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Alma Mater Studiorum Universit di Bologna FACOLTA di ECONOMIA Sede di Forl

Corso di Laurea in Economia e Gestione Aziendale (classe 17)

ELABORATO FINALE

LA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI E LE SENTENZE VIKING E LAVAL

CANDIDATO Martini Niccol N Matricola: 0000353725

DOCENTE REFERENTE Pieralberto Mengozzi

Anno Accademico 2010/2011 Sessione III 1

INDICE
INTRODUZIONE (pag. 3)

CAPITOLO 1 (pag. 5): IL REGIME DI LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI: I PASSI ATTRAVERSO I QUALI SI GIUNTI AD UNA DIRETTA APPLICABILIT.

CAPITOLO 2 (pag. 8): IL BILANCIAMENTO TRA TUTELA DEI DIRITTI SOCIALI FONDAMENTALI E LA LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI: LE SENTENZE VIKING E LAVAL.

CAPITOLO 3 (pag. 25): IL BILANCIAMENTO TRA LIBERT ECONOMICHE E DIRITTI SOCIALI E LA CONTINUIT DELLA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA.

BIBLIOGRAFIA (pag. 28)

ATTI COMUNITARI (pag. 28)

SITOGRAFIA (pag. 29)

INTRODUZIONE Analizzando il graduale processo di integrazione europea, si evince come uno degli obbiettivi di maggiore importanza perseguito dallUnione europea sia rappresentato dalla istituzione di un mercato interno1 che coinvolga tutti gli Stati membri, aperto ed in libera concorrenza, allinterno del quale le merci ed i fattori della produzione, ovvero lavoro, servizi e capitali, possano circolare senza restrizioni. L'obiettivo dunque quello di garantire la circolazione dei fattori produttivi allinterno del territorio dell'UE, sulla base di condizioni (normative e regolamentari) simili a quelle che si applicano allinterno di un singolo Stato membro. La conseguenza di ci lespansione della libert di azione degli operatori economici, i quali possono porre in essere pi agevolmente scambi commerciali in un contesto che non pi solo quello nazionale, bens transnazionale-comunitario. Le prescrizioni del TFUE riguardanti il tema della libera prestazione di servizi (artt. 5662) si aggiungono cos a quelle relative alla libert di stabilimento consentendo ai singoli soggetti di svolgere la loro attivit nel territorio dell'UE, non solo trasferendosi fisicamente ed in maniera stabile in un altro Stato membro, ma anche mantenendo la residenza o la sede allinterno del proprio Stato e rivolgendo l'attivit a soggetti destinatari della prestazione stabiliti in uno Stato membro diverso da quello di origine. Grazie all'intervento della Corte di giustizia, l'ambito di applicazione della libert di prestazione di servizi comprende qualsiasi prestazione economicamente rilevante. Viene cos a completarsi il quadro normativo di riferimento della liberalizzazione della circolazione di fattori produttivi nel mercato interno, da intendersi quindi come un territorio del tutto simile a uno Stato membro.

1 Lart. 26 del

TFUE definisce mercato interno uno spazio senza frontiere interne, nel quale assicurata la libera

circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.Successivamente, lart. 3, paragrafo 1, lett. c) Trattato CE prevede come obiettivo della Comunit un mercato interno caratterizzato dalleliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.

Per quanto riguarda l'ambito pi ristretto dei lavoratori autonomi, la realizzazione di un mercato interno, si realizza grazie al contributo di due componenti tra loro complementari: da una parte vi l'applicazione delle disposizioni di diritto primario, dotate di efficacia diretta, tali cio da imporre immediatamente regole di comportamento agli Stati membri; dall'altra, l'intervento delle istituzioni dell'UE che adottano disposizioni (in genere, direttive di armonizzazione delle legislazioni e di mutuo riconoscimento dei titoli professionali). In particolare, la Corte di Giustizia delle Comunit delle comunit europee ha dovuto pi volte utilizzare la tecnica del bilanciamento tra diritti e libert fondamentali tutelate dalle legislazioni nazionali e le libert di ordine economico contemplate dal Trattato. Ne sono un esempio le recenti sentenze relative ai casi Viking 2 e Laval3, analizzate nel presente lavoro.

2 Sentenza 11 dicembre 2007, causa C-348/05, Viking. 3 Sentenza 18 dicembre 2007, causa C-341/05, Laval.

CAPITOLO 1
IL REGIME DI LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI: I PASSI ATTRAVERSO I QUALI SI GIUNTI AD UNA DIRETTA APPLICABILIT.
Il settore dei servizi oggi in Europa produce circa il 70 % dei redditi lordi all'interno della comunit. Nello sviluppo di questo settore per l'Unione Europea si trovata ostacolata da una molteplicit di restrizioni di carattere protezionistico, poste alla circolazione dei servizi stessi. Il concetto di libera prestazione di servizi appare sin dal testo originario del Trattato CEE (1957), come uno dei capisaldi del processo di integrazione socio-economica nel sistema dell'UE. Con le altre tre libert economiche garantite dai Trattati (libert di circolazione delle persone, delle merci e dei capitali), la libert di prestazione dei servizi si accinge a creare un mercato interno ed assicura la circolazione dei fattori produttivi all'interno dell'UE. Allo stesso tempo, vietando discriminazioni in base alla nazionalit o alla residenza del prestatore o del destinatario del servizio, interviene in un pi ampio processo, favorendo l'integrazione sociale. Come per quanto riguarda le altre libert sopra citate, la disciplina di libera prestazione di servizi si basa sull'eliminazione delle restrizioni, imposte dagli ordinamenti degli Stati membri, allo svolgimento delle attivit economiche in questione e riguardo ad esse, i Trattati affrontano non solo ostacoli e limitazioni provenienti dal potere pubblico come Stati, enti territoriali4 o la stessa Unione Europea5, ma anche quelli provenienti da enti o associazioni private6. La disciplina della libert di prestazione dei servizi molto mutata nel corso degli anni
4 Sentenza 29 Novembre 2001, De Coster, causa C-17/00, Raccolta, I-9445. 5 Sentenza 28 Ottobre 1999, ARD, causa C-6/98, Raccolta, I-7599. 6 Sentenza 19 Febbraio 2002, Wouters, causa C-309/99, Raccolta, I-1577.

e queste trasformazioni furono dovute, in parte a modifiche del testo degli articoli del Capo del Trattato istitutivo della Comunit europea (Atto unico, Trattato di Maastricht, Trattato di Amsterdam, Trattato di Nizza, Trattato di Lisbona), in parte agli interventi della Corte di giustizia in sede di interpretazione ed applicazione delle norme del Trattato stesso. Nello schema previsto originariamente dal Trattato CE (art. 49), ora TFUE, la liberalizzazione della prestazione di servizi avrebbe dovuto avvenire con gradualit prevedendo che le restrizioni venissero gradualmente soppresse in un periodo transitorio. Ci era dovuto alla complessit degli ostacoli alla libera circolazione dei servizi che il Trattato si trovava ad affrontare, dovuti principalmente alla disparit delle legislazioni nazionali. La liberalizzazione veniva cos condizionata alla graduale adozione di misure legislative da parte delle istituzioni comunitarie, in particolare del Consiglio, sulla base di un Programma generale per la soppressione delle restrizioni esistenti all'interno della Comunit attraverso il quale gli Stati membri intendevano mantenere uno stretto controllo sul processo di apertura dei mercati e di professioni tradizionalmente chiuse ad accessi esterni. Nel sistema preconfigurato dai redattori del Trattato, la liberalizzazione della prestazione di servizi all'interno del territorio comunitario avrebbe dovuto realizzarsi grazie all'adozione delle direttive di liberalizzazione (ex art. 52 Tce, ora art. 59 TFUE) e dunque alle misure adottate dagli Stati membri in recepimento alle stesse. Queste direttive avrebbero dovuto provvedere all'eliminazione delle restrizioni alla libera circolazione di servizi ed avrebbero dovute essere accompagnate da altre direttive (ai sensi dell'ex art. 45 Tce), finalizzate al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, facilitando l'esercizio effettivo della libert di prestazione transfrontaliera dei servizi ed eliminando le disparit

esistenti tra le normative degli Stati membri rispetto allo svolgimento di attivit indipendenti. In particolare si procedeva al reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali ed al coordinamento delle disposizioni relative all'esercizio di attivit indipendenti. Questo programma dimostrava per la scarsa volont degli Stati membri di rinunciare al controllo di determinate attivit nel proprio territorio e la conseguenza fu che il progetto non si realizz nei tempi previsti. Allo scadere del periodo transitorio infatti, le direttive di liberalizzazione non erano state adottate secondo i ritmi e le scadenze indicate nel programma generale. A tale situazione ha posto rimedio la Corte di giustizia, la quale, alla fine del periodo transitorio ha riconosciuto la diretta efficacia del divieto di restrizioni alla libera circolazione di servizi. La Corte, nella sentenza del 3 dicembre 1974, riguardante la Causa Van Binsbergen (causa 33/74) 7, ha affermato che l'applicazione dell'art. 49 (ora art. 56 TFUE), subordinata durante il periodo transitorio all'entrata in vigore di direttive, non pi sottoposta, scaduto il predetto termine, ad alcuna condizione. Di conseguenza, premesso che detta disposizione implichi la soppressione di qualsiasi restrizione che vada a colpire il prestatore di un servizio in base alla sua nazionalit o alla sua residenza in uno Stato membro diverso da quello in cui il servizio stesso viene fornito, gli articoli del Trattato riguardanti norme sulla libera circolazione di servizi non possono ritardare o rifiutare l'inadempimento. In definitiva, la Corte di giustizia, posta di fronte al ritardo del Consiglio (e quindi degli Stati membri) nell'adozione delle direttive di liberalizzazione, ha inteso evitare che una delle libert economiche che sta alla base della Comunit, possa essere pregiudicata o frenata dall'inattivit degli Stati.

7 Causa avente ad oggetto una domanda di pronunzia pregiudiziale presentata alla Corte nella causa tra Johannes Henricus Maria van Binsbergen, residente a Beesel (Paesi Bassi) e Bestuur Van de Dedrijfsvereniging voor de Metaalnijverheid con sede all'Aja; domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE, relativi alla libera prestazione di servizi all'interno della comunit.

CAPITOLO 2
IL BILANCIAMENTO TRA TUTELA DEI DIRITTI SOCIALI FONDAMENTALI E LA LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI: LE SENTENZE VIKING E LAVAL
INTRODUZIONE Nel dicembre del 2007, la Corte di giustizia europea ha pronunciato due importanti sentenze riguardanti i casi Viking e Laval, molto simili, ma allo stesso tempo differenti. La diversit dei dispositivi dipende dalla diversit dei casi, e dalla circostanza che, mentre nel pi semplice caso Viking si interrogava la Corte sulla sola questione del conflitto tra un'azione collettiva di boicottaggio e la libert di stabilimento di una compagnia di navigazione finlandese, il pi complesso caso Laval coinvolgeva nel conflitto, tra lo sciopero dei lavoratori svedesi e la libert di prestare servizi di un'impresa lettone, delicate questioni di interpretazione del diritto svedese (la

cosiddetta Lex Britannia) nonch della Direttiva 96/71/CEE sul distacco transnazionale dei lavoratori. Malgrado la diversit dei dispositivi, ci che conta che in ambedue le sentenze la Corte si ritenuta competente ad effettuare il bilanciamento tra il diritto all'azione collettiva (sciopero e non solo: boicottaggio, sciopero di solidariet) e la libert di circolazione implicata (libera prestazione di servizi e libert di stabilimento), dettando cos ai giudici nazionali le regole su cui basare la valutazione della legittimit di un'azione collettiva alla luce del diritto comunitario. Il bilanciamento e il percorso attraverso il quale la Corte arriva a formularlo costituiscono l'oggetto di questo lavoro.

LA SENTENZA VIKING
Nella causa International Transport Workers Federation e Finish Seamens Union contro Viking Line APB e OU Viking Line Eesti (C-438/05), la Corte di giustizia ha affrontato un tema non solo di notevole complessit giuridica, ma anche di rilevante importanza sociale e politica. Infatti, la situazione che ha dato origine alla domanda di pronuncia pregiudiziale ha sollevato dei problemi giuridici particolarmente significativi poich concernenti l'effetto orizzontale delle disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione, ed in particolare sulla libert di stabilimento, nonch il rapporto fra i diritti sociali e quelli alla libera circolazione. Riassumendo in breve, l'impresa Viking Line, operatore finlandese di traghetti sulla rotta tra la Finlandia e l'Estonia, essendo costretta a subire la concorrenza degli operatori estoni, che sopportano costi del lavoro sensibilmente inferiori, aveva tentato di immatricolare nel mese di ottobre 2003 una delle proprie imbarcazioni (la Rosella, operante in perdita) in Estonia. Il cambiamento di bandiera avrebbe consentito alla Viking Line di concludere un contratto collettivo col sindacato estone, traendo cos vantaggio competitivo dalla possibilit di applicare retribuzioni e condizioni di lavoro inferiori rispetto a quelle garantite ai lavoratori finlandesi dal loro contratto collettivo. Oltre a rischiare il peggioramento del loro trattamento economico e normativo, i lavoratori temevano che, a seguito del cambiamento di bandiera, la Viking Line avrebbe licenziato parte dei lavoratori occupati sulla imbarcazione Rosella. L'azione di boicottaggio promossa dal sindacato finlandese Fsu (sostenuta dall'azione di solidariet della Itf, Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti, con sede a Londra in Gran Bretagna, cui la Fsu aderisce) aveva bloccato l'iniziativa della Viking Line, costringendola a raggiungere un accordo con la Fsu. Temendo che un nuovo tentativo di cambiare bandiera avrebbe innescato una nuova

azione di boicottaggio, la compagnia aveva dato avvio all'azione giudiziaria contro la Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti per impedirle di intraprendere nuove azioni di boicottaggio. Il ricorso in via pregiudiziale della Corte d'Appello civile dell'Inghilterra e del Galles alla Corte di giustizia europea ha dato avvio a questo caso. Nel rinvio pregiudiziale il giudice inglese ha posto alla Corte una serie di domande, delle quali la Corte di giustizia ha ritenuto ricevibili le seguenti: a) se rientri nell'ambito di applicazione dell'ex art. 43 Tce (ora art. 49 TFUE 8, riguardante la libert di stabilimento) un'azione collettiva promossa da un sindacato o da un'associazione di sindacati al fine di indurre un'impresa a sottoscrivere un contratto collettivo, il cui contenuto sia tale da dissuaderla ad esercitare la libert di stabilimento; b) se l'art. 43 conferisca ad un'impresa diritti opponibili ad un sindacato o ad un'associazione di sindacati; c) se un'azione collettiva del tipo detto sopra costituisca restrizione alla libert di stabilimento, e, in caso affermativo, in quale misura tale restrizione sia giustificata. Non era per scontato che il caso Viking dovesse coinvolgere la libert di circolazione tutelata dall'art. 49 TFUE, anzich la libert di cui all'art. 56 TFUE 9 (ex art. 49 Tce, riguardante la prestazione di servizi). La Viking Line infatti voleva esercitare il diritto alla libert di stabilimento (cio cambiare bandiera) per poi utilizzare, come impresa insediata in Estonia, il diritto alla libera prestazione di servizi, avvalendosi del vantaggio competitivo che le sarebbe derivato: intendeva infatti continuare a svolgere,
8 Ex articolo 43 del TCE : Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libert di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altres alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La libert di stabilimento importa l'accesso alle attivit autonome e al loro esercizio, nonch la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di societ ai sensi dell'articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali. 9 Ex articolo 49 del TCE: Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all'interno dell'Unione.

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sotto la bandiera estone, lo stesso servizio che svolgeva battendo bandiera finlandese. Il caso, quindi, proponeva non tanto la questione della distinzione tra le due libert, non sempre facile da tracciare, quanto piuttosto quella dell'uso distorto o addirittura fraudolento della libert di stabilimento10: questione questa che non ha neppure sfiorato la Corte, la quale, seguendo la traccia segnata dal rinvio pregiudiziale, ha impostato il caso Viking come coinvolgente solo la libert di stabilimento e le "restrizioni" al suo esercizio.

L'EFFETTO ORIZZONTALE DIRETTO DELL'ART. 43 TCE Le questioni di cui ai punti a) e b), vertendo entrambe sull'attribuzione dell'effetto orizzontale all'ex art. 43 Tce (ora art. 49 TFUE), possono essere esaminate insieme. Tali questioni propongono un interrogativo essenziale e preliminare alla soluzione della controversia: infatti l'azione collettiva posta in essere da soggetti privati (i sindacati) pu rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 49 TFUE solo se si attribuisce a tale disposizione l'effetto diretto orizzontale11. Mentre comunemente accettato che le norme comunitarie in materia di concorrenza (artt. 81 e 82 Tce, ora artt. 101 e 102 TFUE) abbiano effetto orizzontale diretto (e si applichino perci nei rapporti tra imprese private), il Trattato non chiarisce se gli artt. 49 e 56 TFUE tutelino i diritti dei soggetti attivi sul mercato limitando non solo i poteri delle autorit degli Stati membri (effetto verticale diretto), ma anche l'autonomia di altri soggetti non pubblici (e se dunque la libert di circolazione sia opponibile da un soggetto privato ad altro soggetto privato: effetto orizzontale diretto). Entrambi gli Avvocati generali hanno sposato la tesi dell'effetto orizzontale, pur essendo
10 Carabelli 2007, p. 102 ss. 11 L'azione collettiva potrebbe rientrare nello spettro dell'art. 49 TFUE anche escludendo l'effetto orizzontale; riportando le limitazioni della libert di stabilimento nell'ambito della responsabilit degli Stati membri, si eviterebbe quel confronto diretto tra l'azione collettiva e la libert economica di un soggetto privato che invece reso possibile dall'effetto orizzontale.

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consapevoli della natura di soggetti privati dei sindacati, e della difficolt di assimilare il contratto collettivo, il cui regime giuridico varia notevolmente nel diritto interno degli Stati membri, ad una normativa "generale"12. La Corte di giustizia ha tenuto conto nella sentenza Viking, dell'orientamento interpretativo degli Avvocati generali (e nella successiva sentenza Laval, punti 97 e 98 relativamente all'effetto orizzontale dell'art. 56 TFUE). Il risultato una soluzione che pu essere suddivisa in due momenti logici. Il primo momento l'affermazione dell'effetto orizzontale dell'art. 49 TFUE, che deriva dalla sua estensione agli atti di soggetti non pubblici; il secondo momento l'attuazione di un'azione collettiva tra gli atti di soggetti privati in grado di ostacolare l'esercizio delle libert di circolazione (di stabilimento, in questo caso): qui il complicato nodo da sciogliere quello di assimilare un'azione collettiva (che un comportamento, e dunque un fatto e non "una normativa" di carattere generale) alle azioni di soggetti privati dotate di effetti generali. La Corte afferma (punti 33-37) che gli artt. 39, 43 e 49 Tce (ora artt. 45, 49 e 56 TFUE) non disciplinano soltanto gli atti delle autorit pubbliche, ma si applicano anche alle normative di altra natura, dirette a disciplinare collettivamente il lavoro subordinato, il lavoro autonomo e le prestazioni di servizi: dunque, i contratti collettivi (in quanto normative generali) rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 49 TFUE. La Corte attribuisce insomma ai contratti collettivi natura di normativa generale, non solo prescindendo dalla considerazione del loro regime giuridico nel diritto interno, ma anche ignorando che nella Direttiva Servizi (Direttiva 2006/123 Ce, relativa ai servizi nel mercato interno, art. 4).

12 Secondo 1'Avvocato generale Poiares Maduro (conclusioni, punti 41 ss.), le norme sulla libera circolazione non possono sempre essere fatte valere in un procedimento che oppone due soggetti privati; esse tuttavia possono applicarsi alle azioni di soggetti privati, quando queste, per i loro effetti generali sui titolari dei diritti di libera circolazione, sono in grado di ostacolare l'esercizio di tali diritti, creando un ostacolo che essi non possono facilmente aggirare (conclusioni, punto 48).

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LE RESTRIZIONI ALLA LIBERT DI STABILIMENTO Risolta in senso positivo la questione preliminare dell'effetto orizzontale dell'art. 49, la Corte ha potuto affrontare la questione centrale (sub C): vale a dire se un'azione collettiva (come il boicottaggio posto in essere dalla Fsu, con la solidariet della Itf) costituisca "restrizione" alla libert di stabilimento, e, in caso affermativo, in quale misura tale restrizione sia giustificata. In primo luogo la Corte ha ricordato che la libert di stabilimento costituisce uno dei principi fondamentali della Comunit europea e che le norme del Trattato che la sanciscono, le quali hanno efficacia diretta, garantiscono il diritto di stabilirsi in un altro Stato membro, oltre che ai cittadini comunitari, anche alle societ. Inoltre, le disposizioni del Trattato relative alla libert di stabilimento, ovvero gli artt. 49-45 TFUE, mirano non solo ad assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, ma anche ad impedire che lo Stato membro di origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di unimpresa vietandogli di abbandonare il suo territorio13. In secondo luogo la Corte ha rilevato che la nozione di stabilimento implica lesercizio effettivo di unattivit economica mediante linsediamento in pianta stabile in un altro Stato membro per una durata di tempo indeterminata. Dal momento che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, limmatricolazione di una nave non pu essere scissa dallesercizio della libert di stabilimento, nellipotesi in cui la nave costituisca un mezzo per realizzare unattivit economica implicante un insediamento in pianta stabile nello Stato membro di immatricolazione, ne consegue che le condizioni prescritte per limmatricolazione di una nave non devono creare ostacoli alla libert di stabilimento e conseguentemente alla libert di prestazioni di servizi. Nella fattispecie si pu affermare che lazione collettiva progettata dalla Fsu ha leffetto di scoraggiare, se non di

13 Cfr. Sentenza 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail and General Trust, in Racc. pag. 5483.

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vanificare, lesercizio da parte della Viking e della sua controllata Viking Eesti della loro libert di stabilimento, impedendogli di beneficiare, nello Stato membro ospitante, del medesimo trattamento degli altri operatori economici stabiliti in tale Stato. Pertanto la Corte ha dichiarato che azioni come quelle in esame nella causa principale costituiscono restrizioni alla libert di stabilimento ai sensi dellart. 49 TFUE.

LA GIUSTIFICAZIONE DELLE RESTRIZIONI Una restrizione alla libert di stabilimento pu essere ammessa soltanto qualora persegua un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato e sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale. tuttavia anche necessario, in tali casi, che essa sia idonea a garantire la realizzazione dellobiettivo perseguito e che non vada al di l di ci che necessario per conseguirlo. La Itf sostiene che le restrizioni in discussione nella causa principale sarebbero giustificate, in quanto necessarie per garantire la tutela di un diritto fondamentale riconosciuto dal diritto comunitario, e che, avendo come obiettivo la tutela dei diritti dei lavoratori, costituirebbero una ragione imperativa di interesse generale. La Corte ha osservato che il diritto di intraprendere unazione collettiva che ha come scopo la tutela dei lavoratori costituisce un legittimo interesse in grado di giustificare, in linea di principio, una restrizione a una delle libert fondamentali garantite dal Trattato e che la tutela dei lavoratori rientra tra le ragioni imperative di interesse generale gi riconosciute dalla giurisprudenza. Si deve aggiungere che la Comunit ha il compito non solo di favorire la creazione di un mercato interno caratterizzato dalleliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali14 , ma anche di promuovere uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attivit economiche e un elevato livello di occupazione e di

14 Ex art. 3, n. 1, lett. c) e j), Tce.

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protezione sociale15. Poich dunque la Comunit non ha soltanto una finalit economica ma ha anche una finalit sociale, i diritti che derivano dalle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali devono essere bilanciati con gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale, tra i quali figurano, in particolare, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata [e] il dialogo sociale16. La Corte ha stabilito che, nel caso di specie, spetti al giudice del rinvio verificare se gli obiettivi perseguiti dalla Fsu e dalla Itf mediante lazione collettiva da esse intrapresa riguardassero la tutela dei lavoratori. Nel caso in cui, al termine di tale valutazione, giungesse alla conclusione che i posti o le condizioni di lavoro dei membri della Fsu che potevano essere lesi dal cambiamento di bandiera del Rosella erano realmente compromessi o seriamente minacciati, detto giudice dovr ancora verificare se lazione collettiva intrapresa da tale sindacato sia adeguata per garantire la realizzazione dellobiettivo perseguito e non vada al di l di ci che necessario per conseguirlo. Per quanto riguarda ladeguatezza delle azioni intraprese dalla Fsu per raggiungere gli obiettivi perseguiti nella causa principale, la Corte ricorda che pacifico che le azioni collettive, come le trattative ed i contratti collettivi, possono costituire, nelle specifiche circostanze di una controversia, uno dei mezzi principali attraverso cui i sindacati tutelano gli interessi dei loro membri17.
15 Ex art. 2 Tce. 16 Ex art. 136, primo comma, Tce. 17 Azioni collettive poste in essere dal Fsu, argomenta la Corte, possono costituire l'ultima risorsa a disposizione delle organizzazioni sindacali per condurre a buon fine le proprie rivendicazioni volte a disciplinare collettivamente il lavoro dei dipendenti della Viking, devono essere considerate inscindibilmente connesse al contratto collettivo. Pertanto, un'azione collettiva intrapresa da un sindacato o da un raggruppamento di sindacati nei confronti di un'impresa al fine di indurre quest'ultima a sottoscrivere un contratto collettivo il cui contenuto sia tale da dissuaderla dall'avvalersi della libert di stabilimento rientra, in linea di principio, nell'ambito applicativo dell'art. 43 Tce .

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Per ci che riguarda, invece, le azioni collettive finalizzate a garantire la realizzazione della politica perseguita dalla Itf, la Corte ha sottolineato che, se tale politica produce il risultato di impedire agli armatori di immatricolare le proprie navi in uno Stato diverso da quello di cui sono cittadini i proprietari effettivi delle navi stesse, le restrizioni alla libert di stabilimento derivanti da tali azioni non possono essere oggettivamente giustificate, pur avendo tale politica lobiettivo della tutela e del miglioramento delle condizioni di lavoro dei marittimi. La Corte ha quindi deciso di risolvere le questioni pregiudiziali dichiarando che lart. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che azioni collettive come quelle in esame nella causa principale, finalizzate a indurre unimpresa stabilita in un certo Stato membro a sottoscrivere un contratto collettivo di lavoro con un sindacato avente sede nello stesso Stato e ad applicare le clausole previste da tale contratto ai dipendenti di una societ controllata da tale impresa e stabilita in un altro Stato membro, costituiscono restrizioni ai sensi dellarticolo in parola.

LA SENTENZA LAVAL: I PUNTI IN COMUNE E LE DIFFERENZE RISPETTO ALLA SENTENZA VIKING.


La Corte di giustizia, a pochi giorni di distanza dalla sentenza Viking, si pronunciata su un caso che richiedeva nuovamente il bilanciamento fra lesercizio, da parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, del diritto di ricorrere allazione collettiva per la difesa degli interessi dei lavoratori e lesercizio, da parte di unimpresa avente sede nella Comunit, della libera prestazione dei servizi, libert fondamentale tutelata dal Trattato CE. La Corte, infatti, stata chiamata ad interpretare gli artt. 18 e 56 TFUE (ex artt. 12 e 49 Tce) e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996 (direttiva 96/71/CE) relativa al distacco dei lavoratori nel caso di una prestazione

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di servizi, in seguito alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta nellambito di una controversia tra, da un lato, la Laval un Partneri Ltd (Laval), una societ di diritto lettone avente sede sociale a Riga, e, dallaltro, la Svenska Byggnadsarbetarefrbundet, il sindacato svedese dei lavoratori del settore delle costruzioni e dei lavori pubblici (Byggnads), la Svenska Byggnadsarbetarefrbundet avdelning 1, Byggettan, la sezione sindacale n. 1 di tale sindacato (Byggettan), nonch la Svenska Elektrikerfrbundet, ovvero il sindacato svedese dei lavoratori del settore elettrico (Elektrikerna). Il 7 dicembre 2004 la Laval ha presentato dinanzi allArbetsdomstolen 18 un ricorso per ottenere, in primo luogo, la dichiarazione dellillegittimit sia dellazione collettiva della Byggnads, che ha colpito tutti i cantieri della Laval, sia dellazione di solidariet della Elektrikerna relativa al blocco dei lavori; in secondo luogo, che fosse ordinato di cessare tali azioni; infine, per la condanna delle organizzazioni sindacali al risarcimento del danno ad essa causato. Ritenendo che la valutazione della legittimit dellazione collettiva oggetto della causa principale ponesse questioni di interpretazione del diritto comunitario, in particolare gli artt. 12 e 49 Tce (ora artt. 18 e 56 TFUE), oltre alla Direttiva 96/71, (riteneva infatti che le organizzazioni sindacali tentassero, con unazione collettiva, di indurre unimpresa straniera che distacca lavoratori in Svezia ad applicare un contratto collettivo svedese) lArbetsdomstolen ha deciso, in data 29 aprile 2005, di sospendere il procedimento e di rivolgersi alla Corte per sottoporle due questioni pregiudiziali. Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiedeva se il fatto che talune organizzazioni sindacali tentino, con unazione collettiva in forma di blocco, di indurre un prestatore di servizi straniero a sottoscrivere, nello Stato membro ospitante, un contratto collettivo relativo alle condizioni di lavoro e di occupazione (come il contratto

18 Corte del lavoro di Stoccolma.

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collettivo delledilizia), sia compatibile con le norme dell'ormai ex Trattato CE sulla libera prestazione dei servizi e sul divieto di ogni discriminazione in base alla nazionalit, oltre che con la direttiva 96/71. Nel risolvere la sopracitata questione pregiudiziale, la Corte ha innanzitutto determinato le disposizioni del diritto comunitario applicabili alla vicenda di cui alla causa principale. Dal momento che lart. 12 Trattato CE (ora art. 18 TFUE), che sancisce il principio generale del divieto di discriminazione in base alla nazionalit, tende ad applicarsi autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto comunitario per le quali il Trattato non stabilisce norme specifiche di non discriminazione e che, per quanto riguarda la libera prestazione dei servizi, tale principio stato attuato e realizzato dallart. 49 Tce (ora art. 56 TFUE), la Corte non ha ritenuto necessario pronunciarsi in relazione allart. 12 Tce. La prima questione stata, quindi, esaminata solo sulla base delle disposizioni della direttiva 96/71, interpretate alla luce dellart. 49 Tce. Essa ha ribadito che il carattere fondamentale del diritto di intraprendere unazione collettiva non tale da sottrarre unazione come quella oggetto della causa principale, avviata nei confronti di unimpresa stabilita in un altro Stato membro, che distacca lavoratori nel caso di una prestazione di servizi transnazionale, allambito di applicazione del diritto comunitario. Inoltre la Corte ha ricordato, da un lato, che lart. 49 Tce, nella parte in cui prevede leliminazione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi derivanti dal fatto che il prestatore sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui deve essere fornita la prestazione, divenuto direttamente applicabile negli ordinamenti giuridici degli Stati membri al termine del periodo transitorio e conferisce ai singoli diritti che gli stessi possono far valere in giudizio e che i giudici nazionali devono tutelare. Dallaltro ha ribadito che il rispetto dellart. 49 del Tce si impone anche alle normative di natura non pubblica dirette a disciplinare collettivamente le prestazioni di servizi.

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La Corte ha poi rilevato che, per ci che riguarda la causa principale, il diritto delle organizzazioni sindacali di uno Stato membro di intraprendere azioni collettive mediante le quali le imprese stabilite in altri Stati membri possono essere obbligate a sottoscrivere un contratto collettivo delledilizia, in grado di scoraggiare o rendere pi difficile per tali imprese lesecuzione di lavori di costruzione sul territorio svedese, e costituisce pertanto una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dellart. 49 Tce. Una restrizione alla libera prestazione di servizi, essendo questa una delle libert fondamentali della Comunit, pu essere ammessa soltanto se persegue un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato ed giustificata da ragioni imperative di interesse generale, e, in tal caso, purch sia idonea a garantire la realizzazione dellobiettivo perseguito e non vada al di l di ci che necessario per raggiungerlo. A dispetto di ci che hanno sostenuto le organizzazioni sindacali convenute nella causa principale, ovvero che le restrizioni in esame sono giustificate in quanto necessarie per garantire la tutela di un diritto fondamentale riconosciuto dal diritto comunitario, e che le stesse hanno come obiettivo la protezione dei lavoratori, una ragione imperativa di interesse generale, la Corte ha affermato che non possono essere giustificate alla luce dellobiettivo di interesse generale, n quelle azioni collettive che mirano ad imporre ad unimpresa stabilita in un altro Stato membro una trattativa salariale inserita in un contesto nazionale caratterizzato dallassenza di disposizioni sufficientemente precise e accessibili da non rendere possibile la determinazione, da parte di tale impresa, degli obblighi cui dovrebbe conformarsi in materia di minimi salariali, n quelle che hanno come obiettivo la sottoscrizione di un contratto collettivo delledilizia da parte delle imprese stabilite in altri Stati membri i cui obblighi specifici costituiscono un ostacolo alla libera prestazione di servizi, poich il datore di lavoro dei lavoratori distaccati nellambito di una prestazione di servizi transnazionale tenuto, grazie al

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coordinamento realizzato dalla direttiva 96/71, a rispettare un nucleo di norme imperative di protezione minima nello Stato membro ospitante. La Corte di giustizia ha quindi deciso di risolvere la prima questione pregiudiziale riconoscendo che gli artt. 49 Tce e 3 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE (relativa al distacco dei lavoratori nellambito di una prestazione di servizi) devono essere interpretati nel senso che si oppongono al fatto che in uno Stato membro, in cui le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie di cui allart. 3, n. 1, primo comma, lett. a)-g) della stessa direttiva sono contenute in norme legislative (ad eccezione dei minimi salariali), unorganizzazione sindacale possa, mediante unazione collettiva sotto forma di blocco dei cantieri come quella in esame nella causa principale, tentare di indurre un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro ad avviare con essa una trattativa sulle retribuzioni da pagare ai lavoratori distaccati, nonch a sottoscrivere un contratto collettivo del quale talune clausole stabiliscono, per alcune di tali materie, condizioni pi favorevoli di quelle che derivano dalle disposizioni legislative vigenti. Con la seconda questione pregiudiziale, invece, il giudice del rinvio chiedeva, in sostanza, se gli artt. 49 e 50 Tce (art. 56 e 57 TFUE) ostino a che, in uno Stato membro, il divieto imposto alle organizzazioni sindacali di intraprendere unazione collettiva allo scopo di abrogare o modificare un contratto collettivo concluso da parte di terzi sia subordinato al fatto che lazione riguardi condizioni di lavoro e di occupazione alle quali si applica direttamente la legge nazionale. Ci comporta, per unimpresa che distacca lavoratori in tale Stato membro nellambito di una prestazione di servizi e che vincolata da un contratto collettivo regolato dal diritto di un altro Stato membro, limpossibilit di far valere detto divieto nei confronti di tali organizzazioni. Ai sensi della legge nazionale svedese, il prestatore di servizi non ha il diritto di pretendere, nello Stato membro in cui svolge la propria prestazione, che siano tenuti in

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conto gli obblighi derivanti dai contratti collettivi ai quali esso gi soggetto nello Stato membro in cui stabilito: la conseguenza di tale sistema che le azioni collettive sono autorizzate nei confronti delle imprese vincolate da un contratto collettivo soggetto alla legge di un altro Stato membro cos come lo sono nei confronti di quelle che non sono vincolate da alcun contratto collettivo. La Corte ha ricordato, non solo che la libera prestazione di servizi implica leliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore in ragione della sua nazionalit o del fatto che il prestatore sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello nel quale la prestazione deve essere fornita, ma anche che una discriminazione pu consistere solo nellapplicazione di norme diverse a situazioni analoghe, o nellapplicazione della stessa norma a situazioni diverse. Quindi la disciplina nazionale svedese, non tenendo conto dei contratti collettivi ai quali le imprese che distaccano lavoratori in Svezia sono gi vincolate nello Stato membro in cui sono stabilite, crea una discriminazione nei confronti di tali imprese poich applica loro il medesimo trattamento riservato alle imprese nazionali che non hanno concluso un contratto collettivo. Tale discriminazione non pu, secondo la Corte, essere giustificata, dal momento che nessuno degli scopi perseguiti dalla legge nazionale svedese in esame nella causa principale riconducibile a ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica, ovvero gli unici casi in cui si possono tollerare norme discriminatorie, ai sensi dellart. 46 Tce (ora art. 52 TFUE). Per i suddetti motivi la Corte ha risolto la seconda questione pregiudiziale dichiarando che gli artt. 49 e 50 del Trattato CE ostano a che, in uno Stato membro, il divieto imposto alle organizzazioni sindacali di intraprendere unazione collettiva allo scopo di abrogare o modificare un contratto collettivo concluso da parte di terzi sia subordinato al fatto che lazione riguardi condizioni di lavoro e di occupazione alle quali si applica direttamente la legge nazionale.

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LE QUESTIONI GIURIDICHE AFFRONTATE DALLA CORTE NELLA SENTENZA LAVAL Nella sentenza la Corte di giustizia affronta, relativamente alla libera circolazione dei servizi, le questioni teoriche esaminate anche nella sentenza Viking in riferimento alla libert di stabilimento: leffetto diretto orizzontale dellart. 49 Tce (art. 56 TFUE) e la riconducibilit dellazione collettiva nel campo di applicazione dellart. 49 Tce; lazione collettiva come restrizione alla libert di circolazione dei servizi; il diritto di azione collettiva come diritto fondamentale riconosciuto dallUnione europea; il bilanciamento tra due diritti, entrambi fondamentali; la giustificazione della restrizione alla libert di circolazione, basata sulla legittimit dellobiettivo e sulla proporzionalit dellazione. Pare opportuno, invece, analizzare i punti in cui la sentenza in questione si differenzia dalla sentenza Viking. Per risolvere le questioni pregiudiziali a lei sottoposte, la Corte entra nel merito della valutazione degli obiettivi e della proporzionalit dellazione collettiva intrapresa dai sindacati svedesi, collegando strettamente tale valutazione allinterpretazione delle disposizioni della direttiva 96/71/CE. La direttiva inserisce il contratto collettivo, dotato di efficacia generale, tra le fonti di disciplina delle condizioni economiche e normative da applicare ai lavoratori distaccati nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale: ma nellordinamento svedese il contratto collettivo non ha efficacia generale, ed invece affidato allazione collettiva il compito di assicurarne di fatto lapplicazione. Per quanto attiene alle imprese edili, come nel caso in questione, tale sistema richiede una trattativa caso per caso sul luogo di lavoro, tenendo conto della qualifica e delle mansioni dei dipendenti interessati. Secondo la Corte, questa trattativa caso per caso non pu essere imposta, sulla base della direttiva 96/71, alle imprese stabilite in altri Stati membri per due ragioni: in primo

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luogo perch un tale sistema di negoziazione renderebbe in pratica impossibile la determinazione, da parte del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro, degli obblighi cui dovrebbe conformarsi in materia di minimi salariali; in secondo luogo perch la Corte ritiene che la protezione minima, di cui allart. 3, n. 1, della direttiva 96/71, abbia la funzione di riconoscere ai lavoratori distaccati migliori condizioni di lavoro ed occupazione, quando il livello di protezione nello Stato membro di origine inferiore al livello di protezione minima salariale riconosciuto nello Stato membro ospitante, ma lart. 3, n. 7, di tale direttiva non pu essere interpretato nel senso che esso consentirebbe allo Stato membro ospitante di subordinare la realizzazione di una prestazione di servizi sul suo territorio al rispetto di condizioni di lavoro e di occupazione che vadano al di l delle norme imperative di protezione minima19. Quindi la Corte conclude affermando che si deve respingere la pretesa dei sindacati di imporre alla Laval la sottoscrizione di un contratto collettivo pi favorevole al minimo previsto dallart. 3, n. 1, primo comma, lett. a)-g) della direttiva 96/71/CE.

19 Talune clausole del contratto collettivo delledilizia, che i sindacati svedesi volevano imporre alla Laval, prevedevano, condizioni pi favorevoli (orari di lavoro e ferie annuali) di quelle previste dalle leggi svedesi che fissano le condizioni di lavoro ed occupazione applicabili ai lavoratori distaccati nelle materie di cui allart. 3, n. 1, della direttiva 96/71. (Si veda Lavoro e diritto, anno XXII, n. 2, 2008: M. V. Ballestrero, Le sentenze Viking e Laval: la Corte di giustizia bilancia il diritto di sciopero, Bologna, pag. 386).

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CAPITOLO 3
IL BILANCIAMENTO TRA LIBERT ECONOMICHE E DIRITTI SOCIALI E LA CONTINUIT DELLA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA.
Linclusione nel Trattato CE degli obiettivi di politica sociale e di quello della realizzazione di un mercato comune in grado di funzionare correttamente indica lintenzione della Comunit europea di perseguirli entrambi contemporaneamente. in seguito alla costruzione giurisprudenziale, ad opera della Corte di giustizia, dei diritti fondamentali, innanzitutto delle libert economiche, che si proceduto allaffermazione di tali diritti sociali: la Corte ha prodotto un positivo effetto di tutela di alcuni diritti sociali, se pur in via mediata e indiretta, facendo leva da un lato sulle libert economiche e dallaltro sui divieti di discriminazione20. Il perseguimento di entrambi gli obiettivi sopra citati da parte della Comunit pu determinare un bilanciamento tra diritti sociali e libert economiche: proprio tale questione che la Corte ha affrontato nelle sentenze Viking e Laval. possibile sintetizzare le molteplici questioni sottoposte allesame della Corte nei casi Viking e Laval nel seguente quesito: pu lesercizio di un diritto sociale nazionale (lo sciopero) limitare quello di una libert economica (la libert di stabilimento nel caso Viking, la libera prestazione di servizi nel caso Laval)? La risposta fornita dalla Corte che i diritti sociali possono prevalere sulle libert economiche, costituendone un legittimo ostacolo, ma solo nella misura in cui il loro esercizio nella concreta fattispecie rispetti il canone della proporzionalit, ovvero nella misura in cui le azioni collettive, cos come ogni altra restrizione opposta ad ogni altra libert economica, perseguano un obiettivo di interesse generale, siano adeguate a

20 Ex art. 13 Tce.

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garantire la realizzazione del medesimo e non eccedano quanto necessario per raggiungerlo. Lelemento che unisce i casi Laval e Viking quindi il rapporto tra un diritto sociale (di sciopero e di azione collettiva dei sindacati) e le libert fondamentali del Trattato, quali il diritto di stabilimento e la libera prestazione dei servizi. Ma largomento centrale di queste sentenze che la Corte, nellaffrontare il conflitto tra le norme in materia di protezione sociale e lesercizio transfrontaliero di libert economiche, ha fornito una lettura del tutto sbilanciata a favore di quest'ultimo, restringendo il campo dazione delle libert sindacali per evitare che costituiscano un limite ai datori di lavoro. Questa decisione della Corte, stata oggetto di critiche in particolare da parte della dottrina giuslavorista, che ha assistito ad una progressiva erosione sia a livello comunitario che nazionale delle norme a protezione dei lavoratori. Ma il percorso argomentativo posto in essere dalla Corte, non da considerarsi del tutto nuovo o rivoluzionario. Esso infatti si pone in linea di continuit con il principio della prevalenza delle ragioni di mercato a scapito dei diritti sociali fondamentali, che sta alla base di tutto il processo di integrazione europea . A dimostrazione di ci, la protezione dei diritti sociali nel contesto comunitaria stata istituita nel 1992 con il Trattato di Maastricht, a differenza delle libert economiche che hanno rappresentato le ragioni dinizio del processo di integrazione. Anche se tale orientamento del tutto contrastante e differente con la struttura degli ordinamenti interni, esso non appare affatto illegittimo. La Corte infatti non ha fatto altro che ribadire uno dei principi cardine dellUnione europea, ovvero lassoluta autonomia dellordinamento giuridico comunitario rispetto a quello degli Stati membri. Lordinamento comunitario infatti si costituito fin dallinizio come unorganizzazione internazionale, dotata di poteri, che si sono progressivamente ampliati e di cui gli atti

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prodotti hanno una forza giuridica tale da avere un impatto diretto sui singoli, siano essi persone fisiche o giuridiche, allinterno degli Stati membri. La Corte interpreta i Trattati sentendosi del tutto svincolata dalle norme dei singoli Stati, svolgendo una funzione dimpulso, di evoluzione e creativa del diritto, con un ruolo equiparabile a quello del giudice nei sistemi di common law.

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BIBLIOGRAFIA
BALLESTRERO Maria Vittoria, Le sentenze Viking e Laval: la Corte di giustizia bilancia il diritto di sciopero, in Lavoro e diritto, anno XXII, n. 2, 2008, Bologna, il Mulino, pagg. 371-391; CARABELLI Umberto, Note critiche a margine delle sentenze della Corte di giustizia nei casi Viking e Laval, in Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali, n. 117, anno XXX, 2008, 1, Milano, Franco Angeli, pagg. 147-166; CARABELLI Umberto, Una sfida determinante per il futuro dei diritti sociali in Europa: la tutela dei lavoratori di fronte alla libert di prestazione dei servizi nella CE, Massimo DAntona. INT 49/2006; CARABELLI Umberto, Unione europea e libert economiche sociofaghe (ovvero, quando le libert di circolazione dei servizi e di stabilimento si alimentano del dumping sociale)* , pagg. 1-30; CARUSO Bruno, I diritti sociali nello spazio sovranazionale e nazionale: indifferenza, conflitto o integrazione? (prime riflessioni a ridosso dei casi Laval e Viking), Massimo DAntona. INT 61/2008; CORTI Matteo, Le decisioni ITF e Laval della Corte di Giustizia: un passo avanti e due indietro per lEuropa sociale, in Rivista italiana di diritto del lavoro, anno XXVII 2008, n. 2, Milano, Giuffr Editore, pagg. 249-286; LO FARO Antonio, Diritti sociali e libert economiche del mercato interno: considerazioni minime in margine ai casi Laval e Viking, in Lavoro e diritto, anno XXII, n. 1, 2008, Bologna, il Mulino, pagg. 63-93; STROZZI Girolamo, Diritto dell'Unione Europea. Parte speciale, Terza edizione, Torino, Giappichelli, 2010, pagg. 217-271;

ATTI COMUNITARI
Conclusioni dellavvocato generale Poiares Maduro, presentate il 23 maggio 2007, causa C-438/05, Viking, in Racc. 2007, pag. I-10779; Conclusioni dellavvocato generale Mengozzi, presentate il 23 maggio 2007, causa C-341/05, Laval, in Racc. 2007, pag. I-11767; Direttiva 96/71/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1996 27

relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, Gazzetta Ufficiale L 18 del 21.1.1997, pagg. 16; Versione consolidata del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea ; Regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio del 22 dicembre 1986 che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati Membri e tra Stati membri e paesi terzi, Gazzetta Ufficiale L 378 del 31.12.1986, pagg. 13; Sentenza 18 dicembre 2007, causa C-341/05, Laval, in Racc. 2007, pag. 1- 11767; Sentenza 11 dicembre 2007, causa C-348/05, Viking, in Racc. 2007, pag. 1- 10779; Sentenza 3 dicembre 1974 , causa 33/74, Van Binsbergen; Sentenza 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail and General Trust, in Racc. pag. 5483;

SITOGRAFIA
http://eur-lex.europa.eu/it/index.htm http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/wp/wp_int.htm

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