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Nota introduttiva di Franco Ferrucci

Traduzione di Tino Richelmy



Voltaire Zadig ................................................................................... 1
Nota introduttiva ........................................................................................... 4
Zadig o il destino Storia orientale................................................................ 12
Lettera dedicatoria di Zadig inviata da Sadi alla Sultana Sheraa............... 13
Il cieco da un occhio ........................................................................................... 15
Il naso ................................................................................................................. 19
Il cane e il cavallo ............................................................................................... 22
Linvidioso .......................................................................................................... 27
I generosi ............................................................................................................ 33
Il ministro ........................................................................................................... 36
Contrasti di opinioni e udienze ........................................................................... 39
La gelosia ............................................................................................................ 43
La donna percossa ............................................................................................... 48
La schiavit ......................................................................................................... 52
La pira ................................................................................................................. 56
La cena ................................................................................................................ 60
Gli appuntamenti ................................................................................................ 64
Il brigante ........................................................................................................... 68
Il pescatore.......................................................................................................... 72
Il basilisco ........................................................................................................... 76
I certami ............................................................................................................. 85
Leremita ............................................................................................................. 91
Gli enigmi ........................................................................................................... 98
La danza ............................................................................................................ 102
Occhi celesti ..................................................................................................... 106
Nota introduttiva
Zadig, primo eroe romanzesco di Voltaire, arriva sulla
scena con certe pretese. convinto di essere molto buono,
molto bello, molto bravo; e inoltre ritiene che questo gli
debba garantire la felicit. Allelenco delle sue virt Voltaire
aggiunge la modestia; eppure per tutto il romanzo Zadig non
commette una sola cattiva azione, il che va oltre la modestia
e sfiora la presunzione.
Perch Zadig lautore stesso. Per la prima volta, alle
prese con tormenti di varia natura, pratica e intellettuale,
Voltaire ha lidea di rappresentare se stesso in chiave
metaforica, nelle vesti di un giovanotto alla ricerca del vero
e del buono. Come i suoi successori, Zadig non invecchia;
perfino Cunegonda invecchier vicino a Candido, ma su
questultimo non viene detto nulla al proposito. Essi devono
restare come sono apparsi, immagini di giovinezza, anche
per colui che li sospinge in scena: lo scrittore ormai maturo,
che si trova nella situazione di stendere un bilancio della
propria vita. Solo eccezionalmente, come nella Storia del
buon bramino, Voltaire pone al centro dellazione la figura
di un vegliardo; altrimenti preferisce disseminarli
nellazione, a distribuire consigli pi spesso stravaganti che
veritieri.
A Babilonia cera quindi un jeune homme nomm Zadig,
n avec un bon naturel fortifi par lducation. Chi gli ha
dato luna e laltra? Per tutto il romanzo la maggior parte dei
personaggi mostrano una natura debole e una educazione
pessima; da dove esce Zadig? Fin dallinizio egli ha i
connotati di una scommessa vivente, improbabile e
temeraria. Zadig un antieroe, perch in fondo per Voltaire
leroe di una vicenda rimane un personaggio diverso, chiuso
in un mondo che non lo lascia respirare, lo invecchia, e gli
inocula funeste e letali passioni: il mondo di Racine, lo
scrutatore dellanima umana. Il mondo dove le passioni si
trasmettono come lente malattie ereditarie, febbri che
scuotono i cadaveri del potere massimo, addobbati
lugubremente da trionfatori; il mondo dei nati-vecchi, a
ripetere i gesti dei loro antenati, chiusi nella stessa gabbia, la
corte. Anche Zadig uomo di corte; neppure Voltaire ha
ancora compiuto il grande passo. Espulso dalla corte, Zadig
vi ritorna alla fine, da trionfatore; non si pu immaginare
per lui un lieto fine diverso. Questo il suo paradosso come
personaggio: egli ha tutte le qualit che mancano ai
cortigiani, schietto, leale, generoso, eppure gravita nel loro
stesso ambiente, e uscire da quel mondo rappresenta un
esilio. Poco pi di dieci anni dopo, allepoca di Candide, la
propriet da coltivare alluder al dominio di Fernay e alla
nuova vita di patriarca rurale che Voltaire sta per
cominciare; la corte, almeno quella di Francia, sar lasciata
alle spalle.
Quasi per necessaria e doverosa esperienza, Zadig cerca
dapprima la felicit in amore; e dallamore riceve le prime
delusioni. Smire, la giovane cortigiana, poi Azora, la
citoyenne (prima smagliatura nel mondo chiuso della
corte), che egli sposa per poi ripudiare, lo deludono
profondamente; tutte e due si rivelano incostanti, leggere,
insomma incapaci di apprezzarlo. Finch egli non decide di
rinunciare alla vita coniugale, appena sperimentata, e di
ritirarsi in solitudine, per cercare la felicit nello studio della
natura, a esaminare le propriet degli animali e delle piante.
E infatti Zadig si rifugia nella natura con spirito
prerousseauiano: per trovare la pace e per studiare le erbe.
Solo che Voltaire non Rousseau, e invece della felicit
Zadig finisce con lo scoprire un metodo. Lepisodio della
cagna e del cavallo loccasione per esibire un vero e
proprio virtuosismo di capacit induttive. A corte
ricominciano a prenderlo in considerazione; malgrado gli
sforzi dei suoi nemici, il re e la regina lo guardano con
occhio nuovamente benevolo. Zadig portato ancora a
credere nella felicit; se gli altri capiscono che egli degno
di essere felice, non ci sono pi ostacoli. La stima pubblica,
lonore meritato, diventano allora ingredienti indispensabili
per il bonheur. Quando Zadig riceve il premio della
generosit, esclama: Je suis donc enfin heureux. Quando
alla fine diventa re di Babilonia, Zadig sar re e sar felice.
soprattutto importante essere riconosciuti. Uno dei
capitoli pi romanzeschi del libro, quello dei duelli
(episodio ispirato da Ariosto, amatissimo dal Voltaire di
quegli anni), centrato sul tema dellarmatura-maschera che
nasconde lidentit dei duellanti, e sullo scambio delle
maschere stesse, per cui il cavaliere perdente usurpa i diritti
del vittorioso Zadig. Nellultimo capitolo, Zadig deve anche
risolvere degli enigmi, e viene quindi reintegrato nella sua
personalit di sapiente. Il fut reconnu roi dun
consentement unanime...
Il tema dellagnizione aveva dettato in precedenza il
momento patetico dellincontro con Astarte in riva al fiume,
mentre la giovane donna scrive i! nome di Zadig sulla
sabbia; segno che, accanto ad Ariosto, anche ricordi del
romanzo elegiaco-pastorale confluiscono nella memoria
dellautore. Eppure lepisodio ha un suo segreto lirismo,
mascherato, come spesso in Voltaire, dironia. Mentre le
damigelle cercano il fantomatico basilisco, onde guadagnarsi
le nozze con il signore Ogul, lautore ci tiene a precisare che
Astarte non cerca nulla: forse perch ha gi trovato qualcosa
di pi importante dello sposalizio regale.
Ma la strada verso il sognato riconoscimento, e verso la
felicit che ne consegue, disseminata di ostacoli che
Voltaire identifica, dallinizio alla fine, con lopera maligna
degli invidiosi. Dopo vari tentativi falliti (tra cui quello dei
versi contraffatti), i nemici di Zadig, che nel frattempo
diventato primo ministro, riescono a insospettire il re e a
ingelosirlo. Zadig fa appena in tempo a esclamare: Si jeusse
t mchant comme tant dautres, je serais heureux comme
eux, ed costretto a fuggire.
Che cosa lascia alle spalle questo primo ministro? Un vero
e proprio retaggio illuministico. Ha insegnato a preferire
lessere al parere, lo stile della ragione a quello della
retorica; a salvare un colpevole piuttosto che condannare un
innocente. Tutto un programma che Voltaire, praticamente
esiliato dalla corte nel momento in cui scrive Zadig, pensa
di avere ispirato alla cultura del suo tempo, pur
rammaricandosi di non averlo potuto portare pi a fondo.
Lideale di una repubblica di sapienti non estraneo a
questa rappresentazione di Zadig primo ministro; sintende
che un re deve comunque sussistere, fa parte della natura
stessa delle cose. Ma nel momento in cui viene espulso, che
cosa trova Zadig, e qual il suo rifugio? Come se uscisse di
casa, sopra di lui si spalanca il cielo della notte: Zadig
dirigeait sa route sur les toiles... E la pagina che segue la
pi poetica del romanzo, una di quelle pagine voltairiane
che dovettero piacere a Leopardi. Ma il suo significato
lontano non solo da quella che sar la considerazione
leopardiana delluniverso, ma anche dal messaggio
conclusivo di Candido, anni dopo. Lammirazione per
Newton sembra qui, per via inopinata, portare Voltaire
dritto fra le braccia di Pope e di Leibniz: luniverso segue
leggi generali e immutabili, e non pu certamente occuparsi
di tutti gli Zadig della terra. Il dolore di questultimo sembra
pi propriamente una specie di miopia; se gli occhi
guardano fin dove sanno guardare, alle stelle, tutto il resto
dimenticato.
Eppure, nella rappresentazione degli insetti umani che si
divorano, e dei pensieri di Zadig che tornano
immancabilmente alle private sventure, si gi incuneata la
resistenza di fondo che impedisce a Voltaire di accettare
davvero la dottrina dellarmonia universale: la quale
dovrebbe giustificare i mali individuali in nome di un bene
collettivo. Chi non leva lo sguardo alle stelle finisce col
restare terra terra; ma chi sale a quella altezza, sapr poi
valutare ogni cosa che succede qua in basso? Forse che il
dolore umano e il destino individuale non sono fatti che
appartengono alla realt? Micromegas dar una soluzione
singolare al problema, con lidea dei giganti che osservano
gli uomini, e possono capirne virt e debolezze; ma il cielo
di Zadig un orizzonte matematico, abitato da unarmonia
imperscrutabile. Col suo andare da Zadig alle stelle,
Voltaire sembra proporre una dialettica del problema; in
realt egli ondeggia, perplesso. Del resto, questo Voltaire:
potr esitare tra una posizione e laltra, ma non cercher di
mettere insieme gli opposti. Aspetta di poter scegliere; e,
con Candide, larmonia universale finir nei discorsi di
Pangloss, a seguire la sorte dogni altra metafisica.
Ma seguiamo il percorso di Zadig. In Egitto viene fatto
schiavo da un mercante arabo, Stoc, con il quale egli entra
in un rapporto da primo ministro privato. Gli insegna le
cose utili al commercio, le propriet dei metalli e quelle
degli animali. La passeggiata sotto le stelle, la tentazione
metafisica, non stata di lunga durata; gli eroi di Voltaire
sono ansiosi di tornare fra la gente. E se Zadig diventa
schiavo per eccesso di zelo nel difendere una fanciulla,
sfortunato paladino immemore di Don Chisciotte, diventa
emblematico il suo passaggio al servizio del borghese
esperto di traffici e bisognoso di consigli pratici. Zadig glieli
fornisce volentieri, ma non si accontenta di questo.
Contemplando la possibilit di esclusione definitiva dalla
vita di corte, disposto a trasferire i suoi talenti al servizio di
una nuova e intraprendente borghesia, egli non pensa che il
filosofo debba limitarsi a fare i conti dei suoi guadagni. Il
rapporto deve restare alla pari. Quindi, la lezione pi
importante di Zadig riguarda il falso culto delle stelle,
corpi come gli altri, immeritevoli di venerazione. Questa
educazione allilluminismo si amplia nel capitolo seguente
fino a comprendere la rete intera dei rapporti umani; la
grande famiglia cosmopolita che si riunisce a tavola,
saggiamente armonizzata da Zadig, lideale massimo della
funzione del filosofo secondo Voltaire: Vous tes donc tous
de mme avis, et il ny a pas l de quoi se quereller. E si
noti che Zadig non crede al gesto gratuito: alla fine, in
segno di gratitudine, tutti lo abbracciano.
Il tema delle stelle trova lapogeo parodico nel capitolo in
cui la giovane vedova Almona riesce a salvare Zadig dalla
vendetta dei preti (che lo odiano per ragioni soprattutto
venali, sottolinea Voltaire). Ella d appuntamento di stella
in stella a tutti i preti, i quali, da parte loro, le assicurano
che nessun astro vale le sue bellezze. Ma Zadig deve
nuovamente partire in esilio; e da questo momento
convinto che il destino gli profondamente ostile e trama
sempre ai suoi danni. Les sciences, les murs, le courage,
nont donc jamais servi qu mon infortune. Se anche
queste qualit portano alla sventura, non c da nutrire
fiducia. Il cielo ce lha con Zadig.
Soltanto lincontro con leremita fa cambiare idea al
nostro eroe. Costui gli dimostra che la Provvidenza esiste,
anche se gli uomini non se ne accorgono; che tutto
necessario sulla terra; che non bisogna piangere sulla morte
di un fanciullo perch da grande sarebbe forse stato un
criminale; e insomma, che non c male da cui non nasca un
bene. Leibniz e Pope riprendono il sopravvento: Faible
mortel! cesse de disputer contre ce quil faut adorer. Mentre
parla, leremita si tramuta in angelo e vola via, e Zadig non
fa in tempo a esternare i suoi dubbi. Torna a Babilonia come
un sonnambulo, risolve gli enigmi e viene fatto re, cosi si
mette a lodare il cielo. Tutto il finale assume i caratteri del
sogno e della favola.
Ma un problema ricomincia esattamente al punto
irrisolto; e il mais... di Zadig verr ripreso in varie tappe,
fino a culminare in Candide, dove Voltaire che dice mais...
al suo eroe, fino a convincerlo, e a farlo tacere. Zadig si
aspetta troppi compensi, troppo ansioso di gratificazione;
al momento di cambiar pelle e di passare dal ruolo di eterno
primo ministro (che valuta il proprio destino secondo il
riconoscimento che gli concesso) a quello di uomo davvero
indipendente e stranamente sereno (come sar Candido, alla
fine), Zadig si nasconde nella favola; che come dire che
non vuole pi saperne di tormentarsi. Nei difficili mesi in
cui scrive questa storia, Voltaire sente il bisogno non
soltanto di filosofare, ma anche di consolarsi. Ed unottima
consolazione pensare che il destino, da qualche parte,
prepari un lieto fine alle nostre vicende; anche se questa
speranza fa perdere lucidit. Infatti, mentre va a Babilonia,
Zadig descritto come fuori di se stesso, sembra camminare
a casaccio; e risolve degli enigmi di cui un tempo si sarebbe
burlato. Zadig stanco, Voltaire intuisce che bisogna dargli
il cambio; per il momento ne fa un re, e cosi lo mette in
pensione.
FRANCO FERRUCCI

Zadig o il destino
Storia orientale

Lettera dedicatoria di Zadig inviata da Sadi alla
Sultana Sheraa
(il giorno 18 del mese schewal. Anno 837 dellEgira)

O fascino degli occhi, assillo dei cuori, luce dello spirito,
non posso baciare la polvere dei vostri piedi perch movete
cos poco i passi o li movete sopra tappeti iranici o su petali
di rose. Vi offro la traduzione del libro dun antico sapiente,
che con la buona sorte dessere libero e senza impegni, ebbe
anche quella di passare suo tempo nello scrivere la storia di
Zadig: un lavoro che dice pi di quanto sembra. Vi chiedo il
favore di leggerlo e poi dirmi che ve ne pare: perch,
sebbene voi siate nella primavera della vita, circondata da
tutti i piaceri, avendo la bellezza e, oltre la bellezza, anche
lingegno; sebbene sentendovi ogni giorno continuamente
lodare potreste essere scusata se il buon senso vi
abbandonasse, siete nondimeno sensatissima e di gusto
finissimo. Ebbi occasione di udirvi discorrere pi
giudiziosamente che non i vecchi dervisci con la barba
prolissa e con il berretto a punta. Siete prudente, senza
ombra di diffidenza, dolce ma non debole; siete benefica, ma
con discernimento; amorevole con chi vi ama, aliena da
inimicizie. Il vostro spirito arguto non si compiace mai di
maldicenza; non dite e non commettete malvagit,
nonostante la straordinaria libert che vi data. Insomma la
vostra anima sempre mi apparsa pura come la vostra
bellezza. E siete persino padrona duna certa filosofia, che
minduce a credervi pi adatta di chiunque al piacere di
leggere questo lavoro dun uomo sapiente. Nella sua prima
stesura fu scritto nellantica lingua caldea, che n voi n io
capiremmo. Poi fu tradotto in lingua araba per diletto del
celebre sultano Ulugbeg. In quel tempo gli Arabi e i Persiani
incominciavano a scrivere le Mille e una notte, i Mille e un
giorno, eccetera. A Ulug piaceva leggere Zadig, ma le sultane
preferivano I mille e uno. Il buon Ulug domandava: Ma
come potete anteporre a Zadig dei racconti inconcludenti?
Proprio per questo ci piacciono, rispondevano le sultane.
Spero che voi non siate come quelle sultane, ma piuttosto un
vero Ulug. Spero perfino che quando sarete stanca di quei
discorsi generalizzanti, non troppo diversi da I mille e uno,
ma pi noiosi, potr avere un momento lonore di parlarvi
seriamente. Se voi foste stata, al tempo di Alessandro figlio
di Filippo, la regina Talestri; o, al tempo di Salomone, la
regina di Saba, non voi vi sareste messa in viaggio ma quei re
si sarebbero mossi verso di voi. Io prego le celesti virt che
vi diano soddisfazioni perfette, bellezza costante, infinita
felicit.
Sadi

Il cieco da un occhio
Al tempo del re Moabdar viveva in Babilonia un
giovanotto di nome Zadig. Aveva unindole buona, molto
bene educata. Quantunque ricco e giovane, egli non si
lasciava dominare dalle passioni, non si dava importanza,
non voleva avere sempre ragione, tollerava le debolezze
umane. Era cosa degna di ammirazione che egli nella sua
superiorit di spirito ascoltasse e non schernisse quel
chiacchiericcio frammentario e disordinato, quelle
imprudenti maldicenze e ignoranti asserzioni, e le
grossolane freddure e linconcludente frastuono parolaio,
che in Babilonia passavano per conversazione. Dal primo
libro di Zoroastro egli aveva imparato che lamor proprio
un pallone pieno di vento, se appena lo buchi sfiata
tempesta. E soprattutto non si vantava di vilipendere le
donne e di soggiogarle. Era danimo generoso, non temeva di
fare del bene aglingrati; in ci seguendo quel grande
precetto di Zoroastro: Quando mangi, da pure qualcosa ai
cani, anche se poi mordono. Egli era perfettamente
assennato, perch voleva vivere con gli uomini saggi. Dotto
nelle scienze degli antichi Caldei, conosceva tutto quanto a
quel tempo si sapeva sui principi fisici della natura, e della
metafisica conosceva tutto ci che in ogni tempo si saputo,
cio assai poco. Era assolutamente convinto che lanno
avesse trecento sessantacinque giorni e un quarto,
nonostante la nuova filosofia del suo tempo; e che il sole
fosse al centro delluniverso. Quando i maggiori magi, con
sprezzante alterigia lo accusavano di cattivi sentimenti e
dicevano che nel credere come il sole girasse su se stesso e
lanno fosse di dodici mesi, si era nemici dello stato, egli se
ne stava zitto senza mostrare corruccio n disdegno.
Zadig, perch provvisto di grandi ricchezze, e quindi di
amici, e con buona salute, simpatico aspetto, intelligenza e
spirito, sincerit e nobilt di cuore, pensava di poter essere
felice. Doveva sposare Semira, per belt, per famiglia, per
dote il migliore partito di Babilonia. Sentiva per lei un
onesto e sicuro affetto; e Semira a sua volta lamava
appassionatamente. Erano gi prossimi allavventurato
momento della loro unione e mentre passeggiavano insieme
verso una delle porte di Babilonia, sotto le palme che
adornavano la riva dellEufrate, ecco venire su di loro un
gruppo di uomini armati di sciabole e di frecce. Erano i
satelliti di Orcano, un giovanotto, a cui i cortigiani di un suo
zio, ministro, avevano messo in mente che qualunque cosa
gli fosse lecita. Non aveva nemmeno una delle grazie o delle
virt di Zadig; ma, persuaso della propria superiorit, era
pien di rabbia per non essere il preferito. Siffatta gelosia,
derivata soltanto dalla vanit, laveva convinto dessere
perdutamente innamorato di Semira. Voleva rapirla. I
rapitori lafferrarono, e nellimpeto della loro violenza la
ferirono, facendo cos sanguinare una persona che appena
vista avrebbe intenerito persino le tigri del monte Imaus. I
suoi lamenti salivano al cielo. Gridava: - O sposo mio caro,
mio adorato, mi strappano da te! - Non si curava del proprio
pericolo, pensava soltanto al suo caro Zadig. Costui, intanto,
la difendeva con tutte le forze del coraggio e dellamore. Con
il solo aiuto di due schiavi riusc a scacciare i rapitori e
riaccompagn a casa Semita. Era svenuta e coperta di
sangue, ma come riapr gli occhi e vide il suo salvatore,
disse: - O Zadig! Ti amavo come sposo, e adesso ti amo
perch mi hai salvato la vita e lonore Non vi fu mai persona
pi accorata di Semira. Mai bocca cosi seducente seppe
esprimere pi commoventi affetti con parole ardenti ispirate
dal sentimento delle pi grandi grazie ricevute e del pi
commosso entusiasmo per un tanto legittimo amore. La
ferita di lei risult leggera: guari rapidamente. Zadig era
stato colpito pi pericolosamente; una frecciata gli aveva
fatto una piaga profonda vicino allocchio. Semira implorava
gli dei per la guarigione dellinnamorato. Giorno e notte
aveva gli occhi pregni di lacrime; non aspettava altro
momento che quello in cui gli occhi di Zadig potessero
rallegrarsi nel vedere gli sguardi di lei; ma sopravvenne un
ascesso allocchio ferito, e si temette il peggio. Si mand a
chiamare il famoso dottor Ermete, di Menfi; che giunse con
il numeroso suo seguito. Visit linfermo e dichiar che
avrebbe perduto locchio; precisando addirittura il giorno e
lora del funesto evento. - Se fosse stato locchio destro, -
disse, - lavrei guarito; ma le ferite allocchio sinistro sono
incurabili -. Tutti i cittadini di Babilonia, compiangendo la
sorte di Zadig, ammirarono la profondit della scienza
dErmete. Due giorni dopo, lascesso si sgonfi di per s.
Zadig risan perfettamente. Ermete compose un libro per
dimostrare che quellocchio non sarebbe dovuto guarire.
Zadig non lo lesse; ma appena fu in grado di uscir di casa, si
accinse a fare visita a colei che rappresentava la speranza
duna vita felice e che era la sola donna per la quale egli
desiderasse davere gli occhi. Semira, da tre giorni, era in
campagna. Zadig, cammin facendo, venne a sapere che la sua
bella dama, dopo aver dichiarato una invincibile antipatia
per i monocoli, sera ormai sposata, proprio quella notte, con
Orcano. A tale annunzio, Zadig svenne; il dolore lo port
vicino a morte, sullorlo della tomba; ebbe una lunga
malattia; ma infine la ragione vinse lafflizione e la stessa
atrocit della propria esperienza contribu a consolarlo.
- Poich ho provato, - disse, - la crudelt e il capriccio duna
ragazza educata tra i cortigiani, bisogna che io sposi una
semplice cittadina Scelse Azora, la pi sensata e pi distinta
ragazza della citt. La spos e trascorse con lei un mese nella
soavit della pi tenera concordia. Si accorse soltanto di
qualche leggerezza in lei e di una forte inclinazione a
credere sempre che i giovanotti pi belli avessero anche la
maggiore intelligenza e le migliori virt.

Il naso
Un giorno Azora torn dal passeggio in grande corruccio e
con grandi grida di stupore. - Che c, - domand Zadig, -
sposa mia cara? Chi tha fatto arrabbiare cosi? - Ah! - disse
lei, - saresti anche tu come me, se avessi visto pure tu lo
spettacolo cui sono stata presente poco fa. Ero andata a
consolare Cosru, la vedovella che da due giorni ha fatto
costruire una tomba al giovane suo sposo, proprio sulla
sponda del ruscello qui in fondo al prato. Ispirata dal dolore
ella ha giurato agli dei di rimanere presso la tomba fino a
quando lacqua del ruscello scorrer l vicino. - Ebbene, -
disse Zadig, - davvero una donna degnissima, davvero ella
amava il marito! - Ah, - continu Azora, - se tu sapessi che
cosa stava facendo, proprio quando io giunsi da lei! - Che
cosa, mia bella Azora? - Faceva deviare il ruscello -. Azora si
profuse in invettive talmente prolisse, proruppe in
riprovazioni talmente violente contro la vedovella, che tutto
quello sfoggio di virt non piacque molto a Zadig.
Egli aveva un amico, Cador, uno di quei giovanotti che
Azora giudicava pi onesto e pi meritevole degli altri. Zadig
gli confid una sua intenzione e con un grosso donativo si
assicur, per quanto era possibile, della sua segretezza.
Azora, dopo aver trascorso due giorni con una sua amica in
campagna, torn a casa.
I domestici piangendo le dissero che suo marito era morto
allimprovviso, la notte precedente, e che non avevano avuto
il coraggio di portarle la ferale notizia e che avevano or ora
seppellito Zadig nella tomba di famiglia, in fondo al giardino.
Ella pianse, si strapp i capelli, giur di morire. La sera,
Cador chiese di poterle parlare e piansero tutti e due.
Lindomani piansero un po meno e pranzarono insieme.
Cador le confid che lamico suo gli aveva lasciato la maggior
parte delleredit e le fece capire chegli sarebbe stato ben
lieto di dividere la propriet con lei. La donna pianse, si
mostr offesa, si mostr comprensiva; la cena fu un po pi
lunga del pranzo; la conversazione divent pi confidenziale;
Azora fece lelogio del defunto; ma non nascose chegli aveva
qualche difetto da cui Cador era immune. Mentre cenavano
Cador si lament dun violento dolore alla milza; la donna,
agitata e premurosa, si fece portare tutte lessenze che usava
come profumi, sperando di trovarne una che giovasse contro
il mal di milza; le dispiacque molto che il grande Ermete non
fosse rimasto a Babilonia, si degn persino di tastare il punto
in cui Cador sentiva cosi acuti dolori.
- Ma di questo male soffrite sovente? - gli chiese con
compassione. - Qualche volta mi getta sullorlo della tomba,
- le rispose Cador. - Un solo rimedio potrebbe darmi
sollievo: mettere, sopra la parte dolente, il naso dun uomo
morto da un giorno. - Ma che strano rimedio! - disse Azora. -
Non pi strano, - rispose lui, - dei sacchetti che il signor
Arnu adopera contro lapoplessia -. Questa spiegazione e le
straordinarie qualit del giovanotto fecero decidere la donna.
- In fin dei conti, - disse, - quando mio marito sar sul ponte
Sinavar per passare dal mondo di ieri al mondo di domani,
langelo Asraele gli impedir forse il transito soltanto perch
il naso nella seconda vita sar un po meno lungo che nella
prima? - Azora prese dunque un rasoio e and alla tomba
dello sposo, la bagn di lacrime, vi si accost per tagliare il
naso di Zadig, chella trov lungo e disteso nel sepolcro.
Zadig si sollev tenendosi il naso con una mano e con laltra
mano fermando il rasoio. - Signora mia, - le disse, - non
inveire pi tanto contro la giovane Cosru: lintenzione di
tagliarmi il naso e quella di deviare un ruscello si
equivalgono bene.

Il cane e il cavallo
Zadig ebbe dunque la prova che il primo mese del
matrimonio, come sta scritto nel libro dello Zend, la luna
di miele e che il secondo mese della luna dassenzio. Poco
tempo dopo fu costretto a ripudiare Azora che sera resa
insopportabile, e cerc soddisfazione nello studio della
natura. - Non c pi grande soddisfazione, - diceva, - di
quelle dun filosofo che legga il grande libro posto da Dio
sotto i nostri occhi. Sono sue le verit chegli scopre, nutre
ed eleva lanima propria, vive tranquillo, non ha da temere
gli uomini, n la sposa tenerella che gli venga a mozzare il
naso.
Immerso in queste idee, si rifugi in una casa di
campagna, sulla riva dellEufrate. L non si affannava a
calcolare quanti pollici dacqua al secondo passino sotto gli
archi dun ponte, n se nel mese del sorcio cade un
centoquarantesimo quarto di pollice dacqua di meno che
nel mese del montone. Non si metteva in testa di ottenere
della seta con le tele di ragno, n della porcellana con i cocci
delle bottiglie; ma si applic allo studio degli animali e delle
piante, e non tard a scoprire sagacemente mille e mille
differenze in luogo della uniformit veduta dagli altri.
Un giorno, mentre passeggiava presso un boschetto, vide
arrivare un eunuco della regina, seguito da parecchi ufficiali
che sembravano molto inquieti e si sparpagliavano qua e l
come uomini turbati alla ricerca di qualche perduta
preziosissima cosa. - Giovanotto, - gli chiese il Primo
eunuco, - avete per caso veduto il cane della regina? - Zadig
con garbo rispose: - una cagna, non un cane. - vero, -
ammise il Primo eunuco. - una cagna piccolina, di razza
spagnuola, - aggiunse Zadig. - Ha da poco avuto i piccoli,
zoppica della gamba anteriore sinistra, e ha orecchie
lunghissime. - Lavete dunque vista? - disse il Primo eunuco
tutto ansante. - No, - rispose Zadig, - non lho vista mai, non
ho mai saputo se la regina possiede una cagna.
Proprio allora, per una delle solite bizzarrie della sorte, il
cavallo pi bello delle scuderie reali era sfuggito alla
custodia dun palafreniere nella pianura intorno a Babilonia.
Il Grande cacciatore e tutti gli altri ufficiali lo inseguivano
con la stessa ansiet del Primo eunuco che cercava la cagna.
Il Grande cacciatore si rivolse a Zadig domandandogli se
aveva veduto passare quel cavallo del re. Zadig rispose: - il
cavallo pi bravo di tutti al galoppo, alto cinque piedi, di
zoccoli molto piccoli; ha una coda lunga tre piedi e mezzo;
le due borchie del suo morso sono doro a ventitr carati, i
ferri dargento di duecentosessantaquattro grani. - Che
direzione ha preso? Dov andato? - domand il Grande
cacciatore. - Non lho mica visto, - rispose Zadig, - non ne
ho mai sentito parlare.
Il Grande cacciatore e il Primo eunuco pensarono,
senzalcun dubbio, che Zadig aveva sottratto il cavallo del re
e la cagna della regina; lo fecero trascinare davanti
allassemblea del Grande Desteram che lo condann a essere
frustato con lo knut e a finire i suoi giorni in Siberia. Era
appena pubblicata la sentenza che cavallo e cagna furono
ritrovati. I giudici dovettero rincresciosamente ma
necessariamente modificare la sentenza: ma condannarono
Zadig a pagare quattrocento once doro perch aveva
dichiarato di non aver visto ci che aveva visto. Prima di
tutto fu giocoforza pagare la multa; poi fu concesso a Zadig
di difendersi davanti al Consiglio del Grande Desteram.
Parl nei termini seguenti: - O stelle di giustizia, abissi di
scienza, specchi di verit, che avete il peso del piombo, la
durezza del ferro, la lucentezza del diamante e molta affinit
con loro! Poich mi concesso di parlare al cospetto di cos
illustre assemblea, vi giuro per Orosmada che non ho mai
visto la rispettabile cagna della regina e nemmeno il sacro
cavallo del re dei re. Udite quanto successo. Andavo a
spasso verso quel boschetto dove poi incontrai il venerando
Eunuco e lillustrissimo Gran Cacciatore. Vidi sulla sabbia le
impronte dun animale e capii facilmente che erano le orme
dun piccolo cane. Dai solchi lunghi e leggieri rimasti
impressi sui minimi rilievi della sabbia proprio tra le tracce
lasciate dalle zampe compresi che si trattava duna cagna con
le mammelle penzoloni per aver essa figliato da pochi giorni.
Altri segni tracciati in senso diverso ma anche sulla
superficie sabbiosa, lateralmente alle orme delle zampe
anteriori, mi dimostrarono che la cagna aveva molto lunghe
le orecchie, e poich osservai che una delle orme delle
zampe sulla sabbia risultava pi lieve delle altre, capii che la
cagna della nostra augusta regina zoppicava un poco, se ci
mi permesso dire. Per quanto riguarda il cavallo del re dei
re, sappiate che nella mia passeggiata nei cammini del bosco
maccorsi delle impronte dei ferri dun cavallo: erano tutte
equidistanti. Ecco, mi dissi, un cavallo dal galoppo
perfetto. Il polline caduto dagli alberi, in una viottola larga
soltanto sette piedi, a sinistra e a destra, a tre piedi e mezzo
dal centro, era un pochetto sollevato. Questo cavallo, mi
dissi, ha una coda lunga tre piedi e mezzo, che nella sua
altalena ora a destra ora a sinistra scop il polline. Vidi
pure, sotto gli alberi che con i loro rami formavano ima
galleria alta cinque piedi, delle foglie cadute da poco, e capii
che il cavallo aveva sfiorato quelle alte fronde, avendo
appunto una statura di cinque piedi. E perch il morso
devessere doro a ventitr carati? Perch con le borchie del
morso rasent una pietra di paragone e io potei farne il
saggio. Dalle tracce, poi, che i ferri del cavallo lasciarono su
sassi di altra specie mi risult che i ferri stessi erano
dargento di duecentosessantaquattro grani.
Tutti i giudici ammirarono il profondo e sottile
discernimento di Zadig; la cosa fu riferita persino al re e alla
regina. Nelle anticamere, nella camera regia, nel gabinetto
non si parlava daltri che di Zadig; e sebbene parecchi magi
pensassero che lo si dovesse bruciare come stregone, il re
diede lordine di restituirgli la multa di quattrocento once
doro cui era stato condannato. Cancelliere, uscieri,
procuratori andarono in gran pompa da lui per ridargli le
quattrocento once doro; ne trattennero solamente
trecentonovantotto per le spese del tribunale; e i servitori
pretesero la loro mercede. Zadig saccorse di quanto pericolo
potesse essere il troppo sapere, e giur che alla prossima
occasione non avrebbe detto pi nulla di quanto veduto.
Loccasione capit presto. Un prigioniero politico fuggi e
pass proprio sotto le finestre della casa di Zadig. Zadig,
interrogato, non disse verbo, ma gli dimostrarono chegli
aveva guardato dalle finestre. Per questa colpa fu
condannato alla multa di cinquecento once doro, e ringrazi
i giudici della loro clemenza, seguendo cos lusanza di
Babilonia. Gran Dio, - dissegli fra s, - come si devessere
compatiti quando ci succede di andare a spasso in un bosco
dove siano passati la cagna della regina e il cavallo del re! E
com pericoloso laffacciarsi alla finestra! Com difficile la
felicit in questa vita!

Linvidioso
Zadig mediante la filosofia e lamicizia volle consolarsi dei
danni avuti dalla sorte. In un sobborgo di Babilonia
possedeva una casa ammobiliata con buon gusto, piena delle
arti e delle attrattive adatte a un onestuomo. Al mattino la
sua biblioteca era aperta a tutti i dotti, la sera la sua mensa
era pronta per tutta la buona societ; ma presto scopr
quanto i dotti siano pericolosi. Sorse una grossa discussione
su una legge di Zoroastro che proibiva la carne di grifone. -
Come proibire la carne di grifone, - dissero alcuni, - se tale
animale non esiste?
Alcuni altri dissero: - Deve esistere dato che Zoroastro
proibisce di mangiarne.
Zadig cerc di metterli daccordo, dicendo: - Se i grifoni
esistono, non mangiamone; se non esistono ci sar
impossibile mangiarne e cos in un caso e nellaltro
ubbidiremo a Zoroastro.
Un dotto che aveva composto tredici volumi sulle qualit
del grifone, e per soprammercato era un grande teurgista
and subito ad accusare Zadig a un arcimago di nome Yebor,
chera il pi sciocco dei Caldei e perci il pi fanatico.
Costui per la maggior gloria del sole avrebbe fatto impalare
Zadig e poi completamente soddisfatto avrebbe recitato il
breviario di Zoroastro.
Lamico Cador (un amico vale certamente di pi che
cento preti) and in visita da Yebor, e gli disse:
- Viva il sole, vivano i grifoni! Badate bene di non punire
Zadig! un santo, alleva grifoni nella sua aia e non ne
mangia; il suo accusatore un eretico, uno sfrontato, osa
affermare che i conigli hanno la zampa fessa e non sono
immondi.
Yebor dondol con la sua testa calva e disse:
- Ebbene, bisogna impalare Zadig per i suoi cattivi
pensieri sui grifoni, e quellaltro per le sue cattive parole sui
conigli.
Cador riusc ad appianare la cosa per mezzo duna
donzella che egli aveva reso madre e chera molto accetta
nel collegio dei magi. Nessuno fu impalato, per cui parecchi
dottori criticarono la cosa e previdero la decadenza di
Babilonia. Zadig esclam: - Ma guardate da cosa dipende la
felicit! In questo mondo tutto mi contro, perfino gli esseri
inesistenti -. Mand alla malora i dotti e decise di vivere
soltanto con le compagnie spensierate.
Radunava in casa gli uomini migliori e le signore pi
amabili di Babilonia; offriva pranzi raffinati, per lo pi
preceduti da concerti musicali e animati da divertenti
conversazioni. Vi aveva escluso la mania di fare dello spirito
cio il modo pi sicuro di non averne e di annoiare la pi
briosa compagnia. Non faceva dipendere dalla vanit la
scelta degli amici o quella delle vivande; in ogni cosa
preferiva la sostanza allapparenza; cos si guadagnava la
stima pi sincera, senza pretenderla. Di rimpetto al suo
domicilio era la dimora di Arimaze, un tipo duomo che
nella fisionomia grossolana mostrava levidente riflesso
dunanima cattiva. Roso dal fiele e gonfiato dallorgoglio,
era per soprammercato un tediosissimo spiritoso. Non
avendo mai avuto successo, si vendicava dicendo male di
tutti. Quantunque ricco, stentava a raccogliere qualche
adulatore in casa. Gli dava fastidio il rumore delle carrozze
che di sera arrivavano alla dimora di Zadig, gli dava ancor
pi fastidio leco delle lodi a Zadig. Di quando in quando si
recava anche lui da Zadig, e si metteva a tavola senza essere
invitato: guastava tutta lallegrezza della compagnia, allo
stesso modo delle arpie che, a quanto si sa, infettano i cibi
che toccano. Un giorno volle dare un ricevimento in onore
duna signora, ma costei viceversa se ne and a pranzo da
Zadig. Un altro giorno, nel palazzo reale, egli e Zadig mentre
chiacchieravano, si avvicinarono a un ministro, il quale
invit a pranzo proprio Zadig e non lui. Spesso gli odi pi
implacabili non hanno fondamento pi importante di simili
quisquilie. Ebbene, questo tipo che in Babilonia era
soprannominato linvidioso si mise in testa di rovinare
Zadig perch era soprannominato il felice. Loccasione di
danneggiare capita cento volte al giorno, quella di far del
bene una volta allanno: un detto di Zoroastro. Linvidioso
si rec da Zadig che passeggiava nei giardini in compagnia di
due amici e duna signora, a cui diceva via via gentili frasi
galanti, per il solo motivo di dirle. La conversazione verteva
su una guerra che il re aveva appena conchiusa
vittoriosamente contro il principe dIrcania, suo vassallo.
Zadig che in quella breve guerra sera distinto assai per
bravura, faceva le lodi del re, e ancor di pi le lodi della
signora. Prese il suo taccuino e scrisse quattro versi
improvvisati, porgendoli poi in lettura alla graziosa signora.
Gli amici chiesero il favore di leggerli anche loro; per
modestia o, piuttosto, per ben inteso amor proprio egli
ricus. Sapeva bene che i versi estemporanei sembrano belli
soltanto per la persona cui sono dedicati; strapp in due
pezzi il foglio del taccuino su cui li aveva scritti e li gett in
mezzo a un roseto, dove furono cercati senza successo.
Quindi si mise a piovigginare e la compagnia entr in casa.
Linvidioso, rimasto in giardino, cerc finch riusc a trovare
un mezzo foglietto. Risultava stracciato in modo da
contenere esattamente quattro mezzi versi, che parevano
metricamente finiti nella loro brevit; e per caso ancor pi
strano avevano un significato di terribili insulti al re. Si
leggevano cos:
Nei misfatti pi brutti reso
il trono pi saldo tra la pace
di tutti lunico ribaldo
Linvidioso si senti felice per la prima volta della vita.
Teneva tra le mani ci che bastava alla rovina duna persona
affabile e per bene. Pieno di gioia crudele mand subito al re
quella satira scritta di pugno di Zadig. Lui, i due amici suoi,
e la signora furono incarcerati. Gli si fece processo
senzaltro, senza nemmeno concedergli dessere ascoltato.
Quando fu condotto a udire la sentenza di condanna,
linvidioso si colloc sul passaggio di lui e a voce alta gli
disse che i suoi versi non valevano niente. Zadig non aveva
la pretesa dessere un bravo poeta; ma non poteva capacitarsi
della condanna come reo di lesa-maest e di sapere in
carcere la bella signora e i due amici per un delitto non
commesso. Non gli fu concesso di parlare; parlava per lui il
foglietto del suo taccuino. La legge di Babilonia era cos. Lo
si trascin verso il supplizio passando in mezzo a una folla di
curiosi: nessuno osava compassionarlo, tutti accorrevano a
scrutare la sua fisionomia, per osservare se sarebbe morto
con dignit. Soltanto i suoi parenti si mostravano rattristati,
dato che non avrebbero avuto leredit. I tre quarti delle sue
ricchezze venivano confiscati a favore del re, il restante
quarto a favore dellinvidioso.
Proprio mentre egli si preparava alla morte il pappagallo
del re vol via dal balcone, e capit nel giardino di Zadig,
sopra un roseto. Una pesca era caduta l da un albero
scrollato dal vento, era finita su un foglietto di taccuino,
quasi incollandolo. Luccello prese pesca e foglietto e li port
sulle ginocchia del monarca. Il principe, incuriosito, vi lesse
delle parole che parevano senza senso, ma con le rime. Gli
piaceva la poesia, e con i principi cui garba la poesia, pu
sempre esserci qualche scampo: il caso del pappagallo lo fece
riflettere. La regina, ricordandosi di quanto era stato scritto
su quel foglietto di Zadig, si fece dare questaltro foglietto. I
due pezzi di carta, accostati, combaciavano perfettamente. Si
lessero perci i versi al modo in cui Zadig li aveva composti:
Nei misfatti pi brutti vidi fosca la terra,
reso il trono pi saldo e il re dominatore;
tra la pace di tutti solo Amore fa guerra:
lunico ribaldo che ci arrechi timore.
Il re diede ordine di portar subito davanti a s Zadig, e di
liberare dal carcere i due amici e la bella signora. Zadig si
prostr, faccia a terra, davanti al re e alla regina: chiese
umilissimamente scusa di aver composto dei brutti versi.
Parl talmente con garbo, con spirito e con assennatezza che
il re e la regina desiderarono rivederlo. Ritorn ed ebbe
nuovo e miglior successo. Gli furono assegnate tutte le
sostanze dellinvidioso che laveva accusato a torto; ma
Zadig le restitu a lui e linvidioso fu solamente commosso
dal piacere di non perdere le proprie sostanze.
La stima del re verso Zadig crebbe ogni giorno di pi. Lo
voleva partecipe di tutti i divertimenti, lo consultava in tutti
gli affari. La regina dallora in poi lo consider con una
compiacenza che sarebbe potuta diventare rischiosa per lei,
per il re suo augusto sposo, per Zadig e per il regno. Zadig
incominciava a credere che non poi cosa troppo difficile il
sentirsi felici.

I generosi
Venne il tempo duna grande festa quinquennale. Era una
tradizione di Babilonia questa di proclamare solennemente
ogni cinque anni quale cittadino avesse compiuto lazione
pi generosa. Gli uomini pi autorevoli e i magi fungevano
da giudici. Il Satrapo maggiore, governatore della citt,
esponeva le pi belle azioni avvenute durante il suo governo.
Si passava ai voti e il re dava il giudizio definitivo. A questa
festa solenne venivano spettatori dalle pi lontane terre. Il
vincitore riceveva dalle mani del sovrano una coppa doro
ornata di gemme, e il re pronunziava le parole seguenti:
Accogli questo premio della generosit, e gli dei mi
concedano molti altri sudditi simili a te.
Nel giorno memorabile, dunque, il re si assise sul trono,
circondato dalle autorit, dai magi e dai rappresentanti di
tutte le nazioni presenti a quelle gare nelle quali si
guadagnava la gloria non con la sveltezza dei cavalli, non con
la vigoria dei corpi, ma con la virt.
Il Satrapo maggiore rifer ad alta voce i fatti che potevano
procurare inestimabile premio ai loro autori. Non disse nulla
della grandezza danimo di Zadig nel restituire allinvidioso i
beni della fortuna: non era un atto meritorio del premio.
Espose prima degli altri lazione di un giudice che, dopo
aver condannato in un importante processo un cittadino per
un equivoco di cui non era assolutamente responsabile, gli
aveva dato tutta la propria ricchezza, corrispondente, come
valore, a quella perduta dallimputato. Present quindi un
giovane, che estremamente innamorato duna ragazza, e in
procinto di sposarla, laveva lasciata a un amico disposto a
morire per lei; non solo, le aveva anche fatto avere una dote.
Poi fece venire un soldato che durante la guerra dIrcania
aveva dato una prova, ancor pi grande, di generosit.
Soldati nemici gli rapivano la sua bella ed egli la difendeva,
ma gli vennero a dire che altri soldati dIrcania non lontano
di li erano sul punto di rapire sua madre. Si precipit a
salvare la madre, poi torn verso il suo amore: era
moribonda. Voleva uccidersi. La madre gli ramment chegli
per lei era lunico aiuto, ed egli ebbe la forza danimo di
sopportare la vita. I giudici propendevano per lesempio del
soldato. Il re si pronunzi e disse:
- Bellesempio questo del soldato, belli anche quelli degli
altri; ma non mi meravigliano; ieri Zadig ha dato un esempio
che mi ha stupefatto. Da qualche giorno era in disgrazia
presso di me Careb, mio ministro e mio favorito. Mi
lamentavo acerbamente di lui, e tutti i cortigiani mi
dichiaravano chio ero fin troppo benigno; gareggiavano
nello sparlare di lui. Chiesi a Zadig il suo parere ed egli ebbe
il coraggio di parlarne bene. Confesso daver letto, nelle
nostre storie, di fatti esemplari: sbagli risarciti con denaro
proprio, sacrificio del proprio amore, con preferenza della
madre in confronto dellamante; ma non ho mai letto di un
cortigiano che abbia parlato in favore dun ministro caduto
in disgrazia e colpito dalla collera del suo sovrano. D
ventimila monete doro a ognuno degli autori delle azioni
generose citate or ora, ma d la coppa a Zadig.
- Sire, - gli disse Zadig, - soltanto la Maest Vostra
meritevole della coppa, per aver compiuto un atto inaudito,
poich essendo re, non vi siete offeso contro il vostro schiavo
contraddicente la passione del Vostro animo.
Si ammir tanto il re quanto Zadig. Il giudice che aveva
ceduto la propria ricchezza, linnamorato che aveva lasciato
la propria fidanzata in isposa allamico, il soldato che aveva
preferito salvare la madre piuttosto che la donna amata,
ricevettero i regali del monarca; e i loro nomi furono scritti
sul libro dei generosi. Zadig ebbe la coppa. Il re ebbe la fama
di buon principe, ma non la conserv molto a lungo. Quella
giornata fu celebrata con festeggiamenti assai pi prolungati
del lecito. NellAsia ne hanno ancora adesso memoria. Zadig
diceva: - Sono finalmente felice -. Ma silludeva.

Il ministro
Il re aveva perduto il primo ministro. Scelse Zadig per
ricoprire quelluffizio. Le belle signore di Babilonia,
allunanimit, applaudirono a tale scelta: non si era mai visto,
infatti, dallinizio dellimpero, un ministro cos giovane. I
cortigiani ne ebbero dispiacere; linvidioso sput sangue e il
suo naso gonfi in modo prodigioso. Zadig dopo aver
ringraziato re e regina and a ringraziare anche il pappagallo.
- Uccello bello, - gli disse, - tu mi hai salvato la vita e
mhai fatto primo ministro; la cagna e il cavallo delle Loro
Maest mi avevano assai danneggiato, ma tu mi hai
beneficato. Ma guarda un po da cosa dipendono i destini
umani! Per una fortuna cos stramba potrebbe svanire in
fretta.
Il pappagallo rispose: - S...
Questa sillaba colp Zadig; tuttavia, essendo egli un bravo
scienziato e non credendo che i pappagalli avessero virt
profetiche, si rasseren e si mise a esercitare il proprio
ministero con diligenza.
Fece in modo che tutti sentissero il sacro potere delle
leggi ma non il peso della sua dignit ministeriale. Non
soppresse i pareri del Divano, e ogni visir poteva avere la
propria opinione senza offenderlo. Nel giudicare una causa
non lui ma la legge era giudice; e se la legge era troppo
severa egli lalleviava; e quando mancavano leggi ne
pronunziava di cosifatte che sembravano dettate da
Zoroastro.
Tutte le nazioni devono a lui il seguente dettame:
meglio correre il rischio di salvare un colpevole piuttosto di
condannare un innocente. Pensava che le leggi dovessero
aiutare i cittadini e nello stesso tempo intimorirli. Il suo pi
acuto studio era di illuminare la verit che tutti gli altri
vorrebbero oscurare.
Si applic a questo studio fin dai primi giorni del suo
governo. Un famoso commerciante babilonese era morto
nellIndia. Aveva lasciato eredi i due figli in parti uguali. La
figlia di lui era gi maritata; ed egli aveva anche lasciato una
somma di trentamila monete doro da consegnare al figlio
che fosse giudicato pi affezionato a lui. Il figlio pi vecchio
gli innalz un monumento funebre, il pi giovane accrebbe
la dote della sorella con una parte della propria eredit. La
gente diceva: - Il figlio pi vecchio era pi affezionato al
padre, il giovane lo di pi alla sorella. Le trentamila monete
doro spettano al maggiore.
Zadig l chiam a s uno per volta. Disse al pi vecchio: -
Tuo padre non morto, guarito della recente malattia, egli
torna a Babilonia.
- Sia lodato Iddio, - rispose il giovanotto, - ma il
monumento funebre so io quanto m costato!
Zadig ripet poi la notizia al figlio pi giovane.
- Sia lodato Iddio, - rispose, - restituir tutto a mio padre,
ma vorrei che lasciasse a mia sorella quanto le ho dato.
- Non restituirai niente, - disse Zadig, - e avrai anche le
trentamila monete, perch sei tu il pi affezionato a tuo
padre.
Una ragazza, molto ricca, sera promessa in matrimonio a
due magi, e dopo aver ricevuto per qualche mese
glinsegnamenti delluno e dellaltro, si ritrov incinta. Tutti
e due i magi volevano sposarla: - Accetter per marito, -
disse lei, - quello di voi due che mi ha messo in condizione di
dare un nuovo cittadino allimpero.
- Sono io, - dichiar uno dei due, - io ho compiuto
questopera buona buona.
- Io, io ebbi questo onore! - dichiar laltro.
- Ebbene, - fece ella, - sono pronta a riconoscere come
padre del mio bambino quello di voi che sapr dargli la
migliore educazione.
Partor un maschio. Luno e laltro mago volevano
allevarlo. La disputa fu portata davanti a Zadig, che chiam i
due magi.
- Che cosa insegnerai al tuo pupillo? - chiese al primo.
Quel dotto rispose:
- Gli insegner le otto parti del discorso: dialettica,
astrologia, demonomania, lessenza della sostanza e
dellaccidente, lastratto e il concreto, le monadi e larmonia
prestabilita.
- Io, - disse laltro, - cercher di farlo crescere giusto e
degno di avere amici.
Zadig sentenzi: - Padre o non padre del piccolo, tu
sposerai sua madre.


Contrasti di opinioni e udienze
In questo modo egli palesava ogni giorno la sottigliezza
del proprio talento e la bont dellanimo. Lo ammiravano, e
insieme lamavano. Era considerato come il pi fortunato
degli uomini; tutto limpero era pieno del suo nome, tutte le
donne lo adocchiavano, i cittadini lodavano al cielo la sua
giustizia, i dotti lo ascoltavano come un oracolo; persino i
poeti ammettevano che la sapeva pi lunga del vecchio
arcimago Yebor. Quanto era ormai distante il processo per i
grifoni! Si dava credito soltanto a ci chegli credeva.
In Babilonia da ben millecinquecento anni durava una
grande disputa che divideva in due accanite sette limpero.
Una setta asseriva che non si doveva mai entrare nel tempio
di Mitra fuorch con il piede sinistro; i partigiani dellaltra,
aborrendo da tale usanza, non entravano se non con il piede
destro innanzi. Si aspettava il giorno della solenne festa del
fuoco sacro per sapere quale setta sarebbe stata la favorita di
Zadig. Tutta la gente fissava con gli occhi i piedi di lui, tutta
la citt era in agitazione e in attesa. Zadig pass la soglia del
tempio con un salto a piedi giunti; e dimostr poi, con un
eloquente discorso, che il Dio del cielo e della terra,
imparziale con tutti, non sta a badare pi a una gamba che
allaltra.
Linvidioso e sua moglie affermarono che nel discorso di
Zadig non vi erano abbastanza metafore, non aveva
abbastanza avviato a danza le montagne e le colline.
Dicevano: - arido, senza brio intellettuale; con lui il mare
non fugge, le stelle non cadono, il sole non si liquefa come la
cera; egli non conosce il bello stile orientale Zadig si
accontentava di usare lo stile della ragione. Tutti lo
approvarono, non perch fosse sulla retta via, non perch
fosse razionale, non perch amabile, ma perch era il primo
ministro. Concluse anche bellamente la grande controversia
tra i magi bianchi e i magi neri. I bianchi consideravano
empiet il volgersi verso loriente invernale, nelle preghiere
a Dio. I neri asserivano che Dio aveva in abominazione le
preghiere di coloro che si volgevano verso loccidente estivo.
Zadig diede lordine di volgersi di libera scelta.
Trov anche il modo di sbrigare al mattino tanto gli affari
particolari quanto quelli generali; il rimanente del giorno
sinteressava degli abbellamenti di Babilonia; faceva
rappresentare tragedie a cui si piangeva, commedie a cui si
rideva, cose cadute in disuso da molto tempo e chegli rimise
in onore perch dotato di buon gusto. Non si dava laria di
sapere di pi degli artisti, anzi li premiava con benefici e
onori, senza essere segretamente geloso dei loro talenti. Di
sera era la miglior distrazione per il re e soprattutto per la
regina. Il re diceva: - Che grande ministro! - E la regina: -
Che ministro simpatico! - E tutti e due insieme:
- Che danno se fosse stato impiccato!
Non sera mai dato il caso dun uomo di cos alto grado
costretto a concedere tante udienze alle signore. Per lo pi
coteste signore andavano da lui per parlargli daffari
inesistenti, ma per averne uno con lui. La moglie
dellinvidioso fu tra le prime a presentarsi; gli giur per
Mitra, per Zend-Avesta, e per il fuoco sacro chella aveva
detestato il modo di fare del proprio marito; gli confid pure
che il marito era un geloso, un uomo brutale; gli lasci
capire che gli dei punivano tale marito privandolo di quel
fuoco sacro che solo pu rendere gli uomini simili agli dei
immortali; infine ella lasci scivolare la propria giarrettiera.
Zadig, con normale cortesia, la raccatt, senza tuttavia
riallacciarla alla gamba della signora; e questa piccola
noncuranza, se possiamo chiamarla cos, fu motivo di
orribili sventure. Zadig nemmeno ci pens, ma la signora si,
e molto.
Altre signore, ogni giorno, si presentavano alludienza. Gli
annali segreti di Babilonia affermano chegli una volta non
resistette alla tentazione, ma che fu stupito di fruirne senza
volutt, e di avere distrattamente tra le braccia unamante.
Colei alla quale, quasi senzaccorgersene, diede prova di
benevolenza era una ancella della regina Astarte.
Questaffettuosa babilonese, per consolarsi diceva tra s: Un
siffatto tipo duomo deve avere la testa prodigiosamente
piena di affari, dato che li rimugina anche mentre fa
lamore. In queglistanti in cui molti non pronunziano
sillaba, o alcuni dicono soltanto parole ispirate, a Zadig
sfuggi questo grido improvviso: - La regina! - Alla
babilonese sembr allora che egli fosse ritornato in s al
momento buono e che le dicesse mia regina! ma Zadig
ancora completamente distratto pronunci il nome di
Astarte. La donna, in quegli avventurati frangenti,
interpretando ogni cosa per s, simmagin che intendesse
dire tu sei pi bella che la regina Astarte. Usci dal palazzo
di Zadig con dei bellissimi regali. And a raccontare
lavventura allinvidiosa, sua amica intima, che si senti
terribilmente offesa per non essere stata preferita. - Vedi
questa giarrettiera? - disse. Non si nemmeno degnato di
allacciarmela; non ladoperer pi! - Oh oh, - la fortunata
disse allinvidiosa, - porti lo stesso modello di giarrettiera
della regina. Le compri dalla stessa modista? - Linvidiosa
medit profondamente, non rispose e se ne and a chiedere
consiglio al marito, linvidioso. Intanto Zadig si accorgeva di
soffrire sempre di distrazioni durante ludienza e nei giudizi
delle cause; non se ne capacitava, era l'unico suo cruccio.
Fece un sogno: gli pareva dessere coricato dapprima sopra
lerbe secche, e qualcuna pi pungente lo molestava; poi
riposava morbidamente su un letto di rose, da cui per
usciva una serpe che lo feriva al cuore con la lingua aguzza e
velenosa. Ahi, - si diceva, - sono stato a lungo disteso su
erbe secche e pungenti, ora sono su un letto di rose; ma chi
sar la serpe?

La gelosia
La disgrazia di Zadig sorse proprio dalla sua fortuna e
principalmente dal suo merito. Ogni giorno aveva degli
abboccamenti con il re e con laugusta sposa Astarte.
Le seduzioni della sua conversazione erano raddoppiate
dal desiderio di piacere, cosa che ravviva il brio
dellintelligenza come un abbigliamento ravviva la bellezza.
La sua giovinezza e le sue attrattive provocarono via via in
Astarte unimpressione di cui ella suglinizi non si accorse.
La passione di lei cresceva nel grembo dellinnocenza.
Astarte senza scrupolo e senza timore cedeva al piacere di
vedere e di ascoltare una persona cara al suo sposo e allo
stato; ella ne ripeteva continuamente gli elogi al re, ne
parlava alle sue ancelle, che ancor di pi lo lodavano; tutto
concorreva a infggere nel suo cuore il dardo che non
sentiva. Faceva a Zadig dei regali pi galanti di quanto ella
pensasse; credeva di parlare a lui soltanto come regina
soddisfatta degli uffizi di lui, e qualche volta le sue
espressioni manifestavano la donna affettuosa.
Astarte era molto pi bella di quella Semira che aveva
tanto in antipatia i ciechi da un occhio, e pi bella assai di
quellaltra donna che voleva mozzare il naso allo sposo. La
confidenza di Astarte, le sue frasi di tenerezza di cui ella gi
incominciava ad arrossire, gli sguardi chella cercava di
nascondere, ma si fissavano sugli sguardi di lui, accesero nel
cuore di Zadig una fiamma di cui si stup. Lott, cerc aiuto
nella filosofia, che sempre laveva aiutato; ne ricav
solamente chiarezza, senza sollievo. Il dovere, la
riconoscenza, la lesa maest, gli apparivano come divinit
vendicatrici; lottava e riusciva a trionfare ma con una
vittoria che doveva essere rinnovata ad ogni istante e gli
costava gemiti e lagrime.
Non osava pi rivolgersi alla regina con quella dolce
libert che era stata cos attraente per tutti e due; gli occhi
suoi parevano appannati da una nuvola, le sue frasi stentate
e sconnesse; abbassava lo sguardo e quando, suo malgrado,
volgeva gli occhi agli occhi di Astarte, li vedeva umidi di un
pianto che per lui dardeggiava infiammando. Sembrava che
tra loro si dicessero: Ci adoriamo e abbiamo paura
damarci, bruciamo tutti e due in un fuoco che biasimiamo.
Zadig si congedava da lei smarrito, disfatto, con il cuore
oppresso da un peso insopportabile. Nella violenza della sua
agitazione lasci capire allamico Cador il proprio segreto
come colui che avendo contenuto a lungo gli assalti dun
acerbo dolore lascia finalmente conoscere il male con il
grido duna sofferenza pi acuta e con il sudore freddo di
cui madida la sua fronte.
Cador gli disse: - Avevo gi scoperto i sentimenti che tu
cerchi di celare a te stesso; le passioni si manifestano con
indizi infallibili. Caro Zadig, dato che io ho letto nel tuo
cuore, pensa un po se il re non sapr scoprirvi un
sentimento che loffende. Il re non ha nessun difetto,
fuorch quello dessere pi geloso di tutti. Tu ti opponi alla
passione con un vigore che la regina non ha, perch sei
filosofo e sei Zadig. Astarte donna; lascia che i suoi occhi
svelino con tanta imprudenza quanta la sua convinzione
dessere ancora incolpevole. Sfortunatamente rassicurata
dalla propria innocenza, non si cura delle indispensabili
apparenze.
Io tremo per lei finch non ha alcunch da rimproverarsi. Se
voi ve la intendeste, potreste ingannare tutti gli sguardi; una
passione nascente e combattuta esplode, un amore
soddisfatto riesce a celarsi.
Zadig ebbe un fremito alleventualit di tradire il re, suo
benefattore; mai si era sentito cos fedele al principe come
ora, colpevole verso di lui duna colpa involontaria.
Ma intanto la regina nominava cos sovente Zadig, la
fronte le si copriva talmente di rossore quando lo nominava
e, quando parlava a lui di fronte al re, ella era cos animata o
cos perplessa, rimaneva talmente pensosa quando egli era
uscito, che il re ne fu turbato. Credette tutto ci che vedeva
e immagin tutto ci che non vedeva. Soprattutto osserv
che le pantofole di sua moglie erano aguzze e quelle di Zadig
pure aguzze, i nastri di sua moglie gialli e il berretto di Zadig
giallo: per un sovrano cos fine glindizi erano terribili. Nel
suo spirito inasprito i sospetti si mutarono in certezza.
Gli schiavi dei re e delle regine stanno tutti quanti a
spiarne i cuori. Bast poco tempo per capire che in Astarte
vera tenerezza e in Moabdar gelosia. Linvidioso convinse
linvidiosa a fare avere la sua giarrettiera - cos
rassomigliante a quella della regina - al re. Per colmo di
sventura, era pure una giarrettiera azzurra. Il monarca non
pens pi ad altro che al modo di vendicarsi. Una notte
decise davvelenare la regina e di primo mattino far morire
Zadig con una corda al collo. Ne diede ordine a un eunuco
spietato esecutore delle sue vendette. In quella circostanza
nella camera reale vera un nanetto muto, ma non sordo. Lo
si lasciava sempre stare li, testimonio di ogni cosa pi
segreta, come un animale domestico. Il nanetto era
affezionatissimo alla regina e a Zadig. Ud, con sorpresa pari
allorrore, quellordine di duplice morte. Ma come poteva
egli precedere lordine spaventevole che doveva essere
eseguito entro poche ore? Non sapeva scrivere; ma aveva
imparato a dipingere, e - ci che pi valeva - riusciva assai
nelle rassomiglianze. Trascorse parte della notte ad
abbozzare ci che intendeva far capire alla regina. Il disegno
raffigurava il re incollerito, su un lato del quadro, mentre
dava ordine al suo eunuco; sulla tavola era un recipiente e
un laccio di corda, delle giarrettiere azzurre e dei nastri
gialli; in mezzo al quadro la regina morente tra le braccia
delle ancelle, e Zadig ai suoi piedi, strangolato. Allorizzonte
il sole nascente, per indicare che lorribile uccisione doveva
compirsi alle prime ore dellaurora. Il nanetto, appena ebbe
finito il suo lavoro, and di corsa da unancella di Astarte, la
svegli, le fece capire che era indispensabile portare subito
subito quel quadro alla regina.
Frattanto, nel pieno della notte, si buss alla porta di
Zadig; lo si svegli, per consegnargli un biglietto della
regina. Gli pare di sognare, apre la lettera con mani
tremanti. Quale sorpresa! E chi potrebbe esprimere la
costernazione disperata da cui fu colpito, nel leggere le
seguenti parole? Fuggi appena ricevi la presente, altrimenti
ti strappano dalla vita. Fuggi, Zadig, te lo comando nel nome
del nostro amore, e dei miei nastri gialli. Ero innocente, ma
sento che sto per morire peccatrice. Zadig ebbe a stento
voce per parlare. Ordin e fece venire Cador e senza dirgli
nulla gli porse il biglietto della regina. Cador lo costrinse ad
obbedire e a partire su due piedi alla volta di Menfi.
- Se ti arrischi dalla regina, - gli disse, - affretti la sua morte;
se vai a parlare al re, la perdi lo stesso. Io sparger la voce
che sei partito per le Indie. Verr presto a trovarti e ti
racconter ci che sar successo a Babilonia Cador,
senzaltro, fece arrivare due tra i pi svelti dromedari da
corsa, accanto a una porta segreta del palazzo; vi fece salire
Zadig, chera li l per svenire. Lo accompagnava un
domestico solo, e in breve Cador, attonito e addolorato,
perse di vista lamico.
Lillustre fuggiasco, giunto sulla sponda duna collina,
donde si vedeva Babilonia, volse lo sguardo sul palazzo della
regina, e perse i sensi. Rinvenne per piangere e lacrimare e
per invocare la morte. Infine dopo aver riflettuto sul
miserevole destino di chi era la pi amabile delle donne e la
prima delle regine del mondo, ebbe un momento di
riflessione su se stesso, ed esclam: - Che cosa mai la vita
umana? O virt! A che mi hai giovato? Due donne mhanno
indegnamente ingannato, la terza, innocente e pi bella di
tutte, vicina a morte. Tutto il bene che ho compiuto
sempre stato per me fonte di maledizione; sono stato
sollevato sulla vetta della grandezza soltanto per cadere nel
pi orrendo abisso della disgrazia. Se io fossi stato malvagio
come tanti lo sono, sarei, come loro, nella felicit! Accasciato
da questi pensieri funesti, con gli occhi oscurati da un velo
di dolore, con un pallore mortale sul volto, angosciato dalla
pi nera disperazione, seguit il suo cammino verso lEgitto.


La donna percossa
Zadig regolava il suo cammino con le stelle. La
costellazione dOrione e il brillante astro di Sirio lo
guidavano verso il polo di Canopo. Ammirava quegli
immensi globi di luce che agli occhi nostri appaiono
solamente come tenui scintille, mentre la terra che in verit
nella natura soltanto un impercettibile punto, per la nostra
cupidigia sembra unentit cos grande e cos nobile.
Immaginava allora gli esseri umani quali effettivamente
sono: insetti che si divorano, luno contro laltro, sopra un
menomo atomo fangoso. Tale immagine della realt riusciva
quasi ad annullare il pensiero delle sue disgrazie
mostrandogli la nullit del suo essere e di Babilonia. Lanima
sua si slanciava fino agli spazi infiniti e disgiunta dai sensi
contemplava limmutabile ordine dellinfinito. Ma dopo un
po, restituito a se stesso e rientrato nel proprio sentimento,
pensava che Astarte probabilmente per lui era morta,
luniverso svaniva dai suoi occhi ed egli in tutta la natura
vedeva soltanto Astarte morente e Zadig colpito dalla
sventura.
In balia del flusso e del riflusso della sublime filosofia e
del pi affliggente dolore, savvicinava alla frontiera
dellEgitto; e il suo fedele valletto entrava ormai nella prima
borgata per cercargli una dimora. Zadig frattanto faceva
qualche passo nei giardini intorno al villaggio. Non lontano
dallo stradale scorse una donna che piangeva e gridava
chiedendo aiuto al cielo e alla terra e dietro di lei un uomo
infuriato. Ecco, era raggiunta, e abbracciava le ginocchia di
quelluomo che la colpiva di busse e di rimbrotti. Dalla
violenza dellegiziano e dalle reiterate invocazioni di
perdono della donna, Zadig intu che luomo era un geloso e
laltra uninfedele; ma rimirando nella donna una
commovente bellezza e persino qualche rassomiglianza con
linfelice Astarte, si sent pieno di compassione per lei e di
ripugnanza per lui. - Aiuto! - grid tra i singhiozzi la donna,
rivolta a Zadig, - mi tolga dalle mani di questo barbaro tra i
barbari, mi salvi lei!
A questi strilli Zadig accorrendo sintromise tra lei e il
barbaro. Conosceva un po la lingua egiziana e cos si rivolse
alluomo: - Se lei ha un po di sentimento la scongiuro di
rispettare la bellezza e la fragilit. Ha il coraggio di offendere
questo capolavoro della natura che le sta ai piedi e non pu
difendersi altrimenti che con le lagrime? - Ah! Ah! - gli
rispose quel forsennato, - dunque ne sei innamorato anche
tu, su di te dunque mi vendicher -. Ci dicendo lascia la
donna che aveva gi afferrata per i capelli, e impugnata la
lancia fa per trafiggere lo straniero. Costui, non senza sangue
freddo, si scans facilmente dal colpo forsennato, e prese tra
le mani la lancia vicino al ferro della punta. Tirano tutti e
due, luno per trattenerla, laltro per strapparla, di modo che
la lancia si spezza. Legiziano sguaina la spada. Zadig tira
fuori la sua. Si azzuffano. Quello sferra un colpo dopo laltro,
a precipizio; questo li para con destrezza. La donna,
accoccolata sullerba, si ravvia i capelli e guarda. Legiziano
era pi vigoroso dellavversario, Zadig pi schermidore.
Questi si difendeva da uomo che sa guidare il braccio con
lintelligenza, quellaltro, tutta furia, era accecato dallira che
lo spingeva a movimenti incontrollati. Zadig gli addosso e
lo disarma; e mentre legiziano, ancora pi infuriato, vuole
spingersi su di lui, egli lo abbranca, lo preme, lo fa cadere e
gli mette la spada contro il torace. Gli salverebbe la vita, ma
legiziano fuor di s estrae il pugnale e ferisce Zadig
nellattimo stesso in cui il vincitore lo condonava. Allora
Zadig, sdegnato, gli immerge la spada nel petto. Legiziano d
un grido orrendo, e torcendosi muore. Zadig, ecco, savvicina
alla donna e sommessamente le dice: - Lho ucciso perch mi
ha costretto, lei vendicata, lei liberata dalluomo pi
violento che io abbia mai conosciuto. Adesso, signora mia,
che cosa vuole da me? -
- Che tu muoia, scellerato, - gli rispose colei, - hai ucciso
il mio amante, vorrei squarciarti il cuore.
Rispose Zadig: - Non c dubbio, signora mia, lei aveva
uno strano tipo per amante; la picchiava con tutte le forze e
voleva strapparmi la vita perch lei aveva implorato il mio
aiuto. - Vorrei che mi picchiasse ancora, - seguit la donna,
strillando. - Me lero meritato, lavevo ingelosito. Volesse il
cielo che egli mi picchiasse ancora e che tu fossi morto in sua
vece -. Zadig, sorpreso e incollerito come non gli era mai
successo, le disse:
- Signora mia, lei meriterebbe, quantunque cos bella, che
a mia volta io la picchiassi, talmente lei bizzarra; ma non
sar io a impicciarmene A questo punto, risal sul cammello
e si avvi verso il borgo. Sera appena incamminato e dovette
voltare il capo al rumore di quattro corrieri provenienti da
Babilonia. Arrivavano a corsa sfrenata. Uno dei quattro
scorgendo la donna grid: - lei, proprio lei, identica al
ritratto che ci hanno mostrato -. Non si curarono del morto e
simpossessarono senzaltro della signora. Ella gridava senza
fine a Zadig: - Aiutami ancora, o generoso straniero. Ti
chiedo perdono dessermi lamentata. Aiutami e sar tua fino
alla tomba.
Ma Zadig ormai aveva perso la voglia di combattere per
lei. - Cerca qualcun altro, - rispose, - non mi peschi pi -. E
poi era anche ferito, perdeva sangue, gli era necessario un
soccorso, e la presenza dei quattro babilonesi, probabilmente
mandati dal re Moabdar, lo preoccupava assai. Prosegu alla
svelta verso il villaggio, senza immaginare per qual motivo i
quattro corrieri babilonesi fossero venuti a prendere quella
egiziana, e soprattutto stupefatto per il carattere di quella
donna.

La schiavit
Appena entrato nella borgata egiziana, Zadig si vide
circondato dalla gente. Gridavano: - Ecco il rapitore della
bella Missuf, ecco chi poco fa ha assassinato Cletofi! -
Signori, - disse Zadig, - Dio mi faccia la grazia di non rapire
mai la bella Missuf! troppo capricciosa. In quanto a Cletofi,
io non lho assassinato, mi sono semplicemente difeso.
Voleva uccidermi, perch gli avevo chiesto umilmente di
perdonare la bella Missuf, che egli picchiava senza piet.
Sono uno straniero in cerca dasilo nellEgitto, e non mi pare
verosimile che proprio chiedendo la vostra protezione io mi
presenti come rapitore duna donna e assassino dun uomo.
Gli egiziani in quel tempo erano giusti e umani. La gente
condusse Zadig alla Casa municipale. Prima gli medicarono
la ferita, poi interrogarono separatamente lui e il suo
valletto, per sapere cos la verit. Si riconobbe che Zadig non
era un assassino, bens era colpevole di aver versato il sangue
di un cittadino. La legge lo condannava a diventare schiavo.
Si vendettero i due cammelli a profitto della borgata; si
distribuirono agli abitanti le monete doro che Zadig aveva
con s; la sua persona fu messa allasta nella pubblica piazza,
e con lui la persona del suo compagno di viaggio. Un
mercante arabo, Setoc di nome, fece unofferta; ma il
valletto, pi idoneo alle fatiche, fu venduto a prezzo molto
maggiore che il padrone.
Non facevano nemmeno confronto tra i due uomini. E
Zadig divent schiavo in subordine al suo valletto: furono
incatenati luno allaltro alle caviglie, e in questa condizione
andarono dietro al mercante arabo fino alla dimora di lui.
Zadig, durante il cammino, consolava il proprio valletto
esortandolo alla pazienza; ma, secondo la sua abitudine,
faceva considerazioni sulla vita umana. - Noto, - gli diceva, -
che le sventure del mio destino si riflettono sul tuo. Ogni
cosa finora mi si volta nel modo pi strano. Fui multato per
aver veduto passare una cagna, temetti desser suppliziato al
palo per causa dun grifone, venni avviato verso il supplizio
per aver composto dei versi in lode del re, fui li l per essere
strozzato perch la regina aveva dei nastri gialli, ed ora
eccomi schiavo con te perch un uomo brutale picchiava
lamante. Via, non perdiamoci danimo, tutto questo avr
forse fine; necessario che i mercanti arabi abbiano qualche
schiavo; e per qual motivo io dovrei essere schiavo meno di
altri, dato che sono un uomo come gli altri? Questo mercante
non sembra senza cuore; e deve trattare bene gli schiavi se
vuole che lo servano con suo profitto -. Cosi parlava, e il
profondo del suo cuore era tutto per la regina di Babilonia.
Due giorni dopo, il mercante Setoc, con schiavi e
cammelli, parti per lArabia deserta. La sua trib dimorava
presso il deserto di Horeb. Il viaggio fu lungo e faticoso.
Setoc, lungo il cammino, faceva molto pi conto del valletto
che del padrone, perch il primo sapeva molto meglio
caricare i cammelli; e tutti i piccoli riguardi erano dedicati a
lui. Un cammello mori due giorni prima di arrivare a Horeb;
il carico fu suddiviso sulla schiena di ciascun servo, Zadig
ebbe la sua parte di carico. Setoc rise nellosservare tutti gli
schiavi a schiena curva. Zadig si arrischi a spiegarne la
causa, menzionandogli le leggi dellequilibrio. Il mercante,
meravigliato, incominci a guardarlo diversamente. Zadig,
accorgendosi che aveva destato la sua curiosit, la raddoppi
facendogli sapere pi cose che non erano estranee al suo
commercio: il peso specifico dei metalli e delle derrate a
parit di volume; le propriet di parecchi animali utili; il
modo di rendere utili quelli che non lo erano. Insomma
sembr un sapientone e Setoc ora lo prefer al compagno che
aveva tanto tenuto in considerazione. Lo tratt bene e non
ebbe motivo di pentirsene.
Arrivato alla trib, Setoc richiese subito cinquecento once
dargento a un ebreo cui egli le aveva imprestate in presenza
di due testimoni, ma quei due testimoni erano defunti e
lebreo, poich non gli potevano dare prova contraria, teneva
per s la somma del mercante, ringraziando Iddio che gli
aveva dato modo di ingannare un arabo. Setoc confid a
Zadig, ormai suo consigliere, limbroglio. - In che sito, -
chiese Zadig, - lei ha consegnato il prestito di cinquecento
once a quellinfedele?
Il mercante rispose: - Sopra un largo sasso che sta nei
pressi del monte Oreb. - Che tipo il suo debitore? - chiese
Zadig. - Il tipo dun truffatore, - rispose Setoc. - Ma io le
chiedo se un tipo nervoso o calmo, ponderato o
imprudente -. Setoc rispose: - il pi impulsivo di tutti i
cattivi debitori chio conosco.
- Bene, - replic Zadig, - mi permetta di difendere la causa
davanti al giudice -. Cosi Zadig cit lebreo al tribunale e
parl al giudice nel tono seguente: - Origliere del trono di
giustizia, a nome del mio padrone sono qui per richiedere a
questuomo cinquecento once dargento chegli non vuole
restituire. - Avete dei testimoni? - chiese il giudice. - No,
sono defunti, ma tuttora rimane un largo sasso sopra il quale
furono contate le monete, e se Vostra Grandezza vuole dare
ordine di andare a cercare quel sasso, spero chesso varr
come testimonianza: lebreo ed io resteremo qua in attesa e
io mander a prendere il sasso a spese del mio padrone Setoc.
- Benissimo, - rispose il giudice; e si dedic ad altre liti. Al
termine delludienza il giudice disse a Zadig: - Dunque, il suo
sasso non ancora arrivato? - Lebreo, mettendosi a ridere,
rispose: - Vostra Grandezza potr restar qui fino a domani e
il sasso non sar mica arrivato, a quindici miglia e pi da
qui e occorrerebbero una quindicina di uomini per spostarlo.
- Ah! Ci siamo, - esclam Zadig, - lavevo detto che il
sasso avrebbe testimoniato; poich costui sa dov il sasso
confessa che sopra di esso fu contato il denaro.
Lebreo, confuso, fu costretto a confessare ogni cosa. Il
giudice ordin di legarlo al sasso, senza lasciarlo bere n
mangiare finch non avesse restituito le cinquecento once.
Furono prestamente pagate.
Lo schiavo Zadig e il sasso diventarono famosi nellArabia.


La pira
Setoc, pieno dammirazione, consider il suo schiavo
intimo amico. Come gi era successo al re di Babilonia, egli
non poteva stare senza Zadig, il quale fu ben contento che
Setoc non avesse moglie. Vedeva nel suo padrone unindole
incline al bene, una dirittura morale e buonsenso. Gli
rincresceva tuttavia che adorasse tutta larmata celeste: il
sole, la luna, le stelle, secondo linveterata usanza araba. Con
molta discrezione, a volte, alludeva a queste cose. Fini col
dirgli che quelli erano corpi come gli altri e non meritavano
maggior ossequio dun albero o duna roccia. - Ma sono esseri
eterni, - diceva Setoc, - da cui provengono tutti i nostri
benefici: animano la natura, regolano le stagioni; e daltro
canto sono talmente remoti che non possiamo non venerarli.
- Ma lei, - rispose Zadig, - riceve vantaggi maggiori dalle
acque del Mar Rosso, che portano le sue merci fino allIndia.
Per qual motivo il Mar Rosso non sarebbe antico come le
stelle? E se lei adora ci che le remoto, dovrebbe adorare la
terra dei Gangaridi, che al confine del mondo.
- No, - protestava Setoc, - le stelle sono talmente brillanti
che m impossibile non adorarle.
Quella sera, Zadig accese un gran numero di torcie nella
tenda ove avrebbe pranzato con Setoc e quando
lo vide arrivare si prostr ginocchioni davanti a quelle faci
accese, dicendo: - O eterni e brillanti splendori, siate a me
sempre propizi.
Pronunziate queste parole si assise a tavola senza dare uno
sguardo a Setoc.
- Ma cosa fai? - Setoc, stupito, gli chiese. - Faccio come lei,
- rispose Zadig, - adoro le candele e trascuro il loro e il mio
padrone.
Setoc cap il nascosto significato dellapologo. La sapienza
del suo schiavo gli penetr nellanimo, non sprec pi
lincenso per delle creature e ador lEssere eterno che le
cre.
In quel tempo vigeva in Arabia unorrenda usanza, venuta
in origine dalla Scizia, diffusasi stabilmente nellIndia,
sullautorit dei Bramini, con minaccia di invadere tutto
loriente. Quando un marito moriva, lamatissima moglie, se
voleva santificarsi, si cremava pubblicamente sopra il corpo
di lui. Era una festa solenne detta la pira della vedovanza.
Le trib pi stimate erano quelle con maggior numero di
mogli bruciate. Essendo morto un arabo appartenente alle
trib di Setoc, la vedova, Almona, che era molto religiosa,
comunic il giorno e lora in cui al suono di tamburi e di
trombe ella si sarebbe gettata sopra la pira.
Zadig fece notare a Setoc quanto fosse deprecabile e
contraria al bene del genere umano lusanza di lasciare ogni
d perire sul rogo giovani vedove ancora in grado di dare figli
allo stato, o per lo meno capaci di allevarli. Setoc
ammettendo che quella barbara usanza qualora se ne
trovasse il modo, era da abolire, rispose: - Sono per pi di
mille anni che le donne usufruiscono della libert di
bruciarsi. Chi di noi avr lardire di cambiare una legge
consacrata dal tempo?
Vi qualche cosa piu degna di riguardo dun abuso
vetusto?
-La ragione piu vetusta, - riprese Zadig. - Parli lei ai
capitrib, io andr dalla giovane vedova.
Si fece presentare a lei, e dopo essersi insinuato nella sua
simpatia lodandone la bellezza e dopo averle detto che
sarebbe stato un enorme peccato distruggere col fuoco grazie
cosi attraenti, elogi pure la sua costanza e il suo coraggio. -
Ma dunque, - le disse, - lei amava straordinariamente suo
marito. - Io? - rispose la signora araba, - nemmeno per sogno.
Era un uomo bestiale, geloso, insopportabile; per io sono
assolutamente decisa a gettarmi sopra la sua pira.
- A quanto pare, - disse Zadig, - ci devessere un piacere
deliziosissimo nellessere arsa viva. - Ah! - fece la signora, -
la natura stessa raccapriccia! Ma non ci si pu sottrarre. Io
sono una donna pia, e perderei ogni stima, sarei schernita da
tutti, se io non andassi al rogo -. Zadig dopo averle fatto
ammettere chella sarebbe andata al rogo per soggezione del
prossimo, e per vanit, convers a lungo con lei per
trasmetterle una qualche compiacenza della vita riuscendo
persino a ispirarle una certa cordialit verso chi le parlava. -
Che cosa farebbe, - le disse, - se non fosse dominata dalla
vanit del rogo? - Ahim, - disse la signora, - penso che le
chiederei di sposarmi.
Zadig era ancora tutto immerso nel pensiero di Astarte,
per non sfuggire a una simile dichiarazione; ma savvi
subito alla volta dei capitrib, rifer landamento del
colloquio con la vedova, e diede loro il consiglio di
promulgare una legge che non permettesse il rogo a nessuna
vedova che non si fosse precedentemente intrattenuta in
privato colloquio, per la durata di unora, con un giovanotto.
Da allora in poi, in Arabia pi nessuna donna and al rogo. Si
dovette proprio a Zadig, a lui solo, il merito davere abrogato
in un giorno unusanza cos crudele e vecchia di tanti secoli.
Egli era dunque il benefattore dellArabia.

La cena
Setoc, che non poteva separarsi dalluomo che poteva dirsi
la dimora della saggezza, lo port con s alla grande fiera di
Bassora, dove si davano convegno i maggiori commercianti
del mondo abitato. Zadig fu profondamente contento di
vedere riuniti nello stesso luogo un cos gran numero di
persone provenienti da paesi diversi. Gli pareva che
luniverso fosse una grande famiglia che si riuniva a Bassora.
Fin dal secondo giorno si trov a mensa con un egiziano, con
un indiano gangaride, un abitante del Catai, un greco, un
celta, e parecchi altri stranieri che nei loro frequenti viaggi
verso il golfo dArabia avevano imparato la lingua araba
sufficientemente per essere compresi. Legiziano sembrava
pieno dira. - Che abominevole paese Bassora! - diceva. - Mi
si rifiutano mille once doro sul pegno migliore del mondo! -
Setoc intervenne:
- Possibile? Qual il pegno che hanno rifiutato?
- Il corpo di mia zia, - rispose legiziano. - Era la donna
migliore di tutto lEgitto. Mi accompagnava sempre; morta
durante il viaggio; ne ho fatto una delle mummie pi belle
che si possano avere, e se in Egitto la dessi come garanzia
otterrei tutto ci che io volessi. proprio strano che qui, su
un pegno cos solido, non mi si vogliano dare nemmeno
mille once doro.
Quantunque irritato incominciava a mangiare una
buonissima gallina bollita, quando lindiano afferrandogli il
polso, esclam con dolore: - Ah! Cosa state facendo? -
Mangio la gallina, - disse luomo della mummia.
- Non lo fate! - disse il Gangaride, - potrebbe darsi il caso
che lanima della defunta sia passata nel corpo della gallina, e
non credo che voi desideriate correre il rischio di mangiare
vostra zia. E cuocere galline un evidente oltraggio alla
natura. - Che cosa intendete dire con la vostra natura e con
le galline, - riprese il collerico egiziano, - noi adoriamo un
bue e tuttavia mangiamo buoi. - Voi adorate un bue!
Possibile? - chiese luomo del Gange. - Niente daltrettanto
possibile, - riprese legiziano, - tale la nostra abitudine da
ben centotrentacinquemila anni, e nessuno di noi mai la
contest. - Ah! Centotrentacinquemila anni, - disse
lindiano, - un calcolo alquanto eccessivo; lIndia abitata
solamente da ottantamila anni, e noi senza dubbio siamo i
vostri predecessori; Brama ci aveva proibito di mangiare buoi
prima che voi aveste lidea di collocarli sugli altari e
dinfilarli allo spiedo.
- Che bestione da ridere il vostro Brama! - disse legiziano,
- che cosa ha mai fatto di bello per paragonarlo ad Api? -
lui che insegn agli uomini il leggere e lo scrivere, a lui tutto
il mondo deve il giuoco degli scacchi, - rispose il bramino. -
No, siete in errore, - disse un caldeo accanto a lui, - il pesce
Oanne lautore di cos grandi benefizi, ed ben giusto che
soltanto a lui noi rendiamo omaggio. Chiunque vi dir che
egli era un Essere divino, con la coda doro e con una bella
testa umana, e che sorgeva dallacqua per predicare tre ore al
giorno sopra la terra. Ebbe parecchi figli che, come tutti
sanno, diventarono re. A casa mia ho la sua immagine ed
mio dovere venerarlo. lecito mangiare carne di bue a
piacimento, ma certamente unenorme empiet fare
cuocere pesci; daltra parte voi, tutti e due, avete una nobilt
troppo scarsa e troppo recente per essere degni di
controbattermi. La nazione egiziana sorta soltanto
centotrentacinquemila anni addietro, mentre noi possediamo
almanacchi di quattromila secoli. Su, ascoltatemi, rinunziate
alle vostre sciocchezze ed io regaler a ognuno di voi una
bella immagine di Oanne.
Luomo di Cambal interloqu: - Io sono pieno di rispetto
per Egiziani, Caldei, Greci, Celti e per Brama, per il bue Api,
e per il bel pesce Oanne; ma pu darsi che Li e Cien - Luce e
Cielo, se cos vi piace chiamarli - valgano tanto quanto i buoi
e i pesci. Non voglio dir niente del mio paese, che grande
quanto lEgitto, la Caldea e le Indie tutte insieme. Non voglio
discutere sullantichit perch importa assai di essere felici e
poco importa dessere antichi. Nondimeno se si dovesse
parlare di almanacchi, direi che lAsia intera segue i nostri, e
noi ne avevamo gi di molto buoni prima ancora che in
Caldea si conoscesse laritmetica.
- Tutti quanti qui presenti siete degli ignorantoni, - sbott
il greco, - non sapete dunque che il caos il padre
universale, e che forme e materia hanno ordinato il mondo
tale qual ? - Il greco parl a lungo; ma fu poi interrotto dal
Celta, che essendosi imbibito di vino durante tutta la
discussione, credendosi ormai pi sapiente di tutti gli altri,
protest che soltanto di Teutate e del vischio quercino valeva
la pena di parlare. Quanto a lui, portava sempre del vischio
in saccoccia e gli Sciti, antenati suoi, erano lunico popolo
dabbene esistito sulla terra. Qualche volta, per dire il vero,
serano nutriti di uomini, ma ci non doveva essere motivo
di minor rispetto per tale nazione, e insomma se qualcuno
avesse sparlato di Teutate, gli avrebbe insegnato lui, a vivere!
La discussione allora si riscald e a Setoc parve che la
tavola da un momento allaltro sarebbe stata insanguinata.
Zadig che durante tutta la disputa era rimasto zitto,
finalmente si alz. Si rivolse prima che agli altri al celta come
al pi eccitato, gli disse che aveva ragione e gli chiese un
poco di vischio; elogi il greco per la sua eloquenza e calm
tutti i bollenti spiriti. Non disse molte parole alluomo del
Catai, perch si era dimostrato il pi ragionevole tra tutti.
Quindi conchiuse: - Amici miei, stavate per litigare a vuoto,
poich siete tutti della stessa opinione -. Tutti simpuntarono
su questa frase. Ma Zadig disse al celta: - Non forse vero
che voi non adorate propriamente il vischio ma colui che ha
fatto il vischio e la quercia?
- Senza dubbio, - rispose il celta. - E voi, mio signor
egiziano, non adorate forse in un dato bue colui che vi ha
donato i buoi? - S, - disse legiziano. - Penso che il pesce
Oanne, - seguit Zadig, - debba dipendere da chi ha creato il
mare e i pesci. - Lammetto, - disse il caldeo. - E lindiano, -
disse ancora Zadig, - e labitante del Catai riconoscono un
motore primo, come voi. Non ho afferrato tutte le mirabili
cose dette dal greco, ma sono certo che anchegli ammette un
Essere superiore dal quale dipendono la forma e la materia -.
Il greco, che gli altri ammiravano, disse che le sue idee erano
state capite molto bene da Zadig. Questi conchiuse: - Siete
tutti daccordo, quindi, e non dunque il caso di mettersi ad
altercare -. Tutti labbracciarono. Setoc, venduta a gran
prezzo la propria merce, riaccompagn lamico Zadig alla sua
tribu. Giungendovi Zadig senti che lavevano processato
durante lassenza e che doveva essere abbruciato a lento
fuoco.
Gli appuntamenti
Mentre Zadig era in viaggio a Bassora, i sacerdoti delle
stelle avevano deciso la sua punizione. Le pietre preziose e
gli altri ornamenti delle giovani vedove mandate al rogo
erano considerate di spettanza dei sacerdoti; era dunque la
cosa pi ovvia che essi facessero bruciare Zadig per il suo
tiro mancino. Laccusarono di avere opinioni false su
larmata celeste; testimoniarono contro di lui giurando che
lo avevano udito dire come le stelle non si coricassero nel
mare. Bestemmia spaventevole che i giudici appresero con
raccapriccio. Nelludire tale empiet si sarebbero senza
dubbio squarciate le vesti se Zadig avesse avuto di che
risarcirli. Ma nel loro dolore eccessivo si accontentarono di
condannarlo al fuoco lento. Setoc, disperato, si valse
inutilmente della propria reputazione per salvare lamico; fu
in breve costretto a tacere.
Almona, la vedovella che si era assai riconciliata con la
vita e ne era debitrice a Zadig, decise di salvare dal rogo
colui che gliene aveva dimostrato laberrazione. Coltiv il
proposito dentro di s, senza farne parola con nessuno. Zadig
doveva essere giustiziato lindomani; ella aveva soltanto una
notte di tempo per salvarlo. Sentite come vi si accinse, da
donna fornita di carit e insieme di accortezza. Si profum la
persona, diede risalto alla propria bellezza con un
abbigliamento ricco e grazioso e and a chiedere unudienza
privata al capo dei sacerdoti delle stelle. Quando fu al
cospetto del venerabile vegliardo, si espresse nel modo
seguente: - O figlio primogenito dellOrsa Maggiore, fratello
del Toro, cugino del Gran Cane (tali erano i titoli di quel
pontefice) sono venuta per confidarvi i miei scrupoli. Temo
davvero dessere caduta in enorme peccato col rifiutarmi di
bruciare sulla pira del mio caro marito. In fin dei conti che
cosa avevo io da serbare? Una carne caduca, e ormai
completamente appassita -. Mentre cos parlava mostr fuor
delle grandi maniche di seta le sue braccia nude,
ammirevolmente tornite e di bianchezza incantevole. -
Vedete, - disse, - che misero valore -. Al cuore del pontefice
sembr che il valore fosse assai grande. Gli occhi lo
confessarono, la bocca lo conferm: egli giur di non aver
mai veduto braccia pi belle. - Ahim, - disse la vedovella, -
forse le braccia sono un po meno brutte dellaltre parti, ma
ammettete anche voi che la mia scollatura non sarebbe
degna di riguardi -. E lasci in mostra il petto pi bello di
quanti la natura avesse formati. In suo confronto un bottone
di rosa sopra un rotondo avorio sarebbe sembrato una punta
rossiccia su un legno di bosso, e gli agnelli appena usciti
dallacqua sarebbero parsi giallastri. La scollatura e quei
grandi occhi neri che brillavano dolcemente languidi con
fuoco soave, quelle guance ravvivate da un bel colore
porporino sopra un latteo e puro candore, quel naso - che
certamente non era come la torre del monte Libano - quelle
labbra, simili a margini di coralli racchiudenti le pi brillanti
perle del mare dArabia: tutto linsieme di quelle bellezze,
fece credere al vegliardo dessere sui ventanni. Balbett una
tenera dichiarazione. Almona, come lo vide infiammato, gli
chiese la grazia per Zadig. - Ahi! - disse il vegliardo, - mia
bella signora, quando io consentissi alla grazia la mia
indulgenza sarebbe vana, occorre che sia firmata da altri tre
miei confratelli. - Firmatela lo stesso, - disse Almona. -
Volentieri, - disse il sacerdote, - a patto che la tua gentilezza
con me sia il premio della mia indulgenza. - Troppo onore, -
disse Almona, - vi piaccia soltanto di venire nella mia
camera dopo il tramonto del sole e quando gi brilli
allorizzonte la stella Sheat. Mi troverete adagiata su un sof
rosa, e in tutto quanto potrete vi servirete della vostra serva
-. Usc portando con s la grazia firmata e lasciando il
vecchiardo pieno damore e pieno di timore nelle proprie
forze. Costui impieg il tempo restante del giorno in bagni e
sorb un liquore composto con cannella di Ceylon e con
preziose spezie di Tidore e di Ternate, aspettando
impazientemente lapparizione della stella Sheat.
Intanto la bella Almona and a fare visita al secondo
pontefice; e questi le giur che sole luna e tutte le fiamme
del firmamento non erano che fuochi fatui in confronto
delle attrattive di lei. Essa gli chiese la stessa grazia, e gliene
fu proposto il prezzo. Si lasci vincere e a questo secondo
pontefice diede appuntamento al sorgere della stella
Algenib. Quindi essa and in casa del terzo e poi in casa del
quarto sacerdote, ottenendo ogni volta la firma della grazia e
dando appuntamenti di stella in stella. Allora fece avvertire i
giudici di venire a casa sua per un affare importante. Vi si
recarono; ella mostr loro le firme dei quattro e disse a qual
prezzo essi avevano venduto la grazia di Zadig. I quattro
giunsero, ognuno allora stabilita, e furono uno dopo laltro
stupiti di incontrare i confratelli e ancor pi stupiti di
trovare i giudici, davanti ai quali fu chiaramente manifestata
la loro vergogna. Zadig ebbe la salvezza. Setoc fu talmente
affascinato dallintelligenza di Almona che se la prese in
moglie. Zadig dopo essersi inchinato ai piedi della sua bella
liberatrice, parti. Egli e Setoc si separarono piangendo, e
giurandosi perenne amicizia e promettendosi di condividere
tra loro uneventuale grande fortuna. Zadig cammin verso
la Siria, ripensando sempre allinfelice Astarte e riflettendo
sulla sorte che pervicacemente si divertiva con lui e lo
perseguitava. - Come! - diceva, - quattrocento once doro per
aver io veduto passare una cagnetta! Una condanna alla
decapitazione per quattro versi in lode del re! Sul punto
dessere strangolato perch la regina aveva pantofole dello
stesso colore del mio berretto! Ridotto in schiavit per aver
soccorso una donna che picchiavano! E l l per essere
bruciato perch avevo salvato la vita a tutte le vedovelle di
Arabia!

Il brigante
Nellarrivare sulla frontiera tra lArabia Petrea e la Siria,
nei pressi dun castello molto forte, vide che di l uscivano
degli Arabi armati. Fu circondato e gli gridarono: - Tutto
quanto hai ci appartiene, e la tua persona appartiene al
nostro padrone -. Zadig, come risposta, sfoder la spada; e il
suo valletto, chera coraggioso, fece altrettanto. Travolsero e
uccisero i primi arabi che si erano gettati su di loro; il
numero raddoppi; essi non si turbarono, e decisero di perire
combattendo. Si vedevano due soli uomini difendersi contro
una moltitudine: un combattimento che non poteva durare a
lungo. Il padrone del castello, Arbogad di nome, da una
finestra vide i prodigi di valore di Zadig, e prov
ammirazione per lui. Discese in fretta, ferm egli stesso i suoi
uomini e liber i due viaggiatori. Disse: - Tutto ci che
transita sulle mie terre mio, allo stesso modo di quanto io
trovo sulle terre altrui; ma tu mi sembri cos bravo che io ti
escludo dalla legge comune -. Lo introdusse nel castello, e
diede ordine ai suoi uomini di trattarlo bene. La sera, poi,
Arbogad volle Zadig a cena. Il signore del castello era uno di
quegli arabi che hanno nome di ladroni-, ma tra tante cattive
azioni qualche volta ne compiva delle buone; rubava con
rapacit accanita e regalava generosamente; intrepido nel
fare, piuttosto blando nei traffici; crapulone a tavola, gaio
nella crapula, e soprattutto molto franco. Gli piacque molto
Zadig, la sua conversazione, animatasi, fece prolungare il
pasto.
E infine Arbogad disse a Zadig: - Ti consiglio di arruolarti
sotto di me; non avresti altro di meglio, questo non un
brutto mestiere, potresti un giorno diventare come me -.
Zadig disse: - Posso domandarti da quanto tempo pratichi la
tua nobile professione? Dalla mia pi tenera et, - disse il
signore. - Ero valletto dun arabo molto in gamba, ma non
sopportavo la mia condizione. Mi disperavo considerando
come in tutto quanto il mondo che appartiene a tutti gli
uomini egualmente, il destino mi avesse privato della mia
porzione. Confessai il mio tormento a un vecchio arabo. Mi
disse: Figlio mio, non disperare. Cera una volta un granello
di sabbia che si lamentava di essere un atomo ignoto nel
deserto; con il trascorrere dun po danni esso divent
diamante e ora lornamento pi bello sulla corona del re
delle Indie. Quel ragionamento mi impression: io ero il
granello di sabbia, decisi di diventare diamante. Incominciai
col rubare due cavalli, mi unii con dei soci, ebbi modo di
saccheggiare piccole carovane; e cos, a poco a poco, annullai
la sproporzione primitiva tra me e gli altri. Ebbi la mia parte
nei beni di questo mondo, fui anzi largamente risarcito; mi si
stim assai, diventai un signor brigante, mi impadronii di
questo castello con la forza. Il satrapo di Siria me lo voleva
ritorre, ma ero ormai abbastanza ricco e non temevo pi
niente; diedi del denaro al satrapo e cos serbai il castello e
ingrandii i miei possessi. Il satrapo mi nomin addirittura
tesoriere dei tributi che lArabia Petrea pagava al Re dei Re.
Compii bene luffizio di esattore, e niente niente quello di
pagatore. Il Grande Desteram di Babilonia, nel nome del re
Moabdar, mand qui un piccolo satrapo a strangolarmi.
Costui arriv con il suo bellordine: io ero informato di tutto
e davanti a lui feci strangolare i quattro individui che egli
aveva portato con s per farmi stringere nel laccio; dopo di
che gli domandai quanto gli poteva rendere lincarico di
strangolarmi. Mi rispose che il suo onorario poteva ascendere
a trecento monete doro. Gli feci toccar con mano che con
me poteva guadagnare di pi. Lo nominai vicebrigante e
ancor oggi uno dei migliori e dei pi ricchi miei ufficiali. Se
mi ascolti avrai ugual successo anche tu. Non c mai stato un
periodo cos favorevole alle ruberie, come adesso che
Moabdar fu ucciso e in Babilonia tutto confusione.
-Moabdar ucciso? - disse Zadig, - e la regina Astarte?
-Non ne so niente, - disse Arbogad. - So soltanto che
Moabdar impazz ed stato ucciso, che Babilonia tutto un
covo dassassini, limpero una desolazione, vi sono ancora
occasioni di buoni colpi, e da parte mia ne ho azzeccati
parecchi.
-Ma la regina? - disse Zadig, - per favore, dimmi se sai
qualcosa della sorte della regina. - Mi hanno parlato dun
certo principe dIrcania, forse ella ormai una delle sue
concubine, se non stata uccisa durante i tumulti; ma pi di
queste notizie a me interessano i bottini. Durante le scorrerie
ho preso parecchie donne, non ne trattengo nessuna, quando
sono belle le vendo a caro prezzo, senza curarmi di chi esse
siano. Il rango non si compera; una regina, se brutta, non
troverebbe acquirenti; pu anche darsi che io abbia venduto
la regina Astarte, o forse morta; ma non ha importanza;
credo che tu non abbia da pensarci pi di me -. Mentre
chiacchierava Arbogad beveva cos animosamente e
confondeva talmente le idee, che Zadig non ne pot cavare
alcuna notizia precisa.
Era senza parole, accasciato, immobile. Arbogad
continuava a bere senza interruzione, e tra ciance e storie
ripeteva senza tregua dessere il pi felice degli uomini,
incitando Zadig a diventare felice come lui. Fini con
lassopirsi dolcemente tra i fumi del vino e se ne and a
dormire sonni tranquilli. Zadig trascorse la notte in
tormentosa agitazione: Ma come! - diceva fra s, - il re
impazzito, lhanno ammazzato! Non posso fare a meno di
compiangerlo. Limpero devastato e questo brigante si
sente felice. O fortuna! O destino! Un ladrone vive felice, e la
pi gentile opera della natura probabilmente finita in modo
terribile, oppure vive in una condizione peggiore della
morte.
O Astarte, che cosa ne di te? Appena fu giorno egli
interrog tutti quelli che incontrava dentro il castello; ma
erano tutti in faccende, nessuno gli rispose; durante la notte
serano fatte nuove prede e se le dividevano. Nella
tumultuosa confusione egli ottenne soltanto il permesso di
andarsene. Ne approfitt su due piedi, pi che mai
sprofondato nei suoi dolenti pensieri. Camminava inquieto,
agitato con la mente occupata dallinfelice Astarte, dal re di
Babilonia, dal fedele Cador, dal felice brigante Arbogad, da
quella tanto capricciosa donna che i babilonesi avevano
rapita presso il confine con lEgitto; la mente piena insomma
di tutti gli accidenti e di tutte le disgrazie chegli aveva
esperimentate.

Il pescatore
A qualche lega di distanza dal castello di Arbogad, Zadig
giunse alla riva di un fiumicello, lamentandosi sempre del
proprio destino e considerandosi il vero esempio della
sfortuna. Sulla sponda scorse un pescatore sdraiato che
tratteneva appena appena, con mano molle, la rete, quasi la
volesse lasciare, e intanto alzava gli occhi al cielo. Diceva: -
Sono senza dubbio il pi disgraziato degli uomini. Io ero,
come tutti asserivano, il pi celebre negoziante, in Babilonia,
di formaggini grassi, e sono caduto in rovina. Avevo la
moglie pi bella che un uomo come me potesse avere, e ne
sono stato tradito. Mera rimasta una misera casa e lhanno
saccheggiata e distrutta davanti ai miei occhi. Adesso,
rifugiato in una capanna, non ho che la pesca come
sostentamento, e non riesco a prendere nemmeno un pesce.
O rete, basta, non ti lancer pi in acqua, ora tocca a me di
gettarmi -. Ecco che, appena pronunziate queste parole, colui
si alza e si avvia nellattitudine di chi in procinto di
inabissarsi e farla finita.
O dunque, - disse Zadig tra s, - vi sono altri individui
infelici come me! E rapida come questa riflessione senti la
voglia di salvare la vita al pescatore. Corre, lo ferma e con
espressione affettuosa e consolatrice gli si rivolge
interrogandolo. - Dicono che si meno infelici quando si
tali insieme ad altri. Ma, secondo Zoroastro, ci non succede
per malignit ma per bisogno, perch in quei casi ci sentiamo
spinti verso un disgraziato come verso un nostro simile. La
gioia di chi felice sarebbe un insulto, ma due infelici al
modo di due deboli arboscelli resistono alluragano
appoggiandosi luno allaltro. Perch ti lasci abbattere dalle
sventure? - domand Zadig al pescatore.
-Perch, - rispose, - non vi scorgo rimedio. Ero luomo pi
stimato di Berlback, un villaggio non distante da Babilonia, e
con laiuto di mia moglie producevo i migliori formaggini
grassi di tutto limpero. Piacevano immensamente alla regina
Astarte e al famoso ministro Zadig. Avevo man mano portato
alle loro case ben seicento formaggini. Un giorno mi recai in
citt per essere pagato e come arrivavo in Babilonia seppi che
la regina e Zadig erano spariti. Corsi alla casa del signor
Zadig, che non avevo mai conosciuto di persona e vi trovai
gli arcieri del Grande Desteram, che forniti dun ordine
regio, saccheggiavano fedelmente e minutamente quella
casa. Andai di corsa alle cucine della regina, alcuni suoi
egregi scalchi mi dissero chella era morta; altri dissero che
era imprigionata, altri che era fuggita; comunque tutti
daccordo mi affermarono che non mi avrebbero pi pagato i
miei formaggi. In compagnia di mia moglie andai dal signor
Orcan, uno dei miei clienti: gli chiedemmo protezione nella
nostra iattura; egli a mia moglie laccord, a me la ricus.
Mia moglie era pi bianca di quei formaggini che sono stati il
principio della mia sventura, e in quella bianchezza era il
rilievo dun incarnato pi brillante e pi vivo della porpora
di Tiro. Per questo Orcan la trattenne e per questo cacci via
me. Scrissi alla mia moglie diletta una lettera da disperato.
Ella disse al latore: Ah, si, s, io so chi quelluomo che mi
scrive, ne ho gi sentito parlare, dicono che era un
produttore di squisiti formaggini, me ne facciano avere, e
glieli paghino.
-Nella mia sventura volli rivolgermi alla giustizia. Avevo
ancora sei once doro: ne dovetti dare due al legale che
consultai, due al procuratore che avvi la causa, due al
segretario del giudice di prima istanza. Quando tutto ci fu
fatto, la causa non era ancora incominciata e avevo gi
consumato pi denaro di quanto valessero i formaggini e mia
moglie. Ritornai al villaggio con lintenzione di vendere la
mia casa per riavere mia moglie.
-La mia casa valeva certamente una sessantina donce
doro, ma mi si vedeva impoverito e nellurgente bisogno di
vendere. Il primo al quale mi rivolsi mi offr trenta once, il
secondo venti, il terzo dieci. Ero disposto ad accettare, tanto
era buia la mia condizione, quando un principe dIrcania
venne su Babilonia e distrusse ogni cosa nella sua marcia. La
mia casa prima fu saccheggiata, poi bruciata.
- Perso cos il mio denaro, persa la moglie e la casa mi
sono ridotto in questo luogo dove lei mi vede. Ho tentato di
campare la vita facendo il pescatore; i pesci proprio come gli
uomini si fanno beffe di me. Non pesco niente, muoio di
fame, e senza di lei, mio illustre consolatore, dovevo morire
nel fiume.
Il pescatore non raccont tutto di seguito le sue vicende,
perch ad ogni momento Zadig, commosso ed esaltato, gli
chiedeva: - E dunque non sai niente della regina? - No,
signore, - rispondeva il pescatore, - so solamente che la
regina e Zadig non mi hanno pagato i formaggini, so che mi
hanno preso la moglie e che sono disperato.
- Spero, - disse Zadig, - che non perderai tutto il tuo
denaro. Ho sentito anchio parlare di Zadig, un uomo
dabbene, e se, come spera, ritorna a Babilonia ti dar pi di
quanto ti deve. Quanto a tua moglie, che non pare troppo
dabbene, ti consiglio di non insistere per riaverla. Ascoltami,
va a Babilonia; io vi giunger prima di te, perch tu sei a
piedi ed io a cavallo. Va dallillustre Cador, digli che hai
incontrato un suo amico, e aspettami da lui. Suvvia, forse
non sarai infelice per sempre.
O potente Orosmade, - continu per s, - vi servite di me
per consolare costui; di chi vi servirete per racconsolare me?
Cos parlando regalava al pescatore la met di tutto il denaro
portato con s dallArabia, e il pescatore, confuso e
sbalordito, baciava i piedi dellamico di Cador, dicendo: - Lei
un angelo di salvezza -. Nondimeno Zadig seguitava a
chiedere notizie e lagrimava. - E che, mio signore, - esclam
il pescatore, - sar pur lei infelice, lei che cos mi benefica? -
Cento volte pi infelice di te - rispose Zadig. - Ma come pu
succedere, - diceva il meschinello, - che chi d sia da
compiangere pi di chi riceve? - S, perch il tuo maggior
infortunio, - riprese Zadig, - consisteva nella indigenza, ma
la mia sfortuna nel cuore -. Il pescatore disse: - Orcano le
ha forse rapito la moglie? - Questa frase riport alla mente di
Zadig tutte le sventure: riandava alle sue disgrazie,
cominciando dalla cagnetta della regina e gi gi fino
allarrivo presso il brigante Arbogad. - Ah, - disse egli al
pescatore, - Orcano devessere punito. Ma di solito gli
uomini di quello stampo sono i favoriti del destino.
Comunque siano le cose, tu va dal signor Cador e aspettami.
Si separarono. Il pescatore camminava ringraziando la
sorte, e Zadig corse imprecando continuamente al proprio
destino.

Il basilisco
Giunto in una bella campagna prativa egli vide parecchie
donne che con molto impegno cercavano qualche cosa. Si
permise di avvicinarsi a una di loro e di chiedere se gli
concedevano lonore di aiutarle nella loro ricerca. - Non lo
pensi nemmeno, - gli rispose quella donna siriana. - Ci che
noi cerchiamo non deve essere toccato che dalle donne. -
Questa s che strana! - disse Zadig, - potrei pregarla di
svelarmi quale sia la cosa che soltanto le donne possono
toccare? - un basilisco, - rispose la donna. - Un basilisco,
signora? E per qual motivo, di grazia, tutte voi cercate un
basilisco? - Per Ogul, nostro signore e padrone; guardi l in
riva allacqua, in fondo ai prati, il suo castello. Noi siamo
lumilissime schiave del signor Ogul che malato. Il medico
gli ha ordinato di mangiare un basilisco bollito nellacqua di
rose, e poich il basilisco un animale rarissimo e si lascia
prendere soltanto dalle donne, il signore Ogul ha promesso
di eleggere come donna preferita colei che gli porter un
basilisco. Mi lasci dunque cercare, per favore, vede quanto
mi costerebbe se io fossi preceduta dalle mie compagne -.
Zadig lasci che quella siriana e le altre donne si cercassero
il basilisco e continu il suo cammino nella prativa
campagna. Come giunse sulla sponda dun ruscello, vide
unaltra signora giacente sullerba senza cercare alcunch.
Sembrava persona piena di dignit, ma il volto era velato. Si
piegava verso il ruscello ed emetteva profondi sospiri. Aveva
in mano una cannuccia e con quella tracciava delle lettere
sulla sabbia fina stesa tra lerba e lacqua. Zadig sent la
curiosit di scoprire ci che la donna scriveva, le si accost e
vide la lettera Z, poi un A. Se ne stup, quindi apparve un D.
Zadig trasal. La sua fu una sorpresa inconfrontabile quando
egli vide le due ultime lettere del proprio nome. Rimase
immobile per qualche istante, quindi rompendo il silenzio,
con voce rotta, disse: - O generosa signora, voglia scusare me
straniero, me sventurato che oso domandarle per quale caso
stupefacente trovo qui, tracciato da lei, dalla sua divina
mano, il nome di Zadig -. A quella voce, a quelle parole la
signora con mano tremante alz il velo, guard fisso Zadig,
gett un grido di tenerezza, di sorpresa, di gioia e vinta da
quei diversi sentimenti che tutti insieme le assalivano
lanimo si pieg svenuta tra le braccia di lui. Era Astarte,
proprio lei, proprio la regina di Babilonia, proprio colei che
Zadig adorava rimproverandosi di adorarla, e che da lui era
stata tanto pianta, con tanto timore per la sua sorte.
Per un momento rimase quasi insensato e quando ebbe
fissato lo sguardo negli occhi dAstarte, in quegli occhi che
si riaprivano con una languidezza mista di turbamento e di
espressione affettuosa, esclam:
- O immortali potenze che reggete i destini dei poveri
mortali, mi ridate Astarte? Oh! In che tempo, in che luoghi,
in che stato io la rivedo! - Si prostr ginocchioni davanti ad
Astarte, e con la fronte tocc la polvere presso i suoi piedi.
La regina di Babilonia lo risolleva e lo fa sedere sulla sponda
del ruscello, accanto a s. Ella si tergeva pi e pi volte gli
occhi, da cui le lagrime pi e pi volte ricominciavano a
scendere. Riprendeva ad ogni tratto le frasi che i gemiti
avevano interrotte; lo interrogava sulla fortunosa
circostanza della loro riunione e precedeva le risposte di lui
con nuove domande. Abbozzava il racconto delle proprie
sventure e voleva intanto sentire quelle di Zadig. Dopo
avere infine calmato tutti e due un poco lagitazione delle
loro anime, Zadig le narr con brevi parole per quale
peripezia egli si trovava sul prato di quella campagna. - Ma
come mai, o regina cos sventurata e cos degna di rispetto,
ti ritrovo in questo luogo remoto, vestita da schiava, in
compagnia daltre schiave alla ricerca di un basilisco da far
bollire, secondo la ricetta dun medico, nellacqua di rose? -
Mentre le altre cercano il loro basilisco, - disse la bella
Astarte, - ti voglio far sapere tutto quanto ho sofferto, e
come, dal momento che io ti rivedo, perdono il cielo. Sai
che al mio regale marito non piacque che tu fossi il pi
garbato degli uomini e sai che per tale motivo una notte
decise di strangolare te e di avvelenare me. Sai anche come
il cielo permise che il piccolo mio muto riuscisse a riferirmi
lordine della sublime Maest del Re. Il fedele Cador subito
dopo daverti costretto a ubbidirmi e fuggire, os a notte
fonda entrare nel mio appartamento attraverso una porta
segreta. Mi port via, mi condusse nel tempio di Orosmade.
L il mago, fratello di Cador, mi rinchiuse in una colossale
statua che ha la base tra le fondamenta stesse del tempio e la
testa a contatto con la volta. Rimasi l dentro come sepolta,
ma senza mancare di nessuna cosa necessaria, perch servita
dal mago. Intanto, di primissimo mattino, il farmacista di
Sua Maest entr nella mia camera con una bevanda
composta da giusquiamo, oppio, cicuta, elleboro nero ed
aconito; e un altro ufficiale del re si rec in casa tua con un
nodo scorsoio di seta celeste. Non trovarono alcuno. Cador,
per ingannare meglio il re, fece finta di accusare limo e
laltra di noi. Disse che tu eri fuggito sulla strada delle Indie,
e io su quella di Menfi: si mandarono uomini armati alla tua
e alla mia ricerca.
- I messi che cercavano me non mi conoscevano. Non
avevo quasi mai lasciato scorgere il mio volto, fuorch a te,
in presenza e per ordine del mio sposo. Andavano dunque
alla mia ricerca, con il ritratto che di me avevano descritto:
alla frontiera con lEgitto apparve ai loro sguardi una donna
di taglia identica alla mia, e forse pi bella di me. Era
piangente e sperduta. Si sentirono sicuri che fosse la regina
di Babilonia, e la condussero a Moabdar. Il loro equivoco
provoc a tutta prima nel re una rabbia violenta; ma ben
presto, avendo riguardato meglio e pi da vicino quella
donna la vide bellissima e fu racconsolato. La chiamavano
Missuf. Mi si disse in seguito che quel nome, in lingua
egiziana, significa la bella capricciosa. Era davvero cos,
ma con arti e moine pari ai capricci. Piacque a Moabdar. Lo
domin fino al punto di farsi dichiarare sua moglie. Allora il
suo carattere si mostr interamente, ella si permise senza
timore tutte le follie della sua immaginazione. Pretese che il
capo dei magi, vecchio e gottoso, danzasse davanti a lei e
poich colui rifiut lo perseguit crudelmente. Diede ordine
al grande scudiero di prepararle una torta con la
marmellata. Inutilmente il grande scudiero le fece osservare
chegli non era un pasticciere, dovette preparare la torta, e
fu cacciato via perch la torta era troppo secca. Al proprio
nano ella diede il grado di Grande scudiero e a un paggetto
luffizio di Cancelliere. In questo modo govern Babilonia.
Tutti quanti rimpiangevano me. Il re, che prima di volermi
avvelenare e prima di volerti strozzare, era stato un uomo
passabile, adesso pareva che avesse affogato le proprie virt
nellabissale suo innamoramento per la bella capricciosa.
Nel giorno solenne del fuoco sacro egli and al tempio. Io lo
vidi che implorava gli dei per Missuf, prostrato davanti alla
statua nella quale io ero rinchiusa. Alzai la voce, gli gridai:
Gli dei respingono i voti dun re diventato tiranno, e che
volle far morire una moglie sensata per prenderne una
dissennata. Moabdar fu talmente turbato da queste parole
che la sua mente si confuse. Loracolo pronunziato da me e
la tirannia stessa di Missuf furono sufficienti a fargli
smarrire la ragione. Impazz in pochi giorni.
- Quella pazzia, che sembr un castigo del cielo, fu come
il segnale della rivolta. Il popolo si sollev, corse a
impugnare le armi, Babilonia che per cos lungo tempo era
stata accasciata in una inerte mollezza, divent teatro di una
terribile guerra civile. Mi si venne a togliere dallinterna
cavit della statua e mi si mise a capo dun partito. Cador
corse a Menfi per riportare te a Babilonia. Il principe
dIrcania, udite queste sinistre notizie, ritorn con il suo
esercito a fondare un terzo partito nella Caldea. Assali il re
Moabdar che con la sua bizzarra egiziana gli era venuto
incontro precipitosamente, e il re Moabdar mor trafitto.
Missuf cadde prigioniera dei vincitori. Per mala sorte fui
presa anchio da un drappello dircani e portata davanti al
principe proprio mentre gli portavano anche Missuf, Ti far
certamente piacere sentendo che il principe mi giudic pi
bella dellegiziana, ma non sarai contento di sapere chegli
mi assegn al suo serraglio. Mi disse con franca risolutezza
che appena terminata una impresa di guerra cui si accingeva
sarebbe venuto da me. Pensa il mio dolore. Il mio legame
con Moabdar era spezzato, potevo ormai essere di Zadig, ed
eccomi caduta in potere di quel barbaro. Gli risposi con tutta
la fierezza della mia classe e dei miei sentimenti. Avevo
sempre sentito dire che il cielo imprimeva negli individui
della mia qualit un carattere di grandezza che mediante
una parola o uno sguardo riumilia nel pi profondo rispetto i
temerari che osino sollevarsi. Io parlai dunque da regina, ma
fui trattata da cameriera. LIrcano senza degnarsi neanche di
rivolgermi parola disse al suo eunuco negro che io ero
impertinente per carina. Gli ordin di tenermi da conto e
di trattarmi con regime da favorita, per ridarmi freschezza e
rendermi pi degna dei suoi favori il giorno chegli avrebbe
lagio e il comodo di darmene beneficio. Gli dissi che mi
sarei uccisa; ed egli ridendo mi rispose che non ci si uccide e
che di quelle frasi era pratico. Mi lasci come uno che ha or
ora messo in gabbia un suo pappagallo. Che condizione per
la prima regina delluniverso e, ancor pi, per un cuore che
era tutto di Zadig! - A queste parole Zadig si prostr ai suoi
ginocchi, bagnandoli di lagrime. Astarte affettuosamente lo
fece rialzare e continu il racconto: - Mi trovavo in potere
dun barbaro ed avevo per rivale una matta prigioniera con
me. Costei mi narr la sua avventura egiziana. Dai tratti con
cui ti descrisse, dal tempo, dal dromedario su cui tu
cavalcavi, da tutte le circostanze riferitemi capii che chi
aveva combattuto per lei era Zadig. Senza dubbio tu dovevi
essere a Menfi e perci decisi di andare a Menfi. Le dissi:
Bella Missuf, tu sei molto pi attraente di me, potrai assai
meglio di me divertire il principe dIrcania. Aiutami nel
modo di salvarmi; e regnerai tu sola, mi farai felice e insieme
ti libererai duna rivale. Missuf combin con me la maniera
della mia fuga. Ed io segretamente partii in compagnia duna
schiava egiziana. Ero ormai non lontana dallArabia, quando
un ladrone famoso, chiamato Arbogad, mi rap e mi
vendette a certi mercanti che alla loro volta mi portarono a
questo castello ove sta il signor Ogul. Mi comper senza
sapere chi io fossi. un tipo sensuale, che non pensa ad altro
che al mangiare, persuaso che Dio labbia messo al mondo
per stare a tavola. florido e grasso in modo eccessivo, col
rischio di rimanere senza fiato. Il suo dottore, cui egli
quando digerisce bene non ubbidisce mai, lo comanda
dispoticamente quando egli ha mangiato troppo. Ora lha
convinto che lo guarir con un basilisco bollito nellacqua di
rose. E il signor Ogul ha promesso di sposare la schiava che
gli porter un basilisco. Vedi come io lascio che si affannino
a meritare un tale onore; da quando il cielo ha permesso che
io ti riveda non ho mai avuto cos poca voglia, credimi, di
trovare quel basilisco -. Allora Astarte e Zadig si dissero
tutto ci che i sentimenti a lungo trattenuti e le loro
disgrazie e i loro amori sapevano ispirare a cuori cos nobili e
cos appassionati; e i geni che presiedono allamore alzarono
quelle parole fino al cielo di Venere.
Le donne tornarono al castello di Ogul senza aver trovato
alcunch. Zadig si fece presentare a lui e gli parl nel modo
seguente: - Faccio voti affinch la salute immortale discenda
dal cielo e prenda cura di tutti i tuoi giorni. Io sono dottore e
sono volato verso di te appena sentii parlare della tua
malattia; ti ho portato un basilisco bollito nellacqua di rose.
Non per pretendere di sposarti. Ti chiedo solamente la
libert duna giovane schiava di Babilonia che da qualche
giorno tua", e io sono disposto a rimanere in ischiavit al
posto di lei se non avr la fortuna di guarire il magnifico
signore Ogul.
La proposta fu accolta. Astarte parti per Babilonia con il
domestico di Zadig, promettendogli dinviargli
continuamente un corriere per informarlo di tutti gli
avvenimenti. I loro saluti daddio furono tanto affettuosi
quanto quelli del loro riconoscimento. Il momento in cui
due si ritrovano e il momento in cui si separano sono i
massimi tempi della vita; cos detto nel gran libro dello
Zend. Zadig amava la regina tanto quanto lo asseriva, e la
regina amava lui ancor pi di quanto diceva.
Frattanto Zadig cos disse a Ogul: - Signore, il mio
basilisco non devessere mangiato, tutta la sua efficiente
virt deve penetrare dentro di te attraverso i pori della
pelle. Lho messo in un piccolo otre molto gonfiato e
coperto di pelle fina; necessario che tu spinga lotre con
tutta la tua forza e che io te lo rimandi pi e pi volte; e in
pochi giorni di cura vedrai la validit delle mie arti.
Ogul il primo giorno della cura, sfiatato, credeva di
morire di fatica. Il secondo giorno si senti meno stanco e
dormi meglio. In otto giorni riprese le forze, la salute, la
leggerezza e la gaiezza degli anni pi briosi. Zadig gli disse: -
Hai giocato al pallone e sei stato sobrio; sappi che in natura
non esiste basilisco e si sta sempre bene con la sobriet e il
moto e che larte di far coesistere intemperanze e salute
una chimera come la pietra filosofale, lastrologia e la
teologia dei magi -. Il medico primario di Ogul, intuendo
quanto quelluomo fosse pericoloso per larte medica, si
intese con il farmacista di casa per spedire Zadig alla ricerca
di basilischi nellaltro mondo. Cosi, Zadig, per essere sempre
stato punito del bene che aveva compiuto, era sul punto di
morire per aver guarito un signore ghiottone. Fu invitato a
un pranzo squisito. Doveva essere avvelenato alla seconda
portata, ma alla prima ricevette un messaggero della bella
Astarte. Si alz da tavola e parti. In questo mondo, quando
si amati da una bella donna, - dice il grande Zoroastro, -
sempre ci si cava dimpiccio.

I certami
La regina era stata ricevuta a Babilonia con
quellentusiasmo che sempre si manifesta per una bella
principessa che abbia provato la sventura. Babilonia
sembrava allora pi quieta. Il principe dIrcania era stato
ucciso in un combattimento. I babilonesi, vincitori,
stabilirono che Astarte avrebbe sposato luomo scelto come
sovrano. Non si voleva che la prima dignit del mondo, cio
quella di marito di Astarte e di re di Babilonia, dipendesse
da intrighi e cospirazioni. Giurarono di riconoscere come re
il pi valoroso e pi sapiente. A qualche lega fuori di citt si
costru una lizza circondata da anfiteatri mirabilmente
adorni. I gareggianti dovevano andarvi armati da capo a
piedi. Per ognuno di loro affinch non fossero visti n
conosciuti, era stato preparato un alloggio particolare dietro
gli anfiteatri. Bisognava gareggiare quattro volte. Quelli cos
fortunati da vincere quattro cavalieri dovevano poi
gareggiare tra loro, di modo che lultimo vincitore della
lizza sarebbe proclamato vincitore del torneo. Doveva poi
ritornare quattro giorni dopo, con la stessa armatura di
prima, e sciogliere gli enigmi proposti dai magi. Se non
riesciva a spiegare gli enigmi non sarebbe re e bisognerebbe
di nuovo far svolgere le sfide, finch si trovasse un vincitore
di tutte e due le gare, perch ad ogni costo si voleva re chi
fosse il pi valoroso e il pi sapiente.
Durante tutto quel tempo la regina doveva essere
rigorosamente sorvegliata: le si permetteva appena di
assistere, velata, alle gare; ma non la si lasciava parlare a
nessuno dei pretendenti, affinch non ne derivassero
favoritismi o ingiustizie.
Di tutto ci Astarte aveva informato il suo innamorato,
sperando che per lei egli dimostrasse valore e intelligenza
superiore a tutti. Egli part pregando Venere di rafforzargli il
coraggio e illuminargli la mente. La vigilia del gran giorno
giunse in riva allEufrate. Fece annoverare la propria insegna
tra quelle dei gareggianti, tenendo celato il volto e il nome,
come la legge stabiliva e and a riposarsi nellalloggio tirato
a sorte per lui. Lamico Cador che era giunto a Babilonia
dopo averlo inutilmente cercato in Egitto fece portare nel
suo domicilio unarmatura completa inviatagli dalla regina.
Gli fece anche consegnare, da parte sua, il pi bel cavallo di
tutta la Persia. Zadig in quei doni riconobbe Astarte; il suo
coraggio e il suo amore ne ricavarono forze nuove e nuove
speranze.
Lindomani, quando la regina aveva preso posto sotto un
baldacchino gemmato e gli anfiteatri erano pieni di tutte le
dame e di tutti i gradi sociali di Babilonia, i gareggianti
comparvero dentro la cinta. Ognuno di loro port la propria
insegna davanti al gran mago. Si tirarono a sorte e la divisa
di Zadig fu estratta per ultima. Il primo che si fece avanti era
un ricchissimo signore, chiamato Itobad, un vanesio, poco
provvisto di coraggio, un uomo dappoco e senza spirito. I
suoi famigliari lavevano convinto che un uomo come lui era
fatto per essere re. Egli aveva risposto: - Un uomo come me
deve regnare -. E cos lavevano armato dalla testa ai piedi.
Portava unarmatura doro smaltata di verde, un pennacchio
verde, una lancia adorna di nastri verdi. Dal modo come
Itobad si teneva a cavallo la gente cap subito che il cielo
non destinava lo scettro di Babilonia a un tipo simile. Il
primo cavaliere che gli corse incontro lo tolse dagli arcioni,
il secondo lo rovesci addirittura sul cavallo, a gambe in aria
e a braccia aperte. Itobad riusc a riassestarsi ma cos
goffamente che nellanfiteatro fu una risata generale. Un
terzo cavaliere non volle nemmeno servirsi della lancia, ma
con una svelta passata in avanti lafferr per la gamba destra
e sforzandolo a un mezzo giro del corpo lo fece cadere
sullarena. Gli scudieri del torneo accorsero ridendo e lo
ricollocarono sulla sella. Ma il quarto gareggiante lo prende
per la gamba sinistra e lo fa ricascare dallaltra parte. Tra urli
e fischi fu portato al domicilio dove, secondo la legge,
doveva pernottare. Camminava a stento e disse:
- Che razza davventura per uno come me! - Gli altri
cavalieri in ci che dovevano fare se la cavarono meglio. Vi
fu chi vinse due avversari di seguito; alcuni riuscirono fino
al terzo. Soltanto il principe Otame ne vinse quattro. Venne
infine la volta di Zadig: tolse di sella, nella pi elegante
maniera, quattro cavalieri, luno dopo laltro. Si dovette
perci vedere chi sarebbe stato il vincitore tra Otame e
Zadig. Il primo aveva unarmatura e pennacchio di azzurro e
doro; Zadig bianco. Le simpatie della folla si dividevano tra
il cavaliere azzurro e il cavaliere bianco. La regina con il
cuore palpitante pregava il cielo per il bianco.
I due campioni fecero passate e giravolte con tale agilit,
scambiandosi cos bei colpi di lancia, e con tale saldezza
rimanendo in arcioni, che tutti quanti tranne la regina si
auguravano di avere in Babilonia due re. Infine, stancati i
cavalli e rotte le lance, Zadig ricorse a una destrezza: aggira
il principe azzurro, si spinge verso la groppa del cavallo e
cinge la vita allavversario, lo getta gi, si mette in sella al
posto di lui ormai steso a terra e gli caracolla intorno.
Lintero anfiteatro grida: - Vittoria al bianco cavaliere! -
Otame, sdegnato, si rialza, sguaina la spada; Zadig salta da
cavallo con la sciabola impugnata. Eccoli tutti e due
sullarena, impegnati in un nuovo certame, nel quale
trionfano ora la forza ora lagilit. Le piume dei cimieri, le
borchie dei bracciali, le maglie dellarmatura schizzano via
sotto i mille colpi precipitosi. Essi tirano di punta e di taglio,
a destra e a sinistra, sulla testa e contro il petto; arretrano, si
spingono avanti, si affrontano, si avvicinano, si afferrano, si
torcono come serpenti, si assalgono come leoni; ogni
momento ai loro colpi sprizzano scintille infocate. Infine
Zadig, in un istante di riflessione, si ferma, fa una finta,
fiancheggia Otame, lo fa cadere e lo disarma. Otame esclama:
- O bianco cavaliere, sei tu che devi regnare a Babilonia! - La
regina era al massimo della gioia. Accompagnarono il
cavaliere azzurro e il cavaliere bianco, ciascuno nel suo
domicilio, e cos tutti gli altri, secondo quanto era stabilito
dalla legge. Andarono a servirli e a portare loro il pranzo
alcuni muti. Pensate se colui che and a servire Zadig non fu
il mutino della regina! Quindi furono tutti lasciati soli fino
allindomani mattina quando il vincitore avrebbe dovuto
portare la propria insegna al grande Mago per il confronto e
il riconoscimento.
Zadig, quantunque pieno damore, dormi, talmente sera
affaticato. Itobad, che era nellalloggio contiguo, non dormi.
Durante la notte si alz, entr nel domicilio di Zadig, prese
la bianca armatura e la bianca insegna e al posto di quelle
mise larmatura e linsegna verdi. Sorto il mattino se ne and
fieramente dal grande Mago a dichiararsi come luomo
vittorioso. Non se laspettavano, ma fu proclamato mentre
Zadig era ancora a dormire. Astarte, sorpresa e con il cuore
disperato, ritorn a Babilonia. Lanfiteatro era gi semivuoto
quando Zadig si risvegli; cerc le proprie armi e trov
soltanto larmatura verde. Fu costretto a indossarla, non
avendo altro. Stupito e sdegnato, se le mette con rabbia e se
ne va cos conciato.
Tutti quelli che erano ancora rimasti nellanfiteatro e nel
campo lo ricevettero a fischi. Lo circondavano, linsultavano
sfacciatamente. Non so chi mai abbia raccolto cos umilianti
mortificazioni. Gli scapp la pazienza; respinse a sciabolate
la gentaglia che osava insultarlo; ma non sapeva che cosa
fare. Non poteva rivedere la regina, non poteva reclamare la
bianca armatura inviata da lei; avrebbe rischiato di
comprometterla. Perci, mentre ella era prostrata nel dolore,
egli era afflitto nella rabbia e nellinquietudine. Camminava
lungo lEufrate, convinto che la propria stella lo destinava a
uninfelicit senza scampo; riandava mentalmente tutte le
sue disgrazie, dallaccidente della moglie che aveva in
antipatia i ciechi da un occhio fino a quella dellarmatura.
Ecco che cosa succede, - si diceva, - a svegliarsi troppo
tardi; se avessi dormito di meno, sarei re di Babilonia, e avrei
Astarte. Scienza, educazione, coraggio non hanno servito ad
altro che alla mia sventura. Fu tentato di mormorare contro
la Provvidenza, e di credere che tutto fosse retto da un
crudele destino che opprime i buoni e d prosperit ai
cavalieri verdi. Uno schianto per lui era di portare addosso
quellarmatura verde che gli aveva attirato tanti e tanti
fischi. Passava un mercante ed egli gli vendette a basso
prezzo quellarmatura, acquistando da lui un abito e un
lungo berretto. Cosi vestito andava in riva allEufrate, pieno
di disperazione, accusando dentro di s la Provvidenza che
lo perseguitava di continuo.

Leremita
Nel suo cammino si imbatt in un uomo con bianca e
venerabile barba lunga fino a met vita. Con la mano
sorreggeva un libro, e leggeva attentamente. Zadig si ferm e
gli fece una profonda riverenza. Leremita salut con
espressione cos nobile e cos dolce che Zadig senti il
desiderio di trattenerlo. Gli domand che libro leggeva. - Il
libro dei destini, - rispose leremita. - Vuoi leggerne un
tratto? - Diede il libro in mano a Zadig che, quantunque
conoscesse parecchie lingue, non riusc a capire nemmeno
una lettera. La sua curiosit ne fu raddoppiata. - Mi sembri
proprio di cattivo umore, - gli disse quel buon padre. -
Ahim, - rispose Zadig, - ne ho ben donde. - Se mi permetti
di accompagnarti, - rispose il vecchio, - potr forse esserti
utile; qualche volta riuscii a trasfondere dei sentimenti
consolanti nellanimo degli infelici -. Zadig senti deferenza
per laria e per la barba e per il libro delleremita. Not nel
suo discorrere qualche pi alta illuminazione. Leremita
parlava del destino, della giustizia, della morale, del bene
supremo, della debolezza umana, delle virt e dei vizi con
uneloquenza cos vivace e affascinante che Zadig si sent
spinto verso di lui da unattrattiva invincibile. Lo preg
sollecitamente di non lasciarlo fino a Babilonia. - Sono io
stesso che ti chiedo questo favore, - disse il vegliardo, - giura
su Orosmade che qualunque cosa io faccia tu per qualche
giorno non ti separerai da me Zadig giur e partirono
insieme. Quella sera i due viaggiatori arrivarono a un
superbo castello. Leremita chiese ospitalit per s e per il
giovane suo accompagnatore. Il portiere, che aveva
lapparenza dun gran signore, li fece entrare con una
cortesia non priva di sprezzatura. Li present a un
maggiordomo che li port a visitare i magnifici appartamenti
del padrone. Furono ammessi al fondo della tavola
padronale, senza che il castellano li degnasse di un solo
sguardo; ma furono serviti come gli altri, con vivande
raffinate e abbondanti. Quindi gli fecero lavare le mani in
un bacile doro tempestato di smeraldi e rubini. Furono
accompagnati in una bella camera da letto e lindomani un
domestico diede alluno e allaltro una moneta doro, prima
di congedarli. - Il padrone di casa, - disse Zadig per la strada,
- mi sembra un uomo generoso, quantunque un po altero, e
pratica nobilmente lospitalit -. Mentre parlava not che
una specie di molto ampia saccoccia delleremita appariva
gonfia e tesa: vi scorse il bacile doro tempestato di gemme,
rubato. Sul momento non os far mostra di nulla, ma era
stupito e sorpreso.
Verso mezzogiorno leremita si ferm alla porta duna
piccola casa dove abitava un ricco avaro: chiese ospitalit per
qualche ora. Un vecchio servitore male in arnese lo ricevette
con brusche maniere e fece entrar leremita e Zadig nella
scuderia. Diede loro poche olive gi putride, del pane cattivo
e della birra andata a male. Leremita bevette e mangi con
aria soddisfatta, come la sera prima; poi rivolto al vecchio
servitore, che stava sorvegliandoli affinch non rubassero e
se ne andassero al pi presto, gli regal le due monete doro
avute al mattino e lo ringrazi di tutte le premure: - Per
favore, - soggiunse, - fammi parlare al tuo padrone -. Il
servitore, stupito, introdusse i due viaggiatori. - Magnifico
signore, - disse leremita, - non sono in grado di fare niente
fuorch di ringraziarla umilmente per la nobile guisa con la
quale ella ci ha accolti: si degni di accettare questo bacile
doro come poco pregevole pegno della mia riconoscenza -.
Poco manc che lavaro cadesse supino. Leremita non gli
lasci il tempo di riaversi dallo stupore; part alla svelta con
il giovane compagno di viaggio. Zadig disse: - Padre mio,
cosa vedo mai? Tu non mi sembri molto diverso dagli altri
uomini: a un signore che ti ha accolto con magnificenza tu
rubi un bacile doro tempestato di gemme e lo di a un avaro
che ti tratta iniquamente. - Figlio mio, - disse il vegliardo, -
quelluomo che con la sua magnificenza ospita i forestieri
soltanto per vanit e affinch ammirino le sue ricchezze,
diventer pi saggio; lavaro imparer a essere ospitale; non
ti stupire di nulla e vieni con me -. Zadig non capiva bene se
si trovava con il pi saggio o con il pi matto degli uomini;
ma leremita discorreva con tale autorevolezza che Zadig,
daltro canto stretto dal giuramento, non pot sottrarsi alla
sua compagnia.
Alla sera giunsero davanti a una casa di gradevole
costruzione, ma semplice, che non faceva pensare n a
prodigalit n ad avarizia. Ne era padrone un filosofo che
sera appartato dalla societ, dedicandosi in pace alla
saggezza e alla virt, senza tuttavia annoiarsi mai. Gli era
piaciuto costruirsi quel ritiro in cui poteva ricevere i
forestieri con nobilt priva di ostentazione. And egli stesso
incontro ai due viaggiatori e per prima cosa li fece riposare
in un agiato appartamento. Trascorso alquanto dora, torn
egli stesso a prenderli per invitarli a una refezione giusta e
ben preparata; durante la quale parl giudiziosamente sulle
recenti rivoluzioni di Babilonia. Lasci trasparire una
sincera affezione per la regina e si augur che Zadig
comparisse nella lizza per gareggiare alla conquista della
corona. - Ma gli uomini, - precis, - non meritano un re
come Zadig -. Costui arrossi e senti pi cocenti i suoi dolori.
Nella conversazione si fu daccordo sul fatto che in questo
mondo le cose non andavano secondo il beneplacito degli
uomini pi saggi. Leremita tuttavia opin che le vie della
Provvidenza erano sconosciute e che gli uomini sbagliavano
nel voler giudicare nel totale ci di cui conoscevano soltanto
una minima parte.
Si venne a parlare delle passioni. - Ah! Quanto sono fatali,
- diceva Zadig. E leremita: - Sono i venti che gonfiano le
vele del vascello, qualche volta lo portano a fondo ma senza
di loro il vascello non navigherebbe. La bile pu dare collera
e infermit, ma senza la bile luomo non vivrebbe. Quaggi
tutto rischio, ma tutto necessit -. Si pass a discorrere
del piacere e leremita comprov che un dono della
Divinit. - Luomo infatti, - egli disse, - non pu regalarsi n
sensazioni n idee, riceve ogni cosa; sofferenza e piacere gli
provengono dal di fuori, come lo stesso essere suo.
Zadig si meravigliava che chi aveva compiuto azioni tanto
stravaganti potesse parlare cos giudiziosamente. Infine,
dopo quella conversazione istruttiva e piacevole lospite
riaccompagn i due viaggiatori nella loro stanza,
benedicendo il cielo che gli aveva mandato due uomini cos
dotati di saggezza e di virt. Offr loro del denaro, con un
garbo nobile e spigliato che non poteva offendere. Leremita
non volle accettare e gli disse che desiderava congedarsi
perch intendeva partire per Babilonia prima del mattino.
Fu una separazione cordialissima. Zadig soprattutto si
sentiva pieno di stima e di simpatia per un uomo cos
garbato. Quando leremita e Zadig furono nel loro
appartamento elogiarono a lungo il padrone di casa. Il
vecchio, appena fu giorno, risvegli il suo socio. - Dobbiamo
partire, - disse, - ma mentre tutti riposano ancora, desidero
lasciare al padrone di casa una testimonianza della mia stima
e della mia affezione cos dicendo, prese una fiaccola e diede
fuoco alla casa. Zadig, atterrito, grid e volle impedirgli di
commettere una cos orribile cosa. Leremita lo trascin via
con vigore invincibile; la casa era tutta in fiamme. Leremita,
gi allontanatosi abbastanza con il suo socio,
tranquillamente la rimirava bruciare. - Ringrazio Dio, -
disse. - Ecco la casa del mio ospitale amico distrutta fino
alle fondamenta. Uomo fortunato! - Nelludir questa frase
Zadig ebbe tutto insieme la voglia di una grande risata e
quella dinveire contro il reverendo padre, la voglia di
picchiarlo e quella di fuggire, ma non fece niente di niente,
e tuttora soggiogato dallautorevolezza delleremita, and
suo malgrado con lui fino al seguente e ultimo
pernottamento.
Ci avvenne nella casa duna caritatevole e buona vedova
che aveva un nipote quattordicenne, assai bello, e sua unica
speranza. Ella fece gli onori di casa quanto meglio poteva.
Allindomani impose al nipote di accompagnare i viaggiatori
fino a un ponte, che da poco tempo guastato non era senza
pericolo. Il ragazzo, sollecito, va avanti per primo. Ed ecco,
proprio sul ponte leremita dice al ragazzo: - Vien qua, devo
manifestare la mia riconoscenza a tua zia -. Lo afferra per i
capelli e lo getta nella corrente. Quel figliolo cade, compare
un momento a galla, quindi sprofonda nel torrente. Zadig
proruppe: - O mostro! O uomo pi scellerato di tutti! -
Mavevi promesso un poco pi di pazienza, - disse leremita
interrompendo linvettiva. - Sappi che sotto le macerie di
quella casa incendiata dalla Provvidenza, il padrone ha
trovato un immenso tesoro; sappi che questo giovanotto cui
la Provvidenza ha torto il collo, tra un anno avrebbe
assassinato sua zia, e tra due anni anche te -. Zadig grid:
- Chi te lha detto, barbaro? E anche se tu nel tuo libro dei
destini avessi letto questo evento saresti autorizzato ad
annegare un ragazzo che non ti ha fatto alcun male? -
Mentre quel di Babilonia parlava si accorse che il vegliardo
non aveva pi barba e che nel suo viso appariva la
fisionomia della giovinezza. Spar la veste da eremita,
quattro ali davano bellezza al suo corpo maestoso e
splendido di luce. - O inviato del cielo! O angelo divino! -
esclam Zadig prosternandosi, - sei dunque disceso
dallempireo per insegnare a un debole mortale la
sottomissione agli ordini eterni? Langelo Jesrad disse: - Gli
uomini non sanno niente e vogliono giudicare tutto: tu, tra
tutti, eri quello pi meritevole dessere edotto -. Zadig gli
chiese il permesso di parlare e disse: - Sono in dubbio io
stesso, ma posso osare di chiederti un chiarimento sulla mia
incertezza? Non sarebbe stato meglio laver corretto quel
ragazzo e laverlo educato alla virt, piuttosto che
annegarlo? - Jesrad spieg: - Se egli fosse diventato virtuoso,
se fosse vissuto, avrebbe subito il destino dessere assassinato
lui stesso con la donna assegnatagli per isposa e con il figlio
che gli sarebbe nato -. Zadig disse: - Ma come! Bisogna
dunque che vi siano delitti e sciagure e che le sciagure
colpiscano gli uomini dabbene? - Jesrad rispose: - I cattivi
sono sempre sciagurati: servono a mettere alla prova una
minoranza di uomini giusti sparsi sulla terra, e non vi mai
un male da cui non nasca un bene E Zadig:
- Ma se esistesse soltanto il bene e non il male? - Allora, -
riprese Jesrad, - questa non sarebbe la terra, la
concatenazione degli avvenimenti sarebbe lordine duna
differente saggezza, e un tale ordine, che sarebbe perfetto,
pu esistere soltanto nell'eterna dimora dellEssere supremo,
cui nessun male pu accostarsi. Egli ha creato milioni di
mondi e non ve n neppure uno che rassomigli a un altro.
Limmensa variet un attributo della sua immensa potenza.
Non si trovano sulla terra due foglie dalbero identiche tra
loro n tra i campi infiniti del cielo due globi uguali. Tutto
quanto tu vedi sul piccolo atomo dove sei nato deve essere
qual al luogo e al tempo suo, secondo glimmutabili ordini
di Colui che tutto contiene. Gli uomini pensano che quel
ragazzo perito or ora sia caduto casualmente nellacqua, e
che quella casa sia pur bruciata per caso, ma il caso non
esiste: tutto prova, ovvero punizione, o ricompensa, o
previdenza. Rammentati del pescatore persuaso dessere il
pi sfortunato degli uomini. Orosmade tinvi a lui per
mutare il suo destino. O debole mortale, non discutere
contro ci che devi adorare -. E Zadig: - Ma... - E su questo
ma langelo stava gi involandosi verso la decima sfera.
Zadig, inginocchiato, ador la Provvidenza, a Lei
sottomettendosi. Dalle sue altezze langelo grid: - Fa tuo
cammino verso Babilonia.
(torch)

Gli enigmi
Zadig, stupefatto come chi abbia veduto il fulmine
cadergli a lato, camminava alla ventura. Entr in Babilonia
proprio il giorno in cui coloro che avevano gareggiato erano
gi radunati nel grande atrio del palazzo per sciogliere gli
enigmi e per rispondere ai quesiti del grande mago. Erano
arrivati tutti i cavalieri fuorch quello con la divisa verde.
Appena Zadig comparve nella citt, il popolo si strinse
attorno a lui, gli occhi non si saziavano di vederlo, le bocche
di lodarlo, i cuori di augurargli limpero. Linvidioso lo vide
passare, trem, e guard altrove. Il popolo lo accompagn
fino al luogo dellassemblea. La regina, informata del suo
arrivo, fu invasa da agitazione, timore e speranza;
tormentata dallinquietudine non poteva capacitarsi sul fatto
di vedere Zadig disarmato e Itobad con la divisa bianca.
Sorse un mormorio confuso alla vista di Zadig. Erano tutti
sorpresi e contenti di rivederlo, ma soltanto ai cavalieri
combattenti era permesso di comparire nellassemblea.
- Ho combattuto, - egli disse, - come tutti, ma qui un altro
porta le armi mie, e mentre attendo di aver lonore di
dimostrarlo, chiedo il permesso di presentarmi a sciogliere
gli enigmi La cosa fu messa ai voti, la fama della probit di
Zadig era ancora talmente impressa negli animi che non vi
fu indugio nel concedere. Il grande Mago espose questo
primo quesito:
- Di tutte le cose del mondo qual la pi lunga e la pi
corta, la pi pronta e la pi lenta, la pi frazionabile e la pi
estesa, la pi trascurata e la pi rimpianta, senza la quale
niente si pu, ed essa divora ogni piccolezza e ravviva ogni
grandezza? - La risposta toccava a Itobad. Disse che un uomo
come lui non si perdeva in enigmi, gli bastava aver vinto con
i colpacci della sua lancia. Ci fu chi disse che la parola
richiesta era la fortuna, altri dissero la terra, altri la luce.
Zadig disse il tempo. Non v nulla di pi lungo perch
esso la misura delleterno, nulla di pi corto perch
insufficiente a ogni nostro proposito; lento al massimo per
chi aspetta, rapido pi di ogni cosa per chi nella gioia;
infinitamente esteso nella grandezza, infinitamente
frazionabile nella piccolezza; tutti lo trascurano e tutti si
rammaricano di perderlo; nulla avviene senza di lui, ed esso
fa dimenticare le cose indegne della posterit, immortalizza
quelle grandi. Lassemblea fu daccordo con Zadig.
Poi si domand: - Che cos ci che si riceve senza
ringraziare, si gode non sapendo come, si d agli altri
quando si senza cognizione, e da noi si perde senza che ce
ne accorgiamo?
Ognuno disse la sua. Solamente Zadig indovin chera la
vita. Sciolse tutti gli altri enigmi con la stessa facilit. Itobad
ogni volta diceva che niente era pi semplice e che egli se
avesse voluto prenderne la briga avrebbe facilissimamente
risolto. Furono proposti quesiti sulla giustizia, sul sommo
bene, sullarte di regnare. Le risposte di Zadig furono
giudicate le pi convincenti.
- Peccato, - dicevano, - che unintelligenza cos acuta sia
in un cos inetto cavaliere. - Illustri signori, - disse Zadig, -
fui io chebbi lonore della vittoria nella lizza. Larmatura
bianca di mia propriet. Il signor Itobad se la prese mentre
io dormivo; probabilmente gli parve che gli sarebbe stata pi
adatta della verde. Sono senzaltro disposto di provargli qui
davanti a voi, con labito e la spada che ho contro tutto
quanto il bianco armamento che mi ha carpito, che fui io ad
avere lonore di vincere il valoroso Otame.
Itobad molto fiducioso accett la sfida. Non aveva dubbi sul
fatto chegli avendo elmo corazza e bracciali se la sarebbe
assai facilmente cavata contro un campione in berretto da
notte e veste da camera. Zadig sguain la spada, con un
saluto alla regina che lo guardava, ansiosa tra la gioia e il
timore. Itobad sfoder la sua spada, senza salutar alcuno.
And su Zadig come chi non ha niente da temere; disposto a
spaccargli la testa. Zadig seppe parare il colpo, opponendo la
parte pi salda della lama a quella pi debole dellavversario,
di modo che la spada di Itobad si spezz. Zadig allora
afferrando il nemico alla vita lo fece stramazzare e puntando
la spada verso una fessura della corazza gli disse: - O ti lasci
disarmare o ti uccido -. Itobad sebbene stupito delle
disgrazie che succedevano a un uomo del suo valore lasci
che Zadig gli togliesse il magnifico suo elmo, la superba
corazza, i bei bracciali, cosciali scintillanti. Zadig se ne
adorn e cos armato corse a inginocchiarsi davanti ad
Astarte. Cador non ebbe difficolt a dimostrare che
larmatura apparteneva a Zadig, che perci con unanime
assentimento fu riconosciuto come re, soprattutto da
Astarte. Costei, dopo tante contrariet, assaporava la
dolcezza di vedere il suo innamorato degno dessere suo
sposo alla presenza di tutti. Itobad and a farsi dare del
monsignore a casa propria. Zadig fu re e fu felice. Aveva
bene in mente tutto quanto gli era stato detto dallangelo
Jesrad. Si ricordava anche del granello di sabbia diventato
diamante. La regina ador con lui la Provvidenza. Zadig
lasci che la bella e capricciosa Missuf se ne andasse per il
mondo. Mand a cercare il brigante Arbogad e gli assegn
un grado di onore nellesercito, con promessa di promozione
alle dignit pi alte se si fosse comportato veramente da
guerriero, e dimpiccagione se si fosse dato al brigantaggio.
Dallinterno dellArabia fu chiamato Setoc con la sua bella
Almona, per dirigere come capo il commercio di Babilonia.
Cador ebbe grado e predilezione conformi ai suoi meriti: fu
lamico del re e cos il re fu lunico monarca della terra che
avesse un amico. Non fu dimenticato il piccolo mutino. Al
pescatore fu regalata una bella casa. Orcano fu condannato a
pagargli una grossa cifra e a restituirgli la moglie. Ma il
pescatore, rinsavito, accett soltanto il denaro. La bella
Semira non si dava pace di aver creduto che Zadig fosse
privo di un occhio e Azora non finiva di pentirsi daver
voluto mozzargli il naso. Zadig mitig i loro rammarichi con
dei regali. Linvidioso crep di rabbia e di vergogna.
Limpero godette pace, gloria e benessere; fu allora sulla
terra il secolo migliore, perch essa era amministrata dalla
giustizia e dallamore. Tutti benedicevano Zadig, e Zadig
benediceva il cielo.

La danza
Setoc, per necessit dei suoi commerci, doveva andare
nellisola di Serendib; ma il primo mese di matrimonio che,
come tutti sanno, luna di miele, non gli permetteva di
lasciare la sposa n di credere che avrebbe potuto lasciarla
giammai. Preg lamico Zadig di fare quel viaggio in sua
vece. - Ahim, - diceva Zadig, - mi tocca ancora mettere pi
ampio spazio tra la bella Astarte e me? Eppure devo rendere
servizio a chi mi ha beneficato -. Disse, pianse, part.
Non era da molto tempo nellisola di Serendib e gi era
ritenuto uomo straordinario. Divent arbitro di ogni
contrasto tra i commercianti, lamico dei benpensanti, il
consigliere di quei pochi che cercano consiglio. Il re volle
vederlo e ascoltarlo. Fece in fretta ad apprezzare il valore di
Zadig, ebbe fiducia nella sua saggezza e divent suo amico.
La familiarit e la stima del re fecero tremare di timore
Zadig. Ripensava notte e giorno alle disavventure
procurategli dalla benevolenza di Moabdar. Sono simpatico
al re, - diceva, - non ne avr danno? Tuttavia non poteva
sottrarsi alle gentilezze della Reale Maest: perch giusto
ammettere che Nabussan, re di Serendib, figlio di Nussanab,
figlio di Sanbusna, era uno dei migliori principi dAsia e che
quando si conversava con lui era difficile non giudicarlo
amabile.
Questo buon principe era ognora lodato, ingannato e
derubato: si gareggiava a far bottino delle sue ricchezze.
Lesattore generale dellisola di Serendib dava sempre
lesempio, fedelmente seguito dagli altri. Il re lo sapeva:
aveva sostituito pi volte il tesoriere, ma non era riuscito a
cambiare la moda ormai stabile di spartire le rendite reali in
due met diseguali; la pi piccina era sempre per la Maest
del Re, la pi grossa per i suoi amministratori.
Il re Nabussan confid la sua preoccupazione al saggio
Zadig. Gli disse: - Tu che sei informato su tante belle cose,
non sapresti il modo di farmi trovare un tesoriere che non
mi derubi? - Zadig rispose: - Senza dubbio, so una infallibile
maniera di darle un uomo con le mani nette -. Il re,
rallietato, lo abbracci domandandogli come doveva
comportarsi. Zadig disse:
- Basta far danzare tutti quelli che si presenteranno per
concorrere allufficio di tesoriere: colui che danzer con la
migliore levit sar senza fallo il tipo pi onesto. - Vuoi
scherzare, - disse il re, - questo s un modo allegro di
scegliere un direttore delle finanze. Vuoi dunque darmi da
bere che il finanziere pi integro e pi abile ha da essere chi
meglio riesca negli scambietti? - Zadig replic: - Non le
posso assicurare che sia il pi abile, ma che sar il pi onesto
di tutti, questo s, senza dubbio -. Zadig si esprimeva con tale
convinzione che il re credette che mediante qualche
sovrannaturale segreto conoscesse i finanzieri. - Non ho
simpatia per le cose soprannaturali, - disse Zadig, - persone e
libri prodigiosi mi sono sempre dispiaciuti, ma se Sua Maest
mi concede di compiere lesperimento che le ho proposto, si
convincer che il mio segreto la cosa pi semplice e
agevole -. Nabussan, re di Serendib, sentendo dire che quel
segreto era semplicissimo fu stupito ancor di pi che se gli
avessero detto chera cosa miracolosa. Ebbene, - disse,
fai pure come ti pare. - Si, - disse Zadig, - mi lasci fare, con
questo esperimento guadagner piu di quanto si aspetta .
Quel giorno stesso con manifesti in nome del re ordin che
tutti i pretendenti allufficio di Alto Ricevitore delle finanze
della Graziosa Maest Nabussan, figlio di Nussanab,
dovevano, nel primo di della luna del coccodrillo, recarsi
nellanticamera reale, vestiti di seta leggera. Vi si recarono
in sessantaquattro. Era stata preparata una musica di violini
nella sala vicina e tutto il necessario per un ballo, ma la
porta di quella sala era chiusa e per entrarvi si doveva
passare attraverso uno stretto o molto scuro corridoio. Un
usciere incominci a chiamare e a introdurre uno per volta i
candidati nel suddetto passaggio dentro cui essi erano
lasciati soli per qualche minuto. Il re, informato del segreto,
aveva esposto nel corridoio tutti i propri tesori. Quando i
pretendenti furono tutti entrati nella sala, la Maest del Re
diede ordine che ballassero. Non sera mai veduta una danza
cos pesante e cosi sgraziata; tutte le teste abbassate, le
schiene curve, le mani come incollate ai fianchi. - Che
bricconi! - diceva il re sottovoce. Tra tutti soltanto uno
disegnava agilmente i suoi passi, teneva eretta la testa, sicuro
lo sguardo, le braccia aperte, il corpo diritto, i garretti arditi.
- Ah! Ecco lonesto, ecco luomo bravo, - diceva Zadig. Il re
abbracci il buon ballerino, lo proclam tesoriere; tutti gli
altri furono puniti e multati con sacrosanta giustizia, perch
ognuno di loro, durante la sosta nel corridoio, si era riempito
le tasche e a mala pena poteva muovere i passi. Il re si
rattrist sulla natura degli uomini vedendo che di
sessantaquattro danzatori ben sessantatr fossero dei
mariuoli. Landito semibuio fu chiamato il corridoio della
tentazione. Se la cosa fosse successa in Persia si sarebbero
suppliziati col palo quei sessanta tre messeri; in altri stati si
sarebbe istituita una corte di giustizia che avrebbe
consumato per le spese una somma tripla del valore di ci
che fu rubato, e non avrebbe rimesso nelle casse del sovrano
nemmeno un centesimo; in qualche altro reame, i colpevoli
si sarebbero completamente giustificati e avrebbero fatto
cadere in disgrazia quel danzatore cos leggiero: a Serendib
furono condannati solamente ad aumentare il tesoro dello
stato, perch Nabussan era un uomo indulgentissimo. Ed
anche molto riconoscente: diede a Zadig una somma di
denaro pi ingente di quante un tesoriere mai avesse rubate
al Re suo padrone. Zadig se ne servi per inviare a Babilonia
dei corrieri che linformassero della sorte di Astarte. Nel
dare gli ordini aveva la voce tremante, un tuffo di sangue al
cuore, gli occhi, gli occhi gli si ottenebravano, lanima era
sul punto di mancare. Il messo parti. Zadig lo vide salir sulla
nave, e tornandosene verso il re, non vedeva nessuno,
credeva dessere nella propria stanza e apriva le labbra
pronunziando amore. - Ahi, lamore! - disse il re. -
proprio ci di cui si tratta, hai indovinato ci che mi cruccia.
Sei davvero un granduomo! Spero che come mi hai fatto
trovare un tesoriere non interessato, cos mi farai conoscere
una donna fedele a tutta prova Zadig, ritornato in s, gli
promise di giovargli nellamore come nella finanza, sebbene
la cosa sembrasse ancor pi difficile.

Occhi celesti
- Il corpo e il cuore, - incominci a dire il re a Zadig. A
queste parole il babilonese non si trattenne
dallinterrompere la Maest del Re. - Come mi piace, - disse,
- che non abbia detto la mente e il cuore! Poich nei
conversari babilonesi si sentono sempre queste due parole; si
vedono soltanto libri che trattano del cuore e della mente,
libri compilati da chi sprovvisto delluno e dellaltro; ma,
per sua grazia, Sire, prosegua -. Nabussan continu cos: - Il
corpo e il cuore in me hanno destino di amare, e di queste
due potenze la prima pu essere completamente soddisfatta.
Al mio servizio ho cento donne, tutte quante belle,
compiacenti, premurose, persino voluttuose, o capaci di
fingere dessere tali con me. Il mio cuore non pu dirsi
molto fortunato allo stesso modo. Ho capito persin troppo
che vezzeggiano molto il re di Serendib, ma di Nabussan
simportano pochissimo. Non gi che io creda poco fedeli le
mie femmine, ma vorrei trovare unanima tutta per me, per
un tesoro cos io lascerei le cento belt di cui possiedo le
grazie, vedi un po tu se tra queste cento sultane puoi
trovarne ima che mi dia la sicurezza dessere amato.
Zadig gli rispose al modo tenuto sullargomento delle
finanze: - Sire, mi lasci fare, ma per prima cosa mi permetta
di valermi di quanto lei aveva esposto nel corridoio della
tentazione, gliene render conto esatto, e non perder nulla
Il re lo lasci padrone assoluto. Zadig scelse in tutto
Serendib trentatre gobbetti tra i pi repellenti che trov,
trentatre paggi tra i pi belli, e trentatre bonzi tra i pi
facondi e vigorosi. Diede loro la concessione dentrare
dentro le celle delle sultane; ogni gobbetto ebbe a
disposizione quattromila monete doro da regalare, e fin dal
primo di tutti i gobbetti furono felici. I paggi che non
avevano da regalare altro che se stessi trionfarono appena
dopo due o tre giorni. I bonzi dovettero faticare alquanto di
pi, ma alla fine trentatre pie femmine gli si arresero. Il re,
guardando attraverso certe persiane che mostravano tutte le
celle, vide ogni esperimento, e fu stupefatto. Di cento
femmine novantanove soggiacquero davanti ai suoi occhi.
Ne rimaneva una giovane giovane, novellina, a cui la
Maest del Re non si era ancora mai avvicinata. Mandarono
su di lei un primo, un altro, un altro ancora dei gobbi che le
offrirono persino ventimila monete: fu incorruttibile e non
pot fare a meno di ridere sullidea di quei gobbi persuasi
che il denaro li rendesse pi prestanti. Le mandarono i due
paggi pi belli; ella disse che il re le pareva ancor pi bello.
Le mandarono il bonzo pi facondo, e poi il pi
intraprendente; il primo le sembr soltanto un linguacciuto,
e non capi nemmeno che meriti avesse il secondo. Ella
diceva: - Il cuore tutto, non mi lascer mai vincere
dalloro di un gobbo, n dalla leggiadria dun giovanotto, n
dalle attrattive dun bonzo; amer unicamente Nabussan,
figlio di Nussanab, e aspetter che egli si degni damarmi -.
Il re si senti fuor di s per la gioia, la meraviglia, la
tenerezza. Si riprese tutto il denaro che aveva dato il
successo ai gobbi, e ne fece dono alla bella Falida, questo il
nome della giovane. Le diede il proprio cuore, ella ne era
davvero meritevole: ella era il fiore della giovinezza, il pi
lucente che si fosse mai veduto, con le pi incantevoli grazie
della bellezza. La verit storica vuole che non si taccia che
non sapeva fare bene una riverenza; nondimeno danzava
come le fate, cantava come le sirene, parlava come parlano
le Grazie: era piena di talenti e di virt. Nabussan, amato,
lador; ma ella aveva occhi celesti, e ci fu sorgente delle
maggiori sventure. Esisteva una legge antica che vietava ai
re damare uno di quei tipi di donne che i greci chiamarono
poi boopie.
Il capo dei bonzi di cinquemila anni prima aveva
promulgato quella legge, con lo scopo dappropriarsi
dellamante del primo re dellisola di Serendib: questo il
motivo dellanatema sugli occhi celesti, messo nella
costituzione fondamentale dello stato. Tutti i dignitari
dellimpero andarono da Nabussan per contestare. Si diceva
in palese che erano giunti gli ultimi giorni del regno, che era
il colmo dellabbominazione, che su tutta quanta la natura
pendeva la minaccia dun evento sinistro; insomma che
Nabussan figlio di Nussanab era innamorato di due grandi
occhi celesti. I gobbi, i banchieri, i bonzi e le donne brune
riempirono il regno con le loro querele. I popoli selvaggi che
dimorano nel nord di Serendib approfittarono di questo
generale malcontento. Fecero unirruzione negli stati del
buon Nabussan. Egli chiese contribuzioni ai suoi sudditi; i
bonzi, possessori di met delle rendite statali, si appagarono
di alzare le mani al cielo rifiutandosi di metterle nei loro
forzieri per aiutare il re. Cantarono delle belle preghiere, e
lasciarono lo stato in balia dei barbari.
- O caro mio Zadig, - esclam Nabussan con dolore, -
sarai ancora tu a togliermi da questo orribile impaccio? -
Volentierissimo, - rispose Zadig, - e lei avr dai bonzi tutto il
denaro che vuole. Abbandoni i luoghi dove stanno i castelli
dei bonzi, e difenda soltanto i propri Nabussan esegu: i
bonzi corsero a inginocchiarsi ai suoi piedi implorando
aiuto. Il re rispose mediante una bella musica su parole che
erano preghiere invocanti dal cielo la conservazione dei loro
luoghi. Finalmente i bonzi diedero denaro e il re conchiuse
felicemente la guerra. Cosi Zadig, per mezzo dei saggi e
fortunati consigli e con i maggiori servigi, si era attirata
lirreconciliabile inimicizia degli uomini pi potenti dello
stato: bonzi e donne brune giurarono la sua rovina,
banchieri e gobbi non lo perdonarono; tutti lo misero in
sospetto presso il buon Nabussan. I servigi resi rimangono
per lo pi nellanticamera, i sospetti invece penetrano nella
stanza. Questa una massima di Zoroastro. Ogni giorno
nuove accuse; la prima respinta, la seconda sfiora, la terza
ferisce, la quarta uccide. Zadig si senti intimidito; egli aveva
condotto bene gli affari dellamico Setoc, e gli aveva inviato
il suo denaro; pens solamente a partirsene dallisola, e
decise di andare egli stesso a cercare notizie di Astarte. -
Infatti, - diceva, - se resto a Serendib i bonzi mi
condanneranno al palo; ma dove andare? In Egitto sarei
schiavo; in Arabia, con grande probabilit, bruciato; a
Babilonia strozzato. Tuttavia devo sapere che ne di
Astarte: si parta e si veda un po che cosa mi prepara il mio
triste destino.

Qui il ritrovato manoscritto con la storia di Zadig finisce. Questi ultimi due capitoli
devono certamente collocarsi dopo il dodicesimo, precedentemente allarrivo di Zadig in
Siria. Si sa chegli pass per molte altre avventure che furono trascritte con fedelt. Si
pregano i signori interpreti di lingue orientali di comunicare le loro eventuali scoperte.

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