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DECENNALI

DI MARIO MESSINIS
33
CLASSICO
visionario
MUTI LO
RICORDA A
LUBIANA
Riccardo Muti a
dirigere la Messa
di Requiem
di Verdi per il
decennale della
morte di Carlos
Kleiber anche
in omaggio
al Festival di
Lubiana il 7 luglio,
in collaborazione
con il Ravenna
festival e la
Filarmonica
slovena. Con i
solisti Tatiana
Serjan, Daniela
Barcellona,
Saimir Pirgu
e Riccardo
Zanellato cantano
i cori da Camera
della Slovenia,
dellAccademia
di Musica di
Lubiana, del
Friuli-Venezia
Giulia e del Teatro
Verdi di Trieste.
Dimensioni
mega anche
per lorchestra
costituita dalla
giovanile Luigi
Cherubini e dalla
Filarmonica
slovena, con
musicisti dei
Berliner e Wiener,
Philarmonia di
Londra, Chicago
Symphony,
Filarmonica di
San Pietroburgo,
Nazionale di
Francia e delle
orchestre
Monnaie di
Bruxelles e Verdi
di Trieste.
Nelloccasione
celebrativa
nata anche la
Carlos Kleiber
2.0, una
community
di Facebook
che mette in
comunicazione
i kleiberiani di
15 Paesi di tutti i
continenti.
C
arlos Kleiber era un classicista
dionisiaco che aveva scon-
volto la tradizione viennese
da cui pur discendeva. Anche
il padre Erich era un classicista ma,
diversamente dal glio, meno intuiti-
vo ed estroverso: le sue versioni delle
Nozze di Figaro e dellEroica, cresciu-
te nellalveo di una severa oggettivit,
erano incomparabili per rigore stilistico
e disciplina formale. I rapporti di Carlos
con il padre sono stati difcili, anche
se ne subiva il fascino. Erich cerc di
tenerlo lontano dalla direzione dor-
chestra; daltronde Carlos non ne con-
divideva gli onnivori interessi culturali
approfonditi nello Schnberg-Kreis e
nelle avanguardie storiche degli anni
Venti. Ignorava il Novecento (la soli-
taria versione del Wozzeck era lecce-
zione che conferma la regola). Dopo le
esperienze giovanili nei teatri di tradi-
zione tedeschi, in cui era obbligato ad
allargare le sue esperienze esecutive,
nellultimo trentennio della carriera il
suo repertorio teatrale era limitato al Franco Cacciatore e
al Tristano, a due opere di Verdi, Traviata e Otello, a due di
Puccini, Bohme e Madama Buttery. Anche pi ristretto
il repertorio sinfonico, circoscritto di fatto a tre sinfonie di
Beethoven e a due sinfonie di Brahms. Dopo i sessantanni,
piegato da ricorrenti depressioni, dirigeva solo sporadica-
mente, soprattutto quando aveva bisogno di danaro. Era il
direttore pi pagato del mondo, anche pi di Karajan. Nella
sua ultima apparizione in Italia, nel 1999, cinque anni prima
della morte, con lamata Orchestra della Radio Bavarese, un
concerto con replica cost al Teatro Lirico di Cagliari, la
cifra esorbitante di 900 milioni di lire. Erano i tempi in cui i
nostri teatri sforavano i bilanci, con le ben note conseguen-
ze e catastro economiche.
Se volessi rintracciare genealogie (probabilmente ttizie)
farei soprattutto i nomi, oltre che di Erich Kleiber, di Tosca-
nini e di Karajan, direttori che pure si muovevano tra cultu-
re tedesche e italiane, con forti incidenze internazionali. Si
suole ripetere che Carlos non aveva molto a che vedere con
Rigore e originalit, adesione e contestazione
vissuti con geniale contraddizione. Attenzione
maniacale per i dettagli ma anche immediatezza
priva di mediazioni intellettuali. Cos era Kleiber.
Ricordato a dieci anni dalla scomparsa
il padre. In realt linuenza dellinessibile Erich a mio
parere fu decisiva; solo che lidea della forma, desunta
dalla lezione paterna, era investita da una emozionante
passionalit. Il miracolo di Kleiber glio era lequilibrio
nelliperbole, la vocazione classica nellesaltazione visio-
naria. Ho ben vivo il ricordo del Tristano a Bayreuth, della
Traviata al Maggio Fiorentino, di Otello e di Bohme alla
Scala. Forse non era un eccelso wagneriano, nonostante
la limpida denizione orchestrale. La sua versione del Tri-
stano, sostanzialmente retrospettiva, sembrava guardare
al Lohengrin, con una implicita critica nei confronti del
grandioso estetismo del Karajan salisburghese e del su-
blime impulso metasico e rituale di Furtwngler. Wagner
sorato dal naturalismo. La Traviata era esemplata sulla
interpretazione di Toscanini, di cui accoglieva, nellabba-
gliante primo atto, i metronomi in una vertigine. Il ritmo
incandescente, nel rispetto delle strutture, come nella sce-
na del gioco, non temeva confronti.
Credo che Kleiber abbia molto appreso dal primo Karajan
(non ne condivise per la svolta decadentistica, n la son-
tuosit beethoveniana delle tarde esecuzioni) nella capacit
di coniugare il melos viennese con una luce del suono meri-
dionale. Anche Kleiber era un miniaturista, creava cattedrali
sinfoniche da premesse cameristiche con un perfezionismo
analitico maniacale. Leggendaria la sua ossessione per i
dettagli durante le prove. Non sarebbe sopravvissuto alle
attuali esigenze produttive.
Claudio Abbado, della stessa generazione, lo considerava il
maggior direttore del nostro tempo. Luciana Abbado mi ri-
cord un atto di generosit del fratello, quando era direttore
artistico alla Scala, che rinunci nel 1976 allOtello inaugura-
le per cedere il podio allamico. Kleiber in questo Verdi tardo
si muoveva da premesse toscaniniane, con tempi incalzanti,
ma con una luminosit coloristica forse prossima ( una ipo-
tesi non documentata sul piano di-
scograco) a Victor de Sabata. Il re-
gista prediletto era Franco Zefrelli
(non amava lavanzato teatro di
regia) che aveva ideato alla Scala
uno spettacolo abilmente narra-
tivo. Ci fu allora il (quasi) debutto
di Placido Domingo che liber il
ruolo, anche per i suggerimenti del
maestro, dalle turbolenze pseudo-
eroiche, grazie ad uno scavo della
parola scenica senza precedenti.
Infatti Kleiber aveva il dono di tra-
scorrere dalla levit alla eccitazio-
ne drammatica, rispettando una
assoluta logica strutturale.
Con questo interprete il romanti-
cismo scopre una grazia sensiti-
va, ma anche un volto luciferino e
notturno come discesa agli inferi e
come dannazione: si pensi ai cupi
anfratti della gola del lupo del Fran-
co Cacciatore. Nel mitico Cavalie-
re della rosa imponeva una impres-
sionante mobilit di situazioni, con
uno stile di conversazione molto
teatrale, tra sorvegliati patetismi,
guizzi comico grotteschi, cantabili
immacolati,evocazioni nostalgiche
e vorticose del valzer: lo splendo-
re del salotto talora percorso da
inquieti riverberi nellelegia decli-
nante della civilt asburgica. Nella
Bohme Kleiber dimostra di avere
assimilato ancora la lezione di Toscani-
ni, con tempi alacri e sbalzi molto con-
trastati della drammaturgia, nel segno
della leggerezza, della rapinosa brillan-
tezza, ma anche dellansiet, sempre
alla ricerca della evidenza scenica, con
un Pavarotti al sommo delle proprie ri-
sorse liriche. Questo amico del teatro,
con una conoscenza assoluta del canto
italiano (di qui la sua sensibilit per le
voci) era un direttore sinfonico persi-
no quando si accostava non soltanto
allopera tedesca ma anche al melo-
dramma italiano.
Beethoven al centro del suo cosmo
interpretativo, con una concezione che
non guarda al Settecento - non lho
mai sentito dirigere Haydn, e sporadi-
che, tendenzialmente beethoveniane,
erano le sue esecuzioni mozartiane -,
ma chiarisce mirabilmente la irruzione
dellautore del Fidelio nel mondo vien-
nese. un Beethoven trasparente e
drammatico, con metronomi moderni,
visto negli aspetti eversivi, ma rispet-
toso della nitidezza formale; un Bee-
thoven improntato alleuforia positiva
con la Quarta Sinfonia come espres-
sione del secondo stile e la Settima di
una danzante perentoriet. Multipli i
piani sonori con pulsazioni ritmiche
inevitabili. LAllegretto antifurtwn-
gleriano nella scansione del movimen-
to, sognante e senza riverberi tragici.
Brahms concepito come prosecuzio-
ne di Beethoven, estraneo alle letture
progressive e vincolato ad una idea
fortemente classica. La rivelazione del-
la tenerezza idilliaca della Seconda Sin-
fonia affonda le radici nella cantabilit
liederistica. Lonnipotente chiarezza
di lettura domina la Passacaglia della
Quarta Sinfonia, ove larticolazione po-
lifonica risulta insieme aerea e lucida-
mente costruttiva.
Kleiber conosceva perfettamente an-
che gli aspetti leggeri e vernacolari
della civilt viennese: le movenze es-
sibili del valzer nel Concerto di capo-
danno (con il gesto che imponeva un
tempo rubato governato al millesimo)
e la straripante allegria del Pipistrello
di Strauss ove musica alta e musica
bassa coincidevano nella ricreazione
di un cosmo insieme dialettale e aristo-
cratico: la danzante parola del corpo
cui allude Wolfgang Schreiber.
Forse laspetto pi affascinante del di-
rettore ladesione ad un ideale classi-
co ed insieme la sua devota contesta-
zione. Questa geniale contraddizione
vissuta con immediatezza, senza me-
diazioni intellettuali. Il rigore per Carlos
Kleiber era nella fedelt alla scrittura:
una concretezza esecutiva che tuttavia
non obbediva ai modelli e che conte-
stava lortodossia nel segno di una in-
contenibile originalit. p

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