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Unarcheologia del comune

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Plato ne, Rep ub bl ica , 416c [comunione dei beni nella citt ideale]
Oltre a questa educazione, chi intelligente sosterrebbe anche che si debbano procurare loro anche le abitazioni e
ogni altro patrimonio del genere, perch nulla gli impedisca di essere i guardiani migliori o li induca a maltrattare gli
altri cittadini.
E sosterr il vero.
Vedi dunque, dissi io, se questo qui il modo in cui devono vivere e abitare, se devono essere tali: in primo luogo,
che nessuno abbia un qualche patrimonio di sua propriet, se non lo stretto necessario; e neppure casa o dispensa, se
non una in cui entri chiunque voglia. Le provviste di cui abbisognano uomini che sono atleti di guerra temperanti e
coraggiosi, sia stabilito che le prendano dagli altri cittadini quale compenso per la difesa, n pi n meno di quanto
basta per un anno. Partecipino ai banchetti pubblici vivendo in comune come se fossero in un accampamento
militare. Siano consapevoli di portare sempre nellanimo oro e argento dono degli di, dunque divini, e perci di
non aver bisogno di quelli umani, poich anzi sarebbe unempiet profanare quel possesso mischiandolo al possesso
delloro mortale; perch se molti misfatti sono accaduti per via della moneta volgare, quella che appartiene a loro
incontaminata. Piuttosto, saranno i soli tra i cittadini a cui sia vietato avere commercio o maneggio doro e
dargento, o trovarsi sotto lo stesso tetto, o adornarsene o anche solo bere da coppe dargento o doro, perch cos
che potranno salvaguardarsi e salvaguardare la citt. Se dunque avessero la propriet di terra, case o denaro,
sarebbero amministratori e coltivatori piuttosto che guardiani, ovvero diverrebbero despoti e nemici piuttosto che
alleati degli altri cittadini, e trascorrerebbero lintera vita a odiare ed essere odiati, ingannare ed essere ingannati,
temendo i nemici interni molto pi di quelli esterni, e accelerando al massimo grado la rovina loro e del resto della
citt. In vista di tutto ci, conclusi allora, diremo dunque che si debba stabilire questo per i guardiani quanto
allabitazione e alle altre cose, e che sia sancito per legge, oppure no?
In tutto e per tutto, disse Glaucone.
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Arist otel e, Pol itic a 1260 b 2 7 [il comune e la comunit politica]


Poich intendiamo ricercare riguardo alla comunit politica quale tra tutte sia la migliore per coloro che sono in
grado di vivere quanto pi possibile secondo la propria aspirazione, bisogna studiare anche le altre costituzioni [].
Come principio dellindagine bisogna porre ci che ne naturalmente principio: necessario infatti che tutti i

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cittadini abbiano in comune tutto; o niente; oppure alcune cose s e altre no. Che non abbiano in comune niente,
chiaramente impossibile, perch la costituzione una comunit, e per prima cosa necessario che sia abbia in
comune il luogo, perch di una citt che una, uno il luogo, e i cittadini hanno in comune questa citt che una.
Ma di tutte le cose che possibile avere in comune, in una citt che deve essere ben amministrata meglio che siano
in comune tutte, oppure solo alcune, mentre altre meglio che non lo siano? Tra ci che i cittadini possono avere in
comune gli uni con gli altri, infatti, ci sono anche i figli, le donne e i beni, come nella Repubblica di Platone. []
Di seguito a queste cose c da esaminare quel che riguarda i beni, cio in che modo deve stabilire che siano chi
intende istituire la costituzione migliore, dunque se il possesso dei beni debba essere comune o non comune. Su
questo si pu indagare anche separatamente rispetto alle norme stabilite quanto ai figli e alle donne: intendo dire,
riguardo al possesso dei beni, anche se questo separato alla maniera in cui attualmente lo per tutti, ci si pu
comunque chiedere se meglio che i beni siano comuni; oppure che ne sia comune luso, cio che i terreni siano s
separati, ma i frutti siano messi in comune e cos consumati (cosa che fanno alcuni popoli); o al contrario che la terra
sia comune e la si coltivi in comune, e i frutti siano divisi rispetto ai propri bisogni (dicono infatti che alcuni barbari
mettono in comune le propriet anche in questo modo); o ancora che siano comuni sia i terreni che i frutti. Se i
coltivatori sono diversi, il modo pu essere un altro, ed pi facile; ma se abbiamo a che fare con chi lavora per
proprio conto, la questione del possesso dei beni presenta pi inconvenienti. Infatti, se anche i guadagni e i lavori
non sono pari ma impari, necessariamente si avranno proteste contro chi guadagna o prende molto lavorando poco
da parte di chi prende meno lavorando di pi. In generale, tra le faccende umane, la vita associata e in comune una
questione particolarmente difficile, ma lo soprattutto in questo ambito particolare. Ce lo mostrano le comunit di
viaggiatori, dove in genere la discordia viene da diverbi per questioni futili e di poco conto; e anche riguardo ai servi,
i diverbi nascono soprattutto con quelli che per noi si occupano delle faccende quotidiane.
Che i beni siano comuni comporta dunque questi e altri svantaggi. Il modo attuale, invece, se corredato dalla
rettitudine della condotta e da un ordinamento costituito da leggi giuste, si distinguer, e non di poco, perch avr
ci che di buono si trova in entrambe le alternative, cio nel mettere in comune i beni e nel mantenerli propri.
Bisogna infatti che in un certo modo siano comuni, ma che in generale siano propri: la divisione delle cure, infatti,
non produrr proteste reciproche, e piuttosto invoglier ciascuno a occuparsi della sua propriet; ma per via di virt
avverr che quanto alluso, come dice il proverbio, comune sar ci che appartiene agli amici. Anche ora in alcune
citt le cose stanno in questo modo e secondo questo modello, il che mostra come non sia qualcosa di impossibile, e
che anzi si realizza o potrebbe realizzarsi soprattutto nelle citt ben amministrate. I beni che ciascuno possiede come
propri li mette cio a disposizione delluso degli amici, e fa uso di quelli comuni, come a Sparta, dove gli schiavi sono
scambiati e usati, pre cos dire, come se fossero i propri, e cos anche i cavalli e i cani, e chi in viaggio ha bisogno di
provviste le prende dai campi della regione. chiaro dunque che meglio se il possesso dei beni proprio, mentre il
loro uso reso comune. Come ci possa realizzarsi, compito proprio del legislatore stabilirlo. Inoltre, anche
riguardo alla felicit, limportanza di avere qualcosa di proprio davvero inenarrabile, perch non certo invano che
ciascuno prova amore per s stesso, e anzi si tratta di qualcosa di naturale; certo, giusto biasimare legoismo, ma
non in questo che consiste lamare s stessi, perch in tal caso si tratta di un amore che supera quanto opportuno,
come anche la brama di denaro, perch sono cose, per cos dire, amate da tutti. Ma, per altro verso, fare cosa gradita
e prestare aiuto agli amici, agli ospiti o ai compagni quanto vi sia di pi piacevole, e proviene dal fatto che il
possesso dei beni proprio. Questo per non si verifica quando si d un peso eccessivo allunit della citt, perch
oltre a ci in questo modo si rimuovono evidentemente due virt: la temperanza riguardo alle donne ( una buona

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azione, infatti, astenersi per temperanza dalla donna daltri); e la liberalit riguardo al possesso dei beni, perch non
ci si potr mostrare liberali n compiere in alcun modo azioni liberali, dato che lopera di liberalit risiede nelluso
dei beni.
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. [Aristotelis politica, ed. W.D. Ross, Clarendon Press, Oxford 1957]

Diodor o Sic ulo , Bib liot eca stor ic a, V ,9 [Coloni greci di Lipari]
Ma in seguito, quando i Tirreni presero a pirateggiare per mare, poich subivano le loro incursioni allestirono una
flotta; e allora alcuni coltivavano lisola per il bene comune, mentre altri rimanevano di guardia agli approdi; e
avendo reso comuni i patrimoni, vivendo grazie a banchetti pubblici, condussero per un certo periodo una vita in
comune. In seguito, avendo ripartito Lipari, dove si trova la citt stessa, presero a coltivare le altre isole in comune;
infine si divisero tutte le isole per ventanni; e trascorso questo periodo, assegnarono di nuovo i lotti.
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Diodor o Sic ulo , Bib liot eca stor ic a, V ,45 [Panchea, isola dellEritrea]
Lintero ordinamento tripartito: la prima parte quella dei sacerdoti, a cui sono annessi gli artigiani; la seconda
quella dei contadini; la terza quella dei soldati, a cui sono annessi i pastori. I scaerdoti sono capi di tutto:
compongono le liti e presiedono a ogni altro aspetto della vita pubblica. I contadini lavorano la terra e ne mettono
in comune i frutti: quello che considerato il contadino migliore consegue un premio di gran valore nella divisione
dei frutti, e sono i sacerdoti a giudicare chi sia il primo, il secondo e cos via fino al decimo, e questo viene fatto al
fine di incitare degli altri. In modo simile anche i pastori consegnano allautorit pubblica le vittime sacrificali e le

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altre cose, con ogni rigore quanto al numero e al peso, poich non in alcun modo permesso di possedere qualcosa
di proprio, tranne una casa e un orto, ma i sacerdoti ricevono i prodotti e le rendite, e li distribuiscono poi a
ciascuno secondo il giusto; ai soli sacerdoti spetta una razione doppia.
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, ' . [Diodori bibliotheca historica, 5 vols., 3rd edn., Ed. Vogel, F., Fischer, K.T. (post I. Bekker & L. Dindorf)
Leipzig: Teubner, 1:1888; 2:1890; 3:1893; 45:1906, Repr. 1964.]

Gaio Gi ulio C e sare , De b ello g all ico , I V,1 [Svevi]


Gli Svevi sono di gran lunga i pi numerosi e agguerriti tra tutti i Germani. Si dice che abbiano cento clan, e che ognuno dia mille
soldati allanno, condotti a combattere oltre confine. Gli altri, che rimangono a casa, mantengono s stessi e gli altri; lanno seguente
si scambiano le parti: questi prendono le armi, mentre gli altri restano in patria. Cos non tralasciano n lagricoltura, n larte o e la
pratica della guerra. Ma presso di loro non c nulla che sia privato o diviso, e a nessuno concesso di rimanere pi di un anno nello
stesso luogo per praticare lagricoltura. [] Ai mercanti concesso di accedere liberamente, pi per avere qualcuno a cui vendere il
bottino di guerra che per desiderio di acquistare prodotti dimportazione.
Sueborum gens est longe maxima et bellicosissima Germanorum omnium. Hi centum pagos habere dicuntur, ex quibus quot annis singula milia armatorum bellandi causa ex finibus
educunt. Reliqui, qui domi manserunt, se atque illos alunt; hirursus in vicem anno post in armis sunt, illi domi remanent. Sic neque agricultura nec ratio atque usus belli
intermittitur. Sedprivati ac separati agri apud eos nihil est, neque longius anno remanere uno in loco colendi causa licet. [] Mercatoribus est aditus magis eo ut quae bello ceperint
quibus vendant habeant, quam quo ullam rem ad se importari desiderent [C.Iulii Caesaris Commentarii rerum gestarum, edidit O. Seel, I: Bellum Gallicum, Lipsiae, Teubner 1968].

[Traduzioni di Andrea Libero Carbone]

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