Voltaire Zadig ................................................................................... 1 Nota introduttiva ........................................................................................... 4 Zadig o il destino Storia orientale................................................................ 12 Lettera dedicatoria di Zadig inviata da Sadi alla Sultana Sheraa............... 13 Il cieco da un occhio ........................................................................................... 15 Il naso ................................................................................................................. 19 Il cane e il cavallo ............................................................................................... 22 Linvidioso .......................................................................................................... 27 I generosi ............................................................................................................ 33 Il ministro ........................................................................................................... 36 Contrasti di opinioni e udienze ........................................................................... 39 La gelosia ............................................................................................................ 43 La donna percossa ............................................................................................... 48 La schiavit ......................................................................................................... 52 La pira ................................................................................................................. 56 La cena ................................................................................................................ 60 Gli appuntamenti ................................................................................................ 64 Il brigante ........................................................................................................... 68 Il pescatore.......................................................................................................... 72 Il basilisco ........................................................................................................... 76 I certami ............................................................................................................. 85 Leremita ............................................................................................................. 91 Gli enigmi ........................................................................................................... 98 La danza ............................................................................................................ 102 Occhi celesti ..................................................................................................... 106 Nota introduttiva Zadig, primo eroe romanzesco di Voltaire, arriva sulla scena con certe pretese. convinto di essere molto buono, molto bello, molto bravo; e inoltre ritiene che questo gli debba garantire la felicit. Allelenco delle sue virt Voltaire aggiunge la modestia; eppure per tutto il romanzo Zadig non commette una sola cattiva azione, il che va oltre la modestia e sfiora la presunzione. Perch Zadig lautore stesso. Per la prima volta, alle prese con tormenti di varia natura, pratica e intellettuale, Voltaire ha lidea di rappresentare se stesso in chiave metaforica, nelle vesti di un giovanotto alla ricerca del vero e del buono. Come i suoi successori, Zadig non invecchia; perfino Cunegonda invecchier vicino a Candido, ma su questultimo non viene detto nulla al proposito. Essi devono restare come sono apparsi, immagini di giovinezza, anche per colui che li sospinge in scena: lo scrittore ormai maturo, che si trova nella situazione di stendere un bilancio della propria vita. Solo eccezionalmente, come nella Storia del buon bramino, Voltaire pone al centro dellazione la figura di un vegliardo; altrimenti preferisce disseminarli nellazione, a distribuire consigli pi spesso stravaganti che veritieri. A Babilonia cera quindi un jeune homme nomm Zadig, n avec un bon naturel fortifi par lducation. Chi gli ha dato luna e laltra? Per tutto il romanzo la maggior parte dei personaggi mostrano una natura debole e una educazione pessima; da dove esce Zadig? Fin dallinizio egli ha i connotati di una scommessa vivente, improbabile e temeraria. Zadig un antieroe, perch in fondo per Voltaire leroe di una vicenda rimane un personaggio diverso, chiuso in un mondo che non lo lascia respirare, lo invecchia, e gli inocula funeste e letali passioni: il mondo di Racine, lo scrutatore dellanima umana. Il mondo dove le passioni si trasmettono come lente malattie ereditarie, febbri che scuotono i cadaveri del potere massimo, addobbati lugubremente da trionfatori; il mondo dei nati-vecchi, a ripetere i gesti dei loro antenati, chiusi nella stessa gabbia, la corte. Anche Zadig uomo di corte; neppure Voltaire ha ancora compiuto il grande passo. Espulso dalla corte, Zadig vi ritorna alla fine, da trionfatore; non si pu immaginare per lui un lieto fine diverso. Questo il suo paradosso come personaggio: egli ha tutte le qualit che mancano ai cortigiani, schietto, leale, generoso, eppure gravita nel loro stesso ambiente, e uscire da quel mondo rappresenta un esilio. Poco pi di dieci anni dopo, allepoca di Candide, la propriet da coltivare alluder al dominio di Fernay e alla nuova vita di patriarca rurale che Voltaire sta per cominciare; la corte, almeno quella di Francia, sar lasciata alle spalle. Quasi per necessaria e doverosa esperienza, Zadig cerca dapprima la felicit in amore; e dallamore riceve le prime delusioni. Smire, la giovane cortigiana, poi Azora, la citoyenne (prima smagliatura nel mondo chiuso della corte), che egli sposa per poi ripudiare, lo deludono profondamente; tutte e due si rivelano incostanti, leggere, insomma incapaci di apprezzarlo. Finch egli non decide di rinunciare alla vita coniugale, appena sperimentata, e di ritirarsi in solitudine, per cercare la felicit nello studio della natura, a esaminare le propriet degli animali e delle piante. E infatti Zadig si rifugia nella natura con spirito prerousseauiano: per trovare la pace e per studiare le erbe. Solo che Voltaire non Rousseau, e invece della felicit Zadig finisce con lo scoprire un metodo. Lepisodio della cagna e del cavallo loccasione per esibire un vero e proprio virtuosismo di capacit induttive. A corte ricominciano a prenderlo in considerazione; malgrado gli sforzi dei suoi nemici, il re e la regina lo guardano con occhio nuovamente benevolo. Zadig portato ancora a credere nella felicit; se gli altri capiscono che egli degno di essere felice, non ci sono pi ostacoli. La stima pubblica, lonore meritato, diventano allora ingredienti indispensabili per il bonheur. Quando Zadig riceve il premio della generosit, esclama: Je suis donc enfin heureux. Quando alla fine diventa re di Babilonia, Zadig sar re e sar felice. soprattutto importante essere riconosciuti. Uno dei capitoli pi romanzeschi del libro, quello dei duelli (episodio ispirato da Ariosto, amatissimo dal Voltaire di quegli anni), centrato sul tema dellarmatura-maschera che nasconde lidentit dei duellanti, e sullo scambio delle maschere stesse, per cui il cavaliere perdente usurpa i diritti del vittorioso Zadig. Nellultimo capitolo, Zadig deve anche risolvere degli enigmi, e viene quindi reintegrato nella sua personalit di sapiente. Il fut reconnu roi dun consentement unanime... Il tema dellagnizione aveva dettato in precedenza il momento patetico dellincontro con Astarte in riva al fiume, mentre la giovane donna scrive i! nome di Zadig sulla sabbia; segno che, accanto ad Ariosto, anche ricordi del romanzo elegiaco-pastorale confluiscono nella memoria dellautore. Eppure lepisodio ha un suo segreto lirismo, mascherato, come spesso in Voltaire, dironia. Mentre le damigelle cercano il fantomatico basilisco, onde guadagnarsi le nozze con il signore Ogul, lautore ci tiene a precisare che Astarte non cerca nulla: forse perch ha gi trovato qualcosa di pi importante dello sposalizio regale. Ma la strada verso il sognato riconoscimento, e verso la felicit che ne consegue, disseminata di ostacoli che Voltaire identifica, dallinizio alla fine, con lopera maligna degli invidiosi. Dopo vari tentativi falliti (tra cui quello dei versi contraffatti), i nemici di Zadig, che nel frattempo diventato primo ministro, riescono a insospettire il re e a ingelosirlo. Zadig fa appena in tempo a esclamare: Si jeusse t mchant comme tant dautres, je serais heureux comme eux, ed costretto a fuggire. Che cosa lascia alle spalle questo primo ministro? Un vero e proprio retaggio illuministico. Ha insegnato a preferire lessere al parere, lo stile della ragione a quello della retorica; a salvare un colpevole piuttosto che condannare un innocente. Tutto un programma che Voltaire, praticamente esiliato dalla corte nel momento in cui scrive Zadig, pensa di avere ispirato alla cultura del suo tempo, pur rammaricandosi di non averlo potuto portare pi a fondo. Lideale di una repubblica di sapienti non estraneo a questa rappresentazione di Zadig primo ministro; sintende che un re deve comunque sussistere, fa parte della natura stessa delle cose. Ma nel momento in cui viene espulso, che cosa trova Zadig, e qual il suo rifugio? Come se uscisse di casa, sopra di lui si spalanca il cielo della notte: Zadig dirigeait sa route sur les toiles... E la pagina che segue la pi poetica del romanzo, una di quelle pagine voltairiane che dovettero piacere a Leopardi. Ma il suo significato lontano non solo da quella che sar la considerazione leopardiana delluniverso, ma anche dal messaggio conclusivo di Candido, anni dopo. Lammirazione per Newton sembra qui, per via inopinata, portare Voltaire dritto fra le braccia di Pope e di Leibniz: luniverso segue leggi generali e immutabili, e non pu certamente occuparsi di tutti gli Zadig della terra. Il dolore di questultimo sembra pi propriamente una specie di miopia; se gli occhi guardano fin dove sanno guardare, alle stelle, tutto il resto dimenticato. Eppure, nella rappresentazione degli insetti umani che si divorano, e dei pensieri di Zadig che tornano immancabilmente alle private sventure, si gi incuneata la resistenza di fondo che impedisce a Voltaire di accettare davvero la dottrina dellarmonia universale: la quale dovrebbe giustificare i mali individuali in nome di un bene collettivo. Chi non leva lo sguardo alle stelle finisce col restare terra terra; ma chi sale a quella altezza, sapr poi valutare ogni cosa che succede qua in basso? Forse che il dolore umano e il destino individuale non sono fatti che appartengono alla realt? Micromegas dar una soluzione singolare al problema, con lidea dei giganti che osservano gli uomini, e possono capirne virt e debolezze; ma il cielo di Zadig un orizzonte matematico, abitato da unarmonia imperscrutabile. Col suo andare da Zadig alle stelle, Voltaire sembra proporre una dialettica del problema; in realt egli ondeggia, perplesso. Del resto, questo Voltaire: potr esitare tra una posizione e laltra, ma non cercher di mettere insieme gli opposti. Aspetta di poter scegliere; e, con Candide, larmonia universale finir nei discorsi di Pangloss, a seguire la sorte dogni altra metafisica. Ma seguiamo il percorso di Zadig. In Egitto viene fatto schiavo da un mercante arabo, Stoc, con il quale egli entra in un rapporto da primo ministro privato. Gli insegna le cose utili al commercio, le propriet dei metalli e quelle degli animali. La passeggiata sotto le stelle, la tentazione metafisica, non stata di lunga durata; gli eroi di Voltaire sono ansiosi di tornare fra la gente. E se Zadig diventa schiavo per eccesso di zelo nel difendere una fanciulla, sfortunato paladino immemore di Don Chisciotte, diventa emblematico il suo passaggio al servizio del borghese esperto di traffici e bisognoso di consigli pratici. Zadig glieli fornisce volentieri, ma non si accontenta di questo. Contemplando la possibilit di esclusione definitiva dalla vita di corte, disposto a trasferire i suoi talenti al servizio di una nuova e intraprendente borghesia, egli non pensa che il filosofo debba limitarsi a fare i conti dei suoi guadagni. Il rapporto deve restare alla pari. Quindi, la lezione pi importante di Zadig riguarda il falso culto delle stelle, corpi come gli altri, immeritevoli di venerazione. Questa educazione allilluminismo si amplia nel capitolo seguente fino a comprendere la rete intera dei rapporti umani; la grande famiglia cosmopolita che si riunisce a tavola, saggiamente armonizzata da Zadig, lideale massimo della funzione del filosofo secondo Voltaire: Vous tes donc tous de mme avis, et il ny a pas l de quoi se quereller. E si noti che Zadig non crede al gesto gratuito: alla fine, in segno di gratitudine, tutti lo abbracciano. Il tema delle stelle trova lapogeo parodico nel capitolo in cui la giovane vedova Almona riesce a salvare Zadig dalla vendetta dei preti (che lo odiano per ragioni soprattutto venali, sottolinea Voltaire). Ella d appuntamento di stella in stella a tutti i preti, i quali, da parte loro, le assicurano che nessun astro vale le sue bellezze. Ma Zadig deve nuovamente partire in esilio; e da questo momento convinto che il destino gli profondamente ostile e trama sempre ai suoi danni. Les sciences, les murs, le courage, nont donc jamais servi qu mon infortune. Se anche queste qualit portano alla sventura, non c da nutrire fiducia. Il cielo ce lha con Zadig. Soltanto lincontro con leremita fa cambiare idea al nostro eroe. Costui gli dimostra che la Provvidenza esiste, anche se gli uomini non se ne accorgono; che tutto necessario sulla terra; che non bisogna piangere sulla morte di un fanciullo perch da grande sarebbe forse stato un criminale; e insomma, che non c male da cui non nasca un bene. Leibniz e Pope riprendono il sopravvento: Faible mortel! cesse de disputer contre ce quil faut adorer. Mentre parla, leremita si tramuta in angelo e vola via, e Zadig non fa in tempo a esternare i suoi dubbi. Torna a Babilonia come un sonnambulo, risolve gli enigmi e viene fatto re, cosi si mette a lodare il cielo. Tutto il finale assume i caratteri del sogno e della favola. Ma un problema ricomincia esattamente al punto irrisolto; e il mais... di Zadig verr ripreso in varie tappe, fino a culminare in Candide, dove Voltaire che dice mais... al suo eroe, fino a convincerlo, e a farlo tacere. Zadig si aspetta troppi compensi, troppo ansioso di gratificazione; al momento di cambiar pelle e di passare dal ruolo di eterno primo ministro (che valuta il proprio destino secondo il riconoscimento che gli concesso) a quello di uomo davvero indipendente e stranamente sereno (come sar Candido, alla fine), Zadig si nasconde nella favola; che come dire che non vuole pi saperne di tormentarsi. Nei difficili mesi in cui scrive questa storia, Voltaire sente il bisogno non soltanto di filosofare, ma anche di consolarsi. Ed unottima consolazione pensare che il destino, da qualche parte, prepari un lieto fine alle nostre vicende; anche se questa speranza fa perdere lucidit. Infatti, mentre va a Babilonia, Zadig descritto come fuori di se stesso, sembra camminare a casaccio; e risolve degli enigmi di cui un tempo si sarebbe burlato. Zadig stanco, Voltaire intuisce che bisogna dargli il cambio; per il momento ne fa un re, e cosi lo mette in pensione. FRANCO FERRUCCI
Zadig o il destino Storia orientale
Lettera dedicatoria di Zadig inviata da Sadi alla Sultana Sheraa (il giorno 18 del mese schewal. Anno 837 dellEgira)
O fascino degli occhi, assillo dei cuori, luce dello spirito, non posso baciare la polvere dei vostri piedi perch movete cos poco i passi o li movete sopra tappeti iranici o su petali di rose. Vi offro la traduzione del libro dun antico sapiente, che con la buona sorte dessere libero e senza impegni, ebbe anche quella di passare suo tempo nello scrivere la storia di Zadig: un lavoro che dice pi di quanto sembra. Vi chiedo il favore di leggerlo e poi dirmi che ve ne pare: perch, sebbene voi siate nella primavera della vita, circondata da tutti i piaceri, avendo la bellezza e, oltre la bellezza, anche lingegno; sebbene sentendovi ogni giorno continuamente lodare potreste essere scusata se il buon senso vi abbandonasse, siete nondimeno sensatissima e di gusto finissimo. Ebbi occasione di udirvi discorrere pi giudiziosamente che non i vecchi dervisci con la barba prolissa e con il berretto a punta. Siete prudente, senza ombra di diffidenza, dolce ma non debole; siete benefica, ma con discernimento; amorevole con chi vi ama, aliena da inimicizie. Il vostro spirito arguto non si compiace mai di maldicenza; non dite e non commettete malvagit, nonostante la straordinaria libert che vi data. Insomma la vostra anima sempre mi apparsa pura come la vostra bellezza. E siete persino padrona duna certa filosofia, che minduce a credervi pi adatta di chiunque al piacere di leggere questo lavoro dun uomo sapiente. Nella sua prima stesura fu scritto nellantica lingua caldea, che n voi n io capiremmo. Poi fu tradotto in lingua araba per diletto del celebre sultano Ulugbeg. In quel tempo gli Arabi e i Persiani incominciavano a scrivere le Mille e una notte, i Mille e un giorno, eccetera. A Ulug piaceva leggere Zadig, ma le sultane preferivano I mille e uno. Il buon Ulug domandava: Ma come potete anteporre a Zadig dei racconti inconcludenti? Proprio per questo ci piacciono, rispondevano le sultane. Spero che voi non siate come quelle sultane, ma piuttosto un vero Ulug. Spero perfino che quando sarete stanca di quei discorsi generalizzanti, non troppo diversi da I mille e uno, ma pi noiosi, potr avere un momento lonore di parlarvi seriamente. Se voi foste stata, al tempo di Alessandro figlio di Filippo, la regina Talestri; o, al tempo di Salomone, la regina di Saba, non voi vi sareste messa in viaggio ma quei re si sarebbero mossi verso di voi. Io prego le celesti virt che vi diano soddisfazioni perfette, bellezza costante, infinita felicit. Sadi
Il cieco da un occhio Al tempo del re Moabdar viveva in Babilonia un giovanotto di nome Zadig. Aveva unindole buona, molto bene educata. Quantunque ricco e giovane, egli non si lasciava dominare dalle passioni, non si dava importanza, non voleva avere sempre ragione, tollerava le debolezze umane. Era cosa degna di ammirazione che egli nella sua superiorit di spirito ascoltasse e non schernisse quel chiacchiericcio frammentario e disordinato, quelle imprudenti maldicenze e ignoranti asserzioni, e le grossolane freddure e linconcludente frastuono parolaio, che in Babilonia passavano per conversazione. Dal primo libro di Zoroastro egli aveva imparato che lamor proprio un pallone pieno di vento, se appena lo buchi sfiata tempesta. E soprattutto non si vantava di vilipendere le donne e di soggiogarle. Era danimo generoso, non temeva di fare del bene aglingrati; in ci seguendo quel grande precetto di Zoroastro: Quando mangi, da pure qualcosa ai cani, anche se poi mordono. Egli era perfettamente assennato, perch voleva vivere con gli uomini saggi. Dotto nelle scienze degli antichi Caldei, conosceva tutto quanto a quel tempo si sapeva sui principi fisici della natura, e della metafisica conosceva tutto ci che in ogni tempo si saputo, cio assai poco. Era assolutamente convinto che lanno avesse trecento sessantacinque giorni e un quarto, nonostante la nuova filosofia del suo tempo; e che il sole fosse al centro delluniverso. Quando i maggiori magi, con sprezzante alterigia lo accusavano di cattivi sentimenti e dicevano che nel credere come il sole girasse su se stesso e lanno fosse di dodici mesi, si era nemici dello stato, egli se ne stava zitto senza mostrare corruccio n disdegno. Zadig, perch provvisto di grandi ricchezze, e quindi di amici, e con buona salute, simpatico aspetto, intelligenza e spirito, sincerit e nobilt di cuore, pensava di poter essere felice. Doveva sposare Semira, per belt, per famiglia, per dote il migliore partito di Babilonia. Sentiva per lei un onesto e sicuro affetto; e Semira a sua volta lamava appassionatamente. Erano gi prossimi allavventurato momento della loro unione e mentre passeggiavano insieme verso una delle porte di Babilonia, sotto le palme che adornavano la riva dellEufrate, ecco venire su di loro un gruppo di uomini armati di sciabole e di frecce. Erano i satelliti di Orcano, un giovanotto, a cui i cortigiani di un suo zio, ministro, avevano messo in mente che qualunque cosa gli fosse lecita. Non aveva nemmeno una delle grazie o delle virt di Zadig; ma, persuaso della propria superiorit, era pien di rabbia per non essere il preferito. Siffatta gelosia, derivata soltanto dalla vanit, laveva convinto dessere perdutamente innamorato di Semira. Voleva rapirla. I rapitori lafferrarono, e nellimpeto della loro violenza la ferirono, facendo cos sanguinare una persona che appena vista avrebbe intenerito persino le tigri del monte Imaus. I suoi lamenti salivano al cielo. Gridava: - O sposo mio caro, mio adorato, mi strappano da te! - Non si curava del proprio pericolo, pensava soltanto al suo caro Zadig. Costui, intanto, la difendeva con tutte le forze del coraggio e dellamore. Con il solo aiuto di due schiavi riusc a scacciare i rapitori e riaccompagn a casa Semita. Era svenuta e coperta di sangue, ma come riapr gli occhi e vide il suo salvatore, disse: - O Zadig! Ti amavo come sposo, e adesso ti amo perch mi hai salvato la vita e lonore Non vi fu mai persona pi accorata di Semira. Mai bocca cosi seducente seppe esprimere pi commoventi affetti con parole ardenti ispirate dal sentimento delle pi grandi grazie ricevute e del pi commosso entusiasmo per un tanto legittimo amore. La ferita di lei risult leggera: guari rapidamente. Zadig era stato colpito pi pericolosamente; una frecciata gli aveva fatto una piaga profonda vicino allocchio. Semira implorava gli dei per la guarigione dellinnamorato. Giorno e notte aveva gli occhi pregni di lacrime; non aspettava altro momento che quello in cui gli occhi di Zadig potessero rallegrarsi nel vedere gli sguardi di lei; ma sopravvenne un ascesso allocchio ferito, e si temette il peggio. Si mand a chiamare il famoso dottor Ermete, di Menfi; che giunse con il numeroso suo seguito. Visit linfermo e dichiar che avrebbe perduto locchio; precisando addirittura il giorno e lora del funesto evento. - Se fosse stato locchio destro, - disse, - lavrei guarito; ma le ferite allocchio sinistro sono incurabili -. Tutti i cittadini di Babilonia, compiangendo la sorte di Zadig, ammirarono la profondit della scienza dErmete. Due giorni dopo, lascesso si sgonfi di per s. Zadig risan perfettamente. Ermete compose un libro per dimostrare che quellocchio non sarebbe dovuto guarire. Zadig non lo lesse; ma appena fu in grado di uscir di casa, si accinse a fare visita a colei che rappresentava la speranza duna vita felice e che era la sola donna per la quale egli desiderasse davere gli occhi. Semira, da tre giorni, era in campagna. Zadig, cammin facendo, venne a sapere che la sua bella dama, dopo aver dichiarato una invincibile antipatia per i monocoli, sera ormai sposata, proprio quella notte, con Orcano. A tale annunzio, Zadig svenne; il dolore lo port vicino a morte, sullorlo della tomba; ebbe una lunga malattia; ma infine la ragione vinse lafflizione e la stessa atrocit della propria esperienza contribu a consolarlo. - Poich ho provato, - disse, - la crudelt e il capriccio duna ragazza educata tra i cortigiani, bisogna che io sposi una semplice cittadina Scelse Azora, la pi sensata e pi distinta ragazza della citt. La spos e trascorse con lei un mese nella soavit della pi tenera concordia. Si accorse soltanto di qualche leggerezza in lei e di una forte inclinazione a credere sempre che i giovanotti pi belli avessero anche la maggiore intelligenza e le migliori virt.
Il naso Un giorno Azora torn dal passeggio in grande corruccio e con grandi grida di stupore. - Che c, - domand Zadig, - sposa mia cara? Chi tha fatto arrabbiare cosi? - Ah! - disse lei, - saresti anche tu come me, se avessi visto pure tu lo spettacolo cui sono stata presente poco fa. Ero andata a consolare Cosru, la vedovella che da due giorni ha fatto costruire una tomba al giovane suo sposo, proprio sulla sponda del ruscello qui in fondo al prato. Ispirata dal dolore ella ha giurato agli dei di rimanere presso la tomba fino a quando lacqua del ruscello scorrer l vicino. - Ebbene, - disse Zadig, - davvero una donna degnissima, davvero ella amava il marito! - Ah, - continu Azora, - se tu sapessi che cosa stava facendo, proprio quando io giunsi da lei! - Che cosa, mia bella Azora? - Faceva deviare il ruscello -. Azora si profuse in invettive talmente prolisse, proruppe in riprovazioni talmente violente contro la vedovella, che tutto quello sfoggio di virt non piacque molto a Zadig. Egli aveva un amico, Cador, uno di quei giovanotti che Azora giudicava pi onesto e pi meritevole degli altri. Zadig gli confid una sua intenzione e con un grosso donativo si assicur, per quanto era possibile, della sua segretezza. Azora, dopo aver trascorso due giorni con una sua amica in campagna, torn a casa. I domestici piangendo le dissero che suo marito era morto allimprovviso, la notte precedente, e che non avevano avuto il coraggio di portarle la ferale notizia e che avevano or ora seppellito Zadig nella tomba di famiglia, in fondo al giardino. Ella pianse, si strapp i capelli, giur di morire. La sera, Cador chiese di poterle parlare e piansero tutti e due. Lindomani piansero un po meno e pranzarono insieme. Cador le confid che lamico suo gli aveva lasciato la maggior parte delleredit e le fece capire chegli sarebbe stato ben lieto di dividere la propriet con lei. La donna pianse, si mostr offesa, si mostr comprensiva; la cena fu un po pi lunga del pranzo; la conversazione divent pi confidenziale; Azora fece lelogio del defunto; ma non nascose chegli aveva qualche difetto da cui Cador era immune. Mentre cenavano Cador si lament dun violento dolore alla milza; la donna, agitata e premurosa, si fece portare tutte lessenze che usava come profumi, sperando di trovarne una che giovasse contro il mal di milza; le dispiacque molto che il grande Ermete non fosse rimasto a Babilonia, si degn persino di tastare il punto in cui Cador sentiva cosi acuti dolori. - Ma di questo male soffrite sovente? - gli chiese con compassione. - Qualche volta mi getta sullorlo della tomba, - le rispose Cador. - Un solo rimedio potrebbe darmi sollievo: mettere, sopra la parte dolente, il naso dun uomo morto da un giorno. - Ma che strano rimedio! - disse Azora. - Non pi strano, - rispose lui, - dei sacchetti che il signor Arnu adopera contro lapoplessia -. Questa spiegazione e le straordinarie qualit del giovanotto fecero decidere la donna. - In fin dei conti, - disse, - quando mio marito sar sul ponte Sinavar per passare dal mondo di ieri al mondo di domani, langelo Asraele gli impedir forse il transito soltanto perch il naso nella seconda vita sar un po meno lungo che nella prima? - Azora prese dunque un rasoio e and alla tomba dello sposo, la bagn di lacrime, vi si accost per tagliare il naso di Zadig, chella trov lungo e disteso nel sepolcro. Zadig si sollev tenendosi il naso con una mano e con laltra mano fermando il rasoio. - Signora mia, - le disse, - non inveire pi tanto contro la giovane Cosru: lintenzione di tagliarmi il naso e quella di deviare un ruscello si equivalgono bene.
Il cane e il cavallo Zadig ebbe dunque la prova che il primo mese del matrimonio, come sta scritto nel libro dello Zend, la luna di miele e che il secondo mese della luna dassenzio. Poco tempo dopo fu costretto a ripudiare Azora che sera resa insopportabile, e cerc soddisfazione nello studio della natura. - Non c pi grande soddisfazione, - diceva, - di quelle dun filosofo che legga il grande libro posto da Dio sotto i nostri occhi. Sono sue le verit chegli scopre, nutre ed eleva lanima propria, vive tranquillo, non ha da temere gli uomini, n la sposa tenerella che gli venga a mozzare il naso. Immerso in queste idee, si rifugi in una casa di campagna, sulla riva dellEufrate. L non si affannava a calcolare quanti pollici dacqua al secondo passino sotto gli archi dun ponte, n se nel mese del sorcio cade un centoquarantesimo quarto di pollice dacqua di meno che nel mese del montone. Non si metteva in testa di ottenere della seta con le tele di ragno, n della porcellana con i cocci delle bottiglie; ma si applic allo studio degli animali e delle piante, e non tard a scoprire sagacemente mille e mille differenze in luogo della uniformit veduta dagli altri. Un giorno, mentre passeggiava presso un boschetto, vide arrivare un eunuco della regina, seguito da parecchi ufficiali che sembravano molto inquieti e si sparpagliavano qua e l come uomini turbati alla ricerca di qualche perduta preziosissima cosa. - Giovanotto, - gli chiese il Primo eunuco, - avete per caso veduto il cane della regina? - Zadig con garbo rispose: - una cagna, non un cane. - vero, - ammise il Primo eunuco. - una cagna piccolina, di razza spagnuola, - aggiunse Zadig. - Ha da poco avuto i piccoli, zoppica della gamba anteriore sinistra, e ha orecchie lunghissime. - Lavete dunque vista? - disse il Primo eunuco tutto ansante. - No, - rispose Zadig, - non lho vista mai, non ho mai saputo se la regina possiede una cagna. Proprio allora, per una delle solite bizzarrie della sorte, il cavallo pi bello delle scuderie reali era sfuggito alla custodia dun palafreniere nella pianura intorno a Babilonia. Il Grande cacciatore e tutti gli altri ufficiali lo inseguivano con la stessa ansiet del Primo eunuco che cercava la cagna. Il Grande cacciatore si rivolse a Zadig domandandogli se aveva veduto passare quel cavallo del re. Zadig rispose: - il cavallo pi bravo di tutti al galoppo, alto cinque piedi, di zoccoli molto piccoli; ha una coda lunga tre piedi e mezzo; le due borchie del suo morso sono doro a ventitr carati, i ferri dargento di duecentosessantaquattro grani. - Che direzione ha preso? Dov andato? - domand il Grande cacciatore. - Non lho mica visto, - rispose Zadig, - non ne ho mai sentito parlare. Il Grande cacciatore e il Primo eunuco pensarono, senzalcun dubbio, che Zadig aveva sottratto il cavallo del re e la cagna della regina; lo fecero trascinare davanti allassemblea del Grande Desteram che lo condann a essere frustato con lo knut e a finire i suoi giorni in Siberia. Era appena pubblicata la sentenza che cavallo e cagna furono ritrovati. I giudici dovettero rincresciosamente ma necessariamente modificare la sentenza: ma condannarono Zadig a pagare quattrocento once doro perch aveva dichiarato di non aver visto ci che aveva visto. Prima di tutto fu giocoforza pagare la multa; poi fu concesso a Zadig di difendersi davanti al Consiglio del Grande Desteram. Parl nei termini seguenti: - O stelle di giustizia, abissi di scienza, specchi di verit, che avete il peso del piombo, la durezza del ferro, la lucentezza del diamante e molta affinit con loro! Poich mi concesso di parlare al cospetto di cos illustre assemblea, vi giuro per Orosmada che non ho mai visto la rispettabile cagna della regina e nemmeno il sacro cavallo del re dei re. Udite quanto successo. Andavo a spasso verso quel boschetto dove poi incontrai il venerando Eunuco e lillustrissimo Gran Cacciatore. Vidi sulla sabbia le impronte dun animale e capii facilmente che erano le orme dun piccolo cane. Dai solchi lunghi e leggieri rimasti impressi sui minimi rilievi della sabbia proprio tra le tracce lasciate dalle zampe compresi che si trattava duna cagna con le mammelle penzoloni per aver essa figliato da pochi giorni. Altri segni tracciati in senso diverso ma anche sulla superficie sabbiosa, lateralmente alle orme delle zampe anteriori, mi dimostrarono che la cagna aveva molto lunghe le orecchie, e poich osservai che una delle orme delle zampe sulla sabbia risultava pi lieve delle altre, capii che la cagna della nostra augusta regina zoppicava un poco, se ci mi permesso dire. Per quanto riguarda il cavallo del re dei re, sappiate che nella mia passeggiata nei cammini del bosco maccorsi delle impronte dei ferri dun cavallo: erano tutte equidistanti. Ecco, mi dissi, un cavallo dal galoppo perfetto. Il polline caduto dagli alberi, in una viottola larga soltanto sette piedi, a sinistra e a destra, a tre piedi e mezzo dal centro, era un pochetto sollevato. Questo cavallo, mi dissi, ha una coda lunga tre piedi e mezzo, che nella sua altalena ora a destra ora a sinistra scop il polline. Vidi pure, sotto gli alberi che con i loro rami formavano ima galleria alta cinque piedi, delle foglie cadute da poco, e capii che il cavallo aveva sfiorato quelle alte fronde, avendo appunto una statura di cinque piedi. E perch il morso devessere doro a ventitr carati? Perch con le borchie del morso rasent una pietra di paragone e io potei farne il saggio. Dalle tracce, poi, che i ferri del cavallo lasciarono su sassi di altra specie mi risult che i ferri stessi erano dargento di duecentosessantaquattro grani. Tutti i giudici ammirarono il profondo e sottile discernimento di Zadig; la cosa fu riferita persino al re e alla regina. Nelle anticamere, nella camera regia, nel gabinetto non si parlava daltri che di Zadig; e sebbene parecchi magi pensassero che lo si dovesse bruciare come stregone, il re diede lordine di restituirgli la multa di quattrocento once doro cui era stato condannato. Cancelliere, uscieri, procuratori andarono in gran pompa da lui per ridargli le quattrocento once doro; ne trattennero solamente trecentonovantotto per le spese del tribunale; e i servitori pretesero la loro mercede. Zadig saccorse di quanto pericolo potesse essere il troppo sapere, e giur che alla prossima occasione non avrebbe detto pi nulla di quanto veduto. Loccasione capit presto. Un prigioniero politico fuggi e pass proprio sotto le finestre della casa di Zadig. Zadig, interrogato, non disse verbo, ma gli dimostrarono chegli aveva guardato dalle finestre. Per questa colpa fu condannato alla multa di cinquecento once doro, e ringrazi i giudici della loro clemenza, seguendo cos lusanza di Babilonia. Gran Dio, - dissegli fra s, - come si devessere compatiti quando ci succede di andare a spasso in un bosco dove siano passati la cagna della regina e il cavallo del re! E com pericoloso laffacciarsi alla finestra! Com difficile la felicit in questa vita!
Linvidioso Zadig mediante la filosofia e lamicizia volle consolarsi dei danni avuti dalla sorte. In un sobborgo di Babilonia possedeva una casa ammobiliata con buon gusto, piena delle arti e delle attrattive adatte a un onestuomo. Al mattino la sua biblioteca era aperta a tutti i dotti, la sera la sua mensa era pronta per tutta la buona societ; ma presto scopr quanto i dotti siano pericolosi. Sorse una grossa discussione su una legge di Zoroastro che proibiva la carne di grifone. - Come proibire la carne di grifone, - dissero alcuni, - se tale animale non esiste? Alcuni altri dissero: - Deve esistere dato che Zoroastro proibisce di mangiarne. Zadig cerc di metterli daccordo, dicendo: - Se i grifoni esistono, non mangiamone; se non esistono ci sar impossibile mangiarne e cos in un caso e nellaltro ubbidiremo a Zoroastro. Un dotto che aveva composto tredici volumi sulle qualit del grifone, e per soprammercato era un grande teurgista and subito ad accusare Zadig a un arcimago di nome Yebor, chera il pi sciocco dei Caldei e perci il pi fanatico. Costui per la maggior gloria del sole avrebbe fatto impalare Zadig e poi completamente soddisfatto avrebbe recitato il breviario di Zoroastro. Lamico Cador (un amico vale certamente di pi che cento preti) and in visita da Yebor, e gli disse: - Viva il sole, vivano i grifoni! Badate bene di non punire Zadig! un santo, alleva grifoni nella sua aia e non ne mangia; il suo accusatore un eretico, uno sfrontato, osa affermare che i conigli hanno la zampa fessa e non sono immondi. Yebor dondol con la sua testa calva e disse: - Ebbene, bisogna impalare Zadig per i suoi cattivi pensieri sui grifoni, e quellaltro per le sue cattive parole sui conigli. Cador riusc ad appianare la cosa per mezzo duna donzella che egli aveva reso madre e chera molto accetta nel collegio dei magi. Nessuno fu impalato, per cui parecchi dottori criticarono la cosa e previdero la decadenza di Babilonia. Zadig esclam: - Ma guardate da cosa dipende la felicit! In questo mondo tutto mi contro, perfino gli esseri inesistenti -. Mand alla malora i dotti e decise di vivere soltanto con le compagnie spensierate. Radunava in casa gli uomini migliori e le signore pi amabili di Babilonia; offriva pranzi raffinati, per lo pi preceduti da concerti musicali e animati da divertenti conversazioni. Vi aveva escluso la mania di fare dello spirito cio il modo pi sicuro di non averne e di annoiare la pi briosa compagnia. Non faceva dipendere dalla vanit la scelta degli amici o quella delle vivande; in ogni cosa preferiva la sostanza allapparenza; cos si guadagnava la stima pi sincera, senza pretenderla. Di rimpetto al suo domicilio era la dimora di Arimaze, un tipo duomo che nella fisionomia grossolana mostrava levidente riflesso dunanima cattiva. Roso dal fiele e gonfiato dallorgoglio, era per soprammercato un tediosissimo spiritoso. Non avendo mai avuto successo, si vendicava dicendo male di tutti. Quantunque ricco, stentava a raccogliere qualche adulatore in casa. Gli dava fastidio il rumore delle carrozze che di sera arrivavano alla dimora di Zadig, gli dava ancor pi fastidio leco delle lodi a Zadig. Di quando in quando si recava anche lui da Zadig, e si metteva a tavola senza essere invitato: guastava tutta lallegrezza della compagnia, allo stesso modo delle arpie che, a quanto si sa, infettano i cibi che toccano. Un giorno volle dare un ricevimento in onore duna signora, ma costei viceversa se ne and a pranzo da Zadig. Un altro giorno, nel palazzo reale, egli e Zadig mentre chiacchieravano, si avvicinarono a un ministro, il quale invit a pranzo proprio Zadig e non lui. Spesso gli odi pi implacabili non hanno fondamento pi importante di simili quisquilie. Ebbene, questo tipo che in Babilonia era soprannominato linvidioso si mise in testa di rovinare Zadig perch era soprannominato il felice. Loccasione di danneggiare capita cento volte al giorno, quella di far del bene una volta allanno: un detto di Zoroastro. Linvidioso si rec da Zadig che passeggiava nei giardini in compagnia di due amici e duna signora, a cui diceva via via gentili frasi galanti, per il solo motivo di dirle. La conversazione verteva su una guerra che il re aveva appena conchiusa vittoriosamente contro il principe dIrcania, suo vassallo. Zadig che in quella breve guerra sera distinto assai per bravura, faceva le lodi del re, e ancor di pi le lodi della signora. Prese il suo taccuino e scrisse quattro versi improvvisati, porgendoli poi in lettura alla graziosa signora. Gli amici chiesero il favore di leggerli anche loro; per modestia o, piuttosto, per ben inteso amor proprio egli ricus. Sapeva bene che i versi estemporanei sembrano belli soltanto per la persona cui sono dedicati; strapp in due pezzi il foglio del taccuino su cui li aveva scritti e li gett in mezzo a un roseto, dove furono cercati senza successo. Quindi si mise a piovigginare e la compagnia entr in casa. Linvidioso, rimasto in giardino, cerc finch riusc a trovare un mezzo foglietto. Risultava stracciato in modo da contenere esattamente quattro mezzi versi, che parevano metricamente finiti nella loro brevit; e per caso ancor pi strano avevano un significato di terribili insulti al re. Si leggevano cos: Nei misfatti pi brutti reso il trono pi saldo tra la pace di tutti lunico ribaldo Linvidioso si senti felice per la prima volta della vita. Teneva tra le mani ci che bastava alla rovina duna persona affabile e per bene. Pieno di gioia crudele mand subito al re quella satira scritta di pugno di Zadig. Lui, i due amici suoi, e la signora furono incarcerati. Gli si fece processo senzaltro, senza nemmeno concedergli dessere ascoltato. Quando fu condotto a udire la sentenza di condanna, linvidioso si colloc sul passaggio di lui e a voce alta gli disse che i suoi versi non valevano niente. Zadig non aveva la pretesa dessere un bravo poeta; ma non poteva capacitarsi della condanna come reo di lesa-maest e di sapere in carcere la bella signora e i due amici per un delitto non commesso. Non gli fu concesso di parlare; parlava per lui il foglietto del suo taccuino. La legge di Babilonia era cos. Lo si trascin verso il supplizio passando in mezzo a una folla di curiosi: nessuno osava compassionarlo, tutti accorrevano a scrutare la sua fisionomia, per osservare se sarebbe morto con dignit. Soltanto i suoi parenti si mostravano rattristati, dato che non avrebbero avuto leredit. I tre quarti delle sue ricchezze venivano confiscati a favore del re, il restante quarto a favore dellinvidioso. Proprio mentre egli si preparava alla morte il pappagallo del re vol via dal balcone, e capit nel giardino di Zadig, sopra un roseto. Una pesca era caduta l da un albero scrollato dal vento, era finita su un foglietto di taccuino, quasi incollandolo. Luccello prese pesca e foglietto e li port sulle ginocchia del monarca. Il principe, incuriosito, vi lesse delle parole che parevano senza senso, ma con le rime. Gli piaceva la poesia, e con i principi cui garba la poesia, pu sempre esserci qualche scampo: il caso del pappagallo lo fece riflettere. La regina, ricordandosi di quanto era stato scritto su quel foglietto di Zadig, si fece dare questaltro foglietto. I due pezzi di carta, accostati, combaciavano perfettamente. Si lessero perci i versi al modo in cui Zadig li aveva composti: Nei misfatti pi brutti vidi fosca la terra, reso il trono pi saldo e il re dominatore; tra la pace di tutti solo Amore fa guerra: lunico ribaldo che ci arrechi timore. Il re diede ordine di portar subito davanti a s Zadig, e di liberare dal carcere i due amici e la bella signora. Zadig si prostr, faccia a terra, davanti al re e alla regina: chiese umilissimamente scusa di aver composto dei brutti versi. Parl talmente con garbo, con spirito e con assennatezza che il re e la regina desiderarono rivederlo. Ritorn ed ebbe nuovo e miglior successo. Gli furono assegnate tutte le sostanze dellinvidioso che laveva accusato a torto; ma Zadig le restitu a lui e linvidioso fu solamente commosso dal piacere di non perdere le proprie sostanze. La stima del re verso Zadig crebbe ogni giorno di pi. Lo voleva partecipe di tutti i divertimenti, lo consultava in tutti gli affari. La regina dallora in poi lo consider con una compiacenza che sarebbe potuta diventare rischiosa per lei, per il re suo augusto sposo, per Zadig e per il regno. Zadig incominciava a credere che non poi cosa troppo difficile il sentirsi felici.
I generosi Venne il tempo duna grande festa quinquennale. Era una tradizione di Babilonia questa di proclamare solennemente ogni cinque anni quale cittadino avesse compiuto lazione pi generosa. Gli uomini pi autorevoli e i magi fungevano da giudici. Il Satrapo maggiore, governatore della citt, esponeva le pi belle azioni avvenute durante il suo governo. Si passava ai voti e il re dava il giudizio definitivo. A questa festa solenne venivano spettatori dalle pi lontane terre. Il vincitore riceveva dalle mani del sovrano una coppa doro ornata di gemme, e il re pronunziava le parole seguenti: Accogli questo premio della generosit, e gli dei mi concedano molti altri sudditi simili a te. Nel giorno memorabile, dunque, il re si assise sul trono, circondato dalle autorit, dai magi e dai rappresentanti di tutte le nazioni presenti a quelle gare nelle quali si guadagnava la gloria non con la sveltezza dei cavalli, non con la vigoria dei corpi, ma con la virt. Il Satrapo maggiore rifer ad alta voce i fatti che potevano procurare inestimabile premio ai loro autori. Non disse nulla della grandezza danimo di Zadig nel restituire allinvidioso i beni della fortuna: non era un atto meritorio del premio. Espose prima degli altri lazione di un giudice che, dopo aver condannato in un importante processo un cittadino per un equivoco di cui non era assolutamente responsabile, gli aveva dato tutta la propria ricchezza, corrispondente, come valore, a quella perduta dallimputato. Present quindi un giovane, che estremamente innamorato duna ragazza, e in procinto di sposarla, laveva lasciata a un amico disposto a morire per lei; non solo, le aveva anche fatto avere una dote. Poi fece venire un soldato che durante la guerra dIrcania aveva dato una prova, ancor pi grande, di generosit. Soldati nemici gli rapivano la sua bella ed egli la difendeva, ma gli vennero a dire che altri soldati dIrcania non lontano di li erano sul punto di rapire sua madre. Si precipit a salvare la madre, poi torn verso il suo amore: era moribonda. Voleva uccidersi. La madre gli ramment chegli per lei era lunico aiuto, ed egli ebbe la forza danimo di sopportare la vita. I giudici propendevano per lesempio del soldato. Il re si pronunzi e disse: - Bellesempio questo del soldato, belli anche quelli degli altri; ma non mi meravigliano; ieri Zadig ha dato un esempio che mi ha stupefatto. Da qualche giorno era in disgrazia presso di me Careb, mio ministro e mio favorito. Mi lamentavo acerbamente di lui, e tutti i cortigiani mi dichiaravano chio ero fin troppo benigno; gareggiavano nello sparlare di lui. Chiesi a Zadig il suo parere ed egli ebbe il coraggio di parlarne bene. Confesso daver letto, nelle nostre storie, di fatti esemplari: sbagli risarciti con denaro proprio, sacrificio del proprio amore, con preferenza della madre in confronto dellamante; ma non ho mai letto di un cortigiano che abbia parlato in favore dun ministro caduto in disgrazia e colpito dalla collera del suo sovrano. D ventimila monete doro a ognuno degli autori delle azioni generose citate or ora, ma d la coppa a Zadig. - Sire, - gli disse Zadig, - soltanto la Maest Vostra meritevole della coppa, per aver compiuto un atto inaudito, poich essendo re, non vi siete offeso contro il vostro schiavo contraddicente la passione del Vostro animo. Si ammir tanto il re quanto Zadig. Il giudice che aveva ceduto la propria ricchezza, linnamorato che aveva lasciato la propria fidanzata in isposa allamico, il soldato che aveva preferito salvare la madre piuttosto che la donna amata, ricevettero i regali del monarca; e i loro nomi furono scritti sul libro dei generosi. Zadig ebbe la coppa. Il re ebbe la fama di buon principe, ma non la conserv molto a lungo. Quella giornata fu celebrata con festeggiamenti assai pi prolungati del lecito. NellAsia ne hanno ancora adesso memoria. Zadig diceva: - Sono finalmente felice -. Ma silludeva.
Il ministro Il re aveva perduto il primo ministro. Scelse Zadig per ricoprire quelluffizio. Le belle signore di Babilonia, allunanimit, applaudirono a tale scelta: non si era mai visto, infatti, dallinizio dellimpero, un ministro cos giovane. I cortigiani ne ebbero dispiacere; linvidioso sput sangue e il suo naso gonfi in modo prodigioso. Zadig dopo aver ringraziato re e regina and a ringraziare anche il pappagallo. - Uccello bello, - gli disse, - tu mi hai salvato la vita e mhai fatto primo ministro; la cagna e il cavallo delle Loro Maest mi avevano assai danneggiato, ma tu mi hai beneficato. Ma guarda un po da cosa dipendono i destini umani! Per una fortuna cos stramba potrebbe svanire in fretta. Il pappagallo rispose: - S... Questa sillaba colp Zadig; tuttavia, essendo egli un bravo scienziato e non credendo che i pappagalli avessero virt profetiche, si rasseren e si mise a esercitare il proprio ministero con diligenza. Fece in modo che tutti sentissero il sacro potere delle leggi ma non il peso della sua dignit ministeriale. Non soppresse i pareri del Divano, e ogni visir poteva avere la propria opinione senza offenderlo. Nel giudicare una causa non lui ma la legge era giudice; e se la legge era troppo severa egli lalleviava; e quando mancavano leggi ne pronunziava di cosifatte che sembravano dettate da Zoroastro. Tutte le nazioni devono a lui il seguente dettame: meglio correre il rischio di salvare un colpevole piuttosto di condannare un innocente. Pensava che le leggi dovessero aiutare i cittadini e nello stesso tempo intimorirli. Il suo pi acuto studio era di illuminare la verit che tutti gli altri vorrebbero oscurare. Si applic a questo studio fin dai primi giorni del suo governo. Un famoso commerciante babilonese era morto nellIndia. Aveva lasciato eredi i due figli in parti uguali. La figlia di lui era gi maritata; ed egli aveva anche lasciato una somma di trentamila monete doro da consegnare al figlio che fosse giudicato pi affezionato a lui. Il figlio pi vecchio gli innalz un monumento funebre, il pi giovane accrebbe la dote della sorella con una parte della propria eredit. La gente diceva: - Il figlio pi vecchio era pi affezionato al padre, il giovane lo di pi alla sorella. Le trentamila monete doro spettano al maggiore. Zadig l chiam a s uno per volta. Disse al pi vecchio: - Tuo padre non morto, guarito della recente malattia, egli torna a Babilonia. - Sia lodato Iddio, - rispose il giovanotto, - ma il monumento funebre so io quanto m costato! Zadig ripet poi la notizia al figlio pi giovane. - Sia lodato Iddio, - rispose, - restituir tutto a mio padre, ma vorrei che lasciasse a mia sorella quanto le ho dato. - Non restituirai niente, - disse Zadig, - e avrai anche le trentamila monete, perch sei tu il pi affezionato a tuo padre. Una ragazza, molto ricca, sera promessa in matrimonio a due magi, e dopo aver ricevuto per qualche mese glinsegnamenti delluno e dellaltro, si ritrov incinta. Tutti e due i magi volevano sposarla: - Accetter per marito, - disse lei, - quello di voi due che mi ha messo in condizione di dare un nuovo cittadino allimpero. - Sono io, - dichiar uno dei due, - io ho compiuto questopera buona buona. - Io, io ebbi questo onore! - dichiar laltro. - Ebbene, - fece ella, - sono pronta a riconoscere come padre del mio bambino quello di voi che sapr dargli la migliore educazione. Partor un maschio. Luno e laltro mago volevano allevarlo. La disputa fu portata davanti a Zadig, che chiam i due magi. - Che cosa insegnerai al tuo pupillo? - chiese al primo. Quel dotto rispose: - Gli insegner le otto parti del discorso: dialettica, astrologia, demonomania, lessenza della sostanza e dellaccidente, lastratto e il concreto, le monadi e larmonia prestabilita. - Io, - disse laltro, - cercher di farlo crescere giusto e degno di avere amici. Zadig sentenzi: - Padre o non padre del piccolo, tu sposerai sua madre.
Contrasti di opinioni e udienze In questo modo egli palesava ogni giorno la sottigliezza del proprio talento e la bont dellanimo. Lo ammiravano, e insieme lamavano. Era considerato come il pi fortunato degli uomini; tutto limpero era pieno del suo nome, tutte le donne lo adocchiavano, i cittadini lodavano al cielo la sua giustizia, i dotti lo ascoltavano come un oracolo; persino i poeti ammettevano che la sapeva pi lunga del vecchio arcimago Yebor. Quanto era ormai distante il processo per i grifoni! Si dava credito soltanto a ci chegli credeva. In Babilonia da ben millecinquecento anni durava una grande disputa che divideva in due accanite sette limpero. Una setta asseriva che non si doveva mai entrare nel tempio di Mitra fuorch con il piede sinistro; i partigiani dellaltra, aborrendo da tale usanza, non entravano se non con il piede destro innanzi. Si aspettava il giorno della solenne festa del fuoco sacro per sapere quale setta sarebbe stata la favorita di Zadig. Tutta la gente fissava con gli occhi i piedi di lui, tutta la citt era in agitazione e in attesa. Zadig pass la soglia del tempio con un salto a piedi giunti; e dimostr poi, con un eloquente discorso, che il Dio del cielo e della terra, imparziale con tutti, non sta a badare pi a una gamba che allaltra. Linvidioso e sua moglie affermarono che nel discorso di Zadig non vi erano abbastanza metafore, non aveva abbastanza avviato a danza le montagne e le colline. Dicevano: - arido, senza brio intellettuale; con lui il mare non fugge, le stelle non cadono, il sole non si liquefa come la cera; egli non conosce il bello stile orientale Zadig si accontentava di usare lo stile della ragione. Tutti lo approvarono, non perch fosse sulla retta via, non perch fosse razionale, non perch amabile, ma perch era il primo ministro. Concluse anche bellamente la grande controversia tra i magi bianchi e i magi neri. I bianchi consideravano empiet il volgersi verso loriente invernale, nelle preghiere a Dio. I neri asserivano che Dio aveva in abominazione le preghiere di coloro che si volgevano verso loccidente estivo. Zadig diede lordine di volgersi di libera scelta. Trov anche il modo di sbrigare al mattino tanto gli affari particolari quanto quelli generali; il rimanente del giorno sinteressava degli abbellamenti di Babilonia; faceva rappresentare tragedie a cui si piangeva, commedie a cui si rideva, cose cadute in disuso da molto tempo e chegli rimise in onore perch dotato di buon gusto. Non si dava laria di sapere di pi degli artisti, anzi li premiava con benefici e onori, senza essere segretamente geloso dei loro talenti. Di sera era la miglior distrazione per il re e soprattutto per la regina. Il re diceva: - Che grande ministro! - E la regina: - Che ministro simpatico! - E tutti e due insieme: - Che danno se fosse stato impiccato! Non sera mai dato il caso dun uomo di cos alto grado costretto a concedere tante udienze alle signore. Per lo pi coteste signore andavano da lui per parlargli daffari inesistenti, ma per averne uno con lui. La moglie dellinvidioso fu tra le prime a presentarsi; gli giur per Mitra, per Zend-Avesta, e per il fuoco sacro chella aveva detestato il modo di fare del proprio marito; gli confid pure che il marito era un geloso, un uomo brutale; gli lasci capire che gli dei punivano tale marito privandolo di quel fuoco sacro che solo pu rendere gli uomini simili agli dei immortali; infine ella lasci scivolare la propria giarrettiera. Zadig, con normale cortesia, la raccatt, senza tuttavia riallacciarla alla gamba della signora; e questa piccola noncuranza, se possiamo chiamarla cos, fu motivo di orribili sventure. Zadig nemmeno ci pens, ma la signora si, e molto. Altre signore, ogni giorno, si presentavano alludienza. Gli annali segreti di Babilonia affermano chegli una volta non resistette alla tentazione, ma che fu stupito di fruirne senza volutt, e di avere distrattamente tra le braccia unamante. Colei alla quale, quasi senzaccorgersene, diede prova di benevolenza era una ancella della regina Astarte. Questaffettuosa babilonese, per consolarsi diceva tra s: Un siffatto tipo duomo deve avere la testa prodigiosamente piena di affari, dato che li rimugina anche mentre fa lamore. In queglistanti in cui molti non pronunziano sillaba, o alcuni dicono soltanto parole ispirate, a Zadig sfuggi questo grido improvviso: - La regina! - Alla babilonese sembr allora che egli fosse ritornato in s al momento buono e che le dicesse mia regina! ma Zadig ancora completamente distratto pronunci il nome di Astarte. La donna, in quegli avventurati frangenti, interpretando ogni cosa per s, simmagin che intendesse dire tu sei pi bella che la regina Astarte. Usci dal palazzo di Zadig con dei bellissimi regali. And a raccontare lavventura allinvidiosa, sua amica intima, che si senti terribilmente offesa per non essere stata preferita. - Vedi questa giarrettiera? - disse. Non si nemmeno degnato di allacciarmela; non ladoperer pi! - Oh oh, - la fortunata disse allinvidiosa, - porti lo stesso modello di giarrettiera della regina. Le compri dalla stessa modista? - Linvidiosa medit profondamente, non rispose e se ne and a chiedere consiglio al marito, linvidioso. Intanto Zadig si accorgeva di soffrire sempre di distrazioni durante ludienza e nei giudizi delle cause; non se ne capacitava, era l'unico suo cruccio. Fece un sogno: gli pareva dessere coricato dapprima sopra lerbe secche, e qualcuna pi pungente lo molestava; poi riposava morbidamente su un letto di rose, da cui per usciva una serpe che lo feriva al cuore con la lingua aguzza e velenosa. Ahi, - si diceva, - sono stato a lungo disteso su erbe secche e pungenti, ora sono su un letto di rose; ma chi sar la serpe?
La gelosia La disgrazia di Zadig sorse proprio dalla sua fortuna e principalmente dal suo merito. Ogni giorno aveva degli abboccamenti con il re e con laugusta sposa Astarte. Le seduzioni della sua conversazione erano raddoppiate dal desiderio di piacere, cosa che ravviva il brio dellintelligenza come un abbigliamento ravviva la bellezza. La sua giovinezza e le sue attrattive provocarono via via in Astarte unimpressione di cui ella suglinizi non si accorse. La passione di lei cresceva nel grembo dellinnocenza. Astarte senza scrupolo e senza timore cedeva al piacere di vedere e di ascoltare una persona cara al suo sposo e allo stato; ella ne ripeteva continuamente gli elogi al re, ne parlava alle sue ancelle, che ancor di pi lo lodavano; tutto concorreva a infggere nel suo cuore il dardo che non sentiva. Faceva a Zadig dei regali pi galanti di quanto ella pensasse; credeva di parlare a lui soltanto come regina soddisfatta degli uffizi di lui, e qualche volta le sue espressioni manifestavano la donna affettuosa. Astarte era molto pi bella di quella Semira che aveva tanto in antipatia i ciechi da un occhio, e pi bella assai di quellaltra donna che voleva mozzare il naso allo sposo. La confidenza di Astarte, le sue frasi di tenerezza di cui ella gi incominciava ad arrossire, gli sguardi chella cercava di nascondere, ma si fissavano sugli sguardi di lui, accesero nel cuore di Zadig una fiamma di cui si stup. Lott, cerc aiuto nella filosofia, che sempre laveva aiutato; ne ricav solamente chiarezza, senza sollievo. Il dovere, la riconoscenza, la lesa maest, gli apparivano come divinit vendicatrici; lottava e riusciva a trionfare ma con una vittoria che doveva essere rinnovata ad ogni istante e gli costava gemiti e lagrime. Non osava pi rivolgersi alla regina con quella dolce libert che era stata cos attraente per tutti e due; gli occhi suoi parevano appannati da una nuvola, le sue frasi stentate e sconnesse; abbassava lo sguardo e quando, suo malgrado, volgeva gli occhi agli occhi di Astarte, li vedeva umidi di un pianto che per lui dardeggiava infiammando. Sembrava che tra loro si dicessero: Ci adoriamo e abbiamo paura damarci, bruciamo tutti e due in un fuoco che biasimiamo. Zadig si congedava da lei smarrito, disfatto, con il cuore oppresso da un peso insopportabile. Nella violenza della sua agitazione lasci capire allamico Cador il proprio segreto come colui che avendo contenuto a lungo gli assalti dun acerbo dolore lascia finalmente conoscere il male con il grido duna sofferenza pi acuta e con il sudore freddo di cui madida la sua fronte. Cador gli disse: - Avevo gi scoperto i sentimenti che tu cerchi di celare a te stesso; le passioni si manifestano con indizi infallibili. Caro Zadig, dato che io ho letto nel tuo cuore, pensa un po se il re non sapr scoprirvi un sentimento che loffende. Il re non ha nessun difetto, fuorch quello dessere pi geloso di tutti. Tu ti opponi alla passione con un vigore che la regina non ha, perch sei filosofo e sei Zadig. Astarte donna; lascia che i suoi occhi svelino con tanta imprudenza quanta la sua convinzione dessere ancora incolpevole. Sfortunatamente rassicurata dalla propria innocenza, non si cura delle indispensabili apparenze. Io tremo per lei finch non ha alcunch da rimproverarsi. Se voi ve la intendeste, potreste ingannare tutti gli sguardi; una passione nascente e combattuta esplode, un amore soddisfatto riesce a celarsi. Zadig ebbe un fremito alleventualit di tradire il re, suo benefattore; mai si era sentito cos fedele al principe come ora, colpevole verso di lui duna colpa involontaria. Ma intanto la regina nominava cos sovente Zadig, la fronte le si copriva talmente di rossore quando lo nominava e, quando parlava a lui di fronte al re, ella era cos animata o cos perplessa, rimaneva talmente pensosa quando egli era uscito, che il re ne fu turbato. Credette tutto ci che vedeva e immagin tutto ci che non vedeva. Soprattutto osserv che le pantofole di sua moglie erano aguzze e quelle di Zadig pure aguzze, i nastri di sua moglie gialli e il berretto di Zadig giallo: per un sovrano cos fine glindizi erano terribili. Nel suo spirito inasprito i sospetti si mutarono in certezza. Gli schiavi dei re e delle regine stanno tutti quanti a spiarne i cuori. Bast poco tempo per capire che in Astarte vera tenerezza e in Moabdar gelosia. Linvidioso convinse linvidiosa a fare avere la sua giarrettiera - cos rassomigliante a quella della regina - al re. Per colmo di sventura, era pure una giarrettiera azzurra. Il monarca non pens pi ad altro che al modo di vendicarsi. Una notte decise davvelenare la regina e di primo mattino far morire Zadig con una corda al collo. Ne diede ordine a un eunuco spietato esecutore delle sue vendette. In quella circostanza nella camera reale vera un nanetto muto, ma non sordo. Lo si lasciava sempre stare li, testimonio di ogni cosa pi segreta, come un animale domestico. Il nanetto era affezionatissimo alla regina e a Zadig. Ud, con sorpresa pari allorrore, quellordine di duplice morte. Ma come poteva egli precedere lordine spaventevole che doveva essere eseguito entro poche ore? Non sapeva scrivere; ma aveva imparato a dipingere, e - ci che pi valeva - riusciva assai nelle rassomiglianze. Trascorse parte della notte ad abbozzare ci che intendeva far capire alla regina. Il disegno raffigurava il re incollerito, su un lato del quadro, mentre dava ordine al suo eunuco; sulla tavola era un recipiente e un laccio di corda, delle giarrettiere azzurre e dei nastri gialli; in mezzo al quadro la regina morente tra le braccia delle ancelle, e Zadig ai suoi piedi, strangolato. Allorizzonte il sole nascente, per indicare che lorribile uccisione doveva compirsi alle prime ore dellaurora. Il nanetto, appena ebbe finito il suo lavoro, and di corsa da unancella di Astarte, la svegli, le fece capire che era indispensabile portare subito subito quel quadro alla regina. Frattanto, nel pieno della notte, si buss alla porta di Zadig; lo si svegli, per consegnargli un biglietto della regina. Gli pare di sognare, apre la lettera con mani tremanti. Quale sorpresa! E chi potrebbe esprimere la costernazione disperata da cui fu colpito, nel leggere le seguenti parole? Fuggi appena ricevi la presente, altrimenti ti strappano dalla vita. Fuggi, Zadig, te lo comando nel nome del nostro amore, e dei miei nastri gialli. Ero innocente, ma sento che sto per morire peccatrice. Zadig ebbe a stento voce per parlare. Ordin e fece venire Cador e senza dirgli nulla gli porse il biglietto della regina. Cador lo costrinse ad obbedire e a partire su due piedi alla volta di Menfi. - Se ti arrischi dalla regina, - gli disse, - affretti la sua morte; se vai a parlare al re, la perdi lo stesso. Io sparger la voce che sei partito per le Indie. Verr presto a trovarti e ti racconter ci che sar successo a Babilonia Cador, senzaltro, fece arrivare due tra i pi svelti dromedari da corsa, accanto a una porta segreta del palazzo; vi fece salire Zadig, chera li l per svenire. Lo accompagnava un domestico solo, e in breve Cador, attonito e addolorato, perse di vista lamico. Lillustre fuggiasco, giunto sulla sponda duna collina, donde si vedeva Babilonia, volse lo sguardo sul palazzo della regina, e perse i sensi. Rinvenne per piangere e lacrimare e per invocare la morte. Infine dopo aver riflettuto sul miserevole destino di chi era la pi amabile delle donne e la prima delle regine del mondo, ebbe un momento di riflessione su se stesso, ed esclam: - Che cosa mai la vita umana? O virt! A che mi hai giovato? Due donne mhanno indegnamente ingannato, la terza, innocente e pi bella di tutte, vicina a morte. Tutto il bene che ho compiuto sempre stato per me fonte di maledizione; sono stato sollevato sulla vetta della grandezza soltanto per cadere nel pi orrendo abisso della disgrazia. Se io fossi stato malvagio come tanti lo sono, sarei, come loro, nella felicit! Accasciato da questi pensieri funesti, con gli occhi oscurati da un velo di dolore, con un pallore mortale sul volto, angosciato dalla pi nera disperazione, seguit il suo cammino verso lEgitto.
La donna percossa Zadig regolava il suo cammino con le stelle. La costellazione dOrione e il brillante astro di Sirio lo guidavano verso il polo di Canopo. Ammirava quegli immensi globi di luce che agli occhi nostri appaiono solamente come tenui scintille, mentre la terra che in verit nella natura soltanto un impercettibile punto, per la nostra cupidigia sembra unentit cos grande e cos nobile. Immaginava allora gli esseri umani quali effettivamente sono: insetti che si divorano, luno contro laltro, sopra un menomo atomo fangoso. Tale immagine della realt riusciva quasi ad annullare il pensiero delle sue disgrazie mostrandogli la nullit del suo essere e di Babilonia. Lanima sua si slanciava fino agli spazi infiniti e disgiunta dai sensi contemplava limmutabile ordine dellinfinito. Ma dopo un po, restituito a se stesso e rientrato nel proprio sentimento, pensava che Astarte probabilmente per lui era morta, luniverso svaniva dai suoi occhi ed egli in tutta la natura vedeva soltanto Astarte morente e Zadig colpito dalla sventura. In balia del flusso e del riflusso della sublime filosofia e del pi affliggente dolore, savvicinava alla frontiera dellEgitto; e il suo fedele valletto entrava ormai nella prima borgata per cercargli una dimora. Zadig frattanto faceva qualche passo nei giardini intorno al villaggio. Non lontano dallo stradale scorse una donna che piangeva e gridava chiedendo aiuto al cielo e alla terra e dietro di lei un uomo infuriato. Ecco, era raggiunta, e abbracciava le ginocchia di quelluomo che la colpiva di busse e di rimbrotti. Dalla violenza dellegiziano e dalle reiterate invocazioni di perdono della donna, Zadig intu che luomo era un geloso e laltra uninfedele; ma rimirando nella donna una commovente bellezza e persino qualche rassomiglianza con linfelice Astarte, si sent pieno di compassione per lei e di ripugnanza per lui. - Aiuto! - grid tra i singhiozzi la donna, rivolta a Zadig, - mi tolga dalle mani di questo barbaro tra i barbari, mi salvi lei! A questi strilli Zadig accorrendo sintromise tra lei e il barbaro. Conosceva un po la lingua egiziana e cos si rivolse alluomo: - Se lei ha un po di sentimento la scongiuro di rispettare la bellezza e la fragilit. Ha il coraggio di offendere questo capolavoro della natura che le sta ai piedi e non pu difendersi altrimenti che con le lagrime? - Ah! Ah! - gli rispose quel forsennato, - dunque ne sei innamorato anche tu, su di te dunque mi vendicher -. Ci dicendo lascia la donna che aveva gi afferrata per i capelli, e impugnata la lancia fa per trafiggere lo straniero. Costui, non senza sangue freddo, si scans facilmente dal colpo forsennato, e prese tra le mani la lancia vicino al ferro della punta. Tirano tutti e due, luno per trattenerla, laltro per strapparla, di modo che la lancia si spezza. Legiziano sguaina la spada. Zadig tira fuori la sua. Si azzuffano. Quello sferra un colpo dopo laltro, a precipizio; questo li para con destrezza. La donna, accoccolata sullerba, si ravvia i capelli e guarda. Legiziano era pi vigoroso dellavversario, Zadig pi schermidore. Questi si difendeva da uomo che sa guidare il braccio con lintelligenza, quellaltro, tutta furia, era accecato dallira che lo spingeva a movimenti incontrollati. Zadig gli addosso e lo disarma; e mentre legiziano, ancora pi infuriato, vuole spingersi su di lui, egli lo abbranca, lo preme, lo fa cadere e gli mette la spada contro il torace. Gli salverebbe la vita, ma legiziano fuor di s estrae il pugnale e ferisce Zadig nellattimo stesso in cui il vincitore lo condonava. Allora Zadig, sdegnato, gli immerge la spada nel petto. Legiziano d un grido orrendo, e torcendosi muore. Zadig, ecco, savvicina alla donna e sommessamente le dice: - Lho ucciso perch mi ha costretto, lei vendicata, lei liberata dalluomo pi violento che io abbia mai conosciuto. Adesso, signora mia, che cosa vuole da me? - - Che tu muoia, scellerato, - gli rispose colei, - hai ucciso il mio amante, vorrei squarciarti il cuore. Rispose Zadig: - Non c dubbio, signora mia, lei aveva uno strano tipo per amante; la picchiava con tutte le forze e voleva strapparmi la vita perch lei aveva implorato il mio aiuto. - Vorrei che mi picchiasse ancora, - seguit la donna, strillando. - Me lero meritato, lavevo ingelosito. Volesse il cielo che egli mi picchiasse ancora e che tu fossi morto in sua vece -. Zadig, sorpreso e incollerito come non gli era mai successo, le disse: - Signora mia, lei meriterebbe, quantunque cos bella, che a mia volta io la picchiassi, talmente lei bizzarra; ma non sar io a impicciarmene A questo punto, risal sul cammello e si avvi verso il borgo. Sera appena incamminato e dovette voltare il capo al rumore di quattro corrieri provenienti da Babilonia. Arrivavano a corsa sfrenata. Uno dei quattro scorgendo la donna grid: - lei, proprio lei, identica al ritratto che ci hanno mostrato -. Non si curarono del morto e simpossessarono senzaltro della signora. Ella gridava senza fine a Zadig: - Aiutami ancora, o generoso straniero. Ti chiedo perdono dessermi lamentata. Aiutami e sar tua fino alla tomba. Ma Zadig ormai aveva perso la voglia di combattere per lei. - Cerca qualcun altro, - rispose, - non mi peschi pi -. E poi era anche ferito, perdeva sangue, gli era necessario un soccorso, e la presenza dei quattro babilonesi, probabilmente mandati dal re Moabdar, lo preoccupava assai. Prosegu alla svelta verso il villaggio, senza immaginare per qual motivo i quattro corrieri babilonesi fossero venuti a prendere quella egiziana, e soprattutto stupefatto per il carattere di quella donna.
La schiavit Appena entrato nella borgata egiziana, Zadig si vide circondato dalla gente. Gridavano: - Ecco il rapitore della bella Missuf, ecco chi poco fa ha assassinato Cletofi! - Signori, - disse Zadig, - Dio mi faccia la grazia di non rapire mai la bella Missuf! troppo capricciosa. In quanto a Cletofi, io non lho assassinato, mi sono semplicemente difeso. Voleva uccidermi, perch gli avevo chiesto umilmente di perdonare la bella Missuf, che egli picchiava senza piet. Sono uno straniero in cerca dasilo nellEgitto, e non mi pare verosimile che proprio chiedendo la vostra protezione io mi presenti come rapitore duna donna e assassino dun uomo. Gli egiziani in quel tempo erano giusti e umani. La gente condusse Zadig alla Casa municipale. Prima gli medicarono la ferita, poi interrogarono separatamente lui e il suo valletto, per sapere cos la verit. Si riconobbe che Zadig non era un assassino, bens era colpevole di aver versato il sangue di un cittadino. La legge lo condannava a diventare schiavo. Si vendettero i due cammelli a profitto della borgata; si distribuirono agli abitanti le monete doro che Zadig aveva con s; la sua persona fu messa allasta nella pubblica piazza, e con lui la persona del suo compagno di viaggio. Un mercante arabo, Setoc di nome, fece unofferta; ma il valletto, pi idoneo alle fatiche, fu venduto a prezzo molto maggiore che il padrone. Non facevano nemmeno confronto tra i due uomini. E Zadig divent schiavo in subordine al suo valletto: furono incatenati luno allaltro alle caviglie, e in questa condizione andarono dietro al mercante arabo fino alla dimora di lui. Zadig, durante il cammino, consolava il proprio valletto esortandolo alla pazienza; ma, secondo la sua abitudine, faceva considerazioni sulla vita umana. - Noto, - gli diceva, - che le sventure del mio destino si riflettono sul tuo. Ogni cosa finora mi si volta nel modo pi strano. Fui multato per aver veduto passare una cagna, temetti desser suppliziato al palo per causa dun grifone, venni avviato verso il supplizio per aver composto dei versi in lode del re, fui li l per essere strozzato perch la regina aveva dei nastri gialli, ed ora eccomi schiavo con te perch un uomo brutale picchiava lamante. Via, non perdiamoci danimo, tutto questo avr forse fine; necessario che i mercanti arabi abbiano qualche schiavo; e per qual motivo io dovrei essere schiavo meno di altri, dato che sono un uomo come gli altri? Questo mercante non sembra senza cuore; e deve trattare bene gli schiavi se vuole che lo servano con suo profitto -. Cosi parlava, e il profondo del suo cuore era tutto per la regina di Babilonia. Due giorni dopo, il mercante Setoc, con schiavi e cammelli, parti per lArabia deserta. La sua trib dimorava presso il deserto di Horeb. Il viaggio fu lungo e faticoso. Setoc, lungo il cammino, faceva molto pi conto del valletto che del padrone, perch il primo sapeva molto meglio caricare i cammelli; e tutti i piccoli riguardi erano dedicati a lui. Un cammello mori due giorni prima di arrivare a Horeb; il carico fu suddiviso sulla schiena di ciascun servo, Zadig ebbe la sua parte di carico. Setoc rise nellosservare tutti gli schiavi a schiena curva. Zadig si arrischi a spiegarne la causa, menzionandogli le leggi dellequilibrio. Il mercante, meravigliato, incominci a guardarlo diversamente. Zadig, accorgendosi che aveva destato la sua curiosit, la raddoppi facendogli sapere pi cose che non erano estranee al suo commercio: il peso specifico dei metalli e delle derrate a parit di volume; le propriet di parecchi animali utili; il modo di rendere utili quelli che non lo erano. Insomma sembr un sapientone e Setoc ora lo prefer al compagno che aveva tanto tenuto in considerazione. Lo tratt bene e non ebbe motivo di pentirsene. Arrivato alla trib, Setoc richiese subito cinquecento once dargento a un ebreo cui egli le aveva imprestate in presenza di due testimoni, ma quei due testimoni erano defunti e lebreo, poich non gli potevano dare prova contraria, teneva per s la somma del mercante, ringraziando Iddio che gli aveva dato modo di ingannare un arabo. Setoc confid a Zadig, ormai suo consigliere, limbroglio. - In che sito, - chiese Zadig, - lei ha consegnato il prestito di cinquecento once a quellinfedele? Il mercante rispose: - Sopra un largo sasso che sta nei pressi del monte Oreb. - Che tipo il suo debitore? - chiese Zadig. - Il tipo dun truffatore, - rispose Setoc. - Ma io le chiedo se un tipo nervoso o calmo, ponderato o imprudente -. Setoc rispose: - il pi impulsivo di tutti i cattivi debitori chio conosco. - Bene, - replic Zadig, - mi permetta di difendere la causa davanti al giudice -. Cosi Zadig cit lebreo al tribunale e parl al giudice nel tono seguente: - Origliere del trono di giustizia, a nome del mio padrone sono qui per richiedere a questuomo cinquecento once dargento chegli non vuole restituire. - Avete dei testimoni? - chiese il giudice. - No, sono defunti, ma tuttora rimane un largo sasso sopra il quale furono contate le monete, e se Vostra Grandezza vuole dare ordine di andare a cercare quel sasso, spero chesso varr come testimonianza: lebreo ed io resteremo qua in attesa e io mander a prendere il sasso a spese del mio padrone Setoc. - Benissimo, - rispose il giudice; e si dedic ad altre liti. Al termine delludienza il giudice disse a Zadig: - Dunque, il suo sasso non ancora arrivato? - Lebreo, mettendosi a ridere, rispose: - Vostra Grandezza potr restar qui fino a domani e il sasso non sar mica arrivato, a quindici miglia e pi da qui e occorrerebbero una quindicina di uomini per spostarlo. - Ah! Ci siamo, - esclam Zadig, - lavevo detto che il sasso avrebbe testimoniato; poich costui sa dov il sasso confessa che sopra di esso fu contato il denaro. Lebreo, confuso, fu costretto a confessare ogni cosa. Il giudice ordin di legarlo al sasso, senza lasciarlo bere n mangiare finch non avesse restituito le cinquecento once. Furono prestamente pagate. Lo schiavo Zadig e il sasso diventarono famosi nellArabia.
La pira Setoc, pieno dammirazione, consider il suo schiavo intimo amico. Come gi era successo al re di Babilonia, egli non poteva stare senza Zadig, il quale fu ben contento che Setoc non avesse moglie. Vedeva nel suo padrone unindole incline al bene, una dirittura morale e buonsenso. Gli rincresceva tuttavia che adorasse tutta larmata celeste: il sole, la luna, le stelle, secondo linveterata usanza araba. Con molta discrezione, a volte, alludeva a queste cose. Fini col dirgli che quelli erano corpi come gli altri e non meritavano maggior ossequio dun albero o duna roccia. - Ma sono esseri eterni, - diceva Setoc, - da cui provengono tutti i nostri benefici: animano la natura, regolano le stagioni; e daltro canto sono talmente remoti che non possiamo non venerarli. - Ma lei, - rispose Zadig, - riceve vantaggi maggiori dalle acque del Mar Rosso, che portano le sue merci fino allIndia. Per qual motivo il Mar Rosso non sarebbe antico come le stelle? E se lei adora ci che le remoto, dovrebbe adorare la terra dei Gangaridi, che al confine del mondo. - No, - protestava Setoc, - le stelle sono talmente brillanti che m impossibile non adorarle. Quella sera, Zadig accese un gran numero di torcie nella tenda ove avrebbe pranzato con Setoc e quando lo vide arrivare si prostr ginocchioni davanti a quelle faci accese, dicendo: - O eterni e brillanti splendori, siate a me sempre propizi. Pronunziate queste parole si assise a tavola senza dare uno sguardo a Setoc. - Ma cosa fai? - Setoc, stupito, gli chiese. - Faccio come lei, - rispose Zadig, - adoro le candele e trascuro il loro e il mio padrone. Setoc cap il nascosto significato dellapologo. La sapienza del suo schiavo gli penetr nellanimo, non sprec pi lincenso per delle creature e ador lEssere eterno che le cre. In quel tempo vigeva in Arabia unorrenda usanza, venuta in origine dalla Scizia, diffusasi stabilmente nellIndia, sullautorit dei Bramini, con minaccia di invadere tutto loriente. Quando un marito moriva, lamatissima moglie, se voleva santificarsi, si cremava pubblicamente sopra il corpo di lui. Era una festa solenne detta la pira della vedovanza. Le trib pi stimate erano quelle con maggior numero di mogli bruciate. Essendo morto un arabo appartenente alle trib di Setoc, la vedova, Almona, che era molto religiosa, comunic il giorno e lora in cui al suono di tamburi e di trombe ella si sarebbe gettata sopra la pira. Zadig fece notare a Setoc quanto fosse deprecabile e contraria al bene del genere umano lusanza di lasciare ogni d perire sul rogo giovani vedove ancora in grado di dare figli allo stato, o per lo meno capaci di allevarli. Setoc ammettendo che quella barbara usanza qualora se ne trovasse il modo, era da abolire, rispose: - Sono per pi di mille anni che le donne usufruiscono della libert di bruciarsi. Chi di noi avr lardire di cambiare una legge consacrata dal tempo? Vi qualche cosa piu degna di riguardo dun abuso vetusto? -La ragione piu vetusta, - riprese Zadig. - Parli lei ai capitrib, io andr dalla giovane vedova. Si fece presentare a lei, e dopo essersi insinuato nella sua simpatia lodandone la bellezza e dopo averle detto che sarebbe stato un enorme peccato distruggere col fuoco grazie cosi attraenti, elogi pure la sua costanza e il suo coraggio. - Ma dunque, - le disse, - lei amava straordinariamente suo marito. - Io? - rispose la signora araba, - nemmeno per sogno. Era un uomo bestiale, geloso, insopportabile; per io sono assolutamente decisa a gettarmi sopra la sua pira. - A quanto pare, - disse Zadig, - ci devessere un piacere deliziosissimo nellessere arsa viva. - Ah! - fece la signora, - la natura stessa raccapriccia! Ma non ci si pu sottrarre. Io sono una donna pia, e perderei ogni stima, sarei schernita da tutti, se io non andassi al rogo -. Zadig dopo averle fatto ammettere chella sarebbe andata al rogo per soggezione del prossimo, e per vanit, convers a lungo con lei per trasmetterle una qualche compiacenza della vita riuscendo persino a ispirarle una certa cordialit verso chi le parlava. - Che cosa farebbe, - le disse, - se non fosse dominata dalla vanit del rogo? - Ahim, - disse la signora, - penso che le chiederei di sposarmi. Zadig era ancora tutto immerso nel pensiero di Astarte, per non sfuggire a una simile dichiarazione; ma savvi subito alla volta dei capitrib, rifer landamento del colloquio con la vedova, e diede loro il consiglio di promulgare una legge che non permettesse il rogo a nessuna vedova che non si fosse precedentemente intrattenuta in privato colloquio, per la durata di unora, con un giovanotto. Da allora in poi, in Arabia pi nessuna donna and al rogo. Si dovette proprio a Zadig, a lui solo, il merito davere abrogato in un giorno unusanza cos crudele e vecchia di tanti secoli. Egli era dunque il benefattore dellArabia.
La cena Setoc, che non poteva separarsi dalluomo che poteva dirsi la dimora della saggezza, lo port con s alla grande fiera di Bassora, dove si davano convegno i maggiori commercianti del mondo abitato. Zadig fu profondamente contento di vedere riuniti nello stesso luogo un cos gran numero di persone provenienti da paesi diversi. Gli pareva che luniverso fosse una grande famiglia che si riuniva a Bassora. Fin dal secondo giorno si trov a mensa con un egiziano, con un indiano gangaride, un abitante del Catai, un greco, un celta, e parecchi altri stranieri che nei loro frequenti viaggi verso il golfo dArabia avevano imparato la lingua araba sufficientemente per essere compresi. Legiziano sembrava pieno dira. - Che abominevole paese Bassora! - diceva. - Mi si rifiutano mille once doro sul pegno migliore del mondo! - Setoc intervenne: - Possibile? Qual il pegno che hanno rifiutato? - Il corpo di mia zia, - rispose legiziano. - Era la donna migliore di tutto lEgitto. Mi accompagnava sempre; morta durante il viaggio; ne ho fatto una delle mummie pi belle che si possano avere, e se in Egitto la dessi come garanzia otterrei tutto ci che io volessi. proprio strano che qui, su un pegno cos solido, non mi si vogliano dare nemmeno mille once doro. Quantunque irritato incominciava a mangiare una buonissima gallina bollita, quando lindiano afferrandogli il polso, esclam con dolore: - Ah! Cosa state facendo? - Mangio la gallina, - disse luomo della mummia. - Non lo fate! - disse il Gangaride, - potrebbe darsi il caso che lanima della defunta sia passata nel corpo della gallina, e non credo che voi desideriate correre il rischio di mangiare vostra zia. E cuocere galline un evidente oltraggio alla natura. - Che cosa intendete dire con la vostra natura e con le galline, - riprese il collerico egiziano, - noi adoriamo un bue e tuttavia mangiamo buoi. - Voi adorate un bue! Possibile? - chiese luomo del Gange. - Niente daltrettanto possibile, - riprese legiziano, - tale la nostra abitudine da ben centotrentacinquemila anni, e nessuno di noi mai la contest. - Ah! Centotrentacinquemila anni, - disse lindiano, - un calcolo alquanto eccessivo; lIndia abitata solamente da ottantamila anni, e noi senza dubbio siamo i vostri predecessori; Brama ci aveva proibito di mangiare buoi prima che voi aveste lidea di collocarli sugli altari e dinfilarli allo spiedo. - Che bestione da ridere il vostro Brama! - disse legiziano, - che cosa ha mai fatto di bello per paragonarlo ad Api? - lui che insegn agli uomini il leggere e lo scrivere, a lui tutto il mondo deve il giuoco degli scacchi, - rispose il bramino. - No, siete in errore, - disse un caldeo accanto a lui, - il pesce Oanne lautore di cos grandi benefizi, ed ben giusto che soltanto a lui noi rendiamo omaggio. Chiunque vi dir che egli era un Essere divino, con la coda doro e con una bella testa umana, e che sorgeva dallacqua per predicare tre ore al giorno sopra la terra. Ebbe parecchi figli che, come tutti sanno, diventarono re. A casa mia ho la sua immagine ed mio dovere venerarlo. lecito mangiare carne di bue a piacimento, ma certamente unenorme empiet fare cuocere pesci; daltra parte voi, tutti e due, avete una nobilt troppo scarsa e troppo recente per essere degni di controbattermi. La nazione egiziana sorta soltanto centotrentacinquemila anni addietro, mentre noi possediamo almanacchi di quattromila secoli. Su, ascoltatemi, rinunziate alle vostre sciocchezze ed io regaler a ognuno di voi una bella immagine di Oanne. Luomo di Cambal interloqu: - Io sono pieno di rispetto per Egiziani, Caldei, Greci, Celti e per Brama, per il bue Api, e per il bel pesce Oanne; ma pu darsi che Li e Cien - Luce e Cielo, se cos vi piace chiamarli - valgano tanto quanto i buoi e i pesci. Non voglio dir niente del mio paese, che grande quanto lEgitto, la Caldea e le Indie tutte insieme. Non voglio discutere sullantichit perch importa assai di essere felici e poco importa dessere antichi. Nondimeno se si dovesse parlare di almanacchi, direi che lAsia intera segue i nostri, e noi ne avevamo gi di molto buoni prima ancora che in Caldea si conoscesse laritmetica. - Tutti quanti qui presenti siete degli ignorantoni, - sbott il greco, - non sapete dunque che il caos il padre universale, e che forme e materia hanno ordinato il mondo tale qual ? - Il greco parl a lungo; ma fu poi interrotto dal Celta, che essendosi imbibito di vino durante tutta la discussione, credendosi ormai pi sapiente di tutti gli altri, protest che soltanto di Teutate e del vischio quercino valeva la pena di parlare. Quanto a lui, portava sempre del vischio in saccoccia e gli Sciti, antenati suoi, erano lunico popolo dabbene esistito sulla terra. Qualche volta, per dire il vero, serano nutriti di uomini, ma ci non doveva essere motivo di minor rispetto per tale nazione, e insomma se qualcuno avesse sparlato di Teutate, gli avrebbe insegnato lui, a vivere! La discussione allora si riscald e a Setoc parve che la tavola da un momento allaltro sarebbe stata insanguinata. Zadig che durante tutta la disputa era rimasto zitto, finalmente si alz. Si rivolse prima che agli altri al celta come al pi eccitato, gli disse che aveva ragione e gli chiese un poco di vischio; elogi il greco per la sua eloquenza e calm tutti i bollenti spiriti. Non disse molte parole alluomo del Catai, perch si era dimostrato il pi ragionevole tra tutti. Quindi conchiuse: - Amici miei, stavate per litigare a vuoto, poich siete tutti della stessa opinione -. Tutti simpuntarono su questa frase. Ma Zadig disse al celta: - Non forse vero che voi non adorate propriamente il vischio ma colui che ha fatto il vischio e la quercia? - Senza dubbio, - rispose il celta. - E voi, mio signor egiziano, non adorate forse in un dato bue colui che vi ha donato i buoi? - S, - disse legiziano. - Penso che il pesce Oanne, - seguit Zadig, - debba dipendere da chi ha creato il mare e i pesci. - Lammetto, - disse il caldeo. - E lindiano, - disse ancora Zadig, - e labitante del Catai riconoscono un motore primo, come voi. Non ho afferrato tutte le mirabili cose dette dal greco, ma sono certo che anchegli ammette un Essere superiore dal quale dipendono la forma e la materia -. Il greco, che gli altri ammiravano, disse che le sue idee erano state capite molto bene da Zadig. Questi conchiuse: - Siete tutti daccordo, quindi, e non dunque il caso di mettersi ad altercare -. Tutti labbracciarono. Setoc, venduta a gran prezzo la propria merce, riaccompagn lamico Zadig alla sua tribu. Giungendovi Zadig senti che lavevano processato durante lassenza e che doveva essere abbruciato a lento fuoco. Gli appuntamenti Mentre Zadig era in viaggio a Bassora, i sacerdoti delle stelle avevano deciso la sua punizione. Le pietre preziose e gli altri ornamenti delle giovani vedove mandate al rogo erano considerate di spettanza dei sacerdoti; era dunque la cosa pi ovvia che essi facessero bruciare Zadig per il suo tiro mancino. Laccusarono di avere opinioni false su larmata celeste; testimoniarono contro di lui giurando che lo avevano udito dire come le stelle non si coricassero nel mare. Bestemmia spaventevole che i giudici appresero con raccapriccio. Nelludire tale empiet si sarebbero senza dubbio squarciate le vesti se Zadig avesse avuto di che risarcirli. Ma nel loro dolore eccessivo si accontentarono di condannarlo al fuoco lento. Setoc, disperato, si valse inutilmente della propria reputazione per salvare lamico; fu in breve costretto a tacere. Almona, la vedovella che si era assai riconciliata con la vita e ne era debitrice a Zadig, decise di salvare dal rogo colui che gliene aveva dimostrato laberrazione. Coltiv il proposito dentro di s, senza farne parola con nessuno. Zadig doveva essere giustiziato lindomani; ella aveva soltanto una notte di tempo per salvarlo. Sentite come vi si accinse, da donna fornita di carit e insieme di accortezza. Si profum la persona, diede risalto alla propria bellezza con un abbigliamento ricco e grazioso e and a chiedere unudienza privata al capo dei sacerdoti delle stelle. Quando fu al cospetto del venerabile vegliardo, si espresse nel modo seguente: - O figlio primogenito dellOrsa Maggiore, fratello del Toro, cugino del Gran Cane (tali erano i titoli di quel pontefice) sono venuta per confidarvi i miei scrupoli. Temo davvero dessere caduta in enorme peccato col rifiutarmi di bruciare sulla pira del mio caro marito. In fin dei conti che cosa avevo io da serbare? Una carne caduca, e ormai completamente appassita -. Mentre cos parlava mostr fuor delle grandi maniche di seta le sue braccia nude, ammirevolmente tornite e di bianchezza incantevole. - Vedete, - disse, - che misero valore -. Al cuore del pontefice sembr che il valore fosse assai grande. Gli occhi lo confessarono, la bocca lo conferm: egli giur di non aver mai veduto braccia pi belle. - Ahim, - disse la vedovella, - forse le braccia sono un po meno brutte dellaltre parti, ma ammettete anche voi che la mia scollatura non sarebbe degna di riguardi -. E lasci in mostra il petto pi bello di quanti la natura avesse formati. In suo confronto un bottone di rosa sopra un rotondo avorio sarebbe sembrato una punta rossiccia su un legno di bosso, e gli agnelli appena usciti dallacqua sarebbero parsi giallastri. La scollatura e quei grandi occhi neri che brillavano dolcemente languidi con fuoco soave, quelle guance ravvivate da un bel colore porporino sopra un latteo e puro candore, quel naso - che certamente non era come la torre del monte Libano - quelle labbra, simili a margini di coralli racchiudenti le pi brillanti perle del mare dArabia: tutto linsieme di quelle bellezze, fece credere al vegliardo dessere sui ventanni. Balbett una tenera dichiarazione. Almona, come lo vide infiammato, gli chiese la grazia per Zadig. - Ahi! - disse il vegliardo, - mia bella signora, quando io consentissi alla grazia la mia indulgenza sarebbe vana, occorre che sia firmata da altri tre miei confratelli. - Firmatela lo stesso, - disse Almona. - Volentieri, - disse il sacerdote, - a patto che la tua gentilezza con me sia il premio della mia indulgenza. - Troppo onore, - disse Almona, - vi piaccia soltanto di venire nella mia camera dopo il tramonto del sole e quando gi brilli allorizzonte la stella Sheat. Mi troverete adagiata su un sof rosa, e in tutto quanto potrete vi servirete della vostra serva -. Usc portando con s la grazia firmata e lasciando il vecchiardo pieno damore e pieno di timore nelle proprie forze. Costui impieg il tempo restante del giorno in bagni e sorb un liquore composto con cannella di Ceylon e con preziose spezie di Tidore e di Ternate, aspettando impazientemente lapparizione della stella Sheat. Intanto la bella Almona and a fare visita al secondo pontefice; e questi le giur che sole luna e tutte le fiamme del firmamento non erano che fuochi fatui in confronto delle attrattive di lei. Essa gli chiese la stessa grazia, e gliene fu proposto il prezzo. Si lasci vincere e a questo secondo pontefice diede appuntamento al sorgere della stella Algenib. Quindi essa and in casa del terzo e poi in casa del quarto sacerdote, ottenendo ogni volta la firma della grazia e dando appuntamenti di stella in stella. Allora fece avvertire i giudici di venire a casa sua per un affare importante. Vi si recarono; ella mostr loro le firme dei quattro e disse a qual prezzo essi avevano venduto la grazia di Zadig. I quattro giunsero, ognuno allora stabilita, e furono uno dopo laltro stupiti di incontrare i confratelli e ancor pi stupiti di trovare i giudici, davanti ai quali fu chiaramente manifestata la loro vergogna. Zadig ebbe la salvezza. Setoc fu talmente affascinato dallintelligenza di Almona che se la prese in moglie. Zadig dopo essersi inchinato ai piedi della sua bella liberatrice, parti. Egli e Setoc si separarono piangendo, e giurandosi perenne amicizia e promettendosi di condividere tra loro uneventuale grande fortuna. Zadig cammin verso la Siria, ripensando sempre allinfelice Astarte e riflettendo sulla sorte che pervicacemente si divertiva con lui e lo perseguitava. - Come! - diceva, - quattrocento once doro per aver io veduto passare una cagnetta! Una condanna alla decapitazione per quattro versi in lode del re! Sul punto dessere strangolato perch la regina aveva pantofole dello stesso colore del mio berretto! Ridotto in schiavit per aver soccorso una donna che picchiavano! E l l per essere bruciato perch avevo salvato la vita a tutte le vedovelle di Arabia!
Il brigante Nellarrivare sulla frontiera tra lArabia Petrea e la Siria, nei pressi dun castello molto forte, vide che di l uscivano degli Arabi armati. Fu circondato e gli gridarono: - Tutto quanto hai ci appartiene, e la tua persona appartiene al nostro padrone -. Zadig, come risposta, sfoder la spada; e il suo valletto, chera coraggioso, fece altrettanto. Travolsero e uccisero i primi arabi che si erano gettati su di loro; il numero raddoppi; essi non si turbarono, e decisero di perire combattendo. Si vedevano due soli uomini difendersi contro una moltitudine: un combattimento che non poteva durare a lungo. Il padrone del castello, Arbogad di nome, da una finestra vide i prodigi di valore di Zadig, e prov ammirazione per lui. Discese in fretta, ferm egli stesso i suoi uomini e liber i due viaggiatori. Disse: - Tutto ci che transita sulle mie terre mio, allo stesso modo di quanto io trovo sulle terre altrui; ma tu mi sembri cos bravo che io ti escludo dalla legge comune -. Lo introdusse nel castello, e diede ordine ai suoi uomini di trattarlo bene. La sera, poi, Arbogad volle Zadig a cena. Il signore del castello era uno di quegli arabi che hanno nome di ladroni-, ma tra tante cattive azioni qualche volta ne compiva delle buone; rubava con rapacit accanita e regalava generosamente; intrepido nel fare, piuttosto blando nei traffici; crapulone a tavola, gaio nella crapula, e soprattutto molto franco. Gli piacque molto Zadig, la sua conversazione, animatasi, fece prolungare il pasto. E infine Arbogad disse a Zadig: - Ti consiglio di arruolarti sotto di me; non avresti altro di meglio, questo non un brutto mestiere, potresti un giorno diventare come me -. Zadig disse: - Posso domandarti da quanto tempo pratichi la tua nobile professione? Dalla mia pi tenera et, - disse il signore. - Ero valletto dun arabo molto in gamba, ma non sopportavo la mia condizione. Mi disperavo considerando come in tutto quanto il mondo che appartiene a tutti gli uomini egualmente, il destino mi avesse privato della mia porzione. Confessai il mio tormento a un vecchio arabo. Mi disse: Figlio mio, non disperare. Cera una volta un granello di sabbia che si lamentava di essere un atomo ignoto nel deserto; con il trascorrere dun po danni esso divent diamante e ora lornamento pi bello sulla corona del re delle Indie. Quel ragionamento mi impression: io ero il granello di sabbia, decisi di diventare diamante. Incominciai col rubare due cavalli, mi unii con dei soci, ebbi modo di saccheggiare piccole carovane; e cos, a poco a poco, annullai la sproporzione primitiva tra me e gli altri. Ebbi la mia parte nei beni di questo mondo, fui anzi largamente risarcito; mi si stim assai, diventai un signor brigante, mi impadronii di questo castello con la forza. Il satrapo di Siria me lo voleva ritorre, ma ero ormai abbastanza ricco e non temevo pi niente; diedi del denaro al satrapo e cos serbai il castello e ingrandii i miei possessi. Il satrapo mi nomin addirittura tesoriere dei tributi che lArabia Petrea pagava al Re dei Re. Compii bene luffizio di esattore, e niente niente quello di pagatore. Il Grande Desteram di Babilonia, nel nome del re Moabdar, mand qui un piccolo satrapo a strangolarmi. Costui arriv con il suo bellordine: io ero informato di tutto e davanti a lui feci strangolare i quattro individui che egli aveva portato con s per farmi stringere nel laccio; dopo di che gli domandai quanto gli poteva rendere lincarico di strangolarmi. Mi rispose che il suo onorario poteva ascendere a trecento monete doro. Gli feci toccar con mano che con me poteva guadagnare di pi. Lo nominai vicebrigante e ancor oggi uno dei migliori e dei pi ricchi miei ufficiali. Se mi ascolti avrai ugual successo anche tu. Non c mai stato un periodo cos favorevole alle ruberie, come adesso che Moabdar fu ucciso e in Babilonia tutto confusione. -Moabdar ucciso? - disse Zadig, - e la regina Astarte? -Non ne so niente, - disse Arbogad. - So soltanto che Moabdar impazz ed stato ucciso, che Babilonia tutto un covo dassassini, limpero una desolazione, vi sono ancora occasioni di buoni colpi, e da parte mia ne ho azzeccati parecchi. -Ma la regina? - disse Zadig, - per favore, dimmi se sai qualcosa della sorte della regina. - Mi hanno parlato dun certo principe dIrcania, forse ella ormai una delle sue concubine, se non stata uccisa durante i tumulti; ma pi di queste notizie a me interessano i bottini. Durante le scorrerie ho preso parecchie donne, non ne trattengo nessuna, quando sono belle le vendo a caro prezzo, senza curarmi di chi esse siano. Il rango non si compera; una regina, se brutta, non troverebbe acquirenti; pu anche darsi che io abbia venduto la regina Astarte, o forse morta; ma non ha importanza; credo che tu non abbia da pensarci pi di me -. Mentre chiacchierava Arbogad beveva cos animosamente e confondeva talmente le idee, che Zadig non ne pot cavare alcuna notizia precisa. Era senza parole, accasciato, immobile. Arbogad continuava a bere senza interruzione, e tra ciance e storie ripeteva senza tregua dessere il pi felice degli uomini, incitando Zadig a diventare felice come lui. Fini con lassopirsi dolcemente tra i fumi del vino e se ne and a dormire sonni tranquilli. Zadig trascorse la notte in tormentosa agitazione: Ma come! - diceva fra s, - il re impazzito, lhanno ammazzato! Non posso fare a meno di compiangerlo. Limpero devastato e questo brigante si sente felice. O fortuna! O destino! Un ladrone vive felice, e la pi gentile opera della natura probabilmente finita in modo terribile, oppure vive in una condizione peggiore della morte. O Astarte, che cosa ne di te? Appena fu giorno egli interrog tutti quelli che incontrava dentro il castello; ma erano tutti in faccende, nessuno gli rispose; durante la notte serano fatte nuove prede e se le dividevano. Nella tumultuosa confusione egli ottenne soltanto il permesso di andarsene. Ne approfitt su due piedi, pi che mai sprofondato nei suoi dolenti pensieri. Camminava inquieto, agitato con la mente occupata dallinfelice Astarte, dal re di Babilonia, dal fedele Cador, dal felice brigante Arbogad, da quella tanto capricciosa donna che i babilonesi avevano rapita presso il confine con lEgitto; la mente piena insomma di tutti gli accidenti e di tutte le disgrazie chegli aveva esperimentate.
Il pescatore A qualche lega di distanza dal castello di Arbogad, Zadig giunse alla riva di un fiumicello, lamentandosi sempre del proprio destino e considerandosi il vero esempio della sfortuna. Sulla sponda scorse un pescatore sdraiato che tratteneva appena appena, con mano molle, la rete, quasi la volesse lasciare, e intanto alzava gli occhi al cielo. Diceva: - Sono senza dubbio il pi disgraziato degli uomini. Io ero, come tutti asserivano, il pi celebre negoziante, in Babilonia, di formaggini grassi, e sono caduto in rovina. Avevo la moglie pi bella che un uomo come me potesse avere, e ne sono stato tradito. Mera rimasta una misera casa e lhanno saccheggiata e distrutta davanti ai miei occhi. Adesso, rifugiato in una capanna, non ho che la pesca come sostentamento, e non riesco a prendere nemmeno un pesce. O rete, basta, non ti lancer pi in acqua, ora tocca a me di gettarmi -. Ecco che, appena pronunziate queste parole, colui si alza e si avvia nellattitudine di chi in procinto di inabissarsi e farla finita. O dunque, - disse Zadig tra s, - vi sono altri individui infelici come me! E rapida come questa riflessione senti la voglia di salvare la vita al pescatore. Corre, lo ferma e con espressione affettuosa e consolatrice gli si rivolge interrogandolo. - Dicono che si meno infelici quando si tali insieme ad altri. Ma, secondo Zoroastro, ci non succede per malignit ma per bisogno, perch in quei casi ci sentiamo spinti verso un disgraziato come verso un nostro simile. La gioia di chi felice sarebbe un insulto, ma due infelici al modo di due deboli arboscelli resistono alluragano appoggiandosi luno allaltro. Perch ti lasci abbattere dalle sventure? - domand Zadig al pescatore. -Perch, - rispose, - non vi scorgo rimedio. Ero luomo pi stimato di Berlback, un villaggio non distante da Babilonia, e con laiuto di mia moglie producevo i migliori formaggini grassi di tutto limpero. Piacevano immensamente alla regina Astarte e al famoso ministro Zadig. Avevo man mano portato alle loro case ben seicento formaggini. Un giorno mi recai in citt per essere pagato e come arrivavo in Babilonia seppi che la regina e Zadig erano spariti. Corsi alla casa del signor Zadig, che non avevo mai conosciuto di persona e vi trovai gli arcieri del Grande Desteram, che forniti dun ordine regio, saccheggiavano fedelmente e minutamente quella casa. Andai di corsa alle cucine della regina, alcuni suoi egregi scalchi mi dissero chella era morta; altri dissero che era imprigionata, altri che era fuggita; comunque tutti daccordo mi affermarono che non mi avrebbero pi pagato i miei formaggi. In compagnia di mia moglie andai dal signor Orcan, uno dei miei clienti: gli chiedemmo protezione nella nostra iattura; egli a mia moglie laccord, a me la ricus. Mia moglie era pi bianca di quei formaggini che sono stati il principio della mia sventura, e in quella bianchezza era il rilievo dun incarnato pi brillante e pi vivo della porpora di Tiro. Per questo Orcan la trattenne e per questo cacci via me. Scrissi alla mia moglie diletta una lettera da disperato. Ella disse al latore: Ah, si, s, io so chi quelluomo che mi scrive, ne ho gi sentito parlare, dicono che era un produttore di squisiti formaggini, me ne facciano avere, e glieli paghino. -Nella mia sventura volli rivolgermi alla giustizia. Avevo ancora sei once doro: ne dovetti dare due al legale che consultai, due al procuratore che avvi la causa, due al segretario del giudice di prima istanza. Quando tutto ci fu fatto, la causa non era ancora incominciata e avevo gi consumato pi denaro di quanto valessero i formaggini e mia moglie. Ritornai al villaggio con lintenzione di vendere la mia casa per riavere mia moglie. -La mia casa valeva certamente una sessantina donce doro, ma mi si vedeva impoverito e nellurgente bisogno di vendere. Il primo al quale mi rivolsi mi offr trenta once, il secondo venti, il terzo dieci. Ero disposto ad accettare, tanto era buia la mia condizione, quando un principe dIrcania venne su Babilonia e distrusse ogni cosa nella sua marcia. La mia casa prima fu saccheggiata, poi bruciata. - Perso cos il mio denaro, persa la moglie e la casa mi sono ridotto in questo luogo dove lei mi vede. Ho tentato di campare la vita facendo il pescatore; i pesci proprio come gli uomini si fanno beffe di me. Non pesco niente, muoio di fame, e senza di lei, mio illustre consolatore, dovevo morire nel fiume. Il pescatore non raccont tutto di seguito le sue vicende, perch ad ogni momento Zadig, commosso ed esaltato, gli chiedeva: - E dunque non sai niente della regina? - No, signore, - rispondeva il pescatore, - so solamente che la regina e Zadig non mi hanno pagato i formaggini, so che mi hanno preso la moglie e che sono disperato. - Spero, - disse Zadig, - che non perderai tutto il tuo denaro. Ho sentito anchio parlare di Zadig, un uomo dabbene, e se, come spera, ritorna a Babilonia ti dar pi di quanto ti deve. Quanto a tua moglie, che non pare troppo dabbene, ti consiglio di non insistere per riaverla. Ascoltami, va a Babilonia; io vi giunger prima di te, perch tu sei a piedi ed io a cavallo. Va dallillustre Cador, digli che hai incontrato un suo amico, e aspettami da lui. Suvvia, forse non sarai infelice per sempre. O potente Orosmade, - continu per s, - vi servite di me per consolare costui; di chi vi servirete per racconsolare me? Cos parlando regalava al pescatore la met di tutto il denaro portato con s dallArabia, e il pescatore, confuso e sbalordito, baciava i piedi dellamico di Cador, dicendo: - Lei un angelo di salvezza -. Nondimeno Zadig seguitava a chiedere notizie e lagrimava. - E che, mio signore, - esclam il pescatore, - sar pur lei infelice, lei che cos mi benefica? - Cento volte pi infelice di te - rispose Zadig. - Ma come pu succedere, - diceva il meschinello, - che chi d sia da compiangere pi di chi riceve? - S, perch il tuo maggior infortunio, - riprese Zadig, - consisteva nella indigenza, ma la mia sfortuna nel cuore -. Il pescatore disse: - Orcano le ha forse rapito la moglie? - Questa frase riport alla mente di Zadig tutte le sventure: riandava alle sue disgrazie, cominciando dalla cagnetta della regina e gi gi fino allarrivo presso il brigante Arbogad. - Ah, - disse egli al pescatore, - Orcano devessere punito. Ma di solito gli uomini di quello stampo sono i favoriti del destino. Comunque siano le cose, tu va dal signor Cador e aspettami. Si separarono. Il pescatore camminava ringraziando la sorte, e Zadig corse imprecando continuamente al proprio destino.
Il basilisco Giunto in una bella campagna prativa egli vide parecchie donne che con molto impegno cercavano qualche cosa. Si permise di avvicinarsi a una di loro e di chiedere se gli concedevano lonore di aiutarle nella loro ricerca. - Non lo pensi nemmeno, - gli rispose quella donna siriana. - Ci che noi cerchiamo non deve essere toccato che dalle donne. - Questa s che strana! - disse Zadig, - potrei pregarla di svelarmi quale sia la cosa che soltanto le donne possono toccare? - un basilisco, - rispose la donna. - Un basilisco, signora? E per qual motivo, di grazia, tutte voi cercate un basilisco? - Per Ogul, nostro signore e padrone; guardi l in riva allacqua, in fondo ai prati, il suo castello. Noi siamo lumilissime schiave del signor Ogul che malato. Il medico gli ha ordinato di mangiare un basilisco bollito nellacqua di rose, e poich il basilisco un animale rarissimo e si lascia prendere soltanto dalle donne, il signore Ogul ha promesso di eleggere come donna preferita colei che gli porter un basilisco. Mi lasci dunque cercare, per favore, vede quanto mi costerebbe se io fossi preceduta dalle mie compagne -. Zadig lasci che quella siriana e le altre donne si cercassero il basilisco e continu il suo cammino nella prativa campagna. Come giunse sulla sponda dun ruscello, vide unaltra signora giacente sullerba senza cercare alcunch. Sembrava persona piena di dignit, ma il volto era velato. Si piegava verso il ruscello ed emetteva profondi sospiri. Aveva in mano una cannuccia e con quella tracciava delle lettere sulla sabbia fina stesa tra lerba e lacqua. Zadig sent la curiosit di scoprire ci che la donna scriveva, le si accost e vide la lettera Z, poi un A. Se ne stup, quindi apparve un D. Zadig trasal. La sua fu una sorpresa inconfrontabile quando egli vide le due ultime lettere del proprio nome. Rimase immobile per qualche istante, quindi rompendo il silenzio, con voce rotta, disse: - O generosa signora, voglia scusare me straniero, me sventurato che oso domandarle per quale caso stupefacente trovo qui, tracciato da lei, dalla sua divina mano, il nome di Zadig -. A quella voce, a quelle parole la signora con mano tremante alz il velo, guard fisso Zadig, gett un grido di tenerezza, di sorpresa, di gioia e vinta da quei diversi sentimenti che tutti insieme le assalivano lanimo si pieg svenuta tra le braccia di lui. Era Astarte, proprio lei, proprio la regina di Babilonia, proprio colei che Zadig adorava rimproverandosi di adorarla, e che da lui era stata tanto pianta, con tanto timore per la sua sorte. Per un momento rimase quasi insensato e quando ebbe fissato lo sguardo negli occhi dAstarte, in quegli occhi che si riaprivano con una languidezza mista di turbamento e di espressione affettuosa, esclam: - O immortali potenze che reggete i destini dei poveri mortali, mi ridate Astarte? Oh! In che tempo, in che luoghi, in che stato io la rivedo! - Si prostr ginocchioni davanti ad Astarte, e con la fronte tocc la polvere presso i suoi piedi. La regina di Babilonia lo risolleva e lo fa sedere sulla sponda del ruscello, accanto a s. Ella si tergeva pi e pi volte gli occhi, da cui le lagrime pi e pi volte ricominciavano a scendere. Riprendeva ad ogni tratto le frasi che i gemiti avevano interrotte; lo interrogava sulla fortunosa circostanza della loro riunione e precedeva le risposte di lui con nuove domande. Abbozzava il racconto delle proprie sventure e voleva intanto sentire quelle di Zadig. Dopo avere infine calmato tutti e due un poco lagitazione delle loro anime, Zadig le narr con brevi parole per quale peripezia egli si trovava sul prato di quella campagna. - Ma come mai, o regina cos sventurata e cos degna di rispetto, ti ritrovo in questo luogo remoto, vestita da schiava, in compagnia daltre schiave alla ricerca di un basilisco da far bollire, secondo la ricetta dun medico, nellacqua di rose? - Mentre le altre cercano il loro basilisco, - disse la bella Astarte, - ti voglio far sapere tutto quanto ho sofferto, e come, dal momento che io ti rivedo, perdono il cielo. Sai che al mio regale marito non piacque che tu fossi il pi garbato degli uomini e sai che per tale motivo una notte decise di strangolare te e di avvelenare me. Sai anche come il cielo permise che il piccolo mio muto riuscisse a riferirmi lordine della sublime Maest del Re. Il fedele Cador subito dopo daverti costretto a ubbidirmi e fuggire, os a notte fonda entrare nel mio appartamento attraverso una porta segreta. Mi port via, mi condusse nel tempio di Orosmade. L il mago, fratello di Cador, mi rinchiuse in una colossale statua che ha la base tra le fondamenta stesse del tempio e la testa a contatto con la volta. Rimasi l dentro come sepolta, ma senza mancare di nessuna cosa necessaria, perch servita dal mago. Intanto, di primissimo mattino, il farmacista di Sua Maest entr nella mia camera con una bevanda composta da giusquiamo, oppio, cicuta, elleboro nero ed aconito; e un altro ufficiale del re si rec in casa tua con un nodo scorsoio di seta celeste. Non trovarono alcuno. Cador, per ingannare meglio il re, fece finta di accusare limo e laltra di noi. Disse che tu eri fuggito sulla strada delle Indie, e io su quella di Menfi: si mandarono uomini armati alla tua e alla mia ricerca. - I messi che cercavano me non mi conoscevano. Non avevo quasi mai lasciato scorgere il mio volto, fuorch a te, in presenza e per ordine del mio sposo. Andavano dunque alla mia ricerca, con il ritratto che di me avevano descritto: alla frontiera con lEgitto apparve ai loro sguardi una donna di taglia identica alla mia, e forse pi bella di me. Era piangente e sperduta. Si sentirono sicuri che fosse la regina di Babilonia, e la condussero a Moabdar. Il loro equivoco provoc a tutta prima nel re una rabbia violenta; ma ben presto, avendo riguardato meglio e pi da vicino quella donna la vide bellissima e fu racconsolato. La chiamavano Missuf. Mi si disse in seguito che quel nome, in lingua egiziana, significa la bella capricciosa. Era davvero cos, ma con arti e moine pari ai capricci. Piacque a Moabdar. Lo domin fino al punto di farsi dichiarare sua moglie. Allora il suo carattere si mostr interamente, ella si permise senza timore tutte le follie della sua immaginazione. Pretese che il capo dei magi, vecchio e gottoso, danzasse davanti a lei e poich colui rifiut lo perseguit crudelmente. Diede ordine al grande scudiero di prepararle una torta con la marmellata. Inutilmente il grande scudiero le fece osservare chegli non era un pasticciere, dovette preparare la torta, e fu cacciato via perch la torta era troppo secca. Al proprio nano ella diede il grado di Grande scudiero e a un paggetto luffizio di Cancelliere. In questo modo govern Babilonia. Tutti quanti rimpiangevano me. Il re, che prima di volermi avvelenare e prima di volerti strozzare, era stato un uomo passabile, adesso pareva che avesse affogato le proprie virt nellabissale suo innamoramento per la bella capricciosa. Nel giorno solenne del fuoco sacro egli and al tempio. Io lo vidi che implorava gli dei per Missuf, prostrato davanti alla statua nella quale io ero rinchiusa. Alzai la voce, gli gridai: Gli dei respingono i voti dun re diventato tiranno, e che volle far morire una moglie sensata per prenderne una dissennata. Moabdar fu talmente turbato da queste parole che la sua mente si confuse. Loracolo pronunziato da me e la tirannia stessa di Missuf furono sufficienti a fargli smarrire la ragione. Impazz in pochi giorni. - Quella pazzia, che sembr un castigo del cielo, fu come il segnale della rivolta. Il popolo si sollev, corse a impugnare le armi, Babilonia che per cos lungo tempo era stata accasciata in una inerte mollezza, divent teatro di una terribile guerra civile. Mi si venne a togliere dallinterna cavit della statua e mi si mise a capo dun partito. Cador corse a Menfi per riportare te a Babilonia. Il principe dIrcania, udite queste sinistre notizie, ritorn con il suo esercito a fondare un terzo partito nella Caldea. Assali il re Moabdar che con la sua bizzarra egiziana gli era venuto incontro precipitosamente, e il re Moabdar mor trafitto. Missuf cadde prigioniera dei vincitori. Per mala sorte fui presa anchio da un drappello dircani e portata davanti al principe proprio mentre gli portavano anche Missuf, Ti far certamente piacere sentendo che il principe mi giudic pi bella dellegiziana, ma non sarai contento di sapere chegli mi assegn al suo serraglio. Mi disse con franca risolutezza che appena terminata una impresa di guerra cui si accingeva sarebbe venuto da me. Pensa il mio dolore. Il mio legame con Moabdar era spezzato, potevo ormai essere di Zadig, ed eccomi caduta in potere di quel barbaro. Gli risposi con tutta la fierezza della mia classe e dei miei sentimenti. Avevo sempre sentito dire che il cielo imprimeva negli individui della mia qualit un carattere di grandezza che mediante una parola o uno sguardo riumilia nel pi profondo rispetto i temerari che osino sollevarsi. Io parlai dunque da regina, ma fui trattata da cameriera. LIrcano senza degnarsi neanche di rivolgermi parola disse al suo eunuco negro che io ero impertinente per carina. Gli ordin di tenermi da conto e di trattarmi con regime da favorita, per ridarmi freschezza e rendermi pi degna dei suoi favori il giorno chegli avrebbe lagio e il comodo di darmene beneficio. Gli dissi che mi sarei uccisa; ed egli ridendo mi rispose che non ci si uccide e che di quelle frasi era pratico. Mi lasci come uno che ha or ora messo in gabbia un suo pappagallo. Che condizione per la prima regina delluniverso e, ancor pi, per un cuore che era tutto di Zadig! - A queste parole Zadig si prostr ai suoi ginocchi, bagnandoli di lagrime. Astarte affettuosamente lo fece rialzare e continu il racconto: - Mi trovavo in potere dun barbaro ed avevo per rivale una matta prigioniera con me. Costei mi narr la sua avventura egiziana. Dai tratti con cui ti descrisse, dal tempo, dal dromedario su cui tu cavalcavi, da tutte le circostanze riferitemi capii che chi aveva combattuto per lei era Zadig. Senza dubbio tu dovevi essere a Menfi e perci decisi di andare a Menfi. Le dissi: Bella Missuf, tu sei molto pi attraente di me, potrai assai meglio di me divertire il principe dIrcania. Aiutami nel modo di salvarmi; e regnerai tu sola, mi farai felice e insieme ti libererai duna rivale. Missuf combin con me la maniera della mia fuga. Ed io segretamente partii in compagnia duna schiava egiziana. Ero ormai non lontana dallArabia, quando un ladrone famoso, chiamato Arbogad, mi rap e mi vendette a certi mercanti che alla loro volta mi portarono a questo castello ove sta il signor Ogul. Mi comper senza sapere chi io fossi. un tipo sensuale, che non pensa ad altro che al mangiare, persuaso che Dio labbia messo al mondo per stare a tavola. florido e grasso in modo eccessivo, col rischio di rimanere senza fiato. Il suo dottore, cui egli quando digerisce bene non ubbidisce mai, lo comanda dispoticamente quando egli ha mangiato troppo. Ora lha convinto che lo guarir con un basilisco bollito nellacqua di rose. E il signor Ogul ha promesso di sposare la schiava che gli porter un basilisco. Vedi come io lascio che si affannino a meritare un tale onore; da quando il cielo ha permesso che io ti riveda non ho mai avuto cos poca voglia, credimi, di trovare quel basilisco -. Allora Astarte e Zadig si dissero tutto ci che i sentimenti a lungo trattenuti e le loro disgrazie e i loro amori sapevano ispirare a cuori cos nobili e cos appassionati; e i geni che presiedono allamore alzarono quelle parole fino al cielo di Venere. Le donne tornarono al castello di Ogul senza aver trovato alcunch. Zadig si fece presentare a lui e gli parl nel modo seguente: - Faccio voti affinch la salute immortale discenda dal cielo e prenda cura di tutti i tuoi giorni. Io sono dottore e sono volato verso di te appena sentii parlare della tua malattia; ti ho portato un basilisco bollito nellacqua di rose. Non per pretendere di sposarti. Ti chiedo solamente la libert duna giovane schiava di Babilonia che da qualche giorno tua", e io sono disposto a rimanere in ischiavit al posto di lei se non avr la fortuna di guarire il magnifico signore Ogul. La proposta fu accolta. Astarte parti per Babilonia con il domestico di Zadig, promettendogli dinviargli continuamente un corriere per informarlo di tutti gli avvenimenti. I loro saluti daddio furono tanto affettuosi quanto quelli del loro riconoscimento. Il momento in cui due si ritrovano e il momento in cui si separano sono i massimi tempi della vita; cos detto nel gran libro dello Zend. Zadig amava la regina tanto quanto lo asseriva, e la regina amava lui ancor pi di quanto diceva. Frattanto Zadig cos disse a Ogul: - Signore, il mio basilisco non devessere mangiato, tutta la sua efficiente virt deve penetrare dentro di te attraverso i pori della pelle. Lho messo in un piccolo otre molto gonfiato e coperto di pelle fina; necessario che tu spinga lotre con tutta la tua forza e che io te lo rimandi pi e pi volte; e in pochi giorni di cura vedrai la validit delle mie arti. Ogul il primo giorno della cura, sfiatato, credeva di morire di fatica. Il secondo giorno si senti meno stanco e dormi meglio. In otto giorni riprese le forze, la salute, la leggerezza e la gaiezza degli anni pi briosi. Zadig gli disse: - Hai giocato al pallone e sei stato sobrio; sappi che in natura non esiste basilisco e si sta sempre bene con la sobriet e il moto e che larte di far coesistere intemperanze e salute una chimera come la pietra filosofale, lastrologia e la teologia dei magi -. Il medico primario di Ogul, intuendo quanto quelluomo fosse pericoloso per larte medica, si intese con il farmacista di casa per spedire Zadig alla ricerca di basilischi nellaltro mondo. Cosi, Zadig, per essere sempre stato punito del bene che aveva compiuto, era sul punto di morire per aver guarito un signore ghiottone. Fu invitato a un pranzo squisito. Doveva essere avvelenato alla seconda portata, ma alla prima ricevette un messaggero della bella Astarte. Si alz da tavola e parti. In questo mondo, quando si amati da una bella donna, - dice il grande Zoroastro, - sempre ci si cava dimpiccio.
I certami La regina era stata ricevuta a Babilonia con quellentusiasmo che sempre si manifesta per una bella principessa che abbia provato la sventura. Babilonia sembrava allora pi quieta. Il principe dIrcania era stato ucciso in un combattimento. I babilonesi, vincitori, stabilirono che Astarte avrebbe sposato luomo scelto come sovrano. Non si voleva che la prima dignit del mondo, cio quella di marito di Astarte e di re di Babilonia, dipendesse da intrighi e cospirazioni. Giurarono di riconoscere come re il pi valoroso e pi sapiente. A qualche lega fuori di citt si costru una lizza circondata da anfiteatri mirabilmente adorni. I gareggianti dovevano andarvi armati da capo a piedi. Per ognuno di loro affinch non fossero visti n conosciuti, era stato preparato un alloggio particolare dietro gli anfiteatri. Bisognava gareggiare quattro volte. Quelli cos fortunati da vincere quattro cavalieri dovevano poi gareggiare tra loro, di modo che lultimo vincitore della lizza sarebbe proclamato vincitore del torneo. Doveva poi ritornare quattro giorni dopo, con la stessa armatura di prima, e sciogliere gli enigmi proposti dai magi. Se non riesciva a spiegare gli enigmi non sarebbe re e bisognerebbe di nuovo far svolgere le sfide, finch si trovasse un vincitore di tutte e due le gare, perch ad ogni costo si voleva re chi fosse il pi valoroso e il pi sapiente. Durante tutto quel tempo la regina doveva essere rigorosamente sorvegliata: le si permetteva appena di assistere, velata, alle gare; ma non la si lasciava parlare a nessuno dei pretendenti, affinch non ne derivassero favoritismi o ingiustizie. Di tutto ci Astarte aveva informato il suo innamorato, sperando che per lei egli dimostrasse valore e intelligenza superiore a tutti. Egli part pregando Venere di rafforzargli il coraggio e illuminargli la mente. La vigilia del gran giorno giunse in riva allEufrate. Fece annoverare la propria insegna tra quelle dei gareggianti, tenendo celato il volto e il nome, come la legge stabiliva e and a riposarsi nellalloggio tirato a sorte per lui. Lamico Cador che era giunto a Babilonia dopo averlo inutilmente cercato in Egitto fece portare nel suo domicilio unarmatura completa inviatagli dalla regina. Gli fece anche consegnare, da parte sua, il pi bel cavallo di tutta la Persia. Zadig in quei doni riconobbe Astarte; il suo coraggio e il suo amore ne ricavarono forze nuove e nuove speranze. Lindomani, quando la regina aveva preso posto sotto un baldacchino gemmato e gli anfiteatri erano pieni di tutte le dame e di tutti i gradi sociali di Babilonia, i gareggianti comparvero dentro la cinta. Ognuno di loro port la propria insegna davanti al gran mago. Si tirarono a sorte e la divisa di Zadig fu estratta per ultima. Il primo che si fece avanti era un ricchissimo signore, chiamato Itobad, un vanesio, poco provvisto di coraggio, un uomo dappoco e senza spirito. I suoi famigliari lavevano convinto che un uomo come lui era fatto per essere re. Egli aveva risposto: - Un uomo come me deve regnare -. E cos lavevano armato dalla testa ai piedi. Portava unarmatura doro smaltata di verde, un pennacchio verde, una lancia adorna di nastri verdi. Dal modo come Itobad si teneva a cavallo la gente cap subito che il cielo non destinava lo scettro di Babilonia a un tipo simile. Il primo cavaliere che gli corse incontro lo tolse dagli arcioni, il secondo lo rovesci addirittura sul cavallo, a gambe in aria e a braccia aperte. Itobad riusc a riassestarsi ma cos goffamente che nellanfiteatro fu una risata generale. Un terzo cavaliere non volle nemmeno servirsi della lancia, ma con una svelta passata in avanti lafferr per la gamba destra e sforzandolo a un mezzo giro del corpo lo fece cadere sullarena. Gli scudieri del torneo accorsero ridendo e lo ricollocarono sulla sella. Ma il quarto gareggiante lo prende per la gamba sinistra e lo fa ricascare dallaltra parte. Tra urli e fischi fu portato al domicilio dove, secondo la legge, doveva pernottare. Camminava a stento e disse: - Che razza davventura per uno come me! - Gli altri cavalieri in ci che dovevano fare se la cavarono meglio. Vi fu chi vinse due avversari di seguito; alcuni riuscirono fino al terzo. Soltanto il principe Otame ne vinse quattro. Venne infine la volta di Zadig: tolse di sella, nella pi elegante maniera, quattro cavalieri, luno dopo laltro. Si dovette perci vedere chi sarebbe stato il vincitore tra Otame e Zadig. Il primo aveva unarmatura e pennacchio di azzurro e doro; Zadig bianco. Le simpatie della folla si dividevano tra il cavaliere azzurro e il cavaliere bianco. La regina con il cuore palpitante pregava il cielo per il bianco. I due campioni fecero passate e giravolte con tale agilit, scambiandosi cos bei colpi di lancia, e con tale saldezza rimanendo in arcioni, che tutti quanti tranne la regina si auguravano di avere in Babilonia due re. Infine, stancati i cavalli e rotte le lance, Zadig ricorse a una destrezza: aggira il principe azzurro, si spinge verso la groppa del cavallo e cinge la vita allavversario, lo getta gi, si mette in sella al posto di lui ormai steso a terra e gli caracolla intorno. Lintero anfiteatro grida: - Vittoria al bianco cavaliere! - Otame, sdegnato, si rialza, sguaina la spada; Zadig salta da cavallo con la sciabola impugnata. Eccoli tutti e due sullarena, impegnati in un nuovo certame, nel quale trionfano ora la forza ora lagilit. Le piume dei cimieri, le borchie dei bracciali, le maglie dellarmatura schizzano via sotto i mille colpi precipitosi. Essi tirano di punta e di taglio, a destra e a sinistra, sulla testa e contro il petto; arretrano, si spingono avanti, si affrontano, si avvicinano, si afferrano, si torcono come serpenti, si assalgono come leoni; ogni momento ai loro colpi sprizzano scintille infocate. Infine Zadig, in un istante di riflessione, si ferma, fa una finta, fiancheggia Otame, lo fa cadere e lo disarma. Otame esclama: - O bianco cavaliere, sei tu che devi regnare a Babilonia! - La regina era al massimo della gioia. Accompagnarono il cavaliere azzurro e il cavaliere bianco, ciascuno nel suo domicilio, e cos tutti gli altri, secondo quanto era stabilito dalla legge. Andarono a servirli e a portare loro il pranzo alcuni muti. Pensate se colui che and a servire Zadig non fu il mutino della regina! Quindi furono tutti lasciati soli fino allindomani mattina quando il vincitore avrebbe dovuto portare la propria insegna al grande Mago per il confronto e il riconoscimento. Zadig, quantunque pieno damore, dormi, talmente sera affaticato. Itobad, che era nellalloggio contiguo, non dormi. Durante la notte si alz, entr nel domicilio di Zadig, prese la bianca armatura e la bianca insegna e al posto di quelle mise larmatura e linsegna verdi. Sorto il mattino se ne and fieramente dal grande Mago a dichiararsi come luomo vittorioso. Non se laspettavano, ma fu proclamato mentre Zadig era ancora a dormire. Astarte, sorpresa e con il cuore disperato, ritorn a Babilonia. Lanfiteatro era gi semivuoto quando Zadig si risvegli; cerc le proprie armi e trov soltanto larmatura verde. Fu costretto a indossarla, non avendo altro. Stupito e sdegnato, se le mette con rabbia e se ne va cos conciato. Tutti quelli che erano ancora rimasti nellanfiteatro e nel campo lo ricevettero a fischi. Lo circondavano, linsultavano sfacciatamente. Non so chi mai abbia raccolto cos umilianti mortificazioni. Gli scapp la pazienza; respinse a sciabolate la gentaglia che osava insultarlo; ma non sapeva che cosa fare. Non poteva rivedere la regina, non poteva reclamare la bianca armatura inviata da lei; avrebbe rischiato di comprometterla. Perci, mentre ella era prostrata nel dolore, egli era afflitto nella rabbia e nellinquietudine. Camminava lungo lEufrate, convinto che la propria stella lo destinava a uninfelicit senza scampo; riandava mentalmente tutte le sue disgrazie, dallaccidente della moglie che aveva in antipatia i ciechi da un occhio fino a quella dellarmatura. Ecco che cosa succede, - si diceva, - a svegliarsi troppo tardi; se avessi dormito di meno, sarei re di Babilonia, e avrei Astarte. Scienza, educazione, coraggio non hanno servito ad altro che alla mia sventura. Fu tentato di mormorare contro la Provvidenza, e di credere che tutto fosse retto da un crudele destino che opprime i buoni e d prosperit ai cavalieri verdi. Uno schianto per lui era di portare addosso quellarmatura verde che gli aveva attirato tanti e tanti fischi. Passava un mercante ed egli gli vendette a basso prezzo quellarmatura, acquistando da lui un abito e un lungo berretto. Cosi vestito andava in riva allEufrate, pieno di disperazione, accusando dentro di s la Provvidenza che lo perseguitava di continuo.
Leremita Nel suo cammino si imbatt in un uomo con bianca e venerabile barba lunga fino a met vita. Con la mano sorreggeva un libro, e leggeva attentamente. Zadig si ferm e gli fece una profonda riverenza. Leremita salut con espressione cos nobile e cos dolce che Zadig senti il desiderio di trattenerlo. Gli domand che libro leggeva. - Il libro dei destini, - rispose leremita. - Vuoi leggerne un tratto? - Diede il libro in mano a Zadig che, quantunque conoscesse parecchie lingue, non riusc a capire nemmeno una lettera. La sua curiosit ne fu raddoppiata. - Mi sembri proprio di cattivo umore, - gli disse quel buon padre. - Ahim, - rispose Zadig, - ne ho ben donde. - Se mi permetti di accompagnarti, - rispose il vecchio, - potr forse esserti utile; qualche volta riuscii a trasfondere dei sentimenti consolanti nellanimo degli infelici -. Zadig senti deferenza per laria e per la barba e per il libro delleremita. Not nel suo discorrere qualche pi alta illuminazione. Leremita parlava del destino, della giustizia, della morale, del bene supremo, della debolezza umana, delle virt e dei vizi con uneloquenza cos vivace e affascinante che Zadig si sent spinto verso di lui da unattrattiva invincibile. Lo preg sollecitamente di non lasciarlo fino a Babilonia. - Sono io stesso che ti chiedo questo favore, - disse il vegliardo, - giura su Orosmade che qualunque cosa io faccia tu per qualche giorno non ti separerai da me Zadig giur e partirono insieme. Quella sera i due viaggiatori arrivarono a un superbo castello. Leremita chiese ospitalit per s e per il giovane suo accompagnatore. Il portiere, che aveva lapparenza dun gran signore, li fece entrare con una cortesia non priva di sprezzatura. Li present a un maggiordomo che li port a visitare i magnifici appartamenti del padrone. Furono ammessi al fondo della tavola padronale, senza che il castellano li degnasse di un solo sguardo; ma furono serviti come gli altri, con vivande raffinate e abbondanti. Quindi gli fecero lavare le mani in un bacile doro tempestato di smeraldi e rubini. Furono accompagnati in una bella camera da letto e lindomani un domestico diede alluno e allaltro una moneta doro, prima di congedarli. - Il padrone di casa, - disse Zadig per la strada, - mi sembra un uomo generoso, quantunque un po altero, e pratica nobilmente lospitalit -. Mentre parlava not che una specie di molto ampia saccoccia delleremita appariva gonfia e tesa: vi scorse il bacile doro tempestato di gemme, rubato. Sul momento non os far mostra di nulla, ma era stupito e sorpreso. Verso mezzogiorno leremita si ferm alla porta duna piccola casa dove abitava un ricco avaro: chiese ospitalit per qualche ora. Un vecchio servitore male in arnese lo ricevette con brusche maniere e fece entrar leremita e Zadig nella scuderia. Diede loro poche olive gi putride, del pane cattivo e della birra andata a male. Leremita bevette e mangi con aria soddisfatta, come la sera prima; poi rivolto al vecchio servitore, che stava sorvegliandoli affinch non rubassero e se ne andassero al pi presto, gli regal le due monete doro avute al mattino e lo ringrazi di tutte le premure: - Per favore, - soggiunse, - fammi parlare al tuo padrone -. Il servitore, stupito, introdusse i due viaggiatori. - Magnifico signore, - disse leremita, - non sono in grado di fare niente fuorch di ringraziarla umilmente per la nobile guisa con la quale ella ci ha accolti: si degni di accettare questo bacile doro come poco pregevole pegno della mia riconoscenza -. Poco manc che lavaro cadesse supino. Leremita non gli lasci il tempo di riaversi dallo stupore; part alla svelta con il giovane compagno di viaggio. Zadig disse: - Padre mio, cosa vedo mai? Tu non mi sembri molto diverso dagli altri uomini: a un signore che ti ha accolto con magnificenza tu rubi un bacile doro tempestato di gemme e lo di a un avaro che ti tratta iniquamente. - Figlio mio, - disse il vegliardo, - quelluomo che con la sua magnificenza ospita i forestieri soltanto per vanit e affinch ammirino le sue ricchezze, diventer pi saggio; lavaro imparer a essere ospitale; non ti stupire di nulla e vieni con me -. Zadig non capiva bene se si trovava con il pi saggio o con il pi matto degli uomini; ma leremita discorreva con tale autorevolezza che Zadig, daltro canto stretto dal giuramento, non pot sottrarsi alla sua compagnia. Alla sera giunsero davanti a una casa di gradevole costruzione, ma semplice, che non faceva pensare n a prodigalit n ad avarizia. Ne era padrone un filosofo che sera appartato dalla societ, dedicandosi in pace alla saggezza e alla virt, senza tuttavia annoiarsi mai. Gli era piaciuto costruirsi quel ritiro in cui poteva ricevere i forestieri con nobilt priva di ostentazione. And egli stesso incontro ai due viaggiatori e per prima cosa li fece riposare in un agiato appartamento. Trascorso alquanto dora, torn egli stesso a prenderli per invitarli a una refezione giusta e ben preparata; durante la quale parl giudiziosamente sulle recenti rivoluzioni di Babilonia. Lasci trasparire una sincera affezione per la regina e si augur che Zadig comparisse nella lizza per gareggiare alla conquista della corona. - Ma gli uomini, - precis, - non meritano un re come Zadig -. Costui arrossi e senti pi cocenti i suoi dolori. Nella conversazione si fu daccordo sul fatto che in questo mondo le cose non andavano secondo il beneplacito degli uomini pi saggi. Leremita tuttavia opin che le vie della Provvidenza erano sconosciute e che gli uomini sbagliavano nel voler giudicare nel totale ci di cui conoscevano soltanto una minima parte. Si venne a parlare delle passioni. - Ah! Quanto sono fatali, - diceva Zadig. E leremita: - Sono i venti che gonfiano le vele del vascello, qualche volta lo portano a fondo ma senza di loro il vascello non navigherebbe. La bile pu dare collera e infermit, ma senza la bile luomo non vivrebbe. Quaggi tutto rischio, ma tutto necessit -. Si pass a discorrere del piacere e leremita comprov che un dono della Divinit. - Luomo infatti, - egli disse, - non pu regalarsi n sensazioni n idee, riceve ogni cosa; sofferenza e piacere gli provengono dal di fuori, come lo stesso essere suo. Zadig si meravigliava che chi aveva compiuto azioni tanto stravaganti potesse parlare cos giudiziosamente. Infine, dopo quella conversazione istruttiva e piacevole lospite riaccompagn i due viaggiatori nella loro stanza, benedicendo il cielo che gli aveva mandato due uomini cos dotati di saggezza e di virt. Offr loro del denaro, con un garbo nobile e spigliato che non poteva offendere. Leremita non volle accettare e gli disse che desiderava congedarsi perch intendeva partire per Babilonia prima del mattino. Fu una separazione cordialissima. Zadig soprattutto si sentiva pieno di stima e di simpatia per un uomo cos garbato. Quando leremita e Zadig furono nel loro appartamento elogiarono a lungo il padrone di casa. Il vecchio, appena fu giorno, risvegli il suo socio. - Dobbiamo partire, - disse, - ma mentre tutti riposano ancora, desidero lasciare al padrone di casa una testimonianza della mia stima e della mia affezione cos dicendo, prese una fiaccola e diede fuoco alla casa. Zadig, atterrito, grid e volle impedirgli di commettere una cos orribile cosa. Leremita lo trascin via con vigore invincibile; la casa era tutta in fiamme. Leremita, gi allontanatosi abbastanza con il suo socio, tranquillamente la rimirava bruciare. - Ringrazio Dio, - disse. - Ecco la casa del mio ospitale amico distrutta fino alle fondamenta. Uomo fortunato! - Nelludir questa frase Zadig ebbe tutto insieme la voglia di una grande risata e quella dinveire contro il reverendo padre, la voglia di picchiarlo e quella di fuggire, ma non fece niente di niente, e tuttora soggiogato dallautorevolezza delleremita, and suo malgrado con lui fino al seguente e ultimo pernottamento. Ci avvenne nella casa duna caritatevole e buona vedova che aveva un nipote quattordicenne, assai bello, e sua unica speranza. Ella fece gli onori di casa quanto meglio poteva. Allindomani impose al nipote di accompagnare i viaggiatori fino a un ponte, che da poco tempo guastato non era senza pericolo. Il ragazzo, sollecito, va avanti per primo. Ed ecco, proprio sul ponte leremita dice al ragazzo: - Vien qua, devo manifestare la mia riconoscenza a tua zia -. Lo afferra per i capelli e lo getta nella corrente. Quel figliolo cade, compare un momento a galla, quindi sprofonda nel torrente. Zadig proruppe: - O mostro! O uomo pi scellerato di tutti! - Mavevi promesso un poco pi di pazienza, - disse leremita interrompendo linvettiva. - Sappi che sotto le macerie di quella casa incendiata dalla Provvidenza, il padrone ha trovato un immenso tesoro; sappi che questo giovanotto cui la Provvidenza ha torto il collo, tra un anno avrebbe assassinato sua zia, e tra due anni anche te -. Zadig grid: - Chi te lha detto, barbaro? E anche se tu nel tuo libro dei destini avessi letto questo evento saresti autorizzato ad annegare un ragazzo che non ti ha fatto alcun male? - Mentre quel di Babilonia parlava si accorse che il vegliardo non aveva pi barba e che nel suo viso appariva la fisionomia della giovinezza. Spar la veste da eremita, quattro ali davano bellezza al suo corpo maestoso e splendido di luce. - O inviato del cielo! O angelo divino! - esclam Zadig prosternandosi, - sei dunque disceso dallempireo per insegnare a un debole mortale la sottomissione agli ordini eterni? Langelo Jesrad disse: - Gli uomini non sanno niente e vogliono giudicare tutto: tu, tra tutti, eri quello pi meritevole dessere edotto -. Zadig gli chiese il permesso di parlare e disse: - Sono in dubbio io stesso, ma posso osare di chiederti un chiarimento sulla mia incertezza? Non sarebbe stato meglio laver corretto quel ragazzo e laverlo educato alla virt, piuttosto che annegarlo? - Jesrad spieg: - Se egli fosse diventato virtuoso, se fosse vissuto, avrebbe subito il destino dessere assassinato lui stesso con la donna assegnatagli per isposa e con il figlio che gli sarebbe nato -. Zadig disse: - Ma come! Bisogna dunque che vi siano delitti e sciagure e che le sciagure colpiscano gli uomini dabbene? - Jesrad rispose: - I cattivi sono sempre sciagurati: servono a mettere alla prova una minoranza di uomini giusti sparsi sulla terra, e non vi mai un male da cui non nasca un bene E Zadig: - Ma se esistesse soltanto il bene e non il male? - Allora, - riprese Jesrad, - questa non sarebbe la terra, la concatenazione degli avvenimenti sarebbe lordine duna differente saggezza, e un tale ordine, che sarebbe perfetto, pu esistere soltanto nell'eterna dimora dellEssere supremo, cui nessun male pu accostarsi. Egli ha creato milioni di mondi e non ve n neppure uno che rassomigli a un altro. Limmensa variet un attributo della sua immensa potenza. Non si trovano sulla terra due foglie dalbero identiche tra loro n tra i campi infiniti del cielo due globi uguali. Tutto quanto tu vedi sul piccolo atomo dove sei nato deve essere qual al luogo e al tempo suo, secondo glimmutabili ordini di Colui che tutto contiene. Gli uomini pensano che quel ragazzo perito or ora sia caduto casualmente nellacqua, e che quella casa sia pur bruciata per caso, ma il caso non esiste: tutto prova, ovvero punizione, o ricompensa, o previdenza. Rammentati del pescatore persuaso dessere il pi sfortunato degli uomini. Orosmade tinvi a lui per mutare il suo destino. O debole mortale, non discutere contro ci che devi adorare -. E Zadig: - Ma... - E su questo ma langelo stava gi involandosi verso la decima sfera. Zadig, inginocchiato, ador la Provvidenza, a Lei sottomettendosi. Dalle sue altezze langelo grid: - Fa tuo cammino verso Babilonia. (torch)
Gli enigmi Zadig, stupefatto come chi abbia veduto il fulmine cadergli a lato, camminava alla ventura. Entr in Babilonia proprio il giorno in cui coloro che avevano gareggiato erano gi radunati nel grande atrio del palazzo per sciogliere gli enigmi e per rispondere ai quesiti del grande mago. Erano arrivati tutti i cavalieri fuorch quello con la divisa verde. Appena Zadig comparve nella citt, il popolo si strinse attorno a lui, gli occhi non si saziavano di vederlo, le bocche di lodarlo, i cuori di augurargli limpero. Linvidioso lo vide passare, trem, e guard altrove. Il popolo lo accompagn fino al luogo dellassemblea. La regina, informata del suo arrivo, fu invasa da agitazione, timore e speranza; tormentata dallinquietudine non poteva capacitarsi sul fatto di vedere Zadig disarmato e Itobad con la divisa bianca. Sorse un mormorio confuso alla vista di Zadig. Erano tutti sorpresi e contenti di rivederlo, ma soltanto ai cavalieri combattenti era permesso di comparire nellassemblea. - Ho combattuto, - egli disse, - come tutti, ma qui un altro porta le armi mie, e mentre attendo di aver lonore di dimostrarlo, chiedo il permesso di presentarmi a sciogliere gli enigmi La cosa fu messa ai voti, la fama della probit di Zadig era ancora talmente impressa negli animi che non vi fu indugio nel concedere. Il grande Mago espose questo primo quesito: - Di tutte le cose del mondo qual la pi lunga e la pi corta, la pi pronta e la pi lenta, la pi frazionabile e la pi estesa, la pi trascurata e la pi rimpianta, senza la quale niente si pu, ed essa divora ogni piccolezza e ravviva ogni grandezza? - La risposta toccava a Itobad. Disse che un uomo come lui non si perdeva in enigmi, gli bastava aver vinto con i colpacci della sua lancia. Ci fu chi disse che la parola richiesta era la fortuna, altri dissero la terra, altri la luce. Zadig disse il tempo. Non v nulla di pi lungo perch esso la misura delleterno, nulla di pi corto perch insufficiente a ogni nostro proposito; lento al massimo per chi aspetta, rapido pi di ogni cosa per chi nella gioia; infinitamente esteso nella grandezza, infinitamente frazionabile nella piccolezza; tutti lo trascurano e tutti si rammaricano di perderlo; nulla avviene senza di lui, ed esso fa dimenticare le cose indegne della posterit, immortalizza quelle grandi. Lassemblea fu daccordo con Zadig. Poi si domand: - Che cos ci che si riceve senza ringraziare, si gode non sapendo come, si d agli altri quando si senza cognizione, e da noi si perde senza che ce ne accorgiamo? Ognuno disse la sua. Solamente Zadig indovin chera la vita. Sciolse tutti gli altri enigmi con la stessa facilit. Itobad ogni volta diceva che niente era pi semplice e che egli se avesse voluto prenderne la briga avrebbe facilissimamente risolto. Furono proposti quesiti sulla giustizia, sul sommo bene, sullarte di regnare. Le risposte di Zadig furono giudicate le pi convincenti. - Peccato, - dicevano, - che unintelligenza cos acuta sia in un cos inetto cavaliere. - Illustri signori, - disse Zadig, - fui io chebbi lonore della vittoria nella lizza. Larmatura bianca di mia propriet. Il signor Itobad se la prese mentre io dormivo; probabilmente gli parve che gli sarebbe stata pi adatta della verde. Sono senzaltro disposto di provargli qui davanti a voi, con labito e la spada che ho contro tutto quanto il bianco armamento che mi ha carpito, che fui io ad avere lonore di vincere il valoroso Otame. Itobad molto fiducioso accett la sfida. Non aveva dubbi sul fatto chegli avendo elmo corazza e bracciali se la sarebbe assai facilmente cavata contro un campione in berretto da notte e veste da camera. Zadig sguain la spada, con un saluto alla regina che lo guardava, ansiosa tra la gioia e il timore. Itobad sfoder la sua spada, senza salutar alcuno. And su Zadig come chi non ha niente da temere; disposto a spaccargli la testa. Zadig seppe parare il colpo, opponendo la parte pi salda della lama a quella pi debole dellavversario, di modo che la spada di Itobad si spezz. Zadig allora afferrando il nemico alla vita lo fece stramazzare e puntando la spada verso una fessura della corazza gli disse: - O ti lasci disarmare o ti uccido -. Itobad sebbene stupito delle disgrazie che succedevano a un uomo del suo valore lasci che Zadig gli togliesse il magnifico suo elmo, la superba corazza, i bei bracciali, cosciali scintillanti. Zadig se ne adorn e cos armato corse a inginocchiarsi davanti ad Astarte. Cador non ebbe difficolt a dimostrare che larmatura apparteneva a Zadig, che perci con unanime assentimento fu riconosciuto come re, soprattutto da Astarte. Costei, dopo tante contrariet, assaporava la dolcezza di vedere il suo innamorato degno dessere suo sposo alla presenza di tutti. Itobad and a farsi dare del monsignore a casa propria. Zadig fu re e fu felice. Aveva bene in mente tutto quanto gli era stato detto dallangelo Jesrad. Si ricordava anche del granello di sabbia diventato diamante. La regina ador con lui la Provvidenza. Zadig lasci che la bella e capricciosa Missuf se ne andasse per il mondo. Mand a cercare il brigante Arbogad e gli assegn un grado di onore nellesercito, con promessa di promozione alle dignit pi alte se si fosse comportato veramente da guerriero, e dimpiccagione se si fosse dato al brigantaggio. Dallinterno dellArabia fu chiamato Setoc con la sua bella Almona, per dirigere come capo il commercio di Babilonia. Cador ebbe grado e predilezione conformi ai suoi meriti: fu lamico del re e cos il re fu lunico monarca della terra che avesse un amico. Non fu dimenticato il piccolo mutino. Al pescatore fu regalata una bella casa. Orcano fu condannato a pagargli una grossa cifra e a restituirgli la moglie. Ma il pescatore, rinsavito, accett soltanto il denaro. La bella Semira non si dava pace di aver creduto che Zadig fosse privo di un occhio e Azora non finiva di pentirsi daver voluto mozzargli il naso. Zadig mitig i loro rammarichi con dei regali. Linvidioso crep di rabbia e di vergogna. Limpero godette pace, gloria e benessere; fu allora sulla terra il secolo migliore, perch essa era amministrata dalla giustizia e dallamore. Tutti benedicevano Zadig, e Zadig benediceva il cielo.
La danza Setoc, per necessit dei suoi commerci, doveva andare nellisola di Serendib; ma il primo mese di matrimonio che, come tutti sanno, luna di miele, non gli permetteva di lasciare la sposa n di credere che avrebbe potuto lasciarla giammai. Preg lamico Zadig di fare quel viaggio in sua vece. - Ahim, - diceva Zadig, - mi tocca ancora mettere pi ampio spazio tra la bella Astarte e me? Eppure devo rendere servizio a chi mi ha beneficato -. Disse, pianse, part. Non era da molto tempo nellisola di Serendib e gi era ritenuto uomo straordinario. Divent arbitro di ogni contrasto tra i commercianti, lamico dei benpensanti, il consigliere di quei pochi che cercano consiglio. Il re volle vederlo e ascoltarlo. Fece in fretta ad apprezzare il valore di Zadig, ebbe fiducia nella sua saggezza e divent suo amico. La familiarit e la stima del re fecero tremare di timore Zadig. Ripensava notte e giorno alle disavventure procurategli dalla benevolenza di Moabdar. Sono simpatico al re, - diceva, - non ne avr danno? Tuttavia non poteva sottrarsi alle gentilezze della Reale Maest: perch giusto ammettere che Nabussan, re di Serendib, figlio di Nussanab, figlio di Sanbusna, era uno dei migliori principi dAsia e che quando si conversava con lui era difficile non giudicarlo amabile. Questo buon principe era ognora lodato, ingannato e derubato: si gareggiava a far bottino delle sue ricchezze. Lesattore generale dellisola di Serendib dava sempre lesempio, fedelmente seguito dagli altri. Il re lo sapeva: aveva sostituito pi volte il tesoriere, ma non era riuscito a cambiare la moda ormai stabile di spartire le rendite reali in due met diseguali; la pi piccina era sempre per la Maest del Re, la pi grossa per i suoi amministratori. Il re Nabussan confid la sua preoccupazione al saggio Zadig. Gli disse: - Tu che sei informato su tante belle cose, non sapresti il modo di farmi trovare un tesoriere che non mi derubi? - Zadig rispose: - Senza dubbio, so una infallibile maniera di darle un uomo con le mani nette -. Il re, rallietato, lo abbracci domandandogli come doveva comportarsi. Zadig disse: - Basta far danzare tutti quelli che si presenteranno per concorrere allufficio di tesoriere: colui che danzer con la migliore levit sar senza fallo il tipo pi onesto. - Vuoi scherzare, - disse il re, - questo s un modo allegro di scegliere un direttore delle finanze. Vuoi dunque darmi da bere che il finanziere pi integro e pi abile ha da essere chi meglio riesca negli scambietti? - Zadig replic: - Non le posso assicurare che sia il pi abile, ma che sar il pi onesto di tutti, questo s, senza dubbio -. Zadig si esprimeva con tale convinzione che il re credette che mediante qualche sovrannaturale segreto conoscesse i finanzieri. - Non ho simpatia per le cose soprannaturali, - disse Zadig, - persone e libri prodigiosi mi sono sempre dispiaciuti, ma se Sua Maest mi concede di compiere lesperimento che le ho proposto, si convincer che il mio segreto la cosa pi semplice e agevole -. Nabussan, re di Serendib, sentendo dire che quel segreto era semplicissimo fu stupito ancor di pi che se gli avessero detto chera cosa miracolosa. Ebbene, - disse, fai pure come ti pare. - Si, - disse Zadig, - mi lasci fare, con questo esperimento guadagner piu di quanto si aspetta . Quel giorno stesso con manifesti in nome del re ordin che tutti i pretendenti allufficio di Alto Ricevitore delle finanze della Graziosa Maest Nabussan, figlio di Nussanab, dovevano, nel primo di della luna del coccodrillo, recarsi nellanticamera reale, vestiti di seta leggera. Vi si recarono in sessantaquattro. Era stata preparata una musica di violini nella sala vicina e tutto il necessario per un ballo, ma la porta di quella sala era chiusa e per entrarvi si doveva passare attraverso uno stretto o molto scuro corridoio. Un usciere incominci a chiamare e a introdurre uno per volta i candidati nel suddetto passaggio dentro cui essi erano lasciati soli per qualche minuto. Il re, informato del segreto, aveva esposto nel corridoio tutti i propri tesori. Quando i pretendenti furono tutti entrati nella sala, la Maest del Re diede ordine che ballassero. Non sera mai veduta una danza cos pesante e cosi sgraziata; tutte le teste abbassate, le schiene curve, le mani come incollate ai fianchi. - Che bricconi! - diceva il re sottovoce. Tra tutti soltanto uno disegnava agilmente i suoi passi, teneva eretta la testa, sicuro lo sguardo, le braccia aperte, il corpo diritto, i garretti arditi. - Ah! Ecco lonesto, ecco luomo bravo, - diceva Zadig. Il re abbracci il buon ballerino, lo proclam tesoriere; tutti gli altri furono puniti e multati con sacrosanta giustizia, perch ognuno di loro, durante la sosta nel corridoio, si era riempito le tasche e a mala pena poteva muovere i passi. Il re si rattrist sulla natura degli uomini vedendo che di sessantaquattro danzatori ben sessantatr fossero dei mariuoli. Landito semibuio fu chiamato il corridoio della tentazione. Se la cosa fosse successa in Persia si sarebbero suppliziati col palo quei sessanta tre messeri; in altri stati si sarebbe istituita una corte di giustizia che avrebbe consumato per le spese una somma tripla del valore di ci che fu rubato, e non avrebbe rimesso nelle casse del sovrano nemmeno un centesimo; in qualche altro reame, i colpevoli si sarebbero completamente giustificati e avrebbero fatto cadere in disgrazia quel danzatore cos leggiero: a Serendib furono condannati solamente ad aumentare il tesoro dello stato, perch Nabussan era un uomo indulgentissimo. Ed anche molto riconoscente: diede a Zadig una somma di denaro pi ingente di quante un tesoriere mai avesse rubate al Re suo padrone. Zadig se ne servi per inviare a Babilonia dei corrieri che linformassero della sorte di Astarte. Nel dare gli ordini aveva la voce tremante, un tuffo di sangue al cuore, gli occhi, gli occhi gli si ottenebravano, lanima era sul punto di mancare. Il messo parti. Zadig lo vide salir sulla nave, e tornandosene verso il re, non vedeva nessuno, credeva dessere nella propria stanza e apriva le labbra pronunziando amore. - Ahi, lamore! - disse il re. - proprio ci di cui si tratta, hai indovinato ci che mi cruccia. Sei davvero un granduomo! Spero che come mi hai fatto trovare un tesoriere non interessato, cos mi farai conoscere una donna fedele a tutta prova Zadig, ritornato in s, gli promise di giovargli nellamore come nella finanza, sebbene la cosa sembrasse ancor pi difficile.
Occhi celesti - Il corpo e il cuore, - incominci a dire il re a Zadig. A queste parole il babilonese non si trattenne dallinterrompere la Maest del Re. - Come mi piace, - disse, - che non abbia detto la mente e il cuore! Poich nei conversari babilonesi si sentono sempre queste due parole; si vedono soltanto libri che trattano del cuore e della mente, libri compilati da chi sprovvisto delluno e dellaltro; ma, per sua grazia, Sire, prosegua -. Nabussan continu cos: - Il corpo e il cuore in me hanno destino di amare, e di queste due potenze la prima pu essere completamente soddisfatta. Al mio servizio ho cento donne, tutte quante belle, compiacenti, premurose, persino voluttuose, o capaci di fingere dessere tali con me. Il mio cuore non pu dirsi molto fortunato allo stesso modo. Ho capito persin troppo che vezzeggiano molto il re di Serendib, ma di Nabussan simportano pochissimo. Non gi che io creda poco fedeli le mie femmine, ma vorrei trovare unanima tutta per me, per un tesoro cos io lascerei le cento belt di cui possiedo le grazie, vedi un po tu se tra queste cento sultane puoi trovarne ima che mi dia la sicurezza dessere amato. Zadig gli rispose al modo tenuto sullargomento delle finanze: - Sire, mi lasci fare, ma per prima cosa mi permetta di valermi di quanto lei aveva esposto nel corridoio della tentazione, gliene render conto esatto, e non perder nulla Il re lo lasci padrone assoluto. Zadig scelse in tutto Serendib trentatre gobbetti tra i pi repellenti che trov, trentatre paggi tra i pi belli, e trentatre bonzi tra i pi facondi e vigorosi. Diede loro la concessione dentrare dentro le celle delle sultane; ogni gobbetto ebbe a disposizione quattromila monete doro da regalare, e fin dal primo di tutti i gobbetti furono felici. I paggi che non avevano da regalare altro che se stessi trionfarono appena dopo due o tre giorni. I bonzi dovettero faticare alquanto di pi, ma alla fine trentatre pie femmine gli si arresero. Il re, guardando attraverso certe persiane che mostravano tutte le celle, vide ogni esperimento, e fu stupefatto. Di cento femmine novantanove soggiacquero davanti ai suoi occhi. Ne rimaneva una giovane giovane, novellina, a cui la Maest del Re non si era ancora mai avvicinata. Mandarono su di lei un primo, un altro, un altro ancora dei gobbi che le offrirono persino ventimila monete: fu incorruttibile e non pot fare a meno di ridere sullidea di quei gobbi persuasi che il denaro li rendesse pi prestanti. Le mandarono i due paggi pi belli; ella disse che il re le pareva ancor pi bello. Le mandarono il bonzo pi facondo, e poi il pi intraprendente; il primo le sembr soltanto un linguacciuto, e non capi nemmeno che meriti avesse il secondo. Ella diceva: - Il cuore tutto, non mi lascer mai vincere dalloro di un gobbo, n dalla leggiadria dun giovanotto, n dalle attrattive dun bonzo; amer unicamente Nabussan, figlio di Nussanab, e aspetter che egli si degni damarmi -. Il re si senti fuor di s per la gioia, la meraviglia, la tenerezza. Si riprese tutto il denaro che aveva dato il successo ai gobbi, e ne fece dono alla bella Falida, questo il nome della giovane. Le diede il proprio cuore, ella ne era davvero meritevole: ella era il fiore della giovinezza, il pi lucente che si fosse mai veduto, con le pi incantevoli grazie della bellezza. La verit storica vuole che non si taccia che non sapeva fare bene una riverenza; nondimeno danzava come le fate, cantava come le sirene, parlava come parlano le Grazie: era piena di talenti e di virt. Nabussan, amato, lador; ma ella aveva occhi celesti, e ci fu sorgente delle maggiori sventure. Esisteva una legge antica che vietava ai re damare uno di quei tipi di donne che i greci chiamarono poi boopie. Il capo dei bonzi di cinquemila anni prima aveva promulgato quella legge, con lo scopo dappropriarsi dellamante del primo re dellisola di Serendib: questo il motivo dellanatema sugli occhi celesti, messo nella costituzione fondamentale dello stato. Tutti i dignitari dellimpero andarono da Nabussan per contestare. Si diceva in palese che erano giunti gli ultimi giorni del regno, che era il colmo dellabbominazione, che su tutta quanta la natura pendeva la minaccia dun evento sinistro; insomma che Nabussan figlio di Nussanab era innamorato di due grandi occhi celesti. I gobbi, i banchieri, i bonzi e le donne brune riempirono il regno con le loro querele. I popoli selvaggi che dimorano nel nord di Serendib approfittarono di questo generale malcontento. Fecero unirruzione negli stati del buon Nabussan. Egli chiese contribuzioni ai suoi sudditi; i bonzi, possessori di met delle rendite statali, si appagarono di alzare le mani al cielo rifiutandosi di metterle nei loro forzieri per aiutare il re. Cantarono delle belle preghiere, e lasciarono lo stato in balia dei barbari. - O caro mio Zadig, - esclam Nabussan con dolore, - sarai ancora tu a togliermi da questo orribile impaccio? - Volentierissimo, - rispose Zadig, - e lei avr dai bonzi tutto il denaro che vuole. Abbandoni i luoghi dove stanno i castelli dei bonzi, e difenda soltanto i propri Nabussan esegu: i bonzi corsero a inginocchiarsi ai suoi piedi implorando aiuto. Il re rispose mediante una bella musica su parole che erano preghiere invocanti dal cielo la conservazione dei loro luoghi. Finalmente i bonzi diedero denaro e il re conchiuse felicemente la guerra. Cosi Zadig, per mezzo dei saggi e fortunati consigli e con i maggiori servigi, si era attirata lirreconciliabile inimicizia degli uomini pi potenti dello stato: bonzi e donne brune giurarono la sua rovina, banchieri e gobbi non lo perdonarono; tutti lo misero in sospetto presso il buon Nabussan. I servigi resi rimangono per lo pi nellanticamera, i sospetti invece penetrano nella stanza. Questa una massima di Zoroastro. Ogni giorno nuove accuse; la prima respinta, la seconda sfiora, la terza ferisce, la quarta uccide. Zadig si senti intimidito; egli aveva condotto bene gli affari dellamico Setoc, e gli aveva inviato il suo denaro; pens solamente a partirsene dallisola, e decise di andare egli stesso a cercare notizie di Astarte. - Infatti, - diceva, - se resto a Serendib i bonzi mi condanneranno al palo; ma dove andare? In Egitto sarei schiavo; in Arabia, con grande probabilit, bruciato; a Babilonia strozzato. Tuttavia devo sapere che ne di Astarte: si parta e si veda un po che cosa mi prepara il mio triste destino.
Qui il ritrovato manoscritto con la storia di Zadig finisce. Questi ultimi due capitoli devono certamente collocarsi dopo il dodicesimo, precedentemente allarrivo di Zadig in Siria. Si sa chegli pass per molte altre avventure che furono trascritte con fedelt. Si pregano i signori interpreti di lingue orientali di comunicare le loro eventuali scoperte.