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14.12.2010
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Il fuoco della conoscenza http://www.infoaut.org/articolo/il-fuoco-della-conoscenza/
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di Gigi Roggero|
Allora lo scenario cambia rapidamente: bisogna ridare la parola alle piazze. Dal sito di Repubblica
rispuntano ovunque cortei e mobilitazioni, il messaggio è che il popolo protesta contro la mancata
caduta di Berlusconi. Come tutti i popoli, è anche questo disincarnato, surrettizia unità di individui
privi di voce e soggettività, dunque in attesa di farsi rappresentare. Ecco che, però, il reale squarcia
il reality show. Non c'è più piazza del popolo, perché il popolo si spacca: studenti e precari si
riprendono ciò che è loro, da Londra all'Italia le fiamme illuminano la strada verso una nuova
Europa. Il sito impallidisce terrorizzato: dov'è finito il popolo educato dell'anti-berlusconismo,
dove sono andati gli immaginari bravi ragazzi che piacciono a XL e che si difendono con la
cultura e i libri? Scomparsi, e al loro posto ecco calare da chissà dove i black bloc. Il sapere non è
più la sacra icona del pubblico da difendere, ma è una mostruosa arma con cui fare male al
nemico. É l'intelligenza collettiva di organizzarsi nello spazio metropolitano, di rendersi
imprendibili, di farsi sciame e di attaccare nei punti migliori.
I buoni e i cattivi, storia nota si potrebbe pensare. E invece, qua c'è una grande novità. A prendere
parola, collettivamente e in modo giustamente furioso, è una generazione di studenti, precari e
operai che ha una percezione assolutamente corretta della propria condizione: mobilità sociale
bloccata, indebitamento per il welfare, assenza di reddito e garanzie, declassamento come
orizzonte permanente. L'assenza di futuro è, innanzitutto, insopportabilità del presente. Sono
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Il fuoco della conoscenza http://www.infoaut.org/articolo/il-fuoco-della-conoscenza/
passati due anni dall'Onda, dall'illusione che mettendo in galera i corrotti si risolvesse la propria
condizione di precarietà. La crisi ha scavato a fondo. Le lotte hanno determinato la crisi, la crisi ha
lavorato per le lotte: nelle assemblee di scuole e università i discorsi sulla meritocrazia si
indeboliscono, non si sentono quasi più quelli sulla legalità o la giustizia. La linea discriminante
non corre più tra violenza e non-violenza, ma tra violenza dei governi, della polizia e delle banche,
e forza costituente. Studenti medi e appena entrati all'università, i veri soggetti nuovi del
movimento, sono radicali nei comportamenti e nell'espressione di piazza perché hanno afferrato la
radice della questione: o si trasforma tutto, o la crisi la pagheremo noi. Insomma, a bruciare sulle
barricate dei palazzi assediati è la fiducia non solo in questo o quel governo ma nella speranza, che
- come Monicelli ci ha insegnato - è una trappola dei padroni.
É questo il motivo per cui i cortei studenteschi incontrano questa diffusa solidarietà, perfino
quando bloccano gli snodi centrali della comunicazione e del traffico metropolitano nelle ore di
punta. Non perché sono i giovani bravi ed educati che sogna Repubblica, ma perché a partire dalla
loro parzialità parlano il linguaggio della generalizzazione contro l'interesse generale - quello del
paese e dunque dei Montezemolo e dei Marchionne. Perché parlano il linguaggio della lotta alla
precarietà permanente, della riappropriazione della ricchezza comune, dell'autonomia e della
libertà - quella senza popolo e contro l'imposizione del futuro. Perché parlano un linguaggio di
classe. Chi pensa di poter ricondurre i conflitti e questo processo di soggettivazione nei codici
della compatibilità rappresentativa o alla difesa dell'università pubblica, chi pensa che finita la
battaglia si ritorni allo status quo ante ha sbagliato i propri conti, né più né meno delle odierne
maggioranze e opposizioni. Lo avevamo detto: il Ddl Gelmini è un casus belli, la guerra vera
inizia ora. Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. In serata,
allora, il quadro istituzionale si ricompone unanime intorno alla condanna degli studenti e dei
precari. Vuol dire che hanno paura. Era ora.
Burning Rome
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