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Maras, Loach, Tardi: cresceil numero degli intellettuali che rinunciano ai premi ufficialiper motivi politici Torna una

forma di protesta dimenticata Ma in versione Occupy

CCHI DICE

NO
FRANCESCO MERLO

Tutti si rivelano fedeli al motto di Sartre che sdegn Nobel e Legion donore Nessun uomo merita di essere consacrato da vivo Ma lItalia resta il paese dove ogni anno e per ogni occasione vengono solennemente consegnati migliaia di leoni, gatti, pistacchi e cannoli doro

vero, come ha scritto Le Monde, che rifiutare un premio equivale a prenderlo due volte, ed sicuro che il Nobel Vargas Llosa guadagna prestigio ogni volta che rifiuta la presidenza dellIstituto Cervantes, ma solo agli italiani, cittadini di Premiopoli, sembrano matti o sospetti (sotto sotto, come vedremo, per invidia) tutti questi no, la grande folla dei rifiutatori. Ken Loach, per esempio, a Torino ha detto no perch sono comunista e qui ci sono i precari in lotta. Jurassico? Il matematico russo Grigorij Perelman ha rinunziato al milione di dollari del Clay Mathematics perch non voglio essere uno scienziato da vetrina e troppi soldi generano violenza. Pazzo? E il genio del fumetto francese Jacques Tardi qualche giorno fa ha respinto quella Legion donore che sempre pi i piccoli italiani agognano e sempre pi i grandi francesi disdegnano. Furbo? Anche la scienziata Annie Thbaud-Mony in agosto aveva detto no a Hollande: Sfido limpunit che protegge chi compie crimini industriali. Propaganda? Certo, Jacques Tardi, che non vuole premi da nessun potere, solo rifiutando riuscito a rendere pi popolare in Europa la sua Parigi a fumetti, che davvero magica. Parigi anche la citt della ribellione, del no come retorica e conformismo. Jacques, se accetti sei un tradi-

tore lo aveva incalzato il suo collega Philippe Druillet: Avrei buttato i suoi libri e pensato di ucciderlo. Ma ha reagito come doveva. Come si vede infantile lidea del premio che imprigiona, fosse soltanto il proprio narcisismo: Non riconosco a quel tribunale i titoli per giudicarmi, disse Sartre dellaccademia del Nobel. Il premio ruba lanima, come la caramella che perci il bambino non deve mai accettare dagli estranei, il dono come potenza che ti toglie la libert ha detto Lawrence Ferlinghetti rifiutando il prestigioso titolo dello Stato californiano di Poeta della Patria. Il suo no, a 93 anni, il coerente documento-monumento alla Beat Generation quando la strada era ancora un mito di libert, di emancipazione e di vita. Oggi On The Road la dannazione di un viaggio vacanze tutto compreso: prima colazione e Nuova Frontiera, 4 buoni pasto e un no di Ferlinghetti. Avesse detto s, lo Stato ci sarebbe rimasto male. Mai il rifiuto danneggia il premio. Anzi, lo ribadisce e lo rafforza come dimostrano quei no che, fuori dal tempo e dal luogo, per sempre decorano le coscienze: Marlon Brando non ritir lOscar ma mand una squaw a leggere una lettera sui diritti (violati) degli indiani; e Cassius Clay nel 1960 butt nel fiume Ohio la medaglia olimpi-

ca e nel 1964 perse il titolo mondiale entrando in carcere: aveva stracciato la cartolina per il Vietnam. Ebbene, sia lOscar sia il campionato dei pesi massimi uscirono rinvigoriti dalla passione generosa e perdente dei loro eroi che sono come il capitano Achab di cui i cani leccarono il sangue. Dimenticati sono invece il no di Le Duc Tho al Nobel assegnato a lui e a Kissinger, come posso prenderlo insieme al distruttore del mio paese?, e tutti i premi restituiti che hanno qualcosa di patetico, sono violenze contro se stessi, e spiace ricordare Pietro Nenni che prima si glori del premio Stalin e poi lo risped indietro nel 56, quando la Russia invase lUngheria e Stalin era morto. E ci sono anche i s, anzi no, anzi s come il vaffa che lanci Arbasino alla presentatrice del Boccaccio, ma poi ci ripens e forse perch il piccolo premio non merita il grande rifiuto. Deve infatti essere blasonata e prestigiosa lofferta per farti decidere, con orgoglio scanzonato e smisurato, che il premio non adatto a te, come accadde a Montanelli che, secondo caso dopo quello di Toscanini, rifiut il Senato a vita: Un ergastolo da scontare in un angolo buio. Ci sono rifiuti che sono stati (pietosamente) dimenticati e altri che onorano lalbo doro del no come dimostra appun-

to la bisecolare Legion donore che espone, pi ancora dei s, i no di Brigitte Bardot, Simone de Beauvoir, Brassens, Camus, Prvert, Maupassant, Lo Ferr... Gi nel 1867 era stata rifiutata da Gustave Courbet: Lo Stato incompetente in materia darte, e nel 1903 fu respinta da Marie Curie che accett invece due Nobel e mor consumata dalle radiazioni che aveva scoperto e per le quali era stata premiata perch c sempre un rapporto stretto tra la malattia e il destino o, se preferite, c una ricchezza problematica della malattia: la follia del genio, la sordit di Beethoven sino allembolo al cervello dellintelligentissima Hillary Clinton. Tra i no che fanno onore alla Legion donore ci sono Bernanos, Ravel e ovviamente Sartre, che rifiut tutto, persino il Nobel: Nessun uomo merita di essere consacrato da vivo. Pochi sanno che, molti anni dopo,

Sartre, ricco ma squattrinato, chiese allAccademia il danaro del Nobel rifiutato. Daltra parte anche la squaw di Marlon Brando era in realt unattrice. Esiste insomma una storia, una geografia, una retorica e unaneddotica dei no perch la grandezza di un premio fatta di anti-premio, di uno sprezzante controcanto che si nutre del canto e anche della sua putrefazione, come Festival e Controfestival di Sanremo. E sorprende di trovare tra i no anche un grande italiano, Mario Monicelli, visto che la Legion donore decora di vanit soprattutto i petti italiani: giornalisti, imprenditori, editori, architetti tutti a caccia di esterofilia, che nel paese della premiomania, eredit del fascismo, una polivalente disciplina di conforto, tra le pi autorevoli pur non avendo (ancora) il rango accademico. Ecco perch ci fanno soprattutto in-

La testimonianza

Voglio restare libero per questo non prendo medaglie dallo Stato
Lautore spagnolo racconta le ragioni per cui non ha accettato il Premio Nazionale di Narrativa per Gli innamoramenti
JAVIER MARAS
o rifiutato qualsiasi remunerazione provenisse dallerario pubblico. Ho detto in non poche occasioni che, se mi fosse concesso, non potrei accettare nessun premio. Finora non era successo, ad eccezione del Premio Nacional de Traduccin (vinto nel 1979 per La vida y las opiniones del caballero Tristram Shandy). Ora che me lo hanno assegnato, sarebbe da approfittatore rinnegare quello che ho detto. Confido nel fatto che la mia posizione non venga presa come uno sgarbo. Mi dispiace non poter accettare ci che in altri tempi sarebbe stato un motivo di gioia. Mi sembra di ricordare che fu a partire dal 1995 che decisi di non accettare gli inviti del ministero della Cultura o del Cervantes. Credo che in quellanno ci fu un Salone di Parigi a cui era invitata la Spagna. Ricordo che ci furono liste di autori che ci sarebbero andati. Allora pensai che non volevo vedermi coinvolto in quella cosa, in quelle polemiche. Qui si politicizza tutto. Di fatto, partecipai a quel salone invitato dal ministero della Cultura francese. Cominciai a pensare che non dovevo accettare nessun premio. unidea che andata maturando. Nel 1998, vero, accettai quello della Comunidad di Madrid. Ero incerto, ma era un premio senza molta risonanza e veniva dalla mia citt natale. Poi, decisi che non avrei accettato nessun altro premio di carattere ufficiale o istituzionale. Nel 1979, ricevetti il Premio Nacional de Traduccin. Avevo poco meno di trentanni e non avevo preso nessuna decisione su questo. una posizione che mantengo a prescindere da chi governa, per me uguale che sia il PSOE o il PP. Decisi che non mi sarei prestato, non volevo che per nessuna ragione si dicesse: Questo stato favorito, lo hanno invitato spesso al Cervantes, ha fatto carriera grazie ad aiuti statali.... Di ci che dico potrebbero essermi testimoni i colleghi della RAE (la Real Academia Espaola una delle istituzioni che hanno il diritto di presentare dei candidati per il premio Cervantes): ricordo che lanno scorso, durante una prima votazione, mi proposero per il Cervantes; di fronte a questa prospettiva, intervenni e dissi che li ringraziavo per la loro Credo che le fiducia ma li pregavo di astener- istituzioni non si dallindicare il mio nome, perch se me lo avessero dato non lo mi debbano dare avrei potuto accettare e se ero niente per fare avvallato dalla RAE qualcuno il mio lavoro poteva pensare che era la RAE che faceva uno sgarbo, o lo rifiutava, tramite me. Mi diedero retta e tolsero il mio nome. Ricordo che ci sono stati degli autori (anche se non far nomi) sempre molto lontani dal potere, che si erano espressi in questo senso; poi, per, quando gli hanno dato un premio nazionale, lo hanno accettato. Credo che lo Stato non debba darmi niente per esercitare il mio lavoro di scrittore: in fin dei conti, me lo sono scelto io. una posizione generale, che non ha a che vedere con questa circostanza, ma forse in questo momento si aggiunge un ulteriore motivo per mantenere questo atteggiamento. un momento di grande difficolt economica per tutto il paese, per molta gente. Forse, accettare il premio e poi donare i soldi sarebbe stato un po demagogico. Credo che sia meglio che quei soldi il ministero li destini a quello che vuole. Mi farebbe piacere che li indirizzasse alle biblioteche pubbliche, al cui bilancio saranno destinati 0 euro nel 2013, il che mi sembra scandaloso. Capisco che si operino dei tagli nella Cultura quando necessario, in settori come il cinema, il teatro, lopera, che sono effettivamente cari, ma non capisco perch si colpiscano le biblioteche pubbliche. Se questi soldi che non percepir saranno destinati a una biblioteca mi far piacere, ma non affar mio dire a chi. Preferisco direttamente non accettarli. Thomas Bernhard, raccontava quanto fosse orribile ricevere dei premi e partecipare alle relative cerimonie. Diceva che li aveva accettati per i soldi e che andava bene. Ci nonostante, si domandava: Come mi venuto in mente di accettare il Premio Nazionale?. Anche pensando a lui preferisco non accettarlo e non essere considerato una specie di portabandiera ufficiale. E con questo non voglio dire che tutti quelli che lo hanno ricevuto prima siano stati cos. Si tratta di persone indipendenti, nella maggior parte dei casi. Ma un premio che, in questo paese, preferisco non avere. (Traduzione di Luis E. Moriones) Questo testo, raccolto da El Pas, parte della conferenza stampa in cui lautore ha spiegato le ragioni del rifiuto del Premio Nacional de Narrativa

vidia tutti questi no ed bene meditare sui 160 premi assegnati al poeta Licio Gelli. E i premi hanno nomi che si adattano alle cose che indicano, esiste un vero linguaggio della premialit italiana: il liquore dolciastro da vecchie zie dello Strega; e il Campiello, toponimo veneziano di piazzetta e di cortile, come ottusa mondanit appunto da cortile, con quel Bruno Vespa a cui il premiato Antonio Scurati disse: Se il mio protagonista dovesse decidere di uccidere qualcuno stasera, sarebbe lei. E si arriva sino alloltraggio del premio intitolato a Sciascia dato a Silvio Berlusconi. Nel nome di Giovanni Falcone, Andreotti venne accusato delle peggiori cose di mafia. E per venne poi proclamato luomo del secolo dalla comunit italo americana e dal giudice della Corte Suprema Antonin Scalia che aveva appena ricevuto il Gio-

vanni Falcone. Ecco: il nome, illustre e venerato, come il Dio manzoniano lha atterrato e quindi lha innalzato. Siamo il paese dove ogni anno vengono solennemente consegnati migliaia e migliaia di leoni, gatti, gondole, pistacchi e cannoli doro, e le lauree ad honorem non si negano a nessuno, ma uno solo, Fiorello, lha rifiutata. Siamo il paese dei titoli a vita, dei doni, dei condoni e dei perdoni, delle presidenze come parcheggio e consolazione, e persino delle leggi ad personam. Come diceva lormai abusato Longanesi in Italia i premi non basta rifiutarli, bisogna non meritarli, ma ci impossibile non provare una lancinante invidia per questa folla straniera di no. Qui ci vorrebbe un solo No collettivo, con la maiuscola, una sospensione decennale di tutti i premi, come una moratoria nucleare.
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ILLUSTRAZIONE DI EMILIANO PONZI

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