale, forse, come voleva Arturo Graf, legata a una statua precisa, magari alla Venere Capitolina, che ha una mano con le dita distese; la presenza di varianti di tipo folklorico; lesistenza di lezioni discordanti, come il nome dei due protagonisti , credo si possa complessivamente considerare probabile che Guglielmo non abbia creato ex nihilo la sua storia, ma si sia limitato a dar forma a un canovaccio che in qualche modo gli preesisteva, e che ci viene indipendentemente trasmesso, in forme pi ingenue e vicine alla sensibilit favolistica, anche dallautore della Kaiserchonik. Questa, perlomeno, era lopinione corrente nel Medioevo, visto che alcuni manoscritti del De gestis terminano con una postilla (peraltro espunta dagli ultimi editori del testo), secondo la quale la storia era diffusa
Ly myreur des histors, chronique de Jean des Preis dit dOutremeuse, d. Ad. Borgnet, Bruxelles, Hayez pour lAcadmie royale de Belgique, 1864-1880, 6 t., III, p. 259. 8 MGH, Deutsche Chroniken, I, Hannover 1895, pp. 319-24, vv. 13083-392.
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oralmente nelle tradizioni di Roma: Hoc omnis Romana regio usque hodie preaedicat, matresque docent liberos suos ad memoriam posteris transmittendam.9 3. Questa ipotesi viene confermata dal fatto che, di contro a queste versioni che chiamer mitologiche, abbiamo unimponente costellazione di versioni pie, del tutto ignorate dalla modernit, che lasciano il ruolo principale alla Vergine, e costituiscono, da tutti i punti di vista, un puntuale, e sin troppo programmatico, rovesciamento del racconto di Guglielmo. Questo rovesciamento si preannuncia, per cos dire, nel XVIII racconto della prima Vie des Anciens Pres, una raccolta versificata di contes dvots, messa insieme da un compilatore anonimo verso il 1230, che ebbe immenso successo, come mostra la cinquantina di manoscritti che ce lha conservata. Si tratta di Del fort vallet qui espousa lymaige de pierre, una storia davvero interessantissima che ricalca lo schema della leggenda di Guglielmo, ma, rispetto alle Gesta, presenta due elementi del tutto nuovi: innanzitutto pone la Vergine come mediatrice fra il protagonista e la dea pagana, eliminando la figura di Palumbo e, in secondo luogo, inserisce il racconto allinterno della controversia fra iconoclastia e iconolatria, facendo, si noti, di Maria uno straordinario doppio cristiano di Venere.10 Ai tempi della storia, dice il narratore, a Roma cerano ancora molti pagani, che adoravano gli idoli, ymaiges de maibre entailliees, / formees et apareilliees / en semblant dome et de fames. (vv. 831214); il papa pertanto, toz les ymaiges fist desfere (v. 8323), e impedisce qualsiasi forma di iconolatria. Qualche statua antica, per, rimane, riunita in un posto que len apele Colos (v. 8327), dove i romani vanno a giocare a palla. Qui avviene il fatale errore: un giovane di buona famiglia, vista una statua di Venere, lanel en un des doiz li mist / et par senvoisere dist: / Feme, de cest anel tespous. (vv.
9 La postilla presente per es. nella silloge del De Gestis Regum Anglorum edita in MGH, SS, X (Pertz), pp. 471-472. 10 La vie des pres, publie par Flix Lecoy, vol. I, Paris, SATF, 1987, n. XVIII, Image de pierre, pp. 267-288, vv. 8250-8302 (prologo), 8303-8911 (testo).

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8370-72); in seguito, non solo non riesce pi a recuperarlo, perch la statua chiude il pugno, ma ogni volta che si avvicina alla giovane moglie, vede comparire la statua, che acerbamente gli rimprovera la sua infedelt. Sin qui, come si vede, il dettato di Guglielmo stato seguito fedelmente, con qualche accentuazione di tono (per esempio la formula matrimoniale, o il tema della distruzione delle antiche immagini), ma con sostanziale rispetto. A questo punto, per, inizia la variatio: non compare infatti Palumbo, ma un pio eremita, che comprende la natura diabolica del prodigio, e consiglia al giovane di darsi alla particolare venerazione della Vergine. Il metodo funziona. Dopo un anno di devozioni, la Madonna appare al ragazzo, e pretende che le venga dedicata una statua bien entailiee et eslevee, / si bien pointe et si bien ovree / que nus ni saiche ke reprendre (vv. 8618-20). Si tratta della prima immagine mariana, che viene solennemente collocata sor le mestre autel [] / de Nostre Dame la Reonde (vv. 872728), cio sullaltar maggiore del Pantheon, ed da allora straordinariamente venerata. Questa immagine, che il giovane idolatra con un amore quasi feticistico, un giorno, allimprovviso, scompare, ricomparendo poco dopo con il fatidico anello al dito, come Venere: ma, proprio come la statua pagana, ha la mano chiusa. E solo dopo che il giovane si inginocchiato, piangendo, ai suoi piedi, la Vergine apre il pugno, consentendogli di riprendersi lanello, e liberandolo cos dal suo demoniaco servaggio: ensi si recovra sa fame / et ces joyes, conques puis hore / li maufez ne li corrut sore, / qui bien .VII. ans traveilli lot (vv. 8811-14). Rispetto a Guglielmo, il gioco dei simulacri che sostanzia questo racconto sulle immagini si fatto decisamente pi complicato. Maria la statua di Maria si presenta difatti come il doppio celeste e benefico dellimmagine della Venere pagana, che invece inferica e malvagia, quasi che lopposizione platonica fra Afrodite Urania e Pandemia sia stata trascritta nel quadro della nuova religione. Le due statue sono dunque simmetriche e opposte; e simmetrici e opposti appaiono i sentimenti che esse generano nel protagonista. La statua pagana, che brutalmente compare nel letto del giovane ogni volta che questo cerca di avvicinarsi alla moglie, pretende un amore tutto fisico

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e carnale ma fondato sulla forza della legge A autre amor ne doiz entendre / qua la moie, si ten faz saige, / par la force de mariage (8429-31) , che ovviamente conduce a perdizione. La statua della Vergine, che si venera da lontano, non solo apporta salvezza, ma suscita un amore puro e casto che basato sulla fede e che porta alla salvezza. Questo amore, tuttavia, ha pi di un punto di contatto con la finamor, come dimostra il planh in cui erompe il giovane quando essa, improvvisamente, scompare.
Las! Ke porrai je fere, quant jai perdues mes amors mes joies et toz mes secors, tot mon confort, tote matente! Lais! or me croist duels et entente, entente ki me serrera le cuer et ki materrera! Ha, mere Deu douce, ha! Dame ki mavez enha, dame bone avant et aprs rone, aleine de cyprs, blanchor de lis, color de rose la cui biautez por nule chose ne se chainge ne ne se mue, ci conme li soleas desnue totes les clartez et sormonte, autresi, ma dame, sanz conte sormonte tot vostre biautez11

E, proprio come avviene nella finamor, abbiamo a che fare con un amore che sostituisce il simulacro alla realt: perch, beninteso, il racconto, propriamente, non parla n di donne, n di dee, ma di statue soltanto. Ora, Venere la dea pi strettamente legata allamore feticistico delle statue: lo dimostra il suo ruolo nel mito di Pigmalione, o il fatto che pi volte effigi marmoree della dea siano state oggetto,

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Vv. 8752 ss.

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secondo gli scrittori antichi, di una passione amorosa tutta carnale.12 Ma anche le immagini della Madonna hanno sino ai giorni nostri una notevole dose di corporeit: sono spesso statue miracolose, venerate in quanto oggetti in s sacri, piangono, sudano, sanguinano, si muovono e cos via. Non solo: nei miracoli medievali le vediamo impegnate nelle attivit pi diverse,13 e in pi di un caso si tratta di attivit legate diciamo cos alla sfera femminile, come nel caso dellimmagine che si denuda il seno da cui fluisce del latte per mostrare a un saraceno incredulo che una vergine pu partorire.14 Questa analogia non casuale: Maria e Venere sono infatti cos intimamente legate da apparire come due polarit contrapposte. Venere non semplicemente un demone pericoloso secondo la formulazione del Salmo 95 (96) che far testo per tutto il Medioevo: omnes Dii gentium daemonia , ma , pi specificamente, il doppio demoniaco di Maria, e in quanto tale le corrisponde esattamente, come lAnticristo corrisponde a Cristo, o Satana a Dio. Lo si vede perfettamente in un mirabile tondo dovuto al Maestro della presa di Taranto (prima met del sec. XV), e conservato al Louvre (cfr. immagine 1). Organizzato secondo lo schema classico della Madonna in Gloria, il dipinto raffigura Venere, che, in una mandorla dalle ovvie correlazioni sessuali, ferisce, coi raggi che escono dalla vulva, i grandi amanti
Una storia del genere viene per esempio ricordata, sulle orme dello storico Posidippo, da Luciano, Amores, 14, 17; Plinio, N. H. XXXVI, 4; Valerio Massimo, VIII, Quam magni effectum artium sint, Ext., 4; Eliano, Var. Hist., IX, 39, e ha come protagonista la Venere di Cnido: un giovane, innamoratosi della statua, sfoga nottetempo su di essa la sua passione, macchiando il bianchissimo marmo usato da Prassitele. Cfr. per es. Val. Max.: Cuius [di Vulcano] coniugem Praxiteles in marmore quasi spirantem in templo Cnidiorum collocavit, propter pulchritudinem operis a libidinoso cuiusdam conplexu parum tutam... 13 Per esempio, in un miracolo di Alfonso el Sabio (Nullome per ren non deve / a dultar) una statua veneratissima della Vergine viene distesa su un letto la notte di Natale, perch possa partorire; mentre in una bella storia riportata da Cesario di Heisterbach (lb. VII, n. 33, vol. II, pp. 43-44, De sanctomoniali, quam per alapham sanavit, cum in amore cuiusdam clerici esset accensa ), unaltra statua della Madonna prende a schiaffi una suora che vorrebbe fuggire dal convento con un uomo. 14 Cfr. Mussafia, Studien, cit., I, p. 986, n. 53.
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della storia, Achille, Tristano, Lancillotto, Sansone, Paride e Troilo, i quali, esattamente come i devoti nei quadri mariani, si inginocchiano adoranti dinanzi a lei. La qualit propriamente demoniaca di questa dea sottolineata dalla nudit, dalle ali nere e soprattutto dagli angeli che le fanno corona, di un inquietante color rosso, e muniti di zampe da uccello predace; ma, lo ripeto, limmagine nel suo insieme si presenta come una scena devozionale, e segue rigorosamente i canoni delle raffigurazioni mariane. Ma se Venere e la Vergine sono contrapposte, ci significa che esse sono anche simmetriche, e quindi, in un certo modo, equivalenti: e parecchi indizi mostrano che sussistono forse fra esse anche dei concreti legami sul piano della storia culturale e cultuale. Lo indicano, che so, il fatto che entrambe le figure siano associate al pi luminoso dei pianeti (Ave maris stella / dei mater alma), il legame con il cinque e le sue arcane simbologie, la comune connessione simbolica con le colombe o con le rose, o, pi concretamente, il fatto che, proprio come accadde al Pantheon menzionato dal nostro miracle, pi di un famoso tempio originariamente dedicato a Venere fu riconvertito alla devozione mariana; daltronde, Afrodite accompagnata dal piccolo Eros non poteva non ricordare immediatamente, per certi aspetti, la Madonna col bambino. Trasposto sul piano dei nostri testi, tutto ci sembra essenzialmente suggerire che, bench lamore carnale di cui signora Venere si contrapponga allamore spirituale che fa capo a Maria, la meccanica delle due pulsioni resta fondamentalmente la stessa: comunque esse sono legate a una femminilit astratta, una femminilit che non possiedono le donne in carne ed ossa, ma si incontra nelleffige, nellimago, nel simulacro. 4. Il rovesciamento di prospettiva che rende Venere e Maria opposte e simmetriche appare perfettamente chiaro in un miracolo giuntoci attraverso una pletora di versioni, tanto latine che volgari, che cominciano a circolare gi nella prima met del XII secolo. Per brevit, lo citer nella sbrigativa redazione della Scala Coeli di Jean Gobi.

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Dallo sposo di Venere al fidanzato della Vergine Legitur in mariali magno quod quidam juvenis a quadam juvencula, que eum corrupte amabat, annulum recepit in signum amoris. Cum autem quadam die luderet ad pilam ante portam ecclesie, juvenis timens ne frangeretur, ingressus ecclesia. Cum aspexisset pulcritudinem ymaginis beate Virginis, quadam devotione motus ipsam elegit in sponsam et in signum hujus annulum impressit in digitum beate Virginis. Tunc ymago manu constricta cum annulo signum consensus monstravit. Qui territus sociis denunciavit et illi movebant eum ad religionis ingressum. Sed atractus a concupiscentiis mundi post modicum tempus contraxit cum alia, et cum de nocte ingressus fuisset lectum, ymago sibi apparuit annulum demonstrans arguendo infidelitatem ejus. Qui excitatus de somno circa se plapitabat, querens ymaginem et non inveniens eam, iterum somno detentus, cum diversis verbis et comminationibus reprehensus. Subito evigilatus surrexit de lecto, et dimissis omnibus vanitatibus mundi et complacentiis in heremo sue amatrici servivit.15

La storia divenuta ormai perfettamente speculare rispetto a quella di Guglielmo; e in quanto speculare insieme identica e opposta. Altrimenti detto: i nuclei mitici possono trasmettersi nel tempo quasi immutati anche cambiando completamente significato, e vengono aggiornati e reinterpretati dalle varie culture che li rielaborano, mantenendo per unimpressionante stabilit formale: ci che resta intatta la Gestalt del mito, non il suo significato. , sub specie letteraria, quella stessa vicenda di miracolose permanenze e di sorprendenti variazioni che, a proposito degli antichi dei, stata magistralmente descritta per lambito figurativo da Jean Seznec, e, prima di lui, da Fritz Saxl. Rispetto alla leggenda del De Gestis quasi nulla cambiato, e, insieme, cambiato tutto, perch Maria si sostituita a Venere e, di conseguenza, si invertita la prospettiva del racconto. Quella che l
Jean Gobi, La Scala Coeli, dite par M. A. Polo de Beaulieu, Paris, dition du Centre National de la Recherche Scientifique, 1991, n. 646, p. 439, cfr. M. Poncelet, Miraculorum B. M. V. quae saec. V-X latine conscripta sunt, index, Analecta Bollandiana XXI, 1902, pp. 241-360, n. 998.
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appariva come una mortifera possessione diabolica, diventa qui un segno di eccezionale favore divino; la moglie umana che nel primo racconto era una povera vittima del demone, ormai solo un puro ostacolo da superare; e non neppure il caso di parlare di una liberazione dal gravoso legame imprudentemente contratto, perch il lieto fine non consiste pi nel recuperare lanello, ma nel fuggire dal mondo degli uomini in compagnia della propria amante celesteSi noti come sia proprio la fondamentale simmetria esistente fra Venere e Maria che rende perfettamente possibile la sostituzione, e come questa sostituzione, pur non avendo praticamente alcun riflesso sulla struttura del racconto, che resta identica, stravolga completamente la sua scansione e il suo esito. Sinteticamente, potremmo dire che la storia cambia di segno; per questo manca tutta la seconda parte, relativa alla liberazione del protagonista. Questo mutamento di segno permette di esplicitare con inusuale franchezza quello che potremmo chiamare il tema del feticismo pigmalionico: la versione dellAlphabetum Narrationum, per esempio, significativamente titolata Puer desponsavit ymaginem Beate Virginis.16 Come Pigmalione, che, prese in uggia le donne, preferisce ad esse uneburnea immagine di Venere, il chierico protagonista del miracle si innamora della statua (si noti: della statua nella sua concreta materialit, non della Vergine nella sua astratta e spirituale essenza), e le promette fedelt e devozione, giungendo al punto di proclamare la superiorit del simulacro femminile sulla femmina in carne ed ossa. Cos, in particolare, avviene nella bella versione di Gautier de Coinci:
Dame, fait il, tout mon aage dor en avant te servirai, car onques mais ne remirai dame, meschine ne pucele qui tant me fust plaisans et bele. Tu iez plus bele et plus plaisans que cele nest cent mile tans, qui cest anel mavoit don.

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Cfr. Toldo, DallAlphabetum narrationum, cit., 1907-8, p. 78.

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Dallo sposo di Venere al fidanzato della Vergine Je li avoie abandon tot mon corage et tot mon cuer; mais por tamor veil jeter puer li et samor et ses joialz. Cest anel ci, qui mout est biaus, te veil doner par fine amor, par tel convent que ja nul jor narai mais amie ne fame se toi non, bele douce dame.17

Resta da aggiungere che questa storia ebbe unimmensa fortuna fra XIII e XV secolo. La narrarono, per non fare che qualche esempio, oltre a innumerevoli raccolte di miracula latini, Gonzalo de Berceo e Alfonso el Sabio, Jacopo da Varazze e Jean Mielot, ma ne abbiamo anche una versione in provenzale nella raccolta di miracoli del ms. Additional 17920, in medio inglese, nelle traduzioni dellAlphabetum narrationum; in medioaltotedesco nel Gesammtabenteur di Von der Hagen, e via dicendo: la sua diffusione fu tale che ne possediamo persino una versione abissina del XVI secolo. Tutte queste redazioni, pur essendo sostanzialmente costruite sullo schema del racconto di Jean Gobi, presentano variazioni interessanti e in alcuni casi sapide: cos in una redazione medioolandese, la notte delle nozze la Madonna non si contenta di apparire al suo amante fedifrago, ma, irritata per la sua infedelt gli misura due sonore sberle;18 mentre in Vincenzo di Beauvais e nella versione oitanica del fr. 1805, Du clerc qui donna lanel a une femme
Gautier de Coinci, Miracles, d. par F. V. Koenig, Genve, Droz, 1955-1970, 4 voll., I mir. 21, vv. 42-58; Gautier, he seguito da vicino una fonte latina: lExemplum de clericulo qui anulum suum in digito ymagini beate virginis posuit, promittens ei quod omnium mulierum amore abiecto ipsam solam amaret, preservato nel Ms. Lat. 18134, fol 153 della BN. Il testo stato pubblicata da A. Mussafia, ber die von Gautier de Coincy bentzen Quellen, Wien, 1894, Denkschrift der K. Akademie der Wissenschaften, Phil. Hist. Klasse XLIX, pp. 35-37; cfr. anche Mussafia, Studien, cit., in Wiener Sitzungsberichte, cxiii, n. 49. Sempre secondo Mussafia, lo stesso testo si trova anche nel Lat. 2333A, fol. 66 18 C. G. N. De Vooys, Middelnederlandische Legenden en Exempelen, Groningen, Boumas Boekhuis - Amsterdam, Bert Hagen, 1974 (ed. or. Groningen, 1926), pp. 84 ss..
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laquelle espousa, la Vergine si stende addirittura nel letto fra i due sposi.19 I testi che esplicitano con tanta scandalosa franchezza questo elemento apertamente erotico, sintende, sono pochi: gi di per s abbastanza scandaloso il fatto che Maria una statua di Maria sia oggetto damore e si ponga in aperta concorrenza con la donna di carne. Non stupisce, dunque, che la maggioranza delle versioni cerchi piuttosto di attenuare i toni, sia facendo s che il protagonista sperimenti lapparizione mariana nel sonno, come evento puramente onirico, sia, come in questa miniatura del miracolo di Alfonso el Sabio,20 accompagnando la Vergine con un angelo che funge, in sostanza, da chaperon (cfr. immagine 2) Resta il fatto, tuttavia, che vengono comunque attribuiti a Maria il ruolo, i sentimenti e le parole di unamante abbandonata, come accade in uno dei Miracles de Notre dame par personnages:
Dy moy, dy moy, tu qui de cuer par samblant amer me soloies et qui maintenant me tenoies en disant nonne pour si belle, conment est ce, se je suis telle que pour autre femme me laisses? Malement, ce semble, mabaisses et ma valeur et ma baut. Ce nest pas bonne loyaut, quant cy me laisses. Est tu yvres, qui tout ton cuer et tamour livres
Vincenzo di Beauvais, Speculum historiale, VII, 87; io ho visto il testo nella vecchia edizione Bibliotheca mundi, seu speculi maioris vincentii Burgundi, t. IV, Speculum Historiale, Duaci, ex officina typographica Baltazaris Belleri, 1624, p. 253: Sed prima nocte nuptiarum, Beata Virgo Maria, quasi inter ipsum et uxorem ejus media recumbens, apparuit, annulum digito praetendens, et infidelitatis eum arguens. Cfr. Poncelet, Index miraculorum B. M. V., cit., n. 1490 20 Ho tratto la miniatura da J. E. Keller, A. Grant Cash, Daily Life depicted in the Cantigas de Santa Maria, Lexinton, The University Press of Kentucky, 1998, tav. 50; cfr. anche J. E. KELLER, The Threefold Impact of the Cantigas de Santa Maria: Visual, Verbal, and Musical, in Aa. Vv., Studies on the Cantigas de Santa Maria: Art, Music and Poetry, Madison, 1987, pp. 7-33. La miniatura, tratta dal famoso Cdice Rico (Escorial T.1.1), relativa alla Cantiga n. 42.
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Dallo sposo di Venere al fidanzato della Vergine a une terrienne femme, et tu me laisses, qui sui dame du ciel? Dy me voir, ou est celle qui plus est de moy bonne et belle? Je te dy bein que tant tamoye que ja en paradis tavoye orden un leu ou feusses ouquel gloire sanz fin eusses. Mais de la te sera defaiz et en enfer te sera faiz ce saces, et appareilliz, sautrement nest tost conseilliez21

In altri termini, anche se non particolarmente sottolineata, in questo miracolo lerotizzazione del sentimento religioso appare comunque esplicita, e costituisce probabilmente la cifra estetica pi personale delle storie di questo genere. Oggi chi credente, suppongo, abituato a pensare Maria come madre, non come amante possessiva e appassionata; evidentemente, per il Medioevo le cose non stavano cos. 5. Proprio questo erotismo devoto il tono dominante di una nutrita serie di variazioni sul tema che fioriscono sullo schema di questo racconto. Semplificando un poco la questione, possiamo classificarle in tre tipi principali. La pi nota ed antica quella che, utilizzando la denominazione classica di Mussafia, possiamo chiamare del Chierico di Pisa o del figlio del re dUngheria, dalla situazione sociale del protagonista. La storia qui fortemente semplificata: un chierico, molto devoto alla Vergine, essendo rimasto unico erede dei beni di famiglia, viene convinto a sposarsi. Nel giorno delle nozze, per, non vuole rinunciare alla recita delle ore, ed entra da solo in una cappella. Distesosi per pregare, secondo luso antico, di fronte a una statua della Madonna, si addormenta, e vede in sogno la Madre di Dio che lo rimprovera
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Miracles de Nostre Dame par personnages, p. p. G. Paris et U. Robert, vol. III, Paris, SATF, 1878, n. XIX, Miracle de un chanoine qui se maria, p. 135 ss., vv. 839 ss.

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aspramente per la sua infedelt, e lo accusa di preferirle una donna di carne, o, meglio, per usare le parole della versione contenuta nel Fr. 818 della Bibliothque nationale, di preferirle autre moillier: Fous et feuz, por quoi mas gerpi! / Por quoi mas por autrui laisie! / Ja ero jo ta bona amie? / Tu mas laisie, di por quoi! / As tu trov meillor de moi? / Ne pren sur moi autre moillier, / Jo te prie ne me laiser.22 Il povero chierico, si sveglia terrorizzato, e, fattosi coraggio, fa finta di nulla la cosiddetta Deuxime version anglo-normande ci narra persino che, per confondere le acque, raggiunti gli amici, pur cuverture si lur chanta / chancenette de amur & de folie / pur amur de sa jeofne amie / ke il deveit de novel espuser.23 Perfezionate le nozze, per, il nostro si apparta con la giovane moglie, e, piantatala in asso, fugge nottetempo, non si sa dove, per servire devotamente la Vergine per il resto dei suoi giorni. Diffusa anchessa in una miriade di varianti, e complessivamente giuntaci attraverso pi di una cinquantina di testimoni, questa storia ha perso per strada quasi tutti gli elementi propriamente meravigliosi: la statua ormai solo una presenza pallida e fugace, sostituita da unapparizione onirica, decisamente pi normale, per lo meno nellambito della letteratura miracolistica; lanello non c pi, e manca anche la visita notturna alla camera degli sposi, che costituiva la climax drammatica delle due versioni precedenti. Per rimasto quello che costituisce, evidente, lelemento essenziale del racconto: il geloso amore di una donna soprannaturale per un mortale. La seconda variazione, decisamente pi romanzesca, potremmo forse indicarla con letichetta Amore e negromanzia, giacch essa inizia con una evocazione demoniaca, e si riavvicina quindi in un certo senso al racconto di partenza. In pratica, si tratta della storia del Chierico di Pisa preceduta da un prologo, nel quale si narra un antefatto a forti tinte. Il protagonista, giovane chierico di umili origini, si
22 Paris, BN Fr. 818, Del clerc qui par lamonestement Nostre Dame lessa le siecle, edito in La deuxime collection anglo-normande des Miracles de la Sainte Vierge et son original Latin, avec les miracles correspondants des mss. Fr. 375 et 818 de la Bibliothque nationale, par H. Kjellman, Paris, Champion-Uppsala, Akademiska Bokhandeln, 1922, appendice, p. 290. 23 Ibidem, n. XXX, = Lb. II , n. 16, pp. 126-130, vv. 143-45.

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innamora di una ragazza di buona famiglia, e, non potendo averla, chiama in suo aiuto il demonio, che dietro formale omaggio, insinua nel cuore della giovane un subitaneo e furibondo amore per lui. I genitori della ragazza sono quindi obbligati, obtorto collo, a organizzare le nozze. Il resto della storia segue lo schema del Chierico di Pisa: le nozze, la solitaria preghiera alla Vergine; lapparizione dellamante celeste piena di sdegno, il pentimento del protagonista che, per esempio nella versione di Adgar, si dichiara marito della Madonna: Se vus les ostez, gre vos saverai / e la femme deguerpirai, / ne ia, Dame, vus ne larrai; / kar espuse prise vus ai. / Ja ne larrai vostre amistie, / ne vostre amur, dunt ai piti. / Jamais, Dame, pur ful amur / ne vus larrai ne nuit ne ior.24 Lepilogo, prevede per unaperta confessione delle malefatte del protagonista, e una definitiva fuga mundi nel sicuro riparo di un chiostro. La terza variazione, che chiamerei delle preghiere assidue, pi originale, decisamente pi rara, e merita di essere esaminata pi da vicino. Anche qui abbiamo lamore infelice per una donna che non si pu avere, ma questa volta, per ottenerla, il protagonista, su consiglio di un maestro spirituale, ricorre a un diverso stratagemma: prega incessantemente la Madonna, dicendo per tre anni, rispettivamente, 50, 100 e 150 volte al giorno lAve Maria. Al termine di questo periodo gli appare la Vergine, splendente di bellezza, che, letteralmente, gli si offre in sposa al posto della donna mortale. Sentiamo, per esempio, Cesario di Heisterbach:
Qui cum exiret de ecclesia, vidit matronam pulcherrimam, omnem decorem humanum transcendentem, equum suum per frenum tenentem. Mirandi quaenam esset, illa respondit: Placetne tibi species mea? Dicente milite, nunquam pulchriorem te vidi: illa subiunxit: Sufficeret tibi si me posses
Adgars Marien-Legenden nach den Londoner Handschrift Egerton 612, hrsg. von Carl Neuhaus, Heilbronn, Henninger, (Altfranzsische Bibliothek, Bd 9), 1886, n. 27, pp. 157-166, vv. 211-218= Poncelet, Index miraculorum B. M. V., cit., n. 94, Antistes iuvenem nutrivit amore paterno. Sul miracolo v. A. DAgostino, Il patto col diavolo nelle letterature medievali. Elementi per unanalisi narrativa, Studi Medievali, 3 serie, XLV (2004), pp. 699-752.
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Carlo Don habere uxorem, necne? Cui cum responderet: Cuilibet regi bene sufficeret species tua, et beatus iudicaretur tuo consortio, subiecit illa: Ego ero uxor tua. Accede ad me et da mihi osculum. Et coegit eum. Dixitque: Modo initiatae sunt numptiae, et in tale die coram filio meo perficientur. Ex hoc verbo cognovit eam esse matrem Domini, cuius castitas humanae congaudet integritati.25

Anche in questo caso non mi dilungher nel discutere le varianti, limitandomi a sottolineare due punti importanti, che propongo alla meditazione del lettore. In primo luogo, vorrei osservare che si tratta in tutti e tre i casi, di versioni non solo diffusissime, ma estremamente antiche. In particolare, sia il Chierico di Pisa che Amore e Negromanzia sono gi presenti nel Liber Miraculorum Dei genitricis, una raccolta di miracoli della met del XII secolo, attribuita, credo con buon fondamento, proprio a Guglielmo di Malmesbury.26 C dunque almeno la concreta possibilit che Guglielmo abbia scritto di suo pugno ben tre dei testi della nostra piccola collezione. Sarebbe interessante capire, a questo punto, in che rapporto genetico essi si pongono luno con laltro. Lo storico benedettino ha incontrato una vecchia leggenda romana su Venere e ha poi pensato di cristianizzarla, dandone due diverse versioni pie? Ha ricavato tutti e tre i canovacci da fonti preesistenti? Va considerato come il vero inventore di questa famiglia di storie? O, piuttosto, ispirato dai due miracoli e dal mito di Pigmalione, che egli certo conosceva, gli va attribuito solo il testo mitologico, che egli ha inserito nel De Gestis come una specie di patchwork erudito? Alcuni indizi mi sembrano deporre a favore di questultima ipotesi che, si noti, non in conflitto con la prima, ma piuttosto la completa e la
25 Caesarius Heisterbacensis, Dialogus miraculorum, accurate recognovit J. Strange, 2 voll., Kln-Bonn-Bruxelles, H. Lempertz, 1851, dist. VII, cap. 32, vol. II, pp. 40-41 = Herolt, Promptuarium exemplorum, Miracula B. M. V., n. 27; cfr. Mussafia, Studien, cit., II, p. 60 n. 32, che considera il testo affine a quello di BN 18134, n. 40, Miles quidam aetate adolescens e Poncelet, Index miraculorum B. M. V., cit., n. 1059, Miles quidam aetate adolescens cum quodam milite divite. 26 Cfr. R. W. Southern, The English Origins of the Miracles of the Virgin, Mediaeval and Renaissance Studies, 1958, pp. 176-216.

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precisa: per esempio il fatto che la descrizione del corteo notturno dei demoni e la truce scena finale, con lo smembramento di Palumbo, tradiscano chiaramente suggestioni letterarie, rifacendosi da un lato al topos, diffusissimo, della schiera notturna, attestato per esempio in Orderico Vitale, dallaltro a quello della fine del negromante, noto soprattutto attraverso la leggenda di Silvestro II. Purtroppo questo genere di speculazioni, molto amate dai filologi fin de sicle, sono senza fine e senza reale costrutto: non il caso dunque, in assenza di documentazione sicura, di protrarle oltre. Varr per almeno la pena di osservare che si tratta di una situazione curiosa, e che la soluzione di questo piccolo enigma storico-letterario non in alcun modo scontata. Per i vecchi maestri che hanno studiato il nostro canovaccio Arturo Graf, Gaston Paris, Alfons Hilka, Paull Franklin Baum era ovvio che allorigine si situasse il testo con la dea pagana, che solo nel corso del tempo il canovaccio fosse stato cristianizzato sostituendole la Vergine; oggi credo che non si possa essere affatto sicuri che le cose siano andate proprio cos. In secondo luogo, e soprattutto, vorrei sottolineare che in alcune di queste storie vediamo emergere un tema nuovo e importante: quello della morte, che non pi soltanto la morte al mondo del monaco, ma il transitus definitivo e irrevocabile. Le nozze celesti sono, per definizioni, nozze che non si celebrano in terra. Cos, per esempio, termina il racconto di Cesario:
Hae cum heremitae recitasset per ordinem, ille Genitricis Dei pietatem simul et humilitatem admiratus, respondit: Ego interesse volo diei nuptiarum tuarum. Interim de rebus tuis disponas. Quod cum fecisset, et heremita venisset ad diem praefixum, dixit iuveni: Sentis aliquid doloris? Respondente illo: non; cum secundo post horam id ipsum ab eo sciscitaretur, respondit: Modo sentio. Qui post paululum agonizans, spiritum exhalavit, et coelestem thalamum promissas nuptias celebraturus intravit.27

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Cesario di Heisterbach, l. cit. p. 41.

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6. Ora, questo tema della morte amorosa emerge qua e l nel nostro corpus, ma viene di solito presentato di scorcio e senza enfasi, come se ci fosse un certo qual pudico ritegno nel dire chiaramente le cose come stanno. In uno sparuto gruppetto di racconti, complessivamente molto poco noti, questo tema diviene invece centrale, e suggella con lo splendore un po oscuro dellapoteosi la storia del fidanzato della Vergine. Conosco solo due storie di questo tipo, risalenti entrambe pi o meno alla met del Duecento. La prima, relativamente meno notevole, contenuta in un curioso trattato, il Bonum Universale de Apibus di Thomas de Cantimpr, domenicano franco-belga, allievo di Alberto Magno, ed stata in seguito ripresa quasi letteralmente nel Promptuarium Exemplorum di Johannes Herolt (o, piuttosto, di Martino Polono). Si tratta semplicemente di una versione un po romanzata della storia delle preghiere assidue, in cui la Vergine promette al suo devoto la morte: quasi che, secondo il detto del vecchio Sileno, questo fosse per i mortali il miglior destino.
Ecce, inquit, salutaciones tue, litteris aureis scripte, quibus me in tribus quinquagenis sedulus honorasti. Et quoniam in tuo corpore, licet vanus et vagus, virginitatem conservasti, et mox te febris lente corripiet et ad me die tercia sine ulla carnis corruptione pervenies.28

Molto pi notevole, invece, la seconda storia, che ho tenuto studiosamente in serbo per finire in bellezza, e che in effetti mi pare estremamente notevole, anche perch si tratta di una storia virtualmente sconosciuta. infatti, per quanto ne so, ancora inedita, appartenendo alla seconda parte della Vie des Pres, una continuazione del primo nucleo di racconti messa insieme dopo il 1241, e ancor oggi in attesa di un volonteroso editore: io sono andato a leggermela nel ms. fr. 1546 della Bibliothque Nationale, un bel codice del XIII
28 In assenza di edizioni moderne, cito il testo dallincunabolo disponibile on line: Thomas Cantipratensis, Bonum universale de proprietatibus apum, Coloniae, 1473, consultabile a http://inkunabeln.ub.uni-koeln.de/, lb. II, cap. XXVIII, f. 71 v-72 r, inc. Juvenem fuisse prope nostra tempora in Germaniae partibus certa relatione didicimus.

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secolo, scritto in una grafia gotica chiara e ordinata. Va detto, tuttavia, che il miracle deve aver goduto di qualche successo, visto che fu rielaborato in medio francese da Jean Le Conte, nei suoi Miracles de Nostre Dame, Rouen, Jacques le Forestier, ca. 1510; lo ritroviamo, quasi inalterato, qualche anno dopo anche nei Miracles de la beneoite et glorieuse Vierge Marie, Lyon, 1524, fol. 34 r-v e in entrambe le raccolte porta il titolo: De celluy qui fiensa la Vierge Marie. La versione oitanica porta un titolo solo lievemente diverso; ma si tratta di una differenza notevole, perch ci riporta a quel mondo delle statue da cui siamo partiti: De lenfant qui fianca lymage nostre dame, e presenta quasi una summa dei motivi che abbiamo incontrato sino ad ora. Un gran signore ha un figlio che ogni giorno dice le ore della Vergine. Un giorno la statua comincia a parlare, e, letteralmente, seduce il giovane devoto, in una scena che, per quanto ne so, non ha eguali nella letteratua anticofrancese.
Biauz douz amis, soies seurs tu mas amee bonement or saiches bien certeinement de ce ne doiz douter de rien. Li valetons prist a trembler quant il lymage oit parler. Naies paour, ce dist lymage, mes fai grant ioie en ton corage, mon douz fiuz ma le don donn cui ie lai quis et demand, que ie parlasse en ma semblance si ne doiz pas avoir doutance, je taing plus que tu ne fez moi.29

Quindi, miracolosamente, limmagine si trasforma: diviene cos bella e splendente che impossibile descriverla.
Li enfes fu de ioie espris
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Paris, BN, Ms. fr 1546, ff. 104r-105.

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Carlo Don et dist lymage: Biaus amis vels tu avoir si bele amie qui te dura toute ta vie et a la mort te sauvera? A dame quel don ci a autre paradis ne dement. Or vien, ce dist lymage, auant fiance moi de ta main nue que par toi nert fame tenue ne amee ne espousee: virginit sera fardee dedenz ton cuer et de ton cors virginitez est li tresors que ie tant aing et ie si faz de toi avrons ioie et soulaz que tous virges el ciel vendras et la bele coronne auras que doit avoir virginitez // Me veuz tu par amor amer? Dame, ne me puis saouler dist li enfes de vostre amor. Ne vueils iames ne nuit ne iour de ci partir. Ie vous creant que ie iames en mon viviant nule autre amie ne fer ne ia fame nespousere ainz me leroie detrancher. Biauz amis or me vien beisier ma mein, en foi ie te depri. Dame, la vostre grant merci. Li enfes est courus auant et lymages la main li tent. Li enfes .II. foiz la baisa et de ioie forment plora. lymage mist son braz ariere. Biaus amis, or fai bele chiere je ne puis plus parler a toi. Ades te souviengne de moi je men vois a dieu te comment. 97

Dallo sposo di Venere al fidanzato della Vergine

Da allora il ragazzo si reca spessissimo presso la statua adorata: e si noti che il testo parla sempre e solo di immagine ( ymage), e che essa richiede esplicitamente di essere amata par amors, espressione tecnica, usuale nellerotica cortese, che indica lamore pieno, incondizionato e fino. Lossessione del giovane, che ha ormai una quindicina danni, suscita la preoccupazione del padre, il quale pensa di guarirlo procurandogli moglie. Senza consultarlo, lo fidanza quindi con una ragazza nobile e bella, e convoca parenti ed amici per celebrare il matrimonio. Il giorno stabilito, per, il ragazzo dapprima non si trova, poi, nonostante le minacce paterne, non vuole sposarsi. Il padre vorrebbe allora celebrare le nozze a forza, ma ladolescente riesce a sfuggire ai cortigiani che dovrebbero trattenerlo, e corre veloce gi dalla scalinata: ma ecco, inciampa, e cade gi rovinosamente, rompendosi il collo. In un attimo, lagitazione si trasforma in dolore, disperazione e lutto. Il padre e la madre vorrebbero uccidersi, sentendosi responsabili; tutti piangono; tutti gridano, e lagitazione al colmo, quando dal cielo scende un drappello splendente, accompagnato da canti melodiosi. la Vergine, che conclude la vicenda:
Une dame si i vint devant, si trees bele et si avenant plus blanche estoit que flor de liz: la mere au roi de paradis. La grant biaut quen lui avoit nus delz soufrir ne la pooit; chacuns a la terre chai. Encore furent plus esbahi quant la douce dame honoree si est tout droit au cors alee, si la seignie et si la sist; et li enfes un soupir fist: niert pas de li lame partie. Biau frere, veez ci vostre amie ce li a dit la douce dame. Venue sui querre vostre ame,

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Carlo Don rendez la moi, si men ir. Lors a li enfes soupir, tantost sen est lame partie. La douce dame la sesie, la mere Dieu, entre ses braz. A grant ioie et a grant solaz, en paradiz len a portee. Illuec fu lame coronnee corone ot de virginit, bon set garder sa chaast.

Commentare questo capolavoro bello e perverso davvero superfluo: baster dire che la bellezza celeste necessariamente una bellezza mortale, una bellezza che ferisce a morte, come insegna a chiare lettere un miracolo del Promptuarium Exemplorum, Quidam vidit pulchritudinem virginis Marie et statim evolavit ad celum.
Quidam iuvenis erat, qui assidue cogitabat et mirabatur pulchritudinem matri Iesu Christi singulis diebus ac noctibus [] Dum autem quodam mane devotissime perorasset astitit beata Virgo Maria [] et dixit: Desideras videre meam pulchirtudinem? Respondit: O regina celorum, quamvis indignus sum, tamen toto corde desidero. Tunc beata Virgo dixit: Conspice decorem meum quo decoravit me. Et cum eam vidisset, dixit: Si a tua puchritudine separari debuero numquam de cetero consolabor. Dixit beata Virgo Maria: Ex quo affectas meam puchritudinem iam animam tuam de corpore separabo et mecum et cum filio me perhenniter permanebis. Et his dictis anima iuvenis soluta est a corpore, et cum beata Virgine Maria et ab angelis in celum gloriosissime deportata est.30

Sapevano bene, questi chierici pii, ci che insegna Rilke nellapertura delle Elegie: sono versi cos belli che, per quanto
30 Traggo il testo da Sermones discipuli de tempore cum promptuario exemplorum, s. l., s.n. 1497, consultabile on line al sito http://galli-ca.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k53280r, fol. 417 v. - 418 r.

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notissimi, varr comunque la pena di citarli nella traduzione di Leone Traverso.


Chi mai, sio grido, mudr dalle schiere celesti? E dimprovviso un angelo contro il suo cuore mafferri io svanirei in quel soffio pi forte. Ch il bello solo linizio del tremento, che noi sopportiamo ancora ammirati perch, sicuro, disdegna di sgretolarci. Sono gli angeli tutti tremendi

S, Ein jeder Engel ist schrecklich. Ma, fatto ancor pi sorprendente, questi esseri celesti sono anche bramosi dellamore dei mortali, esattamente come i mortali sono assetati del loro immortale splendore. E con questo, credo, siamo arrivati al nocciolo della questione, al vero tema mitico intorno a cui ruotano, timorosi e pudchi, i nostri racconti. Ed un tema, antichissimo e diffusissimo, come dimostra gi il remoto dialogo fra Gilgamesh e Ishtar, un tema che il Medioevo ci ha trasmesso anche per altre vie, per esempio attraverso il racconto di Peter von Staufenberg, o le tante storie di rapimenti ferici si pensi per tutte a Guigamor o a Graelent in cui un mortale segue una fata affascinante allaltro mondo. E solo inserendo i nostri racconti nella categoria mitica che loro compete possiamo da un lato comprenderli compiutamente, dallaltro cogliere insieme la loro originalit ma anche la loro universalit. Lombra della morte amorosa, che aleggia su tutte le versioni della nostra storia e riappare, prepotentemente, nella modernit da Mrime a DAnnunzio , non un elemento avventizio, legato al caso e al gusto del narratore, ma una componente essenziale dello schema mitico di queste leggende. Perch esse narrano una vicenda fatta di insanabili contraddizioni, che solo lamore e la morte, delleroe o della statua, possono sciogliere; una vicenda che affonda le sue radici in credenze remote e obliate la distanza fra gli uomini e gli dei, il fascino conturbante delle statue, la loro inquietante vicinanza con la vita, le ierogamie che univano gli antichi re alle statue della dea , che ritroviamo anche molto lontano dallEuropa medievale: lo

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dimostrer, credo, un elegantissimo raccontino cinese, del XVI secolo, con cui chiuder il cerchio del mio discorso.
A Hue-ci esiste il tempio dedicato alla Vergine delle Prugne []. Nellanno della scimmia un certo signor Cin, di Sciangy, recandosi agli esami, pass per Hue-ci ed entrato nel tempio and su e gi, pensando intensamente alla Vergine. Giunta la notte, vide in sogno venire un servo che gli trasmise lordine della Vergine di presentarsi a lei. Cin segu il servo ed entr nel tempio. La Vergine delle Prugne lo aspettava in piedi sulla veranda, e sorridendo disse: Mi sento onorata dellamore che avete per me, e anchio vi sono davvero grata per il vostro attaccamento. Se non avete in dispregio le mie fattezze e la mia scarsa intelligenza, sarei lieta di occuparmi di voi come concubina. Cin accett rispettosamente. La Vergine allora lo accompagn e gli disse: Andate via per ora, e quando tutto sar pronto vinviter a tornare. Cin, risvegliandosi, fu scontento di quel sogno. La stessa notte gli abitanti del luogo videro in sogno la Vergine che disse: Il signor Cin, di Sciang-y, sar mio marito. necessario che modelliate la sua statua. [] Quando la statua fu pronta, Cin disse alla moglie e al figliolo: La Vergine delle Prugne mi ha invitato. Si mise cappello e abiti da cerimonia e mor.31

Per dirla col Faust, lEwigweibliche, proprio in quanto zieht uns hinan, appare fondamentalmente estraneo alla dimensione umana e terrena: muor giovane chi al cielo caro.

31 Pu Sung Ling, I racconti fantastici di Liao, a cura di L. N. Di Giura, 3 voll., Milano, Mondadori, 1997, n. 318, Cin, il marito della Vergine, vol. III, pp. 1605-1606.

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