Era Settembre, faceva già molto freddo e il sapere che sarei
dovuto rimanere per altri venti giorni al mare mi condizionava l'umore verso il nero. Gli unici svaghi rimasti erano cazzeggiare sotto il porticato liscio, tra i negozi che esponevano oggetti ormai inutili, oppure esibirmi con interminabili partite e cercare di superare il record che il figlio della barista aveva stabilito al flipper. Oppure c'era la baby sitter di una famiglia di Milano che ogni tanto mi faceva vedere una tetta (capirai!), ma non era molto a posto (con la testa, le tette non erano niente male). Fu girando l'angolo verso la spiaggia che fui colto da una folata di vento e sabbia che mi accecò. Tra le imprecazioni e le lacrime temetti di non vedere mai più quel cielo grigio e lattiginoso, pensai alle tette della baby sitter e alla pallina di lucido acciaio del flipper Gottlieb. Pian piano la vista stava ritornando normale, e mi resi conto di un suono che non era generato dal mare né dal vento, un lamentoso ululato continuo, quasi il pianto di una balena arenata. Con gli occhi lacrimanti e gonfi cercai la fonte di quello strazio e intravidi sull’ultimo scoglio frangiflutti, costruito da poco, una figura in piedi, con davanti a sé un enorme lunghissimo corno svizzero. Corsi a chiamare almeno un testimone di quella visione quasi mistica, ma trovai solo la baby sitter impegnata in un nevrotico lingua-in-bocca con il ragazzo del noleggio risciò. Ritornai sui miei passi e mi gustai la parte terminale di quel concerto, il ritorno senza applausi dello svizzero avvenne su di un moscone traballante tra spruzzi di schiuma e onde verdastre, egli approdò lontano da dove ero, troppo lontano perché lo potessi raggiungere. Tornando a casa passai davanti al bar dove il figlio della barista era preso nell’ennesimo tentativo di superare se stesso, più avanti il biciclaro, noleggiatore di risciò era occupato a strizzarsi i foruncoli della fronte con le dita sporche di grasso, la baby sitter era in casa con il pupo o la pupa o si stava spupazzando il papà del pupo: non lo so, so solo che alla tenera età di tredici anni e mezzo capii che al mondo c’è di tutto.