Sei sulla pagina 1di 66

I principi base della

Sostenibilità
Esistono molte definizioni di “Sostenibilità” e di “Sviluppo Sostenibile”
tra le quali la più nota è stata formulata nel 1987 dalla Commissione
Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo (WCED), che definì lo “Sviluppo
Sostenibile” come “lo sviluppo che soddisfai bisogni delle generazioni
attuali senza compromettere la capacità delle future di soddisfare i loro
bisogni”.(Rapporto Brundtland, 1987)
Le principali tappe
dello sviluppo
sostenibile:
• 1972, Conferenza di Stoccolma “Sull’ambiente umano”, che diede vita
al programma ambientale delle nazioni unite (UNEP), sancendo il diritto
di tutti alla libertà, all’uguaglianza e ad adeguate condizioni di vita e il
principio che le risorse naturali devono essere protette, preservate e
opportunamente razionalizzate peril beneficio delle generazioni future
(ecosviluppo);
• 1980, Strategia Mondiale per la Conservazione – WCS, i cui obiettivi
sono la conservazione della diversità genetica e l’utilizzo “sostenibile”
delle specie e degli ecosistemi, ovvero uno sfruttamento delle risorse
naturali che non superi la capacità di rigenerazione delle stesse;
• 1987, Rapporto della Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo
Sviluppo (WCED), “Our Common Future”. Noto con il nome del
presidente Brundtland, la norvegese Gro Harlem Brundtland, questo
rapporto afferma che “lo sviluppo per essere sostenibile deve
rispondere alle necessità del presente senza compromettere la capacità
delle generazioni future di soddisfare le proprie”;
• 1992, Summit della Terra (UNCED) a Rio de Janeiro
che ha prodotto cinque Convenzioni Globali, di
indirizzo etico-politico, ma prive di obblighi giuridici,
per l’attuazione su scala mondiale dello Sviluppo
Sostenibile:
– Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo, che in 27 punti definisce diritti e
responsabilità delle nazioni nei riguardi dello sviluppo e del benessere dei popoli.
– Agenda 21 o “Programma per il XXI secolo”, che rappresenta lo strumento di
applicazione della Dichiarazione di Rio, con l’obiettivo dello Sviluppo Sostenibile, in
una prospettiva di perseguimento della qualità dell’ambiente e dello sviluppo per
tutti i popoli del mondo.
– Dichiarazione dei principi sulle foreste, che sancisce il diritto sovrano inalienabile
degli Stati di utilizzare le foreste secondo le proprie necessità, senza però ledere i
principi di conservazione e sviluppo delle stesse.
– Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, in cui si sono definiti i rischi
connessi con i cambiamenti climatici .
– Convenzione sulla diversità biologica, con l’obiettivo di tutelare le specie nei loro
habitat naturali e riabilitare quelle in via di estinzione.
• 1996, 2a Conferenza Europea sulle Città sostenibili a Lisbona. Le città
europee si impegnano ad attuare l’Agenda 21 a livello locale e
riconoscono le proprie responsabilità nella regolamentazione della vita
sociale, viene approvato il Piano d’Azione di Lisbona “dalla Carta
all’Azione”; 2a Conferenza delle nazioni Unite sugli Insediamenti Umani
“Habitat II” a Istanbul. Viene rilanciata l’Agenda 21 come procedimento
per la programmazione delle politiche e la pianificazione del territorio.
• 2000, 3a Conferenza Europea sulle Città sostenibili ad Hannover, durante la
quale 250 autorità locali di 36 Paesi europei e delle regioni confinanti si sono
riunite per valutare i risultati conseguiti e per concordare una linea d’azione
comune alle soglie del 21° secolo. La Sessione speciale dell’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Dichiarazione del Millennio, che
nelle sezioni terza e quarta definisce gli obiettivi internazionali di sviluppo che
la comunità internazionale deve perseguire. A seguito di tale Dichiarazione, nel
corso della primavera e dell’estate 2001, il Comitato OCSE per gli aiuti allo
sviluppo (DAC), ilSegretariato delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale e il Fondo
Monetario Internazionale hanno messo a punto gli obiettivi internazionali di
sviluppo:
Continua…
– riduzione del 50%, tra il 1990 e il 2015, delle persone che vivono in condizioni
di estrema povertà (cioè con meno di 1 dollaro Usa al giorno);
– frequenza della scuola primaria da parte del 100% dei bambini entro il 2015;
– pari partecipazione delle bambine all’educazione primaria e secondaria entro il
2005;
– riduzione tra il 1990 e il 2015 di due terzi della mortalità infantile (bambini con
meno di cinque anni);
– riduzione tra il 1990 e il 2015 di tre quarti della mortalità materna;
– riduzione entro il 2015 del 50% della diffusione dell’Aids, della malaria e delle
altre malattie infettive;
– adozione, entro il 2005, da parte di ogni paese di una strategia per lo sviluppo
sostenibile per ribaltare, entro il 2015, la tendenza alla perdita di risorse
ambientali;
– sviluppo di una partnership globale per lo sviluppo tra i paesi donatori e quelli
beneficiari attraverso un sistema finanziario e di scambi commerciali aperto e
non discriminatorio.
• 2001, VI Piano d’Azione Ambientale 2002/2010 dell’UE “Ambiente
2010: il nostro futuro, la nostra scelta”, nel quale vengono
individuati gli obiettivi generali da perseguire e le azioni prioritarie
della futura politica ambientale dell’Unione Europea per i dieci anni
seguenti il 2001. Sono quattro le aree di azione prioritarie indicate:
1. Cambiamento climatico “…stabilizzare la concentrazione atmosferica di gas
serra ad un livello che non causi variazioni innaturali del clima terrestre…”
2. Natura e Biodiversità “Proteggere e, ove necessario, risanare il funzionamento
dei sistemi naturali ed arrestare la perdita di biodiversità sia nell’UE che su
scala mondiale.”
3. Ambiente e Salute “Ottenere una qualità dell’ambiente tale che i livelli di
contaminanti di origine antropica, compresi i diversi tipi di radiazioni, non diano
adito a conseguenze o a rischi significativi per la salute umana.”
4. Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti “Garantire che il
consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabili e l’impatto che esso comporta
non superino la capacità di carico dell’ambiente e dissociare l’utilizzo delle
risorse dalla crescita economica migliorando sensibilmente l’efficienza delle
risorse, dematerializzando l’economia e prevenendo la produzione di rifiuti.”
• Settembre 2002, Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile,
Johannesburg. Il piano di attuazione approvato dalle Nazioni
partecipanti al Vertice conferma in primo luogo l’approccio
precauzionale adottato dalla Conferenza di Rio, nonché il principio
sulle Responsabilità comuni ma differenziate tra Paesi
industrializzati e Paesi in via di sviluppo. All’interno del Piano viene
definito un modello sostenibile di produzione e consumo, basato
sulle seguenti iniziative:
1. promuovere lo sviluppo di programmi quadro decennali per la
realizzazione di iniziative finalizzate alla modificazione dei
modelli di consumo e di produzione non sostenibili;
2. individuare politiche, misure e meccanismi finanziari per
sostenere i modelli diconsumo e produzione sostenibili;
3. promuovere e diffondere procedure di valutazione di impatto
ambientale e di “ciclo di vita” dei prodotti, anche al fine di
incentivare quelli più favorevoli per l’ambiente.
• L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma
d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto
nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.
Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – 
Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande
programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi.
L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha
coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da
percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono
impegnati a raggiungerli entro il 2030.
Certificazione in Italia
La certificazione di gestione ambientale non mostra un trend di crescita
come la certificazione per la qualità, in particolare nei settori agricolo ed
agroalimentare italiani. Secondo la maggior parte degli esperti questa
situazione dipende da tre fattori principali:
•la ridotta sensibilità ambientale in Italia rispetto ai Paesi del Centro e del
Nord Europa;
•il fatto che il settore agricolo ed agroalimentare non appare particolarmente
critico rispetto all’ambiente;
•la preferenza del consumatore italiano per le certificazione biologica, più
conosciuta e considerata efficace anche e soprattutto relativamente agli
impatti ambientali.
Certificare per competere:
La competitività sta tutta dentro un bollino. Non ci credete?
Per verificarlo basta scorrere le etichette che si alternano sullo scaffale di un
supermercato: crescono le referenze biologiche, quelle equosolidali e senza
glutine, carne e uova sfoggiano l’etichetta che ne dichiara la produzione
senza uso di antibiotici, e poi abbondano le specialità dei territori Igp, Dop e
Doc, e c’è anche il cibo che rispetta le tradizioni religiose: kosher e halal.
Tutto a prova di certificazione, test e ispezioni da parte degli organismi
accreditati. Al reparto elettrodomestici si sente la stessa musica: armadi
frigoriferi e lavatrici valutati in base alla classe energetica e quindi al
risparmio in bolletta. E non cambia nell’area ricreativa: biciclette, elettriche e
non, con telai e freni omologati, palloni da calcio prodotti con materiali
atossici. Il mondo del business, dall’agroalimentare, ormai si è messo a
norma.
L’Italia, con oltre 24mila certificazioni è il secondo Paese al mondo per
numero di certificati Iso 14001, che fissano i requisiti di gestione ambientale
dei processi produttivi; il primo per numero di Dichiarazioni ambientali di
prodotto, il terzo per le registrazioni Ecolabel ed Emas, il quinto Paese del
G20 per certificazioni forestali di catena di custodia Fsc.
SGA: SISTEMI DI GESTIONE
AMBIENTALI
Strumento per individuare, sorvegliare e gestire e migliorare i problemi
ambientali collegati alle attività di un'organizzazione, nonché prevenire e
saper affrontare le emergenze ambientali.
Tipicamente….
ISO 14001:2015
EMAS III
E più in generale, le certificazioni di sistema in tema di sostenibilità…
ISO 50001: gestione energetica (SGE)
ISO 20121: gestione sostenibile degli eventi
SA 8000: gestione della responsabilità sociale d’impresa
………
Definizione di
NORMA
“Documento, stabilito mediante consenso e approvato da un
organismo riconosciuto, che fornisce, per utilizzi comuni e ripetuti,
regole, linee guida o caratteristiche, relative a determinate attività o ai loro
risultati, al fine di ottenere il miglior ordine in un determinato contesto.”
UNI CEI EN 45020:2007
Che
cosa
sono le
norme
?
La storia delle norme per i Sistemi di
Gestione Ambientale
Nel 1973, furono pubblicati i principi della Comunità Europea in materia di
ambiente, che in pratica erano un piano di azione per l’applicazione di
precauzioni di protezione ambientale. Nel 1992, il gruppo BSI pubblicò la
prima norma al mondo per i Sistemi di Gestione Ambientale, la BS 7750. Il
comitato tecnico di gestione ambientale ISO /TC 207 fu istituito nel 1993 allo
scopo di sviluppare la famiglia di norme ISO 14000. Nel 1994, le norme TS
9719 (Sistemi di gestione ambientale – caratteristiche generali) e BS 7750
fornirono il modello per il successivo sviluppo della serie ISO 14000 nel
1996, da parte dell’ISO (International Organization for Standardization).
Nell’aprile 2005, la ISO 14001 ha subito la prima revisione e, 11 anni dopo, è
stata pubblicata la seconda.
Cosa La serie di normative UNI EN ISO 14000 ha
l’obiettivo di definire e regolamentare tutti gli
sono le aspetti relativi alla gestione dell’impatto
ambientale delle attività di un organizzazione.
norme Le norme UNI EN ISO 14000, essendo
certificazioni internazionali volontarie che non
ISO riguardano prodotti o servizi, sono applicabili a
14000? tutti i tipi di imprese e sono principalmente
rivolte alla gestione aziendale degli aspetti
relativi al controllo dell’impatto ambientale di
qualunque tipo di attività di un impresa.
Il gruppo di norme (certificabili e non
certificabili) della serie 14000 comprende
tematiche generali, quali i sistemi di gestione
ambientale, e in aggiunta propone tre tipologie
di strumenti utili per la sua attuazione: LCA (Life
Cycle Assessment), EPE (Environmental
Cosa Performance
Labelling.
Evaluation) e Environmental

sono le L' ISO 14001 è la norma che può essere attuata


norme da qualsiasi tipo di organizzazione che intenda
conseguire un miglioramento nell'esercizio delle
ISO proprie attività attraverso l'adozione di un
sistema di gestione ambientale; tale norma è
14000? stata recepita dal nuovo Regolamento EMAS. Ad
essa, in un progressivo avvicinamento del
sistema internazionale agli schemi europei, si
sono aggiunte le norme del sottoinsieme ISO
14030 per la valutazione delle prestazioni
ambientali e si sta aggiungendo la norma ISO
14063 per la comunicazione ambientale.
Il sottoinsieme ISO 14020 disciplina, invece,
diversi tipi di etichette e di dichiarazioni
ambientali, standardizzando diversi livelli di
informazione al pubblico sulle prestazioni
ambientali di prodotti e servizi. Sotto
Cosa questo punto di vista etichette e

sono le
dichiarazioni svolgono un ruolo importante
ai fini del consumo sostenibile, in quanto
norme definiscono, in maniera credibile e
trasparente, un limite che contraddistingue
ISO i prodotti più compatibili con l'ambiente da
quelli meno compatibili. A queste si
14000? aggiunge la ISO 14040 che norma la
metodologia da applicare nello studio sul
ciclo di vita.
I principali fattori che la Norma ISO 14001 prende in
considerazione sono:
APPROFONDI
• l’uso di materie prime e delle risorse naturali;
MENTO SU UNI
EN ISO 14001 • la presenza di residui e sostanze inquinanti e/o tossiche nei
prodotti;
• l’utilizzo di sostanze pericolose e/o tossiche per l’uomo e per
l’ambiente;
• gli scarichi nei corpi idrici e le relative attrezzature ed impianti
di trattamento;
• le emissioni in atmosfera ed i relativi impianti di abbattimento;
• la gestione dei rifiuti e degli effluenti;
• il risparmio di energie non rinnovabili;
• gli impatti specifici sugli ecosistemi in particolare protetti;
• altri aspetti ambientali legati alla comunità (rumori, odori,
altro).
Caratteristiche salienti: modello c.d. PDCA, (Plan-Do-Check-
Act):
APPROFONDI
MENTO SU UNI •Politica ambientale: obiettivi che si intende raggiungere
(plan), identificando risorse, ruoli e responsabilità,
EN ISO
14001:2015 •Procedure operative che descrivono i processi (do),
•Riesame annuale e miglioramento continuo (check-act).
Aggiornamento del 2015: analisi del contesto, obiettivi degli
stakeholders, importanza della leadership, coinvolgimento
del personale, valutazione di rischi (di non raggiungere gli
obiettivi) e opportunità, visione LCA (life cycle assessment),
maggiori obblighi di comunicazione all’esterno.
Serie ISO 14000
Non tutti i bollini sono
uguali. Ci sono le
certificazioni obbligatorie,
quelle regolamentate e
volontarie.
Ad esempio, chi espone l’etichetta del biologico deve seguire processi
produttivi specifici, zero pesticidi nel piatto per colture che non fanno uso di
sostanze chimiche. Lo stesso vale per l’efficienza energetica degli edifici, e
da oggi anche la staticità dei palazzi, come introdotto recentemente dal
governo.

Sono invece certificazioni regolamentate quelle che seguono disciplinari


comunitari o nazionali, come i marchi di qualità: Dop (Denominazione di
origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta) e Stg (Specialità
tradizionale garantita).
LE Obbligatorie:
ECOETICH -Consumo energetico elettrodomestici
ETTE DI -Riciclabilità a fine vita
PRODOTT -Euroleaf (prodotti biologici EU)
O
Volontarie:

LE -FSC (Forest Stewardship Council) e PEFC


ECOETICH (Programme for Endorsement of Forest
ETTE DI Certification)

PRODOTT -Energy star: (EPA) efficenza energetica

O -Ecolabel UE
-Made green in Italy
Le Ecoetichette: La Famiglia
ISO 14000
tipo I (ISO 14024): impongono il rispetto di limiti prestazionali definiti (multicriterio) e
prevedono una certificazione da parte di un organismo indipendente (certificazione di
ente terzo, spesso pubblico). L'etichetta ambientale viene rilasciata solo a prodotti che
superano i requisiti minimi previsti (ad esempio l’Ecolabel UE)
tipo II (ISO 14021): autodichiarazione del fabbricante per le quali non è prevista la
certificazione di un organismo indipendente, né requisiti prestazionali minimi (in
genere monocriterio). Sono autodichiarazioni effettuate generalmente da parte del
produttore che dichiara gli aspetti ambientali del prodotto che ritiene utile
evidenziare (ad esempio la % di materiale riciclato che lo compone)
tipo III (ISO 14025): forniscono informazioni quantitative sul profilo ambientale
(quantificando gli impatti) di un prodotto nell’intero ciclo di vita (Multicriterio). E’
prevista la certificazione di un organismo indipendente. Per tali etichette non sono
previsti requisiti minimi di prestazione, ma il rispetto di un formato nella
comunicazione delle informazioni che consenta il confronto tra diversi prodotti
(Schema EPD - Environmental Product Declaration)
Etichette ambientali
di tipo I: esempi
Blauer Angel (Germania)
Nordic Swan (Danimarca, Islanda, Finlandia,
Svezia e Norvegia)
NF Environnement (Francia)
Ecolabel UE (Unione Europea)
Dichiarazioni come: Compostabile, Degradabile,
Progettato per il disassemblaggio, Prodotto con
durata di vita estesa, Consumo idrico ridotto …
Etichet Riciclabile (obbligatoria)
te
ambien
tali di
tipo II:
esempi
International EPD System
Ecoleaf (Giappone)
Etichet EPD-Norge (Norvegia)

te Made Green in Italy

ambien
tali di
tipo III:
esempi
QUALCHE APPROFONDIMENTO
SU ECOLABEL UE

•VOLONTARIO
•BASATO SULL’INTERO CICLO DI VITA
(LCA - LIFE CYCLE ASSESSMENT)
•GARANTITO DA PARTE TERZA INDIPENDENTE (ecoetichetta tipo I): in
Italia il marchio è rilasciato dal Comitato Ecolabel Ecoaudit, organo
interministeriale creato con DM 413/1995, che si avvale del supporto
tecnico dell’ISPRA
•SELETTIVO: viene assegnato solo a prodotti/servizi che rispettano criteri
ambientali fissati in maniera scientifica dal Comitato europeo per
l’Ecolabel
ECOLABEL UE: CHI
PUO’ CERTIFICARSI

2 servizi: strutture ricettive


26 gruppi di prodotti: igiene (codice 051) che rappresenta il
personale, detersivi, 37% del totale delle licenze
abbigliamento, mobili, Ecolabel in EU (786/2130) e
elettrodomestici, prodotti di servizi di pulizia di ambienti
carta, apparecchi elettronici….. interni (criteri EU definiti a
maggio 2018)

Dati ISPRA 2018: 332 licenze in Italia


corrispondenti a circa 9500 prodotti/servizi
La sostenibilità in agricoltura,
indipendentemente dal clima e dal tipo di
suolo, si fonda principalmente su tre pilastri
che dovrebbero essere in duraturo
equilibrio: una sostenibilità ambientale, una
sostenibilità economica e un’adeguata
conservazione della sostanza organica.
IL “ LIFE
CYCLE
Ogni prodotto ha un impatto sull’ambiente in ogni
fase del suo ciclo di vita, durante la produzione, il
consumo e lo smaltimento, che può essere valutato in
THINKING termini di risorse consumate, danni all’ambiente e alla
salute.

” E GLI Per migliorare le prestazioni ambientali di un prodotto


o processo, il piano per la Produzione e nel Consumo
STANDAR Sostenibile (PCS) promuove l’impiego dell’approccio
Life Cycle Thinking, cioè chiede ai produttori di

D DEI
prendere in considerazione l’intero ciclo di vita di un
prodotto già nella fase di ideazione e progettazione.

DATI DI Valutare il ciclo di vita di un prodotto è una procedura


spesso lunga e complicata. Copre infatti tutte le fasi:

PRODOTT
dall’estrazione delle materie prime, alla
progettazione, manifattura, assemblaggio, marketing,
distribuzione, utilizzo, vendita, fino allo smaltimento
O finale in quanto rifiuto. Allo stesso tempo coinvolge
tanti differenti attori, come progettisti, industriali,
addetti al marketing, rivenditori e consumatori.
Life-cycle
Assessm
ent (LCA) L’LCA (life-cycle assessment) è l’acronimo
che identifica l’analisi del ciclo di vita, ossia

E criteri
della sostenibilità ambientale, di tutti gli
stadi della vita di un prodotto, “dalla culla

di
alla tomba” (es. dall’estrazione della
materia prima fino ai processi di
trasformazione, distribuzione, utilizzo,
Sostenibi riparazione e manutenzione, smaltimento e
riciclaggio).
lità
Life- “L'analisi del ciclo di vita del prodotto,
traduzione italiana di Life Cycle Assessment

cycle (LCA), è un metodo nato per aiutare a


quantificare, interpretare e valutare gli

Assessm
impatti ambientali di uno specifico
prodotto o servizio, durante l'intero arco
della sua vita.
ent La valutazione include l'intero ciclo di vita

(LCA) del processo o attività, comprendendo


l'estrazione e il trattamento delle materie
prime, la fabbricazione, il trasporto, la
distribuzione, l'uso, il riuso, il riciclo e lo
smaltimento finale”.
(dal testo della ISO 14040 LCA)
LCA nella ISO

Nonostante lo LCA sia relativo al prodotto esso rimane di pertinenza delle


organizzazioni che adottano sistemi di gestione ambientale, senza fornire
alcun logo o possibile riferimento alla certificazione da apporre sul prodotto
commercializzato. A questo fine in Europa si sta diffondendo un ulteriore
strumento l’EPD (Environmental Product Declaration letteralmente,
dichiarazione ambientale di prodotto), come strumento comunicativo rivolto
essenzialmente ai consumatori. Lo schema di certificazione dell’EPD è di
origine svedese (MSR 1999:2) con riferimento alle norme ISO 14020
(certificazione ambientale di prodotto).
LCA nella ISO
Le procedure per la Valutazione del Ciclo di Vita sono state standardizzate
nella serie ISO 14000, relativa alla gestione ambientale. In particolare le
norme che trattano il LCA sono la ISO 14040:2006 e la 14044:2006.
La ISO 14044 sostituisce le precedenti versioni dalla ISO 14041 alla ISO
14043.
In accordo con gli standard ISO 14040 e ISO 14044, la Valutazione del Ciclo
di Vita è suddivisa in 4 distinte fasi:
1) definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione;
2) analisi dell’Inventario;
3) valutazione degli impatti del ciclo di vita;
4) interpretazione del ciclo di vita.
Life-cycle
Assessm La metodologia consiste nell’analisi di tutti
gli input materiali, energetici e di emissioni;
ent (LCA) la valutazione degli impatti potenziali
associati a tali input e alle relative emissioni

E criteri e l’interpretazione dei risultati per il


processo decisionale.

di Anche se uno schema di calcolo per l’LCA è


definito dalla norma ISO 14000, non esiste
Sostenibi una metodologia univoca e, per una
corretta interpretazione dei risultati, è
lità necessario che i confronti siano il più
possibile omogenei.
Life-cycle Un contributo importante per un’applicazione
dei criteri di sostenibilità della fase agricola in

Assessm
rapporto ai cambiamenti climatici è stato dato
dai lavori svolti dalla FAO e dal “Tavolo su
agricoltura biologica e cambiamenti climatici”.
ent (LCA) Sembra infatti ormai condivisa la necessità di

E criteri superare i modelli di certificazione del


biologico e della produzione locale per una più

di
ampia valutazione di un’agricoltura che nel
2050 dovrà nutrire, in modo sostenibile, una
popolazione di 9miliardi di persone.
Sostenibi D’altronde ormai il consumatore percepisce

lità l’importanza di criteri in grado di valutare i


consumi di energia e materie prime durante le
varie fasi del ciclo di vita di un prodotto e
inizia a riconoscere questo ruolo alla
valutazione delle emissioni di CO2.
Life-cycle
La proposta di Regolamento della Politica
Agricola Comune post 2013 può offrire
importanti sinergie in quanto prevederà un
Assessm pagamento aggiuntivo per impegni ambientali
(chiamato “greening”), che gli Stati membri
ent (LCA) dovranno obbligatoriamente attivare. In
pratica, tutti gli agricoltori che riceveranno un

E criteri pagamento di base dovranno rispettare tre


impegni:

di •mantenimento delle foraggere;


• diversificazione delle colture: non meno di tre
Sostenibi colture, ciascuna estesa per nonmeno del 5% e
non più del 70%della superficie agricola utile
lità (SAU);
•destinazione del 7% della SAU ad "aree a fini
ecologici", ad esempio riposo, fasce tampone,
elementi paesaggistici, zone umide etc.
Life-cycle Assessment (LCA)
E criteri di Sostenibilità
In un’ottica più ampia, la sostenibilità agricola dovrà quindi tenere conto di
aspetti come:
1) potenziale di sequestro del carbonio nel suolo mediante pratiche agricole
e apporti di sostanza organica che ne contrastino la naturale
mineralizzazione;
2) valutazione della perdita della risorsa non rinnovabile “suolo” e
valorizzazione di quelle pratiche di corretta gestione della sostanza organica
nel suolo, quali semina su sodo, sovesci, rotazioni e diversificazione
colturale;
3) il consumo di acqua (mediante la water footprint), con l’obiettivo di
incoraggiare sempre più l’utilizzo di colture non irrigue e un’oculata gestione
dell’acqua, prevedendo, laddove possibile, un recupero di quella utilizzata
nel settore industriale o proveniente dalla depurazione dei reflui;
Continua…
Life-cycle Assessment (LCA)
E criteri di Sostenibilità

4) la valutazione del destino dell’azoto in acqua e in atmosfera. La carbon


footprint oltre alle emissioni di protossido di azoto (N2O) stima anche le
emissioni di ammoniaca e degli altri ossidi d’azoto (NOx), ma le contabilizza
solo per la modesta frazione che si ridepone al suolo ed emette ulteriore
N2O2. Al contrario, la lisciviazione di nitrati nelle acque e l’emissione di
ammoniaca e NOx in atmosfera può causare altre emergenze ambientali non
direttamente connesse ai cambiamenti climatici, ma altrettanto pericolose
quali le note problematiche di eutrofizzazione, produzione di smog
fotochimico o di piogge acide. In quest’ottica, la combustione di biomasse
per la produzione di bioenergia – in particolare se ricche di composti proteici
– aumenta localmente la concentrazione di NOx e può causare problemi
respiratori all’uomo e ostacolare la crescita delle piante.
STUDIO DI LCA
L’analisi del ciclo di vita prevede quattro fasi:
•una prima fase di definizione dell'obiettivo e del campo di applicazione, inclusi i limiti
del sistema e il livello di dettaglio;
•la fase di analisi dell'inventario:, che consiste nella descrizione quantitativa di tutti i
flussi di materiali ed energia che attraversano i confini del sistema, sia in ingresso sia
in uscita;
•la fase di valutazione degli impatti: è un processo tecnico-quantitativo e/o qualitativo
per valutare gli effetti degli impatti ambientali delle sostanze identificate
nell’inventario;
•la fase di interpretazione del ciclo di vita è lo step finale della procedura LCA. In
questa fase sono riepilogati e discussi i risultati, in conformità con la definizione
dell'obiettivo e del campo di applicazione. La convalida dello studio di LCA può essere
un aiuto per le aziende che vogliono realizzare altri studi finalizzati alla
comunicazione delle prestazioni ambientali, come ad esempio la Dichiarazione
Ambientale di Prodotto (Environmental Product Declaration) e l’analisi della Water
Footprint.
Di seguito sono indicate alcune soluzioni per ridurre gli impatti ambientali
associati alle singole fasi del ciclo di vita. Possono essere considerate sia
singolarmente che in maniera congiunta:
• Approvvigionamento materie prime – quando possibile sostituire o
minimizzare l’uso delle materie prime per ridurre i costi e l’impatto ambientale
di un prodotto. L’utilizzo di fornitori locali riduce anche i costi di distribuzione.
• Manifattura – i processi che utilizzano meno materiali, energia, acqua e altre
risorse possono ridurre l’impatto ambientale e il costo di produzione, ed
aumentare l’efficienza.
• Vendita – l’efficienza nel trasporto dei prodotti fino al punto vendita può
essere massimizzato da un attento progetto, ad esempio ottimizzando i carichi
con pallet e considerando la progettazione dell’imballaggio.
• Utilizzo – per alcuni prodotti il passaggio più dannoso per l’ambiente è quello
prodotto dal loro uso. Questo stadio potrebbe essere ridotto progettando un
prodotto con una vita più lunga, riducendo l’energia che utilizza, migliorando i
sistemi di manutenzione.
• Fine vita – per impedire che il prodotto, o il suo imballaggio, vada a finire in
discarica, occorre estendere la vita del prodotto attraverso il riciclo, la
riparazione, la manutenzione, la rigenerazione o addirittura il riuso del
prodotto.
Analisi Filiera
Agroalimentare
Un esempio di LCA: “Per una
bibita è meglio l’imballaggio in
vetro o plastica?”
Un esempio di applicazione di LCA può essere quella di determinare se l’imballaggio in vetro
di una bibita sia più o meno impattante rispetto ad un imballaggio in plastica. Per entrambe le
opzioni devono essere esaminate tutte le fasi del ciclo di vita.
Per le bottiglie di vetro, le fasi sono: l’estrazione di minerali di vetro dalla biosfera, la
produzione della bottiglia, l’imbottigliamento del contenuto, il trasporto e lo smaltimento
finale.
Per le bottiglie di plastica le fasi consistono nella produzione di petrolio greggio, la
raffinazione, la produzione di polimeri, la fabbricazione della bottiglia, l’imbottigliamento del
contenuto, il trasporto e lo smaltimento finale. Devono poi essere prese in considerazione
tutte le catene di processo relative ai materiali ausiliari e ai servizi. Per esempio, per la
produzione di polimeri è necessario un catalizzatore, tale elemento deve quindi essere incluso
nel ciclo di vita e i suoi impatti devono essere calcolati attraverso regole di “allocazione degli
impatti”, ossia in base all’utilizzo che se ne fa per la produzione dell’oggetto dello studio, in
questo caso la bottiglia in plastica.
I flussi ambientali generati da questa serie di processi devono essere inventariati e sono, ad
esempio, le emissioni in aria, in acqua o nel suolo, le risorse della biosfera, l’uso dei terreni, o
la produzione di energia. Questi flussi devono essere poi elaborati per entrambe le soluzioni
(vetro e plastica) sempre in base ai loro impatti associati; ponendoli a confronto si è in grado
di arrivare ad una valutazione equa ed “olistica” che considera tutti gli aspetti ambientali del
ciclo di vita del prodotto.
Contemporaneamente, attraverso la LCA è possibile stabilire anche il contributo che i singoli
processi apportano agli impatti nel ciclo di vita di un prodotto e capire i parametri più
determinanti per le prestazioni ambientali del prodotto valutato. Tornando al caso studio delle
bibite, bisognerà quindi valutare sia il trasporto dal luogo di produzione delle bottiglie al luogo
di consumo, sia il trasporto verso il luogo finale del riciclaggio o riutilizzo.
LCC - Life Cycle
Costing

L'analisi dei costi del ciclo di vita (L.C.C. Life Cycle Costing) è una
metodologia che consente di calcolare i costi lungo il ciclo di vita di un
prodotto, anche in questo caso attraverso l'approccio definito "dalla culla
alla tomba" e quindi dalle fasi di produzione, alle fasi di uso sino allo
smaltimento. Tale approccio permette di definire, sulla base di determinate
specifiche, quali possono essere le risposte maggiormente efficienti non
solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello economico.

https://www.regione.piemonte.it/web/temi/ambiente-territorio/ambiente/green-economy/lca-life-cycle-assessment-lcc-life-cycle-cost
LCC - Life Cycle
Costing
L’analisi dei costi degli impatti ambientali associati ai beni e servizi o
esternalità è una fase importante per chi volesse attuare in modo strutturato
e formalizzato la politica GPP. Il Codice Appalti e ss.mm.ii all'art.96 - in
recepimento della direttiva comunitaria sugli appalti (art. 67) - parla
specificatamente di life cycle costing - LCC.
Il Life Cycle Costing è una metodologia che consente di valutare i costi lungo
l’intero ciclo di vita del prodotto, dalla produzione alla fase di smaltimento.
Pertanto i costi che in via generale devono essere inclusi in tale analisi sono:
•Acquisto e installazione;
•Costi durante la fase d’uso dei prodotti, come ad esempio quelli per
l’elettricità, la benzina, il gas, la formazione, il servizio erogato e il
mantenimento;
•Costi di smaltimento;
LCC - Life Cycle
Costing

Dal punto di vista formale è possibile rappresentare il concetto in questo


modo:
LCC = Costo di acquisto + Costo di manutenzione e di riparazione + Consumo
di acqua + Consumo di energia + Costo di sostituzione-valore residuo +
Costo di smaltimento
LCC - Life Cycle
Costing

L’amministrazione può utilizzare questo strumento in momenti differenti


della gara d’appalto:
In fase di comparazione di possibili soluzioni ad esigenze e problemi per
definire la risposta ottimale;
In fase di comparazione delle diverse offerte;
In fase di monitoraggio e di valutazione ex post dei benefici economici
derivati da una scelta ambientale piuttosto che da una non ambientale.
LCC - Life Cycle
Costing
Perché usare la LCC?
Perché usare la LCC?
LCA - Il crescente interesse verso questo argomento è
anche dimostrato dalla serie di “International

Agri-
Conference on Life Cycle Assessment in the Agri-
food Sector” giunte nell’Ottobre 2014, alla IX
edizione. Queste conferenze rappresentano il
food primo forum globale tecnico e scientifico sull’
LCA nel settore agricolo ed alimentare ed il loro
obbiettivo è quello di condividere gli sviluppi di
database, metodologie e strumenti
sull’argomento.
Le principali questioni metodologiche che quindi riguardano ad oggi
l’LCA nel settore dei cereali, secondo Notarnicola et al. (2014), sono:

LCA - • La scelta dell’unità funzionale (UF): può essere espressa in massa (kg
o, più raramente, t), area (ha) o contenuto energetico (MJ).

Cereali • La scelta dei confini del sistema: è fortemente è legata all’obbiettivo


che si vuole raggiungere.
• I criteri di cut-off: l’esclusione della produzione di macchinari, edifici
e pesticidi come il non conteggio dell’emissione di nitrati può portare
ad una sottostima degli impatti.
• L’allocazione: spesso viene effettuata sulla base della massa o sul
valore economico ma non rispecchia la reale ripartizione dei flussi tra
prodotti e co-prodotti. Potrebbe quindi essere sostituita dalla CU
(Cereal Units) basata sui valori nutrizionali dei prodotti.
Gli aspetti legati al fine vita: non risultano molto rilevanti se non per
quello che concerne lo smaltimento degli imballaggi. La reperibilità e la
qualità dei dati: ci sono ancora grandi lacune nella disponibilità di
database sul settore agro-alimentare ed è importante, quindi,
applicare controlli di qualità dei dati come analisi di sensitività,
consistenza, completezza ed incertezza.
LCIA: non è sito dipendente o emissione-specifico/tempo-dipendente
mentre in campo agricolo il sito influenza molto il risultato. Ad
esempio le condizioni pedoclimatiche incidono sulle emissioni di
pesticidi e fertilizzanti.

Potrebbero piacerti anche