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Cinecitt e Avala film

Milica Bei

Non so se valga la pena presentare i puri fatti su cui si basano i stati reali
odierni di questi due giganti cinematografici, perch, una volta pronunciati i loro
nomi Cinecitt e Avala film, ci viene subito in mente che non stiamo per parlare
delle cose migliori. Il risuono di queste due voci porta con se fierezza e un briciolo
di melanconia per entrambe le nazioni.
Fondate nella prima met del ventesimo secolo, ambedue le aziende vissero i
momenti cruciali della storia italiana e della storia serba. E quella di Cinecitt
comincia durante il fascismo. La storia ufficiale racconta i seguenti fatti: dopo una
serie di pregevoli lungometraggi nei primi due decenni del Novecento che avevano
fatto conoscere la cinematografia italiana nel mondo (primo fra tutti Cabiria di
Giovanni Pastrone restato in cartellone a New York per ben dieci mesi), negli anni
venti l'industria cinematografica italiana entr in crisi venendo messa in ombra sia
dalla cinematografia americana che da quella tedesca contemporanea (Lang, Pabst,
Murnau, ecc.). Nel 1931 il regime, che sosteneva fortemente l'importanza del
cinema come strumento di propaganda, var una legge tendente a penalizzare le
importazioni e a stimolare la produzione nazionale. Quando fu istituita, anche
Avala film non ebbe uno scopo cos artistico. Ma non solo. Ranko Petri, il
direttore attuale di Avala Film, racconta la sua storia nel documentario molto
pregiato (Avala film: soluzione o declino): ,,Questa la societ cinematografica
pi antica nella ex Jugoslavia. E stata costruita subito dopo la guerra, nel 1946. Il
regime di quel tempo ha intuito limportanza che poteva avere larte visiva,
specialmente per la propaganda. Rivolgendosi alla sua costruzione, sottolinea che
lintero complesso sul Koutnjak era modellato su quello di Cinecitt, anche il
piano archittetonico era stato realizzato nella stessa maniera. Potrebbe essere un
fatto interessante che il Film 87, girando una pellicola che si svolge nel 1948 a
Cinecitt, venne a girare sul Kosutnjak, perch oggi Avala film assomiglia pi alla
vecchia Cinecitt che la Cinecitt stessa.
Federico Fellini e Luchino Visconti sono solo i due tra tanti nomi che
lavorarono lungo la Via Tuscolana. Dallaltra parte, Avala film vide nei suoi studi

Goran Markovic, Srdjan Dragojevic e Slobodan Sijan. Si noti che, oltre alle
realizzazioni interne, questi due giganti ospitarono i set dei kolossal stranieri come
Ben Hur e Quo vadis?, lultimo girato anche a Belgrado.
Prima a crollare fu la societ cinematografica italiana. Dalla fine degli anni
sessanta, con la crescita della televisione, la fine delle produzioni kolossal di
carattere storico e la parallela crisi dell'industria cinematografica italiana, Cinecitt
perse lentamente il primato tecnico e produttivo che l'aveva resa mitica. Avala
dallaltra parte sub le maggiori perdite nel corso degli anni novanta, a causa della
privatizzazione e degli embarghi. Per sembra che Cinecitt ebbe migliori modi
con la privatizzazione sua. La vendita degli stabili, gestiti da Cinecitt Studios, e
l'apertura di un settore interamente dedicato alle lavorazioni in digitale resero gli
studi particolarmente competitivi, qualcosa che studi sul Kosutnjak non potevano
esperienziare conseguentemente alla mancanza dei soldi. Neanche la trattoria
allinterno, chiamata Cinecitt, poteva contribuire con il suo alto profitto.
Oggi queste due societ sono a maggioranza private. Si affittano per girare
vari spettacoli dintrattenimento e serie televisive (se mi permettete dire) di dubbia
qualit. Non bisogna menzionare chi tra queste due perde. Ma pi che monitorarne
i risultati, dobbiamo domandarci se da vero qui possa esistere un vincitore.
Hollywood sul Tevere e Hollywood balcanico respirano ancora grazie alle
collaborazioni esterne. Uno con BBC e Mediaset, laltro con Film 87. Se uno
spazio appartenente agli ambiti culturali diventi commercialmente interessante,
significherebbe forse che niente sacro e che tutto si puo vendere? E per chi basta
la sola respirazione, ce Petronio (Quo vadis?) da dire - Non basta vivere bene,
bisogna anche saper morire.

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