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a) la legislazione speciale, che in alcuni settori del diritto commerciale ha profondamente innovato
rispetto alla disciplina del codice civile, provocando mutazioni radicali;
b) la legislazione comunitaria, la quale soprattutto nel settore societario ha modernizzato la
preesistente disciplina.
Una seconda categoria di fonti è quella degli usi, prevista al numero 4 dell’art. 1 delle disposizioni
preliminari al codice civile. Gli usi di cui parliamo e che possiamo continuare a commerciali, sono
normalmente relativi ad aspetti contrattuali non disciplinati da norme scritte.
Una terza categoria di fonti è costituita da quelli che denomineremo riassuntivamente codici. Questi
codici possono essere i più vari e possono, essere collettivi e individuali .
Possono ritenersi tali alcuni tipi di regolamenti come:
i regolamenti di borsa o i regolamenti delle camere arbitrali;
le condizioni generali di affari codificate da associazioni professionali al fine di avere
una disciplina unitaria e certa per le contrattazioni nel settore interessato;
i codici di lealtà e di correttezza professionale elaborati anch’essi da associazioni di operatori
o da enti indipendenti senza fini di lucro.
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L’IMPRESA
L’IMPRENDITORE E L’IMPRESA
CONCETTI GENERALI
L'articolo 2082 c.c. definisce l'imprenditore : "l'imprenditore è colui il quale esercita
professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o
scambio di beni e servizi".
La norma costituzionale più direttamente collegata alla figura dell’imprenditore è l’ART.41 perché
sancisce che "l'iniziativa economica è libera (nel senso di "libera concorrenza" tra le
imprese) e che non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale" nonché il terzo
comma stabilisce che "la legge dispone gli opportuni controlli perché l'attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali".
L’art.2082 c.c. definisce l’imprenditore e non l’impresa , ma come si desume dalla lettera della
norma ,l’imprenditore è individuato in funzione (dell’esercizio) dell’impresa ,ragion per cui la
definizione generale dell’imprenditore è anche definizione generale dell’impresa. Quanto
all’impresa, è la dottrina ad estrapolarne la nozione: partendo dal presupposto che l’im-prenditore è
il titolare dell’impresa, questa può essere definita come l’attività economica organizzata
dall’imprenditore e da lui esercitata professionalmente al fine della produzione o dello
scambio di beni o di servizi.
b)Vita dell’impresa nel mondo esterno:L’impresa infatti ha un proprio nome (la ditta) e altri
segni che identificano la sede (insegna) e il risultato dell’attività è il marchio.
IMPRENDITORE INDIVIDUALE
Capisaldi dell'imprenditore sono:
Artt. 2082 e ss. c.c.;
azienda;
segni distintivi;
scritture contabili.
Per l'art 2082 del cod. civ. è imprenditore "colui che esercita professionalmente un'attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi". Da tale
definizione si evincono i caratteri che qualificano l’attività imprenditoriale:
l’attività economica
l’organizzazione
la professionalità
lo scopo di lucro
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L’attività economica :
Il termine “attività economica” sta ad indicare una serie di atti finalizzati ad uno scopo, nel
senso che ogni atto che l’imprenditore compie serve all’esercizio dell’impresa e, più in
particolare, a realizzare la produzione o lo scambio di uno o più beni, di uno o più servizi
determinati.
L’attività economica è la vera novità del codice civile 1942 rispetto all’abrogato codice di
commercio del 1882, che prendeva in considerazione gli atti di commercio indicati all’art 3 , tanto
che l’impresa costituiva essa stessa un atto di commercio al pari del contratto , mentre oggi
l’impresa definita dal 2082 prescinde da ogni qualificazione dell’attività ,la commercialità è solo un
possibile attributo dell’attività.
Il passaggio dal sistema degli atti di commercio, previsto nel codice di commercio del 1882, al
sistema dell’attività, previsto nel codice del 1942, non è esente da critiche: in primo luogo, occorre
ribadire che l’attività deve potersi far risalire alla volontà del soggetto .Questa precisazione sarebbe
stata superflua nel sistema degli atti di commercio perché l’atto giuridico è di per se un fatto
giuridico volontario, assume rilevanza tale precisazione invece in relazione all’attività . Non a caso
la dottrina si è domandata se l’attività dovesse considerarsi un fatto oppure un atto.
Lo proclama il legislatore nell’art 2082 e lo ripete più volte nel codice civile come ad esempio
nell’articolo 2083 .L’imprenditore coordina cioè organizza i fattori della produzione che sono :
capitale, proprio o altrui, e lavoro.
Secondo l’opinione prevalente, l’organizzazione serve a individuare il confine tra le attività
produttive, che in quanto organizzate, assumono il carattere di impresa e quelle attività che, pur
essendo destinate a produrre beni o servizi, non assumono carattere di impresa proprio perché non
sono organizzate come il lavoro autonomo ( anche il libero professionista infatti produce con la sua
attività un servizio ma non per questo è un imprenditore ). L’organizzazione deve rivolgersi al
mondo esterno, si parla a proposito di eterorganizzazione, e deve essere rivolta al mercato. Se
queste sono le conclusioni della dottrina prevalente, v’è da registrare l’opinione contraria di chi
ritiene che la presenza di una organizzazione intermediatrice fra quanti hanno lavoro e capitale da
offrire, gli imprenditori, e quanti domandano determinati beni o servizi, i consumatori, non
costituisca più carattere distintivo ed esclusivo dell’impresa. Concludendo, non potendosi ignorare
una distinzione che il legislatore comunque fa, quella cioè tra imprenditore e lavoratore autonomo,
si può scrivere che vi è “lavoro autonomo finché l’uso di mezzi o di strumenti materiali serve
all’esplicazione dell’attività di lavoro del soggetto e non configura una produttività che ecceda
quella del lavoro individuale; vi è impresa quando il livello è superato.
( Ai sensi dell’art. 2238, i liberi professionisti e gli artisti non sono mai – in quanto tali – imprenditori: essi lo diventano solo se ed in
quanto la professione intellettuale sia esercitata nell’ambito di un’altra attività di per se qualificata come impresa10. Il motivo di tale
esclusione è da ricercare nel fatto che tali soggetti non assumono, nell’esercizio delle proprie attività, quel rischio del lavoro che
caratterizza la figura di imprenditore: si parla per essi di una “obbligazione di mezzi” e non di una “obbligazione di risultati”. Quindi
il professionista ha diritto al compenso per il solo fatto di aver prestato la propria opera ed a prescindere dal risultato di essa, il cui
rischio, pertanto, grava sull’altra parte del rapporto obbligatorio.)
Professionalità
Il termina “professionalità” sta a significare abitualità, ma non vuol dire permanenza, né esclusività,
né prevalenza nell’esercizio. Non sono imprese quelle occasionali, lo sono quelle stagionali, come
ad esempio gli stabilimenti balneari.
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Scopo di lucro, economicità
È discusso se costituisca requisito essenziale dell’attività di impresa lo scopo di lucro. Parte della
dottrina (Ascarelli) è orientata in senso affermativo sul rilievo che la realizzazione di un profitto è
insita nel concetto di attività economica e nel concetto di professionalità. Per altri autori (Ferrara)
non è necessario che in concreto il soggetto percepisca un lucro, ma occorre che l’attività da lui
esercitata sia astrattamente lucrativa, capace cioè di procurare un lucro indipendentemente dal fatto
che concretamente lo produca o meno. Altri autori, infine, e sono oggi la maggioranza (Galgano),
ritengono che lo scopo di lucro non sia un elemento essenziale dell’attività imprenditoriale, ma solo
un elemento naturale: se, infatti, nella maggior parte dei casi, l’impresa è esercitata al fine di
ricavare i mezzi necessari di sostentamento per l’imprenditore, non mancano comunque ipotesi in
cui il fine di lucro esula dagli scopi dell’impresa (imprese esercitate da enti pubblici, cioè casse di
risparmio, le imprese mutualistiche, cioè società cooperative e società di mutua assicurazione). Più
che lo scopo di lucro, quello che è essenziale all’impresa è la obiettiva economicità della sua
gestione, cioè la capacità di ricavare dall’attività svolta quanto occorre per coprire con i ricavi i
costi di produzione.
L’impresa poi non è solo esercizio di una attività economica professionalmente organizzata ma
anche una comunità di lavoratori .L’art 2086 stabilisce infatti che “l’imprenditore è il capo
dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori” e il 2087 che “l’imprenditore
è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro
,l’esperienza e la tecnica ,sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei
prestatori di lavoro.
Di norma il rischio di impresa ricade sulla persona nel cui nome gli atti d’impresa vengono posti in
essere e l’attività d’impresa viene esercitata .Cioè l’attività viene imputata secondo il criterio della
spendita del nome ,che per tal motivo diviene elemento costitutivo della figura dell’imprenditore.
Vi è però il problema dell’imprenditore occulto cioè quando il vero padrone dell’impresa che
finanzia l’esercizio dell’attività non puo o non vuole apparire al mondo esterno come tale e si serve
perciò di un prestanome che appare ai terzi come imprenditore .In tal caso applicando il criterio
della spendita del nome si attribuisce la qualità di imprenditore esclusivamente a chi appare
all’esterno come tale e su di lui ricade il rischio di impresa .In pratica nei rapporti interni tra
imprenditore occulto e imprenditore palese , il primo si comporta quale effettivo titolare
dell’impresa impartendo al secondo il modo in cui deve comportarsi, gli fornisce i mezzi necessari
all’esercizio dell’attività ed incamera gli utili che ne derivano. Nei rapporti esterni invece è solo il
secondo ad apparire come imprenditore .Questa tesi troverebbe giustificazione nell’art. 1705 per cui
anche se si scoprisse l’esistenza di un accordo che regoli i rapporti interni tra imprenditore occulto e
palese questo accordo si dovrebbe considerare come un mandato senza rappresentanza ,e l’art.1705
stabilisce che in tal caso il mandatario agisce in proprio nome e acquista diritti e assume obblighi
derivanti dai rapporti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. I terzi non
hanno alcun rapporto con il mandante. Non tutti la pensano alla stessa maniera ci sono circa 3
correnti di pensiero
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LA SOCIETÀ APPARENTE
Non è da confondere l'imprenditore occulto come la società apparente che è un'invenzione della
giurisprudenza che si ha quando più soggetti agiscono ingenerando dei terzi la convinzione di agire
uti soci (come soci).
Il caso dell’imprenditore che eserciti più attività d’impresa o addirittura più imprese. Occorre
far riferimento al concetto stesso di impresa e agli elementi costitutivi di esso: per cui si
avranno imprese distinte, sia pur facenti capo allo stesso soggetto, quando si riscontrano
una pluralità di attività e pluralità di organizzazioni, mentre dovrà parlarsi di impresa unica
quando l’unica attività sia organizzata in rami d’impresa cioè articolata in ramo amministrativo,
contabile o addirittura aziendale.
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Imprenditore categorie :
Fermo restando per tutti gli imprenditori i caratteri costitutivi della nozione generale
dell’imprenditore contenuti nell’art 2082, possono operarsi alcune distinzioni previste dal
legislatore:
Due distinzioni ,in base alla natura tra Impresa Pubblica e Impresa Privata ,
e in base alla veste che imprenditore assume all’esterno tra Imprenditore Individuale e
Imprenditore Collettivo
A norma dell’art 2084 una distinzione tra Imprese a statuto Ordinario e Imprese a statuto
Speciale (regolate in singole leggi speciali per il loro contenuto peculiare come ad es.le imprese
bancarie, editoriali, radiotelevisive.
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L’imprenditore agricolo
Le norme che riguardano l’impresa agricola sono in particolare gli art. che vanno dal 2135 al 2140.
Bisogna ricordare che la materia agricola ivi compresa l’impresa agricola , non è mai stata
considerata parte del diritto commerciale .Il cambiamento si è avuto solo con il codice del 1942 che
colloca l’impresa agricola accanto all’impresa commerciale ,entrambe considerate a pari titolo
specificazioni della più generale categoria dell’impresa . Lo statuto dell’imprenditore agricolo è
stato modificato dal decreto legislativo n.228\2001. Tale modificazione è stata di notevole entità
poiché del vecchio impianto è rimasta solo la definizione di imprenditore agricolo principale, che
viene ancora indicato dall'art. 2135 come “chi esercita un'attività (professionale) diretta alla
coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e attività connesse”. Per il
resto l’art 2135 consta ora di tre commi e non più di due ed è profondamente diverso dal testo
originario. Il secondo comma del 2135 chiarisce che per “coltivazione del fondo ,silvicoltura e
allevamento di animali,devono intendersi attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo
biologico ,di carattere vegetale o animale che utilizzano o possono utilizzare il fondo il bosco o le
acque dolci salmastre o marine” .Il terzo comma stabilisce che “si intendono connesse le attività ,
esercitate dal medesimo imprenditore agricolo ,dirette alla manipolazione ,conservazione,
trasformazione, commercializzazione ,valorizzazione ,che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti
prevalentemente dalla coltivazione del fondo o dal bosco o dall’allevamento di animali nonché le
attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o
risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, comprese le attività di
valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e il forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità
come definite dalla legge”.
Importante è quindi la distinzione che ancora è presente nell’art. 2135 tra attività agricole
principali e attività agricole connesse ,questa distinzione influenza la qualificazione
dell’imprenditore e dell’impresa , perché mentre le prime (attività agricole principali) hanno
intrinseca natura agraria e sono per questo idonee ad imprimere il carattere dell’agrarietà
all’impresa e all’imprenditore ,le attività agricole connesse invece consentono all’agricoltore di
svolgere attività diverse ed ulteriori rispetto a quelle tipicamente agrarie ,senza per questo assumere
la qualifica di imprenditore commerciale .
Per coltivazione del fondo deve intendersi il complesso unico e inscindibile del ciclo dei lavori
svolti dall’agricoltore per conseguire i prodotti immediati e diretti dalla terra, dalla rottura del suolo
al raccolto. La giurisprudenza tende a far rientrare nella nozione di attività agricole anche la
floricoltura sempre che il fondo rappresenti realmente il fattore produttivo e non sia solo lo
strumento per la conservazione delle piante. La dottrina non ritiene verificate le condizioni minime
richieste dalla norma in relazione alle colture artificiali attuate fuori dal fondo (piante le cui radici
sono immerse in particolari soluzioni).
La silvicoltura sta ad indicare l’attività tecnica volta al fine di ottenere il più conveniente prodotto
del bosco entro cicli regolari di tempo. Non rientra nell’attività di silvicoltura l’attività meramente
estrattiva del legname, attività tipicamente industriale se disgiunta dalla coltivazione.
Per quanto riguarda l’allevamento di animali nel vecchio comma 1 vi era la locuzione
allevamento di bestiame poi sostituita dalla locuzione attuale che parla di allevamento di animali .
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Con il termine bestiame si intende gli animali domestici che appartengono alla agricoltura e
pastorizia. Tale termine ha causato discussioni poiché vi erano due interpretazioni possibili quella
restrittiva che ricomprendeva nel termine bestie solo gli animali da latte,da lavoro e da carne e lana ,
mentre l’interpretazione espansiva che includeva anche gli animali da pelliccia o da mero
allevamento (cavalli,cani),le specie avicole,nonché apicoltura e itticoltura .Con il termine animali
che è un termine più generico invece si è risolto i problema stroncando ogni polemica.
Ps (con l’espressione contenuta al 2 comma del 2135 utilizzano o possono utilizzare si è abbattuto
uno dei capisaldi del vecchia concezione di imprenditore agricolo ,cioè l’indispensabilità che le tre
attività si svolgessero sul fondo).
una connessione soggettiva nel senso che vi deve essere identità tra la persona che esercita
l'attività agricola principale e la persona che esercita l'attività connessa, per cui, ad esempio, non è
imprenditore agricolo chi trasforma in olio le olive prodotte da altri.
una connessione oggettiva, in forza del quale i prodotti da trasformare dovevano comunque
provenire dal fondo dell'imprenditore principale, viene meno con la sostituzione del criterio della
normalità come il criterio della prevalenza
attività connesse atipiche, cioè tutte le altre attività esercitate in connessione con la coltivazione
del fondo, la silvicoltura e l’allevamento del bestiame (es. agriturismo).
attività connesse tipiche cioè quelle dirette alla trasformazione o all’aliena-zione di prodotti
agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agri-coltura;
Con il d.lgs 228/2001 non esiste più la distinzione tra attività agricole atipiche e tipiche, poiché la
sostituzione del termine bestiame con animali fa rientrare le attività normalmente connesse, anche
dette atipiche, nell'attività agricole principali.
Sono state create due categorie di ATTIVITÀ CONNESSE TIPICHE:
La seconda attività è diretta alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di
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attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi
comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale il forestale ovvero di
ricezione ed ospitalità come definite dalla legge. L'introduzione di questa categoria di attività
connesse è avvenuta per legittimare l'inquadramento nella categoria dell’imprenditore agricolo delle
attività agrituristiche.
Dopo 3 anni dal d.lgs 228/2001 il legislatore è intervenuto con il d.lgs 99/2004 con tale
provvedimenti ha raggiunto alcuni obbiettivi come quello di istituire l’imprenditore agricolo
professionale ed ha accresciuto lo statuto di privilegi e di incentivi.
Ecco i punti significativi :
1) Art.1 comma 1 dispone che è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale è in
possesso di conoscenze e competenze professionali e dedichi alle attività agricole, direttamente o in
qualità di socio ,il 50% del proprio lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno
il 50% del proprio reddito globale da lavoro.
2) Art.1 comma 2 che dispone che l’accertamento dei requisiti enunciati spetta alle regioni e
per fini previdenziali all’INPS.
3) Art.3 comma 1 che dispone che è considerato giovane imprenditore agricolo ,quello di età
inferiore ai 40 anni.
1) lo statuto prevede quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricola;
2) per le società di persone, società in accomandita, società cooperative almeno la metà dei soci
deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale;(per e società in
accomandita la percentuale si riferisce ai soci accomandatari)
3) nelle società di capitali il 50% del capitale sociale deve essere sottoscritto da imprenditori
agricoli a titolo principale.
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Statuto dell’imprenditore agricolo
L’imprenditore ittico.
Il legislatore ha varato un decreto del 18 maggio 2001 n.226che dedica due art.all’imprenditore
ittico e alle attività connesse alla pesca.
Il legislatore equipara, all art.2 comma 3 , l'imprenditore ittico all'imprenditore agricolo,
definendolo all’art.3 come colui che esercita l’attività di pesca professionale diretta alla cattura o
alla raccolta di organismi acquatici e definendo attività connesse a quelle di pesca:
l'attività di pescaturismo, consistente nell'imbarco di persone su navi da pesca a
scopo turistico,
le attività di ittiturismo, consistente in ospitalità, ristorazione, fornitura di servizi,
attività culturali finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici ed esercitate da
pescatori professionisti attraverso l'utilizzo della propria abitazione,
le attività di lavorazione, trasformazione, commercializzazione al dettaglio
all'ingrosso dei prodotti del mare.
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Agriturismo
La legge 96/2006 disciplina l’agriturismo .L’art.2 di tale legge definisce attività agrituristiche “le
attività di ricezione e di ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli attraverso l’utilizzazione
della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo ,di
silvicoltura e di allevamento di animali”.Possono essere addetti alla svolgimento dell’attività
agrituristica l’imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell’art. 230 bis c.c. Il ricorso a
soggetti esterni è consentito esclusivamente per lo svolgimento di attività e servizi complementari .
Rientrano tra le attività agrituristiche :
Imprenditore Commerciale
attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi: sono tutte quelle che si propongono,
attraverso la trasformazione di materie prime, la creazione di nuovi prodotti ovvero,
attraverso la organizzazione di capitale e lavoro, la predisposizione di servizi;
le attività commerciali; cioè attività intermediarie nella circolazione dei beni.
attività di trasporto per terra, per acque, per aria; di persone e/o di cose.
attività bancaria, che si concreta nella raccolta di risparmio tra il pubblico e nell’esercizio
del credito. (cioè procurarsi denaro per poi riprestarlo)
attività assicurativa, cioè quelle attività che consistono nell’esercizio delle assicurazioni private;
attività ausiliarie alla precedenti, cioè quelle attività che agevolano l’esercizio delle attività
specificamente indicate o comunque sono legate a queste ultime da un rapporto di complementarità.
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Statuto dell’imprenditore commerciale non piccolo
Lo statuto dell’imprenditore commerciale non piccolo è costituito :
A) Il Capo III del Titolo II del Libro V cioè gli Art. dal (2188-2221) c.c.
B) Dalla legge fallimentare contenuta nel r.d. n.267/1942 (modificato dal d.lgs.5/2006 e dal
d.lgs. 169/2007.
C) Per ognuna delle attività indicate dall’ Art.2195 comma 1 ,ci sono una serie di
provvedimenti legislativi che integrano e modificano lo statuto generale dell’imprenditore
commerciale.
La tenuta della contabilità e la rivelazione periodica dello stato patrimoniale hanno una triplice
funzione:
quella di informare i terzi che entrano in contatto con l’imprenditore ed hanno rapporti con
essa;
Fra la tenuta delle scrittura contabili e la redazione del rendiconto o del bilancio esiste un rapporto
di propedeuticità, nel senso che solo sulla base delle risultanze delle prime l’imprenditore può
compilare il secondo. Soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili sono, oltre che
l’imprenditore commerciale individuale, anche le società, qualunque sia l’attività esercitata, e gli
enti pubblici che svolgono attività commerciale non in via principale (Art.2249 comma 2 c.c.).
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Scritture contabili
Il legislatore italiano ha adottato un sistema misto, stabilendo che, accanto all’obbligo di tenuta di
scritture individuate dall’art.2214 c.c. 1 comma cioè libro giornale e libro degli inventari ,
l’imprenditore debba necessariamente tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla
natura e dalle dimensioni dell’impresa Art.2214 comma 2 c.c.
Il minimo indispensabile è dunque costituito dal libro giornale, dal libro degli inventari e dalla
conservazione della corrispondenza. In particolare:
nel libro giornale le operazioni relative all’esercizio dell’impresa devono essere annotate
secondo l’ordine cronologico in cui sono compiute, con l’osservazione altresì del c.d. criterio
dell’immediatezza (ogni “affare” deve cioè essere annotato appena compiuto);
nel libro degli inventari, devono essere indicate e valutate le attività e le passività relative
all’impresa, nonché le attività e le passività dell’impren-ditore estranee alla medesima; Esso deve
essere redatto ogni anno e si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite:
il bilancio è un conto patrimoniale costituito dalla contrapposizione tra il complesso delle
attività ed il complesso delle passività: se il primo supera il secondo, il dato differenziale
rappresenta l’utile dell’impresa; se il secondo supera il primo, il dato differenziale rappresenta
la perdita dell’impresa ;il conto dei profitti e delle perdite, invece, è un conto economico ed indica
le fonti dei ricavi e delle spese pertinenti ad ogni esercizio.(art. 2217)
l’imprenditore deve conservare ordinatamente per ciascuna affare gli originali delle lettere,
dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle
fatture spedite. (art.2214 comma 2 c.c.)
Per ciò che riguarda il “nucleo mobile” delle scritture contabili, la scienza aziendalistica non ha
mancato di individuare i libri resi necessari sia dalle dimensioni dell’azienda sia dal ramo
merceologico in cui l’impresa opera (libro mastro, in cui le operazioni vengono annotate secondo
l’ordine sistematico, il libro magazzino che registra l’entrata e l’uscita di merci). Il sistema
normativo è completato dalle disposizioni relative alle modalità di tenuta delle scritture contabili, la
cui osservanza è indispensabile perché le scritture siano considerate regolari. Regolarità che
costituisce presupposto indispensabile sia perché l’imprenditore possa invocare come prova a suo
favore le registrazioni, sia per essere ammessi, in caso di dissesto, al beneficio del concordato
preventivo o dell’amministrazione controllata.
I principali punti sono:
il libro giornale e il libro degli inventari devono essere progressivamente numerati in ogni
pagina e bollati in ogni foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio;
tutte le scritture contabili devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità,
senza spazi in bianco, senza interlinee e senza abrasioni;
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Le scritture contabili possono essere utilizzate come mezzo di prova sia contro che a favore
dell’imprenditore In particolare, le scritture contabili:
fanno sempre prova contro l’imprenditore, cioè possono sempre essere utilizzate dai terzi
come mezzo processuale di prova contro l’imprenditore che le tiene. Chi vuole trarne vantaggio,
tuttavia, non può scinderne il contenuto ed avvalersi solo della parte a lui favorevole.
L’imprenditore, inoltre, potrà dimostrare con qualsiasi mezzo che le proprie scritture non
rispondono a verità.
possono costituire prova, a favore dell’imprenditore, soltanto nei rapporti fra imprenditori
inerenti all’esercizio dell’impresa e purché si tratti di libri bollati e numerati nelle forme di
legge e tenuti secondo le norme prescritte .Il valore probatorio spetta, in ogni caso, al giudice.
l’esibizione, che può avere ad oggetto solo determinate registrazioni e viene ordinata dal
giudice anche su istanza di parte;
Impresa civile
Una parte minima della dottrina accanto all’impresa commerciale e all’impresa agricola, postula
l’esistenza di una categoria di imprese civili, constatando che vi sono attività le quali non possono
farsi rientrare tra quelle previste negli art 2135 e 2195 c.c.
La dottrina dominante ritiene invece che la dicotomia impresa agricola – impresa commerciale
esaurisca ogni possibile tipo di impresa e quindi non esista una “impresa civile”.
Es. di impresa civile è quello del professionista intellettuale (che è pur sempre un produttore di
servizi) che ha organizzato ad impresa l’esercizio della sua attività ,società di professionisti
intellettuali.
Piccolo imprenditore
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L'articolo 2083 cod. civ. indica come il piccolo imprenditore "i coltivatori diretti del fondo, gli
artigiani, i piccoli commercianti e coloro i quali esercitano un attività professionale organizzata
prevalentemente con il proprio lavoro e dei componenti della propria famiglia.”
Con il d.lgs169/2007 è stato eliminato sia dal comma 1 che dal 2 dell’art.1,l.fall. ogni riferimento
alla figura del piccolo imprenditore.
L’art.2083 può essere diviso in due parti ,una prima parte nella quale vengono elencate tre distinte
figure di piccoli imprenditori ,e la seconda parte nella quale si da una nozione generale del piccolo
imprenditore .Il criterio della prevalenza contenuto nell’art.2083 esige un raffronto tra l’apporto
lavorativo dell’imprenditore e dei suoi familiari e dall’altro il lavoro altrui e il capitale investito
nell’impresa .Per cui si può dire che la piccola impresa si differenzia dall’impresa medio grande
sotto il profilo delle dimensioni e dell’organizzazione interna.
Sotto il profilo delle dimensioni ,perché vi è la necessità della prevalenza del lavoro familiare e ciò
limita il ricorso a manodopera estranea e l’impiego di capitali ;dal punto di vista organizzativo
perché la piccola impresa si incentra nella persona del titolare .
Coltivatore diretto
Il coltivatore diretto del fondo è definito, sia pure indirettamente dall’art. 1647, come colui che
coltiva il fondo “col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia sempre che il
fondo non superi i limiti di estensione che, per le singole zone o colture, possono essere
determinate”,rappresenta la specie dalla quale è iniziato quel processo di progressiva divaricazione
tra la figura codicistica di piccolo imprenditore e l’interpre-tazione che di essa è stata data dalla
legislazione speciale, la quale si è preoccupata di quantificare l’avverbio “prevalentemente”. Così
con un susseguirsi di leggi si è giunti ad affermare che sia necessario che la complessiva forza
lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale
necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento e il governo del bestiame, e che ai fini
del computo del fabbisogno di giornate lavorative occorre tener conto anche dell’impiego delle
macchine agricole.
Piccolo commerciante è colui il quale rispondendo ai caratteri di cui all’art.2083 svolge un’attività
d’intermediazione nella circolazione dei beni .
Costui non deve tenere le scritture contabili obbligatorie ,non è soggetto alle procedure concorsuali
e sol di recente è stato obbligato all’iscrizione in una sezione speciale del registro delle imprese a
fini di certificazione e di pubblicità notizia .
Impresa artigiana
L’impresa artigiana è regolata da due leggi, una del 1956, l'altra del 1985.
Con la legge del 1956 si è distaccata la nozione di artigiano dai caratteri dell’art.2083,attraverso lo
spostamento del criterio qualificatorio dalle dimensioni dell’impresa alla natura dell’attività
esercitata , vi è stato cioè il passaggio dal profilo quantitativo a quello qualitativo, perché si passò
a considerare impresa artigiana non quell'impresa che ha più di tot operai, ma quella che produce
beni di natura artistica o usuale. Occorre ricordare che la Costituzione, all’articolo 45 comma 2,
stabilisce che “la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”, e all’articolo 117 che
la materia è di competenza delle regioni. Le linee principali della legge – quadro dell’artigianato
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(che è la legge del 1985 che ha innovato e che contiene in due enorme consecutive sia la
definizione di imprenditore artigiano che di impresa artigiana)
Possono così riassumersi:
A)l’impresa artigiana nei limiti dimensionali indicati dalla legge stessa,ha ad oggetto prevalente
“lo svolgimento di una attività di produzione di beni anche semilavorati , o di produzione di
servizi,escluse le attività agricole e di prestazione di servizi commerciali , di intermediazone nella
circolazione dei beni e ausiliarie di queste ultime”
C)”l’impresa artigiana può essere svolta anche con la prestazione di opera di personale dipendente
diretto personalmente dall’imprenditore artigiano o dai soci”
Il distacco tra la definizione di piccola impresa contenuta nel codice e la concreta regolamentazione
che ha fatto di questo istituto la legislazione speciale, appare soprattutto nella regolamentazione
della società artigiana , avutasi con la legge del 1985.
L’art.3 comma 3 della legge 1985 dispone che è artigiana l’impresa che, nei limiti dimensionali
previsti da tale legge e con gli scopi di cui al primo comma, è costituita in forma di società , anche
cooperativa ,escluse le società a responsabilità limitata ,per azioni e in accomandita per azioni, a
condizione che la maggioranza dei soci ,svolga lavoro personale nel processo produttivo e che
nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.
Un provvedimento del 1997 ha introdotto un nuovo 3 comma dell’art.3 della legge 1985
aggiungendo che è altresì artigiana l’impresa ,che nei limiti dimensionali previsti da tale legge
e con gli scopi di cui al primo comma :
Non viene menzionata dall’art.4 la società semplice tra le forme escluse, perché è ovvio che sia
esclusa poichè l’impresa artigiana è attività intrinsecamente commerciale .
È impresa pubblica quella esercitata dallo Stato o da altro ente pubblico, retta da uno statuto
approvato con provvedimento nel quale sono indicati gli scopi che essa si prefigge di raggiungere.
Oggi l’intervento pubblico nell’economia non ha più il ruolo di primo attore e sta abbandonando
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lentamente la scena per tanti anni tenuta. Infatti, è in atto un processo generale di privatizzazione,
nel senso che lo Stato sta, attraverso procedure e modalità differenti, abbandonando
progressivamente la politica dell’intervento pubblico in economia .Infatti di recente lo stato ha
trasformato ,l’ENEL ,attraverso una procedura particolare in società per azioni. Lo stato si è anche
liberato delle partecipazioni detenute in società formalmente private.
Attualmente invece gli enti locali territoriali stanno creando le cc.dd. società miste ,cui partecipano
senza la necessità di possedere la maggioranza del capitale sociale.
Non sono a rigore imprese pubbliche le cc.dd. società a partecipazione statale ,denominate anche
società in mano pubblica cioè quelle società di cui sia socio lo stato o altro ente pubblico. Infatti
per essere società in mano pubblica non basta un qualsiasi partecipazione dello Stato ,è necessaria la
maggioranza ovvero che sia in grado di influire sulle scelte della società. L’impresa pubblica non va
confusa poi con le società in cui allo Stato sia riservato il potere di nominare amministratori.
Diversa ancora dalla società in mano pubblica è infine la società di interesse nazionale.
È opinione quasi generale della dottrina privatistica e pubblicistica che l’impresa pubblica non
presenti
rispetto all’impresa privata elementi di differenziazione. Una conferma in questo senso viene
dalle uniche due norme di carattere generale che, nel codice civile, sono dedicate all’impresa
pubblica:
l’art. 2093 che stabilisce espressamente che le disposizioni di questo articolo si applicano
agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali;
l’art. 2201 che obbliga gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale
un’attività commerciale all’iscrizione nel registro delle imprese.
A)Che il fine dell’attività imprenditoriale è sempre quello della produzione o dello scambio di
beni e servizi e che la finalità di interesse generale perseguita dall’impresa pubblica è equiparata
alla finalità di profitto dell’imprenditore privato rispetto all’impresa e al fine dell’impresa.
B)L’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese è richiesto solo per quegli enti pubblici per
i quali l’esercizio dell’impresa rientri tra gli scopi istituzionali dell’ente .
C)Ai sensi dell’art. 2221, l’impresa pubblica non è soggetta a fallimento e al concordato
preventivo, bensì, di norma, alla liquidazione coatta amministrativa.
Impresa sociale
Questo istituto è stato creato dal d.lgs. 155/2006 ,il cui art. 1 stabilisce “che possono assumere la
qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private che esercitano ,in via stabile e
principale, un’attività organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di
utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale”.
All’art.2 indica quali beni e servizi devono essere considerati di utilità sociale come ad esempio :
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L’assistenza sociale, l’assistenza sanitaria, educazione, istruzione,formazione,tutela dell’ambiente
e dell’ecosistema, valorizzazione del patrimonio culturale,turismo sociale ,formazione universitaria
e postuniversitaria ,ricerca ,formazione extrascolastica,servizi strumentali ai servizi sociali ,resi da
enti composti in misura superiore al 70% da organizzazioni che esercitano impresa sociale.
A)Organizzazione che esercita impresa sociale deve essere costituita per atto pubblico e l’atto
costitutivo deve indicare il carattere sociale dell’impresa e deve anche indicare l’oggetto sociale,
deve essere depositato entro 30 giorni a cura del notaio e degli amministratori presso l’ufficio del
registro delle imprese. (della circoscrizione dove si trova la sede sociale )
B)L’organizzazione che esercita l’impresa sociale deve destinare gli utili e gli avanzi di gestione
allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio,con la conseguenza che è
vietata la distribuzione anche indiretta di utili ,fondi,a soci ,amministratori ecc…
C)Delle obbligazioni dell’impresa sociale con patrimonio superiore a 20 mila euro risponde solo
l’organizzazione con il suo patrimonio ,sempre che l’impresa stessa sia iscritta nell’apposita sezione
del registro delle imprese.
D)negli enti associativi la nomina della maggioranza degli amministratori non può essere riservata a
soggetti esterni all’organizzazione che esercita l’impresa sociale.
E)le imprese sociali devono tenere almeno il libro giornale e il libro degli inventari e devono
redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio sociale.
F)In caso di insolvenza le imprese sociali sono sottoposte alla procedura di liquidazione coatta
amministrativa.
Patti di famiglia
Con la legge n.55/2006 sono state introdotte importanti novità in materia id trasferimento delle
aziende e trasferimento di partecipazioni sociali.
Ecco le modifiche più importanti in materia di patto di famiglia:
B)viene introdotto un nuovo capo il V bis al titolo IV del libro II che comprende gli art dal 768 bis
al 768 octies.
C)a norma del 768bis è patto di famiglia il contratto con cui l’imprenditore trasferisce in tutto o in
parte l’azienda o il titolare di partecipazioni societarie trasferisce tutto o in parte le proprie quote a
uno o più discendenti.
D)Il contratto deve essere stipulato per atto pubblico a pena di nullità,alla stipulazione devono
partecipare il coniuge e i legittimari in quel momento esistenti ,può essere sciolto mediante diverso
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contratto con le medesime caratteristiche e presupposti o per recesso se espressamente previto nel
contratto.
Imprenditore individuale
teoria oggettiva: l’impresa nasce quando sono realizzate organizzazione e attività produttiva.
Alla stregua di tale criterio sembrerebbe risolto in senso negativo il problema della ricomprensione
nell’attività di impresa di quelli che sono stati denominati gli atti di organizzazione,
quegli atti, cioè, preparatori al vero e proprio inizio dell’attività;
teoria soggettiva: secondo i fautori di tale tesi, la distinzione tra atti di organizzazione e atti
dell’organizzazione non avrebbe rilievo decisivo nella soluzione del problema, soprattutto,
perché, a parte la difficoltà pratica di inquadramento degli atti compiuti dal soggetto in una
piuttosto che in un’altra delle due categorie, anche gli atti preparatori dell’attività rientrano
nell’attività di impresa. L’importante è che non si tratti di atti isolati.
L’accettazione di una piuttosto che dell’altra tesi non è senza conseguenze pratiche, proprio perché
alla individuazione del momento dell’inizio dell’attività di impresa, la legge ricollega nell’ordine:
l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese;
l’obbligo di tenuta delle scritture contabili per gli imprenditori commerciali;
l’applicazione delle forme di tutela dei segni distintivi e contro la concorrenza sleale;
la soggezione alle procedure concorsuali.
Quindi se si accetta la tesi oggettiva , la dichiarazione di fallimento potrà essere pronunciata solo se
sarà iniziata la vera e propria attività d’impresa , mentre accettandosi la tesi soggettiva anche
l’insolvenza manifestatasi dopo il solo compimento di atti preparatori ,avrà fatto acquistare al
soggetto la qualità di imprenditore commerciale legittimandone il fallimento.
È doveroso registrare l’opinione di una parte della giurisprudenza, la quale ritiene che non sia di
ostacolo all’acquisto della qualità di imprenditore l’esercizio da parte dello stesso soggetto di altra
attività non compatibile ovvero l’esistenza di divieti espliciti contenuti in altri ordinamenti.
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A)la chiusura del negozio di vendita o dello stabilimento di produzione
C)l’invio di circolare informativa alla clientela, denuncia agli speciali uffici della Camera di
Commercio.
La cessazione deve risultare da una serie di manifestazioni assolutamente coincidenti al fine della
disgregazione dell’organizzazione aziendale .
In conclusione potrà dirsi avvenuta la disgregazione del complesso aziendale allorchè
l’imprenditore avrà esaurito la c.d. liquidazione dell’attivo :avrà cioè alienato non solo le giacenze
o le scorte di magazzino , ma anche l’attrezzatura necessaria allo svolgimento dell’attività.
La cessazione del’impresa può avvenire anche per la morte dell’imprenditore .Ove gli eredi
decidano di non continuare l’attività del loro dante causa, essi dovranno liquidare l’attività .Agli
eredi è comunque data un’altra possibilità dissolutoria ove l’eredità si presenti dannosa: premesso
che a norma dell’art 11 della legge del fallimento ,l’imprenditore defunto può essere dichiarato
fallito entro un anno dalla morte se l’insolvenza so è manifestata anteriormente alla medesima o
entro l’anno successivo. L’erede può dichiarare il fallimento purchè l’eredità non sia gia confusa
con il suo patrimonio, e con tale dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della
separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto .Vi poi la terza possibilità cioè che l’eredità
venga accettata.
Si può dire che chi ha la capacità di agire è anche capace di esercitare un’impresa.
Le deroghe alla disciplina comune riguardano esclusivamente le imprese commerciali, e non pure le
imprese agricole, per le quali valgono le norme generali per il compimento degli atti giuridici da
parte dell’incapace comune. Questa disparità di trattamento trova la sua giustificazione nella
maggiore sicurezza dei risultati produttivi dell’impresa agricola e nell’essere, in tale tipo di impresa,
prevalenti gli atti di ordinaria amministrazione.
1)Sia l’incapace(minore o interdetto) che l’inabilitato possono essere autorizzati solo a continuare,
ma non ad iniziare,l’esercizio dell’attività commerciale. Fa eccezione alla regola il minore
emancipato, il quale, peraltro,dopo l’autorizzazione consegue la piena capacità di agire anche per
gli atti estranei all’impresa, con la sola eccezione degli atti di donazione.
2)In ogni caso, l’esercizio–continuazione o inizio di una impresa commerciale, sia nel caso di
incapacità assoluta, sia nel caso di incapacità relativa,deve essere sempre autorizzato dal tribunale
su parere del giudice tutelare.
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3)Nel caso del minore e dell’interdetto, il giudice tutelare può autorizzare l’esercizio provvisorio
dell’impresa.
4)Tutti i provvedimenti di autorizzazione e di revoca di questa devono essere iscritti, ex art. 2198,
nel registro delle imprese.
quella dell’impresa di rendere edotti della propria attività coloro che entrano con essa in
contatto; quella dei terzi di essere tutelati attraverso l’informazione relativa alle vicende più
importanti ,della vita di un’impresa a partire dalla sua nascita, e cioè la sede e le eventuali sedi
secondarie,l’oggetto dell’attività, la ditta, gli ausiliari legittimati ad agire, le modificazioni di
tali elementi e la cessazione.
La disciplina transitoria è stata per cinquant’anni la disciplina del registro delle imprese sino a
quando ,non è intervenuta la legge n. 580 del 1993. Le innovazioni principali contenute e nell’art. 8
della legge n. 580 del 1993 e nel regolamento di attuazione sono:
individuazione nella Camera di Commercio del responsabile alla tenuta del registro delle
imprese deputato a curarne la tenuta sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente
del tribunale del capoluogo di provincia e sotto la direzione di un conservatore nominato
dalla Giunta camerale;
l’istituzione delle sezioni speciali del registro, nelle quali sono iscritte tutte quelle categorie
di imprenditori per le quali, nel regime previgente, non era prevista alcuna forma di pubblicità,
e cioè gli imprenditori agricoli, le società semplici e le imprese artigiane.
Viene anche ,sancito che l’iscrizione nelle sezioni speciali ha funzione di certificazione anagrafica
e di pubblicità notizia, oltre gli effetti previsti dalle leggi speciali.
Appare utile un riepilogo degli enti soggetti ad iscrizione, contenuto nell’art. 7 del regolamento.
Tali soggetti sono:
gli imprenditori;le società;i consorzi;le società consortili;i gruppi europei di interesse
economico;gli enti pubblici che hanno per oggetto principale o esclusivo attività commerciali;
le società soggette alla legge italiana;gli imprenditori agricoli;i piccoli imprenditori;
le società semplici
Imprenditore collettivo
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Per impresa collettiva si intende l’impresa esercitata in comune da più soggetti ovvero quella che è
nella titolarità sostanziale di più soggetti o quella esercitata nell’interesse di più persone .
Bisogna comunque precisare che la qualificazione di impresa collettiva prescinde dalla circostanza
che la pluralità di soggetti persone fisiche , si sia unificata oppure no in un soggetto distinti avente
personalità giuridica .
Il nostro codice all’art.2247 definisce l’istituto della società come “il contratto con cui due o più
persone conferiscono beni e servizi per l’esercizio in comune di un attività economica allo scopo di
dividerne gli utili”. A tal proposito è necessario comprendere se la società sia stata concepita come
unica forma di esercizio collettivo ,anziché individuale , di impresa,o se essa costituisca solo un
delle possibili forme di esercizio collettivo dell’ impresa . Ci sono tue teorie :
A) Mentre a parere di taluni autori , l’impresa collettiva comprende tutte le forme di esercizio
ad opera di più soggetti e quindi le società ,l’impresa delle associazioni e delle fondazioni ,
l’impresa dei consorzi ,ed anche l’impresa dei coniugi in regime di comunione legale ,
B) per altri autori ,l’impresa collettiva si pone accanto all’impresa societaria e comprende
quelle attività economiche che si inseriscono accidentalmente in fenomeni estranei
all’economia e cioè nell’ambito della famiglia ,delle associazioni e fondazioni.
La differenza tra le due teorie sta nel fatto che mentre i primi considerano anche gli organismi
diversi dalle società come organismi che possono inserirsi in fenomeni di natura economica ed
assumere quindi la qualità di imprenditori ; i secondi considerano questo evento come possibile ma
assolutamente accidentale.
C) Un’altra dottrina ha tentato di superare questa dicotomia , partendo dal fatto che ogni qual
volta più persone collaborano tra loro creando una stabile organizzazione si è di fronte ad
una associazione in senso lato e quando tali persone svolgono una attività che ha le
caratteristiche dell’attività d’impresa , si ha un impresa collettiva .Ragion per cui se
dell’associazione in tal senso la società è una species ,ne deriva che la società è solo una
delle possibili forme di impresa collettiva , perché le imprese collettive sono tante quante
sono le possibili forme di associazione.
Il codice disciplina espressamente una sola forma di esercizio collettivo di impresa cioè la società.
Non possono essere inserite nel novero delle imprese collettive l’associazione in partecipazione
(artt.2549-2552) e la cointeressenza (art.2553) ma al massimo possono essere considerate forme di
esercizio individuale dell’impresa .
L’associazione in partecipazione è caratterizzata da un contratto che vede nella prestazione di un
apporto da parte dell’associato il corrispettivo per la partecipazione agli utili dell’impresa
dell’associante.
La cointeressenza ha una doppia tipologia cioè
1)cioè quella del contratto con il quale si attribuisce una partecipazione agli utili di un’impresa
senza partecipazione alle perdite ;
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2)quella del contratto con il quale una parte attribuisce ad altra la partecipazione agli utili e alle
perdite della sua impresa senza il corrispettivo di un determinato apporto .
In conclusione la differenza tra queste due figure e le società sono ben evidenti ad es. :
La comunione d’impresa è una figura non prevista dal codice ma ipotizzata dalla dottrina e
giurisprudenza come forma di impresa collettiva alternativa alla società. Per la comunione di
impresa si possono considerare 2 categorie di casi :
1)Quello di più persone che comprano in comune una azienda commerciale o singoli beni con i
quali formano un’azienda , che servirà loro per l’esercizio di un impresa .
2)Quello dei figli che ereditano l’azienda del padre imprenditore ,per cui tra essi si instaura una
comunione incidentale .Non potendo o non volendo affittare l’azienda ,essi continuano in comune
l’esercizio dell’impresa.
L’interrogativo che sorge è il seguente : in questi 2 casi si è dato luogo alla società oppure è
possibile postulare l’esistenza di una comunione o comunque di una contitolarità d’impresa ???
La risposta più immediata è quella che opta per la prima soluzione , poiché non essendo imposta
alcuna forma determinata per la stipulazione del contratto di società e potendosi avere di
conseguenza la c.d. società di fatto per effetto del solo esercizio in comune dell’attività economica ,
società si avrebbe in entrambi i casi ,poiché in tutti e due i casi più soggetti hanno esercitato in
comune l’attività d’impresa.
1) Si è detto che tale soluzione non tiene conto dei casi della vita e di ciò che potrebbe accadere
Per tali motivi si pone l’interrogativo se i soggetti sono obbligati a scegliere la disciplina delle
società oppure tale disciplina appare solo come la più idonea all’esercizio dell’impresa collettiva ,
lasciando comunque ai soggetti stessi la libertà di adottare una disciplina diversa ??? ed esistono di
conseguenza due diverse discipline quelle della società e quella della con titolarità d’impresa ,che le
parti possono scegliere quando esercitano un’impresa in comune ???
Va detto che la giurisprudenza ha più volte tentato una mediazione tra gli orientamenti dottrinali
affermando il principio secondo il quale “la comunione incidentale ereditaria di un’azienda
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commerciale si trasforma in società irregolare fra i suoi eredi solo quando vi sia la prova che fra
tutti i partecipanti alla comunione ereditaria si sia raggiunto un accordo stabile e duraturo per la
continuazione dell’esercizio aziendale” ed escludendo quindi la formazione di una società
irregolare se le parti si siano limitate a gestire collettivamente l’azienda ”in attesa di cederla o di
procedere alla sua divisione” .
1) Direttamente: cioè quando vi è coerenza tra gli scopi ideali della fondazione e
l’oggetto sociale dell’attività imprenditoriale. Es. fondazione culturale che gestisce
un impresa editoriale.
2) Indirettamente: come il caso della fondazione la quale gestisce una qualsiasi impresa
idonea a procurare i mezzi per il perseguimento degli scopi ideali.
L’impresa familiare è stata introdotta con la riforma del diritto di famiglia del 1975, con
l’inserimento nel codice civile dell’art. 230 bis, il quale la definisce come l’impresa cui collaborano
il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo. L’impresa familiare non è
istituzionalmente impresa collettiva e la titolarità di essa deve imputarsi secondo le regole generali,
non competendo in particolare ai familiari prestatori di lavoro, i quali non hanno, come tali, diritti o
poteri né responsabilità di coimprenditori o soci.
Tali articoli hanno rotto l’argine divisorio, tra comunione e impresa collettiva, nel senso che mentre
prima si riteneva che l’unico modello per la regolazione dei rapporti patrimoniali non fosse quello
della comunione ma quello associativo, ora invece si riconosce che l’esercizio dell’azienda comune
da parte dei coniugi non trasforma la comunione in società, come del resto dimostrano le
disposizioni degli art. 181 e 182 che inquadrano l’esercizio comune nell’ambito della comunione.
Imprenditore Società
Secondo l'art. 2247 "con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per
l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili". Tale definizione
della società come contratto, tuttavia, non è più idonea a ricomprendere l’intero fenomeno
societario, giacché non tiene conto delle fattispecie delle società costituite ad opera di un singolo
soggetto. Infatti, è stata espressamente prevista la costituzione di spa e di società a responsabilità
limitata con unico socio.
All’art.2249 viene sancito il principio della tipicità delle società ,con la conseguente impossibilità di
costituire società atipiche .
Domanda a cui rispondere ora è se il contratto definito dall’art.2247 oltre a far nascere la società ,fa
nascere anche l’impresa-società??? (Cioè le società sono o non sono sempre imprenditori)
1)L’art 2247 non si rifà al concetto di impresa dell’art.2082, né allude all’attività di impresa.
2)Mentre poi nell’art 2247 manca ogni accenno alla professionalità ,che è requisito cardine di ogni
attività imprenditoriale ,e nell’art 2082 manca ogni riferimento ad uno scopo specifico.
Nonostante ciò una parte della dottrina e della giurisprudenza crede nell’esistenza dell’equazione
società-impresa, nel senso che basterebbe la sola previsione ,nell’atto costitutivo o comunque
nell’accordo , di un attività d’impresa per far acquistare alla società la qualità di imprenditore con la
conseguente applicazione alla società della disciplina dettata per l’impresa .Per questi autori
,l’elemento della professionalità richiesto per l’acquisto della qualità di imprenditore è insito nel
fatto stesso della costituzione della società per l’esercizio di una attività economica . Con la
conseguenza che , differenza di quanto accade per l’imprenditore individuale,la società è
imprenditore anche se non ha ancora iniziato effettivamente l’attività di impresa.
Altra parte della dottrina invece contesta la parificazione dell’attività economica all’attività
imprenditoriale ( economicità è una cosa , mentre organizzazione ad impresa dell’attività è un
‘altra) e negano che il requisito della professionalità sia compreso e presente nella definizione di
società, e affermano invece anche la società acquista la qualità di imprenditore in conseguenza
dell’esercizio effettivo dell’attività .Conseguenza di tale impostazione è la parificazione
dell’imprenditore individuale all’imprenditore società .Altra conseguenza è la società senza impresa
,cioè quando la società esercita una attività economica organizzata pur non essendo attività di
impresa ,questa è comunque un ipotesi assai marginale.
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Altri elementi di identificazione dell’impresa-società
2)Comunanza dei mezzi patrimoniali ,nel senso che attraverso gli apporti dei soci deve essere creato
un fondo sociale indispensabile per l’esercizio dell’attività;
3)Comunanza di poteri ,cioè occorre che tutti i partecipanti abbiano il potere di determinare
l’attività sociale;
4)Conseguimento di un risultato coerente con lo scopo istituzionale scelto e la ricaduta dei risultati
dalla gestione sociale su tutti i partecipanti alla società.
La disciplina dell’impresa –società è contenuta nei titoli V e VI del libro V(del lavoro) del codice
civile.
Il titolo V(delle società) è diviso in undici capi e può essere idealmente frazionato in due parti:
2)La seconda invece comprende i restanti dieci capi , va dall’art.2251 all’art.2548 ed è dedicata alla
disciplina dei singoli tipi di società (capi II-VII)
scioglimento e liquidazione della società di capitali (capo VIII)
direzione e ordinamento della società (capo IX)
trasformazione e fusione (capo X)
società costituite all’estero (capo XI)
Il titolo VI(delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici) è diviso in due capi:
Il grosso della disciplina dettata nei titoli V e VI concerne la società come contratto e come
organizzazione.
Tipi di società
L’art.2249 stabilisce che” le società che hanno per oggetto l’esercizio di una attività commerciale
devono costituirsi secondo uno dei tipi regolati nei Capi III e seguenti di questo titolo. --le società
che hanno per oggetto l’esercizio di una attività diversa sono regolate dalle disposizioni sulla
società sulla società semplice , a meno che i soci abbiano voluto costituire la società secondo uno
degli altri tipi regolati nei capi III e seguenti di questo titolo.-- Sono salve le disposizioni
riguardanti le società cooperative e quelle delle leggi speciali , che per l’esercizio di articolari
categorie di imprese che prescrivono la costituzione della società secondo un determinato tipo”.
Società semplice
Società in nome collettivo
Società in accomandita semplice
Società per azioni
Società in accomandita per azioni
Società a responsabilità limitata
Società cooperativa
Società di mutua assicurazione
Alcuni autori hanno avanzato la tesi che le società quotate in borsa e le società di avvocati debbano
aggiungersi quali nuovi tipi di società ,ai tipi di società già presenti nel libro V del codice civile.
Non costituisce un vero e proprio tipo invece la società consortile ,dal momento che a norma dell’
art.2615 ter quello consortile è uno scopo che può essere perseguito da tutti i tipi di società
disciplinati dal codice tranne le società semplici.
L art.2249 stabilisce l’inammissibilità delle società atipiche a garanzia dei terzi.
Il profilo funzionale della società è lo scopo istituzionale assunto come causa del contratto.
Proprio da questo punto di vista possiamo distinguere le società in lucrative,mutualistiche e
consortili.
1)Perseguendo uno scopo lucrativo la società si propone di conseguire un utile (c.d. lucro oggettivo)
e di distribuirlo ai soci (c.d. lucro soggettivo).
L’art.2265 commina la nullità del patto leonino con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni
partecipazione agli utili o alle perdite.
Sono società lucrative le Società semplici,le società in nome collettivo,le società in accomandita
semplice e per azioni ,SPA,SRL,
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2)Perseguendo uno scopo mutualistico la società si propone di offrire ai soci ,attraverso
l’eliminazione degli intermediari ,beni ,servizi,occasioni di lavoro (il c.d. vantaggio mutualistico) a
condizioni migliori di quelle che i soci stessi incontrerebbero sul mercato.
Sono società mutualistiche le società cooperative e le mutue assicuratrici.
3)Perseguendo uno scopo consortile la società si propone di creare ,secondo quanto dispone
l’art.2602 , un organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi
delle imprese dei soci. Secondo l’art. 2615 ter lo scopo consortile può essere perseguito con uno
qualsiasi dei tipi disciplinati.
I soggetti
Come abbiamo già avuto modo di accennare, deve precisarsi che la pluralità di soggetti non
costituisce più la condicio sine qua non per la costituzione della società, dal momento che è
possibile la costituzione per atto unilaterale sia pure per le sole SPA E SRL . Deve notarsi che
quando la società si costituisce per atto scritto, occorre sempre che i contraenti siano individuati col
nome e cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza. In linea generale
possono sottoscrivere il contratto di società sia le persone fisiche, sia le persone giuridiche, sia gli
enti non riconosciuti. Particolari norme sono stabilite per le società personali commerciali in
relazione alla continuazione della società da parte degli incapaci. (art 2294)
Dottrina e Giurisprudenza hanno però sollevato problemi con riguardo alla partecipazione di
soggetti diversi dalle persone fisiche alle società di persone ( società semplice,in nome collettivo e
in accomandita semplice )
È meglio analizzare più approfonditamente le ipotesi prospettabili:
1) Al quesito se possano divenire soci di società di persone, (cioè di società in nome collettivo e
in accomandita semplice), altre società di capitali, risponde positivamente la dottrina
prevalente e una parte minoritaria della giurisprudenza di merito, mentre la soluzione negativa è
difesa dalla giurisprudenza della Cassazione e dalla maggioranza dei tribunali e delle corti di
appello.
Il problema oggi è stato risolto dal legislatore il quale ha aggiunto un secondo comma all’art 2361
c.c. nel quale ha stabilito che “l’assunzione di partecipazioni in altre imprese che comporta una
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responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime deve essere deliberata dall’assemblea , e
di tali partecipazioni gli amministratori danno informazione nella nota integrativa del bilancio”.
2) Meno rilevante del problema precedente è quello della partecipazione di una società in nome
collettivo ad un’altra società in nome collettivo o in accomandita semplice. Al quesito si dà una
quasi unanime risposta positiva, argomentando dall’intuitus personae che in questo caso non
mancherebbe.
(Intuitus personae sta a significare che ).
3) Nessun problema si è mai posto per la partecipazione di società di persone ad una società di
capitali ,che è sempre stata considerata ammissibile.
4)La partecipazione di società di capitali a società cooperative significa per queste ultime
mettere in pericolo lo scopo mutualistico ,è proprio questa antitesi degli scopi istituzionali tra le due
società che spinge la dottrina a negare tale possibilità.
I conferimenti
La norma di cui all’art. 2247, oltre a presupporre i soggetti ha la funzione di illustrare le peculiarità
del contratto sociale. E la più importante va individuata nel conferimento di beni e servizi, dal
momento che non esiste società senza conferimenti, né può darsi socio senza obbligo di
conferimento.
Con la stipulazione del contratto di società ciascun contraente si obbliga a contribuire alla
formazione di un fondo sociale mediante una prestazione di dare o di fare, nel che appunto consiste
il conferimento. Esso costituisce, dal punto di vista più tecnico, l’unico obbligo gravante su chi
intenda divenire socio di una società, di qualunque tipo essa sia.
Importante è il discorso sulle specie dei conferimenti, in relazione alle quali tre sembrano essere le
distinzioni più importanti:
con riguardo all’oggetto della prestazione, in conferimenti aventi ad oggetto una prestazione
di dare e conferimenti aventi ad oggetto una prestazione di fare, possibili soltanto nelle società
personali ed oggi in virtù della riforma del 2003 anche nelle società a responsabilità limitata
con riguardo alla fonte, potremo distinguere i tipi di conferimenti espressamente previsti
dalla legge (denaro, beni in natura, di crediti, e di prestazioni d’opera), e quelli consistenti in
entità che dottrina e giurisprudenza ritengono passibili di essere conferite in società
(partecipazioni ad altre società, in aziende, nel consenso all’immissione del proprio nome nella
ragione e nella denominazione sociale, nell’emissione di cambiali all’ordine della società);
la terza distinzione è quella tra conferimenti di capitale e conferimenti di non capitale.
I conferimenti di capitale hanno ad oggetto entità iscrivibili in bilancio, sono costituiti da beni
idonei a garantire i creditori sociali, e quindi suscettibili di esecuzione forzata. (es. conferimenti di
denaro,e di beni in natura a titolo di proprietà)
I conferimenti non di capitale, o di patrimonio che dir si voglia, non hanno, invece, alcuna delle
caratteristiche indicate, pur essendo idonei al raggiungimento dello scopo sociale, e attribuiscono
per questo ai soci conferenti solo il diritto di partecipare agli utili.(es. conferimenti di servizi)
29
L’inadempimento del socio all’obbligo di conferire:
In caso di società personali e cooperative al socio inadempiente viene comminata l’esclusione
(facoltativa) della società .
I conferimenti, oltre che strumento tecnico per l’acquisto della qualità di socio, servono anche alla
formazione del fondo sociale. E se diversa, a seconda dei tipi di società, può essere la situazione
giuridica di questo, è unica , comunque, la funzione che il fondo assolve: che è quella di permettere
la formazione di un patrimonio della società indispensabile per lo svolgimento dell’attività comune.
Appare ora opportuno compiere una esegesi dell’art. 2248 e spiegare le differenze tra comunione e
società, che si concretano soprattutto nella diversità della condizione giuridica del fondo sociale e
del patrimonio sociale costituito con i conferimenti dei soci.
L’art. 2248 stabilisce che “la comunione costituita o mantenuta al solo scopo del godimento di una o
più cose è regolata dalle norme del titolo VII del libro terzo”.
È da ribadire che c’è comunione, e quindi comproprietà di beni, quando i soggetti costituiscono il
rapporto e lo mantengono solo per godere dei beni stessi e dei frutti che essi producono e i
comunisti possono ciascuno in modo autonomo dall’altro, esercitare tutte le facoltà spettanti al
proprietario; mentre si ha società quando i beni sociali vengono impiegati, essendo loro impresso,
per effetto della volontà dei soci, uno specifico vincolo di destinazione che ne consente
l’utilizzazione solo per l’esercizio in comune tra i soci medesimi dell’attività d’impresa, essendone
esclusa ogni diversa destinazione. Il che trova solida base nella disciplina legislativa in tema di
società dalla quale derivano importanti conseguenze:
nel divieto del socio di servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al
patrimonio sociale;
nelle norme contenute negli art. 2272, 2448 e 2539, che, fissando tassativamente le cause di
scioglimento e sottraendo in tal modo l’iniziativa al singolo socio, rendono evidente la
contrapposizione con il regime della comunione, dove ciascun proprietario può, in qualsiasi
momento, chiedere lo scioglimento della comunione medesima e impediscono che i beni sociali
possano essere ripartiti tra i soci se non quando si siano verificati questi eventi che la
legge stessa predetermina;
nelle norme contenute negli art. 2289 e 2437quater, che, disciplinano le modalità di liquidazione
della quota del socio il cui rapporto con la società che si scioglie;che stabiliscono che al socio
medesimo non spetta la restituzione del bene conferito ma una somma di denaro che rappresenti il
valore della quota o il rimborso delle proprie azioni in proporzione del patrimonio sociale risultante
dal bilancio dell’ultimo esercizio .
nella destinazione esclusiva del patrimonio sociale alla soddisfazione dei creditori sociali.
30
Nella comunione di godimento tutto questo manca.
La lettura complessiva degli art. 2247 e 2248 esclude l’ammissibilità di una società
di solo godimento. E non possono considerarsi, di conseguenza, contratti di società quei contratti
con cui più persone conferiscono beni , ma non si obbligano ad esercitare con questo patrimonio
attività d’impresa, in tal caso il contratto anche se nominalmente contratto di società in realtà è
considerato un contratto costitutivo di comunione volontaria.
Si è innanzi accennato al fatto che i conferimenti confluiscono nel fondo sociale, che in alcune
società (tutte tranne società semplic) assume la denominazione di capitale sociale, definibile come
“il valore in danaro dei conferimenti dei soci, quale risulta dalle valutazioni compiute nel contratto
sociale”. Ciò significa che i conferimenti diversi dal denaro devono essere valutati all’atto del
conferimento e convertiti in una espressione numerica.
Dal fondo sociale o dal capitale sociale, va tenuto distinto il patrimonio sociale, “il quale
rappresenta il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società” ovvero, se
si preferisce una definizione più tecnica,
“il complesso dei beni effettivamente esistenti, calcolati al netto o al lordo, a seconda che siano
state o no dedotte le passività”.
La distinzione tra capitale sociale e patrimonio sociale sta nel fatto che il capitale sociale fa parte
del patrimonio sociale ed è importante confrontarli per comprendere se la situazione della società
si evolve positivamente o meno.
Si ha autonomia patrimoniale perfetta solo nelle persone giuridiche e con riferimento alle società
solo quelle di capitali.
Nelle società di persone, invece, si parla di autonomia patrimoniale imperfetta, ciò desumendosi
dalle disposizioni dettate nelle varie sedi:
a quella più accentuata della società in nome collettivo, dove cioè non può avvenire e dove i
creditori sociali non possono aggredire il patrimonio dei singoli soci se non dopo avere
infruttuosamente esperito le azioni giudiziarie contro il patrimonio della società.
31
L’esercizio comune dell’attività economica
L’esercizio comune dell’attività economica rappresenta lo scopo – mezzo attraverso il quale le parti
si propongono di raggiungere la finalità ultima della realizzazione dell’utilità,ed essendo l’unico
comune a tutti i soci ,può parlarsi della società come contratto con comunione di scopo
L’attività economica si concretizza di volta in volta nella scelta di un particolare ramo merceologico
di attività che costituisce l’oggetto sociale: che deve essere espressamente indicato nel contratto
sociale infatti il legislatore impone per tutti i tipi di società l’indicazione dell’oggetto sociale e che,
oltre a dover consistere necessariamente in un’attività economica, deve possedere i requisiti
richiesti dall’art. 1346 per ogni tipo di contratto, e cioè la liceità, possibilità,determinatezza o
determinabilità.
Appare poi importante sottolineare che in alcuni casi la legge esige in modo espresso e tassativo
l’esclusività dell’oggetto sociale: nel senso che predetermina normativamente l’oggetto stesso e
vieta che la società possa svolgere altre attività (si pensi alle società di intermediazione mobiliare,
attività di intermediazione finanziaria). Ed è forse il caso di includere in questa categoria anche
quelle società per le quali, pur non essendo prescritta espressamente l’esclusività dell’oggetto
sociale, questa si desume dalla circostanza che la normazione speciale che le disciplina individua
con puntualità e precisione l’oggetto stesso (società esercenti l’attività bancaria o assicurativa, le
società fiduciarie).
Il quarto elemento rilevante per l’analisi dell’art. 2247 è quello causale. Il conseguimento di un utile
32
per distribuirlo ai soci, scopo lucrativo, ovvero la pratica della gestione di servizio e l’offerta ai
soci di beni od occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che i soci incontrerebbero
sul mercato, scopo mutualistico, ovvero la istituzione di un’organizzazione comune per lo
svolgimento o per la disciplina di fasi delle imprese dei soci, scopo consortile, possono
caratterizzare, ovviamente in via alternativa, il contratto di società del quale costituiscono la causa e
quindi elemento marcante ed essenziale.
Per le società di capitali e le società mutualistiche la legge prescrive che l’atto costitutivo deve
essere stipulato,a pena di nullità, per atto pubblico .
Per le società di persone la costituzione della società è caratterizzata dalla massima semplicità
formale e sostanziale,essendo sufficiente che intercorra fra i soci l’impegno reciproco di svolgere
una data attività economica .La forma scritta nelle società personali è quindi indispensabile la forma
scritta solo quando vengano conferiti dai soci in proprietà o in godimento ultranovennale ,beni
immobili o altri diritti reali immobiliari.
Nelle società di persone quindi non solo la volontà di far nascere una società può concretarsi in un
accordo verbale ,ma può ricavarsi anche da un comportamento concludente delle parti ,in tal caso si
ha la c.d. società di fatto.
La società di fatto è quella società in cui due o più persone esercitano in comune una attività
economica ,comportandosi di fatto come soci e realizzando la fattispecie descritta nel
2247c.c. ,senza aver stipulato alcun accordo espresso.
La disciplina delle società di fatto segue lo schema di quella dettata per la società semplice ,con
l’avvertenza che ove la società di fatto eserciti un’attività commerciale resta ferma la responsabilità
illimitata e solidale dei soci nei confronti dei terzi e si applicano le altre norme connesse alla
particolare natura dell’attività esercitata.
Di società di fatto,di società occulta e di società apparente si può parlare con riferimento ad ogni
tipo di società personale .
Mentre di società irregolare si può parlare in riferimento alle sole società personali soggette ad
iscrizione nel registro delle imprese.
E’ irregolare quella società per la quale non siano state osservate le prescrizioni relative agli
adempimenti pubblicitari contenute negli art.2296 (società in nome collettivo) e art.2315 (società
in accomandita semplice).
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E’ occulta quella società nel cui contratto vi è l’espressa e concordata volontà dei soci che ogni
rapporto con i terzi venga posto in essere per conto della società, ma non in suo nome .e quindi o
nel nome di uno dei soci o addirittura da persona che socio non sia :l’impresa è sociale ed il suo
esercizio compete a tutti i soci , i conferimenti costituiscono il patrimonio sociale ma all’esterno le
operazioni sono compiute da una persona quale imprenditore individuale , i cui soci restano occulti
ai terzi.
E’ apparente quella società in cui più persone operano nel mondo esterno in modo tale da
ingenerare nei terzi la convinzione dell’esistenza fra di loro di un vincolo sociale ancorchè
inesistente nei rapporti interni.
Il contratto costituiva l’unico modo di far nascere la società ,oggi non è più così infatti la società
può nascere anche per atto unilaterale o avere come fonte istitutiva diretta la legge.
Per effetto dell’art.4 d.lgs n.88/1993 e del novellato art.2328 ,le Spa e le Srl possono essere
costituite con atto unilaterale e non solo più per contratto.
Poi per effetto dell’art.10 d.l. n.332/1994 ,la forma di costituzione unilaterale, inizialmente prevista
dal solo d.lgs. n.88/1993,viene estesa anche alla costituzione di società per azioni risultanti dalla
dismissione di partecipazioni dello stato o di altri enti pubblici in società per azioni.
Non tutti i caratteri marcanti il contratto di società possono riscontrarsi nell’atto unilaterale di
fondazione ,infatti non c’è :
1) Comunione di scopo
Resta invece a titolo oneroso l’atto , e il sinallagma poiché il socio si obbliga ad effettuare un
conferimento ed acquista per tale conferimento la qualità di socio.
Le società costituite con atto unilaterale non sono l’unica specie di società di fonte non contrattuale.
“Società legale” sono quelle società volute dalle legge e più in particolare quelle società che non
hanno la propria fonte in un atto unilaterale o in un contratto ma direttamente nella legge.
Per tale motivo queste società legali sono chiamate anche coattive.
La disciplina legale delle società legali si discosta da quella delle società per azioni
D)Di solito è impedito lo scioglimento anticipato data l’essenzialità di raggiungere l’oggetto sociale
Queste società legali possono essere considerate società per azioni speciali e sono disciplinate dalla
legge istitutiva e residualmente dal diritto societario comune.
Società legificate
A) Le società legificate ,cioè quelle società di fonte contrattuale per le quali sia stato
predisposto ,successivamente alla loro costituzione ,uno statuto legale ad hoc ,più o meno
difforme da quello comune.
(Es. privatizzazione di enti pubblici economici –ENI,ENEL,INA-trasformati in Spa )
B) Le società speciali, sono fattispecie societarie che hanno tutti i requisiti indicati nella
fattispecie generale , con in più alcuni requisiti specifici, che non escludono ma integrano i
requisiti generali.
Non sono una categoria vera e propria invece le società anomale ,cioè quelle che mancano di un
elemento della fattispecie generale non decisivi ai fini della qualificazione societaria .
(Es. scopo di lucro ogg. o sogg. inteso nelle società consortili o cooperative,sportive)
Sorgono problemi a concepire una società di fatto con conferimento di beni (ad es. immobili) il cui
trasferimento esige una certa forma .Ci sono ,a tal proposito, soluzioni in ordine alla prova diverse
a seconda che si accolga la tesi 1) che richiede in questo caso la forma scritta ad probationem per
l’intero contratto oppure quella 2) che ritiene limitata la prescrizione della forma scritta ad
probationem al solo atto di conferimento ,mentre per le restanti pattuizioni trova applicazione il
regime probatorio generalmente valido per il contratto di società semplice.
Altro problema è quello della società apparente in cui il problema della prova assume una
importanza peculiare , proprio perché la giurisprudenza si contenta della prova dell’apparenza
,perché il comportamento esteriore dei soci, ha indotto i terzi a fare affidamento sull’esistenza della
35
società e sulla responsabilità dell’ente e dei soci stessi. La conseguenza è che i soci apparenti non
possono eccepire ai terzi l’inesistenza del rapporto sociale e sono perciò chiamati rispondere delle
obbligazioni della società apparente ,con la possibilità ove ricorrano i presupposti, di essere
dichiarati falliti.
La prova dell’esistenza della società può essere data con ogni mezzo.
Non altrettanto può dirsi invece per le società di persone , la cui disciplina non contiene alcuna
norma in tema di invalidità del contratto sociale , né in tema degli effetti scaturenti alla
dichiarazione di nullità o annullamento del contratto sociale stesso.
Ci sono due soluzioni:
1) che postula anche in questo caso l’applicazione della disciplina generale dei contratti e di
conseguenza la tesi che il contratto nullo non produce effetto alcuno .
2) di coloro che ritengono che sia applicabile l’art.2332 anche alle società personali.
1) Perché l’art. 2332 non prevede tra le cause di nullità dell’atto costitutivo la simulazione
2) Perché è difficile trasferire un istituto come quello della simulazione,pensato per i contratti
di scambio,ai contratti associativi.
A) La società simulata presuppone la consapevolezza dei contraenti di far apparire all’esterno una
situazione che non ha riscontro nella realtà dei fatti.
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B) La società apparente invece prescinde da ogni intento o volontà delle parti e indica
semplicemente una situazione che all’esterno appare come societaria.
B)Simulazione relativa invece quando l’apparente rapporto sociale è invece un rapporto diverso
(es .lavoro subordinato) che le parti hanno interesse a far valere come sociale.
3)Quello della individuazione della disciplina applicabile soprattutto per quanto riguarda gli
effetti della simulazione rispetto ai terzi: i soci non possono opporre la simulazione ai creditori
sociali.
Per le società di persone la disciplina è conformata su quella generale dei contratti (art.2252) nel
senso che,di norma ,la modificazione deve ricevere il consenso di tutte le parti contraenti.
L’art.2252 c.c. afferma che il contratto sociale può essere modificato solo con il consenso di tutti i
soci se non è convenuto diversamente.
Per le società di capitali e mutualistiche invece le modifiche dell’atto costitutivo vengono adottate
dall’assemblea straordinaria con il principio maggioritario, secondo le maggioranze stabilite
dall’artt.2368 e 2369 c.c. mentre nella Srl secondo l’art.2479.
La società risponde con il proprio patrimonio delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi , e
cioè per le obbligazioni sociali.
Questo è il principio generale comune a tutte le società , diverso però è il modo in cui questo
principio viene tradotto nelle norme che regolano i vari tipi di società.
1)In tutti i tipi di società ,per le obbligazioni sociali risponde in prima battuta il patrimonio della
società.
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2) In alcuni tipi di società ,cui la legge conferisce personalità giuridica (società di capitali) ,il
patrimonio sociale è l’unica garanzia , l‘unica fonte di soddisfacimento delle pretese dei creditori
sociali .Questo significa :
A)il rischio del singolo socio è costituito dal valore della partecipazione sociale della quale è
titolare.
B)che i creditori del singolo socio non potranno mai chiedere la liquidazione della quota del
socio debitore e potranno aggredire solo i frutti della partecipazione cioè gli utili.
3)In altri tipi di società ,cui la legge non concede la personalità giuridica (società di persone), la
regola generale stabilisce che alla garanzia costituita dal patrimonio della società si aggiunge ,
quando questo sia insufficiente alla soddisfazione delle obbligazioni sociali ,la responsabilità
(sussidiaria) personale dei singoli soci.
4)Per le società cooperative la legge di riforma del 2003 prevedeva tre diversi tipi di responsabilità,
oggi ha mantenuto in vita le sole cooperative a responsabilità limitata (art.2518)
A)Tutte le società hanno l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese , anche se l’iscrizione può
avere un’efficacia diversa per i singoli tipi di società(art.2200 c.c. e art 8,l. n.580/93 e dpr n.581/95)
B) L’art.2200 comma 1 dispone che l’obbligo di iscrizione della società nel registro delle imprese
deve essere osservato anche se la società non esercita un’attività commerciale.
C) L’efficacia dell’iscrizione è diversa a seconda del tipo di società:lo si desume dal 2200 comma 2
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Stato di costituzione,domicilio o sede e cittadinanza dell’unico socio.
1)Obbligati ed eseguire l’iscrizione sono gli amministratori, e se questi non provvedono ,ciascun
socio a spese della società ,mentre se la stipulazione è avvenuta per atto pubblico l’adempimento
può essere curato anche dal notaio.
2)Presupposto per l’iscrizione è il deposito della scrittura privata autenticata oppure della copia
autenticata dell’atto pubblico
3) L’iscrizione va eseguita presso l’ufficio del registro delle imprese dove ha sede la società.
Le società di capitali e le società cooperative sono dotate di personalità giuridica ed hanno una
autonomia patrimoniale perfetta . Mentre vi è autonomia patrimoniale imperfetta , anche se con
diverse graduazioni a seconda dei tipi ,nelle società non dotate di personalità giuridica.
La prima importante distinzione all’interno della generale categoria delle società, riguarda le
società di persone – cui vanno ricondotte le società semplici, le società in accomandita semplice e
le società in nome collettivo – e le società di capitali comprendenti le società per azioni, le società
in accomandita per azioni e le società a responsabilità limitata.
Le società di capitali sono invece organizzate in funzione dei capitali conferiti dal socio, nel senso
che in esse il socio non viene in considerazione solo in quanto persona, ma anche in ragione della
quota di capitale sottoscritta, anche se la realtà del mondo societario insegna quanto sia
importante oggi,anche in questi tipi di società, conoscere non solo l’entità del conferimento, ma
anche chi conferisce.
Sulla base di questa differenza possono indicarsi quali principali caratteri distintivi:
la diversa misura del potere del socio di incidere con la propria opera sulla gestione della
società; Infatti, mentre nelle società di persone il socio è naturale amministratore della società e ciò
avviene perché egli rischia nell’impresa anche il patrimonio personale, nelle società di capitali il
potere di amministrazione è svincolato dalla qualità di socio ed è esercitabile dal socio solo
indirettamente, nel senso che egli potrà contribuire, attraverso l’esercizio del diritto di voto, alla
scelta degli amministratori.
mentre nelle società di capitali esiste una organizzazione interna, nella società di persone
non esiste una vera e propria organizzazione interna, perché i poteri di gestione e deliberazione
risiedono entrambi nei soci – amministratori;
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1)nel caso di società di persone se almeno un socio (accomandatario nelle società in accomandita)
sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.
2)nel caso di società cooperative ,se almeno 1/5 dei soci sia in possesso della qualifica di
imprenditore agricolo professionale .
3)Nelle società di capitali se almeno un amministratore si in possesso della qualifica di imprenditore
agricolo professionale .
Società finanziarie
Sono quelle che hanno come oggetto sociale una qualsiasi delle attività normalmente definite
finanziarie , o comunque caratterizzanti il mercato finanziario.
Per meglio specificare questa nozione cosi generale , dobbiamo dire che possono considerarsi
società finanziarie le stesse banche di affari,le società fiduciarie , le holdings, le società di gestione
dei fondi comuni di investimento,le SICAV,le OICVM,SIM (società investimento mobiliare)
Società fiduciarie
Secondo l’art.1 della l. n.1966/1939 sono società fiduciarie le società che comunque denominate
si propongono ,sotto forma di impresa ,di assumere l’amministrazione di beni per conto di terzi
,l’organizzazione di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e obbligazioni.
L’attività delle società fiduciari va distinta anche dall’attività attribuita ai fondi comuni di
investimento mobiliare aperti e chiusi.
1)Quelle che svolgono attività di gestione di patrimoni mediante operazioni aventi per oggetto
valori mobiliari, in nome proprio e per conto di terzi.
Le prime sono inscritte in un’apposita sezione dell’albo SIM tenuto presso la Consob e sono
soggette alla vigilanza di questa per quanto concerne gli obblighi di informazione ,correttezza e
la regolarità delle negoziazioni dei valori mobiliari ,devono osservare la stessa disciplina delle SIM
2)Quelle che svolgono attività lato sensu di amministrazione ,che sono regolate ancora dalla
legge 1939.
Queste non hanno il peso dell’esclusività dell’oggetto e possono svolgere una gamma più ampia di
attività,e cioè oltre a quella di amministrare i beni per conto dei terzi , anche attività di
rappresentanza di azionisti ed obbligazionisti e attività di consulenza .Anche queste fiduciarie sono
sottoposte alla vigilanza del ministero dell’industria e commercio
Le società fiduciarie:
1)Possono essere costituite secondo uno dei tipi sociali che consentono l’esercizio in forma di
impresa di un attività commerciale a favore di terzi.
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Convenzioni parasociali
Per convenzioni parasociali deve intendersi quei contratti attraverso i quali alcuni soci per
tutelare loro legittimi interessi o per tutelare meglio interessi già tutelati dalla legge positiva o
per sopperire a lacune e deficienze della legislazione o per adeguarsi a sopravvenute ed
effettive esigenze della pratica societaria ,pongono in essere un regolamento integrativo dei
patti contenuti nell’atto costitutivo o nel contratto sociale ,che, in qualche caso ,può essere
anche difforme dalla disciplina positiva.
Tali patti sono diffusi in particolar modo nell’ambito delle società di capitali.
Esempi di patti parasociali sono :
A)Pattuizioni che perseguono i fini del “Patto Leonino”cioè esclusione dagli utili o dalle perdite
di uno o più soci
D) “Sindacati di blocco” vengono stipulati per garantire una certa composizione del corpo sociale
attraverso la limitazione alla libera trasferibilità delle azioni.
Ovviamente perché parasociali tali patti non sono opponibili alla società , nel senso che l’eventuale
inadempimento di uno dei soci partecipanti al patto rileva sol nei rapporti interni.
Il provvedimento n.58/1998 per le spa quotate in borsa e poi quello n.6/2003 per utte le altre
società di capitali hanno disciplinato la materia.
Definendo:
1)gli scopi e il contenuto (come la stabilizzazione degli assetti proprietari,limitazione del
trasferimento delle azioni)
2)dando una limitata rilevanza sociale a questi patti
3)limitandone la durata
4)disponendo una adeguata pubblicità del contenuto di questi patti a tutela dei soci estranei
Società personali
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Società semplice
Secondo la comune opinione è semplice, nel sistema del codice, la società che non presenta
elementi di identificazione ulteriori rispetto a quelli contenuti nella norma che definisce la società
come contratto, e cioè l’art. 2247.
La caratteristica fondamentale della società semplice è data dal fatto che essa può avere per oggetto
esclusivamente l’esercizio di attività economiche lucrative non commerciali.
attività agricole: l’ambito di applicazione di tale tipo di società per l’esercizio di attività agricola
risulta marcatamente ridotto, ove si tenga conto, da un lato, che, già prima della loro scomparsa,
le due forme più importanti di contratti a struttura associativa per l’esercizio dell’attività agricola
( da un lato comunioni tacite familiari ,dall’altro mezzadria ,colonia,soccida)
erano, per espressa previsione di legge, sottratti alla disciplina della società semplice e sottoposti
o agli usi o ad una apposita regolamentazione; e dall’altro che, non potendo la società come
tale avere ad oggetto il mero godimento di beni, ne risultano escluse le fattispecie in pratica
più ricorrenti, come quella dei condomini di un fondo rustico che concedono in affitto i beni di
cui sono proprietari. L’ipotesi che più di frequente si verifica nella pratica è quella dei coeredi i
quali continuano l’esercizio dell’impresa agricola del loro dante causa;
poi vi è anche la legislazione speciale in materia agricola che favorisce la scelta di forme societarie
diverse dalla soc. semplice.
società di revisione: sono regolate, in maniera abbastanza sommaria, dalla legge n. 1966 del
1939. Solo nel 1975 il legislatore è tornato sull’argomento demandando alle società di revisione il
compito di sottoporre a controllo contabile e alla certificazione del bilancio le società con azioni
quotate in borsa, nonché le società aventi,particolari oggetti sociali.
Ai sensi dell’art. 8 del decreto 136 del 1975, nell’Albo speciale dell società di revisione “possono
essere iscritte le società autorizzate ai sensi della legge n.1966/1939 che rispondano a seguenti
requisiti: ( … ) per le società semplici devono osservarsi le modalità di pubblicità previste nell’art.
2296 del codice civile”;
attività professionali in forma associata: Anche se l’entrata in vigore del d.lgs 96/2001
Non consente più un’affermazione cosi netta almeno per la società di avvocati ,dal momento che
tale legge impone l’iscrizione nel registro delle imprese , ma individua come disciplina suppletiva
quella delle soc. in nome collettivo.
Per quanto riguarda le attività che venivano considerate civili, è stato rilevato che il genere
delle imprese agrarie non si identifica integralmente con quello delle imprese non commerciali: vi
sono delle imprese che non sono agrarie, né commerciali che una parte della dottrina ha voluto
classificare civili e che possono formare oggetto di società semplice (attività di vigilanza notturna).
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indispensabile solo quando vengano conferiti dai soci in proprietà o in godimento ultranovennale
beni immobili o altri diritti reali immobiliari.
L’assenza di prescrizioni analitiche in ordine al contenuto dell’atto costitutivo inducono ad
affermare la sufficienza dei requisiti generalmente stabiliti, per ogni tipo di contratto (soggetti,
oggetto e causa) con le seguenti specificazioni:
i soggetti devono essere almeno due ed i problemi a questo proposito sono essenzialmente:
1)se sia applicabile anche alla società semplice la norma dell’art. 2294 che disciplina la
partecipazione degli incapaci alle società in nome collettivo.
Il dibattito si è svolto tra chi, rifacendosi alla ratio dell’art. 2294 nella esigenza di sottrarre
l’incapace ai rischi della responsabilità illimitata ritiene la norma applicabile anche all’incapace che
voglia diventare socio di una società semplice e chi, al contrario, esclude l’applicabilità
all’imprenditore collettivo non commerciale cioè la società semplice e quindi a chi voglia in questa
entrare come socio.
2)se possano divenire socie di società semplici, e in genere di società personali, altre
società di capitali e di persone;
l’oggetto deve presentare i requisiti richiesti dall’art. 1346 (possibilità, liceità, determinatezza
e determinabilità);
Completa l’elenco degli elementi essenziali il fondo sociale, che è lo strumento di attivazione
dell’oggetto sociale. Proprio in sede di disciplina della società semplice si trova la norma dell’art.
2253, il cui secondo comma stabilisce che “se i conferimenti non sono determinati, si presume che i
soci siano obbligati a conferire, in parti eguali tra di loro, quanto è necessario per il conseguimento
dell’oggetto sociale”.
La pubblicità
All’art. 8 della legge n. 580/1993 si stabilisce che “sono iscritti in sezioni speciali del registro
delle imprese le società semplici” ed aggiunge, al quinto comma, che “l’isc-rizione nelle sezioni
speciali ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, oltre agli effetti previsti
dalle leggi speciali”; e tale disposizione è confermata nell’art. 7 del d.p.r. n. 581/1995. Orbene, se è
vero che nelle società personali la pubblicità non incide sulla validità del contratto né sull’esistenza
del soggetto e se è vero che per la società semplice, atteso il tenore delle disposizioni ora
richiamate,la mancata iscrizione nel registro delle imprese non determina quella situazione di
irregolarità,che invece provoca sia nelle società in nome collettivo che nelle società in accomandita
semplice, è anche vero che neanche si può continuare a ritenere che le nuove disposizioni abbiano
lasciato invariata la situazione precedente: anche se la pubblicità notizia, pur costituendo un
obbligo, ha una funzione puramente informativa a differenza della pubblicità dichiarativa
(rende opponibile a terzi determinate situazioni),questo non significa che la pubblicità che si attua
mediante l’iscrizione nell’albo speciale del registro delle imprese non possa costituire un mezzo di
trasmissione di notizie,soprattutto quando è la legge a disporre che queste debbano essere portate a
conoscenza dei terzi.
Ed infatti uno dei problemi maggiori della società semplice è stato sempre quello di trovare gli
opportuni e più efficaci canali per consentire la veicolazione di tali informazioni. E non c’è dubbio
che tra i “mezzi idonei” richiamati dagli articoli 2266 e 2267, può essere utilmente inclusa anche
l’iscrizione nel registro delle imprese di tutte quelle notizie che devono essere portate a conoscenza
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dei terzi: tanto più che, ex art. 19 del d.p.r. n. 581/1995, “gli amministratori della società
semplice devono richiedere l’iscrizione della modificazione del contratto sociale entro trenta
giorni dalle modificazioni”.
La disciplina positiva contiene a tal riguardo due sole norme: gli articoli 2257 e 2258, che regolano
i sistemi di amministrazione adottabili nelle società personali. Non esistono organi sociali in senso
proprio, ai quali, come accade nelle società di capitali, sia istituzionalmente attribuita dalla legge
una sfera di competenze, ma esistono solo i soci ai quali la legge stessa attribuisce naturalmente il
potere di decidere amministrando.
Il legislatore ha fatto dei soci i naturali amministratori della società anche per bilanciare
la loro responsabilità illimitata nei confronti dei terzi e ha dettato un’embrionale disciplina
del funzionamento del sistema delineato.
Amministrazione disgiuntiva
È regolata dall’art. 2257, il quale consta di tre commi e dispone che “salvo diversa pattuizione,
l’amministrazione della società spetta a ciascun socio disgiuntamente dall’altro. – Se
l’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto ad
opporsi all’operazione che una altro voglia compiere, prima che sia compiuta. – La maggioranza
dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, decide
sull’opposizione”.
Il concreto esercizio del potere di direzione spetta a ciascun socio, il quale è legittimato ad
intraprendere da solo in nome della società tutte le operazioni che ritenga utili all’interesse della
società senza necessità di informare preventivamente gli altri soci e di portarle a termine, a meno
che il compimento dell’operazione non sia paralizzato dall’esercizio del diritto di opposizione. Il
terzo comma demanda alla maggioranza dei soci, computata per quote di interessi, il potere di
decidere sull’opposizione avanzata dal socio, sempre che permanga l’attualità del conflitto, nel
senso che una eventuale rinuncia all’opposizione impedisce alla maggioranza di pronunciarsi e
consente la ripresa dell’operazione interrotta.
Amministrazione congiuntiva
È regolata dall’art. 2258, il quale consta anch’esso di tre commi e dispone che “se
l’amministrazione spetta congiuntamente a più soci, è necessario il consenso di tutti i soci
amministratori per il compimento delle operazioni sociali. – Se è convenuto che per
l’amministrazione o per determinati atti sia necessario il consenso della maggioranza, questa si
determina a norma di quest’ultimo comma dell’art. precedente. – Nei casi preveduti da questo
articolo, i singoli amministratori non possono compiere da soli alcun atto, salvo che vi sia urgenza
di evitare un danno alla società”. L’introduzione di tale sistema deve essere espressamente
convenuta all’atto della stipulazione del contratto con il consenso di tutti i soci. Anche
nell’amministrazione congiuntiva è possibile prevedere che le decisioni vengano adottate non
secondo la regola dell’unanimità, ma secondo la regola pattizia della maggioranza, la quale viene
anche in questo caso calcolata per quote di interessi.
Qualunque dei due modi di amministrare si scelga, due sono gli schemi che all’interno di ciascuno
di essi possono darsi:
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Quello in cui tutti i soci, disgiuntamente o congiuntamente, siano amministratori. Per avere
questo tipo di amministrazione o non dovrà stabilirsi alcunché nel contratto sociale – nel caso
dell’amministrazione disgiuntiva affidata a tutti i soci – o si dovrà compiere nel contratto
un’opzione secca a favore del sistema di amministrazione congiuntiva;
Quello in cui, invece, l’amministrazione sia affidata solo ad alcuni soci, avendovi gli altri
espressamente rinunciato.
In questo caso, occorrerà indicare nel caso di amministrazione disgiuntiva,
solo i nomi dei soci incaricati dell’amministrazione e, in ipotesi di amministrazione
congiuntiva, sia il sistema di amministrazione scelto e sia i soci amministratori.
In alternativa a questi schemi, una parte della dottrina ritiene possibile, data l’assenza di norme che
espressamente lo vietino, l’affidamento dell’amminis-trazione a non soci (amministratori estranei).
In realtà, la soluzione positiva o negativa del problema è chiaramente influenzata dall’opinione che
si ha in tema di fonte del rapporto di amministrazione: per chi ritiene che la qualità di
amministratore non sia un connotato naturale della qualità di socio di società personale e che la
fonte del rapporto di amministrazione sia diversa da quella del rapporto di società, essendo
l’amministratore un mandatario, appare conseguente sposare la soluzione dell’ammissibilità di
amministratori estranei; così come è naturale abbracciare la soluzione negativa per chi ritiene che il
socio possa sì rinunciare al suo diritto di amministrare, ma solo a favore di altri soci.
una volta ammessi gli amministratori estranei, questi sono investiti del potere di compiere, entro i
limiti stabiliti dall’art. 2266, ogni operazione per la società e i soci non potrebbero interferire né
opporsi alle loro operazioni, se non nella forma estrema della revoca.
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Il rapporto di amministrazione non viene disciplinato allo stesso modo per tutti i tipi di società,
anche se, in primo luogo, identica è per l’investito la funzione amministrativa e, in secondo luogo,
chiara è la distinzione dell’amministrazione dalla rappresentanza, attenendo l’amministrazione alla
direzione degli affari sociali nell’ambito della competenza risultante dalla legge o dal contratto e la
rappresentanza alla legittimazione sostanziale e processuale ad impegnare il nome della società nei
confronti dei terzi.
2) il contratto sociale ovvero ancora un atto separato. In questi ultimi due casi è necessario il
consenso unanime di tutti i soci.
La legge stabilisce all’art. 2260 che “i diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati
dalle norme sul mandato”.
I diritti
Fatto salvo il diritto di amministrare sancito all’art. 2257, l’unica questione resta quella del diritto al
compenso: ad una sostanziale concordia di opinioni esistenti nella giurisprudenza, la quale ritiene
che, in mancanza di regole contrattuali sulla ripartizione degli utili, al socio amministratore spetta
un compenso, in forza della presunzione di onerosità del mandato contenuta nell’art. 1709,
(((fa riscontro una variegazione di orientamenti della dottrina divisa tra:
chi nega il diritto dell’amministratore al compenso in mancanza di espressa pattuizione in tal
senso;
chi fa dipendere la soluzione della questione da quella data al problema della natura del rapporto
di amministrazione nel senso che, ove si ritenga che l’amministratore presti la sua opera in forza
dello stesso rapporto sociale, la negazione del suo diritto al compenso appare la più naturale, mentre
soluzione opposta dovrebbe adottarsi nel caso in cui rapporto di società e rapporto di
amministrazione siano considerati distinti, trovando il secondo fonte in un mandato presunto
oneroso.)))
Gli obblighi
L’articolo 2260 comma due stabilisce che “gli amministratori sono solidalmente responsabili
verso la società per l’adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto
sociale”.
Altri obblighi sono:
fornire il rendiconto ai soci non amministratori in forza dell’art. 2261;
fornire ai soci non amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali e di consentire
la consultazione dei documenti relativi all’amminis-trazione, sempre ai soci non amministratori;
ottemperare agli obblighi di iscrizione della società nell’Albo speciale del registro delle imprese;
tenere le scritture contabili imposte dalle dichiarazione di legge.
I poteri
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L’art. 2266 comma primo, dispone che “la società acquista diritti e assume obbligazioni per
mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi”.
L’art. 2266 sta a significare che nei rapporti esterni, pur non avendo la personalità giuridica, la
società semplice,e in generale tutte le società di persone, si presentano come un gruppo unitario,
portatore di una propria volontà e titolare di un proprio patrimonio, capace come tale di acquistare
diritti, di assumere obblighi e di stare in giudizio.
Da questa norma si ricavano i punti di riferimento sulla base dei quali i terzi possono determinare il
loro orientamento e la loro condotta verso la società:
la distinzione tra rappresentanza sostanziale e processuale;
la possibilità di indicare quali tra i soggetti amministratori abbiano la rappresentanza;
l’individuazione dell’oggetto sociale come limite ai poteri degli amministratori;
la possibilità di determinare il contenuto dei poteri rappresentativi come risulta
dall’espressione di esordio (“in mancanza di diversa disposizione del contratto”) dell’art.
2266, comma secondo.
con riguardo ai soggetti investiti del potere rappresentativo (se il contratto nulla dispone in
ordine alla rappresentanza, questa spetta a ciascun socio amministratore; se il contratto contiene
disposizioni esplicite in ordine alla rappresentanza, l’unico problema aperto riguarda la
possibilità di attribuire la rappresentanza ad estranei);
In linea di massima i principi esposti per la rappresentanza negoziale, valgono anche per la
rappresentanza processuale; e prima di tutto il principio per cui se nel contratto sociale esistono
specifiche disposizioni in ordine alla rappresentanza negoziale, queste, e non la disposizione
dell’art. 2266, si estendono alla rappresentanza processuale.
Eccetto l’ipotesi della revoca (2259), l’estinzione del rapporto di amministrazione non è regolata
in modo organico, analogamente a quanto avviene per la nomina. I casi di cessazione del rapporto
di amministrazione sono:
L’esclusione del socio amministratore dalla società. Questa è una soluzione obbligata e
coerente solo per chi ritiene la qualità di socio presupposto naturale e indispensabile per l’esercizio
delle funzioni amministrative; per chi considera il rapporto sociale distinto da quello
amministrativo,l’esclusione del socio amministratore, se motivata da ragioni che riguardano il solo
rapporto sociale, potrebbe consentire al socio escluso il mantenimento della carica di
amministratore:sempre, ovviamente, che si ammettano gli amministratori estranei.
La revoca. È l’unica ipotesi di cessazione espressamente regolata dalla legge, e precisamente
dall’art. 2259, il quale stabilisce che “la revoca dell’amministratore nominato con il contratto
sociale non ha effetto se non ricorre una giusta causa. – L’amministratore nominato con atto
separato è revocabile secondo le norme sul mandato. – La revoca per giusta causa può in ogni
caso essere chiesta giudizialmente da ciascun socio”.
L’interpretazione plausibile della norma, la quale può essere suddivisa idealmente in due parti –
revoca ad opera della collettività dei soci (primi due commi) e revoca da parte dell’autorità
giudiziaria
– consente queste deduzioni:
per quanto attiene alla revoca da parte della collettività dei soci, essa è possibile solo nei
confronti degli amministratori che siano stati nominati con il contratto sociale o con atto separato,
e non pure nei confronti di quegli amministratori che ripetono il loro potere unicamente
dalla legge; mentre deve registrarsi il permanente divario di opinioni sul perché del
diverso trattamento tra amministratore nominato con il contratto sociale, revocabile solo se
ricorra giusta causa, e amministratore nominato con atto separato, revocabile secondo le
norme sul mandato, deve aggiungersi che per il secondo il rinvio ricorrente è all’art. 1726,
onde la necessità del consenso unanime dei soci, così come questo è indispensabile per la
nomina;
più impegnativi i problemi sollevati dalla revoca giudiziaria: si ripropone anche in questo
caso il problema relativo all’ambito di applicazione di questo istituto all’amministratore che
non ripeta la propria nomina dal contratto sociale o da un atto separato ed eserciti la sua funzione
in forza dell’art. 2257 e, in secondo luogo, si dibatte sul concetto di giusta causa. Questa
consiste in ogni evento, anche non imputabile all’amministratore, che renda impossibile
il naturale svolgimento del rapporto di gestione. Da un punto di vista procedimentale, occorre
sottolineare che la revoca giudiziale per giusta causa può essere domandata da ciascun socio
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solo ove l’azione sia stata deliberata dai soci; che i richiedenti devono fornire la prova
della sussistenza della giusta causa e che il giudizio instaura tra i soggetti richiedenti e il
destinatario della domanda di revoca.
L’art. 2261 attribuisce ai soci che non partecipano all’amministrazione ed in coerenza con la
circostanza che anche i soci non amministratori continuano a rispondere delle obbligazioni sociali,
una serie di poteri di controllo sull’amminis-trazione della società, e precisamente:
il diritto di ottenere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali;
il diritto a ricevere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati
compiuti ovvero, se la durata della società è ultrannale, al termine di ogni anno.
La qualità di socio
La qualità di socio è la posizione di membro della società, produttiva di una serie di interessi,
variamente tutelati dall’ordinamento giuridico nei confronti della società stessa.
per effetto della successione mortis causa, sempre che esista una clausola di continuazione
della società con gli eredi del socio defunto ovvero l’ac-coglimento da parte degli eredi medesimi
della proposta di subentrare in società in luogo del de cuius loro rivolta dai soci superstiti.
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Altri problemi relativi alla partecipazione sociale
quelle il cui esercizio spetta sicuramente al socio, nelle quali va incluso il diritto di recesso;
quelli che possono essere esercitati e dal socio e dall’usufruttuario, in cui si fanno rientrare i
diritti di controllo spettanti ai soci non amministratori e il diritto alla quota di liquidazione.
Per quanto concerne gli obblighi, ed in particolare quelli del conferimento, si adottano soluzioni
differenti per il pegno e l’usufrutto:
nel primo caso, esso grava sul socio
nel secondo sull’usufruttuario.
Per quanto riguarda le misure cautelari cui la quota sia assoggettabile, l’art. 2270 dice che “il
creditore particolare del socio, finché dura la società può compiere atti conservativi sulla quota
spettante a quest’ultimo nella liquidazione”.
Vi rientrano: il sequestro conservativo, l’espropriazione e il pignoramento nelle forme del
pignoramento presso terzi.
quelli sanciti con sicurezza da una norma e che pertanto non possono essere posti in
discussione,
come obbligo di conferimento previsto dall’art.2253 che afferma “ che il socio è obbligato ad
eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale- e se i conferimenti non sono determinati ,
si presume che i soci siano obbligati a conferire in parti uguali fra loro,quanto necessario per il
conseguimento dell’oggetto sociale.
A questo articolo si collega il 2256 che stabilisce l’impossibilità per il socio di servirsi delle cose
sociali per fini estranei alla società.
Accanto al diritto di amministrare il socio è titolare di altre situazioni giuridiche attive che possono
essere distinte in due grandi categorie:
quelle amministrative o sociali o di amministrazione in senso lato, che possono essere così
individuate:
Gli utili
Appartenendo la società semplice al novero delle società lucrative, centrale importanza assumono le
regole relative al conseguimento e soprattutto alla destinazione degli utili. Premesso che per utile
deve intendersi quello derivante dall’attività economica esercitata dalla società e che solo i
guadagni effettivamente così realizzati possono essere destinati alla ripartizione periodica ai soci,
alla materia in discorso sono dedicate quattro norme: gli art. 2262 – 2265.
Tra le quattro, preminente rilievo assume l’art. 2262, perché stabilisce il diritto del socio di società
personale alla divisione periodica degli utili, tale diritto sorge a seguito dell’approvazione del
rendiconto annuale.
Se il socio ha diritto alla ripartizione periodica integrale degli utili prodotti in esercizio , ovviamente
ogni “deviazione” da questo schema richieda il consenso singolo del titolare del diritto e quindi di
ogni socio.
Si potrà dire che, a tal proposito,non sono in alcun modo ammissibili perché nulli, sia patti che
stabiliscono devoluzioni dell’utile contrastanti con la causa del contratto sociale sia patti, diretti o
indiretti, con i quali uno o più soci vengono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite
(c.d. divieto del patto leonino,art. 2265). Né potranno ritenersi ammissibili rinunce preliminari del
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socio a percepire utili,quand’anche per destinarli ad altri scopi previamente individuati: il socio
potrà solo rinunciare ad esigere il dividendo spettantegli dopo che sia stato approvato il rendiconto.
come regola generale (art.2263) il principio per cui la disciplina legale ha carattere suppletivo, in
quanto l’applicazione di tale norma è condizionata all’assenza di pattuizioni contrattuali in tema
di ripartizione degli utili e delle perdite;
come principio legale inderogabile, il divieto del patto leonino sancito all’art. 2265;
come principio suppletivo, quello per cui solo quando manchino pattuizioni contrattuali,
intervengono le presunzioni poste dall’art. 2263, e cioè:
1 se il valore dei conferimenti è determinato nel contratto, vige il principio della proporzionalità,
nel senso che le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai
conferimenti;
2 se manca ogni determinazione contrattuale del valore dei conferimenti, scatta il principio
di eguaglianza;
come regola in deroga al principio espresso sotto il precedente punto, che la determinazione
della parte di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite può essere rimessa ad un terzo, la
cui decisione può essere impugnata ai sensi dell’art. 1349, salvo che dal socio il quale abbia
volontariamente eseguito la decisione stessa (art. 2264).
Regola a parte è quella contenuta nell’art. 2263 comma 2, che, in mancanza di determinazione
contrattuale delle parti, affida alla decisione del giudice secondo equità la determinazione della
parte di utili spettante al socio che ha conferito la propria opera. E ciò costituisce occasione propizia
per trattare della discussa figura del socio d’opera. La norma non risolve affatto il problema che la
figura del socio d’opera ha suscitato, sempre in bilico tra la posizione di lavoratore subordinato che
trova nella prestazione della sua opera la fonte del suo sostentamento e la posizione di prestatore
autonomo di lavoro in quanto cointeressato alle sorti dell’impresa. È questa incertezza che si riflette
nelle posizioni della dottrina che si è occupata dei criteri che il giudice deve seguire, dividendosi tra
chi ritiene che occorre estendere al socio d’opera i principi propri del lavoro subordinato prestato
nella società rappresenti l’unica fonte di sostentamento, e chi pensa che il giudice non possa
ispirarsi, neppure in via indicativa, alle retribuzioni stabilite dai contratti collettivi ma debba
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ricorrere ai compensi correnti per i lavoratori autonomi. E forse sembra più giusto l’orientamento di
chi tenta una mediazione tra le due posizioni, indicando parametri di valutazione endogeni. In ogni
caso,qualunque delle soluzioni si accolga, appare opportuno avvertire che in tanto il giudice potrà
applicare la norma in esame, solo in quanto il valore del conferimento del socio d’opera non sia
determinato e lo siano invece quelli dei soci capitalisti.
La problematica relativa ai rapporti della società con i terzi può essere analizzata sotto i due punti di
vista :
1) quello della rappresentanza: i soggetti che hanno il potere di spendere il nome della società e
quindi di impegnarla nei confronti di terzi .
La rappresentanza sociale
Si tratta solo di ricordare la norma dell’art. 2266, la quale dispone che “la società acquista diritti e
assume le obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio
nella persona dei medesimi. – In mancanza di diversa disposizione del contratto, la
rappresentanza spetta a ciascun socio amministratore e si estende a tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale. –Le modificazioni e l’estinzione dei poteri di rappresentanza sono
regolate dall’art. 1396”.
Efficacemente si è scritto che questa disposizione pone le condizioni in presenza delle quali un
diritto acquistato da un socio o un’obbligazione da questo assunta può essere qualificato come
diritto o come obbligazione sociale. La condizione posta è che il diritto sia stato acquistato e
l’obbligazione sia stata assunta da un socio che abbia la rappresentanza della società.
Le situazioni che sulla base della norma possono in concreto verificarsi con stretto riguardo alla
persona dell’investito sono le seguenti:
se il contratto sociale nulla dispone in ordine alla rappresentanza, questa spetterà a ciascun
socio amministratore;
Le situazioni che, sempre in relazione all’art. 2266, possono verificarsi in concreto con
riguardo al contenuto e all’estinzione dei poteri di rappresentanza:
se il contratto nulla dice, la rappresentanza si estende al compimento di tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale;
se, invece, il contratto detta disposizioni limitatrici del contenuto si tratterà di stabilirne
l’ammissibilità.
(Rappresentanti : sono coloro che hanno il potere di manifestare ai terzi la volontà della società e
questa assume diritti e obbligazioni per mezzo dei soci
Amministratore : è colui che ,nei limiti delle competenze legali statutarie ,gestisce gli affari della
società.)
L’art. 2267 dispone che “i creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio
sociale. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e illimitatamente i soci che
hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci”.
I creditori sociali possono far valere le loro pretese innanzi tutto sul patrimonio sociale, che è
destinato principalmente se non esclusivamente alla soddisfazione delle loro pretese, con esclusione
di ogni pretesa dei creditori particolari dei soci, i quali, oltre a poter far valere i loro diritti sugli
utili spettanti al socio e a poter compiere atti conservativi sulla quota che al socio medesimo
spetterà nella liquidazione, possono chiedere la liquidazione della quota dei loro debitori, solo a
condizione che gli altri beni di costoro siano insufficienti a soddisfare le obbligazioni.
Gli stessi creditori sociali possono rivolgersi per la soddisfazione dei loro crediti anche nei confronti
dei soci, i quali rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali (art. 2267).
Per la verità, la legge opera una distinzione tra soci che hanno agito in nome e per conto della
società, soci agenti, e gli altri soci, disponendo per i primi la inderogabilità della responsabilità
illimitata e solidale e per i secondi la derogabilità di tale disposizione .Cioè mentre i primi non
possono opporre patti d limitazione della responsabilità nei confronti dei terzi ,mentre i secondi
possono opporre patti limitativi della responsabilità ai terzi,a condizione di aver reso edotti i terzi
con mezzi idonei.
il patrimonio sociale costituisce la garanzia esclusiva per i creditori sociali e non subisce, se
non limitatissimamente, il concorso dei creditori particolari dei soci;
in nessun caso può restare esclusa la responsabilità personale di tutti i soci.
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Responsabilità dei soci nei confronti dei propri
L’art. 2270 detta, a tutela dei creditori particolari, tre regole, concedendogli le seguenti possibilità:
far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore: questa regola è coerente con il principio
secondo cui, data l’autonomia patrimoniale della società, il socio non ha diritto alcuno
sui beni della società, ma solo sugli utili realizzati e sulla quota di liquidazione all’atto della
cessazione del rapporto e dello scioglimento della società. Far valere i suoi diritti sugli utili
significa compiere atti conservativi ed esecutivi, ma non equivale a dire che il creditore possa
in qualche modo influire sulla distribuzione e più precisamente sulla quantificazione degli
utili da distribuire;
ottenere la liquidazione della quota del suo debitore “se gli altri beni di questi sono
insufficienti a soddisfare i suoi crediti”.
A salvaguardia del patrimonio sociale, stanno, perciò, nella società semplice, due importanti regole:
il creditore particolare, nel richiedere la liquidazione della quota, ha l’onere di provare che
gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti ed essendo tale disposizione
eccezionale, fin quando vi è capienza nel patrimonio personale del socio, la liquidazione
della quota non può essere chiesta;
il creditore personale non potrà agire direttamente sui beni della società, ma potrà ottenere
una somma di denaro corrispondente al valore della quota.
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Modificazioni soggettive del contratto di società
Per tali si intendono le modificazioni del contratto che riguardano le persone dei soci. La
manifestazione più significativa di tali modificazioni è, accanto al trasferimento della quota sociale,
lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio.
È opportuno ricordare che il socio può rimanere tale fino all’estinzione della società, ma può
cessare di essere tale anche prima di tale momento,oltre che per la morte, anche per cause
dipendenti dalla sua volontà (recesso) o dipendenti dalla volontà della società (esclusione) ovvero
ancora indipendenti e dall’una e dall’altra (esclusione di diritto).
Morte
La disciplina di questo evento contiene una deroga al regime ordinario delle successioni mortis
causa: gli eredi, infatti, non subentrano di diritto nel rapporto sociale, atteso che l’art. 2284 pone,
come regola ordinaria, l’intrasmissibilità mortis causa della posizione di socio, disponendo che in
caso di morte di uno dei soci, salvo contraria disposizione del contratto sociale, gli eredi hanno solo
diritto a ricevere la liquidazione della quota del loro dante causa. Dalla morte del socio possono
derivare le seguenti conseguenze:
se nulla prevede il contratto sociale le strade alternativamente percorribili sono tre:
in relazione alla possibilità che il contratto preveda patti in deroga alla disciplina legale, si
sono ipotizzati vari tipi di clausole limitative del potere di scelta. Le clausole che hanno interessato
maggiormente la dottrina e la giurisprudenza sono quelle che prevedono la continuazione
della società con gli eredi del socio defunto, che sogliono raggrupparsi in tre categorie
distinte:
Recesso
Il recesso è una dichiarazione unilaterale di volontà, con la quale il socio dichiara di voler
sciogliere il rapporto contrattuale che lo lega alla società.
Regolato dall’art. 2285, tre sono i casi in cui esso può essere esercitato:
quando la società è stata contratta a tempo indeterminato ovvero è stata commisurata alla vita
di uno dei soci;
quando sussiste una giusta causa;
nei casi previsti dal contratto sociale.
Nei primi 2 casi si parla di recesso legale, mentre nell’ultimo caso si parla di recesso
convenzionale.
Per rescissione legale si intendono i due casi di :
b)società commisurata alla vita di uno dei soci, che ha una durata coincidente con la vita di uno
dei soci.
Può considerarsi una ipotesi di recesso legale anche il recesso per giusta causa, la giurisprudenza,
ha individuato due criteri generali per poter ritenere giustificato il recesso, e cioè
Occorre infine ricordare che il recesso non è né limitabile né rinunciabile e deve essere esercitato
personalmente dal socio o dal suo legale rappresentante.
La dichiarazione di recesso non è assoggettata a particolari forme. Essa può essere espressa ovvero
tacita e, nel primo caso, può essere scritta o orale. In ordine all’efficacia, l’art. 2285 comma 3
stabilisce che “nei casi previsti nel primo comma, il recesso deve essere comunicato agli altri soci
con un preavviso di almeno tre mesi”. Per poter opporre la dichiarazione di recesso agli altri soci,
occorre provare che il mezzo scelto per “comunicare” abbia raggiunto lo scopo di far conoscere a
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costoro la dichiarazione di recesso e per poterlo opporre a terzi, occorre portarlo a loro conoscenza
con mezzi idonei.
L’esclusione è vista come una sorta di risoluzione parziale del contratto di società che produce i
suoi effetti immediatamente nei confronti delle persone dei soci. In linea di principio, i casi di
esclusione trovano la loro fonte nella legge, laddove la possibilità di prevedere, nel contratto, ipotesi
aggiuntive rispetto a quelle legali è circondata da riserve e da limiti.
L’esclusione può essere facoltativa o di diritto.
L’esclusione detta facoltativa, che avviene per deliberazione della maggioranza dei soci o nella
società di due soci in seguito a pronuncia del tribunale, si chiama così proprio perché l’adottare il
provvedimento è una facoltà e non un obbligo. Essa è regolata all’art. 2286 il quale prevede vari
casi:
il primo motivo è costituito dalle gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano al socio
dalla legge o dal contratto sociale;
il secondo motivo riguarda la persona del socio, nel senso che questo può essere escluso ove
sia colpito da provvedimento di interdizione, legale o giudiziale, e di inabilitazione;
Una terza categoria di cause (art. 2286 commi due e tre) comprende cause che si riconnettono alla
impossibilità sopravvenuta della prestazione e precisamente:
Procedimento di esclusione
Deliberazione della maggioranza dei soci. Occorre non computare nel numero di questi il socio
da escludere. È sufficiente il consenso della maggioranza anche senza una deliberazione in
senso tecnico .La decisione deve essere motivata.
Comunicazione al socio escluso.
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L’esclusione ha effetto decorsi trenta giorni dalla comunicazione e da tale momento il socio perde
tale qualità e decorrono altresì i sei mesi per la liquidazione della quota da parte della società. A
norma dell’art. 2287 entro trenta giorni dalla data della comunicazione “il socio escluso può fare
opposizione al tribunale, il quale può sospendere l’esecuzione
L’esclusione di diritto
Si caratterizza rispetto all’esclusione facoltativa perché consegue quasi automaticamente al
verificarsi del fatto che la legge indica come generatore, indipendentemente da
ogni valutazione discrezionale degli altri soci. A norma dell’art. 2288 è escluso di diritto il socio
che si sia dichiarato fallito e il socio nei cui confronti il creditore particolare abbia ottenuto la
liquidazione della quota.
Al primo comma si legge: “nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio,
questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di denaro,che rappresenti il valore della
quota”. Dall’avverbio “soltanto”, si desume che il socio uscente non può pretendere la restituzione
dei beni che egli abbia eventualmente conferito in natura.
Al secondo comma si legge: “la liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale
della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento”, nel senso che il socio sopporta le
conseguenze delle operazioni in corso al momento dello scioglimento del vincolo.
Il quarto comma stabilisce che la quota deve essere liquidata entro sei mesi dal giorno in cui si è
verificato lo scioglimento del rapporto, con la conseguenza che la mancata liquidazione entro tale
termine comporta l’applicazione del principio della rivalutazione del debito della società nei
confronti del socio cessato.
L’art. 2290 stabilisce che “nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio,
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questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si
verifica lo scioglimento. – Lo scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei; in mancanza, non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato”.
1) Redazione inventario
2)monetizzazione dell’attivo
3)pagamento delle passività sociali e la redazione del bilancio finale di liquidazione
4)piano di riparto
Nelle società semplici l’art. 2275 assegna al procedimento formale un ruolo suppletivo ,perché su di
esso fa prevalere la liquidazione pattizia (cioè una modalità di liquidazione prevista nel contratto
sociale o determinata d’accordo fra i soci-previo pagamento dei debiti sociali).
Se per la nomina dei liquidatori il procedimento prevede che si aggiunga il consenso di tutti i soci,
la nomina è fatta con decreto del presidente del tribunsale su istanza di 1 o più soc.
I liquidatori devono compiere tutti gli atti necessari alla liquidazione possono vendere in blocco
beni , possono fare transizioni e compromessi ,tranne che i soci non abbiano diversamente disposto
(Art.2278 c.c.).A questi poteri si affiancano quelli di rappresentanza sostanziale processuale della
società,sia i doveri e obblighi come quello di inventariare i beni sociali presi in consegna ,di non
intraprendere nuove operazioni.
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Estinti i debiti occorre poi ripartire l’attivo residuo tra i soci .L’approvazione del rendiconto finale
libera i liquidatori di fronte ai soci segnando la fine della liquidazione.
La fissazione di un termine di durata della società non è, nella società semplice, indispensabile.
Nell’ipotesi in cui il contratto sociale contenga tale elemento, nulla esclude che prima della
scadenza i soci possano fissare un altro termine di durata, prorogando espressamente la società. la
disciplina prevede anche una proroga tacita, la quale si ha “quando, decorso il tempo per cui fu
contratta, i soci continuano a compiere le operazioni sociali” ( art. 2273 ).
La disciplina della società in nome collettivo è contenuta negli articoli da 2291 a 2312. La società in
nome collettivo può essere definita come la società in cui tutti i soci rispondono illimitatamente e
solidalmente delle obbligazioni sociali, senza che il patto contrario abbia effetto nei confronti dei
terzi. Caratteristiche peculiari di tale tipo di società sono la possibilità di essere utilizzata per
l’esercizio di ogni specie di attività e la responsabilità illimitata e solidale dei soci.
L’art. 2291 induce a un triplice ordine di considerazioni:
la norma ha una funzione di identificazione del tipo, anche se la responsabilità illimitata e solidale
per le obbligazioni sociali è elemento necessario ma non sufficiente. Una specifica ed espressa
dichiarazione di voler adottare il tipo della società in nome collettivo occorrerà soltanto se l’oggetto
sociale consista nell’esercizio di un’attività non commerciale, data la possibile confusione con il
tipo della società semplice;
l’ambito di applicazione di tale norma va al di là dell’attualità del vincolo sociale, nel senso
che in forza dell’art. 2269 “chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli
altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di socio” , e in forza
dell’art. 2290, i soci uscenti o i loro eredi rispondono verso i terzi per le obbligazioni sociali
fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento;
il secondo comma sancendo l’inefficacia assoluta nei confronti dei terzi dei patti limitativi
della responsabilità sanziona una prima, non trascurabile differenza di disciplina rispetto al
regolamento dell’omologa materia nella società semplice.
Le principali differenze della società in nome collettivo con la società semplice sono:
la presenza, nella disciplina delle società in nome collettivo, di una norma che indica il contenuto
dell’atto costitutivo, e cioè l’art. 2295;
l’inesistenza di limiti relativi all’oggetto sociale, che può, nella società in nome collettivo,
consistere nell’esercizio di qualunque tipo di attività lecita (commerciale, agricola, professionale);
l’inefficacia esterna dei patti limitativi della responsabilità dei singoli soci;
un più accentuato livello di autonomia patrimoniale, e quindi una regolamentazione parzialmente
diversa dei rapporti della società con i terzi;
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l’esistenza di un regime di pubblicità abbastanza articolato;
l’esistenza di una serie di norme in tema di capitale sociale, che mancano nella società semplice
L’atto costitutivo
A differenza di quanto avviene per la società semplice, la legge disciplina in modo compiuto l’atto
costitutivo e le indicazioni che devono esservi contenute. La libertà della forma resta la regola
anche per la costituzione della società in nome collettivo e l’atto scritto è richiesto solo a fini
dell’iscrizione nel registro delle imprese e, perciò, solo ai fini della regolarità della società, tant’è
che come esiste la società semplice di fatto così esiste anche la società in nome collettivo di fatto. In
caso di costituzione della società per atto scritto, non è indispensabile la contestuale presenza di tutti
i requisiti indicati nei numeri da 1 a 9 dell’art. 2295, dovendosi distinguere dal contenuto del
contratto sociale essenziale per l’esistenza della società quel contenuto che serve solo ai fini
dell’iscrizione nel registro delle imprese.
I soggetti partecipanti
Il n.1 dell’art. 2295 prescrive che l’atto costitutivo deve indicare “il cognome e il nome, il
luogo di nascita, il domicilio e la cittadinanza dei soci”. L’essenzialità dell’elemento è in re ipsa, dal
momento che non esisterebbe un contratto che non contenesse l’indicazione delle parti contraenti. I
problemi che la norma suscita riguardano la partecipazione degli incapaci e la partecipazione di
soggetti diversi dalle persone fisiche. Con riferimento al primo di essi, la disciplina contiene una
norma, l’art. 2294, a tenore della quale “la partecipazione di un incapace alle società in nome
collettivo è subordinata in ogni caso all’osservanza delle disposizioni degli art. 320, 371, 397, 424 e
425”. Queste norme dispongono che il minore, l’interdetto e l’inabilitato, per continuare l’esercizio
di una impresa commerciale devono ricevere l’autorizzazione del tribunale e che il minore
emancipato può esercitare un’impresa commerciale senza l’assistenza del curatore se è autorizzato
dal tribunale previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore.
Per ciò che riguarda l’amministrazione basta tenere presente che , ai sensi dell’art. 2295, nell’atto
costitutivo devono essere indicati i soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della
società. Deve aggiungersi che per gli amministratori di società in nome collettivo è prescritto
l’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili prescritti dall’art. 2214.
La ragione sociale
Il n. 2 dell’art. 2295 indica quale elemento da includere nell’atto costitutivo la ragione sociale,
disciplinata nell’art. 2292, proprio per rimarcare che anche la società in nome collettivo deve
esercitare la sua attività adottando un nome. Definibile come la ditta sotto il quale agiscono le
società in nome collettivo e le società in accomandita semplice, la ragione sociale assolve, in primo
luogo, ad una funzione di identificazione del soggetto.
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L’art. 2292 fissa due regole:
il primo comma, quando prescrive che accanto al nome dei soci venga indicato il rapporto sociale
il secondo comma, disponendo che “la società può conservare nella ragione sociale il nome del
socio receduto o defunto, se il socio receduto o gli eredi del socio defunto vi consentono” (ragione
sociale derivata).
1)l’inosservanza della prescrizione contenuta nell’art. 2292 determina l’irregolarità della ragione
sociale, che può dar luogo anche al rifiuto di iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle
imprese;
3)alla ragione sociale si applica “il principio di novità”, grazie al rinvio diretto all’art. 2564 , che
stabilisce che quando una ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e può creare
confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa è esercitata deve essere integrata o
modificata per differenziarla la seconda che ha effettuato l’iscrizione dalla prima.
l’individuazione del registro delle imprese in cui la società deve essere iscritta;
Può darsi il caso che la sede legale non coincida con la sede reale, che è quella dove c’è il centro
effettivo di direzione e di svolgimento dell’attività sociale, dove risiedono gli amministratori e
coloro che hanno il potere di rappresentare la società, dove è convocata l’assemblea sociale.
Quando non vi è corrispondenza tra la sede legale e sede effettiva, giurisprudenza e dottrina, quasi
unanimemente, propendono per la prevalenza della seconda sulla prima, con la precisazione che nel
caso di società collettiva regolare, non potendosi vanificare del tutto gli effetti della pubblicità, la
società non potrà opporre ai terzi la mancata coincidenza della sede dichiarata con quella effettiva.
Alla sede secondaria è dedicata una norma (2299), la quale si limita a stabilire prescrizioni formali
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relative all’obbligo di iscrizione di tale sede presso l’ufficio del registro delle imprese del luogo in
cui essa è istituita. Per aversi sede secondaria occorrono:
un rapporto di dipendenza economica ed organizzativa con la sede principale;
uno stabile apprestamento di mezzi destinati allo svolgimento dell’attività sociale ed un
rappresentante
stabile della società;
un autonomo ambito di affari, sulla base del quale viene determinata la legittimazione sostanziale
e processuale di colui che è ad essa preposto.
Anche se la norma tace , la mancata iscrizione della sede secondaria produce l’irregolarità della
società. L’oggetto sociale ART .2295 n.5 già trattato in precedenza pag.32
Conferimenti, capitale sociale
Il n. 6 dell’art. 2295 prescrive che l’atto costitutivo indichi i “conferimenti dei soci, il valore ad
essi attribuito e il modo di valutazione”. Per la società in nome collettivo appare più opportuno
parlare di capitale sociale dal momento che la legge esplicitamente vi allude in due norme, gli art.
2303 e 2306.
Il capitale sociale rappresenta il valore in denaro dei conferimenti dei soci, quale risulta dalle
valutazioni compiute nel contratto sociale. Esso resta fisso nel corso della vita sociale finchè con
una modificazione dell’atto costitutivo non se ne decida una variazione.
Il patrimonio sociale rappresenta, invece, il complesso dei rapporti giuridici facenti capo
all’imprenditore.
Anche per la società in nome collettivo è importante porre in evidenza la necessità di un confronto
costante tra capitale sociale e patrimonio sociale per capire se la situazione patrimoniale della
società si evolva in senso positivo o in senso negativo.
Gli art. 2303 e 2306, rispettivamente dedicati alla perdita e alla riduzione del capitale.
L’art.2303, dopo aver sancito al primo comma che possono essere distribuiti solo gli utili
realmente conseguiti, dispone al secondo comma che “se si verifica una perdita di capitale sociale
non si può fare luogo a ripartizione degli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in
misura corrispondente”. Tale norma è rivolta ad assicurare l’intangibilità e l’integrità del capitale
sociale.
A norma dell’art. 2306, la delibera di riduzione del capitale sociale può essere attuata:
quando nessun creditore sociale abbia fatto opposizione;
quando le opposizioni eventualmente proposte siano state successivamente ritirate;
quando il tribunale, su richiesta della società, abbia autorizzato l’esecuzione della delibera,
previa prestazione di garanzia idonea;
quando i creditori sociali siano stati soddisfatti, dal momento che solo ad essi è inopponibile
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l’esecuzione della delibera. Anche tale norma è rivolta ad assicurare l’intangibilità e l’integrità del
capitale sociale.
La prescrizione contenuta nell’art. 2295, n. 7 impone che nell’atto costitutivo siano indicate le
prestazioni dei soci d’opera.
Socio d’opera è colui che si sia impegnato a conferire la propria attività e il risultato di questa.
Scontata la negazione dell’assimilazione della prestazione del socio d’opera a quella del lavoratore
subordinato.
L’indicazione dei soci d’opera è importante: in primo luogo, non essendo ontologicamente possibile
valutare in termini monetari, a differenza di quanto avviene per la maggior parte delle altre specie di
conferimento, l’apporto di chi conferisce il proprio lavoro, il legislatore si è preoccupato di
richiedere innanzi tutto che venga consacrato contrattualmente l’obbligo del conferimento della
propria opera e, in secondo luogo, che sia precisato nel contratto in che cosa l’apporto medesimo si
concreti .
Per la ciò che concerne la distribuzione degli utili occorre analizzare l’art. 2295 n.8, secondo cui
nell’atto costitutivo devono essere indicate le norme secondo le quali gli utili devono essere
ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite.
Se è vero che, con riguardo agli utili, v’è assoluta identità di dettato fra le norme disciplinanti
questa materia, non altrettanto può dirsi con riguardo alle perdite: in altri termini, identica la norma
sugli utili, manca nella disciplina delle società di capitali ogni disposizione relativa alle perdite di
contenuto analogo a quello della norma in commento.
Il n. 9 dell’art. 2295 impone che nell’atto costitutivo sia indicata la durata della società, in tal
modo avvicinando la disciplina della società in nome collettivo a quella delle società di capitali e
delle società cooperative.
L’apparentamento con la società di capitali è neutralizzato dalla presenza di una
norma come l’art. 2307, che, consentendo una proroga tacita, rende ammissibile una società in
nome collettivo di durata indeterminata e quindi, da un punto di vista sostanziale, avvicina la
società in nome collettivo alla società semplice .E da ciò trae vita la convinzione che la durata della
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società non è tra quelle indicazioni la cui mancanza possa determinare un rifiuto di iscrizione della
so società nel registro delle imprese.
Occorre un accenno alla proroga della durata della società. la proroga può essere:
espressa, qualora i soci, di comune accordo, decidano di fissare, prima della scadenza del
termine originario, un nuovo termine di durata;
tacita, allorché secondo il disposto dell’art. 2273, “decorso il tempo per cui fui contratta, i
soci continuano a compiere le operazioni sociali”.
La disciplina della pubblicità della società in nome collettivo è contenuta principalmente in due
norme:
l’art. 2300, che impone agli amministratori di richiedere, sempre entro trenta giorni,
l’iscrizione delle modificazioni dell’atto costitutivo e degli altri affari relativi alla società,
dei quali è obbligatoria l’iscrizione.
la società in nome collettivo è soggetta all’onere dell’iscrizione nel registro delle imprese,
indipendentemente dal fatto che l’attività sia o no esercitata ad impresa e dal fatto che l’attività
stessa sia o no di natura commerciale;
l’iscrizione della società in nome collettivo nel registro delle imprese: l’inosservanza di essa
determina, da un lato, una situazione di irregolarità e, dall’altro, una parziale modificazione della
disciplina dettata per le società collettive regolari;
presupposto indefettibile per l’iscrizione è il deposito presso l’Ufficio del registro della scrittura
privata autenticata ovvero della copia autenticata dell’atto pubblico.
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cui si attaglia la omologa disciplina della società semplice, la quale è sottoposta ad un diverso
regime di pubblicità;
la regola in base alla quale ai rapporti società in nome collettivo irregolare – terzi, si applicano
le norme regolanti l’omologa materia nell’ambito della società semplice subisce due
importanti eccezioni:
1 resta ferma ai sensi del primo comma dell’art. 2297 la responsabilità illimitata e solidale
dei soci nei confronti dei terzi per le obbligazioni sociali;
2 si presume che la rappresentanza sociale spetti a tutti i soci che agiscono per la società,
e non si applicherà quindi l’art. 2266 comma due.
L’irregolarità può anche essere sopravvenuta, nel senso che una società originariamente regolare
divenga poi irregolare per aver continuato l’attività dopo la cancellazione dal registro delle imprese.
Di converso, una società irregolare può sanare la sua posizione attraverso la regolarizzazione, la
quale si attua con l’iscrizione della società nel registro delle imprese a norma dell’art. 2296 e ha
effetto ex nunc provocando la sostituzione della disciplina della società irregolare con quella
collettiva regolare.
La norma dell’art. 2298 pur avendo una sua centralità, non ha una sua compiuta autonomia, nel
senso che, al fine di delineare integralmente il sistema della rappresentanza nella società in nome
collettivo, occorre necessariamente richiamare i primi due commi dell’art. 2266, e cioè:
nei rapporti esterni, pur non avendo la personalità giuridica, le società di persone e quella in
nome collettivo in particolare si presentano come un gruppo unitario, portatore di una propria
volontà e titolare di un proprio patrimonio, capace come tale di assumere obbligazioni,
acquistare diritti e di stare in giudizio; (art.2266)
il limite ai poteri degli amministratori è costituito dall’oggetto sociale, come si ricava
dall’espressione di esordio dell’art. 2298 (che dice che l’amministratore rappresentante della società
può compiere atti che rientrano nell’oggetto sociale)e dal 2266 comma 2
è possibile determinare il contenuto dei poteri di rappresentanza (art. 2298 comma 1)
per essere opponibili ai terzi le limitazioni devono essere iscritte nel registro delle imprese o,
in mancanza, occorre provare che i terzi ne hanno avuto conoscenza;( art.2298 comma 2)
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gli amministratori – rappresentanti devono, entro quindici giorni dalla nomina, depositare
presso l’ufficio del registro delle imprese le loro firme autografe.
La materia è regolata dall’art. 2305, il quale costituisce una prosecuzione dell’art. 2270, regolante la
posizione del socio di società semplice nei confronti del proprio creditore particolare. Mentre il
creditore particolare del socio di società semplice potrà chiedere sempre la liquidazione della quota
del socio suo debitore (qualora gli altri beni di quest’ultimo siano insufficienti a soddisfare i suoi
crediti), tale potere è negato al creditore particolare del socio di collettiva, tranne che nelle ipotesi di
accoglimento dell’opposizione giudiziale alla proroga espressa da lui stesso esperita e di proroga
tacita .Di conseguenza al creditore particolare sarà sempre concesso di far valere i suoi diritti sugli
utili spettanti al socio debitore e di compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo
per effetto della liquidazione della società,ove gli altri beni siano insufficienti.
Alle cause di scioglimento previste per tutte le società personali dall’art.2272 c.c., si aggiungono
per la società in nome collettivo ,il provvedimento dell’autorità governativa nei casi stabiliti
dalla legge e la dichiarazione di fallimento della società.
In aggiunta a quanto si è scritto per la società semplice :
A) I liquidatori devono redigere il bilancio finale della liquidazione e proporre ai soci un piano di
riparto: ambedue devono essere comunicati ai soci mediante lettera raccomandata e si intendono
tacitamente approvati se non impugnati entro due mesi dalla comunicazione ,con l’effetto che
l’approvazione libera i liquidatori di fronte ai soci.
B)Alle due fasi se ne aggiunge una terza :la cancellazione della società dal registro delle imprese.
Compiuta la liquidazione a cura dei liquidatori , i libri e le scritture contabili della società devono
essere depositati presso la persona designata dalla maggioranza e conservati per dieci anni.
i soci accomandatari, i quali sono responsabili illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni
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sociali ed hanno correlativamente il potere di amministrare la società;
e i soci accomandanti, i quali sono responsabili nei limiti della quota conferita e sono
correlativamente esclusi dall’amministrazione della società, pur avendo poteri di controllo sulla
gestione.
norme dettate in sede materiale, le quali sono contenute negli art. 2313 – 2324;
norme regolanti la società in nome collettivo, espressamente richiamate dall’art. 2315, a
condizione che siano compatibili con la disciplina materiale.
Occorre ricordare:
che anche per la costituzione della società in accomandita semplice non è imposta alcuna
forma determinata, essendo la forma scritta funzionale unicamente all’iscrizione nel registro
delle imprese;
che l’atto costitutivo deve contenere gli elementi indicati nell’art. 2295 con due aggiunte: la
ripartizione dei soci nelle due categorie di accomandanti e accomandatari e la distinta indicazione
dei conferimenti degli uni e degli altri.
La disciplina
L’art. 2318 testualmente dispone che “i soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci
della società in nome collettivo”. L’art. 2314 è norma imposta dall’esistenza delle due categorie di
soci. Esso dispone, da un lato, che la ragione sociale deve contenere, accanto all’indicazione del
rapporto sociale, il nome di almeno uno dei soci accomandatari e legittima, dall’altro, la ragione
sociale derivata.
La materia è regolata essenzialmente da tre norme contenute negli art. 2318 – 2320: il secondo
comma dell’art. 2318 stabilisce che “l’amministrazione della società può essere conferita
soltanto ai soci accomandatari” e, di converso, l’art. 2320 che esordisce stabilendo che “i soci
accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari
in nome della società, se non in forza di procura speciale per i singoli affari”.
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se nulla dispone l’atto costitutivo, il potere di amministrazione spetta disgiuntamente a ciascun
socio accomandatario secondo le regole fissate nel primo comma dell’art. 2257;
se l’amministratore viene nominato con atto separato, la decisione, oltre a dover ricevere il
consenso di tutti i soci accomandatari, deve avere l’approvazione della maggioranza dei soci
accomandanti (analogamente deve avvenire per la revoca dell’amministratore così nominato);
Esistono due tipi di divieti che la legge pone in capo agli accomandanti:
il primo è contenuto nell’art. 2314 comma due, il quale commina all’accomandante che abbia
consentito di far comparire il proprio nome nella ragione sociale la perdita della
responsabilità limitata nei confronti dei terzi;
il secondo problema riguarda l’atteggiarsi della responsabilità: in questo caso si discute se
l’accomandante ingeritosi divenga responsabile solo nei confronti dei terzi ovvero se debba
sopportare anche nei rapporti interni una quota delle perdite subite dalla società.
I poteri dell’accomandante
Per ciò che concerne i poteri l’art. 2320 consente agli accomandanti di “prestare la loro opera sotto
la direzione degli amministratori”. Nel caso che vengano a mancare tutti gli accomandatari, l’art.
2323 concede agli accomandanti il potere di nominare per il semestre di grazia un amministratore
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provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. Gli accomandanti hanno
altresì il diritto di “avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite
e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società”. Con riguardo ai
poteri aventi la loro fonte nell’atto costitutivo, oltre ad un possibile allargamento generale di essi,
vanno segnalati quello di dare autorizzazione e pareri per determinate operazioni e quello di
compiere atti di ispezione e sorveglianza (art. 2320).
Sono problemi riguardanti l’applicazione all’accomandante di alcune norme dettate per il socio di
società in nome collettivo, ed in particolare:
dell’art. 2288 che prevede l’esclusione di diritto del socio fallito;
dell’art. 2294, che subordina la partecipazione di incapaci legali, inabilitati e emancipati
alle disposizioni dettate in materia per l’imprenditore individuale. La tesi della non applicabilità
della norma viene giustificata con la circostanza che, essendo la responsabilità
dell’accomandante limitata al conferimento, non ricorre l’esigenza di proteggere
l’accomandante dalle rovinose conseguenze cui la responsabilità illimitata può portare.
l’art. 2301 non si ritiene applicabile all’accomandante. Tale articolo vieta al socio di collettiva
di esercitare un’attività concorrente con quella della società e di partecipare come socio
illimitatamente responsabile a quella di altra società.
Occorre ricordare che l’iscrizione della società in accomandita semplice ha efficacia dichiarativa e
la sua mancata iscrizione determina la irregolarità di essa. La disciplina dell’accomandita semplice
irregolare è contenuta nell’art. 2217, il quale fissa due regole:
rinvia per i rapporti tra società e terzi alle disposizioni contenute nell’art. 2297, che è la
norma che disciplina la collettiva irregolare;
esclude dalla responsabilità illimitata nei confronti dei terzi i soci accomandanti, “salvo che
abbiano partecipato alle operazioni sociali”.
Dalla combinazione delle due regole deriva che appare identica alla responsabilità illimitata dei soci
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di collettiva irregolare la sola responsabilità dei soci accomandatari, proprio perché resta ferma, ad
onta della mancata registrazione, la limitazione di responsabilità dei soci accomandanti per le
obbligazioni sociali. Alle società in accomandita semplice irregolare si applica la residua disciplina
della società in accomandita semplice regolare ad eccezione delle norme che presuppongano
adempimenti pubblicitari.
LE SOCIETÀ DI CAPITALI
Il perfezionamento dell’atto costitutivo non comporta l’immediata costituzione delle società a base
capitalistica (Spa,Srl,società in accomandita per azioni),segnando solo l’avvio del procedimento al
termine del quale esse perdono vita .E’quindi netta la diversità rispetto alle società personali,poiché
le società per capitali la personalità giuridica si acquista con l’iscrizione dell’atto costitutivo nel
registro delle imprese .Le società di capitali hanno autonomia patrimoniale perfetta cioè rispondono
delle obbligazioni che assumono solo con il proprio patrimonio ,con l’esclusione dei soci ,il cui
unico rischio è limitato alla perdita del conferimento.
La società per azioni rappresenta il principale tipo di società di capitali e, allo stesso tempo, la
forma più importante di società predisposta per le imprese di grandi dimensioni, che richiedono
l’apporto di ingenti capitali e importano l’assunzione di notevoli rischi. Carattere fondamentale
della società per azioni è il vincolo tra società e socio che risulta impersonale e anonimo. Sotto il
profilo giuridico la S.p.A. può essere definita come la persona giuridica che esercita attività
economica con il patrimonio conferito dai soci e con gli utili eventualmente accumulati e nella
quale le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni.
la limitazione della responsabilità dei soci al conferimento, pertanto i creditori sociali dovranno
rivolgersi alla società, senza poter esperire azioni individuali nei confronti dei singoli soci.
Un discorso a parte merita la c.d. società con unico azionista. Qualora, per qualsiasi motivo,
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tutte le azioni si concentrino nelle mani di una sola persona, l’art. 2362 – al fine di evitare che con
la costituzione di una S.p.A. una persona singola possa limitare la propria responsabilità
patrimoniale in danno dei creditori – ha sancito la responsabilità illimitata dell’unico azionista per
le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni risultino essere appartenute a lui soltanto
(anche se fittiziamente intestate ad altri).
il fatto che le quote di partecipazione siano rappresentate da azioni, ovvero frazioni di uguale
misura in cui è diviso il capitale sociale;
il fatto che il capitale sociale non possa essere inferiore a 120.000.00 Euro
La società per azioni si costituisce per atto pubblico che può essere stipulato simultaneamente, cioè
immediatamente, oppure in più fasi con il procedimento di pubblica sottoscrizione (art. 2333).
Il contenuto dell’atto costitutivo è stabilito dall’art.2328 c.c. e deve indicare:
il cognome ed il nome dei soci, il luogo e la data di nascita, il domicilio, la cittadinanza dei
soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni sottoscritte da ognuno di essi.
Il riferimento ai promotori riguarda la società costituita per pubblica sottoscrizione.
la denominazione, la sede della società e le eventuali sedi secondarie. La società ha un nome
che deve essere dichiarato con l’integrazione del tipo di società per azioni ; indispensabile è
l’individuazione della sede, la principale, cioè, la legale e le eventuali sedi secondarie.
l’attività che costituisce oggetto sociale. Indica cioè il settore in cui la società opera che deve
essere indicato in maniera specifica e non generica.
l’ammontare del capitale sottoscritto e versato. La sottoscrizione segna il momento nel quale
il socio si obbliga a conferire. Il capitale sociale si distingue in capitale sottoscritto e versato;
il capitale minimo è attualmente 120 .ooo.oo euro.
il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni ,le loro caratteristiche le modalità di
emissione e circolazione.
Il termine eventuale è utilizzato perché nella precedente disciplina bisognava indicare il valore
nominale delle azioni , oggi non è più obbligatoria tale indicazione ,il valore nominale delle azioni
È comunque il risultato della divisione tra l’ammontare del capitale sociale e il numero delle azioni.
le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti. La previsione può riguardare, tra
l’altro, sia la misura dell’utile che si intende dividere, nel rispetto della destinazione a riserva
sia la destinazione da imprimergli per finalità, comunque, compatibili con l’interesse della
società, ma non a beneficio dei soci.
il numero dei componenti il collegio sindacale. Anche con riguardo ai sindaci, i primi devono
essere nominati nell’atto costitutivo ( art. 2400 ); il numero è ricompreso tra un minimo
di tre ed un massimo di cinque, da prescegliere anche tra i soci.
la nomina dei primi amministratori e sindaci ovvero dei componenti del consiglio di
sorveglianza e quando previsto, del soggetto al quale è demandato il controllo contabile .
Nell’atto costitutivo devono essere indicati i primi amministratori e sindaci.
Necessaria è anche la nomina di due supplenti per impedire soluzioni di continuità nl
funzionamento dell’organo di controllo.
l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico
della società. Indicazione che parrebbe finalizzata a consentire ai soci costituenti tendenziale
consapevolezza sui costi che saranno sopportati per quella ragione.
la durata della società ,ovvero se la società è costituita a tempo indeterminato entro un anno
il socio può recedere .Il tempo di durata non è perciò necessario.
lo statuto contiene le regole relative al funzionamento della società e anche se oggeetto di
atto separato è parte integrante dell’atto costitutivo.
Il collegamento tra l’atto costitutivo e lo statuto ripropone la rilevanza delle regole sul
funzionamento della società, e dunque quelle della sua organizzazione; la relativa disciplina
dovrebbe trovare previsione nello statuto che dell’atto costitutivo è parte integrante. Lo statuto non
è, tuttavia, indispensabile come l’atto costitutivo; i principi sul funzionamento della società sono già
fissati, con prevalente imperatività della normativa di legge. In concreto viene redatto per
personalizzare, nei limiti del possibile, il funzionamento dell’organizzazione al servizio di
specifiche esigenze (operatività dell’organo amministrativo, modifica dei quorum deliberativi delle
assemblee, limiti alla circolazione delle azioni).
Anche lo statuto ha natura contrattuale e viene redatto nella forma dell’atto pubblico.
Il procedimento di costituzione una volta avviato , si dovrebbe concludere con la nascita della
società. Devono ricorrere puntuali condizioni, in mancanza delle quali il procedimento di
costituzione si arresta. L’art. 2329 esige che:
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sia sottoscritto per intero il capitale sociale;
siano versati presso un istituto di credito almeno i tre decimi dei conferimenti in denaro(ogni socio
all’atto della sottoscrizione deve versare il 25 % dell’intero conferimento ,se la società è stata costituita per iniziativa di un solo socio il
versamento deve essere integrale).
sussistano le autorizzazioni governative e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per
la costituzione della società.
Il procedimento di costituzione si sviluppa poi, con il deposito dell’atto costitutivo presso il registro
delle imprese, entro venti giorni dalla stipulazione, per iniziativa del notaio ovvero di coloro che
sono designati quali amministratori. Opportuno è sottolineare che, qualora notaio ed amministratori
(proprio in questo ordine) non provvedano, ciascun socio può effettuare il deposito a spese della
società. (Art.2330 comma 1e2).
Contestualmente al deposito deve essere richiesta l’iscrizione della società ,cui provvede l’ufficio
del registro delle imprese ,verificata la regolarità formale della documentazione (art.23330 3
comma). Con l’iscrizione la società acquista la personalità giuridica. Nel periodo tra la stipulazione
dell’atto costitutivo e l’iscrizione, la società non è nata e per le obbligazioni che sono state assunte
nel suo nome, rispondono illimitatamente e solidalmente, verso i terzi, coloro che hanno agito;tale
responsabilità è estesa al socio unnico fondatore e a quei soci che hanno deciso ,autorizzato o
consentito l’operazione (art 2331 comma 1e2).
Successivamente all’iscrizione ,se la società approva uno o più operazioni poste in essere in
precedenza ,ne risponde anch’essa ,obbligata a rilevare coloro che hanno agito(art.2331 comma 3).
Le somme depositate dai soci al momento della sottoscrizione possono essere consegnate agli
amministratori solo se ne prova l’avvenuta sottoscrizione .Se entro 90 giorni dalla stipula dell’atto
costitutivo la società non si è iscritta nel registro delle imprese ,quelle somme vengono restituite ai
sottoscrittori e l’atto costitutivo perde efficacia(art.2331 comma 4).Ai sensi dell’art.2331 ultimo
comma è vietata l’emissione di azioni prima dell’iscrizione della società , nonché il compimento di
atti volti al sollecitare l’investimento azionario ,salva l’ipotesi di costituzione mediante offerta
pubblica di sottoscrizione. (art.2333 c.c.)
la predisposizione, da parte dei promotori, di un programma che indichi l’oggetto e il capitale
sociale e le principali disposizioni dell’atto costitutivo;
le progressive sottoscrizioni delle azioni da parte degli interessati che devono risultare da atto
pubblico o da scrittura privata autenticata(art.2333 comma 3).
Raccolte le sottoscrizioni, i promotori assegnano, ai sottoscrittori, un termine non superiore ad un
mese per effettuare il versamento decorso inutilmente il quale possono scegliere se agire nei
confronti dei sottoscrittori morosi ovvero sciogliersi dall’obbligazione. In quest’ultima eventualità
si può procedere alla costituzione della società soltanto dopo che siano state collocate le azioni per
le quali non è stato effettuato il versamento (art.2334)
C)i promotori convocano l’assemblea dei sottoscrittori che, accertata l’esistenza delle condizioni
richieste per la costituzione della società, delibera, tra l’altro, sul contenuto dell’atto
costitutivo e sulla nomina degli amministratori e del collegio sindacale.
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L’assemblea è validamente costituita con la presenza della metà dei sottoscrittori ognuno dei quali
ha diritto ad un voto a prescindere dal numero delle azioni sottoscritte. Le deliberazioni, di cui si è
fatto cenno, sono adottate a maggioranza, quelle relative alla modificazione del programma
richiedono tuttavia il consenso unanime (art.2335)
D) esaurita l’assemblea, con l’assunzione delle necessarie decisioni, chi vi ha preso parte, anche
in rappresentanza degli assenti, stipula l’atto costitutivo.
I promotori, che sottoscrivono il programma, sono solidalmente responsabili verso i terzi per le
obbligazioni assunte per costituire la società; se vi si perviene gli stessi promotori sono rilevati dalla
società e beneficiano del rimborso spese sostenute, semprechè necessarie per la costituzione ovvero
se approvate dall’assemblea dei sottoscrittori.(art.2338)
La responsabilità cui sono esposti i promotori è bilanciata dall’opportunità che gli è concessa di
riservarsi, indipendentemente dalla loro qualità di soci nella costituenda società, una partecipazione
non superiore complessivamente ad un decimo degli utili netti risultanti dal bilancio e per unperiodo
massimo di cinque anni (art 2340). Identico beneficio è accordato ai soci fondatori(art.2341).
Nullità della società
La disciplina dei vizi che possono inficiare il procedimento di costituzione della società per azioni .
Prima dell’iscrizione assume rilevanza l’atto costitutivo al quale si applicano le regole generali
sull’invalidità, cioè quelle relative ai contratti associativi. Successivamente all’iscrizione, nata la
persona giuridica, la società è operativa sul mercato. Se, pertanto, anche dopo l’iscrizione,
trovassero applicazione i principi generali sull’invalidità, segnatamente quelli relativi alla nullità, si
potrebbero determinare rilevanti controindicazioni. La dichiarazione di nullità travolgerebbe gli atti
posti in essere dalla società, con possibilità di sanatoria pressoché ingestibili (la conversione) e
consistenti pregiudizi per i terzi e per i soci.
La nullità è stata disciplinata in funzione delle esigenze dell’apparato organizzativo della
persona giuridica. Non più, dunque, nullità dell’atto costitutivo, bensì nullità della società (art.
2332). Questa disposizione, testualmente prevede che, avvenuta l’iscrizione nel registro delle
imprese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi:
mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico: riguarda la situazione
nella quale il consenso è stato prestato;
La dichiarazione di nullità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo
l’iscrizione nel registro delle imprese. La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori della
società ,di conseguenza i soci non sono liberati dall’obbligo dei conferimenti fino a quando non
sono soddisfatti i creditori sociali.
I contratti parasociali
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I contratti parasociali sono quegli accordi, che in genere si accompagnano alla stipulazione dell’atto
costitutivo, i quali hanno lo scopo di regolare il comportamento dei soci in seno alla società. Tali
contratti hanno efficacia obbligatoria solo tra le parti stipulanti .I patti parasociali hanno ad oggetto
l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni e in quelle che controllano ;possono inoltre
riguardare i limiti alla circolazione delle azioni o delle partecipazioni in società che controllano.
Possono essere stipulati per un termine non superiore a 5 anni , possono però essere rinnovati.
Se manca il termine di durata secondo le regole generali ,il contraente può recedere con preavviso
di 180 giorni.(art.2341 bis comma 3)
Ai sensi dell’art.2341 bis nelle società che ricorrono al mercato capitale di rischio i patti par sociali
devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di assemblea , con trascrizione ,in
difetto i soci (facenti parte del patto parasociale) non possono esercitare il diritto di voto.
Non possono essere opposti ai terzi, né alla società (che non sia parte); non invalidano gli atti
compiuti in violazione di essi e, nei confronti del trasgressore, gli altri soci partecipanti all’accordo
violato possono esperire soltanto l’azione di risarcimento dei danni qualora sia dimostrabile un
pregiudizio derivato dal suo comportamento.
Tale art. prevede che chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di un
esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione dei
beni o dei crediti conferiti, l'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai
fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale soprapprezzo e i criteri di valutazione
seguiti. La relazione deve essere allegata all'atto costitutivo.
L'esperto risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi.(Si applicano le disposizioni
dell'articolo 64 del codice di procedura civile).
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Gli amministratori devono, nel termine di centottanta giorni dalla iscrizione della società,
controllare le valutazioni contenute nella relazione indicata nel primo comma e, se sussistano
fondati motivi, devono procedere alla revisione della stima. Fino a quando le valutazioni non sono
state controllate, le azioni corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e devono restare
depositate presso la società.
Se risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti era inferiore di oltre un quinto a quello per cui
avvenne il conferimento, la società deve proporzionalmente ridurre il capitale sociale, annullando le
azioni che risultano scoperte. Tuttavia il socio conferente può versare la differenza in danaro o
recedere dalla società; il socio recedente ha diritto alla restituzione del conferimento, qualora sia
possibile in tutto o in parte in natura. L'atto costitutivo può prevedere, salvo in ogni caso quanto
disposto dal quinto comma dell'articolo 2346, che per effetto dell'annullamento delle azioni disposto
nel presente comma si determini una loro diversa ripartizione tra i soci
Art.2343 Ter
Nel caso di conferimento di valori mobiliari ovvero di strumenti del mercato monetario non e'
richiesta la relazione di cui all'articolo 2343, primo comma, se il valore ad essi attribuito ai fini della
determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo e' pari o inferiore al prezzo medio
ponderato al quale sono stati negoziati su uno o piu' mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il
conferimento.
Non e' altresi' richiesta la relazione di cui all'articolo 2343, primo comma, qualora il valore
attribuito, ai beni in natura o crediti conferiti, diversi da quelli di cui al primo comma, corrisponda:
a) al valore equo ricavato da un bilancio approvato da non oltre un anno, purche' sottoposto a
revisione legale , ovvero b) al valore equo risultante dalla valutazione, precedente di non oltre sei
mesi il conferimento, effettuata da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento e dalla
societa' e dotato di adeguata e comprovata professionalita'.
Gli amministratori (Art.2343 quater) devono accertare se di seguito al bilancio (lett.a) o alla
valutazione (lett.b) siano intervenuti fatti nuovi rilevanti tali da modificare sensibilmente il valore
equo dei beni o crediti conferiti. In caso di non riconosciuta professionalità e indipendenza
dell’esperto essi sono tenuti ad una ulteriore valutazione.
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costoro), se effettuati a condizioni normali nell’ambito delle operazioni correnti della società,oppure
in borsa,oppure sotto il controllo dell’autorità giudiziaria.
Le prestazioni accessorie
L'atto costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in
danaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità e il compenso, e stabilendo particolari
sanzioni per il caso di inadempimento. Le prestazioni accessorie non riguardano, necessariamente,
tutti i soci. Le azioni alle quali è connesso l’obbligo della prestazione accessoria devono essere
nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori (art.2345). Gli
amministratori sono tenuti a valutare se autorizzare o meno il trasferimento. In mancanza di
previsione dell’atto costitutivo, gli obblighi oggetto delle prestazioni accessorie non possono essere
modificati senza il consenso di tutti i soci (art. 2345). La prestazione accessoria, invece, non è
disciplinata dal contratto di società, è di regola da un altro accordo che si collega con quello di
società, pur mantenendo la propria autonomia.
Il capitale è anche l’indice che permette di capire la partecipazione sociale di cui il socio è titolare.
La partecipazione sociale è divisa in diritti di natura patrimoniale (come il diritto agli utili e alla
quota di liquidazione) e diritti di natura amministrativa (come il diritto, all’intervento alle
assemblee,al voto, di impugnativa delle deliberazioni). Poi ci sono casi in cui si saldano insieme
una componente patrimoniale e una amministrativa (come il diritto di opzione nel caso di
aumento del capitale e quello di recesso che consente al socio di uscire dalla società).
Infine il socio può esercitare ulteriori diritti amministrativi da solo (se raggiunge il quorum) o con
altri soci come: richiedere la convocazione dell’assemblea (art.2367),rinvio perché non sufficiente
mente informato sugli argomenti posti all’ordine del giorno (art.2374).
Le categorie di azioni
Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti . Si possono
tuttavia creare categorie di azioni fornite di diritti diversi con l'atto costitutivo o con successive
modificazioni di questo.(Art.2348)
La diversità può riguardare anche il profilo dell’incidenza delle perdite.
Azioni di risparmio
Queste azioni sono state introdotte dalla legge n.216/1974 per favorire l’investimento in borsa .Gli
azionisti di risparmio non hanno diritto di voto né nell’assemblea ordinaria né straordinaria; ma in
compenso è stato fortemente protetto il loro diritto all’utile e alle quota di liquidazione.
Diritto di voto
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L’art. 2351 prescrive che ogni azione attribuisce il diritto di voto . L'atto costitutivo può tuttavia
stabilire che le azioni privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale allo
scioglimento della società abbiano diritto di voto soltanto a particolari condizioni non meramente
potestative (azioni con diritto di voto limitato)o non abbiano il diritto di voto (azioni senza diritto di
voto). Le azioni senza voto o con voto limitato non possono superare la metà del capitale sociale.
Non possono emettersi azioni a voto plurimo.
(Non meramente potestative significa che gli eventi per poter votare non devono dipendere dall’arbitraria
discrezionalità della società ,né degli azionisti interessati).
Le azioni devono essere sottoscritte da uno degli amministratori. E' valida la sottoscrizione
mediante riproduzione meccanica della firma. (art.2354 comma 2)
Ai sensi dell’art.2355 comma 2 le azioni al portatore si trasferiscono con la consegna del titolo.
Al comma 3 si prevede la circolazione dei titoli azionari nominativi si realizzi con la girata
autenticata dal notaio e con l’effetto che il giratario ,legittimato da una serie continua di girate ,ha
diritto ad ottenere l’annotazione del trasferimento nel libro dei soci ed è legittimato ad esercitare i
diritti sociali.
Il titolo azionario incorpora la posizione del socio nella società e il suo possesso conferisce la
legittimazione ad esercitare i relativi diritti a condizione che la legittimazione sia stata conseguita
nel rispetto delle forme prescritte dalla legge.
La circolazione delle azioni può essere limitata dalla legge ,da accordi tra i soci che affiancano
l’atto costitutivo o lo statuto (c.d. patti parasociali)ovvero proprio dallo statuto e dall’atto
costitutivo.
Limitazioni di legge: come l’art 2345 comma 2 che afferma che Le azioni alle quali è connesso
l'obbligo delle prestazioni accessorie non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori.
Patti parasociali: Se regolati in patti parasociali ,i limiti contrattuali determinano una situazione di
blocco dal momento che il socio è obbligato a rispettare ,appunto il blocco e non può quindi
alienare i propri titoli azionari (c.d. sindacati di blocco).Tale limite non è assoluto poiché deve
avere un limite di tempo e deve rispondere ad un interesse apprezzabile. La violazione del patto
parasociale non è opponibile ai terzi ,infatti gli obblighi assunti con tale accordo vincolano solo i
contraenti.
Le previsioni limitative della circolazione delle azioni inserite nell’atto o nello statuto, invece
hanno invece efficacia reale e le loro trasgressioni sono opponibili ai terzi.
E’ inoltre consentita l’inalienabilità delle azioni per un periodo massimo di 5 anni dal momento
dell’introduzione della relativa clausola.
Le clausole di prelazione prevedono che il socio alienante comunichi agli altri l’intenzione di
vendere, anche se il più delle volte invece il socio che intende vendere comunica il nome del terzo
interessato all’acquisto e le condizioni concordate .Si consente in tal modo agli altri azionisti di
valutare se acquistare o meno avendo la prelazione a parità di trattamento.
La Spa può infine introdurre le azoni riscattabili (art.2437 sexies),al cui acquisto provvedono, al
pari, da parte della società o gli altri soci. La riscattabilità è ovviamente collegata a certe
all’avveramento di certe circostanze come la morte dell’azionista.
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Acquisto delle azioni proprie
L’art. 2357 fa espresso divieto alle società di acquistare azioni proprie, se non nei limiti degli utili
distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Nei
limiti anzidetti, inoltre, possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate.
L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando in
particolare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore a diciotto mesi, per
la quale l’autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo.
In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate può eccedere la decima parte del capitale
sociale tenuto conto anche delle azioni possedute dalle società controllate.
Le azioni acquistate in violazione delle prescrizioni anzidette debbono essere alienate secondo
modalità da determinarsi dall’assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve
procedersi senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora
l’assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia
disposta dal Tribunale.
Gli amministratori possono disporre delle azioni proprie acquisite alle condizioni di legge appena
viste soltanto previa autorizzazione dell’assemblea, che deve stabilire le relative modalità. Per tali
azioni inoltre:
il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni;
il diritto di voto è sospeso, ma le azioni medesime sono egualmente computate ai fini del
calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea;
deve essere costituita e mantenuta una riserva indisponibile, pari all’importo delle azioni
proprie iscritto all’attivo del bilancio.
L’assemblea inoltre può autorizzare l’esercizio totale o parziale del diritto di opzione,cioè in deroga
al divieto di sottoscrivere azioni proprie stabilito dal 1 comma dell’art.2357 quater, la società può
sottoscrivere azioni proprie solo quando vi è un aumento di capitale, mentre permane il divieto nella
fase di costruzione della società.
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società controllante che indirizza l’attività della controllata; in considerazione, altresì, della
possibile fittizia movimentazione dei capitali. Anche con riferimento a queste situazioni è
opportuno distinguere le operazioni di acquisto da quelle di sottoscrizione.
Art. 2359 bis, ter e quater. Identici i divieti già illustrati:
l’acquisto da parte della controllata è consentito soltanto nei limiti degli utili distribuibili e
delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato;
può riguardare esclusivamente azioni interamente liberate;
l’acquisto deve essere deliberato dall’assemblea alle condizioni e alle modalità di cui
all’art. 2357.
In nessun caso il valore nominale delle azioni può eccedere la decima parte del capitale della società
controllante e si deve tener conto delle azioni possedute dalla medesima società controllante e dalle
società da essa controllate. Deve essere costituita una riserva indisponibile pari all’importo delle
azioni della società controllante, iscritta all’attivo del bilancio e deve essere mantenuta fin quando
le azioni non siano trasferite. La società controllata non può esercitare il voto nell’assemblea della
controllante. È, ovviamente, sanzionato l’acquisto effettuato per il tramite di società fiduciaria o per
interposta persona. Ai sensi dell’art. 2359 ter la trasgressione di questi limiti impone l’alienazione
delle azioni entro un anno dall’acquisto nel rispetto delle modalità decise dall’assemblea della
società controllata.
In difetto, la controllante, deve procedere all’annullamento delle azioni e alla corrispondente
riduzione del capitale sociale con rimborso del socio recedente; se non vi provvede la riduzione è
decretata all’autorità giudiziaria su iniziativa degli amministratori e dei sindaci. Identico rigore e
identico divieto assoluto riguarda la sottoscrizione di azioni o quote della controllante da parte della
controllata. Anche in questo caso le azioni sottoscritte in violazione della preclusione si intendo
sottoscritte dagli amministratori della controllante che devono liberarle. È applicata anche la regola
che colpisce le acquisizioni effettuate da chi agisce in nome proprio, ma per conto della controllata.
L’azionista unico
Il socio unico non si identifica con l’organizzazione della quale è tenuto a rispettare le regole.
(L’art.2362c.c.)
Quando le azioni risultano appartenere ad una sola persona o muta la persona dell'unico socio, gli
amministratori devono depositare per l'iscrizione del registro delle imprese una dichiarazione
contenente l'indicazione del cognome e nome o della denominazione, della data e del luogo di
nascita o lo Stato di costituzione, del domicilio o della sede e cittadinanza dell'unico socio.
[2] Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono depositare
apposita dichiarazione per l'iscrizione nel registro delle imprese.
[3] L'unico socio o colui che cessa di essere tale può provvedere alla pubblicità prevista nei commi
precedenti.
[4] Le dichiarazioni degli amministratori previste dai precedenti commi devono essere depositate
entro trenta giorni dall'iscrizione nel libro dei soci e devono indicare la data di iscrizione.
[5] I contratti della società con l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio sono
opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni
del consiglio di amministrazione o da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.
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Sezione IV
L’assemblea
L’assemblea è un organo collegiale convocato nel comune dove ha la sede la società, se lo statuto
non dispone diversamente , e può essere ordinaria o straordinaria (art.2363 c.c.).
1) approva il bilancio;
2) nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e,
quando previsto, il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti;
3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto;
4) delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea, nonché sulle
autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori,
ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;
6) approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.
L'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l'anno, entro il termine stabilito dallo
statuto e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale (31 dic.).
Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel
caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono
particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società.
Nelle società ove è previsto il consiglio di sorveglianza (quindi nel sistema dualistico),
l'assemblea ordinaria:
L’art.2366 prevede che l'assemblea è convocata dagli amministratori o dal consiglio di gestione
mediante avviso contenente l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo dell'adunanza e l'elenco
delle materie da trattare.
L'avviso deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o in almeno un
quotidiano indicato nello statuto almeno quindici giorni prima di quello fissato per l'assemblea se i
quotidiani indicati nello statuto hanno cessato le pubblicazioni, l'avviso deve essere pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale.
Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può, in deroga al
comma precedente, consentire la convocazione mediante avviso comunicato ai soci con mezzi che
garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento almeno otto giorni prima dell'assemblea.
In mancanza delle formalità suddette, l'assemblea si reputa regolarmente costituita, quando è
rappresentato l'intero capitale sociale e partecipa all'assemblea la maggioranza dei componenti degli
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organi amministrativi e di controllo. Tuttavia in tale ipotesi ciascuno dei partecipanti può opporsi
alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato.
L’art.2367 stabilisce che gli amministratori o il consiglio di gestione devono convocare senza
ritardo l'assemblea, quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il decimo del
capitale sociale o la minore percentuale prevista nello statuto, e nella domanda sono indicati gli
argomenti da trattare.
Se gli amministratori o il consiglio di gestione, oppure in loro vece i sindaci o il consiglio di
sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, non provvedono, il tribunale, sentiti i
componenti degli organi amministrativi e di controllo, ove il rifiuto di provvedere risulti
ingiustificato, ordina con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve
presiederla.
La convocazione su richiesta di soci non è ammessa per argomenti sui quali l'assemblea delibera, a
norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da
essi predisposta.
La costituzione dell’assemblea
L’assemblea è un organo collegiale che decide nel rispetto della regola della maggioritaria.
L'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l'intervento di tanti soci che rappresentino
almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto
nell'assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una
maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari.
(Art.2368)
Per l’assemblea straordinaria delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio ,non è previsto un quorum costitutivo anche se indirettamente poiché è prescritto il quorum
deliberativo, infatti le delibere vengono adottate con il voto favorevole di tanti soci che
rappresentano più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più
elevata. N elle società invece che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il quorum
costitutivo è il 50% del capital sociale ,mentre il quorum deliberativo almeno i 2/3 del capitale
presente.
Se nell’assemblea non viene raggiunto il quorum costitutivo ,l’assemblea deve nuovamente essere
convocata .La seconda convocazione non può essere fissata per lo stesso giorno della prima .Se
l’ordine del giorno non avesse previsto la seconda convocazione ,l’assemblea deve essere
riconvocata entro 30 gg dalla data della prima.
Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è necessario, anche in seconda
convocazione, il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale
per le deliberazioni concernenti il cambiamento dell'oggetto sociale, la trasformazione della società,
lo scioglimento anticipato, la proroga della società, la revoca dello stato di liquidazione, il
trasferimento della sede sociale all'estero e l'emissione delle azioni .
Il diritto di intervento
L’art.2370 stabilisce che possono intervenire nell’assemblea gli azionisti cui spetta il diritto di voto.
Lo statuto può richiedere il preventivo deposito delle azioni o della relativa certificazione presso la
sede sociale o le banche indicate nell'avviso di convocazione, fissando il termine entro il quale
debbono essere depositate ed eventualmente prevedendo che non possano essere ritirate prima che
l'assemblea abbia avuto luogo. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il
termine non può essere superiore a due giorni non festivi e per i titolari degli strumenti finanziari il
deposito è sostituito da una comunicazione dell'intermediario che cura i relativi conti.
Se le azioni sono nominative, la società provvede all'iscrizione nel libro dei soci di coloro che
hanno partecipato all'assemblea o che hanno effettuato il deposito, ovvero che risultino dalla
comunicazione dell'intermediario di cui al comma precedente.
Lo statuto può consentire l'intervento all'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o
l'espressione del voto per corrispondenza. Chi esprime il voto per corrispondenza si considera
intervenuto all'assemblea.
La presidenza e la rappresentanza
L’assemblea è presieduta dalla persona indicata nell’atto costitutivo o in mancanza da quella
designata dagli intervenuti. Il presidente è assistito da un segretario la cui presenza non è necessaria
quando il verbale dell’assemblea è redatto da un notaio. Il presidente verifica la regolarità della
costituzione ; al presidente spetta, altresì, la conduzione dei lavori assembleari.
L’azionista può farsi rappresentare in assemblea. In primo luogo, la rappresentanza deve essere
conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati dalla società (art. 2372).
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio ,la rappresentanza può essere
conferita solo per singole riunioni .La rappresentanza non può essere rilasciata in bianco e non può
essere conferita agli amministratori,componenti degli organi di controllo della società , né alle
società controllate .
1)Se ha un capitale non superiore a 5 milioni di euro non si possono rappresentare più di 50 soci.
3)Se ha un capitale superiore a 25 milioni di euro non si possono rappresentare più di 200 soci.
Conflitto di interessi
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Vi è libertà di voto per il socio a condizione che non abbia interessi in conflitto con quelli della
società .L’art. 2373 stabilisce che la deliberazione del socio è impugnabile se può arrecare danno
alla società sempreché il voto del socio in conflitto di interessi sia risultato determinate per il
raggiungimento del quorum deliberativo. L’art. 2373 comma 2 preclude agli amministratori, che
siano anche soci, di votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità.
(((Al pari anche i componenti del consiglio di gestione non possono votare nelle deliberazioni
riguardanti la nomina ,la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveglanza.)))
Sindacati di voto
Gli azionisti in assemblea in relazione al voto possono comportarsi come vogliono con l’unico
limite del conflitto di interessi .Nulla quindi impedisce che si mettano d’accordo .Questi accordi
vengono qualificati come sindacati di voto ,ossia veri e propri contratti ,che quando non inseriti
nello statuto o nell’atto costitutivo ,sono ricompresi tra i patti parasociali e sono privi di efficaia
reale quindi inopponibili ai terzi.
Rinvio dell’assemblea
I soci che partecipano all’assemblea e insieme rappresentano un terzo del capitale presente in
assemblea , se dichiarano di non essere sufficientemente informati sugli argomenti in discussione
possono richiedere il rinvio della riunione per non più di cinque giorni .(Art.2374 c.c.)
Questo diritto può essere esercitato una sola volta per lo stesso oggetto .
Il verbale assembleare
Deve identificare i partecipanti e il capitale da loro rappresentato, le modalità e il risultato della
votazione ,con l’individuazione dei soci favorevoli contrari e astenuti. Quindi lo svolgimento dei
lavori dell’assemblea, in ogni fase, da quella della costituzione fino a quella conclusiva, deve
risultare dal verbale.
Le assemblee speciali
L’art.2376 stabilisce che se esistono diverse categorie di azioni ,le deliberazioni dell’assemblea ,che
pregiudicano i diritti di una di esse ,devono essere approvate anche dall’assemblea speciale degli
appartenenti alla categoria interessata. Alle assemblee speciali si applicano le disposizioni relative
alle assemblee straordinarie.
1) per la partecipazione all'assemblea di persone non legittimate, salvo che tale partecipazione sia
stata determinante ai fini della regolare costituzione dell'assemblea
2) per l'invalidità di singoli voti o per il loro errato conteggio, salvo che il voto invalido o l'errore di
conteggio siano stati determinanti ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta;
3) per l'incompletezza o l'inesattezza del verbale, salvo che impediscano l'accertamento del
contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione.
L'impugnazione o la domanda di risarcimento del danno sono proposte nel termine di novanta
giorni dalla data della deliberazione, ovvero, se questa è soggetta ad iscrizione nel registro delle
imprese, entro novanta giorni dall'iscrizione o, se è soggetta solo a deposito presso l'ufficio del
registro delle imprese, entro novanta giorni dalla data di questo. L'annullamento della deliberazione
ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli amministratori, il consiglio di sorveglianza e il
consiglio di gestione a prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità. In ogni
caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della
deliberazione. L'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione
impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto.
(Art.2378 c.c.)
Il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell'impugnazione del numero
delle azioni previsto dal terzo comma dell'articolo 2377.
l’impugnazione per nullità è proponibile , da chiunque vi abbia interesse, entro tre anni dalla sua
iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la deliberazione vi è soggetta ,o sempre entro 3
anni se non vi è soggetta .In questi casi la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice . Possono
essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo
attività illecite o impossibili.
Ai fini di quanto previsto dal primo comma la convocazione non si considera mancante nel caso
d'irregolarità dell'avviso, se questo proviene da un componente dell'organo di amministrazione o di
controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere
preventivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea ;e ciò in ragione del fatto
che è stata assolta dall’avviso la funzione di informare gli interessati .
L'impugnazione della deliberazione invalida per mancata convocazione non può essere esercitata da
chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell'assemblea.
L'invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata mediante
verbalizzazione eseguita prima dell'assemblea successiva. La deliberazione ha effetto dalla data in
cui è stata presa, salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano la deliberazione.
Nei casi previsti dall'articolo 2379 l'impugnativa dell'aumento di capitale, della riduzione del
capitale o della emissione di obbligazioni non può essere proposta dopo che siano trascorsi
centottanta giorni dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o, nel caso di
mancata convocazione, novanta giorni dall'approvazione del bilancio dell'esercizio nel corso del
quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'invalidità della deliberazione di
aumento del capitale non può essere pronunciata dopo che sia stata iscritta nel registro delle
imprese l'attestazione che l'aumento è stato anche parzialmente eseguito; l'invalidità della
deliberazione di riduzione del capitale o della deliberazione di emissione delle obbligazioni non può
essere pronunciata dopo che la deliberazione sia stata anche parzialmente eseguita.
Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci e ai terzi.
Sezione V
Amministrazione e controllo
91
La gestione dell’impresa spetta solo agli amministratori , i quali compiono le operazioni necessarie
per l’attuazione dell’oggetto sociale (art.2380 c.c.). L’organo amministrativo può assumere la
struttura unipersonale(amministratore unico) o pluripersonale(consiglio di amministrazione).
La carica di amministratore può essere assunta da azionisti e/o da estranei alla società.
La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che
sono nominati nell'atto costitutivo.
Gli amministratori sono nominati per un periodo non superiore a tre anni, e scadono alla data
dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro
carica.
Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili
dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto
dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.
Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiederne l'iscrizione
nel registro delle imprese indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il luogo e la data di
nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della
società, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.(art.2383 c.c.)
Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri provvedono a
sostituirli con deliberazione approvata dal collegio sindacale, purché la maggioranza sia sempre
costituita da amministratori nominati dall'assemblea. Gli amministratori così nominati restano in
carica fino alla prossima assemblea.
Se viene meno la maggioranza degli amministratori nominati dall'assemblea, quelli rimasti in carica
devono convocare l'assemblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti.
Salvo diversa disposizione dello statuto o dell'assemblea, gli amministratori nominati ai sensi del
comma precedente scadono insieme con quelli in carica all'atto della loro nomina.
Se particolari disposizioni dello statuto prevedono che a seguito della cessazione di taluni
amministratori cessi l'intero consiglio, l'assemblea per la nomina del nuovo consiglio è convocata
d'urgenza dagli amministratori rimasti in carica; lo statuto può tuttavia prevedere l'applicazione in
tal caso di quanto disposto nel successivo comma.
Se vengono a cessare l'amministratore unico o tutti gli amministratori, l'assemblea per la nomina
dell'amministratore o dell'intero consiglio deve essere convocata d'urgenza dal collegio sindacale, il
quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione.(art.2386 c.c.)
92
Salvo diversa previsione dello statuto, il presidente convoca il consiglio di amministrazione, ne
fissa l'ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle
materie iscritte all'ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri.
Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie
attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei
suoi componenti.
Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio
della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti
nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile della società;
Il consiglio valuta ,sulla base delle relazioni degli organi degli organi delegati,il generale andamento
della gestione.
Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla
natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio
sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale
andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior
rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.
Il consiglio di amministrazione non può delegare il potere di emettere obbligazioni convertibili
(subdelega) , quello di redigere il bilancio, aumentare il capitale. (art.2381 c.c.)
Potere di rappresentanza
Con le decisioni gestionali gli amministratori esercitano il potere di iniziativa, che rileva,
esclusivamente,all’interno della società. Il potere di impegnare la società con i terzi, con
l’assunzione di obblighi e l’acquisto di diritti che è esercitato all’esterno, è qualificato di
rappresentanza. Il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori dallo statuto o dalla
deliberazione di nomina è generale. Gli amministratori però possono impegnare la società
compiendo tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale salve le limitazioni di legge o dell’atto
costitutivo. Anche con riguardo al potere di rappresentanza trovano applicazione le regole al
servizio della pubblicità legale; gli amministratori che ne sono investiti devono depositare, nel
termine di quindici giorni dalla notizia del conferimento, le proprie firme autografe presso l’ufficio
del registro delle imprese. La tutela dei terzi è preservata ulteriormente: le cause di nullità o di
annullabilità della nomina degli amministratori che hanno la legale rappresentanza non gli sono
opponibili; le limitazioni poste dall’atto costitutivo o dallo statuto al potere di rappresentanza,
analogamente, non gli sono opponibili salvo che questi abbiano intenzionalmente agito a danno
della società (art. 2383 e 2384).
93
dal collegio sindacale ; i soci possono impugnare quelle che ledono i loro diritti , sono salvi in ogni
caso gli acquisti fatti dai terzi in buona fede.
L'amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse
che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la
natura, i termini, l'origine e la portata; se si tratta di amministratore delegato, deve altresì astenersi
dal compiere l'operazione, investendo della stessa l'organo collegiale, se si tratta di amministratore
unico, deve darne notizia anche alla prima assemblea utile.
Le violazioni di queste prescrizioni consentono di impugnare le deliberazioni del consiglio o del
comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell'amministratore interessato, qualora
possano recare danno alla società; possono essere impugnate dagli amministratori e dal collegio
sindacale entro novanta giorni dalla loro data; l'impugnazione non può essere proposta da chi ha
consentito con il proprio voto alla deliberazione se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione
previsti dal primo comma. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base
ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione.
L'amministratore risponde dei danni derivati alla società dalla sua azione od omissione.
L'amministratore risponde altresì dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a
vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell'esercizio del suo
incarico. (art. 2391 c.c.)
La responsabilità degli amministratori può essere indotta dal mancato rispetto di obblighi specifici;
l’inadempimento potrebbe riguardare, inoltre, l’obbligo generale di esercitare l’attività con
professionale diligenza non incorrendo in conflitto di interessi .E’opportuno chiarire
preliminarmente che gli amministratori svolgono prestazioni di mezzi e non di risultato
(essi sono tenuti a risarcire il danno se avviano un iniziativa senza aver valutato con professionalità
il possibile esito positivo del loro agire , superando il limite del rischio consapevolmente
accettabile).
Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la
diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono
solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a
meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite
ad uno o più amministratori.
In ogni caso gli amministratori ,sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti
pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o
attenuarne le conseguenze dannose.
La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che,
essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze
e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio
sindacale. ( art.2392 )
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L'azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa in seguito a deliberazione
dell'assemblea, anche se la società è in liquidazione.
La deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori può essere presa in occasione
della discussione del bilancio, anche se non è indicata nell'elenco delle materia da trattare, se la
contestazione riguarda fatti di (competenza dell'esercizio) cui si riferisce il bilancio.
L'azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica.
La deliberazione dell'azione di responsabilità comporta la revoca dall'ufficio degli amministratori
contro cui è proposta, purchè sia presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale
sociale. In questo caso, l'assemblea provvede alla sostituzione degli amministratori.
La società può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere purchè ci sia
l’ approvazione con espressa deliberazione dell'assemblea, e purché non vi sia il voto contrario di
una minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale o, nelle società che
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, almeno un ventesimo del capitale sociale. (art.2393)
L'azione sociale di responsabilità può essere esercitata anche dai soci che rappresentino almeno un
quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore al
terzo .Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, tale azione può essere
esercitata dai soci che rappresentino un quarantesimo del capitale sociale o la minore misura
prevista nello statuto.
I soci che intendono promuovere l'azione nominano,uno o più rappresentanti comuni per l'esercizio
dell'azione. La società rimborsa agli attori le spese del giudizio non poste a carico del soccombente
o non recuperabili.
I soci che hanno agito possono rinunciare all'azione o transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia
o transazione deve andare a vantaggio della società.(art. 2393 bis)
Si è osservato che l’inadempimento degli amministratori può danneggiare anche i creditori sociali.
Costoro perseguono la sola finalità della realizzazione del credito, di conseguenza gli
amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla
conservazione dell’intero patrimonio sociale.
L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al
soddisfacimento dei loro crediti.
La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei
creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione
revocatoria quando ne ricorrono gli estremi.(art. 2394)
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La responsabilità verso il singolo socio e il singolo terzo
Gli amministratori rispondono anche dei danni direttamente arrecati colposamente o dolosamente,
nell’esercizio o in occasione del loro ufficio, al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo
L'azione può essere esercitata entro cinque anni dal compimento dell'atto che ha pregiudicato il
socio o il terzo.(art. 2395)
La categoria dei terzi non si esaurisce in quella dei creditori: gli amministratori potrebbero aver
danneggiato estranei alla società, non titolari di crediti. Anche in questa eventualità l’iniziativa
risarcitoria non incontra limiti, il singolo terzo può, quindi, agire in piena autonomia,
individualmente .Il comportamento degli amministratori lesivo degli interessi
del singolo terzo ha prodotto effetti mirati, non riguarda, indistintamente, la categoria dei terzi;
investe una specifica posizione al cui titolare è concesso l’immediato esercizio del rimedio per
ottenere il risarcimento del danno .Per tali ragioni sistema normativo che disciplina la responsabilità
degli amministratori ( 2393 – 2394 – 2395 ) suggerisce di qualificare come contrattuale anche la
responsabilità nei confronti del singolo socio o del singolo terzo.
Il direttore generale
I direttori generali , con assoluta frequenza, sono dipendenti della società, mentre il contratto che
lega la società gli amministratori non è segnato da subordinazione. Gli vengono conferiti poteri
esercitati nell’ambito dell’organizzazione societaria, raramente all’esterno.
Nulla impedisce che sia nominato direttore generale un amministratore ,anche delegato, oppure il
presidente del consiglio di amministrazione .Il cumulo è invece impedito nel caso
dell’amministratore unico ,poiché in tal caso viene meno il controllo dell’organo amministrativo
sulla condotta del dipendente .
L’art. 2396 disciplina le conseguenze della nomina del direttore generale da parte dei soci, sia
nell’atto costitutivo sia in assemblea: in queste eventualità trovano applicazione le regole sulla
responsabilità degli amministratori in relazione ai compiti che gli sono affidati. In ogni caso il
direttore generale collabora con l’organo amministrativo al cui controllo è, di regola, assoggettato.
Se il direttore generale è investito di poteri esercitabili con proiezione esterna, si ritiene che operi
come institore della società.
Il collegio sindacale
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Il collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci. Devono inoltre
essere nominati due sindaci supplenti.
Almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra i revisori legali iscritti
nell'apposito registro. I restanti membri, se non iscritti in tale registro, devono essere scelti fra gli
iscritti negli albi professionali o fra i professori universitari di materie economiche o giuridiche.
(art.2397 c.c.)
I sindaci sono nominati per la prima volta nell'atto costitutivo e successivamente dall'assemblea.
Essi restano in carica per tre anni , e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione
del bilancio relativo al terzo anno della carica.
I sindaci possono essere revocati solo per giusta causa. La deliberazione di revoca deve essere
approvata con decreto dal tribunale, sentito l'interessato. (art.2400)
Non possono essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadono dall'ufficio (art.2399 c.c.):
B) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli
amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle
società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune
controllo;
C) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la
controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto
continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura
patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza.
D)Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di
incompatibilità e limiti e criteri per il cumulo degli incarichi.
La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla
assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio. (art.2402 c.c.)
97
Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di
corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. (art.2403 c.c.)
Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni novanta giorni. La riunione può svolgersi, se lo
statuto lo consente indicandone le modalità, anche con mezzi di telecomunicazione.
Il sindaco che, senza giustificato motivo, non partecipa durante un esercizio sociale a due riunioni
del collegio decade dall'ufficio. (art.2404 c.c.)
I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura
dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui
fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi,
quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della
loro carica.(art.2407c.c.)
Denuncia al tribunale
(art.2409 c.c.)
Se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto
gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società
controllate, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso
al mercato del capitale di rischio, il ventesimo del capitale sociale possono denunziare i fatti al
tribunale.
Identica prerogativa hanno il collegio sindacale,il consiglio di sorveglianza e il comitato per il
controllo della gestione .La denuncia può essere proposta anche dal PM , ma solo per le società che
ricorrono al capitale di rischio.
Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l'ispezione
dell'amministrazione della società a spese dei soci richiedenti.
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Il tribunale non ordina l'ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se
l'assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità, che si
attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per eliminarle,
riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute.
Se le violazioni denunziate sussistono ovvero se gli accertamenti e le attività compiute ai sensi del
terzo comma risultano insufficienti alla loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni
provvedimenti provvisori e convocare l'assemblea per le conseguenti deliberazioni.
Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci e nominare un
amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata.
Il controllo contabile
art.2409 bis
La revisione legale dei conti sulla società é esercitata da un revisore legale dei conti o da una società
di revisione legale iscritti nell'apposito registro.
Lo statuto delle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere
che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale
é costituito da revisori legali iscritti nell'apposito registro.
art.2409 ter
art.2409 quater
art.2409 quinquies ABROGATI DAL DL N. 39 DEL 27/01/2010
art.2409 sexsies
Sistema dualistico
Fatta eccezione per i primi componenti, che sono nominati nell'atto costitutivo, la nomina dei
componenti il consiglio di gestione spetta al consiglio di sorveglianza, previa determinazione del
loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto.
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I componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati consiglieri di sorveglianza, e
restano in carica per un periodo non superiore a tre anni, con scadenza alla data della riunione del
consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo anno della
loro carica. (Art 2409 novies)
(Art. 2409-duodecies)
Salvo che lo statuto non preveda un maggior numero, il consiglio di sorveglianza si compone di un
numero di componenti, anche non soci, non inferiore a tre.
Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati nell'atto costitutivo, la nomina dei
componenti il consiglio di sorveglianza spetta all'assemblea.
I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica per tre esercizi e scadono alla data della
successiva assemblea convocata per l’approvazione del bilancio. La cessazione per scadenza del
termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è stato ricostituito.
Almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra i revisori
legali iscritti nell'apposito registro. (5)
I componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello
statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo , anche se nominati nell'atto
costitutivo. Lo statuto, può subordinare l'assunzione della carica al possesso di particolari requisiti
di onorabilità, professionalità e indipendenza.
Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di sorveglianza,
l'assemblea provvede senza indugio alla loro sostituzione.
Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea.
Lo statuto determina i poteri del presidente del consiglio di sorveglianza.
Coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o a quelle sottoposte a
comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di
prestazione d'opera retribuita che ne compromettano l'indipendenza.
Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di incompatibilità e
limiti e criteri per il cumulo degli incarichi.
Art. 2409-terdecies
Il consiglio di sorveglianza:
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a) nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione; ne determina il compenso, salvo che la
relativa competenza sia attribuita dallo statuto all'assemblea;
b) approva il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato;
c) vigila sull’osservanza della legge e dello statuto;
d) promuove l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di
gestione;
e) presenta la denunzia al tribunale ex art.2409;
f) riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza svolta, sulle
omissioni e sui fatti censurabili rilevati.
f-bis) se previsto dallo statuto, delibera in ordine alle operazioni strategiche e ai piani.
I componenti del comitato di sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza richiesta
dalla natura dell'incarico. Sono responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di
sorveglianza per i fatti o le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero
vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
I componenti del consiglio di sorveglianza possono assistere alle adunanze del consiglio di gestione
e devono partecipare alle assemblee.
Il sistema dualistico dovrebbe essere preferito nelle società nelle quali i soci non manifestano
interesse per la gestione dell’impresa cioè nelle società chiuse e in quelle in cui il capitale è diffuso
invece tra numerosissimi azionisti.
Il sistema monistico
Lo statuto può prevedere che l'amministrazione ed il controllo siano esercitati rispettivamente dal
consiglio di amministrazione e da un comitato costituito al suo interno. (Art. 2409-sexiesdecies)
101
Al momento della nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e prima
dell'accettazione dell'incarico, sono resi noti all'assemblea gli incarichi di amministrazione e di
controllo da essi ricoperti presso altre società. (Art. 2409-septiesdecies)
Al comitato di controllo si applicano le regole che disciplinano le adunanze del consiglio sindacale.
Al consiglio di amministrazione si applica la disciplina che riguarda gli amministratori nel sistema
tradizionale
Sezione VI
Le obbligazioni
Per ottenere finanziamenti la società per azioni può non solo offrire azioni,ma anche obbligazioni.
La differenza tra azioni e obbligazioni sta nel fatto che chi sottoscrive azioni confida nella
distribuzione dell’utile ma è anche esposto all’alea di non conseguire l’utile e di perdere ciò che ha
destinato alla società .L’obbligazionista invece fa un prestito di cui esige la restituzione con gli
interessi .Quindi mentre il primo conferisce capitale di rischio ,il secondo invece capitale di credito.
Se la legge o lo statuto non dispongono diversamente, l'emissione di obbligazioni è deliberata dagli
amministratori.
102
In ogni caso la deliberazione di emissione deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata
ed iscritta presso il registro elle imprese.(Art. 2410 c.c.)
Le obbligazioni sono ricomprese tra i titoli di credito e sono per questo soggetti alla loro disciplina .
Quindi:
1)Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito ,in modo conforme alle norme
che ne disciplinano la circolazione , non è soggetto a rivendicazione.( art. 1994)
2)Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata ,purchè sia
legittimato secondo quanto prescritto dalla legge.(art. 1992)
Il diritto degli obbligazionisti alla restituzione del capitale ed agli interessi può essere, in tutto o in
parte, subordinato alla soddisfazione dei diritti di altri creditori della società.
I tempi e l'entità del pagamento degli interessi possono variare in dipendenza di parametri oggettivi
anche relativi all'andamento economico della società.(Art. 2411)
(Art. 2412)
La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma che non eccede il doppio
del capitale sociale integrato dalla riserva legale e dalle riserve disponibili risultanti dall'ultimo
bilancio approvato.
Rientrano nel limite di cui al primo comma le garanzie comunque prestate dalla società per
obbligazioni emesse da altre società, anche estere.
I sindaci attestano il rispetto del suddetto limite.
Il limite di cui al primo comma può essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono
destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a
norma delle leggi speciali.
Il primo e il secondo comma non si applicano all'emissione di obbligazioni effettuata da società con
azioni quotate in mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate
negli stessi o in altri mercati regolamentati.
Non è soggetta al limite di cui al primo comma, e non rientra nel calcolo al fine del medesimo,
l'emissione di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della
società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi.
Quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale, la società può essere
autorizzata con provvedimento dell'autorità governativa, ad emettere obbligazioni per somma
superiore a quanto previsto nel presente articolo, con l'osservanza dei limiti, delle modalità e delle
cautele stabilite nel provvedimento stesso.
La società che ha emesso obbligazioni non può ridurre volontariamente il capitale sociale o
distribuire riserve se rispetto all'ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione il limite di cui
al primo comma dell'articolo medesimo non risulta più rispettato.
Se la riduzione del capitale sociale è obbligatoria, o le riserve diminuiscono in conseguenza di
perdite, non possono distribuirsi utili finché l'ammontare del capitale sociale, della riserva
103
legale e delle riserve disponibili non eguagli la metà dell'ammontare delle obbligazioni in
circolazione.( Art.2413)
Le Obbligazioni si dividono in :
1)Ordinarie, che attribuiscono il diritto alla restituzione del capitale con gli interessi
1)Obbligazioni a premio,che oltre alla restituzione del capitale con interessi permettono di
partecipare ad estrazioni a sorte
(Art. 2420-bis)
L'assemblea straordinaria può deliberare l'emissione di obbligazioni convertibili in azioni,
determinando il rapporto di cambio e il periodo e le modalità della conversione. La deliberazione
non può essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente versato.
Contestualmente la società deve deliberare l'aumento del capitale sociale per un ammontare
corrispondente alle azioni da attribuire in conversione.
Nel primo mese di ciascun semestre gli amministratori provvedono all'emissione delle azioni
spettanti agli obbligazionisti che hanno chiesto la conversione nel semestre precedente. Entro il
mese successivo gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese
un'attestazione dell'aumento del capitale sociale in misura corrispondente al valore nominale delle
azioni emesse .Fino a quando non siano scaduti i termini fissati per la conversione, la società non
può deliberare né la riduzione volontaria del capitale sociale, né la modificazione delle disposizioni
dello statuto concernenti la ripartizione degli utili, salvo che ai possessori di obbligazioni
convertibili sia stata data la facoltà, mediante avviso depositato presso l'ufficio del registro delle
imprese almeno novanta giorni prima della convocazione dell'assemblea di esercitare il diritto di
conversione nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione. Nei casi di aumento del capitale o di
riduzione del capitale per perdite, il rapporto di cambio è modificato in proporzione alla misura
dell'aumento o della riduzione.
Lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di emettere in una o più volte obbligazioni
convertibili, fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni . In tal caso
la delega comprende anche quella relativa al corrispondente aumento del capitale sociale.
(Art. 2420-ter)
104
1) sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;
2) sulle modificazioni delle condizioni del prestito;
3) sulla proposta di amministrazione controllata e di concordato;
4) sugli altri oggetti d'interesse comune degli obbligazionisti.
(Art. 2418)
Il rappresentante comune deve provvedere all'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea degli
obbligazionisti, tutelare gli interessi comuni di questi nei rapporti con la società e assistere alle
operazioni di sorteggio delle obbligazioni. Egli ha diritto di assistere all'assemblea dei soci.
Per la tutela degli interessi comuni ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti anche
nell'amministrazione controllata, nel concordato preventivo, nel fallimento, nella liquidazione
coatta amministrativa e nell'amministrazione straordinaria della società debitrice.
Sezione VII
La documentazione sociale e i libri obbligatori
Oltre i libri e le altre scritture contabili prescritti dall’art.2214 c.c. ,per ogni imprenditore
commerciale ,la società per azioni deve tenere:
1)Libro dei soci, nel quale è indicato per ogni categoria il numero delle azioni,il cognome e nome
dei titolari di quelle nominative,i trasferimenti e i vincoli ,e i versamenti eseguiti.
105
2)libro delle obbligazioni,deve indicare il numero delle obbligazioni emesse e quelle estinte,i
titolari di quelle nominative,i trasferimenti e i vincoli.
4)libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (o del consiglio di
gestione).
5)libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio sindacale (o del consiglio di sorveglianza
o del comitato per il controllo della gestione).
I libri n.1,2,3,4 e 8 sono tenuti a cura degli amministratori o dei componenti del consiglio di
gestione.
Il libro n.5 è tenuto dal collegio sindacale o dal consiglio di sorveglianza o dal comitato per il
controllo della gestione.
Il libro n.6 dal comitato esecutivo.
Il libro n.7 dal rappresentante comune degli obbligazionisti.
106
Chiarezza,correttezza e rappresentazione veritiera costituiscono le qualità essenziali del bilancio
sono dette per questo clausole generali .Queste clausole generali fissano gli obbiettivi di fondo
irrinunciabili.
(art.2423 bis)
Nella redazione del bilancio bisogna quindi osservare il principio secondo cui la valutazione delle
voci del bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione della
attività ,con l’intento di impedire sopravalutazioni che potrebbero comportare utili fittizi.
E’altresì affermato il principio di competenza con esclusione di quello di cassa cioè occorre
rilevare proventi ed oneri nell’esercizio in cui si sono verificati e non in quello in cui sono effettuati
i relativi incassi e pagamenti.
E’poi affermato il principio di valutazione separata degli elementi patrimoniali: “gli elementi
eterogenei – cioè – ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente”.
E’anche affermato il principio di continuità sostanziale dei bilanci secondo il quale,
“ i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro”.
Lo stato patrimoniale
E’ l’aspetto statico del bilancio. Lo stato patrimoniale svolge una funzione statica di fotografare le
attività e passività della società in un determinato momento.
Infatti esso rappresenta il complesso delle attività e delle passività e dei mezzi finanziari,quindi la
consistenza e la composizione del patrimonio sociale.
Nello stato patrimoniale e nel conto economico non solo le voci devono essere iscritte
separatamente, ma anche nell’ordine indicato dagli art. 2424 e 2425. Tali voci sono articolate
per categorie che, contrassegnate da lettere maiuscole (A, B, C, D) sono ulteriormente suddivise in
sottocategorie, distinte con numeri romani, ancora suddivise in voci contraddistinte da numeri arabi;
talvolta un’ulteriore ripartizione è distinta da lettere minuscole. Per ogni voce dello stato
patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo della voce corrispondente
dell’esercizio precedente per agevolare la comparazione e la valutazione dell’eventuale evoluzione.
Lo stato patrimoniale è articolato a colonne contrapposte, con iscrizione
a sinistra delle attività e a destra delle passività e del patrimonio netto.
A) crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già
richiamata (si tratta di azioni non completamente liberate)
C) attivo circolante che individua i beni acquistati grazie allo sviluppo dell’attività e che sono
destinati ad essere scambiati con altri beni;
Tale voce è composta da:
a) rimanenze.
b) crediti verso i clienti o imprese controllate ,collegate, controllanti ,e ora con la riforma anche i
crediti tributari e imposte anticipate, e crediti verso altri.
d) disponibilità liquide
(come depositi bancari e postali,assegni,denaro,valori in cassa)
1)disaggio sui prestiti (la differenza tra il valore nominale dell’obbligazione che la società
dovrà pagare e il suo prezzo di emissione).
2)ratei attivi (individuano i proventi che competono a quell’esercizio che la società incasserà negli
esercizi successivi).
3)i risconti attivi identificano i costi sopportati durante l’esercizio, anche se competono agli
esercizi successivi.
A) il patrimonio netto, formato dal capitale sociale e dalle diverse riserve. E’ integrato dagli utili
dei precedenti esercizi, ovviamente non distribuiti e da quelli dell’esercizio che si è chiuso; è
diminuito delle perdite pregresse, portate a nuovo e di quelle maturate nel corso dell’esercizio.
Lo somma di queste voci, integrata degli utili, ovvero diminuita delle perdite, determina il
patrimonio netto.
108
B)fondi per rischi ed oneri, suddiviso:
Si tratta di accantonamenti tesi a fronteggiare perdite o debiti ,di natura determinata,certi o probabili
dei quali tuttavia alla chiusura di esercizio sono indeterminati o l’ammontare o la data di
sopravvenienza.
C) trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato; nella relativa voce deve essere indicato
l’importo calcolato a norma dell’art. 2120;
D)debiti, suddivisi in :
1)obbligazioni convertibili
2)debiti verso i soci per finanziamento
3)verso banche, verso altri finanziatori,
4) acconti,fornitori, rappresentati da titoli di credito
5)debiti verso lo imprese controllate, collegate, controllanti ecc.;
Il conto economico
Riporta i costi e i ricavi, registra dunque se l’esercizio si è concluso con utili o con perdite .
Esso è l’aspetto dinamico del bilancio, svolge una funzione dinamica di rappresentare la gestione
della società nell'arco dell'esercizio.
L’art. 2425 delinea lo schema di redazione del conto economico, secondo le seguenti voci:
109
valore della produzione
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni
costi di produzione
1) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
2) per servizi
3) per godimento di beni di terzi
4) per il personale
5) ammortamenti e svalutazioni
6) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
7) accantonamenti per rischi
8) altri accantonamenti
9) oneri diversi di gestione
Detratte le tasse si ottiene l’effettivo,cioè la misura dell’utile o della perdita che deve poi essere
riportato nello stato patrimoniale.
Criteri di valutazione
L’esigenza che il bilancio soddisfi un’informazione oggettiva ed imparziale, a beneficio dei soci,
dei creditori ed in genere del mercato, giustifica il rigore prescritto per le valutazioni che non
riguardano i valori certi, ma quelli stimati.
Per circoscrivere, pertanto, i margini dell’opinabilità, l’art. 2426 fissa rigorosi criteri di valutazione
soltanto eccezionalmente derogabili.
110
Le immobilizzazioni devono essere,iscritte al costo di acquisto o di produzione .Il criterio è privo
di alternativa per le immobilizzazioni materiali ed immateriali, non per quelle finanziarie .
L’avviamento, sempre con il consenso del collegio sindacale, può essere iscritto nell’attivo se
acquisito a titolo oneroso e, comunque,nei limiti del costo per esso sostenuto che deve essere
ammortizzato entro un periodo di cinque,anni.
Il disaggio su prestiti deve essere iscritto nell’attivo ed ammortizzato in ogni esercizio per il
periodo di durata del prestito.
Il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli
“primo entrato,primo uscito” o “ultimo entrato, primo uscito”.
I lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base di corrispettivi contrattuali
maturati con ragionevole certezza.
La nota integrativa
Completa il contenuto dello stato patrimoniale e del conto economico:
Il contenuto della nota integrativa è specificato dall’art. 2427.
La nota deve infatti evidenziare:
il collegio sindacale formula proposte ed osservazioni sul progetto di bilancio e riferisce
all’assemblea sull’esercizio sociale , facendo proposte circa l’approvazione;
copia del progetto di bilancio, insieme con le relazioni degli amministratori e dei sindaci,
deve rimanere depositata nella sede sociale durante i quindici giorni che precedono
l’assemblea, e fino all’approvazione, affinché i soci possano prenderne visione;
l’assemblea ordinaria delibera sul progetto di bilancio e, se lo approva, delibera anche sulla
distribuzione degli eventuali utili ai soci;
una copia del bilancio approvato, corredata dalla relazione sulla gestione, dalla relazione del
consiglio sindacale e dal verbale di approvazione dell’assemblea, deve essere depositata, a
cura degli amministratori ed entro 30 giorni dall’approvazione, presso l’Ufficio del registro
delle imprese, ovvero inoltrata a mezzo di lettera raccomandata.
Art. 2434
-L'approvazione del bilancio non implica liberazione degli amministratori, dei direttori generali, dei
dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e dei sindaci per le responsabilità
incorse nella gestione sociale.
112
Le azioni previste dagli articoli 2377 e 2379 non possono essere proposte nei confronti delle
deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l'approvazione del bilancio
dell'esercizio successivo.
La legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio su cui il soggetto
incaricato di effettuare la revisione legale dei conti ha emesso un giudizio privo di rilievi spetta a
tanti soci che rappresentino almeno il cinque per cento del capitale sociale.
Il bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità di cui al comma precedente
tiene conto delle ragioni di questa.
Art.2433 c.c.
La deliberazione sulla distribuzione degli utili e' adottata dall'assemblea che approva il bilancio .
Nel caso in cui la deliberazione di approvazione del bilancio spetti al consiglio di sorveglianza ,di
conseguenza delibera anche la distribuzione dell’utile.
Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti
dal bilancio regolarmente approvato.
Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il
capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.
I dividendi erogati in violazione delle disposizioni del presente articolo non sono ripetibili, se i soci
li hanno riscossi in buona fede in base a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti
corrispondenti.
Art.2430 c.c.
Dagli utili netti annuali deve essere dedotta una somma corrispondente almeno alla ventesima parte
di essi per costituire una riserva, fino a che questa non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale.
La riserva deve essere reintegrata a norma del comma precedente se viene diminuita per qualsiasi
ragione. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Art.2431 c.c. Le somme percepite dalla società per l'emissione di azioni ad un prezzo superiore al
loro valore nominale, ivi comprese quelle derivate dalla conversione di obbligazioni, non possono
essere distribuite fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il limite stabilito dall'articolo 2430.
113
E’ prevista la possibilità la distribuzione di acconti sui dividendi futuri dall'articolo 2433 bis che ha
fissato i seguenti principi:
la distribuzione di acconti sui dividendi è consentita solo alle società il cui bilancio è assoggettato
per legge alla revisione da parte di società iscritte all'albo speciale;
la distribuzione di acconti sui dividendi dev'essere prevista dallo statuto ed è deliberata dagli
amministratori dopo la certificazione e l'approvazione del bilancio dell'esercizio precedente;
non è consentita la distribuzione di acconti sui dividendi quando dall'ultimo bilancio approvato
risultino perdite relative all'esercizio o a esercizi precedenti;
l'ammontare degli acconti sui dividendi non può superare la minor somma tra l'importo degli
utili conseguiti dalla chiusura dell'esercizio precedente, diminuito delle quote che dovranno
essere destinate a riserva per obbligo legale o statutario, e quello delle riserve disponibili;
gli amministratori deliberano la distribuzione di acconti sui dividendi sulla base di un prospetto
contabile e di una relazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica
e finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Su tali documenti deve essere
acquisito il parere del collegio sindacale;
il prospetto contabile, la relazione degli amministratori e il parere del collegio sindacale devono
restare depositati in copia nella sede della società fino all'approvazione del bilancio
dell'esercizio in corso e i soci possono prenderne visione .Qualora sia successivamente accertata
l'inesistenza degli utili risultanti dal prospetto, gli acconti sui dividendi erogati in conformità con le
disposizioni anzidette non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede.
Il bilancio consolidato
Sono obbligati a redigere il bilancio consolidato:
le società per azioni, in accomandita per azioni ed a responsabilità limitata che controllano
un'impresa;
le società cooperative e mutue assicuratrici che controllano società per azioni, in accomandita
per azioni o a responsabilità limitata;
gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale.
114
Le modificazioni dello statuto
Le modificazioni dello statuto devono essere deliberate dall’assemblea straordinaria. (art.2365 c.c.)
L’assemblea straordinaria per le modificazioni dello statuto deve rispettare di specifici quorum.
Ad esempio l’assemblea straordinaria ,nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio, anche in secondo convocazione può deliberare con l’approvazione di tanti soci che
rappresentano più di 1/3 del capitale:
1)il cambiamento dell’oggetto sociale
2)la trasformazione della società
3)il suo scioglimento anticipato
4)la proroga della società
5)la revoca dello stato di liquidazione
6)il trasferimento della sede sociale all’estero
7)l’emissione di azioni privilegiate
Il diritto di recesso
(Art. 2437)
Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle
deliberazioni riguardanti:
Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso
all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:
a) la proroga del termine
b) l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
115
Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato
regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può
prevedere un termine maggiore, non superiore ad un anno.
Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere
ulteriori cause di recesso.
Restano salve le disposizioni dettate in tema di recesso per le società soggette ad attività di
direzione e coordinamento.
116
comunicazione del recesso, le azioni del recedente vengono rimborsate mediante acquisto da parte
della società utilizzando riserve disponibili .
In assenza di utili e riserve disponibili, deve essere convocata l'assemblea straordinaria per
deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società.
Le proposte di aumento di capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione
devono essere illustrate dagli amministratori con apposita relazione, dalla quale devono risultare le
ragioni dell'esclusione o della limitazione, ovvero, qualora l'esclusione derivi da un conferimento in
natura, le ragioni di questo e in ogni caso i criteri adottati per la determinazione del prezzo di
emissione. La relazione deve essere comunicata dagli amministratori al collegio sindacale o al
consiglio di sorveglianza e al soggetto incaricato della revisione legale dei conti almeno trenta
giorni prima di quello fissato per l'assemblea. Entro quindici giorni il collegio sindacale deve
esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni. Il parere del
collegio sindacale e la relazione giurata dell'esperto designato dal tribunale nell'ipotesi prevista dal
quarto comma devono restare depositati nella sede della società durante i quindici giorni che
precedono l'assemblea e finché questa non abbia deliberato; i soci possono prenderne visione. La
deliberazione determina il prezzo di emissione delle azioni in base al valore del patrimonio netto,
tenendo conto, per le azioni quotate in mercati regolamentati, anche dell'andamento delle
quotazioni nell'ultimo semestre. (art.2441 comma 6)
Con deliberazione dell'assemblea presa con la maggioranza richiesta per le assemblee straordinarie
può essere escluso il diritto di opzione limitatamente a un quarto delle azioni di nuova emissione, se
queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società che la controllano o che
sono da essa controllate. L'esclusione dell'opzione in misura superiore al quarto deve essere
approvata con il voto di tanti soci che rappresentano oltre la metà del capitale. (art.2441 comma 8)
118
già possedute. L'aumento di capitale può attuarsi anche mediante aumento del valore nominale delle
azioni in circolazione.(art.2442c.c.)
Nell'assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione
della relazione.
Se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea
ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il
capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il
consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale
in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero,
con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli
amministratori.
Nel caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua
modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l'assemblea
straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente comma sia
deliberata dal consiglio di amministrazione.
Art.2247
Riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale
Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito
dall'articolo 2327, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio
di sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale
119
ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la
trasformazione della società.
Sezione IX
Patrimoni e il finanziamento destinati ad un specifico affare
Quella dei patrimoni destinati ad uno specifico affare è una operazione volta a limitare il rischio di
impresa , che permette di evitare la costruzione di tante società quanti sono gli affari da realizzare;
si utilizza invece il patrimonio della società stabilendo mirate destinazioni , così ogni affare avrà
una parte di patrimonio destinato ,e il rischio dell’impresa in relazione all’affare è limitato alla parte
di patrimonio destinata all’affare.
a) costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico
affare;
b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o
parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso, o parte di essi.
Salvo quanto disposto in leggi speciali, i patrimoni destinati ai sensi della lettera a) del primo
comma non possono essere costituiti per un valore complessivamente superiore al dieci per cento
del patrimonio netto della società e non possono comunque essere costituiti per l'esercizio di affari
attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali.
(art.2447 ter)
La deliberazione (che ai sensi della lettera a) del primo comma dell'articolo 2447-bis )destina un
patrimonio ad uno specifico affare deve indicare:
a) l'affare al quale è destinato il patrimonio;
b) i beni e i rapporti giuridici compresi in tale patrimonio;
c) il piano economico-finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla
realizzazione dell'affare, le modalità e le regole relative al suo impiego, il risultato che si intende
perseguire e le eventuali garanzie offerte ai terzi;
d) gli eventuali apporti di terzi, le modalità di controllo sulla gestione e di partecipazione ai risultati
dell'affare;
120
e) la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione all'affare, con la specifica
indicazione dei diritti che attribuiscono;
f) la nomina di un revisore legale o di una società di revisione legale per la revisione dei conti
dell'affare, quando la società non é già assoggettata alla revisione legale; (4)
Salvo diversa disposizione dello statuto, la deliberazione per la costituzione del patrimonio
è adottata dall'organo amministrativo o di gestione a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
(art.2447 quater)
La deliberazione con la quale viene costituito il patrimonio separato deve essere depositata e
iscritta nel registro delle imprese.
Nel termine di sessanta giorni dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese i creditori
sociali anteriori all'iscrizione possono fare opposizione.
Il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che la deliberazione sia eseguita previa
prestazione da parte della società di idonea garanzia.
(Art.2447 quinqiues)
Decorso il termine di 60 giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese ovvero dopo
l'iscrizione nel registro delle imprese del provvedimento del tribunale ivi previsto, i creditori della
società non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo specifico affare né, salvo
che per la parte spettante alla società, sui frutti o proventi da esso derivanti.
Questa segregazione patrimoniale è estesa ai beni immobili o beni mobili registrati , a condizione
che la deliberazione di destinazione sia trascritta nei pubblici registri.
Per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare la società risponde nei limiti del
patrimonio ad esso destinato. Resta salva tuttavia la responsabilità illimitata della società per le
obbligazioni derivanti da fatto illecito.
(art.2447 novies)
Quando si realizza ovvero è divenuto impossibile l'affare cui è stato destinato un patrimonio , gli
amministratori [o il consiglio di gestione ] redigono un rendiconto finale che, accompagnato da una
relazione dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione contabile, deve essere depositato
presso l'ufficio del registro delle imprese.
Nel caso in cui non siano state integralmente soddisfatte le obbligazioni contratte per lo
svolgimento dello specifico affare cui era destinato il patrimonio, i relativi creditori possono
chiederne la liquidazione mediante lettera raccomandata da inviare alla società entro novanta giorni
dal deposito del rendiconto. In tal caso, si applicano esclusivamente le disposizioni sulla
liquidazione delle società.
Se non vi sono pretese dei creditori ,depositato il rendiconto finale ,i beni ed i rapporti giuridici del
patrimonio destinato tornano a far parte del patrimonio sociale ,ma restano salvi i diritti dei creditori
sociali con riferimento ai beni e rapporti compresi nel patrimonio destinato.
121
Nei libri sociali devono essere indicati in modo autonomo(separato) i dati relativi ad ogni affare,
cosi come nel bilancio e nella nota integrativa.(art.2447 sexies e septies).
Nella nota integrativa gli amministratori devono indicare il valore e alla tipologia dei beni e dei
rapporti giuridici compresi in ciascun patrimonio destinato.(art.2447 septies)
Il contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare ai sensi della lettera b) del primo
comma dell'articolo 2447-bis può prevedere che al rimborso totale o parziale del finanziamento
siano destinati, in via esclusiva, tutti o parte dei proventi dell'affare stesso.
Questa operazione è regolata dall’art.2447 decies .La società beneficia di un finanziamento che è
erogato dai terzi , per la realizzazione di uno specifico affare , ma la singolarità dell’azione sta nel
fatto che i proventi dell’affare stesso costituiscono patrimonio separato sia da quello residuo della
società sia da quello relativo ad ogni altra operazione di finanziamento dello stesso tipo , a
condizione:
a) che copia del contratto sia depositata per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese;
b) che la società adotti sistemi di incasso e di contabilizzazione idonei ad individuare in ogni
momento i proventi dell'affare ed a tenerli separati dal restante patrimonio della società.
I creditori sociali non possono aggredire né tali proventi ,né i relativi frutti ,e quelli degli
investimenti eventualmente effettuati ,pur potendo fino al rimborso del finanziamento ,promuovere
su di essi azioni conservative.
Se il fallimento della società impedisce la realizzazione o la continuazione dell'operazione il
finanziatore ha diritto di insinuarsi nel passivo per recuperare il suo credito.
Sezione X
Le società in accomandita per azioni
Società per azioni e in accomandita per azioni sono accomunate dalla suddivisione del capitale in
azioni, ma diversificate dalla dall’esistenza di due categorie di soci:
gli accomandatari, amministratori di diritto che rispondono solidalmente ed illimitatamente (in via
sussidiaria) delle obbligazioni sociali;
gli accomandanti, i quali rispondono nei limiti del conferimento e non possono amministrare la
società.
Rilevanti sono le diversità tra gli accomandatari dell’accomandita per azioni
per azioni e quelli dell’accomandita semplice. Il socio accomandatario di quest’ultima società
non è, infatti, necessariamente amministratore; risponde solidalmente ed illimitatamente con gli
accomandatari, ma non è di diritto amministratore. La sua responsabilità non si riconduce, ancora
una volta necessariamente, all’attribuzione del potere di amministrazione che potrebbe mancare;
non a caso risponde per le obbligazioni contratte dalla società anteriormente all’acquisto della
qualità di socio e di quelle sorte successivamente alla dismissione della carica. Nettamente diversa
122
la responsabilità del socio accomandatario dell’accomandita per azioni che risponde per il periodo
in cui mantiene l’ufficio di amministratore (art. 2467). L’indiscutibile connessione tra la qualità di
socio accomandatario e quella di amministratore rappresenta il pregio ed il limite di questa società:
il pregio, in considerazione del fatto che è preservata la stabilità della gestione della società, perché
salva la revoca il socio accomandatario può mantenere la carica di amministratore permanente; e il
limite, poiché la prospettiva della responsabilità solidale ed illimitata ha notevolmente condizionato
il gradimento di questo tipo di società. Nella società in accomandita per azioni risulta attenuata
l’irrilevanza della partecipazione, ancorché rappresentata da azioni: la persona di chi appresta i
mezzi assumendo la qualità di socio accomandatario, amministratore di diritto, assume importanza
non trascurabile, anzi decisiva.
Questa essenziale peculiarità della società in accomandita per azioni influenza, in primo luogo, la
sua denominazione nella quale deve essere riprodotto almeno il nome di uno dei soci
accomandatari, con l’indicazione, comunque, di società in accomandita per azioni;
se ne giovano i terzi che identificano uno degli amministratori sulla cui consistenza patrimoniale
possono confidare, ad integrazione di quella del patrimonio sociale (art. 2463). L’atto costitutivo
deve indicare i soci accomandatari che amministratori di diritto sono soggetti agli obblighi di quelli
della società per azioni (art. 2465). Si è già osservato che la revoca degli amministratori deve essere
deliberata con le maggioranza prescritte per le deliberazioni dell’assemblea straordinaria delle
società per azioni. Al pari con lo stesso quorum viene decisa la sostituzione dell’amministratore; se
gli amministratori sono più di uno, la nomina del sostituto o dei sostituti deve essere approvata da
quelli rimasti in carica, per assicurare omogeneità alla gestione dell’impresa. Il nuovo
amministratore assume la qualità di socio accomandatario dal momento dell’accettazione della
nomina, con gli effetti sul regime della sua responsabilità, solidale e illimitata, che sono stati
richiamati.
Al servizio della stessa finalità – la protezione del ruolo dei soci accomandatari, amministratori – la
prescrizione che impone l’approvazione delle modificazioni dell’atto costitutivo con le stesse
maggioranze fissate per l’assemblea straordinaria della società per azioni nonché con
l’approvazione di tutti i soci accomandatari (art. 2740).
L’accomandita per azioni, in effetti, si può sciogliere se cessano dall’ufficio tutti gli amministratori
e se nel termine di sei mesi non si è provveduto alla loro sostituzione ed i sostituti non hanno
accettato la carica (art. 2468).
L’art.2459 c.c. da la possibilità alle società in accomandita per azioni di articolare il sistema di
amministrazione e controllo nella versione dualistica (consiglio di gestione e consiglio di
sorveglianza).
E’ precluso invece il ricorso al sistema monistico .Tale soluzione infatti è incompatibile con le
caratteristiche dell’accomandita per azioni poiché dell’organo amministrativo sono necessariamente
ed esclusivamente componenti i soci accomandatari che rispondono per le obbligazioni sociali. Di
esse non rispondono invece i componenti del comitato di controllo sulla gestione che non
amministrano ,svolgendo solo compiti di controllo.
Sezione XI
Società a responsabilità limitata
La società a responsabilità limitata ( artt. 2462-2483 ) è una società di capitali nella quale:
a) per l'obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio (art. 2462, 1 comma);
b) le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni e non posso inoltre
costituire oggetto di sollecitazione all'investimento ( art. 2468, 1 comma).
123
I caratteri delle società a responsabilità:
1)Il primo dato che caratterizza la società a responsabilità limitata sta nella concessione ai soci di
una reale autonomia statutaria .Oggi cioe è concesso ai soci di srl di compiere attraverso lo
statuto scelte che fino a ieri sembravano impensabili e di incidere in settori ,come quello
dell’amministrazione della società da sempre considerati inderogabili .soprattutto nelel società di
capitali.
2)consiste nell’aver creato un tipo di società ,che pur mantenendo almeno in prevalenza i caratteri
propri delle società di capitali ,ridimensiona la distinzione tra società di capitali e di persone.
3) il terzo carattere è la personalizzazione della srl ,tale affermazione si intende in duplice senso :
a)valorizzazione del ruolo che la persona del socio ha nella vita della società
b)e come introduzione di regole finora riservate alle sole c.d. società di persone.
6) Il sesto carattere marcante risiede nella disciplina delle modificazioni del capitale sociale.
Il procedimento di costituzione :
La costituzione della società avviene mediante 2 fasi :
1)La stipulazione dell’atto costitutivo
2)L’iscrizione della società nel registro delle imprese
Con la stipulazione dell’atto costitutivo si determina come effetto quello della responsabilità
illimitata e solidale dei soci che hanno compiuto operazioni sociali prima dell’iscrizione o anche di
coloro che nell’atto costitutivo o con atto separato hanno dato il consenso al compimento delle
operazioni , nonché del socio unico fondatore. (art.2331 comma 2)
Solo poi con l’iscrizione della società nel registro delle imprese,si determina la nascita della
società .Con l’iscrizione della società nel registro delle imprese ,la società acquista la personalità
giuridica.
Compiuta la prima fase il notaio rogante deve entro 10 giorni ,depositare l’atto costitutivo presso
l’ufficio del registro delle imprese ,allegando i documenti necessari ,se il notaio e gli amministratori
non vi provvedono ,ciascun socio provvedervi a spese della società .Il soggetto che cura il deposito
deve richiedere l’iscrizione nel registro delle imprese e l’ufficio del registro dopo aver verificato la
regolarità formale della documentazione ,iscrive la società nel registro .
Per poter iscrivere la società nel registro delle imprese ci sono 3 condizioni essenziali :
1)sottoscrizione per intero del capitale sociale
2)rispetto degli art.2464 comma 3/4 sui conferimenti
3)ci devono poi essere le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la
costituzione della società in relazione al suo particolare oggetto.
(es. società bancarie che hanno bisogno di autorizzazioni per iniziare attività).
124
L’art.2464 comma 3/4 stabilisce che :
1)al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo ,deve essere versato presso una banca
almeno il 25% dei conferimenti in denaro e l’intero ammontare del conferimento in caso di
costituzione per atto unilaterale.
2)per i conferimenti in natura si applicherà l’art.2254 dettato per le società di persone
3)per il conferimento dei crediti si applicherà invece l’art.2255 c.c. a tenore del quale il socio
conferente risponde della insolvenza del debitore nei limiti del 1267 in caso di assunzione
convenzionale della garanzia.
Le somme depositate non possono essere consegnate agli amministratori se non provano l’avvenuta
iscrizione nel registro delle imprese.
Se entro 90 giorni dalla stipulazione della atto costitutivo o dal rilascio delle autorizzazioni
l’iscrizione nono ha avuto luogo ,le somme devono essere restituite ai sottoscrittori e l’atto
costitutivo perderà efficacia.
Il contenuto dell’atto costitutivo è stabilito dall’art.2463 c.c. che prevede come elementi essenziali
dell’atto costitutivo :
1)soggetti
2)denominazione e sede dalla società
3)oggetto sociale
4)capitale sociale
5)conferimenti
6)quota di partecipazione
7)norme sul funzionamento della società
8)importo almeno approssimativo delle spese per la costituzione poste a carico della società
Soggetti
Infatti l’art.2463 al numero 1 prescrive che l’atto costitutivo deve indicare :
il cognome o la denominazione ,la data e il luogo di nascita o di costituzione ,il domicilio o la sede,
la cittadinanza di ciascun socio.
L’importanza dei soggetti è in re ipsa ,altrimenti non esiste un contratto che non indentifica i
contraenti.
L’oggetto sociale
L’art.2463 al numero 3 prescrive l’attività che costituisce l’oggetto sociale,cioè la scelta di un
particolare ramo merceologico di attività che appunto costituisce l’oggetto sociale.
(es. fabbricazione automobili)
E’ una delle indicazioni più importanti insieme al capitale sociale ,ed è indefettibile per tutti i tipi di
società . L’oggetto deve consistere in una attività economica e deve possedere i requisiti previsti
dall’art.1346 per ogni contratto cioè lecito ,possibile,determinato o determinabile.
L’oggetto sociale permetti di distinguere la società dalla comunione di godimento.
Il capitale sociale
E’ la somma dei conferimenti dei soci valutati in denaro, nelle Srl non può essere inferiore a 10 mila
euro .Nell’atto costitutivo deve essere indicato il capitale sottoscritto e versato .
L’importanza del capitale sociale ,perché permette di misurare lo stato di salute della società nella
sua comparazione con il patrimonio.
Conferimenti
Quella dei conferimenti è una delle materie maggiormente colpite dalla riforma e comprende 3
norme (2464,2465,2466)
Per i conferimenti di beni in natura e di crediti, si osservano le disposizioni degli articoli 2254 e
2253 .Le quote corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento
della sottoscrizione. Il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una polizza di
assicurazione o di una fideussione bancaria con cui vengono garantiti, per l`intero valore ad essi
assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d`opera o di servizio a
favore della società .In tal caso, se l`atto costitutivo lo prevede, la polizza o la fideussione possono
essere sostituite dal socio con il versamento a titolo di cauzione del corrispondente importo in
danaro, presso la società.(art.2464 coma 2)
126
Art. 2466 Mancata esecuzione dei conferimenti
Se il socio non esegue il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori diffidano il socio
moroso ad eseguirlo nel termine di trenta giorni.
Decorso inutilmente questo termini, gli amministratori, qualora non ritengono utili promuovere
azione per l`esecuzione dei conferimenti dovuti, possono vendere agli altri soci, in proporzione alla
loro partecipazione, la quota del socio moroso.
La vendita e` effettuata a rischio e pericolo del medesimo, per il valore risultante dall`ultimo bilancio
approvato.
In mancanza di offerte per l`acquisto, se l`atto costitivo lo consente, la quota e` venduta all`incanto.
Se la vendita non puo` aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio,
trattenendo le somme riscosse. Il capitale deve essere ridotto in misura corrispondente.
Quota di partecipazione
L’art.2463 al n 6 prevede la quota di partecipazione ,tale quota non può essere rappresentata da
azioni .Per quanto riguarda la disciplina del trasferimento e della espropriazione della quota , la
disciplina è contenuta negli art. da 2468 a 2472 .
127
rimasta infruttuosa.
Organizzazione interna
La disciplina dell’organizzazione interna della Srl non è più così simile a quella della società per
azioni , infatti ai vertici di tale organizzazione interna ci sono :
1)regole specifiche per le Srl
2)autonomia statutaria
3)e solo infine quasi come disciplina residuale c’è il rinvio alle norme dettate per la Spa
Non si può affermare nella Srl che l’organizzazione interna della società si articola sui tre organi
tipici delle società di capitali e mutualistiche cioè :
1)assemblea = organo deliberativo
2)amministratori = organo di governo e gestione
3)collegio sindacale = organo di controllo
anche grazie al n.7 dell’art.2463 che stabilisce che è consentito ai soci inserire nell’atto costitutivo
le norme relative al funzionamento della società ,indicando quelle concernenti l’amministrazione e
la rappresentanza.
128
In realtà nulla impedisce che ci siano i 3 organi, ma questi 3 organi nella nuova disciplina sono
depotenziati , vengono trasformati in organi a competenza limitata come per l’assemblea dei soci o
come avviene per gli amministratori o diventano addirittura eventuali come per il collegio sindacale
o il revisore.
Decisione dei soci ed assemblea
Con la riforma quindi l’assemblea perde il primo posto nella scala normativa degli organi ,
avvicinando così ancor di più la società a responsabilità limitata alle società di persone
(dove la legge non prevede un’assemblea e disciplina solo gli amministratori).
1)assemblea della società ,non è più la sede esclusiva e naturale per l’adozione delle deliberazioni,
quindi la deliberazione assembleare non è più lo strumento esclusivo attraverso il quale si
manifesta la volontà della società , che su determinati argomenti è sostituita dalle decisioni dei soci.
2)decisione dei soci,non è una generica indicazione , ma assume un significato tecnico come
alternativa alla deliberazione assembleare, poiché viene presa fuori dall’assemblea.
Affinchè le decisioni dei soci possano essere adottate senza il ricorso alla delibera assembleare è
necessario che lo statuto lo preveda espressamente, ed anche che le decisioni siano prese mediante
consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto.
3)quanto all’oggetto ,la regola generale è che i soci decidono ,senza l‘adozione del procedimento
assembleare ,sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo , e sugli argomenti
che uno o più amministratori o i soci che rappresentano 1/3 del capitale sociale sottopongono alla
loro approvazione , e in ogni caso sull’approvazione del bilancio e sulla distribuzione degli utili,
sulla nomina degli amministratori se prevista nell’atto costitutivo , e nella nomina del collegio
sindacale o del revisore.
4)decisioni dei soci sono prese con il voto favorevole della maggioranza dei votanti che
rappresentano almeno la metà del capitale sociale,precisando che ogni socio ha diritto a partecipare
alle decisioni ed il suo voto vale in misura proporzionale alla sua partecipazione.
a)l’assemblea deve essere convocata secondo le modalità previste dall’atto costitutivo in mancanza
attraverso lettera raccomandata spedita ai soci 8 giorni prima della adunanza.
b)la riunione deve svolgersi presso la sede sociale salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo.
c)l’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di almeno la metà del capitale sociale e
delibera a maggioranza assoluta dei presenti , salvo nel caso di modificazioni dell’atto costitutivo
dove occorre un quorum deliberativo almeno uguale al 50% più 1 del capitale sociale.
129
Invalidità delle deliberazioni e delle decisioni
L’art.2479 ter ha stabilito alcune regole fondamentali:
[1] Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono
essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio
sindacale entro tre mesi dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci.
[2] Il tribunale, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha
proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a sei mesi per l'adozione di una
nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità.
[3] Qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili a norma del precedente comma le
decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi,
un interesse in conflitto con quello della società. Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e
quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia
interesse entro tre anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del precedente primo comma .
Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale
prevedendo attività impossibili o illecite.
Il procedimento per ottenere l’annullamento è previsto per le società per azioni dall’art.2378.
Il legislatore ha sancito:
a) in via generale che l’annullamento delle deliberazioni può essere evitato attraverso la
sostituzione della delibera con altra presa in conformità della legge e dello statuto.
b) che l’impugnativa non è proponibile nei confronti delle deliberazioni di approvazione del
bilancio dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo
c) ha negato la legittimazione all’impugnativa a chi pur non avendo ricevuto la
convocazione ,ha dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell’assemblea
d) una sorta di sanatoria per la mancata verbalizzazione ,disponendo che tale lacuna può essere
colmata redigendo il verbale prima dell’assemblea successiva.
130
c) L'atto costitutivo può tuttavia prevedere,quando l’amministrazione è affidata a più persone,che
essa sia affidata disgiuntamente oppure congiuntamente a tali persone; in tali casi si applicano,
rispettivamente, gli articoli 2257 e 2258.
La redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di
aumento del capitale sono in ogni caso di competenza dell'organo amministrativo.
Sembrerebbe innovata anche la regola sulla rappresentanza dal momento che l’art.2475 bis
stabilisce che gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società .L’art.2475 ter però
utilizza l’espressione gli amministratori che hanno la rappresentanza ,da cui si desume che ci siano
amministratori che non hanno la rappresentanza.
Il 2475 bis ripete la inopponibilità ai terzi delle limitazioni statutarie ai poteri degli amministratori
anche se pubblicate ,salvo prova che i terzi abbiano agito intenzionalmente a danno della società.
131
I contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di
interessi, per conto proprio o di terzi, con la medesima possono essere annullati su domanda della
società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.
Le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un
amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale,
possono essere impugnate entro novanta giorni dagli amministratori e, ove esistenti, dai soggetti che
compongono il collegio sindacale. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi
in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione.
Controllo sulla gestione
(Art 2477)
La nomina del collegio sindacale é obbligatoria se il capitale sociale non é inferiore a quello
minimo stabilito per le società per azioni.
Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per
azioni; se l'atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti é esercitata dal
collegio sindacale.
(Art.2478)
Oltre i libri e le altre scritture contabili prescritti nell'articolo 2214, la società deve tenere:
1) il libro dei soci, nel quale devono essere indicati il nome dei soci, la partecipazione di spettanza
di ciascuno, i versamenti fatti sulle partecipazioni, nonché le variazioni nelle persone dei soci
Secondo molti abrogato nel 2009 il numero 1 di tale art. ,il legislatore ha cosi eliminato il libro dei
soci.
2) il libro delle decisioni dei soci, nel quale sono trascritti senza indugio sia i verbali delle
assemblee, anche se redatti per atto pubblico, sia le decisioni prese mediante consultazioni scritte o
sulla base del consenso espresso per iscritto ; la relativa documentazione è conservata dalla società;
3) il libro delle decisioni degli amministratori;
4) il libro delle decisioni del collegio sindacale o del revisore.
132
I primi tre libri devono essere tenuti a cura degli amministratori e il quarto a cura dei sindaci.
I contratti della società con l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio sono opponibili
ai creditori della società solo se risultano dal libro indicato nel numero 3 del primo comma o da
atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.
a)I diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da loro posseduta .
b)l’atto costitutivo può prevedere l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti
l’amministrazione della società o distribuzione degli utili.
c) In tutti i casi di riduzione del capitale per perdite è esclusa ogni modificazione delle quote di
partecipazione e dei diritti spettanti ai soci.(art.2482 quater)
2)diritto di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso per le decisioni prese al di fuori
del contesto assembleare e il proprio voto per le deliberazioni
7)il diritto di sottoscrivere l’aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti
9)limitatamente ai soci che non partecipano all’amministrazione ,il diritto di avere dagli
amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali e i
documenti relativi all’amministrazione.
Spetta poi ad 1/3 del capitale sociale il diritto di chiedere che le decisioni dei soci siano adottate
mediante deliberazioni assembleari.
La riduzione volontaria può avvenire ,sempre nel rispetto del limite minimo del capitale fissato
dalla legge ,attraverso due modalità:
1) mediante rimborso ai soci delle quote pagate
2) o mediante liberazione di essi dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti.
La decisione dei soci di ridurre il capitale sociale può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni
dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese della decisione medesima, purché entro questo
termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione. Il tribunale, quando
ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato un'idonea
garanzia, dispone che l'esecuzione abbia luogo nonostante l'opposizione.
La riduzione per perdite disciplinata in due norme cioè l’art.2482 bis e ter
(Art.2482 bis)
Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli
amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea dei soci per gli opportuni
provvedimenti.
All'assemblea deve essere sottoposta una relazione degli amministratori sulla situazione
134
patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale o del soggetto incaricato di
effettuare la revisione legale dei conti. Se
entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve essere
convocata l'assemblea per l'approvazione del bilancio e per la riduzione del capitale in proporzione
delle perdite accertate .In mancanza gli amministratori e i sindaci o il soggetto incaricato di
effettuare la revisione legale dei conti devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione
del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale, provvede con decreto
soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori.
(Art.2482 ter)
Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dal
numero 4) dell'articolo 2463, gli amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea per
deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non
inferiore al detto minimo .E' fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società.
Il bilancio
(Art.2478 bis)
Il bilancio deve essere redatto con l'osservanza degli articoli da 2423 a 2431, salvo quanto disposto
dall'articolo 2435-bis. Esso è presentato ai soci entro il termine stabilito dall'atto costitutivo e
comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale.
Entro trenta giorni dalla decisione dei soci di approvazione del bilancio deve essere depositata
presso l'ufficio del registro delle imprese, copia del bilancio approvato.
135
La decisione dei soci che approva il bilancio decide sulla distribuzione degli utili ai soci .
Possono essere distribuiti esclusivamente gli utili realmente conseguiti e risultanti da bilancio
regolarmente approvato.
Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione degli utili fino a che
il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.
Gli utili erogati in violazione delle disposizioni del presente articolo non sono ripetibili se i soci li
hanno riscossi in buona fede.
Recesso
Il recesso è un negozio unilaterale recettizio con il socio dichiara di voler sciogliere il vincolo che lo
lega alla società .La prima fonte di recesso è lo statuto ,poi la legge con l’art.2473.
L’art.2469 consente al socio o ai suoi eredi il diritto di recedere quando l’atto costitutivo prevede
l’intrasferibilità delle quote in diritto e in fatto o sottopone la cessione al mero gradimento di organi
sociali o di terzi.
L’art.2481 bis consente il recesso al socio ,che in ipotesi di aumento del capitale sociale a
pagamento , dissenta dalla decisione di offrire ai terzi le quote di nuova emissione.
L’art.2497 quater prevede la possibilità per il socio di società soggetta ad attività di direzione e
coordinamento :
a) quando la società o l'ente che esercita attività di direzione e coordinamento ha deliberato una
trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale, ovvero ha deliberato una modifica
del suo oggetto sociale consentendo l'esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le
condizioni di rischio dell’investimento della società soggetta ad attività di direzione e
coordinamento
b) quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di chi esercita
attività di direzione e coordinamento ; in tal caso il diritto di recesso può essere esercitato soltanto
per l'intera partecipazione del socio;
c) all'inizio ed alla cessazione dell'attività di direzione e coordinamento, quando non si tratta di una
società con azioni quotate in mercati regolamentati e ne deriva un'alterazione delle condizioni di
rischio dell'investimento e non venga promossa un'offerta pubblica di acquisto.
Il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso deve essere
eseguito,entro centottanta giorni dalla comunicazione del medesimo fatta alla società. Esso può
avvenire anche mediante acquisto da parte degli altri soci proporzionalmente alle
136
loro,partecipazioni oppure da parte di un terzo concordemente individuato da soci medesimi.
Qualora ciò non avvenga,rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili o in, mancanza,
corrispondentemente riducendo il capitale sociale; in quest'ultimo caso si applica l'articolo 2482 e,
qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto, la
società viene posta in liquidazione .Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo
di efficacia, se la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento
della società.
Esclusione
Il comma 3 dell’art.2466 prevede che debba essere escluso il socio moroso ,quando sono falliti
tentativi di vendita della quota.
L'atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio. In tal
caso si applicano le disposizioni per l’esercizio del diritto di recesso, esclusa la possibilità del
rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale sociale.
Sezione XII
Società con azioni quotate
Per società con azioni quotate , si intende le società italiane i cui titoli sono ammessi alla
negoziazione su mercato regolamentato .
Il T.U. distingue varie categorie di emittenti.
Il T.U. definisce emittenti quotati , i soggetti italiani o esteri che emettono strumenti finanziari
quotati in mercati regolamentati italiani.
Il T.U. contempla una seconda categoria di soggetti ossia gli emittenti quotati aventi l’Italia come
stato membro di origine .A questa categoria di soggetti appartengono :
1)gli emittenti azioni ammesse alle negoziazioni in mercati regolamentati italiani o di altro stato
membro della Comunità Europea ,aventi sede in Italia.
2)gli emittenti titoli di debito di valore nominale unitario inferiore a mille euro, ammessi alle
negoziazioni in mercati regolamentati italiani o di altro stato membro della Comunità Europea ,
aventi sede in Italia.
137
possono incidere sul potere di gestione della società .Partecipazione sta a significare quindi le azioni
con diritto di voto.
L’art.1 comma 6 bis del T.U. stabilisce che per partecipazioni si intendono le azioni,le quote e gli
altri strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi .Questa norma stabilisce che color
che partecipano in una società con azioni quotate , in misura superiore al 2% del capitale sociale, ne
danno comunicazione alla società partecipata e alla Consob ,intendendosi per capitale sociale quello
rappresentato da azioni con diritto di voto .
Le partecipazioni reciproche
Le norme di diritto comune non pongono limiti alla partecipazione reciproca fra due società ,se non
nelle ipotesi in cui vi sia fra le stesse imprese un rapporto di controllo : in tal caso l’art.2359 bis
impedisce alla società controllata di acquisire una partecipazione superiore al 10% nel capitale della
controllante e inibisce alla controllata l’esercizio del diritto di voto nell’assemblea della
controllante.
Il legislatore sottopone invece a vincoli, l’ acquisizione di partecipazioni in cui anche una solo parte
sia una società quotata.
1)Una società quotata non può partecipare in un’altra società quotata in misura superiore al 2% del
capitale ,rappresentato da azioni con diritto di voto , se a sua volta è partecipata da quest’ultima in
misura superiore alla stessa soglia.
2)Una società quotata non può partecipare in una Spa non quotata o in Srl in misura superiore al
10% , se dalle stesse è partecipata in misura superiore al 2%.
3) Una società non quotata non può partecipare in una società quotata in misura superiore al 2% , se
dalla stessa è partecipata in misura superiore al 10%.
Questa norma non si applica nel caso in cui una delle due società controlli già l’altra.
Nelle ipotesi di partecipazioni superiori alle soglie sopra indicate , la società che ha superato il
limite successivamente non può esercitare il diritto di voto inerente alle azioni o quote eccedenti ,e
deve alienarle entro 12 mesi .In caso di mancata alienazione entro tale termine ,la sospensione del
diritto di voto si estende all1intera partecipazione .
Patti Parasociali
Il T.U. afferma la compatibilità in linea di principio dei patti parasociali con i principi generali sia
del diritto societario sia dell’ordinamento dei mercati regolamentati , ritiene però necessario:
1)renderli palesi
2)porre vincoli al loro contenuto
138
Il testo unico prende in considerazione i patti che hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto
nelle società quotate e nelle società che le controllano:
a)come quelli che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l’esercizio del diritto di voto
nelle società con azioni quotate e nelle società controllate.
b)che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni.
Il T.U. prevede per l’inadempimento di uno soltanto dei predetti obblighi di pubblicità:
la nullità del patto e la sospensione del diritto di voto delle azioni quotate per le quali non sono stati
adempiuti i predetti obblighi predetti .
Il T.U. ha previsto che i patti parasociali possono essere a tempo determinato e a tempo
indeterminato .Nella prima ipotesi ciascun contraente ha diritto a recedere dal patto con un
preavviso di sei mesi ,nella seconda la durata massima consentita è di tre anni.
a)Per il diritto di opzione ,il termine per l’esercizio del diritto viene modificato , riducendosi da 30
giorni previsti dal diritto comune a 15 giorni previsti dal T.U. Infatti proprio la trasparenza che
caratterizza le società con azioni quotate consente una riduzione del tempo di riflessione concesso
agli azionisti .
b)Per la valutazione della quota da liquidare al socio receduto ,l’art.2437 ter stabilisce che tale
valutazione far riferimento al patrimonio della società (come avviene per le società non quotate) ma
deve avvenire facendo esclusivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi
che precedono la pubblicazione.
c)A norma del T.U. l’acquisto di azioni proprie deve avvenire tramite una offerta pubblica di
acquisto o di scambio , oppure sul mercato secondo le modalità concordate con la società di
gestione del mercato in modo da assicurare la parità di trattamento tra gli azionisti.
d)L’art.2351 c.c. esclude che possano essere imposti limiti al diritto di voto in relazione alla
quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto , come invece è consentito nelle società non
quotate .
Azioni di risparmio
L’azione di risparmio può essere emessa solo da una società quotata e si differenzia dalle azioni
ordinarie per 2 caratteristiche principali:
1)il titolare delle azioni di risparmio non ha diritto di voto in assemblea ordinaria e straordinaria
2)ha diritto ad un dividendo maggiore rispetto all’azionista ordinario
139
Le azioni di risparmio possono essere distribuite dall’emittente azionario in misura non superiore al
50% del capitale sociale.
a)Le azioni di risparmio sono previste dal testo unico che ha rimesso alla determinazione statutaria
delle parti la previsione dei privilegi patrimoniali , in modo da consentire alla società e ai
risparmiatori di individuare il tipo di privilegio che di volta in volta fosse in grado di conciliare le
rispettive esigenze .
b)Il T.U. pur lasciando allo statuto l’individuazione dei privilegi di natura patrimoniale delle azioni
di risparmio,ha fissato alcune regole inderogabili:
1)I certificati che rappresentano le azioni devono indicare i privilegi
2)le azioni di risparmio possono essere al portatore , ma devono essere per forza nominative quando
non sono interamente liberate o appartengono agli amministratori ,ai sindaci e ai direttori generali.
c)Il T.U. precisa che la parte del capitale sociale rappresentato da azioni di risparmio non si tiene
conto ai fini della costituzione dell’assemblea e della validità delle deliberazioni .
d)Il T.U. prevede una organizzazione degli azionisti di risparmio che si compone di:
Il T.U. prevede che i soci che rappresentino,anche congiuntamente,1/40 del capitale sociale ,
possono chiedere ,entro 5 giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione ,l’integrazione
dell’elenco delle materia sottoposte all’ordine del giorno ,indicando gli argomenti che dovrebbero
essere sottoposti alla decisione dell’assemblea .L’integrazione dovrà essere effettuata dal consiglio
di amministrazione e resa pubblica almeno 10 giorni prima della riunione dell’assemblea ,non sarà
tuttavia consentita se tratta argomenti sui quali l’assemblea (a norma di legge) delibera su proposta
degli amministratori, almeno che gli amministratori non facciano propria l’integrazione e la
presentino all’assemblea .Nella ipotesi in cui gli amministratori non integrano l’ordine del giorno ,
l’integrazione potrà avvenire ad opera del collegio sindacale .
140
Per le società quotate è previsto che la legittimazione ad impugnare le deliberazioni della società
spetta solo ai soci che rappresentano almeno l’1 per mille del capitale sociale e inoltre l’invalidità
delle deliberazioni di aumento del capitale sociale non può essere pronunciata dopo che sia stata
iscritta nel registro delle imprese l’attestazione che l’aumento del capitale è stato anche
parzialmente eseguito; la deliberazione invece di diminuzione del capitale sociale e della
deliberazione di emissione delle obbligazioni non può essere pronunciata dopo che la deliberazione
si stata anche parzialmente eseguita.
Il T.U. prevede la possibilità che il diritto di voto possa essere esercitato per corrispondenza.
Deleghe di voto
La delega di voto non è altro che il conferimento della rappresentanza per l’esercizio del diritto di
voto nelle assemblee .Il T.U. distingue tra :
1)sollecitazione delle deleghe
2)raccolta delle deleghe
Secondo il T.U. per sollecitazione delle deleghe si intende ,la richiesta di conferimento di deleghe
di voto rivolta alla generalità degli azionisti da parte di un committente .La sollecitazione tende
quindi ad acquisire adesioni ad una proposta di delibera formulata dal committente.
La sollecitazione è effettuata da un intermediario ,su incarico del committente , mediante la
diffusione di un prospetto e di un modulo di delega.
Il committente deve possedere azioni che gli consentano l’esercizio del diritto di voto
nell’assemblea per la quale è richiesta la delega (deve cioè possedere almeno 1 per 100 del capitale
sociale rappresentato da azioni con diritto di voto nella assemblea per la quale è richiesta la delega).
Mentre per raccolta delle deleghe si intende la richiesta di conferimento di deleghe di voto
effettuata dalle associazioni di azionisti ,esclusivamente nei confronti dei propri associati .La
raccolta tende a rendere possibile ai piccoli azionisti di concorrere alla formazione della volontà
assembleare indipendentemente dal fatto che gli stessi siano contrari o favorevoli ad una
determinata proposta .La raccolta invece è effettuata da associazioni di azionisti che :
1)che siano costituite con scrittura privata autenticata
2)non esercitino attività di impresa
3)siano composte da almeno 50 persone fisiche ciascuna delle quali titolare di una quantità di azioni
non superiori al 0,1 % del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto .
Il T.U. ha stabilito che le clausole statutarie che limitano in qualsiasi modo le la rappresentanza
nelle assemblee non si applicano alle deleghe di voto conferite a seguito di una sollecitazione o
raccolta .
Modello tradizionale
Il modello tradizionale (consiglio di amministrazione e collegio sindacale).
Per quanto riguarda il consiglio di amministrazione, nel 2005 sono stati inseriti nel T.U. gli artt.147
ter,147 quater,147 quinquies.
L’art. 147 ter impone agli statuti delle società quotate di prevedere “che i membri del consiglio di
amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati” e di determinare “la quota minima di
partecipazione richiesta per la presentazione di esse , in misura comunque non superiore ad 1/40 del
capitale sociale .La stessa norma aggiunge che almeno uno dei membri del consiglio di
amministrazione sia espresso dalla lista di minoranza che ha ottenuto più voti .
Sempre lo stesso art. prevede che almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione
(oppure due se il consiglio di amministrazione è composto da più di sette membri), deve possedere i
requisiti di indipendenza previsti per i sindaci .
Ai seni dell’art. 147 quinquies gli amministratori devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti
per i sindaci.
Per quanto riguarda il collegio sindacale la riforma del 2005 ha introdotto norme inderogabili
attribuendo importanti poteri alla Consob .
La riforma ha lasciato allo statuto il compito di individuare il numero dei sindaci (numero non
inferiore a tre), ma ha attribuito alla Consob il potere di stabilire con regolamento le modalità per
l’elezione di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza ed ha
stabilito che il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea trai sindaci eletti dalla
minoranza .Anche in materia di limiti al cumolo degli incarichi ,all’autonomia statutaria è stato
sostituito il potere regolamentare della Consob.
Modelli alternativi
Per quanto riguarda il modello dualistico (strutturato in consiglio di gestione e consiglio di
sorveglianza) il d.lgs. n.37/2004 ha innanzitutto stabilito che le norme che fanno riferimento al
consiglio di amministrazione e agli amministratori si applicano al consiglio di gestione e ai suoi
componenti e che le norme che fanno riferimento al collegio sindacale e ai sindaci si applicano al
consiglio di sorveglianza .Questo decreto ha introdotto l’art.147 quater secondo cui il consiglio di
142
gestione deve essere composto da più di 4 membri e almeno uno di essi deve avere i requisiti di
indipendenza previsti per i sindaci .
3)il consiglio di sorveglianza può convocare l’assemblea dei soci, il consiglio di gestione,previa
comunicazione al presidente del consiglio di gestione.
4)il consiglio di sorveglianza può procedere in ogni momento ad atti di ispezione e controllo.
Queste norme cercano di attribuire al consiglio di sorveglianza gli stessi poteri ,che nel sistema
tradizionale sono attribuiti al collegio sindacale.
Il consiglio di sorveglianza ha anche il potere di nominare e revocare i componenti del consiglio di
gestione e approvazione del bilancio, il che lo distingue dal modello del collegio sindacale.
1) i componenti del comitato per il controllo sulla gestione possono chiedere agli altri
amministratori l’andamento delle operazioni sociali.
2) i componenti del comitato per il controllo sulla gestione possono chiedere al presidente la
convocazione del comitato,indicando gli argomenti da trattare.
3)il comitato per il controllo sulla gestione ,può previa comunicazione del consiglio di
amministrazione,convocare il consiglio di amministrazione o il comitato esecutivo
4)il comitato per il controllo sulla gestione può procedere in ogni momento ad atti di ispezione e
controllo.
Il controllo giudiziario
Legittimati a promuovere il procedimento ex art.2409nei confronti di una società quotata sono:
a)i soci che rappresentano 1/20 del capitale sociale,non si tiene conto delle azioni di risparmio.
143
b)il collegio sindacale,il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo sulla gestione se
hanno fondato sospetto che gli amministratori , in violazione dei doveri ,abbiano compiuto gravi
irregolarità nella gestione che possano recare danno alla società.
La revisione contabile
Questo compito è riservato alla società di revisione iscritte nell’Albo speciale tenuto dalla Consob.
Alle società di revisione spetta il compito di effettuare la revisione contabile delle società .La
società verifica:
a)nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità
b)che il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato corrispondano a ciò che risulta dalle scrittura
contabile e dagli accertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che li disciplinano.
c) Tale verifica sfocia in un giudizio che la società di revisione esprime in una apposti relazione,che
deve essere depositata presso la sede sociale durante i 15 giorni che precedono l’assemblea o la
riunione del consiglio di sorveglianza che approva il bilancio finale .
Ci sono 4 tipi di giudizio:
1)giudizio senza rilievi (cioè bilancio di esercizio e il bilancio consolidato sono conformi alle
norme che li disciplinano)
2)giudizio con rilievi ( quando ci sono alcune deviazioni dalle norme che disciplinano il bilancio di
esercizio e il bilancio consolidato)
3)giudizio negativo ( quando ci sono deviazioni alle norme cosi gravi da comprometterne la
capacità di rappresentare il bilancio)
4)dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio
La società di revisione deve adempiere i propri doveri con la diligenza e la professionalità richieste
dalla natura dell’incarico, è responsabile della verità delle proprie attestazioni e deve conservare il
segreto sui fatti cui viene a conoscenza svolgendo le proprie funzioni .L’incarico di revisione
contabile viene conferito dall’assemblea di bilancio o alla riunione annuale del consiglio di
sorveglianza . Nell’ipotesi in cui la società non provveda al conferimento dell’incarico ,lo stesso
può essere attribuito dalla Consob.
Relazioni finanziarie
Il T.U. prevede che :
1)Le società italiane quotate in un mercato regolamentato italiano o di altro paese della Comunità
devono entro 120 giorni dopo la chiusura del bilancio di esercizio pubblicare la relazione finanziaria
annuale comprendente:
1) il bilancio di esercizio
2) il bilancio consolidato,ove redatto , la relazione sulla gestione
3) la relazione della società di revisione.
144
2)Entro 60 giorni dalla chiusura del primo semestre di esercizio ,gli stessi emittenti pubblicano,una
relazione finanziari semestrale comprendente :
a)bilancio semestrale abbreviato
b)relazione intermedia sulla gestione
c)relazione della società di revisione.
3)Entro 45 giorni dalla chiusura del primo e del terzo trimestre di esercizio, gli emettenti azioni
quotate aventi l’Italia come stato membro di origine pubblicano un resoconto intermedio di
gestione.
Delisting
La condizione di società quotata cessa con il venire meno della quotazione dei titoli emessi dalla
stessa da tutti i mercati regolamentati.
La cessazione della quotazione può avvenire a seguito di esclusione della società dal mercato
stresso per:
1)incorporazione di una società quotata in una società non quotata
2)per fusione di una società quotata che dia vita ad una società non quotata
3)o infine su richiesta della società quotata (delisting)
Quindi la perdita dello status di società quotata può essere anche conseguenza di una richiesta della
stessa società emittente , il T.U. infatti prevede che le società italiane quotate in un mercato
regolamentato italiano possono, previa deliberazione dell’assemblea straordinaria,richiedere
l’esclusione dalle negoziazioni dei propri strumenti finanziari ,se ottengono l’ammissione su altro
mercato regolamentato italiano o di altro paese dell’Unione Europea ,purchè sia garantita una tutela
equivalente agli investitori secondo i criteri stabiliti dalla Consob .
La riforma del 2003 ha introdotto la categoria delle società che fanno ricorso al mercato del capitale
di rischio identificandole con le società con azioni quotate in mercati regolamentati e o diffuse fra il
pubblico in misura rilevante .
Capitolo VII
Fine dell’impresa societaria a base capitalistica
145
1)o in seguito al compiersi di una fattispecie a formazione successiva che comporta una
dissoluzione di essa attraverso la liquidazione e culmina nella cancellazione della società dal
registro delle imprese.
2)o in seguito al compiersi di una fattispecie a formazione istantanea che produce la morte della
società senza la necessità di un procedimento di liquidazione ,come fusione o scissione.
Cause di scioglimento
L’art.2484 dispone che le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si
sciolgono:
4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli
articoli 2447 e 2482-ter;
5) nelle ipotesi previste dagli articoli 2437-quater e 2473; che disciplinano rispettivamente il
recesso dell’azionista e del quotista quando gli amministratori ,non essendo in grado di rimborsare
la partecipazione del socio receduto ,convochino l’assemblea ,la quale anziché optare per la
riduzione del capitale o per la trasformazione ,deliberi lo scioglimento della società.
146
L’avverarsi di una causa di scioglimento non produce l’estinzione della società ,ma produce una
serie di effetti preliminari e funzionali al momento dell’estinzione , primo dei quali l’ingresso della
società nella fase di liquidazione con il conseguente mutamento dello scopo della società da
lucrativo in liquidativo.
Tutte le cause di scioglimento operano di diritto ,anche se tuttavia l’art.2485 prevede che gli
amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento procedere
agli adempimenti pubblicitari, costoro in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e
solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi .
Quando gli amministratori omettono tali adempimenti , il tribunale, su istanza di singoli soci o
amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con decreto che
deve essere iscritto nel registro delle imprese.
1)Accertamento da parte degli amministratori o da parte del tribunale del verificarsi della
causa di scioglimento.
4)riguarda gli amministratori che al verificarsi di una causa di scioglimento e fino al momento
della consegna ai liquidatori conservano il potere di gestire la società, ai soli fini della
conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale .Gli amministratori sono
personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali
ed ai terzi, per atti od omissioni compiuti in violazione di tale limite
5) Liquidazione
La nomina dei liquidatori e la determinazione dei loro poteri, comunque avvenuta, nonché le loro
modificazioni, devono essere iscritte, a loro cura, nel registro delle imprese.
Alla denominazione sociale deve essere aggiunta l'indicazione trattarsi di società in liquidazione.
Avvenuta l'iscrizione gli amministratori cessano dalla carica e consegnano ai liquidatori i libri
sociali, una situazione dei conti alla data di effetto dello scioglimento ed un rendiconto sulla loro
gestione relativo al periodo successivo all'ultimo bilancio approvato. Di tale consegna viene redatto
apposito verbale.
a)con riguardo ai poteri l’art.2489 stabilisce che salvo diversa disposizione statutaria, ovvero
adottata in sede di nomina, i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la
liquidazione della società.
b)con riguardo agli obblighi l’art.2489 stabilisce che:i liquidatori debbono adempiere i loro doveri
con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell'incarico .
c)la loro responsabilità per i danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri è disciplinata secondo le
norme in tema di responsabilità degli amministratori.
I liquidatori devono redigere il bilancio e presentarlo, alle scadenze previste per il bilancio di
esercizio della società, per l'approvazione dell'assemblea o dei soci. Si applicano, in quanto
compatibili con la natura, le finalità e lo stato della liquidazione, le disposizioni previste per le spa.
Nella relazione i liquidatori devono illustrare l'andamento, le prospettive, anche temporali, della
liquidazione, ed i principi e criteri adottati per realizzarla.
Nella nota integrativa i liquidatori debbono indicare e motivare i criteri di valutazione adottati.
Nel primo bilancio successivo alla loro nomina i liquidatori devono indicare le variazioni nei criteri
di valutazione adottati rispetto all'ultimo bilancio approvato, e le ragioni e conseguenze di tali
variazioni. Al medesimo bilancio deve essere allegata la documentazione consegnata dagli
amministratori.
Quando sia prevista una continuazione, anche parziale, dell'attività di impresa, i risultati di questa
devono avere una indicazione separata; la relazione deve indicare le ragioni e le prospettive della
continuazione; la nota integrativa deve indicare e motivare i criteri di valutazione adottati.
Qualora per oltre tre anni consecutivi non venga depositato il bilancio di cui al presente articolo, la
società è cancellata d'ufficio dal registro delle imprese.
148
Il bilancio finale sottoscritto dai liquidatori e accompagnato dalla relazione dei sindaci e del
soggetto incaricato della revisione contabile, deve essere depositato presso l'ufficio del registro
delle imprese .Nei novanta giorni successivi all'iscrizione dell'avvenuto deposito, ogni socio può
proporre reclamo davanti al tribunale in contraddittorio dei liquidatori .Una volta trascorso tale
periodo di tempo senza che sia stato proposto alcun reclamo ,il bilancio si intende approvato con
conseguente liberazione dei liquidatori di fronte ai soci.
Quanto al piano di riparto,le somme spettanti ai soci, non riscosse entro novanta giorni
dall'iscrizione dell'avvenuto deposito del bilancio a norma dell'articolo 2492, devono essere
depositate presso una banca con l'indicazione del cognome e del nome del socio o dei numeri delle
azioni, se queste sono al portatore.
Postcancellazione
(Art. 2495 comma 2)
Fermo restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti
possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla somme da questi riscosse in
base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è
dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può
essere notificata presso l'ultima sede della società.
La revoca ha effetto solo dopo sessanta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della relativa
deliberazione, salvo che ci sia il consenso dei creditori della società o il pagamento dei creditori che
non hanno dato il consenso. Qualora nel termine suddetto i creditori anteriori all'iscrizione abbiano
fatto opposizione, in tal caso però se il tribunale ritiene infondato il pericolo di pregiudizio per i
creditori o quando la società ha dato una idonea garanzia ,può disporre che la revoca abbia luogo
nonostante l’opposizione.
Capitolo VIII
La disciplina
Attualmente la disciplina generale delle società cooperative si trova nel libro V del codice civile e
negli artt. che vanno dal 2511 al 2548 c.c.
Il codice è affiancato da numerose leggi speciali ,non sempre coerenti tra loro e in armonia con la
disciplina generale .In effetti la disciplina del codice si applica solo quando non c’è una disciplina
speciale esterna al codice .Attualmente però uno dei problemi sollevati dalla recente riforma
riguarda l’abrogazione tacita delle norme speciali anteriori alla revisione del codice .
In ogni caso al vertice del sistema delle fonti vi è l’art.45 cost. che sancisce che “la repubblica
riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di
speculazione privata .La legge ne promuove e favorisce lo sviluppo con i mezzi più idonei e ne
assicura il controllo”.
Il regolamento CE del 2003 ha previsto e dettato lo statuto della Società Cooperativa Europea
(S.C.E.) per consentire la costituzione di cooperative con soci residenti in almeno due Stati
membri ,che intendano svolgere la propria attività su tutto il territorio della comunità .
L’art.2519 consente oggi che le cooperative possano adottare la forma di Spa oppure in presenza di
determinati requisiti Srl.
L’art.2511 stabilisce che le cooperative sono le società a capitale variabile con scopo mutualistico
.La legge 99/2009 ha aggiunto un terzo requisito cioè: quello della iscrizione presso l’albo delle
società cooperative.
Elemento fondamentale della definizione resta comunque lo scopo mutualistico che giustifica il
particolare tipo di organizzazione interna delle cooperative. Lo scopo mutualistico attribuisce
inoltre alle cooperative particolare meritevolezza e quindi funzione sociale giustificando le
agevolazioni, che non riguardano le imprese che perseguono scopi diversi da quello mutualistico.
Lo scopo mutualistico delle cooperative consisterebbe in una reciprocità di prestazioni tra soci e
società (gestione di servizio) che sarebbe assente dallo scopo delle società ordinarie.
Le cooperative debbono svolgere la loro attività direttamente per i propri soci, e a condizioni di
favore rispetto a quelle praticate sul mercato. Pertanto, lo scopo mutualistico delle cooperative si
traduce in una serie di obblighi della società fornire beni, servizi e occasioni di lavoro ai propri
membri a condizioni più favorevoli di quelle del mercato.
Il rapporto mutualistico si realizza in ogni settore, in base a rapporti distinti e successivi al rapporto
sociale. In tal senso, nelle cooperative si sottolinea la esigenza di una duplicità di rapporti: contratto
di società e successivi rapporti contrattuali di scambio, caratterizzati da una particolare
150
vantaggiosità economica della prestazione alla quale il socio ha diritto. Una eccezione è data dalle
mutue assicuratrici.
Il vantaggio mutualistico può essere realizzato ,con due tecniche distinte: quella del vantaggio
immediato, e quella del vantaggio differito o ristorno.
Si ha la prima ipotesi quando la società pratichi immediatamente prezzi inferiori o retribuzioni
superiori a quelle di mercato. Nella seconda ipotesi il vantaggio mutualistico viene attribuito
ai soci attraverso i ristorni che sono somme di denaro che la società distribuisce, o meglio
restituisce,ai soci periodicamente, quasi sempre in occasione dell’approvazione del bilancio di
esercizio,in proporzione ai rapporti intercorsi con la cooperativa.
1)prevalenza in senso stretto ,cioè degli scambi con i soci rispetto a quelli con i terzi .Il criterio
generale è che la gestione cooperativa si considera indirizzata prevalentemente verso i soci
quando il volume complessivo degli scambi con i soci è superiore al 50% degli scambi con i
terzi.
2)quello previsto dall’art.2514 c.c. che stabilisce che una cooperativa rientra nella categoria
della mutualità prevalente quando ,oltre ad agire prevalentemente con i soci , il suo statuto
preveda :
a) il divieto di distribuzione dei dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni
postali fruttiferi ,aumentato di 2 punti e mezzo
151
Sole le cooperative diverse , non avendo una marcata impronta mutualistica come le prime ,
possono trasformarsi in società lucrative , purchè devolvano ai fondi mutualistici il valore effettivo
del patrimonio sociale che eccede il capitale.
In caso di perdita da parte delle cooperative , del requisito della mutualità prevalente , la legge
99/2009 ha introdotto una pesantissima sanzione per le cooperative che non comunichino all’Albo
delle società cooperative le notizie del bilancio ai fini della prova della prevalenza .Tale sanzione
consiste nella sospensione semestrale di ogni attività dell’ente .
Scopo mutualistico e attività lucrativa
Con la riforma del 2003 è stata introdotta una importante distinzione tra cooperative a mutualità
prevalente e cooperative diverse.
La riforma ha ridotto rispetto a prima il livello di lucratività per le cooperative a mutualità
prevalente e aumentato viceversa il tasso di lucratività per le cooperative diverse.
Anche se il legislatore ha comunque scelto una via di mezzo ,consentendo ad esempio anche alle
cooperative a mutualità prevalente di reperire risorse finanziarie sul mercato attraverso la emissione
di strumenti finanziari e di remunerare adeguatamente il finanziamento dei soci e dei non soci. E
allo stesso tempo e stato imposto alle cooperative diverse alcuni vincoli di non lucratività
Per tutte le cooperative ,anche quelle diverse l’art.2525 c.c. e le leggi speciali stabiliscono limiti
massimi ai conferimenti in denaro dei soci . Nelle cooperative infatti nessun socio può possedere
una quota o azioni di valore superiore a 100 mila euro o nelle cooperative con più di 500 soci
superiore al 2% del capitale sociale.
La legge 59/1992 ha permesso la rivalutazione delle quote di partecipazione dei soci attraverso
l’imputazione di utili di esercizio a capitale sociale .Gli utili di esercizio vengono così
indirettamente attribuiti ai soci cooperatori ,sia pure nei limiti della partecipazione consentita ; e i
soci in caso di scioglimento della società o in caso di scioglimento del rapporto sociale potranno
appropiarsene senza conseguenze sul trattamento di favore goduto dalla società.
Per evitare la sottocapitalizzazione delle cooperative ,le cooperative sono state abilitate alla raccolta
del risparmio attraverso obbligazioni ,possono ottenere dai propri soci presiti agevolati.
L legge del 1992 aveva introdotto al figura dei soci sovventori che avevano interessi lucrativi
152
e non mutualistici .La riforma del 2003 ha confermato tale situazione avendo previsto accanto ai
soci cooperatori ,la presenza di finanziatori soci e non .I finanziatori sottoscrivono strumenti
finanziari diversi dalle azioni e possono avere particolari diritti amministrativi e patrimoniali.
Il legislatore consente alle singole cooperative di dar luogo a organismi associativi di livello
superiore,le cooperative ,infatti,possono costituire consorzi di cooperative che sono di tre tipi:
o consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti;
o consorzi di cooperative in forma cooperativa, e cioè cooperative tra cooperative;
o consorzi di cooperative per il coordinamento della produzione e degli scambi;
Sezione II
La costituzione della società
Per la costituzione delle cooperative valgono in linea si principio le stesse regole delle società di
capitali .Per la costituzione della società occorre un numero minimo di soci .La regola generale è
che i soci debbano essere almeno nove , salvo che la legge non preveda diversamente .La mutualità
agevolata presuppone una pluralità di fruitori quanto più ampia possibile .Può tuttavia essere
costituita una società cooperativa da almeno 3 soci quando i medesimi sono persone fisiche e la
società adotta le norme sulla società a responsabilità limitata.
153
Per le cooperative di consumo si prevede che in esse non possono essere ammessi come soci
“intermediari e persone che conducano in proprio esercizi commerciali della stessa natura non
cooperativa”.
Per le cooperative edilizie, la situazione è molto più complessa perché il testo unico per l’edilizia
popolare ed economica stabilisce quali sono i requisiti dei soci delle cooperative fruenti di
contributi pubblici,mentre successivamente varie leggi speciali hanno individuato i vari requisiti dei
soci con riferimento alle agevolazioni tributarie.
Per le cooperative di credito si è invece stabilito che “per essere soci di una banca di credito
cooperativo è necessario risiedere, avere sede ovvero operare con carattere di continuità nel
territorio di competenza della banca stessa”.
La pubblicità
Tutte le cooperative devono iscriversi oggi all’apposito albo delle società cooperative
(art.2512 comma 2).L’iscrizione è un elemento necessario per poter qualificare cooperativa una
società.
Sezione III
Partecipazione sociale
La partecipazione nelle cooperative può essere rappresentata da azioni o quote a seconda che la
società scelga il modello della Spa o della Srl .E’opportuno ricordare che le azioni delle cooperative
non sono destinate alla circolazione e non hanno un vero mercato .
L’art.2528 c.c. stabilisce che l’ammissione di un nuovo socio è fatta con deliberazione degli
amministratori su domanda dell’interessato .Assieme agli artt.2511 e 2524 che prevedono la c.d.
variabilità del capitale, la norma viene ritenuta espressione del principio della porta aperta.
L’espressione porta aperta può risultare ingannevole , infatti l’ingresso di nuovi soci non può essere
assolutamente libero e indiscriminato ,pertanto deve negarsi l’esistenza di un diritto soggettivo del
terzo non socio ad essere ammesso in cooperativa .Gli amministratori hanno quindi il potere di
valutare discrezionalmente le opportunità di allargare o meno la compagine sociale.
La regola della variabilità del capitale indica infatti una semplificazione delle forme per l’ingresso
di nuovi soci ,che può verificarsi anche senza il ricorso al procedimento di modifica dell’atto
costitutivo.
Nelle cooperative di credito c’è maggiore protezione per colui che aspiri ad essere ammesso nella
società .Per quanto riguarda le banche popolari :
1)Per quanto riguarda le deliberazioni del consiglio di amministrazione ,sia quelle che accettano sia
quelle che rigettano la domanda di ammissione a socio devono essere motivate .
2)L’interessato in caso di rigetto della domanda può presentare istanza di revisione al collegio dei
probi viri.
3)Il collegio deve riesaminare la domanda quando il collegio dei probi viri ne faccia richiesta .
154
Il trasferimento della partecipazione sociale
L’art.2530 c.c. stabilisce che la quota o le azioni dei soci cooperatori , non possono essere cedute
con effetto verso la società se la cessione non è autorizzata dagli amministratori .La norma aggiunge
che l’atto costitutivo può vietare la cessione ,in tal caso però il socio può recedere dalla società ,
purchè siano decorsi due anni dall’ingresso nella società .
Il provvedimento che concede o nega l’autorizzazione deve essere comunicato al socio entro 60
gironi .Decorso tale termine ,il socio è libero di trasferire la propria partecipazione .
Il provvedimento che nega l’autorizzazione deve essere motivato e contro di esso il socio può
proporre opposizione al tribunale .La riforma dunque concede al socio un vero e proprio diritto al
trasferimento della quota.
I soci sovventori
Non tutte le cooperative possono prevedere soci sovventori. Sono innanzitutto escluse le società e i
consorzi operanti nel settore dell’edilizia abitativa. Non possono, poi, prevedere soci sovventori le
banche popolari e le cooperative di assicurazione.
Le azioni dei sovventori sono necessariamente nominative, e circolano liberamente senza che
sia necessario il consenso del consiglio di amministrazione previsto dall’art. 2525. ù
Tuttavia si prevede che l’atto costitutivo possa stabilire particolari condizioni per l’alienazione di
tali azioni.
Il sovventore effettua un apporto la cui entità è determinata liberamente, indipendentemente dai
limiti massimi stabiliti per i conferimenti dei soci ordinari. Tuttavia i voti attribuiti ai sovventori non
devono in ogni caso superare un terzo dei voti spettanti a tutti i soci. Analogamente, i soci
155
sovventori possono essere nominati amministratori, come accade nelle mutue assicuratrici. La
maggioranza degli amministratori deve però essere costituita da soci cooperatori .
Sezione IV
Scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio
Recesso
L’art. 2526 stabilisce che il socio cooperatore può recedere nei casi in cui questo è previsto dalla
legge o dall’atto costitutivo.
L’unica ipotesi di recesso ammessa direttamente dal codice civile è quella di cui all’art. 2530,
per il caso di divieto statutario di cessione delle quote o delle azioni .Si ritengono però applicabili
alle cooperative le ipotesi di recesso stabilite dalla legge per le Spa e per le Srl quando compatibili
con i principi generali delle imprese mutualistiche .
L’art.2532 comma 2 prevede che il recesso per quanto riguarda le prestazioni mutualistiche ha
effetto con la chiusura dell’esercizio in corso se comunicato 3 mesi prima , in caso contrario con la
chiusura dell’esercizio successivo .Questa norma mira ad impedire che i soci obbligati ad effettuare
delle prestazioni mutualistiche ,esercitando il recesso ,possano arrecare danni economici all’ attività
della società.
Esclusione
L’art. 2533, richiamando gli art. 2286 e 2288, ammette testualmente i seguenti casi di esclusione:
per mancato pagamento delle quote o delle azioni;
per gravi inadempimenti delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto;
per l’interdizione o per l’inabilitazione del socio;
infine, il socio può essere escluso nei casi stabiliti dall’atto costitutivo.
In tutti questi casi si parla di esclusione facoltativa o volontaria. Vi sono però anche ipotesi di
esclusione di diritto, che può aversi, ex 2288:
156
nel caso di dichiarazione di fallimento del socio
Sezione V
Capitale e patrimonio
Per consentire alle classi meno abbienti la partecipazione alle cooperative,la legge ha consentito
la costituzione di cooperative munite di capitale sociale irrisorio,cioè 25 euro (valore minimo della
quota) per (il numero minimo dei soci) 9 cioè 225 è il capitale minimo di una cooperativa.
Questo principio non vale però per quelle cooperative alle quali la legge impone un capitale
minimo obbligatorio: tali sono soprattutto le cooperative di credito, le cooperative di assicurazione
e le mutue assicuratrici.
Quote e azioni
La partecipazione sociale nelle cooperative può essere rappresentata da quote o da azioni a seconda
che la società sia disciplinata con un rinvio alla Srl o alla Spa.
Le azioni cooperative debbono necessariamente essere nominative. Le azioni dei sovventori sono
nominative e liberamente trasferibili, a meno che l’atto costitutivo non preveda particolari
condizioni per la loro alienazione;mentre le azioni di partecipazione cooperativa possono essere
anche al portatore.
Nelle cooperative il valore nominale di ogni quota non può essere inferiore a 25 euro e superiore a
500 euro .
157
particolare hanno avuto i prestiti dei soci, e cioè i finanziamenti che la cooperativa riceve
direttamente dai propri aderenti.
Sezioni VI
Gli organi sociali
L’Assemblea
Per quanto riguarda l’assemblea, le regole particolari del codice e delle leggi speciali riguardano i
seguenti punti:
le forme di convocazione: l’art. 2521 comma 3 consente all’atto costitutivo di prevedere forme di
convocazione in deroga alle disposizioni di legge (con raccomandata, affissione dell’avviso di
convocazione nella sede sociale);
il diritto di intervento e il diritto di voto: l’art. 2538 stabilisce che nelle assemblee hanno
diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno tre mesi nel libro dei soci.
L'uguaglianza dei soci nel voto: L’art.2538 al comma 2 stabilisce inoltre che ogni socio ha un
voto, qualunque sia il valore della quota o del numero delle azioni possedute .Nelle cooperative con
partecipazioni di soci cooperatori persone giuridiche l’atto costitutivo può attribuire a questi più
voti ,ma non oltre 5 , in relazione all’ammontare della quota o delle azioni oppure al numero dei
loro membri .L’uguaglianza del voto scoraggia gli investimenti e il legislatore ne ha temperato il
rigore nel momento in cui ha voluto favorire la capitalizzazione delle imprese mutualistiche
prevedendo l’emissione di strumenti finanziari con diritto di voto .A tal fine l’atto costitutivo
determina i limiti al diritto di voto degli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci
cooperatori .
Il voto procapite consente la formazione di maggioranze e minoranze stabili, tuttavia la riforma del
2003 ha previsto una ipotesi di voto pro quota come l’art.2543 comma 2 che per l’elezione del
collegio sindacale stabilisce che l’atto costitutivo può attribuire il voto ai soci proporzionalmente
alle quote o azioni possedute.
le maggioranze: l’art.2538 comma 5 , le maggioranze richieste per la regolarità della costituzione
e per la validità delle deliberazioni sono determinate dall’atto costitutivo e sono calcolate secondo il
numero dei voti spettanti ai soci.
il voto per corrispondenza: qualora l’atto costitutivo lo consenta, il voto può essere dato
per corrispondenza. In tal caso, l’avviso di convocazione dell’assemblea deve essere
particolarmente analitico e contenere per esteso la deliberazione proposta;
158
la rappresentanza: il codice richiede, ai fini dell’ammissibilità della rappresentanza in
assemblea, una espressa previsione dell’atto costitutivo, in mancanza della quale la rappresentanza
non è consentita. Nelle cooperative inoltre la rappresentanza può essere conferita solo ad altro
socio. Ciascun socio non può rappresentare più d 10 soci.
Le assemblee separate
L’art. 2540 ha espressamente previsto la possibilità di svolgimento di assemblee separate,
rendendole facoltative per tutte le cooperative , e obbligatorie quando la società ha :
1)Più di 300 socie svolge la sua attività in più provincie
2)Se ha più di 500 soci e si realizzano più gestioni mutualistiche.
Le assemblee separate nominano i delegati che voteranno nelle assemblee generali .Lo statuto deve
però garantire che nelle assemblee generali venga rappresentata anche l minoranza delle assemblee
separate.
Gli amministratori
La riforma ha previsto che l’atto costitutivo debba indicare il sistema di amministrazione adottato .
In pratica ,se adottano il modello della spa , anche le cooperative possono scegliere tra il sistema
tradizionale , dualistico o monistico.
Per essere interpreti dei bisogni dei soci , i membri del consiglio di amministrazione devono essere
in maggioranza soci cooperatori ,o persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche
(art.2542) .Prima della riforma tutti gli amministratori dovevano essere soci ,ora non più.
L’art. 2542 stabilisce al comma 4 che l’atto costitutivo può prevedere che uno o più
amministratori ,siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie dei soci ,in misura
proporzionale all’interesse che ciascuna categoria ha nell’attività di sociale .In ogni caso ai
possessori di strumenti finanziari non può essere attribuito il diritto di eleggere più di 1/3 degli
amministratori.
Il collegio sindacale
Il collegio sindacale delle imprese mutualistiche , anche dopo la riforma non è immune da
incertezze interpretative .
L’art.2543 stabilisce che la nomina del collegio sindacale è obbligatoria se:
1)se il capitale sociale della cooperativa non è inferiore a quello minimo previsto per le spa
cioè 120 mila euro.
2)o se per 2 esercizi consecutivi sono stati superati due dei limiti indicati dal 3435 bis cioè
a)totale dell’attivo patrimoniale superiore a 3 milioni e 125 mila euro,
b)ricavi delle vendite e prestazioni superiore a 6 milioni e 250 mila euro
c)50 dipendenti occupati in media durante l’esercizio
3)la nomina è altresì obbligatoria se la società emetta strumenti finanziari non partecipativi.
I probiviri
Accanto ad amministratori e sindaci, nelle cooperative spesso capita di imbattersi in un organo
atipico che è il collegio dei probiviri, al quale le leggi speciali, o clausole statutarie attribuiscono
funzioni arbitrali per la soluzione di controversie interne alla società.
Controllo giudiziario
L’art.2545 quinquiesdecies ha introdotto anche per le cooperative l’istituto del controllo giudiziario
previsto dall’art.2409 per le spa .La legittimazione all’azione è concessa ai soci titolari del 1/10 del
capitale sociale e nelle cooperative con più di 3000 soci a 1/20 dei soci .La disciplina si applica
anche alle cooperative in forma di srl.
Sezione VII
Le modificazioni dell’atto costitutivo
Anche nelle cooperative sono possibili modificazioni dell’atto costitutivo.
Non tutte le modifiche dell’atto costitutivo hanno la stessa importanza .Nelle cooperative assumono
particolare rilievo quelle modifiche che interessano direttamente o indirettamente lo scopo
mutualistico .Il passaggio dalla prevalenza alla non prevalenza ,e viceversa potrà dipendere da
modificazioni dell’atto costitutivo,o da meri comportamenti della società.
In tal caso l’art.2545 octies stabilisce che la società perde la qualifica di cooperativa a mutualità
prevalente, quando per 2 esercizi consecutivi non si rispetti la condizione di prevalenza prevista
dall’art.2513 c.c. oppure quando modifichi le previsioni statutarie dell’art.2514.
In tal caso sentito il parere del revisore esterno,se esiste, gli amministratori debbono redigere un
apposito bilancio al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale che deve essere
imputato a riserva indivisibile .L’omessa o ritardata comunicazione all’albo della perdita della
qualifica di cooperativa a mutualità prevalente comporta l’applicazione della sanzione di
sospensione semestrale di ogni attività dell’ente.
Trasformazione
La recente riforma ha consentito la trasformazione delle cooperative diverse in società ordinarie
(art.2545 decies) .La trasformazione delle cooperative diverse implica la devoluzione ai fondi
mutualistici del valore effettivo del patrimonio dedotti il capitale sociale, i dividendi ,e il valore del
capitale minimo della nuova società. (art.2545 undecies)
Per le cooperative a mutualità prevalente resta in vigore il divieto.
Fusione e scissione
Per la fusione e la scissione di società cooperative l’art.2545 novie rinvia agli art.2501 e 2506.
La fusione di cooperative,come quella di società in genere, può attuarsi in due forme:
160
mediante la costituzione di una società nuova;
mediante la incorporazione in una società di una o più altre.
Ciò premesso, la fusione può riguardare due o più società, tutte caratterizzate dallo scopo
mutualistico;e può riguardare società mutualistiche e società lucrative.
In questo ultimo tipo di fusione, il divieto legislativo di trasformazione delle società mutualistiche
in società lucrative comporta la inammissibilità di una fusione tra cooperative che sbocchi nella
costituzione di una società lucrativa, e la inammissibilità della incorporazione di una società
cooperativa in una lucrativa.
Sezione VIII
I controlli
La vigente disciplina dei controlli della pubblica amministrazione sulle imprese mutualistiche
è frutto di successive stratificazioni legislative .Per tutte le cooperative anche quelle diverse , in
ragione della loro funzione sociale , la riforma del codice e delle leggi speciali ha mantenuto in vita
il sistema ei controlli pubblici .La vigilanza delle cooperative è devoluta al ministero delle attività
produttive .Tale vigilanza sulle cooperative si attua mediante ispezioni ordinarie e straordinarie.
Le ordinarie sono effettuate dalle Associazioni nazionali riconosciute e devono avvenire almeno una
volta ogni due anni . Le ispezioni straordinarie sono invece disposte dal Ministero ogni volta se ne
presenti l’opportunità .In tali casi possono essere adottate una serie di provvedimenti che vanno
dalla cancellazione dall’albo nazionale degli enti cooperativi ,alla gestione commissariale, alla
sostituzione dei liquidatori .Le principali eccezioni al sistema generale di vigilanza sono le
cooperative di credito ,sottoposte alla vigilanza della banca d’Italia , le banche di credito
cooperativo sono assoggettate anche alla vigilanza governativa,e dalle cooperative di assicurazioni e
mutue assicuratrici.
La gestione commissariale
L’art. 2543 stabilisce che in caso di irregolare funzionamento delle società cooperative, l’autorità
governativa può revocare gli amministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad un
commissario governativo, determinandone i poteri e la durata.
161
costituite,o che per due anni consecutivi non hanno compiuto atti di gestione, possono essere sciolte
con provvedimento dell’autorità vigilanza.
Sezione IX
La crisi economica
In caso di insolvenza accanto alla liquidazione coatta , il codice prevede espressamente il
fallimento , ma solo per le cooperative che hanno ad oggetto una attività commerciale (art.2545
terdecies) .Il concorso tra le due procedure è regolato dal criterio di prevenzione indicato
dall’art.196 l.fall. secondo cui la dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione coatta
amministrativa e il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude il fallimento.
Sezione X
Le mutue assicuratrici
Il codice civile dedica tre articoli (art.2546-2548 c.c.)alle mutue assicuratrici o società di mutua
assicurazione. La mutualità in campo assicurativo può dunque attuarsi in due forme: attrverso
1) cooperative di assicurazione , in queste si può diventare socio senza stipulare con la
società alcun contratto di assicurazione.
2) mutue assicuratrici, in queste non si può acquistare la qualità di socio se non assicurandosi
presso la società, e si perde la qualità di socio con l’estinzione dell’assicurazione. Nella
sostanza le mutue assicuratrici tendono allo stesso scopo economico di tutte le cooperative:
quello di consentire ai soci un risparmio, attraverso la eliminazione dell’intermediario
speculatore.
Disciplina
Il codice stabilisce un nucleo essenziale di norme:
1)l’art.2546 (le mutue assicuratrici sono caratterizzate dalla responsabilità limitata)
2)l’art.2456 comma due(i soci sono tenuti al pagamento di contributi fissi o variabili, entro il limite
massimo determinato nell’atto costitutivo)
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3)l’art. 2458 (l’atto costitutivo può prevedere soci sovventori).Il codice richiama poi, per le mutue
assicuratrici, la disciplina generale delle cooperative a responsabilità limitata in quanto compatibili.
Incombe sulle mutue assicuratrici la legislazione speciale sull’esercizio delle assicurazioni private.
I soci sovventori
La costituzione dei fondi di garanzia avviene normalmente attraverso i contributi dei soci assicurati;
può però avvenire anche mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o terzi (soci
sovventori)(art.2548 c.c.). I soci sovventori possono disporre di più voti ma non più di cinque e i
soci sovventori, pur potendo essere nominati amministratori, non possono essere, nel consiglio di
amministrazione, essere in maggioranza rispetto ai soci assicurati .
L’interesse del socio sovventore non è quello di partecipare alle prestazioni assicurative garantite
dalla società , ma effettuare un buon investimento di denaro.
Capitolo IX
Le modificazioni dell’impresa societaria
La trasformazione
La trasformazione prima veniva definita come il cambiamento del tipo sociale, o più precisamente
come il mutamento da un tipo ad un altro di società da parte di una determinata società.
Questa definizione infatti riguarda le sole trasformazioni tra società causalmente omogenee (la
trasformazione dall’uno ad altro tipo di società lucrativa) .La riforma però ha espressamente
individuato anche le trasformazioni eterogenee cioè la trasformazione di società in enti aventi
natura giuridica diversa dalle società, (quindi anche causa diversa) e viceversa.
Specie di trasformazioni
Oltre a sancire la distinzione tra trasformazione omogenea e trasformazione eterogenea ,la legge
disciplina ben quattro specie di trasformazione :
1)trasformazione di società di persone
2)trasformazione di società di capitali
3)trasformazione eterogenea da società di capitali
4)trasformazione eterogenea in società di capitali
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trasformazione è decisa con il consenso della maggioranza dei soci ,ma il socio che non ha concorso
alla decisione può recedere dalla società.
La decisione di trasformazione deve risultare da atto pubblico ,come prevede l’art.2500.
Ci deve poi essere una relazione di stima dalla quale risulti il capitale della società trasformata .
La decisione deve poi essere iscritta nel registro delle imprese .
A ciò deve aggiungersi che ogni socio ha diritto all’assegnazione di una quota o di un numero di
azioni proporzionali alla sua partecipazione .
Trasformazione eterogenea
La trasformazione eterogenea è la trasformazione di società in enti aventi natura giuridica diversa
dalle società, (quindi anche causa diversa) e viceversa .La riforma prevede due tipi di
trasformazioni eterogenee:
Sezione II
La fusione
La fusione
La fusione è da considerarsi come la vicenda giuridica per la quale ad una pluralità di società se ne
sostituisce una sola: se questa è una delle società preesistenti si parla di fusione per
incorporazione,mentre se dalla fusione nasce una società nuova si parla di fusione in senso
stretto. La fusione può avvenire tra società che perseguono il medesimo scopo istituzionale
e tra società che perseguono scopi istituzionali diversi in tal caso si ha la c.d. fusione eterogenea
,che però il legislatore non contempla espressamente.
Il procedimento
Oggi il procedimento è molto articolato ,avendo la funzione di tutelare meglio i terzi ,ivi compresi
gli obbligazionisti.
Il procedimento comprende tre fasi principali:
L’effetto principale della fusione è che nella fusione in senso stretto la società nuova e nella fusione
per incorporazione la società incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte. La
fusione ha effetto quando è stata eseguita l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di fusione,
anche se nella fusione per incorporazione può essere stata stabilita una data diversa.
Per ciò che concerne i limiti occorre distinguere tra limiti legali e limiti scaturenti dal sistema e
ipotizzati da dottrina e giurisprudenza. L’unico limite legale risulta dall’art. 2501, il quale stabilisce
che la “partecipazione alla fusione non è consentita alle società sottoposte a procedure concorsuali
né a quelle in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo”. I limiti scaturenti dalla
elaborazione dottrinale e giurisprudenziale riguardano la fusione di fra società causalmente
eterogenee. Ad esempio la fusione tra le società mutualistiche e società ordinarie è impedita da
esplicito divieto normativo (legge n. 127/1971).
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Sezione III
La scissione
L’art.2506 c.c. afferma che con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società
preesistenti o di nuova costruzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche a una sola società ,
e le relative azioni o quote ai suoi soci .L’unico limite legale è contenuto nella stessa norma
definitoria ,il cui comma 4 prevede che la partecipazione alla scissione non è consentita alla società
in liquidazione che abbiano iniziato la liquidazione dell’attivo.
Le tappe del procedimento sono:
la redazione di un progetto di scissione, il quale deve contenere l’esatta descrizione degli elementi
patrimoniali da trasferire a ciascuna delle società beneficiarie;
la redazione della situazione patrimoniale, della relazione degli amministratori sul progetto
di scissione e delle relazione degli esperti;
redazione dell’atto di scissione, con successivo deposito dell’atto stesso presso il registro
delle imprese e pubblicazione.
Gli effetti sono disciplinati dall’art.2506 quater che prevede che la scissione ha effetto dall'ultima
delle iscrizioni dell'atto di scissione nell'ufficio del registro delle imprese in cui sono iscritte le
società beneficiarie; può essere tuttavia stabilita una data successiva, tranne che nel caso di
scissione mediante costituzione di società nuove .
Qualunque società beneficiaria può effettuare gli adempimenti pubblicitari relativi alla società
scissa.
Ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad
essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno
carico.
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