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Intervento di Marco Pagani al consiglio comunale del 18 luglio 2012 in merito all'adesione della citt di Novara al patto dei

sindaci
Forse non a tutti ancora esattamente chiara la vera importanza di questa delibera che oggi intendiamo approvare, ma credo che non sia affatto esagerato affermare che, aderendo al patto europeo dei Sindaci, Novara entra a buon diritto nel ventunesimo secolo. Tra le tante cose scorrette che ancora ci portiamo dietro dal novecento, c' infatti un rapporto completamente sbagliato con l'ambiente naturale e con l'uso dell'energia, l'idea che possiamo disporre all'infinito delle risorse e della capacit di recupero della natura trasformando voracemente le miniere di risorse in discariche di rifiuti. La nostra effimera (almeno su scala geologica) civilit industriale si muove infatti tra Scilla e Cariddi: da un lato consuma risorse non rinnovabili al ritmo di oltre 340 tonnellate di petrolio equivalenti al secondo, dall'altra ogni secondo inquina l'atmosfera con 1500 tonnellate equivalenti di CO2. Per capire veramente cosa ci chiede il patto dei Sindaci dobbiamo fermarci brevemente a riflettere su questi due fatti.

Primo: le risorse declinanti


La civilt industriale si basa sull'uso delle fonti fossili, che sono per loro natura non rinnovabili; potremmo dire che abbiamo i decenni contati, ma cos non coglieremo l'essenza del problema. Spesso infatti si sente dire che il petrolio durer per alti 40 o 50 anni e questa frase ci permette di alzare le spalle e non pensarci pi. Si tratta tuttavia di un'affermazione totalmente sbagliata. Le riserve di petrolio non sono infatti come la nostra dispensa di olio o di vino, dove l'ultima bottiglia uguale in tutto e per tutto alla prima: al contrario abbiamo iniziato a sfruttare il petrolio dei giacimenti pi grandi, facilmente estraibile e di buona qualit. Questo petrolio facile in netto declino e dobbiamo rivolgersi a quello difficile: giacimenti piccoli, di difficile estrazione e bassa qualit. Con queste premesse, non c' da stupirsi se la produzione mondiale non riesce a tenere il ritmo della domanda: dal 1995 al 2000 cresciuta del 10%, mentre dal 2005 al 2011 solo dello 0,7%, nonostante la crescita iperbolica dell'economia cinese. Questo oggi il nostro problema: non il fatto che finiremo il petrolio tra 40 anni, ma il fatto che la produzione non riesce pi ad aumentare (e forse tender a diminuire nell'arco del prossimo decennio) e a soddisfare le esigenze di un mondo sempre pi energivoro. Questo un problema di oggi e non della met del secolo: ridurre la dipendenza dalle fonti fossili significa ridurre i costi, le insicurezze e le guerre.

Secondo: i rifiuti e il global warming


Tutti i combustibili fossili che bruciamo producono CO 2 che va a finire nell'atmosfera, che la pi grande discarica del pianeta: come ho detto, 1500 t al secondo, ovvero 47 miliardi di t all'anno. Come dice l'amico Luca Mercalli, non ce ne accorgiamo perch la CO 2 incolore e gassosa: se invece fosse marrone e solida... la nostra percezione sarebbe un po' diversa. Dai campioni prelevati dal ghiaccio antartico sappiamo che negli ultimi ottocentomila anni la CO 2 atmosferica ha oscillato tra le 180 ppm (parti per milione) durante le glaciazioni e le 290 ppm dei periodi interglaciali. Oggi siamo a 394 ppm, pari a due bicchierini di plastica in un metro cubo d'aria.

Oggi per la prima volta nella storia umana c' qualcosa di nuovo sotto il sole; con il nostro stile di vita esagerato stiamo modificando il clima e quindi preparando un pianeta poco accogliente per i nostri figli e nipoti. L'energia intrappolata nel sistema atmosferico non sta solo riscaldando rapidamente il clima, ma soprattutto cambiando i ritmi tradizionali delle piogge ed aumentando gli eventi estremi: cicloni, inondazioni, siccit, incendi.

Cosa fare?
Possiamo scegliere di fare finta di niente, facendo pagare un prezzo molto alto alle generazioni future, oppure possiamo ritrovare un po' di dignit e applicare il principio di responsabilit: agisci in modo che in futuro possa esserci ancora vita umana sul pianeta. Occorre cambiare, cercando di raggiungere e possibilmente superare questi tre obiettivi entro il 2020: 1. ridurre i consumi di energia almeno del 20% 2. aumentare la quota di energia rinnovabile del 20% 3. ridurre le emissioni di CO2 del 20% Chi deve assumersi la responsabilit del cambiamento? Le grandi aziende sono ahim parte del problema e non della soluzione; ENI, invece di mettere in atto un programma sostenibile per l'uso delle biomasse, si ostina a cercare il petrolio, e vorrebbe farlo anche vicino alla nostra citt; ENEL invece di fare un piano organico per l'espansione di eolico e fotovoltaico continua a baloccarsi con le centrali a carbone; FIAT invece di promuovere una piccola auto elettrica da citt, continua con i vecchi modelli energivori e senza futuro; i governi, compreso quello italiano, sono pi attenti ai problemi della finanza, che la schiuma delle cose, invece di badare a fare piani energetici nazionali che possano fornire obiettivi strategici. Quindi ancora una volta l'onere del cambiamento ricade sulle spalle dei comuni. Gli ottomila comuni che hanno fatto l'Italia possono fare la differenza e iniziare dal basso una politica pi sostenibile nel campo dell'energia. Aderire al patto dei sindaci significa entrare in un sistema virtuoso (che ormai comprende oltre 2000 comuni italiani) in cui si intendono perseguire gli obiettivi enunciati prima con traguardi misurabili, ottenendo non solo un beneficio per l'ambiente, ma anche riconoscimenti e finanziamenti a livello europeo. E' una strada nuova, in salita e piena di incognite, ma l'unica strada percorribile. La strada maestra che stiamo oggi seguendo in discesa non pu che portarci verso un aggravamento della crisi. Auguro a tutti i presenti di poterci ritrovare tra 25 anni e di rivendicare l'orgoglio di essere stati tra coloro che hanno iniziato la transizione verso un mondo pi vivibile.

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