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Sullobbligatoriet dellidratazione e alimentazione artificiale

Sullobbligatoriet dellidratazione e alimentazione artificiale.

<<Ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignit di persona. Questo principio fondamentale, che esprime un grande "s" alla vita umana, deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica>>: cos inizia il testo della congregazione per la dottrina della fede sulla Dignitas Personae. Sempre seguendo il pensiero della Chiesa la rapidit degli sviluppi in ambito scientifico, che ha portato a numerose innovazioni nel campo della medicina, ha provocato cos tante attese e perplessit in settori sempre pi vasti dellopinione pubblica che le assemblee legislative sono spesso sollecitate a prendere decisioni, coinvolgendo talora anche la consultazione popolare. La nostra tradizione e cultura inevitabilmente segnata dallinfluenza della Chiesa che, nel proporre principi e valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana attinge alla luce sia della ragione sia della fede, contribuendo ad elaborare una visione integrale delluomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ci che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita. La scienza viene concepita come un prezioso strumento al servizio del bene integrale della vita e della dignit di ogni essere umano; questi valori si applicano indistintamente a tutti gli esseri umani che, per il solo fatto di esistere, devono essere rispettati. Questo importantissimo concetto lo ritroviamo nella costituzione pastorale Gaudium et spes, nella quale i Padri conciliari scrivevano: "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perci la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura" (n. 51). sulla lunghezza d'onda di questo insegnamento che si dovrebbe porre l'Istruzione Dignitas personae. I suoi contenuti non sono altro che una genuina promozione del senso della vita umana e una sua spassionata difesa. Perch la vita umana possa essere promossa necessario che si crei una cultura favorevole alla sua accoglienza in ogni espressione che ne viene manifestata. Per questo motivo non deve meravigliare limpegno del Magistero in questo particolare settore. La Chiesa stata impegnata in prima persona nel corso dei secoli in difesa di alcuni principi fondamentali che oggi sono patrimonio dellumanit. Oggi la posta in gioco, che segner i prossimi decenni e la vita della societ, determinata dalla difesa della dignit della persona dal suo concepimento fino alla sua morte
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naturale. A questo proposito mi sento di riportare una considerazione per verificare l'ambito all'interno del quale l'Istruzione intende procedere: "La Chiesa giudicando della valenza etica di alcuni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti luomo e le sue origini, non interviene nellambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilit etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificit degli atti personali che trasmettono la vita" (Dignitas personae, n. 10). Nessuna invasione di campo, pertanto, da parte del magistero della Chiesa: ci che questa Istruzione intende fare esprimere il proprio contributo autorevole nella formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti intendono porre ascolto alle argomentazioni che vengono portate e con queste intende confrontarsi. Un intervento, pertanto, che rientra pienamente nella sua missione e che dovrebbe essere accolto non solo come legittimo, ma anche come dovuto in una societ pluralistica, laica e democratica. E proprio nella nostra societ e soprattutto nel dibattito mediatico nel quale quotidianamente siamo immersi, si stanno diffondendo termini come eutanasia, accanimento terapeutico e testamento biologico. Casi eclatanti come quelli di Giorgio Welby o di Eluana Englaro hanno letteralmente spaccato lopinione pubblica tra favorevoli e contrari. Welby lo abbiamo visto decidere lui per s stesso: in un esercizio di libero arbitrio ha preferito morire piuttosto che vivere nelle condizioni dettate dalla sua malattia. Il caso Englaro invece sostanzialmente diverso: tutto cominciato la mattina del 18 gennaio 1992, quando Eluana a bordo della sua automobile si schiantata contro un muro. Limpatto violentissimo le ha causato un gravissimo trauma encefalico e spinale: non era pi in grado di intendere e volere e versava in uno stato di coma profondo. Dal momento in cui giunta in queste condizioni allospedale di Lecco scattato un inarrestabile meccanismo di tutela del bene vita di Eluana. Vediamo che con lespressione stato vegetativo persistente il Comitato Nazionale di Bioetica nel 2005 indica un quadro clinico caratterizzato da un apparente stato di vigilanza senza coscienza, con occhi aperti, frequenti movimenti afinalistici di masticazione, attivit motoria degli arti limitata a riflessi di retrazione agli stimoli nocicettivi senza movimenti finalistici. Per cui Eluana presentava funzioni vegetative ma non cognitive, non era attaccata a respiratori ma doveva essere assistita, alimentata e idratata e nonostante i suoi genitori abbiano sempre lottato e sperato che la ragazza un giorno potesse risvegliarsi dal coma, questa situazione era considerata dai medici come persistente e permanente. Per questo motivo il padre, in qualit di tutore, chiese in via giudiziaria la sospensione
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dellalimentazione e idratazione, che venivano somministrati attraverso un sondino. La condizione di Eluana era ormai priva di dignit e la situazione era penosa anche per coloro che la assistevano che avevano s perso una figlia ma non potevano elaborare completamente il lutto. Da una parte alcuni specialisti si sono schierati a favore della dolce morte per Eluana attraverso la sospensione dell'alimentazione, sostenendo che un paziente in stato vegetativo appunto un vegetale e quindi non ha pi nulla a che spartire con la vita umana, che per sua natura di livello superiore. La stessa scienza, attraverso un'altra corrente di pensiero, ha fatto notare che Eluana presentava comunque una capacit di vita autonoma, non legata alle macchine, ma dipendeva come qualsiasi essere umano dalla necessit di essere alimentata. Insomma neanche la scienza, che dovrebbe fornire verit oggettive e incontrovertibili riuscita a dare una risposta definitiva. Ma anche se ci fosse stata unanimit a livello scientifico, non sarebbe stato sufficiente a decidere: quando si parla dell'uomo, la sola verit scientifica non pu essere l'unica discriminante, ma entrano in gioco altre variabili come sentimenti e valori morali. Ci che tecnicamente corretto pu non esserlo a livello morale: da qui la difficolt di scegliere nel campo della bioetica. Secondo la Chiesa la somministrazione di acqua e cibo a malati in stato vegetativo alla portata di qualsiasi sistema sanitario, e lo stato vegetativo non impedisce le funzioni vitali essenziali. L'obbligatoriet di tali somministrazioni viene sostenuta dal fatto che, anche se in stato vegetativo permanente, il paziente una persona, con la sua dignit umana fondamentale, dunque anche al paziente che si trovi in questa situazione sono dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali. Per il Vaticano quindi i pazienti in coma vanno nutriti e accuditi. La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Tale somministrazione quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalit propria, che consiste nel procurare l'idratazione e il nutrimento del paziente, in tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all'inanizione e alla disidratazione. In Vaticano stanno ribadendo continuamente la stessa linea, cio di chiusura totale su tutto il fronte delle scelte di fine vita, e ci perch spesso attraverso certe formulazioni come dignit della morte e aiuto a morire si nascondono atteggiamenti eutanasiaci. Bisogna distinguere tra il rispetto dellinviolabilit della vita umana, visione prettamente cristiana appunto, e laiuto a morire. La Chiesa parla di proporzionalit e sproporzionalit dei mezzi e di carattere ordinario o straordinario delle terapie, ma queste distinzioni non riguardano l'assistenza, cio il sostegno vitale e il superamento del dolore.
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Non sono questi interventi diretti a guarire il paziente, perch il paziente nel caso dello stato vegetativo permanente non sempre guarisce. Si tratta, invece, di assisterlo con le cure ordinarie, ovvero quelle cure alle quali qualsiasi uomo ha diritto: il bambino appena nato, noi che siamo adulti, che lavoriamo e abbiamo bisogno di essere nutriti, e anche il morente, che ha il diritto di ricevere queste cure, che sono un diritto di tutti. Tali cure anche se non sempre servono a guarire, servono sempre a lenire la sofferenza e, nel momento della morte, a soffrire di meno. Per questo, c' l'obbligo di somministrarle fino alla fine. Fermo restando che se il paziente in uno stato tale che somministrando acqua o cibo questo non viene pi ricevuto ci non pi da considerare acqua e cibo. Le posizioni espresse dalla Congregazione della Dottrina della Fede sono legittime e vanno rispettate. Quello che va sostenuto, e sempre considerato, il principio dell'autodeterminazione del paziente rispetto alle cure ed alle terapie a cui intende o non intende sottoporsi, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione. Il medico non pu e non deve essere obbligato alla nutrizione e all idratazione artificiale quando c' un rifiuto consapevole del paziente, e non solo in casi particolari. Siamo di fronte a trattamenti straordinari e non ordinari, come afferma la Congregazione, per i quali il consenso del paziente fondamentale. Il rispetto della vita e della salute va coniugato con il rispetto della libert e della dignit delle persone. Peraltro i medici, secondo il codice deontologico, devono astenersi dall'ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato o un miglioramento della qualit della vita. Su questo aspetto si concentra lopinione del Comitato Nazionale per la Bioetica, secondo il quale nutrizione e idratazione vanno considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere. Acqua e cibo non diventano infatti una terapia medica soltanto perch vengono somministrati per via artificiale; si tratta di una procedura che (pur richiedendo indubbiamente un attenta scelta e valutazione preliminare del medico), a parte il piccolo intervento iniziale, gestibile e sorvegliabile anche dagli stessi familiari del paziente (non essendo indispensabile la ospedalizzazione). Si tratta di una procedura che, rispettando condizioni minime, risulta essere ben tollerata, gestibile a domicilio da personale non esperto con opportuna preparazione. Procedure assistenziali non costituiscono atti medici solo per il fatto che sono messe in atto inizialmente e monitorate periodicamente da operatori sanitari. La modalit di assunzione o somministrazione degli elementi per il sostentamento vitale non rileva dal punto di vista bioetico: fornire naturalmente o artificialmente nutrizione e idratazione, alimentarsi o dissetarsi da soli o tramite altri non costituiscono elementi di differenziazione nella valutazione bioetica. Se poco convincente
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definire lalimentazione e idratazione obbligatoria un atto medico, a maggior ragione si dovrebbe escludere la possibilit che essa si configuri come accanimento terapeutico: la decisione di non intraprendere o di interrompere la nutrizione e l idratazione artificiale non disciplinata dai principi che regolano gli atti medici perch nella misura in cui lorganismo ne abbia un obiettivo beneficio, nutrizione ed idratazione artificiali costituiscono forme di assistenza ordinaria di base e proporzionata. Non si pu neppure ricondurre la decisione di curare/non curare, assistere/non assistere un malato alla fredda logica utilitaristica del bilanciamento dei costi e dei benefici (considerando scarsi i benefici in termini di recupero e alti i costi economici di assistenza), del calcolo della qualit della vita altrui (e della propria, considerando il malato un peso familiare oltre che sociale), limitando le considerazioni alla convenienza e alla opportunit e non anche al dovere e alla responsabilit solidale verso gli altri. Questa decisione la si pu invece ricondurre alla redazione di alcune Dichiarazioni anticipate di trattamento, nelle quali venga inserita esplicitamente la richiesta di sospensione di alimentazione e idratazione, nella previsione di un suo possibile futuro venirsi a trovare in una situazione di stato vegetativo persistente. Nelle Dichiarazioni ogni persona ha il diritto di esprimere i propri desideri anche in modo anticipato in relazione a tutti i trattamenti terapeutici e a tutti gli interventi medici circa i quali pu lecitamente esprimere la propria volont attuale, dice il comitato nazionale per la bioetica, non quindi da mettere in dubbio che quando alimentazione e idratazione assumano carattere straordinario e la loro sospensione sia stata validamente richiesta dal paziente nelle proprie Dichiarazioni anticipate, il medico potrebbe accedere a tale richiesta. proprio questa la direzione che ha preso la Corte di Cassazione nel decidere circa la richiesta del padre di Eluana il trattamento sanitario in atto sulla figlia. Nella sentenza della Corte di Cassazione, sez. I civile, n. 21748 del 2007 aveva stabilito che il legale rappresentante che chiede linterruzione del trattamento vitale deve, innanzitutto, agire nellesclusivo interesse dellincapace; e, nella ricerca del migliore interesse, deve decidere non al posto dellincapace n per lincapace, ma con lincapace: quindi, ricostruendo la presunta volont del paziente incosciente, gi adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volont dalla sua personalit, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche; che, pertanto, linterruzione del trattamento pu venire disposta soltanto: a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la
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bench minima possibilit di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; b) sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti e convincenti, della voce del rappresentato, tratta dalla sua personalit, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, lidea stessa di dignit della persona. In virt di questo i giudici hanno stabilito che l'alimentazione di Eluana venisse sospesa e cos sopraggiunta la morte a causa di una crisi cardiaca. Il "Caso Englaro" fa parlare e continua a dividere l'Italia e a coinvolgere gran parte del pubblico anche se la vicenda sembra essere giunta a una conclusione, per lo meno in campo giudiziario, con la pronuncia del Gip di Udine che ha archiviato il caso, assolvendo tutti gli imputati dai capi daccusa (il padre della giovane rimasta in stato vegetativo per 17 anni dallaccusa di omicidio, e 13 membri dellequipe medica della casa di cura accusati di concorso di omicidio). Secondo il giudice per le indagini preliminari, "la prosecuzione dei trattamenti di sostegno vitale di Eluana Englaro non era legittima in quanto contrastante con la volont espressa dai legali rappresentanti della paziente, nel ricorrere dei presupposti in cui tale volont pu essere espressa per conto dell'incapace". Ovvero, lequipe che si assunta la responsabilit di sospendere cibo e acqua alla giovane in coma, ha agito nel rispetto delle leggi e proseguire i trattamenti di nutrimento e idratazione non sarebbe pertanto stato legittimo. La prosecuzione del sostegno vitale alla ragazza stata dichiarata contrastante con la volont espressa dai legali rappresentanti della paziente, nel ricorrere dei presupposti in cui tale volont pu essere espressa per conto dellincapace. Il decesso non stato conseguenza di pratiche diverse da quelle autorizzate e specificate nei provvedimenti giudiziari. Esso infatti avvenuto dopo 3 giorni dalla sospensione di cibo e acqua (e non dopo 15, come pronosticato dai medici) e sarebbe sopraggiunto improvvisamente, senza una compiuta progressione sintomatologica legata alla disidratazione: Eluana sarebbe morta senza sofferenze, e indipendentemente dallattuazione del protocollo che ha, poi, portato i medici e il padre allimputazione. Per cercare di evitare altre situazioni simili nel prossimo futuro stata avanzata, negli ultimi anni, una proposta di legge sul testamento biologico circa la sospensione delle terapie nel caso in cui il paziente non sia in grado di esprimere le proprie volont perch non in condizione di intendere o volere. A questo proposito sono intervenute con un documento ufficiale le associazioni dei medici affermando che decisioni cos delicate devono rientrare nell'alleanza terapeutica che lega appunto il medico e il paziente e non pu escludere i suoi familiari. Questalleanza
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terapeutica chiama in causa la responsabilit dei soggetti nel rispetto delle competenze del medico e dell'autonomia non assoluta del paziente. Fatta salva la dignit del malato, di cui sempre occorre prendersi cura qualunque sia la sua condizione clinica, non si pu ignorare la diversit delle situazioni e la necessit caso per caso di compiere un discernimento prudente della proporzionalit circa i modi e i tempi del procedere, perch il paziente possa continuare a vivere con dignit o con dignit sia accompagnato nel processo del morire. Quello che credo sia importante che una questione del genere, trattando della vita e della morte di una persona, e quindi della massima importanza per ciascuno di noi, sia decisa da una legge apposita e dopo un approfondito dibattito in Parlamento, per arrivare a una legislazione in merito chiara e accessibile.

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