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Gianpiero Cattaneo - Metodi Matematici Per La Meccanica Quantistica
Gianpiero Cattaneo - Metodi Matematici Per La Meccanica Quantistica
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
9 Trasformata di Fourier 149
9.1 La trasformata di Fourier su o(R) . . . . . . . . . . . . . . . . . 149
9.2 Operatore unitario di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154
9.3 Loperatore di FourierPlancherel su L
2
. . . . . . . . . . . . . . 161
9.4 Propriet`a particolari su L
1
(R) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167
II - Operatori in Spazi di Hilbert 169
10 Operatori che ammettono aggiunto
Operatori simmetrici e autoaggiunti 171
10.1 Aggiunto di un operatore
densamente denito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
10.2 Algebra degli operatori densamente deniti in H . . . . . . . . . 180
10.3 Operatori lineari limitati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181
10.4 Operatori unitari ed antiunitari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185
10.4.1 Il caso nito-dimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
11 Spettro approssimato 189
11.1 Spettro puntuale e spettro puntuale approssimato . . . . . . . . . 189
11.2 Spettro di un operatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193
12 Operatori chiusi 197
12.1 Operatori chiusi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197
12.2 Teorema del grafo chiuso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 200
12.3 Operatori chiusi in spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . 202
INDICE 3
13 Operatori dierenziali al secondo ordine 205
13.1 Operatori dierenziali
formalmente autoaggiunti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205
13.2 Esempi. Loperatore
d
2
dx
2
con condizioni al contorno . . . . . . . 213
14 Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale 219
14.1 Problemi di SturmLiouville Polinomiali . . . . . . . . . . . . . . 219
14.2 Equazioni e polinomi di Jacobi,
Legendre, Laguerre, Hermite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 230
14.2.1 Equazioni e polinomi di Jacobi: intervallo [1, 1]: Caso
a
0
(x) = 1 x
2
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 230
14.2.2 (2) Equazione e polinomi di Legendre: caso a
0
(x) = 1
x
2
, p = q = 0
0
= 0. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232
14.2.3 (3) Equazioni e polinomi di Hermite: intervallo [, ],
caso a
0
(x) = 1,
0
= 2,
1
= 0,
0
= 1 . . . . . . . . . 234
III - Operatori in Spazi preHilbertiani 235
15 Operatori Normali ed Hermitiani 237
15.1 Operatori deniti su coppie Hilbertiane . . . . . . . . . . . . . . 237
15.2 Operatori normali e Hermitiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242
16 Operatori unitari in pre-Hilbert 255
16.1 Autovalori e autovettori di un operatore lineare . . . . . . . . . . 255
16.2 Loperatore di parit`a: esempio di operatore contemporaneamente
unitario e hermitiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260
16.3 Le matrici di Pauli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263
16.4 Operatori unitari da uno spazio in se . . . . . . . . . . . . . . . . 266
Modulo I
Spazi con Prodotto Interno
e Spazi di Hilbert
Capitolo 1
Spazi con Prodotto Interno
e Spazi di Hilbert
1.1 Introduzione
Abbiamo pi` u volte usato lo spazio euclideo R
n
le cui nozioni e propriet`a fonda-
mentali sono state ottenute generalizzando le corrispondenti nozioni e propriet`a
fondamentali dellusuale spazio euclideo R
3
. Cos` `e stato in particolare per le
operazioni di somma di due vettori x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
) e y = (y
1
, y
2
, . . . , y
n
)
e di prodotto di uno scalare R per un vettore x di R
n
:
x + y := (x
1
+ y
1
, x
2
+ y
2
, . . . , x
n
+ y
n
)
x := (x
1
, x
2
, . . . , x
n
)
Una delle nozioni pi` u importanti denibili su R
n
e quella di prodotto scalare o
prodotto interno, che associa ad ogni coppia ordinata di vettori (x, y) di R
n
un
numero reale
(1.1)
x[y
_
:=
n
i=1
x
i
y
i
In R
3
questo prodotto interno e lusuale prodotto scalare utilizzato, per esempio,
in Meccanica Razionale. Le pi` u importanti propriet`a del prodotto scalare sono
le seguenti:
(S1)
x[y
_
=
y[x
_
(S2)
x
1
+x
2
[y
_
=
x
1
[y
_
+
x
2
[y
_
(S3)
x[y
_
=
x[y
_
(S4) x[x) 0 per ogni x R
n
(S5) x[x) = 0 sse x = 0
La verica di queste propriet`a e immediata conseguenza della denizione di
prodotto interno introdotta su R
n
. Da queste propriet`a se ne possono dedurre
8 CAPITOLO 1. Spazi con Prodotto Interno
ovviamente delle altre, per esempio che
_
x
y
1
+y
2
_
=
_
x
y
1
_
+
_
x
y
2
_
_
x
y
_
=
_
x
y
_
Ma il fatto rilevante e che la (S4) permette di introdurre la norma (o modulo)
indotta dal prodotto interno secondo la denizione
|x| :=
_
x[x) =
_
n
i=1
(x
i
)
2
(1.2)
che e proprio la norma euclidea di R
n
. Questa norma e tale da essere legata al
prodotto scalare tramite la diseguaglianza di Schwarz:
[
x[y
_
[ |x| |y| (1.3)
in cui e vero il segno uguale sse x = y per un opportuno scalare R.
Dalla diseguaglianza precedente, sotto lipotesi che
_
_
x
_
_
,= 0 e
_
_
y
_
_
,= 0, si ricava
che
1
x[y
_
|x| |y|
1 (1.4)
e perci`o esister`a un unico numero reale [ 0, ], chiamato angolo, compreso
fra i vettori x e y, e tale che
x[y
_
= |x| |y| cos .
In questo modo abbiamo ottenuto la generalizzazione dellusuale denizio-
ne di prodotto scalare di due vettori in R
3
quale prodotto delle loro norme (o
moduli) per il coseno dellangolo compreso fra di essi.
La nozione di prodotto scalare pu`o essere estesa allo spazio lineare complesso
C
n
associando ad ogni coppia di vettori di C
n
x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
) e y = (y
1
, y
2
, . . . , y
n
)
il numero complesso
(1.1c)
x[y
_
:=
n
i=1
x
i
y
i
Relativamente a questo prodotto interno sono soddisfatte propriet`a analoghe a
quelle di tipo (s) viste ora nel caso di R
n
, precisamente
(s1)
x[y
_
=
y[x
_
(s2)
x
1
+x
2
[y
_
=
x
1
[y
_
+
x
2
[y
_
(s3)
x[y
_
=
x[y
_
1.2. Spazi con prodotto interno 9
(s4) x[x) 0 per ogni x C
n
(s5) x[x) = 0 sse x = 0
La (s3) permette di introdurre la norma indotta dal prodotto interno
(1.2c) |x| :=
_
x[x) =
_
n
i=1
[x
i
[
2
che e la norma | |
2
denita su C
n
. Anche in questo caso varr`a la propriet`a
(1.3) ma da questa non sar`a pi` u possibile dedurre la (1.4) e quindi non saremo
pi` u in grado di denire langolo compreso fra due vettori.
1.2 Spazi con prodotto interno
Astraendo da queste considerazioni, possiamo introdurre in maniera assiomatica
la denizione generale di spazio con prodotto interno.
Denizione 1.2.1 Si denisce spazio con prodotto interno o spazio unitario
uno spazio lineare complesso o munito di una applicazione o o C che ad
ogni coppia ordinata (x, y) di vettori in o associa un numero complesso, indicato
con x[y) e chiamato prodotto interno di x e y, tale che per ogni x, x
1
, x
2
, y o
e ogni C, sono soddisfatte le condizioni:
(S1) x[y) = y[x) (hermitianit`a)
(S2) x
1
+x
2
[y) = x
1
[y) + x
2
[y) (additivit`a a sinistra)
(S3) x[y) = x[y) (antiomogeneit`a a sinistra)
(S4) x[x) 0 per ogni x C
n
(non negativo)
(S5) x[x) = 0 sse x = 0 (non degenere)
Osservazione 1.2.2 Se S e uno spazio lineare reale, la denizione di
spazio con prodotto interno (reale) e data di conseguenza. In questo caso
tutte le precedenti condizioni rimarranno invariate ad eccezione della (S1)
e della (S3) in cui ovviamente non comparir`a la coniugazione complessa.
In questo caso, la (S1) viene chiamata condizione di simmetria e la (S3)
condizione di omogeneit` a a sinistra.
Teorema 1.2.3 In uno spazio con prodotto interno o sono soddisfatte le seguen-
ti propriet`a:
(i) x[y
1
+y
2
) = x[y
1
) + x[y
2
)
(ii) x[y) = x[y)
(iii) 0[x) = 0 per ogni x S
(iv) x[y) = 0 per ogni x S implica y = 0
(v) [x[y) [
2
x[x) y[y) (diseguaglianza di Schwarz)
10 CAPITOLO 1. Spazi con Prodotto Interno
Nella (v) il segno uguale vale sse x = y con C.
Dimostrazione. (i) Dalla (S1) e (S2), denizione 1.2, si ha
x[y
1
+y
2
) = y
1
+y
2
[x) =
= y
1
[x) + y
2
[x) =
= x[y
1
) + x[y
2
)
(ii) Analogamente dalla (S1) e (S3), denizione 1.2, otteniamo che
x[y) = y[x) = y[x) = x[y)
(iii) Essendo 0[y) = 0x[y) = 0 x[y) = 0 questa propriet`a segue dalla
(S3), denizione 1.2.
(iv) La iv e conseguenza del fatto che fra tutti i possibili x vi e anche x = y e
perci`o y[y) = 0 implica, per la (S5) denizione 1.2, che y = 0.
(v) Poniamo A = x[x) , B = [x[y)[, C = y[y). Il caso B = 0 e banale.
Se B ,= 0 sia =
y[x)
B
allora
x[y) =
y[x) x[y)
[x[y)[
= [x[y)[ = B e [[ = 1
Qualunque sia il numero reale r R, avremo che
x ry[x ry) = x[x) r x[y) r y[x) + r
2
y[y)
Lespressione sulla sinistra, per la (S4) denizione 1.2, e reale non negativa e
perci`o
A2rB + r
2
C 0 per ogni r R
Se C ,= 0, questa disequazione in r sar`a soddisfatta per ogni r R sse B
2
AC 0, ossia sse B
2
AC; altrimenti scritta come
[x[y)[
2
x[x) y[y)
Se C = 0 allora C = y[y) = 0 implica y = 0 da cui
B = [x[y)[ = 0
Se x = y allora
[x[y)[
2
= [y[y)[
2
= [[
2
[y[y)[
2
=
= y[y) y[y) =
= y[y) y[y) = x[x) y[y)
Supponiamo ora che [x[y)[
2
= x[x) y[y) e con x e y entrambi diversi dal
vettore nullo. (Se fosse x = 0 allora [0[y)[
2
= 0[0) y[y) e x = 0y;
analogamente se fosse y = 0). Sotto lipotesi fatta, la condizione
[x[y)[
2
= x[x) y[y)
1.2. Spazi con prodotto interno 11
impone che x[x) ,= 0 e y[y) ,= 0 e perci`o pure x[y) ,= 0. Posto allora
=
y[x)
y[y)
sar` a ,= 0 e perci`o avremo che
x y[x y) = x[x) x[y) x[y) + [[
2
y[y)
ma
[x[y)[
2
y[y)
=
y[x)
y[y)
x[y) = x[y)
[x[y)[
2
y[y)
=
x[y)
y[y)
x[y) = x[y)
[x[y)[
2
y[y)
=
[y[x)[
2
y[y)
2
y[y) = [[
2
y[y)
pertanto la (1.2) assume la forma
x y[x y) = x[x)
[x[y)[
2
y[y)
= 0
e ci`o implica x y = 0 da cui x = y.
Osservazione 1.2.4 Se si applicano un numero nito di volte le con-
dizioni (S1) e (S2) denizione 1.2 e le propriet`a (i) e (ii) del teorema
1.2.3 si ottiene che
_
n
k=1
k
x
k
y
_
=
n
k=1
k
x
k
[y) (1.5)
_
x
h=1
h
y
h
_
=
m
h=1
h
x[y
h
) (1.6)
Teorema 1.2.5 Se o e uno spazio con prodotto interno lapplicazione
S R, x |x| :=
_
x[x)
soddisfa le condizioni
(N1) |x| = 0 sse x = 0
(N2) |x| = [[ |x| (assoluta omogeneit` a)
(N3) |x +y| |x| + |y| (diseguaglianza triangolare)
ossia e una norma su o detta norma indotta dal prodotto interno. Relativa-
mente a questa norma o diviene uno spazio lineare normato in cui vale la
diseguaglianza di Schwarz:
(N4) [x[y)[ |x| |y| .
12 CAPITOLO 1. Spazi con Prodotto Interno
Dimostrazione. La (5), denizione 1.2, implica che |x| = 0 sse x = 0.
Inoltre,
|x|
2
= x[x) = x[x) = [[
2
|x|
2
Rimane da dimostrare la diseguaglianza triangolare. Ma
|x +y|
2
= x +y[x +y) = |x|
2
+ 2Re( x[y) ) + |y|
2
applicando la (v) del teorema 1.2.3 avremo che
Re( x[y) ) [ x[y) [ |x| |y|
per mezzo della quale si ottiene la seguente maggiorazione della (1.2)
|x +y|
2
( |x| + |y| )
2
ovvero |x +y| |x| + |y| .
Inne, la diseguaglianza di Schwarz e la (1.2), teorema 1.2.3, scritta in maniera
diversa.
Osservazione 1.2.6 Ogni spazio con prodotto interno munito della
norma indotta dal prodotto interno risulta essere uno spazio lineare nor-
mato.
Se lo spazio con prodotto interno e reale, sar`a x[y) R per ogni x e y o
e in questo caso la diseguaglianza di Schwarz, altrimenti scritta come
[ x[y) [
|x| |y|
1 per x ,= 0, y ,= 0
assume la forma
1
x[y)
|x| |y|
1 .
Da ci`o segue che esiste un unico [ 0, ], chiamato angolo fra i vettori x e
y, tale che
x[y) = |x| |y| cos .
Proposizione 1.2.7 Se o e uno spazio con prodotto interno non banale, ossia
diverso da 0, per ogni x o si ha
|x| = sup [ x[y) [ : |y| = 1
Dimostrazione. Infatti,
|x| =
_
x
x
|x|
_
sup[ x[y) [ : |y| = 1
sup|x| |y| : |y| = 1 = |x| .
n=1
n
x
n
danno come risultato un vettore che appartiene ancora allo spazio. Per poter
prendere in considerazione combinazioni lineari innite bisogna che lo spazio
lineare sia munito almeno di una norma tramite la quale sia possibile introdurre
la nozione di convergenza di una successione e quindi di convergenza di una
serie.
Precisamente, se x
n
: n N e una successione e s
k
=
k
1
x
n
:
k N e la successione delle somme parziali, deniamo come serie la coppia
(x
n
, s
n
) costituita da una successione in o e dalla corrispondente succes-
sione delle somme parziali. Diremo che la serie in esame e convergente in o sse
esiste in o un elemento, indichiamolo con x, tale che
x = lim
k
s
k
= lim
k
_
k
n=1
x
n
_
14 CAPITOLO 1. Spazi con Prodotto Interno
tale elemento si usa denotare pi` u comunemente con (
n=1
x
n
). Se ci`o non ac-
cade la serie si dir`a divergente. In genere la serie si indicher`a pi` u semplicemente
col simbolo
n=1
x
n
e nel caso in cui questa serie sia convergente si ha che
n=1
x
n
e un ben preciso elemento di o, chiamato somma della serie.
Con questa denizione di convergenza di una serie ha senso chiedersi se sia o
no convergente in o una serie del tipo
n=1
n
x
n
. Se questa serie e convergente
parleremo di combinazione lineare innita dei vettori x
n
: n N. Per le
combinazioni lineari innite valgono le propriet`a:
(1) se
n=1
n
x
n
= x
n=1
n
x
n
= x
n=1
(
n
+
n
)x
n
e una combinazione lineare innita dei vettori x
n
: n N ed e
n=1
(
n
+
n
)x
n
= x
+ x
;
(2) se
n=1
n
x
n
= x e una combinazione lineare innita dei vettori x
n
:
n N e C allora
n=1
(
n
)x
n
e una combinazione lineare innita
dei vettori x
n
: n N e risulta
n=1
(
n
)x
n
= x.
Considerato uno spazio con prodotto interno o e preso un suo sottoinsieme
A o diremo che un punto x o e di aderenza per A sse esiste una successione
a
n
A, contenuta in A, tale che lima
n
= x. Linsieme di tutti i punti di
aderenza di A viene indicato con A e viene chiamato chiusura di A. Ovviamente
A A e se A B allora A B.
Un sottoinsieme K di o si dice chiuso sse K = K. In ogni spazio con
prodotto interno sono insiemi chiusi: i singoletti x qualunque sia x o,
linsieme vuoto e lintero spazio o, la chiusura A di un qualsiasi insieme A.
Un sottoinsieme A di uno spazio con prodotto interno si dir`a denso in o sse
la sua chiusura coincide con o, ossia sse A = o. Lo spazio o si dir`a separabile
sse esiste in o un sottoinsieme al pi` u innito numerabile e denso in o.
Una successione x
n
: n N in o si dir`a di Cauchy o fondamentale sse
per ogni reale > 0, esiste un intero positivo n
0
= n
0
() tale che |x
n
x
m
| <
per ogni n, m > n
0
.
1.3 Spazi di Hilbert
Chiaramente, ogni successione convergente e anche una successione di Cauchy
ma in generale non e vero il viceversa. Diremo che lo spazio o e completo sse
ogni successione di Cauchy costituita da vettori di o e convergente in o.
1.3. Spazi di Hilbert 15
Denizione 1.3.1 Si denisce spazio di Hilbert uno spazio con prodotto inter-
no completo rispetto alla norma indotta dal prodotto interno.
Proposizione 1.3.2 Ogni spazio con prodotto interno nito dimensionale e
completo, ossia e uno spazio di Hilbert.
Dimostrazione. Sia
1
,
2
, . . . ,
n
una base ortonormale di o, ossia una
base tale che
i
[
j
) =
ij
. (Come vedremo in seguito ogni spazio nito di-
mensionale possiede sempre almeno una di tali basi). Sia ora
m
: m N
una successione di Cauchy in o ed esprimiamo il generico vettore di questa
successione quale combinazione lineare dei vettori della base ortonormale in
esame
m
=
n
i=1
(m)
i
i
Essendo
|
m
l
|
2
=
n
i=1
[
(m)
i
(l)
i
[
2
dal fatto che la successione
m
e di Cauchy ne segue che
lim
l,m
[
(m)
i
(l)
i
[ = 0 per ogni i = 1, 2, . . . , n
Pertanto le successioni
(m)
i
sono, per ogni i = 1, 2, . . . , n, successioni di
Cauchy di numeri complessi e quindi, per la completezza di C, esisteranno degli
scalari complessi
i
, per i = 1, 2, . . . , n, tali che
(1.7) lim
m
(m)
i
=
i
Considerato il vettore
=
n
i=1
i
,
che e un elemento di o, dalluguaglianza
|
m
| =
n
i=1
[
i
(m)
i
[
2
tenuto conto della (1.7) segue che lim
m
m
= .
Se V e una variet`a lineare di o, la restrizione a V del prodotto interno
denito su o, ossia il considerare i numeri complessi h[k) al variare dei vettori
h e k in V , e un prodotto interno su V . Pertanto,
ogni variet`a lineare V di uno spazio con prodotto interno o pu`o essere
considerata come un vero e proprio spazio con prodotto interno, una volta
munita della restrizione ad essa del prodotto interno denito su o.
Un sottoinsieme M di uno spazio con prodotto interno o si dice sottospazio
di o sse M e una variet`a lineare (topologicamente) chiusa.
Proposizione 1.3.3 Tutte le variet`a lineari di o di dimensione lineare nita
sono sottospazi.
16 CAPITOLO 1. Spazi con Prodotto Interno
Dimostrazione. Sia M una variet`a lineare nito dimensionale di o e x
0
un
punto della sua aderenza: x
0
M. Esister`a allora una successione x
n
M
tale che limx
n
= x
0
. Ma dal fatto che x
n
e convergente in o, segue che essa
e di Cauchy nello spazio con prodotto interno M, il quale, per la proposizione
2, e completo. Pertanto il limite x
0
della successione x
n
non pu`o che essere
un punto di M : x
0
M. Da ci`o segue che M = M, ossia che M e chiuso.
k=1
k
x
k
e
n
h=1
h
y
h
di vettori dello spazio soddisfano le relazioni (1.5) e (1.6) viste nel paragrafo
1.2. Per`o sappiamo che, in virt` u della norma indotta dal prodotto interno, e
possibile parlare anche di combinazioni lineari innite (numerabili)
k=1
k
x
k
e
h=1
h
y
h
purche le serie siano convergenti in norma. In questo paragrafo vogliamo di-
mostrare che si possono estendere le relazioni (1.5) e (1.6) anche al caso delle
combinazioni lineari innite e in questo risultato consiste la cosiddetta continuit`a
del prodotto interno.
Ricordiamo che se o e uno spazio lineare normato e f : S C un funzionale
da o in C, allora si dice che f e continuo in x
0
sse
(Ci) per ogni numero reale > 0, esiste un numero reale = (, x
0
) tale
che |x x
0
| < implica [f(x) f(x
0
)[ < .
1.4. Continuit`a del prodotto interno. 17
Si dir`a che f e continuo (globalmente) in o sse f e continuo in ogni punto di o.
La condizione di continuit`a (Ci) pu`o essere equivalentemente sostituita dalla
seguente condizione di continuit` a sequenziale:
(Cii) per ogni successione x
n
: n N in o convergente a x
0
la succes-
sione f(x
n
) : n N converge in C a f(x
0
).
Teorema 1.4.1 In uno spazio con prodotto interno o, ssato un punto x o
qualsiasi, il funzionale
D
x
: S C, y D
x
(y) := x[y)
e lineare e continuo. Mentre, ssato un punto y o qualsiasi, il funzionale
L
y
: S C, x L
y
(x) := x[y)
e antilineare e continuo.
Dimostrazione. La linearit`a di D
x
e una banale conseguenza della linearit`a a
destra del prodotto interno e analogamente la antilinearit`a di L
y
e una banale
conseguenza della antilinearit`a a sinistra del prodotto interno. Inoltre, essendo
[D
x
(y) D
x
(y
0
)[ = [D
x
(y y
0
)[ = [ x[y y
0
) [ |x| |y y
0
|
ed essendo x ssato, preso > 0, esiste =
x
|x|
tale che |y y
0
| < implica
[D
x
(y) D
x
(y
0
)[ <
Con lo stesso procedimento si dimostra che L
y
e continuo.
Abbiamo appena ricordato che in uno spazio lineare normato la continuit`a
e equivalente alla continuit`a sequenziale e perci`o i risultati del teorema 1.4.1
possono tradursi nelle proposizioni:
1) se esiste in o il limite della successione y
n
: n N allora per ogni x o
ssato esiste in C il limite della successione x[y
n
) : n N ed e
lim x[y
n
) = x[ lim y
n
) ;
2) se esiste in o il limite della successione x
n
: n N allora per ogni y o
ssato esiste in C il limite della successione x
n
[y) : n N ed e
lim x
n
[y) = limx
n
[y) .
In particolare, se
n
y
n
: n N e una successione in o tale che la cor-
rispondente serie e convergente, posto s
k
=
k
n=1
n
y
n
la somma parziale di
posto k e con
n=1
n
y
n
= lim
k
s
k
la somma della serie, avremo che
lim
k
x[s
k
) =
_
x
lim
k
s
k
_
cioe
lim
k
_
x
n=1
n
y
n
_
=
_
x
n
y
n
_
18 CAPITOLO 1. Spazi con Prodotto Interno
da cui segue
lim
k
k
n=1
n
x[y
n
) =
_
x
n=1
n
y
n
_
ossia abbiamo ottenuto il seguente risultato:
3) se la serie
n=1
n
y
n
e convergente in o, allora per ogni x o ssato la
serie
n=1
n
x[y
n
) e convergente in C e si ha che
_
x
n=1
n
y
n
_
=
n=1
n
x[y
n
) .
Usando lo stesso procedimento si dimostra che
4) se la serie
n=1
n
x
n
e convergente in o, allora per ogni y o ssato la
serie
n=1
n
x
n
[y) e convergente in C e risulta essere
_
n=1
n
x
n
y
_
=
n=1
n
x
n
[y) .
Le propriet`a 4 e 5 ora ottenute sono la naturale generalizzazione della (1.5)
e (1.6) sezione 1.2 e per il fatto che il prodotto interno soddisfa queste propriet`a
si usa dire che esso e continuo.
1.5 Spazi lineari con norma non ottenibile da un
prodotto interno
Negli spazi in cui la norma si ottiene da un prodotto interno, presi due elementi
f e g, vale la seguente legge del parallelogramma:
|f +g|
2
+ |f g|
2
= 2|f|
2
+ 2|g|
2
Dimostrazione.
|f +g|
2
+ |f g|
2
= f +g[f +g) + f g[f g) =
= f[f) + f[g) + g[f) + g[g) +
+ f[f) f[g) g[f) + g[g) =
= 2|f|
2
+ 2|g|
2
.
In R
2
questo teorema ha una rappresentazione graca corrispondente alla
seguente propriet`a:
la somma dei quadrati delle diagonali di un parallelogramma e uguale alla
somma del doppio dei quadrati dei lati.
1.6. Ortogonalit`a e ordine parziale di sottospazi 19
Per quanto visto ora ogni spazio con prodotto interno e uno spazio lineare
normato, ma esistono norme che non sono ottenibili da un prodotto interno.
Infatti nel seguente esempio considereremo una denizione di norma in uno
spazio lineare c, e mostreremo che, presi due particolari elementi di c, non e
valida la legge del parallelogramma. Ci`o signicher`a che la norma cos` denita
non e ottenibile da un prodotto interno.
Esempio 1.5.1 Sia ([(0, 2), K] lo spazio funzionale su cui sono denite la usuale
somma di funzioni e il prodotto di una funzione per uno scalare. Consideriamo la
norma uniforme:
||
= |f g|
= |f|
= |g|
= 1
2 = (|f +g|
2
+ |f g|
2
) ,= (2|f|
2
+ 2|g|
2
) = 4
si intender`a
20 CAPITOLO 1. Spazi con Prodotto Interno
linsieme di tutti gli elementi di o ortogonali allintero A, questo insieme viene
chiamato annichilatore di A; pertanto
A
= S e S
= | 0 .
Osservazione 1.6.3 Nel caso di uno spazio con prodotto interno reale,
poiche per ogni coppia di vettori x, y esiste un unico angolo [0, ]
(langolo compreso fra x e y) tale che
x[y) = |x| |y| cos ,
la condizione di ortogonalit`a x y sse x[y) = 0 e equivalente alla
usuale condizione che langolo compreso fra i due vettori e /2.
Non e dicile vericare che in uno spazio con prodotto interno le seguenti
proposizioni sono fra loro equivalenti
x[y) = 0 (og-i)
|x| |x +y| per ogni C (og-ii)
|x +y|
2
= |x|
2
+ |y|
2
(teorema di Pitagora) (og-iii)
|x +y| = |x y| . (og-iv)
Proposizione 1.6.4 La relazione binaria di ortogonalit`a soddisfa le seguenti
propriet`a:
(i) x y implica y x
(ii) x x sse x = 0
(iii) 0 x per ogni x o
(iv) x y implica x (y) per ogni C
(v) x y e x z implicano x (y +z)
(vi) sia y
n
una successione in o convergente a y o e tale che x
y
n
per ogni n, allora x y.
(vii) per ogni x, y o con x ,= 0 esiste un unico a tale che x
(ax +y).
Dimostrazione. Le prime cinque propriet`a sono banali mentre per la (vi) si
osservi che se lim y
n
= y con x[y
n
) = 0 per ogni n, allora
x[y) = x[ limy
n
) = lim x[y
n
) = 0
Per la (vii) si tratta semplicemente di risolvere lequazione di primo grado in a,
0 = x[ax +y) = |x|
2
a + x[y)
la quale d`a
a =
x[y)
|x|
2
.
= (/
`e un sottospazio.
Dimostrazione. La propriet`a (iii), (iv) e (v) della proposizione precedente
dimostrano che A
.
1.6.1 Insiemi parzialmente ordinati di sottospazi
La famiglia T(o) di tutti i possibili sottoinsiemi di o `e un insieme parzialmente
ordinato rispetto alla usuale inclusione insiemistica, la quale soddisfa le ovvie
propriet`a:
A A per ogni A T(o) (riflessiva) (or-1)
A B e B A implicano A = B (antisimmetrica) (or-2)
A B e B C implicano A C (transitiva) (or-3)
Lordine `e parziale perche pu`o accadere che per due generici sottoinsiemi A e
B non sia ne A B ne B A. In questo caso A e B si dicono inconfrontabili
o non comparabili.
Se A
j
: j J `e una collezione di sottoinsiemi di o, un sottoinsieme M di
o si dice maggiorante sse A
j
M per ogni j J. Un sottoinsieme M
0
di o si
dice estremo superiore della collezione sse M
0
`e un maggiorante ed `e contenuto
in tutti i maggioranti di A
j
: j J . Lestremo superiore di A
j
: j J
viene indicato con
A
j
: j J
Esso esiste, `e unico e coincide con lunione insiemistica della collezione A
j
:
j J ; cio`e
(1.9a) A
j
: j J = A
j
: j J
Si possono introdurre in maniera duale le nozioni di minorante e di estremo
inferiore o massimo dei minoranti A
j
: j J . In questo caso avremo
(1.9b) A
j
: j J = A
j
: j J
Un insieme parzialmente ordinato per cui esistono lestremo superiore e lestremo
inferiore di ogni collezione di elementi scelti in esso viene detto reticolo completo.
Se indichiamo con (o) la famiglia di tutti i sottospazi di o, si ha che (o)
`e ancora un insieme parzialmente ordinato rispetto allinclusione insiemistica.
Chiaramente se o
j
: j J `e una qualsiasi famiglia di sottospazi di o,
lintersezione insiemistica o
j
: j J `e ancora un sottospazio di o. Da
ci`o segue che esiste in (o) lestremo superiore della famiglia o
j
: j J ,
ossia un sottospazio di o che contiene tutti gli o
j
e che `e contenuto in tutti i
sottospazi contenenti gli o
j
. Precisamente sar`a
(1.10a) o
j
: j J = M (o) : o
j
M per ogni j J
22 CAPITOLO 1. Spazi con Prodotto Interno
mentre risulta banalmente che
(1.10b) o
j
: j J = o
j
: j J
Pertanto anche (o) `e un reticolo completo in cui lestremo inferiore coincide
con la intersezione insiemistica, ma in cui lestremo superiore non coincide con
lunione insiemistica. Per esempio, nel caso di R
2
presentato in gura 1.1
S1
S2
y
x
Figura 1.1: Due sottospazi 1-dimensionali in R
2
avremo che
o
1
o
2
= o
1
o
2
= 0
o
1
o
2
= R
2
,= o
1
o
2
Una caratterizzazione dellestremo superiore `e fornita dalla seguente
Proposizione 1.6.6 Se o
j
: j J `e una famiglia di sottospazi di o sar`a
j
o
j
: j J = Sp( o
j
: j J )
Dimostrazione. Se M `e un maggiorante di o
j
: j J avremo che o
j
M
per ogni j J da cui o
j
M e quindi
Sp(o
j
) M
concludendo che Sp(o
j
) M. Dallovvia propriet`a che o
j
Sp(o
j
) per
ogni j J otteniamo la tesi.
Da quanto visto sino ad ora possiamo introdurre lapplicazione
(1.11)
: T(o) (o), A A
dellannichilatore A
:
A
:= (A
(oc-1)
A B implica B
(oc-2)
A A
= 0 (oc-3)
1.6. Ortogonalit`a e ordine parziale di sottospazi 23
Dimostrazione. Sia a A allora preso un generico y A
avremo in
particolare che a y, da cui a A
. Pertanto a A implica a A
.
Sia A B e x B
implica x A
.
Se a A A
= A
sar`a
A
(A
= (A
(dog-2)
B A
(dog-3)
Analogamente ((o), , 0 , o,
) `e un reticolo completo debolmente or-
tocomplementato avente come elemento minimo il sottospazio banale 0 e
come elemento massimo il sottospazio banale o.
1.6.2 Ortospazi
In questa sezione studieremo una particolare famiglia di sottospazi, gli ortospazi,
caratterizzata da interessanti propriet`a rispetto alla relazione dordine parziale
di inclusione insiemistica.
Proposizione 1.6.9 Siano M
1
e M
2
due variet`a lineari di o tali che M
1
M
2
= 0 . Allora posto
M
1
+ M
2
:= x
1
+ x
2
: x
1
M
1
, x
2
M
2
1
e V
1
= V
2
(i)
V
1
= V
1
e V
2
= V
2
(ii)
V
1
e V
2
sono due sottospazi di o (iii)
o = V
1
V
1
= V
2
V
2
(iv)
Dimostrazione. Dallipotesi V
1
V
2
segue che V
2
V
1
. Sia ora z V
1
o, dallipotesi o = V
1
V
2
risulta z = z
1
+ z
2
con x
1
V
1
e x
2
V
2
; allora
si ha
0 = z[x
1
) = x
1
+ x
2
[x
1
) = [x
1
[
2
e perci`o x
1
= 0. Da ci`o si deduce z = x
2
V
2
. Pertanto V
1
V
2
. Ossia
V
2
= V
1
. In maniera analoga si ricava V
1
= V
2
.
Dalla prima di queste due segue che V
2
= V
1
la quale, per la seconda,
conduce al risultato V
2
= V
2
. Analogamente si dimostra che V
1
= V
1
.
Inne, da questi ultimi risultati applicando il corollario 1.6.5, si otterr`a che V
1
e V
2
sono sottospazi di o.
La (ii) segue banalmente dellipotesi V
1
V
2
= o e dalla (i).
Osservazione 1.6.11 Da quanto visto sino ad ora potremo concludere
che se M `e un generico sottospazio di S, avremo che M M
da cui
possiamo al pi` u dedurre che M M
= S.
Potremo allora isolare quei particolari sottospazi M di o per cui MM
=
o e chiamarli sottospazi ortogonali o ortospazi.
Denizione 1.6.12 Un sottospazio M di o si dir`a ortogonale sse
o = M M
= o
Per essi valgono le propriet`a
1.6. Ortogonalit`a e ordine parziale di sottospazi 25
a) Se M `e un sottospazio ortogonale, dalla (ii) proposizione 1.6.10 segue imme-
diatamente che M = M
.
b) Se M `e un sottospazio ortogonale allora M
= M
= o.
Verichiamo ora che la classe dei sottospazi ortogonali `e non vuota in quanto
tutti i sottospazi di dimensione nita sono ortogonali.
Proposizione 1.6.13 Se M `e un sottospazio nito dimensionale di o allora
M M
= o
Dimostrazione. Considerata una base ortogonale u
1
, u
2
, . . . , u
k
in M sia
x un generico vettore di o. Posto
y =
k
i=1
u
i
[x) u
i
e z = x y
avremo che per ogni j = 1, 2, . . . , k
u
j
[z) =
_
u
j
x
k
1
u
i
[x) u
i
_
=
= u
j
[x)
k
1
u
j
[x) u
j
[u
i
) = 0
e perci`o z M. Quindi, per ogni x o esistono y M e z M
tali
che x = y +z.
Proposizione 1.6.14 Se M
1
ed M
2
sono sottospazi completi di o e M
1
M
2
,
allora la variet`a lineare M
1
M
2
`e completa.
Dimostrazione. Sia x
n
una successione di Cauchy in M
1
M
2
: poniamo
x
n
= x
t
n
+ x
tt
n
con x
t
n
M
1
e x
tt
n
M
2
. Dal teorema di Pitagora avremo che
|x
t
n
x
t
m
|
2
+
_
_
_x
n
x
m
_
_
_
2
=
_
_
_(x
t
m
x
t
n
) + (x
m
x
n
)
_
_
_
2
=
=
_
_
_(x
t
m
+ x
m
) (x
t
n
+ x
m
)
_
_
_
2
=
= |x
m
x
n
|
2
n,m
0
Da ci`o segue che x
t
n
`e una successione di Cauchy in M
1
e x
n
`e una
successione di Cauchy in M
2
. Poiche M
1
e M
2
sono completi avremo che x
t
n
x
t
M
1
e x
n
x
M
2
e quindi
lim x
n
= lim x
t
n
+ lim x
n
= x
t
+ x
M
1
M
2
Corollario 1.6.15 Se M
1
e M
2
sono due sottospazi di uno spazio di Hilbert H
con M
1
M
2
allora M
1
M
2
`e un sottospazio di H.
Dimostrazione. Se M
1
e M
2
sono sottospazi allora essi sono in particolare dei
chiusi di uno spazio completo H e quindi sono pure completi. Ma per il teorema
precedente ci`o implica che M
1
M
2
`e un chiuso di detto spazio.
Capitolo 2
Esempi di Spazi con
prodotto interno
2.1 Introduzione
In questo capitolo tratteremo diusamente alcuni dei pi` u notevoli esempi di
spazio con prodotto interno. Gli spazi trattati hanno tutti la importante carat-
teristica di essere intensamente usati nelle applicazioni pratiche.
2.2 Esempi di spazi con prodotto interno
Esempio 2.2.1 Lo spazio lineare C
n
e uno spazio di Hilbert complesso e separabile
relativamente al prodotto interno denito per ogni coppia di vettori appartenenti a C
n
x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
) e y = (y
1
, y
2
, . . . , y
n
)
dalla legge:
x[y
_
:=
n
i=1
x
i
y
i
.
La norma indotta dal prodotto interno e in questo caso
|x| =
_
n
i=1
|x
i
|
2
.
n=1
|x
n
|
2
e una serie convergente, e
uno spazio lineare complesso rispetto alle operazioni di addizione e di moltiplicazione
esterna su K dente nel seguente modo: Se K,
28 CAPITOLO 2. Esempi
x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
, . . . ) e y = (y
1
, y
2
, . . . , y
n
, . . . ) l
2
(N, K) allora
x + y : = (x
1
+ y
1
, x
2
+ y
2
, . . . , x
n
+ y
n
, . . . )
x : = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
, . . . ) .
Questo spazio lineare diventa uno spazio di Hilbert complesso e separabile rispetto al
prodotto interno denito, per ogni coppia di vettori appartenenti a l
2
, dalla legge:
x[y
_
:=
n=1
x
n
y
n
.
La norma indotta da questo prodotto interno e espressa da
|x| =
n=1
|x
n
|
2
.
La verica che le denizioni ora date sono ben poste segue dal seguente Lemma.
Lemma 2.2.3 Se x, y K sono due qualsiasi numeri complessi (o reali) allora
valgono le diseguaglianze:
[x[ [y[
1
2
([x[
2
+[y[
2
) (2.1)
[x +y[
2
2 | x|
2
+ 2 | y |
2
(2.2)
Dimostrazione. Dalla ovvia maggiorazione 0 ([x[ [y[)
2
segue che 0
[x[
2
+[y[
2
2[x[ [y[, i.e., 2([x[ [y[) [x[
2
+[y[
2
.
Daltra parte, da
[x +y[
2
= (x +y) (x +y)
= xx +yy +xy +yx
= [x[
2
+[y[
2
+ 2Re(x y)
[x[
2
+[y[
2
+ 2[x y[
Tenuto conto del risultato appena ottenuto possiamo porre la ulteriore maggio-
razione [x + y[
2
[x[
2
+ [y[
2
+ ([x[
2
+ [y[
2
), ovvero [x + y[
2
2([x[
2
+ [y[
2
) .
n=1
|x
n
y
n
|
1
2
_
k
n=1
|x
n
|
2
+
k
n=1
|y
n
|
2
_
da cui si ottiene che la serie di numeri reali non negativi
(2.3) r
k
=
k
n=1
|x
n
y
n
|
2.2. Esempi di spazi con prodotto interno 29
e convergente, e quindi di Cauchy, in R
+
. Considerata la successione di numeri
complessi
(2.4)
k
=
k
n=1
x
n
y
n
avremo che per h < k
[
k
h
[ = [x
h+1
y
h+1
+. . . +x
k
y
k
[
[x
h+1
y
h+1
[ +. . . +[x
k
y
k
[
=
k
n=1
[x
n
y
n
[
h
n=1
[x
n
y
n
[
= r
k
r
h
Dal fatto che la (2.3) `e una successione di Cauchy in R
+
e da questa maggio-
razione segue che anche la (2.4) `e di Cauchy in C, ed essendo C completo, che
la (2.4) `e convergente in C:
n=1
x
n
y
n
C :
n=1
x
n
y
n
= lim
k
k
n=1
x
n
y
n
Esempio 2.2.4 Lo spazio d
2
(N, C)
Indicato con d
2
(N, C) o, pi` u brevemente, con d
2
linsieme di tutte le successioni di
numeri complessi x = (x
n
) denitivamente nulle, ossia tali che gli elementi non nulli
sono in numero nito, si verica immediatamente che d
2
e una variet` a lineare di l
2
,
densa in questo spazio di Hilbert, che a sua volta si pu`o considerare come uno spazio
con prodotto interno
x[y
_
=
x
n
y
n
.
Esempio 2.2.5 Lo spazio s
2
(N, C).
Con s
2
(N, C) o, pi` u semplicemente, con s
2
intenderemo linsieme di tutte le successioni
di numeri complessi x = (x
n
) a rapida decrescita, ossia tali che per un qualsiasi intero
non negativo r le serie di numeri reali
(n + 1)
r
|x
n
|
2
sono convergenti:
s
2
(N, C) := | ( x
n
) :
(n + 1)
r
|x
n
|
2
< + per ogni r N
+
.
Lo spazio s
2
, munito delle usuali operazioni fra successioni, e una variet`a lineare di l
2
,
come si deduce dalle ovvie relazioni
(n + 1)
r
|c
n
+c
n
|
2
2
_
(n + 1)
r
|c
n
|
2
+
(n + 1)
r
|c
n
|
2
_
;
(n + 1)
r
|c
n
|
2
= ||
2
(n + 1)
r
|c
n
|
2
.
Lo spazio s
2
e uno spazio con prodotto interno
x[y
_
=
x
n
y
n
contenente a sua
volta lo spazio d
2
. Da questultimo risultato segue che pure s
2
e una variet` a lineare
densa in l
2
.
30 CAPITOLO 2. Esempi
Possiamo ora dare un esempio concreto di uno spazio di Hilbert non sepa-
rabile modicando leggermente la denizione dello spazio di Hilbert l
2
(N, C).
Ricordiamo che una successione (x
n
) in l
2
(N, C) pu`o anche essere denotata con
il simbolo di funzione x : N C. Fatta questa osservazione possiamo analizzare
il seguente:
Esempio 2.2.6 Sia l
2
(R, C) linsieme delle funzioni : R C soddisfacenti le due
condizioni:
i) la funzione assume il valore zero per tutti i punti R ad eccezione di un insieme
di punti al pi` u numerabile;
ii) la somma dei quadrati dei valori assoluti della funzione in questi punti e nita.
Entrambe queste due propriet`a possono essere formalmente espresse in maniera pi` u
breve ponendo:
xR
|(x)|
2
< +.
In quanto segue indicheremo pi` u semplicemente con l
2
(R) lo spazio l
2
(R, C).
Le usuali operazioni di somma di funzioni in l
2
(R) e di prodotto di uno scalare
per una funzione in l
2
(R) danno ancora funzioni appartenenti a l
2
(R) e perci`o l
2
(R)
risulta essere uno spazio lineare complesso. Inoltre gli stessi ragionamenti fatti nel
caso dellesempio 2.2.2 conducono al risultato che la denizione
[) :=
xR
(x) (x)
per ogni l
2
(R) e ogni l
2
(R) e ben posta; in pi` u essa denisce un prodotto
interno su l
2
(R) rispetto al quale l
2
(R) diviene uno spazio di Hilbert. La norma indotta
dal prodotto interno sar`a:
|| =
xR
|(x)|
2
.
Consideriamo, per ogni R ssato, la funzione
e
: R C
denita dalla legge
e
(x) :=
_
1 per x =
0 per x ,=
sar`a allora e
l
2
(R). Introdotte le sfere s
di centro e
e raggio 1/
2 verichiamo
che per ,= sar`a s
= . Infatti se s
allora
|e
| |e
| + | e
| < 1/
2 + 1/
2 = 2
mentre
|e
| =
xR
|e
(x) e
(x) |
2
=
2
in contrasto collipotesi ora assunta.
Sia ora A un sottoinsieme di l
2
(R) ovunque denso in l
2
(R). Allora ogni sfera s
per R, ossia
A conterr` a almeno tanti punti quanti sono i punti di R. Pertanto, ogni insieme denso
in l
2
(R) ha almeno la cardinalit`a del continuo e perci`o l
2
(R) non e separabile.
2.2. Esempi di spazi con prodotto interno 31
Osservazione 2.2.7 Se J e un insieme totalmente ordinato di indici,
potremo considerare lo spazio di Hilbert l
2
(J, C) denito, in analogia col-
lesempio 2.2.6, come lo spazio delle funzioni : J C, nulle su tutto
J ad eccezione di al pi` u una innit`a numerabile di punti e a quadrato
sommabile.
Abbiamo cosi visto un esempio di uno spazio con prodotto interno completo
e non separabile. Daremo ora un esempio di uno spazio con prodotto interno
separabile e non completo.
Esempio 2.2.8 Si consideri lo spazio lineare complesso (([a, b], C), scritto pi` u sem-
plicemente (([a, b]), delle funzioni denite sul compatto [a, b] e a valori in C. Se
: [a, b] C indicheremo con
u : [a, b] R e v : [a, b] R
rispettivamente le funzioni parte reale e parte immaginaria di . Le funzioni u e v
appartengono a (([a, b] ; R) e perci`o sono integrabili secondo Riemann. In questo caso
risulta essere = u + iv e si denisce
_
b
a
(x) dx :=
__
b
a
u(x) dx
_
+ i
__
b
a
v(x) dx
_
Chiaramente questo integrale soddisfa le seguenti propriet`a:
_
b
a
[ (x) + (x) ] dx =
_
b
a
(x) dx +
_
b
a
(x) dx (2.5)
_
b
a
(x) dx =
_
b
a
(x) dx (2.6)
_
b
a
(x) dx =
__
b
a
(x) dx
_
. (2.7)
Inoltre se e (( [a, b] ) allora pure e sono elementi di (( [a, b] ) e
perci`o integrabili secondo Riemann. Da tutto ci`o segue che la seguente denizione e
ben posta
[) :=
_
b
a
(x) (x) dx
e che essa ha le propriet`a di un prodotto interno. La norma indotta dal prodotto
interno
|| =
_
b
a
|(x)|
2
dx
e la norma della convergenza in media quadratica. In (([a, b] ) la diseguaglianza di
Schwarz assume la forma
_
_
_
_
_
b
a
(x) (x) dx
_
_
_
_
_
b
a
|(x)|
2
dx
_
b
a
|(x)|
2
dx .
Lo spazio (([a, b]) non e completo: baster`a considerare il caso di (([1, 1]) in cui la
successione |
n
: n N denita dalla legge
n
(x) :=
_
_
1 per 1 x 1/n
nx per 1/n x 1/n
1 per 1/n x 1
32 CAPITOLO 2. Esempi
e di Cauchy ma non e convergente in (([1, 1]). Anzi essa converge in media
quadratica ad una funzione che non appartiene allo spazio (([1, 1]), precisamente
alla funzione discontinua
f(x) :=
_
1 per x [1, 0)
1 per x [0, 1]
La famiglia 1([a, b]) dei polinomi deniti su [a, b] e a coecienti complessi e densa in
(([a, b]) secondo la norma indotta dal prodotto interno, ossia secondo la convergenza
in media quadratica:
1([a, b])
2
= (([a, b]) .
(([a, b]) e separabile in quanto ogni elemento di (([a, b]) e approssimabile bene quanto
si vuole secondo la norma da polinomi complessi in [a, b]. Ma ogni polinomio complesso
pu`o essere approssimato in norma bene quanto si vuole da polinomi complessi i cui
coecienti hanno parte reale e parte immaginaria razionale. Pertanto, indicato con
1
r
([a, b]) la famiglia dei polinomi di questultimo tipo, avremo che ogni elemento di
(([a, b]) e approssimabile bene quanto si vuole tramite elementi di 1
r
([a, b]) ossia
1
r
( [a, b] )
2
= (( [a, b] )
Poiche 1
r
( [a, b] ) contiene una innit`a numerabile di elementi, ne segue che (( [a, b] )
e separabile.
Esempio 2.2.9 Se indichiamo con c(I) uno degli spazi lineari delle funzioni prova
T(I) oppure S(I), non e dicile vericare, con considerazioni analoghe a quelle fatte
nellesempio 2.2.6, che c(I) e uno spazio con prodotto interno
[) :=
_
I
(x) (x) dx.
A questo prodotto interno e associata la norma
|| =
_
I
|(x)|
2
dx .
Ciascun c(I), in quanto spazio con prodotto interno, non e completo ma e separabile
perche contiene la famiglia dei polinomi deniti su I a valori complessi.
Esempio 2.2.10 Considerato ora lo spazio lineare
L
2
(I) = |f : I C[ misurabili,
_
I
[f[
2
<
(delle funzioni misurabili secondo Lebesgue su I e di quadrato sommabili), esso pu`o
essere munito del prodotto interno
f[g) :=
_
I
fg
dal quale si ottiene la norma
|f| =
_
I
|f|
2
.
2.2. Esempi di spazi con prodotto interno 33
Rispetto a questa norma L
2
(I) `e completo e quindi `e uno spazio di Hilbert. Ricordiamo
che gli elementi di L
2
(I) non sono singole funzioni ma classi di equivalenza di funzioni
mutuamente uguali q.d. (ossia, una classe di equivalenza e costituita da funzioni
f, g : I C misurabili e di quadrato sommabili tali che linsieme dei punti di I |x
I : f(x) ,= g(x) e contenuto in un insieme di misura nulla. Inne, se si caratterizza
ciascuna classe di equivalenza di L
2
(I) tramite opportuni elementi rappresentativi,
valgono le inclusioni
T(I) S(I) L
2
(I)
con T(I) e S(I) entrambi densi in L
2
(I):
T(I) = S(I) = L
2
(I)
Esempio 2.2.11 Prima di procedere nella presentazione del successivo esempio fac-
ciamo osservare che C e uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto interno, con
corrispondente norma espressi dalle
x[y)
C
= xy e |x|
C
=
_
x[x)
C
= [x[ .
Sotto queste condizioni, lo spazio di Hilbert
C
n
= |x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
) : x
i
C
ha il prodotto interno che si scrive nella forma
(2.8)
x[y
_
=
n
i=1
x
i
[y
i
)
C
.
e quindi la norma indotta nella forma
(2.9) |x| =
_
n
i=1
|x
i
|
C
Considerata adesso una n-upla di spazi con prodotto interno, |S
1
, . . . , S
n
, non
necessariamente uguali fra di loro ma tutti sul medesimo corpo K, si costruisca
linsieme
n
i=1
S
i
:= | x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
) : x
i
S
i
x[y
_
:=
n
i=1
x
i
[y
i
)
S
i
.
la cui norma indotta e
(2.11) |x| =
_
n
i=1
|x
i
|
S
i
34 CAPITOLO 2. Esempi
Lo spazio con prodotto interno cosi costruito
n
i=1
S
i
si chiama spazio somma diretta nita degli spazi S
i
; nel caso in cui tali spazi siano
tutti uguali fra di loro, S
i
= S, indicheremo la somma diretta nita n-volte di S col
simbolo
n
S oppure S
n
.
Colle stesse tecniche usate per dimostrare la completezza di C
n
si pu`o dimostrare
che nel caso in cui tutti gli spazi in questione siano di Hilbert, S
i
= 1
i
, allora anche
la somma diretta nita
n
i=1
1
i
e uno spazio di Hilbert. Ovviamente
C
n
=
n
C.
Il caso particolare dello spazio somma diretta nita n-volte dello spazio di Hilbert
L
2
(R
k
, C)
n
L
2
(R
k
, C)
consiste nei vettori del tipo
f = (f
1
, f
2
, . . . , f
n
)
con le funzioni f
i
: R
k
C (per i = 1, 2, . . . , n) soddisfacenti la condizione:
(2.12) f
i
L
2
(R
k
, C) .
Questo spazio e uno spazio lineare complesso rispetto alle operazioni di addizione e di
moltiplicazione per scalari complessi denite dalle formule:
(f
1
(x), . . . , f
n
(x)) + (g
1
(x), . . . , g
n
(x)) :=
= (((f
1
) + (g
1
))(x), . . . , ((f
n
) + (g
n
))(x))
(f
1
(x), . . . , f
n
(x)) := ((f
1
)(x), . . . , (f
n
)(x)) .
Mentre il prodotto interno e dato da
(2.13)
f[g
_
=
n
i=1
_
R
k
f
i
g
i
con associata la norma indotta
(2.14) |f| =
_
n
i=1
_
R
k
|f
i
|
2
.
Nel caso in cui k = 3, questi spazi di Hilbert vengono usati in Meccanica Quantis-
tica per descrivere le particelle dotate di spin s. Precisamente:
Il caso n = 2 descrive particelle di spin s = 1/2; in questo caso ogni f possiede
due componenti che vengono indicate con
f(x) = (f
1/2
(x), f
1/2
(x) )
2.2. Esempi di spazi con prodotto interno 35
Il caso n = 3 descrive particelle di spin s = 1 e ogni f consiste di tre componenti
indicate con
f(x) = (f
1
(x), f
0
(x), f
1
(x) ) .
Il caso n = 4 descrive particelle di spin s = 3/2 e ogni f consiste di quattro
componenti indicate con
f(x) = ( f
3/2
(x), f
1/2
(x), f
1/2
(x), f
3/2
(x) ) .
Il caso n = 5 descrive particelle di spin s = 2 e ogni f consiste di cinque
componenti
f(x) = ( f
2
(x), f
1
(x), f
0
(x), f
1
(x), f
2
(x) ) ;
e cosi via.
Esempio 2.2.12 Vogliamo dare alcune interessanti generalizzazioni dello spazio di
Hilbert l
2
(N, C). In primo luogo ricordiamo che, come abbiamo visto nel precedente
esempio, C e uno spazio di Hilbert il cui prodotto interno e la cui norma sono espresse
rispettivamente da:
x[y)
C
= xy e |x|
C
= |x| .
Pertanto potremo porre
l
2
(N, C) :=
_
x : N C[
n=1
. |x
n
|
2
C
< +
_
e indicare il prodotto interno di l
2
(N, C) sotto la forma
(2.15)
x[y
_
=
n=1
x
n
[y
n
)
C
e la norma indotta sotto la forma
(2.16) |x| =
n=1
|x
n
|
2
C
.
Fatte queste premesse, si consideri uno spazio con prodotto interno qualsiasi S, il
cui prodotto interno e la cui norma siano indicate rispettivamente con
x[y)
S
e |x|
S
=
_
x[x)
S
.
Possiamo introdurre linsieme
l
2
(N, S) :=
_
x : N S[
n=1
. |x
n
|
2
S
< +
_
delle successioni a valori in S e a quadrato sommabili e, con le stesse tecniche usate
nel caso dello spazio l
2
(N, C), si pu`o vericare che esso e uno spazio lineare, rispetto
alle ovvie operazioni, su cui si pu`o denire il prodotto interno
(2.17)
x[y
_
=
n=1
x
n
[y
n
)
S
dal quale si ricava la norma
(2.18) |x| =
n=1
|x
n
|
2
S
.
36 CAPITOLO 2. Esempi
Inoltre se S e uno spazio di Hilbert (S = 1) la stessa dimostrazione usata nel caso di
l
2
(N, C) permette di vericare che l
2
(N, 1) e completo, ossia e uno spazio di Hilbert.
Una ulteriore generalizzazione di questo procedimento che, per ci`o che riguarda le
dimostrazioni, non si discosta da quanto visto nel caso l
2
(N, C) e la seguente. Si con-
sideri una successione |S
n
: n N di spazi con prodotto interno e con corrispondente
norma espressi rispettivamente da
x[y)
S
n
e |x|
S
n
=
_
x[x)
S
n
.
Si denisce somma diretta degli spazi S
n
, indicata con il simbolo
S
n
, linsieme
S
n
:=
_
| x
n
: n N, x
n
S
n
:
|x
n
|
2
S
n
< +
_
munito delle ovvie operazioni di somma e di prodotto per uno scalare
| x
n
+ | y
n
:= | x
n
+y
n
| x
n
:= | x
n
.
Rispetto a queste operazioni
S
n
e uno spazio lineare che diviene uno spazio con
prodotto interno
(1) |x
n
[ |y
n
) :=
x
n
[y
n
)
S
n
da cui si ricava la norma
(2) ||x
n
| =
_
|x
n
|
2
S
n
.
Ovviamente se tutti gli spazi S
n
sono di Hilbert (S
n
= 1
n
) la loro somma diretta
1
n
e pure uno spazio di Hilbert. Si osservi che l
2
(N, S) =
S
n
con ogni
S
n
= S.
Esempio 2.2.13 In questo esempio vogliamo analizzare una interessante analogia.
Prima per`o di introdurre questo esempio dobbiamo premettere alcune considerazioni.
In questo esempio indicheremo con [0, k]
N
la totalit`a dei numeri interi compresi fra
0 e k e con [0, ]
N
linsieme di tutti gli interi non negativi.
Il generico elemento dello spazio di Hilbert C
k+1
sar`a perci`o identicabile con una
funzione
x : [0, k]
N
C, n x(n); (a)
il prodotto interno su C
k+1
sar` a esprimibile come
x[y) =
k
n=0
x(n) y(n) (1a)
la norma ottenuta da questo prodotto interno come
|x| =
_
k
n=0
|x(n)|
2
. (2a)
Nel caso dello spazio di Hilbert C
k+1
, la (1a) o la (2a) non pongono alcun
problema di convergenza. Ci`o non accade nel caso dello spazio di Hilbert l
2
i cui
elementi possono essere considerati come funzioni
(b) x : [0, ]
N
C, n x(n)
tali da soddisfare le condizioni:
2.2. Esempi di spazi con prodotto interno 37
(ib) per ogni k N esistono le somme
k
n=0
|x(n)|
2
;
(iib) esiste lim
k
k
n=0
|x(n)|
2
< +.
In questo caso si pone per denizione
n=0
[x(n)[
2
= lim
k
k
n=0
[x(n)[
2
.
Sotto queste condizioni, sono ben poste la denizione di prodotto interno
x[y) =
n=0
x(n) y(n) (1b)
e la conseguente nozione di norma
|x| =
n=0
|x(n)|
2
. (2b)
In un certo qual modo lo spazio (([0, b]) pu`o essere messo in analogia con C
k+1
nel senso che il generico elemento di tale spazio e una funzione continua
: [0, b] C, x (x) . (a)
Il prodotto interno su (([0, b]) e denito da
[) :=
_
b
0
(x)(x) dx (1a)
cui e associata la norma indotta
|| =
_
b
0
|(x)|
2
dx . (2a)
Le analogie con le corrispondenti relazioni (a), (1a) e (2a) viste nel caso dello spazio
C
k+1
sono evidenti. Si tratta di sostituire formalmente al parametro discreto n il
parametro continuo x e al simbolo di
quello di
_
dx.
Vediamo ora come si possa introdurre lanalogo di l
2
. A questo proposito ricor-
diamo che una funzione continua
: [0, ] C, x (x) (b)
si dice impropriamente a quadrato integrabile secondo Riemann sse soddisfa le con-
dizioni:
(i-b) per ogni b [0, ] esistono gli integrali (secondo Riemann)
_
b
0
|(x)|
2
dx;
(ii-b) esiste lim
b
_
b
0
|(x)|
2
dx.
In questo caso si usa porre per denizione
_
0
|(x)|
2
dx = lim
b
_
b
0
|(x)|
2
dx.
Indicato con L
2
(([0, ]) linsieme delle funzioni continue a quadrato integrabile su
[0, ] si verica facilmente che, rispetto alle usuali operazioni fra funzioni, L
2
(([0, ])
e uno spazio lineare complesso su cui e denibile il prodotto interno
38 CAPITOLO 2. Esempi
[) :=
_
0
(x) (x) dx (1-b)
con associata la norma indotta
|| =
_
0
|(x)|
2
dx . (2-b)
Abbiamo cos` visto che L
2
(([0, ]) possiede propriet`a (b), (2.2.13), (2.2.13),
(1-b), e (2-b), analoghe alle corrispondenti propriet`a (b), (2.2.13), (2.2.13), (1b)
e (2b) di l
2
. Si pu`o passare formalmente da un caso allaltro sostituendo i parametri
discreti n con quelli continui x e le
con gli
_
dx.
Bisogna per`o osservare che mentre C
k+1
e l
2
sono completi in norma, gli spazi
(([0, b]) e L
2
(([0, ]) non sono completi.
In analogia con L
2
(([0, ]) si pu`o introdurre lo spazio L
2
(([, 0]) e denire
_
0
|(x)|
2
dx = lim
b
_
0
b
|(x)|
2
dx.
Lo spazio L
2
(([, ]) richiede qualche considerazione ulteriore. Diremo che
: [, ] C continua appartiene a L
2
(([, ]) o, pi` u semplicemente, a
L
2
((R), sse esiste a R tale che
[ [, a] L
2
(([, a]) e [ [a, +] L
2
(([a, +]) .
In questo caso porremo
_
|(x)|
2
dx =
_
a
|(x)|
2
dx +
_
a
|(x)|
2
dx.
Non e dicile vericare che
[) :=
_
(x) (x) dx
denisce un prodotto interno su L
2
((R) da cui si ricava la norma
|| =
_
+
|(x)|
2
dx .
Ovviamente, pure L
2
(([, 0]) e L
2
((R) sono spazi con prodotto interno non com-
pleti in norma.
Capitolo 3
Sistemi ortonormali
completi
3.1 Introduzione
In questo capitolo studieremo la possibilit`a di esprimere i vettori degli spazi
con prodotto interno come combinazioni lineari innite di opportune basi i cui
vettori sono tutti di norma uno e a due a due ortogonali (o basi ortonormali).
In particolare, si dimostrer`a che per gli spazi separabili esiste sempre una
base ortonormale di questo tipo e che tutte le basi ortonormali hanno la medes-
ima cardinalit`a, chiamata dimensione ortonormale dello spazio.
La nozione di ortogonalit`a `e stata gi`a introdotta nel capitolo
3.2 Sistemi ortonormali di vettori
In questo paragrafo introdurremo gli elementi teorici essenziali per giungere alla
denizione di base ortonormale in spazi con prodotto interno.
Denizione 3.2.1 Sia A un insieme totalmente ordinato di indici, nito o
innito, anche non numerabile. Un insieme u
: A di elementi di uno
spazio con prodotto interno o si dir`a sistema ortogonale sse u
[u
) = 0 per
,=
t
. Un sistema ortogonale si dir`a ortonormale sse |u
| = 1 per ogni
A. Chiaramente u
[u
) =
,
.
40 CAPITOLO 3. Sistemi ortonormali completi
Esempio 3.2.2 Nello spazio di Hilbert l
2
linsieme numerabile
e
1
= (1, 0, 0, . . . , 0, . . .)
e
2
= (0, 1, 0, . . . , 0, . . .)
.
.
.
.
.
.
e
n
= (0, 0, 0, . . . , 1, . . .)
.
.
.
.
.
.
e un sistema ortonormale.
Proposizione 3.2.3 In uno spazio con prodotto interno o valgono le seguenti
propriet`a:
(i) un sistema ortogonale e una famiglia libera di vettori sse non contiene il
vettore nullo;
(ii) un sistema ortonormale e sempre una famiglia libera;
(iii) se u
|u
|
: A
_
e un sistema ortonormale.
Dimostrazione. (i) Se u
i
I
i
u
i
= 0 ,
ove con I si e indicato un qualsiasi sottoinsieme nito di A, avremo che per ogni
j
I sar`a:
0 =
u
j
[0
_
=
_
u
i
I
i
u
i
_
=
i
I
j
[u
i
_
da cui 0 =
j
|u
j
|
2
per ogni
j
I. Dal fatto che il vettore nullo non
appartiene al sistema ortonormale segue che ogni |u
j
| ,= 0 e quindi
j
=
0 per ogni
j
I.
Le (ii) e (iii) sono banali conseguenze della (i).
Denizione 3.2.4 Sia u
: A i numeri complessi u
: A e un
sistema ortonormale qualsiasi, valgono le propriet`a:
(i) per ogni x o si ha che u
A
[ u
[x) [
2
|x|
2
, x o. (Diseguaglianza di Bessel)
Dimostrazione. Verichiamo in primo luogo che se u
i
: i = 1, 2, . . . , n e un
sistema ortonormale nito allora
n
i=1
[ u
i
[x) [
2
|x|
2
per ogni x o .
Da
0 |x
n
i=1
u
i
[x) u
i
|
2
=
=
_
x
i
u
i
[x) u
i
j
u
j
[x) u
j
_
=
= x[x)
j
u
j
[x) x[u
j
)
i
u
i
[x) u
i
[x)
i,j
u
i
[x) u
j
[x) u
i
[u
j
) =
= |x|
2
i
[ u
i
[x) [
2
segue la relazione cercata.
Fissato un intero positivo n, siano
F = [ u
[x) [
2
: [ u
[x) [
2
,= 0
F
n
= [ u
[x) [
2
: 1/n [ u
[x) [
2
Chiaramente
F =
_
n=1
F
n
e verichiamo che F
n
possiede al pi` u n|x|
2
elementi. Infatti, se
_
[
j
[x
_
[
2
: j = 1, 2, . . . , k
_
e un qualsiasi insieme nito di elementi di
F
n
, avremo che
1/n [
j
[x
_
[
2
da cui segue
k
n
k
j=1
[
j
[x
_
[
2
|x|
2
42 CAPITOLO 3. Sistemi ortonormali completi
e perci`o k n|x|
2
. Ossia ogni sottoinsieme nito estratto da F
n
non pu`o con-
tenere pi` u di n|x|
2
elementi e perci`o F
n
non pu`o contenere ne inniti elementi
(altrimenti sarebbe possibile estrarne pi` u di n|x|
2
) ne un numero di elementi
nito e maggiore di n|x|
2
. Da ci`o segue che F e al pi` u innito numerabile.
La (ii) risulta essere una conseguenza immediata di quanto ora dimostrato
e della diseguaglianza di Bessel per un numero nito di elementi.
Esempio 3.2.6 Per quanto visto nel teorema precedente, preso un ssato x S,
linsieme di indici
A(x) := | A : u
[x) ,= 0
e al pi` u innito numerabile e dipende dalla scelta di x. Per esempio, se consideriamo lo
spazio di Hilbert non separabile l
2
(R) e facile vericare che la famiglia | e
: R,
ove e
(x) :=
_
1, x =
0, x ,=
e un sistema ortonormale.
Preso l
2
(R), sia R() := | R : () ,= 0 . Per come e stato denito
l
2
(R) sappiamo che R() e al pi` u innito numerabile e tale che
R()
[()[
2
< +.
Se consideriamo i coecienti di Fourier | e
[) : R di rispetto al sistema
ortogonale | e
: R si ottiene che
e
[ ) =
(x) (x) = ()
e quindi
R() = | R : () ,= 0 = | R : e
[) ,= 0 .
un sistema ortonormale in
o e consideriamo le sfere s
1/2
(u
) di centro u
1
u
2
| =
_
u
1
u
2
[u
1
u
2
) =
2
Siccome i vari u
sono elementi di o e x
n
e denso in o, ogni sfera s
1/2
(u
)
contiene almeno un elemento di x
n
e due sfere di centro diverso, u
1
,= u
2
,
non hanno punti in comune. Da ci`o segue che linsieme di queste sfere, e perci`o
linsieme u
i=1
i
e
i
dove i coecienti
i
sono univocamente determinati. Dalla relazione precedente
segue che per ogni j = 1, 2, . . . , n
e
j
[x
_
=
j
e perci`o x si esprime univocamente rispetto alla base e
i
secondo la combi-
nazione lineare
(3.2) x =
n
i=1
e
i
[x) e
i
coinvolgente i coecienti di Fourier e
i
[x) del vettore x rispetto al sistema
ortonormale e
i
.
Se avessimo scelto in C
n
un sistema ortonormale e
1
, e
2
, . . . , e
k
costituito
da un numero di elementi k strettamente minore di n, avremmo potuto calcolare
comunque i coecienti di Fourier e
i
[x) per ogni vettore x C
n
e individuare
il vettore
x =
k
i=1
e
i
[x) e
i
il quale, in generale, e diverso da x.
Esempio 3.3.1 In C
3
, scelto il sistema ortonormale | e
1
, e
2
con e
1
= (1, 0, 0) e
e
2
= (0, 0, 1), preso il vettore x = (i, , 3i) sar`a
e
1
[x) = i e
2
[x) = 3i
e perci`o
x = e
1
[x) e
1
+ e
2
[x) e
2
= (i, 0, 3i)
ottenendo in questo caso un vettore x ,= x.
In ogni caso, il vettore (x x) e ortogonale a e
1
e e
2
e quindi alla variet` a lineare
(e perci`o al sottospazio) generato da | e
1
, e
2
.
Sia ora o uno spazio con prodotto interno e u
[x) u
[x) u
[x) u
il vettore limite della serie, vericare sotto quali condizioni e assicurato che
x = x, ossia che
x =
[x) u
.
In generale, nulla ci assicura che la serie (3.3) sia convergente in o. In questo
modulo dimostreremo per`o che
(A) Se o e uno spazio separabile esiste sempre almeno un sistema ortonormale
u
n
tale che per ogni x o la serie
n=1
u
n
[x) u
n
sia convergente ed in pi` u si abbia
x =
n=1
u
n
[x) u
n
.
(B) Tutti i sistemi ortogonali soddisfacenti la (A) hanno la medesima cardi-
nalit`a.
Prima di raggiungere questi obiettivi premettiamo alcuni risultati. In primo
luogo, indicheremo con
(3.4) u
= Sp(u
)
la chiusura della variet`a lineare generata da u
. Ricordiamo che u
e un
sottospazio di o.
Proposizione 3.3.2 Sia u
n
un sistema ortonormale in o al pi` u innito nu-
merabile e
n
una corrispondente successione di numeri complessi. Costruite
le somme parziali
s
k
=
k
n=1
n
u
n
per ogni ssato vettore x dello spazio o avremo che:
(i) |x s
k
| assume il suo valore minimo al variare della successione
n
sse
n
= u
n
[x) per n = 1, 2, . . . , k. In questo caso si ottiene
(3.5) |x
k
n=1
u
n
[x) u
n
|
2
= |x|
2
n=1
[ u
n
[x) [
2
;
3.3. Sistemi ortonormali completi 45
(ii) lelemento (xs
k
) u
1
, . . . , u
k
sse
n
= u
n
[x) per n = 1, 2, . . . , k.
Dimostrazione. (i) Tramite facili calcoli si ottiene
|x s
k
|
2
=
_
x
k
n=1
n
u
n
x
k
m=1
m
u
m
_
=
= |x|
2
n=1
n
x[u
n
)
k
n=1
n
u
n
[x) +
k
n=1
n
.
Ora, considerato che
[
n
u
n
[x)[
2
= (
n
u
n
[x)) (
n
u
n
[x)) =
= [
n
[
2
n
u
n
[x)
n
x[u
n
) + [u
n
[x)[
2
avremo che
|x s
k
|
2
= |x|
2
n=1
[u
n
[x)[
2
+
k
n=1
[
n
u
n
[x)[
2
.
Da questo risultato, osservando che il primo e il secondo termine del sec-
ondo membro non dipendono dalla scelta di
n
e che il terzo termine
d`a sempre un contributo positivo alla somma, otteniamo che al variare di
n
la quantit`a |x s
k
| assume il valore minimo sse
n
= u
n
[x) per n = 1, 2, . . . , k .
(ii) Daltra parte, indicato con y il generico elemento di u
1
, u
2
, . . . , u
k
se
0 = x s
k
[y) per ogni y u
1
, u
2
, . . . , u
k
avremo che in particolare
0 = x s
k
[u
j
) per j = 1, 2, . . . , k. Da ci`o segue che
0 =
_
x
k
n=1
n
u
n
u
j
_
= x[u
j
)
k
n=1
n
u
n
[u
j
) = x[u
j
)
j
e quindi
j
= u
j
[x) per j = 1, 2, . . . , k.
Viceversa, se
n
= u
n
[x) per n = 1, 2, . . . , k allora indicato il generico
elemento di Spu
1
, u
2
, . . . , u
k
con
y =
k
j=1
j
u
j
avremo che
_
x
k
n=1
u
n
[x) u
n
y
_
=
_
x
n
u
n
[x) u
n
j
u
j
_
=
=
j
x[u
j
)
nj
u
n
[x)
j
u
n
[u
j
) =
=
j
x[u
j
)
j
x[u
j
) = 0 .
46 CAPITOLO 3. Sistemi ortonormali completi
Abbiamo cos`ottenuto che lipotesi
n
= u
n
[x) per n = 1, 2, . . . , k
implica che
(x s
k
) Sp u
1
, u
2
, . . . , u
k
.
Considerato ora y u
1
, u
2
, . . . , u
k
, avremo che esiste una succes-
sione
y
j
Sp u
1
, u
2
, . . . , u
k
n=1
n
u
n
, . . .
Se invece il sistema ortonormale in questione e nito, | u
1
, u
2
, . . . , u
h
,
considereremo ancora la successione delle somme parziali
s
1
, s
2
, . . . , s
h
, s
h+1
, . . . , s
k
, . . .
ove si assume che
s
j
=
j
n=1
n
u
n
per j = 1, 2, . . . , h
s
h
= s
h+1
= . . . = s
k
= 0 per k h.
Teorema 3.3.4 Sia o uno spazio con prodotto interno e u
: A un
sistema ortonormale, allora le seguenti proposizioni sono fra loro equivalenti:
(i) u
= o (completo)
(ii) per ogni x o la serie
[x) u
e convergente in o ed e
x =
[x) u
(basico)
(iii) per ogni coppia x, y di elementi di o si ha
x[y) =
x[u
) u
[y)
(uguaglianza di Parseval)
3.3. Sistemi ortonormali completi 47
(iv) per ogni x o vale luguaglianza (di Parseval)
|x|
2
=
[ u
[x) [
2
(chiuso)
Dimostrazione. Daremo la dimostrazione nel caso di uno spazio separabile,
con lievi modiche essa pu`o essere adattata al caso generale
(i) (ii). Supponiamo sia vera la (i), allora, ssato x o, per ogni > 0 esiste un
elemento
k
0
n=1
n
u
n
Spu
n
tale che
|x
k
0
n=1
n
u
n
| < .
Ma allora dalla (i) proposizione 3.3.2 avremo che a maggior ragione dovr`a
essere
|x
k
0
n=1
u
n
[x) u
n
| < .
Sia allora k k
0
, dalla (3.5) avremo che
0 |x
k
n=1
u
n
[x) u
n
|
2
= |x|
2
n=1
[u
n
[x)[
2
=
= |x|
2
k
0
n=1
[u
n
[x)[
2
n=k
0
+1
[u
n
[x)[
2
=
= |x
k
0
n=1
u
n
[x) u
n
|
2
n=k
0
+1
[u
n
[x)[
2
<
2
n=k
0
+1
[u
n
[x)[
2
e, perci`o, per ogni > 0 esiste k
0
tale che ogni k > k
0
risulta essere
|x
k
n=1
u
n
[x) u
n
| <
ossia
lim
k
k
n=1
u
n
[x) u
n
=
n=1
u
n
[x) u
n
= x.
48 CAPITOLO 3. Sistemi ortonormali completi
(ii) (iii). Se e vera la (ii), posto
x =
n=1
u
n
[x) u
n
e y =
m=1
u
m
[y) u
m
avremo che
x[y) =
_
n=1
u
n
[x) u
n
m=1
u
m
[y) u
m
_
=
=
n,m
u
n
[x) u
m
[y) u
n
[u
m
) =
=
n=1
x[u
n
) u
n
[y) .
(iii) (iv). La (iv) e una banale conseguenza della (iii) qualora si ponga in questul-
tima y = x.
(iv) (i). Supposto che la (iv) sia vera, dalla 1.6.4 proposizione (i) che
x = lim
k
_
k
n=1
u
n
[x) u
n
_
per ogni x o e perci`o, essendo
k
n=1
u
n
[x) u
n
Spu
n
sar`a o = u
n
.
[x) u
. Per questo
motivo, i SONC vengono anche chiamati basi ortonormali.
Esempio 3.3.6 In K
n
il sistema ortonormale |e
1
, . . . , e
n
, ove
e
k
= (
k1
,
k2
, . . . ,
kk
, . . . ,
kn
) = (
kj
: j = 1, 2, . . . , n)
e completo in quanto ogni elemento x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
) K
n
e esprimibile nel
seguente modo
x =
n
k=1
e
k
[x
_
e
k
.
3.3. Sistemi ortonormali completi 49
Pertanto, la base canonica di K
n
e un SONC, ossia e una base ortonormale.
Analogamente, in l
2
il sistema ortonormale |e
n
: n N, ove
e
n
= (
n1
,
n2
, . . . ,
nn
, . . .) = (
nj
: j N)
e completo. Pertanto l
2
ammette una base ortonormale innita numerabile che, per
analogia collesempio ora visto, viene chiamata base ortonormale canonica di l
2
.
Inne, in l
2
(R) il sistema ortonormale | e
: R con
e
(x) = (
,x
: x R)
e un SONC e quindi l
2
(R) ammette la base ortonormale canonica | e
: R che
ha la cardinalit`a del continuo.
Osservazione 3.3.7 Si osservi che se |u
) = S ,
esprime il fatto che la variet` a lineare Sp(|u
), costituita da tutte le
combinazioni lineari nite a coeecenti complessi della famiglia |u
, e
densa in S.
Vericheremo ora che in eetti vale un risultato analogo sotto condizioni
meno restrittive.
Per semplicit`a di linguaggio, dora in avanti, col termine numero complesso
razionale intenderemo un numero complesso z C la cui parte reale e parte
immaginaria sono numeri razionali; ossia z = (q
1
, q
2
) C, con q
1
, q
2
Q.
Ovviamente, linsieme dei numeri complessi razionali e identicabile con Q
2
ed
e, quindi, un insieme innito numerabile denso in C.
Corollario 3.3.8 Sia u
) e densa in o.
Dimostrazione. Dalla (i) del teorema 3.3.4 abbiamo che se u
e un sonc
allora per un qualsiasi x o ssato vale la propriet`a che per ogni > 0 esiste una
combinazione lineare nita y
n
k=1
k
u
k
Sp(u
| <
1
2
.
Inoltre, per 1 k n scegliamo un numero complesso razionale
r
k
tale che
[
k
r
k
[ <
2n
. Costruito il vettore y
r
n
k=1
r
k
u
k
Sp
r
(u
), avremo che
|x y
r
| |x y
| +|y
y
r
1
2
+
n
k=1
[
k
r
k
[ <
1
2
+n
2n
=
Operando le scelte =
1
n
possiamo concludere che per ogni vettore x o,
esiste una successione y
r
n
Sp
r
(u
) = o.
50 CAPITOLO 3. Sistemi ortonormali completi
Proposizione 3.3.9 Se u
[v)[
2
e ci`o implicherebbe |v| = 0 contro lassunzione
|v| = 1.
Verichiamo ora che la (i) implica la (ii). Sia u
x e un sistema ortonormale
contro lipotesi (i) che u
n=1
1
n
e
n
sia
S = Sp | f, e
2
, e
3
, . . . .
Allora e facile vericare che = |e
2
, e
3
, . . . e un sistema ortonormale massimale in
S ma non e una base ortonormale poiche f non e della forma
f =
2
c
n
e
n
.
: u[v
) ,= 0 .
Per il teorema 3.2.5, (u) e al pi` u innito numerabile. Poiche e massimale,
(u
) : u
e quindi
B (A
0
) = A.
Per simmetria si ottiene la conclusione cercata.
Denizione 3.3.14 Per dimensione ortogonale di uno spazio con prodotto in-
terno intenderemo la cardinalit`a comune a tutti i suoi sistemi ortonormali mas-
simali.
Osservazione 3.3.15 Come vedremo nel prossimo esempio, esistono
spazi con prodotto interno che non hanno basi ortonormali. Per questi
spazi si pu`o comunque parlare di dimensione secondo quanto previsto dalla
precedente denizione.
Daltra parte sappiamo che ogni base ortonormale e un sistema ortonor-
male massimale e quindi se uno spazio con prodotto interno ammette una
base ortonormale la dimensione dello spazio coincide con la cardinalit`a di
questa base ortonormale.
Esempio 3.3.16 Spazio con prodotto interno che non ammette basi ortonormali.
(da S. P. Gudder, Inner product spaces, Amer. Math. Monthly, 81 (1974) 29-36).
Sia H = l
2
([0, 1]) lo spazio di Hilbert delle successioni di quadrato sommabile
denite sul compatto [0, 1] e indichiamo con
Z([0, 1]) = | z
1
, z
2
, . . . , z
k
, . . .
linsieme totalmente ordinato rispetto ad un ordine pressato dei razionali in [0, 1] e
con Q([0, 1]) linsieme degli irrazionali in [0, 1]. Considerata la successione dei vettori
di l
2
:
= | y
z
1
, y
z
2
, . . . , y
z
k
, . . .
con y
z
k
(n) =
k,n
, essi sono linearmente indipendenti e quindi possono essere estesi
ad una base lineare di Hamel per l
2
:
1
= | y
z
1
, y
z
2
, . . . | y
: Q .
Fissato [0, 1] deniamo il vettore f
(x) = |
,x
se Q([ 0, 1 ]), allora
f
(x) =
_
_
1 x =
y
(x) x = z
n
0 negli altri casi
Sia G = S
p
| f
: [0, 1] .
Dalla (a) segue la seguente propriet`a:
(b) G non ha alcuna base ortonormale
0
.
Infatti, poiche G = H , se fosse
0
una base ortonormale per G sarebbe pure una
base ortonormale per H e quindi dim G = dim H contro la (a).
(c) Il sistema ortonormale massimale | f
e
i
n
u
n
[e
i
m
u
m
_
= e
i(
m
n
)
u
n
[u
m
) =
n,m
.
Inoltre
x =
u
n
[x) u
n
=
e
i(
n
m
)
u
n
[x) u
n
=
=
e
i
n
u
n
[x
_
e
i
n
u
n
.
Quindi pure e
i
n
u
n
e un SONC.
Teorema 3.4.2 (Procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt).
Sia o uno spazio con prodotto interno, non necessariamente separabile, e
x
n
una famiglia libera di vettori di o, al pi` u innita numerabile. Allora e
possibile costruire in o una famiglia di vettori u
n
tale che:
(i) u
n
e un sistema ortonormale
3.4. Procedimento di ortonormalizzazione
di Gram-Schmidt 53
(ii) ciascun u
k
e combinazione lineare dei primi k elementi di x
n
:
u
k
=
k
j=1
kj
x
j
con
kk
,= 0 ;
(iii) ciascun x
k
e combinazione lineare dei primi k elementi di u
n
:
x
k
=
k
i=1
ki
u
i
con
kk
,= 0 ;
(iv) ogni altra famiglia di vettori u
n
avente la medesima cardinalit`a di u
n
sono coincidenti.
Dimostrazione. Cerchiamo lelemento u
1
che soddis le condizioni (i), (ii) e
(iii). Dovr`a essere
|u
1
| = 1 , u
1
=
11
x
1
, x
1
=
11
u
1
.
Perci` o
11
= 1/
11
e 1 = u
1
[u
1
) = [
11
[
2
x
1
[x
1
)
da cui segue che
11
deve soddisfare la equazione:
[
11
[ =
1
|x
1
|
.
Se prendiamo
11
= 1/|x
1
| e chiaro che questa scelta e determinata uni-
camente dalla relazione precedente se si prescinde da fattori moltiplicativi di
modulo uno. Pertanto, lelemento cercato e
u
1
=
x
1
|x
1
|
.
Procediamo ora per induzione supponendo di aver costruito tutti gli elementi
u
1
, u
2
, . . . , u
k1
in modo da vericare le condizioni (i), (ii) e (iii). Conside-
riamo il sistema avente come incognite il vettore h
k
o e i (k 1) scalari
kj
,
per j = 1, 2, . . . , k 1:
_
x
k
=
k1
u
1
+
k2
u
2
+ . . . +
k,k1
u
k1
+ h
k
(1)
u
j
[h
k
) = 0 per j = 1, 2, . . . , k 1 (2)
Gli scalari
kj
, eventualmente tutti nulli, sono univocamente determinati
dalla (1) e dalla (2) in quanto
0 = u
j
[h
k
) =
_
u
j
x
k
k1
i=1
ki
u
i
_
= u
j
[x
k
)
kj
54 CAPITOLO 3. Sistemi ortonormali completi
e perci`o dovr`a essere
(3)
kj
= u
j
[x
k
) , per j = 1, 2, . . . , k 1
Se tutti gli scalari
kj
sono nulli, allora h
k
= x
k
,= 0 in quanto x
n
e
una famiglia libera. Se almeno uno dei
kj
,= 0 allora deve essere h
k
,= 0 in
quanto, altrimenti, per la (ii) risulterebbe che x
k
e una combinazione lineare dei
precedenti vettori x
1
, x
2
, . . . , x
k1
contro lipotesi che x
n
e una famiglia
libera.
In ogni caso h
k
,= 0 e perci`o |h
k
| ,= 0 e sar`a lecito porre
(4) u
k
=
h
k
|h
k
|
.
Ovviamente |u
k
| = 1 e dalla (2) si ha che u
1
, u
2
, . . . , u
k1
, u
k
e un
sistema ortonormale. Inoltre dalla (1) ricaviamo che
(5) u
k
=
1
|h
k
|
( x
k
k,1
u
1
k,2
u
2
. . .
k,k1
u
k1
)
(6) x
k
=
k,1
u
1
+
k,2
u
2
+ . . . +
k,k1
u
k1
+ |h
k
| u
k
.
Dallipotesi che u
1
, u
2
, . . . , u
k1
soddisfano la (ii) segue, dalla (5), che
pure u
k
soddisfa la (ii) con
kk
=
1
|h
k
|
,= 0 .
Daltra parte, la (6) permette di aermare che la (iii) e soddisfatta per x
k
con
kk
= |h
k
| ,= 0 .
In questo modo, tenendo presente le (1), (3) e (4), siamo in grado di costruire
induttivamente la famiglia ortonormale u
n
partendo dalla famiglia libera x
n
j=1
u
j
[x
k
) u
j
u
k
=
h
k
|h
k
|
.
.
.
.
.
.
La famiglia u
n
cos` ottenuta soddisfa le condizioni (i), (ii) e (iii). Inoltre, dalle
(ii) e (iii) segue che Spx
n
= Spu
n
da cui otteniamo che x
n
= u
n
.
3.4. Procedimento di ortonormalizzazione
di Gram-Schmidt 55
Si pu`o osservare che ad ogni stadio di questo procedimento costruttivo lunica
ambiguit`a sta nel fatto che la scelta di h
k
e determinata a meno di un fattore
moltiplicativo di norma uno. Infatti, se al posto di u
1
, . . . , u
k1
avessimo
preso il vettore
u
j
= e
i
j
u
j
per j = 1, 2, . . . , k
avremmo avuto il corrispondente vettore
h
k
= x
k
k1
j=1
u
j
[x) u
j
= h
k
ossia, il procedimento costruttivo non ne avrebbe risentito e, dalla proposizione
1, ne avremmo ricavato che u
n
e ancora un sistema ortonormale il quale
soddisfa ovviamente le condizioni (i),(ii),(iii) e (iv).
Supponiamo inne che u
n
sia un altro sistema ortonormale avente la
medesima cardinalit`a di u
n
e soddisfacente a sua volta le condizioni (i)-(iii).
Se u
n
soddisfa la (ii), ogni u
n
e combinazione lineare di x
1
, x
2
, . . . , x
k
, men-
tre per la (iii), ora dimostrata, ogni x
i
, (i = 1, 2, . . . , k), e combinazione lineare
di u
1
, u
2
, . . . , u
i
concludendo che
(7) u
k
=
k
l=1
kl
u
l
.
Siccome u
n
soddisfa la (ii) avremo che ogni u
l
e combinazione lineare di
x
1
, x
2
, . . . , x
l
mentre dal fatto che per ipotesi u
n
soddisfa la (iii) segue che
ogni x
j
, (j = 1, 2, . . . , l), e combinazione lineare di u
1
, u
2
, . . . , u
j
concludendo
che
(8) u
l
=
l
j=1
lj
u
j
(l = 1, 2, . . . , k) .
Dalla (7) segue che
(9) u
k
[u
h
) =
k
l=1
kl
u
l
[u
h
) =
kh
(h = 1, 2, . . . , k)
mentre dalla (8) abbiamo
u
k
[ u
h
) =
_
u
k
j=1
hj
u
j
_
=
=
h
j=1
kj
u
k
[ u
j
) = 0 per h = 1, 2, . . . , k 1
(10)
Dalle (9) e (10) segue
kh
= 0 per h = 1, 2, . . . , k 1 e, quindi, sotto queste
condizioni la (7) si riconduce a
(11) u =
kk
u
k
qualunque sia k .
Rimane da vericare che
kk
,= 0. In eetti, essendo per la (i) | u
k
| = |u
k
|,
per qualunque k, dalla precedente relazione (11) otteniamo [
kk
[ = 1.
56 CAPITOLO 3. Sistemi ortonormali completi
Inne, se u
n
= e
i
n
u
n
allora ogni elemento
n
u
n
Sp( u
n
) sar`a anche
un elemento
n
u
n
=
_
n
e
i
n
_
u
n
Sp(u
n
); viceversa, ogni elemento
n
u
n
Sp(u
n
) sar`a anche un elemento
_
n
e
i
n
_
u
n
Sp( u
n
). Da
Sp(u
n
) = Sp( u
n
) = Sp(x
n
) segue la (v).
Esercizio 3.4.3 Nello spazio C
3
si applichi il procedimento di Gram-Schmidt
alla terna di vettori
x
1
= (1, 1, 0) x
2
= (2, 1, 0) x
3
= (0, 1, 1) .
Teorema 3.4.4 Sia o uno spazio con prodotto interno, allora:
(i) o e separabile sse esiste in o un SONC nito o innito numerabile.
(ii) o ha dimensione lineare nita sse esiste in o un SONC nito.
Dimostrazione. (i) Se o e separabile, esiste in o un sottoinsieme x
n
denso
in o e al pi` u innito numerabile. Da x
n
si estrae un sottoinsieme x
n
k
cos-
tituente una famiglia libera esaminando successivamente gli elementi
x
1
, x
2
, . . . , x
n
, . . . e selezionando ad ogni stadio quelli che sono linearmente
indipendenti da quelli selezionati negli stadi precedenti. Chiaramente ogni vet-
tore x
n
e combinazione lineare nita di alcuni vettori della famiglia estratta
x
n
k
, perci`o
Sp x
n
= Sp x
n
k
n
u
n
, si ha che
n
= u
n
[x) e | x|
2
=
[
n
[
2
Dimostrazione. Posto
s
n
=
n
i=1
i
u
i
H e
n
=
n
i=1
[
i
[
2
avremo che
|s
n
s
m
|
2
= |
n
i=m+1
i
u
i
|
2
=
n
i=m+1
[
i
[
2
= [
n
m
[
per ogni m e ogni n > m. Pertanto la successione s
n
e di Cauchy sse e di
Cauchy la successione
n
. Tenendo conto della completezza di H e di R la
prima parte dellasserto e dimostrata.
60 CAPITOLO 4. SONC in spazi di Hilbert
Posto x =
n
u
n
avremo che
u
n
[ x) =
_
u
n
n
u
n
_
=
n
u
m
[u
n
) =
m
Inne da
| x
n
i=1
u
i
[x) u
i
|
2
=
_
x
n
i=1
u
i
[x) u
i
x
n
j=1
u
j
[x) u
j
_
=
= | x|
2
i=1
[
i
[
2
segue che | x| =
[
n
[
2
.
Corollario 4.1.2 Se H e uno spazio di Hilbert separabile e u
n
un SONC
allora
H =
_
n=1
n
u
n
:
k
C,
n=1
[
k
[
2
<
_
Dimostrazione. Per il teorema precedente, se
n
e una successione di nu-
meri complessi tale che
[
n
[
2
< allora la serie
n
u
n
H. Viceversa, se
x H allora x =
u
n
[x) u
n
con
[
n
[
2
= |x|.
Corollario 4.1.3 Sia u
[x) u
e convergente in H.
(ii) indicato con x =
[x) u
e u
[x) = u
[ x) ,
Dimostrazione. Fissato un generico x H, consideriamo i suoi coecienti di
Fourier u
[x) u
Per la (i) teorema 3.2.5 sezione 3.2 lespressione precedente o e una somma
nita o e una serie. Nel primo caso non ce alcun problema di convergenza in H,
mentre nel secondo caso la diseguaglianza di Bessel, (ii) teorema 3.2.5 sezione
3.2, assicura che
[ u
[x) [
2
|x|
2
< +
e quindi il teorema 4.1.1 ci permette di aermare che
[x) u
[x) u
[ x) = u
[x)
secondo i risultati del teorema di Fisher-Riesz.
Verichiamo ora che (x x) (u
[x x) = u
[x) u
[ x) = 0
per ogni A. Da questo risultato segue che x x e ortogonale ad ogni
combinazione lineare di elementi appartenenti a Spu
, ossia a ogni x
n
Spu
).
Corollario 4.1.4 Abbiamo pertanto ottenuto un risultato che dierenzia gli
spazi completi da quelli che non possiedono questa propriet`a. Ossia
negli spazi di Hilbert, se u
: A e un sistema ortonormale,
per ogni x H lo sviluppo in serie di Fourier
u
[x) u
di x
rispetto al SON e ben posto ed e convergente in H.
Come si e gi`a osservato, ci`o non e vero in generale in spazi non completi.
Sempre nel caso degli spazi non completi abbiamo visto che le quattro propriet`a
del teorema 3.3.4 sezione 3.3 sono fra loro equivalenti e vengono assunte come
propriet`a che deniscono i SONC. Da queste propriet`a si deducono quindi la (i)
della proposizione 3.3.9 pag. 50), la quale, a sua volta, e equivalente alla (ii)
della proposizione 3.3.9 pag. 50).
Verichiamo ora che nel caso degli spazi di Hilbert dalla (ii) della propo-
sizione 3.3.9 pag. 50), ossia dalla condizione
(4.1) u
: A e un SONC.
Infatti, poiche H e completo avremo che
u
[x) u
e convergente in H,
valendo inoltre (vedi (ii) corollario 4.1.3) che
_
u
u
j
[x) u
j
_
= 0 per ogni A
Ma dalla (4.1) segue che x
u
[x) u
= 0 e cioe che
x =
[x) u
: A un sistema
ortonormale in H. Le seguenti proposizioni sono equivalenti:
(i) u
= H
(iv) per ogni x H si ha che x =
u
[x) u
x[u
) u
[y)
(vi) per ogni x H si ha
|x|
2
=
[ u
[x) [
2
Osservazione 4.1.6 Si dovrebbe osservare che la dimostrazione dellequi-
valenza delle proposizioni (iii), (iv), (v) e (vi) e stata fatta nel teorema
3.3.4 sezione 3.3 sotto la condizione di separabilit`a dello spazio. Ques-
ta condizione in eetti non e essenziale e lequivalenza delle precedenti
proposizioni si pu`o dimostrare senza la condizione restrittiva di separa-
bilit`a.
Tramite lassioma della scelta si dimostra che in ogni spazio di Hilbert es-
iste almeno un SONC. Inoltre, anche per gli spazi di Hilbert, indipendente-
mente dalla separabilit`a, si pu`o dimostrare che tutti i SONC hanno la medesima
cardinalit`a potendo quindi dire che
la cardinalit`a comune a tutti i SONC di uno spazio di Hilbert si
chiama dimensione ortogonale dello spazio.
Potremo perci`o suddividere la classe degli spazi di Hilbert in tre sottoclassi:
(1) La sottoclasse degli spazi di Hilbert di dimensione nita: tutti gli spazi
di questa classe sono separabili e hanno dimensione lineare coincidente con
quella ortogonale.
(2) La sottoclasse degli spazi di Hilbert di dimensione innito numerabile: tutti
gli spazi di questa sottoclasse sono separabili.
(3) La sottoclasse degli spazi di Hilbert di dimensione superiore alla innit`a
numerabile: tutti gli spazi di questa sottoclasse sono non separabili.
4.2. Sonc in coppie spazio pre Hilbert-spazio di Hilbert 63
4.2 Sonc in coppie spazio pre Hilbert-spazio di
Hilbert
In questo paragrafo dimostreremo un risultato che sar`a particolarmente utile
nel seguito.
Sia (o, H) una coppia costituita da uno spazio di Hilbert H e da una variet`a
lineare o di H densa in H e il cui prodotto interno e la restrizione del prodotto
interno denito in H.
Sotto queste condizioni, ovviamente, se u
[x) u
)
Ovviamente Sp(u
[y) u
)
in quanto esiste la successione delle somme parziali
_
s
k
=
k
1
u
[y) u
: k N
_
contenuta in Sp(u
) e convergente a y.
Pertanto abbiamo dimostrato che o Sp(u
) e quindi sar`a
o = Sp( u
) = H
Grazie a questo risultato abbiamo che (x x) H
[x) u
ovvero la tesi.
64 CAPITOLO 4. SONC in spazi di Hilbert
4.3 Sonc nello spazio di Hilbert R
2
Nel caso dello spazio di Hilbert reale R
2
si possono caratterizzare tutti i sonc in
due classi, secondo quanto dimostrato nella seguente proposizione.
Proposizione 4.3.1 Ogni base ortonormale in R
2
pu`o essere scritta in una
delle seguenti due forme alternative per un qualche angolo :
(cos , sin), ( sin, cos )
(cos , sin), ( sin, cos )
Dimostrazione. Supponiamo che u, v sia un qualsiasi SONC in R
2
. Posto
u = (, ) avremo che
1 = |u|
2
=
2
+
2
da cui si ottiene che
[[ 1 con R
Pertanto, esister`a un unico angolo [0, ] tale che = cos e ci`o implica
che
2
= 1 cos
2
= sin
2
da cui
cos = cos
_
+
2k + 1
2
_
= (sin)
sin = sin
_
+
2k + 1
2
_
= (cos )
_
I
|f(x)|
2
C
dx (4.4)
Considerato ora uno spazio di Hilbert qualsiasi H possiamo introdurre lin-
sieme L
2
(I, H) costituito da tutte le funzioni a valori vettoriali f : I H
soddisfacenti le condizioni:
(ia) per ogni vettore h H la funzione
I C, x f(x)[h)
1
e misurabile. In questo caso diremo che la funzione a valori vettoriali f e
misurabile.
(iia)
_
I
|f(x)|
2
1
dx < +
Le operazioni di somma di vettori e di moltiplicazione di un vettore per uno
scalare sono denite su L
2
(I, H) attraverso le formule:
(f +g)(x) := f(x) + g(x)
(f)(x) := f(x)
Facciamo osservare che se f e g sono due funzioni a valori vettoriali e e
n
e
un sonc ssato in H, dalla uguaglianza
f(x)[g(x))
1
=
n
f(x)[e
n
)
1
e
n
[g(x))
1
66 CAPITOLO 4. SONC in spazi di Hilbert
segue che pure la funzione I C, x f(x)[g(x))
1
e misurabile. Inoltre
dalla diseguaglianza
2 [ f(x)[g(x))
1
[ |f(x)|
2
1
+ |g(x)|
2
1
e dalla (ii-a) segue che lintegrale della precedente funzione misurabile
_
I
f(x)[g(x))
1
dx
esiste nito. In conclusione ha senso introdurre su L
2
(I, H) il prodotto interno
(1-a) f[g) =
_
I
f(x)[g(x))
1
dx
da cui si induce la norma
(2-a) |f| =
_
I
|f(x)|
2
1
dx
La verica che la (1-a) denisce un prodotto interno per L
2
(I, H) e imme-
diata. In particolare, la completezza di L
2
(I, H) si dimostra con argomenti
analoghi a quelli usati per dimostrare la completezza di L
2
(I, C).
Lo spazio di Hilbert ora introdotto e quindi linsieme
L
2
(I, H) = f : I H[ valgono (i-a), (ii-a)
4.4.1 Esempio: Caso particolare I = R
3
e H = C
n
In questo caso avremo lo spazio di Hilbert L
2
(R
3
, C
n
) costituito da tutte le
funzioni
f : R
3
C
n
, x f(x) = (f
1
(x), . . . , f
n
(x) )
con f
i
: R
3
C per i = 1, 2, . . . , n soddisfacenti le condizioni:
(ia) per ogni vettore h = (h
1
, h
2
, . . . , h
n
) C
n
la funzione R C denita
da
x f(x)[h)
C
n
=
n
i=1
f
i
(x) h
i
e misurabile.
(iia)
_
R
3
|f(x)|
2
C
n dx =
n
i=1
_
R
3
[f
i
(x)[
2
dx < +
Risulta immediato vericare che le condizioni (ia) e (iia) sono equivalenti
allunica condizione
(a) f
i
L
2
(R
3
, C) per ogni i = 1, 2, . . . , n
Il prodotto interno in L
2
(R
3
, C
n
) e denito da
(1) f[g) =
n
i=1
_
R
3
f
i
g
i
con associata la norma
(2) |f| =
_
n
i=1
_
R
3
[f
i
[
2
4.4. Integrale diretto di spazi di Hilbert 67
Osservazione 4.4.1 Dal confronto delle (a), (1) e (2) del presente es-
empio di costruzione dello spazio di Hilbert L
2
(R
k
, C
n
) colle (a), (1) e (2)
dellesempio 2.2.11 sezione 2.2 relativo allo spazio di Hilbert
n
L
2
(R
k
, C),
ti accorgerai che abbiamo a che fare collo stesso spazio di Hilbert in
entrambi i casi:
n
L
2
(R
k
, C) = L
2
(R
k
, C
n
)
Capitolo 5
SONC in spazi funzionali
5.1 Sistemi ortonormali completi polinominali
in L
2
[ a, b ]
In quel che segue, tranne esplicita menzione, [ a, b ] denoter`a un intervallo com-
patto in R.
Proposizione 5.1.1 La famiglia
x
n
(t) := t
n
: t [ a, b ], n = 0, 1, . . .
e una famiglia libera di vettori in L
2
[ a, b ].
Dimostrazione. Consideriamo
n
j=0
j
x
j
= 0, ove 0 e il vettore nullo di L
2
[ a, b ].
Allora dovr`a essere
n
j=0
j
t
j
= 0, q.o. in [ a, b ],
ovvero, scritto per esteso,
0
+
1
t + . . . +
n
t
n
= 0, q.o. in [ a, b ]
Ma questi e un polinomio in t di grado n il quale, nel caso in cui non sia q.o.
nullo, ammette al pi` u n valori in [ a, b ] che lo annullano. Pertanto la relazione
j
t
j
= 0, q.o. in [a, b], e vera sse
0
=
1
= . . . =
n
= 0
Dal teorema 3.4.2 sappiamo che il procedimento di ortonormalizzazione di Gram-
Schmidt (G.S.) permette di costruire, a partire dalla famiglia libera t
n
L
2
[a, b] una famiglia di vettori
P
n
(t) : t [ a, b ] , n = 0, 1, 2, . . . L
2
[a, b]
tale che:
(i) P
n
e un son;
70 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
(ii) P
n
(t) =
n
j=0
nj
t
j
, con
nn
,= 0
(iii) t
n
=
n
i=0
ni
P
i
(t), con
nn
,= 0
e tale famiglia P
n
(t) e determinata da queste tre propriet`a in maniera uni-
voca, a meno di fattori di fase di modulo 1. Si osservi che dalla (ii) segue che
P
n
(t) e un polinomio di grado n.
Teorema 5.1.2 Il son polinomiale in L
2
[ a, b ] (unico a meno di fattori di
fase) P
n
(t) ottenuto tramite il procedimento di ortonormalizzazione di Gram-
Schmidt a partire dalla famiglia libera x
n
(t) := t
n
e completo.
Dimostrazione. Poiche [ a, b ] e compatto, sappiamo che
([ a, b ]
(2)
= L
2
[ a, b ] (1)
Inoltre, dal teorema di approssimazione di Weierstrass si ricava che:
f ([ a, b ], p
k
P[ a, b ] t.c. lim |p
n
f|
= 0 (2)
Sappiamo pure che su ([ a, b ], la convergenza uniforme implica la convergenza
in media quadratica, e dunque da (2) otteniamo:
f ([ a, b ], p
k
T[ a, b ] t.c. lim |p
n
f|
2
= 0 (3)
e questa equivale a dire che:
([ a, b ] T[ a, b ]
(2)
(4)
la quale, unita alla (1), ci d`a:
T[ a, b ]
(2)
= L
2
[ a, b ] (5)
Tenendo allora presente che Spt
n
= T[ a, b ], e ricordando che i P
n
(t) ottenuti
con il procedimento di ortonormalizzazione di G.S. soddisfano a:
t
n
= P
n
(t)
dalla (5) ricaviamo immediatamente
P
n
(t) = L
2
[ a, b ]
che e equivalente a dire che il son P
n
(t) e in eetti un sonc.
Esempio 5.1.3 In L
2
[1, 1] i primi tre elementi ottenuti direttamente usando il
procedimento di ortonormalizzazione di G.S. a partire dalla famiglia libera |x
n
(t) =
t
n
sono i seguenti
P
0
(t) =
1
2
P
1
(t) =
3
2
t
P
2
(t) =
5
2
_
3
2
t
2
1
2
_
mp
(1)
nm
_
n
m
_
2m!
(2mn)!
t
2mn
ove
p =
_
n
2
per n pari
n+1
2
per n dispari
Il polinomio (5.2), che e un polinomio di grado n, e chiamato polinomio di
Legendre.
Dimostrazione. Il son del procedimento di ortonormalizzazione di G.S. e de-
terminato univocamente, a meno di fattori di fase arbirari, dalle condizioni
(i)-(iii). Pertanto, se le funzioni (5.1) soddisfano queste tre condizioni esse, a
meno di fattori di fase unitari, costituiscono il sonc cercato. Procediamo allora
nella dimostrazione che le (5.1) soddisfano la (i). A questo scopo, consideriamo
R
n
(t) :=
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
che, a meno di un fattore costante, coincide con P
n
(t). In primo luogo comin-
ciamo col vericare che R
n
(t)
n
e un sistema ortogonale.
Sia n ,= m. Possiamo supporre n > m. Allora:
_
1
1
R
n
(t) R
m
(t)dt =
_
1
1
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
d
m
dt
m
(t
2
1)
m
dt
(integrando per parti)
=
d
n1
dt
n1
(t
2
1)
n
d
m
dt
m
(t
2
1)
m
1
1
_
1
1
d
n1
dt
n1
(t
2
1)
n
d
m+1
dt
m+1
(t
2
1)
m
dt
72 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
Ora, poiche
d
n1
dt
n1
(t
2
1)
n
= (t
2
1) [ . . . ], risulter`a
_
1
1
R
n
(t) R
m
(t)dt =
_
1
1
d
n1
dt
n1
(t
2
1)
n
d
m+1
dt
m+1
(t
2
1)
m
dt
Procedendo in tal modo n volte, otteniamo
_
1
1
R
n
(t) R
m
(t)dt = (1)
n
_
1
1
(t
2
1)
n
d
m+n
dt
m+n
(t
2
1)
m
dt
Ora, essendo n > m, sar`a n +m > 2m, e perci`o
d
m+n
dt
m+n
(t
2
1)
m
= 0 cosicche
_
1
1
R
n
(t) R
m
(t)dt = 0 per n ,= m
Ne segue immediatamente che
_
1
1
P
n
(t) P
m
(t)dt = 0 per n ,= m
Andiamo ora a vericare che ogni P
n
ha norma unitaria
_
1
1
(P
n
(t))
2
dt =
2n + 1
2
n+1
(n!)
2
_
1
1
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
dt
procedendo come prima con R
n
(t)
=
(2n + 1)(1)
n
2
2n+1
(n!)
2
_
1
1
(t
2
1)
n
d
2n
dt
2n
(t
2
1)
n
dt
Ma
(t
2
1)
n
=
n
k=0
_
n
k
_
(1)
nk
t
2k
e perci`o:
d
2n
dt
2n
(t
2
1)
n
=
d
2n
dt
2n
_
(1)
n
+ (1)
n1
nt
2
+ (1)
n2
_
n
2
_
t
4
+ . . . +
_
n
n 1
_
(1) t
2n2
+ t
2n
_
= (2n)!
Ne segue:
_
1
1
(P
n
(t))
2
dt =
(2n + 1)!(1)
n
2
2n+1
(n!)
2
_
1
1
(t
2
1)
n
dt
Posto t = sin, avremo che:
_
1
1
(t
2
1)
n
dt =
_
/2
/2
cos
2n
cos d
=
_
/2
/2
cos
2n+1
d =
2
n+1
(n!)
2
(2n + 1)!(1)
n
5.2. Polinomi di Legendre 73
Per cui
_
1
1
(P
n
(t))
2
dt = 1
Abbiamo cos` dimostrato che P
n
soddisfa la (i). Verichiamo ora che esso
soddisfa la (ii). Ricordiamo che:
d
n
dt
n
t
p
=
_
p!
(pn)!
t
pn
n p
0 n > p
Da cui si ottiene la
(1)
d
n
dt
n
t
2m
=
_
(2m)!
(2mn)!
t
2mn
n 2m
0 n > 2m
Poiche
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
=
d
n
dt
n
_
n
m=0
_
n
m
_
(1)
nm
t
2m
_
(2)
=
n
0
_
n
m
_
(1)
nm
d
n
dt
n
t
2m
Possiamo considerare i due casi:
1
0
Caso: n pari. Allora la (1) implica in questo caso particolare
(3)
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
=
n
m=
n
2
_
n
m
_
(1)
nm
(2m)!
(2mn)!
t
2mn
2
0
Caso: n dispari. Ancora la (1) implica che:
(4)
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
=
n
m=
n+1
2
_
n
m
_
(1)
nm
(2m)!
(2mn)!
t
2mn
In entrambi i casi si ottiene un polinomio di grado n, e perci`o P
n
e un polinomio
di grado n: la (ii) e cos` vericata. Si osservi che le (3) e (4) dimostrano la (5.2).
Diamo ora una traccia della verica della (iii). Vogliamo in sostanza trovare,
per ogni n ssato, degli scalari b
n0
, b
n1
, . . . , b
nn
, con b
nn
,= 0, in modo che sia
(5) t
n
= b
n0
P
0
(t) + b
n1
P
1
(t) + . . . + b
nn
P
n
(t)
Abbiamo prima dimostrato che ogni P
k
e un polinomio di grado k e dunque e
della forma:
(6) P
k
(t) = a
k0
+ a
k1
t + a
k2
t
2
+ . . . + a
kk
t
k
ove gli a
kj
sono determinati dalla formula (2.1). (Per la semplice linea con-
cettuale della dimostrazione di (iii) non ci serve in questo momento trovare
74 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
leettivo valore degli a
kj
, cosa che lasciamo per esercizio al lettore). Tramite
la (6), la (5) diviene:
t
n
= b
n0
a
00
+ b
n1
(a
10
+a
11
t) + b
n2
(a
20
+a
21
t +a
22
t
2
) +
+ b
n3
(a
30
+a
31
t +a
32
t
2
+a
33
t
3
)
+ . . . + b
nn
(a
n0
+a
n1
t + . . . +a
nn
t
n
)
ovvero
t
n
= (b
n0
a
00
+b
n1
a
10
+b
n2
a
20
+ . . . + b
nn
a
n0
)
+ (b
n1
a
11
+b
n2
a
21
+b
n3
a
31
+ . . . + b
n,n1
a
n1,n
+ b
nn
a
n1
) t
+ (b
n2
a
22
+b
n3
a
32
+ . . . + b
nn
a
n2
) t
2
+. . . +
+ (b
n, n1
a
n1, n1
+ b
nn
a
n, n1
) t
n1
+ b
nn
a
nn
t
n
Ne segue, per il noto principio didentit`a dei polinomi (due polinomi sono uguali
sse hanno gli stessi coecienti), che deve essere:
b
n0
a
00
+ b
n1
a
10
+ b
n2
a
20
+ b
n3
a
30
+ . . . + b
n,n1
a
n1,0
+ b
nn
a
n0
= 0
b
n1
a
11
+ b
n2
a
21
+ b
n3
a
31
+ . . . + b
n,n1
a
n1,1
+ b
nn
a
n1
= 0
b
n2
a
22
+ b
n3
a
32
+ . . . + b
n,n1
a
n1,2
+ b
nn
a
n2
= 0
.
.
.
b
n,n1
a
n1,n1
+ b
nn
a
n,n1
= 0
b
nn
a
nn
= 1
Risolvendo tale sistema, mettendo al posto degli a
kj
i loro eettivi valori, si
determinano i coecenti b
n0
, . . . , b
nn
cercati.
Esempio 5.2.2 I primi polinomi di Legendre calcolati secondo la (5.2) sono:
P
0
(t) = 1
P
1
(t) = t
P
2
(t) =
_
3
2
_
t
2
_
1
2
_
P
3
(t) =
_
5
2
_
t
3
_
3
2
_
P
4
(t) =
_
35
8
_
t
4
_
15
4
_
t
2
+
3
8
= 0
Ricordiamo che se f, g (
n
, allora
d
n
dt
n
[ f g ] =
n
m=0
_
n
m
_
d
m
f
dt
m
d
nm
g
dt
nm
Ne segue:
d
n+1
dt
n+1
_
(t
2
1)
d
dt
(t
2
1)
n
_
(2)
=
n+1
m=0
_
n + 1
m
_
d
m
dt
m
(t
2
1)
d
n+2m
dt
n+2m
(t
2
1)
n
= (t
2
1)
d
n+2
dt
n+2
(t
2
1)
n
+ 2t(n + 1)
d
n+1
dt
n+1
(t
2
1)
n
+n(n + 1)
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
Analogamente si ha:
(3)
d
n+1
dt
n+1
_
2nt(t
2
1)
n
=
n+1
m=0
_
n + 1
m
_
d
m
dt
m
(2nt)
d
n+2m
dt
n+2m
(t
2
1)
n
= 2nt
d
n+1
dt
n+1
(t
2
+ 1)
n
+ 2n(n + 1)
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
Sostituite le due relazioni (2) e (3) nella (1), si ricava
(4) (t
2
1)
d
n+2
dt
n+2
(t
2
1)
n
+ 2t
d
n+1
dt
n+1
(t
2
1)
n
n(n +1)
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
= 0
Ricordando che
P
n
(t) =
1
2
n
n!
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
76 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
si ricava
(t
2
1)P
n
(t) + 2tP
n
(t) n(n + 1)P
n
(t) =
=
1
2
n
n!
_
(t
2
1)
d
n+2
dt
n+2
(t
2
1)
n
+ 2t
d
n+1
dt
n+1
(t
2
1)
n
n(n + 1)
d
n
dt
n
(t
2
1)
n
_
=
=(dalla (4)) = 0
1
2
t
2
, ove il fattore
1
2
nellesponente e preso per un semplice motivo di
convenienza formale. In questo paragrafo ci occuperemo appunto di questo caso
particolare.
Consideriamo allora in L
2
(R) la famiglia di funzioni
t
n
e
1
2
t
2
: n = 0, 1, . . .
ottenuta moltiplicando ogni elemento della famiglia t
n
di (
1
2
t
2
. Si ha il seguente
5.3. Polinomi di Hermite 77
Teorema 5.3.1 La famiglia t
n
e
1
2
t
2
e una famiglia linearmente indipen-
dente in L
2
(R).
Dimostrazione. Dimostriamo innanzi tutto che la famiglia appartiene a L
2
(R).
Dato che
lim
]t]
(t
n
e
1
2
t
2
) = 0
le funzioni continue t
n
e
1
2
t
n
sono maggiorate da qualche costante
n
> 0. Ne
segue che
_
t
2n
e
t
2
dt
2n
_
1
2
t
2
dt =
2n
2 <
ovvero t
n
e
1
2
t
2
L
2
(R). Inoltre, essendo e
1
2
t
2
,= 0, per ogni t R, avremo
che la condizione
n
k
t
k
e
1
2
t
2
= e
1
2
t
2
_
n
k
t
k
_
= 0, t R
e vericata sse
0
= . . . =
k
= 0. Tramite il Processo di Ortonormalizzazione
di Gram-Schmidt e possibile ottenere una famiglia u
n
di vettori di L
2
(R),
unica a meno di fattori di fase arbirari, tale che:
(i) u
n
e un son
(ii) u
n
(t) =
_
n
j=0
a
nj
t
j
_
e
1
2
t
2
, con a
nn
,= 0
(iii) t
n
e
1
2
t
2
=
n
i=0
b
ni
u
i
(t), con b
nn
,= 0
Osservazione 5.3.2 Si osservi che dalla (ii) si ha che gli elementi del
son sono della forma
u
n
(t) = H
n
(t)e
1
2
t
2
con H
n
(t) polinomio di grado n.
Esercizio 5.3.3 Si trovino i primi due elementi del son costruito tramite il
procedimento di Gram-Schmidt a partire dalla famiglia libera t
n
e
1
2
t
2
:
Iniziamo col determinare il primo elemento. Avremo
q
0
= e
1
2
t
2
da cui |q
0
|
2
=
_
e
t
2
dt =
e, quindi,
u
0
=
q
0
|q
0
|
=
1
1
4
e
1
2
t
2
Per ci`o che riguarda il secondo elemento, sappiamo che
q
1
= te
1
2
t
2
_
u
0
t e
1
2
t
2
_
u
0
78 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
ma
_
u
0
te
1
2
t
2
_
=
_
te
t
2
1/4
dt =
1
2
e
t
2
1/4
= 0
per cui
|q
1
|
2
=
_
t
2
e
t
2
dt =
1
2
e
t
2
t
+
_
1
2
e
t
2
dt =
1
2
concludendo che
u
1
=
2 t e
1
2
t
2
1
4
=
1
(2
)
1
2
e
1
2
t
2
(2 t)
I termini della famiglia che si ottengono continuando questo procedimento
sono della forma
u
n
(t) =
(1)
n
(2
n
n!
)
1/2
e
1
2
t
2
H
n
(t)
Teorema 5.3.4 Considerata la funzione denita da
(5.3) H
n
(t) = (1)
n
e
t
2 d
n
e
t
2
dt
n
essa soddisfa la
(5.4) e
2xtx
2
=
0
H
n
(t)
n!
x
n
Dimostrazione. Infatti, per ogni t ssato, lo sviluppo in serie rispetto alla
variabile x della funzione e
2xtx
2
sar`a esprimibile nel seguente modo
e
2xtx
2
= e
t
2
(tx)
2
= e
t
2
e
(tx)
2
=
0
H
n
(t)
n!
x
n
ove
n
x
n
_
e
2xtx
2
_
x=0
= H
n
(t)
Ma
n
x
n
_
e
2xtx
2
_
x=0
= e
t
2
n
x
n
_
e
(tx)
2
_
x=0
= (ponendo w = (t x))
= (1)
n
e
t
2
n
w
n
_
e
w
2
_
w=t
= (1)
n
e
t
2 d
n
dt
n
_
e
t
2
_
0
H
n
(t)
n!
x
n
= H
0
(t) + H
1
(t) x +
H
2
(t)
2
x
2
+
H
3
(t)
6
x
3
+ . . .
e
2xtx
2
= 1 + (2xt x
2
) +
(2xt x
2
)
2
2
+ . . . =
= 1 + 2xt + (2t
2
1)x
2
+
1
3
(4t
3
6t)x
3
+ . . .
Confrontando le due serie abbiamo
H
0
(t) = 1
H
1
(t) = 2t
H
2
(t) = 4t
2
2
H
3
(t) = 8t
3
12t
j=0
(1)
j
2
n2j
j!(n 2j)!
t
n2j
dove N =
n
2
, se n e pari, e N =
(n1)
2
, se e dispari.
Questi polinomi si chiamano polinomi di Hermite. La (5.3) si chiama formu-
la di Rodrigues e la funzione al primo membro della (5.4) funzione generatrice
dei polinomi di Hermite.
Dimostrazione.
e
2xtx
2
=
i=0
(2xt)
i
i!
j=0
(x
2
)
j
j!
=
i=0
j=0
(1)
j
2
i
t
i
x
i+2j
i!j!
se poniamo i + 2j = n ed eliminiamo lindice i, la precedente relazione diviene
e
2xtx
2
=
n=0
_
_
N
j=0
(1)
j
2
n2j
t
n2j
(n 2j)!j!
_
_
x
n
80 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
dove N =
n
2
se n e pari e N =
(n1)
2
se n e dispari, ma
e
2xtx
2
=
n=0
H
n
(t)
n!
x
n
allora
H
n
(t) = n!
N
j=0
(1)
j
2
n2j
j!(n 2j)!
t
n2j
1
2
t
2
_
`e una base ortonormale di L
2
(R), ottenuta applicando il processo di ortonor-
malizzazione di Gram-Schmidt alla famiglia t
n
e
1
2
t
2
. Le funzioni h
n
sono
dette funzioni di Hermite.
Dimostrazione. Al solito, per vericare che la famiglia
(1)
_
h
n
[[h
n
[[
_
e un sonc ottenuto tramite il processo di ortonormalizzazione di G.S. a partire
dalla famiglia libera di vettori t
n
e
1
2
t
2
, a meno di fattori di fase unitari,
baster`a vericare che essa soddisfa le condizioni (i)-(iii).
Verichiamo in primo luogo che la famiglia (1) soddisfa la condizione (i) di
ortonormalit`a. Dato che i vettori di tale famiglia sono gi`a normalizzati, baster`a
dimostrare che
_
h
n
[[h
n
[[
h
p
[[h
p
[[
_
= 0 per n ,= p
ovvero che
h
n
[h
p
) = 0 per n ,= p
Per semplicit`a del discorso supporremo che p < n e considereremo
h
n
[h
p
) =
_
e
t
2
H
n
(t) H
p
(t) dt = (1)
n
_
H
p
(t)
d
n
dt
n
e
t
2
dt
Essendo H
p
un polinomio di grado p, lintegrale ora scritto sar`a uguale ad una
somma di termini del tipo:
_
t
m
d
n
dt
n
e
t
2
dt con 0 m p < n <
5.3. Polinomi di Hermite 81
integrando per parti tali termini si ha:
_
t
m
d
n
dt
n
e
t
2
dt = t
m
d
n1
dt
n1
e
t
2
m
_
t
m1
d
n1
dt
n1
e
t
2
dt =
= m
_
t
m1
d
n1
dt
n1
e
t
2
dt = . . .
= (1)
m
m!
_
d
nm
dt
nm
e
t
2
dt
= (1)
m
m!
d
nm1
dt
nm1
e
t
2
= 0
Ci` o dimostra che la famiglia (1) e ortonormale. Passiamo ora alla condizione
(ii). Dalla (5.6) abbiamo che
h
n
|h
n
|
=
1
|h
n
|
H
n
(t)e
1
2
t
2
con H
n
(t) polinomio di grado n; ossia esso si ottiene dalla combinazione lineare
dei primi n termini della famiglia t
n
e
1
2
t
2
:
(2)
h
n
|h
n
|
=
_
_
n
j=0
a
nj
t
j
_
_
e
1
2
t
2
, con a
nn
,= 0
In questo modo si sono vericate le condizioni (i) e (ii) relative al procedimento di
ortonormalizzazione di Gram-Schmidt; la condizione (iii) si verica banalmente
tramite lo stesso procedimento usato nel paragrafo 5.2 una volta osservato che,
per ogni n ssato, si tratta di trovare degli scalari b
n0
, b
n1
, . . . , b
nn
con b
nn
,= 0
in modo che sia
t
n
e
1
2
t
2
=
n
i=0
b
ni
h
i
(t)
|h
i
(t)|
= per la (2) =
=
_
_
n
i=0
b
ni
_
_
i
j=0
a
nj
t
j
_
_
_
_
e
1
2
t
2
ovvero
(5.7) t
n
= b
n0
a
00
+ b
n1
(a
10
+a
11
t) + b
n2
(a
20
+a
21
t +a
22
t
2
) +
+ b
n3
(a
30
+a
31
t +a
32
t
2
+a
33
t
3
) + . . . + b
nn
(a
n0
+a
n1
t + . . . +a
nn
t
n
)
che non e nientaltro che la (7) della proposizione 5.2.1, paragrafo 5.2. La
completezza del sistema si dimostra utilizzando la trasformata di Fourier; questa
dimostrazione verr`a fatta successivamente.
Teorema 5.3.8 La norma di ogni funzione di Hermite e data da
|h
n
(t)|
2
=
_
H
n
(t)
2
e
t
2
dt = 2
n
(n!)
)
1
2
_
H
n
(t)e
1
2
t
2
Dimostrazione. Integrando per parti n volte, come nel precedente teorema,
e ricordando che dalla (5.5) si ha che il coecente del termine di grado n del
polinomio H
n
e 2
n
, avremo che
|h
n
| =
_
H
n
(t)H
n
(t)e
t
2
= (1)
n
_
H
n
(t)
d
n
dt
n
e
t
2
dt =
=
_
H
(n)
n
(t)et
2
dt = 2
n
n!
_
e
t
2
dt = 2
n
n!
0
H
n
(t)
n!
x
n
rispetto a t abbiamo
2xe
2xtx
2
=
0
H
t
n
(t)
n!
x
n
ovvero
0
2
H
n
(t)
n!
x
n+1
=
0
H
t
n
(t)
n!
x
n
Uguagliando i coecienti di x
n
nei due membri di questa espressione si ha
2H
n1
(t)
(n 1)!
=
H
t
n
(t)
n!
(n = 1, 2, . . .)
cioe la (5.9),
(1) H
t
n
= 2nH
n1
Dal questa si ottiene
(2) H
t
n+1
= 2(n + 1)H
n
5.3. Polinomi di Hermite 83
Derivando rispetto a x e a t la funzione generatrice
x
e
2xtx
2
= 2(t x)e
2xtx
2
t
e
2xtx
2
= 2xe
2xtx
2
e dividendo la prima per la seconda si ottiene:
(t x)
t
e
2xtx
2
= x
x
e
2xtx
2
Inserendo in questa equazione la denizione della funzione generatrice si ottiene
0
tH
t
n
(t)
n!
x
n
0
nH
t
n1
(t)
n!
x
n
=
1
nH
n
(t)
n!
x
n
eguagliando i coecienti si avr`a allora
tH
t
n
nH
t
n1
= nH
n
o analogamente
tH
t
n+1
(n + 1)H
t
n
= (n + 1)H
n+1
Sostituendo in questa le espressioni (1) e (2) delle H
t
n
e H
t
n+1
segue inne
2tH
n
2nH
n1
= H
n+1
2ty
y = 0
il polinomio di Hermite H
n
e un autovettore di L corrispondente allau-
tovalore
= 2n
5.4 Polinomi di Laguerre
Consideriamo lo spazio di Hilbert L
2
(0, ) ed in esso la famiglia di funzioni
t
n
e
1
2
t
: n = 0, 1, 2, . . .
ottenuta moltiplicando ogni elemento della famiglia t
n
di (
(0, ) per la
funzione peso w(t) = e
1
2
t
.
Teorema 5.4.1 La famiglia t
n
e
1
2
t
e una famiglia linearmente indipendente
in L
2
(0, ).
Dimostrazione. Dimostriamo che la famiglia appartiene ad L
2
(0, ). Poiche
lim
]t]
t
n
e
1
2
t
= 0
ed essendo le funzioni t
n
e
1
2
t
continue, esse sono maggiorate da qualche costante
n
> 0. Allora
_
0
t
2n
e
t
dt
2n
_
0
e
1
2
t
dt =
2n
2 <
Ovvero t
n
e
1
2
t
L
2
(0, ). Inoltre, essendo e
1
2
t
,= 0, per ogni t R, la
equazione
n
k
_
t
k
e
1
2
t
_
= e
1
2
t
_
n
k
t
k
_
= 0, t R
e soddisfatta sse
0
=
1
= . . . = 0.
Tramite il processo di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt e possibile ot-
tenere una famiglia u
n
, unica a meno di fattori di fase unitari, soddisfacente
le condizioni:
(i) u
n
`e un son
(ii) u
n
(t) =
n
j=0
a
nj
t
j
e
1
2
t
, a
nn
,= 0
5.4. Polinomi di Laguerre 85
(iii) t
j
e
1
2
t
=
n
i=0
b
ni
u
i
(t), b
nn
,= 0
Osservazione 5.4.2 Dalla (ii) si ricava che lelemento u
n
del son si pu`o
esprimere nel seguente modo
u
n
(t) = L
n
(t)e
1
2
t
ove
L
n
(t) =
n
j=0
a
nj
t
j
, a
nn
,= 0
e un opportuno polinomio di grado n.
Esempio 5.4.3 Determiniamo i primi due elementi del son costruito tramite il
procedimento di G.S. a partire dalla famiglia libera
| t
n
e
1
2
t
.
Iniziamo dal primo elemento.
q
0
= e
1
2
t
da cui [[q
0
[[ =
__
0
e
t
dt
_1
2
= 1
e, quindi
u
0
=
q
0
[[q
0
[[
= e
1
2
t
da cui L
0
= 1
Passiamo ora al secondo elemento. Sappiamo che
q
1
= te
1
2
t
_
u
0
te
1
2
t
_
u
0
ma
_
u
0
te
1
2
t
_
=
_
0
e
t
tdt = 1
per cui
[[q
1
[[
2
=
_
0
(t
2
e
t
+ e
t
2te
t
)dt = 1
concludendo che
u
1
=
q
1
[[q
1
[[
= (t 1)e
1
2
t
da cui L
1
= (t 1)
0
(1)
nk
_
n
k
_
2
k!t
nk
Si osservi che il coecente del termine di grado massimo del polinomio L
n
(t) e
(1)
n
.
86 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
Dimostrazione. Noi sappiamo che
d
n
fg
dt
n
=
n
0
_
n
k
_
d
k
f
dt
k
d
nk
g
dt
nk
Pertanto, dalla (5.11), segue che
L
n
(t) = e
t
n
0
_
n
k
_
d
k
t
n
dt
k
d
nk
e
t
dt
nk
= e
t
n
0
_
n
k
_
n!
(n k)!
t
nk
(1)
nk
e
t
=
n
0
_
n
k
_
2
t
nk
k!(1)
nk
1
2
t
_
`e una base ortonormale di L
2
(0, ) ottenuta applicando il procedimento di
ortonormalizzazione di G.S. alla famiglia t
n
e
1
2
t
. Le funzioni l
n
vengono
chiamate funzioni di Laguerre mentre i polinomi L
n
sono detti polinomi di La-
guerre di grado n. La (5.11) e detta formula di Rodrigues per i polinomi di
Laguerre.
5.4. Polinomi di Laguerre 87
Dimostrazione. La prima aermazione, ovvero che L
n
e un polinomio di grado
n, e stata dimostrata nel precedente teorema. Per vericare che
_
l
n
n!
_
e un son
baster`a dimostrare che l
n
[l
m
) = 0, m ,= n e |l
n
| = n!. Supposto m n,
avremo
(1) l
n
[l
m
) =
_
0
e
t
L
n
(t)L
m
(t)dt =
_
0
L
m
(t)
d
n
t
n
e
t
dt
n
dt
dal fatto che L
m
e un polinomio di grado m lintegrale sopra scritto sar`a uguale
ad una somma di termini del tipo:
_
0
t
p
d
n
t
n
e
t
dt
n
dt, 0 p m n <
integrando per parti si ha:
_
0
t
p
d
n
t
n
e
t
dt
n
dt = t
p
d
n1
t
n
e
t
dt
n1
0
p
_
0
t
p1
d
n1
t
n
e
t
dt
n1
dt
= p
_
0
t
p1
d
n1
t
n
e
t
dt
n1
dt = . . .
= (1)
p
p!
_
0
d
np
t
n
e
t
dt
np
dt
A questo punto possiamo considerare due casi.
Caso p = n. Rispetto al quale risulta
(2)
_
0
t
n
d
n
t
n
e
t
dt
n
dt = (1)
n
n!
_
0
t
n
e
t
dt = (1)
n
(n!)
2
Caso p < n. Rispetto al quale risulta
(3)
_
0
t
p
d
n
t
n
e
t
dt
n
dt = (1)
p
p!
d
np1
t
n
e
t
dt
np1
0
= 0
Utilizzando questi risultati e tenendo presente che L
n
(t) e un polinomio di grado
n con coecente del termine di grado n uguale a (1)
n
, dalla (1) e dalla (2)
seguir`a
|l
n
|
2
=
_
0
L
n
(t)d
n
_
t
n
e
t
t
n
_
dt = (1)
n
_
0
t
n
_
d
n
t
n
e
t
t
n
_
dt =
= (1)
n
(1)
n
(n!)
2
= (n!)
2
mentre se m ,= n, supponendo senza perdere in generalit`a che m < n, per la (3)
avremo che
l
n
[l
m
) = 0
Ci` o dimostra che la famiglia
_
l
n
n!
_
e ortonormale inoltre, essendo l
n
=
L
n
e
1
2
t
, con L
n
polinomio di grado n, essa si ottiene dalla combinazione lineare
di termini della famiglia t
n
e
1
2
t
. Lultima condizione relativa al procedi-
mento di ortonormalizzazione di G.S. segue banalmente. Prima di passare alla
dimostrazione della completezza del sistema ortonormale delle funzioni di La-
guerre ricaviamo alcuni risultati che saranno particolarmente utili a tal ne.
xt
1x
=
0
1
n!
L
n
(t)x
n
, per x (1, 1), t R
La funzione al primo membro ora introdotta e detta funzione generatrice dei
polinomi di Laguerre.
Dimostrazione. Ricordiamo il seguente risultato sulla serie binomiale (vedi
T.M. Apostol, Mathematical Analysis, Addison-Wesley, 1974, paragrafo 9.21)
valido per ogni a R
(1 +t)
a
=
n=0
_
a
n
_
t
n
, 1 < t < 1
ove
_
a
n
_
:=
a(a 1) . . . (a n + 1)
n!
Dimostriamo ora la (5.13)
e
tx
1x
1 x
=
1
1 x
j=0
(1)
j
_
tx
1 x
_
j
1
j!
=
j=0
1
j!
(1)
j
t
j
x
j
(1 x)
j1
=
j=0
1
j!
(1)
j
t
j
x
j
k=0
(j 1) . . . (j k)
k!
(1)
k
x
k
=
j=0
k=0
(1)
j+2k
(j +k)!
k! (j!)
2
t
j
x
j+k
Ponendo j + k = n ed eliminando k si ha:
e
tx
1x
1 t
=
n=0
j=0
(1)
j
n!
(j!)
2
(n j)!
t
j
x
n
essendo j = n k
e
tx
1x
1 x
=
n=0
_
1
n!
n
k=0
(1)
nk
_
n
k
_
2
k!t
nk
_
x
n
=
0
L
n
(t)
n!
x
n
n=o
m
n
(m+ 1)
n+1
l
n
(t)
n!
ove la serie al secondo membro e convergente sia punto per punto per ogni t R
che in media quadratica.
5.4. Polinomi di Laguerre 89
Dimostrazione. Se nella (5.14) poniamo x =
m
m+1
< 1 avremo che per ogni
t R
1
1
m
m+1
e
t
m
m+1
1
m
m+1
=
n=0
1
n!
L
n
(t)
_
m
m+ 1
_
n
da cui ricaviamo
e
mt
=
n=0
1
n!
m
n
(m+ 1)
n+1
L
n
(t)
e, inne,
e
mt
e
1
2
t
=
n=0
m
n
(m+ 1)
n+1
L
n
(t)e
1
2
t
n!
=
n=0
m
n
(m+ 1)
n+1
l
n
(t)
n!
Passiamo ora a dimostrare il secondo punto. Sappiamo che il sistema innito
numerabile di Laguerre
_
l
n
n!
_
e ortonormale. Considerata allora la successione
di scalari
n
=
m
n
(m+ 1)
n+1
la corrispondente serie dei quadrati dei moduli
n=0
[
n
[
2
=
1
(m+ 1)
2
n=0
_
m
m+ 1
_
2n
per m = 0 e ovviamente convergente mentre per m ,= 0 e il prodotto della quan-
tit` a costante
1
(m+1)
2
per la serie geometrica convergente di ragione
_
m
m+1
_
2
< 1
e quindi sar`a essa pure convergente. Da questo risultato, per il teorema di
Fisher-Riesz abbiamo che la serie
n
l
n
n!
e convergente nello spazio di Hilbert
L
2
(0, ). Siccome questa serie converge punto per punto, per ogni t (0, ),
alla funzione e
mt
1
2
t
ed e di Cauchy in L
2
(0, ), essa e convergente alla stessa
funzione rispetto alla norma di L
2
(0, ).
Lemma 5.4.9 Se f L
2
(0, ), per ogni > 0 esiste un polinomio in e
t
p
_
e
t
_
=
n
m=0
m
e
mt
tale che
_
_
_f(t) e
1
2
t
p
_
e
t
_
_
_
_ <
Dimostrazione. Posto f
1
(t) = e
1
2
t
f(t) denita per t (0, ) e operata la sos-
tituzione t = log
_
1
y
_
, (da cui dt = y
1
dy), otteniamo la funzione f
1
_
log
1
y
_
=
90 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
1
y
f
_
log
1
y
_
, denita per y (0, 1). Dal fatto che f(t) L
2
(0, ) segue che
f
1
_
log
1
y
_
L
2
(0, 1); infatti
_
0
[f(t)[
2
dt =
_
0
1
f
_
log
1
y
_
2
y
1
dy =
=
_
1
0
f
_
log
1
y
_
2
y
1
dy
Applicando il teorema di approssimazione di Weierstrass nello spazio L
2
(0, 1)
avremo che per ogni > 0 esiter`a un polinomio in y tale che
_
_
_
_
f
1
_
log
1
y
_
p(y)
_
_
_
_
2;(0,1)
<
ma
_
_
_
_
f
1
_
log
1
y
_
p(y)
_
_
_
_
2;(0,1)
=
_
1
0
f
1
_
log
1
y
_
p(y)
2
dy
=
_
0
f
1
(t) p
_
e
t
_
2
e
t
dt
=
_
0
e
1
2
t
f(t) p
_
e
t
_
2
e
t
dt
=
_
_
_f(t) e
1
2
t
p
_
e
t
_
_
_
_
2;(0,)
m=0
m
e
mt
1
2
t
_
_
_
_
_
=
_
_
_
_
_
f
n
m=0
m
_
n=0
m
n
(m+ 1)
n+1
l
n
n!
__
_
_
_
_
=
_
_
_
_
_
f
n=0
_
n
m=0
m
m
n
(m+ 1)
n+1
_
l
n
n!
_
_
_
_
_
<
Essendo
n=0
_
n
m=0
m
m
n
(m+ 1)
n
_
l
n
n!
_
l
n
n!
_
il teorema e dimostrato.
Teorema 5.4.11 Il polinomio di Laguerre L
n
soddisfa lequazione dierenziale
(5.15) ty
+ (1 t)y
t
+ ny = 0
5.4. Polinomi di Laguerre 91
Dimostrazione.
L
n
(t) = e
t
d
n
t
n
e
t
dt
L
t
n
(t) = e
t
d
n+1
t
n
e
t
dt
n+1
+ e
t
d
n
t
n
e
t
dt
n
L
n
(t) = e
t
d
n
t
n
e
t
dt
n
+ 2e
t
d
n+1
t
n
e
t
dt
n+1
+ e
t
d
n+2
t
n
e
t
dt
n+2
Pertanto, la equazione (5.15) sar`a soddisfatta da L
n
sse
te
t
d
n
t
n
e
t
dt
n
+ 2te
t
d
n+1
t
n
e
t
dt
n+1
+ te
t
d
n+2
t
n
e
t
dt
n+2
+
+ (1 t)e
t
d
n+1
t
n
e
t
dt
n+1
+ e
t
(1 t)
d
n
t
n
e
t
dt
n
+ ne
t
d
n
t
n
e
t
dt
n
= 0
ovvero, sse
(1) (1 +t) e
t
d
n+1
t
n
e
t
dt
n+1
+ (1 + n)e
t
d
n
t
n
e
t
dt
n
+ e
t
t
d
n+2
t
n
e
t
dt
n+2
= 0
Usando la formula per la derivata di un prodotto si ottiene la seguente forma
estesa della (1).
(1 +t)
n+1
k=0
_
n + 1
k
_
d
k
t
n
dt
k
d
n+1k
e
t
dt
n+1k
+ (1 + n)
n
k=0
_
n
k
_
d
k
t
n
dt
k
d
nk
e
t
dt
nk
+
+ t
n+2
k=0
_
n + 2
k
_
d
k
t
n
dt
k
d
n+2k
e
t
dt
n+2k
= 0
ulteriormente esplicitata nella
(1 +t)
n
k=0
_
n + 1
k
__
n
k
_
k! (1)
n+1k
t
nk
+
+ (1 + n)
n
k=0
_
n
k
_
2
k! (1)
nk
t
nk
+
+
n
k=0
_
n + 2
k
__
n
k
_
k!(1)
nk
t
nk+1
= 0
che con un ulteriore passaggio si trasforma nella
n
k=0
_
n + 1
k
__
n
k
_
k! (1)
n+1k
t
nk
+ (1 + n)
n
k=0
_
n
k
_
2
k! (1)
nk
t
nk
+
n
k=0
__
n + 2
k
_
_
n + 1
k
__ _
n
k
_
k!(1)
nk
t
nk+1
= 0
92 CAPITOLO 5. SONC in spazi funzionali
ovvero
(2)
n
k=0
_
n + 1
k
__
n
k
_
k! (1)
n+1k
t
nk
+
+ (1 + n)
n
k=0
_
n
k
_
2
k! (1)
nk
t
nk
+
+
n1
k=1
__
n + 2
k + 1
_
_
n + 1
k + 1
__ _
n
k + 1
_
(k + 1)!(1)
nk1
t
nk
= 0
Si verica facilmente che i coecenti dei termini di grado n + 1 e 0 sono nulli.
Infatti, il coecente del termine di grado n + 1 e
__
n + 2
0
_
_
n + 1
0
__ _
n
0
_
0!(1)
n
che e 0, ed e 0 anche (n + 1)n! + (1 + n)n! che e il coecente del termine di
grado 0.
Essendo la (2) un polinomio, esso risulter`a identicamente nullo per ogni t
sse i coecienti dei termini di ogni grado sono nulli. I coecenti non nulli del
polinomio (2) sono i coecenti dei termini di grado n, n 1, . . . , 1 e, quindi,
dovr`a essere per j = 0, 1, . . . , n 1.
(3)
_
n + 1
j
__
n
j
_
j!(1)
nj+1
+ (1 +n)
_
n
j
_
2
(1)
nj
j!+
+
__
n + 2
j + 1
_
_
n + 1
j + 1
__ _
n
j + 1
_
(j + 1)!(1)
nj+1
= 0
Apportando una ulteriore semplicazione abbiamo che la (3) si riconduce
alla
(4)
_
n + 1
j
__
n
j
_
+(1+n)
_
n
j
_
2
+
__
n + 1
j + 1
_
_
n + 2
j + 1
__ _
n
j + 1
_
(j +1) = 0
Tenuto presente che, come si pu`o facilmente vericare,
_
n
j + 1
_
=
_
n
j
_
n j
j + 1
(5)
_
n + 2
j + 1
_
=
_
n + 1
j + 1
_
+
_
n + 1
j
_
(6)
si avr`a che la (4) pu`o porsi nella forma
(n j + 1)
_
n + 1
j
_
+ (1 +n)
_
n
j
_
= 0
la quale e ovviamente soddisfatta essendo riconducibile alla
(n + 1)!
j!(n j)!
+
(n + 1)!
j!(n j)!
= 0
Abbiamo cos` dimostrato che il polinomio di Laguerre L
n
soddisfa lequazione
dierenziale (5.15).
5.4. Polinomi di Laguerre 93
Osservazione 5.4.12 Se introduciamo loperatore dierenziale lineare
opportunamente denito in L
2
(0, )
L = t
d
2
dt
2
+ (1 t)
d
dt
allora il polinomio di Laguerre L
n
e un autovettore delloperatore L cor-
rispondente allautovalore = n; ossia e una soluzione dellequazione
agli autovalori
Ly = y
altrimenti scritta
ty
+ (1 t)y
y = 0
corrispondente allautovalore
= n
Capitolo 6
SONC trigonometrici ed
esponenziali di Fourier
6.1 Sonc trigonometrico ed esponenziale
di Fourier
Passiamo ora a studiare i pi` u classici sonc nello spazio di Hilbert
L
2
[, ]: il sonc esponenziale e quello trigonometrico.
Proposizione 6.1.1 Nello spazio di Hilbert L
2
[, ] la famiglia di vettori
_
e
n
(t) := (2)
1
2
e
int
: n Z
_
e un son, chiamato son esponenziale.
Dimostrazione. Poiche 2
1
2
e
int
([, ] per ogni n Z, queste funzioni
sono integrabili alla Riemann, e quindi il loro integrale alla Riemann coincide
con il loro integrale alla Lebesgue. Si ha poi
_
e
n
e
m
_
=
_
e
m
e
n
dt =
1
2
_
e
i(nm)t
dt
=
_
_
_
|e
n
|
2
= 1, n = m
e
i(nm)t
2i(nm)
= 0, n ,= m
Pertanto
_
e
n
e
m
_
=
n,m
, e quindi il sistema e ortonormale. Per ci`o che
riguarda la completezza di questo son, aronteremo il problema studiando prima
il caso trigonometrico.
Proposizione 6.1.2 In L
2
[, ] la famiglia di vettori
e
0
(t) : =
1
2
f
n
(t) : =
1
cos(nt), (n = 1, 2, . . .)
g
n
(t) : =
1
sin(nt), (n = 1, 2, . . .)
e un son detto son trigonometrico .
96 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
Dimostrazione. Lortonormalit`a discende dalla ortonormalit`a del son espo-
nenziale tramite le formule di Eulero
f
n
(t) =
1
cos(nt) =
e
int
+e
int
2
(1)
g
n
(t) =
1
sin(nt) =
e
int
e
int
2i
(2)
Da (1) e (2) discende allora che:
f
n
(t) =
e
int
+e
int
2
=
2
1
2
e
int
+
1
2
e
int
2
=
e
n
+e
n
2
g
n
(t) =
e
int
e
int
2i
=
2
1
2
e
int
2
e
int
2i
=
e
n
e
n
i
2
Da cui si ottiene
f
n
[f
m
) =
_
e
int
+e
int
2
e
imt
+e
imt
2
_
=
1
4
_
e
int
[e
imt
_
+
e
int
[e
imt
_
+
e
int
[e
imt
_
+
e
int
[e
imt
__
=
1
2
e
n
[e
m
) +e
n
[e
m
)
e
n
[e
m
) +e
n
[e
m
) =
n,m
In maniera analoga si dimostra che g
n
: n N e ortonormale, quindi, sem-
pre con la stessa procedura, si possono vericare tutti gli altri casi possibili,
giungendo alla conclusione che la famiglia e un son.
Per dimostrare la completezza del son trigonometrico, ci serviamo di alcuni
lemmi.
Lemma 6.1.3 Per ogni n N e per ogni x [, ] si ha:
(6.1)
n
k=1
e
ikx
= e
i
x(n+1)
2
sin
nx
2
sin
x
2
da cui si ricava
(6.2)
1
2
+
n
k=1
cos(kx) =
sin
2n+1
2
x
2 sin
1
2
x
Dimostrazione.
_
1 e
ix
_
n
k=1
e
ikt
=
n
k=1
_
e
ikx
e
i(k+1)x
_
= e
ix
e
2ix
+e
2ix
e
3ix
+. . . e
i(n+1)x
= e
ix
e
i(n+1)x
6.1. Sonc trigonometrico ed esponenziale 97
Pertanto:
(1)
n
k=1
e
ikx
= e
ix
1 e
inx
1 e
ix
Ma
e
ix
1 e
inx
1 e
ix
= e
ix
e
inx
1
e
ix
1
= e
ix
_
e
i
nx
2
1
e
i
nx
2
_
e
i
nx
2
_
e
i
x
2
1
e
i
x
2
_
e
i
x
2
= e
i
x
2
(n+1)
e
i
n
2
x
e
i
n
2
x
e
i
x
2
e
i
x
2
= e
i
x
2
(n+1)
sin
_
n
2
x
_
sin
_
x
2
_
Sostituito quest ultimo risultato nella (1), otteniamo:
n
k=1
e
ikx
= e
i
x(n+1)
2
sin
nx
2
sin
x
2
Considerando la parte reale della precedente uguaglianza, si ottiene:
n
k=1
cos ky =
cos
x(n+1)
2
sin
nx
2
sin
x
2
= (tramite prostasferesi)
=
1
2
+
1
2
sin
(2n+1)x
2
sin
x
2
f(x) sin(nx)dx = 0
Dimostrazione. Presa f L
2
[, ], considerato il son trigonometrico e
0
, f
n
, g
n
,
la diseguaglianza di Bessel 3.2.5 in questo caso diviene:
_
[e
0
[f)[
2
+
_
g
n
f
_
2
+
_
f
n
f
_
2
_
|f|
2
e ne segue dunque che le serie
1
[f
n
[f)[
2
e
1
[g
n
[f)[
2
sono convergenti in R
+
, e questo implica che
lim
n
f
n
[f) = lim
n
g
n
[f) = 0
che e la tesi.
98 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
Lemma 6.1.5 Per ogni n N e ogni x [, ] vale la uguaglianza
(6.4)
n1
k=0
sin(2k + 1)x =
sin
2 nx
2
sin
x
2
.
Dimostrazione.
n
k=1
e
i(2k1)
x
2
= e
i
x
2
n
k=1
e
ikx
= (dalla (6.1) del lemma 6.1.3)
= e
i
x
2
e
i
x(n+1)
2
sin
nx
2
sin
x
2
= e
i
nx
2
_
sin
nx
2
sin
x
2
_
ossia
n
k=1
e
i(2k1)
x
2
= e
i
nx
2
sin
nx
2
sin
x
2
e la parte immaginaria di questa coincide con la tesi.
Consideriamo ora, per ogni f L
2
[, ], la successione:
(6.5) S
n
(x) =
1
2
a
0
+
n
k=1
(a
k
cos(kx) +b
k
sin(kx))
ove
a
0
=
1
f(t)dt
a
k
=
1
f(t) cos(kt)dt
b
k
=
1
f(t) sin(kt)dt
Queste quantit`a sono legate ai coecienti di Fourier della f rispetto al son
trigonometrico dalle relazioni
e
0
[f) =
1
2
_
f(t)dt =
_
2
a
0
(6.6a)
f
k
[f) =
1
f(t) cos(kt)dt =
a
k
(6.6b)
g
k
[f) =
1
f(t) sin(kt)dt =
b
k
(6.6c)
Esempio 6.1.6 Nel caso particolare della funzione
f(x) = 1 per ogni x [, ]
si ricava immediatamente che
a
0
=
1
dt = 2
a
k
=
1
k
_
cos(kt)d(kt) =
1
k
_
k
k
cos d = 0 (k = 1, 2, . . .)
b
k
=
1
k
_
sin(kt)d(kt) =
1
k
_
k
k
sind = 0 (k = 1, 2, . . .)
6.1. Sonc trigonometrico ed esponenziale 99
Pertanto avremo che in questo caso
S
n
(x) = 1 (n = 1, 2, . . .)
k=1
_
f
x
[f) f
k
+g
k
[f) g
k
_
ossia S
n
e la somma parziale di posto n dello sviluppo in serie di Fourier
della f rispetto al son trigonometrico. Pertanto, il son trigonometrico e
completo sse e
(6.7) f /
2
[, ] f = lim
n
S
n
ove la convergenza coinvolta in questo limite e la convergenza in media
quadratica:
lim
n
_
[f(t) S(t)[
2
dt = 0 .
Ricordiamo che su un compatto la convergenza in media quadratica im-
plica la convergenza in media.
Facciamo ora osservare che la funzione S
n
introdotta dalla (6.5) si pu`o
ritenere denita non solo sullintervallo [, ], ma sullintero asse reale R:
S
n
(x) =
1
2
a
0
+
n
k=1
(a
k
cos(kx) +b
k
sin(kx)) per ogni x R
In questo caso S
n
e una funzione periodica di periodo 2, ossia soddisfa la
condizione
S
n
(x) = S
n
(x + 2) per ogni x R
Questo risultato e una immediata conseguenza del fatto che le funzioni seno e
coseno sono periodiche di periodo 2
Da ci`o segue che potremo considerare le funzioni S
n
non solo come somme
parziali di posto n nello sviluppo in serie di Fourier della f L
2
[, ] rispetto
al son trigonometrico, ma, una volta estesa la f per periodicit`a (di periodo 2)
sullintero asse reale, la S
n
risulta essere in un certo senso la somma parziale
della nuova funzione cos` ottenuta, che per semplicit`a indicheremo ancora con
f. Si osservi che al pi` u bisogna ridenire nel punto la f da cui si parte in
modo tale che risulti f() = f(). Ma in questo caso si ottiene ancora una
funzione uguale q.d. alla funzione data e quindi si considera sostanzialmente lo
stesso elemento di L
2
[, ].
Dora in avanti consideremo, salvo avviso contrario, sia la f che le S
n
come
denite sullintero asse reale con il procedimento di estensione per periodicit`a
visto sopra. Verichiamo ora che per ogni a R si ottiene che:
(6.8)
_
a
0
f(t)dt =
_
a+2
2
f(t)dt
100 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
Infatti, da f(x) = f(x + 2), posto t = x + 2, ricaviamo che
f(t) = f(t 2) per ogni t R
e perci`o
_
a+2
2
f(t)dt =
_
a+2
2
f(t 2)dt =
_
a
0
f(s)ds
Da questo risultato segue che
(6.9)
_
2
0
f(t)dt =
_
a+2
a
f(t)dt
Infatti
_
2
0
f(t)dt =
_
a
0
f(t)dt +
_
a+2
a
f(t)dt +
_
2
a+2
f(t)dt
=
_
a
0
f(t)dt
_
a+2
2
f(t)dt +
_
a+2
a
f(t)dt
=
_
a+2
a
f(t)dt
Dalla relazione (6.9), nel caso a = 2k, si ottiene
_
2(k+1)
2k
[f(t) S
n
(t)[
2
dt =
_
2
0
[f(t) S
n
(t)[
2
dt =
_
[f(t) S
n
(t)[
2
dt
ove lultima ugualgianza segue sempre dalla relazione (6.9) considerata nel caso
particolare a = . Pertanto se il son trigonometrico e completo dovr`a essere
lim
n
_
2(k+1)
2k
[f(t) S
n
(t)[
2
dt = 0 per k = 0, 1, 2, . . .
Dalle relazioni (6.5) otteniamo
S
n
(x) =
1
2
_
f(t)dt +
n
k=1
1
_
cos(kx)
_
f(t) cos(kt)dt
+sin(kx)
_
f(t) sin(kt)dt
_
=
1
f(t)
_
1
2
+
n
k=1
[cos(kx) cos(kt) + sin(kx) sin(kt)]
_
dt
=
1
f(t)
_
1
2
+
n
k=1
[cos k(t x)]
_
= (per la (6.2))
=
1
f(t)
sin
2n+1
2
(t x)
2 sin
tx
2
6.1. Sonc trigonometrico ed esponenziale 101
ossia
(6.10) S
n
(x) =
1
f(t)
sin
2n+1
2
(t x)
2 sin
1
2
(t x)
dt
Lintegrale al secondo membro della (6.10) e detto integrale di Dirichlet.
Eettuiamo ora un cambiamento di variabile, ponendo t x = y. Poiche
la funzione sotto il segno dintegrazione nella (6.10) e periodica di periodo 2
lintegrale di questa funzione su ogni segmento di lunghezza 2, per la (6.9),
ha lo stesso valore. Per tale ragione, integrando rispetto alla nuova variabile y,
possiamo lasciare gli stessi limiti di integrazione: e .
Si ha:
(6.11) S
n
(x) =
1
f(x +y)
sin
2n+1
2
y
2 sin
1
2
y
dy
La funzione
(6.12) D
n
(y) =
1
2
sin
2n+1
2
y
2 sin
1
2
y
e chiamato nucleo di Dirichlet.
Siamo ora in grado di introdurre il teorema di Fejer. Sia
S
k
(x)
a
0
2
+
k
j=1
(a
j
cos(jx) +b
j
sin(jx))
la somma parziale dordine k della serie di Fourier associata alla funzione f.
Poniamo
(6.13)
n
(x) =
S
0
(x) +S
1
(x) +. . . +S
n1
(x)
n
=
n1
k=0
S
k
(x)
n
La funzione
n
e detta somma di Fejer di ordine n della funzione f e, dalla
sua denizione, si vede che essa e la media artimetica delle somme parziali di
Fourier
S
0
, S
1
, . . . , S
n1
.
Dalla denizione (6.13), tenuto conto del valore di S
k
(x) trovato in (6.11), si
ricava:
n
(x) =
1
2n
_
_
n1
k=0
sin
2k+1
2
y
sin
1
2
y
_
f(x +y)dy = dalla (6.4)
=
1
2n
_
_
sin
ny
2
sin
y
2
_
2
f(x +y)dy
ossia
(6.14)
n
(x) =
1
2n
_
_
sin
ny
2
sin
y
2
_
2
f(x +y)dy
102 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
e tale integrale e chiamato integrale di Fejer. Lespressione
(6.15)
n
(y) =
1
2n
_
sin
ny
2
sin
y
2
_
2
si chiama nucleo di Fejer . La formula (6.14) pu`o anche essere scritta come
(6.16)
n
(x) =
_
n
(y)f(x +y)dy.
Lemma 6.1.8 Il nucleo di Fejer soddisfa le seguenti propriet`a
(i)
n
(y) 0;
(ii)
_
n
(y)dy = 1 per ogni n N;
(iii) Per ogni ssato tale che 0 < < , risulta:
() :=
_
n
(y)dy =
_
n
(y)dy
n+
0
Dimostrazione. La (i) e unovvia conseguenza della denizione di
n
(y).
(ii). Se nella (6.5) si prende f 1, utilizzando lesempio 6.1.6, si trova che
n
(x) = 1 per ogni n.
(iii). Dal fatto che sin() = sin, applicato alla alla (6.15), risulta
immediatamente:
n
() =
_
n
(y)dy =
_
n
(y)dy
Proviamo dunque che
n
() =
_
n
(y)dy
n+
0
Poiche, siny e una funzione convessa in 0, notiamo che risulta
0 < y 0 <
2
y
2
2
sin
y
2
2y
Ne segue che:
_
sin
ny
2
sin
y
2
_
2
_
1
sin
y
2
_
2
_
2
_
2
e la (iii) segue da questultima.
Siamo ora pronti per enunciare e dimostrare il teorema di Fej`er.
Teorema 6.1.9 Sia f una funzione continua, periodica di periodo 2. Allora
la sucessione
n
delle sue somme di Fej`er, converge uniformemente ad f su
tutto R.
6.1. Sonc trigonometrico ed esponenziale 103
Dimostrazione. Poiche f e continua e periodica, essa e limitata ed uniforme-
mente continua (vedi Appendice in fondo alla sezione) su tutto R, ossia
Limitata:
M R
+
: x R, [f(x)[ M,
Uniformemente continua:
> 0, > 0 : [x
tt
x
t
[ < [ f(x
tt
) f(x
t
) [< /2
ove non dipende da .
Prima di tutto diciamo che, una volta ssato > 0, il che esiste in sua
corrispondenza, e che soddisfa alla uniforme continuit`a, e del tipo < oppure
. In entrambi i casi e dunque ovvio che esiste un 0 < = min
_
,
_
<
a sua volta non dipendente da , tale che
[ x
tt
x
t
[< [ f(x
tt
) f(x
t
) [< /2
Per la dimostrazione del teorema, prendiamo > 0, e valutiamo la dierenza
f(x)
n
(x). Si ha
f(x)
n
(x) = f(x) 1
_
f(x +y)
n
(y)dy = (per la (ii) 6.1.8)
=
_
+J
0
+J
+
ove:
J
=
_
+J
0
+J
+
[ [J
[ +[J
0
[ +[J
+
[ .
Ora, grazie ad (i) e (iii) del lemma 6.1.8, otteniamo
[ J
[ 2M
n
()
[ J
+
[ 2M
n
()
mentre per luniforme continuit`a
[ J
0
[ /2
_
n
(y)dy < /2
104 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
Poiche vale la (iii) del lemma 6.1.8, per un ssato scegliamo n
0
in modo che
per n n
0
risulti 2M
n
() < /4, cosicche si avr`a:
[ f(x)
n
(x) [< /2 +/4 +/4 =
e poiche e arbitrariamente piccolo, e non dipende da , il teorema e provato.
kN
, in L
2
[, ] e comple-
to.
Dimostrazione. Dal teorema di Fejer, per ogni f (
//
[, ], si ricava che
lim
n
(x) = f(x) e poiche [, ] e compatto, sappiamo che ci`o implica 2
lim
n
(x) = f(x); ma allora, tenuto conto del fatto che ogni
n
e combinazione
lineare nita di e
0
, f
k
, g
k
kN
, segue che
(
//
[, ] Spe
0
, f
k
, g
k
(2)
kN
Ma
L
2
[, ] = (
//
[, ]
(2)
kN
Spe
0
, f
k
, g
k
(2)
kN
L
2
[, ]
implica che:
Spe
0
, f
k
, g
k
(2)
kN
= L
2
[, ]
ossia e
0
, f
k
, g
k
kN
e un sonc.
Teorema 6.1.12 Il son esponenziale `e completo.
Dimostrazione. Essendo
f
n
(x) =
1
cos(nx) =
1
2
(e
inx
+e
inx
)
g
n
(x) =
1
sin(nx) =
1
2i
(e
inx
e
inx
)
avremo che
Spe
0
, f
n
, g
n
nZ
Spe
n
nZ
L
2
[, ]
e perci`o
Spe
n
nZ
(2)
= L
2
[, ].
n
u
n
[f) u
n
ove
(6.18) u
n
[f) =
_
u
n
(t)f(t)dt .
Si intende che la convergenza della serie al secondo membro della (6.17) e sec-
ondo la norma della convergenza in media quadratica. A volte, se si ha la
necessit`a di indicare la variabile rispetto alla quale si considerano le funzioni in
gioco, useremo scrivere la (6.17) anche nel seguente modo:
(6.17) f(x)
n
u
n
[f) u
n
(x)
dove il simbolo sottolinea il fatto che la serie al secondo membro converge alla
f(x) in media quadratica e non puntualmente (in tal caso avremmo il simbolo
= invece di ).
106 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
Nel caso particolare dello spazio di Hilbert L
2
[, ], dalla dimostrazione
fatta della completezza dei son esponenziali e trigonometrici, ricaviamo che per
ogni f L
2
[, ] possiamo porre
f(x)
1
2
+
c
n
e
inx
con
c
n
= e
n
[f) =
1
2
_
f(t)e
int
dt
che e lo sviluppo della f in serie di Fourier rispetto al sonc esponenziale. Lo
sviluppo rispetto al sonc trogonometrico e invece dato da
(6.19) f(x)
1
2
c
0
+
1
1
c
t
n
cos(nx) +
1
1
c
tt
n
sin(nx)
ove
(6.20)
_
_
c
0
= e
0
[f) =
1
2
_
f(t)dt
c
t
n
= f
n
[f) =
1
f(t) cos(nt)dt
c
tt
n
= g
n
[f) =
1
f(t) sin(nt)dt
La relazione (6.19) si pone spesso sotto una forma diversa, usando nuovi
coecienti, nel seguente modo:
(6.21) f(x)
1
2
a
0
+
1
(a
n
cos(nx) +b
n
sin(nx))
ove
(6.22)
_
_
a
0
=
1
f(t)dt
a
n
=
1
f(t) cos(nt)dt
b
n
=
1
f(t) sin(nt)dt
per cui la (6.19) si ottiene dalla (6.21) tramite le sostituzioni
1
2
a
0
=
1
2
c
0
, a
n
=
1
c
t
n
, b
n
=
1
c
tt
n
Proposizione 6.2.1 Se f e pari, si ha che b
n
= 0 per ogni n (sviluppo in soli
coseni). Se f e dispari, si ha che a
n
= 0 per ogni n (sviluppo in soli seni).
Dimostrazione. Se f e pari, si ha che f(t) sin(nt) e dispari, e dunque b
n
= 0.
Analogamente se f e dispari si ha che f(t) cos(nt) e dispari, e dunque a
n
= 0,
ed in questo caso e anche a
0
= 0.
6.2. Serie di Fourier in (, ) 107
Dal risultato ottenuto sopra deduciamo facilmente lesistenza di due sonc in
L
2
[0, ].
Proposizione 6.2.2 In L
2
[0, ] le seguenti due famiglie di vettori sono due
sonc:
_
_
2
sin(nt) : n = 1, 2, . . .
_
(6.23)
_
1
,
_
2
cos(nt) : n = 1, 2, . . .
_
. (6.24)
Dimostrazione. Dimostreremo lenunciato solo per la famiglia (6.23). Laltra
dimostrazione e analoga. Prima di tutto, e facile vericare che:
(i) Per un n ssato la funzione
n
(t) = sin(nt) `e la soluzione dellequazione
dierenziale alle derivate totali del secondo ordine
y
tt
+n
2
y = 0.
(ii) Le funzioni sin(nt) si annullano nei punti t = 0 e t = .
Sia dunque n ,= m. Si ha:
(1)
tt
n
+n
2
n
= 0
(2)
tt
m
+m
2
m
= 0
Moltiplicando la prima per
m
e la seconda per
n
, sottraendo ed integrando,
avremo:
(3)
_
0
(
tt
n
tt
m
n
) + (n
2
m
2
)
_
0
m
= 0
Dalla quale, integrando per parti, si ottiene:
_
0
(
tt
n
tt
m
n
) =
=
t
n
m
[
0
__
0
t
n
t
m
_
t
m
n
[
0
+
__
0
t
m
t
n
_
= 0
essendo
n
,
m
nulle agli estremi 0 e . Dalla (3) segue che
_
0
m
= 0 ovvero
n
[
m
) = 0.
Da questo risultato, posto (t) =
_
2
sin(nt)
sin(nt)
_
=
1
sin
2
(nt)dt
108 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
e ci`o implica
(4)
_
sin
2
(nt) =
Notando, inoltre,che (t) = sin
2
(nt) e una funzione pari, se ne ricava:
_
sin
2
(nt)dt = 2
_
0
sin
2
(nt)dt
e perci`o la (4) implica che
_
0
sin
2
(nt)dt =
2
Allora
n
[
n
) =
2
_
0
sin
2
(nt)dt = 1
Abbiamo cos` provato che
_
n
(t) =
_
2
sin(nt) : n = 1, 2, . . .
_
e un son. Ci
rimane da provare che tale son e completo.
Sia f L
2
[0, ]. Deniamo
f L
2
[, ] nel seguente modo:
f(t) =
_
f(t), 0 t
f(t), t 0
La funzione
f e ovviamente dispari e perci`o il suo sviluppo di Fourier in L
2
[, ]
e dato da:
f(t)
b
n
sin(nt)
ove
b
n
=
1
f(x) sin(nx)dx
= (poiche
f(x) sin(nx) e una funzione pari)
=
2
_
0
f(x) sin(nx)dx
Pertanto
f(t)
2
1
__
0
f(x) sin(nx)dx
_
sin(nt)
ove la convergenza in media quadratica impone che:
(5)
_
f(t)
k
b
n
sin(nt)
2
dt
k+
0
Posto
g(t) :=
f(t)
k
b
n
sin(nt)
6.3. Serie di Fourier in (a, b) 109
e facile vedere che g(t) e una funzione dispari, ossia g(t) = g(t), e da ci`o
segue che
[ g(t) [
2
=[ g(t) [
2
Pertanto la (5) implica:
(6) 2
_
0
f(t)
k
b
n
sin(nt)
2
dt
k+
0
Inne, tenendo presente che nellintervallo [0, ],
f(t) = f(t), la (6) diviene:
2
_
0
f(t)
k
b
n
sin(nt)
2
dt
k+
0
Ne concludiamo che
f(t)
1
2
__
0
f(x) sin(nx)dx
_
sin(nt) =
=
1
_
_
0
f(x)
_
2
sin(nx)dx
_
_
2
sin(nt)
che pu`o anche essere scritta nella forma:
f
n
[f)
n
.
2
e
int
, n Z
1
2
L
2
[, ]
1
cos(nt), n N
1
sin(nt), n N
L
2
[0, ]
_
2
sin(nt), n N
Vogliamo ora generalizzare questi sonc al caso di intervalli [a, b] compatti
qualsiasi.
`
E facile vedere che, posto
t = 2
x a
b a
(ovvero) x =
b a
2
(t +) +a
110 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
allora t a x b e perci`o il sistema esponenziale di L
2
[, ] si
trasforma nel sistema di funzioni (a meno di un opportuno fattore di fase k
m
):
(6.25) e(x) = k
n
e
2in(
xa
ba
)
Questo sistema e ortogonale in L
2
[a, b]. Sia infatti n ,= m, allora
e
n
[ e
m
) = k
n
k
m
_
b
a
e
2i(mn)(
xa
ba
)
dx = k
n
k
m
(b a)
n,m
Pertanto e
n
[ e
m
) = 0 per n ,= m e | e
n
|
2
=[ k
n
[
2
(b a), e quindi, prendendo
nella (6.25) k
n
=
1
ba
, il sistema
(6.25) e(x) =
1
b a
e
2in(
xa
ba
)
diventa ortonormale.
Inoltre per ogni f L
2
[a, b] risulta:
|f|
2
=
_
b
a
[ f(x) [
2
dx
=
_
f
_
b a
2
(t +) +a
_
2
b a
2
dt
=
b a
2
_
_
_
_
f
_
b a
2
(t +) +a
__
_
_
_
2
()
(6.26)
ove () indica che si tratta della norma in L
2
[, ].
Essendo vera luguaglianza di Parseval per il sonc e
n
: n Z in L
2
[, ],
avremo che
_
_
_
_
f
_
b a
2
(t +) +a
__
_
_
_
2
()
=
+
_
1
2
e
int
f
_
b a
2
(t +) +a
_
_
()
2
=
+
2
_
e
int
f
_
b a
2
(t +) +a
_
dt
2
=
+
2
b a
_
b
a
e
in2
x2
ba
e
in
f(x)dx
2
=
+
2
(b a)
1
2
e
in
_
b
a
e
n
(x)f(x)dx
2
=
2
b a
+
[ e
n
[f) [
2
e pertanto, questo risultato, unito al (6.26), d`a
|f|
2
=
[
_
e
n
f
_
[
2
6.4. Sviluppo in armoniche 111
ossia il sistema ortonormale e
n
e completo.
Ragionando in maniera analoga si ottengono in L
2
[a, b] i seguenti
sonc:
Sonc esponenziale in L
2
[a, b]
e
n
(x) =
1
b a
e
2in
xa
ba
, n Z
Sonc trigonometrico in L
2
[a, b]
_
_
e
0
=
1
ba
f
n
=
_
2
ba
cos
_
2n
xa
ba
_
, n N
g
n
=
_
2
ba
sin
_
2n
xa
ba
_
, n N
Sonc dei seni in L
2
[a, b]
n
(x) =
_
2
b a
sin
_
n
x a
b a
_
, n N
Osservazione 6.3.1 Gli elementi di questo sonc possono ovviamente
essere moltiplicati per fattori di fase di modulo unitario, dando come
risultato ancora un sonc.
Esempio 6.3.2 Consideriamo lintervallo
_
e
n
(x) =
_
2
e
in
e
inx
, n Z
Sonc trigonometrico in L
2
_
_
e
0
=
_
2
f
n
=
_
cos(n) cos(nx), n N
g
n
=
_
cos(n) sin(nx), n N
Potremo allora trascurare i fattori di fase unitari, e
in
nel caso del sonc esponenziale,
cos(n) in quello trigonometrico.
6.4 Sviluppo in serie di Fourier
come sovrapposizione di armoniche semplici
Nel caso particolare dellintervallo
_
1
(a
n
cos(nt) +b
n
sin(nt))
112 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
essendo
(6.28)
_
_
a
0
=
_
/
/
f(x)dx
a
n
=
_
/
/
f(x) cos(nx)dx
b
n
=
_
/
/
f(x) sin(nx)dx
ovvero
(6.29)
_
_
e
0
[f) =
_
2
a
0
f
n
[f) =
_
a
n
g
n
[f) =
_
b
n
Analizziamo brevemente lo sviluppo in serie di Fourier di f L
2
_
. Una
funzione f, sviluppata come in (6.27), pu`o essere pensata come una funzione
denita sullintero di R e periodica di periodo T =
2
_
= cos(nt) ;
sinn
_
t +
2
_
= sin(nt) .
Facciamo ora lipotesi che la f sia reale. Allora tutti i coecienti di Fourier
(6.29) nella (6.27), ovvero i coecienti (6.28), sono pure reali, e se nella (6.27)
operiamo la sostituzione
_
a
n
= A
n
cos
n
b
n
= A
n
sin
n
essendo
_
A
n
=
_
a
2
n
+b
2
n
n
= arctan
b
n
a
n
= arcsin
b
n
a
2
n
+b
2
n
otteniamo:
(6.30) f(t)
1
2
a
0
+
1
A
n
cos(nt
n
) .
Infatti,
a
n
cos(nt) +b
n
sin(nt) = A
n
cos
n
cos(nt) +A
n
sin
n
sin(nt) =
= A
n
cos(nt
0
) .
Ponendo nella (6.30)
n
=
n
2
otteniamo
(6.31) f(t)
1
2
a
0
+
1
A
n
cos(2
n
t
n
) .
6.4. Sviluppo in armoniche 113
Le funzioni
F
n
(t) = A
n
cos(nt
n
) = a
n
cos(nt) +b
n
sin(nt)
= A
n
cos(2
n
n
) (6.32)
si dicono armoniche di rango n di f. La costante A
n
si chiama ampiezza
dellaarmonica n-esima, mentre la costante
n
si chiama fase dellarmonica.
Inne, n si dice pulsazione dellarmonica,
n
=
n
2
e la frequenza e T
n
=
2
n
e il periodo dellarmonica.
Osserviamo che, tramite la (6.32), la (6.30) pu`o scriversi come
f(t)
1
F
n
(t)
che viene chiamata decomposizione spettrale della funzione f, periodica di
periodo T
n
=
2
n
, nelle sue componenti armoniche F
n
, di ampiezza A
n
e periodo
T
n
=
2
n
=
T
n
.
Vale la proposizione che segue
Proposizione 6.4.1 Lequazione dierenziale
y
tt
+y = 0
ammette come soluzione larmonica di rango n
F
n
(t) = A
n
cos(nt
n
)
corrispondente al valore = n
2
2
.
Osservazione 6.4.2 Introdotto loperatore dierenziale secondo
L =
d
2
dx
2
opportunatamente denito in un dominio T di L
2
__
_
, avremo che
L e lineare e lequazione diferenziale precedente assume la forma di una
equazione agli autovalori
Ly = y, y T
Larmonica di rango n, F
n
(t) = A
n
cos(nt
n
), e pertanto un autovet-
tore di L corrispondente allautovalore = n
2
2
.
Considerata ora larmonica semplice (6.32), in molti problemi sici la quan-
tit`a A
2
n
/4 viene interpretata come energia dellarmonica in esame.
Osservato che
E
n
:=
A
2
n
4
=
a
2
n
+b
2
n
4
e posto E
0
:=
a
2
0
8
potremo estendere la nozione di energia anche al caso in cui la f non sia neces-
sariamente reale. Infatti se lo sviluppo in serie di Fourier della f e rappresentato
dalla (3.1), considerata larmonica semplice
F
n
(t) = a
n
cos(nt) +b
n
sin(nt)
114 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
deniamo energia dellarmonica semplice , la quantit`a
(6.33) E
n
:=
n
4
_
/
/
[ F
n
(t) [
2
dt .
Non e dicile vericare che e:
E
n
=
[ a
n
[
2
+ [ b
n
[
2
4
.
Per estensione deniamo energia della funzione periodica f la quantit`a
E
f
:=
4
_
/
/
[ f(t) [
2
dt =
4
|f|
2
.
Dalluguaglianza di Parseval si ottiene:
E
f
=
4
|f|
2
=
=
4
_
[ e
0
[f) [
2
+
1
[ f
n
[f) [
2
+
1
[ g
n
[f) [
2
_
=
=
4
_
2
[ a
0
[
2
+
[ a
n
[
2
+
[ b
n
[
2
_
=
0
E
n
ossia lenergia totale della funzione f, periodica di periodo T =
2
, e uguale
alla somma dellenergia delle singole armoniche componenti.
Esempio 6.4.3 La funzione denita su [, ] da:
f(t) =
_
0, t [, 0]
1, t [0, ]
e decomposta spettralmente nella serie di Fourier esponenziale
f(t)
1
2
+
1
i
+
ndispari
1
n
e
inx
.
Infatti:
c
0
=
1
2
_
0
dt =
1
2
c
n
=
1
2
_
0
e
int
dt =
1 e
in
2ni
=
_
0 n pari
1
ni
n dispari
LC):
Ly
+Ry
+
1
C
y = E(t)
avendo posto E(t) = Lf(t). Essa rappresenta un circuito RLC sottoposto
ad una forza elettromotrice esterna E = E(t) di tipo periodico.
Sappiamo che la soluzione generale della (6.34) e somma di una soluzione par-
ticolare pi` u la soluzione generale dellequazione dierenziale omogenea associata.
Questa seconda soluzione per`o decresce rapidamente a zero per cui, in condizione
di regime, la soluzione generale coincide con la soluzione particolare.
Se la f e periodica di periodo T =
2
e nellintervallo di periodicit`a
_
e di classe L
2
_
, avremo che
(6.35) f(t)
a
n
e
int
con
a
n
=
_
2
_
_
2
e
inx
f(x)
_
=
2
_
/
/
e
inx
f(x)dx
Facciamo lulteriore ipotesi che la convergenza della serie (6.35) ad f non solo
sia in media quadratica, ma anche uniforme; cioe che sia:
(6.36) f(t) =
a
n
e
int
, t
_
_
Ci` o accade, ad esempio, se la f e assolutamente continua in
_
_
e la sua
derivata f
t
appartiene a L
2
_
.
Ricerchiamo allora una soluzione particolare della (6.34) che sia anche
essa periodica di periodo
2
:
(6.37) y(t) =
c
n
e
int
ove in questa relazione i coecienti c
n
sono incogniti.
116 CAPITOLO 6. SONC di Fourier
Supponiamo che y = y(t) sia tale che la serie possa essere derivata termine
a termine il numero necessario di volte:
y
t
(t) =
inc
n
e
int
(6.38)
y
tt
(t) =
n
2
2
c
n
e
int
(6.39)
Sostituendo nella (6.34) avremo:
(n
2
2
+ink
0
+
2
0
)c
n
e
int
=
a
n
e
int
Da cui otteniamo:
c
n
=
1
(
2
0
n
2
2
) +i(nk
0
)
a
n
ossia
(6.40) c
n
=
1
(
2
0
n
2
2
) +ink
0
2
_
/
/
e
inx
f(x)dx
Riepilogando, la soluzione della (6.34) in condizioni di regime, sar`a perci`o:
y(t) =
c
n
e
int
=
=
_
/2
(
2
0
n
2
2
) +ink
0
_
/
/
f(x)e
inx
dx
_
e
int
purche tale serie sia derivabile termine a termine due volte. Una condizione
suciente perche ci`o accada e che la serie y(t) cos` ottenuta, sia uniformemente
convergente.
Esempio 6.5.2 Si consideri la seguente onda triangolare
f(t) =
_
2A
T
t, 0 t
T
2
2A
_
1
t
T
_
,
T
2
t T
Tenendo conto delle particolari simmetrie presentate dal problema, potremo consider-
are lo sviluppo in serie di Fourier della funzione pari:
f(t) =
_
At, 0 t
=
T
2
At,
t 0
Per la parit`a della f, avremo che nella (6.40) il termine
_
/
/
sin(nx)f(x)dx = 0,
6.5. Equazioni dierenziali e serie di Fourier 117
e quindi rimane da considerare
_
/
/
cos(nx)f(x)dx = 2
_
/
0
A
xcos(nx)dx =
=
2A
n
2
_
/
0
y cos ydy =
=
2A
n
2
_
y sin y[
n
0
_
n
0
sinydy
_
=
=
2A
n
2
[cos(n) 1] =
_
0, npari
4A
n
2
, ndispari.
Pertanto la soluzione cercata e espressa da:
y(t) =
+
ndispari
2A
2
n
2
[(
2
0
n
2
2
) +ink
0
]
e
int
Posto
=
2
0
n
2
2
, e = nk
0
avremo che larmonica semplice di posto n e del tipo:
n
(t) =
2A
(n)
2
1
+i
(cos(nt) +i sin(nt) =
=
2A
(n)
2
in
+i
(cos(t) +i sin(nt)
Da ci`o segue che
Re
n
(t) =
2A
(n)
2
(
2
+
2
)
[ cos(nt) + sin(nt)]
Ricercando A
n
,
n
tali che
_
= A
n
cos
n
= A
n
sin
n
,
avremo che
_
A
n
=
_
2
n
+
2
n
tg
n
=
nk
0
2
0
n
2
2
per cui:
Re
n
(t) =
2A
(n)
2
_
2
+
2
cos(nt
n
)
Pertanto, una soluzione particolare della nostra equazione dierenziale e:
y(t) =
a
(n)
2
_
(
2
0
n
2
2
) +n
2
2
k
2
0
cos(nt
n
)
con a = 2A.
Capitolo 7
Operatori Unitari e
Antiunitari
7.1 Operatori isometrici, unitari e antiunitari
In questo paragrafo vogliamo analizzare la possibilit`a di identicare due diversi
spazi con prodotto interno tramite eventuali corrispondenze biunivoche, che
abbiano la caratteristica di trasportare dall uno allaltro degli spazi le varie
strutture: lineare, metrica, normata e cos` via.
Teorema 7.1.1 Siano o
1
ed o
2
due spazi con prodotto interno, rispettivamente
[)
1
e [)
2
, entrambi complessi. Se U : o
1
o
2
`e un operatore lineare, le
seguenti proposizioni sono equivalenti:
(i) Ux[Uy)
2
= x[y)
1
per ogni x, y o
1
(ii) |Ux|
2
= |x|
1
per ogni x o
1
(iii) |Ux Uy|
2
= |x y|
1
per ogni x, y o
1
Dimostrazione. Supposto che sia vera la (i), allora prendendo y = x avremo
che |Ux|
2
2
= |x|
2
1
ossia la (ii). Dalla (ii) segue che |U(x y)|
2
= |x y|
1
per
ogni x, y o
1
e, dalla additivit`a di U, segue che |Ux Uy|
2
= |x y|
1
. La
(iii) implica la (ii) se si assume come caso particolare y = 0. Supposto ora che
la (ii) sia vera consideriamo
(1) U(x +y)[U(x +y))
2
= |Ux|
2
2
+Ux[Uy)
2
+Uy[Ux)
2
+|Uy|
2
2
(2) x +y[x +y)
1
= |x|
2
1
+x[y)
1
+y[x)
1
+|y|
2
1
Essendo per ipotesi |U(x +y)|
2
2
= |x +y|
2
1
ne segue che
|Ux|
2
2
+Ux[Uy)
2
+Uy[Ux)
2
+|Uy|
2
2
= |x|
2
1
+x[y)
1
+y[x)
1
+|y|
2
1
ovvero, sempre per lipotesi (ii) che
(3) Ux[Uy)
2
+Uy[Ux)
2
= x[y)
1
+y[x)
1
120 CAPITOLO 7. Operatori Unitari e Antiunitari
Un analogo calcolo nel caso del vettore x +iy conduce al risultato
|Ux|
2
2
+i Ux[Uy)
2
Uy[Ux)
2
+|Uy|
2
2
= |x|
2
1
+i x[y)
1
y[x)
1
+|y|
2
1
da cui segue
(4) i Ux[Uy) i Uy[Ux) = i x[y) i y[x)
Moltiplicando la (4) per i e sommando il risultato cos` ottenuto alla (3)
ricaviamo che Ux[Uy)
2
= x[y)
1
.
Con procedimenti analoghi a quelli usati nel teorema 7.1.1 si ottiene il
seguente risultato
Teorema 7.1.2 Sia U : o
1
o
2
un operatore antilineare, allora sono equiv-
alenti le proposizioni:
(i) Ux[Uy)
2
= x[y)
1
per ogni x, y o
1
(ii) |Ux|
2
= |x|
1
per ogni x o
1
(iii) |Ux Uy|
2
= |x y|
1
per ogni x, y o
1
Osservazione 7.1.3 Ricordando che in uno spazio lineare normato la
distanza indotta dalla norma `e denita nel seguente modo:
d(x, y) = |x y|
avremo che le proposizioni (iii) dei teoremi precedenti si possono scrivere
nella forma
(iii-a) d
2
(Ux, Uy) = d
1
(x, y) per ogni x, y S
1
Proposizione 7.1.4 Se U soddisfa la (iii-a), essa `e una applicazione iniettiva
da o
1
in o
2
.
Dimostrazione. Sia Ux = Uy allora d
2
(Ux, Uy) = 0 per le propriet`a della
distanza e perci`o 0 = d
2
(Ux, Uy) = d
1
(x, y) per la (iii-a) e da questo risultato
segue x = y.
Denizione 7.1.5 Un operatore lineare (antilineare) U : o
1
o
2
si dice
isometria (antisometria) se soddisfa la (iii-a). Se U `e in pi` u una applicazio-
ne suriettiva allora esso viene chiamato operatore unitario (antiunitario) da o
1
su o
2
.
Osservazione 7.1.6 Se S
1
, S
2
sono due spazi con prodotto interno
complessi e nito-dimensionali, allora ogni operatore U : S
1
S
2
isomet-
rico (antiisometrico) sar`a necessariamente unitario (antiunitario) da S
1
su
S
2
.
Infatti baster`a ricordarsi che una applicazione lineare (antilineare) iniet-
tiva fra due spazi lineari di dimensione nita `e necessariamente suriettiva.
7.1. Operatori isometrici, unitari e antiunitari 121
Dalla denizione precedente si ha che, ovviamente, ogni operatore unitario
`e anche isometrico, per`o non tutte le isometrie sono operatori unitari, anche nel
caso in cui o
1
= o
2
.
Esempio 7.1.7 Operatore di shift
Un esempio di operatore isometrico ma non unitario `e il cosiddetto operatore di shift
denito nel seguente modo: sia 1uno spazio di Hilbert innito-dimensionale complesso
e separabile e |u
n
: n N un suo sonc, consideriamo loperatore S : 1 1 denito
da
S(x) :=
n=1
u
n
[x) u
n+1
(La denizione `e ben posta in virt` u del teorema di Fisher-Riesz 4.1.1 a pag. 59). La
linearit` a di S `e ovvia conseguenza della linearit`a a destra del prodotto interno, inoltre
loperatore `e isometrico essendo |S(x)|
2
=
1
[u
n
[x)[
2
= |x|
2
.
Questo operatore non `e per`o suriettivo, in quanto se esistesse x
0
1 tale che
S(x
0
) = u
1
dovremmo avere u
1
= u
1
[x
0
) u
2
+u
2
[x
0
) u
3
+... e quindi u
n
[x) = 0 per
ogni n, da cui seguirebbe x
0
=
1
u
n
[x) u
n
= 0 e perci`o 0 = S(x
0
) = u
1
contro il
fatto che |u
1
| = 1.
Esempio 7.1.8 Daremo ora un esempio di operatore unitario la cui denizione `e
abbastanza simile a quella del precedente esempio ed `e ben posta in virt` u del teorema di
Fisher-Riesz. Siano 1
1
ed 1
2
due spazi di Hilbert complessi e separabili, |u
n
: n N
un sonc di 1
1
e |v
n
: n N un sonc di 1
2
, allora loperatore U : 1
1
1
2
denito
da
U(x) =
n=1
u
n
[x) v
n
`e unitario. Infatti, la linearit`a di U `e ovvia, mentre dalla
|U(x)|
2
=
n=1
[ u
n
[x) [
2
= |x|
2
segue immediatamente lisometria di U. Preso y 1
2
, dallipotesi che |v
n
: n N `e
un sonc di 1
2
si ottiene che y =
1
v
n
[y) v
n
e posto x =
1
v
n
[y) u
n
, si ha che x
`e un vettore di 1
1
per il teorema di Fisher-Riesz. Inoltre
U(x) =
j
_
u
j
n
v
n
[y) u
n
_
v
n
=
n=1
v
n
[y) v
n
= y
e perci`o U `e suriettivo.
Esempio 7.1.9 Operatore di coniugazione complessa.
Sia c(R
n
) un qualsiasi spazio con prodotto interno di tipo funzionale. Si consideri
loperatore, chiamato operatore di coniugazione complessa
k : c(R
n
) c(R
n
)
denito da
k() =
Esso `e ovviamente antilineare e suriettivo e in pi` u soddisfa la condizione
|k()|
2
=
_
R
n
[ k() [
2
=
_
R
n
[ [
2
=
_
R
n
[ [
2
= ||
2
Pertanto, loperatore di coniugazione complesso `e antiunitario.
122 CAPITOLO 7. Operatori Unitari e Antiunitari
Se U : o
1
o
2
`e un operatore unitario potremo identicare lo spazio
con prodotto interno o
1
con lo spazio con prodotto interno o
2
, tramite la
corrispondenza biunivoca U, secondo il seguente schema:
o
1
o
2
x Ux
x +y Ux +Uy
x Ux
Infatti la struttura di spazio vettoriale viene trasportata per linearit`a tramite U
da o
1
su o
2
. La norma di un elemento di o
1
`e uguale alla norma del corrispon-
dente elemento secondo U in o
2
e la distanza fra due qualsiasi elementi di o
1
`e
uguale alla distanza fra i corrispondenti elementi di o
2
. In simboli,
|x|
1
= |Ux|
2
(7.1)
d
1
(x, y) = d
2
(Ux, Uy) (7.2)
Inne, viene conservato il prodotto interno
(7.3) x[y)
1
= Ux[Uy)
2
Per queste propriet`a gli operatori unitari sono chiamati isomorsmi fra spazi
con prodotto interno.
Analoghe considerazioni si possono fare per gli operatori antiunitari, i quali
sono ancora delle corrispondenze biunivoche che permettono di identicare o
1
con o
2
, per`o in questo caso la struttura vettoriale di o
1
viene trasportata
antilinearmente su o
2
:
o
1
o
2
x Ux
x +y Ux +Uy
x Ux
le norme e le distanze vengono ancora preservate
|x|
1
= |Ux|
2
(7.1a)
d
1
(x, y) = d
2
(Ux, Uy) (7.2a)
per`o per il prodotto interno vale la propriet`a
(7.3a) x[y)
1
= Ux[Uy)
2
Per questo motivo un operatore antiunitario viene anche chiamato antiiso-
morsmo fra spazi con prodotto interno.
Denizione 7.1.10 Due spazi con prodotto interno o
1
ed o
2
si diranno iso-
mor (antiisomor) se esiste un isomorsmo (antiisomorsmo) U : o
1
o
2
fra di essi.
7.1. Operatori isometrici, unitari e antiunitari 123
Proposizione 7.1.11 Se U : o
1
o
2
`e un operatore unitario (antiunitario),
allora esso ammette operatore inverso U
1
: o
2
o
1
tale che:
(i) U U
1
= I
S
2
, U
1
U = I
S
1
(ii) U
1
`e unitario (antiunitario).
Dimostrazione. La (i) `e una banale conseguenza del fatto che U `e una bi-
iezione da o
1
su o
2
. Dal fatto che U `e unitario abbiamo che |Ux|
2
= |x|
1
per ogni x o
1
. Sia y o
2
tale che Ux = y allora x = U
1
y e perci`o
|U
1
y|
1
= |U(U
1
y)|
2
= |y|
2
per ogni y o
2
. Pertanto U
1
`e unitario.
Analogamente si procede nel caso di U antiunitario.
Osservazione 7.1.12 Se U : S
1
S
2
`e un operatore isometrico non
suriettivo i due spazi S
1
ed S
2
non risulteranno isomor. Comunque se
consideriamo il sottinsieme U(S
1
) di S
2
sappiamo che esso `e una variet` a
lineare di S
2
la quale risulta essere uno spazio con prodotto interno qualora
la si munisca della restrizione del prodotto interno denito su S
2
.
In questo caso loperatore
U : S
1
U(S
1
), denito nel seguente modo
U(x) := U(x), x S
1
`e un operatore unitario che rende isomor gli spazi con prodotto interno
S
1
ed U(S
1
).
In graco,
S
1
U
''
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
U
//
U(S
1
)
id
S
Nel seguito, quando non comporter`a ambiguit` a, useremo indicare lopera-
tore
U ancora col simbolo U.
Due spazi con prodotto interno o
1
ed o
2
possono essere isomor pur essendo o
2
un sottinsieme proprio di o
1
(o viceversa).
Esempio 7.1.13 Si consideri loperatore s : l
2
l
2
denito da
s(|x
1
, x
2
, . . . , x
n
, . . .) := |0, x
1
, x
2
, . . . , x
n
, . . .
Questo operatore `e lineare ed isometrico, come `e facile vericare. Esso per`o non `e
suriettivo. Se per`o consideriamo il sottospazio di l
2
denito da
s(l
2
) := ||x
n
: n N l
2
: x
1
= 0
si ottiene che loperatore s : l
2
s(l
2
) cos` ottenuto `e un operatore unitario fra gli
spazi con prodotto interno l
2
e s(l
2
), che perci`o risulteranno essere isomor fra di loro
pur essendo s(l
2
) l
2
; ci`o non di meno i due spazi potranno ritenersi identicabili per
ci` o che riguarda tutte le propriet`a di spazio con prodotto interno.
In particolare ogni successione |x
n
: n N l
2
`e convergente in l
2
se e solo
se la corrispondente successione |s(x
n
) : n N `e convergente in s(l
2
) e unanaloga
propriet` a `e vera per le successioni di Cauchy. Da ci`o segue che s(l
2
) `e completo, e
perci`o `e uno spazio di Hilbert.
124 CAPITOLO 7. Operatori Unitari e Antiunitari
Facciamo notare che loperatore isometrico s : l
2
l
2
ora considerato `e loperatore
di shift nel caso di l
2
, qualora si consideri il sonc canonico di l
2
, |e
n
: n N. Infatti,
se x = |x
n
: n N l
2
, allora loperatore s : l
2
l
2
che abbiamo ora introdotto si
pu`o porre nella forma
s(x) := |0, x
1
, x
2
, ... = 0e
1
+x
1
e
2
+x
2
e
3
+... =
n=1
_
e
n
[x
_
e
n+1
: A
`e un sonc di o
1
allora Uu
: A `e un sonc di o
2
.
Dimostrazione. Essendo Uu
[Uu
) = u
[u
), dallipotesi che u
`e un son
segue che pure Uu
[y) [
2
= [ Uu
[Ux) [
2
= [ u
[x) [
2
= |x|
2
= |Ux|
2
= |y|
2
e perci`o Uu
`e un sonc in o
2
.
Esempio 7.1.15 Nello spazio di Hilbert L
2
([0, 1]), ssato R si consideri lope-
ratore lineare
U
: L
2
([0, 1]) L
2
([0, 1]), f U
f
denito dalla legge
(U
f)(x) := e
ix
f(x)
Chiaramente questa denizione `e ben posta e in pi` u
|U
f|
2
=
_
1
0
[ U
f [
2
=
_
1
0
e
ix
f(x)
2
dx
=
_
1
0
[ f [
2
= |f|
2
, per ogni f L
2
([0, 1])
ovvero U
f = h e perci`o U
`e un operatore unitario su L
2
([0, 1]) avente come operatore unitario
inverso (U
)
1
= U
e
2inx
= e
i(+2n)x
: n Z `e un
sonc in L
2
([0, 1]) qualunque sia R.
Osservazione 7.1.16 Si osservi che ogni operatore isometrico `e neces-
sariamente continuo in quanto dalla
|Ux Ux
0
|
2
= |x x
0
|
1
segue che per x x
0
si ha che U(x) U(x
0
). Pertanto, la propo-
sizione 7.1.14 assicura che ogni operatore unitario (e quindi lineare e con-
tinuo) trasforma sonc in sonc. A questa propiet`a corrisponde una sorta
di viceversa nel caso per`o di spazi di Hilbert.
Proposizione 7.1.17 Siano o
1
e o
2
due spazi con prodotto interno e U : o
1
o
2
un operatore lineare e continuo. Se esiste un sonc u
: A in o
1
tale
che Uu
[x) u
da cui, per la
continuit`a (sequenziale) di U, segue che Ux = u
[x) Uu
. Perci`o, dalla
|Ux|
2
=
_
u
[x) Uu
[x) Uu
_
= u
[x) u
[x) = |x|
2
ricaviamo che U `e una isometria.
Supponiamo ora che gli spazi in questione siano di Hilbert. Allora, ssato
y H
2
, sappiamo che [ Uu
[y) [
2
`e convergente in R e perci`o, per il teorema
di Fisher-Riesz, sar`a convergente in H
1
la serie Uu
[y) u
=: x H
1
.
Da ci`o segue che Ux = U(Uu
[y) u
) = Uu
[y) Uu
= y, ove la seconda
uguaglianza `e conseguenza della continuit`a (sequenziale) di U, mentre la terza
uguaglianza `e conseguenza dellipotesi che Uu
sia un sonc in H
2
. Abbiamo
cos` ottenuto che U `e suriettiva.
Corollario 7.1.18 Siano H
1
e H
2
due spazi di Hilbert di uguale dimensione
ortogonale. Se u
: A `e un sonc di H
1
e v
: A `e un sonc di H
2
,
allora lapplicazione U : H
1
H
2
denita da
U(x) =
A
u
[x) v
`e un operatore unitario.
Dimostrazione. Dalla denizione di U segue immediatamente la linearit`a.
Inoltre
|U(x)|
2
=
A
[ u
[x) [
2
= |x|
2
implica la isometria e quindi la continuit`a di U. Essendo U(u
) = v
, dalle
ipotesi che u
e v
= Uu
: R
2
R
2
loperatore di rotazione in R
2
di un angolo denito
dalla matrice
1
=
_
cos sin
sin cos
_
ossia
1
_
a
b
_
=
_
a cos b sin
a sin +b cos
_
Esso `e un operatore lineare soddisfacente la condizione
_
1
_
a
1
a
2
_
_
b
1
b
2
_
_
=
_
_
a
1
cos a
2
sin
a
1
sin +a
2
cos
_
_
b
1
cos b
2
sin
b
1
sin +b
2
cos
_
_
=
= a
1
b
1
cos
2
a
1
b
2
cos sin a
2
b
1
sin cos +a
2
b
2
sin
2
+
+a
1
b
1
sin
2
+a
1
b
2
cos sin +a
2
b
1
cos sin +a
2
b
2
cos
2
=
= a
1
b
1
+a
2
b
2
=
_
_
a
1
a
2
_
_
b
1
b
2
_
_
R
l
(y)
_
=
_
2 u
l
[x) u
l
x
u
l
[y
_
u
l
y
_
= 4 u
l
[x)
u
l
[y
_
2 u
l
[x)
u
l
[y
_
2
u
l
[y
_
x[u
l
) +
x[y
_
=
x[y
_
Si osservi che, se il vettore unitario u
l
che determina l forma un angolo rispetto
allasse e
1
, allora u
l
= (cos , sin ) e quindi per ogni x = (a, b) avremo che
R
l
(a, b) = 2
_
(cos , sin )
(a, b)
_
(cos , sin) (a, b) =
= 2(a cos +b sin )(cos , sin ) (a, b) =
= (2a cos
2
+ 2b sin cos a, 2a cos sin + 2b sin
2
b)
Tenuto conto che
a cos 2 +b sin2 = a(cos
2
sin
2
) + 2b sin cos
= a(2 cos
2
1) + 2b sin cos ,
a sin2 b cos 2 = 2a cos sin + 2b sin
2
b
potremo concludere che
R
l
_
a
b
_
=
_
a cos 2 +b sin2
a sin2 b cos 2
_
128 CAPITOLO 7. Operatori Unitari e Antiunitari
da cui si ottiene la forma esplicita della matrice rappresentativa di questo operatore,
che potremo indicare con R
=
_
cos 2 sin2
sin2 cos 2
_
Nel caso degli operatori ortogonali vale la analoga della proposizione 7.1.14.
Proposizione 7.1.22 Se U : o
1
o
2
`e un operatore ortogonale e suriettivo
allora esso trasforma sonc di o
1
in sonc di o
2
.
Esempio 7.1.23 Consideriamo i due operatori in R
2
ortogonali: di rotazione di un
angolo , 1
. La base ortogonale
canonica verr` a in questo caso trasformata nei due sonc di R
2
1
_
1
0
_
=
_
cos
sin
_
1
_
0
1
_
=
_
sin
cos
_
R
_
1
0
_
=
_
cos 2
sin2
_
R
_
0
1
_
=
_
sin2
cos 2
_
se, come caso particolare, prendiamo =
2
avremo che
R
2
_
1
0
_
=
_
cos sin
_
R
2
_
0
1
_
=
_
sin
cos
_
Poich`e abbiamo visto che in R
2
i sonc possono assumere soltanto una delle due forme
canoniche, per un certo angolo ,
(I) |(cos , sin), (sin , cos )
(II) |(cos , sin), (sin , cos )
Potremo concludere che: i sonc di tipo (I) sono ottenibili dal sonc canonico tramite
una rotazione di angolo attorno allorigine; i sonc di tipo (II) sono ottenibili dal sonc
canonico tramite una riessione rispetto ad una retta l formante un angolo
2
rispetto
allasse e
1
.
Teorema 7.1.24 Se U : R
2
R
2
`e un operatore ortogonale, allora esso `e o
una rotazione o una riessione.
Dimostrazione. Se U =
_
a c
b d
_
`e un operatore ortogonale su R
2
, esso trasfor-
ma il sonc canonico e
1
, e
2
nel sonc = (a, b), (c, d), e quindi esister`a un
angolo tale che
= (cos , sin), (sin, cos ) = (a, b), (c, d)
Assumendo il segno + avremo che
(1) U
+
=
_
cos sin
sin cos
_
7.1. Operatori isometrici, unitari e antiunitari 129
ovvero U
+
`e la rotazione attorno allorigine di un angolo .
Assumendo il segno avremo che
(2) U
=
_
cos sin
sin cos
_
ovvero U
= 1.
Linsieme degli operatori ortogonali `e un gruppo rispetto al prodotto di com-
posizione, coincidente proprio con il gruppo ortogonale O(2; R), (!!!vedi para-
grafo 1.3, capitolo 2), di cui linsieme delle rotazioni `e il sottogruppo speciale
ortogonale SO(2; R).
Dimostrazione. Le (i) e (ii) sono banali conseguenze delle (1) e (2), da cui si
ottiene che det U
+
= 1 e det U
)
t
= (U
)
1
, concludendo che tutte le
rotazioni (1) e tutte le riessioni (2) appartengono al gruppo ortogonale O(2; R).
Le matrici A =
_
a b
c d
_
del gruppo ortogonale O(2; R) soddisfano le con-
dizioni
A
t
= A
1
e det A = 1
Poich`e
A
t
=
_
a c
b d
_
A
1
=
1
ad bc
_
d b
c a
_
La condizione A
t
= A
1
si riconduce alla uguaglianza fra matrici
_
a c
b d
_
=
1
det A
_
d b
c a
_
=
_
d b
c a
_
che impone le seguenti uguaglianze
det(A) =ad bc = +1 det(A
1
) =ad bc = 1
a = d a = d
b = c b = c
da cui si ottengono le
det(A) = +1 det(A
1
) = 1
a
2
= ad a
2
= ad
b
2
= bc b
2
= bc
ab = cd ab = cd
130 CAPITOLO 7. Operatori Unitari e Antiunitari
ricavando dalle prime tre uguaglianze di ogni colonna che
1 = det(A) = ad bc = a
2
+b
2
1 = det(A) = ad bc = (a
2
+b
2
)
ovvero, in entrambi i casi si ha a
2
+b
2
= 1. Tenuto conto ora che, se x = (x
1
, x
2
)
allora
|Ux|
2
= (a
2
+c
2
)x
1
2
+ 2(ab +cd)x
1
x
2
+ (b
2
+d
2
)x
2
2
=
= (a
2
+b
2
)(x
1
2
+x
2
2
) + 2(ab +cd)x
1
x
2
= x
1
2
+x
2
2
= |x|
2
otteniamo che ogni matrice del gruppo O(2; R) `e un operatore ortogonale. Potremo
quindi concludere che il gruppo ortogonale O(2; R) `e dato da
O(2; R) =
_
U : R
2
R
2
[ lineare,
Ux[Uy
_
=
x[y
_
x, y R
2
_
Dalla (1) otteniamo, in particolare, che il gruppo speciale ortogonale SO(2; R),
sottogruppo di O(2; R),
SO(2; R) = U
+
O(2; R) : det U
+
= +1
`e il gruppo delle rotazioni di R
2
.
Tenendo conto che det(A B) = det(A) det(B), abbiamo che
(i) la composizione di due rotazioni `e una rotazione,
(ii) la composizione di due riessioni `e una rotazione,
(iii) la composizione di una rotazione con una riessione o, viceversa, di una
riessione con una rotazione `e una riessione.
In particolare, Se U
t
, U
tt
= det U
tt
= 1, allora U
t
U
tt
e U
tt
U
t
=
_
cos
1
sin
1
sin
1
cos
1
_
U
tt
=
_
cos
2
sin
2
sin
2
cos
2
_
U
t
U
tt
=
_
cos
1
cos
2
+ sin
1
sin
2
cos
1
sin
2
sin
1
cos
2
cos
2
sin
1
cos
1
sin
2
sin
1
sin
2
+ cos
1
cos
2
_
=
_
cos(
1
2
) sin(
1
2
)
sin(
1
2
) cos(
1
2
)
_
ossia
_
U
t
U
tt
_
`e la rotazione dellangolo (
1
2
) attorno allorigine.
Capitolo 8
Due casi notevoli di
rappresentazioni unitaria e
antiunitaria
8.1 Rappresentazione matriciale di Heisenberg
Daremo ora un procedimento standard per rappresentare ogni spazio con prodot-
to interno innito-dimensionale sotto forma di opportune matrici ad innite
righe ed una colonna. Tratteremo esplicitamente il caso di uno spazio con
prodotto interno complesso e separabile, innito-dimensionale, ma la generaliz-
zazione di questo procedimento al caso di uno spazio di Hilbert qualsiasi o di
uno spazio con prodotto interno con almeno un sonc, e immediata.
Sia allora o uno spazio con prodotto interno complesso e separabile e =
u
n
: n N un generico sonc ordinato di o, che riterremo ssato una volta per
tutte, e si consideri loperatore
U
: o l
2
denito asociando ad ogni vettore x si o la successione dei coecienti di Fourier
di x rispetto ad :
(8.1) U
(x) = u
n
[x) : n N
Chiaramente U
(x) l
2
in quanto la serie [ u
n
[x) [
2
e convergente. Lopera-
tore in esame e lineare essendo
U
(x +y) = u
n
[x +y) : n N
= u
n
[x) : n N +u
n
[y) : n N = U
(x) +U
(y)
e analogamente U
(x) = U
(x).
Lisometria di questo operatore segue dal fatto che
|U
(x)|
l
2
=
nN
[ u
n
[x) [
2
= |x|
S
132 CAPITOLO 8. Rappresentazioni di Heisenberg e di Dirac
ove la prima uguaglianza esprime lusuale denizione della norma in l
2
mentre
lultima uguaglianza e nientaltro che luguaglianza di Parseval relativa al sonc
= u
n
: n N.
Facciamo osservare che se o non e completo in norma (ossia non e uno spazio
di Hilbert) allora certamente U
: H l
2
denito dalla (8.1) e un operatore unitario.
Dimostrazione. Per dimostrare lunitariet`a della isometria U
baster`a veri-
care che essa e suriettiva. Sia allora
n
: n N una successione in l
2
, ossia
tale che [
n
[
2
< +, e si consideri il vettore x :=
n
u
n
, che e un elemento
di H in virt` u del teorema di Fisher-Riesz. Chiaramente U
(x) = u
n
[x) : n
N =
n
: n N.
Abbiamo visto che se H e uno spazio di Hilbert separabile allora U
e un
operatore unitario che permette la identicazione
U
H l
2
x u
n
[x)
Se o non e completo potremo considerare la variet`a lineare U
(o) l
2
, che
e a sua volta uno spazio con prodotto interno indotto da o, e quindi potremo
considerare loperatore, che indicheremo ancora con U
: o U
(o) l
2
, x U(x) := u
n
[x) : n N
U
//
U
(o)
?
l
2
Per motivi che saranno chiariti nel seguito, a volte useremo indicare lele-
mento U
(x) l
2
sotto forma di matrice colonna ad innite numerabili righe e
lo denoteremo anche col simbolo x
:
x
:= U
(x) =
_
_
_
_
_
_
_
_
u
1
[x)
u
2
[x)
.
.
.
u
n
[x)
.
.
.
_
_
_
_
_
_
_
_
8.1. Rappresentazione matriciale di Heisenberg 133
Proposizione 8.1.2 Lo spazio con prodotto interno U
(o) e denso in l
2
.
Dimostrazione. Sia
n
: n N l
2
, ossia tale che
[
n
[
2
< +, e si
consideri la successione x
n
: n N contenuta in o e i cui elementi sono dati
da
x
n
=
n
i=1
i
u
i
.
Chiaramente U
(x
n
) =
1
,
2
, ...,
n
, 0, 0, ..., 0, ... U
(o) ed in pi` u
limU
(x
n
) =
n
: n N
) che
risulta essere un completamento di S, ossia tale da soddisfare le condizioni:
(i) U
: o l
2
e una isometria,
(ii) U
(o) = l
2
Osservazione 8.1.3 Le considerazioni fatte nel caso della rappresen-
tazione matriciale di uno spazio separabile e innito-dimensionale sono
facilmente estendibili nel caso di un qualsiasi spazio innito-dimensionale
che ammette almeno un sonc = |u
j
: j J, ove J e una famiglia
di indici totalmente ordinata con cardinalit`a non necessariamente uguale
a quella del numerabile. Indichiamo con l
2
(J) lo spazio di Hilbert delle
successioni J C a quadrato sommabile, Introdotto loperatore
U
: S l
2
(J)
denito dalla legge
U
(x) := |u
j
[x) : j J
questo operatore risulta essere una isometria, in generale non suriettiva,
al quale sono applicabili i risultati ottenuti nel presente paragrafo.
8.1.1 Caso nito-dimensionale
Se o e nito-dimensionale con dim(o) = n sappiamo che o e uno spazio di
Hilbert e che un sonc pu`o essere ottenuto da una base lineare mediante il pro-
cedimento di Gram-Schmidt. Indicato con = u
1
, u
2
, ..., u
n
un tale sonc,
loperatore
U
: S C
n
denito da U
(x) = u
1
[x) , u
2
[x) , .., . . . , u
n
[x) e un operatore unitario che
permette lidenticazione o C
n
.
134 CAPITOLO 8. Rappresentazioni di Heisenberg e di Dirac
8.2 Completamento di uno spazio con prodotto
interno
Nelle questioni di carattere teorico, uno spazio con prodotto interno che e anche
completo in norma e molto pi` u maneggevole di uno spazio non completo. Infat-
ti, nel caso di uno spazio completo tutti i problemi che coinvolgono questioni di
convergenza di una successione possono essere arontati analizzando il compor-
tamento intrinseco della successione indipendentemente dal conoscere o meno il
limite cui eventualmente la successione converge, limite che in molti casi pratici
non e sempre di facile individuazione.
Poiche nozioni importanti quali la chiusura di un insieme, la densit`a di un
insieme in un altro, la continuit`a di funzioni e cos` via sono esprimibili in termini
di convergenza di successioni, si pu`o facilmente intuire come il lavorare con uno
spazio completo sia molto pi` u desiderabile che non il lavorare con uno spazio non
completo. Per`o, non sempre si pu`o realizzare la condizione ottimale di avere a
che fare con spazi completi, anzi, in molti casi della sica matematica lo spazio in
cui si opera e non completo. Ci`o che si pu`o allora sperare di fare e di immergere
isometricamente lo spazio non completo in uno spazio completo pi` u ampio, in
modo tale cioe che tutte le propriet`a metriche dello spazio non completo vengano
riprodotte fedelmente nello spazio completo pi` u ampio. Lultimo risultato della
precedente sezione ci fornisce un procedimento costruttivo per individuare in l
2
un completamento di o e ci`o e espresso dalla propriet`a (i), mentre la propriet`a
(ii) pu`o intuitivamente rappresentare il fatto che lallargamento dello spazio o
al suo completato l
2
e in un certo senso minimale.
Il completamento di uno spazio o possiede lulteriore notevole propriet`a di
essere unico, a meno di isomorsmi unitari, nel senso del seguente
Teorema 8.2.1 Se o e uno spazio con prodotto interno non completo, la scelta
di un sonc ordinato in o permette di costruire il completamento (l
2
, U
),
essendo
(i) U
(x) = u
[x),
(ii) U
(o) = l
2
.
Sia (H, U) un altro completamento di o, ossia una coppia costituita da uno
spazio di Hilbert H e da un operatore U : o H soddisfacente le condizioni:
(i-a) U e una isometria da o in H
(ii-a) U(o) = H
allora esiste un unico operatore unitario
U
: H l
2
che permette la identi-
cazione H l
2
e tale da rendere commutativo il diagramma della sottostante
gura 8.2.1, ossia tale che
U = id U
//
U
(o)
id
//
l
2
Figura 8.1:
In eetti, il precedente teorema si pu`o dimostrare nel contesto pi` u ampio del
principio di estensione generalizzato. Precisamente,
Teorema 8.2.2 Siano o
1
ed o
2
due spazi con prodotto interno non completi e
isomor fra di loro tramite loperatore unitario W : o
1
o
2
. Se (H
1
, U
1
) e
(H
2
, U
2
) sono due completamenti rispettivamente di o
1
ed o
2
allora il principio
di estensione generalizzato assicura le seguenti due cose:
(1) esiste un operatore unitario
W : H
1
H
2
tale che
W U
1
= U
2
W
Ossia tale da rendere commutativo il seguente diagramma
o
1
W
//
U
1
o
2
U
2
U
1
(o
1
) = H
1
W
//
H
2
= U
2
(o
2
)
Figura 8.2:
(2) loperatore unitario
W e unico.
Come si vede, la g. 8.2.1 e un caso particolare della g. 1. Il vero e proprio
principio dellestensione consiste nel seguente ulteriore caso particolare.
Teorema 8.2.3 Siano o
1
ed o
2
due spazi con prodotto interno non completi,
densi rispettivamente negli spazi di Hilbert H
1
ed H
2
. Se W e un operatore
unitario da o
1
su o
2
, esiste un operatore unitario
W : H
1
H
2
tale che:
(1) W(x) =
W(x) per ogni x o
1
,
(2) se
W : H
1
H
2
e un operatore unitario soddisfacente la condizione (1)
allora
W(y) =
o
2
id
U
1
(o
1
) = H
1
W
//
H
2
= U
2
(o
2
)
Figura 8.3:
Esempio 8.2.4 Sia c(R
n
) uno degli spazi funzionali T(R
n
) o S(R
n
). Sappiamo che
c(R
n
) e denso nello spazio di Hilbert L
2
(R
n
) e quindi (L
2
(R
n
), id) e un completamento
di c(R
n
). Daltra parte, scelta una base ortonormale = |u
n
: n N in c(R
n
)
possiamo costruire il completamento (l
2
, U
) di c(R
n
) secondo il diagramma presentato
nella gura 8.4
c(R
n
)
U
//
id
(c(R
n
))
id
L
2
(R
n
)
U
//
l
2
Figura 8.4:
Per il principio dellestensione stretta esister`a un unico operatore unitario
U
:
L
2
(R
n
) l
2
estensione delloperatore U
() = U
() = |u
n
[) : n N per ogni c(R
n
)
Siccome sappiamo che ogni base ortonormale dello spazio c(R
n
) e una base ortonor-
male dello spazio L
2
(R
n
), = |u
n
e una base ortonormale di L
2
(R
n
). Potremo allora
considerare loperatore unitario
: L
2
(R
n
) l
2
denito da
(f) = |u
n
[f) : n N per ogni f L
2
(R
n
)
che ovviamente soddisfa la condizione
() = U
() = |u
n
[) : n N per ogni c(R
n
)
Dal precedente teorema segue che
U =
U.
Osservazione 8.2.5 In questo paragrafo abbiamo costruito un com-
pletamento (1, U) di uno spazio con prodotto interno S e vericato che
questo completamento e sostanzialmente unico a meno di isomorsmi
unitari.
S
//
U(S)
?
1 = U(S)
Tramite lisometria U siamo in grado di identicare S U(S) 1 come
spazi con prodotto interno. Per questo motivo, dora in avanti, riterre-
mo S un vero e proprio sottoinsieme di 1 e considereremo il precedente
diagramma come equivalente alle condizioni: S 1 e S = 1
8.2. Completamento di uno spazio con prodotto interno 137
Daremo ora la dimostrazione del principio di estensione stretto. La di-
mostrazione del corrispondente principio di estensione generalizzato si pu`o ri-
cavare dai successivi teoremi una volta apportate le opportune modiche. Richi-
amiamo il seguente teorema
Teorema 8.2.6 (Principio dellestensione) Siano c
1
ed c
2
due spazi di Banach,
T
1
una variet`a lineare densa in c
1
e T : T
1
c
2
un operatore lineare limitato,
ossia tale che esista una costante C per cui
|Tx|
2
|x|
1
per ogni x T
1
.
Allora esiste ununica estensione lineare
T di T allintero c
1
tale che |
Tx|
2
|x|
1
per ogni x c
1
.
Proposizione 8.2.7 Siano H
1
e H
2
due spazi di Hilbert, T
1
e T
2
due variet`a
lineari dense rispettivamente in H
1
e H
2
e U : T
1
T
2
un operatore unitario.
Esiste un unico operatore unitario
U : H
1
H
2
estensione di U allintero
spazio H
1
.
Dimostrazione. Poiche |Ux|
2
= |x|
1
per ogni x T
1
possiamo applicare il
teorema 8.2.3 ottenendo che esiste ununica estensione lineare
U : H
1
H
2
tale
che |
Ux|
2
|x|
1
per ogni x H
1
. Verichiamo che
U e unitario. Infatti, se
x H
1
allora esiste una successione x
n
: n N in T
1
tale che limx
n
= x. Per
quanto visto nella dimostrazione del teorema 8.2.3, loperatore
U si costruisce
in modo tale da risultare per denizione
Ux = limUx
n
. Avremo perci`o che
|
Ux|
2
= | limUx
n
|
2
= per la continuit`a della norma
= lim|Ux
n
|
2
= per la unitariet`a di U
= lim|x
n
|
1
= | limx
n
|
1
= |x|
1
In questo modo abbiamo vericato che
U e isometrico. Rimane da dimostrare
la suriettivit`a. Preso x
2
H
2
, esister`a una successione x
tt
n
: n N in T
2
tale che limx
tt
n
= x
2
. Indicato con x
t
n
= U
1
x
tt
n
, avremo che la successione
x
t
n
: n N e di vettori appartenenti a T
1
e, quindi a maggior ragione, a H
1
.
In pi` u di Cauchy in H
1
; infatti
|x
t
n
x
t
m
|
1
= |U
1
x
tt
n
U
1
x
tt
m
|
1
= |x
tt
n
x
tt
m
|
2
0
Ma essendo H
1
completo, esister`a x
1
H
1
tale che limx
t
n
= x
1
. Considerando
Ux
1
avremo che, essendo
U una estensione di U e avendo vericato che U e
isometrico,
|
Ux
1
x
2
|
2
|
Ux
1
Ux
t
n
|
2
+|Ux
t
n
x
2
|
2
= |
U(x
1
x
t
n
)|
2
+|x
tt
n
x
2
|
2
= |x
1
x
t
n
|
1
+|x
tt
n
x
2
|
2
0 per n
Pertanto
Ux
1
= x
2
, concludendo che per ogni x
2
H
2
esiste un elemento
x
1
H
1
tale che
Ux
1
= x
2
.
138 CAPITOLO 8. Rappresentazioni di Heisenberg e di Dirac
8.3 Duale di uno spazio con prodotto interno.
Notazione di Dirac: spazio dei vettori bra e
spazio dei vettori ket
Sappiamo che uno spazio con prodotto interno o (anche non separabile) e una
struttura piuttosto articolata su cui sono denite due operazioni
(i) x
1
+x
2
per ogni x
1
, x
2
o
(ii) x per ogni C e ogni x o
Consideriamo ora il duale (topologico) di o, consistente di tutti i funzionali
da o in C lineari e continui e che verr`a indicato con o
. Pertanto
o
:= l : o C[ lineare e continuo
Ricordiamo che per i funzionali lineari la continuit`a in un punto, la continuit`a
globale e la limitatezza sono propriet`a fra loro equivalenti.
In particolare, un funzionale lineare l : o C e limitato se e soltanto se
esiste 0 tale che [l(x)[ |x| per ogni x o.
Il duale o
per ogni l
1
, l
2
o
(8.2)
l o
(8.3)
Lo spazio o
: = sup
_
[l(x)[
|x|
: x o 0
_
= sup[l(x)[ : |x| = 1
= inf : [l(x)[ |x|, per ogni x o
(iii)
Dal fatto che C e uno spazio di Banach ne segue che pure o e completo
rispetto alla norma introdotta. Inoltre, vale lulteriore propriet`a:
(iii-a) [l(x)[ |l|
di o.
Abbiamo cos` ottenuto che per ogni x o il funzionale D
x
ora denito appar-
tiene a o
, x D
x
.
8.3. Notazione di Dirac: vettori bra e ket 139
Proposizione 8.3.1 Lapplicazione D : o o
.
Dimostrazione. Essendo, qualunque sia y o,
D
(x
1
+x
2
)
(y) = x
1
+x
2
[y) = x
1
[y) +x
2
[y)
= D
x
1
(y) +D
x
2
(y) = (D
x
1
+D
x
2
)(y)
ne concludiamo che
(8.4) D
(x
1
+x
2
)
= D
x
1
+D
x
2
Analogamente, per D
(x)
otteniamo
D
(x)
(y) = x[y) = x[y) = D
x
(y)
e perci`o
(8.5) D
(x)
= D
x
.
Inoltre, ssato x o, dalla disuguaglianza di Schwarz avremo che
[D
x
(y)[ = [ x[y) [ |x| |y| per ogni y o
e perci`o |D
x
|
|x|
e perci`o |x| |D
x
|
(4)
d(x, y) = d
(D
x
, D
y
) (5)
140 CAPITOLO 8. Rappresentazioni di Heisenberg e di Dirac
Lidenticazione antilineare fra o e D(o), in quanto spazi normati, impone che
D(o) non sia completo se o e non completo. In ogni caso lo spazio lineare
normato o
?
o
Lo spazio D(o) := D
x
: x o pu`o essere munito di un prodotto interno
denito dalla
(iv) D
x
[D
y
) := x[y)
Lunica propriet`a che pu`o essere dubbia per questo prodotto interno e lantil-
inearit`a a sinistra. Per`o
D
x
1
+D
x
2
[D
y
) = D
x
1
+x
2
[D
y
) = x
1
+x
2
[y)
= x
1
[y) +x
2
[y) = D
x
1
[D
y
) +D
x
2
[D
y
)
mentre
D
x
[D
y
) =
_
D
(x)
[D
y
_
=
x[y
_
= x[y)
= x[y) = D
x
[D
y
)
La norma indotta dal prodotto interno ora introdotto e:
|D
x
| =
_
D
x
[D
x
) =
_
|x|
2
= |D
x
|
In questo modo o e D(o) sono due spazi con prodotto interno antiisomor fra
di loro.
Esempio 8.3.2 Sia c(I) uno degli spazi funzionali T(I) oppure S(I). Sappiamo che
c(I) e uno spazio con prodotto interno
[) :=
_
I
(x)(x) dx
Fissato c(I) avremo che il funzionale
D
: c(I) C
D
() :=
_
I
(x)(x) dx
che potremo scrivere in forma operatoriale come
D
=
_
I
dx(x)()
e un funzionale lineare e continuo denito su c(I) e perci`o e un vettore dello spazio
duale c(I)
ove
|| =
_
I
[(x)[
2
dx
e
|D
= sup|[D
()[ : || = 1 = sup
_
_
I
(x)(x) dx
: || = 1
_
Queste considerazioni fatte nel caso in cui o sia uno spazio con prodotto
interno permettono di introdurre con rigore la notazione usata da P.A.M. Dirac
nellopera: I principi della Meccanica Quantistica (1959, Boringhieri). In es-
sa viene utilizzata come struttura matematica fondamentale uno spazio lineare
innito-dimensionale (e complesso). Infatti i vettori ordinari, esistenti in uno
spazio di dimensione nita, non sono sucientemente generali per la maggior
parte dei sistemi dinamici in meccanica quantistica. Dobbiamo fare una gener-
alizzazione ai vettori di uno spazio con un numero innito di dimensioni, e la
trattazione matematica diviene complicata a causa dei problemi di convergenza.
(...)
`
E desiderabile avere un nome particolare per descrivere i vettori (...) in
Meccanica Quantistica, sia che essi siano in uno spazio di dimensione nita o
innita. Noi li chiameremo vettori ket, o semplicemente ket e indicheremo il
generico di tali vettori con il simbolo particolare [x).
I vettori ket possono essere moltiplicati per numeri complessi e possono essere
sommati fra di loro per dare altri vettori ket (...).
Le operazioni su o sono indicate con
[x
1
) +[x
2
) = [x
1
+x
2
) (ki)
[x) = [x) (kii)
Viene poi preso in considerazione un sottoinsieme del duale algebrico di
o. Infatti, ogni qualvolta si ha un insieme di vettori in una qualsiasi teoria
matematica, possiamo sempre individuare un secondo insieme di vettori, che i
matematici chiamano i vettori duali. (...) Supponiamo di avere un numero
che e funzione di un vettore ket [x), ossia che a ciascun vettore ket [x) faccia
corrispondere il numero e si supponga inoltre che la funzione sia lineare, il
che signica che il numero corrispondente a [x
1
+ x
2
) sia la somma dei numeri
corrispondente a [x
1
) e a [x
2
) e il numero corrispondente a [x) sia volte il
numero corrispondente a [x), essendo un qualsiasi fattore numerico. (...) Chi-
ameremo tali vettori nuovi come vettori bra, o semplicemente bra, e denoteremo
il generale vettore bra col simbolo x[.
Pertanto viene richiesto esplicitamente che un vettore bra sia un funzionale
lineare x[ : o C e col simbolo x[y) viene denotato il risultato dellazione
di x[ sul generico elemento [y) di o. Infatti, citando Dirac il numero cor-
rispondente ad ogni [y) pu`o essere considerato come il prodotto scalare di quel
[y) con qualche nuovo vettore, essendoci uno di questi nuovi vettori (che verr`a
indicato con x[) per ciascuna funzione lineare dei vettori ket [y) (...) Il prodotto
scalare di un vettore bra x[ con un vettore ket [y) sar`a scritto x[y). (...) Un
prodotto scalare x[y) appare ora come una espressione completa in parentesi e
142 CAPITOLO 8. Rappresentazioni di Heisenberg e di Dirac
un vettore bra x[ o un vettore ket [y) (i termini bra e ket derivano dalla
parola inglese bra(c)ket= parentesi, n.d.r.) come espressioni incomplete.
Avremo cos` la regola che ogni espressione completa in parentesi denota un
numero e ogni espressione incompleta denota un vettore, del tipo bra o ket a
seconda che esso contenga la prima o la seconda parte della parentesi.
Viene quindi assunto che ...esista una applicazione iniettiva fra i bra e i ket,
tale che il bra corrispondente a [x
1
) +[x
2
) sia la somma dei bra corrispondenti
rispettivamente a [x
1
) e a [x
2
), mentre quello corrispondente a [x) sia volte
quello corrispondente a [x) ...
In altri termini viene assunta lesistenza di una applicazione iniettiva
D : o o
[x
1
+x
2
) = [x
1
) +[x
2
) x
1
+x
2
[ = x
1
[ + x
2
[
[x) = [x) x[ = x[
Tabella 8.1: Convenzione di Dirac
Ricordiamo che per la (8.6) si ottiene
| [x)| = |x[ |
.
Generalizzando quanto visto sino ad ora, si potrebbe allargare lo spazio dei
vettori bra assumendo che un generico vettore bra sia un funzionale lineare e
continuo l : o C, ossia un elemento del duale topologico o
di o. In analogia
colle notazioni introdotte da Dirac, useremo indicare con il simbolo l[y), il
risultato dellazione l(y) del funzionale lineare l sul vettore y o.
Pertanto un vettore bra l[ o
del vettore
bra l sia nita.
Le operazioni algebriche su o
.
Infatti, egli aerma che: nel nostro lavoro sino al momento attuale si e
ritenuto implicito che i vettori bra e i vettori ket siano di lunghezza nita e che
i loro prodotti scalari siano niti. Noi vediamo ora la necessit`a di indebolire
queste condizioni (...). Se non operassimo questo indebolimento (...) la teoria
sarebbe troppo insuciente per molti problemi pratici.
Questo allargamento, legato alla necessit`a di soddisfare precise richieste
teoriche della Meccanica Quantistica, consister`a nel considerare come utili rap-
presentativi di vettori bra secondo Dirac, opportuni elementi dello spazio duale
algebrico o
+
di o.
8.4 Sottospazi ortogonali in spazi di Hilbert
Se o e uno spazio con prodotto interno complesso e separabile, sullinsieme (o)
di tutti i suoi sottospazi possiamo isolare quei particolari sottospazi / (o)
tali che o = //
= o
ovvero M c(o)
Dimostrazione. Dalla completezza di M segue che esso e un chiuso e quindi
e uno spazio di Hilbert. Considerato allora un sonc u
n
: n N in M e
preso x o avremo che [ u
n
[x) [
2
|x|
2
e perci`o la successione u
n
[x) :
n N e un elemento di l
2
. Dal teorema di Fisher-Riesz segue che la serie
144 CAPITOLO 8. Rappresentazioni di Heisenberg e di Dirac
u
n
[x) u
n
e convergente in M e posto y = u
n
[x) u
n
M e z = x y
avremo che per ogni n
u
n
[z) =
_
u
n
i
u
i
[x) u
i
_
= u
n
[x)
i
u
i
[x) u
n
[u
i
) = 0
e perci`o z M. Quindi, per ogni x o esistono x M e z M
tali che
x = y +z.
Se lo spazio in esame e uno spazio di Hilbert H allora ogni sottospazio / e
completo e perci`o avremo la seguente proposizione.
Proposizione 8.4.2 Sia H uno spazio di Hilbert, per ogni sottospazio / di H
si ha che H = //
,= 0.
(v) Teorema della rappresentazione di Riesz: Se l : o C e un funzionale
lineare continuo allora esiste x o tale che
l(y) = x[y) per ogni y o
e |l| = |x|
(vi) o e o
= o. Da ci`o
segue che / = /
= 0
= o contro lipotesi.
Dimostriamo che la (iv) implica la (v). Sia l o
. Se l e il funzionale nullo,
l(y) = 0, allora esiste il vettore x = 0 di o tale che l(y) = 0[y) per ogni y o.
Se l non e nullo, considerato Ker(l) = x o : l(x) = 0, esso e un sottospazio
di o, ed e un sottospazio proprio di o altrimenti l sarebbe il funzionale nullo.
Allora, dalle ipotesi che Ker(l)
con z ,= 0. Poiche
l[l(y)z l(z)y] = l(y)l(z) l(z)l(y) = 0
8.4. Sottospazi ortogonali in spazi di Hilbert 145
abbiamo che [l(y)z l(z)y] Ker(l) per ogni y o. Da ci`o segue che:
0 =
_
z
l(y)z l(z)y
_
= l(y)|z|
2
l(z) z[y) per ogni y o.
Pertanto, essendo
l(y) =
l(z)
|z|
2
z[y) =
_
l(z)
|z|
2
z
y
_
per ogni y S
abbiamo ottenuto che, per ogni y S, esiste
x =
l(z)
|z|
2
con z tale che l(y) = x[y)
Dal teorema di Fisher-Risz 4.1.1 si ricava la relazione tra le norme.
Dimostriamo che la (v) implica la (vi). Loperatore
D : o o
, x D
x
= x[
e un operatore antiunitario, in quanto e unantiisometria, che risulta essere
suriettiva per lipotesi (v).
Inne dimostriamo che la (vi) implica la (i). Dato che o
e completo, ne
seguir`a che pure o e completo, ossia che o e uno spazio di Hilbert.
Corollario 8.4.4 Sia H uno spazio di Hilbert ed / un suo sottospazio, allora:
/
,= 0 sse / H
Dimostrazione. Dal precedente teorema abbiamo visto che / H implica
/
,= d
2
(C) e ci`o in accordo col fatto che
d
2
(C) non e completo. Abbiamo quindi lesempio di uno spazio non completo d
2
(C)
in cui esiste il sottospazio / che non soddisfa le propriet`a (ii) (iii) (iv).
Corollario 8.4.6 Sia H uno spazio di Hilbert e / un qualsiasi sottoinsieme,
allora /
e il sottospazio generato da /.
Dimostrazione. Sia / un generico sottospazio di H contenente /, allora
/ / da cui (??riferimento??) /
e /
. Per la (ii)
del teorema 8.4.3 /
= /, allora /
`e un sottospazio allora
/
D
x
= x[ e antiunitario, in quanto antiisometria da H in H
tale che D
x
= x[ = l. Potremo denire su H
il prodotto
interno
(8.7)
_
D
x
[
D
y
_
:= x[y)
che rende H
su H
. Infatti
|
D
x
| :=
_
_
D
x
[
D
x
_
= |x| = |
D
x
|
tramite
lantiisomorsmo
D.
H H
x x[
Esempio 8.4.7 Su L
2
(I) il prodotto interno e dato da
f[g) =
_
I
f(x)g(x) dx
e perci`o, ssato f L
2
(I), il funzionale
D
f
: L
2
(I) C denito da
D
f
:=
_
I
dxf(x)()
e lineare e continuo, ossia e un elemento di L
2
(I)
il prodotto interno
_
D
f
[
D
g
_
= f[g) =
_
I
f(x)g(x) dx =
_
I
f(x)g(x) dx
da cui si induce la norma
|
D
f
| =
_
_
D
f
[
D
f
_
=
_
I
[ f(x) [
2
dx = |f| = |
D
f
|
Pertanto loperatore
D : L
2
(I) L
2
(I)
, f
D
f
e unantiisometria suriettiva che permette di identicare lo spazio di Hilbert L
2
(I)
con il suo duale L
2
(I)
. In particolare si ha che L
2
(I)
= |
D
f
: f L
2
(I) e in pi` u
|
D
f
|
_
I
[ f(x) [
2
dx
mentre |
D
f
|
D
f
|
= sup|[
D
f
(g) [: |g| = 1.
?
D(o)
?
H
D
H
//
o
e o
, chiudendo il
diagramma precedente nel seguente modo:
o
D
?
D(o)
?
H
D
H
D
o
= |
l|
, l
l
Daltra parte per ogni
l H
, precisamente
l =
l o, la restrizione di
l ad o, tale che costruita la sua estensione
l secondo
la (iii) si abbia
l =
l.
In questo modo la (iv) istituisce una corrispondenza biunivoca fra o
e H
= |
l|
, e una
isometria. Pertanto, la (iv) denisce un isomorsmo fra gli spazi di Banach o
e H
.
Proposizione 8.4.8 D(o) e denso in o
, ossia D(o) = o
.
Dimostrazione. Sappiamo che o D(o) e perci`o pure o D(o), ma essendo
o = H ne ricaviamo che H D(o). Daltra parte H H
e perci`o H
D(o);
ma per quanto ora dimostrato H
e quindi o
.
Capitolo 9
Trasformata di Fourier e
operatore di
Fourier-Plancherel
9.1 La trasformata di Fourier su o(R)
Uno dei pi` u importanti operatori unitari della Fisica Matematica e la trasfor-
mata di Fourier delle funzioni appartenenti a o(R). In questo paragrafo, per
motivi di chiarezza che saranno facilmente compresi, useremo il simbolo o(R, x)
per indicare lo spazio delle funzioni di classe (
() :=
1
2
_
+
e
ix
(x)dx
e la funzione cos` ottenuta
e un elemento di o(R, )
(ii) Per ogni o(R, ) la seguente denizione e ben posta
(x) :=
1
2
_
+
e
ix
()d
e la funzione
cos` ottenuta e un elemento di o(R, x).
Dimostrazione. Fissato un valore R, la funzione e
ix
(x) appartiene a
o(R, x) per ogni o(R, x) ed in pi` u
[ e
ix
(x) [=[ (x) [
h
1 +x
2
e ha senso (sacri testi ??) lintegrale improprio
_
+
e
ix
(x)dx C
150 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
e questo permette di denire una funzione della variabile
() :=
1
2
_
+
e
ix
(x)dx
Si tratta ora di vericare che
o(R, ). Consideriamo
d
k
d
k
() =
d
k
d
k
_
1
2
_
+
e
ix
(x)dx
_
=
1
2
_
+
(ix)
k
e
ix
(x)dx
da cui, per ogni intero positivo p ssato, segue che
(i)
p
d
k
d
k
() =
1
2
_
+
(ix)
k
d
p
e
ix
dx
p
(x)dx
= integrando per parti =
=
1
2
_
(ix)
k
(x)
d
p1
e
ix
dx
p1
_
+
d
p1
e
ix
dx
p1
d(ix)
k
(x)
dx
dx
_
= iterando questo processo p volte
=
(1)
p
2
_
+
e
ix
d
p
(ik)
k
(x)
dx
p
dx
Essendo o(R, x), pure (ix)
k
(x) o(R, x), e perci`o anche
d
p
dx
p
_
(ix)
k
(x)
o(R, x)
e quindi questo integrale e ben denito, e perci`o, ssati p e k, avremo che:
p
d
k
d
k
()
=
1
_
+
e
ix
d
p
(ix)
k
(x)
dx
p
dx
R
da cui segue
p
d
k
d
k
()
2
_
+
d
p
(ix)
k
(x)
dx
p
dx, R
e perci`o esister`a una costante C
pk
tale che
sup
p
d
k
d
k
()
= C
pk
Da ci`o segue che
o(R, ). In modo analogo si verica la (ii).
Denizione 9.1.2 Per ogni funzione o(R, x), si chiama trasformata di
Fourier di la funzione
o(R, ) denita da:
() :=
1
2
_
+
e
ix
(x)dx
9.1. La trasformata di Fourier su o(R) 151
mentre si chiama trasformata inversa di Fourier di o(R, ) la funzione
(x) :=
1
2
_
+
e
ix
()d
Esempio 9.1.3 La trasformata di Fourier della funzione (x) = e
x
2
2
e la funzione
() = e
2
2
Infatti, cominciamo col considerare leguaglianza
1
2
_
+
e
ix
e
x
2
2
dx =
1
2
_
+
e
(x+i)
2
2
e
2
2
dx
=
1
2
e
2
2
_
+
e
f
rac(x +i)
2
2dx
Si tratta ora di calcolare lintegrale a secondo membro. A questo proposito, si consideri
la funzione complessa e
z
2
2
e calcoliamone lintegrale curvilineo
_
e
z
2
2
dz
lungo la curva costituita dai segmenti:
I
1
= [, ] I
2
= [, +i] I
3
= [ +i, +i] I
4
= [ +i, ]
ove e sono due numeri reali positivi.
La funzione e
z
2
2
e analitica su e nellinterno di e perci`o, per il teorema
integrale di Cauchy, lintegrale curvilineo in esame e nullo.
Inoltre
_
I
2
e
z
2
2
dz
_
0
e
(+ix)
2
2
idx
_
0
2
2
x
2
2
+
ix
2
dx
= e
2
2
_
0
e
x
2
2
dx
questo secondo membro, ssato , tende a zero per + e perci`o
_
I
2
e
z
2
2
dz 0 per +
ed analogamente si verica che
_
I
4
e
z
2
2
dz 0 per +
Perci` o avremo che:
lim
_
I
3
e
z
2
2
dz = lim
_
I
1
e
z
2
2
dz
ovvero
lim
(x +i)
2
2
dx = lim
x
2
2
dx
da cui, passando al limite per ,
_
+
(x+i)
2
2
dx =
_
+
x
2
2
dx =
2
152 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
Ora sia I =
_
+
e
x
2
2
dx; allora
I
2
=
_
+
e
x
2
2
dx
_
+
e
s
2
2
ds =
_
+
_
+
e
(x
2
+s
2
)
2
dxds
=
_
2
0
_
0
e
r
2
2
rdrd = 2
Pertanto otteniamo che
_
+
e
x
2
2
dx =
2
Concludendo dunque col risultato che
e
2
2
=
1
2
_
+
e
ix
e
x
2
2
dx
2
2
2
=
1
2
_
+
e
ix
e
2
x
2
2
dx
ovvero, la Trasformata di Fourier della funzione (x) = e
2
x
2
2
, con ,= 0, e la
funzione
() =
1
2
2
Infatti,
1
2
_
+
e
ix
[e
2
x
2
2
]dx =
1
_
1
2
_
+
e
i(
)(x)
e
(x)
2
2
d(x)
_
=
1
2
2
2
Si osservi che (x) = e
2
x
2
2
e una funzione con un picco nellorigine, monotona decres-
cente per x , la cui larghezza del picco e proporzionale ad
2
. Analogamente,
la sua trasformata di Fourier
() =
1
2
2
2
e una funzione con picco nellorigine, monotona non decrescente per x , la cui
larghezza del picco e proporzionale a
1
2
. Pertanto, quanto pi` u e stretto il picco di ,
tanto pi` u e largo il picco di
e viceversa.
Esercizio 9.1.5 Con un procedimento analogo a quello dellesempio ora visto,
si verichi che la trasformata di Fourier della funzione gaussiana (x) = e
x
2
e la funzione
() =
1
2
e
2
4
Riassumiamo questi risultati nella seguente tabella.
funzione (x) trasformata di Fourier
()
e
x
2
2
e
2
2
e
2
x
2
2
1
2
2
2
e
x
2
1
2
e
2
4
9.1. La trasformata di Fourier su o(R) 153
Proposizione 9.1.6 Sia o(R, x); la trasformata di Fourier della sua com-
plessa coniugata soddisfa le relazioni
=
e
=
.
Dimostrazione. Considerando che
_
+
e
ix
(x)dx =
_
+
e
ix
(x)dx =
_
+
e
ix
(x)dx
la relazione
=
e cos` dimostrata. Laltra relazione si ottiene in maniera
analoga.
Proposizione 9.1.7 Sia o(R, x) e g o(R, ) allora vale la relazione:
(9.1)
_
+
g()
()e
ix
d =
_
+
g(y)(x +y)dy
Dimostrazione. Infatti il primo membro della (9.1) e uguale a:
_
+
g()
_
(2)
1
2
_
+
e
it
(t)dt
_
e
ix
d
= (2)
1
2
_
+
__
+
g()e
i(tx)
d
_
(t)dt
=
_
+
g(t x)(t)dt =
_
+
g(y)(x +y)dy
= e
=
Dimostrazione. Infatti, ssato un > 0, se consideriamo la trasformata di
Fourier di g( ) al posto di g() avremo
1
2
_
+
e
iy
g( )d =
1
2
_
+
g(t)e
iy
t
dt
=
1
g
_
y
_
Pertanto la (9.1), nel caso della funzione g( ) diviene
_
+
g( )
()e
ix
d =
1
_
+
g
_
y
_
(x +y)dy
=
_
+
g(y)(x +y)dy
assumendo g(x) = e
x
2
2
e ricordando che g(y) = e
y
2
2
, ricaviamo la seguente
relazione per tendente a zero:
lim
0
_
+
e
()
2
2
()e
ix
d = (x)
_
+
e
y
2
2
dy =
2(x)
154 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
da cui
(x) =
1
2
_
+
e
ix
()d
ovvero
(9.2) o(R)
= ,
In maniera analoga si dimostra laltra uguaglianza
(9.3) o(R)
= ,
[ (x) [
2
dx =
_
+
[
() [
2
d
Dimostrazione. Verichiamo che e soddisfatta leguaglianza. La (9.1) propo-
sizione 9.1.7, nel caso particolare in cui x = 0, assume la forma
(9.4)
_
+
g()
()d =
_
+
g(y)(y)dy
Considerata la (9.4) nel caso particolare g() =
e ponendo y = x avremo la
_
+
()[
2
d =
_
+
(x)(x)dx
= per la proposizione 9.1.8 =
=
_
+
(x)(x)dx
sostituendo in questo risultato la (9.2) avremo che
_
+
[
() [
2
d =
_
+
[ (x) [
2
dx
() =
1
2
_
+
e
ix
(x)dx
e un elemento di o(R, ). La corrispondenza che associa ad ogni funzione dello
spazio o(R, x) la sua trasformata di Fourier nello spazio o(R, ) permette di
introdurre un operatore che, vericheremo in questo paragrafo, e un operatore
unitario.
9.2. Operatore unitario di Fourier 155
Denizione 9.2.1 Loperatore, ovviamente lineare,
T : o(R, x) o(R, ), T() :=
[ (x) [
2
dx =
_
+
[
() [
2
d
Ma essendo
= T(), e ricordando come e denita la norma in o(R), ricaviamo
da questa relazione che:
|| = |T()| per ogni o(R, x)
Pertanto T e una isometria. La suriettivit`a della T si ottiene osservando che
dalla (9.3), proposizione 9.1.8 del precedente paragrafo, si ha
= . Pertanto,
per ogni o(R, ) esiste
o(R, x) tale che T(
) =
= , ossia loperatore
T e suriettivo.
Inne considerato che:
(T
T) = T(
) =
=
(
T T) =
T(
) =
=
abbiamo ottenuto le relazioni
T
T = I
S(R,)
e
T T = I
S(R,x)
e perci`o
T = T
1
2
_
+
xp
(x)dx
156 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
e loperatore
|
F
1
: o(R, p) o(R, x)
denito da
(9.6) (|
F
1
)(x) =
1
2
_
+
e
i
xp
(p)dp
Gli operatori T e T
1
si possono considerare dei casi particolari di |
F
e |
F
1
qualora in questi ultimi si ponga = 1. Inoltre, se si ripercorrono le di-
mostrazioni che hanno condotto al teorema 9.1.1, utilizzando gli operatori |
F
e |
F
1
al posto di T e T
1
, si ottiene ancora che |
F
e |
F
1
sono operatori
unitari di cui luno e linverso dellaltro.
Osservazione 9.2.3 Facciamo osservare che vale la relazione formale,
ma matematicamente non corretta
(9.7)
1
2
_
+
_
+
e
i
(xx
0
)
(x)dxd = (x
0
)
infatti, se S(R, x) allora
(|
F
)() =
1
2
_
+
e
i
x
(x)dx
da cui
(|
F
1
|
F
)(x
0
) =
1
2
_
+
e
i
x
0
d
_
+
x
(x)dx
= formalmente =
=
1
2
_
+
_
+
(xx
0
)
(x)dxd
ma essendo |
F
1
|
F
= I
S(R,x)
ne segue la (9.7). Si faccia attenzione che
il passaggio formale ora considerato non e matematicamente corretto.
Ricordando il comportamento del funzionale delta di Dirac centrata in x
0
potremo porre
_
x
0
_
=
_
+
__
+
1
2
e
i
(xx
0
)
d
_
(x)dx
da cui si ottiene la seguente trascrizione formale della funzione delta di
Dirac centrata in x
0
x
0
(x) = formalmente =
1
2
_
+
e
i
(xx
0
)
d
Questa scrittura formale a volte viene usata dai sici teorici, ma essa e
matematicamente sbagliata perche la funzione integranda non e integra-
bile, ne secondo Riemann ne secondo Lebesgue.
Gli elementi dello spazio o(R) sono, in particolare, funzioni innitamente
dierenziabili e perci`o assume un certo interesse considerare le trasformate di
Fourier delle varie derivate
Proposizione 9.2.4 Se o(R) avremo che valgono le relazioni:
9.2. Operatore unitario di Fourier 157
(i) (T
t
)() = iT()
(ii) (T
(n)
)() = (i)
n
T()
Dimostrazione. Poiche
(T
t
)() =
1
2
_
+
e
ix
t
(x)dx
integrando il secondo membro per parti e ricordando il comportamento di rapida
decrescita allinnito della avremo che
T(
t
)() =
1
2
_
e
ix
(x)
_
+
(i)e
ix
(x)dx
_
=
=
(i)
2
_
+
e
ix
(x)dx = (i)(T)()
Dimostriamo la (ii) per induzione su n. Abbiamo ora vericato che essa e vera
per n = 1. Consideriamo ora
(T
(n)
)() =
1
2
_
+
e
ix
d
(n1)
(x)
=
1
2
_
e
ix
(n1)
(x)
(i)
_
+
e
ix
(n1)
(x)dx
_
=
(i)
2
_
+
e
ix
(n1)
(x)dx
procedendo in tal modo otteniamo il seguente risultato
_
T
(n)
_
() =
(i)
n
2
_
+
e
ix
(x)dx
= (i)
n
(T)()
(x y)(y)dy
Proposizione 9.2.6 La convoluzione soddisfa le seguenti propriet`a:
(i) o(R)
(ii) T( ) =
2T()T()
(iii) T( ) =
1
2
T() T()
(iv) =
158 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
Dimostrazione. Dal fatto che T e un operatore unitario segue che
_
T(f)
T(g)
_
= f[g) , f, g o(R, x)
Prendendo y ssato e ponendo f(x) = e
iyx
(x) e g(x) = (x) avremo che
_
T(e
iyx
(x))
T((x))
_
=
_
e
iyx
(x)
(x)
_
Ma poiche
_
e
iy
(x)
(x)
_
=
_
+
e
iyx
(x)(x)dx =
2T()
ed essendo
_
T
_
e
iyx
(x)
_
T((x))
_
=
_
+
_
1
2
_
+
e
i(y)x
(x)
_
(T)()d
=
_
+
_
1
2
_
+
e
i(y)x
(x)dx
_
(T)()d
=
_
+
2
T() T()
Se e o(R) allora per la (ii), teorema 9.1.1 paragrafo 9.1, pure T
1
() e
T
1
() sono elementi di o(R) e perci`o applicando il risultato ora ottenuto a
queste ultime funzioni avremo che:
2T(T
1
() T
1
()) =
Ma se T
1
() e T
1
() appartengono a o(R) pure il loro prodotto e un ele-
mento di o(R) e quindi la trasformata di Fourier di T
1
() T
1
() e ancora
un elemento di o(R). Ne concludiamo che il primo membro della precedente
uguaglianza e un elemento di o(R) per cui non potr`a che essere o(R).
Inne
T( ) =
1
2
_
+
e
ix
dx
_
+
(x y)(y)dy
=
1
2
_
+
(y)
_
+
e
ix
(x y)dx
=
1
2
_
+
e
iy
(y)dy
_
+
e
i(xy)
(x y)d(x y)
=
1
2
_
+
e
iy
(y)dy
_
+
e
ih
(h)dh
=
2T() T()
9.2. Operatore unitario di Fourier 159
Rimane da vericare la (iv). Dalla (ii) otteniamo che
T( ) =
2T()T() = T( )
e perci`o
T
1
T( ) = T
1
T( ) da cui =
(
1
+
2
)(x y)(y)dy =
_
+
1
(x y)(y)dy +
_
+
(x y)(y)dy
Anche le altre propriet`a sono di facile dimostrazione. La abelianit`a del prodotto
di convoluzione e stata dimostrata nella (iv) proposizione 9.2.6.
Lalgebra associativa abeliana costituita dallo spazio lineare o(R) con il
prodotto di convoluzione, pu`o essere munita della norma della convergenza in
media
||
1
=
_
+
[ (x) [ dx
Questa norma, oltre a soddisfare le condizioni tradizionali
(i) ||
1
= 0 sse = 0
(ii) ||
1
=[ [ ||
1
(iii) | +|
1
||
1
+||
1
ove la (ii) e la (iii) coinvolgono rispettivamente il prodotto per scalari e la somma
in o(R), soddisfa lulteriore condizione che coinvolge il prodotto di convoluzione
(iv) | | ||
1
||
1
160 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
Infatti
| |
1
=
_
+
_
+
(x y)(y)dy
dx
_
+
dx
_
+
[ (x y) [ [ (y) [ dy
=
_
+
[ (y) [ dy
_
+
[ (x y) [ d(x y) = ||
1
||
1
Unalgebra munita di una norma soddisfacente la ulteriore propriet`a (iv), rela-
tiva alla operazione di moltiplicazione, si chiama algebra normata. Se, rispetto
alla metrica introdotta dalla norma risulta che lalgebra e uno spazio metrico
completo allora si parler`a di algebra di Banach o B-algebra. Dai risultati
visti precedentemente si ha che o(R) non e unalgebra di Banach ma unalgebra
normata abeliana.
Esempio 9.2.8 La funzione B e sua relazione con la funzione
Per p > 0 e q > 0 si denisce funzione beta, indicata con B(p, q) la funzione
B(p, q) =
_
1
0
x
p1
(1 x)
q1
dx
Verichiamo che vale la relazione
B(p, q) =
(p) (q)
(p +q)
Infatti, introdotta la funzione appartenente a S(R)
f
p
(t) =
_
t
p1
e
t
per t > 0
0 per t 0
si ha che
_
+
f
p
(t) dt =
_
0
t
p1
e
t
dt = (p)
Introdotta la convoluzione h = f
p
f
q
e considerata la (ii) proposizione 9.2.6 si ha il
seguente risultato
_
+
e
ix
(f
p
f
q
)(x)dx =
__
+
e
ix
f
p
(x) dx
_ __
+
e
ix
f
q
(x) dx
_
Nel caso particolare di = 0 la precedente uguaglianza diviene
(9.12)
_
+
h(x)dx = B(p, q)
_
+
e
x
x
p+q1
dx = B(p, q) (p +q)
sostituito questo risultato nella (9.12) otteniamo la relazione cercata.
9.3. Loperatore di FourierPlancherel su L
2
161
9.3 Loperatore di FourierPlancherel su L
2
Nella precedente sezione abbiamo introdotto loperatore unitario di Fourier
Plancherel
T : o(R, x) o(R, )
denito da
(9.13) (T)() =
1
2
_
+
e
ix
(x)dx
Essendo o(R, x) una variet`a lineare densa nello spazio di Hilbert L
2
(R, x),
per il principio di estensione, esister`a un unico operatore unitario, che in-
dicheremo ancora con
T : L
2
(R, x) L
2
(R, ), estensione delloperatore di
Fourier-Plancherel denito dalla (9.13), secondo il diagramma commutativo
o(R, x)
J
//
o(R, )
L
2
(R, x)
J
//
L
2
(R, )
In questo paragrafo forniremo unespressione concreta delloperatore di Fourier
Plancherel in L
2
(R). In primo luogo dimostriamo il seguente teorema.
Teorema 9.3.1 Per ogni funzione f L
2
(R, x) valgono le seguenti propriet`a
(i) qualunque sia N, lintegrale
f
N
() :=
1
2
_
N
N
e
ix
f(x)dx
e una funzione di L
2
(R, )
(ii) esiste una funzione
f L
2
(R, ) tale che:
lim
N
|
f
N
f|
2
= 0
(iii) questa funzione
f soddisfa luguaglianza di Parseval:
_
+
[
f() [
2
d =
_
+
[ f(x) [
2
dx
Pertanto, per ogni f in L
2
(R, x) la funzione
f e ancora un elemento dello spazio
di Hilbert L
2
(R, ), chiamato trasformata di Fourier della f, e la (ii) pu`o essere
posta nella forma
(9.14)
f() = 2 lim
N
_
1
2
_
N
N
e
ix
f(x)dx
_
162 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
Dimostrazione. Sia f una qualsiasi funzione di L
2
(R, x) nulla al di fuori del-
lintervallo (a, a). Sotto queste condizioni, indicato che A = x (a, a) :[
f(x) [< 1, avremo che:
_
+
[ f(x) [ dx =
_
A
[ f(x) [ dx +
_
(a,a)/A
[ f(x) [ dx
2a +
_
(a,a)/A
[ f(x) [
2
dx < +
e perci`o f L
1
(R, x), da cui segue:
_
+
e
ix
f(x)dx
_
+
[ f(x) [ dx < +
ossia esiste lintegrale
f() =
1
2
_
+
e
ix
f(x)dx
Sia ora
n
una successione di funzioni in o(R, x), nulle al di fuori dellin-
tervallo (a, a) e convergenti a f secondo la norma di L
2
(R, x):
(1) lim|f
n
|
2
= 0
Dalla (1) segue che la successione
n
= T
n
delle trasformate di Fourier delle
n
o(R, x) e di Cauchy in L
2
(R, x) in quanto, per la uguaglianza di Parseval
|
m
|
2
= |
n
m
|
2
0 per n, m
Essendo lo spazio L
2
(R, ) completo, esister`a g L
2
(R, ) tale che:
(2) lim|
n
g|
2
= 0
Dalla (1), ricordando che su di un intervallo limitato (a, a) la convergenza
in media quadratica implica la convergenza in media, avremo che pure
(3) lim|f
n
|
1
= 0
e ci`o implica che la successione
n
= T
n
delle trasformate di Fourier delle
n
e uniformemente convergente alla funzione
f. Infatti
(
f
n
)
=
1
_
+
(f(x)
n
(x))e
ix
dx
2
_
+
[f(x)
n
(x)[dx =
1
2
|f
n
|
1
ottenendo quindi che
(4) lim|
f|
= 0
Verichiamo ora che
f = g q.d. su R. Sia infatti N := x R :
f(x) ,= g(x), e supponiamo per assurdo che la sua misura secondo Lebesgue
9.3. Loperatore di FourierPlancherel su L
2
163
sia strettamente positiva, m(N) > 0. Se per ogni ssato > 0 poniamo N
:=
x R :[
f(x) g(x) [> , la precedente condizione (4) impone che esiste un
0
> 0 tale che m(N
0
) > 0. Per ogni n > 0 si ha
(5)
_
|
n
g|
2
_
2
_
N
0
[
n
(x) g(x) [
2
dx
Ora essendo |
f|
0, esister`a n
0
> 0 tale che risulti
[
n
(x)
f(x) [<
0
2
, per ogni n > n
0
Per ogni x N
0
avremo che [
f(x) g(x) [>
0
mentre [
f(x)
n
(x) [>
0
2
ovvero [
f(x)
n
(x) [>
0
2
da cui, sommando membro a membro
0
2
<[
f(x) g(x) [ [
f(x)
n
(x) [[
n
(x) g(x) [
e quindi la (5) assume la forma
_
0
2
_
2
m(N
0
) <
_
N
0
[
n
(x) g(x) [
2
dx
_
|
n
g|
2
_
2
contro la (2). Concludiamo dunque che
f = g q.d. su R.
Essendo
f = 2 lim
n
, avremo che:
(|
f|
2
)
2
=
_
+
[
f(x) [
2
dx = lim
_
|
n
|
2
_
2
= lim(|
n
|
2
)
2
= (|f|
2
)
2
=
_
+
[ f(x) [
2
dx (6)
Ora, presa una f L
2
(R, x), per ogni N > 0 deniamo
f
N
(x) =
_
f(x) [ x [ N
0 [ x [> N
Allora
f
N
() =
1
2
_
+
e
ix
f
N
(x)dx =
1
2
_
N
N
e
ix
f(x)dx
e una funzione di L
2
(R, ). Siccome 2 lim
N
f
N
= f, si avr`a:
lim
M,N
|f
M
f
N
|
2
= 0
quindi, utilizzando la (6), otteniamo
lim
M,N
|
f
M
f
N
|
2
= 0
Questo implica che esiste
f L
2
(R, ) tale che:
f() = 2 lim
N
f
N
= 2 lim
N
1
2
_
N
N
e
ix
f(x)dx
164 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
Inoltre dalla (6) otteniamo
_
+
[
f() [
2
d = (|
f()|
2
)
2
= lim
N
(|
f
N
|
2
)
2
= lim
N
(|f
N
|
2
)
2
=
= (|f|
2
)
2
=
_
+
[ f(x) [
2
dx
2
_
+
e
ix
f(x)dx
2
_
+
[f(x)[ dx < +
segue che per ogni R esiste lintegrale
f() =
1
2
_
+
e
ix
f(x)dx
ottenendo in tal modo una funzione da R in C, chiamata trasformata di Fourier
della f in senso ordinario.
Richiamiamo ora il seguente teorema:
Teorema 9.3.2 Se f L
1
(R) e f
n
e una successione di funzioni in L
1
(R)
soddisfacente la condizione di convergere in media alla funzione f, i.e.
lim|f
n
f|
1
= 0
allora la successione di funzioni
f
n
() =
1
2
_
+
e
ix
f
n
(x)dx
converge uniformemente alla funzione
f() =
1
2
_
+
e
ix
f(x)dx
ovvero
lim|
f
n
f|
= 0
Dimostrazione. Banale conseguenza della maggiorazione, valida per ogni
R
[
f
n
()
f()[ =
1
_
+
e
ix
(f
n
(x) f(x))dx
2
_
+
[f
n
(x) f(x)[ dx =
1
2
|f
n
f|
1
2
_
e
ix
f(x)dx = 2 lim
N
_
1
2
_
N
N
e
ix
f(x)dx
_
Dimostrazione. Considerate le funzioni
f
N
(x) =
_
f(x) [ x [ N
0 [ x [> N
queste funzioni sono elementi di L
2
(R, x) L
1
(R, x). Dal teorema 9.3.1, utiliz-
zando lipotesi che f L
2
(R, x), segue che esiste la trasformata di Fourier
f
della f secondo la (9.14), valendo inoltre che
(1) lim|
f
N
f|
2
= 0
ove
f
N
() =
1
2
_
N
N
e
ix
f(x)dx
Siccome la f L
1
(R, x), e dal fatto che f
N
e una successione di funzioni in
L
1
(R, x) ovviamente convergente in media alla f, segue
lim
N
|f
N
f|
1
= lim
N
__
_
N
+
_
+
N
_
f(x)dx
_
= 0
Indicate con
f e
f
N
le trasformate di Fourier della f e delle f
N
, rispettivamente,
nel senso ordinario (9.3), applicando il teorema 9.3.2 seguir`a che
lim|
f
N
f|
= 0 (2)
Se adesso si ripercorre, a partire dalla (1) e dalla (2), la tecnica dimostrativa
utilizzata nel teorema 9.3.1 e racchiusa fra i simboli . . . , si ottiene che
f =
f.
f() =
1
2
_
a
a
e
ix
f(x)dx =
1
2
e
ia
e
ia
i
=
_
2
e
ia
e
ia
(2i)
da cui
f() =
_
2
sin(a)
f() =
i
2
e
ib
e
ia
f() =
a
2
_
+
e
ix
x
2
+a
2
dx =
a
2
_
+
e
ix
(x +ia) + (x ia)
dx
Lintegrale al secondo membro pu`o essere calcolato con il teorema dei residui (vedi
funzioni analitiche), ottenendo
f() =
_
2
e
||a
2
_
+
e
ix
(x)dx
e loperatore unitario
T : L
2
(R, x) L
2
(R, )
denito da
(9.16) (
Tf)() = 2 lim
N
_
1
2
_
N
N
e
ix
f(x)dx
_
9.4. Propriet`a particolari su L
1
(R) 167
Dimostrazione. La corrispondenza f HTf e ovviamente lineare. Essa e
anche isometrica in virt` u della (iii), teorema 9.3.1, che si pu`o anche scrivere
nella forma |HTf| = |f|.
Siccome o(R, x) L
2
(R, x) L
1
(R, x), per il corollario del teorema 9.3.2 si
ha
per ogni o, T = HT
Pertanto, loperatore HT e una estensione continua a L
2
(R, x) delloperatore
di FourierPlancherel T su o(R). Ora, lestensione continua di un operatore
unitario su o(R, x) a tutto L
2
(R, x) e unica ed e ancora un operatore unitario.
Quindi HT e suriettivo. Con questo il teorema e dimostrato.
Osservazione 9.3.9 Come al solito, e se ci`o non comporter`a ambigu-
it` a, nel seguito indicheremo pi` u semplicemente con T lestensione unitaria
allintero spazio di Hilbert L
2
(R, x) delloperatore di FourierPlancherel
su S(R, x).
A volte, con un certo abuso e mancanza di precisione, si usa indicare
formalmente la (9.16) colla scrittura
(Tf)() =
1
2
_
+
e
ix
f(x)dx
Rimanendo per`o inteso che questa e una scrittura formale denita rig-
orosamente dal secondo membro della (9.16).
Corollario 9.3.10 La condizione Tf = 0u implica f = 0u. Questo risultato
pu`o essere scritto per esteso nel seguente modo. Se
1
2
_
+
e
ix
f(x)dx := 2 lim
N
_
1
2
_
N
N
e
ix
f(x)dx
_
= 0
allora f = 0 q.d. su R.
Dimostrazione. Banale conseguenza del fatto che loperatore di Fourier-Plancherel
e unitario e, quindi, invertibile.
9.4 Propriet`a particolari della trasformata di Fouri-
er di funzioni di classe L
1
(R)
In questo paragrafo ci occuperemo in particolare della trasformata di Fourier
di funzioni f L
1
(R) la cui denizione, come abbiamo visto nel paragrafo
precedente, e ben posta e espressa dalla
(9.17)
f() =
1
2
_
+
e
ix
f(x)dx
Ricordiamo che, come dimostra lesempio 9.3.4 del paragrafo precedente, la
trasformata di Fourier di una funzione di L
1
(R) in generale non e detto sia anco-
ra un elemento di L
1
(R), escludendo in questo modo la possibilit`a di introdurre
un operatore L
1
(R) L
1
(R) tramite la legge f
f.
168 CAPITOLO 9. Trasformata di Fourier
Teorema 9.4.1 La trasformata di Fourier di una funzione f L
1
(R, x) e una
funzione
(i) limitata;
(ii) innitesima per [ [ ;
(iii) uniformemente continua;
Dimostrazione. (i) La limitatezza di
f() =
1
2
_
+
e
ix
f(x)dx
segue da
[
f() [
1
2
_
+
[ f(x) [ dx =
1
2
|f|
1
(ii) Per ogni funzione L
1
(R, x) del tipo
(x) = c
[a,b]
(x) =
_
c x [a, b]
0 x / [a, b]
si ha, vedi esempio 9.3.6, paragrafo precedente,
f() =
1
2
e
ib
e
ia
i
che e una funzione uniformemente continua ed innitesima per .
Ora, ogni f L
1
(R, x) e 1 lim di funzioni a scala. Quindi, per il teo-
rema 9.3.2, paragrafo precedente,
f e limite uniforme della trasformata di
Fourier di queste funzioni a scala. Siccome questultime sono innitesime,
Modulo II
Operatori in Spazi di Hilbert
Capitolo 10
Operatori che ammettono
aggiunto
Operatori simmetrici e
autoaggiunti
10.1 Aggiunto di un operatore
densamente denito
Gli operatori che verranno presi in considerazione nel seguito si intenderanno
deniti su di una variet`a lineare di uno spazio di Hilbert H. Gli operatori
verranno quindi indicati indierentemente con i simboli T : T
T
H oppure
con ( T
T
, T ), a causa dellimportanza della esplicitazione della variet`a lineare
T
J
che ne costituisce il dominio di denizione.
La richiesta che il dominio di denizione delloperatore T sia una variet`a
lineare di H nasce dal fatto che, nel caso di un operatore lineare, lessere T
T
una variet`a lineare assicura che sono ben poste le condizioni:
T(x
1
+x
2
) = Tx
1
+ Tx
2
per ogni x
1
, x
2
T
T
(10.1)
T(x) = Tx per ogni C e ogni x T
T
. (10.2)
Diremo che loperatore T e densamente denito in H sse il suo dominio di
denizione e denso in H mentre diremo che T rende stabile il dominio di
denizione T
T
sse T(T
T
) T
T
.
Esempio 10.1.1 Gli spazi funzionali T(R) e S(R) sono delle variet` a lineari dense
nello spazio di Hilbert L
2
(R) e valgono le seguenti inclusioni insiemistiche T(R)
S(R) L
2
(R). Gli operatori
D : T(R) L
2
(R) , f D(f) : = f
D : S(R) L
2
(R) , f D(f) : = f
([a, b]) , (
1
([a, b]) sono delle va-
riet`a lineari dense in L
2
([a, b]) e valgono le inclusioni:
1 ([a, b]) (
([a, b]) (
1
([a, b]) L
2
([a, b]) .
Siano dati gli operatori:
D : 1 ([a, b]) L
2
([a, b]) , f D(f) = f
D : (
([a, b]) L
2
([a, b]) , f D(f) = f
D : (
1
([a, b]) L
2
([a, b]) , f D(f) = f
non e in generale
una funzione di classe (
1
([a, b]) .
Esempio 10.1.3 Possiamo prendere in esame lo spazio funzionale
(
1
=
([a, b]) =
_
f (
1
([a, b]) : f(a) = f(b)
_
che e una variet` a lineare densa in L
2
([a, b]), e denire su di esso loperatore di
derivazione
D : (
1
=
([a, b]) L
2
([a, b]) , f D(f) = f
.
Un tale operatore permette di scrivere lequazione dierenziale con condizioni al con-
torno
_
y
= g
y(a) = y(b)
nella forma operatoriale pi u compatta D(y) = g con y (
1
=
([a, b]).
Analogamente si pu`o considerare lo spazio
(
1
x
0
([a, b]) =
_
f (
1
([a, b]) : f(x
0
) = 0
_
che e denso in L
2
([a, b]) e loperatore
D : (
2
x
0
([a, b]) L
2
([a, b]) , f D(f) = f
= g
y(x
0
) = 0
si traduce in questo caso nella trascrizione compatta D(y) = g con y (
1
x
0
[a, b].
Naturalmente, e anche possibile introdurre operatori adatti allo studio di equazioni
dierenziali di ordine superiore al primo. Per esempio nello spazio
(
2
x
0
([a, b]) =
_
f (
2
([a, b]) : f(x
0
) = f
(x
0
) = 0
_
si pu`o introdurre loperatore
L = a(x)D
2
+b(x)D +c(x)1I
ove a(x), b(x), c(x) sono funzioni continue in [a, b] e D
2
= D D ; la scrittura
L(y) = g con y (
2
x
0
([a, b])
10.1. Aggiunto di un operatore
densamente denito 173
traduce lequazione dierenziale lineare del secondo ordine con condizioni iniziali
_
a(x)y
+b(x)y
+c(x)y = g(x)
y(x
0
) = y
(x
0
) = 0
dove g e una funzione assegnata, a sua volta continua in [a, b].
Denizione 10.1.4 Diremo che un operatore T : T
T
H e limitato sse esiste
una costante 0 tale che |Tx| |x| per ogni x T
T
. Nel caso contrario
diremo che T e non limitato.
Proposizione 10.1.5 T e non limitato sse esiste una successione x
n
, con
x
n
T
T
e |x
n
| = 1, tale che lim|Tx
n
| = +.
Dimostrazione. Infatti, se T e non limitato per ogni numero reale positivo
> 0 esiste un elemento x
T
T
tale che |T x
| > | x
|, ovvero un elemento
x
=
x
| x
|
tale che |Tx
| > e |x
| = 1. La proposizione si dimostra
prendendo come particolari gli interi n N.
Esempio 10.1.6 Sia 1 uno spazio di Hilbert separabile, |u
n
una base ortonormale
di 1 e
T =
_
x 1 :
n
2
[u
n
[x)[ < +
_
;
si verica immediatamente che T e denso in 1 in quanto per ogni y 1, scritto
nello sviluppo in serie di Fourier nella forma y =
u
n
[y)u
n
, esiste la successione
x
k
=
k
n=1
u
n
[x)u
n
T tale che lim x
k
= y. Sotto queste condizioni, loperatore
T : T 1, x Tx : =
nu
n
[x)u
n
e lineare ma non limitato in quanto |Tu
k
| = k e |u
k
| = 1.
Fatte queste premesse possiamo ora passare a introdurre la nozione di aggiun-
to di un operatore T : T
T
H. In primo luogo osserviamo che il sottoinsieme
di H denito da
(10.3) T
T
:= y H : y
H t.c. x T
T
, Tx[y) = x[y
)
e una variet`a lineare di H. Si tratta ora di stabilire una condizione necessaria
e suciente che assicuri, qualunque sia y H, lunicit`a dellelemento y
che
interviene nella denizione ora data di T
T
. A questo proposito, vale il seguente
Teorema 10.1.7 Ad ogni y T
T
corrisponde uno ed uno solo y
H soddis-
facente la condizione
(10.4) x T
T
, Tx[y) = x[y
)
se e solo se T e densamente denito in H.
Dimostrazione. Supponiamo che T
T
= H. Se per y T
T
esistessero y
1
e
y
2
H tali che Tx[y) = x[y
1
) = x[y
2
) per ogni x T
T
, allora x[y
1
y
2
) = 0
per ogni x T
T
. Essendo T
T
denso in H, esiste una successione x
n
T
T
tale
174
CAPITOLO 10. Operatori che ammettono aggiunto
Operatori simmetrici e autoaggiunti
che lim x
n
= y
1
y
2
. Perci`o, utilizzando la continuit`a a sinistra del prodotto
interno avremo che
lim
_
x
n
1
y
2
_
=
_
lim x
n
1
y
2
_
= |y
1
y
2
|
2
mentre dal fatto che x
n
T
T
segue che x
n
[y
1
y
2
) = 0 e perci`o limx
n
[y
2
) = 0; da questi ultimi risultati segue che y
1
= y
2
.
Viceversa, supponiamo che T
T
,= H; T
T
e un sottospazio proprio di H.
Allora, vedi (iv) teorema 8.4.3 a pag. 144 esister`a y
0
_
T
T
_
con y
0
,= 0. In
particolare, questo vettore y
0
sar`a tale che x[y
0
) = 0, per ogni x T
T
, e perci`o
Tx[0) = x[y
0
), per ogni x T
T
. Pertanto allelemento 0 T
T
corrispondono
i due elementi 0, y
0
H tali da soddisfare la relazione richiesta.
Osservazione 10.1.8 Se T e un operatore densamente denito in 1,
considerata la variet` a lineare T
T
di 1 denita dalla (10.3) e utilizzando
i risultati del teorema precedente che assicurano lesistenza di un unico y
di 1 tale che
Tx[y) = x[y
) per ogni x T
T
la applicazione
T
: T
T
1, y T
(y) : = y
: T
T
H, y T
(y) := y
y) per ogni x T
T
e ogni y T
T
.
Gli operatori che interessano la Meccanica Quantistica sono lineari, in gen-
erale non limitati e devono per lo meno ammettere loperatore aggiunto. Quin-
di, per quanto visto nelle precedenti considerazioni, devono essere densamente
deniti in H.
Osservazione 10.1.10 Nella dimostrazione del teorema 10.1.7 e, quin-
di, nella conseguente denizione 10.1.9, non viene fatta alcun uso della
linearit`a delloperatore T. Per` o, pur non essendo T necessariamente lin-
eare, il suo aggiunto e lineare. Inoltre, nulla assicura che il dominio di
denizione dellaggiunto in 1 abbia una qualche relazione con il dominio
di denizione di T. Lunica cosa che si pu`o aermare e che T
T
e una
variet` a lineare di 1 che, al limite, pu`o contenere soltanto il vettore nullo.
Si tenga presente che fra T e T
x) = T
x[y).
Esempio 10.1.11 Gli operatori di shift a destra e di shift a sinistra.
Sia 1 uno spazio di Hilbert complesso, separabile e innito dimensionale. Indichi-
amo con |u
n
: n N un sonc in 1. Introduciamo i due operatori deniti sullintero
spazio 1 e espressi dalle leggi:
S
d
(x) =
n=1
u
n
[x)u
n+1
S
s
(y) =
n=2
u
n
[y)u
n1
.
Questi operatori sono ben posti in virt` u del teorema di Fisher-Riesz e si chiamano
rispettivamente operatore di shift a destra e di shift a sinistra.
Gli operatori S
d
e S
s
sono uno laggiunto dellaltro, come ora vericheremo. In
primo luogo osserviamo che per ogni y 1 esiste y
= S
s
(y) 1 tale che, per
qualunque x 1, si abbia
Sx[y) =
j=1
u
j
[x)u
j+1
[y) =
n=2
u
n
[y)x[u
n1
) =
=
_
x
n=2
u
n
[y)u
n1
_
= x[S
s
y)
Pertanto, in virt` u della (10.3), T
S
d
= 1 mentre dalla denizione di operatore aggiun-
to segue che (S
d
)
(y) = y
= S
s
(y), per ogni y 1, ovvero laggiunto di S
d
e S
s
. In
maniera analoga si dimostra che laggiunto di S
s
e S
d
. Tradizionalmente loperatore
S
d
viene indicato semplicemente con S mentre loperatore S
s
viene indicato con S
;
dora in avanti ci atterremo a questa notazione.
Ricordiamo che |Sx| = |x|, ovvero S e isometrico; per`o esso non e suriettivo in
quanto, banalmente, non esiste alcun vettore x 1 tale che S(x) = u
1
.
Per ci`o che riguarda loperatore S
avremo che |S
e limitato
ma non e isometrico. Facciamo osservare che valgono le relazioni
S
S = 1I e S S
,= 1I
Verichiamo la prima delle due, mentre lasciamo per esercizio la dimostrazione della
seconda.
(S
S) (x) = S
n=1
u
n
[x)u
n+1
_
=
j=2
_
u
j
n=1
u
n
[x) u
n+1
_
u
j1
=
j=2
n=1
u
j
[u
n+1
) u
n
[x) u
j1
=
n=1
u
n
[x)u
n
= x
.
Ovviamente, ogni operatore lineare autoaggiunto e anche simmetrico. In-
oltre, dalla denizione di operatore aggiunto segue facilmente che:
(i) Un operatore lineare A densamente denito in H e simmetrico sse
T
A
T
A
e Ax[y) = x[Ay) per ogni x, y T
A
.
(ii) Un operatore lineare A densamente denito in H e autoaggiunto sse
T
A
= T
A
e Ax[y) = x[Ay) per ogni x, y T
A
.
Esempio 10.1.15 Operatori di moltiplicazione per funzioni in L
2
(R
n
).
Considerato lo spazio di Hilbert L
2
(R
n
) sia k
: R
n
C una funzione di classe
C
: T
L
2
(R
n
)
denito da
(10.7) (Q
f) (x) := k
(x)f(x)
sul seguente dominio di denizione
(10.8) T
= |f L
2
(R
n
) : Q
f L
2
(R
n
)
Ovviamente T
: T
L
2
(R
n
)
denito da
(10.9) [(Q
f] (x) := k
(x)f(x)
Infatti
Q
f[g) =
_
R
n
k
(x)f(x)g(x)dx =
_
R
n
f(x)
_
k
(x)g(x)
_
dx
=
_
f
(Q
g
_
Da questo risultato segue che se k
e un operatore
autoaggiunto.
10.1. Aggiunto di un operatore
densamente denito 177
Se k
), allora loperatore
Q
: L
2
(R
n
) L
2
(R
n
)
denito da
(Q
f) (x) := k
(x)f(x)
ha dominio di denizione coincidente con lintero spazio L
2
(R
n
) ed e limitato. Infatti
|Q
f|
2
=
_
R
n
[k
(x)[
2
[f(x)[
2
dx |k
|
2
|f|
2
e quindi
|Q
| |k
|
2
: L
2
(R
n
) L
2
(R
n
)
denito da
[(Q
f] (x) = k
(x)f(x).
su R
n
e a valori reali vi sono gli n proiettori canonici
i
: R
n
R, (x
1
, x
2
, . . . , x
n
)
i
(x
1
, x
2
, . . . , x
n
) := x
i
i = 1, 2, . . . , n
In questi n casi gli operatori di moltiplicazione introdotti nellesempio 10.1.15 si
traducono negli n operatori di moltiplicazione classici
Q
i
: T
i
L
2
(R
n
) i = 1, 2, . . . , n
deniti da
(Q
i
f) (x) := x
i
f(x)
sul dominio di denizione
T
i
=
_
f L
2
(R
n
) : x
i
f(x) L
2
(R
n
)
_
Per quanto visto nel caso generale questi operatori sono autoaggiunti.
Ritornando ora a considerare un generico operatore T, densamente denito
in H, abbiamo precedentemente visto che esso ammette loperatore aggiunto T
;
in generale non e possibile stabilire alcun legame fra i domini di denizione T
T
e T
T
e non e possibile dire nulla sulla limitatezza di T
. A questo proposito
premettiamo il seguente
Teorema 10.1.17 Se f
n
e una successione di funzionali lineari e limitati,
deniti su H e a valori in C, che soddisfa la condizione di limitatezza:
per ogni x H esiste una costante k
x
( tale che [f
n
(x)[ k
x
per
ogni n = 1, 2, . . .
allora
esiste una costante k ( tale che [f
n
(x)[ k|x| per ogni x H e
ogni n = 1, 2, . . .
178
CAPITOLO 10. Operatori che ammettono aggiunto
Operatori simmetrici e autoaggiunti
Dimostrazione. Verichiamo in primo luogo che, sotto le ipotesi del teorema,
esiste almeno una sfera aperta S(x
0
, r) e una costante k tale che [f
n
(x)[
k per ogni x S(x
0
, r) e ogni n.
Infatti, supposto che questa proposizione non sia vera, scelto k = 1 esister-
anno x
1
H e n
1
tali che [f
n
1
(x
1
)[ 1. Dalla continuit`a di f
n
1
segue che
[f
n
1
(x)[ 1 su una opportuna sfera S
(1)
H con centro in x
1
.
Se la negazione della proposizione di partenza viene applicata alla sfera S
(1)
relativamente alla scelta di k = 2 avremo che esisteranno x
2
S
(1)
e n
2
tali che
[f
n
2
(x
2
)[ 2. Anche in questo caso la continuit`a di f
n
2
assicura lesistenza di
una sfera S
(2)
S
(1)
tale che [f
n
2
(x)[ 2 per ogni x S
(2)
.
Procedendo in questo modo, riusciamo a costruire una successione di sfere
S
(1)
S
(2)
. . . S
(k)
. . .
tali che:
() per ogni k esiste n
k
per cui [f
n
k
(x)[ > k per ogni x S
(k)
.
Se S
(k)
= S
c
k
(
k
) `e la sfera di centro c
k
e raggio
k
, possiamo pensare questo
ultimo sempre
k
<
1
k
: infatti se
k
>
1
k
e vale la () possiamo restringere il
raggio
k
ad un valore
t
k
<
1
k
in cui () continua a valere.
Fissato un k, l k abbiamo che il centro c
k
S
(k)
e c
l
S
(l)
S
(k)
sono tali che |c
l
c
k
| <
1
k
. Ci`o signica che la successione dei centri delle
sfere c
l
l=1
`e di Cauchy in uno spazio completo e quindi esiste il limite c
=
lim
l
c
l
. Concludiamo che [f
n
k
(c
)[ = [f
n
k
(limc
l
)[ = lim[f
n
k
(c
l
)[ > k
contro lipotesi che la sequenza f
n
k
(c
) sia limitata.
In questo modo abbiamo dimostrato che esiste una sfera S(x
0
, r) e una
costante k tali che [f
n
(x)[ k per ogni x S(x
0
, r) e ogni n.
Preso y di norma unitaria, |y| = 1, e costruito (ry x
0
), avremo che
|(ry x
0
) x
0
| = |ry| < r ossia (ry x
0
) S(x
0
, r) da cui
[f
n
(ry x
0
)[ k per ogni n.
Tenendo presente la limitatezza delle f
n
ricaviamo che
|f
n
(y)| = |
1
r
f
n
(ry x
0
+x
0
)|
1
r
(|f
n
(ry x
0
)| +|f
n
(x
0
)|)
2k
r
.
Pertanto possiamo concludere che esiste la costante k
0
= 2k/r tale che
|f
n
(y)| k
0
per ogni y con |y| = 1 e ogni n.
x
n
| =
. Per ogni ssato n, i funzionali
f
n
: H C, x f
n
(x) := Tx[x
n
)
sono lineari e limitati in quanto
[f
n
(x)[ = [Tx[x
n
)[ = [x[T
x
n
)[ |x| |T
x
n
|
Daltra parte, siccome |x
n
| = 1 la relazione
[f
n
(x)[ = [Tx[x
n
)[ |Tx| per n = 1, 2 . . .
implica che per ogni x esiste la costante k
x
= |Tx| tale che [f
n
(x)[ k
x
per
n = 1, 2 . . . e quindi, dal teorema 10.1.17, segue che esiste una costante k tale
che
[f
n
(x)[ k|x| per ogni x e n = 1, 2, . . . .
Ma ponendo x = T
x
n
, la relazione precedente conduce al risultato che
|T
x
n
| k per n = 1, 2, . . ., contro lassunzione che lim|T
x
n
| = .
Risulta spontaneo, visto le complicazioni introdotte dal dover considerare
operatori con dominio di denizione non coincidente con H, cercare di studiare
gli operatori lineari, non limitati e autoaggiunti deniti sullintero H, elimi-
nando cos` molte dicolt`a della teoria. Ci`o per`o non e possibile poiche, come
dimostrer`a il seguente teorema, non esistono operatori di questo tipo.
Corollario 10.1.21 Sia A un operatore denito sullintero H, lineare e autoag-
giunto, allora A e necessariamente limitato.
Dimostrazione. Se A e denito sullintero H e lineare allora, dal teorema
10.1.20, si ha che A
+S
(T +S)
(ii) se C allora T
(T)
(iii) se T
TS
e denso in H allora S
(T S)
(iv) se T
T
e denso in H allora T T
(v) T S implica S
.
Dimostrazione. (i) Chiaramente (T +S) x[y) = x[ (T
+S
) y) per ogni
x T
T+S
e ogni y T
T
T
S
. Pertanto T
T
T
S
T
(T+S)
e la (i)
e dimostrata. La (ii) si dimostra in maniera analoga.
(iii) Consideriamo (T S) x[y) = x[(S
T
. Quindi T
S
T
T
(TS)
e la (iii) e dimostrata.
10.3. Operatori lineari limitati 181
(iv) Essendo Tx[y) = x[T
y) per ogni x T
T
e ogni y T
T
avremo che
T
x per ogni x T
T
.
(v) Sia T S allora da Sx[y) = x[S
y) per ogni x T
T
e ogni y T
S
,
segue che Tx[y) = x[S
y) per ogni x T
T
T
S
e ogni y T
S
.
Pertanto T
S
T
T
e T
y = S
y per ogni y T
S
.
am-
mette aggiunto (A
, e varr`a la relazione
A A
.
Dimostrazione. Se A e simmetrico varr`a la relazione A A
e se applichiamo
la (v) teorema 10.2.1 avremo che A
< A
= A
< A
(10.10c)
A = A
= A
L
T
y
(x)
z := T
y
che permette di considerare un operatore T
y
1
e
z
2
= T
y
2
avremo che
y
1
+y
2
[Tx) = y
1
[Tx) +y
2
[Tx) = z
1
[x) +z
2
[x) = z
1
+z
2
[x)
= T
y
1
+T
y
2
[x)
che tenendo conto dellequazione (10.13) conduce allidentit`a T
y
1
+T
y
2
[x) =
T
(y
1
+y
2
)[x), ovvero
T
y
1
+T
y
2
T
(y
1
+y
2
)[x) = 0 qualunque sia x H
che, per la 1.2.3, implica che T
y
1
+T
y
2
= T
(y
1
+y
2
).
Analogamente
T
y[x) = T
y[x)
per tutti gli x H, che implica T
y = T
y.
Quindi abbiamo dimostrato la seguente
Proposizione 10.3.1 Ogni operatore lineare limitato T su di uno spazio di
Hilbert H ha un aggiunto T
|
Dimostrazione. Se nella (10.14) prendiamo x = T
y otteniamo
|T
y|
2
= [y[TT
y| |y| |T| |T
y|
da cui segue
|T
y| |T| |y|
10.3. Operatori lineari limitati 183
Pertanto T
| |T|
Analogamente, se nella (10.14) prendiamo y = Tx, si ottiene
|Tx|
2
= [T
Tx[x)[ |x| |T
Tx| |x| |T
| |Tx|
da cui
|Tx| |T
| |x|
Pertanto abbiamo ottenuto
(2) |T| |T
|
Mettendo insieme la (1) e la (2) abbiamo il risultato |T
| = |T|.
Specializzando il teorema 10.2.1 al caso particolare degli operatori lineari
limitati, abbiamo immediatamente il seguente
Teorema 10.3.3 Siano T, S due operatori lineari e limitati su H allora
(i) (T +S)
= T
+S
(ii) (T)
= T
per ogni
(iii) (T S)
= S
(iv) T
:= (T
= T
Osservazione 10.3.4 A questo punto, osserviamo che sulla classe B(1)
consistente di tutti gli operatori lineari limitati su 1 sono denite le op-
erazioni di somma, prodotto per uno scalare e composizione. Rispetto a
queste operazioni B(1) risulta essere unalgebra associativa con elemento
unitario dato dalloperatore identit` a 1I, non commutativa.
Dimostriamo ora che tale algebra B(1) munita della norma 10.11, risulta
essere unalgebra di Banach secondo la seguente denizione astratta.
Denizione 10.3.5 Un algebra di Banach `e una classe B che gode delle seguen-
ti propriet`a:
1. `e una algebra lineare complessa;
2. `e denita una norma ||, rispetto alla quale, B `e uno spazio di Banach;
3. |ab| |a| |b| per ogni a, b B.
Dimostriamo ora ci`o che `e stato introdotto nellosservazione, ovvero sia la
Proposizione 10.3.6 La classe B(H) consistente di tutti gli operatori lineari
limitati su H `e una algebra di Banach.
184
CAPITOLO 10. Operatori che ammettono aggiunto
Operatori simmetrici e autoaggiunti
Dimostrazione. La 1 `e una conseguenza dei teoremi gi`a visti in questa sezione.
Dimostriamo la 2: sia T
n
B(H) una successione di Cauchy di operatori,
allora, per ogni x H
|T
n
x T
m
x| = |(T
n
T
m
)x| |T
n
T
m
| |x| 0
per ogni m e n N. Quindi la successione T
n
(x) H`e di Cauchy, e siccome H`e
completo, allora la successione converge a un vettore che indichiamo con T(x),
ovvero lim
n
T
n
(x) = T(x), qualunque sia x H. Utilizzando la linearit`a
dei T
n
si dimostra banalmente che T `e un operatore lineare. Per dimostrare la
limitatezza di T
(1) |Tx| =
_
_
_ lim
n
T
n
x
_
_
_ = lim
n
|T
n
x| lim
n
|T
n
| |x| (sup
n
|T
n
|) |x|
Dato che T
n
`e una successione di Cauchy in B(H), allora dalla ovvia maggio-
razione
|T
n
||T
m
|
|T
n
T
m
| 0 segue che |T
n
| `e una successione di
Cauchy nello spazio metrico completo R
+
; pertanto essa converge in tale spazio.
Come immediata conseguenza la quantit`a sup
n
|T
n
| `e nita. Questo risultato
applicato alla (1) dimostra che T `e limitato. Da ultimo
lim
n
|T
n
T| = lim
n
sup
|x|=1
|T
n
x Tx| = sup
|x|=1
_
_
_ lim
n
T
n
x Tx
_
_
_ = 0
dimostra che T
n
T nello spazio B(H).
Dimostriamo la 3: siano T
1
, T
2
H, allora |T
1
T
2
x| |T
1
| |T
2
x| di-
mostra che T
1
T
2
`e anchesso unoperatore limitato, e |T
1
T
2
| = sup
|x|=1
|T
1
T
2
x|
|T
1
| sup
|x|=1
|T
2
x| = |T
1
| |T
2
| verica la propriet`a.
In questa classe si ha adesso un ulteriore operatore algebrico, denito dalla
mappa
: B(H) B(H) che associa ad ogni operatore T il suo aggiunto T
.
Prima di sviluppare questo concetto, introduciamo una denizione importante:
Denizione 10.3.7 Sia / una generica algebra complessa ed esista una mappa
i : / /, denotata da i(a) = a
t
per ogni a /, con le seguenti propriet`a:
(i) (a +b)
t
= a
t
+b
t
,
(ii) (a)
t
= a
t
,
(iii) (ab)
t
= b
t
a
t
,
(iv) (a
t
)
t
= a.
allora si dice che i `e una involuzione su /.
T| |T|
2
. Per la propriet`a 3
denizione 10.3.5 dellalgebra di Banach, applicata agli operatori T
e T avremo
che |T
T| |T
| |T| = |T|
2
.
Viceversa dimostriamo che |T
T| |T|
2
. In primo luogo si ha che vale la
seguente maggiorazione |Tx|
2
= [Tx[Tx)[ = [T
Tx[x)[ |T
Tx| |x|
|T
T| |x|
2
per ogni vettore x. Da questa segue
|Tx|
|x|
|T
T|
1/2
sempre
per ogni x ,= 0. Pertanto a maggior ragione, |T| = sup
x,=0
|Tx|
|x|
|T
T|
1/2
,
ovvero |T
T| |T|
2
.
Questi due risultati dimostrano la tesi.
In sostanza, possiamo riassumere quanto visto no ad ora attraverso il
seguente
Teorema 10.3.9 La classe B(H) di tutti gli operatori lineari limitati su di un
dato spazio di Hilbert H `e una C
U = UU
= U
1
)
In sintesi
(10.16) (U1) (U2)
Dimostrazione. Dimostriamo limplicazione (i) (ii). Sia allora U un oper-
atore unitario denito sullintero spazio di Hilbert H. Quindi si pu`o procedere
in tre passaggi:
1. Dalla condizione di isometria |Ux| = |x| per ogni x H segue che
|Ux|
2
= |x|
2
ovvero Ux[Ux) = x[x). Allora si ha che U
Ux[x) = x[x)
che implica (U
U = 1I
186
CAPITOLO 10. Operatori che ammettono aggiunto
Operatori simmetrici e autoaggiunti
2. Loperatore unitario U, essendo biettivo, `e invertibile e quindi esiste U
1
e
UU
1
= 1I. Inoltre U
U
1
= (U
U
1
)UU
1
= (U
U 1I)U
1
= O.
Abbiamo quindi ottenuto che
U
= U
1
3. Da UU
1
= 1I e U
= U
1
si ottiene
UU
= 1I
In conclusione
U
U = UU
= 1I
Viceversa, sia U un operatore lineare limitato su H, allora esiste il suo ag-
giunto lineare limitato U
con norma |U
= U
1
, allora, in particolare, `e suriettivo. Inoltre, per qualunque coppia
di vettori x, y H vale che Ux[Uy) = x[U
n
u
n
e =
n
n
u
n
in H, dove
n
= u
n
[) e
n
= u
n
[). Allora
U[U) =
_
U
n
[U
m
u
m
_
= per la continuit`a di U
=
_
n
U
n
[
m
U
m
u
m
_
=
n,m
m
Uu
n
[Uu
m
)
=
n,m
n,m
=
n
u
n
[)
=
_
n
u
n
[
_
= [)
ovvero, U `e unisometria.
Per ogni vettore ssato y H, nella propria espansione in serie di Fourier y =
Uu
n
[y) Uu
n
rispetto alla base ortonormale Uu
n
, sappiamo che
[Uu
n
[y)[
2
`e convergente in R in virt` u delluguaglianza di Parseval (9.1.9) e quindi, facendo
uso del teorema di Fisher-Riesz, sar`a convergente anche la serie
Uu
n
[y) u
n
:=
x H. Da questo risultato segue che Ux = U(
Uu
n
[y) u
n
) =
Uu
n
[y) Uu
n
=
y dove la seconda uguaglianza `e conseguenza della continuit`a sequenziale dell-
operatore limitato U. Abbiamo cos` dimostrato ch U `e surriettiva.
10.4.1 Il caso nito-dimensionale
Nel caso di uno spazio di Hilbert nito-dimensionale, possiamo prendere in
esame alcuni risultati specici. In primo luogo rigordiamo il seguente risultato
standard di algebra lineare.
Proposizione 10.4.4 Sia 1 uno spazio lineare nito-dimensionale. Allora per
ogni operatore lineare L : 1 1 le seguenti sono eqivalenti:
(L1) L `e iniettivo;
(L2) L `e surriettivo.
Un secondo risultato importante `e il teorema
Teorema 10.4.5 Sia H uno spazio di Hilbert nito-dimensionale. Allora la
linearit`a di un operatore T : H H implica che loperatore `e anche limitato.
Dimostrazione. Per ogni vettore x H, nella sua espansione x =
N
i=1
u
i
[x) u
i
188
CAPITOLO 10. Operatori che ammettono aggiunto
Operatori simmetrici e autoaggiunti
rispetto ad una generica base ortonormale nita u
i
i=1,...,N
`e
|Tx| =
_
_
_
_
_
T
_
N
i=1
u
i
[x) u
i
__
_
_
_
_
=
_
_
_
_
_
N
i=1
u
i
[x) T(u
i
)
_
_
_
_
_
i=1
|u
i
[x) T(u
i
)| =
N
i=1
[u
i
[x)[ |T(u
i
)|
max
i=1,...,N
|T(u
i
)|
N
i=1
[u
i
[x)[
max |T(u
i
)|
N
i=1
|u
i
| |x| = (max |T(u
i
)| N) |x|
Quindi esiste la costante = max |T(u
i
)| N 0 tale che per ogni x H vale
la maggiorazione |Tx| |x|, ovvero che T `e limitato.
Come conseguenza della proposizione 10.4.3.
Corollario 10.4.6 Sia H uno spazio di Hilbert nito-dimensionale e U : H
H un operatore lineare su di esso. Allora le seguenti sono equivalenti:
(U1) U `e unisometria (e quindi, in quanto iniettivo, necessariamente unitario);
(U2) U
U = UU
= U
1
);
(U3) ogni base ortonormale u
n
dello spazio H `e trasformata da U in unaltra
base ortonormale Uu
n
dello stesso spazio;
(U4) esiste una base ortonormale u
n
dello spazio H che `e trasformata da U
in unaltra base ortonormale Uu
n
dello stesso spazio.
In particolare possiamo sottolineare il seguente risultato:
Condizione necessaria suciente anche una trasformazione lin-
eare U su uno spazio di Hilbert nito-dimensionale sia unitaria `e
che trasformi una base ortonormale in una base ortonormale.
Capitolo 11
Teoria spettrale
per operatori in spazi
normati
11.1 Spettro puntuale e spettro puntuale ap-
prossimato
In questo paragrafo indicheremo con X uno spazio lineare normato complesso e
con T : T X un operatore denito su di una variet`a lineare T di X.
Denizione 11.1.1 Diremo che
(, x) C T/0
costituisce una coppia autovaloreautovettore per loperatore T sse
(11.1) Tx = x
Equivalentemente si dice che C e un autovalore delloperatore T sse esiste
un vettore x T non nullo tale che Tx = x.
I vettori x per cui la condizione (11.1) e soddisfatta si chiamano autovettori
delloperatore T associati allautovalore . Ovviamente, 0 e un autovettore as-
sociato a qualsiasi autovalore di T; per`o, se e un autovalore delloperatore T
esister`a un autovettore non nullo associato allautovalore in questione.
Proposizione 11.1.2 Sia T : T A un operatore lineare, le due seguenti
proposizioni sono equivalenti:
(i) e un autovalore di T;
(ii) loperatore (T I) non e iniettivo.
Dimostrazione. Se e un autovalore di T allora esiste x ,= 0 tale che (T
I)x = 0. Daltra parte e banale che (T I)0 = 0 e perci`o loperatore (T I)
non e iniettivo.
190 CAPITOLO 11. Spettro approssimato
Viceversa, se (T I) non e iniettivo esistono due vettori diversi x
1
, x
2
T, x
1
,= x
2
, tali che
(T I)x
1
= (T I)x
2
Allora x
1
x
2
,= 0 e in pi` u (T I)(x
1
x
2
) = 0
Esempio 11.1.3 Autovalore di un operatore matriciale.
Se X e uno spazio lineare normato sul campo K = R o C nito dimensionale con
dim X = n sappiamo che X K
n
, ossia che e identicabile con C
n
tramite un
opportuno isomorsmo lineare U
T U
1
T con |x
| = 1 e tale che
|(T I)x
| <
ovvero, equivalentemente
Denizione 11.1.5 Diremo che C e un autovalore approssimato per lopera-
tore T sse esiste una successione x
n
: n N di vettori in T tale che
|x
n
| = 1 e lim
n
|(T I)x
n
| = 0
Linsieme degli autovalori approssimati costituisce lo spettro puntuale ap-
prossimato, che verr`a indicato con
ap
(T). Chiaramente
p
(T)
ap
(T).
Laspetto rilevante di questa denizione e che per qualunque operatore (limitato)
lo spettro puntuale approssimato e non vuoto. (S.K. Berberian, Introduction
11.1. Spettro puntuale e spettro puntuale approssimato 191
to Hilbert spaces, Oxford University Press, 1961). Sia C e T : T X un
operatore lineare; dora in avanti indicheremo con T
loperatore denito da
(11.2) T
= T I
Esso e un operatore denito sullo stesso dominio delloperatore T, ossia T
:
T X. Pertanto, la condizione (11.1) pu`o essere trascitta nel seguente modo.
ap
(T) sse esiste una successione x
n
: n N in T tale che
|x
n
| = 1 e lim|T
x
n
| = 0
Osservazione 11.1.6 Se X = 1, e uno spazio di Hilbert, sia T una
variet` a lineare densa in 1 e T : T 1 un operatore lineare. Indicato
con T
: T
= T
I
essendo
(T
: T
1.
Denizione 11.1.7 Diremo che T
x| per ogni x T.
Proposizione 11.1.8 Sia T : T X le due seguenti proposizioni sono equiv-
alenti:
(i)
ap
(T).
(ii) T
x
n
|
1
n
.
Pertanto, per ogni n N esiste un x
n
T/0 tale che
(1) |T
x
n
|
1
n
|x
n
|
e ci`o esclude la possibilit`a di trovare un k > 0 tale che
k |x| |T
x| per ogni x T;
baster`a prendere nella (1) n
o
tale da risultare
1
n
o
k.
Supponiamo ora che T
( x
k
)| < k | x
k
|, quindi necessariamente | x
k
| ,= 0).
Posto k = e x
= x
k
/ | x
k
| avremo che per ogni > 0, esiste x
T con
|x
| = 1 e tale che |T
e inferiore limitato
(ii) T
e iniettivo e T
1
: T
(T) X e limitato.
Dimostrazione. Sia T
x = 0 e la condizione
k |x| |T
denito su T
(T). Inoltre, se
k |x| |T
x avremo che k
_
_
T
1
y
_
_
|y| per
ogni y T
(T) ossia
_
_
T
1
y
_
_
h|y| per ogni y T
(T) ove h =
1
k
,= 0.
Viceversa, se T
1
e limitato su T
(y)
_
_
h|y| potremo ritenere che h ,= 0 in quanto se fosse h = 0 allora
_
_
T
1
(y)
_
_
= 0 e quindi esister`a h
t
> 0 tale che 0 =
_
_
T
1
(y)
_
_
h
t
|y|). Perci`o,
posto y = T
non e iniettivo
(ap-ii) T
e iniettivo ma T
1
: T
iniettivo e T
1
limitato] = [T
non iniettivo
o T
1
non limitato].
Esempio 11.1.11 Sia Q loperatore di moltiplicazione monodimensionale su L
2
(R).
Il suo spettro puntuale e vuoto in quanto lequazione agli autovalori per questo oper-
atore (Q)(x) = (x) si traduce nella seguente equazione, che deve essere risolta da
almeno un vettore T
Q
non nullo,
(x )(x) = 0, per ogni x R
Per ogni R si consideri la successione
_
()
n
= K
n
[
1
n
,+
1
n
]
_
ove vogliamo individuare le costanti K
n
in modo che risulti
_
_
_
()
n
_
_
_ = 1 e
_
_
_Q
()
n
_
_
_
n
0.
Con rapidi calcoli si ottiene che queste condizioni sono soddisfatte da
_
()
n
=
_
n
2
[
1
n
,+
1
n
]
_
,
Pertanto, ogni numero reale appartiene allo spettro approssimato delloperatore
Q.
DISEGNO
11.2. Spettro di un operatore 193
11.2 Spettro di un operatore
Come abbiamo visto lappartenenza di C allo spettro puntuale approssimato
di un operatore T : T X e legato alla propriet`a delloperatore
T
1
: T
(T) T.
In generale per ci`o che riguarda il comportamento di T
1
(T) T
(T) = X T
(T) = X T
(T) X
In Analisi Funzionale si usa decomporre il piano complesso C in quattro
regioni, in relazione al comportamento di T
, secondo la seguente:
Denizione 11.2.1 Sia T : T X un operatore lineare, diremo che C e
un elemento dello spettro di T, indicato con (T), sse e vericata una delle tre
alternative:
(p) T
non e iniettivo;
(c) T
e iniettivo, T
1
: T
(T) = X;
(r) T
e iniettivo, ma T
(T) ,= X (T
1
: T
iniettivo, T
(T) = X , T
1
limitato
_
Per ci`o che riguarda lo spettro, avremo che
p
(T)
c
(T)
ap
(T) (T)
Considerato loperatore T : T X e costruito per ogni C loperatore
T
: T X T
1
: T
(T) T T
(T) = X T
(T) = X T
(T) X
non iniettivo non esiste
p
p
p
iniettivo esiste non limitato
c
I
c
II
r
I
iniettivo esiste limitato
I
II
r
II
Tabella 11.1: Comportamento complessivo spettrale per un operatore T : T
X.
Rispetto alla tabella precedente, tutte le caselle indicate con costituiscono
lo spettro, quelle con , il risolvente. In particolare lo spettro
t
consiste delle
seguenti 3 parti mutuamente disgiunte:
i) lo spettro puntuale
p
;
ii) lo spettro continuo
c
;
iii) lo spettro residuo
r
che si divide in due parti sottoenumerate
r
I
e
r
II
,
entrambe caratterizzate dalla condizione che T
non `e denso in X (T
(T)
X) e che T
`e iniettivo.
Daremo una dimostrazione alternativa (G.E. Silov, Analisi Matematica, III
parte, edizioni MIR) della seguente
Proposizione 11.2.2 Per ogni T : T X operatore lineare
ap
(T) =
p
(T)
c
(T)
r
I
(T)
C
ap
(T) = (T)
r
II
(T)
corrispondente alle prime due righe della tabella 11.1
Dimostrazione. Dimostreremo la seguente implicazione:
(11.3) (T)
r
II
(T) implica /
ap
(T)
Sia (T)
r
II
(T) allora (vedi tabella 11.1) T
1
esiste limitato. Da
ci`o segue che per ogni successione x
n
T si ha x
n
= T
1
x
n
da cui, se
esistono lim|x
n
| e limT
x
n
sar`a necessariamente, per la continuit`a sequenziale
della norma,
lim|x
n
| =
_
_
lim(T
1
x
n
)
_
_
=
_
_
_
_
T
1
_
lim(T
x
n
)
__
_
_
_
. ()
Pertanto, se fosse
ap
(T) avremmo che esiste una successione x
n
T tale
che |x
n
| = 1 e lim|T
x
n
| = 0, ovvero tale che lim|x
n
| = 1 e limT
x
n
= 0;
ma queste due condizioni sono incompatibili con la (*).
Abbiamo quindi dimostrato che
ap
p
(T)
c
(T)
r
I
(T)
Dimostriamo ora il viceversa. A questo proposito abbiamo gi`a visto che
(11.4)
p
(T) implica
ap
(T)
11.2. Spettro di un operatore 195
facciamo vedere ora che
(11.5)
c
(T)
r
I
(T) implica
ap
(T)
Sia tale che T
1
: T
k
_
_
.
Da questo segue che per ogni k > 0 esiste
k
= T
1
k
tale che
_
_
_T
k
_
_
_ < k
_
_
_
k
_
_
_,
(da cui
_
_
_
k
_
_
_ ,= 0). Preso in particolare, k = 1/n e posto
n
=
1/n
_
_
_
1/n
_
_
_
avremo che |T
n
| <
1
n
e quindi esiste la successione
n
: n N tale che
|
n
| = 1 e lim
n
|T
n
| = 0, ossia
ap
(T).
Dalla proposizione segue quindi che
r
II
(T) = implica
ap
(T) = (T)
A volte useremo porre
cg
(T) :=
c
(T)
r
I
(T), questo insieme viene detto
spettro continuo generalizzatodi T, per cui
ap
(T) =
p
(T)
cg
(T), e deniremo
g
(T) = C
ap
(T), chiamata risolvente generalizzato di T.
Capitolo 12
Chiusura di un operatore
Operatori chiusi
12.1 Operatori chiusi
In quanto segue, tranne nei casi in cui sar`a diversamente specicato,
- X e uno spazio lineare normato complesso;
- T e un operatore lineare da X in X;
- T
T
e una variet`a lineare di X, dominio di denizione delloperatore T.
Le potenti propriet`a di cui dispone la classe degli operatori limitati su di
uno spazio normato (vedi sezione ???1???, capitolo ???4???), non sono sempre
utilizzabili nelle applicazioni, dove si incontrano spesso operatori non limitati.
Ad esempio, in Meccanica Quantistica intervengono massicciamente gli opera-
tori di moltiplicazione e di derivazione che, come e noto, non sono limitati. Essi,
come altri operatori, soddisfano comunque una sorta di continuit`a: sono cioe
operatori chiusi.
Risulta senzaltro utile lo studio di tali operatori e delle connessioni tra le
propriet`a di chiusura e quelle di continuit`a, iniettivit`a, ecc..
Denizione 12.1.1 Un operatore lineare T : T
T
X si dir`a chiuso se per
ogni successione x
n
T
T
convergente in X ad un vettore x, ossia tale che
lim
n
x
n
= x X
e per cui esiste in X il limite y della successione delle immagini
lim
n
Tx
n
= y X
si ha che:
x T
T
(C.1)
y = Tx (C.2)
198 CAPITOLO 12. Operatori chiusi
Osservazione 12.1.2 Da questa denizione si vede che gli operatori
chiusi soddisfano ad una propriet`a molto simile alla continuit` a sequenziale
in spazi lineari normati. Ricordiamo per`o che in tali spazi la continuit` a
sequenziale e equivalente alla continuit` a e, in pi` u, per gli operatori lineari
limitati la continuit` a e equivalente alla limitatezza degli operatori.
Come andremo ora a vericare, per`o, in generale non si pu`o stabilire alcun
legame fra la chiusura di un operatore lineare e la limitatezza.
Esempio 12.1.3 Operatore chiuso non limitato.
Sia T
T
la variet` a lineare di l
2
denita da
T
T
:=
_
|
k
l
2
:
k
2
[
k
[
2
< +
_
e sia T loperatore lineare T : T
T
l
2
denito da T (|
k
) = |k
k
. T non e
limitato in quanto, considerata la base ortonormale canonica di l
2
, e
j
= |
k,j
, si ha
|T (|
k,j
)| = j con ||
k,j
| = 1.
Prendiamo ora una successione |x
n
T
T
, con x
n
= |
(n)
k
, tale che esista
x = limx
n
, con = |
k
l
2
, e per cui esiste y = limTx
n
, con y = |
k
l
2
. Dal
fatto che lim
n
x
n
= nello spazio di Hilbert l
2
segue che
lim
n
|x
n
x|
2
= lim
n
_
k
|
(n)
k
k
|
2
_
= 0
e ci`o e possibile sse lim
n
[
(n)
k
k
[ = 0 per ogni k, ossia sse lim
n
(n)
k
=
k
per ogni k.
Da questo risultato segue che y = lim
n
Tx
n
implica
(12.1)
k
= lim
n
k
(n)
k
= k
k
Poiche y = |
k
e un elemento di l
2
, abbiamo che
k
[
k
[
2
< e, quindi, per la (12.1),
k
k
2
[
k
[
2
< , ottenendo che la successione x = |
k
appartiene a T
T
. Inne, si
osservi che la (12.1) si pu`o scrivere come y = Tx.
Esempio 12.1.4 Operatore limitato non chiuso
Sia T
T
la variet` a lineare di l
2
delle successioni denitivamente nulle.
T
T
= ||
k
l
2
: n N t.c.
k
= 0, per ogni k > n
e sia T loperatore denito su T
T
da T(|
k
) = |
1
k
k
. T e ovviamente limitato ma
non e chiuso.
Infatti presa la successione |x
n
T
T
, x
n
= |1,
1
2
, . . . ,
1
n
, 0, 0, . . ., essa converge a
x = |1,
1
2
, . . . ,
1
k
,
1
k+1
, . . . l
2
; inoltre, la successione Tx
n
= |1,
1
1
2
,
1
3
2
, . . . ,
1
n
2
, 0, 0, . . .
e tale che
limTx
n
=
_
1,
1
2
2
, . . . ,
1
k
2
,
3
1
(k + 1)
2
, . . .
_
l
2
.
Ma, come e evidente x / T
T
; dunque T non e chiuso.
Osservazione 12.1.5 Dallesempio 12.1.4 risulta che se noi estendiamo
per continuit`a loperatore T alla chiusura T
T
della variet` a lineare T
T
,
ottenendo loperatore T : T
T
l
2
(T
T
= l
2
!):
x Tx =
_
1
k
k
_
ogni successione |x
n
T
T
convergente ad un x l
2
, avr` a come suc-
cessione immagine una successione |Tx
n
convergente in l
2
a causa della
continuit` a di T; inoltre per la stessa ragione
lim(Tx
n
) = T(limx
n
).
12.1. Operatori chiusi 199
Una generalizzazione di questo risultato ad ogni operatore limitato T in uno
spazio normato X e possibile sotto la condizione che detto spazio sia completo,
come e il caso dellesempio 12.1.4. Vale infatti il seguente
Teorema 12.1.6 Un operatore limitato T : T
T
X, dove X e completo, e
chiuso sse T
T
e una variet`a lineare chiusa in X.
Dimostrazione. (a) Sia T limitato e chiuso.
Presa una qualsiasi successione x
n
T
T
convergente a x X (quindi
x T
T
). Per la limitatezza delloperatore, Tx
n
converge a
Tx X,
dove
T e lestensione continua di T a T
T
. Allora, per la chiusura x T
T
e
(Tx =
Tx).
(b) Sia T limitato e T
T
chiusa in X.
Presa una successione x
n
T
T
convergente a x X, si ha x T
T
per la
chiusura di questultima, inoltre dalla limitatezza delloperatore segue che
Tx
n
converge a Tx X.
e un operatore chiuso.
Dimostrazione. Se T e densamente denito, loperatore T
esiste ed e unico.
Sia x
n
T
T
t.c. limx
n
= x H e limT
x
n
= y
x
n
) = y[y
)
cioe x T
T
e T
x = y
.
Corollario 12.1.11 Un operatore autoaggiunto in uno spazio di Hilbert e chiu-
so.
Dimostrazione. Banale.
Esempio 12.1.12 Nello spazio di Hilbert L
2
(R) loperatore di moltiplicazione
Q : T
Q
L
2
(R), (Q)(x) := x(x)
dove T
Q
= | L
2
(R) : x(x) L
2
(R), e loperatore di derivazione
P : T
P
L
2
(R), P := i
d
dx
dove T
P
= | L
2
(R) :
d
dx
L
2
(R), sono operatori autoaggiunti e, quindi, chiusi.
Corollario 12.2.3 X
2
e uno spazio di Banach sse X e completo.
Teorema 12.2.4 Unoperatore lineare T : T
T
X e chiuso sse il suo grafo
((T) e un sottoinsieme chiuso di X
2
.
Dimostrazione.
(a) Presa una successione x
n
T
T
tale che limx
n
= x X e limTx
n
= y
X, allora lim(x
n
, Tx
n
). Se ((T) e chiuso (x, y) ((T) e (x, y) = (x, Tx).
(b) Presa una successione x
n
((T), con x
n
= (x
n
, Tx
n
) e x
n
T, tale che
esiste x = (x, y) X
2
per cui limx
n
= x, si ha limx
n
= x e limTx
n
= y;
se T e chiuso x T
T
e y = Tx : (x, y) ((T).
) = [U(((T))]
x) ((T
), allora
per ogni x T
T
si ha Ty[x) = y[T
x)
_
U(((T))
.
(b) Supponiamo che (x, y)
_
U(((t))
x) =
(x, y) ((T
).
) = [U(T)]
) =
_
(x, y) H
2
: (x, y) = (v, w) con (w, v) T
_
=
=
_
(x, y) H
2
: x[t) = y[z) , (z, t) T
_
[U(T)]
=
_
(x, y) H
2
: (x, y)[U(z, t)) = 0, (z, t) T
_
=
=
_
(x, y) H
2
: x[t) y[z) = 0, (z, t) T
_
.
e densamente denito in H.
(b) T
= T.
Dimostrazione. (a) Se T e chiuso, per il teorema 12.2.4, il suo grafo ((T) e
un sottospazio dello spazio di Hilbert di H
2
; allora, utilizzando la propo-
sizion 12.3.2 otteniamo
U(((T)) = ((T
. (1)
Se T
T
,= H, esiste y
0
T
T
, con y
0
,= 0. Allora
y
0
[y) = 0 per ogni y T
T
.
La coppia (y
0
, 0) ((T
, infatti
(y
0
, 0)[(y, T
y)) = y
0
[y) +0[T
y) = 0.
Allora, per la relazione (1), (y
0
, 0) U(((T)), ovvero esiste x T
T
tale
che U(x
0
, Tx
0
) = (y
0
, 0) = (Tx
0
, x
0
), cioe x
0
= 0 e Tx
0
= T0 = y
0
,= 0.
(b) Siccome T
. Per la proposizione
12.3.2 si ha
((T
) =
_
U(G(T
))
=
_
U
_
[U(((T)]
_
_
.
Possiamo utilizzare il lemma 12.2.2 perche U(((T)) e un sottospazio, in
quanto ((T) e un sottoinsieme chiuso essendo T un operatore chiuso.
Allora otteniamo:
((T
) = 1
_
1(((T))
_
= ((T) = ((T)
da T T
e T
T
= T
T
ricaviamo T = T
.
Teorema 12.3.5 Un operatore lineare T : T
T
H, densamente denito in H,
ammette unestensione chiusa se e soltanto se T
T
= H.
Dimostrazione. (a) Se T
T
= H, allora esiste T
. Loperatore T
1
= H.
Daltra parte T T
1
implica T
1
T
e perci`o H = T
T
1
T
T
.
Teorema 12.3.6 Se T : T
T
H e densamente denito e in pi` u T
T
= H,
allora T ammette chiusura T e si ha T = T
.
Dimostrazione. Bisogna dimostrare che T
1
= H e T
1
= T
1
. Allora abbiamo
che T T
1
implica T
1
T
e perci`o T
T
= H e T
1
.
Teorema 12.3.7 Se T e chiuso e T
T
= H, allora T e limitato e T
e limitato.
Dimostrazione. Per il teorema del grafo chiuso T e limitato. Un operatore
limitato su H ammette un aggiunto T
.
Dimostrazione. Se T e simmetrico, ammette un aggiunto T
che e unesten-
sione di T stesso: T T
. Allora T
T
= H. Per il teorema 12.3.7 abbiamo
T = T
.
Corollario 12.3.10 La chiusura T = T
di un operatore simmetrico e un
operatore simmetrico.
Teorema 12.3.11 Un operatore T autoaggiunto denito su tutto H e limitato.
Dimostrazione. Se T = T
con
T
chiuso.
Capitolo 13
Operatori dierenziali al
secondo ordine
13.1 Operatori dierenziali
formalmente autoaggiunti
In questo paragrafo ci occuperemo delloperatore dierenziale alle derivate totali
del secondo ordine
(13.1) L = a
0
(x)
d
2
dx
2
+a
1
(x)
d
dx
+a
2
(x)
con a
0
, a
1
, a
2
funzioni a valori reali denite su di un intervallo, limitato o non,
[, ] dellasse reale e in particolare studieremo lequazione agli autovalori
(13.2) Ly = y
altrimenti scritta
(13.3a) a
0
(x)y
tt
+a
1
(x)y
t
+a
2
(x)y = y
ovvero
(13.3b) a
0
(x)y
tt
+a
1
(x)y
t
+
_
a
2
(x)
y = 0
che `e unequazione dierenziale ordinaria del secondo ordine dipendente dal
parametro . In questo contesto loperatore dierenziale (13.1) `e un operatore
formale nel senso che non `e esplicitato il dominio di denizione su cui es-
so agisce, riservandoci di volta in volta di precisarlo a seconda del particolare
problema che dovremo arontare.
Osservazione 13.1.1 Il dominio di denizione T(L) delloperatore L,
anche se non esplicitato, risulta comunque sottoposto al vincolo che le
funzioni ad esso appartenenti, dovendo soddisfare la (13.3b) in ogni punto
dellintervallo [, ], necessariamente debbono essere dierenziabili due
volte sullintero intervallo; questa richiesta implica che tali funzioni sono
per lo meno di classe (
1
([, ]).
Pertanto, il dominio di denizione deve essere contenuto nello spazio li-
neare delle funzioni doppiamente dierenziabili su [, ]. Dora in avanti
noi supporremo che T(L) sia in eetti una variet` a lineare in tale spazio.
206 CAPITOLO 13. Operatori dierenziali al secondo ordine
Esempio 13.1.2 Se a
0
,= 0 e a
0
, a
1
, a
2
(([, ]) allora necessariamente T(L)
(
2
([, ]). Questo risultato `e immediata conseguenza di quanto detto nella precedente
osservazione e della
y
=
a
1
(x)y
+ [a
2
(x) ]y
a
0
(x)
(([, ])
In particolare ci`o accade quando si ha a che fare con un operatore dierenziale (13.1)
a coecenti costanti.
Ricordiamo che un autovalore delloperatore L si dice non degenere se lau-
tospazio ad esso associato ha dimensione 1; in tutti gli altri casi lautovalore si
chiama degenere.
Noi saremo particolarmente interessati al caso in cui L`e un operatore formale
denito in una variet`a lineare, in generale non esplicitata, dello spazio di Hilbert
L
2
([, ]). In prima approssimazione tale variet`a lineare potr`a anche essere
ritenuta non densa in L
2
([, ]),
A questo proposito introdurremo ora uno spazio di Hilbert che sar`a partico-
larmente utile nello studio delloperatore dierenziale formale L denito dalla
(13.1). Una funzione w : (, ) R si dir`a funzione peso per L
2
([, ]) sse
soddisfa le condizioni
(p-i) w(x) > 0 per ogni x (, );
(p-ii) w (
1
(, );
(p-iii) esistono, niti o inniti, i limiti lim
x
+ w(x) e lim
x
w(x);
(p-iv) w f L
2
([, ]) per ogni f L
2
([, ]).
Osservazione 13.1.3 Si noti che anche nel caso di un intervallo lim-
itato [a, b] non `e richiesto che la funzione peso sia denita sugli estremi
dellintervallo stesso. Se per`o esistono niti i limiti richiesti dalla (p-iii)
allora si estende la funzione w per continuit` a sullintero [a, b] ponendo
w(a) := lim
xa
+ w(x) e w(b) := lim
xb
w(x).
Esempio 13.1.4 Una funzione peso per lintervallo limitato [1, 1], ove p, q sono
due costanti reali non negative, `e le seguente
w(x) = (1 x)
p
(1 +x)
q
Infatti, w(x) `e strettamente positiva e continua nellintervallo aperto (1, 1). Per p > 0
e q > 0 esistono i limiti lim
x1
+(1 x)
p
(1 + x)
q
= lim
x1
(1 x)
p
(1 x)
q
= 0 e
quindi in questi casi si pu`o estendere per continuit` a la funzione w(x) ponendo w(1) =
w(1) = 0; per p = q = 0 la funzione peso `e la funzione w(x) = 1, per ogni x (1, 1),
e anche in questo caso la si pu`o estendere per continuit` a ponendo w(1) = w(1) = 1.
Inne, in tutti gli altri casi i limiti in esame divergono a +.
Per p 0 e q 0 le funzioni (estese) w(x) sono continue sul compatto [1, 1] e
quindi soddisfano immediatamente la condizione (p-iv).
Esercizio 13.1.5 Determina per esercizio i casi p, q < 0 per cui `e soddisfatta
la condizione (p-iv).
Proposizione 13.1.6 Se w `e una funzione peso per L
2
[, ] allora w
1
2n
, (n =
1, 2, . . .), `e una funzione peso per il medesimo spazio.
13.1. Operatori dierenziali
formalmente autoaggiunti 207
Dimostrazione. Faremo la dimostrazione per il solo caso di w
1
2
; la validit`a
per ogni n si prova per induzione. Ovviamente, dalle condizioni (p-i) e (p-ii)
che deniscono una funzione peso si ha che w
1
2
> 0 e w
1
2
(
1
. Se esistono
niti i lim
x
+ w(x) e lim
x
w(x) allora esistono anche i lim
x
+ w(x)
1
2
e
lim
x
w(x)
1
2
. Inne, dalla continit`a della funzione w
1
2
segue che anche w
1
2
f
`e misurabile secondo Lebesgue per ogni f misurabile secondo Lebesgue. Inne,
se f L2 allora, per la propriet`a (p-iv) delle funzioni peso, anche w f L
2
per cui
_
w f
2
=
_
(w f) f = f[w f) <
Pertanto per ogni f L
2
[, ] anche
wf L
2
[, ]
w[f[
2
<
Sotto queste condizioni `e immediato vericare la seguente
Proposizione 13.1.7 Se w `e una funzione peso per L
2
[, ] allora
f[g)
w
:=
_
wfg
`e un prodotto interno su L
2
([, ])
w
.
In particolare si ha che valgono le relazioni:
f[g)
w
=
wf[
wg
_
(13.4)
|f|
w
=
_
_
wf
_
_
. (13.5)
Proposizione 13.1.8 La seguenti equivalenze logiche sono vere:
(i) f L2
w
sse
wf L2
(ii) g L2 sse
g
w
L2
w
Dimostrazione. Banali conseguenze delle uguaglianze
_
w[f[
2
=
_
wf
2
_
[g[ =
_
w
= g.
Come conseguenza di questo risultato abbiamo che pure L
2
[, ]
w
, che a
volte indicheremo pi` u semplicemente con (L
2
)
w
, `e uno spazio di Hilbert.
Inoltre, grazie alla unitariet`a delloperatore U
w
, si ha il seguente risultato
Corollario 13.1.10 u
n
: n N `e un sonc in L
2
[, ] sse
wu
n
: n N `e
un sonc in L
2
[, ]
w
.
Osservazione 13.1.11 Da quanto ora visto, se w `e una funzione peso
per /
2
[, ] allora gli spazi di Hilbert L
2
[, ] e L
2
[, ]
w
sono unitari-
amente equivalenti tramite loperatore U
w
, e quindi identicabili come
spazi con prodotto interno.
Ovviamente, questa identicazione non signica che L
2
[, ] e L
2
[, ]
w
siano identici come insiemi.
Esempio 13.1.12 Nello spazio di Hilbert L
2
(, ) la funzione w
H
(x) := e
1
2
x
2
`e una funzione peso. Si osservi che la famiglia libera delle funzioni |x
n
: n = 0, 1, . . .
appartiene a L
2
(, )
w
H
ma non appartiene a L
2
(, ).
Esempio 13.1.13 Analogamente, nello spazio di Hilbert L
2
(0, ) la funzione w
L
(x) :=
e
1
2
x
`e una funzione peso rispetto alla quale la famiglia libera delle funzioni |x
n
: n =
0, 1, . . . appartengono a L
2
(0, )
w
L
, ma non a L
2
(0, ).
In generale, nei problemi di Fisica Matematica e di Meccanica Quantistica,
i valori del parametro nella (13.2) (o nelle (13.3a) o (13.3b)) vengono in-
terpretati come risultati numerici della osservazione di una qualche grandezza
sica e perci`o si richiede che essi siano espressi da numeri reali. Se in pi` u si
vuole che le eventuali soluzioni della (13.2) siano vettori dello spazio di Hilbert
L
2
([, ])
w
rispetto ad una funzione peso w, ossia che L sia un operatore op-
portunamente denito su di una variet`a lineare in L
2
([, ])
w
, il requisito che
gli autovalori siano reali `e soddisfatto nel caso in cui L sia un operatore formal-
mente autoaggiunto rispetto alla funzione peso w, ossia sia tale da soddisfare la
condizione
(13.6) L[)
w
= [L)
w
per ogni , T(L)
Infatti, verichiamo a questo proposito che vale il seguente importante risultato.
Teorema 13.1.14 Se loperatore dierenziale L con dominio di denizione for-
male T(L) `e formalmente autoaggiunto rispetto alla funzione peso w allora tut-
ti i suoi autovalori sono reali. Inoltre, ad autovalori distinti corrispondono
autovettori ortogonali.
13.1. Operatori dierenziali
formalmente autoaggiunti 209
Dimostrazione. Infatti,
p
(L) implica che esiste f
T(L), con f
,= 0,
per cui si ha Lf
= f
. Da ci`o segue
Lf
[f
)
w
= |f
|
2
w
f
[Lf
)
w
= |f
|
2
w
Ma essendo L formalmente autoaggiunto rispetto alla funzione peso w avremo
che in particolare Lf
[f
)
w
= f
[Lf
)
w
da cui, la condizione f ,= 0 impone
che = .
Siano ora
1
e
2
due autovalori distinti e f
1
, f
2
T(L) tali che Lf
1
=
1
f
1
e Lf
2
=
2
f
2
. Allora da Lf
1
[f
2
) = f
1
[Lf
2
) segue che (
1
2
) f
1
[f
2
), da cui
f
1
[f
2
) = 0.
Teorema 13.1.15 Sotto le ipotesi che a
0
, a
1
(
1
, loperatore dierenziale L
`e formalmente autoaggiunto rispetto alla funzione peso w su un dominio di
denizione T(L) (
2
(L
2
)
w
non esplicitato sse le seguenti condizioni sono
soddisfatte :
(i) (w(x)a
0
(x))
t
= w(x)a
1
(x);
(ii) per ogni coppia di vettori f, g T(L) si ha
_
w(x)a
0
(x)
_
f(x)g
t
(x) g(x)f
t
(x)
__
= 0.
In questo caso se
a
1
a
0
L
1
oppure
a
0
a
1
a
0
L
1
allora necessariamente
w(x) =
c
a
0
(x)
e
a
1
(x)
a
0
(x)
dx
= c e
0
(x)a
1
(x)
a
0
(x)
dx
.
Dimostrazione. Consideriamo
f[Lg)
w
=
_
fw(a
0
g
tt
+a
1
g
t
+a
2
g)
=
_
fwa
0
g
tt
+
_
fwa
1
g
t
+
_
fwa
2
g (1)
Integrando per parti i due primi integrali otteniamo
f[Lg)
w
=
_
fwa
0
g
t
_
_
(wa
0
)
t
f + (wa
0
)f
t
_
g
t
+
_
fwa
1
g
_
_
(wa
1
)
t
f + (wa
1
)f
t
_
g +
_
fwa
2
g (2)
Essendo Lf[g)
w
= g[Lf)
w
=
_
gw(a
0
f
tt
+ a
1
f
t
+ a
1
f), dal confronto di
questultima colla (1) e tenuto conto che a
0
, a
1
, a
2
sono a valori reali, si ha
che Lf[g)
w
si pu`o ottenere dalla (2) scambiando i ruoli di g e di f. Pertanto
Lf[g)
w
=
_
gwa
0
f
t
_
_
[(wa
0
)
t
g + (wa
0
)g
t
]f
t
+ [gwa
1
f]
_
[(wa
1
)
t
g + (wa
1
)g
t
]f +
_
gwa
2
f (3)
210 CAPITOLO 13. Operatori dierenziali al secondo ordine
Dalla (2) e (3) segue che
f[Lg)
w
Lf[g)
w
=
_
wa
0
(fg
t
gf
t
)
_
_
(wa
0
)
t
(fg
t
gf
t
)
_
(wa
1
)(f
t
g g
t
f)
=
_
wa
0
(fg
t
gf
t
)
_
_
[(wa
0
)
t
wa
1
](fg
t
gf
t
)
Pertanto la condizione f[Lg)
w
Lf[g)
w
= 0 implica le due condizioni (i) e (ii)
della tesi e viceversa.
In particolare dalla condizioni (i) otteniamo
d(w(x)a
0
(x))
w(x)a
0
(x)
=
a
1
(x)
a
0
(x)
dx
e quindi
log(w(x)a
0
(x)) =
_
a
1
(x)
a
0
(x)
dx + log(c)
e ci`o implica
w(x) =
c
a
0
(x)
e
a
1
(x)
a
0
(x)
dx
Daltra parte sempre dalla (i) si ottiene anche
w
t
a
0
+wa
t
0
wa
1
= 0
ovvero
w
t
a
0
= w(a
1
a
0
)
e quindi
dw
w
=
a
0
a
1
a
0
dx.
che conduce al risultato voluto.
Osservazione 13.1.16 Dal teorema precedente si ha che se loperatore
L = a
0
(x)
d
2
dx
2
+a
1
(x)
d
dx
+a
2
(x)
deve essere formalmente autoaggiunto ripetto alla funzione perso w allora
necessariamente la funzione w `e soluzione dellequazione dierenziale del
primo ordine.
(w(x)a
0
(x))
= w(x)a
1
(x)
Questa equazione dierenziale dipende esclusivamente dalla forma dellope-
ratore L e da nessun altra condizione, per cui una volta assegnato lop-
eratore L `e univocamente assegnata lequazione dierenziale (i) cui deve
soddisfare la funzione peso.
Dato loperatore formale
L = a
0
(x)
d
2
dx
2
+a
1
(x)
d
dx
+a
2
(x)
soddisfacente le condizioni che a
0
, a
1
(
1
, questa osservazione suggerisce di
procedere nel seguente modo
13.1. Operatori dierenziali
formalmente autoaggiunti 211
1) Si considera lequazione dierenziale nellincognita w:
(i) (w(x)a
0
(x))
t
= w(x)a
1
(x)
Questa equazione dierenziale non `e detto che ammetta soluzione in quanto
lammettere o meno soluzione dipende dal comportamento delle funzioni a
0
e a
1
.
Nel caso in cui queste funzioni siano tali che lequazione dierenziale (i) sia
risolubile, non `e detto in generale che la soluzione w ottenuta soddis a tutte
le condizioni che la qualicano come funzione peso.
Se per`o la funzione w soluzione della equazione dierenziale (i) `e una funzione
peso diremo che loperatore L ammette funzione peso.
2) Si tratta ora di individuare un dominio di denizione T(L) per loperatore
L, con T(L) (
2
(L
2
)
w
, in modo tale che per ogni coppia di funzione f, g
appartenenti a T(L) sia soddisfatta la condizione al contorno
(ii)
_
w(x)a
0
(x)
_
f(x)g
t
(x) g(x)f
t
(x)
__
= 0
Osservazione 13.1.17 Quindi mentre la condizione (i) `e rigidamente
vincolata dalla forma delloperatore L, il dominio T(L) presenta una
maggior elasticit`a di scelta.
Ricordando la denizione di Wronksiano di due funzioni
W(f, g)(x) =
f(x) f
t
(x)
g(x) g
t
(x)
0
(x)
d
dx
+a
2
(x) =
d
dx
_
a
0
(x)
d
dx
_
+a
2
(x)
A sua volta, la condizione (ii) impone che il dominio di denizione delloperatore
dierenziale L deve essere tale che per ogni coppia di vettori f, g appartenente ad esso
valga la relazione
a
0
(a)W(f, g)(a) = a
0
(b)W(f, g)(b)
Questultima condizione include come casi particolari:
(I) Le condizioni al contorno separate
_
1
y(a) +
2
y
(a) = 0
1
y(b) +
2
y
(b) = 0
con
1
2
,=
2
1
.
(II) Le condizioni al contorno periodiche
_
y(a) = y(b)
y
(a) = y
(b)
Pertanto, sotto queste condizioni loperatore dierenziale L `e formalmente autoag-
giunto rispetto al naturale prodotto interno di L
2
[a, b] e tutti i suoi autovalori sono
reali.
Nella teoria delle vibrazioni delle corde elastiche vengono usate delle condizioni al
contorno separate ulteriormente particolarizzate.
Per esempio
(I1) y(a) = 0 e y(b) = 0 (corda con estremi ssati)
(I2) y
(a) = 0 e y
(a) e h
1
y(b) = y
1
y
0
(a) +
2
y
0
(a) = 0
1
y(a) +y
(a) = 0
poich`e la condizione
1
2
,=
2
1
impone che uno dei due numeri
1
,
2
sia diverso
da zero, il precedente sistema deve soddifare la condizione
0 =
y
0
(a), y
0
(a)
y(a), y
(a)
= W(y
0
, y)(a)
Poich`e y
0
e y sono due soluzioni della equazione dierenziale Ly = y avremo che
il Wronksiano si manterr` a nullo in ogni altro punto di [a, b] e quindi y
0
e y sono
linearmente indipendenti.
d
2
dx
2
sotto opportune condizioni al contorno che ne assicurano lautoaggiuntezza
formale.
Prescindendo dallo specicare queste condizioni al contorno, si tratter`a di
risolvere la seguente equazione agli autovalori
(13.9a)
_
d
2
dx
2
_
y = y
essendo y T(l) (
2
_
[a, b], C
_
, [a, b] un intervallo compatto di R e C.
La precedente equazione agli autovalori diviene
(13.9b) y
tt
+y = 0
il cui integrale generale `e espresso da
(13.10) y(x) = C
1
e
i
x
+C
2
e
i
x
Per`o, come abbiamo osservato, ci interessa risolvere la equazione agli autoval-
ori (13.9a), ovvero lequazione dierenziale (13.9b), sotto opportune condizioni
al contorno che assicurino che loperatore
d
2
dx
2
sia formalmente autoaggiunto
rispetto ad una funzione peso. Come abbiamo visto nel teorema 13.1.15 del
precedente paragrafo, le funzioni peso sono determinate dalla forma dellopera-
tore dierenziale in esame in quanto debbono soddisfare lequazione dierenziale
(i). Nel nostro caso particolare, questa equazione dierenziale assume la forma
(w)
t
= 0u, che ammette come soluzione generale la funzione w(x) = c, con c
costante arbitraria. Si osservi che la funzione w(x) = c `e una funzione peso sse
c > 0. Noi considereremo il caso della funzione peso w(x) = 1.
Per quanto abbiamo visto nellesempio 13.1.19 vi sono due casi particolari di
condizioni al contorno che assicurano lautoaggiuntezza formale delloperatore
dierenziale in esame: le condizioni separate e quelle periodiche. Noi studieremo
i seguenti due casi particolari
(I)
_
y
tt
+y = 0
y(a) = y(b) = 0
(II)
_
_
y
tt
y = 0
y(a) = y(b)
y
t
(a) = y
t
(b)
Si noti che lo studio dellequazione dierenziale (13.9b) con le condizioni al
contorno (I) equivale allo studio dellequazione agli autovalori (13.9a) per l-
operatore dierenziale
_
d
2
dx
2
, T(l)
I
_
, essendo T(l)
I
il dominio di denizioni
delloperatore
d
2
dx
2
denito da
T(l)
I
:=
_
(
2
_
[a, b]
_
: (a) = (b) = 0
_
Analogamente per lequazione dierenziale con condizioni al contorno (II) si
tratta di prendere in esame loperatore dierenziale
_
d
2
dx
2
, T(l)
II
_
denito su
T(l)
II
=
_
(
2
([a, b])
_
(a) = (b),
t
(a) =
t
(b)
214 CAPITOLO 13. Operatori dierenziali al secondo ordine
Analizziamo ora i due casi separatamente
Caso I: y(a) = y(b) = 0.
In questo caso si considera loperatore
d
2
dx
2
denito su
(l)
I
=
_
(
2
([a, b]) : (a) = (b) = 0
_
e vogliamo dimostrare che esso
(i) `e densamente denito in L
2
([a, b]);
(ii) `e lineare non limitato simmetrico;
(iii) ammette la seguente successione di autovalori non degeneri
_
n
= n
2
2
(b a)
2
: n = 1, 2, . . .
_
(iv) gli autovettori corrispondenti sono
_
n
(x) =
_
2
b a
sin
_
n
x a
b a
_
: n = 1, 2, . . .
_
(v) e costituiscono un sonc in L
2
([a, b]).
Per dimostrare ci`o teniamo presente che dobbiamo risolvere il seguente proble-
ma: individuare R e y (
2
([a, b]), C)0 tali da
_
y
tt
+y = 0
y(a) = y(b) = 0.
Imponendo alla soluzione generale (13.10) le condizioni al contorno richieste
avremo che
_
C
1
e
i
b
+C
2
e
i
b
= 0
C
1
e
i
a
+C
2
e
i
a
= 0.
Se la funzione (13.10) deve essere un autovettore corrispondente allautovalore
, non potr`a essere C
1
= C
2
= 0 e ci`o `e possibile sse
0 =
_
e
i
b
, e
i
b
e
i
a
, e
i
a
_
= e
(ba)
e
i
(ba)
= 2i sin
(b a)
Pertanto il problema agli autovalori `e soddisfatto per
sin
(b a) = 0
ossia per tutti i valori di espressi dalla relazione
n
= n
2
2
(b a)
2
(n = 0, 1, 2 . . .)
13.2. Esempi. Loperatore
d
2
dx
2
con condizioni al contorno 215
col che si `e dimostrata la (iii). Vediamo ora di individuare gli autovettori
corrispondenti, imponendo alla (13.10) la condizione y
n
(a) = 0. Si ha che
C
1
C
2
=
e
i
n
a
e
+i
n
a
da cui possiamo porre
C
1
= C
n
e
i
n
a
e C
2
= C
n
e
i
n
a
essendo C
n
C una costante opportuna, e perci`o lautovettore associato allau-
tovalore
n
`e espresso da
n
(x) = C
n
_
e
i
n
(xa)
e
i
n
(xa)
_
=
= C
n
2i sin
_
n
(x a) =
= K
n
sin
_
n
x a
b a
_
ove K
n
`e una opportuna costante arbitraria. Il sistema di vettori
_
n
(x) = K
n
sin
_
n
x a
b a
_
: n = 0, 1, 2, . . .
_
di T(l)
I
`e ortonormale qualora si assuma K
n
=
_
2
ba
, come si pu`o facilmente
vericare. Inoltre abbiamo gi`a visto nel capitolo 6.1 che questa famiglia di
autovettori `e un sonc in L
2
([a, b]) per cui
T(l)
I
([a, b], C) = L
2
([a, b])
Caso II: y(a) = y(b) e y
t
(a) = y
t
(b)
Loperatore
d
2
dx
2
denito su
T(l)
II
=
_
(
2
([a, b]) : (a) = (b),
t
(a) =
t
(b)
_
(i) `e densamente denito in L
2
([a, b])
(ii) `e lineare non limitato e simmetrico
(iii) ammette la seguente successione di autovalori
_
n
= 4n
2
2
(b a)
2
: n = 0, 1, 2, . . .
_
(iv) se si esclude lautovalore 0 ciascuno di questi autovalori `e duplicemente
degenere. Fissato lautovalore
n
,= 0 il suo corrispondente autospazio
possiede il sonc
(a)
_
1
b a
e
2in(
xa
ba
)
b a
e
2in(
xa
ba
)
_
.
216 CAPITOLO 13. Operatori dierenziali al secondo ordine
Oppure, alternativamente, il sonc
_
_
2
b a
cos
_
2in
_
x a
b a
__
_
_
_
2
(b a)
sin
_
2in
_
x a
b a
__
_
.
(b)
Lautovalore 0 non `e degenere e ad esso corrisponde lautovettore
0
(x) =
1
b a
(v) linsieme degli autovettori di tipo (a) costituisce il sonc esponenziale in
L
2
([a, b])
_
1
b a
e
2n(
xa
ba
)
: n Z
_
mentre linsieme degli autovettori di tipo (b) costituisce il sonc trigono-
metrico in L
2
([a, b])
_
1
b a
_
_
_
2
b a
cos 2n
_
x a
b a
_
: n = 1, 2, . . .
_
_
_
2
b a
sin2n
_
x a
b a
_
: n = 1, 2, . . .
_
Esplicitando nella (2) le condizioni al contorno otteniamo:
_
C
1
e
i
a
+C
2
e
i
a
= C
1
e
i
b
+C
2
e
i
b
C
1
e
i
a
C
2
e
i
a
= C
1
e
i
b
C
2
e
i
b
da cui segue
_
_
C
1
_
e
i
a
e
i
b
_
+C
2
_
e
i
a
e
i
b
_
= 0
C
1
_
e
i
a
e
i
b
_
C
2
_
e
i
a
e
i
b
_
= 0
Questo sistema ammette soluzione non banale sse non accade che C
1
= C
2
= 0,
ovvero sse
_
e
i
a
e
i
b
__
e
i
a
e
i
b
_
_
e
i
a
e
i
b
__
e
i
a
e
i
b
_
= 0
da cui
_
e
i
a
e
i
b
__
e
i
a
e
i
b
_
= 0
ovvero
e
i
(ba)
e
i
(ba)
= 2
13.2. Esempi. Loperatore
d
2
dx
2
con condizioni al contorno 217
ottenendo inne
cos
(b a) = 1.
Pertanto, i valori possibili di che soddisfano le condizioni al contorno in esame
sono espresse da
_
n
(b a) = 2n (n = 0, 1, 2, . . .)
da cui
n
= n
2
4
2
(b a)
2
(n = 0, 1, 2, . . .)
Quindi, anche in questo caso gli autovalori formano una successione discreta,
divergente a + per n . Gli autovettori corrispndenti sono
n
(t) = C
1
e
i
n
t
+C
2
e
i
n
t
Ricordando il sonc esponenziale in L
2
([a, b]) (vedi cap. 6.1) potremo modicare
leggermente la forma degli autovettori
n
ponendo C
1
=
1
e
i
n
a
, C
2
=
2
e
i
n
a
da cui otteniamo
n
(t) =
1
e
i
n
(xa)
+
2
e
i
n
(xa)
(n = 0, 1, 2, . . .)
Vogliamo vedere se la famiglia di autovettori
n
`e un sistema ortonormale
per unopportuna scelta di
1
,
2
. A questo scopo consideriamo che per m ,= n
si ha che
n
[
m
) = 0 mentre per m = n si ha che
n
[
n
) =
_
b
a
_
1
e
i
n
(xa)
+
2
e
i
n
(xa)
__
1
e
i
n
(xa)
+
2
e
i
n
(xa)
_
dx
=
_
b
a
(
1
1
+
2
2
) dx +
_
b
a
2
e
2i
n
(xa)
dx +
_
b
a
1
e
2i
n
(xa)
dx
= (b a) (
1
2
)
Pertanto
n
`e un sistema ortonormale di autovettori per una qualsiasi scelta
1
,
2
soddisfacente la condizione
2
=
1
b a
diamo qui sotto una tabella corrispondente a opportune scelte di
1
,
2
.
1
2
n
(n = 0, 1, 2, . . .)
1
ba
0
1
ba
e
2in(
xa
ba
)
0
1
ba
1
ba
e
2in(
xa
ba
)
1
ba
1
2
ba
_
2
ba
cos 2n
_
xa
ba
_
(n ,= 0)
1
ba
1
2i
ba
_
2
ba
sin2n
_
xa
ba
_
(n ,= 0)
Capitolo 14
Problemi di
SturmLiouville
di tipo polinomiale
14.1 Problemi di SturmLiouville Polinomiali
Nella sezione precedente abbiamo visto quali condizioni debbono essere im-
poste anch`e loperatore dierenziale L ammetta funzione peso rispetto alle
quali risulti essere formalmente autoaggiunto, e quindi abbia autovalori re-
ali. La ricerca di questi autovalori per loperatore L cos` opportunamente
denito corrisponde a quello che in letteratura viene chiamato problema di
SturmLiouville.
Vogliamo ora vedere quali ulteriori condizioni devono essere imposte relati-
vamente al cosidetto problema di SturmLiouville polinomiale, ossia
quali condizioni bisogna imporre alloperatore dierenziale L afn-
ch`e, oltre a risultare formalmente autoaggiunto, la corrispondente
equazione agli autovalori ammetta soluzioni che siano polinomi di
grado qualsiasi.
Aronteremo questo problema in due passi successivi.
Primo passo
Nel primo passo analizzeremo alcune importanti conseguenze della sola con-
dizione di autoaggiuntezza formale ((i) del teorema 13.1.14) delloperatore dif-
ferenziale formale
L = a
0
(x)
d
2
dx
2
+a
1
(x)
d
dx
+a
2
(x), a
0
, a
1
(
1
Dato loperatore L, possiamo scrivere immediatamente lequazione dierenziale
ad esso associata
(i) (w(x)a
0
(x))
t
= w(x)a
1
(x)
220
CAPITOLO 14. Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale
Questa equazione dierenziale pu`o oppure no ammettere soluzione w(x) che
sia una funzione peso, e ci`o dipende dal comportamento delle funzioni a
0
(x) e
a
1
(x).
Denizione 14.1.1 Diremo che loperatore dierenziale formale L ammette
funzione peso per problemi poliniomiali sse esso ammette funzione peso soluzione
della (i) e questa funzione peso soddisfa lulteriore condizione
(p v) x
n
L
2
([, ])
w
, per ogni n = 0, 1, . . .
Quanto richiesto sino ad ora riguarda la struttura intrinseca delloperatore
formale L; una volta che questi `e dato, e in particolare sono date le funzioni
a
0
(x) e a
1
(x), non resta altro che risolvere la (i) sperando che la funzione w(x)
ottenuta soddis tutti i requisiti richiesti. Se loperatore dierenziale formale L
ammette funzione peso per problemi polinomiali, il problema di Sturm-Liouville
polinomiale consiste nel determinare quali ulteriori condizioni bisogna imporre
alloperatore L anch`e ammetta una successione di autovalori reali distinti
n
:
n = 0, 1, . . . tali che per ogni n esista un polinomio di grado n, indichiamolo
con Q
n
, soddisfacente la equazione agli autovalori LQ
n
=
n
Q
n
.
Proposizione 14.1.2 Il dominio di denizione formale T
L
(
2
(L
2
)
w
del-
loperatore dierenziale L per un problema di Sturm-Liouville polinomiale deve
contenere il sistema libero di vettori x
n
: n = 0, 1, . . . e, quindi, tutti i polinomi
in x.
Inoltre, ogni x
n
deve essere una combinazione lineare dei primi n+1 polinomi
Q
n
,
(14.1) x
n
=
n
i=0
ni
Q
i
(x)
nn
,= 0
Dimostrazione. Il dominio T
L
`e una variet`a lineare di (
2
(L
2
)
w
che deve
contenere tutti i polinomi Q
n
(x) =
n
j=0
(n)
j
x
nj
, con
(0)
n
,= 0, che siano
soluzioni della equazione agli autovalori LQ
n
=
n
Q
n
.
Se T
L
`e una variet`a lineare, allora per ogni n oltre a contenere Q
n
conterr`a
anche il polinomio di grado n,
Q
(1)
n
=
1
(n)
0
Q
n
= x
n
+
n
j=1
(n)
j
(n)
0
x
nj
Prendiamo in esame ora
(n)
1
(n)
0
Q
(1)
n1
=
(n)
1
(n)
0
x
n1
+
n1
j=1
(n)
1
(n)
0
(n1)
j
(n1)
0
x
n1j
Ma T
L
, sempre per la propriet`a di essere una variet`a lineare, sar`a tale da
14.1. Problemi di SturmLiouville Polinomiali 221
contenere
Q
(2)
n
= Q
(1)
n
(n)
1
(n)
0
Q
(1)
n1
= x
n
+
n
j=1
(n)
j
(n)
0
x
nj
(n)
1
(n)
0
x
n1
n1
j=1
(n)
1
(n)
0
(n1)
j
(n1)
0
x
n1j
= x
n
+
(n)
1
(n)
0
x
n1
(n)
1
(n)
0
x
n1
+
n
j=2
(n)
j
(n)
0
x
nj
n1
j=1
(n)
1
(n)
0
(n1)
j
(n1)
0
x
n1j
, che `e un polinomio di grado n del tipo Q
(2)
n
= x
n
+
n
j=2
(n)
j
(n)
0
(n1)
0
x
nj
, in cui
`e stato eliminato il termine di grado n 1. Continuando con questa tecnica di
eliminare via via i termini di grado n2, . . . , 1, 0 si arriva al risultato cercato che
x
n
T
L
per ogni n, ove x
n
`e una combinazione lineare x
n
=
n
i=0
ni
Q
i
(x),
con
nn
,= 0.
Teorema 14.1.3 Anch`e loperatore dierenziale formale
L = a
0
(x)
d
2
dx
2
+a
1
(x)
d
dx
+a
2
(x)
si riferisca ad un problema di SturmLiouville polimoniale `e necessario che
a
0
, a
1
, a
1
abbiano le seguenti forme:
a
0
(x) =
0
x
2
+
1
x +
2
a
1
(x) =
0
x +
1
a
2
(x) =
0
con
0
,
1
,
2
,
0
,
1
,
2
,
0
costanti reali.(Si ricordi che le funzioni a
0
, a
1
, a
2
devono essere a valori reali).
Dimostrazione. Sia Q
0
il polinomio di grado zero soluzione della equazione
LQ
0
=
0
Q
0
. Tenendo presente che un polinomi di grado zero `e una costante,
avremo che LQ
0
= a
2
(x)Q
0
=
0
Q
0
da cui segue che a
2
(x) = costante reale.
Sia Q
1
il polinomio di primo grado tale che LQ
1
=
1
Q
1
, allora a
1
(x)Q
t
1
+
a
2
(x)Q
1
=
1
Q
1
e quindi
a
1
(x) =
1
0
Q
t
1
Q
1
=
0
x +
1
In quanto Q
t
1
`e una costante non nulla e Q
1
`e di primo grado.
Sia Q
2
il polinomio di secondo grado soluzione dellequazione LQ
2
=
2
Q
2
altrimenti scritta a
0
(x)Q
tt
2
+ a
1
(x)Q
t
2
+ a
2
(x)Q
2
=
2
Q
2
con Q
tt
2
costante non
nulla, e quindi
a
0
(x) =
2
0
Q
tt
2
Q
2
0
x +
1
Q
tt
2
Q
t
2
=
0
x
2
+
1
x +
2
222
CAPITOLO 14. Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale
Corollario 14.1.4 Leventuale funzione peso associata alloperatore dieren-
ziale formale
(14.2) (
0
x
2
+
1
x +
2
)
d
2
dx
2
+ (
0
x +
1
)
d
dx
+
0
`e data dalla formula
(14.3) w(x) = c exp
__
(
0
2
0
)x + (
1
1
)
0
x
2
+
1
x +
2
dx
_
ove c `e una costante positiva che, dora in avanti, supporremo uguale a 1.
Dimostrazione. Banale conseguenza della (i).
Teorema 14.1.5 Se loperatore dierenziale formale (14.2) `e tale che le cos-
tanti
0
e
0
soddisfano le seguenti condizioni:
(i)
0
e
0
non sono entrambe nulle;
(ii) se
0
e
0
sono entrambe non nulle allora sono dello stesso segno.
Allora la seguente funzione
(14.4) P
n
(x) =
1
k
n
w
d
n
dx
n
(a
n
0
w)
`e un polinomio di grado n, per qualunque n = 0, 1, . . .. La (14.4) `e chiamata
formula generale di Rodrigues.
Dimostrazione. Dimostraremo un risultato preliminare. Se f(x) = a
k
0
(x)w(x)r(x),
ove k 1 e r(x) = r
0
x
l
+. . . `e un polinomio di grado l, (l = 0, 1, . . .), allora
f
t
(x) = a
k1
0
(x)w(x)s
l+1
(x)
ove s
l+1
(x) `e un polinomio di grado l + 1.
Per dimostrare questa aermazione deriviamo f(x):
f
t
(x) = (a
k1
0
)
t
(a
0
w)r +a
k1
0
(a
0
w)
t
r +a
k1
0
(a
0
w)r
t
=
= (k 1)a
k2
0
a
t
0
(a
0
w)r +a
k1
0
(a
1
w)r +a
k1
0
(a
0
w)r
t
=
= a
k1
0
w(a
1
r + (k 1)a
t
0
r +a
0
r
t
) =
= a
k1
0
w
_
r
0
0
+ (2(k 1) +l)
0
) x
l+1
+. . .
_
Poich`e r
0
,= 0 e poich`e
0
e
0
hanno lo stesso segno se
0
,= 0 e
0
,= 0, avremo
che la espressione in parentesi `e un polinomio di grado l + 1.
Da questo risultato, applicato n volte a a
n
0
(x)w(x), (corrispondente al caso
particolare r(x) = 1), deduciamo che
d
n
dx
n
(a
n
0
w) = (a
0
(x))
0
w(x)t
n
(x) = w(x)t
n
(x)
ove t
n
(x) `e un polinomio di grado n e perci`o la (14.4) `e un polinomio di grado
n.
14.1. Problemi di SturmLiouville Polinomiali 223
Teorema 14.1.6 Nelle ipotesi del teorema precedente, i polinomi
P
n
: n = 0, 1, . . . espressi dalla (14.4) sono soluzione del problema di Sturm
Liouville per loperatore L, ossia
LP
n
=
n
P
n
per ogni n = 0, 1, . . .
con
(14.5)
n
=
0
n(n + 1) +
0
n +
0
Dimostrazione. Applicando direttamente la formula di Leibniz, ricordando
che a
0
(x) `e un polinomio al pi` u di grado 2 e scrivendo per semplicit`a D al posto
di
d
dx
, avremo
D
n+1
a
0
Dwa
n
0
)) =
n+1
k=0
_
n + 1
k
_
D
k
(a
0
)D
n+1k
Dwa
n
0
))
= a
0
D
n+2
wa
n
0
) + (n + 1)a
t
0
D
n+1
wa
n
0
) +
_
n + 1
2
_
a
tt
0
D
n
wa
n
0
)
= a
0
k
n
D
2
(wP
n
) + (n + 1)a
t
0
k
n
D(wP
n
) +
(n + 1)n
2
a
tt
0
k
n
(wP
n
)
Daltra parte si pu`o ottenere
D
n+1
a
0
Dwa
0
)) = D
n+1
a
0
D
(wa
0
)a
n1
0
__
= D
n+1
a
n
0
D(wa
0
) + (n 1)a
n
0
a
t
0
w)
= D
n+1
a
n
0
(wa
1
) + (n 1)a
t
0
a
n
0
w)
= D
n+1
wa
n
0
a
1
+ (n 1)a
t
0
)
=
n+1
0
_
n + 1
k
_
D
k
a
1
+ (n 1)a
t
0
) D
n+1k
(wa
n
0
)
= a
1
+ (n 1)a
t
0
) D
n+1
(wa
n
0
) + (n + 1) a
t
1
+ (n 1)a
tt
0
) D
n
(wa
n
0
)
= a
1
+ (n 1)a
t
0
) D(wk
n
P
n
) + (n + 1) a
t
1
+ (n 1)a
tt
0
) (k
n
wP
n
) (2)
Mettendo assieme questi due risultati otteniamo
a
0
k
n
D
2
(wP
n
) + (n + 1)a
t
0
k
n
D(wP
n
) +
(n + 1)n
2
a
tt
0
k
n
(wP
n
)
= a
1
+ (n 1)a
t
0
) D(wk
n
P
n
) + (n + 1) a
t
1
+ (n 1)a
tt
0
) (k
n
wP
n
)
224
CAPITOLO 14. Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale
da cui segue
0 = a
0
D
2
(wP
n
) +2a
t
0
a
1
) D(wP
n
) (n + 1)
_
n 2
2
a
tt
0
a
t
1
_
(wP
n
)
= a
0
(wP
tt
n
+ 2w
t
P
t
n
+w
tt
P
n
) + [2a
t
0
a
1
](wP
t
n
+P
n
w
t
)
(n + 1)
_
n 2
2
a
tt
0
a
t
1
_
wP
n
= (a
0
w)P
tt
n
+2a
0
w
t
+2a
t
0
a
1
) w) P
t
n
+
+
_
a
0
w
tt
+2a
t
0
a
1
) w
t
(n + 1)w
_
n 2
2
a
tt
0
a
t
1
__
P
n
= a
0
P
tt
n
+
_
2a
0
w
t
w
+ 2a
t
0
a
1
_
P
t
n
+
_
a
0
w
tt
w
+ (2a
t
0
a
1
)
w
t
w
(n + 1)
_
n 2
2
a
tt
0
a
t
1
__
P
n
(3)
La (14.4), nel caso particolare di n = 1, fornisce la relazione
(4) D(a
0
w) = k
1
wP
1
per cui, da un lato si ha
(5) a
t
0
w +a
0
w
t
= k
1
wP
1
ovvero a
t
0
+ a
0
w
w
= k
1
P
1
, da cui segue 2a
t
0
+ 2a
0
w
w
k
1
P
1
= k
1
P
1
; ma, per la
(4), k
1
P
1
=
1
w
(a
0
w)
t
=
1
w
(a
1
w) = a
1
, concludendo che
(6) 2a
t
0
+ 2a
0
w
t
w
a
1
= a
1
Daltro lato, derivando la (5) ulteriormente segue che a
0
w
tt
+ 2a
t
0
w
t
+ a
tt
0
w =
k
1
(w
t
P
1
+wP
t
1
), da cui si ottiene
(7) a
0
w
tt
w
+ (2a
t
0
k
1
P
1
)
w
t
w
= k
1
P
t
1
a
tt
0
= a
1
a
tt
0
Pertanto la (3), tenuto conto della (6) e della (7), diviene
a
0
P
tt
n
+a
1
P
t
n
+
_
a
t
1
a
tt
0
(n + 1)
_
n 2
2
a
tt
0
a
1
__
P
n
+
0
P
n
=
0
P
n
concludendo che
a
0
P
tt
n
+a
1
P
t
n
+
0
P
n
=
_
na
t
1
+
n(n 1)
2
a
tt
0
+
0
_
P
n
che `e la tesi, una volta ricordato che a
t
1
=
0
e a
tt
0
= 2
0
.
Sino ad ora ci siamo occupati delle conseguenze della sola condizione (i) di
autoaggiuntezza formale per loperatore dierenziale formale L in relazione al
problema di SturmLiouville polinomiale; ora analizzeremo alcune conseguenze
delle condizioni al contorno
(ii) w(x)a
0
(x) [f(x)g
t
(x) g(x)f
t
(x)][
b
a
= 0 per ogni f, g T
L
14.1. Problemi di SturmLiouville Polinomiali 225
utili nellindividuare un dominio di denizione T
L
tale che in esso L risulti
formalmente autoaggiunto rispetto alla funzione peso soddisfacente la (i).
Ricordiamo che dalla autoaggiunzione formale delloperatore L segue che se
n
e
m
sono due autovalori distinti e Q
n
e Q
m
i corrispondenti autovettori di
tipo polinomiale allora essi sono ortogonali in L2
w
, valendo la
Q
n
[Q
m
)
w
=
_
Q
n
(x)Q
m
(x)w(x)dx = c
n,m
n,m
ove le quantit`a c
n,n
, che pi` u semplicemente indicheremo con c
n
, sono delle
opportune costanti di normalizzazione.
Da ci`o segue che
_
1
c
n
wQ
n
: n = 0, 1, . . .
_
`e un son in L
2
[, ].
Osservazione 14.1.7 Da quanto visto sino ad ora, sappiamo che
|x
n
n = 0, 1, . . . `e una famiglia libera di vettori di (L
2
)
w
. Inoltre, la
famiglia di polinomi |Q
i
i = 0, 1, . . ., soluzioni della equazione agli au-
tovalori LQ
i
=
i
Q
i
per un problema di Sturm-Liouville polinomiale,
soddisfa le seguenti propriet`a
(i) |Q
i
i = 0, 1, . . . `e un sistema ortonormale in (L
2
)
w
;
(ii) ogni elemento del son Q
n
`e combinazione lineare dei primi n + 1
elementi della famiglia |x
n
, Q
n
(x) =
n
j=0
nj
x
j
con
nn
,= 0;
(iii) ogni elemento della famiglia libera x
n
`e combinazione lineare dei
primi n+1 elementi del son |Q
i
, x
n
=
n
i=0
ni
Q
i
(x) con
nn
,= 0.
(vedi (??) proposizione (??)).
Pertanto, a meno di fattori di fase unitari, il son |Q
n
`e lunico che si ot-
tiene a partire dalla famiglia libera di vettori |x
n
tramite il procedimento
di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt.
Teorema 14.1.8 Nel caso dei problemi di SturmLiouville polinomiali relativi
ad un intervallo compatto [a, b] le condizioni di autoaggiuntezza formale (ii)
implicano necessariamente che lim
xa
+ w(x)a
0
(x) e lim
xb
w(x)a
0
(x) siano
niti e che valga la uguaglianza
(14.6) lim
xa
+
w(x)a
0
(x) = lim
xb
w(x)a
0
(x)
Dimostrazione. Abbiamo visto che T
L
contiene tutte le funzioni x
n
: n =
0, 1, . . . e quindi la (ii) deve essere vera nel caso in cui f(x) = 1 e g(x) =
1
n+1
x
n+1
fornendo il risultato
lim
xb
(w(x)a
0
(x)x
n
) lim
xa
+
(w(x)a
0
(x)x
n
) = 0
La quale, nel caso particolare di n = 0, diviene
lim
xb
(w(x)a
0
(x)) lim
xa
+
(w(x)a
0
(x)) = 0
che conduce alla tesi.
226
CAPITOLO 14. Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale
Osservazione 14.1.9 Nella (14.6) i limiti per x a
+
e x b
di
a
0
(x) esistono e sono niti, in quanto a
0
(x) `e un polinomio al pi` u di
secondo grado in x. Ci`o non implica che necessariamente devono es-
sere niti i lim
xa
+ w(x) e lim
xb
w(x); anzi si pu`o dare il caso in
cui questi limiti della funzione w(x) siano entrambi inniti pur risultando
lim
xa
+ w(x)a
0
(x) = lim
xb
w(x)a
0
(x) = 0. (In eetti, in un esempio
che tratteremo pi` u diusamente nel prossimo paragrafo, si tratter`a di una
forma di indecisione del tipo 0 risolta a favore dello 0).
Corollario 14.1.10 Nelle condizioni del teorema precedente, se esistono niti
i limiti
w(a) := lim
xa
+
w(x) e w(b) := lim
xb
w(x)
e si ha che
w(a) ,= 0 e w(b) ,= 0,
allora deve necessariamente essere
a
0
(x) = k(x a)(x b).
Dimostrazione. Sotto queste condizioni la (14.6) si pu`o scrivere nella forma
w(b)a
0
(b)b
n
w(a)a
0
(a)a
n
= 0
che nei casi di n = 0 e n = 1 conduce al sistema
_
w(b)a
0
(b) = w(a)a
0
(a)
w(b)a
0
(b)b = w(a)a
0
(a)a
Il quale, essendo a ,= b, `e consistente sse w(a)a
0
(a) = w(b)a
0
(b) = 0. Tenuto
conto delle ipotesi w(a) ,= 0 e w(b) ,= 0, da questultima segue a
0
(a) = a
0
(b) = 0
e quindi la tesi.
Teorema 14.1.11 Nel caso dei problemi di SturmLiouville polinomiali rela-
tivi ad un intervallo [, ] illimitato le condizioni di autoaggiuntezza formale
implicano che
(i) non esistono soluzione polinomiale se a
1
`e la funzione identicamente nulla
su [, ];
(ii) sugli estremi inniti deve essere
(14.7) lim
x
x
n
w(x) = 0 per ogni n = 0, 1, . . .
(iii) sulleventuale estremo nito deve essere
(14.8) lim
x
w(x)a
0
(x) = 0
Dimostrazione. Ricordando che la funzione peso w si ottiene come soluzione
della equazione dierenziale (wa
0
)
t
= wa
1
la condizione a
1
= 0 implica w(x)a
0
(x) =
14.1. Problemi di SturmLiouville Polinomiali 227
k, con k costante. Inoltre dovendo essere soddisfatta la seconda condizione di
autoaggiuntezza formale
(1) w(x)a
0
(x) [f(x)g
t
(x) g(x)f
t
(x)][
= 0 per ogni f, g T
L
poich`e i polinomi divergono allinnito, questa condizione non potr`a essere sod-
disfatta nel caso in cui wa
0
= k, f = 1 e g =
1
n+1
x
n+1
. Inoltre, questa parti-
colare scelta delle funzioni f e g conduce alla tesi (ii), una volta osservato che
a
0
(x) `e un polinomio al pi` u di secondo grado in x.
Nelleventuale estremo nito, diciamo e
f
, dellintervallo [, ], deve valere la
(1) nel caso particolare di f(x) = 1 e g(x) = x, ossia
w(x)a
0
(x)[
= 0
che si traduce nella w(e
f
)a(e
f
) = limw(x)a
0
(x) = 0, tenuto conto di quanto
ora dimostrato.
Riassumendo, se L `e un operatore dierenziale formale per il problema di
Sturm-Liouville polinomiale tale da soddisfare le condizioni (i) e (ii) del teorema
14.1.5, allora i polinomi P
n
n = 0, 1, . . . espressi dalla formula di Rodrigues
generalizzata (14.4) sono soluzioni della equazione agli autovalori LP
n
=
n
P
n
,
con gli autovalori
n
dati dalla (14.5).
Se L `e anche formalmente autoaggiunto nel dominio di denizione formale
T
L
rispetto alla funzione peso w, allora la famiglia P
n
`e costituita da vettori
mutualmente ortogonali in L2
w
. Dora in avanti supporremo di aver scelto la
costante k
n
nella (14.4) in modo tale che i vari polinomi P
n
siano normalizzati
in tale spazio. Pertanto, P
n
risulta essere un son in L2
w
mentre
wP
n
`e
un son in L2. Questo risultato `e per`o ulteriormente raorzato dal seguente
Teorema 14.1.12 Il sistema ortonormale dei polinomi di SturmLiouville P
n
(x)
`e completo nello spazio di Hilbert L
2
([a, ])
w
.
Dimostrazione. Supponiamo esista una qualche funzione f L
2
([a, ])
w
tale
che f[P
n
)
w
= 0 e per ogni n. Poich`e x
m
pu`o essere scritto come combinazione
lineare nita dei P
n
, per essere esatti dei primi m+1, otteniamo immediatamente
che x
m
[f)
w
= 0 per ogni m. Introduciamo le funzioni
f(x) =
_
f(x) x [, ]
0 x / [, ]
e w(x) =
_
w(x) x [, ]
0 x / [, ]
Ovviamente, se f L2
w
allora
f L
2
[, ]
w
e, per la propriet`a (p-iv) delle
funzioni peso, w
f L
2
[, ]. Da ci`o segue che
_
x
n
[
f
_
w
= 0 per ogni n.
Consideriamo ora lapplicazione delloperatore di Fourier-Plancherel T su L2
al caso della funzione
f w
g(k) = T(
f w) = 2 lim
N
_
N
N
f(x) w(x)e
ikx
dx
La funzione g(k) appartiene allo spazio di Hilbert L2, per una nota propriet`a
dellopeartore di Fourier-Plancherel. Ora, se sviluppiamo e
ikx
secondo la serie
e
ikx
=
(ik)
m
m!
x
m
228
CAPITOLO 14. Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale
e usiamo le relazioni
_
x
m
[
f
_
w
= 0, per un corollario del teorema di Lebesgue,
abbiamo che
g(k) =
_
+
f(x) w
n
(ik)
n
n!
x
n
dx
=
n
(ik)
n
n!
_
+
f(x) w(x)x
n
dx
=
n
(ik)
n
n!
_
x
n
[
f
_
= 0
In notazione operatoriale potremo scrivere T(
f w) = 0. Ma T `e un operatore in-
vertibile, in particolare `e iniettivo. Questultima propriet`a equivale ad aermare
che lequazione T(
f w) = 0u ammette quale unica soluzione
f w = 0u, ovvero
che
f(x) w(x) = 0 quasi dappertutto su [, ]. Ci`o implica che f(x)w(x) = 0
q.d. su [, ], ed essendo w(x) > 0 su (, ), non potr`a che essere f(x) = 0 q.d.
su [, ], cosicch`e il sistema ortonormale P
n
`e completo in L2
w
.
Come conseguenza di questo risultato abbiamo che
wP
n
`e un sistema
ortonormale completo in L2.
Verichiamo ora la seguente propriet`a:
Teorema 14.1.13 Sia L un operatore dierenziale formalmente autoaggiunto
rispetto alla funzione peso associata w e soddisfacente le condizioni
(i) a
0
mantiene sempre lo stesso segno su [, ] e si annulla su di un insieme
di misura nulla di tale intervallo;
(ii) L soddisfa le condizioni (i) e (ii) del teorema 14.1.5 che assicurano le-
sistenza di una soluzione del problema di SturmLiouville polinomiale data
dalla formula genralizzata di Rodrigues.
Se P
n
: n = 0, 1, . . . `e il sistema ortonormale completo soluzione del proble-
ma di SturmLiouville polinomiale per L rispetto alla funzione peso w allora
P
t
n
: n = 1, 2, . . . `e un sistema ortonormale completo soluzione del problema
di SturmLiouville polinomiale per un nuovo operatore dierenziale formale
L
rispetto alla funzione peso w = w a
0
. Dallipotesi
a
0
D
2
P
n
+a
1
DP
n
+a
2
P
n
=
n
P
n
segue che
D
_
a
0
D
2
P
n
+a
1
DP
n
+a
2
P
n
_
= D(
n
P
n
)
ovvero
a
0
D
2
(P
t
n
) + (a
t
0
+a
1
)D(P
t
n
) + (a
t
1
+a
2
)P
t
n
=
n
P
t
n
ove
_
_
a
0
=
0
x
2
+
1
x +
2
a
t
0
+a
1
= (2
0
+
0
)x + (
1
+
1
)
a
t
1
+a
2
=
0
+
0
Abbiamo pertanto ottenuto il seguente risultato preliminare
14.1. Problemi di SturmLiouville Polinomiali 229
Se lequazione dierenziale
(
0
x
2
+
1
x +
2
)y
tt
+ (
0
x +
1
)y
t
+
0
y = y
ammette come soluzioni i polinomi P
n
, (N), corrispondenti agli au-
tovalori
n
=
0
n(n 1) +
0
n +
0
allora lequazione dierenziale
(
0
x
2
+
1
x+
2
)y
tt
+((2
0
+
0
)x + (
1
+
1
)) y
t
+(
0
+
0
)y = y
ammette come soluzioni i polinomi P
t
n
, (n = 1, 2, . . .), corrispondenti
ai medesimi autovalori.
Considerato loperatore dierenziale formale
(14.9)
L = (
0
x
2
+
1
x +
2
)
d
2
dx
2
+ ((2
0
+
0
)x + (
1
+
1
))
d
dx
+ (
0
+
0
)
leventuale funzione peso associata ad esso `e data da
w(x) = c exp
_
(2
0
+
0
2
0
)x + (
1
+
1
)
1
a
0
= c exp
_
0
x +
1
a
0
= c exp
_
a
1
a
0
= c exp
_
(wa
0
)
t
wa
0
= cwa
0
Quanto ora visto conduce al seguente secondo risultato
Se a
0
mantiene sempre lo stesso segno su [, ] e si annulla soltanto
su di un insieme di misura nulla di [, ] allora w(x) = w(x)a
0
(x) `e
la funzione peso associata alloperatora dierenziale formale (14.9).
Supposto che L soddis le condizioni (i) e (ii) del teorema 14.1.5, allora anche
P
n
ortonormale completo nello spazio di
Hilbert L2
w
e soddisfacente il problema di Sturm-Liouville polinomiale. Questo
sonc sar`a dato dallespressione
(14.10)
P
n
(x) =
1
k
n
wa
0
d
n
dx
n
(a
n+1
0
w)
Lautovalore corrispondente secondo la (14.5) al polinomio
P
n
`e
n
=
0
n(n 1) + (2
0
+
0
)n + (
0
+
0
)
=
0
n(n + 1) +
0
(n + 1) +
0
(14.11)
Da quanto ora ricavato si ottiene che
230
CAPITOLO 14. Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale
Sotto lipotesi che w(x)a
0
(x) sia la funzione peso associata alloper-
atore dierenziale fornale
L, sia P
t
n+1
che
P
n
sono polinomi di grado
n, entrambi corrispondenti al medesimo autovalore
n
di
L.
Ricaviamo ora lultimo risultato utile al nostro scopo
Sotto le ipotesi precedenti, la famiglia di polinomi P
t
n
: n = 1, 2, . . .
`e un sistema ortonormale nello spazio di Hilbert L2
w
.
Integrando per parti
_
P
t
n
P
t
m
wa
0
= P
n
P
t
m
(wa
0
) [
P
n
_
P
tt
m
wa
0
+P
t
m
(wa
0
)
t
_
=
_
P
n
(P
tt
m
wa
0
+P
t
m
wa
1
) =
_
P
n
(
m
0
)P
m
=
n,m
Possiamo allora concludere che le due famiglie
_
P
t
n+1
_
N e
_
P
n
_
N sono costi-
tuite da polinomi di grado n ed entrambe soddisfano le medesime condizioni del
procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt nello spazio di Hilbert
L2
w
a partire dalla famiglia libera di vettori x
n
: N. Da ci`o segue che il poli-
nomio P
t
n+1
dierisce dal polinomio
P
n
per un opportuno fattore di fase unitario
e, quindi,
La famiglia di polinomi
_
P
t
n+1
_
N `e un sistema ortonormale com-
pleto in L2
w
. Essi sono soluzione del problema di Sturm-Liouville
polinomiale per loperatore dierenziale formale (14.9), i cui cor-
rispondenti autovalori sono dati dalla (14.11). A meno di fattori di
fase unitari, tali polinomi sono espressi dalla formula generalizzata
di Rodrigues (14.10).
14.2 Equazioni e polinomi di Jacobi,
Legendre, Laguerre, Hermite
In questo paragrafo applicheremo i risultati ottenuti sino ad ora al caso di alcuni
operatori dierenziali formali per problemi polinomiali di frequente utilizzo nelle
applicazioni.
14.2.1 Equazioni e polinomi di Jacobi: intervallo [1, 1]:
Caso a
0
(x) = 1 x
2
.
Considerato lintervallo [1, 1], introduciamo la seguente notazione di conve-
nienza
0
= (p +q + 2)
1
= q p
14.2. Equazioni e polinomi di Jacobi,
Legendre, Laguerre, Hermite 231
ove p, q sono due numeri reali non necessariamente interi. In questo caso la
funzione peso si ottiene dalla formula
w(x)a
0
(x) = exp
__
(p +q + 2)x +q p
1 x
2
dx
_
= exp
__
q + 1
1 +x
dx
_
p + 1
1 x
dx
_
= (1 +x)
q+1
(1 x)
p+1
ovvero
w(x) = (1 +x)
q
(1 x)
p
Facciamo osservare che nellintervallo [1, 1] la condizione del teorema 14.1.5,
paragrafo precedente, che sugli estremi dellintervallo siano niti i limiti della
funzione w(x)a
0
(x) `e soddisfatta sotto le condizioni:
q + 1 > 0 p + 1 > 0
Infatti sotto queste condizioni avremo che
lim
x1
w(x)a
0
(x) = lim
x1
w(x)a
0
(x) = 0 per ogni n = 0, 1, . . .
Condizioni p > 1, q > 1
Nelle ipotesi che queste condizioni siano soddisfatte, loperatore L `e formal-
mente autoaggiunto in L
2
[1, 1]
w
ed ha la forma
L = (1 x
2
)
d
2
dx
2
+
_
(q p) (p +q + 2)x
_
d
dx
+
0
Cui corrisponde lequazione agli autovettori, chiamata equazione di Jacobi di
indici p, q,
(1 x
2
)y
tt
+
_
(q p) (p +q + 2)x
_
y
t
+
0
y = y
Gli autovalori di questo problema di SturmLiouville polinomiale sono espressi
dalla relazione
n
= n(n 1) (p +q + 2)n +
0
e a ciascun di questi autovalori corrisponde un autovettore polinomiale, indicato
col simbolo J
(p,q)
n
(x), di grado n e espresso dalla formula di Rodrigues
J
(p,q)
n
(x) = A
(p,q)
n
(1 x)
p
(1 x)
q
d
n
dx
n
_
(1 x
2
)
n
(1 +x)
p
(1 x)
q
_
chiamato polinomio di Jacobi di grado n, ove A
(p,q)
n
`e una opportuna costante
dipendente da n, p, q.
232
CAPITOLO 14. Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale
14.2.2 (2) Equazione e polinomi di Legendre: caso a
0
(x) =
1 x
2
, p = q = 0
0
= 0.
Il caso particolare della equazione di Jacobi corrispondente alla scelta di p =
q = 0 e
0
= 0 si riferisce alla funzione
a
0
(x)w(x) = (1 x
2
)
da cui segue che la funzione pese in esame `e
w(x) = 1 per ogni x [1, 1]
In questo caso avremo che loperatore dierenziale denito su L
2
([1, 1]) `e
espresso dalloperatore formalmente autoaggiunto, detto operatore di Legendre:
L = (1 x
2
)
d
2
dx
2
2x
d
dx
cui corrisponde lequazione agli autovalori (1 x
2
)y
tt
2xy
t
= y, la quale per
= diviene lequazione di Legendre
(1 x
2
)y
tt
2xy
t
y = 0
I polinomi J
(0,0)
n
vengono indicati pi` u brevemente con P
n
(x) e sono chiamati
polinomi di Legendre. I polinomi di Legendre sono anche chiamati polinomi
sferici e costituiscono un sonc in L
2
([1, 1]). Il polinomio P
n
(x) `e lautovettore
delloperatore di Legendre corrispondente allautovalore
n
=
n
= n(n1)
2n = n(n + 1).
Applicando il teorema 14.1.13 al caso dei polinomi di Legendre ora visti
avremo che
dP
n
dx
`e un sonc di polinomi rispetto a (1 x
2
) con n = 1, 2, . . .
d
2
P
n
dx
2
`e un sonc di polinomi rispetto a (1 x
2
)
2
con n = 2, 3, . . .
d
l
P
n
dx
l
`e un sonc di polinomi rispetto a (1 x
2
)
l
con l = n, n + 1, . . .
(3) Equazione e polinomi ultrasferici: caso a
0
(x) = 1 x
2
, p = q =
m,
0
= 0. Fissato un numero reale m > 1, consideriamo ora il caso del-
lequazione di Jacobi per p = q = m. Sotto queste condizioni avremo che la
funzione peso `e
w
(m)
(x) = (1 x
2
)
m
Loperatore dierenziale formalmente autoaggiunto `e
L
(m)
= (1 x
2
)
d
2
dx
2
2(m+ 1)x
d
dx
cui corrisponde lequazione agli autovalori, chiamata equazione ultrasferica
(1 x
2
)y
tt
2(m+ 1)xy
t
+y = 0
Perci`o J
(m,m)
n
(x) : N `e un sonc di polinomi in L
2
rispetto alla funzione peso
w
(m)
(x) = (1 x
2
)
m
, corrispondente agli autovalori
n
= n(n + 1 + 2m).
14.2. Equazioni e polinomi di Jacobi,
Legendre, Laguerre, Hermite 233
Se il numero ssato m `e un intero, m = N, potremo scrivere il precedente
sonc di polinomi nella forma J
(m,m)
lm
, con l = m, m + 1, . . ., ove J
(m,m)
lm
`e un
polinomio di grado l m. Per lunicit`a dei sistemi ortonormali di polinomi
ottenuto in L
2
[1, 1]
w
(
m)
tramite il procedimento di GrahmSchmidt a partire
dalla famiglia libera x
n
, si ottiene che
J
(m,m)
lm
(x) =
d
m
P
l
dx
m
(m = N, l = m, m+ 1, . . .)
da cui ricaviamo che per ogni intero m = N la seguente famiglia di funzioni
P
m
l
(x) := (1 x
2
)
m/2
d
m
P
l
dx
m
(l = m, m+ 1, . . .)
chiamate funzioni associate di Legendre, `e un sonc in L
2
[1, 1]. (4) Equazione
e polinomi di Laguerre associati: intervallo [0, ], caso a
0
(x) = x,
0
= 1,
1
>
0 Sotto queste condizioni avremo che
w(x)a
0
(x) = exp
__
0
x +
1
x
dx
_
= e
0
x
e
1
log x
=
= x
1
e
x
Pertanto la funzione peso in esame `e
w(x) = x
1
1
e
x
La scelta di
0
= 1 permette di soddisfare la condizione (14.7) sullestremo
innito
lim
x+
(x
n
w(x)) = 0 per ogni n
in quanto per x + si ha (x
n
w(x)) e
x
. Osservato che per
1
> 0 si
ha che nel punto x = 0, w(0)a
0
(0) = 0, la condizione (3.8) sar`a soddisfatta
nellintervallo [0, +).
In particolare, prendendo
1
= s+1, con s > 1, la funzione peso corrispon-
dente sar`a:
w(x) = x
s
e
x
per 0 x
In questo caso lequazione dierenziale in esame sar`a:
xy
tt
+ (1 x +s)y
t
+ (
0
+)y
chiamata equazione di Laguerre associata. Gli autovalori di questa equazione
dierenziale sono
n
= n
0
Il corrispondente autovettore polinomiale viene chiamato polinomio di Laguerre
di grado n e di ordine s (con s > 1) ed `e indicato con L
s
n
(x), la cui formula di
Rodrigues `e
L
s
n
(x) :=
1
k
s
m
x
s
ex
d
n
dx
n
_
x
s+1
e
x
_
Quindi, in L
2
[0, +), le funzioni
l
s
n
(x) := x
s/2
e
(x/2)
L
s
n
(x)
chiamate funzioni di Laguerre associate, costituiscono un sonc.
234
CAPITOLO 14. Problemi di SturmLiouville
di tipo polinomiale
14.2.3 (3) Equazioni e polinomi di Hermite: intervallo
[, ], caso a
0
(x) = 1,
0
= 2,
1
= 0,
0
= 1
In questo caso lequazione dierenziale `e
y
tt
2xy
t
y = y.
Se nella precedente equazione poniamo = otteniamo la classica equazione
di Hermite
y
tt
2xy
t
+ ( 1)y = 0.
La funzione peso di questa equazione dierenziale `e
w(x) = e
x
2
e la condizione (14.7) `e soddisfatta in entrambi i punti inniti , +. Gli
autovalori di questa equazione dierenziale sono
n
=
n
= 2n 1 ovvero
n
= 2n + 1
I corrispondenti autovettori polinomiali si chiamano polinomi di Hermite e
vengono indicati con H
n
(x) e si ottengono dalla formula di Rodrigues
H
n
(x) = (1)
n
e
x
2 d
n
dx
n
_
e
x
2
_
Le funzioni
h
n
(x) := e
(x
2
/2)
H
n
(x)
sono chiamate funzioni di Hermite e costituiscono un sonc in L
2
(R).
nome operatore intervallo
n
w(x)
Hermite
d
2
dx
2
2x
d
dx
R 2n + 1 e
x
2
Legendre (1 x
2
)
d
2
dx
2
2x
d
dx
[1, 1] n(n + 1) 1
Laguerre x
d
2
dx
2
+ (1 x +s)
d
dx
[0, +) n x
s
e
x
Modulo III
Operatori in Spazi
preHilbertiani
Capitolo 15
Operatori Normali ed
Hermitiani
15.1 Operatori deniti su coppie Hilbertiane
Citando P. Kristensen, L. Mejlbo e E. Thue Poulsen, Comm. Math. Phys., 1
(1965) 175: Una delle principali dicolt`a della teoria quantistica consiste nel
fatto che se anche la teoria degli spazi di Hilbert e estremamente ben sviluppata
e sotto molti aspetti molto semplice, gli operatori sono in generale non limitati
e densamente deniti. Di conseguenza quando si ha a che fare con diversi
operatori di tal tipo sorgono dicili problemi riguardanti il loro comune dominio
di denizione. (. . .).
Daltra parte, sia per ci`o che riguarda lattuale investigazione quanto per gli
scopi della teoria quantistica in generale, lo spazio di Hilbert sembra essere una
struttura eccessivamente ricca.
Ne segue che la scelta di uno spazio supporto, in un certo senso pi` u piccolo
di uno spazio di Hilbert, ore un vantaggio addizionale nella facilitazione delle
manipolazioni algebriche sugli operatori.
Citando J. E. Roberts, J. Math. Phys., 7 1907 (1966): Una delle principali
dicolt`a che sorgono nella formulazione della meccanica quantistica in spazi
di Hilbert e che, a causa della non limitatezza degli operatori che rappresen-
tano quantit`a siche, non e sempre possibile eseguire operazioni algebriche su
queste quantit`a fondamentali. allo scopo di essere matematicamente rigorosi e
necessario essere sempre molto attenti al dominio di denizione di un operatore.
Analogamente A. Bohn, Lecture notes in Physics, n.78, SpringerVerlag,
(1978), aerma che una delle principali dicolt`a che sorgono nella formu-
lazione della meccanica quantistica in spazi di Hilbert consiste nella impossi-
bilit`a di compiere sempre le operazioni algebriche sugli operatori, in generale
non limitati, che rappresentano le grandezze siche fondamentali.
Fortunatamente, se si adotta il punto di vista dei sici e si agisce felicemente
sugli operatori non limitati senza alcun riguardo per il problema dei domini di
denizione non accade alcun reale disastro.
In questo modo sorge il sospetto che gli operatori in uno spazio di Hilbert
non siano i pi` u semplici oggetti matematici interpretabili come osservabili siche
238 CAPITOLO 15. Operatori Normali ed Hermitiani
e siamo tentati di cercare unaltra struttura matematica in cui sia permessa ogni
operazione algebrica di rilevanza sica.
Per ovviare a queste dicolt`a noi adotteremo il seguente punto di vista
consistente nel ssare una volta per tutte una coppia
(o, H)
ove o e una variet`a lineare densa nello spazio di Hilbert complesso H, ovvero H
e il completamento di uno spazio con prodotto interno complesso o.
Lintroduzione della variet`a lineare o nella coppia Hilbertiana risponde alla
necessit`a di permettere le operazioni algebriche sugli operatori, almeno relativa-
mente ad o, senza che ci si debba preoccupare dei lori domini di denizione, come
invece accadrebbe se ci si limitasse al solo spazio di Hilbert H. A questo scopo
introduciamo linsieme L(o) di tutti gli operatori T soddisfacenti le condizioni:
(op-1) T
T
= H (e quindi esiste un unico operatore (T
T
, T
), aggiunto di
(T
T
, T))
(op-2) o T
T
T
T
(op-3) T(o) o, T
(o) o.
Le condizioni (op-2) (op-3) si possono scindere nelle due condizioni separate
(op-2a) o T
T
(op-2b) o T
T
(o) o.
Queste, a loro volta, implicano che si possono considerare le restrizioni di
T e T
: o o .
Quindi potremo porre
L(o) := T : T
T
H con T
T
= H [ T : o o, T
: o o.
Diremo che due operatori T
1
e T
2
L(o) sono ouguali, indicato con T
1
=
S
T
2
, sse T
1
(x) = T
2
(x) per ogni x o.
L(o) e unalgebra associativa con unit`a rispetto alle usuali operazioni su
operatori intesi come deniti su o:
(T
1
+T
2
)(x) := T
1
x +T
2
x per ogni x o
(T)(x) := T
1
(x) per ogni x o
(T
1
T
2
)(x) := T
1
(T
2
(x)) per ogni x o
Tale algebra non e ocommutativa nel senso che in generale non e vero
che per due generici operatori di L(o) vale la condizione che per ogni x o,
(T
1
T
2
)(x) = (T
2
T
1
)(x).
15.1. Operatori deniti su coppie Hilbertiane 239
Ha quindi senso introdurre l ulteriore operazione di parentesi di commu-
tazione relativamente a o, intesa come loperatore denito su o dalla:
[T
1
, T
2
]
S
= T
1
T
2
T
2
T
1
.
Diremo che gli operatori T
1
e T
2
ocommutano sse [T
1
, T
2
]
S
= O
S
.
Linsieme L(o) munito delle operazioni +,
C
e delle parentesi di commu-
tazione [ , ]
S
e unalgebra di Lie; questa algebra e non vuota perche contiene
almeno due elementi, loperatore nullo O
S
e loperatore identico 1I
S
.
Alla luce di questi discorsi, nel seguito studieremo alcune propriet`a degli
operatori da o in o a se stanti, ossia indipendentemente dallo spazio di Hilbert
H. Pertanto, nel contesto delle coppie Hilbertiane, dora in avanti ometteremo
di fare esplicito riferimento nelle notazioni al simbolo o ogni qualvolta ci`o non
comporti ambiguit`a; per esempio scriveremo pi` u semplicemente T
1
= T
2
, O, 1I,
[ , ] al posto di T
1
=
S
T
2
, O
S
, 1I
S
, [ , ]
S
e cos` via.
Lemma 15.1.1 Sia T : o o allora T(x) = 0u per ogni x o sse Tx[x) = 0
per ogni x o.
Dimostrazione. Se T(x) = 0 per ogni x o avremo che Tx[x) = 0[x) = 0
per ogni x o.
Viceversa, sia Tx[x) = 0 per ogni x o. Essendo o una variet`a lineare, se
x o allora pure x +y o e dalla ipotesi si ha
0 = T(x +y)[x +y) = Tx[x) +Tx[y) +Ty[x) +Ty[y) =
= Tx[y) +Ty[x)
(15.1)
ove si e tenuto presente che Tx[x) = Ty[y) = 0.
Analogamente, se x e y o allora ix +y o per cui
0 = T(ix +y)[ix +y) = T(ix)[ix) +T(ix)[y) +Ty[ix) +Ty[y) =
= i
_
Ty[x) Tx[y)
_ (15.2)
Moltiplicando questultima per i avremo che
(15.3) Tx[y) Ty[x) = 0
Sommando membro a membro la (15.1) e la (15.3) si ottiene 2 Tx[y) = 0 da cui
segue che Tx[y) = 0 per ogni x, y o; in particolare si pu`o assumere y = Tx
per avere Tx[Tx) = 0 da cui si deduce Tx = 0.
Osservazione 15.1.2 Il lemma precedente non e vero nel caso di spazi
con prodotto interno reali. Si consideri infatti lo spazio reale R
2
. Loper-
atore
T : R
2
R
2
,
_
x
1
x
2
_
T
_
x
1
x
2
_
:=
_
0 1
1 0
__
x
1
x
2
_
=
_
x
2
x
1
_
rappresenta una rotazione in senso orario di /2 del vettore x = (x
1
, x
2
).
Chiaramente Tx[x) = (x
2
, x
1
)[(x
1
, x
2
)) = 0 per ogni x R
2
, ma T e
diverso dalloperatore nullo.
Pertanto la formulazione corretta del lemma precedente e la seguente:
240 CAPITOLO 15. Operatori Normali ed Hermitiani
Lemma 15.1.3 Sia o uno spazio con prodotto interno complesso, T un op-
eratore lineare da o in o allora Tx[x) = 0 per ogni x o implica T =
O.
Proposizione 15.1.4 Siano dati gli operatori T
1
, T
2
: o o allora T
1
= T
2
sse T
1
x[x) = T
2
x[x) per ogni x o.
Dimostrazione. Se T
1
= T
2
per denizione risulta T
1
x = T
2
x per ogni x o,
da cui segue ovviamente che T
1
x[x) = T
2
x[x) per ogni x o. Viceversa, sia
T
1
x[x) = T
2
x[x) per ogni x o da esso segue che (T
1
T
2
)x[x) = 0 per ogni
x o e dal precedente lemma si ottiene che (T
1
T
2
)x = 0 per ogni x o
ovvero T
1
= T
2
.
Proposizione 15.1.5 Sia T : o o, se esiste un operatore T
: o o sod-
disfacente luguaglianza Tx[y) = x[T
1
e T
2
soddisno le uguaglianze
Tx[y) = x[T
1
y) = x[T
2
y); da ci`o risulta che x[T
1
y) = x[T
2
y) ossia
T
1
x[y) = T
2
x[x) per ogni x, y o; considerando x = y si ha T
1
x[x) =
T
2
x[x) per ogni x o e quindi T
1
=
S
T
2
.
Osservazione 15.1.6 Proprio per come e stato denito, linsieme /(S)
e caratterizzato dalla propriet`a che ogni suo elemento (inteso come op-
eratore da S in S), T : S S, ammette loperatore S aggiunto
T
2
,
1
: S
S, che agisce sul generico vettore x S secondo la
T
2
,
1
(x) :=
1
[x)
2
e lineare, per la linearit`a a destra del prodotto interno, e ammette come operatore
aggiunto (T
2
,
1
)
= T
1
,
2
. Infatti,
T
2
,
1
(x)[y) =
_
1
[x)
2
y
_
=
1
[x)
2
[y) ;
mentre
x[T
1
,
2
(y)) =
_
x
2
[y)
1
_
=
2
[y) x[
1
) .
2
,
1
= [
2
)
1
[
15.1. Operatori deniti su coppie Hilbertiane 241
intendendo di applicarlo ad un vettore ket [x) S per ottenere
T
2
,
1
[x) =
_
[
2
)
1
[
_
=
1
[x) [
2
) .
Rispetto a questa notazione si ha
_
[
2
)
1
[
_
= [
1
)
2
[ .
Proposizione 15.1.9 La classe di operatori L(o) e chiusa rispetto alle oper-
azioni algebriche di somma, di prodotto per scalari complessi e di composizione
ed in pi` u risulta:
(i) (T
1
+T
2
)
= T
1
+T
2
(ii) (T)
= T
(iii) (T
1
T
2
)
= T
1
T
2
(iv) (T
= T.
Dimostrazione. (i) T
1
, T
2
L(o): si ha
(T
1
+T
2
)x[y) = T
1
x[y) +T
2
x[y) =
= x[T
1
y) +x[T
2
y) = x[(T
1
+T
2
)y)
pertanto vale leguaglianza (T
1
+T
2
)x[y) = x[(T
1
+T
2
)y) per ogni x, y
e quindi (T
1
+T
2
)
= T
1
+T
2
per la propriet`a dellunicit`a dellaggiunto.
(ii) T L(o): avremo che
(T)x[y) = Tx[y) =
x[(T
)y
_
e perci`o (T)
= T
.
(iii) T
1
, T
2
L(o): risulter`a che
(T
1
T
2
)x[y) = T
2
x[T
1
y) = x[(T
2
T
1
)y)
da cui segue (T
1
T
2
)
= T
2
T
1
.
(iv) T L(o): esiste T
x[y) = y[T
y) = Ty[x) x[Ty)
ovvero T
) = 1(T)
Dimostrazione. Poiche T
) = 1(T
, e questa e la (ii).
Corollario 15.1.12 Per ogni T L(o), ker(T) e ker(T
di
un qualsiasi sottoinsieme A di o e un chiuso di o.
Proposizione 15.1.13 Sia T L(o), allora
1(T)
= 1(T)
.
Dimostrazione. Da 1(T) 1(T) segue che 1(T)
1(T)
.
Sia x 1(T)
1(T)
.
Proposizione 15.1.14 Nel caso di uno spazio di Hilbert H, per ogni operatore
limitato T L
B
(H) avremo che
1(T
) = Ker(T)
= Ker(T) e
dalla Proposizione 15.1.13 T
)
1(T
) = 1(T
= Ker(T)
.
15.2 Operatori normali e Hermitiani
In questo paragrafo studieremo una particolare classe di operatori, secondo la
seguente
Denizione 15.2.1 Un operatore T L(o) si dice onormale (o semplice-
mente normale) sse risulta
[T, T
] = T T
T = O.
Col simbolo ^(o) denoteremo la classe di tutti gli operatori normali.
15.2. Operatori normali e Hermitiani 243
Proposizione 15.2.2 Sia T L(o) allora T ^(o) sse, qualunque sia x o
si ha che |Tx| = |T
x|.
Dimostrazione. Sia T ^(o), allora per qualsiasi x o,
|Tx|
2
= Tx[Tx) = T
x[x) = T
Tx[x) =
= TT
x[x) = T
x[T
x) = |T
x|
2
.
Viceversa se per un qualsiasi x o, |Tx| = |T
x[x) = T
x[T
x) = |T
x|
2
= |Tx|
2
= Tx[Tx) = T
Tx[x) .
La tesi segue quindi dalla Prop. 15.1.4
Proposizione 15.2.3 Sia T ^(o), allora
ker(T) = ker(T
) = 1(T)
= 1(T
.
Dimostrazione. Se T ^(o), |Tx| = |T
x| =
0, ossia Tx = 0 sse T
). Le ultime
due uguaglianze seguono dalla Prop.15.1.11
Corollario 15.2.4 Sia T ^(o); allora risulta
ker(T) = ker(T)
.
Dimostrazione. In generale, per qualunque T, ker(T) ker(T)
; inoltre,
1(T) 1(T)
=
_
1(T)
= 1(T)
1(T)
= 1(T)
= 1(T)
=
1(T)
.
Riassumendo. Per ogni operatore normale T ^(o), i sottospazi di o,
1(T) e ker(T) sono mutuamente ortogonali:
(i) ker(T) = 1(T)
;
(ii) 1(T) ker(T)
.
e inoltre varranno le relazioni
(i) ker(T) = ker(T)
;
(ii) 1(T) ker(T)
.
In particolare, ker(T) e un ortospazio di o.
244 CAPITOLO 15. Operatori Normali ed Hermitiani
Proposizione 15.2.5 Nel caso di uno spazio di Hilbert H, per ogni operatore
limitato e normale T ^
B
(H) si ha che
1(T) = Ker(T)
= 1(T)
= Ker(T)
.
Esempio 15.2.6 Sia
(
//
[a, b] = | : [a, b] C [ (
[a, b], n,
(n)
(a) =
(n)
(b) = 0
allora loperatore di derivazione
d
dx
: (
//
[a, b] (
//
[a, b],
d
dx
=
=
d
dx
.
Infatti,
_
d
dx
_
=
_
b
a
(x)
(x)dx = (x)(x)
b
a
_
b
a
(x)
(x)dx =
=
_
d
dx
_
.
Loperatore di derivazione
d
dx
e normale in quanto
_
d
dx
_
_
d
dx
_
=
d
2
dx
2
=
_
d
dx
_
_
d
dx
_
.
, di buon com-
portamento allinnito, ossia tale che f(x)(x) S(R
n
) per ogni S(R
n
). Allora
loperatore di moltiplicazione per f,
Q
f
: S(R
n
) S(R
n
)
(x) (Q
f
)(x) = f(x)(x)
e ben posto e ammette come operatore aggiunto loperatore
Q
f
: S(R
n
) S(R
n
)
(x) (Q
f
)(x) = f(x)(x)
Infatti
Q
f
[) =
_
R
n
f(x)(x)(x) dx =
_
R
n
(x)
_
f(x)(x)
_
dx =
=
[Q
_
Ovviamente Q
f
e normale in quanto
(Q
f
Q
f
)(x) = f(x)f(x)(x) = f(x)f(x)(x) = (Q
f
Q
f
)(x) .
=
A.
Esempio 15.2.9 Procedendo come nel caso dellesempio 15.2.6 si verica che lop-
eratore
i
d
dx
: (
//
[a, b] (
//
[a, b], i
d
dx
= i
] = [A, A] = O.
Pertanto
O(o) := A L(o) : A = A
^(o) .
Linsieme O(o) e non vuoto in quanto appartengono ad esso loperatore nullo
O e loperatore identico 1I.
Dalle propriet`a (i) - (iv), Prop. 15.1.9, si deducono le seguenti propriet`a alge-
briche relative agli operatori hermitiani:
1. (A
1
+A
2
) O(o) per ogni A
1
, A
2
O(o);
2. sia A O(o) allora (A) O(o) se e solo se R;
3. se A
1
, A
2
O(o) allora (A
1
A
2
) O(o) se e solo se [A
1
, A
2
] = O.
Da queste propriet`a segue che se A e un operatore hermitiano pure A
n
, per
qualunque intero positivo n, e un operatore hermitiano e quindi se p() e un
qualunque polinomio a coecienti reali nella indeterminata , anche p(A) e un
operatore hermitiano.
Abbiamo visto che loperatore di commutazione [A
1
, A
2
] = A
1
A
2
A
2
A
1
in generale non fornisce come risultato un operatore hermitiano. Unoperazione
che risulta chiusa rispetto alla classe degli operatori hermitiani e loperazione
di anticommutazione; precisamente se A
1
e A
2
sono due operatori hermitiani si
denisce anticommutatore dei due operatori loperatore
[A
1
, A
2
]
+
:=
1
2
(A
1
A
2
+A
2
A
1
)
che e un operatore hermitiano come si pu`o facilmente vericare. Se i due opera-
tori A
1
e A
2
commutano, il loro anticommutatore e esattamente la composizione
degli operatori in esame:
[A
1
, A
2
] = O sse [A
1
, A
2
]
+
= A
1
A
2
.
In questo modo si ottiene facilmente che:
La struttura
_
O(o), +,
(7)
, [ , ]
+
_
consistente dellinsieme O(o) degli operatori hermitiani munito delle
usuali operazioni di somma, di prodotto per scalari reali e del prodot-
to di anticommutazione, e un algebra associativa con unit`a 1I abeliana.
246 CAPITOLO 15. Operatori Normali ed Hermitiani
Introdurremo ora unaltra operazione fra operatori, la parentesi di Poisson,
che associa ad ogni coppia di operatori hermitiani un operatore che e ancora
hermitiano. Precisamente loperatore
A
1
, A
2
:=
i
[A
1
, A
2
] .
Verichiamo infatti che esso e hermitiano
A
1
, A
2
=
_
[A
1
, A
2
]
_
=
i
(A
1
A
2
A
2
A
1
)
=
=
i
(A
2
A
1
A
1
A
2
) = A
1
, A
2
.
Inoltre e abbastanza facile vericare che linsieme degli operatori hermitiani
munito della operazione di somma, della operazione di moltiplicazione per scalari
reali e della operazione parentesi di Poisson, e unalgebra di Lie reale:
_
O(o), +,
(7)
, ,
_
.
Valgono le seguenti propriet`a
1. [A
1
, A
2
]
+
= O sse A
1
A
2
= A
2
A
1
;
2. A
1
, A
2
= O sse A
1
A
2
= A
2
A
1
.
Nel primo caso diremo che i due operatori anticommutano mentre nel secondo
caso diremo che essi commutano.
Pertanto, due operatori commutano sse la loro parentesi di Poisson e nulla, e ci`o
e equivalente a chiedere che la loro parentesi di commutazione sia nulla; mentre
essi anticommutano sse la loro parentesi di anticommutazione e nulla.
Esempio 15.2.11 Dallesempio precedente segue che gli operatori
2
2
x
2
i
S(R
n
x) S(R
n
x) (i = 1, 2, . . . , n)
sono hermitiani in quanto
2
x
2
i
=
_
i
x
i
_
_
i
x
i
_
Da ci`o segue che se m ,= 0 e una costantew reale allora pure
2
2
m
2
x
2
i
(i = 1, 2, . . . , n)
sono operatori hermitiani e quindi, in conclusione risulta essere hermitiano anche
loperatore Laplaciano su S(R
n
x)
2
2m
2
=
2
2m
_
n
i=1
2
x
2
i
_
Inne se U : R
n
R e una funzione a valori reali e di buon comportamento allinnito,
loperatore
H : S(R
n
x) S(R
n
x)
denito da
(H)(x) =
2
2m
2
+U(x)(x)
e hermitiano.
15.2. Operatori normali e Hermitiani 247
Proposizione 15.2.12 Sia A L(o), allora A O(o) sse Ax[x) R per
ogni x o.
Dimostrazione. Se A O(o), per ogni x o risulta Ax[x) = x[Ax) =
Ax[x) dunque Ax[x) R.
Viceversa sia Ax[x) R per ogni x o, dallesistenza dellaggiunto segue che
Ax[x) = x[A
.
Proposizione 15.2.13 Se T L(o), allora gli operatori
1
2
(T +T
) e
1
2i
(T T
)
sono hermitiani.
Dimostrazione. Questa proposizione e una banale conseguenza delle propriet`a
(i) (iv) della aggiunzione.
Da questo risultato e da quello che andremo ora a dimostrare, si pu`o ritenere
per analogia, che gli operatori hermitiani svolgano nei confronti degli operatori
di L(o) il ruolo svolto da numeri reali nei confronti dei numeri complessi.
Teorema 15.2.14 Se T L(o) esistono due operatori hermitiani A
1
e A
2
tali
che
T = A
1
+iA
2
e tali operatori hermitiani sono univocamente determinati dalloperatore T dalle
A
1
=
1
2
(T +T
) e A
2
=
1
2i
(T T
) .
Dimostrazione. Abbiamo gi`a visto che per ogni T L(o) i due operatori
1
2
(T + T
) e
1
2i
(T T
2
A
2
=
T T
2i
per i quali valgono le propriet`a:
248 CAPITOLO 15. Operatori Normali ed Hermitiani
(i) A
1
e A
2
sono hermitiani,
(ii) A
1
e A
2
sono univocamente determinati da T,
(iii) T = A
1
+iA
2
e T
= A
1
iA
2
.
Per questi motivi, e per le analogie vista sopra con i numeri complessi, l-
operatore A
1
si chiama parte reale di T e loperatore A
2
parte immaginaria
di T, e a volte li denoteremo con T
(r)
e T
(i)
rispettivamente.
Esempio 15.2.16 Loperatore di derivazione
d
dx
dellesempio 15.2.6 ammette come
parte reale e parte immaginaria gli operatori hermitiani
_
d
dx
_
(r)
=
1
2
_
d
dx
d
dx
_
= O
_
ddx
_
(i)
=
1
2i
_
d
dx
+
d
dx
= iddx
_
.
Proposizione 15.2.18 Sia T L(o) allora T e normale sse la sua parte reale
e la sua parte immaginaria commutano.
Dimostrazione.
T T
= (A
1
+iA
2
)(A
1
iA
2
) = A
2
1
+A
2
2
i[A
1
, A
2
]
T
T = (A
1
iA
2
)(A
1
+iA
2
) = A
2
1
+A
2
2
+i[A
1
, A
2
]
pertanto [T, T
] = O sse [A
1
, A
2
] = O.
Esempio 15.2.19 Loperatore di derivazione
d
dx
dellesempio 15.2.6 e normale in
quanto la sua parte reale
_
d
dx
_
(r)
= O e la sua parte immaginaria
_
d
dx
_
(i)
= i
d
dx
commutano.
Esempio 15.2.20 Gli operatori di moltiplicazione Q
f
dellesempio 15.2.7 sono nor-
mali in quanto la loro parte reale (Q
f
)
(r)
= Re(f)1I e quella immaginaria (Q
f
)
(i)
=
Im(f)1I commutano.
Proposizione 15.2.21 Se T L(o) allora
(i) T T
O(o);
15.2. Operatori normali e Hermitiani 249
(ii) ker(T
) = ker(T T
).
Dimostrazione. Si ha che (T T
= T
= T T
e questo dimostra la
(i).
Verichiamo ora che ker(T
) = ker(T T
). La condizione T
x = 0 implica
TT
x = 0 e viceversa se TT
x = 0 allora |T
x|
2
= T
x[T
x) = TT
[x) = 0.
2
,
1
dellesempio 15.1.7, il cui aggiunto
e loperatore (T
2
,
1
)
= T
1
,
2
, esso ha come parte reale loperatore hermitiano
T
(r)
1
,
2
=
1
2
(T
2
,
1
+T
1
,
2
), la cui azione sul generico vettore x S e data da
T
(r)
1
,
2
(x) :=
1
2
_
1
[x)
2
+
2
[x)
1
_
.
La parte immaginaria e loperatore hermitiano T
(i)
1
,
2
=
1
2i
(T
2
,
1
T
1
,
2
), la cui
azione sul generico vettore x S e data da
T
(i)
1
,
2
(x) :=
1
2i
_
1
[x)
2
2
[x)
1
_
.
Questi due operatori in generale non commutano. Infatti, posto per semplicit`a T
(r)
=
T
(r)
1
,
2
e T
(i)
= T
(i)
1
,
2
, avremo che
_
T
(r)
T
(i)
_
(x) = T
(r)
_
1
2i
(
1
[x)
2
2
[x)
1
)
_
=
=
1
4i
__
1
[x)
2
2
[x)
1
_
2
+
_
1
[x)
2
2
[x)
1
_
1
_
=
=
1
4i
__
1
[x)
1
[
2
)
2
[x) |
1
|
2
_
2
+
_
1
[x) |
2
|
2
2
[x)
2
[
1
)
_
.
Analogamente,
_
T
(i)
T
(r)
_
(x) = T
(i)
_
1
2
(
1
[x)
2
+
2
[x)
1
)
_
=
=
1
4i
__
1
[x)
2
+
2
[x)
1
_
2
_
1
[x)
2
+
2
[x)
1
_
1
_
=
=
1
4i
__
1
[x)
1
[
2
) +
2
[x) |
1
|
2
_
2
_
1
[x) |
2
|
2
+
2
[x)
2
[
1
)
_
.
250 CAPITOLO 15. Operatori Normali ed Hermitiani
Si osservi che nel caso in cui la coppia di vettori |
1
,
2
costituiscano un sistema
ortonormale si ha
_
T
(r)
1
,
2
T
(i)
1
,
2
_
(x) =
1
4i
[
1
[x)
1
2
[x)
2
]
_
T
(i)
1
,
2
T
(r)
1
,
2
_
(x) =
1
4i
[
2
[x)
2
1
[x)
1
]
Questi due operatori anticommutano
_
T
(r)
1
,
2
, T
(i)
1
,
2
_
+
= O,
(e quindi, per la Prop. 15.2.18, il corrispondente operatore T
2
,
1
non e normale).
Osservazione 15.2.24 Nella notazione di Dirac i precedenti operatori
vengono scritti nella forma
T
(r)
1
,
2
=
1
2
_
[
2
)
1
[ +[
1
)
2
[
_
T
(i)
1
,
2
=
1
2i
_
[
2
)
1
[ [
1
)
2
[
_
.
Mentre nel caso di un s.o.n. |
1
,
2
avremo che
T
(r)
1
,
2
T
(i)
1
,
2
=
1
4i
_
[
1
)
1
[ [
2
)
2
[
_
T
(i)
1
,
2
T
(r)
1
,
2
=
1
4i
_
[
2
)
2
[ [
1
)
1
[
_
.
Esempio 15.2.25 Nello spazio
(
//
[a, b] = | (
[a, b] :
(n)
(a) =
(n)
(b) = 0, n N
sia f : R
n
R una funzione ssata di classe (
//
[a, b] (
//
[a, b]
(x) (Q
f
)(x) = f(x)(x)
e ben posto in quanto
_
D
(n)
(f : )
_
(x) =
n
k=1
_
n
k
_
f
(k)
(x)
(nk)
(x)
e quindi f(x)(x) e di classe (
_
(x) = f(x)(x) =
_
Q
f
(x) .
15.2. Operatori normali e Hermitiani 251
Si osservi che con considerazioni analoghe si dimostra che loperatore
Q
f
: T(R
n
) T(R
n
)
(x) (Q
f
)(x) = f(x)(x)
e ben posto e hermitiano per una qualsiasi ssata funzione f : R
n
R di classe (
.
Analogamente, se f : R
n
R e una funzione di classe (
di buon comportamento
allinnito, ossia tale che
f(x)(x) S(R
n
) per ogni S(R
n
),
allora anche in questo caso loperatore
Q
f
: S(R
n
) S(R
n
)
(x) (Q
f
)(x) = f(x)(x)
e ben posto e hermitiano.
Esempio 15.2.26 Loperatore
d
2
dx
2
: (
//
[a, b] (
//
[a, b]
e hermitiano. Infatti
_
d
2
dx
2
(x)[(x)
_
=
_
b
a
(x)
(x)dx = (x)
(x)[
b
a
_
b
a
(x)
(x)dx =
= (x)
(x)[
b
a
+
_
b
a
(x)
(x)dx =
=
_
(x)
d
2
dx
2
(x)
_
.
Si osservi che questo operatore e il quadrato delloperatore normale
_
d
dx
_
,
_
d
dx
_
2
=
d
2
dx
2
Esempio 15.2.27 Sia c(R) uno degli spazi T(R) oppure S(R) allora loperatore
i
d
dx
: c(R) c(R)
i
d
dx
e hermitiano. Infatti
_
i
d
dx
[
_
=
_
i
d
dx
(x)dx = i(x)(x)[
+
i
_
+
()(x)dx =
=
_
i
d
dx
_
Tenuto conto che
d
2
dx
2
=
_
i
d
dx
_
_
i
d
dx
_
ne segue che e anche hermitiano loperatore
d
2
dx
2
: c(R) c(R)
//
[a, b] (
//
[a, b]
e hermitiano. Infatti
_
d
2
dx
2
(x)[(x)
_
=
_
b
a
(x)
(x)dx = (x)
(x)[
b
a
_
b
a
(x)
(x)dx =
= (x)
(x)[
b
a
+
_
b
a
(x)
(x)dx =
=
_
(x)[
d
2
dx
2
(x)
_
Si osservi che questo operatore e il quadrato delloperatore normale
_
d
dx
_
,
_
d
dx
_
2
=
d
2
dx
2
.
Esempio 15.2.29 Sia (R) uno degli spazi T(R) S(R) allora loperatore
i
d
dx
: (R) (R)
i
d
dx
e hermitiano. Infatti
_
i
d
dx
[
_
=
_
i
d
dx
(x)dx = i(x)(x)
_
+
i
_
+
()(x)dx =
=
_
[ i
d
dx
_
Tenuto conto che
d
2
dx
2
=
_
i
d
dx
_
_
i
d
dx
_
ne segue che e anche hermitiano loperatore
d
2
dx
1
: (R) (R).
A :
o
\
1
o
A
o
\
o
15.2. Operatori normali e Hermitiani 253
e ben posto e lineare. Inoltre, per ogni ,
o e posto = 1
1
, = 1
1
avremo
_
A [
_
=
_
_
A
1
__
[
_
_
=
_
_
A[
_
_
= A[) =
= [A) =
1
1
[A1
1
_
=
_
_
1
_
[
A
1
_
=
=
_
[
_
.
x|)
()d
e un operatore unitario.
Osservato che le funzioni
f
i
: R
n
R, = (
1
, . . . ,
i
, . . . ,
n
) f
i
() := i
(per i = 1, 2, . . . , n) sono di buon comportamento allinnito, dal precedente esempio
segue che possiamo considerare gli operatori hermitiani di moltiplicazione
Q
i
: S(R
n
, ) S(R
n
, ) (per i = 1, 2, . . . , n)
() (Q
i
)() :=
i
()
Dal teorema 6 ora dimostrato seguir`a che saranno pure operatori hermitiani su S(R
n
, x)
gli operatori
Q
i
: S(R
n
, x) S(R
n
, x) (per i = 1, 2, . . . , n)
deniti da
Q
i
= T Q
i
T
1
Vediamo ora di dare una forma esplicita di questo operatore.
Sia (x) S(R
n
, x) e indichiamo la sua trasformata in S(R
n
, ) secondo T
1
nel
seguente modo
y() := (F
1
)() =
1
(2))
n/2
_
R
n
e
i
|x)
(x)dx (1)
da cui segue
y(x) := (F
)(x) =
1
(2))
n/2
_
R
n
e
i
|x)
()dx (2)
254 CAPITOLO 15. Operatori Normali ed Hermitiani
Allora
(
Q
i
)(x) = F[Q
i
()] = F[
i
()] =
=
1
(2)
n/2
_
R
n
e
i
x|)
i
()d =
=
i
(2)
n/2
_
R
n
()
_
e
i
x|)
_
d =
=
i
(2)
n/2
_
R
n
()
x
i
_
e
i
x|)
_
dx =
= i
x
i
_
1
(2)
n/2
_
R
n
()e
x|)
d
_
= dalla (2)
= i
x
i
(x)
Abbiamo cos` ottenuto che gli operatori
Q su S(R
n
x) sono espressi esplicitamente da
Q
i
= i
x
i
(i = 1, 2, . . . , n)
Potendo quindi concludere che gli operatori
i
x
i
: S(R
n
x) S(R
n
x) (i = 1, 2, . . . , n)
S i
x
i
sono operatori hermitiani.
Capitolo 16
Operatori unitari in
pre-Hilbert
16.1 Autovalori e autovettori di un operatore li-
neare
Sia o uno spazio con prodotto interno denso nello spazio di Hilbert H e T : o
o un operatore lineare; si dice che lelemento
(, x) Cx[o[0]
costituisce una coppia autovaloreautovettore sse
Tx = x
Equivalentemente si dice che C e un autovalore delloperatore T sse esiste
un vettore x o non nullo tale che Tx = x(x ,= 0).
Proposizione 16.1.1 Sia T : o o un operatore lineare le due proposizioni
sono equivalenti:
(i) e un autovalore di T
(ii) loperatore (T I) non e iniettivo.
Dimostrazione. Se e un autovalore di T allora esiste x ,= 0 tale che (T
I)x = 0. Daltra parte e banale che (T I)0 = 0 e perci`o loperatore (T I)
non e iniettivo.
Viceversa, se (T I) non e iniettivo esistono due vettori diversi x
1
, x
2
o, x
1
,=
x
2
tali che
(T I)x
1
= (T I)x
2
.
Allora x
1
x
2
,= 0 e in pi` u (T I)(x
1
x
2
) = 0.
256 CAPITOLO 16. Operatori unitari in pre-Hilbert
Esempio 16.1.2 Autovalore di un operatore matriciale
Se S e uno spazio con prodotto interno nito dimensionale con dimS = n sappiamo
che S C
n
, ossia che e identicabile con C
n
tramite un opportuno operatore unitario
U
_
_
_
_
si chiama equazione caratteristica o equazione secolare di T. Il Polinomio
det(T I) = (a
11
a
22
. . . a
nn
)
n
+ (termini di grado < n) si chiama polinomio
caratteristico ed e un polinomio di grado n. Nel campo complesso un polinomio
di grado n possiede n radici non necessariamente distinte e perci`o T possiede al
pi` u n autovalori distinti.
Linsieme degli autovalori delloperatore T e detto spettro puntuale o discreto
di T e viene indicato con
p
(T). Pertanto
p
(T) := C : x ,= 0 t.c. Tx = x
Osservazione 16.1.5 Dallesempio 16.1.4 si ricava che ogni operatore
matriciale possiede almeno un autovalore per cui in questo caso lo spettro
puntuale e non vuoto. Per` o esistono operatori con spettro puntuale vuoto.
16.1. Autovalori e autovettori di un operatore lineare 257
Esempio 16.1.6 Sia dato loperatore
Q : S(R) S(R), (x) (Q)(x) := x(x)
verichiamo che il suo spettro puntuale e vuoto.
Infatti se esistesse S(R) tale che
(Q)(x) = (x) per ogni x 1
dovrebbe essere
(1) (x )(x) = 0 per ogni x 1
e lunica funzione di S(1) (i cui elementi sono in particolare funzioni continue) soddis-
facente la precedente condizione e la funzioni identicamente nulla = 0. Osserviamo
che se si considera Q come un operatore opportunamente denito in L
2
(1), anche
in questo caso esso possiede spettro puntuale vuoto in quanto leventuale funzione
soddsfacente la (1) e
(x) =
_
0 per x ,=
k per x =
con k arbitrario. Ma in L
2
(1) questa funzione e uguale q. d. alla funzione nulla e
perci`o e un elemento rappresentativo del vettore nullo di L
2
(1).
Esempio 16.1.7 Loperazione
P : S(1) S(1), (x) (P)(x) := i
d
dx
ha spettro puntuale vuoto.
Infatti la corrispondente equazione agli autovalori assume la forma dellequazione
dierenziale
(x) = i
(x)
la cui soluzione generale e data dalla funzione
(x) = ke
i
(x)
Questa funzione per k ,= 0 non e un elemento di S(1) (e nemmeno di L
2
(1)) mentre
per k = 0 si riduce alla funzione nulla.
Esempio 16.1.8 Loperatore isometrico di shift (destro) ha spettro puntuale vuoto.
Sia ||
n
un sonc di uno spazio di Hilbert 1 separabile S : 1 1 loperatore
isometrico di shift denito da
S(x) =
|
n
[x) |
n+1
che pu`o essere univocamente determinato dallazione sul generico elemento del s.o.n.c.
S(|
n
) = |
n+1
Il suo aggiunto S
(|
1
) = 0
S
(|
n
) = |
n1
per n = 2, 3, 4, . . .
Supponiamo che Sx = x e verichiamo che necessariamente x = 0 allora Sx = 0 ed
essendo S iniettivo x = 0. Sia ,= 0, allora
S(x) =
n=1
|
n
[x) |
n+1
=
n=2
|
n1
[x) |
n
258 CAPITOLO 16. Operatori unitari in pre-Hilbert
da cui
|
1
[Sx) =
_
|
1
[
n=2
|
n1
[x) |
n
_
= 0
e quindi |
1
[x) = 0 da cui |
n
[x) = 0. Inoltre, per n > 1,
|
n
[Sx) =
_
|
n
[
n=2
|
k1
[x) |
K
_
= |
n1
[x)
con
|
n
[Sx) = |
n
x
e quindi
|
n1
[x) =
|
n1
[x)
o0 tale che Ax
1
= x
da cui si ottiene
che
Ax
2
[x
2
) = x
[Ax
) = x
[Ax
) = Ax
[x
)
ovvero ()|x
| = 0. Ma essendo |x
2
| ,= 0 non potr`a che essere = .
(ii) Analogamente se x
1
o0 e un autovettore delloperatore U corrispon-
dente allautovalore
p
(U) sar`a |x
|
2
= Ux
[Ux
) = [i[
2
|x
|
2
da
cui [[
2
= 1.
(T I)x
_
e, per la continuit`a del prodotto interno
0 = lim
_
x
()
n
[(T I)
(T I)x
_
=
_
limx
()
n
[(T I)
(T I)x
_
=
= x[(T
I)
x x| da cui
seguono i seguenti risultati
(i) Tx = x sse T
x
x = x
(ii)
p
(T) sse
p
(T
x
)
(iii) M
T
() = M
T
x()
260 CAPITOLO 16. Operatori unitari in pre-Hilbert
16.2 Loperatore di parit`a: esempio di opera-
tore contemporaneamente unitario e her-
mitiano
Nello spazio di Hilbert L
2
(1
n
), si consideri una variet`a lineare (1
n
) densa in
L
2
(1
n
) soddisfacente la condizione:
(x) (1
n
) per ogni (x) L
2
(1
n
).
Chiaramente gli spazi di funzioni prova T(1
n
), o(1
n
) e lo stesso spazio di
Hilbert L
2
(1
n
) soddisfano questa condizione. Consideriamo loperatore di par-
it`a e denito da
()(x) := (x)
Proposizione 16.2.1 Loperatore di parit`a e lineare e nihilpotente, ossia sod-
disfa la condizione:
2
= 1I.
Osservazione 16.2.2 Dal risultato precedente segue immediatamente
che loperatore di parit`a e invertibile con inverso 1 = . Inoltre, si
ha che
n
=
_
1I, per n pari
, per n dispari
Proposizione 16.2.3 Loperatore di parit`a e hermitiano.
Dimostrazione. Considerata la traformazione di coordinate
g : 1
n
1
n
, x g(x) := x
che ammette come trasformazione inversa di coordinate
g
1
: 1
n
1
n
, x g
1
(x) = x = (x
1
, . . . , x
i
, . . . , x
n
)
le cui componenti scalari sono le n funzioni
(g
1
)
i
: 1
n
1, x (g
1
)
i
(x) = x
i
.
La matrice Jacobiana associata alla trasformazione di coordnata g
1
sar`a allora
J
g1
(x) =
_
_
_
_
1, 0, . . . 0
0, 1, . . . 0
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
0, 0, . . . 1
_
_
_
_
per cui
|(J
g1
(x)| = |(1)
n
| = 1
da questo risultato segue che, qualunque siano , (1
n
), si avr`a
[) =
_
R
n
(x)(x)d(x) =
_
R
n
(g
1
(x))(J
1
(x)) |J
g1
(x)| dx
=
_
R
n
(x)(x)dx = [) .
e quindi
e unitario.
Osservazione 16.2.5 Dal fatto che e hermitiano segue che il suo
spettro puntuale deve essere un sottoinsieme di 1 e dal fatto che esso
e unitario segue che i suoi autovalori hanno modulo 1. Pertanto i soli
possibili autovalori di sono +1 e 1.
Proposizione 16.2.6 Lo spettro puntuale delloperatore di parit`a e
p
() = +1, 1
I corrispondenti autospazi sono
/
(+1) = (1
n
) : (x) = (x)
/
(1) = (1
n
) : (x) = (x)
pertanto, gli autovettori corrispondenti dellautovalore +1 sono le funzioni pari
di (1
n
) mentre gli autovettori corrispondenti dellautovalore 1 sono le fun-
zioni dispari di (1
n
).
Dimostrazione. Dalla nihilpotenza delloperatore di parit`a segue che se
allora
=
2
= (
) =
2
= 0 ovvero
2
= 1 con 1.
Considerato ora lautovalore +1 avremo che un generico autovettore cor-
rispondente a questo autovalore deve soddisfare la equazione = ovvero
(x) = (x). Mentre per il generico autovettore corrispondente allauotvalore
1 deve valore la equazione = , ossia (x) = (x).
Proposizione 16.2.7 I seguenti operatori
P
+
: (1
n
) (1
n
) e P
: (1
n
) (1
n
)
deniti dalle relazioni
P
+
=
1
2
(1I + )
P
=
1
2
(1I )
sono proiettori ortogonali soddisfacenti la propriet` a : P
+
+P
= 1I.
Dimostrazione. Gli operatori P
+
e P
_
1
2
(1I +)
_
=
=
1
2
_
1I
1
2
(1I +) +
1
2
(1I +)
_
=
=
1
2
_
1
2
1I +
1
2
+
1
2
+
1
2
2
_
=
=
1
2
_
1
2
1I +
1
2
+
1
2
+
1
2
1I
_
=
=
1
2
_
1I +
_
= P
+
In maniera analoga si dimostra lidempotenza di P
.
Proposizione 16.2.8
(i) Il proiettore ortogonale P
+
proietta su /
(+1)
(ii) Il proiettore ortogonale P
proietta su /
(1)
Dimostrazione. Sappiamo che 1(P
+
) sse P = ovvero sse
(x) =
1
2
[1I +](x) =
1
2
[(x) +(x)]
1
2
(x) =
1
2
(x)
(x) = (x) sse /
(1).
Pertanto il sottospazio 1(P
+
) su cui proietta P
+
e proprio lautospazio /
(1).
Analogamente si verica che il sottospazio 1(P
) su cui proietta P
e lau-
tospazio /
(1).
Osservazione 16.2.9 Dal fatto che loperatore di parit`a e in partico-
lare, normale segue che /
(1) /
(1) e quindi P
+
P
. Questo
risultato si pu`o ottenere direttamente dalla denizione degli operatori P
+
e P
vericando che P
+
P
= P
P
+
= O.
Proposizione 16.2.10 I due autospazi /
(1) /
1) sono mutualmente
supplementari nel senso che valgono le proposizioni
(i) /
(1) /
(1)
(ii) (1
n
) = /
(1) /
(1).
Dimostrazione. Dal fatto che /
(1) /
(1 segue che /
(1)/
(1)0.
Inoltre essendo P
+
+ P
con P
+
/(1), P
(1).
16.3. Le matrici di Pauli 263
Denizione 16.2.11 Preso un qualsiasi vettore (1
n
) e posto
+
(x) := (P
+
)(x) =
1
2
_
(x) +(x)
_
/
(1)
(x) := (P
)(x) =
1
2
_
(x) (x)
_
/
(1)
la funzione
+
si chiama parte pari della funzione mentre la funzione
x
=
_
0 1
1 0
_
y
=
_
0 i
i 0
_
z
=
_
1 0
0 1
_
intese come operatori matriciali deniti sullo spazio di Hilbert (
2
, sono carat-
terizzate dallavere lo stesso spettro puntuale in quanto, come e facile vericare,
esse hanno gli stessi autovalori +1 e 1.
Considereremo ora tre casi separatamente Matrice di Pauli
x
.
Abbiamo gi`a osservato che questo operatore ammette i due soli autovalori +1 e
1.
Proposizione 16.3.1 Gli autospazi corrispondenti agli autovalori delloperato-
re
x
sono
/
x
(+1) =
_
a
_
1
1
_
: a (
_
/
x
(1) =
_
a
_
1
1
_
: a (
_
questi autospazi sono monodimensionali e quindi i due autovalori sono non
degneri.
Dimostrazione. Il vettore
_
a
b
_
di (
2
e un autovettore di
x
corrispondente
allautovalore +1 sse
_
0 1
1 0
__
a
b
_
=
_
a
b
_
ovvero
_
b
a
_
=
_
a
b
_
da cui a = b.
Analogamente per lautovalore -1 avremo
_
0 1
1 0
__
a
b
_
=
_
a
b
_
ovvero
_
b
a
_
=
_
a
b
_
da cui b = a.
264 CAPITOLO 16. Operatori unitari in pre-Hilbert
Corollario 16.3.2 I due autospazi
/
x
(+1) /
x
(1) = C
2
Dimostrazione. Dal fatto che
x
e un operatore autoaggiunto su (
2
sappiamo
che gli autospazi corrispondenti ad autovettori distinti sono ortogonali. Poiche
i due autospazi sono monodimensionali e lo spazio (
2
e bidimensionale, la tesi
e dimostrata.
Proposizione 16.3.3 I seguenti operatori P
x
(+1) e P
x
(1) deniti su (
2
dalle relazioni
P
x
(+1)
_
a
b
_
=
a +b
2
_
1
1
_
P
x
(1)
_
a
b
_
=
a b
2
_
1
1
_
sono i proiettori ortogonali che proiettano rispettivamente su /
x
(+1) e /
x
(1).
Essi soddisfano inoltre la propriet` a:
P
x
(+1) +P
x
(1) = 1I.
Dimostrazione. I due vettori ortogonali
_
1
1
_
,
_
1
1
_
costituiscono una base di
(
2
e quindi ogni vettore
_
a
b
_
di (
2
verr`a decomposto rispetto a questa base nella
seguente forma:
_
a
b
_
=
a +b
2
_
1
1
_
+
a b
2
_
1
1
_
.
Matrice di Pauli
y
.
Anche questo operatore matriciale ammette i due soli autovalori +1 e 1.
Proposizione 16.3.4 Gli autospazi corrispondenti agli autovalori dellopera-
tore
y
sono
/
y
(+1) = a
_
1
i
_
: a (
/
y
(1) = a
_
1
i
_
: a (
questi autospazi sono monodiemnsionali e quindi i due autovalori sono non
degeneri.
Dimostrazione. Il vettore
_
a
b
_
di (
2
e un autovettore di
y
corrispondente
allautovalore +1 sse
_
0 i
i 0
__
a
b
_
=
_
a
b
_
ovvero
_
1b
ia
_
=
_
a
b
_
da cui b = ia.
Analogamente per lautovalore -1 avremo
_
0 i
i 0
__
a
b
_
=
_
a
b
_
ovvero
_
1b
ia
_
=
_
a
b
_
da cui b = ia.
16.3. Le matrici di Pauli 265
In maniera analoga a quanto dimostrato per
x
si verica il
Corollario 16.3.5 I due spazi /
y
(+1) e /
y
(1) son ortogonali e decom-
pongono lo spazio (
2
nella somma diretta
(
2
= /
y
(+1) /
y
(1).
Da questo risultato segue immediatamente la
Proposizione 16.3.6 Gli operatori P
y
(+1) e P
y
(1) deniti su (
2
dalle
relazioni
P
y
(+1) =
a ib
2
_
1
i
_
P
y
(1) =
a +ib
2
_
1
i
_
sono proiettori ortogonali che proiettano rispettivamente su /
y
(+1) e /
y
(1).
Dimostrazione. Il sistema ortogonale di vettori
_
1
i
_
,
_
1
i
_
e una base dello
spazio (
2
e il generico vettore
_
a
b
_
di questo spazio verr`a decomposto rispetto a
questa base nella forma:
_
a
b
_
=
a ib
2
_
1
i
_
+
a +ib
2
_
1
i
_
.
x
(+1), P
x
(1), P
y
(+1), P
y
(1)
possiamo costruire i seguenti operatori su (
2
:
1.
_
P
y
(+1) P
x
(+1)
_
_
a
b
_
=
(a+b)(1i)
4
_
1
i
_
2.
_
P
y
(1) P
x
(+1)
_
_
a
b
_
=
(a+b)(1+i)
4
_
1
i
_
3.
_
P
y
(+1) P
x
(1)
_
_
a
b
_
=
(ab)(1+i)
4
_
1
i
_
4.
_
P
y
(1) P
x
(1)
_
_
a
b
_
=
(ab)(1i)
4
_
1
i
_
Dimostrazione. Banale.
Osservazione 16.3.8 Facciamo notare che questi operatori, in quanto
ottenuti dalla composizione di due proiettori ortogonali che non commu-
tano, non sono nemmeno autoaggiunti. Si pu`o vericare ci`o con un calcolo
diretto. Per esempio
_
P
y
(+1) P
x
(+1)
_
1
0
_
[
_
1
0
__
=
1 +i
2
__
1
0
_
[P
y
(+1) P
x
(+1)
_
1
0
__
=
1 i
2
266 CAPITOLO 16. Operatori unitari in pre-Hilbert
Corollario 16.3.9 A partire dagli operatori della proposizione precedente si
ottiene che:
1. P
x
(+1) P
y
(+1) P
x
(+1) =
1
2
P
x
(+1)
2. P
x
(+1) P
y
(1) P
x
(+1) =
1
2
P
x
(+1)
3. P
x
(1) P
y
(+1) P
x
(1) =
1
2
P
x
(1)
4. P
x
(1) P
y
(1) P
x
(1) =
1
2
P
x
(1)
Da cui si ricava che
_
P
x
(+1) P
y
(+1) P
x
(+1)
_
+
_
P
x
(1) P
y
(+1) P
x
(1)
_
=
1
2
1I
_
P
x
(+1) P
y
(1) P
x
(+1)
_
+
_
P
x
(1) P
y
(1) P
x
(1)
_
=
1
2
1I.
16.4 Operatori unitari da uno spazio in se
Teorema 16.4.1 Sia U := L(o) allora le seguenti asserzioni sono equivalenti
(i) U U
= U
U = 1I
(ii) R(U) = o, Ux[Uy) = x[y) per ogni x, y o
(iii) R(U) = o, |Ux| = |x| per ogni x o
(iv) U e invertibile con inverso tale che U
1
= U
.
Dimostrazione. Sia vera la (i). Da UU
Uy) = x[y)
Abbiamo, perci`o, dimostrato che la (i) implica la (ii). Dalla (ii) segue
immediatamente la (iii) qualora si prenda nella (ii) y = x.
Supponiamo ora che sia vera la (iii) e dimostriaamo la (iv). Essendo
U
= U
1I = U
(UU
1
) = (U
U)U
1
=
1IU
1
= U
1
.
Inne, la (iv) implica immediatamente la (i).
Osservazione 16.4.2 Questo teorema aerma che nella classe degli
operatori da S in S che ammettono aggiunto, linsieme degli operatori
unitari e linsieme degli operatori invertibili con inverso coincidente col-
laggiunto.
Osserviamo inne che dalla (iii) segue che ogni operatore unitario ha
norma uguale a 1: |U| = 1.
16.4. Operatori unitari da uno spazio in se 267
Indicato con |(o) linsieme degli operatori unitari su o, si vede facilmente
che, in generale, |(o) e chiuso soltanto rispetto al prodotto di composizione.
Infatti vale il seguente teorema:
Teorema 16.4.3 La coppia (|(o), ) e un gruppo, chiamato gruppo degli au-
tomorsmi unitari di o.
Dimostrazione. Siano U
1
U
2
U(o) allora U
1
U
2
x[U
1
U
2
y) = U
2
x[U
2
y) =
x[y) per ogni x, y o; ossia pure U
1
U
2
|(o). Essendo 1I = 1I si
ha che 1I |(o) ed e il neutro rispetto al prodotto di composizione. Inne,
abbiamo visto che U
1
= 1
, ma se U |(o) allora U
U = UU
= 1I implica
U
= U
= 1I ossia U |(o).
Esempio 16.4.4 Matrice di rotazione per una particella di Spin
1
2
Loperatore R
1/2
(, , ) : C
2
C
2
denito dalla matrice
R
1/2
(, , ) =
_
e
1
2
(+)
cos
2
, e
1
2
()
sin
2
,
e
1
2
()
sin
2
, e
1
2
(+)
cos
2
_
.
e un operatore unitario.
Infatti essendo
det[R
1/2
(, , )] = e
i
2
(+)
e
i
2
(+)
cos
2
2
+e
i
2
()
e
i
2
()
sin
2
2
=
= cos
2
2
+ sin
2
2
= 1
la matrice R
1/2
(, , ) e invertibile. La matrice aggiunta della matrice in esame e
[R
1/2
(, , )]
=
_
e
1
2
(+)
cos
2
, e
1
2
()
sin
2
,
e
1
2
()
sin
2
, e
1
2
(+)
cos
2
_
.
da cui segue che
[R
1/2
(, , )][R
1/2
(, , )]
= [R
1/2
(, , )]
= [R
1/2
(, , )] = 1I
Infatti,
_
e
1
2
(+)
cos
2
, e
1
2
()
sin
2
,
e
1
2
()
sin
2
, e
1
2
(+)
cos
2
_
.
_
e
1
2
(+)
cos
2
, e
1
2
()
sin
2
,
e
1
2
()
sin
2
, e
1
2
(+)
cos
2
_
=
=
_
cos
2
2
+ sin
2
2
, e
i
cos
2
sin
2
e
i
sin
2
cos
2
e
i
sin
2
cos
2
e
i
cos
2
sin
2
sin
2
2
+ cos
2
2
_
.
Analogamente si procede per laltro caso.
Indice analitico
Additivit`a
a sinistra, 9
Aderenza, 14
Aggiunto, 173
Algebra
di Banach, 160
normata, 160
Angolo, 12
Annichilatore, 20
Antiomoantiomogeneit`a
a sinistra, 9
Autovalore, 189
approssimato, 190
Autovettore, 189
B-algebra, 160
Base ortonormale, 39
canonica, 49
Basi ortonormali, 48
bra, 141
Cardinalit`a del continuo, 52
Chiusura, 14
Coecienti
di Fourier, 40
Combinazione lineare
nita, 13
innita, 14
Continuit`a
sequenziale, 17
Continuti`a
condizione di, 17
Convergenza
di una successione, 13
Convergenza in media quadratica, 31
Convoluzione, 157
Coppia
autovaloreautovettore, 189
Costante di Planck, 155
Dimensione
ortogonale, 62
Dimensione ortogonale, 51, 57
Diseguaglianza
di Bessel, 41
di Schwarz, 9
triangolare, 11
Equazione
caratteristica, 256
Estensione, 175
stretta, 175
Fattori di fase, 53
Funzione
misurabile, 65
Funzione continua
impropriamente a quadrato inte-
grabile, 37
Hermitianit`a, 9
Inferiormente limitato, 191
Insieme risolvente, 193
Ket, 141
Legge
del parallelogramma, 18
Limite
di una successione, 13
nucleo di Dirichlet, 101
Numero
complesso razionale, 49
Omogeneit`a
assoluta, 11
Operatore
aggiunto, 174
autoaggiunto, 176
chiuso, 197
chiuso non limitato, 198
INDICE ANALITICO 269
densamente denito, 171
di Fourier-Plancherel, 155
di moltiplicazione
classico, 177
per funzioni, 176
di parita, 260
di shift a destra, 175
di shift a sinistra, 175
Hermitiano, 245
limitato, 173
limitato non chiuso, 198
lineare chiuso, 197
non limitato, 173
Normale, 242
simmetrico, 176
unitario, 120
ortogonale, 126
Polinomi
di Legendre, 71
di Hermite, 76
di Laguerre, 84
Principio
dellestensione, 137
di estensione generalizzato, 135
Prodotto Interno, 7
su R
3
, 7
Prodotto Scalare, 7
Rendere stabile, 171
Restrizione, 175
stretta, 175
Risolvente generalizzato, 195
Serie, 13
convergente, 13
divergente, 14
Sistema ortogonale, 39
Sistema ortonormale, 39
completo, 48
Somma diretta, 36
Somma diretta nita, 34
SONC, 48
Sottoinsieme
chiuso, 14
denso, 14
Sottospazio, 15
Spazi con prodotto interno
separabili, 52
Spazi di Hilbert
di dimensione innita, 62
di dimensione innito numerabile,
62
di dimensione superiore alla innit`a
numerabile, 62
Spazio
d
2
, 29
d
2
(N, C), 29
l
2
(R, C), 30
s
2
, 29
s
2
(N, C), 29
completo, 14
di Hilbert, 15
Euclideo, 7
lineare
continuo, 16
separabile, 14
Spazio lineare
1
2
, 27
C
n
, 27
l
2
(N, C), 27
Spettro, 193
continuo generalizzato, 195
puntuale, 193
puntuale approssimato, 190
residuo, 193
Successione
a rapida decrescita, 29
convergente, 13
denitivamente nulla, 29
delle somme parziali, 13
di Cauchy, 14
divergente, 13
fondamentale, 14
Sviluppo in serie di Fourier, 48
Teorema
del grafo chiuso, 200
di Fej`er, 102
di Fisher-Riesz, 59
teorema: della rappresentazione, 144
Trasformata
di Fourier, 150
inversa di Fourier, 151
Uguaglianza
tra operatori, 175
Uguaglianza di Parseval, 46
Valori regolari, 193
270 INDICE ANALITICO
Variet`a lineare, 15
Vettore
bra, 141
ket, 141
ortogonale, 19