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VI

Narrativa
LUIGI FORTE RAYMOND QUENEAU

Per lemigrante Brecht la citt di Los Angeles era limmagine dellinferno, un salone di bellezza, annot in una prosa del 1942, da cui provengono terribili urla di dolore e dove gli angeli sono stanchi di sorridere. Erano tempi bui per unintera lite intellettuale che aveva reso grande la cultura tedesca prima del nazismo e che si scopriva senza futuro. Tempi di esilio, di identit vacillanti, di speranze soffocate. In quel beato angolo di mondo che qualcuno defin Weimar sotto le palme, filtravano i fantasmi di una patria lacerata, i ricordi dispersi e langoscia del presente. Non forse un caso che proprio quella realt trovi spazio nellultimo, ampio libro di Christa Wolf, La citt degli angeli. Ovvero the overcoat of Dr. Freud, nellottima versione di Anita Raja. Perch ancora una volta la grande scrittrice della ex Rdt riflette sulla propria identit e su quella del suo Paese, su un passato che non trova risposte nel presente, su rimozioni o colpevoli silenzi. La Wolf non ha scritto un romanzo ma intessuto un testo anomalo ed eterogeneo, che raccoglie e amalgama spunti narrativi, viaggi della memoria in un costante intersecarsi di piani temporali. Cronistoria in apparenza del suo soggiorno di nove mesi nella metropoli californiana fra il 1992 e il 93 su invito della Fondazione Getty, La citt degli angeli piuttosto unanamnesi per capire le contraddizioni del presente, una vivisezione della propria esistenza in un turbinio di tensioni e di fronte alla crisi in cui la scrittrice sprofondata dopo la divulgazione dei dossier dei servizi segreti della Rdt. Lei non era stata solo spiata per oltre trentanni come voce indipendente e critica, ma fra il 1959 e il 1961 aveva collaborato, sia pure in modo del tutto informale e senza alcuna delazione, con quella stessa polizia segreta. E in America quando si scatena la bagarre sui giornali tedeschi, ma la distanza non giova; anzi sembra relegarla in una sorta di esilio dalla propria vita. Come le suggerisce lamica Sally, deve andare a fondo di stessa. Decide di ridiscendere nel pozzo del passato, capire come abbia potuto dimenticare quel fatto cos increscioso, rivoltare il cappotto del dottor Freud, in cui la memoria si era avvolta. E la terapia ancora una volta abbraccia la scrittura che, come lei ricorda, approssimarsi alla linea di confine che il segreto pi intimo traccia intorno a s.

Alcuni operai e soldati della Ddr costruiscono il Muro di Berlino nellestate del 61

Tra 59 e 61 Nel pozzo del passato,


la collaborazione con i servizi segreti

Wolf, il rimorso sotto il cappotto


altrui passato. Come gi nel bellissimo Trama dinfanzia (e/o, 1992), la voce dellio narrante si alterna al tu della donna matura alla ricerca della prima et, e come altrove, per esempio nel racconto Che cosa resta (e/o, 1991) la Wolf richiama lesperienza dellestraneit: non il mondo americano le sfugge, ma la realt del suo paese dissoltosi nellunificazione. La citt degli angeli il luogo, quasi metaforico, degli interrogativi, lo spazio di una verit inquieta e transitoria, che si rimette sempre in discussione e che, come nel Galileo di Brecht citato dallautrice, cerca un punto di equilibrio in un compromesso senza dogmatiche chiusure. Nella ricerca della propria identit la Wolf scandaglia passato e presente, si appoggia a pagine di Thomas Mann, si proietta in una contro-figura femminile: quella L. sfuggita ai nazisti ed emigrata in America, che, attraverso le lettere scritte ad unamica nella Rdt, la Wolf si proposta di individuare e studiare. Un altro modo per interrogare se stessa, come aveva gi fatto con mitiche e problematiche figure come Medea e Cassandra. Per poi alzarsi in volo, con la fantasia, tra Santa Monica e Malibu, alla fine della sua impietosa autoanalisi, e prendere commiato osservando la bellezza del mondo. Ora s che gli angeli riprendono a sorridere.

Quando scrivevo i testi per Connaissez-vous Paris? Mi preoccupavo molto semplicemente di non inserire inesattezze nel passato o nel presente. Nel presente, tutto sommato, era piuttosto facile. Bastava andare a vedere se le curiosit indicate da Rochegude esistevano ancora. La maggior parte - e non dico ahim! - erano sparite, in particolare quellilluminazione a olio che ancora unedizione di poco anteriore alla Prima Guerra Mondiale indicava. Sono andato a ricercarla in quegli arrondissement il cui numero dordine supera la cifra X e che, allepoca, facevano ancora eccentrico. Non sono sicuro che sarebbe ancora possibile scovare una sola luce a olio in tutto il dipartimento della Senna, ma pur vero che la nostra avenue degli Champs-lyses a tuttoggi, maggio 1955, illuminata da lampioni a gas! E non si ha nemmeno limpressione che la massa dei parigini sia esasperata da un simile ritardo... Uno dei primi luoghi di Parigi dove, incitato dal Rochegude, sono andato a trascinare la mia curiosit inquisitoria, limpasse de la Croix-Jarry, gi nota. Parte da rue Watt, vicino alla fabbrica di pastiglie Vichy, da qualche parte nel pi profondo del 13 arrondissement, oltre la gare dAusterlitz e place dItalie. Di

Il viaggio Dalla strada pi corta, alla

esce una singolare guida dello scri

Queneau: Ec della mia Parig


Chi era il Pre Lachaise che dette il nome al celebre cimitero? Quale fu il primo ristorante di Parigi? Qual la strada pi corta? Quanti archi di trionfo ci sono? Tra il novembre 36 e l'ottobre 38 Raymond Queneau tenne una rubrica sul quotidiano L'Intransigeant per rispondere ogni giorno a tre domande curiose sulla capitale francese. Spesso veniva aiutato da suggerimenti dei lettori, altre volte scarpinava per i quartieri alla ricerca di angoli sconosciuti, misteriosi, dimenticati. La Storia si mescola all'aneddoto, la pratica documentaria al perdersi tra asfalti, pav e profonde letture, ma soprattutto nasce una delle guide pi divertenti, raccolta poi in volume negli anni 50, quantutte le curiosit che ho segnalato allora, una delle poche che siano rimaste intatte. Ci sono tornato, allinizio di questanno, con Boris Vian, il quale ha ammesso senza difficolt che, nel suo genere, non era male. Allepoca, ci avevo mandato il pittore lie Lascaux, che, posatoci il suo cavalletto, ne aveva fatto venir fuori tutta una fauna alquanto stupefacente di vagabondi e di clochard: anche lui ammise volentieri che, nel suo genere, non era male. La mia rubrica, lo dico in tutta modestia, ebbe un certo successo. Dur pi di due anni; al ritmo di tre domande al giorno, furono in tutto pi di duemila quelle che rivolsi al lettore benevolo - senza mai ripetermi e commettendo un solo errore grave: avevo dichiarato che il 1 arrondissement era sprovvisto di cinema; dimenticavo il Vendme. Il giorno stesso, un signore in bombetta si present al giornale per riscuotere il premio che aveva immaginato dovesse essere attribuito ai lettori che trovavano un errore. Rimase deluso nellapprendere che non ve ne erano affatto.

p Christa Wolf p LA CITT DEGLI ANGELI


traduzione e cura di Anita Raja

p edizioni e/o, pp. 399, 19,50

E il libro prende il volo oltre le angustie personali e consegna al lettore un mondo ricco di sensazioni, immagini, protagonisti e luoghi: dal milieu degli intellettuali progressisti spesso legati allambiente degli emigrati ebraici di seconda generazione, ai flash di vita quotidiana tra la

La citt degli angeli: nel soggiorno americano una impavida riflessione su rimozioni o colpevoli silenzi
miseria dei senzatetto e le ville hollywoodiane; dai rapporti spesso intensi con i colleghi borsisti con cui si sviluppa un dialogo vivace e produttivo, al costante sconfinamento nel proprio e

Raymond Queneau in unillustrazione per Tuttolibri di Anna Parini

MIRELLA SERRI

Divertissement Linvenzione del balcone,


bersaglio principale il mondo della cultura

Come ormai sapete tutti, il 3 luglio di quest' anno scomparso Gene Gnocchi. Addio, carissimo Gene, al secolo Eugenio Ghiozzi. Pi disperata di tutti la Bompiani, la casa editrice che ha preso impegni per la diffusione del suo libro lasciato incompiuto. Il cadavere di Gnocchi purtroppo non stato ritrovato e cos si diffusa la voce che la dipartita sia una trovata pubblicitaria. Non sarebbe il primo caso: per conquistarsi le luci della ribalta molti scrittori hanno finto di essere morti. Come Gianni Celati che ha simulato di aver partecipato a un suicidio di massa nella Bassa Reggiana o come Edoardo Nesi che ha fatto credere di essere perito nel rogo della sua industria tessile insieme a settanta cinesi. L'unico a rimetterci veramente

Il Gene della satira a tu per tu con Croce


le penne stato Federico Moccia che non ha fatto in tempo a liberarsi dei lucchetti durante un esperimento nelle acque del Tevere. Nel romanzo, il defunto Gnocchi si cimenta con le peripezie di Camillo Valbusa, venditore itinerante che si sposta con l'aspide Carlotta per dimostrazioni pratiche del miracoloso ritrovato contro i morsi dei serpenti. Non manca poi di intrecciare le vicende di Valbusa con quelle di numerosi e prestigiosi esponenti della intellighenzia italiana: da Giulio Giorello a Marcello Pera che litiga con il maestro Pappano a Paolo Flores d'Arcais organizzatore con MicroMega del convegno, Autolavaggi: stare dentro o stare fuori?. Pure con Croce, Gnocchi intrattiene una nutrita corrispondenza: Caro Gene, tu sai come funzionano le cose in Italia. Se vuoi tirar su due lire, devi essere amico dei preti, gli comunica Don Benedetto (riferendosi evidentemente al suo Perch non possiamo non dirci cristiani). In questo divertentissimo L'invenzione del balcone, lo straordinario Gnocchi vivo e vegeto dimostra di avere in s il Gene della satira: bersaglio principale il mondo della cultura. Paranoico, ossessionato dalla morte che torna come un leit motiv, lo scrittore, uomo di spettacolo, centrocampista, ex avvocato di in-

p Gene Gnocchi, L'INVENZIONE DEL BALCONE p Bompiani, pp. 240, 236

successo (avevo solo tre clienti e quando uno dei tre morto ho capito che forse quella l non era la mia carriera...), ripercorre infine anche le performances del ragazzino Michael che picchia i suoi compagni di classe, costringe la maestra a togliersi le mutande e usa in maniera indecente il righello sul preside. Il birichino scatena l'indignazione dei genitori perch non si dotato di un telefonino per filmare le sue prodez-

ze. Tutti, gli dicono mamma e pap, devono andare su YouTube, altrimenti non esistono. Ne convinto pure il prete chiamato a consulto, don Ottavio. Parole sante, dunque, anche quelle di un libro che ci rivela tutti i tic e i veleni della nostra comunicazione quotidiana e che ci immunizza nei confronti della verbosit intellettuale, proprio come il ritrovato del viaggiatore Valbusa, il siero Burlando se non ora quando.

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