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3.

I tre pilastri dell'Unione Europea


Creati con il Trattato di Maastricht del 1992, sono stati un modo di dividere le politiche dell'Unione Europea in tre
aree fondamentali. Sono stati aboliti con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009.
A. Il primo riguardava le Comunit Europee CE ovvero un mercato comune europeo, l'unione economica e
monetaria, una serie di altre competenze aggiunte nel tempo, oltre alla politica del carbone e dell'acciaio e
quella atomica.
B. Il secondo affrontava la Politica estera e di sicurezza comune PESC ossia la costruzione di una politica unica
verso l'esterno.
C. Il terzo, ovvero la Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale GAI intendeva costruire uno spazio
europeo di libert, sicurezza e giustizia in cui vi sia collaborazione contro la criminalit a livello
sovranazionale.

Quadro normativo di riferimento attuale


T.U.E. Trattato sullUnione Europea;
T.F.U.E. Trattato sul Funzionamento dellUnione Europea
Lentrata in vigore del Trattato di Lisbona (1 dicembre 2009), ha profondamente inciso sullassetto politico ed
istituzionale dellordinamento giuridico europeo.
Il Trattato di Lisbona fa succedere lUnione Europea alla Comunit Europea e porta ad una revisione del Trattato
dellUnione Europea e del Trattato CE; la denominazione di questultimo mutata in Trattato sul funzionamento
dellUnione Europea.
Il Trattato di Lisbona porta ad alcune modifiche, a volerne sottolineare le principali:
o

il terzo pilastro (GAI) viene definitivamente comunitarizzato;

la Carta dei Diritti di Nizza viene elevata a rango di trattato;

prevista ladesione alla CEDU dellUnione in quanto tale;

il Parlamento avr una maggiore incidenza sul processo decisionale, con ipotesi di codecisione e a
maggioranza;

i parlamenti nazionali saranno pi partecipi dellazione dellUnione

PARTE PRIMA
IL SISTEMA GIURIDICO DELLUNIONE EUROPEA
CAPITOLO I: LA STRUTTURA ISTITUZIONALE
1. LE ISTITUZIONI DELLUNIONE
Il Trattato di Lisbona del 2009 ha ridisegnato il quadro istituzionale dellUnione Europea; nel nuovo assetto sono
qualificate Istituzioni dellUnione:
il Parlamento;
il Consiglio Europeo;
il Consiglio;
la Commissione;
la Corte di Giustizia;
la Corte dei Conti;
la BCE
In questa cornice sono state introdotte due nuove figure:

il Presidente del Consiglio Europeo;

lAlto rappresentante dellUnione per gli Affari esteri.

2. IL PARLAMENTO EUROPEO
Il parlamento Europeo composto dai rappresentati dei cittadini dellUnione ( testo cos modificato dal Lisbona).
Esso esercita congiuntamente al Consiglio la funzione legislative e quella di bilancio, nonch funzioni di controllo
politiche e consultive ed elegge il Presidente della Commissione (Art. 14 TUE).
Originariamente Assemblea comune, poi Assemblea parlamentare europea, diviene Parlamento nel 1962 e poi in
forza dellAtto Unico del 1986.
Per molti anni fu composto da membri del Parlamento nazionale, da questi designati.
Prefigurata dai trattati istitutivi, lelezione diretta fu decisa da un Atto del Consiglio del 1976 e realizzata con
apposite leggi nazionali.
Le prime elezioni si sono svolte nel 1979.
Il numero dei membri nella legislatura 2009-2014 di 736 membri.
Nella legislatura 2014-2019 non potr essere superiore a 751.
Il Consiglio Europeo deliberando allUnanimit su iniziativa e con lapprovazione del Parlamento europeo pu
modificare la composizione.
I Parlamentari hanno un mandato di cinque anni e sono divisi in gruppi politici e non in gruppi nazionali.
I Partiti politici, sono definiti a livello europeo (art. 10 TUE); le norme sul loro finanziamento sono stabilite dal
Consiglio e dallo stesso Parlamento, attraverso la procedura legislativa ordinaria.
I Parlamentari si dividono in commissioni permanenti con competenza per materie.
Immunit e privilegi
I parlamentari non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti per le loro opinioni o per i voti espressi
nellesercizio della loro funzione(immunit funzionale).
Per la durata del mandato godono sul territorio della nazione di origine delle stesse immunit di cui godono i
Parlamentari nazionali.
Sul territorio degli altri Stati membri godono di immunit assoluta, esenti da provvedimenti di detenzione e da
procedimenti giudiziari anche per atti compiuti al di fuori della loro funzione; questa immunit non opera in caso di
flagrante delitto. Al parlamento europeo riconosciuta la facolt di privare un parlamentare dellimmunit.
La procedura di voto.
Il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei suffragi espressi.
Il quorum raggiunto se sono presenti in aula un terzo dei membri; ciononostante, le delibere sono valide sempre a
meno che non venga constatata la mancanza del numero legale.
In taluni casi richiesta la maggioranza assoluta.
Maggioranza dei componenti e dei due terzi dei voti espressi: per approvazione della mozione di censura
sulloperato della Commissione e per la constatazione del rischio evidente di violazione grave da parte di uno Stato
membro
Potere di controllo.
Tra Parlamento e commissione non c mai stato un rapporto di fiducia di tipo tradizionale quale pu sussistere tra
parlamento nazionale ed esecutivo.
vero per che nella prassi era stato introdotto il voto parlamentare al momento dellentrata in funzione della
Commissione.

Ora le nuove norme sulla nomina hanno superato tali prassi.


Il trattato di Lisbona ha introdotto significative novit.
Il Parlamento chiamato a:
eleggere il Presidente della Commissione, proposto dal Consiglio Europeo; (art. 14 TUE);
esprimere un voto di approvazione del Presidente, dellAlto Rappresentate per gli affari esteri e degli altri
commissari collettivamente considerati i quali sono formalmente nominati solo successivamente dal Consiglio
Europeo.
Ricevere annualmente una relazione della Commissione sullattivit svolta da questa nellanno;
Svolgere interrogazioni parlamentari alle quali la Commissione tenuta a rispondere oralmente o per iscritto.
Ulteriori poteri del Parlamento sono:
Potere di censura sulloperato della Commissione, da approvare con la maggioranza dei 2/3 e la maggioranza dei
membri; nel caso di approvazione della mozione la Commissione si dimette collettivamente e lAlto
Rappresentate decade dalle funzioni che esercita nella Commissione;
Partecipa alla funzione normativa: partecipazione sempre pi intensa al processo di formazione degli atti
dellUnione (artt. 289 e 294 TFUE) e di conclusione di accordi internazionali (Art. 218 TFUE). Questa
partecipazione si manifesta con modalit diverse a seconda dei casi e procedure previste.
Gode di un potere di pre-iniziativa legislativa pu ex art. 225 TFUE chiedere alla Commissione di presentare
proposte al Consiglio. La Commissione deve motivare leventuale rifiuto ad adempiere.
Adisce la Corte di Giustizia:
- per lazione di annullamento :il Trattato di Nizza ha collocato il Parlamento Europeo sullo stesso
piano della Commissione e del Consiglio dando ad esso la possibilit di adire la Corte di Giustizia per
lazione di annullamento ex art. 263 TFUE
- per chiedere un parere sulla compatibilit di un accordo internazionale: ai sensi dellart. 218 TFUE
pu essere richiesto tale parere; fatto che pu avere un impatto notevole in caso di parere negativo
della Corte.
Potere di codecisione: il Trattato di Lisbona ha accresciuto il ruolo del parlamento estendendo la procedura di
codecisione che ai sensi dellart. 294 TFUE oggi divenuta procedura legislativa ordinaria.

3. CONSIGLIO EUROPEO
Prima di trattare delle istituzioni in senso proprio, opportuno considerare il Consiglio europeo, che non lo come
si deduce dal silenzio dei trattati a riguardo e non va confuso con il Consiglio tout court, che invece una
istituzione comunitaria.
Il Consiglio europeo, invece, nato parallelamente ma allesterno della struttura istituzionale comunitaria, dalla
prassi delle riunioni al vertice tra i capi di Stato e di governo degli Stati membri. Tale prassi trov una prima
formalizzazione al vertice di Parigi nel 1974. Lesistenza del Consiglio europeo, inoltre, stata sancita dallAtto unico.
Si tratta, dunque, di una prassi che ha avuto il merito di dare al momento opportuno impulso nuovo ad alcuni
sviluppi dellintegrazione e di costituire lavallo politico indispensabile per intraprendere politiche nuove.
Il Tratto di Lisbona ha inserito il Consiglio europeo a pieno titolo tra le istituzioni dellUnione. E composto dai capi di
Stato o di governo degli Stati membri e dal suo presidente e dal Presidente della Commissione. La partecipazione del
Capo di Stato o del Governo dipende dalle norme nazionali. Allesigenza di raccordo con il Parlamento risponde la
relazione del Presidente del Consiglio europeo al Parlamento dopo ciascuna riunione. Consiglio europeo si riunisce
due volte a semestre. Pu deliberare a maggioranza qualificata o maggioranza semplice (per questioni procedurali e
per adozione del suo regolamento interno). Novit rilevante stabilit attribuita al Presidente, eletto dal Consiglio
europeo a maggioranza qualificata per un periodo di due anni e mezzo, rinnovabile una volta e preclusivo di ogni
mandato nazionale. Egli presiede e anima i lavori del Consiglio europeo, ne deve assicurare la preparazione e

continuit in collaborazione con presidente della Commissione. Si adopera per facilitare consenso e coesione in seno
allistituzione e presenta al Parlamento europeo relazione dopo ciascuna delle riunioni del Consiglio europeo.
Il Consiglio ha una funzione di indirizzo politico nel settore della politica estera e della sicurezza comune e nel settore
della politica di sicurezza e di difesa comune. Ruolo anche di politica attiva: ad es quando decide sulle formazioni del
Consiglio o sulla composizione del Parlamento europeo. Opera come organo di presidenza collegiale quando nomina
il proprio Presidente e lAlto rappresentante dellUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. inoltre garante
del rispetto dei principi fondamentali.

4. CONSIGLIO
Il Consiglio dellUnione, gi Consiglio dei Ministri, composto dai rappresentanti di tutti gli Stati membri, scelti
nellambito dei rispettivi governi, normalmente con il rango di ministri, in funzione della materia trattata.
Il Consiglio un organo di Stati a composizione variabile e si riunisce in diverse formazioni (Es. agricoltura,
ambiente, trasporti, ecc.). Il Consiglio affari generali assicura coerenza dei lavori delle varie formazioni e
rappresenta collegamento con Consiglio europeo, dovendo preparare i lavori di questo e confermandone pieno
inserimento nel quadro istituzionale dellUnione. Il Consiglio affari esteri elabora lazione esterna dellUnione
secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo. La presidenza delle formazioni del Consiglio, tranne
quella affari esteri, esercitata da gruppi predeterminati di tre Stati membri per un periodo di 18 mesi, secondo
sistema di rotazione paritaria. Ciascuno dei tre stati esercita a turno la presidenza. Trattato di Lisbona introduce una
programmazione articolata in 18 mesi, arco temporale + lungo rispetto a prima che rende possibile fissare obiettivi +
impegnativi.
In alcuni casi espressamente previsti i rappresentanti degli Stati membri si riuniscono e deliberano in quanto tali
e non in quanto componenti del Consiglio. In queste ipotesi la deliberazione non presa dallistituzione comunitaria,
ma da un organo intergovernativo: il caso, ad es., della nomina dei membri della Corte di giustizia.
Il Consiglio assistito da un Segretariato generale, che ne rappresenta il supporto funzionale ed amministrativo. Tale
organo ha una struttura articolata in varie direzioni generali e in un servizio giuridico.
Il COREPER (Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri) composto dai rappresentanti diplomatici
di tutti gli Stati membri accreditati presso lUnione. responsabile della preparazione del lavoro del Consiglio e della
realizzazione dei compiti attribuiti dallo stesso. organismo autonomo, con potere di adottare decisioni di
procedura nei casi previsti del regolamento interno. Coordina lavoro delle tante commissioni tecniche che preparano
attivit normativa del Consiglio e ne rappresenta il filtro politico. Trattato di Lisbona ha inoltre previsto istituzione di
un comitato permanente al fine di assicurare allinterno dellUnione la promozione e il rafforzamento della
cooperazione operativa in materia di sicurezza interna.
Al Consiglio stato attribuito vasto potere normativo e di coordinamento, inoltre esercita, congiuntamente al
Parlamento europeo, la funzione legislativa e di bilancio.
Il potere legislativo si manifesta con adozione di direttive e regolamenti, due principale espressioni dellattivit
normativa.
Consiglio autorizza la Commissione a negoziare accordi internazionali, autorizza la firma e li conclude. I poteri del
Consiglio rispondono al principio delle competenze di attribuzione; fa eccezione la competenza a norma dellart. 352
TFUE che consente al Consiglio di adottare un atto normativo in materie non espressamente attribuite alla sfera di
competenza dellUnione, se unazione dellUnione appare necessaria, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai
trattati senza che questi abbiano previsto i poteri di azione. Le deliberazioni del Consiglio sono prese a maggioranza
qualificata. Maggioranza va calcolata con riferimento alla ponderazione dei voti per ciascun Stato membro. Fino al
2014 mantenuta la ponderazione prevista da regime antecedente in base al quale la soglia di validit delle delibere
di 255 voti favorevoli della maggioranza degli Stati membri quando adottate su proposta della Commissione; altri
casi di 255 voti favorevoli di due terzi degli Stati membri con maggioranza qualificata che comprenda almeno il 62%
della popolazione totale dellUnione. A partire dal 1 novembre 2014 per maggioranza qualificata si intende almeno il
55% dei membri del Consiglio, con un minimo di quindici, che rappresentano numero di Stati membri che
corrispondono almeno al 65% della popolazione dellUnione. Cosi uguaglianza formale tra Stati, ognuno dei quali
dispone di un voto, coniugata con criterio della popolazione in modo che non prevalga maggioranza di soli piccoli
Stati.

Regole cambiano quando non partecipino tutti gli Stati membri. Per maggioranza qualificata si intende almeno il 55%
dei membri del Consiglio che tot. almeno il 65% della popolazione e la minoranza di blocco deve comprendere
almeno il numero minimo di membri del Consiglio che rappresentino oltre 35% della popolazione degli Stati membri
partecipanti, + un altro membro.
Nel caso proposta non sia della Commissione o dellAlto rappresentante, per maggioranza qualificata si intende
almeno il 72% dei membri del Consiglio che totalizzano almeno il 65% della popolazione.
Per alcune deliberazioni richiesta lunanimit, astensione non ne impedisce ladozione.
Essa prevista ogni volta che Consiglio voglia discostarsi dalla posizione formalmente espressa dalla Commissione o
quando sulla posizione del Consiglio stato voto negativo del Parlamento. Ipotesi in cui prevista unanimit
ulteriormente ridotte dal Trattato di Lisbona; riguardano ambito di Politica estera e di sicurezza comune o situazioni
in cui il Consiglio chiamato a deliberare in via generale o con limiti poco definiti ad es. :

provvedimenti opportuni per combattere discriminazioni

misure relative sicurezza o protezione sociale


talune azioni generali di politica ambientale

stipulazione di accordi internazionali nei settori in cui sul piano interno prevista lunanimit

5. COMMISSIONE
La Commissione , al contrario del Consiglio, un organo di individui, nel senso che i suoi membri esercitano le loro
funzioni in piena indipendenza nellinteresse generale della Comunit, e non accettano istruzioni da nessun governo.
Fino al 31 ottobre 2014, la Commissione sar composta da un cittadino di ciascuno Stato membro, compreso il
Presidente e lAlto rappresentante dellUnione per gli affari esteri. A decorrere dal 1 novembre 2014 il numero di
membri potrebbe essere ridotto in modo da corrispondere soltanto ai due terzi del numero degli Stati membri. Il
mandato dei Commissari rinnovabile ed di 5 anni. La responsabilit di nomina del Presidente e dei membri della
Commissione spetta al Consiglio europeo che:

propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di Presidente, proposta che deve essere approvata
dal Parlamento con deliberazione a maggioranza dei membri che lo compongono

Consiglio europeo e Parlamento sono congiuntamente responsabili dellintero processo

candidato eletto dal Parlamento europeo con delibera a maggioranza dei membri che lo compongono
qualora candidato non ottenga maggioranza, il Consiglio europeo, con maggioranza qualificata, entro un
mese designa nuovo candidato

Consiglio procede poi alladozione dellelenco delle persone che intende nominare come commissari. Commissione
nellinsieme sottoposta poi ad un voto di approvazione del Parlamento europeo.
Al Presidente affidata lorganizzazione interna e il coordinamento dellattivit della Commissione. Il ruolo del
Presidente ha assunto maggiore connotazione politica: definisce indirizzo politico della Commissione, ha potere
ampio nella strutturazione e ripartizione delle competenze ai Commissari; previa approvazione del collegio, nomina i
vicepresidenti, ad eccezione dellAlto rappresentante e pu far rassegnare dimissioni ai membri della Commissione.
Ciascun commissario ha la responsabilit di un settore di attivit e pu adottare misure di gestione specifiche.
- La Commissione partecipa in modo sostanziale al processo di formazione delle norme; ha un autonomo potere di
decisione in settori specificamente definiti dal Trattato e, qualora il Consiglio lo preveda, un potere delegato.
Il potere di proposta degli atti legislativi esclusivo della Commissione, salvo che i trattati non dispongano
diversamente. La proposta della Commissione (che pu anche essere sollecitata dal Consiglio o dal Parlamento o da
cittadini unione in numero di almeno 1 milione) il frutto di valutazioni tecniche, economiche e politiche. Progetto
di proposta che viene esaminato dal servizio giuridico e da commissioni di esperti, anche esterni alla struttura;
vengono poi sentiti gli organismi di categoria e alloccorrenza le parti sociali; infine sottoposto allapprovazione
collegiale.
- Alla Commissione spetta lesecuzione del Trattato e degli atti derivati, sotto profili del controllo sullosservanza del
diritto dellUnione e dellesecuzione in senso proprio.

Il potere di controllo vigila sullapplicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virt dei trattati e
sullapplicazione del diritto dellUnione europea sotto controllo della Corte di giustizia. generale e si estrinseca
soprattutto nella verifica dellosservanza degli obblighi da parte degli Stati membri.
A tal fine previsto meccanismo di contestazione delle infrazioni che Commissione attiva nei confronti dello Stato
inadempiente.
Sotto profilo dellesecuzione la Commissione esercita funzioni di coordinamento, esecuzione e di gestione alle
condizioni stabilite dai trattati. La Commissione ha poi potere generale, nei limiti e alle condizioni fissate dal
Consiglio, di raccogliere tutte le informazioni e di procedere a tutte le verifiche necessarie per lesecuzione dei
compiti.
La Commissione infine ha un autonomo potere di decisione in alcune ipotesi tassativamente specificate: ad es.
esenzioni individuali in materia di concorrenza, imprese pubbliche, aiuti di Stato e competenze relative al controllo
della Commissione sulla disciplina delle imprese pubbliche e delle imprese cui gli Stati abbiano attribuito diritti
speciali o esclusivi.

6. LALTO RAPPRESENTANTE DELLUNIONE PER GLI AFFARI ESTERI E LA POLITICA DI SICUREZZA


Nuova figura istituzionale introdotta dal Trattato di Lisbona. La nomina spetta al Consiglio europeo con delibera a
maggioranza qualificata e con accordo del Presidente della Commissione. A differenza degli altri membri della
Commissione per lui non vale il divieto di sollecitare o di sollevare istruzioni da altre istruzioni agendo egli come
mandatario del Consiglio. In caso di mozioni di censura le dimissioni investiranno soltanto la sua carica in
Commissione e non anche le funzione svolte in Consiglio. Soltanto Consiglio europeo pu porre fine al suo mandato.
ha il compito di guidare la politica estera e di sicurezza comune, di contribuire con sue proposte a tale
politica e di attuarla
assicura attuazione delle decisioni adottate dal Consiglio europeo e dal Consiglio
riveste un doppio ruolo, da un lato presiede il Consiglio nella formazione affari esteri e dallaltro fa parte
della Commissione essendo uno dei vicepresidenti; in questo ruolo vigila sullazione esterna, ha
responsabilit dello svolgimento dei compiti attribuiti alla Commissione nel settore relazioni esterne e del
coordinamento con altri aspetti dellazione esterna dellUnione.
Nellesercizio delle sue funzioni si avvale del servizio europeo per lazione esterna.

7. LA CORTE DI GIUSTIZIA ( E IL TRIBUNALE) DELLUNIONE EUROPEA


La Corte di Giustizia listituzione a cui attribuito il controllo giurisdizionale:
Sulla legittimit degli atti e dei comportamenti delle istituzioni comunitarie rispetto ai trattati;
Sullinterpretazione del diritto comunitario; e la compatibilit delle norme, degli atti amministrativi o delle
prassi nazionali con i Trattati e gli atti di diritto comunitario derivato.
Comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati.
E composta da un giudice per Stato membro ed assistita da avvocati generali (per ora 8). Ha sede a Lussemburgo
ed organo di individui.
Giudici e avvocati sono nominati di comune accordo dagli Stati membri per la durata di 6 anni, tra personalit che
offrano tutte le garanzie dellindipendenza e che riuniscano le condizioni per lesercizio delle pi alte funzioni
giurisdizionali, o che siano giuristi di notoria competenza. Il mandato pu essere rinnovato. Trattato di Lisbona ha
introdotto obbligo della previa consultazione di un comitato composto da 7 personalit tra ex membri della Corte di
giustizia e del Tribunale.
Il Presidente della Corte viene eletto tra i giudici per 3 anni. Egli dirige lattivit della Corte, presiede le udienze
plenarie, designa il giudice relatore per ogni causa ed esercita tutte le competenze che il regolamento di procedura
gli attribuisce. Di rilievo la competenza in materia di provvedimenti cautelari e di urgenza, nonch di sospensione
dellesecuzione delle sentenze.

Lavvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente conclusioni scritte e motivate nelle cause trattate
dinanzi alla Corte. Tali conclusioni non riguardano tutte le cause, ma solo quelle che lo richiedono rispetto allo
Statuto della Corte. La Corte potr escludere le conclusioni dellavvocato generale, quando la causa non presenti
nuovi punti di diritto. Il ruolo dellavvocato generale di amicus curiae, non di difensore di una parte ma del diritto.
La Corte pu sedere sia nella sua composizione plenaria, il c.d. gran plenum, ovvero nella composizione di piccolo
plenum, denominato grande sezione; sia in sezioni di 5 o di 3 giudici. Per una maggiore flessibilit nel sistema,
consentita la rimessione alle sezioni in ogni caso (salvo che la grande sezione non sia espressamente richiesta).
I casi di ricorso alla plenaria sono limitati alle cause promosse:
contro il Mediatore per mancanza delle condizioni necessarie o colpa grave;
contro i membri della Commissione per violazione degli obblighi connessi allesercizio delle loro funzioni;
contro i membri della Corte dei Conti per mancanza dei requisiti previsti o violazione degli obblighi;
per limportanza eccezionale del giudizio.
La Corte pu deliberare validamente solo in numero dispari.
La Corte di giustizia nomina per un periodo di 6 anni il Cancelliere che si occupa della tenuta delle cause, della
ricezione degli atti e dei documenti ad esse relativi e provvede allamministrazione e alla gestione finanziaria della
Corte, sotto la responsabilit del Presidente.

TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA EUROPEE: LAtto unico ha previsto che il Consiglio potesse con
decisione unanime affiancare alla Corte un altro organo giurisdizionale. Tale previsione, ha trovato attuazione in una
decisione del 1988 con cui stato istituito il Tribunale di primo grado delle Comunit europee. Le modifiche
apportate del trattato di Maastricht hanno inciso sulla collocazione del nuovo organo nellambito del sistema
istituzionale comunitario.
Infatti, il Tribunale divenuto parte integrante dellapparato giurisdizionale comunitario. Il Trattato di Nizza e poi
quello di Lisbona hanno completato questo percorso riconoscendo il ruolo di giurisdizione autonoma attribuito al
Tribunale.
Esso composto da almeno un giudice per Stato membro, con requisiti analoghi a quelli dei membri della Corte e
con le stesse modalit. Anchesso ha sede a Lussemburgo.
Diversamente dalla Corte, il Tribunale non viene sistematicamente assistito dallavvocato generale, il quale viene
nominato solo quando il Tribunale siede in plenaria o allorch lo esigono le difficolt in diritto ovvero la complessit
in fatto della causa.
La competenza del tribunale, limitata in un primo momento al contenzioso del personale e ai ricorsi individuali in
materia di concorrenza, stata estesa a tutti i ricorsi diretti.
Lo Statuto ha alterato il riparto di competenze tra Corte di giustizia e Tribunale:
Alla prima:
ricorsi di annullamento e in carenza presentati dalle istituzioni o dagli Stati riguardanti atti del Parlamento e
del Consiglio
atti della Commissione in tema di cooperazione rafforzata
Al Tribunale:
tutti i ricorsi avverso gli atti della Commissione
questioni pregiudiziali, sia pure in materie specifiche indicate nello Statuto in questi casi il Tribunale potr
anche decidere di rinviare la decisione alla Corte, qualora ravvisi la necessit di una decisione di principio
tale da poter compromettere lunit o la coerenza del diritto comunitario.
inoltre, previsto che la sentenza del tribunale possa essere sottoposta a riesame dinanzi la Corte di Giustizia, solo
eccezionalmente e se sussistano gravi rischi che lunit o la coerenza del diritto comunitario siano compromesse.
Liniziativa affidata allavvocato generale.

Nellambito dei ricorsi diretti, le sentenze del tribunale possono essere impugnate dinanzi alla Corte solo per motivi
di diritto. Limpugnazione spetta, oltre che alla parte soccombente, agli Stati membri e alle istituzioni (anche quando
non abbiano partecipato al giudizio di primo grado).
Il Consiglio ha introdotto una modifica significativa, sancendo la possibilit che il Tribunale decida anche con giudice
unico. La sezione dinanzi alla quale la causa pende pu allunanimit assegnarla ad un giudice unico, salvo
opposizione di uno Stato membro o di unistituzione comunitaria. esclusa lassegnazione ad un giudice unico
quando la causa solleva questioni di legittimit di un atto a portata generale ovvero si verta in materia di
concorrenza, aiuti, organizzazione comune dei mercati.
Trattato di Nizza attribuito al Consiglio la facolt di istituire camere giurisdizionali, chiamata tribunali specializzati
dal Trattato di Lisbona, competenti a conoscere in primo grado talune categorie di ricorsi in materie specifiche.

8. BANCA CENTRALE EUROPEA


Il Trattato di Lisbona ha inserito tra le istituzioni a pieno titolo la Banca centrale europea(BCE).
Il Sistema europeo delle Banche centrali composto dalla BCE e dalla banche centrali degli Stati membri. La BCE,
con sede a Francoforte, ha un comitato esecutivo, composto da un Presidente, un vicepresidente e quattro membri,
nominati per 8 anni a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo, su raccomandazione del Consiglio e previa
consultazione del Parlamento e del consiglio direttivo della BCE (comprende membri del comitato esecutivo ed i
governatori delle banche centrali degli Stati membri). La banca centrale ha personalit giuridica ed ha il diritto
esclusivo di autorizzare lemissione delleuro. Nellesercizio delle sue funzioni e nella gestione delle sue finanze gode
di indipendenza. Nei settori di sua attribuzione consultata su ogni progetto di atto dellUnione e su ognuno a livello
nazionale. tenuta a trasmettere a Parlamento, Consiglio e Commissione un rapporto annuale.

9. CORTE DEI CONTI


Istituita nel 1975, la Corte dei conti ora compresa nel novero delle istituzioni.
Ha sede a Lussemburgo, organo di individui ed composta da un cittadino per Stato membro, designati dai
rispettivi governi. I membri designati sono nominati dal Consiglio con deliberazione a maggioranza qualificata, previa
consultazione del Parlamento. I membri della Corte restano in carica 6 anni e il loro mandato rinnovabile.
La Corte dei conti:
Assiste lautorit di bilancio;
Assicura il controllo sulla gestione finanziaria dellUnione: a tal fine esamina tutte le entrate e le spese
dellUnione e degli organismi da questa creati, tranne espressa esclusione.
Laffidabilit dei conti e la legittimit e la regolarit delle relative operazioni attestata in una dichiarazione
presentata al Consiglio ed al Parlamento. Alla chiusura dellesercizio, la Corte dei conti presenta la relazione annuale.
Essa pu istituire al suo interno delle sezioni competenti per specifiche categorie di relazioni o di pareri. Inoltre,
stato previsto un maggiore raccordo con le corrispondenti istituzione nazionali di controllo.
La Corte dei conti legittimata ad agire dinanzi alla Corte di giustizia limitatamente alla difesa delle proprie
prerogative. I suoi atti, in quanto non vincolanti, non sono impugnabili.

10. ALTRI ORGANI


1) Il Comitato economico e sociale (CES), organo consultivo di individui dellUnione, composto dai rappresentanti di
diverse categorie della vita economica e sociale (max 350). Trattato di Lisbona ha ampliato la composizione,
includendovi i rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori rapp
della societ civile. I membri sono nominati per 5 anni del Consiglio su proposte presentate da Stati membri previa
consultazione della Commissione ed eventualmente delle diverse organizzazioni rappresentative.

2) Il Comitato delle regioni, istituito dal Trattato di Maastricht un organo consultivo di individui (max 350) i cui
membri sono nominati dal Consiglio, su proposta degli Stati membri, per 5 anni rinnovabile. Essi sono indipendenti
dagli Stati membri ed agiscono nellinteresse generale della Comunit, ma nello stesso tempo devono essere titolari
di un mandato elettorale nellambito di una collettivit regionale o locale.
Il Comitato delle regioni deve essere consultato nei casi previsti dal Trattato o quando il Consiglio, la Commissione o
il Parlamento lo ritengano opportuno. Pu anche formulare pareri di propria iniziativa (in materie quali la sanit, la
cultura, ecc.).
Tra novit introdotte dal Trattato di Lisbona vi riconoscimento del potere di ricorso alla Corte di giustizia in
particolare per denunciare la violazione del principio di sussidiariet, qualora tale violazione sia dovuta ad atti
legislativi sui quali richiesta la sua consultazione.
3) La Banca europea per gli investimenti inserita da sempre nello scenario istituzionale comunitario, anche se non
mai stata compresa tra le istituzioni.
La Banca, dotata di personalit giuridica, opera sui mercati finanziari come un istituto di credito, anche se non ha fini
di lucro e si muove nellottica dello sviluppo equilibrato del mercato comune. Essa facilita la realizzazione dei
programmi di investimento congiuntamente agli altri meccanismi finanziari dellUnione.
4) Il Trattato di Maastricht ha introdotto la figura del Mediatore europeo, il cui ruolo quello di difendere gli
interessi dei cittadini nei confronti dellautorit, la cui lesione non sarebbe traducibile in azioni giudiziarie.
Il Mediatore europeo, nominato dal Parlamento per la durata della legislatura, con mandato rinnovabile, organo di
individui ed esercita le sue funzioni in completa indipendenza. Egli riceve le denunce di qualsiasi cittadino
dellUnione, o di qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia sede in uno Stato membro, relativamente ai
casi di cattiva amministrazione delle istituzioni comunitarie, fatta eccezione per la Corte di giustizia e il tribunale
nellesercizio della funzione giurisdizionale.
Sulla base di tale denuncia o anche di propria iniziativa, il Mediatore svolge le indagini che ritiene utili e, in caso di
conclusione positiva, ne investe lautorit interessata. Questultima gli deve comunicare il proprio punto di vista
entro 3 mesi. Allesito della procedura il Mediatore trasmette una relazione al Parlamento europeo e allistituzione
interessata.
5) Vi sono, inoltre, alcune Agenzie, che hanno competenze per lo pi tecniche e di supporto informativo per gli Stati
membri e le istituzioni comunitarie. Rispondono ad una logica di decentralizzazione. Dipendono generalmente dalla
Commissione. Loro obiettivi possono essere molteplici.
6) Nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia vi lEurojust ossia Unit europea di cooperazione
giudiziaria. Competenze in materia di lotta alla criminalit organizzata. Agevola cooperazione con la Rete giudiziaria
europea nellesecuzione delle rogatorie e delle domande di estradizione.
7) Europol compito di sostenere e potenziare lazione delle autorit di polizia e di altri servizi incaricati
dellapplicazione della legge degli Stati membri e reciproca collaborazione nella prevenzione e lotta contro
criminalit grave, terrorismo e forme di criminalit che ledono un interesse comune.
11. RUOLO DELLE ISTITUZIONI
A) Nel processo di formazione delle norme.
Il Trattato di Lisbona ha introdotto novit sostanziali quanto alliter di procedura di formazione degli atti.
Infatti, a mente degli artt. 14 e 16 TUE la funzione legislativa esercitata congiuntamente dal Consiglio e dal
Parlamento.
Tale competenza pu essere esercitata attraverso la procedura ordinaria ovvero attraverso procedure legislative
speciali.
Lart. 48, n. 7 , 2 c. TUE (Quando il trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede che il Consiglio adotti
atti legislativi secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio europeo pu adottare una decisione che
consenta l'adozione di tali atti secondo la procedura legislativa ordinaria) prevede una sorta di passerella tra la
procedure speciali e quella ordinaria.

previsto che il Consiglio Europeo, allunanimit e previa approvazione del Parlamento europeo, adotti una delibera
con la quale autorizzi la procedura ordinaria per la adozione di atti legislativi per i quali prevista la procedura
speciale.
In questo caso necessario che nessun Parlamento nazionale al quale la proposta va notificata si opponga.
Sono previste passerelle anche i relazione ad altre determinate materie, nonch nellambito delle cooperazioni
rafforzate.
Le competenze attribuite dal Trattato alle singole Istituzioni fa risaltare con chiarezza che la funzione normativa
esercitata nella sostanza dal Consiglio, ma con la partecipazione sempre pi significativa del Parlamento, il cui
apporto si andato progressivamente accrescendo.
Un insieme di atti normativi che investono non solo la sfera giuridica degli Stati ma anche direttamente quella dei
singoli, non pu essere lasciato alla sola responsabilit di un Organo (il Consiglio) che sola espressione degli
esecutivi dei paesi membri.
Si impone quindi che il Parlamento, investito della rappresentanza dei cittadini con il suffragio universale, e la
Commissione, organo di mediazione e di filtro tecnico delle istanze politiche, assumano responsabilit forti anche
relativamente alle scelte normative.
Tutto ci non esclude che la responsabilit principale per il conseguimento degli obiettivi che sono fissati con
Trattati, e, quindi, di diritto internazionale, ricada ancora sugli Stati e, dunque, sul Consiglio.
N va dimenticato che i membri del Consiglio, in quanto espressione dei rispettivi Governi nazionali, godono di una
legittimazione originaria e diretta responsabilit nei confronti dei rispettivi Parlamenti.
a) La procedura legislativa ordinaria
disciplinata dallart. 294 TFUE.
piuttosto complessa ed ha lobiettivo di accentuare il dialogo tra le Istituzioni chiamate ad intervenire.
A. La Commissione presenta una proposta al Parlamento ed al Consiglio. (in casi previsti liniziativa pu avere
luogo attraverso un gruppo di Stati membri o del Parlamento Europeo);
B. Sulla proposta il Parlamento adotta la sua posizione che viene trasmessa al Consiglio.
C. Se il Consiglio approva la posizione del Parlamento, latto adottato nella formulazione del Parlamento;
D. Se il Consiglio NON approva, esprime la sua posizione:
a. In prima lettura che comunica al Parlamento il quale deve essere informato dei motivi che
sostengono tale posizione;
b. Inizia la seconda lettura : il Parlamento ha tre mesi di tempo per approvare la posizione del
Consiglio, in tale caso latto si considera adottato nella formulazione che corrisponde alla posizione
del Consiglio. Lo stesso dicasi se il Parlamento non si esprime nei tre mesi successivi.
Quadro cambia se:
E. Il Parlamento a maggioranza dei suoi membri dichiara:
a. di volere respingere la posizione del Consiglio, latto si considera non adottato
b. propone emendamenti, il Consiglio entro tre mesi pu accoglierli tutti e latto si considera adottato
nella formulazione corretta dagli emendamenti;
F. Nellipotesi in cui il Consiglio non approvi latto in questione viene attivato il Comitato di conciliazione (art.
294 TFUE) composto da un numero pari di membri delle due istituzioni, due ipotesi:
a. il Comitato di conciliazione riesce in 6 settimane a definire un progetto comune
b. se entro il termine non stato approvato un progetto comune, latto proposto si considera definitivamente
non adottato
Qualora il Comitato approvi un progetto comune inizia la
a. Terza lettura, il progetto dovr essere approvato definitivamente nelle 6 settimane successive.

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La procedura legislativa ordinaria stata ampiamente estesa dal Trattato di Lisbona.(v. pag. 69/70 per ipotesi)
b) Le procedure legislative speciali.
Art. 289 TFUE Nei casi specifici previsti dai trattati, l'adozione di un regolamento, di una direttiva o di una decisione
da parte del Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio o da parte di quest'ultimo con la partecipazione
del Parlamento europeo costituisce una procedura legislativa speciale .
Le modalit di partecipazione delle due istituzioni sono molteplici e di conseguenza sono numerose le procedure
speciali contemplate dai trattati.
Pi frequenti sono i casi in cui la delibera del Consiglio deve essere preceduta dalla consultazione del Parlamento,
consultazione che non vincolante ma obbligatoria.
La consultazione previa del Parlamento assume il carattere di elemento sostanziale della validit dellatto, che sar
viziato da nullit quando se ne riscontri lomissione.
La consultazione rappresenta lo strumento di effettiva partecipazione del Parlamento al processo legislativo
dellUnione.
Il Parlamento deve avere espresso effettivamente la propria posizione non essendo sufficiente una semplice
richiesta di parere da parte del Consiglio.
Ci significa che quando il Trattato prevede la previa consultazione del Parlamento, il Consiglio non pu adottare un
atto che non rifletta esattamente la proposta della Commissione cos come esaminata dal Parlamento.
La procedura risulta rispettata solo se il testo definitivo approvato dal Consiglio sia esattamente quello portato dalla
Commissione al Parlamento per il previo parere.
c) La formazione degli atti nel settore della politica estera e di sicurezza comune
Per quanto riguarda gli atti di politica estera o di sicurezza comune il Trattato di Lisbona introduce significative novit
sotto il profilo della formazione di alcuni di essi, in particolare delle decisioni.
evidente la riduzione della funzione del Parlamento ad un ruolo meramente consultivo (art. 36 TUE) e la perdita del
monopolio della Commissione per lesercizio delliniziativa legislativa.
Infatti secondo lart. 30 TUE Ogni Stato membro, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica
di sicurezza, o l'alto rappresentante con l'appoggio della Commissione, possono sottoporre al Consiglio questioni
relative alla politica estera e di sicurezza comune e possono presentare rispettivamente iniziative o proposte al
Consiglio.
Lart. 31 impone una regola dellunanimit per la adozione di qualunque tipo di decisione, con alcuni correttivi tesi a
attenuare la rigidit di tale previsione.
Fra questi correttivi, quello per il quale la astensione non inficia la validit del voto, e lintroduzione della astensione
costruttiva consistente nella possibilit per gli Stati membri di una dichiarazione che motivi il proprio non voto.
La regola dellunanimit viene meno per gli atti di mera esecuzione o per quelli discendenti da atti adottati
allunanimit.
Quindi in base al secondo paragrafo dellart. 31 TUE il Consiglio pu deliberare su questi atti a maggioranza
qualificata secondo il metodo del voto ponderato.
Segue: B) Nellapprovazione del Bilancio.
LUnione Europea era in origine finanziata con contributi degli Stati membri.
Lart. 311, c.2 TFUE sancisce che il bilancio dellUnione finanziato integralmente con risorse proprie:
a. Prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, dazi della tariffa doganale comune e altri
dazi fissati sugli scambi con i paesi terzi;
b. Una aliquota sullimponibile IVA pari alla percentuale del PNL dello 0,30%;
c. Unaliquota sul PNL da determinarsi anno per anno

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d. Limporto totale delle risorse proprie non pu comunque superare l1,24% del totale del PNL degli
Stati membri.
Le spese devono essere contenute entro i limiti delle risorse proprie e sono programmate su base pluriennale
attraverso un quadro finanziario adottato dal Consiglio allunanimit previa approvazione del Parlamento.
La Procedura di approvazione del Bilancio: disciplinata dallart. 314 TFUE.
Il Trattato di Lisbona ha statuito che il Parlamento Europeo assuma relativamente alla approvazione del bilancio, una
posizione equiparata a quella del Consiglio.
In particolare, il Parlamento ed il Consiglio ricevono dalla Commissione una proposta contenente il progetto di
bilancio entro il 1 settembre di ogni anno.
Il Consiglio adotta la sua posizione e la comunica in prima lettura al Parlamento che entro 42 giorni pu approvare la
posizione oppure restare tacito, in entrambe le ipotesi il bilancio adottato.
Il Parlamento pu, invece, proporre emendamenti con la maggioranza dei membri.
In tale ipotesi inizia la fase di conciliazione il Presidente del Parlamento, dintesa con il Presidente del Consiglio,
convoca il comitato di conciliazione, il quale chiamato a riunirsi solo se entro 10 giorni il Consiglio non comunica di
approvare tutti gli emendamenti proposti dal Parlamento.
In caso negativo il Comitato si riunisce e ha il compito di giungere ad un accordo su un progetto comune.
Se entro 21 giorni tale accordo non si raggiunge, la Commissione deve presentare un nuovo progetto di bilancio.
Se laccordo raggiunto, Parlamento e Consiglio dispongono di 14 giorni per approvarlo.
Il bilancio si considera definitivamente approvato quando:
A. entrambe le istituzioni approvano il progetto comune;
B. il Parlamento approvato il progetto comune respinto dal Consiglio entro 14 giorni, deliberi, a maggioranza
qualificata dei tre quinti dei membri che lo compongono, di confermare tutti gli emendamenti presentati.
Quando la procedura stata espletata il Presidente del Parlamento constata che il bilancio definitivamente
adottato.
Lesecuzione del bilancio curata dalla Commissione in cooperazione con Stati membri.
Segue C) Nella stipulazione di accordi internazionali.
LUnione ex art. 47 del TUE ha la capacit giuridica pu, dunque, stipulare accordi internazionali.
Il Trattato attribuisce espressamente allUnione il potere di stipulare accordi tariffari e commerciali.
In una prima fase, in forza del principio di attribuzione delle competenze, si riteneva che in settori diversi da quelli
espressamente previsti dai Trattati lallora Comunit dovesse lasciare il campo agli Stati membri.
La prassi e la giurisprudenza hanno adottato una prospettiva pi ampia riassunta nella formula del parallelismo tra
competenze interne e competenza esterna, nel senso che la seconda si estende sino ai limiti di esercizio delle prime.
La premessa di questo orientamento che lart. 47 TUE comporta la possibilit di intrattenere rapporti contrattuali
con i Paesi terzi nellinsieme dei settori disciplinati dai Trattati.
La portata della competenza stata inoltre precisata nel senso che essa esclusiva in tema di politica commerciale.
Tuttavia il parallelismo delle competenze che funge da parametro nella verifica dellestensione delle competenze,
nel senso che va definita lampiezza della competenza esclusiva dellUnione rispetto a quella concorrente condivisa
con gli Stati membri e a quella esclusiva che gli stessi si sono comunque riservati.
In definitiva i Trattati hanno consolidato i principi gi enucleati dalla giurisprudenza della Corte e della conseguente
prassi delle Istituzioni ribadendo lambito delle competenze dellUnione e degli Stati membri, suddivise in esclusive,
concorrenti, riservate.
Sulla stipulazione degli accordi internazionali il Parlamento chiamato a formulare semplicemente un parere.

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In casi di urgenza il Consiglio pu fissare un termine per la formulazione di tale parere, decorso il quale pu
comunque deliberare.
previsto che il Parlamento Europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare alla Corte di Giustizia un
parere circa la compatibilit di un accordo con i Trattati.

CAPITOLO II: LE NORME


1. LE NORME CONVENZIONALI
Norme primarie del sistema giuridico dellUnione sono le norme convenzionali contenute nei Trattati Istitutivi delle
Comunit e negli accordi che successivamente sono stati stipulati per modificare o integrare tali Trattati. Norme
primarie il Trattato sullUnione europea ed il Trattato sul funzionamento dellUnione europea.
Sullo stesso piano di norme primarie vanno considerati gli Atti del Consiglio che abbisognano di procedure
costituzionali recettizie (ratifica).
Queste norme primarie, congiuntamente ai principi generali di diritto internazionale di fonte consuetudinaria sono
state riferite alla nozione di Costituzione della Comunit Europea.
Quale che sia lespressione usata tali norme regolano in via primaria la vita di relazione allinterno dellUnione
creando situazioni giuridiche soggettive in capo agli Stati membri, alle Istituzioni europee, ai singoli.
Le stesse norme primarie attribuiscono portata normativa agli atti delle istituzioni (ex 249, oggi 288 TUE) che,
ponendosi al secondo livello, formano il diritto europeo derivato.
Principali normative convenzionali che si sono susseguite nel tempo sono:
A. CECA:Trattato che istituisce la Comunit europea del carbone e dell'acciaio (1952) : Obiettivo: creare tra i
paesi membri un'interdipendenza nel settore del carbone e dell'acciaio
B. Trattati di Roma - trattati CEE e EURATOM (1958) Obiettivo: istituire la Comunit economica europea (CEE)
e la Comunit europea dell'energia atomica (Euratom). Principali novit: estensione dell'integrazione
europea alla cooperazione economica generale
C. Trattato di fusione - trattato di Bruxelles (1967) Principali novit: creazione di un'unica Commissione e di
un unico Consiglio per le tre Comunit europee (CEE, Euratom, CECA). stato abrogato dal trattato di
Amsterdam.
D. Atto unico europeo (1986) obiettivo accelerare il processo decisionale in vista della realizzazione del
mercato unico.
E. Trattato sull'Unione europea - trattato di Maastricht (1993) Obiettivo: preparare la creazione dell'Unione
monetaria europea e gettare le basi per un'unione politica (cittadinanza, politica estera e di sicurezza
comune). Principali novit istituzione dell'Unione europea e introduzione della procedura di codecisione,
che conferisce al Parlamento maggiori poteri nel processo decisionale. Nuove forme di cooperazione tra i
governi dell'UE, ad esempio in materia di giustizia e affari interni.
F. Trattato di Amsterdam (1999) Principali novit: modifica, rinumerazione e consolidamento dei trattati UE e
CE. Processo decisionale pi trasparente (pi ampio ricorso alla procedura di codecisione).
G. Trattato di Nizza (2003) Principali novit: metodi per modificare la composizione della Commissione e
ridefinizione del sistema di voto in seno al Consiglio.
H. Trattato di Lisbona (2009) Principali novit: maggiori poteri per il Parlamento europeo, modifica delle
procedure di voto del Consiglio, iniziativa dei cittadini, un presidente permanente del Consiglio europeo,
l'istituzione di un alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e di un servizio diplomatico dell'UE.

Ne deriva che i criteri ermeneutici ed il regime giuridico sono quelli usati per i normali accordi internazionali.
Tuttavia i Trattati dellUnione rivelano caratteristiche specifiche ed ulteriori rispetto al genus cui appartengono:

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In primo luogo: contengono la definizione di un complesso istituzionale destinato ad esercitare le


competenze attribuite allente;

In secondo luogo:pur definendo lUnione quale organismo sovranazionale a finalit non universale ma con
competenza di attribuzione, lampiezza e lincisivit delle competenze, cosi come le modalit e i mezzi
attribuiti per il loro esercizio, vanno senza dubbio ad di l del modello tradizionale di organizzazione
internazionale. Invero i Trattati contenevano sin dallorigine un potenziale di sviluppo verso un complesso
integrato di Stati capaci di realizzare scopi ambiziosi. Tali scopi si sono consolidati con lAtto unico del 1986 e
con il Trattato di Maastricht con la prefigurazione, insieme con il mercato unico e lunione economica e
monetaria anche di unUnione Europea.
In terzo luogo: le norme primarie convenzionali e quelle derivate hanno forza ed incidenza diretta sulla
situazione giuridica soggettiva, oltre che della stessa Unione e degli Stati membri anche dei singoli.
In quarto luogo: hanno dotato lUnione di un meccanismo di controllo giurisdizionale imperniato sulla Corte
di Giustizia che ha competenza non solo sulla legittimit dellesercizio delle competenze attribuite, ma anche
sullarmonia del sistema giuridico complessivo composto da norme internazionali, norme dellUnione e
norme nazionali.

Tutto ci comporta che le norme dellUnione vanno interpretate teleologicamente nel senso pi favorevole al
perseguimento dei processi di integrazione.
La lettura deve cio ispirarsi alla reale volont sottesa alle norme ed allo scopo da queste perseguito.
La sfera di applicazione del diritto dellUnione coincide con quella dellinsieme dei diritti nazionali.
Va precisato che lart. 355 TFUE non esclude che le norme possano produrre effetti anche fuori del territorio
dellUnione.
2. REVISIONE DEI TRATTATI E DIRITTO DI RECESSO
La revisione dei trattati dellUnione disciplinata dallart. 48 del TUE che prevede una procedura ordinaria e due
semplificate:
1. Procedura di revisione ordinaria: pu essere attivata da uno Stato membro, dal Parlamento o dalla
Commissione. I progetti presentati possono essere diretti ad accrescere o ridurre le competenze attribuite.
a. I progetti sono trasmessi al Consiglio Europeo e trasmessi ai parlamenti nazionali, consultati il
Parlamento Europeo, alloccorrenza la commissione o la BCE nel settore monetario.
b. Il Presidente del Consiglio Europeo, qualora la Istituzione che presiede abbia adottato a maggioranza
semplice una decisione favorevole convoca una <<convenzione>> dei rappresentati dei Parlamenti
Nazionali, dei Capi di Stato o governo, del Parlamento Europeo e della Commissione
c. Il Consiglio Europeo pu, nondimeno, decidere di non convocare la convenzione;
d. La convenzione tenuta ad esaminare i progetti ed ad adottare una raccomandazione che invia ad
una conferenza dei rappresentati degli Stati.
e. La conferenza ha lo scopo di stabilire di <<comune accordo>> le modifiche da apportare ai trattati
che dovranno poi essere ratificati dai Parlamenti nazionali.
2. le procedure semplificate attribuiscono un ruolo preminente al Consiglio Europeo ed escludono la
convocazione della convenzione e della conferenza:
a. la prima procedura semplificata prevista solo per la modifica della parte terza del TFUE, essa
contempla solo lipotesi di riduzione delle competenze in tale parte contenute;
b. la seconda procedura semplificata contempla a sua volta due ipotesi, attivabili per iniziativa del
Consiglio Europeo con delibera unanime e previa approvazione del Parlamento Europeo:
i. la prima ipotesi concerne la possibilit che il Consiglio adotti a maggioranza qualificata al
posto dellunanimit richiesta nelle decisioni della parte V del TUE o per il TFUE;
ii. la seconda ipotesi riguarda la possibilit per il Consiglio di adottare atti legislativi secondo la
procedura ordinaria e non secondo procedura legislativa speciale.

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Le procedure di revisione dei Trattati dellUnione sono caratterizzate da una dialettica complessa tra le Istituzioni,
esse, peraltro, confermano la normale natura internazionale dei Trattati.
La natura internazionalistica dei Trattati confermata anche dal diritto di recesso, disciplinato dallart. 50 TUE che
prevede una procedura dettagliata.
Si apre con un negoziato volto a definire le modalit del recesso e si conclude con la procedura di cui allart. 218
TFUE, laddove per lo Stato recedente non parteciper ai negoziati dalla parte dellUE.
3. RIPARTIZIONE DI COMPETENZA TRA LUNIONE E GLI STATI MEMBRI: PRINCIPIO DELLE COMPETENZE DI
ATTRIBUZIONE, DI SUSSIDIARIETA E DI PROPORZIONALITA
I trattati istitutivi non avevano previsto una ripartizione di competenze tra Comunit e Stati membri.
Erano le norme materiali che stabilivano se nel settore da esse disciplinato godevano di competenza esclusiva tale da
precludere lintervento dello Stato membro.
Nel Trattato di Lisbona il Titolo I della Parte I del TFUE dedicato espressamente alle <<Categorie e settori di
competenza dellUnione>>.
1. Principio delle competenze di attribuzione:
a. lart. 5, 1 comma delimita lesercizio delle competenze sul principio di attribuzione, vincolando
lesercizio di tali attribuzioni ai principi di proporzionalit e sussidiariet
b. lart. 5, 2 comma ribadisce che lUnione agisce nel rispetto dei limiti e delle competenze ed essa
attribuite dagli Stati; norma che da un lato ribadisce la volont degli Stati membri di definire che
spetta ad essi soltanto attribuire poteri allUnione, dallaltro opera come norma di rinvio a tutti i
trattati stipulati.
c. Lart. 352 norma di chiusura o clausola di flessibilit- tuttavia amplia implicitamente la sfera di
azione dellUnione fornendo una base giuridica al formale ampliamento delle competenze seppure
non espressamente previste. Questa norma attribuisce al Consiglio il potere di deliberare
allunanimit, su proposta della Commissione e previa approvazione del parlamento, le disposizioni
del caso quando unazione, pure non prevista, si renda necessaria per raggiungere obiettivi fissati
dai trattati.
La norma in esame sembra riecheggiare la dottrina dei poteri impliciti in base alla quale uno Stato
federale si vede riconosciuta lattribuzione di nuove competenze nella misura necessaria al
raggiungimento dei fini statutari.
Ma, al contrario, lart. 352 TFUE prevede espressamente una formale procedura per lintegrazione
dei trattati.
Pertanto lambito di azione dellUnione non illimitato.
Inoltre lultima parte dellart. 5, 2 comma. prevede che <<Qualsiasi competenza non attribuita
allUnione dai Trattati appartiene agli Stati membri>>.
Ai sensi dellart. 2 TFUE le competenze dellUnione si distinguono in esclusive e concorrenti:

Nei settori di competenza esclusiva stabilito che solo lUnione europea pu emanare
atti giuridicamente vincolanti, ma specificato che gli Stati membri, previa
autorizzazione, possono legiferare autonomamente oppure dare attuazione agli atti
dellUnione. I settori di competenza esclusiva sono espressamente elencati <<unione
doganale, definizione delle regole di concorrenza; politica monetaria delleuro; politica
commerciale comune>>, inoltre la competenza esclusiva si estende agli accordi
internazionali contemplati in atti secondari.

Nei settori di competenza concorrente essi possono essere oggetto di attivit legislativa
sia da parte dellUnione sia da parte degli Stati membri, nondimeno lesercizio della
competenza statale costruito in termini residuali, in quanto espressamente affermato
che la competenza statale pu essere esercitata solo qualora le istituzioni non abbiano
fatto uso della propria. I settori di competenza concorrente sono <<mercato interno;

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politica sociale per quanto di competenza, coesione economica, agricoltura e pesca,


ambiente, protezione dei consumatori.
2. Principio di sussidiariet: lenunciazione del principio si trova non a caso dopo quello di attribuzione a
conferma della funzione di criterio flessibile attraverso il quale lesercizio (non la competenza) di
determinate competenze viene spostato in capo allUnione o lasciato agli Stati membri. Lintervento
dellUnione nelle materie di competenza non esclusiva costruito in termini negativi, vincolato cio al
verificarsi di due condizioni:
a. Che lazione dellUnione sia pi adeguata di quella realizzabile a livello Statale;
b. Che gli obiettivi perseguiti non possano essere sufficientemente realizzati con azione singola degli
Stati membri.
3. Principio di proporzionalit: impone di graduare, nellesercizio delle competenze sia esclusive che
concorrenti, i mezzi prescelti rispetto allobiettivo. Il principio di proporzionalit impone che lesercizio di
una determinata competenza risponda a tre requisiti:
a. Utilit e pertinenza: per la realizzazione dellobiettivo;
b. Necessari et ed indispensabilit: ovvero quando per il raggiungimento dello scopo possano essere
utilizzati altri mezzi la competenza dovr essere esercitata secondo il criterio della sostituibilit (
direttiva al posto di un regolamento);
c. Nesso logico tra azione esercitata e obiettivo: il cosiddetto criterio della casualit.
Il Trattato di Lisbona ha introdotto vincoli procedimentali in tema di principi di sussidiariet e di proporzionalit.
Infatti il Protocollo aggiuntivo attribuisce ai Parlamenti nazionali un ruolo autonomo di controllo del rispetto del
principio di sussidiariet e proporzionalit ex ante ed ex post.
1. ex ante: la Commissione tenuta a trasmettere ogni sua proposta al Consiglio contemporaneamente al
parlamento nazionale ed europeo, motivata alla luce dei principi di sussidiariet e proporzionalit.
Ogni parlamento nazionale pu, entro otto settimane, presentare un parere motivato ai Presidenti di
Parlamento, Commissione e Consiglio, con ragioni per le quali la proposta ritenuta non conforme al
principio di sussidiariet(allarme preventivo)
La commissione pu tuttavia decidere, motivando, di non modificare la proposta.
2. ex post: nellipotesi in cui latto venga adottato il Parlamento nazionale, attraverso il suo Governo pu
presentare ricorso per violazione del principio di sussidiariet realizzando cos controllo successivo
attraverso lorgano giurisdizionale dellUnione.

4. I PRINCIPI DEL DIRITTO DELLUNIONE


Nella prassi dellUnione lapplicazione dei principi di non poco rilievo.
A volte si tratta solo di criteri ermeneutici, ma il pi delle volte sono utilizzati al fine di individuare i limiti
dellesercizio dei poteri o per determinare la legittimit di un atto o di un comportamento di una istituzione o di uno
Stato membro.
In ogni caso si tratta di veri e propri parametri di legittimit, dunque, di norme idonee a creare diritti ed obblighi.
Le diverse espressioni utilizzate sembrano sminuire la portata di tali principi sottolineandone lorigine esterna al
sistema giuridico dellUnione.
Invece si tratta di principi propri del diritto dellUnione a tutti gli effetti a titolo originario, lunica distinzione possibile
semmai tra principi enunciati nei trattati e principi che sono il risultato della mera rilevazione del giudice.
Rilevante applicazione nella giurisprudenza della Corte hanno trovato alcuni principi specifici:
1. certezza del diritto: il principale profilo riguarda la trasparenza dellazione amministrativa, nel senso che la
normativa dellUnione deve essere chiara e la sua applicazione prevedibile. Lo stesso dicasi per lattivit

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richiesta alle amministrazioni degli Stati membri. A questo principio si fatto riferimento anche in relazione
al termine ragionevole (due mesi) dato alla Commissione per pronunciarsi sugli aiuti di Stato.
2. legittimo affidamento: un aspetto ulteriore del principio di certezza del diritto, utilizzabile come
parametro di legittimit degli atti. In generale viene invocato nellipotesi di modificazione improvvisa di una
disciplina , ovvero nel caso in cui lamministrazione abbia fatto sorgere nellinteressato un aspettativa
ragionevolmente fondata sulla congruit dei comportamenti.
3. proporzionalit: consente di verificare la legittimit di un atto in base alla sua idoneit, necessit e logicit
rispetto ai risultati che si vogliono conseguire.
4. delleffetto utile: collegato a quello della proporzionalit, consente di valutare un atto relativamente
alleffetto prodotto
5. di precauzione: la Corte ha definito tale principio nel senso che esso deve informare gli atti della U.E. che
debbono sempre prevedere ladozione di misure atte a prevenire rischi per la sicurezza e la salute, oltre che
per lambiente
6. di leale collaborazione: affermazione di principio molto ampia il cui uso frequente porta a diversi
significati:
a. leale collaborazioni degli Organi nazionali nei confronti delle Istituzioni UE: il caso:
i. in primo luogo come obbligo di facilitare le istituzioni stesse nellassolvimento dei loro
compiti, ad esempio nelle obbligazioni connesse ad una direttiva, nellesecuzione di una
decisione o delle sentenze della corte, del dovere di astensione quando iniziata una
procedura;
ii. in secondo luogo del dovere di cooperazione delle autorit nazionali per la realizzazione di
obiettivi del Trattato persino in carenza del legislatore dellUnione;
iii. in terzo luogo il dovere di collaborazione degli Stati membri per garantire piena efficacia
alla effettivit del sistema giuridico dellUnione
b. leale collaborazione tra Stati membri sia per la soluzioni di problemi specifici sia come
connotazione dei rapporti tra istituzioni e Stati membri: stato utilizzato per affermare un obbligo
di cooperazione tra Stati membri in funzione di una pi corretta applicazione del diritto dellUnione
c. obbligo di cooperazione delle Istituzioni dellUnione nei confronti degli Stati membri: la Corte ha
rilevato lobbligo per la Commissione di prestare la massima collaborazione agli Organi nazionali in
quanto il dovere di leale collaborazione non a senso unico, ma agisce in senso biunivoco.
Il Trattato di Lisbona richiamato espressamente il principio di leale collaborazione allart.4 TUE.

5. PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA
Il principio di uguaglianza trova riconoscimento nella forma di un divieto di discriminazione fondato sulla nazionalit
(art. 18 TUE) con applicazioni specifiche riguardo alle 4 libert sancite dal trattato: libera circolazione delle merci,
delle persone, dei servizi e dei capitali.
Nel trattato originario il principio di eguaglianza trova riferimento solo in funzione degli obiettivi di integrazione
economica.
stata levoluzione giurisprudenziale successiva che ha radicalmente mutato il quadro.
Oggi laffermazione del principio di uguaglianza rappresenta uno dei principi fondamentali del diritto dellUnione,
costante riferimento della giurisprudenza della Corte di Giustizia.
In proposito significativo che in relazione alla Direttiva 2000/78/CE Consiglio 2000, con la quale si stabilisce un
quadro generale di parit di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, la Corte di giustizia
abbia sottolineato che non tale direttiva a sancire il principio di parit di trattamento, principio che invece trova la
sua fonte originaria nelle varie convenzioni internazionali e nelle tradizioni costituzionali degli Stati membri.
Le conseguenze tratte dalla giurisprudenza sono due:

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il principio di non discriminazione principio generale del diritto dellUnione, sancito anche dalla Carta dei
diritti fondamentali dellUE, che, con il Trattato di Lisbona, assume lo stesso valore giuridico dei trattati.
Il principio provvisto di effetto diretto e prescinde dalle condizioni di applicabilit della direttiva, tanto da
imporre al giudice nazionale la sua applicazione in luogo di una legge nazionale configgente.
Nel merito il divieto di discriminazione impone che vietata ogni disparit di trattamento arbitraria.
Pertanto legittimo trattare in modo diverso situazioni diverse.
Sono illegittime, altres, le violazioni palesi del principio di uguaglianza, e bens quelle dissimulate o indirette.
Specificatamente la giurisprudenza europea si soffermata sulla retribuzione di genere per affermare il principio
della parit ( in condizioni uguali o paragonabili) come un generale principio di uguaglianza.
In definitiva la Corte ha inteso affermare, in materia di parit uomo donna, un principio di uguaglianza sostanziale
e non meramente formale. La giurisprudenza in materia di parit uomo-donna nella vicenda del rapporto di lavoro
ne la testimonianza pi significativa.
6. LA TUTELA DEI DIRITTI E LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLUNIONE EUROPEA
Lattenzione della giurisprudenza al principio di eguaglianza ed alla sua applicazione, scollegata da una espressione
normativa, sempre pi espressione del diritto fondamentale della persona parte di una considerazione pi ampia
in materia di diritti e di libert fondamentali.
I trattati dellUnione non contenevano alcuna disposizione in materia, anzi le previsioni riconoscevano diritti
allindividuo solo quale protagonista economico e non come persona.
Nei primi anni sessanta la Corte afferm la propria incompetenza a garantire il rispetto di norme interne in tema di
diritti umani, anche quando queste avessero il vigore di norme costituzionali.
Successivamente la Corte cambia orientamento affermando il primato e linevitabile interferenza della normativa
dellUnione con i diritti umani.
La Corte afferma che i diritti fondamentali delluomo quali risultano dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri
e dalla CEDU, fanno parte dei principi giuridici generali di essa garante.
In sostanza la Corte si riservata il compito di verificare il rispetto dei diritti fondamentali, beninteso nelle situazioni
in cui rileva la disciplina dellUnione.
Infatti il Controllo della Corte investe: gli atti dellunione; gli atti o i comportamenti nazionali che danno attuazione al
diritto dellUnione; le giustificazioni addotte da uno Stato membro per una misura nazionale.
Fra i diritti fondamentali che la Corte ha richiamato vanno ricordati: il diritto di propriet; il diritto del libero esercizio
di una attivit economica; lirretroattivit di norme penali; il ne bis in idem; la previsione legale dei reati e pene; il
rispetto del diritto della difesa ed il principio del contraddittorio; il diritto ad un processo equo e in tempi
ragionevoli, ecc.
Un cenno specifico merita il riconoscimento del diritto alla tutela giurisdizionale piena ed effettiva come garantito
dagli artt, 6 e 13 CEDU.
La giurisprudenza ha sviluppato il principio della effettivit della tutela giurisdizionale facendone derivare;
A. il principio di equivalenza: la tutela delle norme dellUnione deve essere almeno pari a quella garantita
dalle norme nazionali;
B. il principio delleffettivit: il sistema nazionale dei rimedi giurisdizionale deve essere tale da non rendere
impossibile o eccessivamente gravoso lesercizio dei diritti attribuiti al singolo da norme dellUnione.
Un punto di svolta stato lart. 6, n. 2 del Trattato di Maastricht in base al quale affermato che lUnione rispetta i
diritti fondamentali quali garantiti dalla CEDU e quali risultano dalle tradizioni costituzionali degli stati membri.
La giurisprudenza ha compensato ampiamente sia la mancanza di una disposizione materiale, sia il fatto che lUnione
in quanto tale non era parte della CEDU.
Adesione dellUnione alla Convenzione si sarebbe realizzata , secondo la Corte, solo attraverso una modifica del
Trattato. Comunque la mancata adesione dellUnione alla CEDU non ha comportato conseguenze di rilievo difatti

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non vi sono mai state divergenze rilevanti tra Corte di giustizia e Corte di Strasburgo riguardo alla valutazione dei
diritti fondamentali.
Nel 1999 Consiglio europeo di Colonia delibera predisposizione di una Carta dei Diritti Fondamentali dellUnione
europea. In occasione del Consiglio europeo di Nizza del 2000 la Carta solennemente proclamata senza che ad
essa sia conferito valore giuridico vincolante e deferendo decisione sul suo status alla successiva Conferenza.
La soluzione della questione arriva solo con il Trattato di Lisbona che attribuisce alla Carta di Nizza lo stesso valore
giuridico dei Trattati. Essa resta autonoma, ha contribuito a rafforzare la solida giurisprudenza della Corte di giustizia
e ha rappresentato un passo in avanti nel processo di integrazione.
7. IL DIRITTO DELLUNIONE DERIVATO
Il sistema normativo dellUnione comprende un ventaglio di atti giuridici adottati dalle Istituzioni dellUnione, nei
limiti delle competenze e con gli effetti che i Trattati sanciscono.
Questo insieme di atti si definisce diritto derivato, nel senso che essi derivano dai Trattati, dai quali traggono forza
cogente.
ovvio che essi non possono avere leffetto di restringere o modificare la portata dei trattati da cui derivano o della
giurisprudenza relativa.
Viene in luce lart. 288 del TFUE che sancisce la tipologia degli atti a mezzo dei quali le istituzioni dellUnione
esercitano le competenze loro attribuite: REGOLAMENTI, DECISIONI, DIRETTIVE, nonch RACCOMANDAZIONI e
PARERI.
Il Trattato di Lisbona, allart. 289 TFUE, introduce per regolamenti, direttive e decisioni una distinzione formale tra
atti legislativi e atti non legislativi, distinzione che dipende esclusivamente dalla procedura con la quale sono
adottati.
A. Atti legislativi: (art. 289, c.1): regolamenti, direttive e decisioni sono adottati con procedura legislativa, sia
essa ordinaria o speciale;
B. Atti delegati non legislativi: (art. 290, c.1) , regolamenti, direttive e decisioni sono adottati in base a
delega contenuta nellatto legislativo, che affida alla Commissione il potere di emanare questi atti delegati,
non legislativi, ma di portata generale che integrano elementi dellatto legislativo. Questi atti assumono
lattributo di delegati, per distinguerli da quelli che derivano da procedura legislativa. Gli atti delegati sono
soggetti al potere di controllo di Parlamento e Consiglio che possono revocare la delega.
C. Atti di esecuzione: (art. 291, c. 2) regolamenti direttive e decisioni assumono la denominazione <<di
esecuzione>>. Si tratta di atti meramente esecutivi degli atti legislativi. Si distinguono dagli atti delegati
perch:
a. destinati ad operare allinterno degli Stati membri;
b. il controllo sullesercizio delle competenze di esecuzione affidato agli Stati membri secondo
modalit stabilite dal Parlamento europeo e dal Consiglio mediante atti adottati con procedura
ordinaria(art. 291, c. 3)
8. GLI ATTI VINCOLANTI: REGOLAMENTI, DECISIONI E DIRETTIVE
Il Regolamento.
Esso rappresenta nellOrdinamento dellUnione lequivalente della legge negli ordinamenti statali.

Portata generale: La natura normativa trova fondamento nei caratteri precipui che lo qualificano, al pari
della legge il regolamento ha portata generale ed astratta, si rivolge a soggetti non determinati e limitati.

statuito dallart. 288, c.1 Il regolamento ha portata generale. Esso obbligatorio in tutti i suoi elementi e
direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri .
A nulla rileva se sia identificabile o meno il destinatario e se il regolamento sia suscettibile di applicazione
solo uno o pi stati, ci che lo qualifica come atto legislativo che i suoi effetti riguardino categorie
astrattamente considerate.

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Impugnabilit: Considerato che, ai sensi dellart. 263, c.4, (ex 230 i singoli, persone fisiche o Giuridiche
possono impugnare solo atti regolamentari che li riguardino direttamente e individualmente e non
comportino alcuna misura di esecuzione, la portata generale spesso sottoposta alla verifica della Corte di
Giustizia sotto il profilo della sua impugnabilit da parte dei singoli medesimi.

La natura dellatto deve essere valutata in relazione alla sostanza, non alla forma, cio riguardo agli effetti.

Obbligatoriet: Altra caratteristica data dallobbligatoriet, ci vuol dire che i destinatari sono tenuti a dare
applicazione completa ed integrale al regolamento con conseguente illegittimit di una sua applicazione
parziale.

Il carattere obbligatorio del regolamento preclude allo Stato la possibilit di formulare opposizioni o riserve.
Naturalmente proprio il carattere astratto e generale della norma comporta che il regolamento possa prevedere
deleghe ai sensi dellart. 290, c.1 alla Commissione di atti che lo completino.

Applicabilit: Il regolamento direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Conoscibilit: Il regolamento deve essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dellUnione. La mancata
pubblicazione non influisce sulla validit dellatto, ma ne impedisce la produzione di effetti obbligatori sino a
quando non venga pubblicato.
La decisione.
, al pari del Regolamento, atto obbligatorio in tutti i suoi elementi.
Se designa i destinatari obbligatorio solo nei confronti di questi.
Si differenzia per il fatto che esso il pi delle volte si riferisce a specifici destinatari ed dunque, privo di quella
portata generale e astratta.
La decisione, nella similitudine con gli ordinamenti interni, corrisponde in sostanza allatto amministrativo,
strumento utilizzato dallUnione quando chiamata ad applicare il diritto a singole fattispecie concrete che creano,
estinguono o modificano situazioni giuridiche soggettive.
La decisione pu avere quale destinatari tanto gli Stati, quanto persone fisiche o giuridiche.
Talvolta le decisioni hanno valenza generale, si tratta in questi casi di decisioni con le quali il Consiglio autorizza
lavvio di negoziati per accordi internazionali.
Impugnabilit: per gli effetti dellart. 263, c. 4, non pone alcun problema, salvo verifica della sostanza.
Obblighi: quando impone obblighi di pagamento per i singoli assume le vesti di titolo esecutivo (art. 299). Lunica
condizione lapposizione della formula esecutiva da parte dellautorit nazionale che il governo ha destinato a tale
funzione (in Italia il Ministero degli Esteri).
La procedura esecutiva sar a cura degli organi nazionali, cos come il controllo di regolarit sar dei giudici nazionali.
La sospensione dellesecuzione potr aver luogo solo per decisione della Corte di Giustizia.
Conoscibilit: la decisione deve essere notificata ai destinatari. richiesta invece la pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale dellUnione per le decisioni che non designino i destinatari.
La direttiva.
Secondo lart. 288, c.3 La direttiva vincola lo Stato membro cui rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.
Anchessa non ha portata generale, ma vincola solo lo Stato o gli Stati che ne sono destinatari.
Non diversamente da regolamento e decisioni, la direttiva produce effetti obbligatori, che cede in capo agli Stati
membri.
Lobbligo di risultato, ed di adottare tutte le misure necessarie a conseguire gli obiettivo posti, investe lo Stato e
tutti i suoi organi.
Dunque, la direttiva si limita a fissare il risultato, lasciando agli Organi dello Stato destinatario, la forma ed i mezzi
per attuare lobiettivo fissato.

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Tuttavia questo non sta a significare che tali disposizioni siano meno cogenti delle altre due, n attenua la
conseguenze sfavorevoli per lo Stato inadempiente.
La Corte di Giustizia ha stabilito che lesatta e puntuale attuazione di una direttiva tanto pi importante in quanto
le misure di attuazione sono lasciate alla discrezione degli Stati.
In questo contesto anche il termine per lentrata in vigore degli obiettivi posti tassativo.
Lo Stato che abbia difficolt di attuazione ha un solo rimedio, chiedere allIstituzioni una proroga del termine.
Daltro canto lo Stati pu dare applicazione alla direttiva anticipatamente, ma questo non vincola gli altri destinatari,
n costituisce termine per invocare il legittimo affidamento da parte di singoli soggetti quando altri Stati non
abbiano adempiuto.
Nella prassi, la caratteristica della direttiva di fissare gli obiettivi lasciando allo Stato il solo obbligo di risultato
venuta meno e non pochi sono i casi di direttive che non lasciano spazio allautonomia degli Stati.
Si parla di direttive dettagliate , la loro rilevanza si manifesta soprattutto nellimpatto con gli ordinamenti nazionali e
la sfera giuridica dei singoli, in quanto possono assumere la stessa portata ed efficacia dei regolamenti.
In dottrina c chi parla di illegittimit della direttiva dettagliata, proprio a ragione della sua natura sostanzialmente
regolamentare.

9. GLI ATTI NON VINCOLANTI: RACCOMANDAZIONI E PARERI


Previsti dallart. 288 TFUE: potere di adottare tali atti, data natura non vincolante, riconosciuto a tutte le istituzioni
dellUnione. Ruolo privilegiato alla Commissione che formula raccomandazioni o pareri quando il Trattato
espressamente lo preveda oppure quando lo ritenga necessario la Comm. stessa.
Raccomandazioni e pareri non facilmente distinguibili: le prime normalmente diretta agli Stati membri e prevedono
invito a conformarsi ad un certo comportamento, i pareri sono atto con cui le stesse istituzioni o altri organi
dellUnione fanno conoscere loro punto di vista su determinata materia.
Assenza di carattere vincolante non esclude comunque la produzione di effetti giuridici; i giudici nazionali devono
tenerne conto ai fini dellinterpretazione di norme nazionali o di altri atti vincolanti dellUnione.
Il Trattato non impone la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale ma normalmente comunque pubblicati per facilitarne
conoscenza ed efficacia.
10. ELEMENTI COMUNI AGLI ATTI DELLUNIONE: MOTIVAZIONE, BASE GIURIDICA, EFFICACIA NEL TEMPO
Motivazione.
Recita lart. 296, c. 2 Gli atti giuridici sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni,
richieste o pareri previsti dai trattati.
Perch lobbligo sia adempiuto , dunque, necessario che latto contenga la specificazione degli elementi di fatto e di
diritto sui quali listituzione si fondata.
La mancanza di motivazione rende latto annullabile ex art. 263, 2 c. per violazione delle forme sostanziali.
Lesigenza cui corrisponde lobbligo in parola, , da un lato, di far conoscere agli Stati membri ed ai singoli il modo in
cui lIstituzione ha applicato il trattato, dallaltro, di consentire alla Corte e al Tribunale di esercitare il proprio
controllo giurisdizionale.
Quando si tratti di precetti che arrecano pregiudizi o danni personali, lobbligo di motivazione si intende integrato da
quello di comunicazione allinteressato, sicch questi possa eventualmente adire le tutele giurisdizionali.
Lindagine sulla congruit delle motivazioni investe non solo il tenore letterale, ma anche il contesto normativo e
fattuale nel quale si colloca, mentre non necessario che siano specificati tutti gli elementi di fatto e di diritto.
Lobbligo di motivazione non richiede ladozione di formule particolari, essendo sufficiente che dal tenore dellatto si
evincano le ragioni di fatto e di diritto che lo sostengono.

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Cos, ad esempio, in relazione al principio di sussidiariet non necessario che esso sia espressamente menzionato,
essendo sufficiente che latto dia conto delle ragioni per le quali lIstituzione dellUnione ha ritenuta pi efficace la
propria azione rispetto a quella dei singoli Stati membri.
Il difetto e la carenza di motivazioni, sono vizi che si traducono nella violazione di forme sostanziali, sanzionata
dallart. 263, c. 2.
Il vizio di motivazione deve essere sollevato dufficio integrando motivi di ordine pubblico.
Base Giuridica.
necessario che latto faccia espresso riferimento ad una o a pi specifiche norme del trattato, norme primarie, cio
alla <<base giuridica>>.
La scelta deve essere operata in base agli elementi oggettivi e qualificanti dellatto che siano suscettibili di controllo
giurisdizionale.
Quando il provvedimento investe pi settori, bisogna ricercare il c.d. <<centro gravitazionale>> per qualificare latto
in termini di diritto.
Il richiamo ad una norma di diritto primario assume rilievo in base a tre distinti profili:
A. 1 profilo attiene alle competenze dellUnione, che sono informate al principio delle competenze di attribuzione;
B. 2 profilo attiene al riparto delle competenze tra le diverse istituzioni. evidente che ragione e certezza del
diritto pretendono che non si degradi in una confusione dei ruoli.
C. 3 profilo quello procedimentale, nella misura in cui la scelta delluna o dellaltra base giuridica implichi una
procedura di formazione del consenso e un diverso coinvolgimento del parlamento. Ne consegue la
connotazione in senso pi o meno democratico dellesercizio della funzione normativa.
Lomissione della base giuridica, altres, rileva sotto il profilo della categoria cui latto appartiene e persino della sua
efficacia vincolante.
Lefficacia vincolante riveste importanza in s , in quanto si tutela allesigenza di certezza e tutela giurisdizionale, in
quanto latto in cui sia omessa la base giuridica pu rappresentare ai suoi destinatari una situazione non
perfettamente chiara in relazione alla stessa obbligatoriet.
Efficacia nel tempo.
Latto entra in vigore nella data dallo stesso specificata ovvero, in mancanza, dal ventesimo giorno della sua
pubblicazione.
Il momento della effettiva diffusione della Gazzetta diverso da quello formalmente indicato come data di
pubblicazione; vale ad ogni effetto, in particolare sotto il profilo del termine per limpugnazione, il momento della
effettiva diffusione.
Certezza del diritto e legittimo affidamento pongono il divieto di retroattivit dellatto.
Lefficacia retroattiva ipotizzabile solo in via eccezionale quando ci sia imposto dallobiettivo da realizzare, fermo
la salvaguardia del legittimo affidamento degli interessati.
In questo caso la motivazione dovr essere necessariamente integrata dalle ragioni che giustificano lefficacia
retroattiva.
Interpretazione.
Le versioni degli atti (23) dellUnione fanno tutte egualmente fede.
Quando siano possibili pi interpretazioni, va privilegiata quella che consente di salvaguardare leffetto utile della
norma.

12. DIRITTO DELLUNIONE E DIRITTO INTERNO

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- Le norme dei trattati istitutivi e tutte le modificazioni e integrazioni convenzionali successive, hanno con il nostro
ordinamento stesso impatto di ogni altra normativa internazionale pattizia. Per lItalia, la prassi prevede la legge di
autorizzazione del presidente della Repubblica alla ratifica e lordine di esecuzione, luno e laltro normalmente
oggetto di un unico testo legislativo, la legge di adattamento.
- viceversa per il diritto comunitario derivato non si richiede la procedura speciale di adattamento, ma che si
pongano eventualmente in essere provvedimenti nazionali, leggi o atti amministrativi, che gli stessi atti comunitari
prefigurano o impongono ai fini della loro puntuale e tempestiva attuazione.
Occorre verificare di volta in volta, in base alla forma e alla sostanza dellatto comunitario, quale sia limpatto sui
sistemi giuridici nazionali e quali siano gli interventi formali eventualmente richiesti o imposti agli Stati membri.
- il regolamento direttamente applicabile in ciascuno Stato membro. Latto destinato a produrre i suoi effetti
senza che sia necessario un intervento formale di una qualche autorit nazionale, ove non richiesto dallo stesso
regolamento. Leventuale atto interno sarebbe contrario al trattato, perch pu rappresentare un ostacolo o
comunque ritardare lapplicazione del regolamento in modo uniforme in tutta la comunit.
La giurisprudenza non ha mancato di collegare il divieto per gli Stati di produrre latto comunitario anche alla
competenza esclusiva della corte di giustizia quanto al controllo giurisdizionale dellatto.
- Le direttive sono esse stesse ad imporre allo Stato membro di adottare gli atti necessari alla loro puntuale
attuazione. In Italia il tema dellattuazione legislativa e/o amministrativa da sempre un tema dolente. Per ovviare
almeno in parte a tale inconveniente stata introdotta la legge comunitaria annuale , che riunisce tutte le misure
occorrenti a dare attuazione ad atti comunitari e/o alle pronunce della Corte.
A tal fine entro il 31 gennaio di ogni anno il governo deve presentare un disegno di legge, indicando le misure che
sono necessarie per adeguare lordinamento nazionale al diritto comunitario:
a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi comunitari
b) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali oggetto di procedure dinfrazione avviate dalla
commissione delle comunit europee nei confronti dellItalia
c) disposizioni di attuazione di atti comunitari
d) disposizioni che autorizzano il governo ad attuare in via regolamentare le direttive
e) disposizioni necessarie a dare esecuzione trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne
dellunione europea
f) disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province esercitano propria
competenza normativa
g) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni, conferiscono delega al governo per
lemanazione dei decreti legislativi
h) disposizioni emanate nellesercizio del potere sostitutivo statale in caso di inadempienza delle regioni.
13. EFFETTO DIRETTO DELLE NORME DELLUNIONE
I due caratteri fondamentali del diritto comunitario, che soprattutto ne qualificano il rapporto con il diritto nazionale
sono: leffetto diretto ed il primato.
Leffetto diretto lidoneit della norma comunitaria[primaria, ovvero derivata e completa] a creare diritti ed
obblighi in capo ai singoli, persone fisiche e giuridiche, senza che lo Stato eserciti la funzione diaframmatica
consistente nel porre in essere una qualche procedura formale. In termini pratici leffetto diretto si risolve:
a. nella possibilit per il singolo di far valere direttamente davanti al giudice nazionale la posizione
giuridica soggettiva vantata in forza della norma comunitaria;
b. per lamministrazione di far si che il singolo adempia agli obblighi sanciti dalla norma comunitaria,
ovvero goda direttamente dei diritti in essa sanciti
Delleffetto diretto sono provviste tutte le disposizioni comunitarie sufficientemente chiare e precise e la cui
applicazione non richieda ulteriori atti, comunitari o nazionali, di esecuzione o comunque di integrazione.
Non necessario, perch leffetto si produca in capo ai singoli, che le norme siano ad essi formalmente destinate.

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Sono provviste di effetti diretto anche le norme indirizzate agli Stati che impongono ad essi obblighi di fare o non
fare. Ad esempio, sono provviste di effetto diretto le norme del Trattato che hanno realizzato il mercato comune
imponendo agli Stati labolizione delle barriere alla libera circolazione di merci, capitali e persone.
La giurisprudenza sulleffetto diretto nata con riguardo ad una norma, oggi art. 30 TFUE, che era rivolta
esplicitamente ai soli Stati membri, nella celebre sentenza Van Gend en Loos, laddove la Corte rilev che il Trattato
non si limitato alla creazione di obblighi reciproci degli Stati, ma ha inteso realizzare un <<ordinamento giuridico di
nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori
limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri ma anche i
loro cittadini>>.
Ebbene, allepoca non erano molti coloro che intravedevano un diritto dei singoli dietro una norma internazionale
che nella sua formulazione originaria, art. 12 TCE(poi 25), si limitava ad obbligare esplicitamente i soli gli Stati
membri dallastenersi dallimporre vincoli doganali. Singoli che, peraltro, non erano neppure menzionati nella
norma.
Il singolo, dunque, pu far valere il suo diritto derivante da una norma comunitaria davanti al giudice nazionale.
appena il caso di chiarire che la norma comunitaria provvista di effetto diretto obbliga alla sua applicazione non
solo il giudice nazionale, ma anche tutti gli organi dellamministrazione.
Come pi volte sancito dalla Corte di Giustizia e dalla Corte Costituzionale, sarebbe contraddittorio, ammettere la
giustiziabilit delle norme comunitarie e non lobbligo dellamministrazione di darne applicazione.
I requisiti richiesti per leffetto diretto sono quelli individuati nella pronuncia sullart. 30 sentenza Van Gend en Loos,
: la norma deve essere chiara, precisa, suscettibile di applicazione immediata.
Queste caratteristiche possono essere presenti:
a. negli articoli dei Trattati;
b. nei Regolamenti, quando regolino direttamente una fattispecie, senza che occorra alcun provvedimento
ulteriore;
c. nelle decisioni, sia quelle rivolte ai singoli, sia quelle rivolte agli Stati membri.
d. direttive: pi complesso il problema quando si tratti delle disposizioni contenute in una direttiva.
Invero, nella prassi non mancano direttive che contengono disposizioni con le caratteristiche tipiche delle norme
provviste di effetto diretto, cio: precise e non condizionate per la loro applicabilit ad alcun intervento dellautorit
nazionale.
Lipotesi non va identificata con le direttive c.d. dettagliate, in quanto per leffetto diretto non rileva il grado di
dettaglio, bens che la norma non sia condizionata per la sua applicazione ad alcun atto dellautorit nazionale.
Ovviamente il problema delleffetto diretto si pone solo per quelle direttive che non siano state attuate nel tempo
prescritto ovvero abbiano avuto attuazione non corretta.
Lattribuzione delleffetto diretto a queste direttive si fonda sulle stesse argomentazioni utilizzate per le norme del
trattato rivolte agli Stati membri:
A. un preciso obbligo dello Stato cui corrisponde un diritto del singolo;
B. lart. 288 non esclude espressamente che atti diversi dal regolamento producano gli stessi effetti;
C. la portata delle obbligazioni imposta allo Stato sarebbe ridotta se i singolo non potessero farne valere lefficacia.
Ne consegue che, ancora una volta facendo prevalere la sostanza sulla forma, bisogna esaminare caso per caso, per
verificare se la natura, lo spirito e la lettera della disposizione consentano di riconoscere leffetto immediato.
Peraltro non si pu trascurare un elemento che emerge dalla prassi, cio che leffetto diretto, pi che come qualit
intrinseca della direttiva, risulta collegato ad un intento pedagogico, addirittura sanzionatorio nei confronti dello
Stato negligente o ritardatario.
In tale prospettiva, leffetto diretto stato concepito, e, di fatto, lo , come una vera e propria sanzione per lo Stato
inadempiente, nella misura in cui attribuisce al giudice nazionale, eventualmente coadiuvato da quello europeo, il
compito sostitutivo del legislatore di realizzare comunque lo scopo della direttiva.

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Ci ben chiaro quando si osservino le implicazioni delleffetto diretto attribuito ad una direttiva incondizionata
inattuata.
Leffetto diretto verticale:Le disposizioni provviste di effetto diretto di una direttiva non tempestivamente o
correttamente trasposta possono essere fatte valere dal singolo solo nei confronti dello Stato non anche di altri
individui, proprio perch leffetto diretto ricondotto non ad una qualit intrinseca dellatto ma allesigenza di
impedire che lo Stato inadempiente possa opporre al singolo, giovandosene, il proprio inadempimento.
La stessa giurisprudenza ha invece escluso leffetto diretto orizzontale, cio la possibilit per il singolo di far valere la
norma anche nei confronti di soggetti privati, siano essi persone fisiche o giuridiche.
Largomento utilizzato dalla giurisprudenza fondato sulla formulazione dellart. 288 TFUE, in base al quale la
direttiva vincola solo lo Stato cui rivolta.
La Corte di Giustizia ha rilevato che estendere leffetto diretto anche ai rapporti tra singoli significherebbe
riconoscere in capo alla Comunit il potere di emanare norme che facciano sorgere con effetto immediato obblighi a
carico dei singoli, mentre tale competenza le spetta solo laddove, per il principio della competenza di attribuzioni, sia
attribuito il potere di adottare regolamenti.
Leffetto diretto verticale , in via di principio, solo unilaterale, nel senso che al singolo che fa valere il proprio diritto
lo Stato non pu opporre la propria inadempienza.
Relativamente allipotesi di una direttiva che comporti un obbligo per il singolo, lo Stato non pu opporlo al singolo
prima della trasposizione, non potendo la direttiva, in base allart. 288 TFUE, porre obblighi in capo ai singoli.
La costruzione che limita leffetto diretto alla dimensione verticale da sempre alquanto contestata. Le
discriminazioni che esso suscettibile di produrre e di fatto produce sono evidenti. Nel caso ad esempio di un
rapporto di lavoro, cui inerisca una direttiva comunitaria in parte provvista deffetto diretto, sar favorito, sotto il
profilo della tutela giurisdizionale, dipendente dellente pubblico rispetto al dipendente di unazienda privata poich
solo nei confronti del datore di lavoro pubblico potr farsi valere la direttiva.
Solo a partire dal momento della sua corretta trasposizione il singolo sar in grado di conoscere adeguatamente e
con certezza la portata dei diritti che gli sono conferiti dalla direttiva e dunque di ricorrere o meno al giudice.
La giurisprudenza sulleffetto diretto solo verticale delle direttive pone qualche problema. Non mancano poi le
pronunce della stessa corte di giustizia nelle quali di fatto stato attribuito leffetto diretto orizzontale ad una
direttiva, ad esempio quella sulla parit uomo donna sullaccesso e le condizioni di lavoro.
Per quanto riguarda le norme comunitarie prive di effetto diretto: il problema non si pone per le norme dei trattati e
convenzionali quando il loro vigore si collega alladattamento in ciascun paese membro n non si pone per i
regolamenti e le decisioni.
Diverso il caso delle direttive. Se trasposta la direttiva un parametro di legittimit dellatto di trasposizione
utilizzabile anche dal singolo in giudizio. Quando viceversa la direttiva non sia stata trasposta essa non potr essere
utilizzata in quanto tale dal singolo, se non nei confronti dello Stato o di un ente pubblico. La direttiva non trasposta
pu costituire un parametro di legittimit del comportamento di uno Stato, nonch di una legge o di un atto
amministrativo, come tale utilizzabile dalla Commissione e dalla Corte di giustizia nel contesto di una procedura
dinfrazione.
In definitiva una direttiva, anche se sprovvista di effetto diretto, alla scadenza del termine stabilito e pur se non
trasposta entro tale termine condiziona la normativa nazionale. Ne consegue che quella direttiva costituisce un
parametro di legittimit della legge nazionale con essa contrastante rilevabile a mezzo di una procedura dinfrazione.
14. LOBBLIGO DINTERPRETAZIONE CONFORME AL DIRITTO DELLUNIONE
Il mancato riconoscimento delleffetto orizzontale delle direttive stato in parte superato dalla giurisprudenza
comunitaria che ha estrapolato il canone dellobbligo di interpretazione conforme che impone a tutti gli organi
nazionali, ma soprattutto al giudice, di interpretare la norma interna in modo quanto pi possibile compatibile con le
prescrizioni del diritto comunitario.
La Corte di Giustizia ha pi volte dichiarato che spetta ai giudici nazionali interpretare <<il proprio diritto nazionale
alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da questultima>>,

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ricostruendo lobbligo cedente in capo allo Stato mediante lettura congiunta degli artt. 4, n. 3 [obbligo di leale
collaborazione] e 288, 3 comma [vincolo per lo Stato della direttiva ].
Di conseguenza i giudici nazionali, sebbene non possano immediatamente applicare in una controversia tra privati le
disposizioni di una direttiva, devono in ogni caso individuare, tra tutti i significati possibili della norma interna da
applicare al caso, quello che appaia maggiormente conforme alloggetto ed allo scopo della direttiva.
Essi debbono cio utilizzare il metodo teleologico.
In tal modo si realizza un effetto orizzontale indiretto delle direttive, le cui disposizioni sono applicate ai rapporti tra
privati attraverso linterpretazione conforme della norma interna teleologicamente orientata alla realizzazione dei
risultati prescritti dalla direttiva.
La Corte, inoltre, ha ampliato la portata dellobbligo di interpretazione conforme a prescindere che si tratti di
<<norme interne precedenti o successive alla direttiva>>, dichiarando, ancora, che lobbligo teleologico riguarda di
fatto tutto lordinamento.
Tuttavia sono stati individuati limiti allapplicazione generalizzata del principio in questione.
Innanzitutto resta limpossibilit di far derivare un obbligo del singolo dallinterpretazione del diritto nazionale in
modo conforme ad una direttiva non trasposta; nonch di determinare o aggravare la responsabilit penale dei
singoli che la violano.
Quando non sia possibile linterpretazione conforme resta aperto il problema delle direttive prive di effetto diretto e
non ancora recepite.
Occorre considerare infatti che la direttiva non trasposta resta pur sempre un atto comunitario valido ed idoneo a
produrre effetti giuridici, e pu costituire parametro della compatibilit delle norme interne con la normativa
comunitaria.
Questo ha trovato conferma nella Corte di Giustizia da sempre ancorata al testo dellart. 288 del TFUE.
Proprio dalla previsione testuale dellobbligo cedente sullo Stato si fatto derivare la considerazione che la direttiva
individua come destinatario tutti gli organi dello Stato unitariamente considerato, quindi, anche i giudici che,
nellambito delle loro funzioni, dovrebbero contribuire alla realizzazione delleffetto utile.
In particolare la Corte ha rilevato che la direttiva, pur se sprovvista di efficacia diretta, allo scadere dei termini di
recepimento ha leffetto di far entrare nellambito di applicazione del diritto dellunione la normativa nazionale di cui
trattasi nella causa principale che affronta una materia disciplinata dalla stessa direttiva.
In definitiva, lalternativa alla disapplicazione della norma interna incompatibile , nellordinamento italiano, il rinvio
alla Corte costituzionale in quanto il contrasto tra la normativa interna e quella comunitaria costruito come una
questione di legittimit costituzionale.
In conclusione, nel caso in cui il risultato prescritto dalla direttiva non si possa conseguire con mezzi giudiziari, resta
inalterato leffetto verticale ed il diritto del singolo al risarcimento del danno.
15. IL PRIMATO DEL DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA SUL DIRITTO INTERNO
Leffetto diretto si collega strettamente al primato o prevalenza delle norme comunitarie sulle norme interne
contrastanti con i diritto comunitario, sia precedenti che successive e quale ne sia il rango, anche costituzionale.
La conseguenza pratica che la norma interna contrastante con quella comunitaria non pu essere applicata, o,
meglio, deve essere disapplicata.
costante orientamento giurisprudenziale che il giudice nazionale ha lobbligo di applicare integralmente il diritto
comunitario.
Non solo, la giurisprudenza comunitaria ha finanche affermato lobbligo per lamministrazione, ove consentito, di
non dare seguito ad un atto amministrativo configgente con lordinamento comunitario.
Cos riaffermando che il principio della preminenza del diritto comunitario impone non solo al giudice ma allo Stato
membro inteso nel suo insieme di dare pieno effetto alla norma comunitaria.
La Corte di Giustizia prevenuta abbastanza presto alla affermazione della PREVALENZA DELLE NORME COMUNITARIE SU
QUELLE NAZIONALI quale riconoscimento complementare alleffetto diretto.

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Non altrettanto si pu dire di alcune giurisdizioni nazionali che a quel risultato sono perlopi pervenute con grande
travaglio intellettuale percorrendo strade anche diverse da quella segnata dalla corte: il caso della Corte
Costituzionale italiana.
Innanzitutto quando la legge comunitaria successiva a quella nazionale con essa configgente, per il principio che
da sempre disciplina la successione delle leggi nel tempo, lex posterior derogat priori, prevale rispetto alla norma
interna.
Stesso rango norma interna e comunitaria: Il problema sorgeva per le norme nazionali successive alla norma
comunitaria, in quanto, inizialmente il rango assegnato alla norma comunitaria era quello di legge ordinaria con la
quale si ratificava il trattato. Ne scaturirono posizioni dialettiche tra Corte di Giustizia e Giudice delle leggi
Italiano. Tale dialettica risale ai primi anni sessanta, quando la legge di nazionalizzazione dellenergia elettrica fu
contestata avanti il giudice a quo sotto il profilo costituzionale e del conflitto con il diritto comunitario. La Corte
costituzionale afferm che andava applicato il principio della successione delle leggi nel tempo. La Corte di
Giustizia, invece, nella sentenza Costa, enunciava una posizione antitetica, ribadendo i principi e la prospettiva
affermati nella sentenza Van Gend en Loos, in particolare che il Trattato ha istituito un ordinamento giuridico
proprio, integrato da quello nazionale, e perci non possibile opporre ad una norma comunitaria una norma
interna successiva. Il contrasto tra Corte di Giustizia e Corte Costituzionale era netto.
Questione di legittimit Costituzione della norma interna in conflitto con norma europea: In seguito la Corte
costituzionale si progressivamente avvicinata, se non proprio ai principi del primato assoluto della Corte di
Giustizia, almeno al risultato, cio quello delleffetto diretto e del primato quali elementi intrinseci delle norme
comunitarie. Infatti, se nella sentenza Costa la Corte Costituzionale aveva affermato la prevalenza della legge
italiana successiva, dopo una decina di anni ebbe a stabilire con le sentenze:
A. Frontini: sviluppando un ragionamento gi contenuto in una sentenza del 1965, afferm la separazione
tra i due ordinamenti, riconoscendoli autonomi e distinti. Ne consegue che dove c competenza in base
al Trattato, lo Stato deve astenersi dal pregiudicare limmediata applicazione dei regolamenti. Inoltre
mentre individuava nellart. 11 la fonte costituzionale che legittimava la parziale rinuncia alla sovranit,
riconosceva la immediata vincolativit dei regolamenti ex 288 TFUE.
B. Industrie chimiche : nella successiva sentenza il Giudice delle leggi affront il problema del conflitto tra
un regolamento comunitario ed una legge interna posteriore con esso configgente. Considerandolo come
problema di esercizio delle competenze e, dunque, riconducibile allart. 11 Cost. la Corte ne trasse il
convincimento che la legge interna dovesse superare il vaglio della legittimit costituzionale.
La soluzione Industrie chimiche non ebbe molti consensi, n dalla dottrina, n dalla giurisprudenza interna.
La reazione della Corte di Giustizia venne con la sentenza Simmenthal. La Corte di Giustizia fu adita in via
pregiudiziale dal giudice italiano per sapere se lobbligo di attivare previamente il giudizio di legittimit
costituzionale di una norma successiva in conflitto con regolamento non ledesse a sua volta lesigenza di dare
immediata ed uniforme applicazione al regolamento stesso in tutti gli Stati membri.
La Corte di giustizia forn una risposta chiara ed articolata, afferm:
A. Che leffetto diretto ed il primato impongono che sia data applicazione immediata;
B. Che le norme interne successive incompatibili non si formano validamente;
C. Che il sistema di controllo giurisdizionale fondato sulla cooperazione tra giudice comunitario e giudice
costituzionale verrebbe meno se non ci fosse lobbligo di dare immediata applicazione alle leggi comunitarie
e si dovesse aspettare lesito del procedimento di verifica costituzionale.
La Corte costituzionale nella sentenza Granital, 1984 rimedit la propria posizione. Punto di partenza fu ancora
una volta laffermazione che i due ordinamenti sono distinti e tra loro autonomi anche se coordinati in quanto in
forza dellart. 11 Cost. sono state trasferite alle istituzioni comunitarie le competenze relative a materie
determinate. Lattribuzione delle competenze allUnione comporta che latto normativo europeo posto in essere
nellesercizio di quelle competenze attribuite ex art. 11 Cost. impedisce alla norma interna eventualmente
contrastante(anteriore o successiva) di venire in rilievo ai fini della disciplina del rapporto sul quale si controverte.
Ne consegue che il contrasto fa si che la norma interna non sia suscettibile di annullamento, ma semplicemente
sia disapplicata. Dalla sentenza derivano due conseguenze:

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1) non ponendosi pi una questione di costituzionalit, ma di irrilevanza della norma interna, il giudice applica
direttamente la norma comunitaria provvista di effetto diretto, disapplicando la normativa nazionale;
2) il potere del giudice opera solo nellipotesi che la norma derivata sia completa e provvista di effetto diretto;
quando si tratti, infatti, di norma derivata incompleta viene in rilievo per la disciplina del rapporto la
disciplina interna e, se in conflitto, deve essere sottoposto al vaglio di legittimit costituzionale in relazione
allart. 11 Cost.
La Corte costituzionale ha lasciato che non si sottragga alla sua verifica due ipotesi:
- quella di uneventuale conflitto della norma comunitaria, con i principi fondamentali del nostro ordinamento e con
i diritti inalienabili della persona umana;
- quella di norme interne che si assumono dirette ad impedire o pregiudicare la perdurante osservanza del trattato o
il nucleo essenziale dei suoi principi

In una successiva occasione di giudizio in via principale tra lo Stato e una Regione, la corte costituzionale ha precisato
che nellipotesi di contrasto con la norma comunitaria provvista di effetto diretto, la soluzione dellinammissibilit,
potrebbe generare gravi incertezze applicative e unevidente lesione del principio della certezza e della chiarezza
normativa.
La sentenza Granital ha rappresentato una svolta nella riflessione sul complesso rapporto tra norme interne e norme
comunitarie. Qualche divergenza di fondo rimasta, ma prevalenza diritto comunitario stata affermata in modo
chiaro. Non si mancato di rilevare il ruolo della Corte di giustizia dellinterpretazione e nellapplicazione del diritto
comunitario. Si rilevata limmediata applicabilit, in luogo delle norme nazionali confliggenti, delle norme
comunitarie cos come interpretate nelle sentenze della corte pronunciate a seguito di rinvio pregiudiziale, nonch
allesito di una procedura dinfrazione.
Da ricordare la giurisprudenza della corte costituzionale che ha limitato lammissibilit del referendum abrogativo
delle norme che si collegano ad impegni comunitari, escludendola in relazione alla legge di adattamento e poi anche
in relazione a tutte quelle leggi che direttamente o indirettamente segnano ladempimento del paese ad obblighi
comunitari.
La posizione della Corte di giustizia stata riaffermata in numerose occasioni. Tra quelle pi significative la sentenza
Factortame dove ha puntualmente affermato che la norma interna che sia di ostacolo alla protezione giurisdizionale
effettiva di un diritto che il singolo vanta in forza del diritto comunitario deve essere disapplicata dal giudice
nazionale.

CAPITOLO III: LA TUTELA GIURISDIZIONALE


1. LA TUTELA GIURISDIZIONALE NEL SISTEMA DELLUNIONE
La specificit del sistema dellUnione non risiede tanto nel modo di essere del rapporto tra norme ed ordinamenti di
natura ed origine diversa quanto nel meccanismo di tutela giurisdizionale.
Si tratta di un meccanismo che non ha precedenti sia sotto il profilo funzionale e delle articolazioni del sistema, sia
sotto il profilo degli effetti che esso produce sulla posizione giuridica soggettiva dei destinatari: le Istituzioni
europee, gli Stati membri, i singoli, persone fisiche o giuridiche.
Non a caso il sistema di controllo giurisdizionale stato lelemento fondamentale di quel modo di essere della
Comunit che lha fatta definire <<Comunit di diritto>>.
Alla realizzazione di questo risultato ha contribuito il giudice dellUnione che ha garantito la tutela delle posizioni
giuridiche su cui incide il diritto comunitario indipendentemente da una sintonia con il diritto nazionale.
significativo che il Trattato di Lisbona, allart. 19, abbia espressamente richiamato il principio della tutela
giurisdizionale , ribadendo lobbligo per gli Stati membri di stabilire i rimedi necessari per assicurarne losservanza.

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Il Trattato di Lisbona ha mantenuto inalterato il previgente sistema giudiziario, estendendolo al settore della
cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale, con la sola differenza terminologica di Tutela giurisdizionale
dellUnione, piuttosto che Comunitaria.
In conseguenza dellabolizione della struttura a pilastri delineata da Maastricht, il giudice dellUnione ha acquisito
una competenza generale in relazione al diritto dellUnione.
Le nuove attribuzioni entreranno in vigore dopo un periodo transitorio di cinque anni.
Il sistema giurisdizionale si articola su due piani procedurali:
A. controllo diretto: esercitato dalla Corte di Giustizia e/o dal Tribunale, o dai Tribunali Speciali; attivato
dalle Istituzioni, dagli Stati membri, dai singoli ( legittimati attivi);
B. controllo indiretto o della procedura pregiudiziale: fondato sulla cooperazione tra giudice nazionale e
giudice dellUnione attraverso il rinvio pregiudiziale del nazionale a quello dellUnione che si risolve
attraverso il controllo indiretto della Corte. Si tratta insomma dellincidente preliminare europeo con il
quale il Giudice nazionale sospende un giudizio in attesa che la Corte di Giustizia dia una interpretazione
della norma. La decisione spetta al giudice nazionale. Lart. 256 del TFUE, prevede che tale competenza
pregiudiziale possa essere attribuita anche al Tribunale per materie specifiche da definire con Statuto della
Corte, al momento per inalterata la competenza della Corte.

2. IL CONTROLLO DIRETTO SULLA LEGITTIMIT DI ATTI E COMPORTAMENTI DELLE ISTITUZIONI. LAZIONE DI


ANNULLAMENTO.
Il controllo giurisdizionale diretto sulla legittimit degli atti dellUnione attribuito alla competenza esclusiva della
Corte di Giustizia dellUnione europea la quale comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i Tribunali specializzati
(denominazione introdotta dal Trattato di Lisbona).
Il controllo si realizza attraverso pi procedure con effetti diversi: azione di annullamento; azione in carenza;
eccezione incidentale dinvalidit; lazione per danni da responsabilit extracontrattuale dellUnione; il
contenzioso in materia di personale.
Il Tribunale competente a conoscere dei ricorsi individuali, dei ricorsi presentati dagli Stati membri, e dei ricorsi
proposti contro le decisioni dei tribunali specializzati.
Lart. 51 dello Statuto ha devoluto alla cognizione della Corte di giustizia solo i ricorsi di annullamento ed in carenza
promossi contro gli atti o le inattivit del Parlamento e del Consiglio, nonch della Commissione.
Il Tribunale risulta essere ora competente a conoscere molte delle materie, in funzione di organo di prima istanza, in
particolare:
1) dei ricorsi diretti proposti dalla persone fisiche o giuridiche
2) dei ricorsi proposti dagli Stati membri contro la commissione
3) dei ricorsi proposti dagli Stati membri contro il consiglio in relazione agli atti adottati nellambito degli aiuti di
Stato, le misure di difesa commerciale dumping
4) ricorsi diretti ottenere il risarcimento dei danni causati dalle istituzioni dellunione europea o dai loro dipendenti
5) di ricorsi fondati su contratti stipulati dallUnione Europea che prevedono espressamente la competenza del
tribunale
6) di ricorsi in materia di marchio comunitario
7) delle impugnazioni contro le decisioni dei tribunali specializzati
Le sentenze e le ordinanze del tribunale sono impugnabili dinanzi la Corte di giustizia per i soli motivi di diritto.
Lazione di annullamento.
regolata dallart. 263 TFUE , essa consiste nellimpugnazione mediante ricorso di un atto che si pretende viziato e
pregiudizievole.

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immediata la similitudine tra giudice europeo e giudice amministrativo.


Atti impugnabili
Sono gli atti legislativi , gli atti del Consiglio, della Commissione e della BCE; gli atti del Parlamento europeo e del
Consiglio Europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi (anche un provvedimento a caratteri
interno purch idoneo a produrre effetti giuridici in capo a terzi).
In relazione allart. 263, in base al quale posto il principio generale del controllo giurisdizionale di ogni atto
adottato da un organismo comunitario destinato a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, il Tribunale esercita
un controllo di legittimit sugli atti degli organi dellUnione.
Lespressa esclusione delle raccomandazioni e dei pareri starebbe ad indicare che sono impugnabili solo gli atti
vincolanti che sono regolamenti, direttive e decisioni.
Tuttavia la giurisprudenza della Corte ispirata al criterio del privilegio della sostanza sulla forma.
Pertanto, qualunque sia la natura dellatto e indipendentemente dal nomen iuris e dalle modalit di comunicazione
ai destinatari, lammissibilit della sua impugnazione legata allefficacia vincolante dellatto ed alla sua efficacia nei
confronti dei terzi.
La formula utilizzata dalla Corte al riguardo illuminate lazione di annullamento deve potersi esperire nei
confronti di qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni (indipendentemente dalla sua natura o forma) che
miri a produrre effetti giuridici .
Lapproccio sostanziale comporta un onere per i destinatari che sono tenuti allo stesso approccio sostanziale nel
decidere, quando latto appare lesivo dei diritti dei singoli, se impugnarlo o meno e nel verificare la legittimazione a
farlo.
Invero una denominazione dellatto allapparenza innocua pu nascondere un atto che <<mira a produrre effetti
giuridici>> con la conseguenza che quando se ne vogliano evitare gli effetti deve essere impugnato.
Impugnabili sono gli atti definitivi.
Sotto questo profilo non sono impugnabili gli atti preparatori in quanto e nella misura in cui, presi isolatamente, non
modificano la posizione giuridica del destinatario.
Ad esempio non impugnabile, in quanto atto preparatorio, la comunicazione della Commissione alle imprese che
segna lapertura dellinchiesta nei loro confronti in materia di concorrenza.
Viceversa, impugnabile latto con cui la Commissione comunica di avere archiviato definitivamente una denuncia
per violazione delle norme sulla concorrenza.
Sono altres impugnabili gli atti che autorizzano o approvano la conclusione di un accordo.
Del pari sono ricompresi tra gli atti impugnabili anche quelli adottati dal Parlamento se ed in quanto anchessi idonei
a produrre effetti vincolanti per i terzi.
Soltanto con il trattato di Lisbona stato esteso il controllo della Corte sugli atti adottati dal Consiglio europeo,
nonch dagli organi e organismi dellUnione, a condizione che essi siano produttivi di effetti giuridici nei confronti di
terzi.
Legittimati attivi.
Legittimati ad impugnare gli atti dellUnione sono:
A. Gli Stati membri, sempre e comunque, anche quando si tratti di atti diretti ad altri Stati ovvero ad individui. La
legittimazione attribuita unicamente allo Stato, non anche alle sue articolazioni, quali le regioni o i comuni.
B. Regioni e Comuni possono impugnare atti in quanto persone giuridiche, solo avanti il Tribunale ed alle
condizioni di cui allart. 263, c. 4 Qualsiasi persona fisica o giuridica pu proporre, alle condizioni previste al
primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e
individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna
misura d'esecuzione . Legittimati allimpugnazione sono altres il Consiglio, la Commissione e il Parlamento.

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C. La Corte dei Conti, la BCE e il Comitato delle Regioni (da Lisbona) sono legittimati ad agire solo <<per
salvaguardare le proprie prerogative>>, art. 263, c. 3 La Corte competente, alle stesse condizioni, a
pronunciarsi sui ricorsi che la Corte dei conti, la Banca centrale europea ed il Comitato delle regioni propongono
per salvaguardare le proprie prerogative .
D. Molto singolarmente prevista lazione di annullamento per violazione del diritto , su ricorso del Governatore
della Banca Centrale di uno Stato membro, ovvero del Consiglio Direttivo della BCE relativamente alla
rimozione dello stesso governatore, il tutto ai sensi del Protocollo SEBC , art. 14.2. Un governatore pu
essere sollevato dall'incarico solo se non soddisfa pi alle condizioni richieste per l'espletamento delle sue
funzioni o si reso colpevole di gravi mancanze. Una decisione in questo senso pu essere portata dinanzi alla
Corte di giustizia dal governatore interessato o dal consiglio direttivo, per violazione del trattato o di qualsiasi
regola di diritto relativa all'applicazione del medesimo... .
E. I singolo, persone fisiche o giuridiche, associazioni , in primo grado davanti il Tribunale, in secondo per motivi
di diritto avanti la Corte. La nozione di persona giuridica molto ampia e prescinde dalle qualificazioni di ciascun
diritto nazionale. Pu agire anche uno Stato terzo, quando ricorrano le condizioni di cui allart. 263.
a. Il singolo, tuttavia non legittimato ad impugnare tutti gli atti. In primo luogo pu impugnare le
decisioni a lui specificatamente indirizzate; in secondo luogo pu impugnare atti di cui non sia il
formale destinatario, anche regolamenti, alla condizioni che tali atti lo riguardino direttamente ed
individualmente, cio che sia destinatario sostanziale dellatto e che vi sia un nesso di causalit tra
la situazione individuale e la misura adottata. Lo scopo di evitare che le Istituzioni adottino atti che
incidano individualmente sulla posizione del singolo senza che questi abbia un rimedio
giurisdizionale. Non impugnabile, al contrario un regolamento che pure consentendo di
individuare i destinatari sia adottato in forza di una situazione obiettiva in fatto e in diritto.
i. Direttamente riguardato: la giurisprudenza ha stabilito che ci si verifica quando non
richiesta alcuna misura di esecuzione per lattuazione dellatto, n nazionale n
dellUnione, quando, cio, incida direttamente sulla posizione giuridica del singolo senza
che, ai fini della sua applicazione, sia necessaria una ulteriore attivit normativa. Nel caso
contrario tale carattere deve considerarsi assente.
ii. Individualit: ribadito che il carattere sussiste solo quando il ricorrente pu sostenere
che il provvedimento lo tocchi a causa di determinate qualit personali o di particolari
circostanze atte a distinguerlo dalla generalit.
b. Associazioni rappresentative dinteressi diffusi: i criteri restrittivi della direttamente riguardato,
individualit e modifica dei diritti acquistati dal singolo hanno trovato applicazione in relazione
alle associazioni, per la cui legittimazione non sufficiente la circostanza che tutelino interessi
generali, occorre, invece, che i soggetti rappresentati siano direttamente ed individualmente
<<riguardati>> dallatto.
i. Modifica dei diritti acquistati dal singolo: la Corte ha precisato che un atto che riguardi un
gruppo di soggetti individuati o individuabili pu essere impugnato quando modifichi i diritti
acquistati dal singolo prima della sua adozione
Quanto precisato vale anche per le Direttive che hanno normalmente una portata generale, in particolare occorre
verificare se si tratta di una decisione dissimulata e se il singolo ne possa essere riguardato direttamente ed
individualmente.
Nonostante pi di una critica, lorientamento della Corte sui requisiti della rilevanza diretta ed individuale dellatto
per il singolo ai fini dellimpugnabilit rimasto invariato.
Anche rispetto al rilievo che tale orientamento avrebbe potuto comportare una riduzione nella protezione
giurisdizionale la Corte aveva comunque confermato il suo orientamento, limitandosi a al rilievo che lestensione
della legittimazione attiva delle persone fisiche e giuridiche avrebbe richiesto una modifica del Trattato.
Il Trattato di Lisbona ha realizzato la revisione delle condizioni di ricevibilit del ricorso di annullamento proposto dal
singolo, persona fisica o giuridica, sancendo il diritto di impugnare gli atti regolamentari che li riguardano
direttamente e non contengano alcuna misura di esecuzione. Art. 263, c. 4 TFUE.

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E ripresa in questo modo una novit che era prevista dal progetto di Trattato Costituzionale, fallito per mano
referendaria, anche se non dato sapere a cosa si riferisca lespressione <<atti regolamentari>>.
Questa tipologia di atti era stata espressamente prevista nel Progetto di Trattato Costituzionale, ma abbandonata
dal Trattato di Lisbona che si limita ad affermare che gli atti (regolamento, direttiva e decisione) adottati in base alla
procedura legislativa ordinaria o speciale, sono atti legislativi.
Si deve, dunque, ritenere che gli <<atti regolamentari>> ai quali si riferisce la norma siano quelli di carattere generale
adottati secondo procedure diverse da quella legislativa.
Si aggiunga che lart. 263, c. 5, dispone che gli atti che istituiscono Organi dellUnione possono a loro interno
prevedere condizioni e modalit specifiche relative ai ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro atti di
detti organi destinati a produrre effetti giuridici nei loro confronti.
Il termine per limpugnazione di due mesi a decorrere dalla pubblicazione dellatto, peraltro nel caso di atti
pubblicati il termine decorre dalla data in cui la Gazzetta Ufficiale stata effettivamente diffusa, cosa che non
sempre corrisponde con la data ufficiale.
Il termine decorre, altres, dalla data di notificazioni per gli atti che prevedano tale obbligo (decisioni), ovvero, quale
criterio residuale e subordinato, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto la effettiva conoscenza.
I Vizi.
Sono quelli del contenzioso amministrativo: incompetenza; violazione delle forme sostanziali; violazione[di legge]
delle norme dei Trattati o di quelle relative alla loro applicazione; sviamento di potere.
1) Lincompetenza.
Spesso rimane assorbita dalla <<violazione di legge>>, comprende sia lincompetenza relativa dellIstituzione che ha
adottato latto, sia lincompetenza assoluta dellUnione in quanto tale.

2) La violazione delle forme sostanziali.


Comprende, in particolare, il difetto di motivazione nonch lerrata base giuridica.
Relativamente alla errata base giuridica patologia dellatto di non trascurabile rilievo e presta profili pi generali
che investono lo stesso equilibrio delle istituzioni. Si pensi, ad esempio ad un atto che poteva essere adottato a
maggioranza(207) e che invece stato basato sullunanimit (352).
3) La violazione di legge.
Comprende la violazione delle norme dei Trattati e di diritto derivato dellUnione.
Inoltre essa comprende anche i principi generali consolidatisi nella giurisprudenza della Corte: proporzionalit, non
discriminazione, legittimo affidamento, rispetto dei diritti della difesa.
La violazione di legge riguarda, infine, anche le norme internazionali convenzionali e quelli consuetudinarie
internazionali generalmente riconosciute.
Relativamente alle norme convenzionali la giurisprudenza richiede che siano provviste di effetto diretto.
Ci ha riguardato le norme GATT (Accordo sulle tariffe ed il Commercio) che data la loro peculiare flessibilit non
potevano costituire parametro di legittimit.
4) Lo sviamento di potere.
Si verifica quando lamministrazione, nellambito della discrezionalit di cui gode, esercita un determinato potere
allo scopo di raggiungere fini diversi da quelli per il quale il potere stato conferito.
Lo sviamento deve risultare da indizi <<obiettivi, pertinenti e concordanti>>.
Lo sviamento di potere comprende anche lo sviamento di procedura ,cio quando una determinata procedura sia
utilizzata a fini diversi da quelli per i quali stata istituita.

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Le misure cautelari.
Il ricorso proposto al giudice dellUnione non ha effetto sospensivo.
Tuttavia, lart. 278 TFUE prevede la possibilit di chiedere alla Corte, in via cautelare, la sospensione dellatto
impugnato.
La Corte pu, inoltre, ordinare misure provvisorie, diverse dalla sospensione, che ritiene necessarie.
La misura viene decisa dal Presidente della Corte che, eccezionalmente, pu investire anche il plenum .
Lordinanza cautelare del Presidente del Tribunale impugnabile dinanzi alla Corte.
Quanto alle condizioni che giustificano un provvedimento cautelare non si discostano da quelle di qualunque
ordinamento: accessoriet e strumentalit della misura rispetto al giudizio principale, fumus boni iuris o lapparenza
del diritto, irreparabilit del danno scaturente dallesecuzione del provvedimento impugnato o periculum in mora,
bilanciamento degli interessi a confronto .
Laccoglimento del ricorso da luogo allannullamento dellatto impugnato con effetto ex tunc.
In casi eccezionali prevista la facolt della Corte di dichiarare che lannullamento con effetto ex nunc.
3. LAZIONE IN CARENZA
Il ricorso in carenza uno strumento che tende a porre rimedio giudiziale alla illegittima inattivit di una Istituzione
dellUnione o della BCE.
Esso consente di metter in discussione il comportamento del Parlamento europeo, del Consiglio Europeo, del
Consiglio e della Commissione, nonch della BCE, allorch tali Istituzioni e Organi, in violazione del Trattato, si
astengano dal pronunciarsi.
Lart. 265, TFUE prefigura uno strumento dimpugnazione autonomo rispetto a quello disciplinato dal 263.
Il ricorso in carenza riguarda non lipotesi di un rifiuto, perch si tratta comunque di un provvedimento, ma
lillegittima assenza di decisione e tende ad una contestazione dellinerzia dellistituzione.
Lintroduzione del ricorso davanti la Corte subordinata ad una fase amministrativa preliminare.
Invero, perch il ricorso sia ricevibile c bisogno che gli Stati membri e le altre Istituzioni dellUnione (legittimate
attive) abbiano messo in mora lIstituzione o lOrgani cui rimproverano linerzia.
Tale messa in mora deve avere luogo dopo un <<termine ragionevole>> in cui sia possibile apprezzare linerzia.
Dal momento della messa in mora, lIstituzione dispone di un periodo di due mesi per prendere posizione, decorso
invano il quale lautore della messa in mora pu introdurre il ricorso, a sua volta entro due mesi.
Quando invece lIstituzione rifiuti espressamente di prendere posizione, oppure adotti latto voluto dal richiedente o
adotti un qualche provvedimento sia pure diverso da quello sollecitato, questo impugnabile, se difforme dalla
richiesta, non pi con lazione in carenza, ma con quella di annullamento.
Lassenza di decisione deve essere attuale e permanente.
Legittimati attivi sono gli Stati membri e le Istituzioni dellUnione.
Si discusso se lastensione debba necessariamente riferirsi alladozione di atti vincolanti, ma il dibattito privo di
interesse , infatti, non si comprende quale possa essere il vantaggio di una azione in carenza per atti privi di
vincolativit.
I singoli, persone fisiche o giuridiche, possono proporre ricorso in carenza ex art. 265, c. 3, quando lIstituzione
abbia omesso di emanare un atto che non sia una raccomandazione o un parere (quindi un atto vincolativo).
A differenza delle istituzioni il singolo pu agire in carenza solo quando listituzione abbia omesso di emanare nei
suoi confronti un atto.
Si poi discusso se lomissione debba riferirsi ad un atto in cui il ricorrente sia formalmente il destinatario, ovvero
debba accogliersi una lettura pi ampia.

33

La Corte, dopo una prima fase di molta prudenza, ha ammesso un parallelismo tra limpugnazione di atti che
investono direttamente ed individualmente il ricorrente che non ne sia il destinatario (art. 263, 4) e lanaloga
condizione relativa allazione in carenza (265, 3).
Nellambito della procedura fondata sullart. 265, il ricorrente, Stato membro o singolo, ha anche la possibilit di
chiedere ex art. 279 TFUE, provvedimenti provvisori.
4. LECCEZIONE DINVALIDIT
Lart. 277 TFUE recita Nell'eventualit di una controversia che metta in causa un atto di portata generale adottato
da un'istituzione, organo o organismo dell'Unione, ciascuna parte pu, anche dopo lo spirare del termine previsto
all'articolo 263, sesto comma, valersi dei motivi previsti all'articolo 263, secondo comma, per invocare dinanzi alla
Corte di giustizia dell'Unione europea l'inapplicabilit dell'atto stesso ; esso prefigura leccezione di invalidit. Si
tratta di uneccezione incidentale che le parti possono sollevare nel corso di una procedura gi attivata per altri
motivi, al fine di far dichiarare alla Corte linapplicabilit dellatto su cui si verte e questo anche dopo che sia spirato
il termine dimpugnazione previsto.
La similitudine che richiama lipotesi quella delleccezione di invalidit di un regolamento in occasione
dellimpugnazione di un atto di esecuzione di quello stesso regolamento e come motivo dellinvalidit dallatto
impugnato.
Se necessario che leccezione di invalidit sia incidentale rispetto a procedura gi pendente, altres indispensabile
che vi sia uno stretto collegamento tra latto impugnato e quello di cui si chiede incidentalmente la illegittimit.
Ne deriva, logicamente, che lirricevibilit del ricorso di annullamento comporta la automatica caducazione
delleccezione proposta ex art. 277.
Nel Trattato CE leccezione di invalidit era formalmente limitata ai regolamenti, mentre nel TFUE stata estesa a
tutti gli atti di portata generale.
Leccezione estesa altres anche a quegli atti che pure avendo natura e nome iuris diversi, producano gli stessi
effetti generali.
Leccezione di invalidit collegata allimpossibilit per i singoli ex art. 263 di agire per lannullamento di portata
generale.
Tuttavia questo non implica che i <<ricorrenti privilegiati>>(Stati membri e Istituzioni) sia sempre impedito di
formulare tale eccezione.
Non lo vieta la lettera che fa riferimento a <<ciascuna parte>>; non la ratio che quella di evitare che un atto viziato
possa costituire la base giuridica valida per altri atti; non la giurisprudenza che la ammette sia pure limitatamente al
caso in cui sia contestato un regolamento nel contesto di una azione di annullamento proposta contro un altro
regolamento.
evidente che allo Stato membro, come al singolo, preclusa leccezione di invalidit rispetto ad una decisione
individuale di cui sia il destinatario.
stato ribadito dalla giurisprudenza della Corte che lo Stato non pu eccepire in via incidentale lillegittimit di una
decisione di cui sia destinatario in una procedura per inadempimento e che lunica eccezione ammissibile riguarda
lipotesi di un atto viziato in modo cos grave ed evidente da essere inesistente.
Leffetto di eventuale accoglimento delleccezione dinvalidit linapplicabilit dellatto e non il suo
annullamento.
5. LAZIONE DI RESPONSABILIT EXTRACONTRATTUALE
La competenza della Corte di Giustizia in materia di responsabilit extracontrattuale e di risarcimento del relativo
danno statuita dallart. 268 TFUE, collegata alla funzione di controllo sulla legittimit degli atti dellUnione.
La disciplina prevista dallart. 340, 2 c. TFUE, il quale si limita a imporre allUnione di risarcire, conformemente ai
principi generali, i danni causati dalle sue Istituzioni ovvero dagli agenti nellesercizio delle loro funzioni.
Il 3 comma estende questa disciplina ai danni causati dalla BCE e dai suoi agenti nellesercizio delle funzioni.
La disciplina ed il contenzioso meritano attenzione a cominciare dalle condizioni di ricevibilit.

34

A. La competenza della Corte di Giustizia e sussiste solo quando il danno sia stato cagionato da una Istituzione
dellUnione o da un suo agente, dalla BCE o da suo agente. competenza esclusiva.
B. La competenza appartiene ai giudici nazionali quando risulti che il danno allegato sia stato prodotto da
organismi nazionali, sia pure in applicazione di normativa dellUnione.
In relazione alla competenza e ricevibilit ed al sottile distinguo delle regole sovresposte, la Corte ha elaborato il
criterio della competenza efficiente in base al quale il giudice nazionale a dovere essere adito qualora sia nelle
condizioni di statuire utilmente.
Pi in generale si dovrebbe far ricorso allazione di risarcimento per danno extracontrattuali in termini residuali
rispetto ai mezzi predisposti per lannullamento di misure ed atti nazionali.
Tali mezzi debbono assicurare al singolo di restare comunque indenne dalle conseguenze dannose dellillegittimit
dellatto.
Quando, ad esempio, i mezzi interni assicurano lannullamento dellatto o anche la restituzione delle somme
indebitamente versate, ma non anche il risarcimento del danno, esperibile la procedura ex artt. 268 e 340, c. 2
TFUE
Tuttavia, quello che la giurisprudenza ha inteso evitare con le sue pronunce, che lazione di responsabilit sia
utilizzata per conseguire lo stesso risultato che avrebbe potuto essere raggiunto utilmente con una azione diversa.
Lazione per danni non pu essere il mezzo per neutralizzare gli effetti di un atto lesivo, quando tale obiettivo possa
essere utilmente raggiunto attraverso una normale azione di annullamento.
In questo senso la ratio della sentenza Plaumann.
Infatti, se vero che il presupposto dellaccertamento della responsabilit e della correlata risarcibilit del danno il
controllo della legittimit dellatto lesivo, anche vero che in tale sede il controllo non pieno.
A ci va aggiunto che la dichiarazione di illegittimit resta puramente incidentale e non produce gli effetti propri
dellazione di annullamento.
Le condizioni della responsabilit extracontrattuale e del conseguente obbligo risarcitorio sono state precisate dalla
Corte:
A. illiceit del comportamento dellistituzione;
B. danno effettivo;
C. nesso di causalit tra comportamento illecito e danno arrecato.
Inoltre, nellipotesi che un danno derivi da un atto normativo che implica scelte di politica economica, la
responsabilit per danno sussiste solo in caso di violazione grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli.
Il danno poi deve essere individuale, non ammissibile unazione per responsabilit extracontrattuale quando latto
investe categorie generalizzate di operatori economici e le conseguenze risultano molto attenuate per i singoli.
Quanto, infine, al danno risarcibile, la cui prova incombe sul ricorrente, esso deve essere <<speciale>> oltre che
<<certo>> ed <<attuale>>.
La Corte ha avuto modo di precisare che sono risarcibili sia il pregiudizio materiale che quello morale, sia il danno
emergente (la conseguenza diretta) sia il lucro cessante (il mancato guadagno).
Inoltre riconosciuta la svalutazione monetaria, nonch gli interessi moratori fissati, senza riferimento al tasso
legale vigente nello Stato membro del ricorrente, nella misura del 6-8%, e comunque in misura mai superiore a
quanto richiesto.
7. LIMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE
Lart. 256 del TFUE prevede che tutte le azioni siano trattate in primo grado dal Tribunale, fatta eccezione per i rinvii
pregiudiziali (almeno fino a quando non sar applicato lart. 256, c. 3).
Il Tribunale ha ormai assunto il ruolo di giudice di primo grado a competenza generale, mentre relativamente alle
decisioni adottate dalle camere giurisdizionali esercita la funzione di giudice di secondo grado.

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La competenza del Tribunale riguarda anche i ricorsi individuali contro atti adottati da altri organi istituiti da atti
dellUnione di diritto derivato.
Il trasferimento delle competenze al Tribunale va letto sotto un duplice profilo. Il primo quello dellistituzione di un
doppio grado di giurisdizione; il secondo riguarda lattenzione ai fatti, alle esigenze istruttorie ed ai relativi strumenti
processuali.
Ci ha comportato per la Corte due risultati, da un lato una riduzione del numero delle cause, dallaltro una
accentuazione del suo ruolo di giudice costituzionale in senso lato, cio custode delluniformit di applicazione del
diritto dellUnione.
La cognizione del Tribunale, dunque, si sostituisce in primo grado alle competenze che il Trattato attribuiva alla Corte
rispetto alle azioni attivate da ricorsi individuali e, in taluni casi, dagli Stati membri: di annullamento (art. 263); in
carenza (art. 265); di responsabilit extracontrattuale (art. 268).
possibile che Corte e Tribunale siano chiamati a decidere contemporaneamente si ricorsi aventi lo stesso oggetto.
Come ad esempio quando si verta su decisione della Commissione su aiuti pubblici alle imprese, impugnabile dagli
Stati membri davanti alla Corte, dalle singole imprese dinanzi al tribunale.
In tale ipotesi la norma dello Statuto della Corte consente varie soluzioni:
Il tribunale potr sospendere la procedura ed attenere la pronuncia della Corte, soluzione che rischia di
pregiudicare la tutela del singolo, in quanto non avrebbe alcuna possibilit di interloquire nel procedimento
avanti la Corte.
Il tribunale potr decidere di spogliarsi della causa, declinando la propria competenza e lasciare sia la Corte a
decidere, in tal caso, anche il processo avviato dal privato verrebbe ad essere deciso dalla Corte, ma, come
evidente, verrebbe leso il diritto di doppia tutela assicurato odiernamente.
Pu accadere che sia la Corte a sospendere la sua procedura, in tal caso si continuer davanti al Tribunale, questa
soluzione assicura alle parti il doppio grado di giudizio.
Sospensione e declinatoria sono, in linea di principio generale, considerati istituti incompatibili con il procedimento
di urgenza.
Limpugnazione della sentenza di primo grado pu essere proposta entro due mesi dalle parti, principali ed
intervenute.
Una posizione privilegiata assicurata agli Stati ed alle Istituzioni, i quali possono impugnare sempre una sentenza
del Tribunale.
Limpugnazione deve essere diretta a rimediare agli errori in diritto della sentenza di primo grado, essa non pu
limitarsi ad una mera riproposizione della domanda, ma deve indicare espressamente i punti della sentenza
impugnata di cui si chiede lannullamento perch viziati.
Si tratta, quindi, non di un giudizio di appello, bens di cassazione.
I vizi censurabili sono:
Lincompetenza del Tribunale;
I vizi di procedura che hanno causato pregiudizio;
La violazione in diritto dellUnione.
Lerrore in diritto deve comprendere non solo lerrore nellinterpretazione o identificazione della norma applicata,
ma anche lerrore nella qualificazione giuridica dei fatti.
La funzione latu sensu nomofilattica della Corte richiede una rigorosa delimitazione del giudizio sui fatti, area di
decisione del Tribunale, rispetto al diritto, sul quale opera il controllo di secondo grado della Corte.
Altro elemento il vizio di motivazione della sentenza impugnata.
La mancata previsione nellelencazione dei vizi censurabili, non lo esclude come ipotesi di violazione del diritto
dellUnione.

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La contraddittoriet, come la insufficienza, risolvendosi nella violazione dellobbligo del Tribunale di motivare le
proprie pronunce, rappresenta un errore di diritto, invocabile in giudizio di impugnazione davanti la Corte.
8. LA REVOCAZIONE, IL RIESAME, IL RINVIO
La Revocazione.
Lo Statuto della Corte prevede listituto della revocazione della sentenza, applicabile alle pronunce sia del Tribunale
che della Corte entro il termine di dieci anni dalla data della sentenza.
Non si tratta di impugnazione, ma di un mezzo straordinario di ricorso.
Condizione indispensabile la scoperta dopo la sentenza di elementi di fatto nuovi, anteriori alla sentenza e tali
che, se conosciuti e apprezzati dal giudice, avrebbero potuto condurre ad una diversa soluzione della controversia.
Lopposizione
Avverso la sentenza pronunciata in contumacia da proporsi entro un mese dalla notifica della sentenza. Segue lo
stesso rito di quello ordinario.
Il Riesame.
istituto di difficile classificazione giuridica, esso riguarda le sentenze del Tribunale.
Pi precisamente, lart. 256, par. 2 e 3 del TFUE, prevede che le decisioni emesse dal Tribunale su ricorsi proposti
avverso le decisioni delle camere giurisdizionali, nonch le decisioni emesse su questioni pregiudiziali, possono
eccezionalmente essere oggetto di riesame da parte della Corte.
Si tratta di una procedura di urgenza che trova applicazione sia nei ricorsi diretti che in quelli indiretti, quando
sussistano gravi rischi per lunit e coerenza del diritto dellUnione.
In attuazione dellart. 256, lo Statuto ha affidato al primo avvocato generale liniziativa di proporre alla Corte il
riesame della decisione del tribunale.
La proposta deve essere presentata entro un mese dalla pronuncia del tribunale, la Corte deve decidere entro un
mese.
Nellipotesi che la Corte di giustizia costati che la decisione del Tribunale pregiudichi lunit e coerenza del diritto
dellUnione, rinvia la causa al Tribunale che vincolato ai punti di diritti decisi dalla Corte.
Il Rinvio.
strettamente correlato al trasferimento di alcune, limitate, competenze pregiudiziali dalla Corte al Tribunale.
Questo istituto trover piena applicazione solo verranno effettivamente affidate al Tribunale siffatte competenze.
Specificatamente, lart. 256, par. 3, del TFUE, attribuisce al Tribunale la facolt di disporre un rinvio alla Corte<<ove
ritenga che la causa richieda una decisione di principio che potrebbe compromettere lunit o la coerenza del diritto
dellUnione>>.
Tale rimedio subordinato alla sussistenza delle stesse condizioni eccezionali previste per il riesame, ma altres
soggetto al potere discrezionale del Tribunale.
9. IL CONTROLLO GIURISDIZIONALE. LA PROCEDURA DINFRAZIONE
Il controllo della Corte sulla puntuale applicazione mira a garantire larmonia del sistema giuridico dellUnione
considerato nel suo insieme.
La procedura dinfrazione si collega al ruolo attribuito alla Commissione di custode della corretta applicazione da
parte degli Stati dei Trattati e degli atti dellUnione (art. 17, Trattato U.E.).
sostanzialmente diretta a porre termine alla violazione del diritto dellUnione.
Quanto alla natura della infrazione, essa consiste nella violazione di una qualsiasi obbligazione che incomba su di uno
Stato membro.

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vero che lart. 258 si riferisce agli <<obblighi incombenti in virt dei Trattati>>, ma chiaro che si tratta di tutti gli
obblighi che derivano dal sistema giuridico europeo considerato.
Linadempimento pu consistere in un comportamento o in un atto normativo o in una pratica amministrativa o, pi
spesso, nellaver omesso di dare formale attuazione agli obblighi derivanti da un atto dellUnione.
Una ipotesi particolare di inadempimento quella della mancata esecuzione di una sentenza della Corte, ci
rappresenta una violazione dellart. 260 TFUE.
La procedura dinfrazione ha in primo luogo una fase precontenziosa:
Lettera di messa in mora: avendo la Commissione in sede di controllo sistematico rilevato un
inadempimento ha luogo una fase precontenziosa, prevista dallart. 258 TFUE, essa consiste in una lettera di
messa in mora che una prima contestazione degli addebiti .
Osservazioni: Lo Stato membro cui indirizzata la lettera di messa in mora pu rispondere alla censura della
Commissione, facendo valere gli argomenti di diritto e fatto che ritiene opportuni.
Parere motivato: la Commissione, se non ritiene adeguate le osservazioni invia allo Stato membro un parere
motivato nel quale sono specificate le infrazioni e gli elementi in fatto e diritto che sostengono la
contestazione, specificando altres il termine entro cui lo Stato tenuto ad adeguarsi.
La lettera di messa in mora ed il parere motivato costituiscono passaggi obbligati della procedura dinfrazione, in
quanto definiscono loggetto della controversia e soddisfano lesigenza del contraddittorio.
Ricorso
Se entro il termine fissato lo Stato membro non adempie a quanto richiesto, la Commissione pu presentare ( una
facolt) un ricorso alla Corte di Giustizia.
Nel ricorso i motivi di doglianza devono corrispondere a quelli indicati nella fase precontenziosa.
Linadempimento deve essere rigorosamente provato dalla Commissione e non pu essere fondato su presunzioni.
Non previsto un termine per la presentazione del ricorso da parte della Commissione, che conserva unampia
discrezionalit.
Pi in generale va considerato che la Commissione, secondo una consolidata giurisprudenza non ha un obbligo di
attivare e proseguire la procedura dinfrazione ma solo una facolt.
La facolt della Commissione determinata dalla scadenza del termine concesso nel parere motivato, se quel
termine trascorso invano, sussiste e permane linteresse della Commissione a portare lo Stato davanti la Corte di
giustizia.
Ladempimento tardivo dello Stato membro rispetto al termine, sia esso intervenuto prima dellintroduzione del
ricorso o durante il giudizio, non determina automaticamente il venir meno dellinteresse allazione.
Infatti, proprio a motivo della possibilit che la sentenza di accertamento dinfrazione possa fondare una eventuale
responsabilit dello Stato inadempiente nei confronti dellUnione, degli altri Stati membri e soprattutto dei singoli, la
Corte ha sempre respinto leccezione dirricevibilit del ricorso della Commissione fondata sulladempimento tardivo
dello Stato.
Misure cautelari.
La Corte ha affermato la propria competenza ad adottare misure cautelari in virt dellart. 279 TFUE anche
nellambito della procedura dinfrazione.
Si cos superata qualche perplessit dovuta al fatto che tali misure si risolvono in un ordine di sospendere
lapplicazione di una legge o di un atto amministrativo nazionali.
Inoltre la Corte ha anche sospeso lapplicazione di una normativa nazionale inaudita altera parte in attesa
dellordinanza conclusiva del procedimento cautelare.
Lordinanza cautelare della Corte finisce con lavere, ed in fatto ha avuto, una portata pi incisiva ed efficace rispetto
alla sentenza definitiva.

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La sentenza, infatti, ai sensi dellart. 260 lascia agli Stati membri o allamministrazione dellUnione di provvedere a
trarne le conseguenze.
Inoltre, la prassi non conosce casi di inosservanza delle ordinanze cautelari della Corte, mentre ben si conoscono
quelli di ritardi nellottemperanza delle sentenze.
La procedura dinfrazione condotta nei confronti dello Stato membro, unico interlocutore riconosciuto dal diritto
dellUnione.
Daltra parte i comportamenti rilevanti al di la della dimensione nazionale, sono da sempre imputati allo Stato in
quanto tale.
Il problema evocato di qualche interesse soprattutto in relazione ad infrazioni che investono competenze
commesse da articolazioni dello Stato, come ad esempio le Regioni.
Tuttavia, lo Stato non pu invocare a sua esimente competenze affidate dal proprio ordinamento ad Ente
espressione della sua articolazione territoriale.
In definitiva sempre lo Stato membro ad essere dichiarato responsabile ex art. 258 TFUE, senza che rilevi la
circostanza che la violazione sia imputabile al potere legislativo, esecutivo o giudiziario.
Cos come irrilevante una crisi di governo ovvero la sospensione dei lavori parlamentari a causa dello scioglimento
delle camere. La Corte ha precisato che possibile evocare la forza maggiore per giustificare difficolt temporanee di
adempimento, ma solo per il periodo strettamente necessario ad unamministrazione diligente per porvi rimedio.
Oltre alla procedura dinfrazione, in virt dellart. 259 la stessa procedura pu essere attivata da uno Stato membro
per veder riconosciuto linadempimento di un altro Stato membro. Nella fase precontenziosa lo Stato investe la
Commissione della sua doglianza; allistituzione competono gli stessi adempimenti della procedura normale. Vi sono
poi specifiche ipotesi di inadempimento per i quali si prevede una procedura accelerata, dove la Commissione e gli
Stati membri possono adire direttamente la Corte. Per esempio in materia di aiuti di Stato, in materia di
ravvicinamento delle legislazioni.
10. EFFETTI DELLA SENTENZA DI INADEMPIMENTO E SANZIONE PECUNIARIA
Gli effetti della pronuncia di infrazione sono prefigurati dallart. 260 TFUE.
La sentenza testualmente <<riconosce>> che lo Stato inadempiente rispetto ad una o pi obbligazioni.
Si tratta, dunque, di una sentenza meramente <<dichiarativa>>, non esistendo la possibilit di attuare in forma
coattiva la pronuncia della Corte.
Daltra parte formalmente escluso ex art. 344 che linadempimento riconosciuto con sentenza della Corte possa
dar luogo ad una qualsiasi azione di altri Stati membri al di fuori dei meccanismi dellUnione espressamente previsti.
Ci posto, gli Stati dichiarati inadempienti sono comunque tenuti a prendere i provvedimenti per lesecuzione.
La giurisprudenza ha statuito che la pronuncia che accerti lincompatibilit con i Trattati di una legge nazionale,
comporta per lo Stato lobbligo di modificarla, nonch lobbligo per i giudici di garantire losservanza della norma
europea cos come interpretata dalla Corte, determinando anche i diritti che i singoli ne traggono.
In sostanza, lincompatibilit di una norma nazionale pu essere definitivamente rimossa solo con disposizioni
vincolanti che abbiano lo stesso valore giuridico e lo stesso rango di quelle riconosciute in contrasto con
lordinamento dellUnione.
Il TFUE non fissa alcun termine per lesecuzione della sentenza, tuttavia palmare lesigenza, al fine di garantire
lunit e coerenza del sistema dellUnione, di applicazione immediata ed uniforme.
Nella versione precedente al Trattato di Maastricht la mancata o non corretta applicazione della sentenza era
configurabile quale <<normale inadempimento>> e, come tale, passibile a sua volta di procedura dinfrazione.
Era questa lipotesi della << doppia condanna>>.
Il Trattato di Maastricht ha aggiunto la previsione di una <<sanzione pecuniaria>>.
Il Trattato di Lisbona ha aggiunto una ulteriore novit, prevedendo che la <<Commissione possa direttamente
richiedere nel primo ricorso alla Corte ex art. 258 TFUE, di condannare lo Stato inadempiente al pagamento di una
sanzione pecuniaria[cifra forfettaria]>>.

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, questa ultima, procedura accelerata limitata ai soli casi in cui lo Stato non abbia trasposto correttamente una
direttiva adottata secondo la procedura legislativa, restando escluse tutte le altre violazioni del diritto europeo.
11. CONTROLLO GIURISDIZIONALE. FUNZIONE ED OGGETTO DEL RINVIO PREGIUDIZIALE
Nel sistema di controllo giurisdizionale un rilievo decisivo ha assunto la cooperazione tra Corte di Giustizia e giudice
nazionale, definito <<giudice comune>> o <<giudice naturale>> del <<diritto dellUnione>>.
Per comprendere il ruolo del giudice nazionale, occorre partire dalla considerazione che lapplicazione della norme e
degli atti dellUnione per molta parte demandata agli Stati membri.
Gran parte delle situazioni giuridiche disciplinate direttamente o indirettamente da norme dellUnione regolata ed
ha pratica rilevanza sul piano interno.
Nella patologia dei rapporti giuridici a dare applicazione del diritto dellUnione, direttamente, ovvero nella forma
dellatto nazionale imposto da norma europea, principalmente il giudice nazionale.
, dunque, chiaro che i giudici di 27 paesi diversi, operanti in sistemi giuridici differenti, chiamati ad applicare in via
diretta o mediata il diritto dellUnione, possono trovare oggettive difficolt di uniformit ed univocit di
interpretazione.
nella prospettiva di applicazione uniforme del diritto dellUnione che va messo a fuoco listituto del rinvio
pregiudiziale prefigurato allart. 267 TFUE, che d al giudice nazionale la facolt, e se di ultima istanza lobbligo, di
chiedere alla Corte di giustizia una pronuncia sullinterpretazione ovvero sulla validit di una norma dellUnione
quando tale pronuncia sia necessaria per risolvere la controversia di cui stato investito.
Cos, di fronte alla possibile o accertata rilevanza di una norma dellUnione per la risoluzione della controversia, pu
essere utile o necessario al giudice nazionale, prima di decidere, di avere una risposta ai seguenti possibili
interrogativi:
1. Rinvio pregiudiziale di interpretazione: quale la corretta interpretazione e con essa la portata di una
norma dellUnione;
2. Rinvio pregiudiziale di validit:se la norma dellUnione sia valida ed efficace.
Il meccanismo non nuovo, lo stesso che attua il giudice a quo nel rinvio pregiudiziale di legittimit
costituzionale.
Lart. 267 del TFUE ha attribuito alla Corte di Giustizia una competenza generale in materia pregiudiziale.
La Corte anche competente a pronunciarsi in relazione alle disposizioni dellAccordo sullo Spazio Economico
Europeo (SEE) .
Lincidente comunitario pregiudiziale realizza tre funzioni essenziali e risponde a specifico oggetto.
1. [NOMOFILASSI]Prima funzione essenziale: del rinvio pregiudiziale di realizzare uninterpretazione e, quindi,
una applicazione uniforme del diritto dellUnione in tutti i Paesi membri. pertanto indispensabile che le
norme dellUnione ricevano la stessa chiave di lettura e le stesse possibilit di applicazione, che vi sia, quindi,
da parte della Corte una interpretazione centralizzata in funzione nomofilattica.
2. [SINDACATO DI LEGITTIMIT DELLE NORME INTERNE DEGLI STATI MEMBRI]Seconda funzione essenziale: del rinvio
pregiudiziale di verificare la legittimit di una legge nazionale o di un atto o prassi amministrativa
rispetto al diritto dellUnione. Il meccanismo complesso e propone diversi dubbi, in quanto il giudice
nazionale accerta la legittimit o meno di una legge nazionale sulla scorta di uninterpretazione del diritto
dellUnione da parte della Corte di Giustizia. Nei fatti, almeno sotto il profilo tecnico, non ci sono molte
difficolt operative, in quanto il meccanismo simile a quello che si adotta per il rinvio pregiudiziale alla
Corte Costituzionale.
Da subito il controllo della Corte sulla legittimit di norme, atti e prassi amministrative nazionali, anche se
indiretto, stato momento fondamentale del sistema di tutela dei diritti che il singolo vanta in forza del
diritto dellUnione.
Rilevanza a questo proposito assunse la sentenza Van Gend en Loos a proposito della disposizione che vieta
agli Stati membri di introdurre negli scambi intracomunitari nuovi dazi o tasse equivalenti, di cui si assumeva
la violazione da parte dei Paesi Bassi.

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Lobiezione era che per sindacare le infrazioni delle norme nazionali incompatibili il Trattato aveva
predisposto come rimedio specifico la procedura dinfrazione ex artt. 258 e 259, sicch il singolo non poteva
pretendere di giungere allo stesso risultato provocando un rinvio pregiudiziale del giudice nazionale.
La Corte rispose che limitare la possibilit di far valere la violazione di una norma dellUnione equivaleva a
lasciare i diritti dei singoli privi di tutela giurisdizionale diretta.
La vigilanza dei singoli, interessati alla salvaguardia dei loro diritti, costituisce invece un efficace controllo che
si aggiunge a quello degli artt. 258 e 259, effettuato dalla Commissione.
Va sottolineato che spesso, sbagliando, il giudice nazionale formula la propria richiesta in termini di
legittimit della norma nazionale rispetto a normativa dellUnione.
In questi casi la Corte, precisato che non competente a dichiarare essa stessa lincompatibilit della norma
interna, provvede a riformulare il quesito in forma di domanda interpretativa e risponde cos al reale
quesito posto dal giudice .
Quando singolo ritiene di subire un pregiudizio per effetto dellapplicazione di una norma o di una prassi
nazionale incompatibile con il diritto dellUnione, pu far valere tale incompatibilit in due modi. Il primo la
segnalazione alla Commissione che decider se attivare o meno la procedura dinfrazione; secondo chiedere
al giudice nazionale di procedere al rinvio pregiudiziale di interpretazione ex art. 267.
3. [SINDACATO DI LEGITTIMIT DEL DIRITTO DELLUNIONE]Terza funzione essenziale: del rinvio pregiudiziale consiste
nel complesso sistema di controllo giurisdizionale per verificare la legittimit degli atti dellUnione. Tanto
accade proprio in quanto le amministrazioni nazionali sono spesso chiamate a dare applicazione del Diritto
dellUnione.
Succede, allora, che dinanzi al giudice nazionale, in funzione di giudice comune , sia messa in discussione o la
norma giuridica dellUnione ovvero la base giuridica dellatto dellUnione o del comportamento
dellamministrazione nazionale.
Lo scopo pu essere di farne valere lillegittimit, ovvero di accertare definitivamente la legittimit
contestata, in entrambi i casi chiamando in causa, attraverso il rinvio pregiudiziale, la Corte di Giustizia.
La competenza della Corte di Giustizia esclusiva rispetto al controllo sulla legittimit degli atti dellUnione,
in particolare nel senso che solo la Corte pu dichiarare leventuale illegittimit dellatto, mentre il giudice
nazionale pu solo confermare la legittimit.
fatta salva la procedura nazionale di natura cautelare, nella quale il giudice nazionale pu sospendere
lapplicazione di un atto interno di attuazione di un atto dellUnione con lobbligo del rinvio pregiudiziale alla
Corte di Giustizia.
Lipotesi di rinvio pregiudiziale va collegata logicamente e sistematicamente alle procedure di controllo
diretto, quali lazione di annullamento, leccezione di invalidit, lazione di responsabilit.
Ci vuol dire che il rinvio pregiudiziale di validit completa il sistema dei rimedi giurisdizionali predisposti per
la tutela dei diritti del singolo rispetto agli atti predisposti dalle istituzioni.
Difatti, la pregiudiziale di validit, colma la <<lacuna>> esistente nel sistema determinata dalla circostanza
che al singolo preclusa lazione diretta di annullamento di un atto dellUnione a portata generale.
Invece, quando ad un atto vincolante generale sia stata data attuazione sul piano interno, il singolo potr
impugnare la misura interna dinanzi al giudice nazionale, facendone valere la presunta illegittimit.
4. Oggetto: del rinvio pregiudiziale quanto mai ampio, si tratta di tutto il sistema giuridico dellUnione.
12. CONDIZIONI SOGGETTIVE ED OGGETTIVE DEL RINVIO PREGIUDIZIALE
Il rinvio pregiudiziale pu essere deciso da qualunque giudice nazionale, amministrativo, penale, civile, tributario o
del lavoro, purch si tratti della giurisdizione di uno Stato membro.
La nozione di giurisdizione ai sensi dellart, 267 TFUE nozione di diritto dellUnione, sicch la sua attribuzione
allorgano pu non corrispondere alla qualificazione che ne abbia dato lordinamento dello Stato, essa va definita e
la sua sussistenza va determinata dalla Corte di giustizia.

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In generale, nellapplicazione dei criteri di discrimine, c lintento di dare la possibilit allorgano cui sia stata
attribuita la definizione di una controversia di utilizzare il rinvio pregiudiziale in nome dellesigenza dellapplicazione
uniforme del diritto dellUnione.
Sono stati esclusi dalla nozione di giurisdizione ai sensi dellart. 267, la pubblica accusa; gli arbitri, ma non la
giurisdizione nazionale sullimpugnazione del lodo arbitrale; gli ordini professionali, quando non rendano decisioni
giurisdizionali.
Per ci che concerne il sistema italiano:
stata negata la qualit di giurisdizione al Tribunale in sede di volontaria giurisdizione.
stata accordata la qualifica di giurisdizione al Consiglio di Stato, in particolare quando chiamato a dare il
suo parere in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Per la Corte dei conti si fatta valere lesigenza di verificare il contesto funzionale, in particolare in alcuni casi
pu essere riconosciuta la funzione giurisdizionale, mentre in altri esercita solo una funzione di valutazione e
controllo contabile successiva dellattivit amministrativa.
Specifico il problema della Corte Costituzionale.
o

Dal tenore letterale e dalla logica sembra potersi dire che lart. 267 TFUE disponga che il rinvio
competa al giudice della controversia. Il giudice costituzionale non giudice della controversia,
mentre lo il giudice a quo. La pregiudiziale europea precede quella di costituzionalit in quanto la
pronuncia della Corte di Giustizia, incidendo sullapplicabilit della norma potrebbe decretare
linfondatezza o lirrilevanza del giudizio di legittimit costituzionale.

Diversa ipotesi in cui il giudice costituzionale quello che definisce la causa, come nei casi di
giudizio di legittimit costituzionale in via principale e di conflitto di attribuzioni tra Stato e regioni,
laddove di recente la Corte Costituzionale ha espressamente riconosciuto nei giudizi di legittimit
proposti in via principale la sua competenza a proporre una questione pregiudiziale alla Corte di
Giustizia ex art. 267 TFUE.
13. SEGUE: FACOLT ED OBBLIGO DI RINVIO
Facolt

Il Giudice nazionale che non sia di ultima istanza ha la facolt di sottoporre alla Corte di Giustizia un quesito
pregiudiziale ogni volta che lo reputi indispensabile per giudicare la controversia dinanzi ad esso pendente.
Il Giudice che ha rivolto il quesito, inteso quale organo, deve essere lo stesso che ne ricever la risposta, nel senso
che questa deve essere necessaria per la decisione di quellorgano giurisdizionale.
Il problema si posto in sede di procedura durgenza ex art. 700 c.p.c. rispetto al rinvio operato da un Pretore,
ipotesi nella quale il giudice cautelare, una volta preso il provvedimento, rinviava le parti ad un giudice diverso
spogliandosi della causa.
Il problema oggi ridimensionato dalla riforma del processo civile, considerato che di norma il giudice cautelare
anche il giudice di merito.
Obbligo:
Quando si tratta di un giudice di ultima istanza, Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e Corte costituzionale,
questultima limitatamente allipotesi di giudizio in via principale, tutti intesi nel senso del giudice le cui sentenze
non siano soggette ad impugnazione, questi ha lobbligo di operare il rinvio.
Tale differenza trova giustificazione nel fatto che una pronuncia erronea del giudice di ultima istanza comporta la
lesione definitiva del diritto del singolo e, conseguentemente, la mancata applicazione della norma dellUnione.
Lobbligo di rinvio pregiudiziale pu in alcuni casi venir meno, quando la questione sia materialmente identica ad una
gi sollevata e gi decisa dalla corte, ovvero vi sia comunque una giurisprudenza costante sul punto.
Corte di giustizia ha di recente espressamente riconosciuto che gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati
ai singoli dalle violazioni del diritto dellUnione riconducibili ad organi giudiziari, ed in particolare quando omettono
di ottemperare allobbligo di rinvio pregiudiziale.

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Nellipotesi poi di omesso rinvio alla Corte di giustizia da parte di una giurisdizione nazionale di ultima istanza si
potrebbe prefigurare una violazione dei diritti fondamentali ad un equo processo e ad un giudice precostituito per
legge.
Lobbligo di rinvio poi assoluto nel rinvio pregiudiziale di validit, ricorre anche quando linvalidit sia stata
dichiarata per un atto del tutto analogo.
La Corte pu seguire una procedura semplificata sulle domande pregiudiziali, possibile in tre ipotesi:
- la questione sia identica ad una gi definita
- sia desumibile con chiarezza dalla giurisprudenza
- la soluzione non alimenti alcun ragionevole dubbio
Questa ipotesi si affianca un procedimento pregiudiziale durgenza applicato esclusivamente nei settori relativi allo
spazio di libert, sicurezza e giustizia.
La decisione del rinvio solo del giudice che pu operarlo anche dufficio. Sebbene nella maggior parte dei casi siano
le parti a sollecitare linvio pur sempre il giudice che provvede alla formulazione dei quesiti da sottoporre alla
Corte.

14. SEGUE: GIUDIZIO CAUTELARE NAZIONALE E RINVIO PREGIUDIZIALE


Occorre richiamare lattenzione su alcune pronunce pregiudiziali di grande interesse, in cui la Corte si soffermata
sulla tutela cautelare che giudici interni devono apprestare a diritti vantati dai singoli in forza di norme dellUnione.
- La prima ipotesi quella del diritto vantato sulla base di una norma dellUnione e negato dalla legge o dallatto
amministrativo nazionale. Tale ipotesi stata prospettata alla Corte dal giudice inglese, davanti al quale la societ
Factortame deducendo lincompatibilit comunitaria di una norma nazionale, chiedeva che, in attesa della
pronuncia, la sua applicazione fosse sospesa.
La camera dei Lords, sul rilievo che il sistema inglese non consente al giudice di sospendere lapplicazione di una
legge di cui non sia stata accertata definitivamente lillegittimit, chiedeva alla Corte se in base al diritto dellUnione
questo potere doveva essergli viceversa riconosciuto; risposta della Corte stata positiva.
- seconda ipotesi riguarda il potere del giudice nazionale sospendere in via cautelare lapplicazione della normativa
nazionale a ragione della pretesa illegittimit dellatto dellUnione di cui latto impugnato rappresenta la misura
interna di attuazione. Nella sostanza si tratta per il giudice nazionale di sospendere lapplicazione di un atto
dellUnione.
La giurisprudenza riconosce al giudice nazionale eccezionalmente di esercitare in via cautelare il potere in questione,
purch operi un rinvio alla corte di giustizia affinch si pronunci sulla validit dellatto.
15. SEGUE: GLI EFFETTI DELLA SENTENZA PREGIUDIZIALE
1. La sentenza interpretativa della Corte vincola il giudice a quo , tenuto a dare applicazione della norma
dellUnione cos come interpretata dalla Corte, alloccorrenza lasciando inapplicata la norma nazionale
contrastante.
a. Effetto: Tale sentenza deve essere considerata anche al di fuori del contesto processuale che lha
provocata, proprio perch si pronuncia sui punti di diritto. Altri giudici, nonch le amministrazioni
nazionali, saranno tenuti a fare applicazione delle norme cos come interpretate dalla Corte,
determinando anche i diritti di cui i singoli possono godere. Ci non esclude, per, la possibilit di un
altro rinvio pregiudiziale.
2. Sospensione in attesa di pronuncia della Corte di altro giudice su stesso quesito : La Corte di Cassazione
aveva in passato precisato che il giudice che ritenesse necessaria linterpretazione di una norma comunitaria
avesse quale unico mezzo quello del rinvio pregiudiziale e che gli fosse preclusa la semplice sospensiva del
processo ex art. 295 c.p.c. in attesa della sentenza della Corte di Giustizia su rinvio pregiudiziale di altro
giudice relativamente allo stesso quesito. Pi recentemente la sospensione stata ritenuta ammissibile.

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3. Sentenza di validit dellAtto dellUnione: quando la Corte si pronuncia nel senso della validit dellatto
dellUnione, si ha un effetto diverso dalla sentenza interpretativa.
a. Effetto: strettamente limitato al caso ed ai motivi specifici della censura, la formula di rito della
sentenza contiene la locuzione<<non sono emersi elementi idonei a inficiare la validit dellatto>>
4. Sentenza di invalidit dellAtto dellUnione: quando la sentenza di invalidit, si produce lo stesso effetto di
una sentenza di annullamento, dunque leffetto di cosa giudicata sia formale che sostanziale.
a. Effetto: listituzione che ha posto in essere latto invalidato potr solo adottare un atto diverso che
tenga conto dei motivi che hanno indotto la Corte a dichiarare linvalidit dellatto impugnato.
5. Effetti nel tempo: normalmente si tratta di una efficacia ex tunc in quanto la pronuncia definisce la portata
della norma dellUnione cos come avrebbe dovuto essere intesa ed applicata sin dallinizio.
a. Similitudine fra annullamento ed invalidit per leffetto ex nunc: La giurisprudenza ha tuttavia
esteso alle pronunce pregiudiziali la facolt di dichiararne lefficacia ex nunc prevista dallart. 264
per le sole sentenze di annullamento. La Corte ha considerato , dunque, possibile limitare gli effetti
nel tempo di una declaratoria di invalidit per <<esigenze di certezza del diritto>>.
Richiamando il principio generale della certezza del diritto la Corte ha altres limitato nel tempo gli
effetti di sentenze pregiudiziali interpretative. Lipotesi di effetti ex nunc della sentenza
interpretativa resta comunque eccezionale.
La Corte vi ha fatto ricorso solo in presenza di circostanze specifiche e ben precise; il rischio di gravi
ripercussioni economiche dovute allelevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede
sulla base della normativa nazionale fino ad allora ritenuta valida; un comportamento non conforme
alla normativa dellUnione dovuto ad unobiettiva incertezza sulla portata delle disposizioni
dellUnione.
16. I PARERI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
La Corte di giustizia pu rendere anche pareri.
Essa competente a rendere pareri, ex art. 218 del TFUE in ordine alla compatibilit con il Trattato di accordi
<<previsti>> fra lUnione e Paesi terzi o organizzazioni internazionali quando vi sia richiesta del Parlamento, del
Consiglio, della Commissione o di uno Stato membro.
Il parere della Corte preventivo, anche se non definito un termine a quo, infatti sufficiente, affinch la domanda
di parere sia ricevibile, che loggetto sia noto e anche se i negoziati siano ancora in fase iniziale.
Lipotesi in esame, pur definita come competenza consultiva, va, pi correttamente, collocata fra i procedimenti di
controllo di legittimit degli atti dellUnione.
Infatti, la verifica preventiva non ha portata molto diversa da quella successiva di legittimit attivata con azione
diretta ex art. 263, ovvero con rinvio pregiudiziale di validit ex art. 267.
Lo scopo del parere, in definitiva, quello di evitare che i dubbi di compatibilit con i Trattati si traducano in un
successivo contenzioso.
Se la Corte si pronuncia nel senso dellincompatibilit laccordo non potr entrare in vigore.
Ne consegue che, se permane linteresse e la volont di stipularlo, esso dovr essere modificato.
In caso di parere positivo la stessa giurisprudenza dellUnione ha comunque ammesso la possibilit di un controllo
successivo dellaccordo ex art. 263.
17. SANZIONI PER VIOLAZIONI DEL DIRITTO DELLUNIONE E OBBLIGHI RISARCITORI NEI CONFRONTI DEL SINGOLO
I Trattati di Roma non prevedevano alcuna sanzione per il caso di violazione degli obblighi comunitari da parte di
Stati membri, limitandosi a predisporre le procedure per laccertamento giurisdizionale delle infrazioni.
Perdita di finanziamento UE.
La prassi ha individuato meccanismo che consentono di collegare a talune infrazioni misure di tipo sanzionatorio.

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In particolare, in ipotesi di violazione lo Stato membro perde il diritto ad un finanziamento dellUnione.


Conformemente la normativa sui fondi strutturali subordina lattribuzione dei finanziamenti alla condizione che le
azioni da finanziare siano realizzate in modo conforme alla disciplina dellUnione, ad esempio nella concorrenza,
nella protezione dellambiente, negli appalti pubblici.
Il limite di tali rimedi era nella portata ridotta, in quanto riguardano solo azioni collegate ad una attivit finanziata
dallUnione e non le infrazioni degli Stati membri in genere.
Sanzione pecuniaria ex art. 260
Il problema della sanzione per le infrazioni comunitarie si pone in particolare rispetto allipotesi di mancata o non
corretta trasposizione delle direttive.
Gli inadempimenti degli Stati , infatti, implicano sempre due lesioni:
1. la parit di trattamento allinterno dellUnione;
2. la solidariet dellUnione.
Un rimedio stato introdotto dal Trattato di Maastricht attraverso una modifica dellart. 260 che prevede la
possibilit di sanzione pecuniaria per lipotesi di perdurante inadempimento.
Al riguardo fondata qualche perplessit sulla natura deterrente di una tale misura, che rimane comunque di
ispirazione internazionalistica.
Lazione di risarcimento del danno del singolo.
In una diversa prospettiva si inquadra la giurisprudenza che ha affermato il diritto del singolo al risarcimento del
danno patrimoniale per aver subito leffetto dellinadempimento dello Stato membro.
Tale prospettiva quella che fa leva sui mezzi predisposti dal sistema per rafforzare leffettivit delle norme
dellUnione attraverso una tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche create dalle norme dellUnione in capo ai
singoli.
Va segnalata quella giurisprudenza che respinge leccezione di irricevibilit del ricorso o di cessata materia del
contendere quando, nel corso del giudizio, o comunque dopo la scadenza dei termini fissati, lo Stato membro metta
fine allinfrazione contestatagli.
Infatti, la risposta della Corte che la pronuncia che riconosce linadempimento pu costituire presupposto o titolo
per uneventuale azione di risarcimento del danno subito dal singolo.
In altri termini linteresse a proseguire il giudizio, pu ben consistere nello Stabilire con sentenza il presupposto
delleventuale responsabilit dello Stato nei confronti del singolo.
Tale giurisprudenza si definitivamente consacrata nella sentenza Francovich , relative alle conseguenze della
mancata attuazione di una direttiva.
Si trattava di una direttiva che, a tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro, imponeva agli Stati di
istituire un meccanismo di garanzia per i crediti retributivi maturati; direttiva che lItalia non aveva trasposto.
Il giudice a quo chiedeva alla Corte se i singoli potessero far valere direttamente i benefici della direttiva, nonch
pretendere comunque dallo Stato il risarcimento del danno subito.
La Corte ha enunciato, con la formula pi volte utilizzata, il principio richiesto dal giudice <<sarebbe messa a
repentaglio la piena efficacia delle norme comunitarie e sarebbe infirmata la tutela dei diritti da esse riconosciuti se i
singoli non avessero la possibilit di ottenere un risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto
comunitario >>.
Affermata lesistenza del principio di responsabilit, la Corte ha stabilito le condizioni per darne attuazione:
1. che il risultato prescritto dalla direttiva implichi lattribuzione di diritti a favore di singoli;
2. che il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva;
3. sussista un nesso di causalit tra violazione dellobbligo e danno subito.

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Uno dei principali punti da approfondire dopo Francovich era se la responsabilit patrimoniale dello Stato
nei confronti dei singoli potesse essere evocata e fatta valere soltanto in presenza di una violazione di norme
prive di effetto diretto, per essere queste in particolare non invocabili da parte del singolo dinanzi al giudice
o anche quando la violazione riguardasse norme aventi effetto diretto e dunque invocabili dinanzi al giudice.
Le disposizioni della direttiva evocate nella Francovich lasciava gli Stati membri un ampio margine di
discrezionalit quanto alla predisposizione di un sistema istituzionale di garanzia compresa lidentificazione
del soggetto debitore.
La Corte quindi pervenuta alla conclusione della non invocabilit delle disposizioni della direttiva dinanzi al
giudice nazionale qualora come nella specie lItalia, non avesse provveduto allidentificazione del soggetto
debitore.
Quando la norma invece provvista di effetto diretto, la tutela a favore del singolo non solo c gi, ma
direttamente azionabile dallo stesso singolo, con la conseguenza che resta solo da accompagnare questa
tutela sostanziale e processuale con quel minus che la tutela patrimoniale.
Linadempimento del legislatore interno.
Altro tema delicato riguarda la possibilit di estendere lazione di risarcimento del danno proposta dal singolo alla
violazione dellobbligo dellUnione dovuta specificatamente allattivit o alla inattivit del legislatore.
Orbene, allindividuazione del fondamento della responsabilit in un principio generale che vuole risarcito il danno
ingiusto, vanno collegate due implicazioni.
La prima che no rileva a quale organo nazionale sia imputabile la violazione.
La seconda quella per cui lesigenza di applicazione uniforme delle norme dellUnione impedisce che lesistenza e la
portata dellobbligo al risarcimento per violazione di norme europee dipenda dal riparto di competenze interne allo
Stato.
Va poi aggiunta una considerazione, vero che lattivit legislativa la massima espressione della sovranit dello
Stato, ma nellesercizio dei poteri sovrani che gli Stati possono procedere e di fatto hanno proceduto a limitare la
propria libert attribuendo determinate competenze normative alle istituzioni dellUnione.
Nel momento in cui tali istituzioni creano precisi vincoli per i legislatori nazionali, questi sono tenuti a rispettare i
limiti che essi stessi si sono impegnati a rispettare.
Legislatore nazionale che non osserva un obbligo imposto allo scopo di realizzare diritti in capo ai singoli e dunque
impedendo che quei diritti vengono ad esistenza, non pu esservi ragione di negare il diritto dei singoli ad agire per
risarcimento del danno subito.
Il principio trova applicazione anche nellipotesi in cui la violazione del diritto dellunione derivi dalla decisione di un
organo giurisdizionale di ultimo grado.
La Corte ha poi precisato che le condizioni della responsabilit degli Stati membri e dellUnione devono essere le
stesse, a parit di situazioni, accomunando legislatore nazionale a quello dellUnione anche nellipotesi in cui non vi
sia alcun potere discrezionale.
Le tre condizioni della responsabilit patrimoniale dello Stato.
1. la norma violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli.
2. la violazione sia grave e manifesta;
3. vi sia un nesso causale tra violazione e danno
18. RESPONSABILIT EXTRACONTRATTUALE DEGLI STATI MEMBRI NELLORDINAMENTO ITALIANO
Le ricadute della giurisprudenza dellUnione in tema di responsabilit extracontrattuale degli Stati membri
nellordinamento italiano meritano qualche attenzione.
La Corte di Cassazione:
in un primo tempo sulla premessa che il diritto dellUnione non pu che imporre un risultato agli Stati,
mentre spetta allordinamento interno la qualificazione della posizione giuridica soggettiva dei singoli, ha

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rilevato che la funzione legislativa sottratta a qualsiasi sindacato giurisdizionale; la conseguenza che non
si pu configurare la responsabilit da illecito ex art. 2043 di fronte allattivit o inattivit del legislatore; n si
pu configurare un diritto del singolo al risarcimento del danno per mancata attuazione di una direttiva, ma
solo un diritto ad essere indennizzati delle diminuzioni patrimoniali subite.
levoluzione successiva ritorna sulla posizione ammettendo la risarcibilit del danno, pi specificatamente la
decisione assunta dalla Corte di Cassazione, fondandosi sullesigenza della sintonia tra principi comunitari e
diritto interno, rileva che la fattispecie riconducibile al dettato ex art. 2043 e che il credito dei lavoratori ha
natura risarcitoria , trovando origine diretta nella responsabilit dello Stato per inadempimento.
Lattenzione si poi focalizzata sulla responsabilit del giudice.
La Corte di giustizia ha chiarito nella sentenza Kbler che la cosa giudicata non di ostacolo al riconoscimento della
responsabilit extracontrattuale dello Stato.
In relazione alla legge italiana sulla responsabilit civile dei magistrati, la Corte si pronunciata nel senso che
incompatibile con il diritto dellUnione una legislazione nazionale che escluda o limiti la responsabilit del giudice alle
sole ipotesi di dolo o colpa grave e che escluda in maniera generale la responsabilit del giudice di ultimo grado per
linterpretazione delle norme e dei fatti.
19. CENNI SULLA PROCEDURA
Il procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte di Giustizia regolato dalle conferenti norme dei Trattati, dal
Protocollo sullo Statuto della Corte di Giustizia, dai rispettivi regolamenti di procedura.
Il procedimento prevede una fase scritta e una fase orale, prima che si proceda alla decisione; vi poi qualche
differenza a seconda che si tratti di azione diretta o di rinvio pregiudiziale.
1) Azioni dirette.
Nelle azioni dirette, dinanzi al Tribunale o alla Corte, annullamento, carenza, responsabilit extracontrattuale, la
procedura attivata con ricorso da presentarsi entro il termine indicato per ciascuna azione dal TFUE.
A tale termine, per il passato, andava aggiunto un certo periodo diverso per ciascun Paese membro; oggi, per tutti i
Paesi membri, il periodo di dieci giorni.
Il ricorso contiene lindicazione delle parti, e dei difensori, lesposizione delloggetto della controversia, dei mezzi
dedotti e delle prove che si offrono, nonch la esatta enunciazione della domanda.
Il ricorso redatto nella lingua del ricorrente, a meno che il convenuto non sia uno Stato membro, nel qual caso si
utilizza la lingua dello Stato.
Il ricorso viene inviato alla cancelleria della Corte che provvede alla pubblicazione dellessenziale sulla Gazzetta
ufficiale nonch alla notifica alla controparte.
Entro un mese la controparte pu presentare un controricorso.
Le parti hanno anche diritto a presentare una replica ed una contro replica nel termine di un mese. I termini possono
essere prorogati, su richiesta delle parti, dal Presidente del Tribunale o dalla Corte.
Nei ricorsi diretti le parti debbono farsi rappresentare da un avvocato abilitato al patrocinio.
2) La procedura pregiudiziale.
Inizia, viceversa, davanti il giudice nazionale, con la sospensione del procedimento e la remissione di unordinanza
alla Corte di Giustizia con i quesiti dinterpretazione o di validit del diritto dellUnione che richiedono una
risposta ai fini della decisione.
Lordinanza va trasmessa direttamente (non per via diplomatica) per posta alla cancelleria della Corte a
Lussemburgo.
La cancelleria provvede alla traduzione dellordinanza e la trasmette, oltre che alle parti, anche alla Commissione, e
alle altre Istituzioni interessate e agli Stati membri o nel caso anche non membri.
Tutti i soggetti raggiunti dallordinanza possono presentare osservazioni scritte entro due mesi e comunque
partecipare alludienza per manifestare la propria posizione oralmente.

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La lingua della procedura quella del giudice del rinvio.


Il ritiro della domanda di pronuncia pregiudiziale da parte del giudice rimettente porta alla cancellazione della causa
dal ruolo.
Nelle procedure pregiudiziali le parti possono farsi rappresentare, oltre che dagli avvocati, anche, in alcune
procedure speciali, da commercialisti, consulenti del lavoro, purch siano rispettate le leggi valide nei sistemi
giuridici di appartenenza.
Gli Stati membri possono intervenire in tutte le procedure.
Nelle procedure pregiudiziali la Commissione svolge il ruolo di amicus curiae.
La fase orale.
La fase orale comprende la presentazione di una relazione da parte del giudice relatore, laudizione degli agenti,
consulenti ed avvocati e, se del caso, dei testi e dei periti, infine le conclusioni dellavvocato generale.
La fase orale termina con la lettura, in udienza pubblica., del dispositivo delle conclusioni dellavvocato generale,
nella lingua di questultimo.
Il dispositivo della sentenza della Corte o del Tribunale viene letto in udienza pubblica nella lingua di procedura.
La procedura accelerata.
Con le modifiche intervenute nei regolamenti di procedura della Corte e del Tribunale si introdotta la possibilit di
una procedura accelerata, su domanda di una delle parti e quando lo richieda la particolare urgenza del caso.
Di rilievo che il contraddittorio scritto si riduce ad una memoria, che possibile integrare le prove anche nel corso
delludienza orale e che lavvocato generale solo sentito.

PARTE SECONDA
IL MERCATO INTERNO
CAPITOLO IV: LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI
1. LA CENTRALIT DEL MERCATO INTERNO NEL SISTEMA DELLUNIONE. INTEGRAZIONE NEGATIVA E POSITIVA
Indiscussa la centralit del mercato comune delle merci e dei fattori della produzione (lavoro, servizi e capitali).
La Corte ha pi volte ribadito che gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei
servizi e dei capitali sono norme fondamentali per la Comunit ed vietato qualsiasi ostacolo, anche di minore
importanza, a detta libert.
Eppure lespressione non ha mai ricevuto una specifica definizione nel Trattato.
Ne troviamo una in una sentenza della Corte di Giustizia, dove si rileva che la nozione di mercato comunemira ad
eliminare ogni intralcio per gli scambi intercomunitari al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il pi
possibile simile ad un vero e proprio mercato interno.
Definizione simile si ritrova allart. 26 TFUE.
Bisogna precisare che le espressioni mercato comune, mercato interno e mercato unico si equivalgono.

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La realizzazione del mercato unico era prefigurata allart. 2 del Trattato di Roma come lo strumento atto a:
1. promuovere lo sviluppo armonioso delle attivit economiche nellinsieme della Comunit e
2. perseguire, pi in generale, i compiti della Comunit enunciati dallo stesso articolo.
Quindi gli Stati membri devono svilupparsi armoniosamente, ma anche ravvicinarsi gradualmente.
Integrazione negativa.
La gradualit del processo di integrazione ha fatto s che in un primo momento si sia dato spazio soprattutto alla
dimensione negativa dellintegrazione fra i mercati e fra le attivit economiche.
Infatti si posto laccento sulleliminazione delle barriere e sulle regole di concorrenza, poste dagli Stati membri.
Appare chiara, in proposito, linversione del criterio che tradizionalmente informa le norma internazionali
convenzionali, non pi il favor per la libert degli Stati contraenti, ma al contrario un favor per le limitazioni a tali
libert.
Integrazione positiva.
Nei secondi anni Ottanta, con la pubblicazione del libro bianco sul mercato interno e poi la stipulazione dellAtto
Unico, si aperta la strada alla seconda fase del processo di integrazione, ossia la sua dimensione positiva.
Le modifiche apportate dallAtto Unico sono:
sul piano delle modalit decisionali, sostituisce, in ipotesi significative, il criterio di maggioranza a quello
dellunanimit;

prefigura in taluni temi lo strumento del regolamento in luogo della direttiva;

prevede che il Consiglio, quando non vi sia armonizzazione, possa far applicare il criterio del mutuo
riconoscimento delle normative nazionali in determinati settori;
infine, importanti sono le iniziative dellAtto Unico circa le c.d. politiche di accompagnamento che
incrementano le competenze comunitarie.

Il Trattato di Maastricht ha poi introdotto, come strumenti per raggiungere lobiettivo dello sviluppo armonioso della
Comunit, ununione economica e monetaria, e diverse politiche comuni orizzontali.
2. LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI
Il processo di liberalizzazione, che era previsto si concludesse il 31/12/1969, fu gi compiutamente realizzato a
partire dal giugno 1968 dai sei Stati allora membri.
La disciplina si articola in tre distinti momenti, che investono:
1. lunione doganale, cio labolizione di dazi e tasse di effetto equivalente ai dazi doganali allinterno del
mercato comune, e la fissazione di una tariffa doganale comune per gli scambi coi Paesi terzi(artt. Da 28 a 32
TFUE);
2. divieto dimposizioni fiscali interne agli Stati membri che siano discriminatorie per i prodotti importati
(art.110);
3. abolizione delle restrizioni quantitative agli scambi intracomunitari e delle misure di effetto equivalente,
nonch labolizione dei monopoli commerciali (artt. da 34 a 37).
Nozione di merce.
La nozione di merce comprende tutti i prodotti valutabili in danaro e quindi idonei ad essere oggetto di transazioni
commerciali (tale definizione stata data dalla Corte chiamata a rispondere se rientrassero in tale nozione gli oggetti
dinteresse artistico, storico, etc.: la risposta fu positiva).
Sono compresi nella nozione anche le monete non aventi pi corso legale ed addirittura i rifiuti.
I prodotti che riguardano la sicurezza in senso stretto (armi, munizioni e materiale bellico), inseriti in uno specifico
elenco predisposto dal Consiglio, soggiacciono alla previsione dellart.346 del Trattato e sono quindi, fuori dalla sfera
di applicazione materiale delle norme disciplinanti la libera circolazione delle merci.

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Quando non sono oggetto di specifica disciplina sulla politica agricola comunitaria, anche i prodotti agricoli e della
pesca rientrano nella disciplina del mercato comune.
Le sostanze radioattive, i medicinali ad uso umano e veterinario sono soggetti a particolari discipline.
Sfera territoriale.
La sfera dapplicazione territoriale della disciplina coincide con quella di applicazione del Trattato, dunque col
territorio degli Stati membri; le eccezioni e specificit riguardano alcune zone insulari che interessano la Francia (i
dipartimenti doltremare), la Spagna (le Canarie) ed il Portogallo (Madeira e Azzorre): rispetto a tali territori, il
Consiglio pu adottare misure specifiche dirette a stabilire le condizioni di applicazione del Trattato.
I paesi doltremare soggiacciono a un regime particolare disciplinato da una decisione del Consiglio.
Il campo di applicazione territoriale, relativo alla circolazione delle merci, va distinto dal territorio doganale della
Comunit(che il territorio entro il quale trova applicazione la normativa doganale comunitaria).
Destinatari.
Le norme che disciplinano il mercato comune sono rivolte in generale agli Stati membri, nel senso che impongono a
questi degli obblighi che ruotano attorno alla liberalizzazione degli scambi in merci, persone, servizi e capitali.
I singoli beneficiano delleffetto diretto che accompagna gran parte delle norme relative alla liberalizzazione degli
scambi(quindi sono titolari di diritti che possono far valere direttamente dinanzi ai giudici).
Quanto ai divieti, la Corte ha precisato che il comportamento del singoli (es. un accordo tra imprese) deve essere
valutato alla luce delle regole di concorrenza, mentre le norme sulla libera circolazione delle merci si riferiscono solo
alle normative ed alle pratiche amministrative adottate dagli Stati membri e dalle istituzioni comunitarie.
3. LUNIONE DOGANALE
Ai sensi dellart.28 del Trattato lUnione Doganale comporta labolizione, nellambito degli scambi intracomunitari,
dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente, nonch ladozione di una tariffa doganale comune per gli
scambi con i Paesi terzi.
Gi nel GATT si possono rinvenire le nozioni di:
1. zona di libero scambio: insieme dei territori doganali nel quali si aboliscono i dazi e altre misure
limitatamente ai prodotti originari del Paesi aderenti;
2. unione doganale :allabolizione dei dazi e delle altre restrizioni commerciali si aggiunge luniformit
sostanziale dei dazi applicati agli scambi con i Paesi terzi.
Tuttavia, rispetto a questa concezione, lidea di unione doganale realizzata nellUnione ancora pi avanzata (non a
caso definita perfetta), in quanto rilevano altres:
1. il beneficio della libera circolazione, salvo eccezioni, anche per i prodotti originari di Paesi terzi una volta
importati nellarea comunitaria;
2. regime di preferenza per i prodotti comunitari;
3. disciplina doganale complessiva uniforme, che si avvale anche di un meccanismo di interpretazione
giudiziaria centralizzata;
4. destinazione al bilancio comunitario delle entrate della tariffa doganale comune.
Un confronto significativo da fare con lo Spazio Economico Europeo realizzato a partire dal 1994 con i Paesi
dellEFTA.
Tale Spazio, rientra a tutti gli effetti nellipotesi e nella nozione di zona di libero scambio e non in quella di Unione
Doganale, nella misura in cui gli scambi riguardano i soli prodotti originari dei Paesi membri.
Origine delle merci.
Approfondiamo, allora, cosa si intende per Paese dorigine.
Ovviamente il posto in cui il prodotto fabbricato.

50

Se si tratta di produzione complessa, ai fini dellindividuazione dellorigine, Paese dorigine del prodotto quello in
cui si avuta lultima trasformazione o lavorazione sostanziale, il criterio dello stadio produttivo determinante.
Il criterio dunque lo stadio produttivo determinante, cio della trasformazione economicamente e
merceologicamente rilevante[in materia di prodotti ittici, poi, stato stabilito il criterio della bandiera della nave; in
caso di bottino realizzato da pi navi di diversa nazionalit, il criterio quello della nave cui si possa imputare il
momento essenziale della battuta o della campagna di pesca].
Regime di libera pratica
I prodotti originari di Paesi terzi, che siano stati regolarmente importati in un qualsiasi Paese comunitario, sono in
regime di libera pratica, godendo, salvo eccezioni, della stessa libert di circolazione delle merci originarie degli Stati
membri. Ogni prodotto, poi, viene provvisto di un documento doganale unico.
4. ABOLIZIONE DEI DAZI DOGANALI E DELLE TASSE DI EFFETTO EQUIVALENTE
Labolizione dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente alla base del regime di libera circolazione delle
merci, ed sancita dallart. 30 del TFUE.
E una norma fondamentale del sistema comunitario ed provvista di effetto diretto.
I dazi doganali allesportazione sono stati aboliti il 31 dicembre 1961, mentre quelli allimportazione dovevano essere
aboliti nel 1969(alla fine della disciplina transitoria), ma lo sono stati di fatto gi nel luglio dellanno precedente, con
una decisione c.d. di accelerazione.
Nozione di tassa di effetto equivalente.
La nozione di tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale stata oggetto di una vasta giurisprudenza che ne ha
definito gli elementi essenziali: essa si configura come un onere pecuniario direttamente o indirettamente collegato
allimportazione o allesportazione di un prodotto; pur non essendo un dazio, comporta gli stessi effetti restrittivi
sugli scambi intracomunitari
In ogni caso deve trattarsi di:
1. un onere pecuniario (altrimenti sarebbe una misura rientrante nel divieto ex art. 34- restrizioni quantitative
allimportazioni);
2. deve colpire il prodotto in ragione dellimportazione o esportazione, rendendola pi onerosa ovvero
aggravandone gli adempimenti amministrativi-burocratici.
Viceversa, non ha importanza il momento in cui viene imposto tale onere,
che pu essere anche successivo a quello del passaggio della frontiera, cos come il suo ammontare, che pu essere
anche minimo.
Al riguardo, inoltre, non rileva neanche il soggetto beneficiario, che pu anche non essere lo Stato, cos come anche
al finalit che si vuole perseguire.
Le disposizioni di cui agli artt. 28[Unione doganale] e 30 [divieto di dazi e tasse effetto equivalente] TFUE possono
essere invocate dal singolo in ragione dellimportazione di un prodotto proveniente da un altro Stato membro.
Non rileva che lintroduzione del prodotto sia in una parte del territorio (es. Regioni), piuttosto che nellinsieme del
territorio statale, n che lonere colpisca anche i prodotti provenienti da altre regioni dello stesso Stato membro(ad
esempio stata vietato il dazio di mare che riguardava i prodotti introdotti nei territori francesi doltremare, perch i
prodotti erano provenienti da altre parti del territorio dello Stato membro).
Va escluso che tale divieto possa essere attuato anche nei confronti dei paesi terzi, ma gli Stati membri non hanno
comunque completa autonomia, perch tale onore tributario rientra nella politica commerciale comune e al
sistema della Tariffa Doganale Comune(che ha disposto il divieto agli stati membri di elevare o introdurre
unilateralmente le tasse esistenti dalla sua entrata in vigore-1968-, salvo talune eccezioni e deroghe introdotte dalla
Comunit e comunque uniformi).
Le deroghe al divieto sono molto limitate:

unipotesi quella di un onere pecuniario richiesto dallamministrazione per un servizio prestato in favore
e/o nellinteresse dellimportatore o esportatore; ma si deve trattare di un servizio reso individualmente,

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effettivamente prestato dallamministrazione, in tal caso esso ha carattere di vero e proprio corrispettivo(e
dunque deve essere proporzionato alla qualit e al costo del servizio);

altra ipotesi quella di oneri pecuniari, imposti da convenzioni internazionali, per favorire la libera
circolazione delle merci. Nella stessa logica rientra anche le ipotesi dei montanti compensativi monetari
istituiti nellambito della politica agricola comune, in quanto oggetto di misure comunitarie destinate a
compensare linstabilit monetaria.

Altra ipotesi quella in cui lonere parte di un sistema generale di tributi interni, che colpisca con uguali
criteri e sistematicamente sia il prodotto importato che quello nazionale.
5. IL DIVIETO DI IMPOSIZIONI FISCALI DISCRIMINATORIE

Il divieto di imporre dazi doganali deve essere integrato con lart. 110 del TFUE, il quale vieta di applicare tributi
interni che siano discriminatori per i prodotti importati.
Ovviamente limposizione tributaria, pur restando nella sfera di libert degli Stati membri, deve conservare un
carattere di assoluta neutralit tra prodotti nazionali e prodotti importati, cosicch lattraversamento del confine
non costituisca loccasione per oneri tributari pi gravosi: tale divieto appare complementare ai divieti ex artt. 28-30
del TFUE, poich mira ad evitare
che questi siano aggirati attraverso lo strumento tributario.
I definitiva lart. 110 mira a garantire la libera circolazione delle merci in condizione di neutralit fiscale rispetto alla
concorrenza tra prodotti nazionali e prodotti di altri paesi comunitari.
Il divieto comprende qualsiasi onere pecuniario di natura tributaria imposto dallo Stato o da un ente pubblico o
territoriale, indipendentemente dal beneficiario che pu anche non essere lo Stato.
Il divieto va inteso operante anche se il prodotto si trovi in regime di libera pratica provenendo da un Paese terzo.
Lart. 110 applicabile sia alle imposte indirette che alle imposte dirette.
Una tassa incompatibile a tale disposizione vietata solo per la misura in cui colpisce le merci importate pi di
quelle nazionali.
Non deve per farsi confusione col divieto di tasse di effetto equivalente: i due divieti non possono applicarsi
cumulativamente, poich danno luogo a regimi sostanzialmente diversi.
Ad esempio, le tasse deffetto equivalente, le quali colpiscono il prodotto in ragione della sua importazione o
esportazione, vanno semplicemente abolite, mentre le imposte interne ex art. 110 vanno applicate in modo da
escludere qualsiasi discriminazione tra prodotti nazionali e prodotti importati.
Quindi lipotesi del tributo interno ha come condizione fondamentale la generalit e lastrattezza dellonere.
Deve trattarsi di onere tributario.
Lelemento della discriminazione rileva in quei tributi che abbiano leffetto di scoraggiare limportazione di merci
originarie di altri Stati membri a vantaggio dei prodotti nazionali come ad es.:

tassazione molto elevata per le vetture che superano un certo livello di potenza fiscale, cosicch allonere
soggiacciono solo le vetture importate;

tributo che colpisce solo luso del prodotto, quando questo sia importato solo per quelluso.

Un imposta dovuta dal trasportatore del prodotto, applicate a secondo se si tratti di trasporto nazionale
ovvero internazionale, in modo che il primo sia esente da imposta

Un regime di agevolazioni o esenzioni fiscali che favorisca i prodotti nazionali

Un sistema di dilazioni di pagamento dellimposta di cui possano beneficiare i soli produttori nazionali

Un sistema di tassazione differenziato di un determinato prodotto

Insomma il criterio decisivo costituito dallincidenza effettiva del tributo sul prodotto nazionale e sul prodotto
importato.
Inoltre, al fine di qualificare esattamente lonere si dovr osservare se:

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il gettito destinato a finanziare attivit che giovano specificamente ed esclusivamente al prodotto


nazionale tassato, e la compensazione totale - tassa di effetto equivalente in violazione del divieto ex
art. 28 TFUE-

o se i benefici compensano solo parzialmente lonere che grava sui prodotti nazionali e quindi limposta va
a discriminare i prodotti importati, al pari di quando la compensazione totale; la tassa rientra nel divieto
di discriminazione fiscale dellart.110
Prodotti similari e concorrenti.
La similarit.

Recita lart. 110, c. 1:. uno Stato membro non pu applicare ai prodotti degli altri Stati membri tributi interni
superiori a quelli applicati ai prodotti nazionali similari.
Da tale comma appare chiaro il primo termine di paragone, ossia i prodotti devono essere similari, cio devono
avere propriet analoghe e rispondono alle stesse esigenze, in base a un criterio non di identit ma di analogia.
Bisogna far riferimento a una serie di altri fattori, quali la fabbricazione, il gusto, il tenore alcolico per le bevande,
nonch lidoneit a rispondere agli stessi bisogni del consumatore.
Tra i prodotti nazionali, poi, vanno intesi anche quelli per cui non esiste una produzione nazionale, ma un mercato
dellusato.
La concorrenza.
Inoltre, ex art. 110, c. 2: uno Stato membro non pu applicare, ai prodotti degli altri Stati membri tributi interni volti
a proteggere indirettamente altre produzioni .
Ossia non si fa pi riferimento ai soli prodotti similari, ma si amplia il raggio dazione e si parla di prodotti
concorrenti.
Ad esempio in tema di bevande alcoliche si affermata lillegittimit di una tassazione di un vino importato, leggero
e di basso costo, pi elevata di quella applicata sulla birra, tipica nazionale.
Relativamente allapparente contiguit con il divieto di restrizioni quantitative alle importazioni ex art.34, o ancora al
divieto di misure di effetto equivalente ex articolo 30 bisogna dire che la disposizione ex art. 34 una norma di
portata generale.
Quindi si applica in via del tutto residuale rispetto alle disposizione ex artt. 28 ; 30 e 110.
Nel caso di tasse parafiscali pu rilevare anche rispetto alla disciplina degli aiuti di Stato, tassa che comunque va a
incidere sulla concorrenza e sugli scambi.
Aiuti di Stato
Una tassazione che introduca vantaggi per i prodotti nazionali sar sottoposta al controllo della Commissione, e pi
in generale agli artt.107 e 108, del TFUE, relativi agli aiuti di Stato, sia sotto il profilo sostanziale che procedurale.
Sar il giudice nazionale che dovr valutare la compatibilit della tassa rispetto anche a norme del Trattato diverse
dagli artt.107 e 108, cos da non precludere a questi la possibilit di valutarla rispetto allart. 110 o ad altre
disposizioni.
Per ci che concerne la ripetizione di somme percepite dalle amministrazioni nazionali a titolo di tributo ovvero
dazio doganale in violazione delle disposizioni TFUE[ristorni], la giurisprudenza ha stabilito che contro il Diritto
dellUnione un sistema di rimborso fondato sulla presunzione della ripercussione e che ponga a carico del
contribuente la prova del contrario.
6. RESTRIZIONI QUANTITATIVE E MISURE DI EFFETTO EQUIVALENTE. LORIENTAMENTO ORIGINARIO DELLA
COMMISSIONE.
Fondamentale nella disciplina del mercato comune delle merci il divieto di restrizioni
quantitative degli scambi e di qualsiasi misura di effetto equivalente, divieto che investe sia le importazioni (art. 34)
che le esportazioni (art. 35).

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In particolare, rileva lipotesi delle misure di effetto equivalente che comprende quella gamma molto ampia di
provvedimenti che hanno effetti protezionistici, rappresentando cosi un ostacolo oggettivo agli scambi
intracomunitari.
Nessuna questione interpretativa pongono le restrizioni quantitative, che sono evidentemente quelle misure che
limitano limportazione o esportazione al di l di una certa quantit, o anche in assoluto.
In un primo tempo, la nozione di misura di effetto equivalente si riferiva solo alle misure distintamente applicabili ai
prodotti nazionali ed a quelli importati (infatti tali misure venivano definite distintamente applicabili); a seguito di
una direttiva del 1969 (70/50) tale nozione fu ampliata comprendendovi ogni atto posto in essere da unautorit
pubblica che, pur non vincolante sul piano giuridico, potesse indurre i destinatari ad una scelta di acquisto in favore
del prodotto nazionale.
Ma la novit pi rilevante di tale direttiva fu che tra le misure vietate vennero inserite anche quelle che, pur se
applicabili indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati [che la Commissione considerava ammissibili],
producevano sulla libera circolazione effetti restrittivi al di l di quelli propri di una regolamentazione commerciale
(c.d. effetti sproporzionati rispetto al fine perseguito).
Comunque, la Commissione, con questa direttiva, non vietava le misure indistintamente applicabili, in quanto i loro
effetti restrittivi venivano considerati <<normalmente inerenti alla disparit delle disposizioni nazionali>>; in altri
termini essi, per la Commissione, erano la conseguenza fisiologica della mancata armonizzazione.
7. LA NOZIONE DI MISURA DI EFFETTO EQUIVALENTE NELLA GIURISPRUDENZA
La nozione, molto ampia nella giurisprudenza, di misura di effetto equivalente, vuole dare un effetto funzionale
allart.34 del TFUE.
E bene precisare che stiamo parlando di una disposizione fondamentale per leconomia del sistema dellUnione, che
ha, infatti, effetto diretto.
Nella sentenza DASSONVILLE (1988), la Corte ha enunciato una nozione di misura di effetto equivalente ancora oggi
pienamente valida.
Con riferimento ad una disposizione nazionale che subordinava limportazione di un whisky al fatto che fosse esibito
un certificato rilasciato dal Paese esportatore, la Corte rilev che un operatore che avesse importato quel prodotto
da un Paese diverso, in cui per il whisky si trovava in libera pratica ed in cui non veniva richiesto quello stesso
certificato, incontrava oneri superiori a quelli che incombevano sullimportatore diretto.
La famosa formula Dassonville sancisce ancora oggi che : ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa
ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza gli scambi intracomunitari, va considerata come una
misura deffetto equivalente a restrizioni quantitative.
Il divieto ha portata generale.
Esso non quindi condizionato ad una riduzione effettiva degli scambi, ma simpone per il solo fatto che la misura
rappresenti anche potenzialmente un aggravio non giustificato per gli operatori commerciali.
Quindi laggravio non deve essere dimostrato, in quanto basta leffetto potenziale di ostacolo alle importazioni.
Ancora, non necessario che il provvedimento nazionale riduca sensibilmente gli scambi intracomunitari, ricadendo
nel divieto anche una misura che si esaurisca in un ostacolo lieve ed anche quando vi siano altre possibilit di
smercio del prodotto importato.
Pur trattandosi di un divieto indirizzato agli Stati membri, esso pu investire anche i comportamenti dei privati, nella
misura in cui questi non possono in via convenzionale (sulla base di un accordo tra imprese che ostacoli gli scambi
intracomunitari) derogare alle disposizioni del Trattato sulla libera circolazione delle merci.
Ovviamente le misure restrittive devono essere misure statali o comunque imputabili alle p.a., i comportamenti dei
singoli rilevano sul piano della concorrenza.
Il comportamento dello Stato pu venire in rilievo in relazione ad atti posti in essere da privati.
Ad esempio la lettura congiunta degli artt. 4,TUE[divieto di discriminazione]e 34 del TFUE porta a rilevare un preciso
obbligo per lo Stato di impedire che i privati creino ostacoli indebiti alla libera circolazione delle merci.

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Obbligo la cui osservanza sottoposta al controllo della Corte.


Inoltre, il comportamento dello Stato pu rilevare sotto il doppio profilo della libera circolazione delle merci e di
altre norme del Trattato, ad esempio in tema di tutela della concorrenza in particolare del divieto di aiuti pubblici
alle imprese.
Le istituzioni comunitarie, infine, sono tenute a rispettare il divieto di ostacolare gli scambi con misure di effetto
equivalente a restrizioni quantitative.
8. LE MISURE DISTINTAMENTE APPLICABILI
Tra le misure deffetto equivalente, bisogna anzitutto considerare le misure distintamente
applicabili ai prodotti nazionali ed ai prodotti importati, quelle cio che subordinano la
commercializzazione di questi ultimi a condizioni diverse o pi onerose rispetto a quelle
applicabili ai primi.
Vengono a tal proposito in rilievo:
I controlli, ad esempio quelli sanitari. Tali controlli, se operati in modo sistematico, costituiscono misure
vietate ex art. 34, salvo se non rientrano nelle deroghe ex art. 36.
Le misure che impongono una documentazione specifica per limportazione o esportazione del prodotto, ad
esempio una licenza o un certificato di conformit, insomma facciano riferimento a qualsiasi formalit
burocratica che ha un effetto dissuasivo;
Operatori in regime di distribuzione selettiva unaltra ipotesi, riguarda le misure che favoriscono la
canalizzazione delle importazioni attraverso determinati operatori in regime di distribuzione selettiva, cos da
scoraggiare o impedire le cd. importazioni parallele, che sono il simbolo della realizzazione effettiva di un
libero a comune mercato delle merci. Ad esempio nella pronuncia Dassonville sono state dichiarate
illegittime ex art.34 le misure disposte dallamministrazione italiana per aggravare gli adempimenti e gli oneri
di immatricolazione delle autovetture importate non dagli importatori c.d. ufficiali designati dalle case
produttrici, ma da operatori c.d. paralleli liberi da vincoli contrattuali con le case.
9. LE MISURE INDISTINTAMENTE APPLICABILI
Normative sui prezzi.
Vi sono poi delle misure che pur se neutre rispetto al rapporto tra prodotti nazionali e prodotti importati, possono
produrre, di fatto, una riduzione delle importazioni. Si tratta delle misure definite indistintamente applicabili.
Alcuni esempi riguardano le discipline dei prezzi applicate in presenza di certe condizioni.
Ad esempio quando viene stabilito un prezzo massimo di rivendita, pu accadere che il prodotto importato risulti
fuori mercato, nel senso che il suo smercio viene reso impossibile o pi difficile rispetto a quello dei prodotti
nazionali.
Oppure, ancora, quando vengono fissati dei prezzi che da un lato vogliono favorire lindustria e la ricerca nazionale
attraverso una considerazione dei fattori di costo che sfavorisca i prodotti importati; dallaltro non considerano le
spese e gli oneri relativi allimportazione tra gli elementi che contribuiscono alla determinazione del prezzo.
10. SEGUE: NORMATIVE SULLA QUALIT E LA PRESENTAZIONE DEL PRODOTTO
Altra ipotesi di misure indistintamente applicabili riguarda le normative sulla qualit e presentazione del prodotto,
per le quali si affermato il principio per cui un prodotto legittimamente commercializzato in uno Stato membro
pu essere importato e commercializzato, senza ostacoli, anche negli altri Stati membri (principio del mutuo
riconoscimento).
Tale principio muove dal presupposto che, in assenza di disciplina comunitaria di armonizzazione, le legislazioni
nazionali relative alle condizioni di commercializzazione di determinati prodotti possono essere diverse, il che non
esclude che siano ugualmente rispettose della salute o delle esigenze del consumatore.
Ne consegue che uno Stato deve accettare i prodotti importati anche quando le specifiche tecniche prescritte per i
prodotti nazionali non siano state effettuate, ma il livello di protezione dellutilizzatore sia equivalente, o che gli
stessi prodotti siano sottoposti a controlli equivalenti gi negli stessi Stati membri.

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Comunque questi intralci c.d. ostacoli tecnici si tollerano solo in vista della soddisfazione di esigenze imperative,
relative allefficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute, etc.
Caso tipico del genere quello di CASSIS DE DIJON, avente ad oggetto limportazione in Germania di un liquore
francese: il giudice tedesco era chiamato a verificare la compatibilit con lart. 34 di una normativa nazionale relativa
alle bevande alcoliche, nel punto in cui fissava in via del tutto generale (perci anche per i prodotti nazionali) un
livello minimo di contenuto alcolico, affinch certe categorie di bevande potessero essere commercializzate come
tali in Germania.
Di qui la Corte di Giustizia precis che gli intralci alla libera circolazione delle merci, derivanti da disparit delle
legislazioni nazionali, sono ammessi solo se perseguono uno scopo dinteresse generale atto a prevalere sulle
esigenze della libera circolazione.
Il controllo sulle normative nazionali deve esercitarsi a livello comunitario.
11. NORMATIVE SULLE MODALIT DI COMMERCIALIZZAZIONE
Meno facile lapplicazione della formula Dassonville per quelle misure nazionali indistintamente applicabili che non
abbiano ad oggetto i prodotti, bens le modalit dellattivit commerciale: chi, come, dove e quando poter vendere.
Si tratta di misure che possono produrre eventuali riduzioni delle importazioni, ma solo in quanto abbiano causato
altrettante riduzioni delle vendite, sia dei prodotti nazionali, sia di quelli importati. La giurisprudenza, in un primo
momento ha largheggiato nellapplicazione della formula Dassonville anche in questo settore specifico, destando un
po di confusione negli operatori che si sono sentiti autorizzati a contestare ogni genere di misura che andasse a
limitare lattivit commerciale, perdendo di vista la natura dellart. 34, ed in particolare la dimensione comunitaria e
non anche solo nazionale.
Se ne , ad esempio, esclusa lapplicazione quando le misure nazionali non avevano ad oggetto gli scambi, e
comunque consentivano modalit di vendita alternative.
Una seconda ipotesi riguarda un altro tipo di misure nazionali, dove era presenta un potenziale effetto restrittivo
delle importazioni come conseguenza di una delimitazione degli orari dellattivit di vendita, la giurisprudenza aveva
affermato la legittimit delle misure ove non eccedano il contesto degli effetti propri di una normativa commerciale.
Si tratta della giurisprudenza riguardante lapertura domenicale dei negozi, la quale non va a sfavorire la
commercializzazione dei prodotti importati pi di quella dei prodotti nazionali.
Si invece applicata la formula Dassonville per le discipline nazionali limitative dei sistemi di pubblicit e promozione
delle vendite, le quali possono costringere loperatore a mutamenti onerosi delle strategie commerciali.
In alcune precisazioni successive, la Corte non ha pi annoverato nella nozione di misura di effetto equivalente
quelle normative applicabili a tutti gli operatori che svolgono attivit commerciali in un determinato Stato membro,
e che investono allo stesso modo la commercializzazione sia dei prodotti nazionali sia di quelli importati.
Nella sentenza KECK-HUNERMUND del 1993,la Corte chiarisce che misure relative alle modalit dellattivit
commerciale e non al prodotto, non collegate in alcun modo con la diversit delle legislazioni nazionali e
insuscettibili di rendere, direttamente o indirettamente, nella forma o nella sostanza, laccesso al mercato meno
facile per i prodotti importati, non rientrano tra le misure a effetto equivalente a restrizioni quantitative di cui alla
formula Dassonville.
Resta quindi del tutto inalterato il criteri di mutuo riconoscimento, mentre si sgombrato il campo dellart.34 da
normative nazionali che non investono affatto gli scambi o lintegrazione dei mercati.
12. RESTRIZIONI QUANTITATIVE ALLE ESPORTAZIONI
Lart. 35 TFUE vieta le restrizioni quantitative alle esportazioni, cos come le misure di effetto equivalente.
Quanto stato detto in tema di restrizioni delle importazioni pu valere, in linea generale, anche per gli ostacoli alle
esportazioni.
Ci vale per leffetto diretto, per la nozione di merce e per lorigine del prodotto che pu essere di paese terzo
purch in regime di libera pratica.

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Va sottolineato che il divieto riguarda solo le esportazioni verso i Paesi membri e non quelle verso i Paesi terzi che
restano fuori del campo di azione della norma.
Tuttavia la giurisprudenza sulle misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative alle esportazioni non
speculare a quella sulle misure restrittive alle importazioni.
La giurisprudenza fino ad oggi ha limitato la portata dellart. 35 TFUE a quelle misure che hanno per oggetto o per
effetto quello di restringere specificamente le correnti di esportazione.
Questo orientamento ha resistito bench sia stato posto da pi parti il problema di mantenere la sintonia di
interpretazione tra lart. 34(restrizioni quantitative allimportazione)e lart. 35 (restrizioni quantitative
allesportazione).
13. LE DEROGHE AL DIVIETO DI MISURE DI EFFETTO EQUIVALENTE
Lart.36[deroghe] configura le ipotesi nelle quali uno Stato pu adottare o mantenere misure comprese nei divieti ex
art. 34[restrizioni alle importazioni] e 35[restrizioni alle esportazioni].
Si tratta di ipotesi motivate da ragioni di moralit pubblica, pubblica sicurezza, ordine pubblico, tutela della salute o
del patrimonio, ecc.
La tutela di queste esigenze non deve in ogni caso costituire mezzo di discriminazione arbitraria o una restrizione
dissimulata.
Lart. 36 rappresentando una deroga al principio fondamentale delleliminazione degli ostacoli alla libera circolazione
delle merci.
1. IN PRIMO LUOGO, una norma di stretta interpretazione, essa,cio, non pu essere estesa a ipotesi diverse da
quelle tassativamente prefigurate.
2. IN SECONDO LUOGO, con tale norma non si inteso riservare agli Stati membri una competenza esclusiva in
determinate materie ( difesa della salute, pubblica sicurezza, ordine pubblico, etc) ma voleva solo
consentire una deroga al principio della libera circolazione in vista delle esigenze prefigurate dal Trattato.
E chiaro che se, in vista di queste esigenze, la Comunit ha gi adottato direttive di armonizzazione non
trasposte dagli Stati, le deroghe non saranno pi consentite.
In altri termini, quando la Comunit detta uno standard che deve essere adottato da tutti gli Stati membri,
laccento si deve porre sullo Stato esportatore, con la conseguenza che un prodotto commercializzato in uno
stato membro, conforme agli standards voluti dalla normativa comunitaria uniforme, non pu subire alcuna
restrizione ex art.36.
3. IN TERZO LUOGO le misure prese dallo Stato membro per la tutela delle esigenze prefigurate dallart. 36,
debbono sempre ispirarsi al principio di proporzionalit, ed il controllo della Commissione verter proprio
sullaccertamento di conformit delle misure al principio suddetto. Dunque, lesercizio della facolt di deroga
deve limitarsi a quanto strettamente necessario al perseguimento degli scopi previsti.
Quanto allipotesi della tutela della moralit pubblica, stata riconosciuta la potest di uno Strato di impedire
limportazione di oggetti osceni o indecenti, fermo restando che sar ciascuno Stato a determinare le esigenze di
moralit da soddisfare.
Bisogna per precisare che uno Stato non pu vietare limportazione di taluni prodotti se nel suo territorio non
esiste un divieto assoluto di fabbricazione e commercializzazione degli stessi.
Per lipotesi di pubblica sicurezza esemplare il caso Campus Oil, in cui si discuteva circa un obbligo imposto agli
importatori di prodotti petroliferi di rifornirsi presso una raffineria nazionale fino a una certa quota del fabbisogno ai
prezzi prestabiliti, non avendo quella raffineria la possibilit di praticare prezzi competitivi, pur essendo essa
strategica per la tutela degli interessi nazionali.
Lobbligo stato considerato rientrante nelle deroghe dellart. 36, con la precisazione che la quantit di prodotto
interessato al sistema di pubblica sicurezza non pu superare n il limite di approvvigionamento minimo
corrispondente alla sicurezza comune, n il livello necessario di disponibilit per il caso di crisi.

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In Italia si era cercato di giustificare i maggiori oneri documentali e amministrativi prescritti per limmatricolazione
delle autovetture dimportazione parallela rispetto a quelle importate dai distributori ufficiali, invocando lordine
pubblico.
Ma stato fatto cadere ogni fondamento a tali motivi, perch il traffico illecito di autovetture pu essere ostacolato
con mezzi diversi da questo.
Tra gli interessi di cui allart. 36, la salute e la vita delle persone sono al primo posto.
In linea di massima viene lasciata ampia discrezionalit agli Stati per le norme e divieti posti per la difesa di questi
interessi, ovviamente, per, graver sugli stessi lobbligo di dimostrare leffettivit del rischio.
14. LE RESTRIZIONI AGLI SCAMBI CONNESSE ALLA TUTELA DELLA PROPRIET INDUSTRIALE E COMMERCIALE
Dallo stesso art. 36 sono previste deroghe per la tutela della propriet industriale e commerciale.
Questo un settore difficile, poich regolato da una disciplina ispirata al principio della territorialit, principio
concettualmente agli antipodi rispetto allidea del mercato comune.
La propriet individuale.
Lo sforzo giuridico consistito nel trovare un equilibrio tra tutela della propriet intellettuale e il mercato comune
informato dal principio della libert degli scambi.
La propriet intellettuale designa quellinsieme di diritti riconosciuti da un ordinamento per la tutela del brevetto,
del marchio, del diritto di autore etc.; il titolare di tale diritto ha facolt esclusive opponibili erga omnes, in ordine
alla produzione e alla commercializzazione dei beni cui inerisce.
Il conferimento di unesclusiva territoriale, porta a uno regime di monopolio che pu contrastare con lidea di
mercato comune.
Per un lungo periodo stata la Corte a disegnare i contorni del regime comunitario della propriet intellettuale.
Nellassolvere tale compito essa si fondata su due gruppi di disposizioni:
1. le norme riguardanti la libert di circolazione delle merci;
2. le norme sulla concorrenza.
Nel settore della propriet intellettuale gli artt. 34 e 36 si configurano come un limite allapplicazione delle
normative interne, lo schema concettuale pu essere cos sintetizzato:

le restrizioni degli scambi risultanti dallapplicazione dei diritti di propriet intellettuale ricadono
automaticamente nel campo di applicazione dellart.34; la verifica di compatibilit con il diritto comunitario
delle norme nazionali sulla propriet intellettuale deve essere ricondotta nellambito dellart. 36;

La deroga di cui allart. 36 consente di giustificare soltanto norme interne che siano indispensabili per
tutelare loggetto specifico dei diritti di propriet intellettuale. Spetta, in ultima analisi, alla Corte definire
qual loggetto in questione, nonch dettare i criteri in base ai quali valutare se le norme nazionali siano o
meno indispensabili. Le necessarie valutazioni di fatto spettano alle autorit (amministrative o
giurisdizionali) nazionali.
Lart. 36 precisa che tali divieti non debbano comportare una discriminazione arbitraria o una restrizione
dissimulata agli scambi intracomunitari.
Il diritto di brevetto

Nel diritto di brevetto loggetto specifico della propriet industriale la garanzia data al titolare, per ricompensare lo
sforzo creativo, di valersene in via esclusiva per limmissione di beni industriali sia direttamente, sia concedendo
licenze a terzi.
Ovviamente il diritto in esame non pu valere quando la prima immissione in commercio avvenga in un mercato
dove il prodotto non brevettabile: in tal caso il titolare non pu che accettare le regole della libera circolazione.
Diritto di marchio

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Per ci che concerne la definizione delloggetto nel diritto di marchio, esso prima si individuato nella garanzia per il
titolare di un diritto esclusivo di servirsi del marchio per la prima immissione di un prodotto sul mercato.
Successivamente alla sentenza Hag II, la Corte ha individuato la funzione che il marchio assolve nella tutela del
consumatore posto a garanzia della qualit dei prodotti.
Diritto dautore.
Relativamente al diritto dautore e ai diritti connessi, stato riconosciuto che le diverse forme di tutela della
propriet letteraria ed artistica rientrano nellambito della deroga ex art. 36 in ordine alla propriet industriale e
commerciale.
In particolare la Corte ha sempre escluso che gli articoli 34 e 36 possano essere invocati per opporsi allapplicazione
di norme nazionali che stabiliscono in quali casi possa essere riconosciuto un diritto di propriet intellettuale.
La costituzione di tale diritto rimessa allordinamento interno, con la conseguenza che le regole adottate da uno
stato membro in tale materia debbono ritenersi rientrare in linea di principio nellambito della specifica deroga ex
art.36.
Il principio dellesaurimento.
Definizione.
Lautonomia degli Stati non assoluta.
Difatti, la Corte ha stabilito che:
i diritti di propriet intellettuale, in presenza di talune condizioni , sono soggetti ad esaurimento;
le norme sui diritti di propriet intellettuale, comunque, non possono avere contenuto o effetto
discriminatori.
Il principio dellesaurimento costituisce, dunque, un limite al diritto di esclusiva che l'ordinamento riconosce ai
titolari di diritti di propriet intellettuale e industriale.
I titolari di brevetti, marchi di impresa, modelli e disegni, gli autori di opere di ingegno e i titolari di diritti connessi al
diritto di autore hanno un diritto di esclusiva per lo sfruttamento economico di tali beni immateriali.
Ma, secondo il principio dellesaurimento, tale diritto viene meno quando i prodotti nei quali il bene immateriale
incorporato o al quale affisso sono posti in vendita per la prima volta dal titolare stesso del diritto o con il suo
consenso.
Il principio dellesaurimento implica che il titolare non pu opporsi allimportazione o commercializzazione di
prodotti messi in commercio nello Stato desportazione da lui stesso o col suo consenso.
Questo per evitare che il titolare possa determinare, con la costituzione di diritti paralleli, una compartimentazione
dei mercati ed impedire la circolazione dei prodotti nella Comunit.
La delimitazione della portata del principio di esaurimento.
La giurisprudenza ha poi precisato la portata del principio dellesaurimento.
Ad esempio, in materia di brevetti se ne esclusa lapplicazione quando il prodotto sia stato
commercializzato senza il consenso effettivo del titolare del brevetto a meno che non abbia acconsentito
alla commercializzazione in uno stato in cui il prodotto non brevettabile.
Per le opere artistiche, letterarie che possono essere non solo vendute ma anche noleggiate, la giurisprudenza
ha affermato che la riscossione dei diritti dautore in funzione alle vendite non costituisce una remunerazione
sufficiente, e quindi una normativa che preveda una quota, spettante al titolare del diritto, dei profitti
realizzati tramite il noleggio giustificata.
1. In materia di marchi, in un primo momento il principio dellesaurimento stato collegato alla mera origine
comune del diritto, senza distinguere tra successiva cessione volontaria e non volontaria. Tale orientamento
mutato con la sentenza HAG II, che ha precisato che nellipotesi di due o pi diritti di marchio aventi la
stessa origine, ma la cui partizione sia avvenuta senza il consenso del titolare originario ed in capo a soggetti

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a lui del tutto indipendenti, ciascun titolare si pu opporre allimportazione del prodotto di marchio uguale o
confondibile.
Lapplicabilit del principio dellesaurimento.
E bene precisare che il principio dellesaurimento applicabile in tutti i casi di cessione del diritto in quanto ad
essere decisivo non il consenso del titolare originario, ma la perdita da parte sua del controllo sulla qualit del
prodotto.
Per il caso di riconfezionamento di medicinali, il titolare del diritto di marchio si pu opporre solo quando sia
riconosciuto che lesercizio del diritto di marchio non miri ad isolare artificialmente i mercati, quando il
riconfezionamento pu alterare lo stato originario del prodotto e quando sulla nuova confezione non se ne specifica
lautore.
La giurisprudenza riassunta la ritroviamo nellart.7 della direttiva sul riavvicinamento delle legislazioni nazionali sui
marchi.
15. I MONOPOLI COMMERCIALI
Lart. 37 del TFUE sancisce il principio del riordino dei monopoli nazionali di carattere
commerciale, fino alleliminazione di qualsiasi discriminazione fra cittadini comunitari circa le condizioni relative
allapprovvigionamento e agli sbocchi.
Lobbligo di procedere al riassetto dei monopoli riguarda qualsiasi organismo dello Stato, attraverso cui questo
controlli, diriga o influenzi sensibilmente, direttamente o indirettamente, gli scambi tra Paesi membri.
Deve trattarsi di un monopolio che si estende nellintero territorio nazionale e che attenga a scambi di merci; in caso
contrario si fuori dal campo di applicazione dellart.37.
Il riordino progressivo dei monopoli doveva consentire agli Stati membri di realizzare lobiettivo delleliminazione di
qualsiasi discriminazione entro e non oltre il periodo transitorio( 31/12/1969).
Lobiettivo era quello di evitare eventuali perturbazioni nel tessuto economico e sociale.
Ma, le oggettive difficolt, non consentono di determinare a priori i momenti intermedi in cui i singoli ostacoli vanno
eliminati, come confermato anche dal tipo di strumento, la raccomandazione, di cui la Commissione si serve per
sollecitare il riordino.
Ci si chiesti se lart. 37 imponga leliminazione dei monopoli commerciali in quanto tali, o solo di quelli che
comportano una discriminazione.
In questi termini il problema mal posto, perch dipende sia dal tipo di monopolio, sia dallestensione e dalla sua
compatibilit con le norme comunitarie.
Leliminazione progressiva dei monopoli commerciali imposta dallatt. 37 TFUE pone il problema del rapporto tra tale
obbligazione e quella contenuta nellart. 106[Imprese Pubbliche e Titolari di diritti esclusivi divieto di misure che
possano ostacolare la libert degli scambi].
Questultima sicuramente pi ampia, perch mira alleliminazione di qualsiasi misura che, adottata nei confronti
delle imprese pubbliche e delle imprese titolari di diritti esclusivi o speciali, sia contraria al trattato e in particolare
alle norme sulla concorrenza.
Logica vorrebbe che lart. 37, una volta raggiunto il suo scopo di eliminare i monopoli che recano pregiudizio alla
libert degli scambi di merci, rientrasse nella norma pi ampia dellart. 106.
Il Trattato di Amsterdam ha risolto la questione eliminando il carattere della gradualit del riordino nei monopoli
commerciali, ma mantenendo la disposizione distinta dallart. 106.

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CAPITOLO V: LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE E DEI CAPITALI


1. LE PERSONE DESTINATARIE
La realizzazione del mercato comune, quale prefigurata dallart. 2 del TUE, implica leliminazione fra gli Stati membri
degli ostacoli, oltre che agli scambi commerciali, anche alla circolazione di persone, servizi e capitali.
In particolare, la libera circolazione delle persone oggetto di un principio che rende possibile ai cittadini dellUnione
lesercizio di unattivit, di carattere subordinato o autonomo, senza riguardo per i confini nazionali.
Allinizio il trattato non riguardava la persona in quanto tale, ma in quanto soggetto che esercita unattivit
economica rilevante o comunque a tale soggetto collegata, ad esempio per vincoli familiari.
Troviamo dunque, tre gruppi di norme, che corrispondono a tre principali ipotesi:
- lavoro subordinato ( artt. 45-48)
- lavoro autonomo localizzato stabilmente nel territorio di uno Stato membro (artt. 49-55)
- prestazione di servizi, che si risolve in unattivit economica prestata occasionalmente in uno Stato membro
diverso da quello di stabilimento (art. 56-62)
La disciplina della libera circolazione delle persone si articola in modo differente a secondo delle tre ipotesi, ci per
non inficia che, sotto certi aspetti, sia unitaria.
La Corte ha ampliato il pi possibile la sfera di soggetti ammessi a beneficiare della libera circolazione, andando ben
al di l delle ipotesi tipiche.
A ci si aggiunga che lo stesso diritto derivato ha finito col riconoscere a tutti i cittadini dellUnione, sebbene con
talune limitazioni, un diritto di soggiorno generalizzato e, dunque, un diritto di circolare anche in assenza di
unattivit lavorativa.
Una direttiva recente ha razionalizzato i precedenti strumenti comunitari che trattavano separatamente le varie
figure di lavoratore subordinato, lavoratore autonomo, studente e persone inattive, disciplinando in un unico testo
legislativo il diritto dei cittadini dellUnione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare nel territorio
degli Stati membri.
La libert di circolazione e di soggiorno, e pi in generale lo status dei cittadini dei Paesi membri dellUnione, sono da
sempre e restano collegati al divieto di discriminazioni in base alla nazionalit sancito dallart. 18 del TFUE[divieto di
discriminazione in base alla nazionalit].
Tale disposizione va letta e applicata in combinato con lart. 21 TFUE , che sancisce il diritto di tutti i cittadini
comunitari alla libera circolazione e al soggiorno nellintero territorio dell Unione e senza alcun riferimento alla
valenza economica dellattivit svolta.
Il giudice comunitario ha ulteriormente valorizzato lart.21, riconoscendo anche al genitore cittadino di uno Stato
terzo che abbia la custodia del figlio avente la cittadinanza europea il diritto di soggiornare con questultimo nello
Stato membro ospitante.
La Corte arriva a questa conclusione mettendo in chiara evidenza che il rifiuto della domanda di permesso di
soggiorno presentata dalla madre che esercita la custodia del minore, priverebbe di qualsiasi effetto utile il diritto di
soggiorno di questultimo.
2. LA CITTADINANZA EUROPEA
Non esiste, n potrebbe esistere una nozione europea di cittadinanza, le norme dellUnione che ne prescrivono il
possesso come presupposto soggettivo per la loro applicazione, in realt rinviano alla legge nazionale dello Stato la
cui cittadinanza viene posta a fondamento del diritto invocato.
Tale rinvio al diritto nazionale stato operato espressamente anche nel Trattato, dove si definisce cittadino
dellUnione <<chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro>> art. 20 TFUE.

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Ci non significa che la competenza degli Stati membri in materia sia assoluta, in quanto deve esercitarsi entro i limiti
definiti dal diritto dellUnione, cos come interpretato dalla Corte di Giustizia.
N, tantomeno, che i diritti riconosciuti dal Trattato siano necessariamente riservati ai cittadini dellUnione.
La Corte ha, infatti, precisato che il diritto dellUnione non si oppone a che gli Stati membri concedano il diritto di
elettorato attivo e passivo per le elezioni del Parlamento Europeo a persone che possiedano stretti legami personali,
famigliari, economici con esso pur non essendo loro cittadini o cittadini dellUnione residenti sul loro territorio.
Ci premesso, gli sviluppi in materia sono piuttosto significativi.
La giurisprudenza, sulla premessa che lo status di cittadino dellUnione destinato ad essere lo status fondamentale
e che il Trattato non esige che i cittadini dellUnione svolgano unattivit lavorativa per poter godere dei diritti
previsti dalla cittadinanza dellUnione, ha chiarito che lart. 21 TFUE provvisto di effetto diretto e attribuisce al
cittadino dellUnione un diritto allo stesso trattamento giuridico nellesercizio della libert di circolazione e
soggiorno.
Tale diritto invocabile oltre che nei confronti dello Stato ospitante anche nei confronti dello Stato di appartenenza.
La Corte ha, peraltro, evidenziato che tale diritto di circolazione e soggiorno, ex art. 21 TFUE, non diritto assoluto,
essendo attribuito subordinatamente ed alle condizioni poste dal Trattato e dalle relative disposizioni di attuazione.
Tali limiti e condizioni, cui gli Stati membri possono subordinare lesercizio del diritto in esame, devono per
rispondere al principio di proporzionalit.
In altri termini, eventuali limitazioni non possono andare al di la di quanto appropriato e necessario per
lattuazione dello scopo perseguito, restando al giudice nazionale quello di assicurare il rispetto di tale principio.
Inoltre, la Corte ha rilevato che i presupposti del godimento dei diritti del cittadino dellUnione in materia di
circolazione, sono ancorati allambito di applicazione ratione materiae.
Cio si tratta di diritti condizionati allesercizio effettivo della libera circolazione, con la conseguenza che ad essi non
si pu attribuire una valenza autonoma, rispetto ai diritti che Trattati e diritto derivato riconoscono in quanto
collegati alle 4 libert fondamentali che di volta in volta vengono in rilievo.
Lo status di cittadino europeo attribuisce una serie di diritti, oltre quello di circolare e soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri,art. 21.
il caso di aggiungere che il Trattato di Lisbona ha ribadito ed ampliato la nozione di cittadinanza europea,
rafforzando, tra laltro, gli strumenti di democrazia partecipativa.
3. LA LIBERT DI CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DI PAESI TERZI
Il pieno diritto di circolazione, inteso come diritto di attraversare le frontiere intracomunitarie senza controlli, rimane
collegato alladozione di disposizioni comuni sui controlli alle frontiere esterne.
Le difficolt che permangono alla libera circolazione delle persone sono attualmente dovute ai controlli di polizia
effettuati alla frontiera.
Si tratta di una questione collegata alla pi generale politica di immigrazione, oltre che alla lotta alla criminalit e al
terrorismo.
Non a caso la cooperazione degli Stati membri in materia iniziata al di fuori del sistema comunitario, attraverso le
iniziative dei governi e delle autorit preposte alla tutela dellordine pubblico e/o dellimmigrazione.
Gli sviluppi pi importanti si sono avuti con gli accordi di Schengen,le cui problematiche sono state affrontate per la
prima volta nel contesto dellUnione, quale prefigurata dal Trattato di Maastricht, allinterno del terzo pilastro,
dunque quale cooperazione in materia di giustizia e affari interni.
Il Trattato di Amsterdam ha poi inciso in maniera significativa su tale materia, sia in maniera formale che sostanziale,
trasferendo la materia dei visti, dellasilo, dellimmigrazione e altre politiche connesse con la circolazione delle
persone nel Titolo IV del TCE e lasciando nel Titolo VI del TUE solo uno dei settori prima rientranti nellambito della
cooperazione in materia di giustizia e affari interni.
Il rischio di sovrapposizioni tra gli accordi di Schengen da un lato, il Titolo IV TCE ed il Titolo VI TUE stato evitato
grazie allintegrazione nellUnione Europea degli accordi di Schengen e di tutti gli atti adottati.

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In tale modo tutte le realizzazioni compiute sono state incorporate come <<acquis di Schengen>> nel sistema
dellUnione.
Effetto non secondario dellintegrazione dellacquis Schengen nel sistema comunitario era rappresentato
dallestensione delle competenze del Parlamento Europeo e della Corte di Giustizia.
Va ricordato che i tredici Stati membri, ad eccezione di Regno Unito ed Irlanda, erano autorizzati tra loro a istituire
una cooperazione rafforzata in materia.
Si pu dire che lintegrazione dellacquis Schengen decisa ad Amsterdam permetteva di superare il rischio di
sovrapposizioni tra strumenti interni ed esterni allUnione, ma non riusciva ad individuare una soluzione capace di
garantire una disciplina comune in relazione allingresso ed al trattamento dei cittadini di Paesi terzi.
Il quadro complessivo stato notevolmente semplificato dal Trattato di Lisbona, in virt di due previsioni:
la prima concerne il futuro, impone che lacquis Schengen e le ulteriori misure adottate nel suo campo di
applicazioni debbano essere accettate integralmente da tutti gli Stati canditati alladesione;
la seconda concernente il presente, sopprime la tradizionale struttura a tre pilastri dellUnione, eliminando le
distinzioni tra primo e terzo pilastro.
Questultima novit comporta, di fatto, la comunitarizzazione della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia
penale, che <<ritorna>> ad essere disciplinata insieme alle politiche concernenti i visti, lasilo, limmigrazione ed altre
politiche connesse alla libera circolazione delle persone.
Nel nuovo Titolo V(artt. 67 e segg.) del TFUE, dedicato allo <<spazio di libert, sicurezza e giustizia>>, confluiscono le
politiche relative ai controlli alle frontiere, allasilo e immigrazione, la cooperazione giudiziaria in materia civile e
quella in materia penale, la cooperazione di polizia.
Ci espressione di una pi generale consapevolezza delle dirette implicazioni di queste materie sulla circolazione
delle persone nel territorio dellUnione.
Di particolare rilievo, per la circolazione dei cittadini di Paesi terzi, appare la precisazione di portata generale che
<<lUnione si fonda sul rispetto della dignit umana, della libert, della democrazia, delluguaglianza, dello Stato di
diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze>>.
Si tratta di <<valori comuni agli Stati membri>> e propri di una societ caratterizzata dal <<pluralismo, dalla non
discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidariet e dalla parit tra uomini e donne>>.
Dalla enunciazione di tali principi si ricava che la tutela dei diritti umani nellUnione europea non dipende dal
possesso della cittadinanza dellUnione.
Relativamente ai controlli alle frontiere , allasilo e allimmigrazione, nel TFUE si precisa che obiettivi dellUnione
sono: garantire lassenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalit allatto
dellattraversamento delle frontiere interne, garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace delle
frontiere esterne, ed instaurare, progressivamente, un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne.
Lart. 80 TFUE precisa che queste politiche sono governate dal principio di solidariet ed equa ripartizione delle
responsabilit tra gli Stati membri, anche relativamente al piano finanziario.
La politica comune di immigrazione deve assicurare la gestione efficace dei flussi migratori, lequo trattamento dei
cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri, nonch la prevenzione ed il contrasto
rafforzato dellimmigrazione illegale e della tratta degli esseri umani.
In conclusione il trattato di Lisbona appare sicuramente foriero di sviluppi positivi nella direzione di uneffettiva
integrazione tra Stati membri dellUnione, ma in attesa di tale evoluzione c da dire che tuttora gli Stati membri
possono sempre decidere la reintroduzione di normali controlli alle frontiere nazionali per esigenze di ordine
pubblico o di sicurezza nazionale e previa consultazione con gli altri Pesi membri.
4. LA LIBERT DI CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI
Lart. 45 TFUE assicura la libera circolazione dei lavoratori allinterno dellUnione.

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La libera circolazione dei lavoratori implica labolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalit, tra i
lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda limpiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Lart. 45, 3
comma, sancisce i diritti del lavoratore comunitario, e comprendono:
1. laccesso al lavoro in un altro Stato membro;
2. il diritto di prendervi dimora;
3. quello di spostarsi liberamente;
4. quello di rimanervi anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Il termine lavoratore(art.45) e lespressione attivit subordinata(Regolamento n. 1612/68) sono nozioni da
interpretare in modo restrittivo.
La giurisprudenza del lavoratore d questa definizione: deve considerarsi lavoratore la persona che, per un certo
tempo, esegue a favore di unaltra e sotto la direzione di questa prestazioni in contropartita delle quali percepisce una
remunerazione. Una volta cessato il rapporto, linteressato perde la qualit di lavoratore, fermo restando tuttavia che,
da un lato, questa qualifica pu produrre taluni effetti dopo la cessazione del rapporto di lavoro e che, dallaltro, una
persona alleffettiva ricerca di un impiego deve pur essere qualificata come lavoratore.
La nozione comunitaria di lavoratore subordinato implica che:
1. Cittadinanza dellUnione: Deve trattarsi di un cittadino di un Paese membro, vi un rimando al diritto
nazionale in materia di cittadinanza.
Tale requisito, invece, non e richiesto ai familiari del lavoratore che siano cittadini di un Paese terzo, in
quanto ad essi consentito, ma solo in quanto familiari di un lavoratore comunitario, di beneficiare della
disciplina della libera circolazione del lavoratori, per il resto a cittadini dei Paesi terzi vietata la libera
circolazione, salvo accordi tra il Paese dorigine e la Comunit(es. gli accordi stipulati con alcuni Paesi del
mediterraneo).
L Atto di adesione firmato ad Atene il 16 aprile 2003 consente ai vecchi Stati membri di limitare lapplicazione
delle norme in materia di libera circolazione dei lavoratori nei confronti dei nuovi Stati membri per un
periodo massimo di sette anni anche se essi beneficiano di un regime di preferenza rispetto a lavoratori di
Paesi terzi.
2. Luogo del rapporto subordinato : La prestazione deve svolgersi in uno Stato membro diverso da quello di
origine del lavoratore.
Il rapporto di lavoro deve essere localizzato in territorio dellUnione o comunque presentare un legame
stretto con questultimo.
Pi in generale le norme sulla libera circolazione si applicano a tutti i cittadini comunitari che ne usufruiscano.
Ne consegue che un diritto che il singolo pu opporre al proprio Stato di appartenenza, quando da esso
che abbai ricevuto un trattamento deteriore per il sol fatto di avere lavorato in un altro stato membro o
comunque tale da dissuaderlo dallavvalersi di tale libert di circolazione.
Non escluso che si verifichino delle situazioni di discriminazione a danno dei cittadini del Paese membro
interessato, ipotesi definita di discriminazione alla rovescia e che pu trovar rimedio solo attraverso
leventuale applicazione delle norme nazionali poste a tutela del principio di eguaglianza.
Con una la legge comunitaria del 2004 stata garantita la parit di trattamento dei cittadini italiani con quelli
di altri Paesi membri.
3. Natura subordinata del rapporto : lattivit lavorativa svolta deve avere natura subordinata.
Oltre al rapporto di subordinazione, necessaria la circostanza che si tratti di unattivit lavorativa effettiva e
dotata di una certa consistenza.
Quindi non rientrano in tale disciplina le attivit ridotte e precarie, cos tanto da presentarsi come accessorie
e marginali.

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Sono ritenute rilevanti anche talune ipotesi di confine come il tirocinio professionale retribuito, un corso di
studi sancito da diploma professionale che sia collegato alla precedente attivit lavorativa svolta nello Stato
ospite(etc)
Non stato escluso il vincolo di subordinazione , salvo laccertamento del giudice nazionale, nel lavoro svolto
dal coniuge dellunico titolare dellimpresa. Anche lattivit sportiva stata compresa nella disciplina
comunitaria sulla libera circolazione dei lavoratori, quando ricorrono le condizioni gi citate.
5. IL DIRITTO DI INGRESSO E DI SOGGIORNO
Il diritto di ingresso.
Laccesso al lavoro in uno Stato membro diverso da quello di origine ed il conseguente diritto di soggiornarvi
presuppone il diritto di ingresso nel territorio di tale Stato.
Tale diritto deriva dal Trattato ,nonch, alloccorrenza, dalle disposizioni del diritto comunitario derivato e pu
essere condizionato esclusivamente al possesso di una carta di identit o di un passaporto valido.
Non sono ammessi controlli che integrino una prassi sistematica, che per ci stesso diventa un ostacolo arbitrario
alla circolazione delle persone; lo stesso dicasi per i visti di ingresso o lapposizione di un timbro sul passaporto.
Il semplice controllo amministrativo ammesso a condizione che non sia discriminatorio.
Il diritto di soggiorno
Il diritto di ingresso in un altro Paese membro comporta il diritto di soggiornarvi almeno 3 mesi, col beneficio del
diritto alleguaglianza di trattamento con i cittadini dello Stato ospite (es. diritto al risarcimento del danno che la
legge nazionale riserva ai cittadini, il diritto a sovvenzioni in occasione della nascita di un figlio).
Del diritto di soggiorno (oltre il limite dei tre mesi) possono beneficiare i lavoratori dipendenti, con i rispettivi
familiari, le persone che si stabiliscono in un altro Paese membro per esercitarvi unattivit economica.
Con lentrata in vigore della direttiva 2004/38 tale diritto attribuito a tutti i cittadini dellUnione, unitamente ai
loro familiari, a condizione per che essi dispongano di risorse economiche sufficienti e di unassicurazione malattia.
Tale direttiva introduce anche la figura del diritto di soggiorno permanente di cui beneficeranno il cittadino
dellUnione ed i suoi familiari che avranno soggiornato legalmente ed in via continuativa per 5 anni nello Stato
membro ospitante.
Per familiare vanno intesi, oltre il coniuge ed i discendenti e ascendenti diretti, anche il partner che ha contratto
unione registrata secondo la legislazione di uno Stato membro.
Alcune direttive hanno esteso il diritto di soggiorno anche ai soggetti non economicamente attivi; tali direttive
valgono ad integrare i limiti e le condizioni cui sottoposto lesercizio del diritto di soggiorno, che dunque finisce
con lessere attribuito al cittadino dellUnione in quanto tale.
Carta di soggiorno e sua abolizione.
Il diritto di soggiorno deriva evidentemente dalla situazione in cui versa il beneficiario, mentre non decisivo il
possesso della carta di soggiorno, che pure viene rilasciata dallo Stato ospite per almeno 5 anni e con rinnovo
automatico.
La Carta di soggiorno, inoltre, si distingue nettamente dal permesso di soggiorno attraverso il quale lo Stato
esercita il suo potere in ordine allammissione dello straniero non comunitario e ha due conseguenze:

il cittadino dellUnione ha un vero e proprio diritto alla carta di soggiorno, quando ne ricorrano le condizioni;

il mancato possesso della carta di soggiorno non pu provocare provvedimenti sproporzionati quali
lespulsione o altro provvedimento sanzionatorio che si traduca in un ostacolo alla libera circolazione.

La direttiva 2004/58 interviene anche su tale profilo della libera circolazione dei lavoratori dellUnione, abolendo la
carta di soggiorno e sostituendola con un attestato di iscrizione che potr essere richiesto soltanto se gli Stati
membri lo richiederanno e che comunque trover applicazione unicamente per soggiorni di durata superiore a tre
mesi.

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6. IL REGIME DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI


Lart.45 del Trattato chiarisce che la libert di circolazione dei lavoratori allinterno della Comunit implica
labolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalit relativamente a tutte le condizioni di lavoro.
I diritti che derivano dalle disposizioni del Trattato o da normative derivate riguardano e possono dunque essere
invocati dai lavoratori, ma niente esclude che possano essere invocati anche dai datori di lavoro.
La libert di circolazione dei lavoratori si risolve, dunque, nel generale divieto di discriminazione in base alla
nazionalit.
Tale divieto tende non solo a garantire al lavoratore che abbia una nazionalit diversa da quella dello Stato ospitante
un trattamento non diverso da quello riservato ai cittadini, ma impedisce anche il verificarsi di condizioni
concorrenziali a svantaggio dei lavoratori nazionali.
La libert di circolazione stata compiutamente realizzata con:
1. la direttiva del Consiglio 68/360 che ha eliminato le restrizioni allingresso e al soggiorno dei lavoratori e
delle loro famiglie in Paesi diversi da quelli dorigine;
2. il regolamento n.1612/68 sostanzialmente la normativa dattuazione del principio della libera circolazione
dei lavoratori allinterno della Comunit.
Relativamente alle condizioni di accesso al lavoro non vi pu essere un precedenza o una priorit dei lavoratori
nazionali rispetto a quelli di altri Paesi comunitari.
Va poi precisato che la disciplina della circolazione dei lavoratori comprende non solo la persona che si reca in un
altro Paese membro in risposta ad unofferta di lavoro ma si estende anche a colui che si limita a spostarsi per cercare
lavoro.
Lapplicazione del principio della parit di trattamento nellaccesso al lavoro vieta anche le discriminazioni
dissimulate.
Al riguardo, i possibili elementi discriminatori sono i pi vari, dal requisito della residenza a quello del titolo di studio
,alla conoscenza della lingua locale.
La giurisprudenza sempre stata attenta ad accertare lobiettivo sostanziale della parit di trattamento, verificando
di volta in volta se la diversit di trattamento sia arbitraria e, quindi, dissimuli una discriminazione.
Il principio del trattamento nazionale ha poi trovato numerose applicazioni relativamente alle condizioni di
esercizio dellattivit lavorativa, relative alla retribuzione, allo stato di disoccupazione, alla cessazione del rapporto
di lavoro.
Sono compresi nella parit di trattamento anche tutti i vantaggi sociali e fiscali attribuiti ai lavoratori nazionali (es.
un prestito agevolato in occasione della nascita di un figlio, riduzioni sulla tariffe ferroviarie, unindennit di
disoccupazione per i giovani).
Il regolamento n.1612/68 sancisce allart.8 il principio della parit di trattamento anche in relazione ai diritti
sindacali, in particolare liscrizione alle organizzazioni sindacali.
Un altro aspetto di grande rilevanza della libert di circolazione dei lavoratori quello del trattamento riservato alla
famiglia del lavoratore ed alle condizione per lintegrazione dei suoi componenti nello Stato ospitante.
Il regolamento 1612/68 attribuisce al coniuge ed ai figli minori o ancora a carico del lavoratore una serie di diritti
destinati a mantenere lunit familiare ed a facilitarne lintegrazione quali:

diritto di soggiornare e di esercitare unattivit lavorativa;

diritto di accedere a professioni sottoposte a regole professionali specifiche;

godere dei benefici in vigore nello Stato ospite in tema di istruzione a favore dei cittadini.

Lart.45 n.3,lett. D,del TFUE garantisce i diritti del lavoratore e dei suoi familiari nel periodo seguente alla cessazione
del rapporto di lavoro.
Le condizioni per conservare il diritto di risiedere nel Paese ospite sono:

il raggiungimento dellet pensionabile nello Stato ospitante;

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che siano stati colpiti da incapacit lavorativa permanente dopo avervi soggiornato per oltre due anni;
dopo tre anni di soggiorno, lavorino in un altro Stato membro, ma facciano ritorno nello Stato ospitante
almeno una volta alla settimana.

In caso di licenziamento il lavoratore comunitario ha diritto alla stessa assistenza che gli uffici del lavoro dello Stato in
cui era occupato prestano ai loro cittadini nella ricerca di un nuovo posto di lavoro.
Nel caso la cessazione del rapporto di lavoro sia dovuta alla sopravvenuta inabilit del lavoratore, quando abbia
maturato un certo periodo di anzianit o per il raggiungimento dei limiti massimi dellattivit lavorativa, al lavoratore
spetta il trattamento previdenziale e pensionistico previsto dalla legge locale.
In definitiva, il trattamento non discriminatorio ha natura di trattamento minimo, nel senso che possibile
lapplicazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali pi favorevoli, in quanto
estendano agli stranieri diritti e vantaggi non contemplati nel Trattato e nel regolamento n.1612/68.
7. IL SISTEMA DI SICUREZZA SOCIALE GARANTITO AI LAVORATORI MIGRANTI
La normativa sulla sicurezza sociale dei lavoratori migranti costituisce un corollario indispensabile alla libert di
circolazione.
Il fondamento di una tale normativa costituito dallart.48 del TFUE, in base al quale il Parlamento europeo e il
Consiglio, deliberando secondo la procedura ordinaria, adottano in materia di sicurezza sociale le misure necessarie
per linstaurazione delle libera circolazione dei lavoratori, attuando in particolare un sistema che consenta di
assicurare ai lavoratori migranti e ai loro aventi diritto: a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie
legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni sia per il calcolo di queste, b) il
pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri.
La normativa di attuazione.
La normativa di attuazione dellart.48 essenzialmente contenuta nel regolamento n.1408/71 e nel regolamento
n.574/72 aventi come scopo principale il coordinamento delle diverse normative nazionali in materia.
In mancanza di una disciplina comune, da un lato gli Stati membri continuano a disciplinare autonomamente i
rispettivi sistemi previdenziali; dallaltro, nellesercizio di tale autonomia, gli Stati membri devono rispettare il diritto
comunitario.
Il regolamento n.1408/71 si applica ai lavoratori subordinati o autonomi che sono soggetti alla legislazione di uno o
pi Stati membri e che siano cittadini di uno stato membro, nonch ai loro familiari e ai loro superstiti.
La Corte di Giustizia ha precisato che una persona possiede la qualit di lavoratore ai sensi del regolamento
n.1408/71 quando assicurata, sia pure contro un solo rischio, in forza di unassicurazione obbligatoria o facoltativa.
Il coordinamento effettuato in virt del regolamento predetto fondato su 3 principi essenziali:
1. la parit di trattamento tra lavoratori che beneficiano della libert di circolazione e cittadini della Stato
membro di cui si tratta. In base a questo principio, dunque, non ammessa alcuna discriminazione tra
cittadini e altri lavoratori comunitari.
2. la lex fori determinazione della legge applicabile; costituisce il principio dellunicit della legge applicabile,
identificata con quella dello Stato in cui viene svolta lattivit lavorativa
3. la totalizzazione dei periodi assicurativi. garantisce al lavoratore che sia stato soggetto alle leggi di due o pi
Stati membri, il cumulo dei periodi assicurativi maturati in forza delle leggi di ciascuno degli Stati in
questione.
8. LE LIMITAZIONI ALLA LIBERT DI CIRCOLAZIONE
Deroga per la Pubblica Amministrazione.
La disciplina comunitaria relativa alla libera circolazione dei lavoratori non si applica al pubblico impiego: Agli
impieghi nella pubblica amministrazione, art.45,n.4,del TFUE.

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Per pubblica amministrazione si intende linsieme di quegli impieghi che implicano una partecipazione diretta o
indiretta allesercizio di poteri pubblici, nonch le funzioni che hanno ad oggetto la tutela di interessi generali dello
Stato o di enti pubblici.
La giurisprudenza ha dato alla deroga in esame una interpretazione molto restrittiva, fissando la necessit di valutare
caso per caso quando tale deroga vada applicata, nonch di verificare la sussistenza del particolare vincolo di
solidariet e fedelt nei confronti dello Stato che caratterizza il rapporto di pubblico impiego.
Deroga per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o per ragioni sanitarie.
Il diritto del lavoratore alla libera circolazione, in particolare allingresso ed al soggiorno, pu essere limitato o negato
per ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza o per ragioni sanitarie, art. 45, n. 3 TFUE e Direttiva 2004/38/CE.
Lo status di cittadino dellUnione ha imposto una interpretazione molto restrittiva delle deroghe in parola.
La giurisprudenza ha precisato i limiti che gli Stati membri devono rispettare nella definizione delle esigenze di ordine
pubblico.
Anzitutto lapplicazione della misura restrittiva non pu avere finalit economiche o comunque non connesse alle
esigenze di ordine pubblico riconosciute in una societ democratica.
La Direttiva 2004/38/CE precisa inoltre che i provvedimenti restrittivi della libert di circolazione possono essere
collegati esclusivamente ad un comportamento personale e specifico del soggetto, mentre non possono essere
fondati sulla semplice esistenza di precedenti penali o come deterrente per altri stranieri.
I motivi di ordine pubblico posti a fondamento della misura restrittiva devono essere portati a conoscenza del
lavoratore, affinch egli si possa ben rendere conto del contenuto e degli effetti della misura e possa dunque
provvedere ad una difesa adeguata.
Quanto alle ragioni sanitarie la Direttiva 2004/38/CE indica le varie patologie che possono giustificare il rifiuto di
ingresso e/o di rilascio del permesso di soggiorno, precisando, tuttavia, che il sopraggiungere della malattia dopo i
tre mesi successivi allarrivo non consente allo Stato membro di procedere allallontanamento dal proprio territorio.
La giurisprudenza, daltronde, aveva gi precisato che la norma rende possibile il rifiuto dellaccesso o del soggiorno
nel territorio a persone il cui ingresso o soggiorno costituirebbe, in quanto tale, un pericolo per la salute pubblica.
9. LA LIBERT DI STABILIMENTO. CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA
Il diritto di stabilimento, disciplinato dagli articoli da 49 a 55 del TFUE, investe qualsiasi attivit economica svolta in
regime di non subordinazione e in modo stabile.
Di questo diritto beneficiano sia le persone fisiche che siano in possesso della cittadinanza di uno degli Stati membri,
sia le persone giuridiche.
Per queste ultime va fatta qualche ulteriore precisazione.
Lart.54 stabilisce che esse sono equiparate alle persone fisiche aventi la cittadinanza di uno Stato membro se
costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale allinterno della Comunit.
Quindi la societ che voglia aprire una sede secondaria in un altro Paese comunitario deve gi avere un centro
dattivit allinterno della Comunit.
Il Trattato prevede, peraltro, una importante eccezione al beneficio della libert di stabilimento relativamente a
quelle attivit che nello Stato ospite partecipino, sia pure occasionalmente, allesercizio dei pubblici poteri (art.51).
In particolare la Corte ha subito precisato che leccezione non pu avere una portata che vada al di l dello scopo per
la quale stata prevista.
Loccasione fu una controversia che riguardava la professione di avvocato, rispetto alla quale non era mancato chi ne
sosteneva il carattere pubblico e dunque lesclusione in toto dalla sfera di applicazione della libert di stabilimento.
La Corte tenne a precisare che lart. 51 del Trattato consente agli Stati membri di precludere laccesso a quelle
attivit che ,considerate in s stesse, costituiscono una partecipazione diretta e specifica allesercizio dei pubblici
poteri.

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Ci per non si verifica rispetto alle attivit di consulenza ed assistenza legale o della rappresentanza e della difesa
delle parti in giudizio svolte da un avvocato.
10. STABILIMENTO A TITOLO PRINCIPALE E A TITOLO SECONDARIO
La libert di stabilimento riguarda sia laccesso alle attivit autonome e al loro esercizio, nonch la costituzione e la
gestione di imprese (art.49 comma 2),sia lapertura di agenzie, succursali o filiali.
In definitiva tratta di due ipotesi:

Lesercizio di unattivit professionale o pi in generale di unattivit economicamente rilevante in un Paese


comunitario diverso da quello di origine;

Lapertura di un centro secondario di attivit in un Paese comunitario diverso da quello di origine.

Per quanto riguarda le persone giuridiche, la situazione pi complessa, specie quando si tratta di societ non di
nuova costituzione.
Una siffatta condizione comporta una serie di difficolt, atteso che, quanto meno in quegli Stati membri in cui
proprio il criterio della sede ufficiale effettiva a determinare la nazionalit della societ, il trasferimento di detta sede
in un altro Stato membro pu risultare incompatibile con il mantenimento della personalit giuridica di cui la societ
gode ai sensi dellordinamento giuridico dello Stato membro di costituzione.
In tali condizioni, lesercizio della libert di stabilimento a titolo principale finisce per essere puramente teorico.
Allo stato attuale del diritto dellUnione, un Paese membro dispone della facolt di definire sia il criterio di
collegamento richiesto ad una societ affinch possa ritenersi costituita ai sensi del suo diritto nazionale, e a tale
titolo possa beneficiare del diritto di stabilimento riconosciuto dal Trattato, sia quello necessario per continuare a
mantenere detto status.
Lo stesso art.49 comma 1 prevede inoltre lipotesi che il soggetto sposti solo una parte secondaria della sua attivit in
un altro Paese comunitario, cio lo stabilimento che si realizza con la creazione rispettivamente di agenzie, succursali
o filiali.
Il Trattato menziona, quindi, per lesercizio dello stabilimento secondario gli strumenti della filiale, della agenzia e
della succursale.
Al riguardo va precisato che mentre per filiale va intesa una persona giuridica controllata dalla societ madre, ma
costituita secondo il diritto del Paese ospite e dotata pertanto di autonomia, le agenzie e le succursali non sono
persone giuridiche autonome rispetto alla societ madre.
Inoltre il diritto di stabilimento a titolo secondario accordato non solo alle persone giuridiche, ma anche alle
persone fisiche, purch si tratti di cittadini di uno Stato membro stabiliti in un altro Stato membro.
In altre parole, uno Stato membro non pu negare ad un cittadino di un altro Stato membro lapertura di uno
studio o di un ufficio sul proprio territorio, e ci sebbene a tale divieto soggiacciono i propri cittadini.
In tale ipotesi dunque agli Stati membri non concesso applicare agli stranieri comunitari le stesse limitazioni
applicate ai cittadini, in quanto leffetto restrittivo che ne conseguirebbe sarebbe sproporzionato, risolvendosi in fatto
nellimpossibilit per i cittadini dellUnione di avvalersi di un diritto fondamentale garantito dal Trattato per stabilirsi
in un altro Stato membro, se non rinunciando al precedente stabilimento.
11. IL REGIME DEL DIRITTO DI STABILIMENTO
A) IL PRINCIPIO DEL TRATTAMENTO NAZIONALE
Il contenuto materiale della normativa che sancisce e disciplina la libert di stabilimento ruota intorno al principio
del trattamento nazionale.
Questo significa che ai cittadini degli Stati membri, nonch alle persone giuridiche, che si stabiliscono anche solo in
via secondaria in un altro Stato membro,lart.49 intende garantire lo stesso trattamento riservato ai cittadini,
vietando anzitutto ogni discriminazione in senso soggettivo (che sia cio fondata sulla nazionalit) o nuova misura
che sottoponga lo stabilimento dei cittadini degli Stati membri ad una disciplina pi rigorosa di quella riservata ai
propri cittadini.

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Lo stesso Trattato ha previsto, inoltre ,ladozione di direttive per la soppressione delle restrizioni esistenti
(art.50);ladozione di direttive volte a coordinare le disposizioni nazionali relative allaccesso alle attivit non
salariate e al loro esercizio (art.53 n.2);nonch di direttive sul reciproco riconoscimento dei diplomi (art.53 n.1).
Tuttavia lobiettivo della libert di stabilimento va perseguito negli Stati membri indipendentemente dalla vigenza
o meno di una normativa ad hoc.
Questultima prevista solo per facilitare lesercizio effettivo di tale libert, mentre la semplice eliminazione degli
ostacoli al regime di libert di stabilimento oggetto, a partire dalla scadenza del periodo transitorio, di un obbligo
preciso e incondizionato, che non richiede alcuna specificazione normativa.
Pertanto lart.49,una volta scaduto il periodo transitorio ,ha potuto essere utilmente invocato dai singoli in quanto
norma provvista di effetto diretto (come affermato nella celebre sentenza Reyners).
Spetta, pertanto, alle autorit nazionali fare in modo che la libert di stabilimento sia garantita quando sussistano le
condiziona di applicazione dellart.49,anche e nonostante lassenza di direttive di coordinamento ai sensi dellart.53.
E cos che la Corte ha riconosciuto ad un avvocato belga il diritto di stabilirsi ed esercitare in Francia, atteso che il
diploma conseguito dallinteressato nel Paese di origine era stato dichiarato equivalente dallautorit competente
dello Stato di stabilimento, sebbene solo a fini accademici e non a fini civili.
Il principio del trattamento nazionale ha dunque una portata molto ampia e anzitutto mira ad evitare qualsiasi
discriminazione che sia fondata sulla nazionalit, comportando cos lillegittimit di qualsiasi misura che colpisca lo
straniero in quanto tale.
E ci vale anche per normative nazionali che si applichino solo ai cittadini di altri Stati membri.
12. SEGUE: B) OLTRE IL TRATTAMENTO NAZIONALE
La regola del trattamento nazionale non pu condurre alla negazione del diritto di stabilimento quale conferito dallo
stesso Trattato, con la conseguenza che il diritto di costituire una pluralit di centri di attivit nellinsieme dellUnione
prevale sulleguaglianza di trattamento nei casi in cui la normativa nazionale preveda lunicit della sede.
Inoltre, va precisato che il regime della libert di stabilimento intende eliminare anche quelle discriminazioni che
comportano in fatto una discriminazione a danno degli stranieri.
Ci significa che vietata anche ogni altra forma dissimulata di discriminazione.
Si tratta in sostanza delle ipotesi in cui una normativa preclude in fatto al cittadino di un altro Paese membro di
godere della libert di stabilimento, in quanto ne condiziona lesercizio al possesso di certi requisiti che sono propri
del cittadino e non di altri.
quanto si verifica o si pu verificare, anzitutto, attraverso il criterio della residenza o attraverso talune condizioni
imposte alle societ, condizioni che rischiano di sfavorire le societ straniere rispetto a quelle costituite secondo il
diritto nazionale o, ancora, con i titoli di studio.
13. LE MISURE DESTINATE A FACILITARE LA LIBERT DI STABILIMENTO: LA DIRETTIVA 2005/36/CE SUL
RICONOSCIMENTO DELLE QUALIFICHE PROFESSIONALI.
Nonostante gli sviluppi giurisprudenziali, le direttive previste dallart. 53 TFUE, intese al reciproco riconoscimento dei
titoli di studio e professionali restano necessarie per facilitare laccesso e lesercizio di molte attivit autonome, con
particolare riferimento a quelle rientranti nelle professioni liberali.
Per alcuni mestieri e professioni, il cui esercizio in taluni Stati membri subordinato ad una formale qualifica
professionale sono state adottate numerose direttive in materia, definite misure <<transitorie>>, in attesa della piena
e diretta efficacia dellart. 53 TFUE, ma, nella sostanza, misure destinate ad essere definitive.
Il criterio in generale che informa tali direttive quello per cui quando lo Stato di stabilimento richiede, per lesercizio
di unattivit, il possesso di una qualifica professionale formale che in altri Stati membri non richiesta, sufficiente
che il soggetto interessato provi di avere svolto effettivamente quellattivit nel Paese di origine per il periodo fissato
dalla direttiva.

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Ci vuol dire che ogni Stato di stabilimento pu chiedere allinteressato di esibire unattestazione, rilasciata dallo
Stato di provenienza, comprovante lesercizio dellattivit di cui trattasi, ma non pu definire condizioni di accesso tali
da rendere inutile tale attestazione.
Per molte professioni lo scenario cambiato con la direttiva 2005/36/CE, c.d. Zappal, relativa al riconoscimento
delle qualifiche professionali.
Essa ha consolidato in un unico testo legislativo ben quindici direttive, fra le quali dodici settoriali, riguardanti le
professioni di medico, infermiere, odontoiatra, veterinario, ostetrica, farmacista e architetto; tre che riguardavano il
riconoscimento delle altre attivit professionali.
In dettaglio la direttiva 2005/36/CE si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che intendono esercitare una
professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche
professionali.
Essa stabilisce che ciascuno Stato membro tenuto a riconoscere, sulla base dei criteri fissati dalla direttiva in parola,
il diritto di accedere a una professione, come subordinato o autonomo, a qualsiasi cittadino dellUnione in possesso di
un titolo che lo legittima a svolgere la medesima attivit in un altro Stato membro.
In concreto, il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante consente al
beneficiario di accedere alla stessa professione per la quale qualificato nello Stato membro di origine e di esercitarla
alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro ospitante.
Impianto della direttiva ricalca la classica distinzione tra prestazione dei servizi, su base temporanea ed occasionale, e
libert di stabilimento, concernente invece lavoro autonomo prestato in maniera stabile.
In relazione alla prima ogni cittadino dellUnione, legalmente stabilito in uno Stato membro, pu svolgere la propria
attivit di servizi in un altro Stato membro con il proprio titolo professionale di origine senza dover chiedere il
riconoscimento delle qualifiche che possiede.
Il prestatore deve provare di aver esercitato la propria attivit professionale nello Stato di stabilimento per almeno
due anni nel corso dei 10 anni che precedono la prestazione di servizi, se in tale Stato membro la professione in
questione non regolamentata.
Il divieto di restrizioni riguarda anche lapplicazione di normative nazionali che subordinano lo svolgimento di attivit
professionali al rispetto o al compimento di talune formalit legali.
Nellipotesi in cui professionista intende invece svolgere la propria attivit avvalendosi della libert di stabilimento,
problemi marginali si pongono per talune professioni gi oggetto di direttive settoriali.
Diverso il caso delle professioni per le quali non esistono disposizioni di armonizzazione della relativa formazione. La
direttiva stabilisce un sistema di riconoscimento basato sul criterio c.d. dellequivalenza delle qualifiche.
Se in uno Stato membro ospitante laccesso ad una professione o il suo esercizio sono regolamentati, lautorit
competente di tale Stato consente laccesso a detta professione e il suo esercizio alle stesse condizioni previste per i
cittadini nazionali, purch richiedente possegga titolo di formazione, rilasciata da un altro Stato membro, che attesti
un livello di formazione almeno equivalente al livello immediatamente inferiore a quello richiesto dallo Stato membro
ospitante.
Se, al contrario, nello Stato membro dorigine del richiedente laccesso ad una professione o il suo esercizio non sono
regolamentati, richiedente tenuto a dimostrare di possedere non solo titolo di formazione, ma anche due anni di
esperienza professionale a tempo pieno, maturata nel corso dei 10 anni precedenti.
La direttiva raggruppa le qualifiche professionali in cinque livelli che si distinguono essenzialmente per la durata del
percorso formativo richiesto per laccesso alla professione nel paese di origine del richiedente: attestato di
competenza, il certificato, il diploma di formazione breve, il diploma di formazione di durata minima di tre anni ed
inferiore a quattro anni, il diploma di formazione durata minima di quattro anni.

14. SEGUE: LA DIRETTIVA 2006/123/CE RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO


Tra le direttive intese ad agevolare la libert di stabilimento merita particolare attenzione la direttiva 2006/123/CE,
nota come <<direttiva servizi>>.

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Essa si inserisce nel quadro delle azioni volte a rendere lUnione europea caratterizzata da una economia in crescita
esponenziale.
La direttiva mira ad eliminare gli ostacoli ancora presenti nel mercato interno che, di fatto, impediscono alle attivit a
carattere autonomo di circolare liberamente tra gli Stati membri, sia utilizzando la libert di stabilimento, sia
sfruttando la libert di prestazione dei servizi.
La direttiva non si limita per ad agevolare le sole due attivit menzionate, essa intende, nel contempo, rafforzare i
diritti dei destinatari che da un mercato in libera concorrenza non possono che trarre vantaggi.
La direttiva stabilisce un quadro giuridico generale valido per qualsiasi attivit di servizi fornita dietro corrispettivo
economico, ad eccezione delle attivit espressamente escluse.
La direttiva, in altre parole, ha un carattere orizzontale, nel senso che non riguarda una sola categoria o un settore
particolare di servizi, ma abbraccia tutte le possibili attivit di servizi esistenti o che potrebbero esistere in futuro.
Purtroppo, come sempre quando si parla di Unione, alle dichiarazioni auliche non corrispondono poi i fatti.
Dopo lunghe discussioni la direttiva non tocca molte e significative attivit che restano escluse espressamente, fra
esse: i servizi finanziari, audiovisivi, i servizi sanitari, le attivit di azzardo, i servizi delle agenzie di lavoro interinale, i
servizi forniti da notai ed ufficiali giudiziari.
Insomma sono escluse tutte quelle attivit che costituiscono veri e propri monopoli, scardinati i quali i diritti dei
destinatari trarrebbero sicuro giovamento.
La direttiva si compone di disposizioni comuni, riguardanti sia la libert di stabilimento che la libert di prestazione
dei servizi, e di disposizioni dettate invece con riguardo unicamente alluna o allaltra libert. Tra le disposizioni
comuni figurano quelle volte a semplificare le procedure e le formalit amministrative, che costituiscono uno degli
ostacoli pi significativi allaccesso ed allesercizio di unattivit di servizi in un altro Stato membro.
La direttiva quindi richiede agli Stati membri di istituire degli sportelli unici, rendere possibile lespletamento delle
procedure e formalit amministrative a distanza e per via elettronica, ad accettare documenti rilasciati da un altro
Stato membro che abbiano finalit equivalenti.
Gli Stati membri hanno lobbligo di prestarsi assistenza reciproca e di cooperazione al fine di garantire un controllo
efficace dei prestatori e dei loro servizi nonch di evitare la moltiplicazione di tali controlli.
La cooperazione amministrativa si traduce nel diritto di uno Stato membro di richiedere informazioni, verifiche,
ispezioni o indagine ad un altro Stato membro. previsto un meccanismo di allerta in cui uno Stato membro tenuto
ad informare prontamente la Commissione e gli altri Stati membri interessati di qualunque comportamento di un
prestatore di servizi che potrebbe provocare un pregiudizio grave alla salute o alla sicurezza delle persone o
allambiente.
La direttiva prevede inoltre una serie di misure intese a promuovere la qualit dei servizi e ad aumentare il livello di
informazione e di trasparenza del mercato con riguardo alla persona del prestatore ed allattivit da questi svolta.
Riguardo alle disposizioni concernenti esclusivamente lo stabilimento del prestatore in uno Stato membro diverso
da quello di origine:
rispetto ai regimi di autorizzazione, la direttiva ribadisce che risultano ammissibili solo nei casi in cui un controllo
posteriore non sarebbe efficace a causa dellimpossibilit di constatare le carenze dei servizi interessati.
Agli Stati membri pertanto consentito subordinare laccesso ad unattivit di servizi e il suo esercizio ad un regime di
autorizzazione soltanto qualora questo risulti non discriminatorio, giustificato da motivazioni di interesse generale e
proporzionato rispetto allobiettivo perseguito.
Quanto alla procedura di rilascio dellautorizzazione la direttiva prescrive che essa sia chiara, resa pubblica e tale da
garantire ai richiedenti che la loro domanda sia trattata con la massima obiettivit, imparzialit e sollecitudine.
Con riguardo ai requisiti nazionali spesso imposti agli operatori economici ed in grado di ostacolare o di impedire
lesercizio della libert di stabilimento la direttiva distingue fra quelli da ritenere assolutamente vietati e quelli che
possono essere mantenuti in vigore al ricorrere certe condizioni.
- Tra i requisiti vietati: i requisiti discriminatori, fondati sulla cittadinanza o per le societ sullubicazione della sede
legale; il divieto di avere stabilimenti in pi di uno Stato membro o di essere iscritti in registri o albi in diversi stati

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membri; le restrizioni della libert di scegliere tra essere stabilito a titolo principale o a titolo secondario; applicazione
caso per caso di una verifica di natura economica che subordina rilascio di unautorizzazione alla prova dellesistenza
di un bisogno economico o di una domanda di mercato; lobbligo di presentare una garanzia finanziaria o di
sottoscrivere unassicurazione presso un altro prestatore o presso un organismo sul territorio Stato membro in cui
prestatore intende stabilirsi.
- Per quanto riguarda i requisiti che possono essere mantenuti in vigore o anche essere istituiti purch risultino non
discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale e proporzionati, di otto tipologie sono: Le
restrizioni quantitative e territoriali sotto forma di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza
geografica minima tra prestatori; gli obblighi per il prestatore di avere un determinato statuto giuridico; gli obblighi
relativi alla detenzione del capitale di una societ; i requisiti che riservano laccesso ad alcune attivit di servizi a
prestatori particolari a motivo della natura specifica dellattivit; il divieto di disporre di pi stabilimenti sullo stesso
territorio nazionale; i requisiti che stabiliscono numero minimo dei dipendenti; le tariffe obbligatorie minime e/o
massime che il prestatore deve rispettare; lobbligo per il prestatore di fornire, insieme al suo servizio, altri servizi
specifici.
15. LE DIRETTIVE IN MATERIA SOCIETARIA
Per la materia societaria lart. 50 TFUE attribuisce al Parlamento Europeo, al Consiglio, alla Commissione il compito di
coordinare ove occorra ed <<al fine di renderle equivalenti>>, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle
societ a tutela degli interessi dei soci e dei terzi.
Lo sforzo di coordinamento e di armonizzazione del diritto societario ha portato alladozione di numerose direttive
su: fusione, struttura della societ e aspetti specifici di non poco rilievo.
Dopo lunga riflessione stato adottato un regolamento che definisce lo Statuto della Societ Europea.
Il modello facoltativo e si aggiunge a quelli nazionali, destinato in particolare alle imprese che operando in due o pi
Paesi membri, vogliono un regime giuridico unitario per le diverse articolazioni.
Di sicuro rilievo anche la direttiva concernente le OPA (offerte pubbliche di acquisto),che si colloca in un contesto
di coordinamento, pi generale ed in corso di realizzazione, delle garanzie a tutela dei soci e dei terzi.

16. LA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI. CAMPO DI APPLICAZIONE PERSONALE E MATERIALE DELLA DISCIPLINA
La libert di circolazione dei lavoratori autonomi e delle societ completata dalla disciplina sulla libera prestazione
dei servizi prevista dagli artt. 56-62 del TFUE.
Campo di applicazione materiale.
A differenza dello stabilimento, che si traduce nel diritto dei cittadini e delle societ di uno Stato membro di
esercitare in modo continuo e permanente la propria attivit in un altro Stato membro, la prestazione dei servizi
comporta lesercizio solo temporaneo ed occasionale di unattivit non salariata in un altro Stato membro.
Occorre al riguardo tener presente che la posizione dei cittadini che si avvalgono della libera prestazione dei servizi
non paragonabile a quella dei soggetti stabiliti, poich nel complesso gli obblighi imposti a questi ultimi sono ben
pi rigidi di quelli che gravano sui primi.
La disciplina dei servizi prevista dal Trattato piuttosto sintetica e affida alle istituzioni comunitarie il compito di
emanare i provvedimenti necessari ad attuare o facilitare la realizzazione della liberalizzazione.
Lart. 56 prevede che le restrizioni alla libera prestazione dei servizi allinterno della Comunit siano
progressivamente soppresse nel corso del periodo transitorio nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in
un Paese della Comunit diverso da quello del destinatario della prestazione.
Lo scopo di consentire al prestatario di un servizio di esercitare, a titolo temporaneo, la sua attivit nello Stato in
cui la prestazione fornita, alle stesse condizioni che tale Stato impone ai propri cittadini.
Beneficiari della disciplina sui servizi sono i cittadini aventi la nazionalit di uno Stato membro e stabiliti in un
Paese della Comunit(art. 56).

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Lart. 56, c. 2 prevede che la libert di prestazione di servizi possa essere estesa, con procedura legislativa ordinaria,
anche a cittadini di Paesi terzi. Tale ipotesi non si realizzata.
Tra i prestatori che beneficiano della libert in parola vi sono anche le persone giuridiche, costituite conformemente
alla legislazione di uno Stato membro e aventi sede sociale, lamministrazione o il centro dellattivit principale
nellUnione, in virt del richiamo operato dallart. 62 allart. 54 del TFUE, concernente lo stabilimento di societ.
Ai sensi dellart. 58 n. 1 sono tuttavia escluse dal campo dapplicazione materiale della disciplina sui servizi le attivit
relative al settore dei trasporti.
Una parziale eccezione inoltre prevista in merito ai servizi bancari, assicurativi e finanziari in genere, per essi
stato infatti previsto un processo di liberalizzazione specifico, da attuarsi in armonia con la liberalizzazione
progressiva della circolazione dei capitali.
Infine, come per lo stabilimento, sono ammesse le restrizioni dovute a ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza
o sanitarie.
17. NOZIONE E CARATTERISTICHE DELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI
Definizione di servizio.
Il servizio, come risulta dagli artt. 56 e 57,si identifica con unattivit non subordinata fornita, normalmente contro
remunerazione, da un prestatore stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui la prestazione deve essere
eseguita.
Caratteristiche della prestazione di servizi.
1. Prestazione dietro retribuzione In primo luogo occorre che si tratti di una prestazione effettuata, almeno in
via di principio, dietro retribuzione che va identificata con il corrispettivo della prestazione.
Prestazione del servizio e suo pagamento possono anche non essere contestuali, ma, come per le prestazioni
assicurative, pagate con notevole anticipo rispetto alla prestazione che avviene anni dopo.
Inoltre, lart. 57 del Trattato non richiede che il corrispettivo sia pagato direttamente da coloro che usufruiscono del
servizio. Per es. : prestazione mediche dispensate in ambito ospedaliero o meno.
2. Nozione di servizio formulata in negativo :In secondo luogo, la nozione di servizio definita in modo
residuale; lo stesso art. 57 ne contiene infatti una formulazione al negativo, in quanto si riferisce alle
prestazioni che non siano regolate dalle disposizioni sulla circolazione delle merci, dei capitali e delle
persone. In sostanza, la nozione di servizio comprende ogni attivit economicamente rilevante che si traduca
principalmente in una prestazione e non in uno scambio di beni.
3. Carattere transfrontaliero : In terzo luogo necessario il carattere transfrontaliero della prestazione, nel
senso che il prestatore deve essere stabilito in un Paese diverso da quello in cui risiede il destinatario o che,
comunque, deve trattarsi di una situazione i cui elementi non si esauriscano allinterno di un solo Stato
membro.
Il caso tipico , ad esempio, quello del libero professionista che svolge unattivit di consulenza o di
progettazione in uno Stato membro diverso da quello in cui ha il suo studio, dellalbergatore che ospita turisti
stranieri, delle trasmissioni televisive che raggiungono telespettatori in Stato diverso da quello di emissione.

Le ipotesi in cui si traduce il carattere transfrontaliero della prestazione sono numerose:

pu aversi uno spostamento del prestatore del servizio in uno Stato membro diverso da quello in
cui stabilito ed in particolare nel Paese del destinatario (ad es. medico che va a curare un paziente
che risiede in un altro Paese membro);

pu aversi uno spostamento del destinatario del servizio nello Stato in cui stabilito il prestatore
(ad es. turista che usufruisce di tutti i servizi);

n il prestatore n il destinatario si spostano in uno Stato membro diverso da quello in cui sono
stabiliti: a spostarsi solo il servizio (ad es. servizi finanziari, bancari e assicurativi);

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pu aversi che il destinatario della prestazione e il prestatore del servizio sono stabiliti nello stesso
Stato membro ed solo il prestatore a spostarsi ovvero si spostano entrambi ed insieme per
raggiungere il luogo in cui la prestazione deve essere eseguita (ad es. gruppi di turisti, destinatari
del servizio, e delle rispettive guide, prestatori del servizio, provenienti da uno stesso Stato di origine
si spostano insieme per raggiungere il luogo in cui la prestazione deve essere eseguita).
18. IL REGIME DELLA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI
A) LE MISURE DISCRIMINATORIE DISTINTAMENTE APPLICABILI

La disciplina materiale della libera prestazione dei servizi anzitutto fondata sul divieto di discriminazioni in base
alla nazionalit.
Il Trattato tuttavia non si limita a prescrivere il principio del trattamento nazionale; ed infatti lart. 56.1 non vieta
unicamente le discriminazioni basate sulla nazionalit, ma pi in generale le restrizioni alla libera prestazione dei
servizi allinterno della Comunit nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un Paese della Comunit che
non sia quello del destinatario della prestazione.
A ci si aggiunga che in base allart. 61, fino a quando permangono negli Stati membri restrizioni alla libera
prestazione dei servizi, ciascuno degli Stati membri le applica senza distinzione di nazionalit o di residenza a tutti i
prestatori di servizi contemplati dallart. 56.1.
Il tenore di queste prescrizioni si spiega con il fatto che rispetto alla libera prestazione di servizi il divieto di
discriminazione in base alla nazionalit, o, nel caso di persone giuridiche, della sede, non gioca un ruolo decisivo
come avviene nel caso del diritto di stabilimento.
Tenuto conto, infatti che lattraversamento delle frontiere non sia accompagna ad uno stabile insediamento, il
principio del trattamento nazionale rischierebbe di tradursi in restrizioni ultronee rispetto a tale caratteristica della
prestazione dei servizi.
Quanto ai tempi e ai modi della liberalizzazione, anche in materia di servizi il Trattato aveva previsto la consueta
gradualit, nel senso che tale obiettivo doveva essere raggiunto entro la fine del periodo transitorio.
Era previsto il consueto obbligo di standstill ,imposto agli Stati membri, nonch il compito affidato alle istituzioni
comunitarie di adottare, da un lato, un Programma Generale e direttive volte ad eliminare le restrizioni esistenti;
dallaltro, direttive per il riavvicinamento di disposizioni nazionali ed il reciproco riconoscimento dei diplomi.
Lassenza dintervento normativo ritardava tuttavia i tempi della liberalizzazione, impedendo cos ai cittadini
comunitari la possibilit di avvalersi della libert in questione.
In tale contesto , stata, pertanto, la giurisprudenza della Corte a rivelarsi determinante.
Nella sentenza Van Binsbergen la Corte rilev infatti che lapplicazione dellart. 56 non pi sottoposta ad alcuna
condizione; ne consegue che gli art. 56 e 57 hanno efficacia diretta e possono venir fatti valere dinanzi ai giudici
nazionali, almeno nella parte in cui impongono la soppressione di tutte le discriminazioni che colpiscono il prestatore
di un servizio a causa della sua nazionalit o della sua residenza in una Stato diverso da quello in cui il servizio viene
fornito.
Il secondo aspetto importante del regime di libera prestazione dei servizi dato dalla portata sostanziale e non solo
formale del divieto di restrizioni discriminatorie.
Ci vuol dire che sono vietate anche quelle restrizioni che colpiscono anche i cittadini o le societ nazionali, ma che
in fatto si risolvono in una restrizione per gli stranieri spesso pi vistosa.
Tipico il requisito della residenza.
Inoltre, la giurisprudenza orientata nel senso che costituiscono una violazione degli artt. 56 e 57 non solo le
discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza del prestatore, ma anche qualsiasi forma di discriminazione
dissimulata .
Ad esempio lobbligo di versare la quota di contributi a carico del datore di lavoro che effettui una prestazione di
servizi, in quanto esteso alle imprese stabilite in un altro Paese comunitario e quivi sottoposte agli obblighi
contributivi dei datori di lavoro.

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In tale ipotesi, infatti, il pagamento di tali contributi si risolve in un onere economico supplementare per i datori di
lavoro stranieri, essendo questi ultimi comunque tenuti al pagamento dei medesimi contributi gi nel Paese di
stabilimento.
19. B) LE MISURE DISCRIMINATORIE INDISTINTAMENTE APPLICABILI
Le restrizioni alla libert di prestazioni dei servizi allinterno del mercato comune non si esauriscono con le violazioni
del divieto di discriminazione.
In altre parole il disposto degli artt. 56 e 57 non pu significare che tutta la legislazione nazionale, applicabile ai
cittadini di uno Stato membro, e relativa normalmente allattivit permanente delle persone in esso stabilite, possa
essere applicata integralmente e allo stesso modo alle attivit di carattere temporaneo esercitate da persone stabilite
in altri Stati membri.
In questo senso lapplicazione del principio di libera prestazione dei servizi pu pertanto tradursi in una situazione di
maggior favore formale per i prestatori o destinatari stranieri rispetto ai cittadini e alle societ del Paese in cui la
prestazione fornita.
In definitiva incompatibile con lart. 56 qualsiasi restrizione imposta per il motivo che il prestatore stabilito in uno
Stato membro diverso da quello nel quale la prestazione viene fornita.
Ed, infatti, come precisato nella sentenza Sager, lart. 56 richiede la soppressione di qualsiasi restrizione, anche
qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali ed a quelli degli altri Stati membri, allorch essa sia
tale da vietare o da ostacolare in altro modo le attivit del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce
legittimamente servizi analoghi.
Sulla base di tale approccio sono state dichiarate in contrasto con la disciplina in questione, ad esempio, le
normative che richiedono il possesso di una particolare qualifica professionale alle guide che si spostano in un altro
Stato membro insieme a gruppi di turisti, gli uni e gli altri provenienti da uno stesso Stato membro.
20. C) LE CONDIZIONI SPECIFICHE IMPOSTE AL PRESTATORE GIUSTIFICATE DALLINTERESSE GENERALE
Va anzitutto sottolineato che tra le misure distintamente e indistintamente applicabili c una differenza sostanziale
sul piano delle eccezioni consentite.
Le prime (misure distintamente applicabili),infatti, sono compatibili solo se possono farsi rientrare in una deroga
espressamente prefigurata dal Trattato; ad es dallart. 52 cui rinvia lart. 62, per motivi di ordine pubblico, pubblica
sicurezza e sanit.
Le seconde (misure indistintamente applicabili),invece, la Corte ha comunque insistito sul carattere eccezionale delle
possibilit di deroga apportabili alla libera prestazione dei servizi.
Essa ha infatti affermato che la libert in questione pu essere limitata unicamente:

da normative giustificate dallinteresse generale e che si applichino ad ogni persona o impresa che eserciti
unattivit sul territorio dello Stato ospitante;
nella misura in cui tale interesse non sia gi salvaguardato da regole alle quali il prestatore sottoposto nello
Stato membro in cui stabilito;

infine, se le normative in questione sono obiettivamente necessarie per il raggiungimento dello scopo
perseguito.

La Corte ha, in definitiva, applicato anche alla materia dei servizi la formula Cassis de Dijon utilizzata in tema di
misure restrittive degli scambi di merci.
Nella sentenza Gouda, peraltro, la Corte ha operato una utile ricognizione, esemplificativa, delle esigenze
imperative connesse allinteresse generale in relazione alle quali misure restrittive sono state riconosciute
compatibili con il diritto comunitario:

le norme che tutelano la propriet intellettuale, i lavoratori e i consumatori; conservazione del patrimonio
storico-artistico nazionale; valorizzazione delle ricchezze archeologiche storiche e artistiche. Es vedi libro
pagg. 603-606.

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21. LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CAPITALI: LA DISCIPLINA DEL TRATTATO DI ROMA E LE DIRETTIVE DI
ATTUAZIONE
Nella generale enunciazione dellart. 3 del TUE, sia prima che dopo le modificazioni apportate dal Trattato di
Maastricht, la libera circolazione dei capitali ha sempre trovato collocazione accanto alla circolazione delle persone e
dei servizi, nellunica previsione della lettera c).
Lo stesso dicasi per lart. 14,in cui la circolazione dei capitali uno degli elementi dello spazio senza frontiere
interne.
Il Trattato di Maastricht ha modificato sensibilmente la disciplina originaria dei movimenti dei capitali e dei
pagamenti.
Ci non pu sorprendere pi di tanto, atteso che la previsione di una unione monetaria e di un rafforzato
coordinamento delle politiche economiche ha ovviamente inciso profondamente in quei settori del mercato comune
che maggiormente risentivano della significativa autonomia che il Trattato di Roma aveva lasciato ai singoli Stati
membri in tema di politica economica e soprattutto monetaria.
Le due nozioni di movimenti di capitali e di pagamenti sono diverse.
La prima si riferisce alle operazioni finanziarie che si traducono in un investimento ovvero in un allocazione di risorse
senza collegamento alcuno con una prestazione ovvero con scambi di beni o servizi; la seconda comprende
precisamente le controprestazioni in denaro degli scambi di beni o di servizi.
Significativa la sentenza Luisi e Carbone, dove la Corte ,dopo aver precisato che anche il turista che si sposti in un
altro Paese ed per ci stesso destinatario di servizi, deve poter beneficiare della liberalizzazione, ne dedusse che i
trasferimenti di valuta per scopi turistici rientravano nella previsione sui trasferimenti di valuta corrispondenti e
necessari allesercizio della libert di prestazione di servizi e dunque liberalizzati.
La Corte ha, in seguito, finito col dare una lettura pi ampia e sistematica dellintera disciplina dei movimenti di
capitali, precisandone lo scopo di garantire la pi ampia libert possibile e dunque di eliminare tutti gli ostacoli,
anche quelli che, pur non esaurendosi in formali autorizzazioni valutarie e non pregiudicando loperazione,
costituiscono pur sempre un intralcio alla libera circolazione dei capitali.
22. SEGUE: LA DISCIPLINA ATTUALE
La liberalizzazione completa dei movimenti dei capitali si realizzata con la direttiva n. 361/1988 che ha enunciato
in termini generali ed incondizionati il principio di libert dei movimenti dei capitali con la sola eccezione
riguardante lacquisto di case secondarie, oggetto di possibili restrizioni (la c.d. deroga danese).
Significativo era poi lart. 7 della direttiva che sanciva limpegno degli Stati membri ad applicare lo stesso grado di
liberalizzazione anche ai movimenti di capitali con i Paesi terzi.
Il Trattato di Maastricht ha definitivamente sancito lassetto raggiunto, perfezionandolo sotto il profilo sistematico in
modo anche pi razionale, in particolare mettendo insieme capitali e pagamenti fino ad allora disciplinati in settori
diversi.
Il capo quarto del Trattato dedicato a Capitali e pagamenti sancisce ,infatti, che nellambito delle disposizioni
previste nel presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonch tra Stati
membri e Paesi terzi. La stessa formula utilizzata subito dopo per i pagamenti (art. 56 n. 2).
Il principio sancito dallart. 56 dunque che sono abolite anche tutte le restrizioni indirette o dissimulate in misure in
apparenza indistintamente applicabili.
In breve, sono da considerare restrizioni non consentite ai movimenti di capitali tutte quelle misure che di diritto o di
fatto scoraggiano investimenti o altri tipi di movimenti di capitali ( come i prestiti) in altri Paesi membri.
Le uniche deroghe ammesse a questo principio fondamentale di libera circolazione sono quelle contemplate dagli
artt.57 e 58.

La prima deroga (c.d. grandfather clause) si riferisce alle restrizioni nazionali o comunitarie e relative a
investimenti diretti nei rapporti con gli Stati terzi;

La seconda deroga ( c.d. exception clause), invece, salvaguarda alcune prerogative degli Stati membri in
materia tributaria, fiscale, di vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, di controllo amministrativo o

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statistico, di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.


Le misure di controllo degli Stati membri non possono ,perci, avere leffetto di ostacolare i movimenti di capitali
conformi al diritto comunitario.
A questultimo proposito, si rileva che la prassi di alcuni Stati membri di subordinare ad una previa autorizzazione o
addirittura di vietare del tutto i trasferimenti intracomunitari di valuta, ad esempio di banconote, era gi
incompatibile con la richiamata direttiva, cos come oggi incompatibile con lart. 58 del Trattato a meno che al
dovuto test di proporzionalit non risulti effettivamente necessaria ai fini di ordine pubblico o di sicurezza.
Unipotesi particolare che ha dato luogo ad uno specifico contenzioso quella relativa alla c.d. golden share che in
sostanza un diritto di veto che lo Stato - azionista conserva per s rispetto a talune deliberazioni di gestione della
societ ritenute rilevanti per gli interessi generali del Paese.
Resta ferma, peraltro, la circostanza che la libera circolazione dei capitali strettamente funzionale allesercizio
effettivo delle altre libert e, in particolare, del diritto di stabilimento, che secondo la Corte si dovrebbe ritenere
prevalente quando lacquisto di partecipazioni conferisce la possibilit di esercitare una influenza determinante sulle
decisioni dellimpresa.
Il Trattato prevede poi delle misure di salvaguardia comunitarie. Per il caso che movimenti di capitali con Paesi terzi
causino o minaccino di causare difficolt gravi per il funzionamento dellUnione economica e monetaria, il Consiglio
pu adottare misure nei confronti di Paesi terzi, a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione e
consultata la Banca centrale europea (art. 59),nonch eventuali misure di urgenza collegate alle pi generali misure
rientranti nella politica estera e di sicurezza comune di cui allart. 301 del Trattato. In proposito uno Stato membro
pu adottare unilateralmente misure solo se urgenti e salvo diversa delibera successiva del Consiglio (art. 59 n.2).
Infine un forte impulso al processo di realizzazione di un mercato unico dei capitali stato di recente dato
dalladozione di un complesso piano di regolamentazione dei servizi finanziari (c.d. PASF) il quale comprende
disposizioni di regolamentazione dei servizi di investimento, dei settori bancario e assicurativo, nonch importanti
proposte di riforma del diritto societario finalizzate a rimuovere le barriere esistenti agli investimenti e alla raccolta di
capitali, a fornire informazioni adeguate agli investitori e rendere effettivo il controllo di societ e mercati.

CAPITOLO VI: LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA APPLICABILE ALLE IMPRESE


1. IL REGIME DELLA CONCORRENZA NELLUNIONE EUROPEA
I valori cui si ispira il sistema comunitario sono quelli liberali delleconomia di mercato.
Il regime della concorrenza disegnato dai Trattati funzionale allobiettivo di unificare i diversi mercati nazionali in un
unico mercato dellUnione.
La politica di tutela della concorrenza non rimane isolata rispetto ad altri valori ed altre politiche pure promosse
dallUnione tra le quali, come indicato dallart. 3 par. 3 La politica di coesione sociale, di ricerca e sviluppo e quella
ambientale.
Ne consegue la possibilit di accordare deroghe quando le restrizioni si rivelino idonee a contribuire allo sviluppo
armonioso delle attivit economiche dellUnione.
Il sistema che attribuiva alla sola Commissione la competenza a concedere esenzioni stato modificato con
lattribuzione della competenza anche alle autorit di concorrenza e alle giurisdizioni degli Stati membri; introduzione
di un regime c.d. di eccezione legale, in base ai quali intese restrittive della concorrenza sono lecite e valide ab initio
laddove siano soddisfatte le condizioni previste dal n.3.
Nel campo degli aiuti di Stato lazione dellunione si sviluppata con strumenti diretti e indiretti. Alcuni riguardano
comportamenti delle imprese che tende ad evitare che siano vanificati gli effetti della libera circolazione delle merci e
dei servizi o alterate le condizioni di concorrenza. Altri mirano ad evitare la concentrazione di potere economico e
commerciale. Altri sono diretti a far s che le imprese di un determinato Stato membro non si vengano a trovare in
una situazione privilegiata per effetto di una politica di intervento pubblico.

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Gli Stati membri sono tenuti a non mantenere e adottare misure legislative o regolamentari suscettibili di eliminare
leffetto utile delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese. Inoltre la disposizione dellart. 106, stabilisce che
gli Stati membri non adottano nei confronti delle imprese pubbliche o titolari di diritti esclusivi alcuna misura
contraria alle norme del trattato. Completano la disciplina della concorrenza le norme sugli aiuti di Stato (art.107109).
La nostra ricognizione sul regime comunitario della concorrenza si basa sulle norme destinate allimprese, norme
relative alle imprese pubbliche e norme sugli aiuti.
La sfera di applicazione materiale delle norme comunitarie sulla concorrenza si estende a tutte le attivit
economicamente rilevanti che non siano espressamente sottratte.
Sono sottoposte a tale disciplina le attivit di produzione dei beni, quelle di prestazione di servizi, comprese quelle del
settore bancario, delle assicurazioni e dei trasporti.
Possono, invece, non rientrare nella sfera di applicazione dellart. 101 del TFUE, gli accordi collettivi di lavoro che si
prefissino obiettivi socialmente rilevanti.
Inoltre possono essere sottratte allapplicazione della disciplina in parola le attivit di produzione e commercio dei
prodotti agricoli nella misura in cui tale esclusione sia funzionale al perseguimento di obiettivi di politica agricola
comune.
, infine, sottratto il settore della difesa e della sicurezza nazionale.
Le norme del Trattato specificatamente indirizzate alle imprese sono quelle di cui:
1.allart. 101: intese tra imprese.
2.allart. 102: abuso di posizione dominante.
Sono norme provviste di effetto diretto, azionabili dal singolo avanti il giudice nazionale.
2. LA NOZIONE DI IMPRESA
La nozione comunitaria di impresa comprende qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che svolga unattivit
economicamente rilevante, industriale, commerciale, di servizi, compreso lo sfruttamento di opere di ingegno o
lesercizio di una professione liberale.
Ai fini dellapplicazione dellart. 101, la nozione di gruppo, considerato complessivamente e nelle singole
articolazioni, risulta rilevante ai fini della sussistenza di una posizione dominante.
Per la sussistenza di una posizione dominante necessario che la societ sia interamente posseduta da altra societ
e che oltre al controllo totalitario, vi siano collegamenti funzionali nella composizione degli organi societari, con , ad
esempio, la presenza di stesse persone negli organi di controllo.
Ai fini dellapplicazione delle norme sulla concorrenza non rilevante la forma giuridica assunta dallimpresa o le
modalit di finanziamento, ne che vi sia assenza di fine di lucro.
Viceversa sono escluse le attivit svolte da ente che concorra a svolgere un pubblico servizio di carattere sociale.
Esclusioni: un organismo di previdenza sociale di categoria, la cui attivit ispirata al principio di solidariet a livello
nazionale ed esercitata senza fini di lucro; ente che gestisce il sistema sanitario nazionale di un Paese; ente
incaricato di gestire il servizio di controllo della navigazione aerea.
3. OGGETTO E CONDIZIONI DI APPLICABILIT DEL DIVIETO DI CUI ALLART.101: ACCORDO, LA PRATICA
CONCORDATA, LA DECISIONE DI ASSOCIAZIONE DIMPRESE
Ai sensi dellart. 101 TFUE sono vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte
le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto di
impedire, restringere, falsare il gioco della concorrenza allinterno del mercato comune.
Insomma larticolo vieta tutti quei comportamenti o accordi di due o pi imprese finalizzati ad alterare la libera
concorrenza sul mercato interno.

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Intesa
Lintesa rilevante ai fini della disciplina comunitaria riguarda i rapporti concorrenziali tra imprese, sia che queste si
trovino allo stesso stadio di produzione o commercializzazione e intendano dividersi il mercato (rapporti orizzontali),
sia che si trovino a stadi diversi della produzione e commercializzazione, ad esempio, azienda produttrice e azienda
che commercializza lo stesso prodotto (rapporti verticali).
Essa pu assumere qualsiasi forma, e anche essere implicita. La nozione di intesa comprende tutti quei
comportamenti di due o pi imprese finalizzati a realizzare iniziative comunque idonee ad alterare la concorrenza.
Ipotesi di intesa rilevante sono: accordo, pratica concordata e decisione di associazione di imprese.
Accordo
Nozione di accordo molto ampia e privilegia la sostanza rispetto alla forma. E sufficiente che sia stata manifestata
lintenzione comune di due o pi imprese indipendenti di comportarsi sul mercato in un modo piuttosto che in un
altro. Pu trattarsi di accordo sia scritto che verbale, non necessario che laccordo si traduca in un vero e proprio
contratto.
Decisioni di associazioni di imprese.
Le aziende non stipulano direttamente accordi, ma partecipi di una associazione, ne seguono le decisioni, le quali
ultime hanno leffetto di alterare la concorrenza.
Il termine decisioni, va letto in modo sostanziale, comprende sia le raccomandazioni, sia gli accordi.
Tutte le aziende sono responsabili solidalmente, a meno che non dimostrino di essersi esplicitamente opposti alla
decisione relativa alla pratica vietata.
Pratica concordata.
Consiste in una qualsiasi forma di comportamento coordinato tra imprese che rappresenti una cooperazione
consapevole a danno della concorrenza.
La Corte di Giustizia ha precisato che i criteri del coordinamento non richiedono lelaborazione di un piano, ma
vanno intesi ala luce della ratio del Trattato in materia di concorrenza secondo la quale ogni operatore economico
deve autonomamente determinare la propria condotta nel mercato comune.
I compiti di accertamento. Commissione e Giudice nazionale
Il compito di accertare la pratica vietata affidato sia alla Commissione che al Giudice nazionale.
In particolare la Commissione, ai sensi dellart. 105 TFUE, sulla base di elementi di fatto e anche su presunzioni ,
nonch con qualunque altro mezzo di prova deve provare la sussistenza della violazione.
Allorch abbia accertato il comportamento vietato, propone ex art. 105, c.1 , i mezzi per farvi fronte.
Qualora non sia posto termine allinfrazione, la Commissione constata linfrazione con decisione motivata e pu
autorizzare gli Stati membri ad adottare le misure necessarie.
Gli elementi che rilevano ai fini dellart. 101 sono:
a) pregiudizio al commercio tra Stati membri;
b) alterazione delle condizioni di concorrenza del mercato interno.
Le regole di concorrenza si applicano, in presenza di una normativa nazionale, solo nella misura in cui
questultima lasci sussistere la possibilit di comportamenti autonomi delle imprese.
4. LE CONDIZIONI DEL DIVIETO, PREGIUDIZIO AL COMMERCIO INTRACOMUNITARIO
Secondo la Corte di Giustizia SUSCETTIBILE DI PREGIUDICARE GLI SCAMBI INTRACOMUNITARI laccordo che eserciti
uninfluenza diretta o indiretta, attuale o potenziale sulle correnti di scambio in misura che potrebbe nuocere al
mercato unico.
La disciplina comunitaria si applica alle intese che interessino il territorio dellUnione complessivamente considerato.

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Va segnalato per che anche accordi nazionali possono pregiudicare il commercio intracomunitario, nella misura in
cui chiudono il mercato nazionale o rendano maggiormente difficile il penetrarvi.
Laccertamento del pregiudizio va operato caso per caso.
Per aversi lipotesi di cui allart. 101 comunque sufficiente che il pregiudizio sia potenziale e che investa
direttamente o indirettamente il volume degli scambi, i prezzi praticati, la qualit dei prodotti o dei servizi.
A seguito del Regolamento 1/2003, la Commissione ha fornito i parametri di interpretazione della nozione di
pregiudizio al commercio.
Si esclude un pregiudizio al commercio laddove:
la quota di mercato detenuta dalle parti su qualsiasi mercato non sia superiore al 5%;
nel caso di intese orizzontali (imprese dello stesso settore), quando il fatturato comunitario annuo delle
imprese interessate non sia superiore ai 40 milioni di euro;
nel caso di intese verticali(operano sullo stesso prodotto nelle diverse fasi di produzione e distribuzione)
quando il fatturato comunitario annuo delle imprese interessate non sia superiore ai 40 milioni di euro.

5. LALTERAZIONE DELLE CONDIZIONI DI CONCORRENZA. PORTATA TERRITORIALE DEL DIVIETO


Per stabilire se unintesa ricada nellambito di applicazione del divieto ex art. 101, occorre procedere ad uno
scrutinio articolato in due fasi successive.
In una prima fase si dovr verificare se intesa comporti, per il suo oggetto, una restrizione della concorrenza.
Se lintesa ha la finalit di restringere la concorrenza, sempre vietata.
Se, invece, lintesa ha un oggetto che non anticoncorrenziale, occorre considerare gli effetti che essa in concreto
idonea a produrre.
Lintesa sar considerata vietata qualora emerga che essa suscettibile di restringere la concorrenza in modo
sensibile.
Il forza di questo schema saranno considerate vietate, le intese che, non hanno altra funzione se non quella di
restringere la libert di concorrenza tra le parti, ovvero tra le parti ed i terzi concorrenti in modo ritenuto
incompatibile con il mercato comune.
Per contro dovr ritenersi che non abbiano oggetto anticompetitivo le intese che sono idonee a svolgere una pi
complessa funzione: ci vale per le clausole che fanno parte integrante del contenuto di un determinato contratto e
che contribuiscono a determinare lassetto e lequilibrio dei rapporti giuridici tra le parti.
Non violano, ad esempio, lart. 101 n.1, per il loro oggetto salvo che non risultino, in funzione di circostanze
concrete, effetti anticompetitivi:
- il patto di non concorrenza inserito nel contratto di cessione di azienda in quanto pu ritenersi necessario ad
assicurare leffettivit della cessione
- la clausola di approvvigionamento esclusivo e la clausola di non concorrenza inserito in un contratto di franchising,
in quanto necessari a far s che tale contratto possa pienamente realizzare la sua funzione tipica
- La clausola di non contestazione inserita in un contratto di licenza di brevetto, in quanto determinante per
lequilibrio di un accordo che non ha n loggetto, n leffetto di impedire di restringere o di falsare il gioco della
concorrenza
In sintesi, lanalisi delloggetto destinata a valutare, in astratto, la funzione obiettiva di una determinata pattuizione
nel contesto contrattuale in cui si inserisce.
Lanalisi delleffetto viceversa, mira stabilire se, in concreto, unintesa che non ha oggetto anticompetitivo sia
comunque idonea, per la specifica situazione di mercato in cui viene ad operare, a restringere in modo sensibile la
concorrenza nel mercato comune. Gli effetti devono prodursi allinterno del Mercato Comune.

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6. LA REGOLA DE MINIMIS
Sono escluse dal divieto ex art. 101 quelle intese aventi effetti minimi sul mercato comune.
Tuttavia, non si pu escludere che unintesa anche se minima possa essere incompatibile con il mercato unico.
La Commissione, al proposito, ha differenziato le soglie di sensibilit relative alle quote di mercato detenute dalle
imprese partecipanti:
- se si tratta di accordi tra imprese concorrenti effettive o potenziali su uno dei mercati rilevanti la soglia applicabile
fissata al 10%
- se si tratta invece di accordi tra imprese non concorrenti la soglia del 15%
- qualora risulti difficile determinare se laccordo si concluso tra concorrenti o non concorrenti prevista la soglia
del 10%.
Lart. 101 comunque applicabile sempre quando laccordo sia suscettibile di provocare effetti distorsivi della
concorrenza.
7. IPOTESI TIPIZZATE DI INTESA. GLI ACCORDI DI DISTRIBUZIONE
Lart. 101, indica ipotesi tipizzate.
a) intese volte a regolare i prezzi o altre condizioni di vendita;
b) intese volte a limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
c) intese volte a ripartire i mercati e le fonti di approvvigionamento;
d) intese che applicano nei rapporti commerciali condizioni diverse.
La regola generale che il mercato comune non pu essere ripartito n alterato.
Nella sentenza Consten e Grunding, relativa ad un accordo di distribuzione esclusiva in Francia, la Corte afferm il
principio che un accordo inteso a mantenere artificialmente dei mercati nazionali distinti , come tale, diretto a
falsare il mercato.
Alla luce di tale sentenza, rientrano nel divieto ex art. 101, quegli accordi di distribuzione esclusiva che stabiliscano
una protezione territoriale assoluta a favore del distributore.
invece lecito il sistema di distribuzione selettiva quando sia caratterizzato dallobiettivo di riservare la vendita dei
propri prodotti solo ad alcuni rivenditori scelti in base a criteri oggettivi dordine qualitativo. Esso pu divenire un
elemento importante per il mantenimento dellimmagine di marchio di prestigio e quindi per la reputazione
commerciale del prodotto.
Per quanto riguarda la selezione dei distributori ritenuto invece incompatibile con lart. 101 la selezione c.d
quantitativa, cio la selezione che, oltre a prevedere criteri oggettivi di qualificazione dei distributori, limita altres
numero totale degli operatori ammessi ad agire allinterno di determinate aree territoriali.
Pi volte stato ribadito che un sistema di distribuzione che riduca o escluda la possibilit di importazioni parallele
integra una delle ipotesi vietate dallart. 101 in particolare quando dallintesa risulti idoneit produrre una
ripartizione dei mercati e quindi un pregiudizio agli scambi tra Stati membri.
Un problema peculiare si pone in relazione alle modalit di sfruttamento dei diritti sulla propriet intellettuale: nella
materia ha prevalso ed stato applicato il criterio del c.d esaurimento comunitario, nel senso che in via di principio il
diritto di esclusiva termina con lo sfruttamento (messa sul mercato, contratto di licenza) in un paese membro
laddove avvenga con il legittimo consenso del titolare del diritto.
Una volta quindi che il prodotto sia stato legalmente commercializzato in uno Stato membro non pu essere
impedita la circolazione e quindi la rivendita negli altri Stati membri.
8. LA NULLIT DEGLI ACCORDI VIETATI
Lart. 101, n.2, stabilisce che gli accordi vietati sono nulli.
Tale nullit assoluta, nel senso che il giudice o lorgano amministrativo possono rilevarla anche dufficio.

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La nullit ha efficacia ex tunc, laccordo resta privo di effetto tra le parti ed inopponibile a terzi, con lulteriore
conseguenza che sono travolti da nullit tutti gli effetti passati e futuri.
La nullit del contratto, o delle sole clausole vietate, pu essere accertata dal giudice nazionale, in quanto si tratta di
norme provviste di effetto diretto, oppure dalla Commissione che al riguardo gode di ampi poteri di indagine.
In genere limpresa concorrente che ha subito il pregiudizio a richiamare lattenzione della Commissione o del
giudice nazionale.
In tal caso il ricorrente pu far valere il suo diritto sia attraverso un esposto alla Commissione, sia con una azione
avanti il giudice nazionale.; sia percorrendo contestualmente le due strade.
Quanto al diritto del singolo al risarcimento del danno, la possibilit del suo esercizio in sede giudiziaria
considerato un elemento che rafforza loperativit delle norme e che perci stesso contribuisce al mantenimento di
uneffettiva concorrenza.
9. LE ESENZIONI INDIVIDUALI EX ART. 101, n. 3
La possibilit di esenzione alle intese vietate ex art. 101 comma 1, si fondano sugli elementi indicati nel successivo
comma 3, essi debbono essere tutti presenti:
1. intese che contribuiscono a migliorare la produzione o la distribuzione oppure a promuovere il progresso
tecnico o economico;
2. intese che garantiscono ai consumatori una congrua parte dellutile;
3. le restrizioni di cui sopra devono essere necessarie al raggiungimento degli obiettivi;
4. le intese o pratiche non debbono giungere al risultato di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale
dei prodotti.
Il regolamento 1/2003 prevede che le intese vietate al n. 1, ma rispondenti alle condizioni di cui al n. 3 dello stesso
art. 101, sono lecite dallinizio e non necessitano di decisione preventiva.
La competenza ad accertare la ricorrenza delle condizioni previste dallart. 101/3 stata attribuita, alla
Commissione, al giudice nazionale, allAutorit nazionale della concorrenza.
Tuttavia alla sola Commissione la competenza dUfficio a valutare la compatibilit di unintesa con il diritto antitrust.
10. LE ESENZIONI PER CATEGORIA
In passato lattribuzione alla Commissione della competenza esclusiva a concedere delle esenzioni ai sensi dellart.
101 n.3 aveva posto gravi problemi di funzionalit del sistema in considerazione del numero sempre crescente di
accordi notificati.
Per fare fronte alle suddette difficolt il Consiglio aveva autorizzato la Commissione ad emanare dei regolamenti che
concedevano lesenzione dal divieto ex art. 101 a determinate categorie di accordi.
Fra quelli attualmente in vigore, di rilievo sono regolamento relativo alle restrizioni verticali, i regolamenti di
trasferimento di tecnologia, di specializzazione e di ricerca e sviluppo, quelli adottati nel settore del trasporto aereo,
del trasporto marittimo e delle assicurazioni.
Nel quadro normativo precedente alladozione del regolamento 1/2003 gli accordi che soddisfacevano le condizioni
indicate nei regolamenti di esenzione beneficiavano automaticamente dellesenzione senza che fosse necessario
procedere alla loro notifica. Erano invece soggette allobbligo di notifica le intese che non rientravano nelle categorie
ivi disciplinate.
Con il passaggio al regime di eccezione legale lo strumento del regolamento di esenzione ha cambiato natura
acquisendo una natura solo dichiarativa. I regolamenti rappresentano lo strumento di orientamento
dellapplicazione del diritto comunitario a livello nazionale, forniscono certezza giuridica e garantiscono luniforme
applicazione dellart. 101 n.3 .
Sulla base dellimpostazione seguita fino al 1999 ogni regolamento conteneva un elenco sia delle clausole
contrattuali che potevano beneficiare dellesenzione per categoria, c.d. white list, sia di quelle che escludevano
lapplicabilit del beneficio, c.d. black list: laccordo che le prevedeva poteva dunque essere eventualmente esentato
solo a seguito delladozione di una decisione ad hoc.

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Una modifica sotto molti aspetti anche radicale, dellapproccio fino ad allora seguito dalla Commissione con riguardo
lesenzione per categoria, ha caratterizzato anzitutto la riforma in materia di accordi verticali.
Sulla base di questo, il regolamento 2790/1999 ha previsto un regime legale di esenzione per tutti gli accordi
verticali, a condizione che la quota di mercato detenuta dal fornitore non superi il 30%, questo perch tali accordi
sono ritenuti idonei a incrementare lefficienza economica di una catena produttiva.
Resta salva la possibilit della Commissione di revocare il beneficio quando laccordo produca effetti gravemente
distorsivi.
11. INTESE VIETATE E INTESE AUTORIZZATE
Sono state enucleate tra le molteplici ipotesi di intese vietate e non, i seguenti casi:
a) intese vietate: rientrano una serie di accordi che hanno una spiccata valenza anticompetitiva:
a. fra le intese orizzontali, i cartelli, le collusioni sui prezzi di vendita, o su volumi e quote di mercato;
inoltre le intese, che pur disciplinando apparentemente forme di cooperazione fra imprese, si
configurano in realt per il loro specifico contenuto o per le circostanze economiche in cui vengono
attuate, come meri cartelli fra imprese concorrenti.
b. fra le intese verticali, sono vietati gli accordi che ostacolano gli scambi allinterno del mercato
comune.
b) Intese autorizzate: vi rientra unampia tipologia di accordi orizzontali e verticali. Tra i primi: accordi di
specializzazione, accordi per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di prodotto o di processo produttivo,
accordi per la produzione in comune di determinati prodotti o servizi che richiedono impegni in termini di
risorse, accordi inerenti allo sfruttamento di diritti di propriet intellettuale. Quanto agli accordi verticali
autorizzati: accordi di agenzia, di concessione esclusiva di vendita, di fornitura esclusiva, di distribuzione
selettiva, di subfornitura.
12. LABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
Lart. 102 TFUE sancisce lincompatibilit col mercato comune dello sfruttamento abusivo di posizione dominante,
da parte di una o pi imprese, sul mercato comune o su una parte significativa di esso.
Non vietato detenere una posizione dominante, ma abusarne tanto da alterare le normali condizioni di mercato e
della concorrenza.
La posizione dominante consiste in una posizione di potenza economica grazie alla quale limpresa in grado di
ostacolare il permanere di una concorrenza effettiva ed ha la possibilit di avere comportamenti non condizionati dai
concorrenti, dai clienti e dai consumatori.
Si distingue dal monopolio in quanto non esclude il permanere di una certa concorrenza; cos come dalloligopolio in
quanto il suo comportamento non condiviso e condizionato reciprocamente da altre imprese.
In via generale limpresa in posizione dominante riduce il grado di concorrenza anche quando il comportamento
non censurabile, ci significa che uno stesso comportamento pienamente legittimo se posto in essere da azienda
non in posizione dominate, mentre pu essere illegittimo se compiuto da impresa in posizione dominante.
La posizione dominante un dato relativo, in quanto va misurato rispetto al c.d. mercato interno che va definito:
da un punto di vista geografico: comprende larea in cui le imprese vendono o acquistano prodotti e servizi, ed in
cui le condizioni di concorrenza sono omogenee;
da un punto di vista del prodotto: comprende tutti i prodotti e servizi fungibili e sostituibili
Occorre fare riferimento non solo al mercato del prodotto in discussione, ma anche a quello dei prodotti equivalenti.
Indizi inducono a rilevare lesistenza di una posizione dominante sono numerosi e di diversa natura. La quota di
mercato senza dubbio lelemento di grande rilievo cos come possono esserlo rapporto con le quote rispettive delle
imprese concorrenti pi importanti, vantaggio tecnologico rispetto ai concorrenti, una rete di distribuzione
efficiente, lassenza di concorrenza potenziale.
La situazione va comunque valutata sulla base di un insieme di elementi di fatto e di diritto concomitanti.

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Altro profilo rilevante costituito dalle barriere allingresso che possono facilitare lacquisizione o il consolidamento
della posizione dominante.
Le barriere possono derivare da vincoli legali, prassi amministrative, privative industriali o intellettuali etc.
Secondo la Commissione e la giurisprudenza sussiste anche la posizione dominante collettiva, che ha luogo quando
pi imprese sufficientemente collegate fra loro detengano quote rilevanti di mercato.
13. LA NOZIONE DI SFRUTTAMENTO ABUSIVO
Lo sfruttamento abusivo della posizione dominante ha luogo quando, praticando misure diverse da quelle normali,
una azienda incida sulla struttura del mercato alterando il profilo della libera concorrenza.
La Corte di Giustizia nel caso Continental Can ha affermato che labuso pu derivare anche dal semplice consolidarsi
della posizione dominante, anche quando questo avvenga senza colpa o dolo.
La posizione dominante abusiva per il solo fatto che determina una modifica in negativo dellofferta ledendo
gravemente il diritto del consumatore.
Pu consistere in un comportamento che mira ad escludere dal mercato ovvero marginalizzare unimpresa
concorrente; una politica commerciale che pregiudica direttamente i consumatori.
La giurisprudenza ha altres precisato che oggetto di censura pu anche essere un abuso di posizione dominante che
attua i suoi effetti su un mercato diverso da quello dominato.
Particolare rilievo ha lipotesi di abuso che ruota intorno alla politica dei prezzi. Ad esempio il fatto di praticare prezzi
eccessivi e privi di rapporto con il valore economico della prestazione fornita; la pratica di prezzi inferiori alla media
dei costi variabili; lapplicazione di prezzi discriminatori da parte dellimpresa in posizione dominante, vale a dire
prezzi differenziati per prestazioni identiche o prezzi uguali per prestazioni diverse.
Altro esempio di abuso quello dellesclusiva di fornitura che limpresa dominante impone ai clienti.
Una specifica ipotesi di abuso quella del rifiuto di fornire un prodotto se non congiuntamente ad un altro che non
gli sia oggettivamente connesso per natura o secondo gli usi commerciali.
Problema particolare quello posto nel caso Magill delle guide programmi radiotelevisivi, del rapporto tra
sfruttamento abusivo di una posizione dominante e sfruttamento dei diritti dautore. Es. pag 704.
Viene quindi estesa ai diritti di propriet intellettuale la dottrina delle c.d. essential facilities per cui limpresa in
posizione dominante, titolare di uninfrastruttura essenziale per lesercizio dellattivit economica, non pu
rifiutarne laccesso o lutilizzo ad imprese concorrenti. Si pensi al caso delle rete ferroviaria, elettrica o telefonica.
La giurisprudenza stata molto prudente nellaccogliere tale teoria precisando che una violazione dellart. 102
potrebbe individuarsi unicamente nellipotesi che per il concorrente non vi sia alcuna alternativa possibile allutilizzo
della infrastruttura in questione e che non sarebbe economicamente e/o tecnicamente ragionevole una sua
duplicazione.
14. APPLICAZIONE CUMULATIVA DEGLI ARTT. 101 E 102. CONSEGUENZE DELLACCERTAMENTO DI UN ABUSO
Questione di grande rilievo quella dellapplicazione cumulativa degli artt. 101 e 102, ad esempio quando la
situazione di soggezione di pi imprese rispetto ad unaltra dominante venga formalizzata con un accordo.

Se vero che sono disposizioni tra loro collegate e complementari, investono per profili diversi della stessa
situazione economica e hanno presupposti di applicazione e disciplina non perfettamente analoghi.

E stato precisato dal Tribunale che lapplicabilit dellart.102 non era esclusa n da una pregressa decisione
individuale di esenzione n da un esenzione per categoria.

La giurisprudenza nel senso che laccertamento dellabuso apre la strada ai rimedi giurisdizionali previsti negli Stati
membri, ad esempio unazione di risarcimento del danno ovvero, in caso di contratti, lazione diretta a far dichiarare
la nullit.

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15. LA PROCEDURA DI APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 101 E 102. LA DENUNCIA, LE INDAGINI PRELIMINARI, LA
PROCEDURA FORMALE
Lintervento della Commissione pu essere sollecitato con un esposto denuncia.
Legittimati sono gli Stati membri e i singoli, persone fisiche e giuridiche che vi abbiano interesse.
La procedura di verifica pu essere iniziata anche dufficio dalla Commissione.
Se, sulla base degli elementi di prova, la Commissione ritiene che non sussistano motivi per una sua azione, invia una
lettera al richiedente indicando i motivi della sua valutazione e fissando un termine per eventuali osservazioni.
Se il richiedente non presenta osservazioni, o se non sono accolte, la Commissione adotta una decisione formale di
rigetto della denuncia.
La Commissione ha il diritto di assegnare diversi gradi di priorit alle denunce che le sono presentate.
La Commissione pu archiviare una denuncia quando la fattispecie gi allesame dellAutorit di concorrenza di
uno Stato, in questo caso indica al ricorrente quale sia lautorit procedente.
Sulla base delle risultanze dellindagine preliminare, la Commissione da avvio alla fase formale della procedura, che
si svolge in contraddittorio.
La fase formale ha inizio con linvio alle imprese interessate degli addebiti, con gli elementi del fatto e la valutazione
giuridica, precisando se il comportamento passibile di ammenda.
Le imprese possono accedere alla visione dei fascicoli che le riguardano e, se lo richiedono, possono essere sentite
dalla Commissione procedente.
16. SEGUE: POTERI DI CONTROLLO DELLA COMMISSIONE E DIRITTI DEI SINGOLI
La Commissione gode di ampi poteri di indagine.
Pu chiedere ed ha il diritto di ottenere le informazioni che ritiene necessarie ed utili, sia dai governi dei paesi
membri sia dalle imprese o dalle associazioni di imprese coinvolte o ancora da terzi.
La Commissione pu assumere direttamente la decisione di richiesta di informazioni senza il previo invio di una
domanda.
Si prevede la possibilit di comminare sanzioni e penalit di mora non solo per informazioni inesatte, ma anche per
informazioni fuorvianti fornite in risposta ad una domanda o a una decisione della Commissione.
Pu procedere alle necessarie verifiche anche presso le sedi delle imprese interessate.
La Commissione deve informare lAutorit nazionale della concorrenza dello Stato membro in cui si trovano le
aziende sottoposte ad indagine.
La Commissione pu anche accedere ai domicili privati del personale di aziende sottoposte ad indagine per
violazione dei divieti ex art. 101 e 102, ma deve emettere motivata ordinanza e presentarla al giudice nazionale
perch questi autorizzi la visita ispettiva.
Nel procedere alla verifica del carattere non arbitrario o sproporzionato dellordinanza ispettiva, il giudice nazionale
deve tenere conto della gravit della presunta infrazione, della rilevanza della prova cercata, della natura del
coinvolgimento e della probabilit di trovare i documenti cercati.
I funzionari e gli agenti della Commissione hanno ampi poteri, ma non possono chiedere spiegazioni su fatti e
documenti relativi alloggetto e allo scopo dellaccertamento, ne procedere allapposizione dei sigilli.
Lesercizio dei poteri di controllo da parte della Commissione stato spesso esaminato sotto il profilo della tutela dei
diritti fondamentali.
Premesso che le modalit con cui si realizza la collaborazione tra la Commissione e le autorit nazionali sono
regolate dal diritto dello Stato membro interessato, resta che lautorit devono da un lato, assicurare lefficacia
dellazione della Commissione e dallaltro verificare che lintervento non sia n arbitrario n sproporzionato.
Per quanto riguarda la tutela dei diritti della difesa, se vero che la Commissione solo un organo amministrativo e
non giudiziario, cos come la procedura di accertamento che essa svolge, pur vero che anche in un procedimento di
tale natura vanno rispettate le garanzie procedimentali contemplate dal diritto comunitario. Si tratta di un

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procedimento che pu concludersi con lapplicazione di una sanzione e comunque con una lesione degli interessi
dellimpresa.
Certi diritti devono essere tutelati anche nel corso di indagini e di procedure precontenziose, quali quelle in tema di
violazione delle norme sulla concorrenza nei quali lonere di provare la violazione a carico della Commissione.
17. SEGUE: LE DECISIONI DELLA COMMISSIONE. I POTERI SANZIONATORI
Il regolamento 1/2003 individua i quattro tipi di decisione che la Commissione pu assumere a seguito dellavvio di
una procedura formale per lapplicazione degli articoli 101 e 102 del Trattato.
Le decisioni in particolare sono: 1) decisioni di constatazione ed eliminazione delle infrazioni; 2) decisioni che
rendono obbligatori impegni presentati dalle parti; 3) decisioni di constatazione di inapplicabilit dei divieti di cui agli
articoli 101 e 102 per ragioni di interesse pubblico comunitario; 4) decisioni di adozione di misure cautelari
1) La Commissione, al termine del procedimento, quando abbia constato una infrazione, pu adottare una decisione
che obblighi limpresa a porre fine allinfrazione e ,se del caso, commina unammenda che pu arrivare fino al 1% del
fatturato dellanno precedente.
La Commissione pu imporre ladozione di rimedi comportamentali o strutturali, proporzionati all infrazione
commessa e necessari a far cessare effettivamente linfrazione.
La Commissione ha poi introdotto, esclusivamente con riguardo ai procedimenti avviati nei confronti di cartelli, una
speciale procedura di transazione. In forza di tale procedura le imprese che ne facciano richiesta possono decidere di
riconoscere la loro partecipazione ad un intesa anticompetitiva e la loro responsabilit per i fatti contestati. Come
ricompensa, la Commissione potr ridurre del 10% limporto dellammenda da irrogare.
2) Laddove le parti presentino degli impegni al fine di rimuovere le preoccupazioni espresse nella valutazione
preliminare dalla Commissione, il regolamento ha introdotto la possibilit per questultima di adottare una decisione
di accettazione degli impegni proposti. Tale decisione rende impegni vincolanti per le parti e pone termine al
procedimento.
3) Il regolamento esclude la possibilit per le imprese di ottenere dalla Commissione, dietro notifica, decisioni di
compatibilit dei propri accordi o comportamenti con larticolo 101 del trattato. Tuttavia prevista la possibilit
eccezionale della Commissione, per ragioni di interesse pubblico comunitario, dufficio di stabilire mediante
decisione che gli articoli 101 e 102 non siano applicabili a determinate condotte anticompetitive.
La Commissione si impegnata a fornire orientamenti su questioni nuove relative allapplicazione degli articoli 101 e
102 con una dichiarazione scritta ( lettera di orientamento).
4) Il regolamento ha disciplinato la possibilit per la Commissione di adottare misure cautelari. In particolare i
provvedimenti cautelari devono essere adottate soltanto in caso di indiscussa urgenza, per far fronte ad una
situazione tale da causare un danno grave e irreparabile; devono avere carattere provvisorio e cautelare, ed essere
conformi al principio di proporzionalit; devono garantire il rispetto dei diritti di difesa. Il pregiudizio devessere
attuale e non un eventuale ed aleatorio.
Per quanto riguarda i poteri sanzionatori la Commissione pu infliggere sanzioni fino al 10% del fatturato realizzato
durante lesercizio sociale precedente. Lammenda va determinata su due parametri, la gravit e la durata della
violazione: nellipotesi in cui guadagni illeciti siano ingenti la commissione pu aumentare limporto della sanzione.
Altri elementi vanno considerati quali intenzionalit, i precedenti dellimpresa, contesto economico in cui si colloca la
violazione. prevista invece la riduzione della sanzione o anche una totale immunit per quelle imprese che abbiano
dato un contributo significativo allavvio di una indagine o alla sua definizione.
Particolare rilevanza assumono le modifiche in materia di sanzioni alle associazioni di imprese. Lammenda a carico
dellassociazione non pu eccedere il limite massimo del 10% del fatturato totale di ciascun membro attivo sul
mercato interessato dalla violazione posta in essere dallassociazione stessa.
18. IL CONTROLLO SULLE CONCENTRAZIONI
Una concentrazione si realizza quando unimpresa si fonde con un'altra, ovvero ne acquisisce il controllo.
Si ha altres concentrazione quando due o pi imprese creano unimpresa comune da entrambe controllata.

87

Le norme comunitarie sulle concentrazioni hanno lo scopo di evitare che i processi di concentrazione tra imprese
producano una riduzione sostanziale della concorrenza attraverso , in particolare, la creazione o il consolidamento e
il rafforzamento di una posizione dominante.
Lipotesi di concentrazione tra imprese stata considerata come rilevante fino al varo del regolamento 4064/89 ora
sostituito dal regolamento 139/2004.
Ben noto il caso Continental Can dove per la prima volta fu fatto valere che larticolo 102 potesse comprendere
unipotesi di acquisizione del controllo di imprese concorrenti da parte di unimpresa in posizione dominante.
In unaltra occasione poi la Corte ha riconosciuto la possibilit di fare applicazione dellart. 101 nel caso dellacquisto
da parte di unimpresa di una partecipazione anche minoritaria in una impresa concorrente ritenendo che tale
operazione potesse comportare un condizionamento delle strategie commerciali dellimpresa controllata.
Il regolamento 139/2004 si applica alle concentrazioni che abbiano una dimensione comunitaria i cui criteri sono
legati al fatturato delle imprese interessate dalloperazione. Ai sensi dellarticolo 1 del regolamento, si ha riguardo ad
un fatturato a livello mondiale di oltre 5 miliardi di euro e ad un fatturato, raggiunto da almeno due delle imprese
interessate, che superi nella Comunit i 250 milioni di euro.
Il regolamento considera dimensione comunitaria unoperazione di concentrazione qualora, pur non essendo
raggiunte le suddette soglie:
- il fatturato totale realizzato a livello mondiale da tutte le imprese interessate sia superiore a 2,5 miliardi di euro
- in ciascuno di almeno tre Stati membri fatturato totale realizzato dallinsieme delle imprese interessate superiore
a 100 milioni di euro
- in ciascuno degli stessi tre Stati membri, il fatturato totale realizzato individualmente da almeno due delle imprese
interessate sia superiore a 25 milioni di euro
- il fatturato totale realizzato individualmente nella Comunit da almeno due delle imprese interessate superiore a
100 milioni di euro
Il regolamento ha introdotto condizioni di maggiore flessibilit in relazione ai criteri ed alle procedure di rinvio. In
particolare pu essere oggetto di rinvio ad unautorit nazionale una concentrazione che incide in misura
significativa sulla concorrenza nel mercato allinterno dello Stato membro interessato.
Lart.22 prevede la possibilit di un rinvio da parte di una o pi autorit nazionali alla Commissione di operazioni che,
pur non raggiungendo le soglie di fatturato fissate dallart. 1, siano suscettibili di incidere in maniera significativa
sulla concorrenza nel territorio dello Stato membro o degli Stati membri che effettuano la richiesta ed abbiano
impatto sul commercio intracomunitario.
Il regolamento definisce loperazione di concentrazione sottoposto alla sua disciplina. Si tratta in particolare:
a) dellipotesi di fusione tra due o pi imprese prima indipendenti;
b) dellipotesi di acquisto del controllo totale o parziale di una o pi imprese da parte di soggetti che controllano gi
unimpresa o da parte di una o pi imprese;
c) dellipotesi di costituzione di unimpresa comune che esercita stabilmente tutte le funzioni di unentit economica
autonoma.
Le operazioni di concentrazione di dimensione comunitaria vanno obbligatoriamente notificate alla Commissione. La
notifica a effetti sospensivi e loperazione non pu essere realizzata fino a che non intervenga la decisione di
compatibilit o siano decorsi termini per adottarla.
Commissione apre la procedura di verifica entro 25 giorni e deve poi concludersi entro 90 giorni lavorativi dalla
decisione di avvio dellistruttoria trascorsi i quali loperazione va considerata compatibile.
Nel caso di mancata notifica, anche nel caso in cui le imprese procedono alloperazione nonostante la decisione
negativa, la Commissione dispone di un potere sanzionatorio: alle parti pu essere inflitta lammenda fino a 10% del
fatturato totale dellimpresa interessata. Inoltre la Commissione ha potere di ordinare lo scioglimento dellentit
risultante dalloperazione.

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La maggior parte dei casi la notifica preceduta da un incontro con la Commissione che ha lo scopo di informare
questultima dei negoziati in corso, di individuare gli elementi di conoscenza necessari per un corretto controllo e di
avere un primo scambio di idee sulle questioni pi rilevanti.
Allesito della prima fase, la Commissione decide se la concentrazione compatibile con il mercato comune; oppure
che non rientra nella sfera di applicazione del regolamento; oppure che va aperta la seconda fase della procedura di
controllo in quanto sono necessari ulteriori approfondimenti.
La Commissione pu anche decidere di rimettere la trattazione del caso, o parte di esso, allautorit nazionale di
concorrenza.
Seconda fase si apre con la decisione con cui la Commissione comunica alle parti che sulla base degli elementi in suo
possesso, la concentrazione solleva seri dubbi di compatibilit con il mercato comune. Commissione deve
comunicare per iscritto le sue obiezioni alle parti notificanti, impartendo un termine per la presentazione di
osservazioni. Le parti notificanti, nonch le altre parti interessate, hanno il diritto e lonere di rispondere, sia con
memorie scritte, sia partecipando ad una audizione orale.
Quando la Commissione ritiene concentrazione incompatibile ancora possibile autorizzarla qualora le parti
propongano rimedi sufficienti.
Quanto al criterio sostanziale di valutazione delle concentrazioni stato sostanzialmente ridefinito dal regolamento
139/2004, ed espresso con la formula riduzione sostanziale della concorrenza.
Il nuovo test basato su valutazioni di natura economica e permette di vietare tutte le concentrazioni che hanno
effetti anticompetitivi, ovvero che determinano laumento dei prezzi e diminuiscono la scelta dei consumatori o
linnovazione. Il nuovo criterio di valutazione deve essere interpretato alla luce e nei limiti di quanto precisato nel
considerando 25, in cui con riferimento alla nozione di ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva, si precisa
che tale nozione dovrebbe essere interpretata come riguardante, al di l del concetto di posizione dominante, solo gli
effetti anticoncorrenziali di una concentrazione risultanti dal comportamento non coordinato di imprese che non
avrebbero una posizione dominante sul mercato in questione.
Ne consegue che lambito di applicazione del divieto continua ad essere definito misura largamente prevalente in
corrispondenza della nozione di dominanza e che lutilizzo del nuovo criterio di valutazione si configura in linea di
principio come una ipotesi residuale.
Il regolamento 139/2004 consente di vietare anche unoperazione di concentrazione che dia luogo alla creazione di
una posizione dominante collettiva, quella di una situazione in cui due o pi imprese indipendenti sono,
relativamente ad uno specifico mercato, unite da vincoli economici tali da detenere insieme una posizione
dominante rispetto ad altri operatori sullo stesso mercato.
Particolare rilevanza assume considerando 29, che espressamente indica lopportunit di una valutazione delle
concentrazioni che tenga conto degli eventuali incrementi di efficienza generati da una concentrazione, prevedendo
che spetta alle imprese lonere di addurre, motivare e documentare lesistenza o la probabilit di tali incrementi, cos
come la loro idoneit a compensare qualunque possibile pregiudizio concorrenziale.
Allesito della procedura, progetto di decisione viene trasmesso alle autorit di concorrenza di Stati membri e
discusso dal comitato consultivo. La decisione viene infine pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dellUnione.
Una procedura semplificata di esame prevista per determinate categorie di concentrazioni che sono generalmente
ritenute non problematiche per la concorrenza:
a) due o pi imprese acquisiscono congiuntamente il controllo di unimpresa comune che non svolge alcuna attivit o
solo unattivit di minima entit
b) acquisiscono il controllo esclusivo o congiunto di una impresa, e nessuna delle parti opera nel medesimo mercato
del prodotto
c) due o pi imprese procedono ad una fusione, o una o pi imprese acquisiscono controllo esclusivo o congiunto di
unaltra impresa, ma la loro quota congiunta non superiore al 15% in caso di rapporti orizzontali o al 25% in caso di
rapporti verticali
d) una parte acquisisce il controllo esclusivo dellimpresa di cui detiene gi controllo congiunto.

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19. TUTELA DELLA CONCORRENZA TRA DIRITTO DELLUNIONE E DIRITTO NAZIONALE


Il regolamento 1/2003 interviene a disciplinare la materia dei rapporti tra normativa comunitaria e normative
nazionali di concorrenza, prevedendo a carico di giudici e autorit nazionali lesplicito obbligo di applicazione del
diritto comunitario ai comportamenti dimpresa che siano tali da incidere sui scambi tra Stati membri.
Lobbligo diretto anche a garantire che i procedimenti delle autorit nazionali di concorrenza siano soggetti alle
procedure di informazione e consultazione preventiva della Commissione, lasciando in questo modo aperta la
possibilit di unapplicazione parallela delle legislazioni nazionali.
Relativamente alle intese questa possibilit soggetta a un vincolo di convergenza che preclude lapplicazione di
norme nazionali di concorrenza pi severe ad accordi, decisioni e pratiche concordate suscettibili di influenzare gli
scambi intracomunitari, ma che non integrino una violazione dellarticolo 101 del Trattato. Se cos non fosse, uno
stesso accordo potrebbe risultare trattato in maniera diversa a seconda del regime nazionale in cui valutato,
dunque risulterebbe compromessa lesigenza di applicazione uniforme del diritto comunitario. Portata del vincolo di
convergenza limitata alle sole fattispecie dintesa.
Esso non preclude lapplicabilit di discipline nazionali pi severe l dove queste abbiano ad oggetto condotte
unilaterali dimpresa, come tali non rientranti nellambito di applicazione dellarticolo 101.
La espressa possibilit per lautorit nazionali competenti in materia di concorrenza di fare diretta applicazione degli
articoli 101 e 102 del Trattato un passaggio di grande rilievo ai fini del processo di decentramento.
I giudici e le amministrazioni nazionali possono e anzi devono fare applicazione delle norme provviste di effetto
diretto incluse le norme del trattato che qui sono in questione. Tali norme sono evocabili direttamente davanti al
giudice e, in caso di conflitto tra norma comunitaria e norma nazionale, la seconda va disapplicata.
Lidea di unapposita abilitazione interna ad applicare direttamente le norme comunitarie appare priva di senso
logico e sotto il profilo della teoria giuridica generale, assolutamente errata.
I giudici e le amministrazioni nazionali costituiscono infatti lessenza del decentramento dellapplicazione di tutte le
norme comunitarie e quelle sulla concorrenza non fanno eccezione.
Inoltre regolamento 1/2003 mantiene in capo alla Commissione un ruolo rilevante nella determinazione della
politica comunitaria della concorrenza.
Lautorit nazionali sono competenti ad applicare gli articoli 101 e 102 del trattato in casi individuali, quindi escluso
che tale autorit abbiano potere di adottare atti generali, quali regolamenti di esenzione per categoria.
I poteri attribuiti alle autorit nazionali coincidono con quelli della Commissione tranne che per le decisioni di
constatazione di inapplicabilit: ordinare la cessazione dellinfrazione, disporre misure cautelari, accettare impegni,
comminare ammende, penalit di mora o altra sanzione.
A fronte di questa equivalenza di poteri, le autorit nazionali continuano a svolgere un ruolo diverso rispetto alla
Commissione:
- in primo luogo perch allistituzione comunitaria resta la competenza esclusiva di orientamento della politica
antitrust comunitaria
- in secondo luogo perch lavvio di un procedimento da parte della Commissione per ladozione della decisione,
priva tutte le autorit nazionali garante della concorrenza della competenza ad applicare gli articoli 101 e 102.
In particolare una volta che la Commissione abbia avviato un procedimento, lautorit non possono pi iniziare un
loro procedimento sullo stesso caso ovvero devono chiudere il procedimento.
Di grande rilievo pratico la definizione delle rispettive sfere di azione e di competenza della commissione e del
giudice nazionale. La competenza dei tribunali nazionali, concorrente con quella della commissione, deriva
dallefficacia diretta dei divieti sanciti dagli articoli 101 e 102 che incidono direttamente sulla posizione giuridica dei
privati e attribuiscono loro diritti ed obblighi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare.
La decisione del giudice nazionale non vincola la commissione che resta libera di decidere eventualmente in modo
diverso. In forza del principio di leale collaborazione con le istituzioni comunitarie giudice nazionale deve astenersi
dal prendere provvedimenti idonei a compromettere la realizzazione del trattato ed evitare ladozione di
provvedimenti in contrasto con decisioni della Commissione.

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20. LA COOPERAZIONE TRA COMMISSIONE, AUTORIT E GIUDICI NAZIONALI NELLAPPLICAZIONE DEL DIRITTO
EUROPEO DELLA CONCORRENZA
Il sistema di applicazione delle regole della concorrenza comunitaria comprende anche la rete delle autorit di
concorrenza composta dalle istituzioni pubbliche dei Paesi membri.
Il regolamento 1/2003 prevede che lautorit nazionali hanno lobbligo di informare preventivamente la
Commissione sullesito di procedimenti attivati e prima di adottare taluni tipi di decisione.
Un accordo o una pratica abusiva sono di pertinenza della rete se pregiudicano il commercio tra gli Stati membri.
Se il caso stato identificato di pertinenza della rete, il primo obbligo consiste nellinformare la Commissione
dellavvio del procedimento.
La comunicazione conferisce un periodo di attribuzione del caso di 2 mesi entro il quale ciascuna autorit deve
valutare se desidera intervenire.
Laddove possibile la preferenza accordata allintervento della singola autorit.
Lintervento della Commissione sar ritenuto necessario quando laccordo o la pratica incida sulla concorrenza di 3 o
pi Stati membri, oppure quando un caso sia strettamente collegato con altre disposizioni comunitarie, per la cui
applicazione la commissione ha competenza esclusiva o si trova meglio posizionata.
Si possono verificare tre situazioni diverse. In primo luogo possibile che una o pi autorit decidano di agire in
parallelo a quella che ha comunicato il caso per prima: sar possibile individuare unautorit responsabile del
coordinamento delle misure di indagine. In secondo luogo, lautorit che ha comunicato originariamente le
informazioni alla rete decide di chiudere procedimento in quanto un altra autorit intende occuparsi del caso. Infine
la commissione pu avocare a s il caso e dunque privare lautorit nazionale della sua competenza.
Lart. 11 del Regolamento 1/2003 prevede che lavvio di un procedimento da parte della Commissione priva le
autorit nazionali della competenza ad applicare gli artt. 101 e 102.
Se lautorit nazionale sta gi trattando il caso, la Commissione lo avocher a se.
Larticolo 12 del regolamento stabilisce che la commissione e le autorit nazionali hanno la facolt di scambiare ed
utilizzare come mezzo di prova qualsiasi elemento di fatto e di diritto, comprese le informazioni riservate, a
condizione che siano state legalmente raccolte dallautorit trasmittente.
Il principio del segreto dufficio comporta che i segreti aziendali e le altre informazioni riservate appartenenti ad
imprese non possono essere divulgati allesterno della rete.
Nel caso di scambio dinformazioni fornite a unautorit di concorrenza nellambito di un programma di clemenza, al
fine di preservare lefficacia di tali programmi nellindividuazione dei cartelli e incentivi alla collaborazione da parte
delle imprese coinvolte, la Comunicazione della Commissione, prevede, in deroga a quanto consentito dallarticolo
12, che in questi casi le informazioni trasmesse alla rete non possono essere utilizzate dagli altri membri per avviare
proprie indagini.
Lart.22 del Regolamento, consente lautorit nazionale, di raccogliere informazioni in base alla legislazione interna
per conto di unaltra autorit. La richiesta di assistenza deve essere formale, scritte e motivata.
In particolare viene in rilievo in maniera specifica lobbligo di leale collaborazione tra le istituzioni comunitarie e i
giudici nazionali chiamati alla reciproca assistenza nellapplicazione delle regole antitrust.

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CAPITOLO VII: LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA APPLICABILE AGLI STATI


1. MISURE STATALI E EFFETTO ANTICONCORRENZIALE
La disciplina dellUnione sulla concorrenza non regola solo i comportamenti tra imprese, ma pu investire anche
taluni comportamenti degli Stati.
In base alla lettura congiunta degli artt. 4, n.3 TUE e 101 TFUE, nonch sullart.3 n.3 TUE, la Corte di Giustizia ha
fondato lobbligo per gli Stati membri di non adottare o mantenere misure che possano rendere inefficaci le norme
di concorrenza applicabili alle imprese.
La Corte ha sintetizzato la sua giurisprudenza con la formula secondo cui precluso agli Stati membri di imporre,
agevolare o rafforzare la conclusione di accordi in contrasto con larticolo 101 TFUE; nonch di privare del carattere
pubblico una normativa, attribuendo ai privati la responsabilit di adottare decisioni di interventi in materia
economica.
Le condizioni perch una legislazione nazionale possa essere sottoposta alla verifica di compatibilit con il diritto
dellUnione sono, lesistenza di un accordo vietato dallart. 101 e lesistenza di una misura statale che ne impone o
agevola la conclusione ovvero ne impone losservanza o ancora ne estende o ne rafforza gli effetti.
Gli articoli 101 102 restano invece applicabili nelle ipotesi in cui la normativa nazionale lasci sussistere la possibilit di
una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese.
Resta da chiarire se una normativa nazionale del tutto scollegata da un effettivo e palese comportamento delle
imprese possono determinare una violazione del diritto dellunione. Il riferimento a quelle normative che
producono sulle condizioni di concorrenza leffetto pari o equivalente a quello di unintesa vietata, ma senza che un
comportamento anticoncorrenziali delle imprese si colleghi in qualche modo alla misura statale in questione.
Risposta della corte stata nel senso che lincompatibilit della normativa statale resta ancorata alla presenza di un
comportamento delle imprese, non importa se favorito, rafforzato o addirittura imposto dalla normativa stessa.
utile ricordare che lo stesso articolo 101 non considera incompatibile con il mercato comune ogni alterazione della
concorrenza, ma solo quelle alterazioni che siano il risultato di un comportamento delle imprese. necessario quindi
che leffetto anticoncorrenziale di una normativa statale sia in qualche modo collegato ad un comportamento delle
imprese e ne costituisca la diretta o indiretta copertura, sia cio collegato al dettato dellarticolo 101.
Quando questultimo collegamento non sussiste, non rimangono che il parametro dellarticolo 4 e il principio
generale della concorrenza libera e non falsata.
Il primo impone si un dovere di collaborazione, ma si tratta di un dovere che, se collegato ad una norma materiale
che a sua volta impone un obbligo, non ha una sua autonomia rispetto allosservanza di quellobbligo. Ne consegue
che un parametro che ancora una volta non pu essere utilizzato in assenza di un comportamento delle imprese.
A sua volta lobiettivo della creazione del regime che garantisca la concorrenza non falsata collegato alle condizioni
e ai ritmi previsti dai trattati. La conseguenza che non sufficiente il principio quale parametro per valutare la
legittimit delle condotte rilevanti, ma occorre riferirsi agli articoli 101-109. Ancora una volta risulta indispensabile il
comportamento delle imprese.
Situazione ad oggi tuttavia mutata notevolmente. Larticolo 119 prevede che lazione di Stati membri comprenda
ladozione di una politica economica fondata sullo stretto coordinamento delle politiche dellinsieme degli Stati
membri e condotta in conformit al principio delleconomia di mercato aperta alla libera concorrenza. Inoltre
larticolo 120 ripete ancora una volta il vincolo degli Stati membri di agire nel rispetto dei principi delleconomia di
mercato aperta alla libera concorrenza.
Per quanto riguarda la legittimit del comportamento delle imprese nel caso in cui il comportamento
anticoncorrenziali sia consentito o agevolato dalla misura statale o sia addirittura imposto:
- quando la normativa nazionale lascia sufficiente autonomia allimpresa, il comportamento di questa resta
sottoposto alla disciplina degli articoli 101 e 102 ed passabile di censura e di sanzione, salvo graduarne la misura e
far valere anche la responsabilit dello Stato
- quando la normativa nazionale impone alle imprese un comportamento in violazione delle norme comunitarie sulla
concorrenza, tale comportamento non pu essere sanzionato, mancando presupposto per lapplicazione degli
articoli 101 e 102, con la conseguenza che sar eventualmente solo lo Stato a rispondere.

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2. MISURE STATALI ED IMPRESE PUBBLICHE


Lart. 106 vieta agli Stati membri di adottare nei confronti delle imprese pubbliche o imprese titolari di diritto
esclusivi, misure che siano contrarie al Trattato, specialmente al divieto di discriminazione in base alla nazionalit e
alle norme sulla concorrenza.
Lart. 106, c. 2 sancisce che le imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale possono
essere sottratte alle regole della concorrenza, nei limiti in cui si renda necessario alladempimento della loro
funzione.
Lo scopo della norma di conciliare linteresse dellUnione per le regole della concorrenza con le esigenze di politica
economica degli Stati membri.
Le violazioni pi frequenti al Trattato nellintervento pubblico sono quelle che si risolvono in ostacoli agli scambi ed
alla libera prestazione di servizi e nellabuso di posizione dominante.
La giurisprudenza costante nel senso che, mentre la creazione da parte dello Stato membro di una posizione
dominante tramite lattribuzione di diritti esclusivi non incompatibile con larticolo 106, non consentito invece
adottare o mantenere in vigore misure che possano pregiudicare leffetto utile dello stesso art. 106.
Ormai incontestata lillegittimit dei diritti esclusivi che abbiano ad oggetto limportazione o la
commercializzazione di beni o servizi; il diritto esclusivo per importazione di tabacchi o di apparecchi terminali di
telecomunicazioni.
Pi complessa e incerta la questione se ed entro quali limiti larticolo 106 induca a ritenere illegittimi i diritti
esclusivi di produzione di beni o servizi: la giurisprudenza si fonda sulla premessa che gli Stati membri non possono
pregiudicare leffetto utile delle norme a cui di volta in volta larticolo 106 n.1 rinvia.
Il fatto di poter leggere congiuntamente larticolo 106 n.1 e n.2 significa che la concessione e il mantenimento di
diritti esclusivi sono sostanzialmente leciti solo rispetto ad imprese che svolgono un ruolo di interesse generale o
servizio pubblico esclusivamente nella misura in cui i limiti alla concorrenza che derivano siano funzionali
allassolvimento di quegli stessi obblighi di servizio pubblico.
Cos ad esempio, si considerato giustificato il monopolio legale del servizio postale ordinario, in quanto costituisce
un servizio di interesse generale che necessariamente deve coprire anche settori non redditizi.
Invece si rilevata lincompatibilit del monopolio del servizio di corriere espresso, in quanto lesclusione della
concorrenza che ne consegue non giustificabile in base a motivi di interesse generale.
3. IL POTERE DI CONTROLLO DELLA COMMISSIONE EX ART. 106 N.3 TFUE
Lart. 106 , n. 3 , recita : La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo,
ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni
Esso attribuisce alla Commissione poteri di controllo.
Le decisioni e le direttive che la Commissione pu adottare sono atti vincolanti, devono pertanto essere impugnati
nei termini di rito e possono dare luogo ad una procedura di infrazione per inadempimento.
Il potere attribuito alla Commissione dallart. 106 n.3 stato oggetto di numerose discussioni soprattutto riguardo
due questioni:
1) Rapporto tra poteri della Commissione e quelli normativi del Consiglio: innanzitutto si specifica che , a norma
dellart. 106 n.3, la competenza attribuita alla Commissione si limita alle direttive e alle decisioni necessarie al fine di
espletare il dovere di vigilanza. Diversamente la competenza attribuita dallarticolo 109 al Consiglio, gli consente di
stabilire tutti i regolamenti utili ai fini dellapplicazione degli artt. 107 e 108 TFUE.
In seguito la Corte ha rilevato la portata generale dei poteri attribuiti al Consiglio sottolineando in particolare la
competenza ad adottare tutti i regolamenti e le direttive utili ai fini dellapplicazione delle norme sulla concorrenza.
Viceversa lart. 106 riguarda lipotesi di misure statali adottate dagli Stati membri nei confronti delle imprese con le
quali sussistono relazioni economiche particolari, con la conseguenza che le direttive e le decisioni di cui al n. 3 sono
finalizzate esclusivamente al controllo di tali misure.

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Ci significa che la competenza della Commissione pi ristretta e specifica di quella conferita al Consiglio. Solo di
recente si finito col riconoscere lesistenza di una sovrapposizione e dunque leventualit che il Consiglio eserciti le
competenze con riguardo al tema specifico delle imprese titolari di diritti esclusivi, non precludendo comunque alla
Commissione di esercitare poteri che le derivano dallart.106 n.3 .
2) Rapporto tra potere della Commissione di adottare direttive nel contesto regolato dallart. 106 e quello di
avviare una procedura dinfrazione ex art. 258.
La Corte ha affermato che la Commissione ha il potere di precisare in generale le obbligazioni che derivano dal
trattato. E consegue che latto previsto dallart. 106 n. 3, senza prendere in considerazione la posizione particolare in
cui si trovano i singoli Stati, concretizza gli obblighi che sono loro imposti. Tale orientamento stato
successivamente confermato e si pu considerare consolidato.
La Corte ha infine riconosciuto che la Commissione ha in forza dellarticolo 106 n.3, il potere di accertare e dichiarare
incompatibilit rispetto diritto comunitario di una normativa statale e di indicare i provvedimenti necessari per
eliminare la violazione: n pi n meno di quanto contenuto in un parere motivato allinterno della procedura
dinfrazione.
La giurisprudenza ha quindi esteso al controllo relativo alle imprese pubbliche il tipo di procedura previsto
espressamente dallarticolo 108 in tema di controllo sugli aiuti pubblici alle imprese, ipotesi che costituisce una
deroga allarticolo 258.
Inoltre non si pu pretendere dalla Commissione di motivare in modo specifico la scelta tra lesercizio dei poteri di
cui allart. 106 n.3 e la procedura dinfrazione di cui allart. 258.
4. GLI AIUTI PUBBLICI ALLE IMPRESE
Le norme comunitarie sugli aiuti di Stato sono dirette ad evitare che il sostegno finanziario pubblico possa alterare la
competizione.
Secondo lart. 107 sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti concessi dagli Stati sotto forma di qualsiasi
utilit che, favorendo talune imprese, alterino o minaccino di alterare la concorrenza.
Il principio sul quale si fonda il disposto che gli aiuti di stato sono incompatibili con il mercato comune, cosicch
vanno sottoposti ad un sistema obbligatorio di autorizzazione previa.
Lart. 108 disciplina la procedura di controllo preventivo della compatibilit di aiuti nuovi, nonch quella di controllo
permanente su quelli esistenti.
Lart. 109, infine, prefigura il potere del Consiglio di fissare in via generale, con regolamento, le condizioni di
applicazione dellart. 108, nonch le categorie di aiuti che possono essere dichiarati compatibili.
Solo tardivamente il Consiglio ha esercitato questa competenza adottando il regolamento n.994/98 e n.659/99. Essi
affermano lesigenza che il processo di produzione delle norme di diritto derivato non sia unicamente affidato ad
atti della Commissione, ma avvenga mediante atti regolamentari assunti dal Consiglio.
Il regolamento 994/98 abilita la Commissione ad adottare appositi regolamenti di esecuzione finalizzati a disciplinare
taluni interventi di sostegno pubblico delleconomia.
Nel 2008 la Commissione ha adottato il regolamento generale di esenzione per categoria n.800/2008 che in parte
sostituisce precedenti regolamenti e introduce nuove categorie di aiuto esentabili. Tra le categorie che non
beneficiavano dellesenzione: gli aiuti per la tutela ambientale, per linnovazione, la ricerca e lo sviluppo a favore
delle grandi imprese, gli aiuti per le imprese di nuova creazione da parte di imprenditrici donne.
Il regolamento 659/99 procede ad un riordino organico dei principi e regole procedurali.
Limportanza di questi atti normativi del Consiglio non deve portare a sottovalutare grande ruolo svolto dalla
Commissione e dal giudice dellUnione che hanno saputo dare concreta ed efficace attuazione alle disposizioni del
Trattato in materia di aiuti di Stato.

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5. LA NOZIONE DI AIUTO OGGETTO DEL DIVIETO GENERALE


Art.107: sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli
aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che favorendo talune imprese o
talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.
La nozione dunque molto ampia.
In linea generale pu considerarsi aiuto di Stato ogni forma di vantaggio economicamente apprezzabile fatta ad una
impresa mediante intervento pubblico.
Vi rientra qualsiasi misura direttamente o indirettamente capace di produrre per limpresa un beneficio economico.
Il Trattato non distingue gli interventi a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro
effetti.
Laiuto designa non solo le prestazioni positive come le sovvenzioni, ma anche interventi che alleviano gli oneri che
gravano sul bilancio di una impresa.
Gli aiuti incompatibili sono quelli concessi dagli Stati, e sono considerati tali non solo quelli erogati direttamente, ma
anche quelli erogati da Ente terzo formalmente distinto dallo Stato.
1. La forma dellaiuto: irrilevante, pu essere tanto una legge quanto un atto amministrativo, neppure
esclusa la forma privatistica.
Tra le ipotesi pi rilevanti vanno annoverate le assunzioni di partecipazione dello Stato o di un ente pubblico
nelle imprese. Il controllo pu portare alla dichiarazione di incompatibilit quando lapporto pubblico non
corrisponde a quello di investitore privato che operi un conferimento di capitali in normali condizioni di
uneconomia di mercato.
Quindi per esempio una holding pubblica pu si sopportare e ripianare le perdite di una controllata, ma solo
quando si possa prevedere un miglioramento della redditivit; costituiscono aiuti incompatibili i
conferimenti di capitale che prescindono da qualsiasi prospettiva di redditivit anche a lungo termine.
Nellipotesi di operazioni di privatizzazione di imprese pubbliche la commissione verifica:
- che la privatizzazione non si accompagni ad interventi finanziari dellazionista pubblico volti a riequilibrare
la situazione patrimoniale e finanziaria dellimpresa ceduta
- che il prezzo di cessione rifletta correttamente il valore delle attivit privatizzate e non comporti un
indebito vantaggio per il soggetto acquirente
Sempre con riferimento al rapporto tra lo Stato e le imprese pubbliche sono state adottate alcune normative
per assicurarne la trasparenza.
La prima direttiva imponeva agli Stati membri di comunicare periodicamente i dati relativi alle relazioni con
imprese pubbliche, successivamente la commissione ha modificato e integrato la direttiva.
La Corte ha escluso dalla nozione di aiuto lipotesi di erogazione di risorse pubbliche a esclusivo compenso
degli oneri aggiuntivi di servizio pubblico, in quanto inidonea a favorire limpresa beneficiaria e ad alterare le
condizioni concorrenziali. Di conseguenza lerogazione non va neppure notificata ed sottratta al controllo
preventivo della commissione, restando soggetta solo controllo successivo del giudice nazionale ed
alloccorrenza della corte attraverso rinvio pregiudiziale.
La corte nella sentenza Altmark ha precisato le condizioni che devono ricorrere perch la compensazione
degli oneri di servizio pubblico possa sottrarsi alla qualificazione di aiuto:
a) limpresa beneficiaria deve effettivamente essere stata incaricata dallassolvimento di obblighi di servizio
pubblico
b) criteri di calcolo della compensazione devono essere determinati in via generale preventiva e trasparente
c) La compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire costi
d) quando la scelta dellimpresa non sia stata operata con procedura di appalto pubblico, la compensazione
deve essere determinata sulla base dei costi di unimpresa media

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2. Per quanto concerne lorigine dellaiuto, va rilevato che laiuto deve poter essere imputato allo Stato.
Limputabilit sicura quando laiuto sia stato concesso da un ente pubblico o direttamente
dallamministrazione ma anche dal soggetto privato sottoposto a controllo pubblico. Meno pacifico se laiuto
concesso da un soggetto distinto dallo Stato debba anche essere a carico dello Stato. La giurisprudenza su
questo aspetto non stata sempre lineare anche se commissione e corte hanno la tendenza a cercare
comunque un legame tra le risorse impiegate e unarticolazione dellapparato statale.
In definitiva due sono i presupposti della nozione di aiuto ai sensi e per gli effetti dellart. 107 sotto il
profilo dellorigine dellaiuto:
- Deve trattarsi di risorse statali, cio strumenti finanziari che siano nella disponibilit delle autorit
pubbliche per essere destinate a sostenere le imprese e che lo Stato possa controllare lutilizzazione e la
destinazione
- la misura deve essere imputabile allo Stato ovvero ad una sua articolazione

3. Beneficiario dellaiuto deve essere unimpresa, cio qualsiasi entit che eserciti unattivit
economicamente rilevante e sia presente nel mercato dei beni e dei servizi. Sono esclusi gli enti che non
esercitano attivit economiche ad esempio gli enti di ricerca, le universit o le scuole di formazione.

4. Condizione della rilevanza dellaiuto che esso favorisca talune imprese ovvero talune produzioni rispetto
ad altre che si trovino nella stessa situazione di fatto e giuridica, si parla di selettivit.
Occorre di volta in volta verificare se la misura pu essere giustificato in base ad una logica di sviluppo del
sistema economico nel suo insieme ovvero rappresenti una deviazione rispetto allassetto del sistema diretta
ridurre gli oneri finanziari a vantaggio di specifici attori.
5. La valutazione degli effetti dellaiuto facilitata dalla presunzione che in ogni caso un aiuto produce
effetti distorsivi. Laiuto inoltre sottrae risorse pubbliche ad altre destinazioni e pi in generale alimenta la
cultura dellassistenzialismo.
6. Anche in materia di aiuti di Stato vale il criterio de minimis. Scarsa consistenza dellaiuto o la dimensione
modesta dellimpresa beneficiaria non possono far escludere a priori la possibilit che siano influenzati gli
scambi tra paesi membri.
6. LE DEROGHE AL PRINCIPIO DI INCOMPATIBILIT DEGLI AIUTI DI STATO
Sono statuite dallart. 107 del TFUE, si suddividono in deroghe de iure e deroghe sottoposte alla valutazione della
Commissione o del Consiglio.
Quelle de iure sono riconducibili:
agli aiuti concessi ai singoli consumatori;
quelli conferito per rimediare a calamit naturali;
quelli concessi alla economia delle Regioni tedesche dopo la riunificazione.
Quelle sottoposte alla valutazione della Commissione o del Consiglio sono:
aiuti per lo sviluppo di regioni con basso tenore di vita;
aiuti per la realizzazione di un progetto comune o per rimediare a un grave turbamento delleconomia in uno
Stato membro;
aiuti per lo sviluppo di talune attivit o talune regioni;
aiuti destinati alla cultura ed alla conservazione di beni culturali.
Dalla prassi della Commissione possono trarsi due principi che ne hanno informato lazione relativamente alle
deroghe:

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a) principio della contropartita: laiuto compatibile se non possibile realizzare diversamente lobiettivo di
interesse comunitario;
b) principio della trasparenza: impone di verificare natura e portata dellaiuto rispetto agli scambi
intracomunitari ed alla concorrenza sulla base di tutti gli elementi necessari.
Tra le ipotesi di deroga al principio di incompatibilit per molti aspetti sono di grande rilievo quelle che riguardano gli
aiuti regionali. Tra i fattori considerati ai fini della valutazione compatibilit vi sono il tasso, la struttura e le tendenze
della disoccupazione, i saldi migratori, la pressione demografica, la densit della popolazione ed altre variabili
geografiche economiche e socio strutturali.
Particolarmente importanti sono anche le deroghe concesse dalla Commissione sulla base degli Orientamenti sugli
aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficolt. Gli aiuti per il salvataggio possono essere
autorizzati solo in casi eccezionali connotati da gravi difficolt sociali; che siano concessi sotto forma di garanzia dei
crediti o di crediti rimborsabili gravati da un tasso dinteresse equivalente a quello di mercato; gli aiuti siano limitati
a quanto necessario per mantenere limpresa in attivit; lo Stato si impegni a presentare alla commissione un piano
di ristrutturazione, piano di liquidazione o la prova che il prestito stato integralmente rimborsato.
Da menzionare la disciplina comunitaria relativa allaiuti settoriali che sono ammessi quando consentano di
ripristinare condizioni di efficienza e di competitivit a lungo termine.
7. LA PROCEDURA DI CONTROLLO DI COMPATIBILITA DEGLI AIUTI
Lo scopo del controllo preventivo statuito dallart. 108 quello di evitare che un pregiudizio distorsivo delle regole
della concorrenza abbia a consumarsi.
Gli stati membri hanno, dunque, due obblighi:
a) lobbligo di notifica alla Commissione del progetto di aiuto o di modifica dello stesso;
b) lobbligo di standstill (arresto) di non dare corso al progetto di aiuto prima che la Commissione si sia
pronunciata.
Il divieto di attuare il provvedimento provvisto di effetto diretto.
Pertanto, il singolo che subisca un pregiudizio dallaiuto erogato pu far valere dinanzi al giudice nazionale, anche in
via cautelare, il contrasto con il diritto comunitario.
In ogni caso, il singolo pu far valere lillegittimit degli atti di esecuzione del provvedimento.
Ne consegue:
che il giudice, se adito per il rispetto dellart. 108, c. 3, deve tutelare i singoli rispetto al previo obbligo di
notifica alla Commissione. Egli ha il potere di accertare se laiuto concesso rientri nella nozione comunitaria e,
se del caso, pu operare un rinvio pregiudiziale alla Corte in caso di dubbio interpretativo. Tuttavia, n il
giudice, n la Corte sono competenti a valutare nel merito la compatibilit dellaiuto in quanto tale compito
spetta in prima battuta esclusivamente alla Commissione sotto controllo della Corte.
Linosservanza dellobbligo di notifica e/o di sospensione dellerogazione dellaiuto determina la sua
illegittimit insanabile; viceversa non ne determina di per s lincompatibilit sostanziale con il mercato
comune.
La pretesa della commissione di considerare di per s illegittimi aiuti eseguiti in violazione dellobbligo di
notifica e/o di standstill , senza bisogno di seguire la procedura di controllo, stata respinta dalla corte, con la
conseguenza che la commissione ha lobbligo di procedere in ogni caso alla verifica della compatibilit
dellaiuto.
La procedura di controllo si articola in due fasi:
1.la prima fase consiste in un esame sommario del progetto di aiuto. Tale fase deve concludersi rapidamente, la
Corte fissa in due mesi il tempo massimo. Essa non integra lobbligo di trasparenza, data la sommariet della
valutazione.
2.la seconda fase, cio la procedura di controllo, consiste in un esame approfondito della natura ed implicazioni
del progetto. Tale fase accompagnata da garanzie di pubblicit e di rito alquanto rigorose.

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Regime relativo agli aiuti fin qui considerato si riferisce agli aiuti nuovi, cio decisi ex novo.
Per gli aiuti gi esistenti lart. 108 del Trattato prefigura un esame permanente della Commissione, che pu anche
proporre modifiche allo Stato erogatore e alloccorrenza aprire nuovamente la procedura in contraddittorio.
La differenza fondamentale rispetto ai nuovi aiuti costituita dal fatto che per tutta la durata del controllo non vige
lobbligo di standstill.
Quando la commissione dichiara laiuto incompatibile con il mercato comune allesito della procedura, essa ne pu
imporre allo Stato membro la soppressione ovvero prescrive determinate modificazioni al progetto notificato.
Se laiuto stato in tutto o in parte erogato, la commissione pu imporre allo Stato membro di esigerne la
restituzione, che ha dunque lo scopo di eliminare la distorsione di concorrenza causata dallaiuto illegittimo.
Molto spesso si verificano difficolt nel recupero. Tuttavia va ricordato il principio secondo cui lo Stato non pu
porre a giustificazione del proprio inadempimento disposizioni o pratiche o situazioni interne.
stato pi volte ribadito che pu essere presa in considerazione esclusivamente una impossibilit assoluta di
eseguire correttamente la decisione. In ogni caso quando lo Stato incontri delle difficolt, dovr consultare la
commissione e con essa convenire eventuali rimedi anche in funzione del dovere di collaborazione.
Il recupero dellaiuto deve comunque realizzarsi attraverso i mezzi e le procedure vigenti negli Stati membri sempre
che non sia reso praticamente impossibile il recupero stesso.

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