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Locke, Saggio sull'intelletto umano (1689)

Introduzione: necessario rivolgere l'intelletto a se stesso, per indagarlo mettendolo ad una


certa distanza ed esaminando i limiti oltre cui la conoscenza non pu arrivare (come la
sonda usata dai marinai per scandagliare i fondali cercando dove approdare senza
incagliarsi, di cui si deve prima conoscere la lunghezza).
Poi, quando avremo conosciuto le nostre forze, conosceremo tanto meglio ci che
potremo intraprendere con speranza di successo, evitando dunque di discutere
questioni cui non possibile dare risposta (principio di economia/utilit, per evitare di
entrare in un punto morto per le difficolt sorte da ogni parte, cui racconta di essere
giunto quando ide l'opera, nell'Epistola al lettore).
Non si tratta di una ricerca fisica (cercare la natura dell'anima) n metafisica (cercarne
l'essenza), invece un'indagine gnoseologica (sui criteri di certezza della nostra
conoscenza e i fondamenti delle convinzioni che regnano fra gli uomini, cos differenti,
cos contraddittorie) dell'intelletto come facolt, non come realt.
Il metodo analizzare l'origine delle idee, i mezzi con cui l'intelletto viene a conoscere
queste idee, il livello di conoscenza delle stesse e infine il livello di veridicit della fede
e dell'opinione.
Libro I: contro l'innatismo (polemica con i neoplatonici della rivale Cambridge)
anche in etica, quindi no alla pigrizia mentale o all'accettazione acritica, ma anche
all'esistenza di verit assolute e di un bene assoluto
motivazioni:
1. se esistono realt comuni a tutti non necessariamente detto che siano innate
2. in ogni caso non ci sono realt comuni a tutti: bambini ed idioti non conoscono
n principio di identit e non contraddizione n principi di morale o religione
3. non possibile che chi sembra non avere queste idee in realt le abbia ma non ne
abbia la consapevolezza, perch questa caratteristica necessaria perch ci possa
essere un'idea.
Libro II: le idee
idea qualsiasi oggetto dell'attivit intellettuale umana, ovvero ogni nozione,
astratta o concreta, quindi anche ogni oggetto sensibile cui la mente si applichi: la
sostanza inconoscibile, si conoscono appunto le idee che sono rappresentazioni delle
cose, come in Cartesio (le idee sono un riflesso in noi, nella nostra mente, della realt
esterna, Occhipinti)
ci sono due fonti di conoscenza:
sensazione, esperienza esterna rivolta agli oggetti esterni: la realt, che esiste in
s stessa a di fuori della coscienza, influenza i nostri sensi, che, cos influenzati,
fanno entrare nella coscienza varie e distinte percezioni [idee] di cose o qualit
sensibili, che corrispondono ai modi in cui gli oggetti esterni colpiscono i nostri
sensi (Severino)
riflessione, esperienza interna: rivolgendosi a s stessa, la coscienza osserva il
proprio percepire, pensare, dubitare, credere, ragionare, conoscere volere, e tutte le
altre azioni dello spirito (c.s.)
in entrambi i casi le idee possono essere:
semplici, ovvero da una sola percezione (di sensazione, riflessione o entrambe)
se di sensazione possono essere primarie (da pi sensi, presenti negli oggetti) o
secondarie (da una sola sensazione,
complesse, ovvero dalla connessione di pi idee semplici
(es. margherita=giallo+bianco...)
non sono gli universali del medioevo, perch si riferiscono sempre a realt
particolari percepite in un momento (la pecora non l'ovino): egli nominalista
perci ritiene che gli universali siano solo termini

possono essere
di modo: rappresentazioni di ci che percepito come non esistente di per
s ma dipendente da qualcos'altro (Occhipinti), ad esempio che una persona
sia bella (caratteristica soggettiva)
modi semplici: ripetizioni della stessa idea semplice, come nel caso
dell'idea della dozzina (c.s.)
modi misti: composti di idee semplici di diverse specie, come l'idea di
bellezza, che consiste in una certa composizione di colori e figure capace
di suscitare piacere in chi guarda (c.s.)
di sostanza: rappresentazioni di ci che percepito come sussistente di
per s (c.s.) e possono essere singole (casa, uomo) o collettive (colore
e forma dei petali di un fiore), ovvero riferite a varie sostanze prese come una
di relazione: nascono da confronto o dal rapporto fra due idee (c.s.), fra
cui sono importanti causalit e identit (ed in particolare l'Io capisce di
esistere perch si sente uguale al variare delle percezioni)
La principale idea di sostanza l'idea stessa di sostanza. Essa in realt nasce
dalla generalizzazione delle singole idee di sostanza, ovvero le presunte idee
semplici che noi erroneamente consideriamo il sostrato comune (c.s.) che
sostituisce un'insieme di idee semplici, ovvero un fascio di percezioni. Ma se io
elimino mentalmente una a una le qualit di una sostanza [] alla fine non
trovo la presunta sostanza, perch non mi resta nulla (c.s.). Dunque, non
avendo alcuna concezione corretta riguardo le sostanza, conviene concentrarsi
sulle idee semplici: se esiste la sostanza comunque inconoscibile, un
presupposto che sta al di l dell'esperienza umana (c.s.).
La critica lockiana all'idea di sostanza, che porta all'inconoscibilit della sostanza
stessa, ma non ne esclude affatto l'esistenza, anzi, sostiene che le idee di
sensazione e riflessione inducano a credere all'esistenza della sostanza, ma che
essa sia inconoscibile all'uomo. Locke dunque non spiega come sia possibile
affermare l'esistenza della sostanza.
A questo punto anche l'idea di anima-sostanza perde di senso se intesa come
sostrato permanente delle diverse percezioni dell'individuo che garantisce
l'identit dell'Io nel corso del tempo, ma allora com' possibile ritrovare
l'unit dell'Io al di l dei suoi vari eventi vissuti? Si deve spostare il problema
sull'identit della coscienza (c.s.), e dunque sull'autocoscienza di s, basata per
quanto riguarda il passato sulla memoria, ma che non ha alcuna garanzia per il
futuro, ed quindi un elemento mobile che sui pu costruire solo con un enorme
sforzo di tenere vive ed unite le proprie esperienze, in un processo sempre in
corso e mai compiuto, una costruzione come continua riconquista di s (c.s.)
Libro IV: la conoscenza e i limiti dell'intelletto umano: proprio l'impossibilit di
conoscere la sostanza a segnare il limite della conoscenza umana, infatti non potendo
conoscere l'essenza delle cose, non possibile nemmeno formulare proposizioni universali
(leggi sempre valide) concernenti le cose dell'esperienza. Le uniche certezze sono dunque
riflessione e sensazione, ogni altro processo non ha criterio di verit, Locke dunque un
empirista.
Le scienze dunque non hanno valore assoluto, e le loro leggi vanno sempre verificate
sperimentalmente.
L'unica conoscenza assoluta possibile quella riguardante l'accordo o disaccordo di idee
di relazione (dunque la matematica), con due processi (di percezione di un legame di
concordanza o discordanza fra idee diverse):
intuizione: immediato, dunque certo perch nasce dal confronto diretto fra due idee
ad esempio l'esistenza dell'Io: sono certo di esistere per il fatto di pensare e

dubitare (come per Cartesio)


dimostrazione: mediato da passaggi logici, dunque, non essendo le due idee
immediatamente fra loro confrontabili, necessita di prove, il cui grado di certezza
determina quello della certezza generale del ragionamento.
ad esempio l'esistenza di Dio: l'intelletto mi indica che il mondo, non avendo in
s la sua ragion d'essere, non potrebbe esistere senza una causa intelligente,
onnipotente ed eterna (c.s.), dunque Locke anticipa le posizioni deistiche.
Rimane comunque il problema dell'esistenza delle cose esterne, perci oltre a intuizione
e dimostrazione Locke introduce la conoscenza sensoriale: la percezione sensibile
considerata nel momento stesso in cui accade, quando gli oggetti sono presenti ai nostri
sensi, in quel momento infatti abbiamo una percezione cos viva da avvicinarsi
all'intuizione, perci, sebbene non si raggiunga lo stesso livello di certezza di intuizione
e dimostrazione, si pu comunque parlare di conoscenza. Non appena per non ho pi di
fronte l'oggetto della mia riflessione la certezza diviene probabilit.
La maggior parte della nostra vita si basa dunque su probabilit (memoria) o sul gradino
pi basso della certezza (la sensibilit), tuttavia diamo valore di verit anche ad assunti e
nozioni che non l'hanno per il valore dell'abitudine e perch hanno un valore pratico.
Sono dunque definiti i limiti dell'intelletto umano, ovvero gli ambiti in cui pu giungere
ad una conoscenza certa.

(schema tratto da parodos.it)

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