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IL SIMBOLO IN MIRCEA ELIADE

di Gianfranco Bertagni - borsista presso l'Accademia dei Lincei


Sommario - Una delle principali scoperte che Mircea Eliade fa nel suo periodo indiano
l'importanza del simbolo. L'articolo presenta la teoria eliadiana del simbolo, elemento mediano tra
il sacro e l'uomo. Particolare rilevanza riveste il 'sistema simbolico' all'interno del quale ogni
simbolo agisce e senza il quale questo perde il suo pi profondo significato; e ancora
l'evoluzionismo simbolico che sembra a volte presentarsi nell'opera eliadiana. Da sottolineare
inoltre l'operativit nascosta del simbolo, agente nella totalit della struttura psichica dell'uomo, e
quindi non solo nella parte cosciente. Solo grazie al simbolo e al simbolismo all'uomo permessa
un'esperienza religiosa totale, nella quale il sacro sia ovunque e in nessun luogo.
Dopo il conseguimento della laurea in filosofia, il giovane Mircea Eliade il 20 novembre del 1928
parte per l'India. Vi permarr per tre anni, e grazie al patrocinio del maharaja Manindra Chandra
Nandy di Kassimbazar, potr godere di una borsa di studio che gli permetter di penetrare i segreti
della lingua sanscrita e della filosofia indiana, sotto l'ammaestramento del professor Surendranath
Dasgupta.
Cinquant'anni dopo, Eliade, in un'intervista con Claude-Henri Rocquet, ricord l'importanza della
sua esperienza indiana, nella quale venne a contatto con tre aspetti della spiritualit che saranno tra
gli assunti metodologici del futuro storico delle religioni romeno. Egli scopr quel tentativo tipico
della religiosit indiana che consiste nel trasfigurare la vita dell'uomo in un'esperienza sacramentale.
Per Eliade, del resto, l'esperienza religiosa tende alla santificazione dell'intera realt; soprattutto
l'uomo appartenente alle societ arcaiche riusciva --secondo lo studioso romeno-- a realizzare in
qualsiasi ambito della sua vita (personale e sociale) una coesistenza tra il suo essere e la sfera del
sacro, che lo proiettava in una situazione in cui realt metafisica e libert sono un tutt'uno:
gli "atti elementari diventano, per il primitivo, un rito; la sua mediazione aiuta l'uomo ad
avvicinare la realt, a inserirsi nell'ontico, liberandosi dagli automatismi (privi di contenuto e di
significato) del divenire, del profano, del nulla"1.
Questo tipo di uomo era tale nella misura in cui non era naturale, inserito invece nella pienezza
della realt, realt che per Eliade significa sacro, ontico. Inoltre, nella tipica contrapposizione
eliadiana tra sacro e storia, se quest'ultima
" sempre una caduta del sacro, [...] [esso] non cessa di manifestarsi, e in ogni sua nuova
manifestazione riafferma la sua originaria tendenza a rivelarsi totalmente e perfettamente"2.
Quindi il sacro si manifesta, ma soprattutto, continua a manifestarsi nelle pi diverse forme, in
forza della sua inesauribilit; ogni teofania, ogni cratofania, ogni ierofania indica il sacro, ma nello
stesso tempo lo limita, indica cio che quello che essa mostra non il sacro originario. Appunto per
questo, secondo Eliade, ogni esperienza religiosa tende, per sua natura, alla mistica, cio ad
un'esperienza spirituale totale e totalizzante:
"Un'esperienza religiosa totale [...], se riesce, porta all'esperienza mistica assoluta, che scopre e
identifica il sacro dovunque e in nessun luogo nell'Universo"3.
Eliade scopre, nella sua permanenza in India, anche l'importanza dell'uomo neolitico nelle
successive fasi culturali dell'umanit. Quegli archetipi antichissimi, originari delle spiritualit
arcaiche dei popoli, tornano con nuovi nomi anche nelle tradizioni religiose ad esse posteriori. Una
volta conosciuto il mondo degli archetipi, l'uomo non potr mai liberarsene; egli potr viverlo
ritualmente attraverso la riattualizzazione dei miti e la trasfigurazione del tempo profano in tempo
1

sacro, potr esserne contemporaneo grazie alla ripetizione dei gesti degli esseri soprannaturali per
dare valore alle sue attivit quotidiane, come potr ritrovarli inconsciamente nella nostra epoca
secolarizzata grazie ai sogni, alle opere artistiche o in quelle situazioni oggi desacralizzate ma
originariamente religiose; in ogni caso, le intuizioni del mondo arcaico sopravvivono in ogni epoca:
"L'uomo potrebbe sfuggire da ogni cosa, meno che dalle sue intuizioni archetipiche, create nel
momento in cui ha preso coscienza della sua posizione nel Cosmo. [...] La spiritualit arcaica, cos
come l'abbiamo decifrata, assetata di ontico, continua fino ai giorni nostri"4.
Ma Eliade in India fa anche una scoperta che non meno di queste sar fondamentale all'interno
della sua teoria morfologica delle religioni. Eliade scopre il significato del simbolo. Nella sua
intervista a Rocquet racconta come in Romania, prima della sua esperienza indiana, non si sentisse
affatto attratto dalla vita religiosa, come interpretasse le icone che riempivano le chiese di Bucarest
quasi alla stregua di idoli:
"Ebbene, in India mi capitato di vivere in un villaggio di Bengala e ho visto delle donne e delle
ragazze che accarezzavano e decoravano un lingam, un simbolo fallico".
E cap allora il senso del simbolo, in quel caso del lingam. Quest'ultimo voleva dire molte cose:
l'origine della vita, della creativit, della fertilit cosmiche; si trattava dell'epifania di Siva.
"Allora questa possibilit di provare un'emozione religiosa in virt dell'immagine e del simbolo,
mi ha rivelato tutto un mondo di valori spirituali".
E allora anche davanti ad un'icona il credente non vedr semplicemente l'immagine di una donna
con un bambino, ma vivr l'esperienza del mistero della madre di Dio, della santa Sophia.
"Immaginate l'importanza di questa scoperta, dell'importanza del simbolismo religioso nelle
culture tradizionali nella mia formazione"5.
Il lingam non un feticcio: esso non viene venerato in se stesso, e questa una caratteristica della
ierofania. L'oggetto ierofanico mostra qualcosa di altro, trascende la sua materialit e oggettivit, in
quanto investito di una potenza che lo trasfigura; in forza di ci non si pu parlare di idolatria:
"Mai un albero fu adorato unicamente per se stesso, sempre per quel che si rivelava per suo
mezzo"6;
e neppure si pu parlare di panteismo:
"Un solo oggetto (o simbolo) indica la presenza della Natura. Non si tratta dunque di un
sentimento panteistico, simpatia o adorazione della natura, ma di un sentimento provocato dalla
presenza del simbolo (ramo, albero, ecc.) e stimolato dall'attuazione del rito (processioni, lotte,
gare, ecc.)"7.
"Sovente, degli esseri, degli oggetti, delle azioni sono potenti, hanno del mana, perch traggono
la loro potenza da un principio che la precede e in un certo senso la fonda: un simbolo (un Essere
supremo, un avvenimento mitico, ecc.)"8.
E ancora: "L'efficacia delle pietre non mai insita in loro; partecipano a un principio o incarnano
un simbolo, esprimono una simpatia cosmica o traducono un'origine celeste. Queste pietre sono

segni di una realt spirituale diversa, o strumenti di una forza alla quale servono soltanto di
ricettacolo"9.
In queste ultime due citazioni abbiamo a che fare con un concetto di simbolo che si discosta in
parte, come vedremo, da quello che comunemente utilizza Eliade, ma entrambe indicano quella
peculiarit della ierofania che fa di essa ci che grazie ad una realt che trascende quella in cui si
viene a trovare l'oggetto investito di sacralit. E questa la caratteristica principale del simbolo:
"I simboli possono rivelare una modalit del reale o una struttura del mondo che non sono
evidenti sul piano dell'esperienza immediata. [...] I simboli religiosi [...] svelano il lato miracoloso,
inesplicabile della Vita e ad un tempo la dimensione sacramentale dell'esistenza umana"10.
Per la mentalit arcaica, il mondo un organismo nel quale tutto collegato. Ogni segno ne
richiama altri, e cos i diversi piani della realt comunicano tra loro. Se un solo oggetto indica la
natura intera, ci dovuto alle caratteristiche del simbolo:
"Se il Tutto esiste nell'interno di ciascun frammento significativo, questo [...] avviene [...] perch
ogni frammento significativo ripete il Tutto"11.
allora possibile passare dal piano isolato del simbolo a quello del simbolismo; ed proprio
ciascuno dei suoi elementi che lo riassume e lo evoca interamente; non si pu parlare di simbolo
che sia isolato:
"Non esiste simbolo, emblema o efficienza che sia monovalente o singolarizzato. Tutto collegato,
ogni cosa legata alle altre, formando un insieme di struttura cosmica"12.
Se ogni simbolo richiama un simbolismo, allora quest'ultimo pu essere studiato solo attraverso un
esame di tutti i simboli che ne costituiscono la trama:
"Ogni simbolismo fa sistema e si pu realmente comprenderlo soltanto nella misura in cui lo si
considera nella totalit delle sue applicazioni particolari"13.
Il motivo per cui il simbolismo non solo un insieme, ma un 'sistema' dato dal fatto che esso,
come un organismo vivo,
"permette la circolazione, il passaggio, da un livello all'altro, da un modo all'altro, integrando tutti
questi livelli e piani, ma senza confonderli. La tendenza a coincidere col Tutto dev'essere intesa
come tendenza a integrare il tutto in un sistema"14.
Il simbolo non solo richiama una modalit trascendente quella profana, ma fa s che anche la realt
quotidiana venga trasfigurata:
"La multivalenza simbolica di un emblema o di una parola appartenente alle lingue arcaiche ci
obbliga continuamente a notare che, per la coscienza che le form, il mondo si rivelava come un
tutto organico"15.
La peculiarit di questo tipo di realt, nella quale viene compresa e vissuta la forza del simbolo,
che i piani interferiscono tra loro; ad esempio:
"La fecondit della donna influisce sulla fecondit dei campi, ma l'abbondanza della vegetazione, a
sua volta, aiuta la donna a concepire"16.
3

L'esempio classico, su cui Eliade torna pi volte, la luna:


"La grande importanza della luna nelle mitologie arcaiche, e soprattutto l'integrazione in un unico
'sistema', da parte del simbolismo lunare, di realt diverse tra loro come la donna, le acque, la
vegetazione, il serpente, la fertilit, la morte, la 'ri-nascita', ecc."17.
Ma qui da sottolineare quanto non sia un semplice fatto naturale a connettere diverse realt tra
loro, ma un simbolismo, che forma quella rete di collegamenti, grazie alla quale si pu parlare
giustamente di 'sistema'. il simbolismo, e non la luna, che fonda la possibilit, ad esempio, di
legare la donna alla terra:
"Un complesso simbolismo, dalla struttura antropocosmica, associa la donna e la sessualit ai ritmi
lunari, alla Terra (assimilata alla matrice) e a ci che dobbiamo chiamare il 'mistero' della
vegetazione"18.
La struttura simbolica di qualsiasi complesso religioso non cio una sorta di religione
naturalistica, ma trova origine in una intuizione archetipica, pre-razionale, che alla base della
metafisica a struttura platonica della religiosit arcaica; la caduta del simbolismo in una
interpretazione esclusivamente 'fattuale' invece sinonimo di degradazione. A riguardo delle origini
del simbolismo della perla, Eliade evidenzia che esse non sono
"empiriche, ma teoriche e metafisiche"; tuttavia "questo simbolismo, in seguito, fu interpretato,
vissuto diversamente, poi degradato fino alle superstizioni e al valore economico-estetico che
rappresenta per noi la perla"19.
Anche considerando i rituali della vegetazione, rituali cos intimamente connessi ad un certo
periodo dell'anno, Eliade riafferma la priorit dell'intuizione metafisica:
"La concezione teorica, metafisica, precede l'esperienza concreta e l'avvento della primavera" 20.
Infatti, "il simbolo non pu essere il riflesso dei ritmi cosmici in quanto fenomeni naturali, in
quanto un simbolo rivela sempre qualcosa di pi che l'aspetto della vita cosmica che sta a
rappresentare"21:
il simbolo, nel pensiero arcaico --fondato sui complessi mitico-rituali e simbolici--, approda ad una
metafisica sistematica che ripercorre l'intera vita religiosa. I simboli, i miti, i riti, attraverso diverse
modalit, esprimono,
"un complesso sistema di affermazioni coerenti sulla realt ultima delle cose, sistema che pu
essere considerato come una vera e propria metafisica"22.
Peculiare di questo tipo di metafisica il basarsi su simboli e non esclusivamente su concetti,
come accade nella prassi filosofica comune; infatti proprio della mentalit primitiva il pensare per
simboli, caratteristica che non preclude la possibilit di una logica soggiacente:
"Il pensiero arcaico non procede esclusivamente per concetti o elementi concettuali, ma si serve
anche e anzitutto di simboli. [...] I simboli vengono maneggiati secondo una logica simbolica"23.
Si pu quindi parlare di una "logica del simbolo" 24, inseribile a pieno titolo tra i problemi
essenzialmente filosofici: la "logica del simbolo esce dal campo della storia delle religioni
propriamente detta e si schiera fra i problemi della filosofia" 25. Ma soprattutto la possibilit di
4

vedere nella logica dei simboli una vera e propria ontologia data dal fatto che, essendo questi di
tipo essenzialmente religioso, non possono che riguardare ci che il reale per definizione, cio il
sacro e ci che da esso investito:
"Per i primitivi, i simboli sono sempre religiosi, poich mirano o a qualcosa di reale, o a una
struttura del mondo. Ora, ai livelli arcaici della cultura il reale --cio il potente, il significativo, il
vivente-- equivale al sacro. [...] Per questo i simboli religiosi arcaici implicano una ontologia"26.
Attraverso il simbolo, il mondo diviene trasparente all'uomo e assume ai suoi occhi un significato:
quell'universo di significati nel quale immerso l'uomo delle societ in cui il mito cosa vivente
"non pi una massa opaca di oggetti arbitrariamente gettati assieme, ma un Cosmo vivente,
articolato e significativo. In ultima analisi, il Mondo si rivela come linguaggio"27.
Un linguaggio che pu essere inteso dall'uomo perch da lui condiviso. Del resto, un'altra
caratteristica del simbolo che esso apre la realt nella quale agisce; questo vale sia per l'uomo
("L'uomo non si sente rinchiuso nel suo modo d'esistenza; anch'egli aperto, comunica con il
Mondo, perch utilizza lo stesso linguaggio: il simbolo"28), che per il mondo stesso:
"Per il pensiero simbolico, il mondo non solo vivo, anche aperto: un oggetto non mai
semplicemente se stesso (come accade per la coscienza moderna), anche segno o ricettacolo di
qualcos'altro, di una realt che trascende il livello d'essere dell'oggetto"29.
Il mondo, grazie al simbolo, svela all'uomo la sua apertura verso ci che lo supera; vi infatti tutta
una serie di simbolismi che, nella variet dei loro caratteri, sono accomunati dalla stessa descrizione
della struttura del mondo:
"Le ascensioni rituali al cielo avvengono sempre in un centro [...] ogni abitazione umana una
imago mundi [...] tutti questi simboli collegati e complementari presentano, ciascuno nella propria
prospettiva, uno stesso significato: l'uomo pu trascendere il mondo"30.
Il linguaggio attraverso il quale il mondo si rivela non equiparabile al linguaggio usuale,
quotidiano, perch la realt di cui esso comunica l'essenza non quella profana:
"Non si tratta di un linguaggio utilitario e oggettivo. Il simbolo non ricalca la realt oggettiva. Esso
rivela qualche cosa di pi profondo e di pi fondamentale"31.
Infatti abbiamo gi detto che la realt di cui ci parlano i simboli non quella evidente
all'esperienza comune; invece --per certi versi-- il suo opposto: per esempio, paradossale:
"Forse la funzione pi importante del simbolismo religioso (importante, soprattutto per via del
ruolo che doveva avere nelle successive speculazioni filosofiche) la sua capacit di esprimere
alcune situazioni paradossali e alcune strutture della realt ultima, altrimenti impossibili ad
esprimere"32;
come paradossale la ierofania stessa, la quale rivela e cela allo stesso tempo il sacro.
La paradossalit vissuta nella vita dell'uomo attraverso quelle situazioni che lo pongono di fronte
ai suoi limiti e ai loro superamenti, e queste sono espresse dal simbolo:

"I simboli esprimono generalmente delle situazioni limite; un simbolo ci guida sempre verso il
mistero della nascita, dell'amore, della fecondit, del rinnovamento, della morte e della
resurrezione, dell'iniziazione, del passaggio da un modo d'essere all'altro, ecc."33.
Ogni simbolo esprime una situazione limite, e in forza di questo ci consentito, secondo Eliade,
confrontare simboli appartenenti a tradizioni diverse:
"Quando, facendo astrazione dalla storia che li separa, noi raffrontiamo un simbolo oceaniano a
un simbolo dell'Asia settentrionale, ci riteniamo autorizzati a farlo non in quanto entrambi
sarebbero il prodotto di una stessa mentalit infantile, bens perch il simbolo, in se stesso,
esprime la presa di conoscenza di una situazione-limite"34.
L'uomo, i suoi ostacoli, le sue necessit sono identici ovunque e in ogni tempo: i simboli lo
dimostrano.
Il simbolismo, comunicandoci la nostra natura paradossale e limitata, ci mette in contatto con la
nostra situazione esistenziale:
"Lo studio del simbolismo persegue [lo scopo di] decifrare [...] la situazione esistenziale che ne ha
reso possibile la costituzione"35;
questo aspetto che tocca pi da vicino la natura umana, facendo s che essa si senta pienamente
coinvolta, chiamata in causa: essa non ha pi a che fare con qualcosa che le esterno, ma che
invece la investe totalmente. Anche per questo aspetto, il simbolismo non oggettivo: cos il
simbolismo religioso ha un valore esistenziale, infatti
"un simbolo allude sempre a una realt o ad una situazione tale da impegnare l'esistenza umana".
innanzi tutto qui che i simboli si distinguono dai concetti. Il simbolo non solo comunica ma "d
anche un significato all'esistenza umana". Attraverso il simbolismo, l'uomo esce dalla sua
contingenza particolare, cosmicizzandosi:
"Vivere un simbolo e decifrarne correttamente il messaggio implica l'apertura verso lo Spirito e
alla fine l'accesso all'universale"36.
Il simbolo ci informa dell'uomo in quanto tale: questo che sembra significare Eliade quando
parla di situazione esistenziale, valore esistenziale, ecc. Questo tipo di uomo quello che non
ancora stato degradato dalla storia, dai condizionamenti dei tempi e delle culture: prima di essere
storico, l'uomo simbolico, ed in quest'ultima modalit che vanno ricercate le strutture pi
significative e profonde che lo costituiscono:
"Il pensiero simbolico [...] connaturato all'essere umano: precede il linguaggio e il ragionamento
discorsivo. [...] Le immagini, i simboli, i miti [...] rispondono a una necessit ed adempiono una
funzione importante: mettere a nudo le modalit pi segrete dell'essere. Ne consegue che il loro
studio ci permette di conoscere meglio l'uomo, l'uomo tout court, quello che non ancora sceso a
patti con le condizioni della storia. Ogni essere storico porta con s una grande parte dell'umanit
prima della Storia"37.
Il simbolo non l'archetipo: non ha quindi una realt autonoma rispetto alla quale l'uomo non deve
far altro che conoscerla e adeguarcisi; giustamente Roberto Scagno, il maggior conoscitore di
Eliade in Italia, ha scritto:

"Il simbolo non sostanza metafisica, ma strumento umano di riflessione e comunicazione"38.


infatti l'uomo l'unico creatore di simboli, oltre che unico fruitore; quindi, a differenza
dell'archetipo, "il simbolo appare come una costruzione della psiche" 39. L'uomo si caratterizza per
quella particolare facolt creatrice di simboli che gli connaturata:
"Dato che l'uomo dispone di una facolt creatrice di simboli (symbol-forming power), tutto ci che
compie simbolico"40.
Si tratta quindi di una facolt continuamente attiva, in forza della quale Eliade pu parlare
dell'uomo come homo symbolicus; infatti
"i simboli non scompaiono mai dall'attualit psichica"41.
Se ogni attivit umana implica un simbolismo, allora anche "ogni fatto religioso avr
necessariamente un carattere simbolico"42. Vi poi un circolo vizioso --anzi, eliadianamente
virtuoso-- per il quale anche il fatto religioso stesso, simbolico in quanto proprio dell'uomo, porta
quest'ultimo ad interpretarsi come simbolo, esperienza esistenziale che gli consente di sentirsi parte
di quella rete di simboli per eccellenza che l'universo:
"L'esperienza magico-religiosa permette la trasformazione dell'uomo stesso in simbolo. [...]
L'uomo non sente pi di essere un frammento impermeabile, invece un Cosmo vivo, aperto a tutti
gli altri Cosmi vivi che lo circondano"43.
In quanto dato immediato della coscienza, il simbolismo
"determina sia l'attivit del [...] subcosciente [dell'uomo], sia le pi nobili espressioni della sua vita
spirituale"44.
Eliade considera gli archetipi influenti, oltre che sulla vita spirituale, anche su quella subcosciente.
Essendo l'attivit dei simboli anche inconscia, ed essendo l'uomo il produttore di simboli, anche in
un periodo non religioso come quello moderno si pu continuare a parlare di un uomo che, seppur
profano,
"rimanendo uomo, produce ugualmente simboli; si tratta per di simboli degradati, che, non
essendo consapevolmente riconosciuti, non possono svolgere pienamente la loro funzione. Solo il
simbolo religioso vissuto coscientemente, nella pienezza del suo significato"45.
Se il vero significato del simbolo lo si pu cogliere solo attraverso la sua comprensione religiosa,
anche qui si riscontra una equivalenza con l'analisi eliadiana degli archetipi: questi ultimi hanno la
loro sede propria nel transconscio, e anche i simboli, per la loro logica che altra rispetto a quella
propria della ragione (ricordiamo che il simbolismo per Eliade l'opposto del razionalismo),
rimandano a quel centro psichico che permette all'uomo religioso di vivere una vita pienamente
regolata ai paradigmi divini. Compresa la logica del simbolo solo retoricamente si pu porre la
seguente domanda: "determinate zone dell'inconscio individuale o collettivo sono dominate, a loro
volta, dal logos, oppure ci troviamo davanti a manifestazioni di un transconscio?"46.
Simbolo e ierofania assolvono entrambi allo stesso compito: infatti modificano la consistenza
ontologica della realt che investono. Se la ierofania "ci che mostra il sacro", allora la sua
dialettica paradossale consiste proprio nell'indicare, ad esempio, un oggetto come la sede del sacro:
il finito diventa infinito, pur mantenendo le sue propriet. L'oggetto quindi si trasforma in qualcosa
di altro, pur rimanendo tale. Un analogo discorso si pu fare anche nei riguardi del simbolo:
7

"La sua funzione resta invariabile: trasformare un oggetto o un atto in qualche cosa di diverso da
quel che sono nella prospettiva dell'esperienza profana"47.
In questo senso, il simbolo non altro che la naturale continuazione della rivelazione ierofanica:
"Il simbolo prolunga la dialettica della ierofania: tutto quel che non direttamente consacrato da
una ierofania, diventa sacro grazie alla sua partecipazione a un simbolo"48.
Se la ierofania si ferma nel rivelare il sacro in un sasso, in una persona, in un gesto, ecc., il simbolo
ha in s la capacit di riepilogare il Cosmo intero, attraverso un'infinit di collegamenti con altri
simboli: questo fa s che, come abbiamo gi visto, ogni simbolo si richiami al simbolismo di cui fa
parte. Attraverso le ierofanie, l'esperienza religiosa si frammenta in una infinita discontinuit;
invece "il simbolismo tradisce il bisogno dell'uomo di prolungare all'infinito la ierofanizzazione del
Mondo". Grazie ad esso, traspare all'uomo "una tendenza a identificare questa ierofania col
complesso dell'Universo"49.
Se la storia delle religioni essenzialmente storia delle ierofanie, l'esperienza religiosa, se vuole
accedere a quella visione mistica della realt caratteristica di chi vede ovunque il sacro, deve
inserirsi in un simbolismo che permetta di non arrestarsi alle ierofanie, che realizzano e giustificano
la differenza ontologica tra sacro e profano, ma che consenta di superarle grazie a una
trasfigurazione dello stesso profano. "Per la mentalit arcaica, natura e simbolo coesistono" 50.
Nell'esperienza mistica, la natura tutta divina, tutto archetipo, tutto ierofania, non esiste pi
sopra e sotto:
"Per i primitivi in genere non esiste una differenza netta fra naturale e sovrannaturale, fra
oggetto empirico e simbolo. Un oggetto diviene se stesso (cio incorpora un valore) nella misura
in cui riproduce un archetipo, ecc."51.
Il profano pu aspirare ad una sorta di realt solo in quanto traccia del sacro; questo gli possibile
unicamente grazie al simbolo, che rende evidente la complementarit tra sacro e profano, attraverso
la quale il simbolismo si estende sulla totalit del reale. Perci da evitare il
"credere che il simbolismo si riferisca unicamente alle realt spirituali. Per il pensiero arcaico
una separazione del genere tra lo spirituale e il materiale non ha senso: i due piani sono
complementari"52.
Ma questa distinzione tra la capacit onnicomprensiva del simbolo e la frammentazione del sacro
attraverso le ierofanie non deve per condurci a contrapporre, per cos dire, una "interpretazione
ierofanica" a una "interpretazione simbolistica": il sacro, infatti, per sua essenza, cerca la sua
massima rivelazione nella realt. E questo tentativo non pu che esplicitarsi nelle stesse ierofanie,
che sono la sua originaria manifestazione: cos "la massima parte delle ierofanie sono atte a
diventare simboli"53. Le ierofanie divengono a volte simboli, ma anche i simboli diventano
ierofanie: ci forse ancor pi inevitabile. Del resto ierofania tutto ci che rivela il sacro; allora
anche il simbolo dovr avere carattere ierofanico. Infatti, grazie ad esso, ci sono rivelate diverse
sfere della realt sacra, che altrimenti --cio rimanendo sul piano delle ierofanie pure-- ci
rimarrebbero oscure. Per questo,
"il simbolo [...], all'occorrenza, esso stesso una ierofania, cio [...] rivela una realt sacra o
cosmologica che nessun'altra manifestazione capace di rivelare"54.

Ogni ierofania per altro parte di un simbolismo coerente all'interno del quale riceve il suo pi
vero significato, grazie al fatto che proprio di quest'ultimo la capacit di comunicare il sacro nel
modo pi estensivo possibile, rendendo del tutto espliciti l'insieme dei significati che in ogni
ierofania sono a volte solo accennati e frammentati: i
"diversi simbolismi possono con ragione considerarsi sistemi autonomi, nella misura in cui
manifestano pi chiaramente, pi totalmente e con coerenza superiore quel che le ierofanie
manifestano in modo particolare, locale, successivo"55.
Perci ogni ierofania va interpretata, quando possibile, all'interno del sistema simbolico di cui fa
parte, per coglierne il significato profondo.
Certo, come il simbolo, anche il simbolismo non una realt oggettivamente constatabile (il
"simbolismo acquatico non manifestato in nessun luogo in modo concreto, non ha sostegno,
formato da un insieme di simboli interdipendenti e integrabili in un sistema; nondimeno reale" 56),
ma quella costruzione teorica che compito dello storico delle religioni rilevare, affinch in ogni
fatto religioso sia esplicito il fascio di significati e la serie di legami con altre sfere del sacro in esso
contenute: questa costruzione possibile perch
"un simbolo rivela sempre [...] l'unit fondamentale di parecchie zone del reale. [...]; d'altra parte
gli oggetti, diventando simboli, cio segni di una realt trascendente, annullano i loro limiti
concreti, cessano di essere frammenti isolati, per integrarsi in un sistema"57.
Il simbolo, oltre a richiamare altri simboli, riceve in s i sempre nuovi significati di cui la storia lo
investe nelle diverse tradizioni religiose:
"Il simbolo sempre aperto. [...] L'interpretazione non mai conclusa"58.
Consideriamo, ad esempio, il simbolo dell'albero. Quest'ultimo rappresenta il Cosmo, nella sua
inesauribile rigenerazione, simbolo a sua volta dell'eternit: allora,
"l'albero-Cosmo pu per questo diventare, su di un altro livello, albero della Vita-senza-morte".
Ma la vita eterna, nella metafisica arcaica, vuole significare la realt assoluta, e dunque "l'albero
diventa il simbolo di questa realt (il centro del mondo)"59.
Sar allora obbligatoria a chiunque voglia conoscere il significato di un qualsiasi simbolo
religioso, compararne i diversi contenuti nelle varie tradizioni e anche in una stessa storia religiosa:
"Un simbolo resta vuoto di senso, se non si analizza un numero molto grande di varianti. Ora, tra
queste non esiste, talvolta, alcuna contiguit storica e ci rende ancora pi difficile il lavoro
d'interpretazione"60.
Il simbolismo che si ricaver da questo approccio comparativo sar necessariamente transculturale, trans-storico, nella certezza che, secondo l'impostazione eliadiana, la coerenza non potr
mai essere contraddetta, in forza di quei principi paradigmatici che sempre e comunque si rivelano
identici a se stessi nel loro significato pi profondo:
" in una prospettiva totale che racchiude la totalit delle culture che dobbiamo giudicare la
fecondit di un simbolismo il quale esprime le strutture della vita cosmica e contemporaneamente
rende intelligibile il modo di essere dell'uomo nel mondo"61.

La comparazione per non si spinge fino all'appiattimento di qualsiasi significato ad un unicum: se


da una parte, l'analisi delle diverse interpretazioni dello stesso simbolo ci indicano il suo valore
archetipico, dall'altra essa sola ci consente di valutare correttamente e mettere in risalto quelle
differenze ineliminabili dovute alla storia, all'ideologia religiosa di cui esso fa parte, ecc.:
"La struttura di un simbolismo si lascia decifrare completamente solo quando si analizzato un
notevole numero di esempi. [...] Solo dopo aver esaminato tutte le varianti, la diversit del
significato di ognuna vien bene in rilievo"62.
Cos Eliade riassume la sua posizione rispetto alla comparazione tra i simboli:
"Si cerca di ricostruire il significato simbolico di fatti religiosi in apparenza eterogenei ma
strutturalmente collegati [...]. Un tale procedimento non implica la riduzione di tutti i significati a
un comune denominatore. Non si potr insistere mai abbastanza sul fatto che la ricerca sulle
strutture simboliche un lavoro, non di riduzione ma di integrazione. Si paragonano e si
confrontano due espressioni di uno stesso simbolo non per ridurle a una forma unica preesistente,
ma per scoprire il processo grazie al quale una struttura pu arricchirsi di nuovi significati"63.
In che senso 'pu arricchirsi di nuovi significati'? Il significato permane al di l della mutevolezza
dei significanti. Ma, oltre che permanere, viene maggiormente inteso, sempre pi profondamente
vissuto: il motivo la dialettica caratteristica del sacro, che fa s che esso non smetta mai di
manifestarsi, cercando sempre nuove ierofanie, nel tentativo di totalizzarsi nell'intera realt. A tale
riguardo, sembra esservi a volte in Eliade una sorta di "evoluzionismo ierofanico":
"Le innumerevoli nuove manifestazioni del sacro ripetono [...] altre innumerevoli manifestazioni
di esso gi contenute [...] nel [...] passato, nella [...] storia: ma parimenti vero che l'esistenza di
questa storia non giunge fino a paralizzare la spontaneit delle ierofanie: una rivelazione pi
completa del sacro resta sempre possibile, in qualsiasi momento"64.
Come nelle ierofanie, anche nei simboli, se da una parte il fascio di significati in essi contenuti
sembra rifarsi al piano degli archetipi, dall'altra parte il vero senso del simbolo, la sua pienezza
teoretica si rende evidente --a volte-- solo nella sua maturit:
"Il senso ultimo di certi simboli si manifesta soltanto nella loro maturit, cio quando si
considera la loro funzione nelle operazioni pi complesse dello spirito"65.
Si pu dunque parlare anche di evoluzionismo simbolico, che comunque un tutt'uno con la
dialettica delle ierofanie, in quanto riconducibili entrambi in quella carica intrinseca del sacro per
cui esso cerca di rivelarsi nel modo pi aperto possibile. Questo tipo di evoluzionismo il pi delle
volte si presenta non solo come evoluzionismo metafisico, ma anche come evoluzionismo storico:
ad esempio, l'ontofania del sasso cultuale "pu modificare la sua forma nel corso della storia; lo
stesso sasso", se prima mostrava semplicemente che il sacro cosa diversa dall'ambiente
circostante, che, simile alla roccia, il sacro di carattere assoluto, "potr essere venerato, pi
tardi, non per quanto rivela in modo immediato (non pi come ierofania elementare), ma perch
integrato in uno spazio sacro (tempio, altare, ecc.) o perch considerato l'epifania di un dio,
ecc."66.
Si tratta per di un evoluzionismo molto particolare: a volte cio sembra che un'immagine, un
simbolo, siano naturalmente portati a includere certi significati, e che se essi diverranno espliciti
solo da un certo momento storico, ci comunque vorr dire che non potevano che essere contenuti
in quel particolare simbolo, e non in altri: per esempio, la rivelazione portata dalla fede
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(l''invenzione' del giudaismo), "non distruggeva i significati primari delle Immagini 67, ma si
limitava semplicemente ad aggiungere ad esse un nuovo valore"; resta per sempre vero che
"ogni nuova messa in valore sempre stata condizionata dalla struttura stessa dell'Immagine, a tal
punto che di un'Immagine si pu dire che essa attende che il suo significato si compia"68.
Pi spesso invece Eliade, facendosi aiutare dai risultati della psicologia del profondo, indica la
totalit dei significati residente da sempre nel simbolo: alcuni sarebbero vissuti in modo cosciente,
altri in modo incosciente, ma tutti assolverebbero alla loro funzione nella vita spirituale dell'uomo.
Nella conclusione di un articolo sul simbolismo religioso Eliade si chiede se i 'significati superiori'
dei simboli, espliciti nella piena maturit di questi ultimi, non fossero gi impliciti, quindi almeno in
vago modo percepiti anche dagli uomini appartenenti alle culture pi arcaiche. Il problema assai
arduo, perch --continua Eliade-- il simbolo agisce all'interno di tutta la struttura psichica: quindi il
messaggio di un simbolo non si pu circoscriverlo ai significati di cui si coscienti. Quindi
abbiamo a che fare con due conseguenze:
"1) Se a un certo punto della storia un simbolo religioso ha potuto esprimere con chiarezza un
significato trascendente, si autorizzati a supporre che in un'epoca anteriore questo significato ha
potuto essere oscuramente presentito"; inoltre, come avevamo avuto gi modo di rilevare, "2) per
decifrare un simbolo religioso, non basta prendere in considerazione tutti i suoi contesti, bisogna
anche, e soprattutto, riflettere sui significati che esso ha avuto in quella che si potrebbe chiamare la
sua maturit"69.
In Eliade dunque il cosiddetto 'terrore della storia', su cui lo studioso romeno spesso si
soffermato, coesiste con una sotterranea consapevolezza della positivit del procedere storico, nel
senso di portatore di nuovi valori, nella sempre nuova e sempre pi matura interpretazione dei
simboli. La sua idea secondo la quale sarebbe la religiosit cosmica immanente al mondo a
informare l'uomo della sua situazione esistenziale, fa s che egli tenti di limitare di molto tutti quei
valori religiosi che invece vengono comunicati attraverso la storia: i simboli derivanti, in certo
modo, dalla storia sono dichiarati come
"molto meno frequenti dei simboli a struttura cosmica o di quelli che si riferiscono alla condizione
umana"70.
Eliade si dichiara disinteressato a ci che pu costituire la storia di un simbolo; il suo Trattato ne
l'esempio classico. Spesso dichiara che se si dovr fare una storia delle religioni, prima sar
necessario comprendere da dentro le strutture e i significati delle diverse esperienze religiose:
"Il problema della storia dei motivi interessa la nostra ricerca soltanto in via sussidiaria. [...]
Quel che ci interessa per ora di sapere quale fu la funzione religiosa"71.
Per altro verso, anche quei simboli che provengono da una storia recente, sistematizzatori di quelle
nuove acquisizioni che l'uomo ha avuto --per esempio, nell'ambito della tecnica-- sono diventati
simboli religiosi grazie alla loro funzione di creatori di cultura. Se una parte di realt fondata dal
simbolo in un certo periodo storico, allora esso, rivestito del suo carattere sacro (in quanto solo il
sacro reale e il reale tale in quanto rimanda al sacro), esce dal tempo, portandosi nella sua sede
originaria, cio nell'illud tempus:
"Certi simboli legati a fatti recenti di cultura, pur essendo situati nel tempo storico sono divenuti
simboli religiosi per aver contribuito a fondare il mondo, nel senso da permettere a nuovi mondi
rivelati dall'agricoltura, dall'addomesticamento degli animali, dalla regalit, di parlare, di rivelarsi
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agli uomini, svelando nello stesso punto nuove situazioni umane. In altre parole, i simboli legati a
fasi recenti di cultura si sono costituiti allo stesso modo dei simboli pi arcaici, cio come il
risultato di tensioni esistenziali e di assunzioni totali del mondo. Quale pur sia la storia di un
simbolo religioso, la sua funzione sempre la stessa"72.
In questa ermeneutica del simbolo, ogni documento costituisce un prezioso elemento:
l'eterogeneit dei significati compresi in un simbolo ci evidente anche dalla diversificazione delle
fonti di cui disponiamo: le diverse provenienze e i diversi contenuti dei documenti sono da
considerare
"indispensabili, non soltanto per ricostruire la storia di una ierofania, ma anzitutto perch
concorrono a costruire le modalit del sacro rivelate attraverso questa ierofania"73.
Tale eterogeneit dei documenti indispensabile non solo per una completa comprensione del
simbolo, ma anche per una pi generale morfologia del sacro: in essa, simbolo, mito e rito devono
essere gli imprescindibili strumenti di lavoro dello storico delle religioni. Infatti ognuno di questi
generi di documenti mostra regioni del sacro di cui gli altri non partecipano o partecipano solo in
maniera implicita e nascosta: solo essi, presi insieme, possono
"rivelarci tutte le modalit del sacro, perch un simbolo o un mito lasciano trasparire nettamente le
modalit che un rito non pu manifestare, che nel rito sono solo implicite",
cos come anche "un simbolo non potr mai rivelare tutto quel che rivela il rito"74.
Il mondo (e il sacro in esso presente tramite la dialettica delle ierofanie) comunica la sua struttura
profonda all'uomo attraverso questa triade di filtri:
"Attraverso i simboli il mondo [...] si rivela" 75 e "tramite il mito e il rito il mondo 'parla'
all'uomo"76.

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1 Mircea Eliade, "Trattato di storia delle religioni", Boringhieri, 1988, p. 39.


2 Id., "Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi", Mediterranee, 1975, p. 15.
3 Id., "Spezzare il tetto della casa - La creativit e i suoi simboli", Jaca Book, 1988, p. 203.
4 Id., "I riti del costruire", Jaca Book, 1990, p. 111.
5 Id., "La prova del labirinto", Jaca Book, 1980, p. 54. Le pp. 53-58 sono dedicate a Le tre lezioni dell'India cui
accenniamo.
6 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 276.
7 Ibidem, pp. 336-7.
8 Id., "Spezzare il tetto della casa", cit., p. 201.
9 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 234.
10 Id., "Mefistofele e l'androgine", Mediterranee, 1971, pp. 189-90.
11 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 277.
12 Ibidem, pp. 160-1.
13 Id., "Miti, sogni e misteri", Rusconi, 1976, p. 137.
14 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 470.
15 Ibidem, p. 195.
16 Ibidem, p. 369.
17 Id., "Storia delle credenze e delle idee religiose", vol. I: "Dall'et della pietra ai misteri eleusini", Sansoni, 1979, p. 34.
18 Ibidem, p. 53. da sottolineare per anche una certa oscillazione in Eliade, per cui a volte sembra che sia proprio la luna
a creare il suo simbolismo. Ad esempio nel passo seguente: "L'intuizione della Luna, in quanto norma dei ritmi e fonte di
energie, di vita e di rigenerazione, ha intessuto realmente una rete fra tutti i piani cosmici, creando simmetrie, analogie e
partecipazioni fra fenomeni infinitamente vari": Mircea Eliade: "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 176.
19 Ibidem, p. 456.
20 Ibidem, p. 339.
21 Id., "Immagini e simboli - Saggi sul simbolismo magico-religioso", TEA, 1993, p. 156.
22 Id., "Il mito dell'eterno ritorno", Rusconi, 1975, p. 15.
23 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 40.
24 Ibidem, p. 467.
25 Ibidem, p. 471.
26 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., p. 190.
27 Id., "Mito e realt", Borla, 1976, p. 175.
28 Ibidem, pp. 176-7.
29 Id., "Arti del metallo e alchimia", Bollati Boringhieri, 1976, p. 127.
30 Id., "Miti, sogni e misteri", cit., p. 133.
31 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., p. 189.
32 Ibidem, p. 192.
33 Id., "Spezzare il tetto della casa", cit., p. 225.
34 Id., "Immagini e simboli", cit., p. 156.
35 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., pp. 187-8.
36 Ibidem, pp. 194-5.
37 Id., "Immagini e simboli", cit., p. 16.
38 Roberto Scagno, Mircea Eliade: un Ulisse romeno tra Oriente e Occidente, in: L. Arcella, P. Pisi, R. Scagno (a cura
di), "Confronto con Mircea Eliade. Archetipi mitici e identit storica", Jaca Book, 1998, p. 23.
39 Mircea Eliade, "Immagini e simboli", cit., p. 157.
40 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., p. 178.
41 Id., "Immagini e simboli", cit., p. 19.
42 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., p. 186.
43 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., pp. 473-4. invece propria dell'uomo moderno (in quanto irreligioso),
l'"esistenza frantumata e straniata", Ibidem.
44 Ibidem, pp. 43-4.

45 Natale Spineto, La 'nostalgia del paradiso'. Religione e simbolo in Mircea Eliade, in: "Filosofia e Teologia", n. 2,
1992, p. 302.
46 Mircea Eliade, "Immagini e simboli", cit., p. 37.
47 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 462.
48 Ibidem.
49 Ibidem, pp. 464-5.
50 Ibidem, p. 275.
51 Id., "Lo sciamanismo", cit., p. 287 (nota 15).
52 Id., "Immagini e simboli", cit., p. 157.
53 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 463.
54 Ibidem.
55 Ibidem, p. 466.
56 Ibidem.
57 Ibidem, p. 469.
58 Id., "La prova del labirinto", cit., p. 121.
59 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 275.
60 Id., "Arti del metallo e alchimia", cit., p. 63.
61 Id., "La nostalgia delle origini - Storia e significato nella religione", Morcelliana, 1972, p. 188.
62 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., p. 185.
63 Ibidem, p. 188.
64 Id., "Lo sciamanismo", cit., p. 15.
65 Id., "Miti, sogni e misteri", cit., p. 140.
66 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 31. Il corsivo nostro.
67 L'immagine simbolo. Spesso Eliade parla indifferentemente di 'simbolo' e di 'immagine'. Del resto proprio
dell'immagine rimandare ad altro. Cfr. Natale Spineto, La 'nostalgia del paradiso'. Religione e simbolo in Mircea Eliade,
cit., p. 302-3.
68 Mircea Eliade, "Immagini e simboli", cit., p. 142.
69 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., pp. 198-9.
70 Ibidem, p. 196.
71 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 273.
72 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., p. 197.
73 Id., "Trattato di storia delle religioni", cit., p. 11.
74 Ibidem, p. 13.
75 Id., "Mefistofele e l'androgine", cit., p. 189.
76 Natale Spineto, La 'nostalgia delle origini'. Religione e simbolo in Mircea Eliade, cit., p. 313.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, 1972
Mircea Eliade, Lo Sciamanismo e le tecniche dell'estasi, Mediterranee, 1975
Mircea Eliade, Spezzare il tetto della casa - La creativit e i suoi simboli, Jaca Book, 1988
Mircea Eliade, I riti del costruire, Jaca Book, 1990
Mircea Eliade, La prova del labirinto, Jaca Book, 1980
Mircea Eliade, Mefistofele e l'androgine, Mediterranee, 1971
Mircea Eliade, Miti, sogni e misteri, Rusconi, 1976
Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose - I. Dall'et della pietra ai misteri eleusini,
Sansoni, 1979
Mircea Eliade, Immagini e simboli - Saggi sul simbolismo magico-religioso, TEA, 1993
Mircea Eliade, Il mito dell'eterno ritorno, Rusconi, 1975

Mircea Eliade, Mito e realt, Borla, 1966


Mircea Eliade, Arti del metallo e alchimia, Bollati Boringhieri, 1987
Mircea Eliade, La nostalgia delle origini - Storia e significato nella religione, Morcelliana, 1972
L. Arcella, P. Pisi, R. Scagno (a cura di), Confronto con Mircea Eliade. Archetipi mitici e identit
storica, Jaca Book, 1998
Natale Spineto, La 'nostalgia del Paradiso'. Religione e simbolo in Mircea Eliade, in Filosofia e
Teologia, n. 2., 1992, pp. 296-319

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