Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
F. Gliozzi
appunti provvisori del corso
tenuto nell a.a 2010-2011
+ +
+ +
+
+
+
+
+
+
+ +
+ +
+ +
+ +
2
Avvertenza
Questi appunti schematici del corso di Meccanica Statistica non hanno nessuna pretesa di completezza. Il loro scopo e` di aiutare lo studente che ha seguito
le lezioni nella sitemazione e correzione dei i propri appunti. Per questo motivo ci
si sofferma pi`u sui passaggi algebrici delle dimostrazioni e sulla concatenazione
logica dei concetti che non sull inquadramento generale delle idee e sul loro impatto nello sviluppo del pensiero scientifico contemporaneo. Inoltre per questioni
di spazio (e di tempo!) lo studente non trover`a qui gran parte degli esempi e degli
esercizi che vengono illustrati a lezione e che sono a mio avviso essenziali per un
comprensione non superficiale della materia.
Chapter 1
Prologo:
la termodinamica dei principi
Prima di affrontare lo studio dei sistemi termodinamici in equilibrio con gli strumenti piu moderni, fondati sul metodo statistico e il linguaggio degli Ensembles
di Gibbs, e istruttivo ripercorrere per sommi capi lo schema logico proposto per
la prima volta da Clausius nel 1856, che a partire dai concetti di sistema termodinamico e stato di equilibrio porta alla definizione di entropia.
E` oggi impensabile un approccio alla termodinamica che non faccia riferimento ad un modello microscopico ( per esempio alla teoria cinetica dei gas o a
metodi probabilistici), ma e` anche vero che la formulazione macroscopica della
termodinamica ha un suo valore intrinseco, perche , senza usare nessun modello
interpretativo (che, si sa, e` sempre un p`o fuorviante per il fatto che e` una semplificazione della realt`a ), sviluppa le conseguenze logiche di alcuni fatti sperimentali, assunti come postulati della teoria. In questo senso questa formulazione, detta
termodinamica dei principi ha lo stesso fascino e un rigore talvolta paragonabile
a quello della geometria di Euclide.
Dopo aver definito un sistema termodinamico come un qualsiasi sistema fisico
studiato dal punto di vista degli scambi di calore e di lavoro, e stato di equilibrio
come stato in cui evolve un sistema isolato dopo un congruo lasso di tempo, caratterizzato dal fatto che le grandezze fisiche che lo descrivono non dipendono (pi`u)
dal tempo, si passa a definire i sistemi omogenei (come i fluidi) i cui stati di equilibrio sono caratterizzati da valori costanti della pressione e del volume. Queste
grandezze sono funzioni di stato: dipendono dallo stato del sistema e non dal
modo in cui questo stato e` stato raggiunto.
Una trasformazione termodinamica e` un qualunque processo che fa passare il
1
CHAPTER 1. PROLOGO:
sistema in esame da uno stato iniziale a uno finale; se questi due stati coincidono
si parla di trasformazione ciclica o ciclo. La trasformazione si dice reversibile se e`
formata da una successione di stati di equilibrio. Ad esempio, ogni trasformazione
che si pu`o descrivere come una curva continua nel piano p, V e` reversibile. Una
trasformazione reversibile pu`o essere percorsa in senso opposto variando opportunamente le variabili di stato. E facile convincersi che le trasformazioni reversibili
sono una idealizzazione delle vere trasformazioni che avvengono in natura, che
sono irreversibili in quanto comportano passaggio attraverso stati di non equilibrio (ad es. stati con un gradiente di pressione o una densit`a non omogenea.
Utilizzando opportune trasformazioni nel piano p, V e` facile convincersi che il lavoro compiuto da un sistema non e` una funzione di stato, come non lo e` il calore
assorbito.
Nella termodinamica dei principi la temperatura e` definita in maniera assiomatica con il cosidetto principio 0: Per ogni sistema termodinamico esiste una funzione di stato, chiamata temperatura. Condizione necessaria perch`e si abbia equilibrio termico fra due sistemi o due parti dello stesso sistema e` che siano uguali tra
loro le temperature. E noto poi che con la costruzione dei termometri e lutilizzo
di vari fluidi termometrici si possono definire delle scale empiriche delle temperature e partendo dal termometro a gas perfetto si pu`o introdurre la nozione di
temperatura assoluta T , espressa convenzionalmente in gradi Kelvin. Lo zero assoluto T = 0 corrisponde alla temperatura di un gas perfetto a pressione nulla.
Vedremo tra breve che si puo introdurre una definizione piu soddisfacente di
scala termometrica che e` indipendente dalla scelta del fluido termometrico.
Si pu`o ora enunciare il primo principio della termodinamica , che esprime la
conservazione dellenergia di ogni sistema fisico: La variazione di energia di un
sistema termodinamico durante una sua trasformazione deve eguagliare lenergia
che il sistema assorbe o cede agli altri sistemi con cui entra in contatto. In termodinamica lenergia totale di un sistema e` detta energia interna e si indica con
la lettera U. Un sistema omogeneo formato da subunit`a microscopiche (atomi o
molecole) l energia interna U e` la somma dell energia meccanica (= cinetica +
potenziale) dei suoi costituenti microscopici.
Il I principio si pu`o scrivere nella forma standard
UB UA U = Q L
dove A, B sono gli sati iniziali e finali del sistema, Q il calore assorbito e L il
lavoro fatto.
Il II principio della termodinamica, pu`o essere formulato in maniera elementare
col postulato di Clausius o, equivalentemente, con quello di Kelvin:
CHAPTER 1. PROLOGO:
almeno due sorgenti a due temperature diverse 1 t1 e t2 > t1 , ed e` facile concludere che una trasformazione ciclica (o ciclo) che scambia calore con queste due
sorgenti non pu`o che essere fatta da due isoterme collegate da due adiabatiche.
E anche semplice descrivere il bilancio energetico di un qualunque sistema termodinamico M che compie tale ciclo, detto macchina di Carnot (v. fig. 1a).
t2
t2
6
Q2
?
- R M -L
Q1 6 Q1
?
Q2
Q2
?
M -L
Q1
t1
t1
f ig. 1 a
f ig. 1 b
La macchina M assorbe una certa quantit`a di calore Q2 dal termostato a temperatura pi`u alta t2 e ne cede una quantit`a Q1 a quello a temperatura pi`u bassa t1 .
La differenza viene trasformata in lavoro L = Q2 Q1 . Il rendimento della
macchina termica M e` il rapporto tra il lavoro fornito e il calore assorbito dal
termostato pi`u caldo:
L
Q1
=1
.
Q2
Q2
Naturalmente Q1 > 0, cio`e il sistema M cede effettivamente calore al termostato
a temperatura pi`u fredda, altrimenti, se Q1 0, mettendo a contatto per un certo
tempo i due termostati e` immediato realizzare una trasformazione ciclica il cui
unico risultato sarebbe la trasformazione in lavoro della quantit`a di calore Q2
preso da un unica sorgente , in violazione del postulato di Kelvin, perci`o
<1 .
(1.1.1)
in questa sezione usiamo come scala delle temperature una qualunque scala empirica basata
su un termometro a liquido termomometrico non specificato
Q1
,
Q2
(1.1.2)
Q2 Q2
come vuole la prima parte dellenunciato del teorema di Carnot. Se entrambe le
macchine sono reversibili si pu`o invertire il ciclo e quindi anche il senso della disuguaglianza precedente, quindi R = M : il rendimento delle macchine termiche
2
In seguito egli si convert alla teoria meccanica del calore come risulta dal seguente brano
trovato tra i suoi manoscritti: Il calore non e` altra cosa che la forza motrice, o, piuttosto, il
movimento che ha cambiato forma. Dovunque c`e distruzione di potenza motrice vi e` , nel medesimo tempo, produzione di calore, precisamente proporzionale alla quantit`a di potenza motrice
distrutta.
CHAPTER 1. PROLOGO:
reversibili che lavorano tra due sorgenti di calore e` sempre lo stesso e non pu`o che
dipendere dalle temperature delle sorgenti; quindi si pu`o porre
Q1
= f (t1 , t2 ) ,
Q2
(1.1.3)
dove f (t1 , t2 ) e` una funzione universale delle temperature dei termostati (cio`e e` la
stessa per tutte le macchine reversibili). Questo completa lenunciato del teorema
di Carnot.
(1.1.4)
Poich`e per t abbiamo scelto una scala empirica qualunque (misurandola ad esempio con un termometro con un dato fluido termometrico), non si pu`o ovviamente
fissare la forma di (t). Possiamo per`o scegliere direttamente come misura della
temperatura. C`e ancora una grande arbitrariet`a, perch`e in base alleq. (1.1.4) e`
definita a meno di una costante moltiplicativa. Scegliamo allora per convenzione
che lintervallo tra i due punti fissi dellacqua sia pari a 100 gradi Kelvin. La scala
cos definita e` la scala termodinamica assoluta delle temperature . E facile ora
mostrare (come faremo esplicitamente nel paragrafo successivo) che essa coincide con la temperatura assoluta definita dal termometro a gas perfetto.
Q = U + pV = cV T + RT = (cV + R)T
da cui si evince che il calore specifico a pressione costante e` dato da cp =
cV + R.
Infine, per una trasformazione adiabatica (Q = 0) si ha
0 = U + pV = cV T + RT
ossia
V
V
T
R V
=
.
T
cV V
R
= cRV dV
da cui integrando si ha T V cV = cost da
O, in forma differenziale, dT
T
V
cui, utilizzando nuovamente lequazione di stato, si ottiene la forma delle trasformazioni adiabatiche nel piano p, V :
p V = costante , =
cp
.
cV
Veniamo ora al ciclo di Carnot. Poich`e nei gas perfetti lenergia interna e` solo
funzione della temperatura, lungo unisoterma, per il I principio, la quantit`a di
3
Questo e` un risultato immediato della teoria cinetica dei gas, come verificheremo quando
dimostreremo il teorema di equipartizione. Nella termodinamica dei principi il fatto che nei gas
perfetti U sia solo funzione di T si ottiene dallespansione adiabatica senza lavoro esterno di un
gas (esperienze di Gay-Lussac e Joule). Se il gas e` rarefatto ( dunque ben descritto da un gas
perfetto), non avviene nessuna variazione apprezzabile della temperatura.
CHAPTER 1. PROLOGO:
V
.
V
T1
T2
(1.1.6)
,
Q2
T2
dove al solito il segno di uguale vale solo per i cicli reversibili.
(1.1.7)
1.2. LENTROPIA
1.2 Lentropia
Nelle formule precedenti Q1 e Q2 sono entrambi positivi, nonostante il primo
rappresenti il calore ceduto e e il secondo quello assorbito dal sistema M. Se
adottiamo ora la convenzione di attribuire il segno positivo al calore assorbito e il
segno negativo quello ceduto da M, possiamo riformulare il teorema di Carnot asserendo che per ogni trasformazione ciclica di un qualsiasi sistema termodinamico
che scambia calore con due sole sorgenti vale la disuguaglianza
Q1 Q2
+
0,
T1
T2
(1.2.1)
dove il segno di uguale vale per i cicli reversibili. Similmente, per una macchina
M che scambia calore con lesterno a tre diverse temperature T1 , T2 , T3 , si ha, per ogni ciclo,
Q1 Q2 Q3
+
+
0.
T1
T2
T3
Infatti, se per assurdo valesse lidentit`a opposta
Q1 Q2 Q3
+
+
> 0 (?)
T1
T2
T3
(1.2.2)
T2
Q2
T3
M
Q
T1
Q2
+ QT33 = 0, si avrebbe per la macchina
T2
Q2 Q2
> 0, che e` in contraddizione con la
T2
M +R
+
(1.2.1),
un ciclo di Carnot in cui
quindi leq.(1.2.2) e` falsa.
Allora per induzione si pu`o subito concludere che un sistema che e` soggetto
a una trasformazione ciclica con scambio di calore con diverse sorgenti a varie
10
CHAPTER 1. PROLOGO:
p
A
b...........................
..
.......
.
.
.
.
.
...
.
......
.
.
.
..
.
.
.
.
.
.
.
.
....
....s
......
...
....
.
.
.
.
.
.
..
....
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.s....................................................................................
fig. 2a
........
........... ..........
..... rev. .........
.
.
.
....
...
...
...
...
...
...
.
.
.s
.
.
...
...
.
...
..
....
irrev.
.
..s.
fig.2b
1.2. LENTROPIA
11
(1.2.3)
Q1
Q2
12
CHAPTER 1. PROLOGO:
T2
T
T1
Chapter 2
Gli Ensembles di Gibbs
2.1 macrostato e microstati
Gli stati macroscopici della materia sono determinati dalle propriet`a e dal moto
dei loro costituenti microscopici: molecole, atomi, elettroni, ecc. Il moto di questi
costituenti e` descritto dalle equazioni della meccanica. Essendo il numero dei
costituenti estremamente elevato (tipicamente dellordine di di 1023 costituenti)
il legame tra le leggi della meccanica dei costituenti e le propriet`a del sistema
macroscopico non e` immediato. La meccanica statistica descrive il collegamento
tra le propriet`a microscopiche dei costituenti e le propriet`a termodinamiche del
sistema macroscopico. Poich`e il numero dei costituenti e` estremamente elevato,
non e` possibile ottenere una descrizione meccanica completa del sistema basata
sulle soluzioni esplicite delle equazioni del moto che descrivono i componenti
microscopici. Si usano invece le leggi e i metodi del calcolo delle probabilit`a e
della statistica 1
Consideriamo un sistema macroscopico isolato caratterizzato da N costituenti
microscopici, un volume V e unenergia totale E (detta in termodinamica energia interna del sistema e indicata spesso con U). Il fatto che N e` molto grande
e` tenuto in conto di solito considerando il limite termodinamico, cio`e il limite
in cui N , V con il vincolo densita N
= cost . In questo limite
V
le grandezze intensive (come la pressione o la temperatura) sono costanti e quelle
1
Va detto pero che con la costruzione di calcolatori sempre piu potenti e` ora possibile in
qualche caso descrivere levoluzione meccanica di un sistema formato da qualche migliaio di
costituenti e si possono poi estrapolare i risultati a sistemi piu grandi. Le tecniche numeriche
sviluppate per questo tipo di calcolo vanno sotto il nome di Molecular Dynamics o MD.
13
14
estensive (come lenergia o lentropia) sono proporzionali al volume. Fissati i valori di N, V ed E si dice che e` individuato un macrostato del sistema: vedremo
infatti che in condizioni di equilibrio tutte le altre propriet`a macroscopiche sono
univocamente fissate. A livello microscopico ci sono moltissimi stati distinti, detti
microstati, che corrispondono allo stesso macrostato. Per esempio, se il sistema
si puo descrivere come lunione di componenti non interagenti, lenergia totale
E e` la somma dei contributi delle energie dei componenti:
X
X
E=
ni i , N =
ni
i
15
dato microstato nello spazio delle fasi descrive nel tempo t una traiettoria continua
e non autointersecantesi [La traiettoria non si autointerseca perch`e fissati i valori
di p(t) e q(t), le equazioni di Hamilton q = H
individuano uni, p = H
p
q
vocamente levoluzione temporale] che passa nel corso del tempo attraverso vari
possibili microstati del sistema. In accordo con lipotesi di quasi-ergodicit`a, la
traiettoria in questione forma in un tempo infinito un insieme denso nellinsieme
dei possibili microstati, cio`e ogni intorno di ogni microstato e` attraversato, nel
corso del tempo, da questa traiettoria. Lipotesi di quasi-ergodicit`a implica che
la media temporale di una grandezza meccanica (cio`e la media fatta su tutti i microstati toccati dalla traiettoria) coincida con la media delle stesse quantit`a fatta
sullinsieme dei microstati associati al macrostato. Questo suggerisce di considerare, ad un dato istante t, non leffettivo microstato in cui il sistema si trova, ma
un gran numero di sistemi macroscopici identici e nelle stesse condizioni termodinamiche quali copie mentali dellunico sistema realmente esistente. Queste copie
mentali si trovano ognuna in uno dei microstati compatibili con le suddette condizioni. E` ragionevole aspettarsi che in condizioni di equilibrio il comportamento
medio di questa collezione di sistemi detta ensemble (o insieme) statistico o
di Gibbs coincida con il comportamento mediato nel tempo dellintero sistema
in esame. Questo punto di vista e` alla base della Ensemble theory cio`e la teoria degli insiemi di Gibbs, che e` lo schema moderno in cui si inquadra tutta la
meccanica statistica dellequilibrio.
16
traiettorie descrive il flusso di un fluido ideale che non ha n`e sorgenti n`e pozzi:
ogni traiettoria che penetra in una (iper)superficie chiusa deve anche uscirne.
Possiamo percio scrivere unequazione di continuit`a:
+ div(~v) = 0
t
dove ~v e` il vettore velocit`a nello spazio delle fasi, definito del vettore a 6N componenti ~v = ( dqdt1 , dqdt2 , . . . ). Esplicitamente si ha
div(~v ) =
X
3N
qi pi
qi +
pi +
+
qi
pi
q
pi
i
i
3N
X
Utilizzando le equazioni del moto in forma Hamiltoniaina si puo facilmente verificare che la seconda parentesi e` nulla:
qi =
H
qi
2H
pi
H
, pi =
=
=
pi
qi
qi
qi pi
pi
In condizioni di equilibrio
3N
X
= 0 div(~v ) = 0, quindi
qi +
pi
qi
pi
d(p, q)
=0 ,
dt
Cio`e la densit`a dei microstati e` costante nel tempo. Questa affermazione costituisce il teorema di Liouville della meccanica statistica: Il fluido ideale che descrive levoluzione temporale di un ensemble statistico e` incompressibile in
quanto la densit`a (p, q) dei microstati acessibili e` costante. Dunque (p, q) e`
una costante del moto. In meccanica classica ci sono al piu 7 costanti del moto:
lenergia, le tre componenti dellimpulso p~ , e le tre componenti del momento
p
angolare J~ . Limpulso e` conservato ( d~
= 0) solo se il sistema e` invariante per
dt
traslazioni, il che non si verifica se il sistema macroscopico e` confinato, come di
solito succede, in una scatola. Analogamente il sistema macroscopico non e` in
generale invariante per rotazioni, quindi J~ non e` conservato.
Viceversa, se il sistema e` in equilibrio ed e` isolato, le sue propriet`a macroscopiche sono per definizione invarianti per traslazioni temporali, quindi E e` conservata. Percio la costante del moto (p, q) non puo che essere una funzione di
E: (p, q) = f (E). Poich`e nel nostro sistema macroscopico isolato N, V ed E
sono fissati, la densit`a dei microstati e` costante; questa e` la propriet`a caratteristica dell insieme microcanonico.
17
d3N p d3N q
H(p,q)=E
q
&
18
H
Larea racchiusa dalla traiettoria e` 2pL (che si puo scrivere p dq). La
2
meccanica quantistica ci dice che p e` quantizzato: p = 2L
~n, n = 0, 1, 2, . . .
percio il numero di stati contenuti nellarea racchiusa dalla traiettoria e` 2pL = nh
. Al crescere di E ( e quindi di p) si crea un nuovo stato ogni qual volta larea
aumenta di h. Ci`o mostra che per un insieme di N punti materiali non interagenti
il volume dello spazio delle fasi occupato da un microstato e` hN . Piu in generale,
per un macrosistema formato da N componenti microscopici descritti da d gradi
di libert`a
o = hdN
II esempio:
oscillatore armonico
m 2q2
p2
+
2m
2
19
sistema 2
N2 , V2
Prima del contatto termico il numero di microstati del sistema composto dai due
sottosistemi e` = 1 (E1 ) 2 (E2 ). Al momento del contatto il sistema non e`
pi`u in generale in equilibrio: lenergia totale E = E1 + E2 non cambia, ma il
contenuto energetico di ognuno dei due sottosistemi puo cambiare. Il numero di
microstati disponibili per il sistema complessivo dopo il contatto termico e` sicuramente pi`u grande del numero di quelli disponibili prima del contatto, in quanto
nei due sistemi isolati si conservavano separatamente E1 ed E2 . Nel sistema complessivo c`e un vincolo in meno (si conserva solo lenergia totale) e quindi diventano accessibili nuovi microstati con una diversa distribuzione di energia tra i
due sistemi. Dunque dal momento del contatto termico crescer`a con il tempo
finch`e il sistema complessivo avr`a raggiunto lequilibrio. Questo avverr`a quando
eguaglier`a il numero totale di microstati disponibili allenergia E = E1 + E2 .
Il numero totale di microstati sar`a
Z
(E) = d E1 1 (E1 ) 2 (E2 E E1 )
dove lintegrale e` esteso a tutti i possibili valori dellenergia dei sistemi 1 e 2
compatibili con lenergia E del sistema complessivo. Nei sistemi macroscopici la
funzione integranda ha un massimo estremamente pronunciato quando E1 assume
il valore E1 dellenergia media del sistema 1 allequilibrio. Il picco associato e`
tanto pi`u pronunciato quanto pi`u il sistema e` grande.
Nel limite termodinamico il numero totale di microstati del sistema complessivo e` allora identificabile con il valore massimo della funzione integranda:
1 )
(E, E1 ) = 1 (E1 ) 2 (E E
Essendo un massimo si avr`a
=0
E1
20
ossia
2
1
2 (E E1 ) 1 = 0
E1
E2
da cui, lasciando perdere la sopralineatura,
1 2
1 1
=
1 (E1 ) E1
2 (E2 ) E2
e quindi
log 2
log 1
=
E1
E2
Se due sistemi qualsiasi sono in equilibrio termico tra loro, vale la precedente
equazione. Daltra partedue sistemi in equilibrio hanno la stessa temperatura as
soluta, percio e` raginevole supporre che log
= f (T ).
E
2.3.2 Lentropia
Per vedere che tipo di funzione e` f (T ) notiamo che log (E) e` una funzione
crescente di quindi:
log (E) cresce quando il sistema si evolve verso lequilibrio
log (E) e` una quantit`a additiva, nel senso che il valore di log per un
sistema P
formato dallunione di piu sottoinsiemi 1, 2, 3 . . . e` uguale alla
somma i log i dei contributi di tali sottoinsiemi.
dove e` la costante di Boltzmann ( = 1.38 1016erg/deg) Lequazione precedente e` di fondamentale importanza in fisica: essa costituisce un ponte tra le propriet`a termodinamiche (S) e le caratteristiche microscopiche () e noi la useremo
come postulato fondamentale dellapproccio microcanonico. Poich`
e in termodiS
namica la temperatura assoluta T e` definita dalla relazione E V = 1/T , la
funzione incognita della temperatura introdotta in precedenza e` ora determinata:
log
= 1/T
E
21
2.3.3 La pressione
Consideriamo dinuovo i due sistemi 1 2 a contatto termico e supponiamo ora
che i due sistemi possano anche variare il loro volume relativo. Inizialmente
V = V1 + V2 e poi in condizioni di equilibrio V = V1 + V2 . Con lo stesso ragionamento di prima possiamo arguire che si avr`a equilibrio quando (E, V ) =
1 (E1 , V1 )2 (E2 , V2 ) e` massima, il che implica, oltre alla gi`a discussa relazione
log 1
log 2
=
E1
E2
V1
V2
anche la nuova relazione
log 1
V1
E1
log 2
V2
E2
dove e` da determinare.
Possiamo ora scrivere il differenziale totale di log (E, V )
1
log
log
dE +
dV =
dE + dV
d (log ) =
E
V
T
V
E
da cui, risolvendo rispetto a dE, si ha
dE = T dS T dV .
Ma la prima legge della termodinamica si puo scrivere nella forma
dE = dQ dL = T dS pdV
E
e` la pressione del macrosistema. = p/T .
dove p V
S
In conclusione, dalla conoscenza di come funzione di E e di V si possono
ricavare tutte le grandezze termodinamiche del sistema
1
p
S
S
S = log ,
,
.
=
=
T
E V
T
V E
22
(2.3.2)
dE + dV dN ,
T
T
T
S
che, confrontata con la condizione
da cui si evince la relazione T = N
E,V
di equilibrio (2.3.1), mostra che nel caso di scambio di particelle la condizione di
equilibrio e` che i due sistemi abbiano lo stesso valore del potenziale chimico.
dS =
23
S
p
V
=
T
.
p
Le relazioni di questo tipo sono note come relazioni di Maxwell. Esse sono estremamente utili per la loro generalit`a.
Grandezze estensive e funzioni omogenee
Si e` gia detto che le grandezze estensive dipendono linearmente dalla taglia
del sistema. Se queste grandezze estensive sono a loro volta funzioni di altre
grandezze estensive possiamo estrarre ulteriori importanti informazioni. E il caso
dellenergia interna E = E(S, V, N) 2 . Vale ovviamente lidentit`a (equazione di
omogeneit`a di Eulero)
E( S, V, N) = E(S, V, N)
2
In questo paragrafo conviene tener conto anche della grandezza estensiva N perch`e il limite
termodinamico, che e` il limite importante nello studio dei sistemi macroscopici, e` definito da
V , N e N/V costante
24
(2.3.3)
(2.3.4)
p
T
(R = NA , N = nNA )
25
ossia
3N
X
n2i = 2 m
i=1
2m 2
L2 E
=
V 3E
h2
h2
(2.3.5)
2
V 3 E =cost
26
da p =
E
V S
segue 23 V 3 E pV
2
3
=0,
pV = 32 E
V 3 p = cost.
Vediamo ora come si modificano queste formule nel caso di un gas di fotoni o,
ci`o che e` lo stesso, nel caso dello studio della radiazione elettromagnetica in una
cavit`a. (studieremo a fondo questo problema pi`u in l`a). La relazione tra impulso
p ed energia in un fotone e` , come e` noto, = c p. Gli autovalori dellimpulso
per un volume della stessa forma e con le stesse condizioni al contorno del caso
precedente sono gli stessi e lequazione (2.3.5) avr`a ora la forma
v
u 3
uX
1
1
2t
n2i = E V 3
hc
i=1
dove il fattore 2 tiene conto dei due stati di polarizzazione per ogni onda stazionaria.
1
Questa volta il numero dei microstati e` funzione della combinazione E V 3 ; dunque
1
le adiabatiche soddisfano lequazione E V 3 =costante. Applicando tal quale il
procedimento seguito nel caso del gas non relativistico, questa volte si ottiene
E = 3 pV
e quindi le adiabatiche di un gas di fotoni nel piano p, V hanno la forma
pV
4
3
= cost .
(2.3.6)
Si noti che nel caso del gas di fotoni ( ossia della radiazione elettromagnetica in
equilibrio in una cavit`a) non compare il numero di fotoni (che non e una quantit`a
conservata in questo sistema), dunque ogni configurazione o microstato e caratterizzato solo dai tre numeri interi n1 , n2 , n3 .
Esercizio: Si ricavi lequazione delle adiabatiche per un gas di fotoni utilizzando un argomento di analisi dimensionale.
27
Il paradosso di Gibbs
Il calcolo esplicito del numero delle soluzioni dell eq.(2.3.5) e` abbastanza semplice. Cominciamo con losservare che il numero delle soluzioni della disuguaglianza
3N
X
2m 2
n2i 2 = 2 V 3 E
h
i=1
coincide con il volume Vol della sfera di raggio in d = 3N dimensioni, che e`
d
2
Vol = d d .
!
2
Utilizzando la formula di Stirling d2 !
Vol =
d/2
e
E
2e
2m
3
N
d/2
si ha
3N/2
VN
.
h3N
Poich`e il numero di soluzioni cresce esponenzialmente con N e` facile convincersi che il maggior numero delle soluzioni si trovano sulla superficie della sfera
in questione e che nel limite termodinamico (E) Vol. Nasce per`o un paradosso: in questo limite log , che e` una grandezza estensiva, dovrebbe essere proporzionale a N. Questo e` vero solo per il primo fattore di Vol, che contribuisce
E
e` costante). Ci`o non succede nel
con 23 N log E/N (nel limite termodinamico N
secondo fattore, il cui logaritmo N log V N log N cresce pi`u velocemente di N.
Questo paradosso di Gibbs nasce dal fatto che il numero dei microstati non viene
contato con la giusta molteplicit`a. Occorre tener conto del fatto che le molecole
costituenti sono tra loro identiche e ogni soluzione della (2.3.5) che differisca solo
per una permutazione degli indici i da unaltra e` a tutti gli effetti indistinguibile.
Conviene di conseguenza modificare il legame tra e Vol con la seguente ricetta
(E) = Vol/N!
(2.3.7)
28
T (E1 )
E1
+
V
T (E2 )
E2
>0.
Supponiamo ora che il sistema 2 sia un gas perfetto. Dalle equazioni del paragrafo
E
T
, quindi E
O(1/N) e dunque si annulla nel limite
precedente si ha T = 32 N
termodinamico. Se il sistema 2 e` molto pi`u grande del sistema 1 la disuguaglianza
diventa
T (E1 )
>0,
E1
V
quindi in un sitema in equilibrio (con un gas perfetto) la temperatura e` una funzione crescente
Inoltre, poiche il calore specifico e` definito da Cv =
dellenergia.
T (E)
E
= 1/ E
, si ottiene unimportante disuguaglianza termodinamica
T V
V
che vale per tutti i sistemi in equilibrio
CV > 0 .
(2.3.8)
In realt`a, come vedremo meglio in seguito, queste disuguaglianze valgono in senso stretto
solo a T > 0. A T = 0 entrambe le quantit`a si annullano.
2.4
29
L ensemble canonico
i
)
T
1
ei
, =
,
Z
T
(2.4.1)
P i
dove Z(, V ) =
e` detta funzione di di partizione canonica. Essa
ie
dipende, oltre che da , anche dal volume V e dal numero di componenti microscopiche N del sistema, in quanto i livelli energetici i dipendono ovviamente da
V e da N.
30
Ai pi
dove Ai e` il valore che assume la grandezza A nello stato i-esimo. In realt`a per
le grandezze termodinamiche non e` necessario conoscere la distribuzione pi , in
quanto tutti i valori medi si possono ottenere direttamente dalla conoscenza della
sola funzione di partizione, che gioca nel formalismo dellensemble canonico un
ruolo centrale, analogo allentropia nellapproccio microcanonico.
Come primo esempio, e` immediato verificare che lenergia interna E e` data da
X
log Z
(2.4.2)
hi =
i pi = E =
V
i
X
X log Z
log Z
di = Ed
pi di
d +
i
i
i
d (log Z + E) = (dE hdi)
Interpretazione fisica di questa formula: supponiamo di applicare una trasformazione al sistema ( e quindi alle N copie dell ensemble canonico) per cui
i livelli divengono i + di . Ogni sistema compie un lavoro di e quindi il lavoro
medio compiuto e` L = hdi. Ma se lensemble e` in equilibrio, il primo principio della termodinamica dice che dE + L = Q . Lequazione precedente dice
che Q e` un differenziale esatto (cio`e il differenziale di una funzione), cioe e`
un fattore integrante di Q, quindi, se non conoscessimo ancora il legame tra
e temperatura lo scopriremmo adesso: il secondo principio dice che dS = Q
e`
T
1
un differenziale esatto ( S e` lentropia del sistema). T .
L equazione precedente si puo scrivere allora nella forma
d(log Z +
E
) = dS
T
31
che suggerisce
S = log Z +
E
.
T
F = T log Z ,
(2.4.3)
p=
pi
= h
i.
(2.4.4)
V
V
i
Nel paragrafo seguente applicheremo queste considerazioni per ottenere unimportante
formula relativa allentropia.
32
pi log pi = hlog pi
E=
X
i
i ni ,
33
dove E e` la somma delle energie di tutti i sistemi e quindi E = NE e` lenergia media per sistema, che possiamo identificare con lenergia interna (notare che i livelli
energetici i non sono i livelli delle componenti microscopiche del sistema, ma le
possibili energie del sistema macroscopico). Ci sono molte diverse maniere di distribuire gli N sistemi nella configurazione (n1 , n2 , ...ni ...), infatti, permutando tra
loro gli N sistemi e tenendo conto che permutazioni che scambiano tra loro sistemi nello stesso livello non sono distinguibili la molteplicit`a P (n1 , n2 ...ni ...)
della configurazione e` data da
P (n1 , n2 , ...ni ...) =
N!
.
i ni !
ni
i=
N
n P (n1 , n2 , . . . )
Pi
{ni } P (n1 , n2 . . . )
dove i set {n1 , n2 ...} soddisfano i due vincoli precedenti. Il calcolo esatto
delleq. precedente e` complicato e si puo valutare esattamente solo per N grande.
Ma per N grande la molteplicit`a P (n1 , ...) ha un picco molto pronunciato per una
particolare configurazione (
n1 , n
2 , . . . ) (che e` quindi la config. piu probabile) ed
il picco e` tanto pi`u stretto quanto pi`u N e` grande; quindi si puo rimpiazzare il
i
valor medio h nNi i con il valore piu probabile nN
.
n
i
Il calcolo di N e` molto piu facile: Poich`e il logaritmo e` una funzione monotona crescente del suo argomento, il max di P P
coincide col P
max di log P . Noi
cerchiamo il max condizionato dai vincoli N = i ni e E = i i ni . Per tenere
conto di questi vincoli utilizzeremo il metodo dei moltiplicatori di Lagrange: studiamo la funzione
X
X
f (n1 , n2 , . . . ) = log P (n1 , n2 , . . . )
ni
ni i
i
X
i
(log ni + + i ) dni .
34
che determina :
e =
E = e
ei
N
P
i ei
= N Pi
i
ie
i ei
E
=
E
N
i
i i e
log Z
;
n
i
ei
1 log Z
,
=
=
N
Z
i
35
quadratico medio:
h(E)2 i = h( E)2 i = h2 i 2 Ehi + E 2 = h2 i hi2 .
daltra parte
E
i
i i e
=
Z
i i
2 i
e
Z
E Z
= h2 i + hi2 .
2
Z
2.4.5
Teorema di Nernst
CV > 0 implica che lenergia interna di un corpo sia una funzione monotona
crescente della temperatura, per cui per la temperatura minima possibile, cio`e
T = 0, lenergia E assume il valore minimo possibile: i costituenti microscopici
del sistema sono tutti nel loro stato fondamentale; percio se pi e` la probabilit`a di
4
>
0 gi`a dimostrata
36
Cio`e, lentropia di ogni sistema allo zero assoluto e` nulla se lo stato fondametale
non e` degenere5 ; questo e` lenunciato del teorema di Nernst, noto anche come III
principio della termodinamica.
Lentropia non e` lunica grandezza termodinamica
che si annulla allo zero
S
assoluto. Per esempio, poich`e CV = T T
,
a
T
=
0
CV = 0.
V
Unaltra conseguenza del teorema di Nernst e` che il coefficiente di dilatazione
termica V
si annulla per T = 0, infatti utilizzando lenergia libera di Gibbs
T p
G = G(T, p) si ha
G
G
V =
, S=
p T
T p
2G
S
V
=
,
=
T p T p
p T
che e` una delle relazioni di Maxwell gia discusse al paragrafo & 2.3.5. Ora a
T = 0 lentropia S e` nulla per ogni valore della pressione, percio
V
S
=0
= 0.
p T =0
T p
Lipotesi alla base del teorema di Nernst e` che lo stato fondamentale del sistema non sia degenere. Se la degenerazione e` finita lentropia non e` esattamente
zero ma il suo valore e` trascurabile (vedi la nota a pie di pagina ) e la densit`a
di entropia e` zero nel limite termodinamico. Esitono per`o dei sistemi in cui la
degenerazione dello stato fondamentale cresce esponenzialmente col volume e d`a
quindi un contributo non trascurabile allentropia a T = 0 (detta entropia residua)
come si mostra nel paragrafo seguente.
Entropia residua del ghiaccio
Nel lontano 1933 una serie di esperimenti mostrarono che il ghiaccio ordinario a
temperatura molto bassa possiede unentropia anormalmente elevata6.
5
37
3
2
2.76 A.
9
38
fN
p
R H H
Z
p p e
d
1
1
H
R
p
e
d/Z = T .
=
hpqi
=
H
e
d
Nellultimo passaggio si e` fatta unintegrazione per parti. dove il primo termine e`
stato omesso, perch`e nei casi fisicamente interessanti eH( p,q) e` zero agli estremi
dello spazio delle fasi. Analogamente si ha
Z
Z
H H
1
1
hq pi
= q
q
eH d/Z =
e
d/Z =
q
P
In meccanica la quantit`a i qi p (dove la somma e` estesa a tutti i gradi di libert`a
i = 1, 2, . . . , f N) e` detta viriale V del sistema. Quindi
hVi h
X
i
qi pi i =
fN
X
j
~pj
H
= 2H
~pj
39
X
j
p~j ~qj i = h
X
j
p~j
H
i = 2hHi = 3NT
~pj
3N
T
2
Quindi ogni grado di libert`a contribuisce allenergia interna con unenergia pari
a 21 T . Un altro esempio molto importante, a cui si possono ricondurre molti
sistemi fisici e` un sistema di oscillatori armonici disaccoppiati:
X p2j
j2mj 2
+
q
H=
2mj
2 j
X H
H
= 2H
pj
+ qj
p
q
j
j
j
E = hHi =
X
1 X
pj qj
qj pj i = NT
E = hHi = h
2 j
j
ogni oscillatore armonico (2 gradi di libert`a corrispondenti allenergia cinetica e potenziale) contribuisce allenergia interna con unenergia pari a T .
Teorema di equipartizione dellenergia: Ogni grado di libert`a di un sistema microscopico classico in equilibrio termico contribuisce allenergia interna con un
termine pari a 12 T .
Il teorema di equipartizione dellenergia e` in contraddizione col teorema di
Nernst, infatti in base al teorema di equipartizione E T E
= CV = cost
T V
mentre a T = 0 CV = 0. In realt`a il teorema di equipartizione dellenergia e`
violato da tutti i sistemi reali a bassa temperatura: e` infatti una delle ragioni che
hanno condotto a formulare la meccanica quantistica. Il teorema di equipartizione
e` asintoticamente verificato ad alta temperatura, quando la differenza tra i livelli
energetici successivi e` piccola rispetto a T .
n = ~(n + ) = h(n + ) , n = 0, 1, 2 . . .
=
2
2
2
40
Quindi,
Z=
en = e~/2
X
n
F = T log Z = ~/2 +
E=
e~n =
e~/2
1 e~
1
log 1 e~
~e~
heh
log Z = ~/2 +
=
h/2
+
.
1 e~
1 eh
Fi = ~i/2 +
i=1
i=1
1
log 1 e~i , ecc.
2~
2~
2~
nx , py =
ny , pz =
nz , ni = 0, 1, 2, . . .
Lx
Ly
Lz
41
Fissata una terna nx , ny , nz di numeri interi relativi non tutti nulli e` individuata
una coppia di modi normali di vibrazione della cavit`a, che differiscono tra loro
solo per il piano di polarizzazione. La pulsazione di questi modi e` data da
q
~ h = c p2x + p2y + p2z ,
dove e` la frequenza e c la velocit`a della luce. Lenergia interna e` dunque
X
E=2
E
nx ,ny ,nz
x3 ex
dx.
1 ex
X
x3 ex
=
1 ex
n=1
=
3 nx
xe
dx =
Z
X
n=1
ey y 3dy
y
n
ey d
y
=
n
X
1
4
=
n4
15
1
X
4
1
, (n + 1) = n! ,
=
,
eyy
y
n4
90
1
z dy
42
1 8V
3 3 4 T 4
3h c
1
x3 ex
dx = E ,
x
1e
3
da cui si ricava
S=
F
T
4E
=
;
3T
F
p=
V
T 4
1E
=
.
3
3V
43
xmax
hmax
x3 ex
dx , xmax =
, =
x
1e
T
44
Limite classico T
R xmax
0
x3
dx
ex 1
4V 4 3
T CV =
E=
(ch)3
E
T
x2 dx =
3
3T 3
, quindi
= costante
45
trasformazione e` reversibile
L = E + po V + To So E + po V To S = (E + po V To S)
Il lavoro minimo necessario sar`a Lmin = (E + po V To S) e vale solo se la
trasformazione e` reversibile. Supponiamo ora che il sistema sia lasciato a se stesso
e nessun lavoro venga fornito al sistema, quindi L = O (ETo S+po V ) 0.
Dunque i processi irreversibili e spontanei che si instaurano quando il corpo e`
lasciato a se stesso implicano che la funzione E To S + po V decresca finch`e il
sistema non raggiunge lequilibrio. Infatti allequilibrio si avr`a T = To e p = po
perci`o (E + po V To S) = E + pV T S = 0 per il I principio.
Ci sono due casi particolari importanti:
I) Il corpo subisce una trasformazione spontanea verso lequilibrio a volume
V e T costanti (percio T = To )
(E T S) F 0
(2.5.1)
(2.5.2)
se il corpo ha T e V fissati, ma non e` in equilibrio, lo stato del corpo non e` individuato solo
da T e V ed F dipende dalle variabili microscopiche.
46
>0.
(2.5.3)
Vi2 T
V T
In conclusione, in ogni espansione isoterma di un qualunque sistema in equilibrio
la pressione diminuisce.
X
r,s
X
r,s
nr,s Nr = N N
nr,s s (Nr ) = N E
47
legato alla conservazione del numero totale dei componenti. Data la simmetria
nelle formule tra i livelli energetici r e il numero di componenti Ns si avr`a:
eNr s
nrs
P
Prs =
.
Ni j
N
ij e
z Nr ZNr (, V )
Nr =0
q, N = q=z q.
z
Vediamo ora di ricavare uninterpretazione termodinamica di q utilizzando il metodo
gi`a usato per log Z:
E=
dq =
X q
X
q
q
d +
d +
dr = Nd Ed
pr dr
r
r
r
d(q + N + E) =
dN + dE hdi
Avevamo gi`a visto che hdi e` interpretabile come il lavoro fornito dal sistema:
L = hdi. Daltra parte lincremento totale di energia interna dE, nel caso di
un sistema che puo scambiare anche componenti microscopici con i corpi con cui
e` a contatto e` , come si e` gi`a visto in (2.3.2),
dE = Q L + dN = T dS pdV + dN
dove e` il potenziale chimico.11 Confrontando dE con il membro di destra di
d(q + N + E), tenendo conto che ( dN + dE dL) e` una differenziale
11
Ricordiamo che due sistemi 1 e 2 a contatto che si scambino energia, volume e componenti,
all equilibrio soddisfano le tre condizioni T1 = T2 , p1 = p2 e 1 = 2 .
48
S
= q N E
qT = ST + N E .
con il vincolo N =
na per cui
ZN (, V ) =
X
i
eEi =
Pna
a
na
P
( = somma vincolata). Se non ci fosse il vincolo sarebbe facile calcolare
esplicitamente la funzione di partizione ZN dellinsieme canonico, perch`e ci si
ricondurrebbe di nuovo a un insieme di sistemi disaccoppiati come nel caso degli
49
P
oscillatori armonici. Il vincolo N = a na rende il calcolo di ZN (, V ) molto
piu complicato.
Viceversa, il calcolo della grand partition function Q(z, , V ) e` molto semplice:
Q(z, , V ) =
z ZN (, V ) =
N =0
Y
a
na a
YX
a
na
N =0
=
da cui si ricava
zN
(zea )na =
Y
1
1
=
,
(a )
1 zea
1
e
a
X e(a )
X zea
1
hNi N =
log Q =
=
=z
(a )
a
1
e
1
ze
a
a
hEi E =
log Q
X a zea
1 zea
a
log Q
z
Z
Z
2
2
zep /2m
4V 2m 2m y 4 dyzey
4V p2 2
p dp
=
=
E= 3
5
h
2m
1 zep2 /2m
1 zey2
h3 2
o
o
3
X
4V (2m) 2
= 3
T
3
h
2
n=1
y 4dyz n ey
2n
X
z n 3 x
2V (2m) 2
T
x 2 e dx .
E= 3
3
5
h
2
2
n
o
n=1
Poich`e
x 2 ex dx = (5/2) ,
50
5
3
3
.
= /2 ,
=
2
2
4
Poniamo
5 (z) =
2
X
zn
5
n=1
n2
3 V
5 (z)T
2 3 2
4V
h3
2m
32 Z
y2
y 2
dyze
1 zey2
2V
= 3
h
h
2mT
2
zep /2m
p dp
1 zep2 /2m
3
Z
2V 2m 2 X z n x
= 3
xe dx =
3
h
2
n
o
n=1
2m
32
(3/2) 3 (z) ,
quindi
N=
V
3 (z)
3 2
51
log
X
1
i
=
log
1
ze
1 zei
i
R
P
Passando dalla somma allintegrale i hV3 d3 p si ha
Z
V
2
log Q = 3 4
p2 dp log 1 zep /2m =
h
o
Z
p2
V 4 d p3
2m
=
= 3
dp log 1 ze
h 3 o dp
Z
p2
2
V 4 2 p4 dpze 2m
= E .
= 3
p2
h 3 o 2m 1 ze 2m
3
Poich`e log Q =
pV
T
2
pV = E .
3
Essendo questa una relazione esatta, vale anche nel limite classico h 0. Questo
lo si puo verificare direttamente applicando il teorema di equipartizione dell energia, che d`a E = 23 NT . Inserendo questo valore di E nella formula precedente
si riottiene lequazione di stato dei gas perfetti.
Osservazione: i valori permessi per la fugacit`a z sono compresi nell intervallo 0 z 1. Poich`e z = e 0, cio`e il potenziale chimico e` sempre
negativo.
Vediamo ora qualche conseguenza delle due formule messe in cornice. Per un
3
3
2 1 si ha N
2 =
gas rarefatto ad alta temperatura e piu precisamente per N
V
V
3
2m 2
e` una costante, 3 (z) 1 z 1 e quindi
3 (z) 1 . Poich`e 2m
2
h
h2
2
2
3 (z) z , 5 (z) z, per cui 5 (z)/ 3 (z) 1 e quindi
2
3
3
E = NT = nRT
2
2
(n = numero di moli).
52
2m
h2
23
3 (1)
1
2m
3 (1)
= o = 2
2
Tc
h
! 23
X
i
hni i , hni i =
zei
1
= 1
, z = e .
i
1 ze
z e i 1
Se i non si puo rimpiazzare per T < Tc con un integrale, vuol dire che hno i
non e` una quantit`a trascurabile, percioo e` molto piccolo hni i per i > 0 e`
esponezialmente depresso:
hni i hno i
Non e` restrittivo supporre o = 0 (equivale a una ridefinizione di )
1
1
=
1
e
1
1
T
= T log 1 +
,
hno i
hno i
hno i =
z 1
quindi per T Tc si ha 0
Se si esclude il livello fondamentale,
tutti gli altri livelli sono scarsamente
P
occupati e quindi la sommatoria i puo essere sostituita da un integrale. Quindi
per T Tc si puo calcolare N hno i esattamente come si era fatto per N nella
regione T > Tc , ponendo pero questa volta z 1 (ossia 0)
hNexc i N hno i = V
2m
h2
23
3 (1) .
2
53
2mTc
h2
32
3 (1) ;
32
quindi,
N hno i = N
hno i = N 1
T
Tc
32
T
Tc
Quindi al di sotto della temperatura critica Tc una frazione finita di molecole occupa lo stato fondamentale. Questo fenomeno e` detto condensazione di BoseEinstein: a bassa temperatura il fluido si comporta come lunione di due fluidi,
uno a entropia nulla, formato dallinsieme di molecole nello stato fondamentale
detto condensato di Bose-Einstein e laltro formato dalle restanti Nexc molecole
negli stati eccitati, che si comporta come un gas ordinario.
Sempre per T < Tc si puo calcolare facilmente anche lenergia interna
3
E = T
2
mT
h2
23
5 (1)
3
3
T hNexc i0.513 ,
V 5 (1) = T hNexc i 23
2
2
2
2 (1)
CV
.
...........
.... ...................................................
.
.
.
...
......
......
.
.
.
.
.
.
.....
........
.........
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.....
...........
...........
Tc
T
Non sarebbe difficile dimostrare, confrontando le formule dellenergia interna per
T < Tc e T > Tc , che CV ha un punto angoloso per T = Tc , in quanto la derivata
destra differisce da quella sinistra.
54
CV =
5E
2T
Poich`e inoltre
CV = T
S=
T
o
S
T
5E
15
dT
=
2 T2
4
15
=
4
2m
h2
32
S
T
2m
h2
32
=
V
CV
5E
=
T
2 T2
V 5 (1)
2
5
2
T dT =
3
5 2
5E
V 5 (1) 2 T 2 =
2
3
3T
2m
h2
32
5 (1)(T ) 2
2
ed e` quindi indipendente da V. 13
12
Questa transizione fu prevista da Einstein gi`a nel 1926, ma e stata osservata sperimentalmente
solo di recente (1995) in gas rarefatti ( in particolare N a a bassissima pressione per realizzare il le
condizioni di gas perfetto) a temperature dellordine di 106 Kelvin.
13
Il fatto che nella fase fredda T Tc le espressioni (e la derivazione) delle principali grandezze
termodinamiche siano particolarmente semplici e` dovuto alleliminazione del vincolo sulla conservazione del numero di molecole, per cui il sistema e` di fatto descritto dal formalismo canonico,
in quanto entrano in gioco solo le molecole negli stati eccitati: una variazione di T provoca una
conseguente variazione di Nexc , mentre vale z = 1 in tutta la regione.
55
X
pV
= log QF =
log(1 + zea ).
T
a
Si pu`o subito osservare che la ricetta per passare da un gas di bosoni a uno di
fermioni con lo stesso spettro di livelli energetici e` molto semplice:
log QF (z) = log QB (z) .
(2.6.2)
da cui si ricava
N =z
X zea
,
log QF =
a + 1
z
ze
a
E=z
X a zea
log QF =
.
zea +1
a
56
Z
3
2 2V 2m 3 x 2 dxzex
2
g(
)
.
=
3 h3
1 + zex
o
Utilizzando nuovamente la cosiddetta lunghezza donda termica
=
si ha
h
2mT
g
V f 5 (z)
2
3
log Q =
dove si e` posto
1
fr (z) =
(r)
(2.6.3)
xr1 dxzex
.
1 + zex
(2.6.4)
Un metodo molto semplice per ricavare la grand partition function per un gas
ideale di fermioni (che indichiamo provvisoriamente con F ) da quella di un gas
bosonico con lo stesso spettro energetico (B ) e` basata sulla relazione (2.6.2),
da cui si possono ricavare direttamente le espressioni per N, per E e per p dalle
analoghe bosoniche senza dover fare nessun calcolo esplicito. In particolare si ha
fr (z) = r (z) =
(1)n+1
n=1
zn
nr
d
fr (z)
dz
p
g
= 3 f 5 (z)
T
2
f 5 (z)
g
N
3 g
3
2
5 (z) =
= 3 f 3 (z), E =
V
T
f
T
N
2
V
2
2 3
2
f 3 (z)
2
2
E
3
57
dove o e` il potenziale chimico a temperatura 0. Dunque hn i diventa una funzione a scalino: tutti i livelli sotto o sono occupati (e costituiscono il cosiddetto
mare di Fermi), tutti quelli al di sopra sono vuoti. o vien detta energia di Fermi F
ed e` una caratteristica di ogni gas fermionico. Indicando con a()d la molteplicit`a
degli stati di energia compresa tra e + d, si ha
Z F
N=
a()d
o
gV 4p2 dp
h3
4V 3
V
pF = g 3 5 ,
3
3h
F ( 2 )
(F =
h
p2F
)
, F =
2m
2mF
(2.6.5)
p~F = momento di Fermi. Linsieme di tutti i vettori p~F dello spazio degli imp2F
pulsi tali che F = 2m
definiscono la superficie di Fermi. Lenergia dello stato
fondamentale a T = 0 e` dunque
Z F
2V 5
p
Eo =
a()d = g
5mh3 F
o
Eo
3
2
= F 3
N
5
5
2 Eo
g4 5
po =
=
pF 3
3
3V
15mh
Lo studio del gas di Fermi ideale per T 0 (gas quasi degenere) e` piu delicato,
perch`e richiede la conoscenza di fr (z) per z grande. Conviene porre z = e e
sviluppare asintoticamente in potenze di 1/.
(r)fr (e ) =
xr1 dx
=
ex + 1
xr1 dx
+
ex + 1
xr1 dx
ex + 1
58
Poich`e per molto grandi ex1 +1 e` una funzione a scalino, conviene riscrivere
lespressione precedente nella forma seguente
Z r1
Z r1
x dx
x dx
r
+
(r)fr (e ) =
x
r
+1
ex + 1
o e
+1
=1
1
ex
+1
+
+
.
(r)fr (e ) =
r
e1 + 1
e2 + 1
o
Poich`e 1, possiamo sostituire lestremo inferiore del I integrale con con
una approssimazione dellordine di O(e )
Z
r
[( + )r1 ( )r1 ]d
(r)fr (e ) =
+
+ O(e )
+1
r
e
o
P n n
Poich`e ( + ) = n
n
Z
2(r 1)r d
r
1
1+
(r)fr (e ) =
+ O( 4 ) .
r
2
e + 1
o
Calcoliamoci ora lintegrale, sviluppando il denominatore come somma di una
serie geometrica
Z
Z
Z
X
X
(1)n+1
e d
n+1
n
=
(1)
e d =
x dx ex =
2
1
+
e
n
o
o
o
1
1
=
X
(1)n+1
=
n2
1
P 1
Utilizzando il noto risultato 1 n2 =
1
X 1
1
.
(2m 1)2
(2m)2
1
2
,
6
si ha
X 1
X
2 X 1
1 2 X
1
1
=
=
+
=
+
,
2
2
2
2
6
n
(2m)
(2m
1)
4
6
(2m
1)
1
m=1
m=1
P
1
(1)n+1
n2
3 2
4 6
1 2
4 6
2
12
59
. In conclusione
(log z)r
r(r 1) 2
4
fr (z) =
1+
+ O(1/(log z) ) .
(r + 1)
6(log z)2
3
N 3 5
( ) (log z) 2 log z = 2
V g 2
2
N 3 3
F ,
Vg 4
5
( )f 3 (z)
2 2
23
2
1
= log z 1 +
12 (log z)2
2 (T )2
,
log z = F 1
12 2F
(2.6.6)
da cui, per inciso, tenuto conto che in generale si ha log z = , si pu`o ricavare la
prima correzione in T del potenziale chimico:
= F
2 (T )2
+ O(T 4) .
12 F
(2.6.7)
Si ha
E
3 f 25 (z)
2
1
3
4
= T
+ O(1/(log z) ) .
= T log z 1 +
N
2 f 3 (z)
5
2 (log z)2
2
60
Chapter 3
Meccanica statistica del non
equilibrio
3.1 Moto browniano
Il moto browniano deriva il suo nome dal botanico R.Brown che nel 1828 descrisse il moto apparentemente casuale di piccoli corpuscoli (nel caso specifico
grani di polline) in sospensione nellacqua. Si sa oggi che questo moto e dovuto al
bombardamento piu o meno casuale delle particelle browniane (ossia le particelle di ogni sospensione colloidale) da parte delle molecole del fluido. Questo effetto costituisce storicamente il primo fenomeno meccanico diretto prodotto delle
molecole (che nel secolo precedente erano spesso considerate dai chimici poco
pi`u di unutile costruzione del pensiero o una metafora) Si deve a Einstein (1905)
la prima chiara interpretazione teorica di questo fenomeno, basata sul concetto di
random walk (cammino casuale).
Supponiamo di osservare una particella browniana al microscopio in un lasso
di tempo 0 t T e supponiamo di registrarne ad intervalli regolari 0 < t1 <
t2 < tN = T , = ti+1 ti la posizione ~x(t1 ), ~x(t2 ) . . . ~x(tN ). La caratteristica
principale di questa sequenza di posizioni e che non e in alcun modo prevedibile
ne riproducibile: non possiamo estrarre dallo studio di questa sequenza nessuna
predizione deterministica, ma solo qualche considerazione probabilistica se la sequenza e sufficientemente lunga. Questa sequenza di posizioni e un esempio
di processo stocastico e la variabile ~x(t) e detta variabile aleatoria o stocastica.
Vedremo che lo studio di questo processo stocastico permettera di stabilire delle
relazioni profonde tra la natura irreversibile di questo fenomeno, i fenomeni di
61
62
x=n
63
(3.1.3)
p
dove S1 e S2 sono due variabili aleatorie (e quindi indipendenti tra loro) che possono assumere i valori 1 e hanno media zero: hS1 i = hS2 i = 0. Da questa
equazione si pu`o verificare imediatamente che vale ancora la (3.1.3).
Consideriamo ora un reticolo cubico in un numero arbitrario di dimensioni. Se
un cammino random raggiunge allistante ti il nodo ~x(ti ), allistante successivo
si potra trovare, con uguale probabilita nei 2d nodi contigui. Per esempio in 2
dimensioni ogni nodo ha 4 nodi contigui:
t
t
t
t
Sia Kn (~x) il numero di cammini che in n passipartendo dallorigine raggiungono il punto ~x. Ognuno di questi cammini dopo n 1 passi si trovava in uno dei
64
2d
X
i=1
Kn1 (~x + ~i ) .
(3.1.4)
1 X
pn1 (~x + ~i)
pn (~x) =
2d i=1
(3.1.5)
Partendo dalla condizione iniziale po (~0) = 1 si puo calcolare (in linea di principio) iterativamente ogni pn (~x).1
Cerchiamo di trasformare la (3.1.5) in un equazione differenziale nel limite
continuo (cioe passo reticolare a 0 e intervallo di tempo 0), utilizzando
le relazioni
pn (~x) pn1 (~x)
p(t, ~x)
lim
=
0
t
e
P2d
pn (~x + ~i) 2d pn (~x)
lim i=1
= p(t, ~x)
a0
a2
dove denota il laplaciano. Si ha
P2d
(pn (~x) pn1 (~x))
a2
x + ~i) 2d pn1(~x)
i=1 pn1 (~
=
2d
a2
p(t, ~x)
= Dp(t, ~x)
t
(3.1.6)
a
dove si e posto D = 2d
, t = n e, con un abuso di notazione, p(t, ~x) = pn (~x).
La (3.1.6) e una ben nota equazione differenziale usata in fisica per descrivere
la propagazione del calore (in questo caso p(t, ~x) e la temperatura nel punto ~x
allistante t) o la diffusione di una sospensione o di un fluido miscibile in un
1
Problema per il lettore: verificare che lequazione (3.1.2) soddisfa questa eq. di ricorrenza e
trovare la soluzione esplicita nel caso del reticolo quadrato.
65
altro (es. fumo nellaria, acqua salata in acqua dolce ecc.) e allora p(t, ~x) e la
concentrazione di un fluido nellaltro e D e il coefficiente di diffusione. Quindi
il fenomeno della diffusione e ben descritto dal modello di random walk. Per
trovare la soluzione generale dellequazione di propagazione del calore, conviene
passare alla trasformata di Fourier delle coordinate ~x:
Z
1
~
p(t, ~k) =
dxd eik~x p(t, ~x) ,
d/2
(2)
Cosicch`e lequazione diventa semplicemente
p(t, ~k)
= k 2 D p(t, ~k) ,
t
2
da cui p(t, ~k) = p(0, ~k)eDk t . E noto che lantitrasformata del prodotto di due
trasformate di Fourier e` data dalla convoluzione delle due antitrasformate, da cui
si ha subito la soluzione generale nella forma
Z
(xy)2
1
dy d p(0, ~y )e 4Dt
p(t, ~x) = p
(4Dt)d
hr i
R
d
x2
1
4Dt
e
(4Dt)d/2
r p(t, ~x)d x
Z X
d
(3.1.7)
i=1
66
Consideriamo una particella browniana di massa M soggetta al bombardamento delle molecole del fluido in cui e immersa. Lequazione del moto M dv
=
dt
~
F(t) puo essere scritta, secondo Langevin, nella forma seguente
M
~v
d~v
= + F~ (t) {equazione di Langevin}
dt
B
dove B~v rappresenta la forza di attrito dovuta alla viscosita del fluido (B e la
mobilita della particella), mentre F~ (t) e una forza rapidamente variabile che descrive la forza istantanea generata dallurto delle molecole, la cui media per grandi
intervalli temporali e zero. La media sullensemble statistico delle particelle
browniane implica allora hF (t)i = 0, percio
M
d
1
h~vi = h~vi
dt
B
t
h~v (t)i = ~v(0) exp( ) ,
d~v
~r ~v ~r F~ (t)
=
+
dt
1 dr 2 r F~
1 d2 r 2
2
v
=
+
2 dt2
2 dt
M
d2 2
1 d 2
hr i +
hr i = 2hv 2 i
2
dt
dt
Se il sistema ha raggiunto lequilibrio termico, possiamo applicare il teorema di
e lequazione precedente diventa una
equipartizione dellenergia2 : hv 2 i = 3T
M
E da notare che la forza aleatoria F~ e` scomparsa subito dal gioco facendo la media
sullensemble, ma la sua presenza e` fondamentale per poter assumere che il sistema e` in equilibrio alla temperatura T nel fluido in cui e` immersa la particella browniana
2`
67
(1 e )
M
(Relazione di Einstein)
68
Chapter 4
Sistemi critici
4.1 Transizioni di fase
Abbiamo spesso assunto che il sistema termodinamico studiato sia omogeneo,
cioe che sia in un determinato stato di aggregazione o fase, ad es. fase gassosa, fase liquida o fase solida. Al variare delle grandezze termodinamiche che
caratterizzano lo stato del sistema pu`o avvenire un cambiamento dello stato di aggregazione che costituisce lesempio pi`u noto di transizione di fase. Non tutte le
transizioni di fase comportano un cambiamento dello stato di aggregazione. Per
esempio nei solidi ferromagnetici (Ferro, Nikel e Cobalto), esiste una temperatura
critica, detta temperatura di Curie al di sotto della quale il sistema si trova in una
fase caratterizzata da una magnetizzazione spontanea (cio`e non prodotta da un
campo magnetico) mentre la fase al di sopra di questa temperatura ha magnetizzazione nulla.
Si pu`o dimostrare che lenerga libera (di Helmholtz o di Gibbs e ogni altro
potenziale termodinamico) e` una funzione continua dei suoi parametri anche nel
punto di transizione, mentre le sue derivate possono essere singolari. Una transizione di fase si dice di I specie o del I ordine se ivi qualche derivata prima
dellenergia libera e` singolare; di solito nelle transizioni di prima specie questa
singolarit`a e` pi`u precisamente una discontinuit`a. Si dice invece di seconda specie
o del II ordine se e` singolare qualche derivata seconda; questa singolarit`a e` di
solito una divergenza (per esempio nel calore specifico o nella suscettivit`a). Il
punto di transizione di fase del II ordine si dice anche punto critico e i sistemi
che si trovano in prossimit`a di questo punto si dicono sistemi critici. Vedremo
nei pargrafi seguenti che i sistemi critici godono di alcune propriet`a caratteristiche
69
70
che sono di grande interesse e di grande rilevanza in vari campi della fisica.
Lo stato di equilibrio di un sistema omogeneo e` individuato da due gradi di
libert`a, cio`e da una coppia di grandezze fisiche, ad es. p e T ; ogni altra grandezza
e` univocamente individuata dallequazione di stato. Se per determinati valori di
p e T il sistema si separa in due fasi non si pu`o pi`u supporre che il sistema sia
omogeneo. Le condizioni di coesistenza delle due fasi richiedono che esse abbiano ovviamente la stessa pressione, la stessa temperatura e lo stesso potenziale
chimico, cio`e
1 (p, T ) = 2 (p, T ) ,
dove 1 e 2 sono i potenziali chimici delle due fasi. Questa equazione implica
che la regione di coesistenza di due fasi e` una linea nel piano p, T , quindi dipende
da un solo grado di libert`a. Con lo stesso tipo di ragionamento si pu`o immediatamente arguire che la regione di coesistenza di tre fasi ha zero gradi di libert`a ed e`
quindi un punto (punto triplo) nel piano p, T . Questi due esempi sono casi particolari di una regola generale, nota come regola delle fasi di Gibbs, che afferma che il
numero di gradi di libert`a n che caratterizzano un sistema in equilibrio composto
da C componenti chimiche differenti e F differenti fasi e`
n=2+C F .
Esercizio: Derivare la regola delle fasi di Gibbs dalle le condizioni di equilibrio termico.
(4.1.1)
dove Ei e Si e` il valore dellenergia interna e dellentropia della fase i alla temperatura T di transizione. La quantit`a E = E2 E1 = T (S2 S1 ) = Q2 Q1
e detto calore latente della trasformazione.
Il comportamento di un sistema lungo una linea di transizione di fase di I
specie e` ben descritto da unequazione differenziale molto importante che si ottiene semplicemente combinando la condizione di equilibrio 1 (p, T ) = 2 (p, T )
71
= s ;
=v,
T p
p T
V
dove s = NS e` lentropia molecolare e v = N
il volume molecolare. Derivando la
condizione di equilibrio 1 = 2 rispetto a T si ha
2 2 d p
1 1 d p
+
=
+
T
p d T
T
p d T
da cui, introducendo il calore latente molecolare della trasformazione q = T (s2
s1 ), cio`e la quantita di calore per molecola necessaria per trasformare tutto il
sistema dalla fase 1 alla fase 2, si ha
s2 s1
q
dp
=
=
dT
v2 v1
T (v2 v1 )
che e` appunto lequazione di Clausius-Clapeyron. Ad esempio, se la trasformazione di fase in questione e` la liquefazione del ghiaccio e la fase 2 e` la fase
liquida, poiche il ghiaccio sciogliendosi diminuisce di volume e il calore latente
di fusione e` positivo si ha dd Tp < 0, cio`e la linea di coesistenza acqua-ghiaccio ha
pendenza negativa nel piano p, T . Questo comportamento del ghiaccio e` anomalo
se confrontato con la liquefazione della maggioranza dei solidi, in cui il volume
occupato dalla fase solida di solito e` minore di quello occupato dallo stesso sistema nella fase liquida.
72
73
(1)
(2)
x
D
(3)
C
(4)
Il sistema e` anche invatiante per una simmetria Z2 per riflessione rispetto al centro del
quadrato, che cambia lordine ciclico ABCD in anticiclico DCBA, ma questa simmetria non
viene rotta in questo esempio.
74
x
f (x) = x + 2 2l(1 ) + O(x2 ) = 2 2l ( 2 1)x + O(x2 ) .
2l
Quindi il cammino meno simmetrico (x > 0) e` piu corto di quello simmetrico
(x = 0). Il problema ha due soluzioni degeneri con simmetria Z2 Z2 (v. Fig. (3)
e (4)). (la soluzione minima si ha per f (xo ) = 0, xo = l l3 f (xo ) =
l(1 + 3)).
Analogamente, quando si ha rottura spontanea della simmetria lo stato fondamentale e` degenere ed e` un multipletto del gruppo G di stabilit`a.
hiji
{Sk =1}
{Sk =1}
75
J
dove per semplicit`a si e` posto = kT
. LHamiltoniana e` invariante se si cambiano
simultaneamente di segno tutte le variabili di sito
Si Si i H H
Questa e` la simmetria Z2 del modello. Per dimensioni d > 1 al di sotto di un Tc si
ha la rottura spontanea di questa simmetria e il parametro dordine e` la magnetizzazione spontanea
M = hSi i =
Si
{Sk =1}
hjli
Sj Sl
(Si )
{Sk =1}
{Sk =1}
Si
hjli
Sj Sl
= M
cvd.
Queste manipolazioni sono sicuramente valide se ci sono nella somma un numero finito di termini. Se viceversa il numero di termini N e` infinito (limite termodinamico N ) il sistema va corredato da opportune condizioni al contorno
e occorre definire correttamente il limite N . Cio puo invalidare il ragionamento precedente. Questo e` un fenomeno generale: una transizione da una fase
simmetrica a una fase ordinata puo avvenire solo nel limite termodinamico (cio`e
nel sistema infinito) perch`e comporta un punto di non-analiticit`a della f. di partizione. Siccome i singoli addendi della f. di partizione sono funzione analitiche
di , tale e` anche la loro somma, a meno che non ci siano infiniti addendi.
76
Sn Sn+1
{Sn =1}
Sn1
t
Sn
t
Sn+1
t
daltra parte
=1
{S1 ,1 ,2 ...N1 }
e = e + e = 2 cosh
Z = 2N (cosh )N 1 .
Poich`e Z = eF
F
V
F
,
N
F
kT log[2 cosh()]
V
Non ci sono singolarit`a nellenergia libera per T > 0 nessuna transizione di
fase.
Questo modello e` risolubile esattamente anche in presenza di un campo magnetico. La funzione di partizione e`
X
X P
P
h
h
Z(, h) =
e n (Sn Sn+1 +h Sn ) =
e n (Sn Sn+1 + 2 Sn + 2 Sn+1 ) =
{S1 ,S2 ,...SN }
{Si }
77
dove si e` posto
h
(4.3.2)
e2 cosh2 h 2 sinh 2 , (i = 1, 2)
(4.3.3)
e quindi
N
N
Z(, h) = N
1 + 2 = 1
1+
2
1
N !
2
1
N
da cui discende che lenergia libera e` un grandezza estensiva nel limite termodinamico e che ci sono delle correzioni esponenzialmente decrescenti di volume
finito che dipendono dal rapporto degli autovalori di T .
Il formalismo della matrice di trasferimento si pu`o estendere a modelli su reticolo di ogni dimensione, ma in generale non si riescono a calcolare gli autovalori
in modo esatto.
78
XY
(1 + Si Sj T ) , T = tanh
{Si } hiji
Sn
t
Sn+1
t
79
Sn+2 T 2 Sn Sn+2
t
Insiemi di link connessi con estremi liberi danno un contributo nullo alla Z:
nellesempio precedente
X
T 2 Sn Sn+2 = T 2 (+1 1)(+1 1) = 0
Sn ,Sn+2
Pi`u generalmente, ogni nodo da cui escono un numero dispari di link attivi
il contributo
nullo del sottografo a cui appartiene, in quanto
P determina
P
2n+1
= S i Si = 0
Si =1 Si
Ogni somma sulle variabili di sito che non appartiene agli estremi di un
grafo o, pi`u precisamente, ogni nodo daP
cui escono un numero pari di link
attivi contribuisce a Z con un fattore 2: Si =1 1 = 2.
In D = 1 i grafi di link attivi connessi hanno degli estremi liberi, quindi non
contribuiscono a Z Z = 2N cos h N 1 .
Per ogni D > 1 si ha
qN X
Z = 2N cosh 2
ml T l ,
l
Z = 2 (cosh )
qN
2
ml T l
l=0
80
dove il fattore 2 e` il contributo dovuto allinversione di tutti gli spin (ogni configurazione si trasforma in unaltra con lo stesso k se i Si Si ). Il parametro
di sviluppo questa volta e` e2 ed e` quindi uno sviluppo valido attorno a T = 0
(sviluppo a basse temperature); e` facile verificare che nel reticolo quadrato n0 =
1, n1 = n2 = n3 = 0, n4 = N, . . . .
81
+ +
+ +
+
+
+
+
+
+
+ +
+ +
+ +
+ +
tanh = e2
1
= log tanh
2
Si ha
Z() = 2N (cosh )L
ml e2 l =
l=0
= 2N 1
)
L (
L
X
cosh
cosh
N 1
L
2 l
=
=2
2e
ml e
Z()
e
e
l=0
cosh sinh
1 tanh
1 e2
e e
=
= e2
=
=
1
+
tanh
cosh
+
sinh
e +e
1+e
Quindi la trasformazione e` involutiva. Altra formula utile e` :
e2 = tanh =
sinh 2 sinh 2 = 1 .
82
(4.3.4)
83
4.3.4 Correlatori
Ulteriori informazioni sulla fisica dei fenomeni critici si ottengono studiando le
funzioni di correlazione tra spin in siti diversi. Consideriamo il valore di attesa di
hSi Sj i, dove i e j sono due siti di un reticolo arbitrario che distano tra loro di r.
Nel limite r il valore di Si non pu`o influenzare quello nel sito j , vale la
propriet`a di fattorizzazione
hSi Sj i r hSi ihSj i
.
Il correlatore connesso o funzione di correlazione tra spin e definito da
Gij = hSi Sj i hSi ihSj i .
In un reticolo infinito o con condizioni col contorno periodiche il correlatore e
invariante per traslazione: dipende solo dalla posizione relativa dei siti i e j.
Esercizio: calcoliamoci il correlatore Gij nel modello di Ising unidimensionale.
In questo caso non c`e magnetizzazione spontanea hSi i = 0
Gij = hSi Sj i =
Si Sj
Sk
Sn Sn+1
|ji|
, =
1
log tanh
>0,
84
Gij =
Cn T n ,
T = tanh
Si ha
hSi i =
kT
kT
hSi i =
Bj
Bj
kT
log Z ,
Bi
Si eH
=
Z
Si Sj eH
Si eH X
Sj eH =
Z2
Bi Bj Bk
Ce una relazione importante tra la f. di correlazione e la suscettivit`a =
si ha
NhSi i:
B
=N
X
Bj
N X
hSi i
Gij =
=
Bj
B
kT j
j
X
X
Gij =
[hSi Sj i hSi ihSj i]
kT ij
kT ij
X
X
X 2
=
[hSi Sj i hSi ihSj i] =
[h(
Si ) i h
Si i 2 ] .
kT ij
kT
=
85
P
da ) alla fluttuazione della magnetizzazione Si = S data dalla varianza di S
definita da Var(S) = hS 2 i hSi2 . > 0 perch`e tale e` sempre la varianza
(hx2 i hxi2 = h(x hxi)2 i).
Questo teorema permette di avere una prima idea sul comportamento del
sistema ferromagnetico ( e di ogni altro sistema ) in prossimitadi Tc . Poiche
diverge a Tc , la fluttuazione della magnetizzazione, rispetto al suo valor medio,
diventa sempre piu grande. Partiamo da una temperatura T < Tc e magnetizzazione spontanea m > 0. La configurazione tipica e` formata da isole (o cluster)
di spin 1 immerse in un mare di spin +1. La dimensione media di queste isole
puo essere presa come una stima approssimata della lunghezza di correlazione
del sistema (utilizzeremo in seguito una definizione migliore di ).
Avvicinandoci a Tc non solo il valor medio delle isole aumenta ( P
), ma
aumentano anche le loro fluttuazioni (la varianza della distribuzione di Si tende
a ). A T = Tc si formano quindi cluster di tutte le taglie di spin +1 e spin 1
non cepiu nessuna scala finita: il sistema e invariante per trasformazioni di
scala, cioe il sistema appare lo stesso a qualsiasi scala sia osservato. Questo e il
comportamento tipico delle strutture frattali: enti geometrici che hanno lo stesso
aspetto a tutte le scale.[v.cap.. . . ] Poiche a Tc non ce nessuna scala naturale non
ce allinterno della teoria nessun parametro naturalmente piccolo su cui fondare
uno sviluppo perturbativo (vedremo in seguito uno sviluppo perturbativo di tipo
nuovo). Daltra parte, poichenon ce nessuna scala che domina il sistema, tutti
i parametri microscopici che lo definiscono (tipo di reticolo, costante di accoppiamento) non possono avere nessun ruolo nella descrizione del comportamento
critico: le proprieta critiche dipenderanno solo da proprietamolto generali, come
la dimensionalitad dello spazio e il tipo e le dimensioni del parametro dordine
coinvolto universalita: sistemi molto diversi con le stese proprieta di simmetria sono descritti, in prossimita di Tc dello stesso set di esponenti critici (si
dice che appartengono alla stessa classe di universalita). Es. modelli di Ising su
qualunque reticolo 3D, miscele binarie, sistema liquido-vapore al punto critico.
86
se non e` la vera evoluzione temporale del microstato, puo andare bene, purch`e
tocchi i vari microstati, o configurazioni, con la frequenza giusta. Su questa semplice idea si basano i metodi di simulazione numerica detti di Monte Carlo. Essi
forniscono una ricetta per costruire una traiettoria ergodica nello spazio delle possibili configurazioni che gode della propriet`a, in condizioni stazionarie, di generare configurazioni con una frequenza proporzionale al corrispondente fattore di
Boltzmann, come richiede lensemble canonico in condizioni di equilibrio. Questi
metodi sono divenuti di grande importanza in questi ultimi anni con lo sviluppo
di calcolatori sempre pi`u potenti. Il pi`u noto di questi metodi e` quello detto di
Metropolis, dal nome del primo autore di un lavoro del 53 in cui per la prima
volta si descriveva un metodo di simulazione numerica. E` adattabile ad ogni sistema termodinamico in equilibrio, ma qui viene applicato al modello di Ising su
un reticolo arbitrario. Sia C = {Sj } una configurazione arbitraria di Ising e sia
Si lo spin assegnato al sito i. C e` la configurazione di partenza della traiettoria di
Metropolis. Sia C la configurazione ottenuta cambiando segno a Si Si . C
sar`a il punto successivo della traiettoria solo se si verifica una delle seguenti due
circostanze
i) lenergia E(C ) della nuova configurazione e` minore o uguale a quella
della config. di partenza.
ii) E(C ) > E(C) e inoltre lestrazione a sorte di un numero reale 0 x
87
WCC =
(4.4.1)
X E(C) eE(C)
C
= lim
n=1,...,N
E(Cn )
.
N
88
hiji
X
hiji
X
hiji
( Si + m)( Sj + m)
( Si + Sj )
X
i
BSi = J q N
B Si J q N
m2
X
m2
(q m J + B)
Si ,
2
i
e quindi
Z
{Sj }
e H 2N e J q N
m2
2
[cosh( q m J + B)]N .
(4.5.1)
Il numero di coordinazione e` dato dal numero di link uscenti da ogni nodo del reticolo. Se N
e` il numero dei nodi, il numero dei link e` L = N q/2. In un reticolo ipercubico in D dimensioni
q = 2D.
89
B
.
kT
Si ottiene
m = tanh( q m + h) .
(4.5.2)
3. caso: h > 0 ,
simmetria Z2
1
q
crit vero
1
log( 2 + 1) = 0.440687
2
0.221655
0.149668(30)
1
2
3c ( c ) =
3J
c k
=1+
m2
3
1
1
T
Tc
+ O(m4 )
12
m (Tc T ) , =
1
.
2
Tc T
T
21
90
B B=0
kT 1
kTc T Tc
c
Ora poniamo invece h > 0 q > 1 (cio`e fase spontaneamente rotta) e scriviamo m
nella forma m = mo + , dove mo e` la magnetizzazione spontanea (quindi c mo =
mo +
m3o
)
3
1 + h = m2o + O(2 )
c
BTc
hTc
=
,
2(Tc T )
2kTc (Tc T )
=N
= N (Tc T ) , = 1
B B=0
2k
=
Nota:
(
A+ (T Tc )
A (TC T )
T > Tc
T < Tc
A = 21 A+ , = (= 1).
Relazione tra m e B a = c (isoterma critica):
m+h=m+
m3
kTc 3
+ O(m5 ), B =
m + O(m5 )
3
3
T < Tc
T > Tc
91
campo medio
Ising d=2
Ising d=3
discont
log |T Tc |
0.11
1
1
0.3
2
4
7
1
1.24
4
3
15
5.
92
del reticolo) sono molto piu piccole della lunghezza di correlazione , che e`
lunica scala fisica in gioco. Di conseguenza non ci sono direzioni privilegiate:
il sistema e isotropo il correlatore G(~r) si puoscrivere nella forma G(~r) =
h(r, a). a indica genericamente un set di parametri che definiscono la struttura
microscopica del sistema. Si suppone che i parametri abbiano le dimensioni di
G(r1 )
e` adimenlunghezza (non e ovviamente una condizione restrittiva). Poich`e G(r
2)
sionale, si pu`o scrivere
G(r1 )
r1 r1
.
=
,
G(r2 )
r2 a
A T = Tc non puo dipendere daiparametri microscopici a perche non c`e
nessuna scala intrinseca = rr12 . Ponendo rr12 = s , si ha
G(r1 ) = (s)G(r2 ) ,
(4.5.4)
che si pu`o iterare, ponendo ad esempio G(r2 ) = (t)G(r3 ) con t = rr32 . Combinando questa equazione con la (4.5.4) si ottiene lequazione funzionale
(s)(t) = (s t)
Che ha come soluzione generale (s) = s che ci permette di riscrivere la (4.5.4)
nella forma
G(1)
(4.5.5)
G(r) = .
r
Convenzionalmente si pone = d 2 + , dove denota un nuovo indice critico:
lindice magnetico.
Per T Tc , ma T 6= Tc c`e ununica lunghezza caratteristica che e` (`e pi`u
grande di ogni altra scala)
G(r) =
g(r/)
.
r d2+
(4.5.6)
g(r/) Ae .
diverge a Tc
|T Tc | ,
(4.5.7)
93
r
r d (r/)2
2 |T Tc |(2) . Ma |T Tc | , quindi
= (2 )
Relazioni di questo tipo sono dette scaling relations. Un altro esempio di scaling relation si ottiene facilmente dal fatto che il calore specifico a volume costatnte
2
Z
. . La funzione di partizione Z e` adimensionale e
e` proporzionale a Cv d dlog
t2
log Z e` una grandezza estensiva, per cui dimensionalmente si ha logV Z = [LD ].
Vicino a Tc lunica osservabile con le dimensioni di una lunghezza e` , quindi
CV
d2 D
d t2
94
(4.6.1)
P(S ; Si , i ) =
0 altrimenti
Si possono costruire altri proiettori di questo tipo; ad es. P pu`o selezionare un
particolare nodo allinterno di una cella ecc. La somma su tutte le configurazione
si pu`o ovviamente spezzare nella somma di tutte quelle compatibili con una data
95
} {S i}
{S
i
X
X
Y X
Z
eH[{Si }] =
P(S ; Si )eH
{Sj j}
{S
(4.6.2)
{Si i}
dove tutti i termini nella parentesi tonda sono positivi, quind si pu`o definire una
nuova Hamiltoniana definita sul nuovo reticolo :
Y X
eH [{S }] =
P(S ; Si )eH
(4.6.3)
{Si i}
che definisce una nuova transfer matrix T = T s per una catena lineare di passo
reticolare a = s a e da questa possimo risalire alla nuova hamiltoniana H . Ad
esempio, scegliendo per semplicit`a s = 2 e h = 0 si ha
2
2 cosh 2
2
e
e
=
T =
e
e
2
2 cosh 2
cio`e
p
T = 2 cosh 2
cosh
2
1/
cosh
2
1/ cosh 2
cosh 2
dove lultimo raccoglimento a fattore serve per mettere la transfer matrix nella
stessa forma di quella di partenza. Lunico effetto della trasformazionesullhamiltoniana
e` stato, a parte un termine additivo inessenziale (precisamente log(2 cosh 2)),
un cambiamento con
p
= log cosh 2 .
(4.6.4)
Questo e` il primo esempio esplicito di trasformazione del gruppo di rinormalizzazione. Questa trasformazione dipende dal parametro di scaling s (in questo caso
96
s = 2). E facile verificare che si ha < , dunque il sistema si riscalda sempre per effetto di questa trasformazione, il che dimostra che il sistema si trova in
ununica fase simmetrica e T = 0 e` un punto fisso instabile della trasformazione,
contrariamente a quel che succede nei sistemi con una fase ordinata (cio`e a simmetria spontaneamente rotta).
Nei modelli con d > 1 la trasformazione del gruppo di rinormalizzazione
e` complicata dal fatto che essa genera in generale infiniti nuovi accoppiamenti
tra siti diversi, quindi non soltanto tra siti vicini e anche accoppiamnti a pi`u di
due spin. Indichiamo genericamente con Ki queste costanti di accoppiamento.
Iterando pi`u volte la trsformazione si ottiene una sequenza di diverse Hamiltoniane
. . . H[Ki] H [Ki ] H [Ki ] . . .
da un certo punto in poi la forma dell Hamiltoniana si stabilizza nellHamiltoniana invariante H :
H [Ki ] H [Ki ] . . .
e leffetto della trasformazione si traduce in un opportuna trasformazione delle
costanti K
Ki = fi [s, {Kj }]
(4.6.5)
che e` la generalizzazione della trasformazione (4.6.4) a un sistema qualsiasi.
Qualunque sia lHamiltoniana di partenza, dopo un certo numero di iterazioni
della trasformazione del gruppo di rinormalizzazione che eliminano i dettagli del
sistema a corta distanza, essa si trasforma nellHamiltoniana invariante H dove
si e` perso il ricordo del particolare modello da cui si e` partiti. Questo fatto e` alla
base del concetto di classe di universalit`a: non potendo dipendere dai dettagli del
modello iniziale, H non pu`o che dipendere, in linea di principio, dal gruppo di
simmetria e dalle dimensioni dello spazio. Nel paragrafo seguente illustreremo
ulteriormente questo concetto.
E importante osservare che le trasformazioni del gruppo di rinormalizzazione
non modificano in alcun modo lo stato fisico di un sistema. Esse costituiscono
in sostanza solo una riscrittura dello stesso sistema fisico in termini di gradi di
liberta e Hamiltoniane differenti, ma la funzione di partizione canonica resta per
costruzione esattamente la stessa, dunque tutte le grandezze fisiche sono invarianti rispetto a queste trasformazioni. Prendiamo ad esempio in considerazione la
lunghezza di correlazione [Ki]. Essendo dimensionalmente una lunghezza
si misura in passi reticolari a. Il gruppo di rinormalizzazione cambia il passo reticolare a a = s a (cio`e lunit`a di misura) ma non il valore effettivo di che
97
(4.6.6)
Ne consegue che i punti fissi delle trasformazioni (4.6.5) vanno ricercati tra quei
punti nello spazio (infinito) delle costanti di accoppiamento che soddisfano la relazione = , cio`e = 0 (punti fissi banali come T = 0 o T = ) o = , che
individua i punti critici. Questi formano una variet`a immersa nello spazio delle
costanti K detta superficie critica . Le traiettorie del gruppo di rinormalizzazione
che si ottengono iterando pi`u volte la (4.6.5) si dividono in due tipi. Quelle che
partono da un punto esterno alla superficie critca tendono ad allontanarsi da essa,
per effetto della (4.6.6) che riduce il valore di . Quelle che partono allinterno
della superficie critica non possono uscirne; nei sistemi pi u` comuni sono attratte
da un unico punto fisso, un punto K dello spazio dei parametri che soddisfa la
condizione
Ki = Ki i .
(4.6.7)
valido solo in prossimit`a del punto critico. Le matrici T (s) soddisfano la propriet`a
d moltiplicazione gruppale 4
T (s) T (s) = T (s s) .
(4.6.8)
E importante osservare per`o che queste trasformazioni non formano un gruppo (nonostante
il nome di gruppo di rinormalizzazione), in quanto per costruzione s > 1, quindi non esiste la
trasformazione inversa.
98
mentre quelle irrilevanti diminuiscono; e` chiaro quindi che sulla superficie critica
tutte le costanti di accoppiamneto rilevanti sono nulle e quelle irrilevanti possono essere pensate come delle coordinate della superficie critica che misurano in
qualche modo la distanza dal punto fisso. Nella maggior parte dei sistemi noti ci
sono due costanti di accoppiamento rilevanti e tutte le (infinite) altre sono irrilevanti. In particolare nei sistemi magnetici sono rilevanti la temperatura ridotta t e
il campo magnetico h e si ha
t = syt t ,
h = syh h
(4.6.10)
99
superficie
critica
g
P*
g(T)
~
g(T)
T
del gruppo di rinormalizzazione e mostra che c`e una corrispondenza uno a uno
tra classi di universalit`a e punti fissi.
4.6.2
1
f [Ki ] .
sd
Supponiamo di essere molto vicini al punto fisso, in modo da poter trascurare tutti
gli accoppiamenti irrilevanti. Per un sistema magnetico lidentit`a precedente si
100
riduce all equazione funzionale
1
f (t syt , h syh ) .
(4.6.11)
sd
Questa equazione esprime il fatto che la densit`a di energia libera f non e` separatamente funzione di t e di h, ma di una opportuna loro combinazione. E da
notare infatti che s > 1 e` un parametro arbitrario e la (4.6.11) ci dice appunto che
la f (t, h) non dipende da esso5 . Un modo rapido per eliminare s e` di fissare una
volta per tutte il valore di t (s) = to da cui
1
to yt
s =
(4.6.12)
t
f (t, h) =
yh
(4.6.13)
Da questa propriet`a di scala dell energia libera possiamo ricavare tutte le leggi
di potenza per le varie funzioni termodinamiche che sono riportate nella tabella
4.1, da cui seguono subito le due scaling relations da aggiungere alle altre due che
abbiamo ricavato nel & 4.5.2.
+ 2 + = 2
++ =2
Osservazione: mentre la (4.6.13) permette il di calcolare immediatamente ,
e , il calcolo di richiede la valutazione di f a t = 0 che e` incompatibile con la
1
scelta di s data dalla (4.6.12). Una scelta consistente pu`o essere invece s = | hho | yh
che, inserita nella (4.6.11), permette di determinare subito anche .
E` facile ricavare, in analogia con quanto si e` fatto nel caso dellenergia libera,
unanaloga relazione funzionale per il correlatore connesso. Supponiamo al solito
di essere molto vicini al punto fisso e che le uniche costanti di accoppiamento
rilevanti siano t e h. LHamiltoniana trasformata H sar`a
X
H = Ho
hx Sx
x
grandezza
definizione
legge di potenza
esponente critico
|t|
2 yt d
yt
m(t)
f
h h=0
(t)
dyh
yt
(t)
m
h h=0
|t|
m(h)
f
h t=0
h1/
CV (t)
2f
t2
h=0
101
2 yh d
yt
yh
dyh
1
s2yh
|x x |
1 2 log Z
2 log Z
=
;H ) =
=
s
hx hx
s2yh hx hx
bra
X
ix
Si
X
jx
Sj i c =
s2d
G(|x x |; H) .
s2yh
Nella seconda riga si e` utilizzato il fatto che hx denota un campo costante su tutti
i nodi del blocco x e nellultima uguaglianza si e` supposto, come e` necessario,
che la distanza r = |x x | sia molto pi`u grande della dimensione a del singolo blocco e che il correlatore non si modifichi sensibilmente al variare dei siti
allinterno di un blocco. Confrontando il primo con lultimo membro della catena
102
(4.6.14)
Scegliendo s in modo che ro = r/s sia una scala di riferimento fissa, si ottiene
per G la forma funzionale seguente
G(r, t) =
1
r 2d2yh
(r t1/yt ) .
(4.6.15)
1
= 1/yt .
|t|1/yt
Inserendo questo dato nellespressione di si ottiene una scaling relation gi`a ottenuta nel & 4.5.2. Similmente il confronto tra gli esponenti di r a t = 0 d`a
= d + 2 2 yh ,
che pu`o utilizzarsi per ricavare in questambito la relazione di scaling = (2
).
dove J, K e L sono delle costanti di accoppiamento. In assenza di campo magnetico (B = 0) questa Hamiltoniana e` invariante rispetto alla trasformazione
che definisce la simmetria Z2 di ogni modello tipo Ising. La somma
sulle configurazioni (detta anche integrazione funzionale o misura della funzione
di partizione) e` ora rappresentata dallintegrale multiplo
YZ
x
d(x)
103
D .
D exp
"
X
x
#
1 X
((x + a ) (x))2 + J 2 + K 2 + L 4 B ,
2 =1,d
dove a e` lo spostamento di un passo reticolare nella direzione . Supponiamo ora di essere molto vicini alla superficie critica, dove il passo reticolare
e` molto piu piccolo della lunghezza di correlazione, per cui possiamo formalmente rimpiazzare
Rsomme e differenze finite con integrali e derivate. In partiP
colare ad x dd x e ((x + a ) (x))/a (x). In questo modo
lHamiltoniana si puo riscrivere, supponendo che le costanti accoppiamento siano
adimensionali, nella forma
Z
1
t 2
u
h
d
4
HLG[] = d x
+ 2 + d4 d/2+1
(4.6.16)
2
2a
4a
a
che definsce il modello di Landau- Ginzburg. Si noti che, essendo H adimensionale, il campo cos definito ha le dimensioni di una lunghezza alla (d2)/2,
cioe
d2
[] = L 2 .
(4.6.17)
104
(4.6.18)
dd x()2
(4.6.19)
H =
2
ed il punto fisso e` detto punto fisso gaussiano. Rispetto a questo punto h e t sono
accoppiamenti (o scaling variables) rilevanti (come sapevamo gia dalle propriet`a
generali del gruppo di rinormalizzazione ). Gli autovalori termico e magnetico
sono rispettivamente (come si legge dalleq.(4.6.18)) yt = 2 e yh = 1 + d/2. A
partire da questi autovalori possiamo calcolarci attraverso le formule del paragrafo
precedente gli esponenti critici e costruire la seguente tabella che mette a confronto questi esponenti con quelli calcolati nellapprossimazione di campo medio
campo
medio
punto
fisso
gauss.
1
2
1
2
d2
4
d+2
d2
1
2
d
2
magnetizzazione spontanea contiene u a denominatore: m = ut . Accoppiamenti di questo tipo si dicono pericolosamente irrilevanti. Per d < 4 u diventa un
105
ulteriore accoppiamento rilevante, quindi il punto fisso gaussiano non pu`o descivere il comportamento critico a d < 4 di un sistema magnetico, dove sappiamo
che gli accoppiamenti rilevanti sono solo h e t6 . Si pu`o allora concludere che per
dimensioni spaziali minori di 4 il punto fisso che descrive la classe di universalit`a
di Ising non e` quello gaussiano. Ci deve essere un nuovo punto fisso non banale
per d < 4.
Esercizio: Si dimostri
che in prossimit`a del punto fisso gaussiano il termine
P
cinetico ()2 ( (x+aa)(x) )2 tende, per effetto del gruppo di rinormalizzazione, al limite continuo (x) (x).
(Suggerimento: sviluppare in serie di Taylor (x + a ) e mostrare che tutti i
termini che contengono derivate superiori alla prima sono irrilevanti.)
Infatti gli operatori rilevanti controllano leffettiva distanza del sistema dal punto critico,
daltra parte la funzione di partizione del modello di Ising o di un generico modello magnetico
e` solo funzione della temperatura e del campo magnetico.
106
(4.7.1)
dove
P (, i) =
hiji
(Si Sj 1)+
hi (Si 1)
{Sk =1}
2
t
P12 (g) = 1 + (1 + 2 ) + 1 2 .
107
1 + 1
,
+ 1
Infatti, ricordando che < 1, se |1 | < 1, poich`e il prodotto di due numeri di modulo inferiore
a uno ha modulo ancora pi`u piccolo, si ha |1 |2 (1 2 ) < (1 2 ), da cui 1+ 2 |1 |2 > |1 |2 + 2 .
2
|1 |2 +2 e1
. Inserendo la
Daltra parte, prendendo il modulo quadro di 2 si ha |2 |2 = 1+
2 +||21 +2 e1
disuguaglianza trovata nel numeratore di questa frazione si ha appunto |2 | > 1, cvd.
108
sopravvive all operazione di fusione di due nodi qualsiasi. Siano a e b i nodi che
vogliamo fondere. Prima della fusione la dipendenza da a e b di P (G) e` al solito
Pa,b (G) = A++ + A+ a + A+ b + A a b .
Per le ipotesi fatte , se poniamo 8 a = b = x, le due soluzioni dellequazione
A x2 + x(A+ + A+ ) + A++ = 0
hanno modulo > 1, perci`o |A++ /A | > 1. Questa disuguaglianza implica
che dopo la fusione il corrispondente polinomio A++ + A ab si annulla solo
per |ab | > 1. In conclusione, se non cerano zeri allinterno del cerchio unitario prima della fusione non ci sono neache dopo la fusione. Utilizziamo ora
lovvia simmetria Z(, h) = Z(, h) della funzione di partizione del modello di Ising per riscrivere leq.(4.7.1) nella forma Z(, h) = eL ehN P (, ) =
eL eN h P (, 1/) , ossia
P (, 1/) = N P (, ) ,
che ci permette di concludere che non ci sono radici neppure allesterno del disco
unitario e che per ogni radice sulla circonferenza della forma = eiho ce n`e
unaltra con ho ho . Questo completa la dimostrazione.
E facile verificare il teorema in due casi limite. A T = 0 tutti i nodi devono avere lo stesso valore e dunque ci sono solo due stati possibili e si ha
PN ( = 0) = 1 + N . Gli zeri sono le radici ennesime di -1 e sono quindi distribuiti omogeneamente sul cerchio unitario; nel limite termodinamico N
ricoprono densamente tutta la circonferenza.
Nellaltro limite T = , ogni nodo e` indipendente da ogni altro ed e` come
aver messo a zero il numero dei link. Il polinomio associato e` dunque PN ( =
1) = (1 + )N che ha un unico zero di molteplicit`a N in = 1.
Al discendere della temperatura, sempre nel limite termodinamico, larco su
cui si condensano gli zeri diventa sempre pi`u ampio ed e` simmetrico rispetto
allasse reale, come riflesso della simmetria h h. Se il sistema ha un punto
critico per T = Tc larco di condensazione si chiude e coincide con lintera circonferenza proprio a Tc (v. Fig.4.4). Avviene quindi il fenomeno di pinching delle
singolarita, che divide il piano complesso di , e quindi anche di h, in due regioni
disgiunte, che segnalano lesitenza di due fasi distinte.
8
T >T
1
T>T>T
1
109
T=T c
Figure 4.4: arco di condensazione degli zeri di Lee e Yang nel piano complesso di
= e2h per due diverse temperature della fase calda e per la temperatura critica.
quindi il pinching tra le due singolarit`a avviene solo per T = 0 come cera da
aspettarsi.
110
Possiamo fare unaltra verifica della teoria di Lee e Yang utilizzando lapprossimazione di campo medio (MFA), che in prossimit`a della transizione di fase porta
allequazione fondamentale della MFA che riscriviamo per comodit`a nella forma
h = t m + u m3 ,
dove t e` la temperatura ridotta e u una costante positiva. Essendo unequazione di
terzo grado essa ha sempre tre soluzioni reali o complesse. C`e da aspettarsi che
le singolarit`a delenergia libera vadano ricercate nel luogo dei punti dove due di
queste soluzioni coincidono, luogo che si ottiene studiando le soluzioni comuni
tra tale equazione e la sua derivata
t + 3u m2 = 0 .
4 3
t che nella fase
Eliminando m tra queste due equazioni si ottiene h2 = 27u
calda ( t > 0 ) ha solo le due soluzioni simmetriche e puramente immaginarie
r
4 3
hc = i
t2 ,
27u
in accordo con la teoria di Lee e Yang. Questequazione definisce un nuovo esponente critico che descrive il il modo in cui questa coppia di singolarit`a si avvicina
allasse reale allapprossimarsi del punto critico t 0.
Bibliografia
1. D. Chandler, Introduction to Modern Statistical Mechanics, Oxford University Press, 1987
2. M.Toda, R. Kubo, N. Saito, Statisitical Physics I- Equilibrium Statistical
Mechanics Springer-Verlag, 1992
3. R.P.Feynman, Statistical Mechanics, A set of Lectures, Perseus Books,
1998
4. J. Cardy, Scaling and Renormalization in Statistical Physics, Cambridge
University Press, 1997