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Numero 6 Anno II
16 febbraio 2010
edizione stampabile
www.arcipelagomilano.org
Editoriale - L.B.G. - MILANO. A CHI DOBBIAMO PRESENTARE IL CONTO? Primo Piano - Francesco Miggiani IL MERCATO DEI MANAGERS. IL PREZZO GIUSTO? Architettura - Giorgio Origlia - LA NUOVA SEDE DELLA REGIONE: MIRABILIA O MISERABILIA URBIS?
Lavoro - Giuseppe Ucciero - ART. 18 E DINTORNI: CONSIDERAZIONI DI UN NON GIUSLAVORISTA
Urbanistica - Mario De Gaspari - PIANO CASA. FALLIMENTO. MGLIO COS Citt - Valentino Ballabio - EVERGREEN. PGT A SOMMA ZERO Approfondimenti - Claudio Rugarli - MONOD E LE PRIMARIE Societ - Giovanni Zanchi - DA ROSARNO A VIA PADOVA Lettera - Gianni Zenoni - DETTAGLI. LA SCALA E LA TORRE SCENICA Scuola e universit- Vincenzo Viola - PRIVATE E PREMIATE
**** Speciale Elezioni - Walter Marossi - ALLA RICERCA DEL MITICO CENTRO Speciale Elezioni Carneade - ULTIME DAL FRONTE Video BOB KENNEDT III RACCONTA LA SUA MILANO Musica
Journal del 5 febbraio scorso riportava che il presidente Obama, nel discorso annuale sullo stato dellUnione, ha denunciato i manager che ricompensano se stessi nonostante le loro debacle e i banchieri che mettono il resto del mondo a rischio per i propri guadagni. Il presidente ha richiesto inoltre maggiori tasse sulle aziende petrolifere, sui gestori dei fondi dinvestimento e su tutti coloro che guadagnano pi di 250.000$ lanno. Molto opportunamente, lintervento del presidente Obama era collocato allinterno di un articolo che intitolava: A Short History of American Populism. Potremmo continuare a lungo con parecchi altri fatti recenti e meno recenti che dimostrano come questo tema abbia cessato ormai da tempo di essere oggetto di un dibattito serio e meditato, per precipitare invece in un vortice di populismo, demagogia, strumentalizzazione mediatica. Urge quindi, anche in questo caso, tornare ai basics ponendosi alcune semplici domande; ad esempio possiamo chiederci: Un manager che prende 3 milioni di euro lanno vale davvero tanto denaro? Come pu accedere che nella nostra societ ci siano aziende che reputano conveniente pagare simili cifre a loro dipendenti?. La pi immediata risposta, perfettamente coerente con lo spirito dei tempi attuali, che il mercato a stabilire queste retribuzioni, e che quello che fa il mercato giusto per definizione. Siamo proprio sicuri che sia cos? Forse la realt un po pi complicata. Il dibattito sulle retribuzioni risale alle origini degli studi di economia; voglio risparmiare in questa sede ai lettori un lungo excursus storico, che ci porterebbe a parlare della Legge Bronzea dei salari, dei sistemi di cottimo di Frederick Winslow Taylor, delle ricette (fin troppo citate in questi ultimi mesi) di John Maynard Keynes, della politica dei redditi negli anni del Centrosinistra italiano. Quello che possiamo dire con riferimento alloggi che il mercato del lavoro manageriale per i ruoli di maggiore responsabilit ben
lungi dal trovarsi in una condizione di concorrenza perfetta (informazione perfetta a tutti gli attori e completa omogeneit del bene che viene scambiato); al contrario, il numero degli attori che compone questo mercato (sia dal lato dellofferta, i manager, sia dal lato della domanda, le aziende) estremamente limitato: quante possono essere in Italia le retribuzioni di valore pari a tre milioni, visto che di questo valore stiamo parlando? Sicuramente molte poche, e con volumi di scambi che si contano sulle dita di una mano e sicuramente non tali da giustificare una ipotetica retribuzione di equilibrio. Il sistema, inoltre, caratterizzato dalla presenza di numerose frizioni, quali le asimmetrie informative tra datore di lavoro e manager, la presenza di relazioni di agenzia e via dicendo che inseriscono numerosi elementi qualitativi nello scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione. Le teorie classiche del mercato del lavoro quindi in questo caso non ci aiutano a rispondere al quesito che ci siamo posti. Forse un maggiore aiuto ci pu provenire dalleconomia comportamentale, una disciplina relativamente recente che sta rapidamente prendendo terreno nel mondo dellaccademia e del management. Leconomia comportamentale, tra gli altri, pone una particolare enfasi sui processi di costruzione delle aspettative e sui meccanismi di formazione dei prezzi. Secondo questa impostazione, una prestazione lavorativa di alto prezzo pu essere percepita come una garanzia ex ante di risultato: in altri termini, un manager che richiede molto denaro si propone come bravo manager, e colui che lo paga pu legittimamente sperare che questa sua bravura continui anche in futuro e produca significativi benefici economici allazienda e al manager stesso. Gli americani, con la loro consueta sagacia sui processi di management, hanno prodotto unoriginale e provocatoria concettualizzazione: questo modello passa sotto il nome di effet-
to di Lake Wobegan, dal nome di una ridente localit del Minnesota dove tutti i bambini sono al di sopra della media (!). Lo stesso pu dirsi avvenire per i capi azienda (CEO nel linguaggio americano): nessuna azienda infatti (razionalmente) disponibile ad ammettere che il proprio CEO debba essere retribuito sotto la media (sarebbe come ammettere che il proprio meno bravo della media dei suoi pari); lazienda pertanto si pone lobiettivo di posizionare il pacchetto retributivo sui valori medi di mercato o, ancor meglio, sopra la media di un gruppo di aziende con caratteristiche simili. E abbastanza intuitivo affermare che le aziende tendono a rendere pubblica la loro attitudine a pagare bene i propri collaboratori e in particolare il proprio capo azienda. Questo un elemento particolarmente importante, perch introduce lidea che pagare bene non sia un fatto ininfluente ai fini di come lazienda viene vista dal mercato; in realt il gioco ben pi complesso e dallaumento di retribuzione traggono beneficio sia il manager sia lazienda stessa. Nella realt dei fatti, non tutti i CEO possono essere pagati al di sopra della media di mercato (ovviamente); quello che succede che ogni anno buona parte dei Board dichiarino che il posizionamento della loro azienda sul mercato delle retribuzioni nella met superiore del mercato stesso: questo fa s che quando lazienda A assegna al proprio capo azienda un incremento retributivo, presto o tardi anche il capo dellazienda B ne riceva uno, anche se lazienda B non versa in floride condizioni; questo secondo aumento sposta ulteriormente verso lalto i valori medi di mercato, e cos via. Si viene a creare quindi una spirale che si autoalimenta, in questo modo si perde altres la connessione logica tra posizionamento dellazienda sul mercato delle retribuzioni e andamento di mercato dellazienda, rafforzando la percezione diniquit presso la pubblica opinione.
Alla base del fenomeno che abbiamo descritto i ricercatori pongono tre assumptions: la prima che deve sussistere unasimmetria informativa rispetto alla capacit del manager di creare valore per lazienda (in altre parole, lazienda non pienamente in grado di valutare il proprio manager da questo punto di vista; a favore del manager gioca anche il suo potere contrattuale); secondariamente, si parte dal principio che il valore del pacchetto retributivo attribuito al top manager trasferisca al mondo esterno uninformazione sulla capacit del manager di creare valore per lazienda (e che quindi ambedue traggono vantaggio da una retribuzione pi alta); in terzo luogo, lazienda desidera influenzare sistematicamente in modo a s favorevole il mondo esterno (nellaspettativa che i corsi di borsa riproducano questa positivit). A partire da questi elementi i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che le retribuzioni di mercato non esistono, e che anzi le aziende tendono a incrementare le retribuzioni dei loro top manager con il chiaro obiettivo di influenzare la percezione del valore dellazienda da parte del mercato. Su questo percorso di ricerca si colloca un interessante articolo comparso sul Financial Times di qualche mese fa a firma di Roger Martin, larticolista, cavalcando a sua volta il risentimento per le eccessive retribuzioni dei manager, afferma che i sistemi di ricompensa del management sono collegati al mercato delle aspettative, che ha come indicatore ultimo il valore di mercato delle azioni (questo mercato, quello azionario, si distingue secondo lautore dal mercato reale dei beni, che quello dove le aziende competono ogni giorno con i loro prodotti). Martin spiega questo fenomeno facendo un parallelo con il mondo dello sport americano. A differenza dei calciatori in USA, ai manager viene consen-
tito di fare scommesse sul loro stesso risultato; i loro incentivi non sono basati sul punteggio che ottengono sul campo di gioco, ma derivano da quello che accade sul mercato delle aspettative. Questo mercato viene influenzato annunciando piani industriali strabilianti, programmi di sviluppo molto ambiziosi: il valore del titolo dellazienda sul mercato sale: con questo sale anche laspettativa della comunit finanziaria nei confronti del manager e conseguentemente la sua retribuzione. Tutto questo crea un pericoloso circolo vizioso: i manager sono consapevoli che la loro retribuzione dipende dalla crescita delle aspettative, come pure del fatto che il miglioramento delle performance aziendale il sistema pi difficile e lento per ottenere questo risultato; molto meglio mettere in atto azioni che diano lapparenza di un rapido sviluppo o utilizzare artifici contabili che migliorino (solo esteriormente) i risultati. Da ci conseguono lelevata volatilit dei mercati e le modeste performance reali (non finanziare) delle aziende. Larticolista conclude che sia ora di cambiare regime: gli executives devono rispondere ai loro azionisti solo su obiettivi del mercato reale. Analogamente deve essere messa la parola fine sullincentivazione basata sulle stock option. Torniamo adesso con i piedi per terra e vediamo cosa accade nel nostro Paese in tema di retribuzioni manageriali, utilizzando alcuni dati significativi della banca dati delle Indagini Retributive di Hay Group (anno 2009). I dati di questanno mostrano che lItalia, nonostante indubbi miglioramenti negli ultimi anni in direzione della meritocrazia, continua a mettere in atto politiche retributive incoerenti con la propria vocazione di grande realt economica avanzata; alcuni indicatori sono infatti disarmanti: nel 2009, le famiglie professionali censite nel campione di Hay Group che hanno
ricevuto minori incrementi retributivi discrezionali sono state quelle della Ricerca e Sviluppo e della Qualit, mentre le pi premiate sono state lAmministrazione, Finanza, Controllo, la Produzione, il Marketing. Ora, assolutamente vero che in tempi difficili si vogliano premiare le famiglie professionali mainstream, altrettanto vero per che questa una scelta miope, di breve periodo, che pregiudica sviluppi futuri e non asseconda il miglioramento della produttivit, che il vero problema del nostro Paese. Analogamente, i livelli retributivi dingresso dei neolaureati continuano a essere inferiori, a parit di condizioni, a quello praticati in altri Paesi, la stessa dinamica si ha per il rapporto tra retribuzione dei neolaureati e quella media di dirigenti e quadri, con differenziali che continuano ad ampliarsi negli anni; e potremmo continuare. Con questo non vogliamo sostenere che questa la causa della fuga dei cervelli dallItalia; ci limitiamo a dire che dal confronto internazionale non usciamo bene su questo e su altri punti. Una considerazione conclusiva. Come emerge da questanalisi, credo di essere riuscito a dimostrare che la retribuzione del manager non siano un fatto oggettivo, ma si presentino come un sistema complesso sul quale influiscono fenomeni delleconomia reale, dinamiche finanziarie, variabilisoft spesso amplificate dai media, dialettiche negoziali, processi di potere. Al contrario, la polemica sugli stratosferici pacchetti retributivi dei manager, che quella nel cono di luce dei media, rischia di nascondere i veri problemi delle politiche retributive praticate nel nostro Paese, che non sono coerenti con lobiettivo di migliorare la produttivit a tutti i livelli e quindi la competitivit del nostro sistema economico. su questobiettivo che bisogna puntare per fare un vero passo in avanti.
Architettura LA NUOVA SEDE DELLA REGIONE: MIRABILIA O MISERABILIA URBIS? Giorgio Origlia
Sono tra i pochi architetti milanesi che non sono corsi a visitare il nuovo palazzo della Regione in occasione della festa per la sua inaugurazione, non mi sento in colpa. Diffidavo dellinaugurazione di un complesso che ancora un cantiere, fatto passare per finito con apparati da discoteca, addobbi e tirate a lustro per scopi puramente pre-elettorali. Ci che conta dellarchitettura il senso che gli spazi progettati hanno per chi ci vive e li usa, quindi preferisco rimandare ogni giudizio a una visita da normale cittadino, in un giorno qualsiasi. Il che non ancora potuto avvenire essendo il complesso appunto un cantiere: anche la piazza vuota, deserta e visibile solo filtrata da una cortina di bamb, ridiventata inaccessibile ai non addetti. Comunque sul nuovo complesso qualche idea me la sono fatta. Tralascio i pochi dettagli di architettura discutibili, il progetto bello, ma non posso non sentirmi preso in giro da chi ha sostenuto che Con questo progetto abbiamo voluto rappresentare i monti e le valli lombarde, con il sinuoso accostarsi di crinali e spazi vuoti, e il corso dei fiumi che aprono la strada verso la pianura, sedimentati nella cultura e memoria collettiva, sono alla base del disegno delledificio: i fabbricati diventano le dorsali montuose del nord della Regione mentre le piazze e gli spazi aperti sono le valli attraversate dai fiumi. Visto che i crinali sono bestioni ondulati di venticinque metri che quasi si toccano, per analogia allora i grattacieli circostanti dovrebbero rammentarci le guglie del Resegone, e la distesa di condominii multipiano che costituiscono il tessuto di Milano dovrebbero sembrarci un armento di vacche al pascolo nella pianura. Spero che la paternit di una tale baggianata (questo s termine lombardo) sia di qualche giovane e sprovveduto editor e non del progettista, che ritengo invece abbia fatto bene il suo mestiere. Il nuovo complesso, pur non finito, suscita inevitabilmente due interrogativi, uno frivolo e laltro pi serio. Il primo accompagna dovunque la nascita di gli spazi pubblici artificiali, pensati e progettati a tavolino e non prodotti dallaccumulo della storia urbana: la piazza sar viva e frequentata, o rester un deserto? Possiamo sperare che questa piazza diventi per esempio come il Sony Center in Potzdammerplatz a Berlino, frequentatissimo dalla mattina a tarda sera? Sicuramente no, neanche se si potesse riempire a forza di negozi, ristoranti, bar e fontane: mancano tutte le necessarie sinergie storiche, politiche, commerciali, dei trasporti che si possono trovare nel centro di una capitale come Berlino. Il quartiere Gioia, in una citt come Milano, di sinergie non ne offre nessuna. La piazza coperta ha due punti di contatto con la citt che la circonda: da un lato sfocia arenandosi subito su via Melchiorre Gioia, luogo tra i meno vivibili di Milano, e dallaltro termina contro unaltra strada di scorrimento automobilistico, ancor meno attraente, attraversata la quale c un distributore di benzina e una negletta zona verde. Ovviamente i progetti di riqualificazione dei dintorni non mancano, pi o meno cervellotici (vedi quello di ricostruire una specie di Swissminiatur geofisica con finti fontanili e finte colline a raffigurare il paesaggio lombardo, estesa fino a piazza Carbonari) , mentre manca il senso dellintera operazione. Equidistante (nel senso, appunto, di piuttosto distante da ambedue) rispetto alla Stazione Centrale e alla Stazione Garibaldi. Equidistante da tutto ci che pu costituire sinergie vitali, con qualche bar racimoler gli impiegati degli uffici vicini in pausa-pranzo, che dovranno comunque attraversare stradoni pieni di traffico per un piatto di pasta in piazza. E per le altre 23 ore del giorno? Aspettiamoci che tra qualche mese compaiano degli imbarazzanti ma ben disegnati cancelli, che impediscano laccesso serale a barboni e skaters. Oppure unidea semiseria lavrei. Se la Regione ne ha il coraggio, trasferisca dufficio nella piazza alcuni bar della movida milanese. Almeno il popolo della notte potr schiamazzare fino a tardi ben isolato e senza dar fastidio ai normali, visto che gli uffici sono chiusi di notte, e facilmente controllato. La piazza sar cos garantita viva e vitale a tutte le ore. Ma veniamo allinterrogativo serio. La crisi, che tutti sappiamo sar duratura, gi ne ha falciati moltissimi, e continuer a falciare posti di lavoro. Posti che appunto occupavano spazi negli edifici per uffici. Che anchessi quindi diventano dei disoccupati. Per trasferirsi nel suo nuovo palazzo la Regione svuoter le sedi esistenti. Che serve allora costruirne altri di palazzi, enormi come Palazzo Lombardia, se quelli esistenti si stanno gi svuotando? E se Milano piena dovunque di edifici per uffici vuoti o semivuoti, dal vicino palazzo Galfa fino a via Ripamonti? E legittimo domandarsi se coloro che si dovrebbero occupare del benessere dei cittadini, pi che della loro immagine, si parlino tra loro almeno ogni tanto. La Regione si costruisce una sede faraonica, voluta in tempi di vacche grasse e finita quando le vacche sono pelle e ossa, Citylife ci regaler il Gobbo, lo Smilzo e lo Storpio, e intanto interi quartieri di uffici sono gi da anni semivuoti. Quartieri che hanno prodotto s occupazione, per il tempo che servito a costruirli: ma che hanno anche consumato risorse non rinnovabili e compromesso per sempre il territorio su cui sorgono. In realt questo complesso lennesimo e costoso atto dirresponsabile narci
sismo del potere a spese nostre, che non produrr alcun effetto positivo sulla qualit della vita dei cittadini, e al di l delle finezze del suo disegno, va giudicato per quello che . Une-
legante e mostruoso spreco di risorse. Ormai questo c, teniamocelo. Vediamo invece se non siamo davvero in grado di fermare o almeno rallen-
tare il delirio immobiliarista che ci riempir di altri grattacieli inutili. Il Resegone non ha abbastanza guglie per giustificarli tutti.
sta da chiedersi cosa centri la disciplina dellart. 18 nel generarlo. Ma allora, se cos stanno le cose in linea di fatto e di logica, dove consiste effettivamente la questione? Quale relazione possiamo effettivamente rintracciare tra il grado di maggior tutela accordato dallart. 18 ai lavoratori delle imprese medio grandi e la diffusione del lavoro atipico nellintera sfera del lavoro, sia essa pubblica o privata, nella microimpresa o sopra soglia? E soprattutto a cosa si deve allora lampio ricorso al lavoro atipico in Italia e soprattutto il disagio che ne deriva, assai pi che in altri Paesi dEuropa? Qui indispensabile la Memoria, cosa di cui peraltro i lavoratori appaiono sufficientemente forniti. Si deve ricordare che il lavoro atipico sorto in Italia come gamma di istituti normativi volti alla riduzione del tasso di disoccupazione, specie quella giovanile o femminile: il lavoro atipico stato preceduto, ed tuttora accompagnato, da ampi fenomeni di lavoro irregolare. In realt, il tema vero del lavoro atipico e della sua diffusione in Italia non relativo alla flessibilit del rapporto di lavoro, e quindi nellart. 18, ma nel costo del lavoro per limpresa, e qui si ritrova la vera ragione del ricorso a esso. Le imprese, grandi
e piccole, ricorrono al lavoro atipico principalmente perch un lavoro pi conveniente economicamente e la cosa incongrua se si pensa che un lavoro flessibile dovrebbe costare di pi e non di meno: lo svantaggio derivante dalla ridotta, o nulla, durata del rapporto andrebbe compensato con il suo maggior costo per limpresa che se ne avvantaggia, cos come effettivamente accade per la regolazione del lavoro interinale. Ma a parte questo caso virtuoso, in Italia succede invece il contrario. Se cos stanno le cose, occorre avere il coraggio per chiamare le cose con il loro nome e non si chiami flessibile quello che semplicemente lavoro sottopagato. E allora non sinvochi lart 18 per giustificare questa pratica, dato che qui il tema non la flessibilit ma il costo unitario dellora lavorata. Eccoci dunque arrivati infine al tema della qualit delle regole e degli istituti che tutelano il lavoratore che ricade nelle diverse tipologie del lavoro atipico: pensioni, retribuzioni, previdenze sanitarie, ferie, malattia ecc. Tutti questi istituti costano, ma il loro costo ampiamente compensato dal beneficio che limpresa trae dalla temporaneit del rapporto di lavoro. Dobbiamo allora chiederci per quale motivo questo non avvenga, e qui si ritorna al tema del lavoro
atipico pensato come vestito giuslavoristico per regolamentare unemersione minimamente accettabile del lavoro assegnato allora ai giovani e alle donne negli anni 80 e 90: il lavoro irregolare, discontinuo e sottopagato. La diffusione del lavoro irregolare normato come atipico ha consentito labbassamento vertiginoso del tasso di disoccupazione ufficiale del nostro Paese, ma, per una inspiegabile dimenticanza prospettica, ha contribuito a far perdere la memoria della sua genesi e della sua finalit, al punto da far credere a qualcuno che quei posti di lavoro irregolari, divenuti ora lavori atipici, siano figli attuali della cosiddetta ipertutela dei lavoratori delle imprese sottoposte allart 18, e non appunto dellinnovazione giuslavoristica degli ultimi quindici anni. Sia detto questo, essendo ben chiaro che i lavori atipici di oggi sono comunque decisamente meglio del lavoro irregolare di ieri. Insomma una questione che viene da lontano, che scritta nel dna del nostro sistema imprenditoriale e nel costume nazionale, che ha una sua dinamica propria e che non trova nellesistenza dellart. 18 la motivazione specifica della sua esistenza. Queste considerazioni e queste domande desideravo porre, come considerazioni di un non giuslavorista.
stesse della crisi. Non facile, proprio perch le banche si stanno ricapitalizzando dopo anni di credito facile. E quel fiume di denaro finito in buona parte proprio nel settore immobiliare. Il che stato una delle cause principali della crisi. Quindi il piano casa fallito, ma forse in questo caso, il mercato sta lanciando un segnale che non da sottovalutare. E di questo dovrebbero tener conto Berlusconi e i sostenitori a oltranza del mercato, perch proprio al mercato che dovrebbero rivolgere le loro lagnanze, non ai burocrati delle regioni e dei comuni. Sarebbe come imputare il calo delle vendite degli alimentari alle code che i consumato-
ri sono costretti a fare alle casse dei supermercati. I segnali che provengono dal mercato hanno spesso, per, una loro euristica verit e in questo caso la lezione di tutto rispetto e andrebbe presa in seria considerazione. C un sostanziale e generale accordo che occorra stimolare la crescita e la ripresa, ma, anche senza scomodare la green Economy, poco si discute del fatto che sarebbe pi importante governare la ricomposizione del PIL (anche qui senza scomodare indici di benessere e felicit) piuttosto che favorirne una crescita comunque sia. Che la politica governativa sia pericolosa confermato dalle recenti avventurose dichiarazioni sul settore del turismo, che ci si augura di portare al 20% del
PIL. Turismo e immobiliare vanno abbastanza di pari passo e, in parte, sono la stessa cosa. quello che in questi mesi sta amaramente scoprendo la Spagna, che ha vissuto anni di splendore proprio grazie alla bolla del settore immobiliare e del turismo, in mancanza di aumento di reddito. Ed proprio per il fatto che lItalia non ha percorso fino in fondo quella strada che la crisi ci ha un po risparmiato rispetto ad altri paesi. Ma, come si vede, il governo sta cercando in tutti i modi di correre ai ripari. Cio di procurarci oggi i danni che non abbiamo avuto ieri. Ed perfino possibile che ci riesca se lopposizione non riuscir a esprimere una politica in grado di tenere insieme economia e territorio.
facile che questo avvenga, al vertice dei partiti si selezioneranno delle oligarchie, per non parlare della circostanza, unica in Italia tra i paesi europei, che un partito abbia un padrone. Quando questo avviene levoluzione culturale ostacolata e ci si avvicina alle condizioni delle dittature. Faccio notare che questo modo di vedere, suggerito dallanalogia tra evoluzione culturale ed evoluzione biologica, giusto il contrario di quello che molta gente crede secondo il senso comune, e cio che il governo senza restrizioni di uno solo assicuri maggiore efficienza perch le decisioni possono essere prese pi rapidamente e senza discussioni. Credo che possa essere cos nel breve periodo, ma alla fine le cose si mettono male per la impossibilit di evolvere con il mutare dei tempi. Infatti, non c mente umana che possa racchiudere in s tutte le capacit immaginative dellumanit. Ma, come abbiamo visto, anche partiti senza padroni, che eleggono democraticamente i loro dirigenti, possono dare origine a oligarchie che non soddisfano le esigenze dei potenziali votanti. In questo senso le elezioni primarie del Partito Demo-
cratico rappresentano una piacevole novit. Ma con un limite. Ricordiamoci che quelle che debbono essere selezionate sono le idee e che in tutte le elezioni, comprese le primarie, si vota per le persone. Ora, io non nego che le persone sono veicoli delle loro idee, ma il modo con il quale queste vengono veicolate ha molta importanza. Voglio dire che diffido delle idee belle e generiche. Sono vecchio e ricordo un film del 1949 del regista Robert Rossen, intitolato Tutti gli uomini del re. Il protagonista (Broderick Crawford) un giovane politico americano che lotta contro lestablishment politico in nome di idee per lappunto belle e generiche. Ha successo e alla fine si trova a coprire egli stesso quelle cariche politiche che erano prima appannaggio di coloro che criticava. Ma a questo punto si trasforma ed egli stesso cade vittima dei vizi che in precedenza aveva censurato. Naturalmente, i candidati del partito Democratico sono brave persone e non c rischio che facciano questa fine. E tuttavia, le idee belle e generiche, soprattutto se non esenti dal peccato del nominalismo (ne ho gi parlato in un precedente articolo su Arcipelagomilano) non possono essere esposte al vaglio
dellevoluzione culturale e non servono a niente. Sono analoghi a geni largamente diffusi tra i viventi, ma dimportanza non decisiva per la loro trasformazione, se vogliamo fare un paragone con levoluzione biologica. Personalmente, voterei pi volentieri per un candidato che esprimesse poche idee, ma molto definite. E dallinsieme di idee di questo tipo che un partito politico pu trarre una felice sintesi. Comprendo che il confronto tra questo approccio evoluzionistico alla politica e un antagonista che possiede molti mezzi di comunicazione di massa e ha trasformato la propaganda politica in pubblicit (la quale ha il vantaggio di essere semplice, ripetitiva ed esente dallobbligo della verit) possa apparire una lotta impari, ma il mondo attuale dominato da un mammifero, luomo, e i grandi dinosauri, che erano molto pi forti dei primi mammiferi, si sono estinti circa 60 milioni di anni fa. Si potrebbe obiettare che i dinosauri per estinguersi ci abbiano messo circa 140 milioni di anni, ma levoluzione culturale molto pi rapida dellevoluzione biologica, purch sia messa in moto correttamente. Perci, consoliamoci con questo pensiero.
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sosta vietata nellaprile 2007; alla manifestazione di protesta di migliaia di persone- nel settembre del 2008dopo luccisione del giovane Abdul Guibre (cittadino italiano originario del Burkina Faso ucciso a sprangate dai gestori di un furgone bar per un pacchetto di biscotti rubato). Nono-
stante le avvisaglie le risposte date dalle autorit si sono rivelate inadeguate: invece che sulle politiche dintegrazione si preferito far leva sulla paura dei cittadini, si preferito ragionare per facili slogan utili a raccogliere voti anzich ad affrontare problemi reali. Si scelto di intra-
prendere la strada pi facile che, come spesso avviene, si rivelata anche la pi sbagliata. Il risultato sotto gli occhi di tutti e percorre ad alta velocit tutta la penisola: da Rosarno a via Padova.
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RUBRICHE
MUSICA
Questa rubrica curata da Paolo Viola rubriche@arcipelagomilano.org
Il Concerto
Andare al cinema per vedere o per sentire il concerto? Per noi musicofili il titolo del film di Radu (gi questo nome ci intriga...) Mihaileanu inquietante, ci pone subito quella domanda, ci si chiede se sia realmente un concerto, che razza di concerto possa essere. Ebbene un film che ha come protagonista il Concerto in Re maggiore opera 35 per violino e orchestra di Ptr Ili ajkowskij, forse il suo capolavoro (certamente una delle sue opere pi celebri), magistralmente eseguito dalla Budapest Symphony Orchestra (mentre leggete queste righe state forse ascoltando proprio le note di cui stiamo parlando), intorno al quale costruita una divertentissima storia di cui non vi raccontiamo nulla per non inventarci il mestiere di critico cinematografico rubandolo a chi veramente lo sa fare, come il bravissimo Simone Mancuso titolare della appropriata rubrica di ArcipelagoMilano. Ci sembra invece interessante raccontare come accade che regista e attori interpretino non tanto i personaggi e la storia del film ma proprio la musica stessa, come cio sintromettano fra lesecuzione e lascolto, con leffetto di amplificare lemozione dellascoltatore attraverso una serie di suggestioni che ci sembra valga la pena di indagare. Dunque un bravo direttore (che da trentanni non sale su un podio), una violinista molto affermata (che prima dora non ha mai affrontato quella partitura n mai visto quel direttore), e unorchestra composta da ex musicisti del Bolshoi (ebrei russi privati del loro mestiere dal regime comunista e portati alla miseria dal crollo dellUnione Sovietica, poveri cristi mezzo alcolizzati), si trovano - senza aver potuto fare uno straccio di prova - davanti al sofisticato ed esigente pubblico parigino del Thtre du Chtelet per eseguire con strumenti raccogliticci, recuperati allultimo momento, il Concerto in Re armati ed animati solo dal ricordo dei loro trascorsi e dallamore per la musica incantata del loro adorato ajkowskij. Direttore e solista, fortemente turbati da una vicenda intima, personale, dai contorni ancora misteriosi, e cos gli strumentisti (in condizioni psicologiche disastrate per la inverosimile situazione in cui si trovano), dopo un inizio tragico pi che comico prendono poco a poco il volo, finiscono per trovare unintesa straordinaria ed ecco che la musica, con la forza di trascinamento che esercita sullanimo e lintelletto degli interpreti e del pubblico, finisce per vincere su tutto e su tutti. La parte straordinaria del film esattamente quella in cui il regista ci fa toccare con mano come e quanto le note di ajkowskij abbiano il potere di svelarci pensieri misteriosi, illuminare remote oscurit, sciogliere nodi tortuosi, farci superare miserie e difficolt, in altre parole rivelarci la potenza della musica e la forza che sprigiona sullanimo umano. Durante il concerto, negli sguardi dei musicisti e del pubblico, nella complicit che unisce tutti (questo lunico vero comunismo possibile, aveva spiegato il direttore al vecchio nostalgico militante), mentre si raggiunge miracolosamente quella totale armonia cui anelano i musicisti, tutto diventa chiaro e luminoso, i sentimenti si liberano, e non occorreranno pi parole per spiegare ci che fino ad allora sembrava inesprimibile. Nelle scene finali del concerto, quelle in cui i primi piani dei volti commossi dei musicisti si mescolano al racconto delle vicende che tanto li turbavano, in cui sembra che solo trascinati dalla musica possano dirsi cose che prima sembravano indicibili, proviamo nellascolto una inusuale e sublime emozione, una ulteriore intensit del piacere dovuta alla forza della musica che si somma a quella dellimmagine, allinterpretazione del musicista amplificata da quella dellattore, alla magia della direzione dorchestra unita a quella della regia cinematografica (ma c anche la magia del teatro!) per cui ci sentiamo scoppiare il cuore e levitare in atmosfere vertiginose. Forse non era questo il goal che cercava Mihaileanu, nel raccontarci la favola dei suoi disastrati musicisti russi a Parigi, ma certamente ha indicato una strada ricca di fascino e di imprevedibili sviluppi nella direzione della fusione delle arti e sulla possibilit di ottenere - da questa fusione straordinari effetti maieutici.
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TEATRO
Questa rubrica curata da Guendalina Murroni rubriche@arcipelagomilano.org
Testamento
Chiude il secondo round della rassegna Basaglia Off di cui abbiamo gi parlato molto. Gioved 18 febbraio Michele La Fortezza che apre la serata con un estratto dello spettacolo Andy non Handy! Handicap e comicit: difficile riuscire ad immaginare come le componenti di questo binomio possano coesistere senza stridenti imbarazzi. Michele La Fortezza, un quasi quarantenne, ha saputo trasformare un grave handicap in una risorsa dalle potenzialit inimmaginabili. Segue una proiezione di cortometraggi a cura dei dei CPS (Centro psicosociale) dellOspedale Niguarda Ca Granda: Cluedo, La questua magica, i documentari Cherasco 7 e On stage! e il video La citt interiore nato da un laboratorio di drammaterapia del Centro Diurno LOrizzonte dellAzienda Ospedaliera di Gallarate. Inoltre due dottoresse si confronteranno con il pubblico, uno degli obiettivi della serata appunto quello di far conoscere meglio il lavoro dei due CPS e la qualit del lavoro teatrale sviluppato anche in ambiti medici. Sempre allinterno della rassegna, l8 febbraio il teatro ha presentato Una questione di vita e di morte. Veglia per E.E. che ha visto la partecipazione di Beppino Englaro in una serata dedicata alla libert e alla vita a un anno dalla morte di Eluana Englaro. Pesanti le riflessioni che possono avere origine nelle nostre italiane teste, pesanti riflessioni che appesantiscono le teste stesse. Una breve lettura al seguente paragrafo Articolo 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e
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interesse della collettivit, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno pu essere obbligato a un determinato trat-tamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
atro Ringhiera dal 17 al 21 e dal 24 al 28 febbraio. La compagnia Menoventi mette in scena due spettacoli al Teatro i : Invisibilmente, della dal 15 al 18 febbraio e Semiramis dal 20 al 21. La compagnia uno dei dieci progetti vincitori di un co-finanziamento dellETI (Ente Teatrale Italiano) per progetti per spettacoli o progetti rivolti alla promozione di processi creativi, di studio e di ricerca con un particolare sguardo sui giovani. La presidentessa, una commedia di Hennequin e Veber, regia di Massi-
mo Castri al Teatro dellElfo fino 21 febbraio. Lapocalisse rimandata ovvero benvenuta catastrofe, adattamento, regia e interpretazione di Giulio Cavalli, versione teatrale di Dario Fo e Franca Rame dal libro di Dario Fo Lapocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe, dal 4 Febbraio al 7 marzo 2010 al Teatro Oscar. Il Banchiere Anarchico di Fernando Pessoa inizia il 16 febbraio al Teatro Arsenale, in scena fino al 14 marzo.
Arte
Questa rubrica curata da Michele Santinoli
Steve McCurry. Sud Est. Palazzo della Ragione. Piazza Mercanti, 1. Orari: da marted a domenica 9.3019.30. Gioved 9.30-22.30. Luned 14.30-19.30. Biglietti: intero 8; ridotto 6,50; ridotto speciale adulto e bambino 10. Fino al 28 febbraio.
CINEMA
Questa rubrica curata da Simone Mancuso lari per questo, e dieci mila per The Blair..) e quelli guadagnati, e poi perch cerca di creare, non una nuova visione dell'horror, ma una visione altra, intrappolando lo spettatore in una monotona ed univoca ambientazione visiva: qui con la telecamera fissa che riprende la stanza ed il corridorio, l con la telecamera ad inseguire i protagonisti nel bosco, con primissimi piani che raccontano il
Paranormal Activity di Oren Peli Soggetto, sceneggiatura, regia e montaggio firmati dall'autore(quale occasione migliore per l'uso della parola autore). Girato nel 2007, e fatto circolare nelle universit americane, il film si era creato un po' di pubblicit negli Stati Uniti, a costo zero. Fino a quando non arrivato in visione, a Spielberg, che ne rimasto
affascinato, pensando, in un primo momento di volerlo rifare con mezzi pi adeguati, per poi cambiare idea e decidere di distribuirlo soltanto, incassando quasi quindici milioni di dollari solo negli States. Una produzione molto simile all' ormai cult The Blair Witch Project, al quale si accosta, intanto per la proporzione tra budget di soldi spesi per la realizzazione(quindicimila dol-
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loro terrore. Ed in tutti e due i casi, la telecamera come elemento diegetico della narrazione, parte integrante della sceneggiatura, non solo lo strumento non diegetico della visione. In effetti facendo un uso diegetico della telecamera viene a mancare nello spettatore, quel naturale distacco che unisce la consapevolezza della visione attraverso la macchina da presa. Questo crea una suspense cupa, ben gestita in questa sceneggiatura sulle risposte del demone. Come tipo di film, per subire tutto il suo effetto da brivido, non consiglio di vederlo al cinema, ma a casa in dvd, perch uno di quei horror che ha bisogno di assoluta concentrazione e silenzio, cosa che nei nostri cinema ormai sempre pi raro. Una menzione finale, per i due attori, all'esordio in questo film. Avatar di James Cameron E da tempo che sostengo la rivoluzione della terza dimensione nel cinema. Avatar sancisce questa teoria in maniera definitiva. Forse esagerato affermare che dopo le rivoluzioni del sonoro prima e del colore poi, arrivi il 3D. Di sicuro, almeno per quanto riguarda la modalit di visone, e quindi la fruizione del film da parte dello spettatore, questultima viene stravolta per diventare pi performante. E chiaro che questo film uno dei pochi casi tra i 3D, che pu essere apprezzato anche in 2D, ma chiaramente la performance dello spettatore sulla visione cambia.Un kolossal in tutto e per tutto, nel grande stile hollywoodiano, una confezione tipica della struttura americana, soprattutto nella sceneggiatura. Vi si riconosce tutto il cinema post-
moderno: dal western, ai film di guerra, al fantasy, ai film di fantascienza. Eterogenia concentrata anche nel soggetto, che ingloba tutti i temi dellattualit: dal conflitto in Iraq e lamore per lesportazione della democrazia che qui si trasforma in esportazione della civilt, ai temi ecologisti, a quelli new-age verso lenergia della terra madre che porta equilibrio, ecc Su di un soggetto cos corposo, forse si poteva sviluppare una sceneggiatura un po pi studiata, perch la sensazione che sia stata tralasciata a favore di unattenzione maggiore verso tutta la parte tecnologica e la regia del film. Forse affiancarsi di un altro sceneggiatore sarebbe stato utile. Tecnologia che stata applicata in maniera massiccia, come forse mai prima, a favore del tridimensionale, con luso di una macchina da presa innovativa, la fusion-cam. E una camera, progettata tra gli altri dallo stesso Cameron, che permette di girare le scene con gli attori, riuscendo ad integrare nel monitor della stessa camera il 3D, in maniera che il regista possa vedere contemporaneamente, la scena che sta girando nellambiente tridimensionale. Questa una delle tante rivoluzioni che il 3D ha portato nel modo di fare i film, quindi non solo nella visione, ma anche nella costruzione della stessa. Cameron dimostra, ancora una volta, di essere uno dei pi capaci registi e produttori cinematografici che ci siano oggi nel mondo, confezionando un prodotto di due ore e quaranta minuti, senza un momento di pausa(a parte quella forzata che fanno i peggiori cinema per vendere pop-corn), che anzi per come si sviluppa il film, ho trovato anche corto, si poteva e-
stendere un po di pi la sceneggiatura, sviluppando ci che avviene dopo il finale. Gli attori hanno tutti fatto un grandissimo lavoro, sostenuto, ovviamente dal gande lavoro registico, soprattutto lattrice che interpreta Neytiri, Zoe Saldana, magnifica nel dare al suo personaggio tutta la sensualit selvaggia che solo unafroamericana avrebbe potuto dare in quel modo. Da tenere docchio nel cast di questo film il direttore della fotografia Mauro Fiore, il cui lavoro lo ritroveremo nel 2010 con il film sullA-Team. Ancora una volta James Cameron riesce a colonizzare il nostro immaginario, ed in questo caso anche la nostra modalit di visione, senza darci scampo ne scelta di fuga, come fece molti anni fa con Terminator, lasciando un traccia sempre pi indelebile nella storia del cinema. Soul kitchen di Fatih Akin Divertente commedia dal sapore musicale, in ogni senso, visto che ruota tutto tra la cucina di un ristorante e la musica soul. Il regista de La sposa turca, ci fa divertire sviluppando la sceneggiatura in maniera da non annoiare mai lo spettatore, e creando sempre risvolti interessanti. Un commedia come una volta, retta quasi in toto su di un soggetto ed una sceneggiatura molto solide, e sui personaggi diretti egregiamente. Carina la colonna sonora in gran parte animata da blues, soul e funky, e contaminata da una spruzzatina di hip-hop. Un lavoro molto pi leggero rispetto alla Sposa turca, soprattutto nel soggetto, ma che comunque d la possibilit di passare una divertente ora e mezza, di buon cinema.
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http://www.youtube.com/watch?v=VCvV2k1i54I
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