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II. Individuo e società: 


1. L’interazione sociale; 
2. Le istituzioni; 
3. Le organizzazioni;
4. Socializzazione, identità e devianza;
5. La famiglia;
6. Differenze di genere

III. Cultura e società:


1.La cultura;
2.2. Comunicazione e media;
3.3. Scuola ed educazione;
4.4. Religione e secolarizzazione;

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IV. Economia, lavoro e
società:
1. Mercato ed economia;
2. Capitalismo e società
industriale;
3. I modelli produttivi;
4. Il mercato del lavoro;
5. Le disuguaglianze.
Stratificazione sociale,
povertà, accesso ai consumi;
6. La regolazione del lavoro; 

2
V. Politica e società:
1.Il potere e lo Stato
moderno;
2.La partecipazione politica:
partiti e movimenti sociali;
3.La politica in azione;

VI. Territori e società:


1.I processi di urbanizzazione;
2. Abitanti e fruitori della città;
3. Mobilità e globalizzazione;
4. Le migrazioni e la
formazione di società
multietniche

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Parte Seconda-
Individuo e Società

CAPITOLO 1-
L’INTERAZIONE SOCIALE

Cristina Solera

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Azione sociale

Secondo Weber, per azione sociale «si deve intendere un agire che sia riferito –
secondo il suo senso, intenzionato dall’agente o dagli agenti – al
comportamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a questo».

Secondo Weber, l’azione sociale è quindi un atteggiamento orientato


intenzionalmente ad altri individui (un fare, ma anche un «tralasciare o
un subire»)dotata di un senso per chi la compie.

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Max Weber (1864-1920)
I TIPI IDEALI di AGIRE

 Quattro tipi di agire sociale:


 agire razionale rispetto allo scopo

 agire razionale rispetto al valore

 agire affettivo

 agire tradizionale

 A ognuno di questi tipi di agire corrisponde un diverso tipo di senso


conferito all’azione dal soggetto che la compie
Agire razionale rispetto allo scopo:

 il soggetto agisce in vista di un dato fine, calcolando i suoi sforzi in


modo razionale rispetto a tale fine, scegliendo i mezzi ritenuti più idonei
rispetto al suo raggiungimento
 Colui che agisce calcola le risorse e gli strumenti che servono a
raggiungere il suo scopo
 Un agire di questo genere è esemplificato da un imprenditore che vuole
ottenere un profitto, o quello di un progettista che vuole realizzare un
ponte
Agire razionale rispetto al valore:

 il soggetto agisce orientato dalla credenza nell’incondizionato valore


in sé di un dato comportamento a prescindere dalle sue conseguenze
 il senso dell’agire non rimanda a uno scopo da raggiungere, ma risiede
nel valore in sé dello stesso
 non importa quale sia il valore o quale sia la sua natura – etica, estetica
o religiosa – ma il fatto che l’agire sia comprensibile soltanto in
riferimento a esso
 un agire di questo tipo è esemplificato da un martire che si sacrifica
per la sua fede o da un uomo che accetta un duello per onore
Agire affettivo:
 il suo senso è legato a un determinato affetto o a un dato stato d’animo del
soggetto agente
 una persona innamorata o adirata o intimorita mette in atto un’azione dettata
non da un fine né dal riferimento a un valore, ma da emozioni e da
sentimenti

Agire tradizionale:
 il soggetto agente è mosso da un’abitudine acquisita; non compie l’azione in
modo riflessivo né segue un impulso momentaneo, ma si conforma a una
consuetudine
 rientra nell’agire tradizionale il salutarsi secondo formule prestabilite o il
gesto effettuato da un cattolico quando entra in chiesa
 Si tratta di tipi ideali di agire: come tali, non si presentano nella
realtà in forma pura, ma mescolati tra loro

 Nel mondo moderno si assiste a un netto e crescente predominio


dell’agire razionale rispetto allo scopo: le azioni degli uomini si
fanno sempre più strumentali, e il calcolo dei fini diviene
l’atteggiamento mentale dominante

 Sviluppo di un processo di razionalizzazione: progressivo


predominio di forme di agire orientate razionalmente rispetto
allo scopo
Il termine razionalizzazione indica l’affrancamento della società moderna
dalle credenze radicate nella superstizione, nella religione, nelle usanze,
nelle abitudini tradizionali, cui subentra il calcolo strumentale razionale,
tendente al raggiungimento dell’efficienza sulla base delle conseguenze
prevedibili.

Il pensiero razionale moderno ha spazzato via le credenze di carattere


‘magico’, cioè non scientifico, legate alla tradizione.
Supponiamo ad esempio che tutti i clienti di una banca abbiano buone ragioni per dubitare della sua solvibilità;
ciascuno di essi sarà allora indotto a ritirare i suoi depositi, e poiché le riserve di una banca sono sempre minori della
somma dei depositi, ne risulterà un effetto indesiderabile - il fallimento della banca. Questo tipo di comportamento è
stato osservato soprattutto durante la grande crisi del 1929 (incidentalmente, noteremo che il panico da cui furono
presi allora gli investitori non si spiega affatto con la loro irrazionalità, bensì con la loro prudenza) e da esso Robert
K. Merton dedusse la sua nozione di 'profezia autorealizzantesi'.

Trasferendo sul piano generale quel caso particolare, egli sostenne con ragione che l'analisi sociologica consiste in
gran parte nel mettere in evidenza effetti imprevisti di questo tipo. Così facendo, Merton si richiamava a un punto di
vista L'etica protestante Weber aveva visto nello sviluppo del capitalismo un effetto imprevisto dell'etica
protestante, e già in precedenza numerosi autori (Mandeville, Rousseau, Adam Smith, Marx, Spencer) avevano
insistito sull'importanza di simili effetti.
Dal punto di vista terminologico, noteremo qui per inciso che la nozione di effetto imprevisto non copre l'intero
campo degli effetti indesiderabili, per il semplice fatto che spesso questi ultimi sono senz'altro prevedibili.

Ad esempio, oggi si sa bene che il blocco degli affitti, destinato a tutelare i locatari, induce molti proprietari a
togliere il loro appartamento dal mercato delle locazioni, in quanto l'affitto bloccato può risultare addirittura minore
delle spese di manutenzione. Quest'effetto è indesiderabile e 'perverso', nel senso che il blocco si traduce -
contrariamente a quanto ci si riprometteva - in un danno per chi cerca un alloggio in affitto; ma non si può certo dire
che sia un effetto imprevisto 2
Interazione sociale

L’interazione è un processo di orientamento reciproco all’azione, in base al


quale due o più attori sociali reagiscono alle azioni degli altri.

La reciprocità indica che ogni attore presuppone che l’altro si orienti verso di
lui in base a un’aspettativa nei suoi confronti. Tuttavia, le
aspettative possono non coincidere o semplicemente essere fraintese.

L’interazione riguarda un campo molto ampio di fenomeni


empirici come i fenomeni cooperativi e solidaristici, fenomeni conflittuali,
fenomeni durevoli, fenomeni transitori.

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Se poniamo l’attenzione su due o più soggetti contemporaneamente, si
individuano altre unità elementari dell’analisi sociologica:
l’interazione sociale

Vi è una interazione quando vi è un processo di orientamento reciproco alla azione, in base


alla quale due o più attori reagiscono alle azioni degli altri.
L'interazione sociale può essere definita come un processo di durata più o meno lunga, tra due o più
attori (singoli o collettivi), che orientano reciprocamente il proprio agire l'uno verso l'altro
influenzando così le motivazioni e lo svolgimento di tale agire e producendo effetti di 'associazione'
(Vergesellschaftung) più o meno intensi.

Per 'azione sociale' si intendono i processi in cui gli individui attribuiscono un senso al proprio
modo d'agire formulando reciproche congetture - attraverso anticipazioni, immedesimazioni o
assunzioni di ruolo - sul senso che l'altro attore attribuirebbe a tale modo d'agire, e in base a tali
congetture orientano la propria attribuzione di senso .
Secondo il criterio di reciprocità i processi dell'azione si differenziano da quelli
dell'interazione sociale perché in questi ultimi il senso soggettivo diventa senso socialmente
scambiato o concordato.

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Diversi tipi di interazione sociale:

Si distinguono questi casi d'interazione sociale:

•accidentale, cioè non prevista e difficilmente ripetuta: per esempio, chiedere un'indicazione a
un passante o a un commesso se un prodotto è disponibile;
•ripetuta, vale a dire non prevista, ma che si dà periodicamente, come incontrare casualmente
un vicino nella via dove si abita;
•regolare, cioè non prevista ma molto frequente, tale da destare sorpresa quando non si
riscontra (vedere ogni giorno il portinaio all'ingresso);
•regolata: prevista e regolata da norme, tale da meravigliare molto se non avviene; è di questo
tipo l'interazione sul lavoro o in famiglia.

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Lo status sociale

Ciascun individuo entra in relazione con i suoi attributi e qualità personali.


Lo status si riferisce alla posizione sociale che una persona
riveste all’interno di un gruppo sociale e al grado di potere, ricchezza e
prestigio associato a tale posizione.

Ogni persona occupa numerose posizioni nella società: può, ad esempio,


essere una donna, un’insegnante, una moglie, una madre. Anche se una
persona può avere numerosi status, ve ne sarà uno che definisce in modo
speciale quella persona, in base al quale cioè viene socialmente
riconosciuta.

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• Uno status è una posizione sociale, caratterizzata da specifici diritti e
doveri, che contribuisce a definire l’identità di una persona.
• Ogni persona può occupare diverse posizioni nella società (ad es. essere
musicista, madre, moglie) e quindi rivestire al contempo diversi status. E
tuttavia, generalmente, vi è uno status che definisce in modo particolare
quella data persona. Spesso tale forma di status è il lavoro svolto.

• Alcuni status (etnia, genere, luogo di nascita) derivano dalla nascita. Si


parla di status ascritti.
• Gli status acquisiti sono invece quelli che derivano da una prestazione: ad
esempio, si diventa scrittori pubblicando libri.

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Lo status ha acquisito caratteristiche diverse nelle società tradizionali e moderne:
-Società tradizionali: le posizioni di status sono ascritte, cioè assegnate per nascita, e si inseriscono
in un rigido ordinamento gerarchico
(come il sistema delle caste della società indiana).
-Società occidentale preindustriale: nell’Europa feudale sono esistiti sistemi gerarchizzati basati
sui ceti, a cui si apparteneva per nascita
e per l’adesione agli stessi stili di vita (con fondamento patrimoniale).
-Società industriali moderne: lo status di un individuo è, in maniera predominante, definito non
dalla nascita, ma dalle acquisizioni ottenute in base alle proprie capacità (come attraverso
l’istruzione)

Nonostante le differenze tra le società si può dire che ovunque sono presenti dei segnali che hanno
la funzione di rendere visibili le differenze di status. Questi segnali riguardano molti ambiti della
vita sociale, dall’abbigliamento, al linguaggio, al possesso di certi beni e all’esibizione di certi
comportamenti di consumo. Sono le posizioni superiori ad ostentare la loro superiorità sociale
attraverso gli status symbol, al fine di rendere palese l’appartenenza allo strato dotato di maggiore
ricchezza, potere e prestigio.
Nelle società moderne aumentano le situazioni in cui si osserva un’incongruenza di status, ossia
una situazione in cui gli individui hanno uno status superiore su una dimensione della gerarchia
sociale, ma al contempo uno inferiore su un’altra dimensione (come ad esempio quegli insegnanti
provvisti di uno status elevato sul piano culturale, ma basso su quello economico). Questa
incongruenza influisce sul comportamento delle persone, che dal canto loro agiscono cercando di
superarla.
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Il ruolo sociale

Un ruolo è un insieme di comportamenti orientati secondo le aspettative di un certo


status. Il ruolo è il comportamento atteso di un attore in quanto occupa una certa
posizione sociale, un certo status. Rispetto ai diritti e doveri connessi a una
determinata posizione sociale si creano delle aspettative sociali che lasciano
presupporre che il soggetto si comporti conformemente ad esse.

•A ogni ruolo sono associati tutti i comportamenti collegati ai suoi diritti e doveri: da
una persona che ricopre il ruolo di musicista ci si aspetta che produca musica, si
eserciti per un certo numero di ore al giorno, si coordini con colleghi e direttore.
•A ogni status corrispondono diversi ruoli: una persona con lo status di insegnante si
comporta in un modo con gli allievi, in un altro con i colleghi e in un altro ancora con
il preside.
•Tutti i ruoli associati a un dato status costituiscono un complesso di ruoli (Merton,
1949).

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A ogni ruolo sono associate specifiche aspettative.
•Tali aspettative sono di due tipi: formali e informali. Sono formali quelle
collegate a codici formalizzati, come, ad esempio, le leggi. Sono informali quelle
collegate ad aspetti più soft, come l’abbigliamento, il comportamento a tavola, la
buona educazione.
•Il rispetto (o mancato rispetto) per le aspettative porta all’erogazione di
ricompense, dette sanzioni. Le punizioni si dicono sanzioni negative, le
ricompense si dicono sanzioni positive.
•Attraverso le sanzioni, il gruppo sociale rafforza le regole che definiscono i
comportamenti appropriati.

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Due diverse scuole si sono occupate dell’analisi di ruolo:

1)Scuola strutturalista-funzionalista: incline a vedere nei ruoli la realizzazione


conforme alle aspettative e ai bisogni della società.
2)Scuola strutturalista-marxista
3) Scuola dell’interazionismo simbolico: accentua l’aspetto interpretativo e negoziale
dei ruoli, sottolineando che questi non implicano un modello passivo di comportamento

Dagli anni Ottanta le due scuole sociologiche sono state integrate in una prospettiva
teorica comune che riconosce ai ruoli sociali una duplice funzione, di vincolo al
comportamento e di risorsa in grado di facilitare varie forme di agire sociale
I ruoli nella società contemporanea sono moltissimi

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Si deve a Talcott Parsons un’efficace tipologia dei ruoli sociali, basata sulle
variabili strutturali (patterns variables):

-Ruoli universalisti/particolaristi: ruoli che richiedono di trattare le persone


secondo regole universali.
-Ruoli diffusi/specifici: alcuni ruoli sono più circoscritti di altri.
-Ruoli affettivi/affettivamente neutri: alcune relazioni si basano sull’affetto,
altre no.
-Ruoli ascritti/acquisiti: alcuni ruoli dipendono da status ascritti, altri da status
acquisiti.
-Ruoli orientati all’io/alla collettività: motivazioni diverse sono alla base di ruoli
diversi.

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Viene definito complesso di ruoli (role-set) l’insieme dei ruoli associato a un determinato status.

L’aumento del complesso dei ruoli è connesso alla crescita della divisione del lavoro nelle società
industriali che genera la moltiplicazione dei ruoli che ogni individuo svolge
contemporaneamente.

La moltiplicazione dei ruoli ha come importante conseguenza che crescono anche le possibilità
che l’individuo si trovi esposto a conflitti di ruoli. Si parla di conflitti di ruolo quando un soggetto
è investito da aspettative relative a due o più ruoli non coincidenti o parzialmente incompatibili
(come nel caso delle donne in conflitto tra il loro ruolo di madri/mogli e la personale carriera
lavorativa).

Goffman introduce poi la nozione di ruoli incongruenti che si possono distinguere in tre ruoli: gli
attori, il pubblico e gli estranei. I ruoli incongruenti sono ‘’quelli che introducono una persona in
un’istituzione sociale sotto false apparenze’’. Le figure del:
-Delatore: chi fingendosi membro dell’equipe ha accesso al retroscena e riporta al pubblico
informazioni riservate che possono screditare gli attori.
-Compare: agisce come se fosse parte del pubblico ma è d’accordo con gli attori per orientare
il pubblico a favore di quanto si svolge sulla scena.
-Intermediario: appartiene a due equipe che sono l’una il pubblico dell’altra, impara i segreti
delle due, dà l’impressione che li manterrà e può agire a favore dell’una o dell’altra.
-Non-persona: chi non fa parte della rappresentazione e viene trattato come se non esistesse.
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I gruppi

L’interazione fra gli individui si esprime sia in situazioni e incontri limitati nel tempo
sia dando vita ad aggregazioni più stabili (es.gruppo).
Un gruppo è costituito da un insieme di individui che interagiscono secondo
determinati modelli, che provano sentimenti di appartenenza alla collettività da loro
costituita, e che si riconoscono reciprocamente come suoi membri.

Non tutte le aggregazioni tra individui costituiscono un gruppo. La folla di persone che si riunisce allo
stadio non è un gruppo, l’aggregato casuale che si forma in circostanze particolari (nella definizione
istituzionale: categoria sociale). Le categorie facilitano l’organizzazione della conoscenza sociale ma
non si tratta di individui che interagiscono e comunicano tra loro. Il modo per capire se un’aggregazione
di individui costituisca un gruppo è capire se essi utilizzano il pronome “noi” per fare riferimento ad
un’identità di gruppo.

I gruppi possono essere primari o secondari. Un gruppo primario è costituito da un piccolo numero di
persone che interagiscono direttamente tra di loro, in cui la personalità di ognuno riveste la massima
importanza (come una famiglia, una banda giovanile). Un gruppo secondario è costituito da persone che
non hanno tra loro legami emotivi importanti, in cui quel che conta è l’obiettivo specifico da
raggiungere (come una squadra di lavoratori). Con l’affermarsi della società industriale , gli scienziati
hanno denunciato il declino dei gruppi primari e la moltiplicazione dei gruppi secondari

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Le funzioni riconosciute ai gruppi sono due:

-Funzione strumentale: consiste nello svolgimento di compiti specifici che


un individuo da solo non potrebbe realizzare.

-Funzione espressiva: è l’ottenimento del piacere, della gratificazione, del


riconoscimento, che il fatto stesso di partecipare al gruppo comporta (es.
bande giovanili).

Queste sono le funzioni identificate sul piano analitico


nello studio dei gruppi ma non sempre i confini sono così
chiari. Ci sono gruppi in cui funzione strumentale ed
espressiva si intrecciano.
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Quale influenza esercita il gruppo sui suoi membri?

Gli psicologi attraverso indagini sperimentali hanno indagato le dinamiche di gruppo,


ossia sequenze di eventi che tendono a ripetersi.

L'influenza sociale è la pressione che il gruppo esercita sui singoli alterandone


percezioni, opinioni, atteggiamenti e comportamenti. L'influenza sociale si produce
attraverso meccanismi molto differenti a seconda della posizione di dominanza o
subalternità del gruppo che la promuove. Nel caso dell'influenza sociale esercitata da
parte della maggioranza normativa si parla di processi di conformismo

Pressione del conformismo osservata da Asch. I suoi studi vertono sulla percezione
visiva e giungono alla conclusione che il gruppo ha degli effetti rilevanti sui cambiamenti
di opinione e di atteggiamento degli individui. In generale, un’alta percentuale di
individui si schiera su posizioni che attribuisce al gruppo, basta un’alta maggioranza per
produrre una pressione a conformarsi. Le persone accettano di cambiare una percezione
corretta in una sbagliata se questa è sostenuta dalla maggioranza del gruppo. Il
controllo del gruppo sulle opinioni dei propri membri può condurre gli individui a
difendere le credenze del gruppo anche di fronte all’evidenza empirica della loro falsità.
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Figura 3.2 – L’esperimento sul conformismo di Asch (1951). Il
protocollo sperimentale prevedeva che 8 soggetti, di cui 7 collaboratori/complici dello sperimentatore
all'insaputa dell'ottavo (soggetto sperimentale), si incontrassero in un laboratorio, per quello che veniva
presentato come un normale esercizio di discriminazione visiva. Lo sperimentatore presentava loro delle schede
con tre linee di diversa lunghezza in ordine decrescente mentre su un'altra scheda vi era disegnata un'altra linea,
di lunghezza uguale alla prima linea della prima scheda. Chiedeva a quel punto ai soggetti, iniziando dai complici,
quale fosse la linea corrispondente nelle due schede. Dopo un paio di ripetizioni "normali", alla terza serie di
domande i complici iniziavano a rispondere in maniera concorde e palesemente errata.
Il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo o penultimo, in un'ampia serie di casi iniziava
regolarmente a rispondere anche lui in maniera scorretta, conformandosi alla risposta sbagliata data dalla
maggioranza di persone che aveva risposto prima di lui. In sintesi, pur sapendo soggettivamente quale fosse la
"vera" risposta giusta, il soggetto sperimentale decideva, consapevolmente e pur sulla base di un dato oggettivo,
di assumere la posizione esplicitata dalla maggioranza. Solo una piccola percentuale si sottraeva alla pressione
del gruppo, dichiarando ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di "dover" dire.

Nell'esperimento originale di Asch, il 25% dei partecipanti non si conformò alla


maggioranza, ma il 76% si conformò almeno una volta alla pressione del gruppo (ed il
5% dei soggetti si adeguò ad ogni singola ripetizione della prova).

27 Progetto Sociologia
L’esperimento carcerario di Stanford ha mostrato che le persone
modificano il proprio comportamento a seconda della posizione
che ricoprono. Quali sono le differenti aspettative di comportamento
legate alle posizioni – da studente a insegnante, da figlio a padre –
che occupiamo nella società

28 Progetto Sociologia
Nel 1971 lo psicologo Philip Zimbardo decise di fare un esperimento che fece la storia della
psicologia e non solo perché volle indagare la natura umana, ma perché le conseguenze furono
drammatiche.

I ricercatori hanno creato una prigione finta nel seminterrato dell’edificio psicologia della
Standford University, e selezionato 24 studenti universitari per svolgere i ruoli di detenuti e
guardie. I partecipanti sono stati selezionati da un gruppo più ampio di 70 volontari, tutti i
candidati vennero intervistati e sottoposti ad una batteria di test di personalità al fine di eliminare
quelli con problemi psicologici, malattie o precedenti criminali e/o di abuso di droghe. I volontari
hanno deciso di partecipare per un periodo da uno a due settimane in cambio di 15 dollari al
giorno.

L’esperimento doveva durare 14 giorni, fu interrotto dopo appena sei. Dopo due giorni i
primi episodi di violenza: i detenuti si strapparono le divise di dosso e si barricarono all’interno
delle celle inveendo contro le guardie; queste iniziarono a intimidirli e umiliarli, li costrinsero a
cantare canzoni oscene, a defecare in secchi che non potevano vuotare. Al quinto giorno i
prigionieri mostrarono sintomi evidenti di disgregazione individuale e collettiva: il loro
comportamento era docile e passivo, il loro rapporto con la realtà appariva compromesso da seri
disturbi emotivi, mentre per contro le guardie continuavano a comportarsi in modo vessatorio e
sadico.

Haney, C., Banks, W. C., & Zimbardo, P. G. (1973) A study of


prisoners and guards in a simulated prison. Naval Research
Review, 30, 4-17.

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Figura 3.1 – Applaudire insieme. Attraverso un fonometro e un registratore, il sociologo Max Atkinson ha misurato
il volume e il tempo di uno scoppio di applausi. Ha rilevato che l’applauso parte molto rapidamente (raggiungendo il culmine
dell’intensità dopo circa un secondo) e rimane stabile per 5,5 secondi prima di affievolirsi e spegnersi in poco tempo. Ciò
suggerisce che le persone si sforzano di coordinare il proprio applauso con quello degli altri, stando attente a iniziare a
battere le mani al momento “giusto” e a interrompersi quando sembra che anche gli altri lo facciano.
Fonte: Atkinson (1984)

30 Progetto Sociologia
Lo studio di Festinger (1956) ha osservato come un gruppo religioso americano rispondesse
al fallimento della sua profezia apocalittica. Il sostegno del gruppo si è rivelato
fondamentalmente per la resistenza al cambiamento di fronte all’evidenza.

Le ricerche sulle dinamiche di gruppo hanno consentito di formulare alcune idee sulla
formazione e distribuzione dei ruoli di leadership.
Bales e Slater (1955) mostrano come emergono sempre due tipi di leader, con ruoli
specialistici, strumentale o espressivo che non coincidono mai, che tendono ad interagire tra
loro più che con il gruppo e che non sono in competizione ma in coalizione.
•Il leader strumentale svolge il ruolo di risolutore e orienta il gruppo verso obiettivi specifici,
•il leader espressivo che è la persona più popolare del gruppo si dedica agli aspetti emotivi
che nascono all’interno.

Fino ad ora si è parlato di gruppi di appartenenza. Esistono però gruppi esterni a cui
l’individuo non appartiene ma che esercitano un’influenza sul suo comportamento. Questi
gruppi vengono descritti da Merton e vengono chiamati gruppi di riferimento, in cui il
soggetto vorrebbe far parte in quanto incarnato i suoi ideali di vita. Questi gruppi sono
importanti nella socializzazione, possono essere molto concreti.

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