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ASSOCIAZIONE DEI CIH ADINI D'ORIGINE ITALIANA SARAJEVO

RACCOLTA DI STUDI
DELLA TAVOLA ROTONDA
130 anni degli Italiani in
Bosnia Erzegovina
Tenutasi a Sarajevo il 18. Maggio 2013
Sarajevo,2013.
STUDI
Emir O.Filipovi*
GLI ITALIANI NELLA BOSNIA MEDIOEVALE
Anche se risalgono ad un passato remoto, i rapporti tra lo Stato
medioevale bosniaco e le cittadine ed i comuni degli Appennini si
possono tracciare pi dettagliatamente solo a partire dalla prima
met del Trecento. proprio in quell'epoca che i sovrani bosniaci
Stjepan II e Tvrtko I intrapresero passi decisivi per l'espansione
territoriale della Bosnia verso le sponde del Mare Adriatico. Ne
risult un rafforzamento economico e politico che colloc la
Bosnia fra i pi potenti e ricchi Paesi del tardo Medioevo. Una
crescita intensa dell'attivit mineraria e del commercio, cos come
la vicinanza geografica naturale, doveva naturalmetne portare allo
sviluppo di legami profondi fra la Bosnia e l'Italia del Trecento e
Quattrocento.
In quel periodo, l'Italia non era un entit politica unitaria, ma era
composta da molti piccoli Stati, liberi comuni, monarchie e
repubbliche. Ci nonostante, grazie alla geografia ed all'impren-
ditorialit dei propri cittadini, vi erano gi i presupposti per lo
sviluppo di una delle economie pi forti dell'epoca. Oltre alla
corrispondenza vaticana, nelle fonti medioevali oggi disponibili,
troviamo le prove del l 'esistenza di numerosi, frequenti ed intensi
legami di sovrani ed aristocratici bosniaci con Venezia, Milano,
Firenze e Napoli. Interessi commerciali e politici avevano portato
ad un forte scambio culturale e ad interazioni con le realt italiane
pi progredite che gi alla met del Quattrocento, presentavano
l'emergere di idee d'avanguardia del Rinascimento e
dell'Umanesimo.
L'intermediario pi importante nei rapporti fra Bosnia ed Italia, e
generalmente fra le due sponde del Mare Adril;ltico, era Dubrovnik.
Tramite questa Repubblica viaggiavano le merci (il sale, la cera, il
Mr. SCo Emir O. Filipovi, Facolt di filosofia, Sarajevo,
emirfilipovic@gmail.com
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piombo), e gli schiavi dalla Bosnia verso le citt. italiane della
costa e dell'entroterra. Un ruolo importantissimo avevano Messina,
Napoli, Ancona ed altre citt nelle Marche, poi Venezia, Genova,
Firenze ed altre. Bisogna sottolineare che in quello scambio non
parteciparono significativamente i commercianti bosniaci poich la
maggior parte del commercio era controllato dalla Repubblica di
Dubrovnik.
Neanche gli Italiani, pero', penetrarono molto l'entroterra dei
Balcani, a causa di barriere linguistiche e geografiche. Solo alcuni
di loro, secondo le fonti, avevano contatti commercali diretti con i
Bosniaci: ne un esempio il commerciante di Spalato, l'italiano
Ventura Engleschi de Meraviglia, il quale intratteneva stretti
rapporti con la Bosnia dove possedeva anche una casa a Jezero, nei
pressi di Jajce. La maggioranza dei commercianti italiani era,
invece, contenta di poter gestire i propri affari tramite intermediari
dalle citt costiere, come Dubrovnik e Drijave, dove era attiva la
maggioranza dei commercianti italiani in sale e schiavi . La
presenza italiana in questa citt bosniaca era tale che per un certo
periodo il ruolo di capitano a Drijevo fu ricoperto da un Fiorentino,
responsabile dell'ordine pubblico e della pace. Nei periodi
successivi, uno speciale interesse per questa piazza mostrarono i
Veneziani che cercarono di affittare la dogana di Drijevo, ma anche
i Fiorentini e gli Anconetani che commerciavano in piombo.
Secondo l'Archivio statale di Dubrovnik, in Bosnia venivano al pi
cittadini da Venezia, Firenze, Marche ed Apulia. Non venivano con
le proprie famiglie n con l'intenzione di stabilirvisi, compivano
piuttosto viaggi sporadici e non organizzati. Il numero degli italiani
variava peraltro a seconda della situazione politica ed economica
congiunturale in Bosnia. Cos,ad esempio, quando, con la
sovranit veneziana sulle citt medioevali dalmate nel 1420, la
legislazione in materia di contratti commerciali con il Regno di
Bosnia era particolarmente favorevole, si svilupp un movimento
pi libero dei commercianti veneziani verso la Bosnia. La ricchezza
e variet dei rapporti fra Bosnia e Venezia illustrata al meglio dai
numerosi esempi di transazioni economiche di cui si trova traccia
spesso in atti processuali.
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Una testimonianza del genere legata alla causa che riguard il
grande diamante del Re Tvrtko I, che ebbe luogo a Dubrovnik nel
1390. Secondo la testimonianza di Dimitrije Benesi, cittadino di
Dubrovnik, rappresentante del Re, "l'uomo nobile" Jakov Grimani
venne alla corte bosniaca da Venezia con un diamante che voleva
vendere al Re della Bosnia, Tvrtko Il rappresentante del Re
affermava che Grimani chiedeva per il diamante inizialmene
16.000 zecchini d'oro, poi man mano tratt il prezzo fino a
venderlo per 400 zecchini d'oro.
I problemi sorsero quando il Re Tvrtko, avendogli versato 100
I
quattrini d'oro, ebbe ordinato che a Grimani venisse pagato il resto
del debito in piombo al prezzo in corso sulla piazza di Dubrovnik.
Jakov Griamani, scontento, denunci il comportamento del Re', sia
a Dubrovnik che davanti al governo veneziano, il quale invi una
lettera al Re Tvrtko chiedendogli di risolvere la questione. Il Re
mand, quindi, Benesi a Dubrovnik con il diamante da rendere a
Grimani, in cambio dei 100 zecchini d'oro ricevuti dal
protovestiere (cassiere) Zore. Difendendosi in questa causa, Jakov
Grimani dichiar che il Re ed il suo rappresentante non
presentavano la situazione cos come era. Spieg di aver offerto il
diamante al Signor Re, dicendogli che il Marchese di Ferrara una
volta gli aveva proposto12.000 zecchini d'oro per esso. Dichiarava
di non aver mai richiesto16.000 zecchini d'oro per il diamante, ma
solamente 3.600 poi scesi a 3.000. Alla fine, aveva ceduto il
diamante per 400 zecchini d'oro, a patto che fosse pagato subito e
in contanti. Ai presenti disse anche che, venuto a corte per ritirare il
compenso - "lo stesso Re lo avesse cacciato dalle sue stanze".
Grimani aveva pQi accettato indietro il diamante da Dimitrije
Benesi a patto che gli venissero pagati 200 zecchini d'oro in
risarcimento per le spese ed i danni subiti, ma le istruzioni del Re
furono di rendere il diamante solo dietro corresponsione di 100
zecchini d'oro.
Il fatto che la Bosnia nel Quattrocento rappresentasse una specie di
"terra promessa" per gioielieri, orefici, commercianti d'oro e
gemme, e generalmente per tutti i commercianti di pietre preziose,
dimostrato dal caso del commerciante veneziano Guglielmo
Querini, il quale nel giugno 1443 scrisse al suo collaboratore, ser
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Girolamo Malipiero, che si trovava in Bosnia, per affidargli la
vendita di alcune pietre preziose. Oltre a ci, il Querini si
informava sull possibilit di allargare le attivit alla
compravendita di pepe, spezie ed altre merci. [ ... ] Querini era un
grande commerciante veneziano, con contatti nelle piazze di
Costantinopoli, Trapezunto, Tane e Candia, e collegamenti
commerciali nei porti di Siria, Africa del Nord e Francia del Sud, a
Bruges ed a Londra. Commerciava vari prodotti, soprattutto tessuti
di broccato e spezie, pietre preziose spesso montate su anelli d'oro.
Al suo collaboratore Malpieri, Querini suggeriva di scambiare in
Bosnia pietre per oro o argento fine.
I legami fra la Bosnia e l'Italia non si limitavano al commercio, n
in Bosnia arrivavano solo commercianti Italiani, ma anche fedeli e
rappresentanti della Chiesa cattolica: francescani, domenicani,
legati del papa, missionari ed altri. Grande importanza avevano
anche i vicari del Vicariato bosniaco francescano, tra i quali si deve
ricordare in particolare Bartolo di Alverna presso Arezzo, e Jakov
Markijski che dopo la sua morte fu proclamato santo. Lo scopo di
questi uomini era divulgare la fede cattolica e l'influenza della
Chiesa di Roma, cercando nel contempo di ostacolare l'influenza
della Chiesa bosniaca.
Molti Italiani venivano in Bosnia come mercenari e soldati
professionisti. Il pi famoso fu il condottiere Broglio da Lavello, il
quale - a servizio di Sigismundo Pandolfo Malatesta, alla met del
Quattrocento aveva incontrato il Re bosniaco Tomas ed aveva
scritto: " .... quanto mi pare non mi ricordo di aver mai visto un
signore pi bello e pi nobile di lui, superava anche l'illustre
principe Federico".
Poich nella Bosnia medioevale non esisteva un servizio sanitario, i
sovrani e gli aristocratici bosniaci (il principe Pavle Radenovi, il
Re Dabisa, il duca Vlatko Vukovi, il re Tvrtko II Tvrtkovi, il
duca Sandalja Hrani, il duca (voivoda) Stjepan Vukci ecc) erano
curati spesso da medici italiani in servizio presso il Comune di
Dubrovnik. Lavoravano a Dubrovnik anche molti insegnanti
italiani che, oltre agli abitanti locali, educavano e preparavano i
figli di molti nobili bosniaci. Provenivano da Verona, Bologna,
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Mantova, ed il pm famoso era l'umanista italiano Filippo de
Diversis de Quartigi da Lucca. Tramite Dubrovnik, in Bosnia
arrivavano anche artisti ed artigiani italiani, attivi presso le corti dei
sovrani oppure impegnati nella costruzione e decorazione di edifici
sacri.
Molti aristocratici bosniaci cercavano le loro spose in Italia. La
vicenda pi famosa fu quella secondo la quale i rappresentanti del
duca (voivoda) Stjepan Vukci Kosaca portarono da Firenze una
ragazza senese per suo figlio Vladislav. Ma, a quanto risulta dai
documenti, egli stesso se ne innamor ed incarcer il proprio figlio,
provocando tensioni ed addirittura un cont1itto aperto.
Nell' occuparsi dei fatti del passato, gli storici sono inevitabilmente
limitati dall'accesso e dalla qualit delle fonti storiche. Questo vale
anche per la ricerca storica sul ruolo degli Italiani nella storia della
Bosnia medioevale. Le ricerche storiografiche, fino ad oggi, hanno
preso in considerazione solo parziale i dati storici che si trovano
negli archivi e biblioteche a Dubrovnik, Zara e Venezia, ma vi sono
difficolt oggettive ad indagare in altri archivi sicuramente ricchi di
notizie interessanti. Inoltre, i dati reperibili a Dubrovnik, Zara e
Venezia si riferiscono maggiormente a singoli individui ed agli
avvenimenti che avevano a che fare con queste citt. Peraltro, i loro
rappotii diretti ed indiretti con la Bosnia non furono sempre
registrati. Infine, anche se qui stato presentato solamente un
piccolo segmento delle tracce della presenza italiana in Bosnia, si
deve tener conto del fatto che i t1ussi di persone ed idee avvenivano
in ambedue le direzioni, che i beni materiali e culturali venivano
trasportati in ambedue i sensi, e che per quanto fosse importante il
numero degli artigiani, artisti e commercianti che dall'Italia
venivano in Bosnia, altrettanto significativo era quello di coloro
che dalla Bosnia approdavano sull' altra sponda dell'Adriatico alla
ricerca di una vita migliore. Solo studi sistematici degli archivi
nelle citt italiane potranno rivelare la vera intensit di questi
rapporti nei loro vari aspetti.
Letteratura:
Vojka Besarovi: "Gli Italiani-medici di Dubrovnik nella Bosnia
Medievale", Prilozi, XX/2I, Snrajevo, 1985,247-256
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Vojka Besarovi: "Gli Italiani in Bosnia del tardo Medioevo",
Annuale del! 'Associazione dei storici della Bosnia-Erzegovina, 36,
Sarajevo, 1984, 141-147
Ferdo Gestrin: "Gospodarske povezave jugoslovanskih dezel in
Italije v 15. in 16. stoletju", Rivista storica, 18, Belgrado, 1971,
155-163
Ferdo Gestrin: "Trgovina slovenskih dezel z italijanskimi ob koncu
srednjega veka in v XVI stoletju", Zgodovinski asopis, 1-2/29,
1981,89-108
Ferdo Gestrin: "Italijani v slovenskih dezelah od 13. do
17.stoletja", Zgodovinski asopis, 3/35, Ljubljana, 1981,223-241
Bogumil Hrabak: "L'argento di Dubrovnik in Italia e Catalonia nel
Trecento Quattrocento e Cinquecento" Il Corriere storico, 1-2,
Belgrado, 1980, 57-78
Desanka Kovacevi-Koji : "Legami economici e influenze
culturali fra lo Stato bosniaco e le citt italiane nel trecento e
Quattrocento" Annuale del! 'Associazione dei storici della Bosnia-
Erzegovina, 36, Sarajevo, 1984,35-44
Josip LuCi: "Collegamenti fra Dubrovnik e l'Italia nell'epoca di
Dante", Dante e il mondo slavo, Accademia jugoslava di scienze e
belle arti, Zagabria 1984, 339-335
Ivo Petricoli: "I nostri artisti del mare e la costa italiana
dell' Adriatico nel Medioevo e Rinascimento", Seminario
jugoslavo, 32, Belgrado 1981, 239-243
Marko Sunji: "La Bosnia e la Venezia Ci rapporti nel Trecento e
Quattrocento), HKD Napredak, Sarajevo, 1966
Ignacij Voje: "Vplivi Italije na solstvo in s tem povezan kultumi
razvoj v Dalmaciji ter v Dubrovniku. v srednjem veku",
Zgodovinski asopis, 3/37, Ljubljana 1983,03-212
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