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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 36 anno II
13 ottobre 2010

edizione stampabile

Editoriale LBG - E BERTOLASO: IL GATTO E LA VOLPE Dal Palazzo Laura Censi - : FORSE CHE S FORSE CHE NO Dallarcipelago - Marco Cipriano - GIUNTA FALLIMENTARE Cultura - Michel Dingenuts - : DIALOGO IMMAGINARIO Citt Mario De Gaspari - E LIGRESTI Urbanistica Andreas Kipar - FERROVIA VERDE ATTORNO A MILANO? Economia - Giovanna Menicatti - SOCIALE E CAPITALE FINANZIARIO Primo Piano Sandro Antoniazzi - PROPOSTA CHE PU CAMBIARE MILANO Lettera Giuseppe Ucciero - BALENA ROSSA NEL GRAN MARE DELLE PRIMARIE Metropoli Sara Bonanomi - IL TERRITORIO: LEX CEMENTIFICIO DI ALZANO LOMBARDO Video CORRITORE: PERCH HO SCELTO PISAPIA e LE DOMANDE DI ARCIPELAGO AI CANDIDATI ALLE PRIMARIE Che ne facciamo della Citta Metropolitana? rispondono Stefano Boeri Valerio Onida Giuliano Pisapia Michele Sacerdoti
MUSICA CHOPIN Notturno n 20 Daniel Barenboim

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Viola ARTE a cura di Colombo TEATRO e CINEMA a cura di Murroni

Editoriale MORATTI E BERTOLASO: IL GATTO E LA VOLPE LBG


Ormai non resta che armarsi di fatalismo e, secondo le fedi di ciascuno, raccomandarsi al proprio Dio. Lultima esondazione del Seveso, come tutte le disgrazie del nostro Paese ha scoperchiato la pentola delle inefficienze e dellassoluta impreparazione della classe politica che ci governa. Son pi di cinquantanni che il Seveso inonda Milano, possiamo dire quasi dalla fine della seconda guerra mondiale e ci voleva poco a capire che la situazione sarebbe peggiorata di anno in anno, mano a mano che lurbanizzazione delle campagne rendeva sempre pi impermeabili i terreni del contado, tra costruzioni, asfaltature e abbandono della campagna. Ogni anno peggio e pure ci si messo il clima, ma anche questo lo si era capito guardando le statistiche sulla meteorologia, che le precipitazioni stavano diventando meno frequenti ma di intensit ben maggiore. Ne avevo discusso ormai quattro anni orsono col direttore dellOsservatorio di Milano. Ma questa volta si davvero superata ogni peggior previsione con linondazione delle linee della Metropolitana. Due fatti si sono sommati, la trascuratezza di sempre rispetto al problema in s e limperizia, per essere gentili, dellimpresa cui sono affidati i lavori della nuova linea lungo Viale Zara. Qualunque direttore di cantiere, conoscendo la citt e il fenomeno delle esondazioni del Seveso e avendo un cantiere a rischio come quello di Viale Zara, avrebbe approntato difese per evitare che lo scavo a cielo aperto diventasse limbuto nel quale si sarebbe infilata lacqua esondata: il fatto che alcune scale di accesso alla MM in quella zona abbiano un gradino che le solleva dal marciapiede avrebbe dovuto mettere comunque in allarme anche i pi sprovveduti. Invece non andata cos e lacqua ha invaso le gallerie della MM, pare anche attraverso un passaggio che non avrebbe dovuto esserci. Che morale possiamo trarre dalla vicenda? Pi duna. Tanto per cominciare dovremmo ripristinare una figura abolita anni orsono perch ritenuta ingombrante e, se competente, non manovrabile: si chiamava ingeniere capo. Era il tecnico che soprassedeva al funzionamento della citt. Altrove lo chiamano city manager e ha competenze sia tecniche che organizzative ma noi invece a quel nome facciamo corrispondere un personaggio dai connotati prevalentemente amministrativi: Paese di burocrati. Tanto per proseguire diciamo che questo uno dei problemi che richiede un minimo di concertazione con i Comuni contermini e a questa prassi alla nostra amministrazione fa ribrezzo in particolare visto che lopera necessaria, uno scolmatore che passa sotto Milano, nella migliore delle ipotesi un amministratore riesce solo a posare la prima pietra e deve lasciare ai successori linaugurazione: e questa ipotesi lontana non interessa ai nostri tagliatori di nastri. Per finire, unosservazione economica: la MM non ha ancora chiuso il conto dei danni che pare superino i 40 milioni di euro, pi di met del costo originario dello scolmatore, e aggiungiamo unosservazione di costume: il governo ha dato vita e fortemente potenziato questo curioso oggetto che si chiama Dipartimento della Protezione Civile, una struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Io ne ridurrei il mandato all essenziale: il primo soccorso in caso di calamit. Vedrei invece con grande favore listituzione di un Dipartimento della Prevenzione Civile, qualcuno che provveda a tenere in ordine il Paese e che prevenga, per quel che umanamente possibile, grandi e piccole catastrofi naturali. Il sindaco Moratti, col solito ritardo, si addolorata per laccaduto ed ha promesso tutto il suo impegno risolvere il problema: lei la solving lady, e lo sappiamo (traffico, ecopass, darsena, casa ecc. ecc.). Vorrei ricordarle che non ci sono solo i danni della MM ma le centinaia di cantine e box ormai inutilizzabili e quindi con perdita di valore, e le suppellettili e le merci che vanno a ramengo. Una sola cosa non vorremmo, anche se non abbiamo scioccamente sepolto come Pinocchio gli zecchini ma paghiamo le tasse: non vogliamo il gatto e la volpe, Letizia Moratti e Guido Bertolaso. Oltre al Seveso le beffe.

Dal Palazzo BOERI: FORSE CHE S FORSE CHE NO Laura Censi


In base ad un attento esame del programma dei candidati sindaci di Milano vorrei metterne in luce gli aspetti pi importanti e le eventuali differenze. Stefano Boeri dimostra un po dimprovvisazione nel progetto, che assomiglia quasi a un manifesto pubblicitario in cui compare come un mantra la parola giovani, ripetuta ossessivamente, per farli diventare gli unici interlocutori e destinatari del suo messaggio. Una citt per i giovani, mettere i giovani in condizione di partecipare, costruire spazi pubblici e una movida per i giovani, costruire loft per i giovani, dare opportunit di lavoro nel campo dei servizi ai giovani, dare la direzione delle istituzioni culturali ai giovaniecc. Lintento principale presente nel messaggio sembra essere anche quello di costruire: costruire in spazi pubblici,nelle piazze e nelle strade del centro , costruire loft, servizi per arredi urbani, servizi per la cultura ecc ecc,ma questo di cui ha bisogno la citt? Sono questi i bisogni primari dei cittadini? Di tutti, e non solo dei giovani? E le periferie, il degrado urbano, i trasporti, l inquinamento, la cementificazione che sta devastando interi quartieri con edifici di 20-30 piani senza una reale utenza, ma frutto di un PGT dissennato pensato a vantaggio di speculatori privati in odore di mafia? Per non parlare degli edifici scolastici fatiscenti, delle periodiche e mai risolte esondazioni del Seveso, dei lavori di scavo di parcheggi del tutto inutili, che porteranno altre auto in citt, con enormi disagi per i cittadini per anni costretti a convivere a tempo pieno in cantieri aperti a tempo indeterminato? Non sarebbe meglio pen-

sare Milano nellottica del cittadino,(non solo giovane) , che ha bisogno di viverla in spazi verdi attrezzati in cui ricreare lo spirito,far giocare i bambini,trovare occasioni di socializzazione? Non sarebbe meglio non concepire edifici nuovi solo in altezza che disumanizzano i quartieri sfavorendo lintegrazione? (come dice bene don Rigoldi che conosce anche la realt dei Rom). Non si potrebbe metter mano alla riqualificazione delle periferie, cos squallide, connettendole al centro con trasporti adeguati e con affitti a equo canone, senza intasare Milano di nuovi mostri architettonici? Gi sulle periferie avrei voluto sentire i candidati soffermarsi con idee precise e di qualit in base ai tanti progetti di docenti del Politecnico che sulla Grande Milanohanno pubblicato e tenuto conferenze e dibattiti. Pisapia, per aiutare chi ha difficolt a

trovar casa a prezzi equi, parla di edilizia pubblica in affitto, e di riconversione in alloggi degli spazi commerciali vuoti. Sarebbe gi una buona idea, per non parlare delle aree dismesse, concepite non come ulteriori zone per nuove speculazioni edilizie, ma in funzione dei cittadini, con luoghi di aggregazione per giovani e anziani. Mi sembra che su questo punto Pisapia si sia dimostrato molto sensibile e propositivo. Si soffermato anche sul controllo degli appalti e sulla trasparenza dei bilanci pubblici, su cui la Moratti e il suo gruppo sono stati molto carenti. E lExpo, si far o non si far? Tutti lo vogliono, mi pare, ma nessuno mi sembra avere le idee chiare. Anche Petrini ha detto come dovrebbe essere concepito, insieme alla realizzazione di un parco agricolo nellarea Sud, subito sostenuto da Boeri, che ne ha fatto oggetto di studio con un proget-

to di agricoltura sostenibile a servizio dei cittadini.anche se lultima notizia, viste le difficolt economiche per lacquisizione dei terreni, sia quella di utilizzare la zona dell Ortomercato. Comunque anche sulla scuola i candidati si stanno giocando la reputazione, perch con la cultura e la formazione dei cittadini di domani che si potranno formare delle nuove classi dirigenti allaltezza di un mondo globale. Cosa ne pensi Onida sar materia di un altro capitolo.

DallArcipelago UNA GIUNTA FALLIMENTARE Marco Cipriano


Dopo i cinque anni della Moratti, e gli oltre quindici anni del centro destra, il malcontento assai diffuso nella citt e riguarda diversi strati sociali, culturali e generazionali. Per questo indispensabile mettere in capo unofferta politica che non sia solo quella dellopposizione contro ma per una Milano diversa. Si dice partire dai contenuti per realizzare un programma alternativo, senza restare prigionieri delle logiche di schieramento e di equilibri politici. La scelta del candidato decisiva ma non deve essere pregiudiziale, al fine di realizzare un percorso che porti ad aggregare tutte le energie migliori di questa citt. Gli ultimi atti della Giunta Moratti rappresentano il compendio di un fallimento che sta nel DNA della maggioranza che la sostiene. Expo, Piano del governo del Territorio, mobilit, casa, lotta allinquinamento, servizi ai cittadini, accoglienza, gestione del patrimonio municipale e persino moralit, rappresentano solo linizio di un lungo elenco di errori, incapacit manchevolezze, in una parola fallimento. Le primarie sono una grande occasione per mobilitare le persone che vogliono partecipare, legittimo e doveroso scegliere uno tra i candidati in lizza (personalmente la mia preferenza va a Pisapia per affinit politica e non solo) ma non devono trasformarsi in una competizione tutta dentro il centrosinistra, per affermare una sorta di rendita di posizioneda far pesare nella coalizione. Sarebbe un grave errore pensare che una volta fatte le primarie, si chiude il cerchio e si parte per la campagna elettorale. Le forze politiche del centrosinistra da sole non bastano, per battere il centrodestra necessario il valore aggiunto di chi, pur non appartenendo al campo della sinistra, vuole unalternativa alla Moratti.In oltre bisogna evitare la contrapposizione tra la societ civile e i partiti, cercando di costruire una relazione virtuosa. Per questo occorre mettere al centro i programmi, queste sono elezioni amministrative e i cittadini vogliono sapere come sar la loro citt. Enecessario stabilire delle priorit e indicare con chiarezza le soluzioni, faccio un solo esempio: il tema della mobilit. Milano ormai al collasso, con gravi danni alla salute, alleconomia e persino alla libert delle persone. Per risolvere il problema del traffico non basta lEcopass, ci vuole unaltra idea di governo del territorio che il PGT della Moratti non ha. Per candidarsi a governare la citt bisogna cercare di aprire, allargare, sollecitare un confronto a tutto campo con la citt, per raccogliere altre energie, altre risorse sui temi cruciali del Governo di Milano: territorio, infrastrutture, municipalit, servizi. Con una visione metropolitana che coinvolga da subito anche i cittadini della Grande Milano, a partire dai loro rappresentanti. Oggi pi che mai possibile battere il centrodestra a Milano (elezioni politiche permettendo ?), necessaria una credibile alternativa capace di risvegliare lorgoglio meneghino che ha fatto di Milano la la capitale morale dItalia. La sfida da vincere non quella di sostituire un ceto politico con un altro, bens quella di scommettere sulla citt futura, quella dei bambini di oggi che saranno adulti domani. Milano ha perso 500 mila abitanti in 10 anni, unica metropoli al mondo, oggi una citt vecchia, occorre dare la possibilit ai giovani di oggi di vivere in questa citt senza indebitare le future generazioni. Milano non la citt che abbiamo ereditato dai nostri padri ma labbiamo in prestito per i nostri figli.

Cultura FINI: DIALOGO IMMAGINARIO Michel Dingenuts


Ingegner Da Rotoli, lei che ricercatore presso la pi importante agenzia di ricerche di mercato in Italia, cosa pensa delle statistiche sulle prospettive di Fini? Sicuramente ha delle buone possibilit di conquistare il mercato italiano, almeno per quanto riguarda il basso range. Cio, gli operai, il sottoproletariato? Non mi occupo delle definizioni, le nostre ricerche indicano basso range e io le dico basso range. Forse sono quelli indicati da lei, e forse sono i consumatori sotto il metro e sessanta. Io sono un matematico. Sa, una cosa raccogliere i dati, un'altra interpretarli. Certo, e quindi i cittadini di basso range sceglieranno Fini. S, oppure Rana, la concorrenza. Rana? Di nome? Giovanni. I suoi tortellini sono molto pubblicizzati. Con zucca, ripieni di spinaci e ricotta, oppure con i funghi porcini. Nel settore dei ripieni ai funghi porcini sicuramente leader nel mercato. Basta aggiungere un po' di olio. Io invece volevo chiederle qualcosa sulle vostre ricerche sull'elettorato milanese di destra. Non abbiamo fatto ricerche su questo argomento. Attualmente il ministero ci ha chiesto di indagare sul gruppo di adolescenti tra i 12 e i 15 anni, in particolar modo sul consumo di fette biscottate e gli effetti della pubblicit televisiva sul loro comportamento. E le posso assicurare che preferiscono il muesli alle fette biscottate, soprattutto le marche che offrono gadget in omaggio. Ma non votano i dodicenni. Ancora no, ma mangiano per, eccome. I miei figli consumano una gran quantit di biscotti e cereali. Ma vorrei sapere come va a finire, i Finiani a Milano possono spezzare l'equilibrio politico nelle prossime elezioni? Equilibrio? Sa la percentuale di anziani che riporta lesioni sopravvenute tra le pareti domestiche dopo una caduta? Ma a me non interessano le lesioni, se non cambiano il voto. Perch lei pensa solo alla politica, che noia la politica. La scienza ci pu rivelare aspetti molto pi interessanti della vita quotidiana rispetto alla politica, che fatta soprattutto di parole. Ma c' di pi del quotidiano. Ci sono le idee. Scommetto che lei pensa alle idee politiche. E lei pensa solo alle ricerche. So bene che c' dell'altro tra cielo e terra oltre alle ricerche, ma anche vero che la maggior parte di quello che c', aria.

Citt LOMBARDI E LIGRESTI Mario De Gaspari


La notizia passata quasi inosservata. Nessun commento, forse perch ormai abbiamo visto di tutto. O forse semplicemente perch abbiamo rinunciato a pretendere un governo per la citt. Dovrebbe essere compito della politica affrontare e trovare soluzione ai problemi. Non ci piace una magistratura regolatore di ultima istanza, ma purtroppo se la politica si ritira o diventa troppo affarista inevitabile che prima o poi intervenga qualche magistrato. successo un sacco di volte e succeder ancora, anche a Milano, forse gi con la vicenda Exp, dove Formigoni, dopo aver trafficato per anni con le bonifiche, prendendo per buone tutte le pezze giustificative di Grossi e contraccambiando bonifiche fasulle con volumetrie reali, si fatto finalmente paladino dellinteresse pubblico. E si tutelato per bene mettendo sul tavolo della trattativa per le aree espositive lassicurazione di un parere legale. Mica scemo! Il prefetto, invece, visto che a Milano lamministrazione comunale si rimangiata la parola e non ha nessuna intenzione di giocarsi quel po di consenso che gli resta dando le case ai rom, rispondendo picche persino allarcivescovo, chiede aiuto direttamente a Ligresti. La notizia comparsa su Repubblica del 4 ottobre e avrebbe richiesto qualche verifica. Tanto, deve aver pensato il dottor Lombardi, il sistema lo conosciamo: gli daranno volumetrie aggiuntive, oppure cambieranno destinazione a qualche suo rudere, e in cambio, tra le altre cose, gli chiederanno di sistemare quattro zingari. Allora perch andare dal sindaco, aspettare lapprovazione del solito PII? Parliamoci direttamente. O con pi probabilit stato proprio il sindaco a chiedere al prefetto di darsi da fare. Meglio che sia lui a rivolgersi col cappello in mano alluomo di Patern. Un po di metri cubi ormai non si rifiutano a nessuno, tanto meno a Lui e tanto pi se ci sono di mezzo una buona causa e lordine pubblico. Non cos raro che unimmobiliare acceleri lo sviluppo di unarea sfruttando le preoccupazioni per il degrado cui questa soggetta. Capita persino che i baraccati traslochino da unarea allaltra della stessa propriet non appena un obbiettivo sia stato raggiunto. Lo abbiamo visto recentemente a Pioltello, per esempio, al parco delle cascine, dove servono volumetrie fresche perch ci sono 140 milioni di debiti da onorare. Una volta valorizzata unarea sotto con unaltra. L basta lasciare un gruppo di accampati a dar fastidio e presidiare, caso mai lamministrazione dovesse rimangiarsi la parola. cos che anche gli zingari entrano loro malgrado nel ciclo lungo della valorizzazione immobiliare. Luso politico dellallarme sociale fa egregiamente il suo corso: un tempo si pensava che lallarme sociale servisse per le svolte autoritarie, per spostare a destra lasse politico. Oggi se ne fa un uso finanziario, non certo pi raffinato, e la paura non serve pi per fare leggi di destra ma per giustificare la speculazione. Ce ne vorrebbero di pi di zingari! Pensano probabilmente Ligresti e compagnia.

Urbanistica UNA FERROVIA VERDE ATTORNO A MILANO? Andreas Kipar


Chi non li conosce, i rilevati ferroviari che impongono alla citt delle interruzioni, dei tagli sia funzionali che visivi, quasi sempre accompagnati da un degrado derivante dalla poca o inesistente manutenzione, da orti urbani improvvisati e da alberi cresciuti abusivamente? Fino a pochi anni fa considerati semplicemente ambiti da riqualificare oggi sono sempre di pi gli ambiti da difendere da una riqualificazione tout court. Lesempio di Via Filarete, dove i residenti difendono a spada tratta gli alberi del cielo, Ailanthus altissimi, cresciuti per lo pi spontaneamente sui rilevati ferroviari, ci pu insegnare qualcosa, ossia quella spontaneit espressa da una vegetazione poco ornamentale ma molto efficace che diventata oggetto dellattenzione dei cittadini. Questi infatti ormai sembrano fidarsi di pi della natura che delle varie Amministrazioni che la vogliono sostituire nella sua incalcolabile liberta di fondo. Se da via Filarete si allarga lo sguardo a tutto il territorio milanese e lo si confronta con lo sviluppo storico della citt, si nota chiaramente come oggi citt e infrastruttura sono cresciute come sistemi circolari paralleli e assi di penetrazioni interni sostanzialmente distinti fra loro. Le prime linee costruite entravano fino nel cuore di Milano e ora i loro sedimi costituiscono fondamentali vuoti per lo spazio pubblico della citt e per lo sviluppo urbano: lasse verde di via Dezza che culmina ai giardini di Pagano a sud-ovest e le Varesine a nord-est ne sono ad esempio. Tra la fine dell800 e la fine della II guerra mondiale, con lo sviluppo industriale, le ferrovie si sono notevolmente sviluppate creando un sistema capillare circolare che andava a intercettare tutte le principali aree industriali della citt. Basti pensare a Nord le aree della Bicocca o a Est le grandi industrie della Maserati oppure a Sud la OM. Contemporaneamente al potenziamento di queste linee si sono strutturati i principali scali come quello di Porta Romana, Grego e Farini o Lambrate che oggi lasciano pi di 128 ha di vuoti urbani. Dalla seconda met del secolo scorso con lo spostamento del traffico commerciale su gomma e con la successiva dismissione delle grandi industrie, si giunti a un graduale svuotamento di flussi su questi tracciati. Oggi quindi Milano si ritrova con un sistema ferroviario, eredit del passato, usato principalmente come mobilit per il trasporto pubblico. Tutte le linee culminano nelle tre stazioni ponte decentrate a Nord e a Est: la stazione centrale per quanto riguarda tutto il flusso nazionale e internazionale, stazione Garibaldi e stazione Cadorna per il flusso regionale. Anche il flusso a Sud-Est coperto dalla stazione di San Cristoforo dove verr raddoppiata la linea Milano-Mortara. Le linee della ferrovia collegano e unisco tutte le stazioni definendo un anello: su questo anello si attestano diverse stazioni passanti come Lambrate, Dateo, Repubblica, Rogoredo e Romolo, ecc, alcune delle quali collegate anche dalla metropolitana. Oggi la citt si ritrova quindi con un diffuso sistema di rilevati ferroviari in disuso insieme a sette scali collocati in posizioni strategiche. Una rete che ora rappresenta una ferita nella citt, un limite quasi invalicabile, soprattutto percettivo, in quanto divide la citt in ci che sta dentro e ci che sta fuori. Un territorio continuo scorre negli spazi interstiziali di queste linee creando una citt dentro la citt. Per una citt che ha gi compiuto lerrore di eliminare quasi completamente il suo sistema dacque che la caratterizzava e la rendeva unica, sovrapponendovi il principale sistema stradale, ritengo che non possa permettersi di non cogliere la grande sfida del riuso di questi sedimi per creare finalmente un unico grande sistema continuo di mobilit lenta nel verde. Parallelamente allo sviluppo voluto dal Piano del Governo del Territorio del trasporto pubblico su ferro come circle line, potenziando le stesse linee ferroviarie esistenti con molte fermate intermedie, che a loro volta intercettano il sistema pubblico in entrata alla citt, si realizzerebbe quindi una rete di piste ciclabili e percorsi pedonali nel verde, facilmente collegabili ai Raggi Verdi che incanalano la natura verso il cuore della citt. Le stazioni della circle line insieme allanello ferroviario diventerebbero dei veri e propri poli di interscambio tra la citt metropolitana e la citt consolidata, sgravando notevolmente il numero delle macchine in entrata della citt. Questo comporterebbe una drastica diminuzione del traffico che porterebbe a un conseguente e immediato riduzione delle polveri sottili. Oltretutto una riduzione delle macchine dei pendolari libererebbe la citt dagli infiniti parcheggi abusivi che finalmente potrebbero ritornare ad avere la funzione di parchi lineari, strategici per la citt. Molti sono i modelli internazionali da prendere ad esempio come scenari di sviluppo, ma ritengo emblematici i casi di Berlino per come ha saputo coniugare il trasporto pubblico veloce della citt con il sistema ferroviario in entrata e uscita e il caso di New York. Questultima ormai diventata un simbolo per come ha saputo trasformare la High line, da linea abbandonata da abbattere in uno dei luoghi pi usati e visitati del mondo. Un esempio illuminato di riuso del materiale stesso della linea ferroviaria non snaturando la sua natura di elemento lineare simbolo della velocit. Ed proprio questo che sembra stia alla base della proposta di via Filarete, di cui ne risentono maggiormente i cittadini, ovvero un autentico cambio di rotta, considerando i rilevati ferroviari non pi una ferita da bonificare ma soprattutto unoccasione da potenziare. Unoccasione non solo per gli alberi, che nel frattempo sono cresciuti e naturalizzati al loro meglio, ma anche per i cittadini che, con qualche nostalgia di fondo, guardano ai propri rilevati ferroviari come ultima opportunit per sfuggire dal rigore della cultura della cementificazione.

Economia CAPITALE SOCIALE E CAPITALE FINANZIARIO Giovanna Menicatti


Nella corsa allelezione del sindaco avremo una sproporzione tra le risorse che avr la Moratti e quello che riuscir a mettere in campo il centrosinistra. La campagna elettorale di Obama dimostra che possibile sopperire in parte alla mancanza di fondi anche con una diffusa sottoscrizione, ma non credo che questo sia possibile a Milano. Soprattutto perche la rete che dovrebbe sostenere il nostro candidato, circoli, sezioni di partito e associazioni profondamente sfilacciata e molto demotivata. Una possibile alternativa, in mancanza di quello finanziario, attingere al capitale sociale. Per Robert Putnam " linsieme di quel clima relazionale di fiducia, di appartenenza, di senso civico che permette il buon funzionamento delle istituzioni e di progetti di tipo economico Putnam pone laccento sugli aspetti della vita sociale, reti, norme e fiducia che facilitano lazione collettiva. Tra questi fattori individua la civicness (cultura civica). La cultura civica identificata con la diffusione di unampia fiducia interpersonale che facilita la cooperazione tra i cittadini per obiettivi comuni e il funzionamento delle istituzioni politiche. Dove si trova a Milano questo oro nero? Senzaltro nel mondo del volontariato, e qui bene scrollarsi di dosso pregiudizi e banalit. Il mondo del volontariato non solo ed esclusivamente di matrice cattolica, non inizia con Don Colmegna e finisce con Don Rigoldi. Nel centrosinistra c la tendenza a appaltarlo alla componente cattolica e a pensare che sia sempre vicino politicamente alla sinistra. In questo modo si danno per scontate troppe cose. I volontari sono mossi dalle motivazioni pi diverse, che spaziano dalla voglia di fare comunque qualcosa per gli altri a motivi pi intimi e profondi. C comunque in tutti, sempre, la generosit di dedicarsi agli altri, di condividere con gli altri, di essere partecipi di progetti concreti. I gruppi dirigenti delle associazioni, anche se improprio usare questo termine, molte volte provengono dalla militanza dopo le delusioni della politica. Il lavoro nei gruppi di volontariato non ha colore politico, spesso ci si trova a lavorare a un progetto fianco a fianco con persone che non hanno la tua stessa storia e sono molto lontane dal tuo stile di vita e dalle tue aspirazioni, ma il fine comune, lobiettivo condiviso da realizzare permettono di superare e passare oltre a queste differenze. Come presidente di unassociazione di volontariato ho trovato grande attenzione e disponibilit da parte di tutte le istituzioni, ora in mano alla destra e prima governate dalla sinistra. Il mondo del volontariato molto variegato e complesso: spazia dallassistenza vera e propria, allattivit culturale, sportiva, ludica. In periodo elettorale diventa preda di tutti i partiti che cercano di appropriarsi dei voti dei volontari. Una cosa certa, anche il capitale sociale capitale di rischio, se male amministrato produce passivit (es. non voto).Speriamo che i candidati delle primarie siano capaci di non farlo andare in rosso.

Primo Piano UNA PROPOSTA CHE PU CAMBIARE MILANO Sandro Antoniazzi


La proposta avanzata dal direttore del centro islamico di via Jenner, Shaari Abdelhamid, di presentare una lista diniziativa degli immigrati, alle prossime elezioni comunali, merita non solo di essere condivisa, ma anche sostenuta con decisione. Sono molti i motivi a favore di questa idea, che ha il merito di rompere con una situazione che relega gli immigrati perennemente ai margini della vita della citt. 1. Innanzitutto sono ben pochi oggi gli immigrati che, pur avendo i requisiti richiesti dalla legge, fanno uso del diritto di voto. Si sentono lontani dalle vicende politiche italiane e nulla stato fatto per superare questo distacco. Si era parlato di dare loro la possibilit di voto amministrativo, tema su cui si era pronunciata lEuropa, ma poi le cose sono rimaste ferme come sempre. Dunque unazione che venga a rompere questo stato di cose, tanto arretrato quanto deprimente, rappresenta un atto politico innovativo, destinato finalmente a smuovere le acque. 2. In secondo luogo una lista elettorale che abbia come protagonisti gli immigrati, significa un fondamentale passaggio degli immigrati da oggetti a soggetti attivi della propria vita e del proprio destino. Nel linguaggio quotidiano gli immigrati sono considerati o dei bisognosi o delle persone a rischio, se non pericolose. E abituale discutere di loro e decidere misure nei loro confronti, senza mai considerarli come reali interlocutori: conquistare la rappresentanza politica significa riconoscerli come soggetti rappresentativi con cui confrontarsi. Questo cambia radicalmente la loro condizione, non solo simbolicamente. 3. Fra i diversi argomenti a sostegno, uno poi mi sembra tanto evidente quanto attuale. Milano non sta organizzando lEXPO, lEsposizione Universale del 2015, manifestazione enorme per la quale sono attesi milioni di visitatori stranieri? E mentre la citt si propone come luogo dincontro mondiale possibile che una popolazione come quella degli immigrati che ammonta al 15% degli abitanti non abbia una partecipazione effettiva alla vita cittadina? Perch dunque, in occasione dellEXPO, non dimostrare che la nostra apertura alla mondialit non costituisce un fatto occasionale, ma al contrario un carattere stabile delle nostre istituzioni, a partire dal Consiglio Comunale? 4. Un quarto argomento a sostegno deriva dai temi che gli immigrati propongono, problemi che ogni democratico e tanto pi una forza di centro sinistra dovrebbe far propri. Si tratta di richieste di civilt: diritto ad avere propri luoghi di culto, diritto al rispetto, diritto al riconoscimento della propria diversit, diritto di cittadinanza. Come non vedere che lera che si aperta ha portato allunificazione del mondo e che il compito della politica far s che accanto all unifica-

zione dei commerci, delle monete e delle comunicazioni, avanzi anche il processo di relazioni tra gli uomini, per non avere uno sviluppo atrofizzato e squilibrato. Quella da condividere con gli immigrati una grande battaglia per una convivenza pacifica e fruttuosa a beneficio di entrambi. 5. Da ultimo la proposta va considerata anche su un piano molto pi pratico, quello di carattere elettorale. Se una lista indipendente conquista voti,

ci significa che il candidato di centrodestra avr maggiori difficolt a raggiungere e superare il 50% dei voti richiesti per essere eletti al primo turno, ci che avvenuto nelle ultime occasioni elettorali. E naturalmente nel secondo turno aumenterebbero le probabilit di riuscita per il candidato di centrosinistra. Penso dunque che la lista proposta dagli immigrati possa costituire una delle cose pi nuove delle prossime elezioni e una grande occasione di cambiamento per Mila-

no. Parlo di lista proposta dagli immigrati e non di lista dimmigrati, perch riterrei che non solo la lista deve essere aperta agli immigrati di tutte le nazioni, ma anche che dovrebbe prevedere un certo numero di candidati italiani candidati di sostegno, pertanto da inserire negli ultimi posti per dimostrare che non di una lista separatista si tratta, ma esattamente del contrario, di una lista per una convivenza fra tutti pi matura e pi giusta.

Lettera LA BALENA ROSSA NEL GRAN MARE DELLE PRIMARIE. Giuseppe Ucciero
Queste prime battute attorno alle primarie del Candidato Sindaco hanno messo a fuoco alcuni temi che, pur nellattualit stringente, rimandano ad alcune questioni pi strutturali della condizione di iscritti e dirigenti del PD, di semplici simpatizzanti o di donne e uomini di centro sinistra. Una prima questione riguarda il comportamento del Gruppo Dirigente del PD. Si dice, e tra questi il mio Direttore, che il partito avrebbe dovuto astenersi dallesprimere una preferenza per questo o quel candidato, posto che questo predeterminerebbe lesito di una competizione che dovrebbe essere ad armi pari. Questa posizione non riesce a convincermi, per una semplice considerazione: queste di Milano 2010 non sono Primarie di Partito ma Primarie di Coalizione. Sono una competizione nella quale non si tratta di scegliere un rappresentante del PD, ma piuttosto un rappresentante di un ventaglio di forze di centrosinistra, ciascuna delle quali esprime un proprio candidato. Che a un appuntamento di questo genere il PD si presenti a mani nude, lasciando fare ad altri, non solo una beata illusione, ma soprattutto la pretesa che un gruppo dirigente rinunci alla sua stessa funzione, alla sua raison dtre. La cosa tanto vera e tanto legittima che, degli altri partiti interessati alla vicenda, alcuni (SEL e Rifondazione Comunista) hanno ancor prima del PD specificamente indicato in Pisapia il loro campione, e altri, per decisione dei soli propri gruppi dirigenti, hanno deciso di non competere IdV). E anzi, a ben vedere, il Pisapia si incoronato egli stesso candidato, senza che vi fosse indicato preliminarmente da alcuna forma di raccolta del consenso: altro che primarie. Ma nessuno si alzato a contestare questa decisione politica, prima personale e poi partitica, attiva o passiva che fosse. Per quale motivo allora lesercizio di una funzione politica tanto essenziale dovrebbe essere negata al PD ed essere ammessa per altri? Qualcuno per potrebbe osservare che la scelta del candidato del PD alle primarie avrebbe dovuto, a sua volta, essere lesito di una sorta di preprimaria, per consentire agli iscritti del PD di manifestare la propria preferenza. Lobiezione in astratto non priva di un qualche fondamento, ma temo abbia poco a che fare con un minimo di spirito pratico. I tempi della politica, impongono decisioni tempestive in condizioni complesse e non collimano sempre con quelli della raccolta del consenso. Daltra parte fare una primaria di partito prima delle primarie di coalizione suonerebbe stucchevole e ridondante. Per questo, il PD non poteva e non doveva rinunciare alla sua funzione di partito, che non consiste nella condizione notarile di chi registra asetticamente consensi su carta pergamenata, ma piuttosto di chi si assume lonere e lonore di compiere scelte per conto dei suoi rappresentati. Se cos non fosse, la stessa funzione di Partito e di Gruppo Dirigente di un Partito non avrebbe letteralmente senso. Si dice poi, pur non negando in principio la legittimit dellesercizio di tale funzione politica, che sarebbe meglio che ora il PD non facesse pesare la sua massa, organizzativa e di consenso, in modo da non influenzare la libera formazione della scelta del candidato. Onestamente, di fronte a queste considerazioni non si pu che trasecolare. Ma se non fa pesare la sua massa e la sua organizzazione, cosa che ci sta a fare in generale un Partito, e in modo specifico il PD? Sempre che la pressione sia nei limiti della correttezza, non si vede come questa possa danneggiare un libero dibattito e laltrettanto libera espressione del proprio consenso. Se svolgessimo queste stesse considerazioni su scala generale, dovremmo giungere alla determinazione finale che il partito in s, come forma di organizzazione della volont pubblica, dannoso alla democrazia, e questo, pur nella scarsa qualit degli attuali partiti, suona inappropriato e assai scivoloso. In realt, se un rimprovero si deve fare al PD non che decide, ma semmai che troppo spesso non decide, e quindi non incide, intrappolato com in una perenne guerriglia tra fazioni che badano sempre pi al particulare piuttosto che al bene comune. In politica, che pur sempre un conflitto con qualcuno che, mentre pensi e soppesi, ti d i calci negli stinchi, vi sempre un limite allestensione delle forme della democrazia interna e questo limite lefficacia delle decisioni: un partito che passa tutto il suo tempo a raccontarsi, misurarsi e dilaniarsi tra lotte intestine, un partito che ha perso il contatto con la societ, un eunuco politico. E dico questo, nella piena scienza degli enormi limiti che lattuale processo di selezione genera su questo gruppo dirigente, a seguito di meccanismi elettorali di partito a dir poco distorsivi della sua effettiva rappresentanza. E del resto, proprio questa relazione perversa tra difetto di rappresentanza e perenne competizione interna forma il terreno elettivo su cui fioriscono comportamenti che, non si dice il ca-

ro vecchio PCI, ma un qualsiasi partito che intenda essere tale, non tollererebbe un istante. Non di Veltroni si parla qui, ma del caso assai pi limitato di Davide Corritore, che, essendo dirigente del PD, e come tale particolarmente tenuto a osservare la decisione collettiva, non si perta di dire che non si ritiene vincolato per nulla da questa. Per Davide Corritore, come per altri, il PD come un vecchio nonno un po rincoglionito che ogni tanto ti d dei consigli, ma che non va tanto preso sul serio: e, a dire il vero, se gli si sta vicino sar certamente per un po di affetto, ma sono i suoi beni al sole che davvero li interessano. La sua organizzazione, i suoi voti, la sua relazione persistente anche se sempre pi debole con quanti non vivono nella prima cerchia dei Navigli, que-

sta la sua eredit e questo il loro primario interesse. Ma se si scopre alla fine che questo vecchio nonno, che sar pure rincoglionito ma sa pesare ancora le persone, preferisce altri e a questi destina la sua eredit, allora che vada pure a ramengo: ci si giocher la partita con qualche altro, magari con quella vecchia zia di Milano, un po eccentrica ma che qualche bene al sole ce lha anche lei. Cos, deluso dallesito fallimentare di tanti tentativi di accreditamento, disinvoltamente praticati qua e l, disgustato dal retrogusto che tutti i rospi finora ingurgitati finalmente gli tornano su (ah il delizioso assist al brontosauro Draghi, campione dellinnovazione), il buon Corritore saluta la compagnia e va a fare campagna elettorale con il principale concorrente, scelto da altri partiti, contro il candidato scelto dal suo

partito. Se ci fosse lui, cara Lei, si dice ancora ogni tanto negli scompartimenti ferroviari... Se ci fosse ancora un Partito serio, oppure diciamo normale, quella normalit che vuole che in un organizzazione, fosse pure la Bocciofila di Turro, il singolo si sottomette alla decisione della maggioranza, Davide Corritore avrebbe gi ricevuto una raccomandata senza obbligo di risposta che lo informerebbe delle conseguenze inevitabili della sua scelta. Vada pure il Davide Corritore, risorsa preziosa del centro sinistra in servizio permanente effettivo, ad accreditarsi dove meglio gli aggrada, ma stia attenta anche la vecchia zia di Milano, tenga docchio i suoi beni, che lui, il giovane Corritore, di suo ha solo la giovent, e neanche pi tanto quella.

Metropoli COMUNICARE IL TERRITORIO: LEX CEMENTIFICIO DI ALZANO LOMBARDO Sara Bonanomi


Autunno 2010, meno di cinque anni ci separano dallExpo e mentre ancora si discutono modalit, tempi, fondi e gestione degli spazi legati alla manifestazione, Milano e lItalia cercano di comunicarsi in modo nuovo: lidentit metropolitana del capoluogo lombardo si propone sempre pi dinamica, verde, accattivante, allo scopo di attrarre quei ventuno milioni di visitatori attesi per la tanto dibattuta esposizione universale del 2015. Del resto, ai grandi eventi inevitabilmente associato il discorso promozionale legato ai luoghi, per cui la pubblica amministrazione cittadina, in accordo con i soggetti privati, promuove una serie diniziative orientate al rebranding dellidentit locale. questa la motivazione che spinge Milano, la Cenerentola dEuropa, ad apparire sempre pi verde e meno grigia: la promozione di misure anti-inquinamento, come Ecopass, o la costruzione di nuovi palazzi allinsegna del verde verticale ne sono un chiaro segnale. Allo stesso modo, anche altre citt italiane seguono lesempio del capoluogo lombardo cogliendo lavvicinarsi dellevento Expo come catalizzatore dellinnovazione e del progresso. Tra queste Bergamo, dove vivo, una delle province che negli ultimi mesi hanno siglato unintesa con la citt di Milano esprimendo la volont di consolidare il rapporto tra lExpo e il territorio e di valorizzarne perci le ricchezze. Cittadina con una solida identit locale, Bergamo rimane particolarmente legata agli aspetti della sua tradizione -dal taleggio, la polenta e il Gioppino, alla sua articolata specializzazione industriale nei settori meccanico, tessile, del legno, siderurgico e cementifero- senza per sottrarsi al forte desiderio di innovarsi. Proprio per questo, tra le iniziative promosse dell'Assessorato alle Grandi infrastrutture, Pianificazione territoriale ed Expo in virt del cammino verso il mega evento, lo scorso 5 settembre i rappresentanti di Comune e Provincia hanno raccontato in modo inedito i luoghi e la storia dellex cementificio di Alzano Lombardo. Fondata nel 1883 dalla famiglia Pesenti, la fabbrica del bergamasco stata per lungo tempo fulcro di unattivit che con gli anni, grazie alla capacit di sfruttare il suo legame con il territorio e le sue risorse -in particolare lalta percentuale di silice nelle rocce lungo il fiume Serio- cresciuta fino a diventare la prima in Italia nel suo genere, nonch la pi innovativa nellEuropa industriale di primo Novecento. Dismessa nel 1968 per perdita di capacit tecnologica, nel 1980 il celebre cementificio fu dichiarato monumento darcheologia industriale, nonostante la chiusura del sito produttivo ne abbia poi determinato il degrado e linesorabile abbandono. Personalmente, ho condiviso lentusiasmo delle autorit locali e provinciali che domenica 5 settembre hanno presentato a uninteressata platea liniziativa di recupero e riqualificazione del sito dismesso, proprio in vista dellExpo. Nella cornice dellex stabilimento, resa affascinante dalle luci del tramonto allesterno e da una strategica illuminazione degli androni allinterno, si parlato di conservazione, recupero, riconversione e rivalorizzazione di una rimanenza architettonica unica nella sua natura. La struttura, composta da muri alti, colonnati, cunicoli, due camini che sfiorano i quaranta metri e altri quattro monchi, appare tuttoggi la scenografia ideale per fare delledificio un tempio della tradizione. Mi apparsa evidente la volont delle autorit locali di fare del peculiare monumento di Alzano Lombardo il simbolo di una rinnovata spinta progettuale e dellimpegno condiviso nel recuperare e trasmettere quei contenuti preziosi ancora celati sotto polvere e ruggine. Lobiettivo quello di creare una scena nuova, che possa essere animata grazie agli investimenti favoriti dallevento Expo si tratta di trenta milioni di euro. A questo proposito, Philippe Daverio, storico dellarte presente ad animare lincontro, ha evidenziato il fatto che lepoca attuale sperimenta la transizione verso un nuovo cristianesimo produttivo: fabbriche chiuse e ormai prive di funzione economica diventa-

no nuove scenografie, non pi spazi dedicati allindustria ma siti per lelaborazione e divulgazione della conoscenza. E perch non condividere quanto detto: i valori di ieri, che riaffioreranno grazie al recupero dellex fabbrica come luogo di formazione, devono diventare esempio per rendere pi solidi i valori di oggi. Con il suo solito brio Daverio ha poi tratteggiato alcune interessanti suggestioni che richiederanno tuttavia una

maggiore concertazione tra le varie forze in gioco. Certo che fare dello scheletro del cementificio il santuario delle buone pratiche del passato non potr limitarsi a una mera operazione anacronistica. Al contrario, occorrer concentrarsi sullidentit del luogo nella piena consapevolezza della sua dinamicit, affinch lesempio del passato possa essere il punto di partenza di un percorso di formazione al passo con i tempi. Pre-

scindere dalle logiche museali infatti fondamentale per cogliere al meglio le esigenze di un tessuto urbano che cresce e si trasforma tra tradizione e globalizzazione, dove la conservazione dellidentit locale si confronta con lesigenza di innovarsi sullonda delle dinamiche globali legate ai grandi eventi.

Scrive Gregorio Praderio


Non sono del tutto d'accordo con le opinioni espresse da Paolo Favole sull'ultimo numero di "Arcipelago". Premetto che in linea di principio sono favorevole ai parcheggi sotterranei per togliere le auto dalle strade; sulla qualit delle sistemazioni a terra e sulla localizzazione dei parcheggi "pertinenziali" anzich "pubblici a rotazione" (che sono cose molto diverse, ma che ahim spesso vengono confuse) dei progetti milanesi ho invece opinioni abbastanza diverse. Trovo ad esempio che la sistemazione di piazza Gramsci sia pessima, e che abbia interrotto con architetture di dubbio gusto la continuit del percorso storico Canonica-Piero della Francesca. Trovo poi irragionevole prevedere parcheggi pubblici in piazza S. Ambrogio, visto che la zona gi molto ben servita dai mezzi pubblici e ci sono gi parcheggi pubblici sottoutilizzati in via Olona. Si tratta poi di una zona prevalentemente residenziale e di grandi servizi, i parcheggi pertinenziali (riservati ai residenti o agli addetti ai servizi, come era prima) sarebbero stati pi che sufficienti; il parcheggio pubblico a rotazione invece inevitabilmente attira traffico in centro, oltre a impedire la limitazione del traffico nella piazza. Si tratta quindi di una scelta sbagliata da un punto di vista trasportistico, prima ancora che di qualit urbana o di rispetto dei luoghi (tema sul quale non entro nel merito). Ma sono in generale le scelte localizzative del Piano Parcheggi a sembrare del tutto casuali, del genere "mettiamoli dove ci stanno". Solo cos si spiegano certe incomprensibili insistenze (come quella su Piazza Libia, alla fine fortunatamente cassata - credo, almeno) o incongruit come quelle di V Alpini (nel progetto iniziale si prevedeva l'eliminazione di tutta la sosta su strada per residenti all'intorno, perch mai? Per fortuna l'idea non stata realizzata anche per le proteste dei cittadini, ecco perch adesso non si lamentano). Anche il cedro di piazza Tommaseo stato salvato solo per le proteste dei residenti, ricordo. Bisognerebbe poi forse un giorno chiedersi quali danni abbia provocato alla sosta su strada non richiedere per anni i parcheggi pertinenziali per il riuso dei sottotetti (ovvero ai sopralzi: ma non dovevano avvenire solo in zone gi urbanizzate e dotate di tutti i servizi? E i parcheggi pertinenziali non sono appunto urbanizzazioni primarie?) Si tratta ahim di una vicenda che dovrebbe quindi insegnare qualcosa sui difetti del "commissariamento" (ricordo che appunto l'ex sindaco Albertini ag come commissario dotato di pieni poteri), da molti visto come una cosa pratica e spiccia rispetto alle perdite di tempo del "confronto". Ma poi se i risultati sono questi

Scrive Danilo Pasquini


Caro Arcipelagomilano, ho letto con molta attenzione lo scritto dellArch. Paolo Favole in merito alla realizzazione di parcheggi nel sottosuolo di Milano (discorso che si pu etendere a tutt le citt enon solo). Lo ringrazio anzitutto per i giudizi, per me motivo di un certo senso di orgoglio, che esprime su due parcheggi, ormai da considerare precursori o genitori del sistema (?) parcheggi della nostra citt: Piazza Tommaseo e Piazza Gramsci nella realizzazione dei quali ho avuto responbilit professionali sia come coprogettista e Direttore Lavori nel primo sia come parte della equipe di progettazione nel secondo. Con Paolo Favole abbiamo avuto in comune una (o forse l'unica) delle esperienze pi significative di "progettazione partecipata" occorse nella nostra Milano: la "Variante del quartiere Gallaratese e zone contermini" e il Piano Particolareggiato attuativo conseguente negli anni '70: L'Arch. Favole era nel gruppo dei progettisti nominati dal Giunta Municipale guidata dall'indimenticabile Sindaco Aldo "Iso" Aniasi. Gli altri professionisti sono stati Siulvano Tintori, Amedeo Roman ed Alberto Secchi. Io ero impegnato nel Comitato "Popolare" di Quartiere e poi dalla nascita del decentramento nel Consiglio di Zona 19, del quale sono stato Presidente dal 1978 al 1985, nella cui circoscrizione era compreso il Quartiere che come tutti sanno non ha dimensioni di isolato ed stato costruito dai diversi Enti che realizzavano Edilizia Popolare (IACP, COMUNE di Milano, ISES, INCIS, INA CASE ed anche Cooperative). Per tornare alla questione parcheggi sono perfettamente d'accordo con Paolo Favole quando dice che oltre alla battaglia per togliere le auto dalle strade della citt quello che conta la "coperta" che si mette sopra i box. Ambiti urbani non definiti o semiabbandonati

per pigrizia al loro destino di "invecchiamento" (verde delle aiuole, cordolatura dei marciapiedi, buche nell'asfalto, graniti e selciati dello stradale vanto di Milano. Panchine tipo"Milano" e non-vivibilit a "misura d'uomo") se non degrado. Tali ambiti possono essere rimossi dall'abbandono, rinnovati, migliorati resi anche moderni o futuribili se la sensibilit dei cittadini vedesse in queste opere di recupero degli spazi cittadini come un passo concreto verso una fruibilit pi civile della citt. Penso che la battaglia fatta da alcuni residenti nelle case prossime al parcheggio e contro la pedonalizzazione di Piazza Tommaseo sia emblematica da un lato del senso di possesso "per abitudine" di un pezzo della citt pubblica unito alla paura del nuovo,

dall'altro dal timore di perdere valore alle loro propriet. La questione tocca e toccher sicuramente il PGT perch credo che se anche si coistruisse tutto quanto vi proposto non sar sufficiente il servizio di rimessaggio privato e occorrer trovare soluzioni integrative anche in quel poco che rester di suolo pubblico'immagine di una citt meno occupata da mezzi meccanici pu sembrare oggi quasi utopica, anche se le utopie sono sempre state la mia personale debolezza. Infatti nel 1979 venni intervistato da un cronista dell' UNITA' su quesuini prorprie del quartiere gallaratese nel quale all'epoca le auto erano parcheggiate lungo i marciapiedi e in quelloccasione lanciai l'utopia dell'auto sottoterra e di un grande verde a occupare gli spazi lasciati

liberi dalle vetture. Dice Favole che i parcheggi nuovi al Gallaratese hanno recuperato a dignit urbana alcuni ambiti di quel territorio destinati come altri al degrado. Oggi bisogna continuare l'impresa e come ho detto prima estesa a tutta la citt. Forse qualche ripensamento alla paventata cementificazione di Milano potrebbe nascere o si potrebbe far nascere proprio in questi mesi di discussione del PGT cittadino, nella riconsiderazione dei piani di mobilit quindi in prima linea del trasporto pubblico che deve tornare come negli anni '30, '40 e primi '50 al collegamento non inquinante (no bus) con hinterland. Le metropolitane possono viaggiare su viadotti. Il discorso si fa lungo ma si potrebbe riprendere.

RUBRICHE MUSICA
Questa rubrica curata da Palo Viola @arcipelagomilano.org

Schumann al Castello
E troppo nota la storia damore che ha legato Robert Schumann e Clara Wieck - e le tremende difficolt che quei due poveretti incontrarono a causa del padre di lei che si opponeva, al di l di ogni buon senso, al loro matrimonio ( se mai un giorno Clara vi sposer contro la mia volont, anche sul letto di morte affermer che non degna di essere mia figlia) - per rievocarla qui in una breve nota. Ma non possiamo non rendervi partecipi di una rievocazione straordinaria cui ci capitato di assistere, pochi giorni fa, al Castello di Pomerio di Erba, dove una voce recitante e un pianoforte hanno ricostruito latmosfera di Lipsia negli anni doro del romanticismo tedesco e, in quella, la vicenda di questi due amanti tanto felici del loro amore quanto infelici per le avversit chesso incontrava. Al centro di una bella sala medievale del Castello, al solo lume delle candele, vicino al pianoforte erano sistemati una piccola scrivania, un leggio e un bauletto, mentre il pubblico era tutto intorno, al buio, per non turbare lintimit della parola e della musica. Lei, Alice Bettinelli, una magnifica giovane e brava attrice, sembrava rappresentare Clara ma con perfette intonazioni leggeva anche le lettere dellamante e del padre, e persino laccorato ricorso di Robert alla Corte di Appello di Lipsia per ottenere il consenso alle tanto desiderate nozze; lui, Vsevolod Dvorkin, moscovita trapiantato in Italia, grande e amato insegnante di pianoforte, sembrava Robert Schumann in persona che con le sue mirabili, rare e difficili Novellette dellopera 21 (... e cos per te ho composto nelle ultime tre settimane una quantit di musica, scherzi, storie di Egmont, scene di famiglia con padri, un matrimonio, e lho intitolata Novellette!) - commentava i testi arricchendoli di ci che le parole non riescono a dire, neanche nel tripudio del romanticismo. Alice-Clara apre il baule polveroso, scopre come per caso la corrispondenza dei due innamorati, e legge qua e l come per capire quanto grande fosse il loro amore; Dvorkin-Robert, al pianoforte, ne spiega i significati pi reconditi, le paure e le ansie, gli impeti di gioia e di rabbia, le palpitazioni e gli sconvolgimenti interiori. Scrive Clara: sai, gli impegni si ammucchiano e non posso dire di godermi la vita. Non vado in alcun posto, mai a un ballo, poco a teatro, non ho un minuto di libert. A parte tre balli privati, non sono mai andata a ballare. E poi, non amo i giovanotti: sono cos insipidi, senza spirito, in una parola esiste un solo Robert. Ogni anno che passa il ballo minteressa sempre meno, ma diventerebbe una passione se potessi ballare con te. Allora ballo nella mia fantasia, noi due insieme, volteggiando sicuri per gli alti e i bassi, cercando di sollevarci un po, proprio come la vita, ballo, ballo senza sosta e do il via alle danze!. E Robert vorrei accarezzarti e baciarti per la tua lettera. Ero cos felice nei giorni scorsi, mi sentivo giovane e leggero come se dalle spalle mi dovessero spuntare le ali per portarmi fino a te. Ti volevo rispondere subito ma con il cuore colmo di sogni, sentimenti e musica non pensavo a niente mi piacerebbe scriverti con la musica, essa lamica che meglio esprime ci che abbiamo dentro. Non credo che si possa raccontare meglio di cos che cosa stato il romanticismo e come la musica, e quella di Schumann in particolare, ne rappresenti lapice. Nella cornice del Castello di Pomerio, per la decima edizione del festival della Accademia Europea di Musica - e non possiamo non essere grati a Stefan Coles che di quella magnifica istituzione promotore e direttore

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artistico - Alice Bettinelli e Vsevolod Dvorkin con la loro professionalit, passione e intelligenza ci hanno regalato uno spettacolo magico, soprattutto hanno aperto una finestra inusuale sulla musica, attraverso la quale stato possibile affacciarsi a osservare le vertiginose profondit che essa

capace di raggiungere e delle quale noi non riusciamo mai a toccare il fondo. Il Festival si concluder Venerd 5 novembre nella chiesa di Santa Maria degli Angeli di Erba con un concerto di Vladimir e Vovka Ashkenazy padre e figlio, Vovka docente dell

Accademia erbese - che eseguiranno musiche per due pianoforti di Scriabin (la Fantasia), Borodin (le famose Danze Polovesiane), Poulenc (la Sonata) e Ravel (La Valse). Credo che un appuntamento come questo meriti un piccolo viaggio!

ARTE
Questa rubrica a cura di Virginia Colombo @arcipelagomilano.org

Cattelan, il Papa e Piazza Affari


Ultima settimana per vedere la mostra-non mostra dellartista contemporaneo italiano pi famoso e pagato di tutti, Maurizio Cattelan. Una lunga serie di aggettivi per luomo dei record. Record di vendita, nel giugno di questanno che la sua opera Untitled (il suo autoritratto che sbuca dal pavimento), stata battuta allasta per 7.992.500 dollari. Record anche di polemiche che accompagna ogni sua opera ( quello dei bambini impiccati in piazza XXIV Maggio, per intenderci), e soprattutto questa mini mostra di Palazzo Reale dal titolo Contro le ideologie. Mostra promossa e voluta dal Comune ma al tempo stesso censurata gi in partenza. Gli inviti per linaugurazione che non sono partiti, linaugurazione stessa in sordina, nessun catalogo, i manifesti con la sua opera Him, Hitler inginocchiato con le mani giunte, rimossi a tempo di record (un altro record) dallassessore Cadeo. Manifesti ritenuti offensivi dalla comunit ebraica ma che potevano essere letti anche in unaltra ottica: una postuma richiesta di perdono. Anche perch il ricavato della vendita dei biglietti andr tutto alla Fondazione Memoriale della Shoa. Ma cosa ci sar poi di tanto scandaloso in questa mostra? Tre le opere esposte: la La nona Ora (1999 ) e il tamburino Untitled (2003) esposte nella suggestiva Sala delle Cariatidi e la donna crocifissa, Untitled (2007). Un trittico familiare, come lo definisce lartista. Il tamburino (appollaiato in cima a una finestra) lui bambino, il suo autoritratto perfetto, la donna crocifissa con la faccia contro il muro la madre (forse con la faccia nascosta per non vedere il male del mondo, che lha costretta in quella posizione) e il Papa della nona Ora, che unideale figura maschile di padre. Questa forse lopera che ha creato pi scalpore tra tutte. Il pontefice Giovanni Paolo II atterrito, schiacciato a terra da un enorme meteorite. Non un gesto blasfemo n una bestemmia. Solo la dimostrazione che anche il Papa un uomo, con le sue debolezze e il suo lato umano, oppresso anchegli dai mali terreni e celesti. Il papa sopravviver dice Cattelan. E infatti lo fa aggrappare con tutte le sue forze al crocifisso. Una mostra che continua anche oltre Palazzo Reale, in piazza Affari, dove si erge in tutta la sua imponenza L.O.V.E. (2010), una scultura in marmo di Carrara di 11 metri creata appositamente per loccasione, che raffigura unenorme mano con le dita mozzate. Unico superstite il dito medio. Unopera che ha fatto inevitabilmente nascere delle polemiche per il gesto irriverente in una delle pi seriose piazze milanesi ma che nonostante tutto attira ogni giorno un pellegrinaggio di curiosi/ sostenitori/ contrari allopera di Cattelan. Dato su cui bisognerebbe riflettere. Forse dopo tutto L.O.V.E. piace, e pi che pensare al significato offensivo (al giorno doggi ancora ci scandalizziamo per questo?), bisognerebbe osservare come riempie la piazza e chiedersi il perch di quelle dita mozzate, non dellunico intero. Un inno allamore pubblico e monumentale lo definisce Francesco Bonami, curatore della mostra. Ma forse il vero significato ci rimarr sempre nascosto. Monumento tra laltro di cui Cattelan vorrebbe prorogare la esposizione visto che ne previsto lo smantellamento per il 24 ottobre, in concomitanza della fine della mostra di Palazzo Reale. Ventanni in piazza Affari la richiesta dellartista che vive e lavora a New York ma che vuole fare un tributo a Milano, sua citt adottiva. Si aspettano risposte dalla Giunta. Insomma i quattro lavori si inseriscono in una riflessione sulla storia del Novecento, sul potere e sul male in tutte le loro declinazioni, da qui il titolo della mostra Contro le ideologie. Opere da vedere per interrogarsi sul significato di certa arte contemporanea, specchio del presente e della nostra societ, fotografia del nostro mondo che non sempre ci riesce gradita. Artista provocatore che si fa beffe del mercato dellarte e dei critici. Forse. Sicuramente un artista che ha ancora tanto da dire e da far parlare.

Maurizio Cattelan 24 settembre - 24 ottobre Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi, Milano luned-venerd:17.00-22.30 - sabato e domenica: 9.30-22.30 Biglietto unico: 5

Fotografie per non dimenticare


La storia delle vittime lunica verit della guerra. Una guerra pu nascere per vari motivi ma gli unici effetti certi sono morti, feriti, profughi e orfani. Queste sono due delle frasi riportate sui pannelli esplicativi della mostra fotografica LAfganistan e la guerra creata da Emergency ed apeta il 7 ottobre al Museo Diocesano di

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Milano. Unesposizione fotografica modesta ma densa di significato. Fotografie in bianco e nero che testimoniano le atrocit e le distruzioni che una guerra, qualsiasi guerra, si lascia dietro. Nello specifico qui si tratta dellAfganistan, paese martoriato da oltre trentanni dalla guerra civile e che ha alle sue spalle una scia di oltre un milione e mezzo di morti, senza contare feriti, mutilati ed orfani. La mostra si divide quasi in piccole sezioni. Prima uno scorcio di Kabul, metropoli in espansione dove palazzoni diroccati convivono con le baraccopoli dei profughi e le ville lussuose dei signori della guerra. Un inferno di devastazione e morte, tra cui spunta e muove a commozione limmagine di un cane sofferente, con le gambe posteriori rotte che si trascina per cercare un riparo allinsensata follia che gli sta attorno. Addentrandosi nella sala si scoprono le immagini dei feriti, dei mutilati. Uomini senza una gamba, petti squarciati, corsie di ospedale in penombra in cui i feriti cercano un po

di riposo, un posto dove alleviare le proprie sofferenze fisiche e spirituali. Donne che piangono sulla tombe dei parenti, uomini prostrati a terra in preghiera, esseri umani che attraversano un paesaggio che di umano non ha pi niente. Toccanti forse pi di tutte le fotografie dedicate ai bambini. Neonati in incubatrici accanto a madri velate, un piccolo braccio teso con una ferita tanto profonda che non quasi non si riesce a credere a quello che si sta vedendo. Un lavoro prezioso ed estenuante quello di Emergency, che opera dal 1994 nei paesi pi poveri e disastrati del mondo, portando cure mediche e chirurgiche gratuite alle popolazioni colpite. Fotografie di orrore ma anche di speranza, perch i feriti possono trovare ricovero nel Centro chirurgico ad Anabah, aperto gi dal 1999, nel Centro chirurgico di Kabul, nellospedale di Lashkar-gah, e aiuto nel Centro di maternit ad Anabah, oltre che negli altri 28 posti di primo soccorso.

La mostra stata realizzata con la collaborazione dellagenzia fotografica Contrasto e le 24 fotografie sono state scattate negli ospedali di Emergency in Afganistan da Francesco Cocco, fotografo affermato e gi impegnato in altre campagne di sensibilizzazione sociale sullemigrazione, sul Vietnam, la Cina, la Cambogia e sulle condizioni dei carcerati in Italia. Una mostra che vuole documentare una realt che spesso si tende a dimenticare ma che purtroppo viva e attuale pi che mai. Sempre ricordandoci che qualcosa di buono c sempre, come ci mostrano le uniche 4 foto a colori, che testimoniano il lavoro prezioso e insostituibile dei medici di Emergency e il sorriso dei loro pazienti.

LAfganistan e la guerra 7 28 ottobre 2010 Milano, Museo Diocesano (corso di Porta Ticinese 95) Orari: dal marted alla domenica, 10.00 18.00. Luned chiuso Lingresso alla mostra gratuito.

Dali superstar a Milano


Una folla da prima cinematografica ha invaso Palazzo Reale in questi giorni. Folla allinaugurazione, folla alla apertura al pubblico della mostra. E non poteva essere diversamente trattandosi di una super star dellarte, Salvador Dal, a Milano dopo 50 anni dallultima rassegna. La mostra, aperta il 22 e intitolata Dal. Il sogno si avvicina uninteressante panoramica su un aspetto poco analizzato della sua opera, il rapporto con il paesaggio, quello della sua terra natia, la Catalogna, le scogliere dellAlto Ampurdn, il golfo di Cadaques. La mostra, divisa in stanze tematiche un viaggio alla scoperta di un Dal non solo surrealista eccentrico ma anche poeta mistico e religioso. A modo suo. Dal nasce a Figueres, vicino a Girona nel 1902. Figlio di un notaio, inizia a dipingere gi da ragazzino con una tecnica che si avvicina ai neo impressionisti. Studia allAccademia di Belle Arti di Madrid da dove per viene cacciato dopo pochi anni per il suo comportamento troppo sovversivo. Da quel momento inizia a formarsi il vero Dal-personaggio. Baffi a manubrio, abbigliamento stravagante, uscite e dichiarazioni ancor pi eccentriche. Si lega a Bretn e ai surrealisti. I suoi amici hanno contribuito alla storia dellarte e della cultura del Novecento:conosce Picasso, incontra Freud, lavora con Bunuel, Man Ray, collabora con Hitchcock, amico fraterno di Garcia Lorca, che, disse Dal, tent di farlo diventare il suo amante. Lincontro che cambi davvero la sua vita fu quello con Gala, sua futura moglie, musa, gemella, parte mancante di lui. Incontro galeotto, perch Gala era sposata col poeta surrealista e amico di Dal Paul Eluard. Questo fu solo il primo di una lunga serie di scandali. Personaggio fuori dal comune, stato un artista straordinario, completo. Pittore, scrittore, sceneggiatore e coregista di film, disegna abiti per famosi stilisti, fa scene e costumi per balletti teatrali, produce un suo profumo, disegna gioielli, mobili, fu vetrinista speciale in un grande magazzino di New York. Gir anche degli spot pubblicitari. La differenza tra me e i surrealisti che io sono surrealista disse. Questa dichiarazione, insieme a molte altre, gli valse il ben servito dal gruppo di Bretn. In mostra, i paesaggi aridi catalani sono usati come sfondo teatrale alla miriade delle immagini-feticcio preferite da Dal: telefoni giganti, orologi molli, grucce, formiche, giocatori di baseball, limmancabile Gala e le uova. Uova da cui era ossessionato, secondo la sua teoria del molle e del duro. E un uovo gigante infatti accoglie il visitatore in mostra, a contenitore della prima opera del percorso, una super surrealista Venere di Milo con cassetti. E pon pon di pelliccia. Nelle varie stanze prende forma un Dal meno conosciuto. Non solo il surrealista ossessionato dalla sessualit e dai fluidi corporei ma soprattutto il fine conoscitore delle tecniche pittoriche e della storia dellarte, sperimentatore delle nuove scoperte ottiche. Dal profeta del clima bellico, lui, pittore apolitico per scelta e anzi opportunista. Quando scoppia la guerra civile spagnola, nel 1939, Dal va in esilio volontario in America e in Italia, dove ha la possibilit di approfondire il Rinascimento italiano, per lui la massima espressione della perfezione. Tutte le sue opere sono disseminate di riferimenti culturali, anfore antiche, busti e statue greche, citazioni-parodie-omaggio a Velazquez, Michelangelo, Leonardo. Sconvolto dal lancio della bomba atomica, si innamora dellatomo, della fisica e i paesaggi diventano post atomici, le particelle atomiche compaiono nelle sue opere.

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Punto forte dellesposizione la ricostruzione del salotto surrealista da abitare (la prima versione a Figueres), la stanza col volto di Mae West, la diva americana degli anni Trenta. Dopo aver visto la sua foto su una copertina Dal crea un vero salotto, in cui il visitatore invitato a sedere sul Dalilips, divano a forma di rosse labbra carnose, vero oggetto di design prodotto in serie. Intorno un camino a forma di naso e boccoli biondi come tende, mentre un proiettore permette allo spettatore di vedersi in contemporanea sulla parete di fronte. Secondo esplicita volont di Dal. Lultima stanza mostra un Dal che non ti aspetti, cattolico ma agnostico al tempo stesso, su sua ammissione.

Un crocifisso sospeso, angeli in una terra apocalittica, il volto di Gala, ormai morente, a indicare la spiritualit di un uomo che anelava a toccare il cielo, a trovare una strada per comunicare con Dio. Conclude il percorso il cortometraggio animato e inedito Destino, con i disegni creati nello studio Disney nel 1946 e realizzato per la prima volta nel 2003. Un mondo surreale, popolato dalle sue fantasie e ossessioni. Una chicca per la prima volta in Italia. Le opere provengono soprattutto dal Teatro-museo di Dal a Figueres, monumento e trionfo del kitch che progett e costru lui stesso e dove volle farsi seppellire, nel 1989.

Non una retrospettiva n una mostra antologica. Unoccasione per conoscere meglio un artista troppo spesso banalizzato.

Dal. Il sogno si avvicina. Dal 22 settembre al 30 gennaio 2011. Palazzo Reale. Orari: marted- domenica 9.30/19.30 luned 14.30/19.30 gioved e sabato 9.30/22.30 Biglietti. Intero: 9 . Ridotto 7,5 .

Francesca Woodman
Volti nascosti e corpi nudi, spesso in posizioni innaturali. Muri sbiaditi, sporchi, angoli inquietanti. Stanze abbandonate, solo qualche oggetto a ricordare la loro funzione. Questo il mondo di Francesca Woodman, fotografa e performer dalla vita breve e intensa. Classe 1958, americana del Colorado, mor suicida a soli 22 anni. Una passione per la fotografia maturata gi dalla prima adolescenza,quando inizia a ritrarre se stessa come soggetto principale a 13 anni. 116 le fotografie, per lo pi in bianco e nero, e 5 frammenti di video compongono la retrospettiva al Palazzo della Ragione. Si scopre cos, foto dopo foto, lossessione che la Woodman aveva per il corpo, il suo corpo, oggetto e soggetto dei suoi scatti. Un corpo che non mai fine a se stesso ma sembra volersi confondere con lambiente che lo circonda, in cui la Woodman si infila in vecchie credenze di legno, si nasconde dietro tendaggi e porte e sembra volersi fondere con le rigide sedie presenti nella stanza. Un mondo freddo, immobile e inquietante, fatto di murscrostati, stracci ammucchiati, pavimenti polverosi e specchi. Ci che colpisce maggiormente nelle opere della Woodman lassenza del volto, tagliato fuori dallinquadratura, non messo a fuoco, nascosto dai capelli, da un oggetto, da una torsione del corpo oppure nascosto perch il soggetto da le spalle allobiettivo. Unarte che si incentra fortemente sullIo e sulla propria intimit, mostrata sfacciatamente e provocatoriamente. Non un caso che la maturit di questo suo breve percorso sia avvenuta negli anni Settanta, anni in cui era concesso eccedere, sperimentare e dare scandalo. Vari i temi in cui la Woodman declina il suo corpo. Oltre agli interni domestici degne di nota sono anche gli scatti delle claustrofobiche scatole di vetro, in cui lartista imprigionata e sembra muta e incapace di ribellarsi, come uno degli oggetti che la circondano. Conclude il percorso la sezione dedicata alla natura, dove il corpo nudo immerso nelle campagne del New Hampshire, e il contatto con la terra sembra ridare vitalit e instaurare un senso pi profondo tra lIo messo a nudo e la Natura. La mostra presenta foto inedite e ricrea anche lallestimento originale che la Woodman cre per la serie Swan Song, realizzato a Providence nel 1978, 5 foto in formato grande, appese a diverse altezze, lontano dai classici standard espositivi, ricreato per la prima volta in Italia. Unoccasione per scoprire unartista che nonostante la giovane et aveva in s un mondo intricato e complesso, umanamente e artisticamente.

Francesca Woodman. Dal 16 luglio - 24 ottobre 2010 Palazzo della Ragione, piazza Mercanti, Milano Orari: mar, merc, ven, sab, dom 9.30-19.30. lun 14.30-19.30 giov 9.30-22.30 Biglietti: 8,00 intero; 6,50 ridotto.

CINEMA
Questa rubrica a cura di Marco Santarpia @arcipelagomilano.org

La passione
La passione di Carlo Mazzacurati con Silvio Orlando, Giuseppe Battiston, Stefania Sandrelli e Corrado Guzzanti. Tre anni dopo La giusta distanza, Carlo Mazzacurati torna alla regia con un film ben realizzato e che forse ha il solo limite di discostarsi poco da quelli che sono gli stereotipi e le macchiette tipiche della commedia all'italiana. Silvio Orlando, protagonista della pellicola, un regista che si trova nel

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pieno di una crisi creativa e psicologica. Levoluzione del suo personaggio d cos origine a una serie di scene ricche di poesia e tragicomicit.

Si apprezzano le ottime interpretazioni di Giuseppe Battiston, uno dei personaggi pi complessi, e di un insolito Corrado Guzzanti.

GALLERY

VIDEO

DAVIDE CORRITORE: PERCH HO SCELTO PISAPIA http://www.youtube.com/watch?v=Ktu9-Um3n24

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