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Domenica delle Palme

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Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate allorecchio predicatelo sui tetti (Mt 10, 27)
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OMELIE 2011-2012

Domenica delle Palme


LUMANITA IN FUGA RAGGIUNTA DALLAMORE DI DIO
Nel racconto della passione incontriamo Cristo nella totalit della sua persona e del suo messaggio. Incontriamo anche luomo. Tutto luomo e tutti gli uomini. Si staglia dinanzi a noi soprattutto la figura di Cristo con la sua fedelt a Dio e agli uomini. Una fedelt a caro prezzo. Si susseguono poi una molteplicit di personaggi che riproducono fedelmente la condizione umana di ogni tempo e di ogni luogo. E c da provare un grande sgomento per labisso tra la levatura dellumanit di Cristo e la meschinit avvilente di questi personaggi, anzi di noi uomini. Caifa, Pilato, i sommi sacerdoti, il giovanotto che corre nudo, i membri del sinedrio, i soldati, Pietro, gli altri apostoli: tutti uomini in fuga. La passione di Ges scatena questa vertiginosa fuga degli uomini. fuga da che cosa? Fuga da chi? Da Cristo o da se stessi? Non difficile rispondere. Levento della passione rivela la condizione di unumanit sovrastata dallangoscia, dalla paura. Ha paura Caifa: teme un coinvolgimento politico con i Romani.

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Ha paura Pilato: teme di perdere il potere. Hanno paura i sommi sacerdoti: temono di veder smantellate le loro tradizioni e soprattutto di veder svanire i privilegi accumulati nel corso dei secoli. Ha paura anche luomo comune, luomo della strada, Simone di Cirene. Ha paura Pietro: teme per la sua pelle. Tutti hanno paura e si danno alla fuga, scappano, si sottraggono alle loro responsabilit. Noi uomini abbiamo paura dellUomo della croce perch cinge dassedio le roccaforti dei nostri regni, rovescia gli scranni del nostro potere, manda in frantumi le maschere delle nostre ipocrisie e delle nostre convenzioni e fa traballare le nostre false sicurezze. La passione di Ges levento rivelatore dellangoscia che alberga nei nostri cuori. Avvertiamo il disagio della nostra umanit aggrappata alleffimero, a ci che destinato a svanire, a corrompersi, rovinare. Cristo, dallalto della croce, ci invita a non fuggire da lui, anzi da noi stessi. Ci invita ad essere fedeli alla nostra umanit, come lui. La fedelt a cui ci invita il Cristo una fedelt a caro prezzo. Esige la capacit di pagare di persona, di accettare di morire per la propria missione. Come Cristo. Egli muore per la missione. La passione di Ges allora una vicenda di sofferenza ma anche di pathos. la testimonianza appassionata di un uomo che ha sposato in modo totale, radicale, viscerale, fedele, la sua missione, una missione di condivisione senza riserve della volont del Padre e di servizio disinteressato agli uomini. nel compiere questa missione il Cristo non rifiuta, non rifugge il soffrire ma si abbandona nelle mani del Padre e nelle mani degli uomini. Dobbiamo ritornare ad amare la nostra missione. Prima di tutto dobbiamo amare la nostra missione fondamentale e comune: vivere in pienezza e con autenticit la nostra vita di uomini. Questo comporta il deporre ogni scudo di ipocrisia. Significa vivere da persone nude, trasparenti. Dai nostri gesti, da ogni nostra azione, da ogni pensiero, intenzione, progetto, aspirazione deve trasparire la nostra autenticit. Non dobbiamo tradire la nostra umanit. 6 visitatori online

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02/04/2012 10.48

Domenica delle Palme

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Cristo, dallalto della croce, invita ciascuno di noi ad essere se stesso. Non possiamo abdicare alla nostra umanit. Non possiamo permettere che gli altri, le istituzioni, il potere, le cose, soffochino la nostra umanit. Impariamo a spendere la nostra vita per ci che conta, per ritrovarla davvero. Dobbiamo ritornare ad essere uomini appassionati non di cose futili e vacue, ma dei grandi valori che sono lanima della nostra esistenza. Dobbiamo infrangere il muro dellindifferenza dietro cui tutti ci siamo rifugiati e riappropriarci del pathos che ci fa prendere a cuore la causa di Ges e del suo Regno per trasfigurare il mondo. Ed essere disposti a tutto: a perdere lonore, la stima degli altri, la dignit, i beni, persino la vita per la causa del regno. a questo che ci provoca Ges con il suo silenzio lungo tutta la sua tormentata vicenda di passione e morte. un silenzio eloquente. Un silenzio che attesta labissale distanza tra il suo progetto di uomo e il nostro. Ma un silenzio ricco di promessa nuova. il silenzio che ci fa sperimentare il nostro vuoto e ci fa innalzare linvocazione daiuto. Le sue ultime parole sono allora le nostre: Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato?. Cristo si fa interprete della nostra condizione umana e invoca la vicinanza di Dio. Noi uomini solo in compagnia di Dio saremo liberi da ogni angoscia e supereremo per sempre la tentazione della fuga. Cristo sul legno infame della croce ha riconciliato la nostra umanit con Dio. Il sangue che fluisce dal suo costato per noi sorgente di grazia che inebria i nostri cuori e ci fa gridare. Signore, quanto ci sei necessario!. Fine della fuga.

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