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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 6 Anno II
16 febbraio 2010

edizione stampabile

www.arcipelagomilano.org

Editoriale - L.B.G. - MILANO. A CHI DOBBIAMO PRESENTARE IL CONTO? Primo Piano - Francesco Miggiani IL MERCATO DEI MANAGERS. IL PREZZO GIUSTO? Architettura - Giorgio Origlia - LA NUOVA SEDE DELLA REGIONE: MIRABILIA O MISERABILIA URBIS?
Lavoro - Giuseppe Ucciero - ART. 18 E DINTORNI: CONSIDERAZIONI DI UN NON GIUSLAVORISTA

Urbanistica - Mario De Gaspari - PIANO CASA. FALLIMENTO. MGLIO COS Citt - Valentino Ballabio - EVERGREEN. PGT A SOMMA ZERO Approfondimenti - Claudio Rugarli - MONOD E LE PRIMARIE Societ - Giovanni Zanchi - DA ROSARNO A VIA PADOVA Lettera - Gianni Zenoni - DETTAGLI. LA SCALA E LA TORRE SCENICA Scuola e universit- Vincenzo Viola - PRIVATE E PREMIATE
**** Speciale Elezioni - Walter Marossi - ALLA RICERCA DEL MITICO CENTRO Speciale Elezioni Carneade - ULTIME DAL FRONTE Video BOB KENNEDT III RACCONTA LA SUA MILANO Musica

TCHAIKOVSKY - Concerto per violino e orchestra Op.35 Primo movimento - parte


Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola TEATRO a cura di Guendalina Murroni ARTE - a cura di Michele Santinoli CINEMA a cura di Simone Mancuso

Editoriale MILANO. A CHI DOBBIAMO PRESENTARE IL CONTO? L.B.G.


La saggezza cinese dice che quando arriva la piena bisogna piegarsi come una canna, quando la piena passata ci si raddrizza. Qui ormai non ci si pu pi raddrizzare, la piena degli scandali, le rivolte degli immigrati, il PM10, la distruzione sistematica della scuola, lo spreco del denaro pubblico non sono pi una piena destinata a passare ma lo stato permanente di un Paese che rischia di non poter pi rialzare la testa o, ancor peggio, di non aver pi voglia di rialzarla. Dobbiamo fare come sugger nel lontano2002 Saverio Borrelli, il procuratore generale della Repubblica di Milano: Resistere, resistere, resistere.. Ma anche chiedere conto a chi ci amministra di quel che successo. Forse abbiamo scampato il pericolo Bertolaso come commissario allExpo, come dire non siamo passati dalla padella alla brace, ma laffare Pennisi tutto nostro. Della vicenda si detto molto quanto a cronaca dei fatti, degli antefatti, della trasversalit e delle dichiarazioni al limite della schizofrenia, in particolare da parte del sindaco Letizia Moratti. Eppure bisognerebbe indagare sulle origini del male. Invocare leggi pi severe pu essere utile ma farle osservare altra cosa; non possiamo n dobbiamo trasformarci in uno stato di polizia con tutte le deviazioni possibili che abbiamo conosciuto: il controllo sulle persone ha dei limiti e, quandanche lo si mettesse in atto, finiremmo a ridurci alla videosorveglianza che tanto piace a chi la vuole per gli altri ma non per s. Pi efficace certo individuare un meccanismo di scelta del personale politico che sia allopposto di quello attuale. Quello che tutti ormai abbiamo capito che il Partito della Libert ha raccolto attorno a s i cascami o il peggio della distruzione dei partiti distrutti da Tangentopoli e quandanche non fossero cascami, ha radunato una truppa che ha visto in quel partito immagine la porta pi facile non per entrare in politica, desiderio legittimo, ma per arrivare a posti di Governo e sottogoverno. In molti ci sono riusciti perch Forza Italia, come la Legione Straniera, non ha guardato in faccia nessuno. Eccoci dunque alla peggior classe politica dalla Liberazione ad oggi. La destra messa male ma anche la sinistra non scherza. Per la sinistra il male non tanto una truppa raccogliticcia ma i vizi della casta: la bibliografia al riguardo ricca. Non ripetiamoci. Ma non facciamoci nemmeno prendere in giro perch quando sentiamo il duo Gelmini-Brunetta parlare di meritocrazia il minimo che si debba rispondere un banale richiamo alla parabola della pagliuzza nellocchio. Qualcuno se lo ricorda Roger Abravanel, autore un paio di anni orsono del libro Meritocrazia, nel quale inneggiava a questo criterio per la scelta degli uomini chiamati a posti di responsabilit? Ora il guru del ministro Gelmini, il convitato dobbligo delle associazioni imprenditoriali, il severo fustigatore della Casta dei docenti universitari e titolare di un Blog sulla meritocrazia del Corriere della sera. Bene. Dunque i vertici della classe politica che ci governa guardino verso la base della loro piramide e facciano loro il vecchio adagio: la carit comincia in casa e si rileggano il libro di Abravanel. Ma forse per loro il merito sta nella fedelt cieca e ottusa al capo e dunque non ci capiremo mai. Come la destra possa o voglia venirne fuori sono affari loro ma per la sinistra che ci chiede il voto una terapia c: aprirsi realmente al Paese e aver il coraggio di affrontare delle primarie vere senza trucchi, senza reticenze, senza tatticismi, aperte a tutti e non solo per i candidati di vertice (presidenti o sindaci) ma per tutta la lista, mettendo a disposizione degli elettori una scheda per ciascun candidato che ne illustri le competenze e le passate esperienze politiche e professionali. Ma di questo ne riparleremo.

Primo Piano IL MERCATO DEI MANAGERS. IL PREZZO GIUSTO? Francesco Miggiani


La retribuzione dei manager ha rappresentato in questi ultimi mesi un tema quanto mai caldo, continuamente menzionato dai leader politici, dibattuto nelle prime pagine dei giornali. Tutto ci solo apparentemente strano; la retribuzione dei manager in realt tocca (per confronto) tutti noi, un tema semanticamente denso e possiede un alto valore narrativo ed evocativo (denaro eguale potere, ricchezza, sicurezza), e ben si presta per la sua semplicit a essere compreso dallopinione pubblica. Quanto accaduto nei giorni scorsi al Senato della Repubblica ne lennesima riprova: mentre in discussione la Ddl comunitaria sulle retribuzioni dei manager pubblici, approvato un subemendamento del senatore Lannutti che stabilisce che gli stipendi dei manager di banche e societ quotate non possano superare quelli dei parlamentari; viene inoltre stabilito che ai manager bancari non possono essere attribuite stock options. E interessante osservare che questo subemendamento viene approvato con il pieno appoggio del relatore della Ddl, che il ministro competente esprime la propria soddisfazione per la variazione introdotta, e che pochi giorni dopo numerosi esponenti politici dichiarano (con apprezzabile linearit di comportamento) questa norma profondamente sbagliata, assicurandone la cancellazione nel corso del successivo passaggio alla Camera dei Deputati. E ancora pi interessante osservare che tutti i media, di qualsivoglia orientamento politico, hanno dato ampio risalto allaccaduto tralasciando di menzionare il fatto (sicuramente molto pi importante) che una volta approvata dal parlamento la Ddl nella versione originaria, lItalia sar tra i primi paesi al mondo a disporre di un sistema di norme (mutuate dalle indicazioni del Financial Stability Board guidato da Mario Draghi) finalizzato a rendere i sistemi di remunerazione dei manager pi trasparenti e bilanciati e dimostrando cos di aver tratto un vero insegnamento dalla crisi. C da dire che certe cose non accadono solo in Italia: il Wall Street

Journal del 5 febbraio scorso riportava che il presidente Obama, nel discorso annuale sullo stato dellUnione, ha denunciato i manager che ricompensano se stessi nonostante le loro debacle e i banchieri che mettono il resto del mondo a rischio per i propri guadagni. Il presidente ha richiesto inoltre maggiori tasse sulle aziende petrolifere, sui gestori dei fondi dinvestimento e su tutti coloro che guadagnano pi di 250.000$ lanno. Molto opportunamente, lintervento del presidente Obama era collocato allinterno di un articolo che intitolava: A Short History of American Populism. Potremmo continuare a lungo con parecchi altri fatti recenti e meno recenti che dimostrano come questo tema abbia cessato ormai da tempo di essere oggetto di un dibattito serio e meditato, per precipitare invece in un vortice di populismo, demagogia, strumentalizzazione mediatica. Urge quindi, anche in questo caso, tornare ai basics ponendosi alcune semplici domande; ad esempio possiamo chiederci: Un manager che prende 3 milioni di euro lanno vale davvero tanto denaro? Come pu accedere che nella nostra societ ci siano aziende che reputano conveniente pagare simili cifre a loro dipendenti?. La pi immediata risposta, perfettamente coerente con lo spirito dei tempi attuali, che il mercato a stabilire queste retribuzioni, e che quello che fa il mercato giusto per definizione. Siamo proprio sicuri che sia cos? Forse la realt un po pi complicata. Il dibattito sulle retribuzioni risale alle origini degli studi di economia; voglio risparmiare in questa sede ai lettori un lungo excursus storico, che ci porterebbe a parlare della Legge Bronzea dei salari, dei sistemi di cottimo di Frederick Winslow Taylor, delle ricette (fin troppo citate in questi ultimi mesi) di John Maynard Keynes, della politica dei redditi negli anni del Centrosinistra italiano. Quello che possiamo dire con riferimento alloggi che il mercato del lavoro manageriale per i ruoli di maggiore responsabilit ben

lungi dal trovarsi in una condizione di concorrenza perfetta (informazione perfetta a tutti gli attori e completa omogeneit del bene che viene scambiato); al contrario, il numero degli attori che compone questo mercato (sia dal lato dellofferta, i manager, sia dal lato della domanda, le aziende) estremamente limitato: quante possono essere in Italia le retribuzioni di valore pari a tre milioni, visto che di questo valore stiamo parlando? Sicuramente molte poche, e con volumi di scambi che si contano sulle dita di una mano e sicuramente non tali da giustificare una ipotetica retribuzione di equilibrio. Il sistema, inoltre, caratterizzato dalla presenza di numerose frizioni, quali le asimmetrie informative tra datore di lavoro e manager, la presenza di relazioni di agenzia e via dicendo che inseriscono numerosi elementi qualitativi nello scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione. Le teorie classiche del mercato del lavoro quindi in questo caso non ci aiutano a rispondere al quesito che ci siamo posti. Forse un maggiore aiuto ci pu provenire dalleconomia comportamentale, una disciplina relativamente recente che sta rapidamente prendendo terreno nel mondo dellaccademia e del management. Leconomia comportamentale, tra gli altri, pone una particolare enfasi sui processi di costruzione delle aspettative e sui meccanismi di formazione dei prezzi. Secondo questa impostazione, una prestazione lavorativa di alto prezzo pu essere percepita come una garanzia ex ante di risultato: in altri termini, un manager che richiede molto denaro si propone come bravo manager, e colui che lo paga pu legittimamente sperare che questa sua bravura continui anche in futuro e produca significativi benefici economici allazienda e al manager stesso. Gli americani, con la loro consueta sagacia sui processi di management, hanno prodotto unoriginale e provocatoria concettualizzazione: questo modello passa sotto il nome di effet-

to di Lake Wobegan, dal nome di una ridente localit del Minnesota dove tutti i bambini sono al di sopra della media (!). Lo stesso pu dirsi avvenire per i capi azienda (CEO nel linguaggio americano): nessuna azienda infatti (razionalmente) disponibile ad ammettere che il proprio CEO debba essere retribuito sotto la media (sarebbe come ammettere che il proprio meno bravo della media dei suoi pari); lazienda pertanto si pone lobiettivo di posizionare il pacchetto retributivo sui valori medi di mercato o, ancor meglio, sopra la media di un gruppo di aziende con caratteristiche simili. E abbastanza intuitivo affermare che le aziende tendono a rendere pubblica la loro attitudine a pagare bene i propri collaboratori e in particolare il proprio capo azienda. Questo un elemento particolarmente importante, perch introduce lidea che pagare bene non sia un fatto ininfluente ai fini di come lazienda viene vista dal mercato; in realt il gioco ben pi complesso e dallaumento di retribuzione traggono beneficio sia il manager sia lazienda stessa. Nella realt dei fatti, non tutti i CEO possono essere pagati al di sopra della media di mercato (ovviamente); quello che succede che ogni anno buona parte dei Board dichiarino che il posizionamento della loro azienda sul mercato delle retribuzioni nella met superiore del mercato stesso: questo fa s che quando lazienda A assegna al proprio capo azienda un incremento retributivo, presto o tardi anche il capo dellazienda B ne riceva uno, anche se lazienda B non versa in floride condizioni; questo secondo aumento sposta ulteriormente verso lalto i valori medi di mercato, e cos via. Si viene a creare quindi una spirale che si autoalimenta, in questo modo si perde altres la connessione logica tra posizionamento dellazienda sul mercato delle retribuzioni e andamento di mercato dellazienda, rafforzando la percezione diniquit presso la pubblica opinione.

Alla base del fenomeno che abbiamo descritto i ricercatori pongono tre assumptions: la prima che deve sussistere unasimmetria informativa rispetto alla capacit del manager di creare valore per lazienda (in altre parole, lazienda non pienamente in grado di valutare il proprio manager da questo punto di vista; a favore del manager gioca anche il suo potere contrattuale); secondariamente, si parte dal principio che il valore del pacchetto retributivo attribuito al top manager trasferisca al mondo esterno uninformazione sulla capacit del manager di creare valore per lazienda (e che quindi ambedue traggono vantaggio da una retribuzione pi alta); in terzo luogo, lazienda desidera influenzare sistematicamente in modo a s favorevole il mondo esterno (nellaspettativa che i corsi di borsa riproducano questa positivit). A partire da questi elementi i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che le retribuzioni di mercato non esistono, e che anzi le aziende tendono a incrementare le retribuzioni dei loro top manager con il chiaro obiettivo di influenzare la percezione del valore dellazienda da parte del mercato. Su questo percorso di ricerca si colloca un interessante articolo comparso sul Financial Times di qualche mese fa a firma di Roger Martin, larticolista, cavalcando a sua volta il risentimento per le eccessive retribuzioni dei manager, afferma che i sistemi di ricompensa del management sono collegati al mercato delle aspettative, che ha come indicatore ultimo il valore di mercato delle azioni (questo mercato, quello azionario, si distingue secondo lautore dal mercato reale dei beni, che quello dove le aziende competono ogni giorno con i loro prodotti). Martin spiega questo fenomeno facendo un parallelo con il mondo dello sport americano. A differenza dei calciatori in USA, ai manager viene consen-

tito di fare scommesse sul loro stesso risultato; i loro incentivi non sono basati sul punteggio che ottengono sul campo di gioco, ma derivano da quello che accade sul mercato delle aspettative. Questo mercato viene influenzato annunciando piani industriali strabilianti, programmi di sviluppo molto ambiziosi: il valore del titolo dellazienda sul mercato sale: con questo sale anche laspettativa della comunit finanziaria nei confronti del manager e conseguentemente la sua retribuzione. Tutto questo crea un pericoloso circolo vizioso: i manager sono consapevoli che la loro retribuzione dipende dalla crescita delle aspettative, come pure del fatto che il miglioramento delle performance aziendale il sistema pi difficile e lento per ottenere questo risultato; molto meglio mettere in atto azioni che diano lapparenza di un rapido sviluppo o utilizzare artifici contabili che migliorino (solo esteriormente) i risultati. Da ci conseguono lelevata volatilit dei mercati e le modeste performance reali (non finanziare) delle aziende. Larticolista conclude che sia ora di cambiare regime: gli executives devono rispondere ai loro azionisti solo su obiettivi del mercato reale. Analogamente deve essere messa la parola fine sullincentivazione basata sulle stock option. Torniamo adesso con i piedi per terra e vediamo cosa accade nel nostro Paese in tema di retribuzioni manageriali, utilizzando alcuni dati significativi della banca dati delle Indagini Retributive di Hay Group (anno 2009). I dati di questanno mostrano che lItalia, nonostante indubbi miglioramenti negli ultimi anni in direzione della meritocrazia, continua a mettere in atto politiche retributive incoerenti con la propria vocazione di grande realt economica avanzata; alcuni indicatori sono infatti disarmanti: nel 2009, le famiglie professionali censite nel campione di Hay Group che hanno

ricevuto minori incrementi retributivi discrezionali sono state quelle della Ricerca e Sviluppo e della Qualit, mentre le pi premiate sono state lAmministrazione, Finanza, Controllo, la Produzione, il Marketing. Ora, assolutamente vero che in tempi difficili si vogliano premiare le famiglie professionali mainstream, altrettanto vero per che questa una scelta miope, di breve periodo, che pregiudica sviluppi futuri e non asseconda il miglioramento della produttivit, che il vero problema del nostro Paese. Analogamente, i livelli retributivi dingresso dei neolaureati continuano a essere inferiori, a parit di condizioni, a quello praticati in altri Paesi, la stessa dinamica si ha per il rapporto tra retribuzione dei neolaureati e quella media di dirigenti e quadri, con differenziali che continuano ad ampliarsi negli anni; e potremmo continuare. Con questo non vogliamo sostenere che questa la causa della fuga dei cervelli dallItalia; ci limitiamo a dire che dal confronto internazionale non usciamo bene su questo e su altri punti. Una considerazione conclusiva. Come emerge da questanalisi, credo di essere riuscito a dimostrare che la retribuzione del manager non siano un fatto oggettivo, ma si presentino come un sistema complesso sul quale influiscono fenomeni delleconomia reale, dinamiche finanziarie, variabilisoft spesso amplificate dai media, dialettiche negoziali, processi di potere. Al contrario, la polemica sugli stratosferici pacchetti retributivi dei manager, che quella nel cono di luce dei media, rischia di nascondere i veri problemi delle politiche retributive praticate nel nostro Paese, che non sono coerenti con lobiettivo di migliorare la produttivit a tutti i livelli e quindi la competitivit del nostro sistema economico. su questobiettivo che bisogna puntare per fare un vero passo in avanti.

Architettura LA NUOVA SEDE DELLA REGIONE: MIRABILIA O MISERABILIA URBIS? Giorgio Origlia
Sono tra i pochi architetti milanesi che non sono corsi a visitare il nuovo palazzo della Regione in occasione della festa per la sua inaugurazione, non mi sento in colpa. Diffidavo dellinaugurazione di un complesso che ancora un cantiere, fatto passare per finito con apparati da discoteca, addobbi e tirate a lustro per scopi puramente pre-elettorali. Ci che conta dellarchitettura il senso che gli spazi progettati hanno per chi ci vive e li usa, quindi preferisco rimandare ogni giudizio a una visita da normale cittadino, in un giorno qualsiasi. Il che non ancora potuto avvenire essendo il complesso appunto un cantiere: anche la piazza vuota, deserta e visibile solo filtrata da una cortina di bamb, ridiventata inaccessibile ai non addetti. Comunque sul nuovo complesso qualche idea me la sono fatta. Tralascio i pochi dettagli di architettura discutibili, il progetto bello, ma non posso non sentirmi preso in giro da chi ha sostenuto che Con questo progetto abbiamo voluto rappresentare i monti e le valli lombarde, con il sinuoso accostarsi di crinali e spazi vuoti, e il corso dei fiumi che aprono la strada verso la pianura, sedimentati nella cultura e memoria collettiva, sono alla base del disegno delledificio: i fabbricati diventano le dorsali montuose del nord della Regione mentre le piazze e gli spazi aperti sono le valli attraversate dai fiumi. Visto che i crinali sono bestioni ondulati di venticinque metri che quasi si toccano, per analogia allora i grattacieli circostanti dovrebbero rammentarci le guglie del Resegone, e la distesa di condominii multipiano che costituiscono il tessuto di Milano dovrebbero sembrarci un armento di vacche al pascolo nella pianura. Spero che la paternit di una tale baggianata (questo s termine lombardo) sia di qualche giovane e sprovveduto editor e non del progettista, che ritengo invece abbia fatto bene il suo mestiere. Il nuovo complesso, pur non finito, suscita inevitabilmente due interrogativi, uno frivolo e laltro pi serio. Il primo accompagna dovunque la nascita di gli spazi pubblici artificiali, pensati e progettati a tavolino e non prodotti dallaccumulo della storia urbana: la piazza sar viva e frequentata, o rester un deserto? Possiamo sperare che questa piazza diventi per esempio come il Sony Center in Potzdammerplatz a Berlino, frequentatissimo dalla mattina a tarda sera? Sicuramente no, neanche se si potesse riempire a forza di negozi, ristoranti, bar e fontane: mancano tutte le necessarie sinergie storiche, politiche, commerciali, dei trasporti che si possono trovare nel centro di una capitale come Berlino. Il quartiere Gioia, in una citt come Milano, di sinergie non ne offre nessuna. La piazza coperta ha due punti di contatto con la citt che la circonda: da un lato sfocia arenandosi subito su via Melchiorre Gioia, luogo tra i meno vivibili di Milano, e dallaltro termina contro unaltra strada di scorrimento automobilistico, ancor meno attraente, attraversata la quale c un distributore di benzina e una negletta zona verde. Ovviamente i progetti di riqualificazione dei dintorni non mancano, pi o meno cervellotici (vedi quello di ricostruire una specie di Swissminiatur geofisica con finti fontanili e finte colline a raffigurare il paesaggio lombardo, estesa fino a piazza Carbonari) , mentre manca il senso dellintera operazione. Equidistante (nel senso, appunto, di piuttosto distante da ambedue) rispetto alla Stazione Centrale e alla Stazione Garibaldi. Equidistante da tutto ci che pu costituire sinergie vitali, con qualche bar racimoler gli impiegati degli uffici vicini in pausa-pranzo, che dovranno comunque attraversare stradoni pieni di traffico per un piatto di pasta in piazza. E per le altre 23 ore del giorno? Aspettiamoci che tra qualche mese compaiano degli imbarazzanti ma ben disegnati cancelli, che impediscano laccesso serale a barboni e skaters. Oppure unidea semiseria lavrei. Se la Regione ne ha il coraggio, trasferisca dufficio nella piazza alcuni bar della movida milanese. Almeno il popolo della notte potr schiamazzare fino a tardi ben isolato e senza dar fastidio ai normali, visto che gli uffici sono chiusi di notte, e facilmente controllato. La piazza sar cos garantita viva e vitale a tutte le ore. Ma veniamo allinterrogativo serio. La crisi, che tutti sappiamo sar duratura, gi ne ha falciati moltissimi, e continuer a falciare posti di lavoro. Posti che appunto occupavano spazi negli edifici per uffici. Che anchessi quindi diventano dei disoccupati. Per trasferirsi nel suo nuovo palazzo la Regione svuoter le sedi esistenti. Che serve allora costruirne altri di palazzi, enormi come Palazzo Lombardia, se quelli esistenti si stanno gi svuotando? E se Milano piena dovunque di edifici per uffici vuoti o semivuoti, dal vicino palazzo Galfa fino a via Ripamonti? E legittimo domandarsi se coloro che si dovrebbero occupare del benessere dei cittadini, pi che della loro immagine, si parlino tra loro almeno ogni tanto. La Regione si costruisce una sede faraonica, voluta in tempi di vacche grasse e finita quando le vacche sono pelle e ossa, Citylife ci regaler il Gobbo, lo Smilzo e lo Storpio, e intanto interi quartieri di uffici sono gi da anni semivuoti. Quartieri che hanno prodotto s occupazione, per il tempo che servito a costruirli: ma che hanno anche consumato risorse non rinnovabili e compromesso per sempre il territorio su cui sorgono. In realt questo complesso lennesimo e costoso atto dirresponsabile narci

sismo del potere a spese nostre, che non produrr alcun effetto positivo sulla qualit della vita dei cittadini, e al di l delle finezze del suo disegno, va giudicato per quello che . Une-

legante e mostruoso spreco di risorse. Ormai questo c, teniamocelo. Vediamo invece se non siamo davvero in grado di fermare o almeno rallen-

tare il delirio immobiliarista che ci riempir di altri grattacieli inutili. Il Resegone non ha abbastanza guglie per giustificarli tutti.

Lavoro ART. 18 E DINTORNI: CONSIDERAZIONI DI UN NON GIUSLAVORISTA Giuseppe Ucciero


Seppure passato il momento di massima contestazione allart 18 dello Statuto dei Lavoratori, tuttavia la sua messa in discussione, anche radicale non superata, anzi. Paradossalmente, le contestazioni pi rilevanti contro lart 18 sembrano pervenire da giuslavoristi del campo progressista, e tra i pi noti e generalmente apprezzati. A queste posizioni desidero riservare alcune considerazioni di natura logica fattuale, non specificamente attinenti cio alla disciplina che se ne occupa istituzionalmente: insomma le considerazioni di un non giuslavorista. Per venire subito alla questione, ricordo che sindica nel grado di tutela accordata dallart 18 dello Statuto dei Lavoratori al rapporto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese sopra i 15 dipendenti, la causa principale della distorsione del mercato del lavoro italiano, lirrigidimento della struttura produttiva e lo svantaggio dei lavoratori non beneficiari dellapplicazione dellart 18. Il divieto di licenziamento in assenza di giusta causa, con obbligo di reintegro sul posti di lavoro del lavoratore, impedirebbe il funzionamento fluido del mercato del lavoro, bloccando le uscite e per questo anche gli accessi alle imprese, ostacolando cos la stessa stabilizzazione e tutela dei lavoratori precari. In breve, e si perdoni la sintesi troppo secca, legoismo e il corporativismo dei lavoratori delle imprese sopra i 15 dipendenti sarebbero allorigine dinefficienza produttiva e dineguaglianza sociale. E unaccusa grave, che richiede una meditata responsabilit nella sua formulazione, ma anche unattenzione senza pregiudizi nella sua valutazione, privilegiando la ricerca dei fatti sul campo come criterio di fondo. Esaminando il mondo dellimpresa privata, si deve subito rilevare che, se le imprese sotto i 15 dipendenti sono gi oggi nella vantaggiosa posizione di poter licenziare ad nutum, allora ci si aspetterebbe di rintracciare in questo specifico segmento produttivo una percentuale di lavoro atipico bassa o addirittura nulla. Non cos. In linea di fatto, il ricorso alle forme di rapporto atipico diffuso tanto nelle imprese regolate dallart. 18 che in quelle ad esso sottratte; anzi, specie nei servizi, vi pi ricorso a queste forme nelle imprese sotto soglia che sopra soglia. Se si resta su di un terreno logico, dovremmo allora dedurre che non vi relazione necessaria tra grado di tutela accordata ex art. 18 e ricorso al lavoro atipico. Si dice poi, che la rigidit della tutela accordata ex art. 18 determini il nanismo delle imprese, condannate a restare sotto soglia per la preoccupazione che lart 18 arrecherebbe allimprenditore. Qui la distorsione della memoria appare eclatante. Al momento dellapprovazione dello Statuto dei Lavoratori (1970), le imprese sotto i 15 dipendenti erano gi la stragrande maggioranza delle imprese italiane e quindi lart 18 non ha avuto ruolo essenziale nella promozione del nanismo dimpresa, determinato semmai dallevoluzione dei fattori produttivi, in primis le nuove tecnologie, o da gravi deficienze delle politiche industriali. Infine, lart 18 limiterebbe la flessibilit organizzativa, essenziale per il mantenimento e lo sviluppo della competitivit dimpresa, e qui non si comprende la natura dellargomento. Il tema della flessibilit tipicamente il tema delle ristrutturazioni dimpresa, processi collettivi che coinvolgono intere popolazioni di lavoratori e non quindi materia di art. 18, che regola invece il licenziamento individuale. Come si sa, in Italia il tema dei licenziamenti collettivi regolato da specifiche normative e accordi con cui si d modo allimprenditore di procedere alla soluzione prescelta, sia in dialogo con il sindacato che in avversione: dalla mobilit alla cassa integrazione, la flessibilit consentita. Ma in ogni caso, che centra qui lart. 18? E infine guardando ai Paesi europei, dove non si trova traccia di istituti comparabili con lart. 18, ci si imbatte sempre in unarea consistente di lavoro atipico, nelle variegate forme di lavoro interinale, a tempo determinato o quantaltro. Dunque anche in questo caso difficile sostenere lesistenza di una relazione causa effetto tra il grado di tutela del posto di lavoro a tempo indeterminato (che non esiste in forme simili a quello italiano) e la diffusione del lavoro atipico. Se osserviamo infine il mondo della pubblica amministrazione, certamente qui il rapporto di lavoro tutelato in sommo grado, ma se si dovesse identificare il maggior ostacolo alla flessibilit ed il maggior impulso allo sviluppo del lavoro atipico, lo dovremmo cercare nella forte rigidit delle mansioni e dellorganizzazione pretesa dalle organizzazioni sindacali. Vi poi largomento dei vincoli di bilancio alle amministrazioni dello Stato e degli EE.LL.: se lorganico non pu essere strutturalmente ampliato o semplicemente mantenuto, allora si deve ricorrere necessariamente al lavoro atipico. Ma se queste sono le principali cause della diffusione del lavoro atipico nel mondo della Pubblica Amministrazione, re-

sta da chiedersi cosa centri la disciplina dellart. 18 nel generarlo. Ma allora, se cos stanno le cose in linea di fatto e di logica, dove consiste effettivamente la questione? Quale relazione possiamo effettivamente rintracciare tra il grado di maggior tutela accordato dallart. 18 ai lavoratori delle imprese medio grandi e la diffusione del lavoro atipico nellintera sfera del lavoro, sia essa pubblica o privata, nella microimpresa o sopra soglia? E soprattutto a cosa si deve allora lampio ricorso al lavoro atipico in Italia e soprattutto il disagio che ne deriva, assai pi che in altri Paesi dEuropa? Qui indispensabile la Memoria, cosa di cui peraltro i lavoratori appaiono sufficientemente forniti. Si deve ricordare che il lavoro atipico sorto in Italia come gamma di istituti normativi volti alla riduzione del tasso di disoccupazione, specie quella giovanile o femminile: il lavoro atipico stato preceduto, ed tuttora accompagnato, da ampi fenomeni di lavoro irregolare. In realt, il tema vero del lavoro atipico e della sua diffusione in Italia non relativo alla flessibilit del rapporto di lavoro, e quindi nellart. 18, ma nel costo del lavoro per limpresa, e qui si ritrova la vera ragione del ricorso a esso. Le imprese, grandi

e piccole, ricorrono al lavoro atipico principalmente perch un lavoro pi conveniente economicamente e la cosa incongrua se si pensa che un lavoro flessibile dovrebbe costare di pi e non di meno: lo svantaggio derivante dalla ridotta, o nulla, durata del rapporto andrebbe compensato con il suo maggior costo per limpresa che se ne avvantaggia, cos come effettivamente accade per la regolazione del lavoro interinale. Ma a parte questo caso virtuoso, in Italia succede invece il contrario. Se cos stanno le cose, occorre avere il coraggio per chiamare le cose con il loro nome e non si chiami flessibile quello che semplicemente lavoro sottopagato. E allora non sinvochi lart 18 per giustificare questa pratica, dato che qui il tema non la flessibilit ma il costo unitario dellora lavorata. Eccoci dunque arrivati infine al tema della qualit delle regole e degli istituti che tutelano il lavoratore che ricade nelle diverse tipologie del lavoro atipico: pensioni, retribuzioni, previdenze sanitarie, ferie, malattia ecc. Tutti questi istituti costano, ma il loro costo ampiamente compensato dal beneficio che limpresa trae dalla temporaneit del rapporto di lavoro. Dobbiamo allora chiederci per quale motivo questo non avvenga, e qui si ritorna al tema del lavoro

atipico pensato come vestito giuslavoristico per regolamentare unemersione minimamente accettabile del lavoro assegnato allora ai giovani e alle donne negli anni 80 e 90: il lavoro irregolare, discontinuo e sottopagato. La diffusione del lavoro irregolare normato come atipico ha consentito labbassamento vertiginoso del tasso di disoccupazione ufficiale del nostro Paese, ma, per una inspiegabile dimenticanza prospettica, ha contribuito a far perdere la memoria della sua genesi e della sua finalit, al punto da far credere a qualcuno che quei posti di lavoro irregolari, divenuti ora lavori atipici, siano figli attuali della cosiddetta ipertutela dei lavoratori delle imprese sottoposte allart 18, e non appunto dellinnovazione giuslavoristica degli ultimi quindici anni. Sia detto questo, essendo ben chiaro che i lavori atipici di oggi sono comunque decisamente meglio del lavoro irregolare di ieri. Insomma una questione che viene da lontano, che scritta nel dna del nostro sistema imprenditoriale e nel costume nazionale, che ha una sua dinamica propria e che non trova nellesistenza dellart. 18 la motivazione specifica della sua esistenza. Queste considerazioni e queste domande desideravo porre, come considerazioni di un non giuslavorista.

Urbanistica PIANO CASA. FALLIMENTO. MGLIO COS Mario De Gaspari


Il piano casa del governo doveva dare impulso alleconomia. Berlusconi stimava che avrebbe messo in moto risorse per 50 miliardi di euro. Era pensato come misura urgente e quindi si capisce il rammarico del governo per quello che fin qui un manifesto insuccesso del provvedimento. Tra le cause del fallimento probabile che ci sia il fatto che alcune delle agevolazioni previste dal piano stesso non sono poi novit di grande impatto per alcune regioni, come ad esempio la Lombardia, dove diversi provvedimenti, deroghe, intrepretazioni e consuetudini consentono da tempo ci che il piano casa vorrebbe agevolare. Inoltre c il fatto, quasi ovvio, che stimolare la domanda senza spendere pu essere forse possibile in periodi di crescita, ma quasi impossibile in periodi di crisi. Non la burocrazia che frena il piano, ma sono la mancanza di denaro, liquido e a credito, e una rinnovata propensione al risparmio dovuta ai timori causati dalla crisi. La ratio dei provvedimenti governativi sempre la stessa: non spendere un euro, non fare nulla per una pi equa redistribuzione del reddito, deregolamentare. probabile che questo metodo abbia del tutto esaurito la sua efficacia, tanto che lo stesso presidente di Assoedilizia fa notare che lunica misura in grado di dare impulso al piano sarebbe limposizione di un obbligo per le banche di concedere per sei mesi finanziamenti senza interessi a chi vuole investire nella propria casa. Ci sarebbe cio bisogno di nuova liquidit. Ma con questo torniamo esattamente al punto di partenza: la crisi ha causato una forte contrazione del credito che aggrava e prolunga la crisi nel tempo. Per uscirne occorrerebbe rimuovere, in un certo senso, le cause

stesse della crisi. Non facile, proprio perch le banche si stanno ricapitalizzando dopo anni di credito facile. E quel fiume di denaro finito in buona parte proprio nel settore immobiliare. Il che stato una delle cause principali della crisi. Quindi il piano casa fallito, ma forse in questo caso, il mercato sta lanciando un segnale che non da sottovalutare. E di questo dovrebbero tener conto Berlusconi e i sostenitori a oltranza del mercato, perch proprio al mercato che dovrebbero rivolgere le loro lagnanze, non ai burocrati delle regioni e dei comuni. Sarebbe come imputare il calo delle vendite degli alimentari alle code che i consumato-

ri sono costretti a fare alle casse dei supermercati. I segnali che provengono dal mercato hanno spesso, per, una loro euristica verit e in questo caso la lezione di tutto rispetto e andrebbe presa in seria considerazione. C un sostanziale e generale accordo che occorra stimolare la crescita e la ripresa, ma, anche senza scomodare la green Economy, poco si discute del fatto che sarebbe pi importante governare la ricomposizione del PIL (anche qui senza scomodare indici di benessere e felicit) piuttosto che favorirne una crescita comunque sia. Che la politica governativa sia pericolosa confermato dalle recenti avventurose dichiarazioni sul settore del turismo, che ci si augura di portare al 20% del

PIL. Turismo e immobiliare vanno abbastanza di pari passo e, in parte, sono la stessa cosa. quello che in questi mesi sta amaramente scoprendo la Spagna, che ha vissuto anni di splendore proprio grazie alla bolla del settore immobiliare e del turismo, in mancanza di aumento di reddito. Ed proprio per il fatto che lItalia non ha percorso fino in fondo quella strada che la crisi ci ha un po risparmiato rispetto ad altri paesi. Ma, come si vede, il governo sta cercando in tutti i modi di correre ai ripari. Cio di procurarci oggi i danni che non abbiamo avuto ieri. Ed perfino possibile che ci riesca se lopposizione non riuscir a esprimere una politica in grado di tenere insieme economia e territorio.

Citt EVERGREEN. PGT A SOMMA ZERO Valentino Ballabio


Il dibattito sul PGT milanese implica, insieme a scelte di natura territoriale e edilizia, una materia a dir poco trascurata dopo decenni di crescita zero della popolazione residente: la demografia. Uno dei presupposti di tale discussione infatti concerne lentit dellaumento di popolazione da ricondurre dentro i confini amministrativi di Milano, cio dentro la superficie legalmente interessata a tale nuovo strumento di governo del territorio; ipotizzando dunque un contro-esodo rispetto alla perdita secca degli anni 80. Tuttavia prima di entrare nel merito delle cifre essenziale porre attenzione al segno algebrico che sta loro davanti. Lincremento di x abitanti (o anche di 1/3 di x secondo gli emendamenti dei pi coraggiosi esponenti dellopposizione di Palazzo Marino) deve derivare da una somma zero se pur vero che la popolazione anagrafica non solo di Milano bens di tutta la regione stabile da ventanni a questa parte e non se ne prevedono incrementi significativi. Contrazione delle nascite, allungamento della vita media, immigrazione infatti tendono a compensarsi e a far prevedere ancora a lungo un sostanziale equilibrio demografico. Anche la tendenza alla polverizzazione dei nuclei viene sostanzialmente bilanciata dalla progressiva ricongiunzione delle famiglie, spesso numerose, degli immigrati. Da dove possono dunque arrivare gli x nuovi residenti? Prima ipotesi: dallhinterland e dallarea metropolitana circostante. Ovvero dal territorio relativamente omogeneo interessato a un unico mercato del lavoro e a un medesimo mercato immobiliare. Ma in questarea, oltretutto artificiosamente divisa tra province di Milano e di Monza, operano circa 200 Comuni contemporaneamente impegnati ad approvare i propri PGT, tutti tesi (con la lodevole eccezione di Cassinetta di Lugagnano) a incrementare le proprie volumetrie per ragioni di bilancio da quadrare. Dunque la somma algebrica non pareggia ( x + x = 2x). Seconda ipotesi: dalla fascia esterna allarea metropolitana, ovvero mediante contemporanea evacuazione e deportazione delle popolazioni di Varese, Como, Brescia e Bergamo (solo Bergamo secondo lopposizione). La somma algebrica soddisfatta (x x = 0), con effetti da esodo biblico ma il potere del Sindaco di Milano, anche se debordante, non ancora quello di Faraone. Terza ipotesi: da altre regioni, nazioni, continenti, ma la matematica a questo punto diventa opinione (x = y ?), poco sostenibile malgrado la storica spinta verso la globalizzazione. Quindi simpongono due domande preliminari: che senso ha approvare un PGT (anzi circa 200 PGT!) se si prescinde da previsioni a monte che definiscano di massima i parametri complessivi (andamento demografico, consumo di suolo, insediamenti fondamentali, infrastrutture portanti) nella dimensione della vasta area, relativamente omogenea riguardo le ricadute dei pesi insediativi, del sistema della mobilit e della condizione dellambiente? E qual il soggetto istituzionalmente competente e democraticamente legittimato a decidere a questo livello se si rinuncia ad adeguare lassetto istituzionale alla giusta dimensione fisica, economica, sociale, ossia alloggetto reale del governo del territorio? Domande, ritengo, legittime nel ventennale dellentrata in vigore della legge 142 del 1990 che aveva

invano previsto sia listituzione delle Citt Metropolitane che ladozione

dei PTC (Piani Territoriali di Coordinamento) da parte della Province,

di cui si persa traccia.

Approfondimenti MONOD E LE PRIMARIE Claudio Rugarli


Jacques Monod fu un importante biologo francese, professore al Collge de France e direttore del servizio di biochimica cellulare dellIstituto Pasteur, che nel 1965 vinse, insieme ai colleghi Andr Lwoff e Francois Jacob, il Premio Nobel per la Medicina e la Biologia. La sua fama sarebbe rimasta confinata tra gli intenditori di genetica molecolare, disciplina alla quale aveva dato un pur importante contributo, se non fosse stato per un libro da lui scritto e pubblicato nel 1970 dalle Edition du Soleil a Parigi, e contemporaneamente in Italia da Mondadori, intitolato nella traduzione italiana Il caso e la necessit. Saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea. Sono passati esattamente 40 anni dalluscita di quel libro che scaten in Francia un acceso dibattito nel mondo intellettuale, non solo scientifico, e un po meno anche in Italia. Basti ricordare che Francois Mauriac, dopo avere ascoltato una conferenza di Monod al Collge de France, dichiar: Quello che dice quel professore troppo difficile da accettare per noi poveri cristiani. Ma che cosa, al di l dei contenuti tecnici del suo libro, aveva scritto Monod di tanto scandaloso? Si trattava del caso, Monod aveva scritto che ciascuno di noi e lintera specie umana esistono per puro caso. Tirando le conseguenze estreme del neodarwinismo, il biologo francese aveva sostenuto che senza il caso (sola legge alla quale obbediscono le mutazioni che possono essere ereditate e che sono selezionate dallambiente, che la necessit) non si sarebbe avuta levoluzione biologica e non sarebbe emerso luomo. Per la verit del caso gi lo stesso Darwin aveva parlato, ma non si era soffermato troppo a riflettere sulle implicazioni per luomo e per la societ di questa sua assunzione. In effetti si poteva anche pensare che dietro il caso si celasse la mano creatrice di Dio, come ebbe a sostenere qualche anno prima di Monod il gesuita Pierre Teilhard de Chardin. Anche tra gli scienziati un ruolo del caso privo dimplicazioni, se non metafisiche, almeno naturalistiche, era stato accolto con diffidenza. Si dice che Einstein, di fronte allenunciazione dei principi della meccanica quantistica che faceva uso del concetto di probabilit, avesse dichiarato: Dio non gioca ai dadi, e avesse invocato lesistenza di variabili nascoste che alla fine sarebbero state svelate e avrebbero ristabilito il determinismo. Ma, a parte il fatto che dubbio che Einstein abbia mai pronunciato questa frase, lo stesso grande fisico ebbe occasione di dichiarare Il segreto del successo nella scienza come nella vita trasformare un problema in un postulato. E quello che lui aveva fatto per arrivare alla teoria della relativit ristretta, assumendo la costanza della velocit della luce. Ebbene, prendendo in parola Einstein, si potrebbe risolvere il problema del caso considerandolo, come aveva fatto Monod, un componente della natura. So bene che questo punto di vista si presta allaccusa di essere materialistico, ma credo che anche persone religiose che credono nella trascendenza possono accettarlo. Dio, possono dirsi, ha creato il mondo con la legge di gravit (per citare solo una legge di natura) e Dio ha creato il mondo con il caso. Ma, al di l delle implicazioni filosofiche del pensiero di Monod, suo grande merito avere indicato, e anche averne fatto cenno nel suo libro, un metodo di analisi che va al di l dellevoluzione biologica e riguarda levoluzione delle idee. Queste nascono liberamente (in questo caso la libert lanalogo del caso) nella testa degli individui e sono selezionate o meno a seconda della necessit costituita dalla partecipazione e dalle aspettative della societ. E questa levoluzione culturale della quale la politica una parte importante. Alla luce di questo metodo interpretativo si pu riflettere sulle capacit evolutive di vari sistemi politici. Per esempio, al giorno doggi, un regime dittatoriale o oligarchico ha scarse possibilit di evoluzione perch manca la selezione di una pluralit di idee. E infatti, il nazismo e il fascismo si sono dissoluti nella guerra che improvvidamente avevano provocato e il regime comunista sovietico imploso per la sua incapacit di autoriformarsi. Se vogliamo forzare la similitudine al campo dellevoluzione biologica, i regimi che limitano la libert sono analoghi ai grandi dinosauri. Un regime democraticoliberale ha dei vantaggi a questo riguardo, a patto che la libert di espressione non sia limitata dal monopolio dei mezzi di comunicazione di massa. Infatti, in sistemi veramente liberi, molte idee possono essere presentate a un vasto pubblico che ha la possibilit di criticarle o di promuoverle. Ma le cose non sono cos semplici. Infatti le voci che si confrontano possono essere cos numerose da richiedere degli intermediari, che sono i partiti politici. E qui si cela uninsidia che deriva dal come i partiti politici definiscono le loro idee e stabiliscono i loro programmi. Quello che voglio dire che, se gli iscritti non sono un campione rappresentativo dei votanti, e nel clima attuale di sfiducia nella politica che c in Italia

facile che questo avvenga, al vertice dei partiti si selezioneranno delle oligarchie, per non parlare della circostanza, unica in Italia tra i paesi europei, che un partito abbia un padrone. Quando questo avviene levoluzione culturale ostacolata e ci si avvicina alle condizioni delle dittature. Faccio notare che questo modo di vedere, suggerito dallanalogia tra evoluzione culturale ed evoluzione biologica, giusto il contrario di quello che molta gente crede secondo il senso comune, e cio che il governo senza restrizioni di uno solo assicuri maggiore efficienza perch le decisioni possono essere prese pi rapidamente e senza discussioni. Credo che possa essere cos nel breve periodo, ma alla fine le cose si mettono male per la impossibilit di evolvere con il mutare dei tempi. Infatti, non c mente umana che possa racchiudere in s tutte le capacit immaginative dellumanit. Ma, come abbiamo visto, anche partiti senza padroni, che eleggono democraticamente i loro dirigenti, possono dare origine a oligarchie che non soddisfano le esigenze dei potenziali votanti. In questo senso le elezioni primarie del Partito Demo-

cratico rappresentano una piacevole novit. Ma con un limite. Ricordiamoci che quelle che debbono essere selezionate sono le idee e che in tutte le elezioni, comprese le primarie, si vota per le persone. Ora, io non nego che le persone sono veicoli delle loro idee, ma il modo con il quale queste vengono veicolate ha molta importanza. Voglio dire che diffido delle idee belle e generiche. Sono vecchio e ricordo un film del 1949 del regista Robert Rossen, intitolato Tutti gli uomini del re. Il protagonista (Broderick Crawford) un giovane politico americano che lotta contro lestablishment politico in nome di idee per lappunto belle e generiche. Ha successo e alla fine si trova a coprire egli stesso quelle cariche politiche che erano prima appannaggio di coloro che criticava. Ma a questo punto si trasforma ed egli stesso cade vittima dei vizi che in precedenza aveva censurato. Naturalmente, i candidati del partito Democratico sono brave persone e non c rischio che facciano questa fine. E tuttavia, le idee belle e generiche, soprattutto se non esenti dal peccato del nominalismo (ne ho gi parlato in un precedente articolo su Arcipelagomilano) non possono essere esposte al vaglio

dellevoluzione culturale e non servono a niente. Sono analoghi a geni largamente diffusi tra i viventi, ma dimportanza non decisiva per la loro trasformazione, se vogliamo fare un paragone con levoluzione biologica. Personalmente, voterei pi volentieri per un candidato che esprimesse poche idee, ma molto definite. E dallinsieme di idee di questo tipo che un partito politico pu trarre una felice sintesi. Comprendo che il confronto tra questo approccio evoluzionistico alla politica e un antagonista che possiede molti mezzi di comunicazione di massa e ha trasformato la propaganda politica in pubblicit (la quale ha il vantaggio di essere semplice, ripetitiva ed esente dallobbligo della verit) possa apparire una lotta impari, ma il mondo attuale dominato da un mammifero, luomo, e i grandi dinosauri, che erano molto pi forti dei primi mammiferi, si sono estinti circa 60 milioni di anni fa. Si potrebbe obiettare che i dinosauri per estinguersi ci abbiano messo circa 140 milioni di anni, ma levoluzione culturale molto pi rapida dellevoluzione biologica, purch sia messa in moto correttamente. Perci, consoliamoci con questo pensiero.

Societ DA ROSARNO A VIA PADOVA Giovanni Zanchi


Non c niente da fare: parlare positivamente di Milano, in questo periodo, semplicemente impossibile. Non c giorno che passi senza che dalla nostra citt partano segnali che riflettono la deriva alla quale lintero Paese sta giungendo. Non avevamo fatto in tempo a metabolizzare la notizia dellennesimo caso di corruzione, lormai celebre caso Pennisi, che il sabato sera meneghino ci ha regalato immediatamente un nuovo spunto di riflessione e tremenda amarezza. I fatti di via Padova ci mostrano quello che Milano diventata: una citt chiusa, una citt che emargina, una citt che odia. Lamministrazione comunale non sembra essere in grado di tenere il polso della situazione, la politica di governo della destra milanese (da 16 anni al comando della citt) non adeguata alle esigenze dei cittadini. La maggior parte dei 200mila stranieri che popola la citt esclusa e ghettizzata nelle zone periferiche, i messaggi lanciati da una consistente parte della politica italiana vanno in questa direzione. Emblematica in tal senso limmediata reazione agli incidenti di sabato delleuroparlamentare-consigliere comunale Matteo Salvini che propone espulsioni casa per casa e scarica la colpa sui soliti magistrati che non fanno fino in fondo il loro mestiere, smentito poche ore dopo anche dal ministro dellinterno Roberto Maroni. Un altro aspetto inquietante della faccenda la rapidit con la quale lassassinio di un ragazzo di 19anni sia passato in secondo piano a fronte della reazione dei suoi connazionali, non si pu fare a meno di pensare che se fosse stato ucciso un ragazzo italiano avremmo assistito a reazioni altrettanto violente, specialmente a livello politico. Segnali di una convivenza difficile ce nerano gi stati nel capoluogo lombardo: dagli scontri tra la comunit cinese e la polizia per una multa per

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sosta vietata nellaprile 2007; alla manifestazione di protesta di migliaia di persone- nel settembre del 2008dopo luccisione del giovane Abdul Guibre (cittadino italiano originario del Burkina Faso ucciso a sprangate dai gestori di un furgone bar per un pacchetto di biscotti rubato). Nono-

stante le avvisaglie le risposte date dalle autorit si sono rivelate inadeguate: invece che sulle politiche dintegrazione si preferito far leva sulla paura dei cittadini, si preferito ragionare per facili slogan utili a raccogliere voti anzich ad affrontare problemi reali. Si scelto di intra-

prendere la strada pi facile che, come spesso avviene, si rivelata anche la pi sbagliata. Il risultato sotto gli occhi di tutti e percorre ad alta velocit tutta la penisola: da Rosarno a via Padova.

Lettera DETTAGLI. LA SCALA E LA TORRE SCENICA Gianni Zenoni


Guardando la Scala dalluscita nord della Galleria, chiunque potr notare i nuovi volumi relativi alla ristrutturazione del Grande Teatro, la cosiddetta torre scenica e lovale dei servizi. Dobbiamo dire che le loro dimensioni non turbano il profilo della facciata delledificio, specie la torre scenica, con un impatto inferiore per esempio a quella del Carlo Felice di Genova progettata da Aldo Rossi. Nel complesso lintervento planivolumetrico si pu ritenere compatibile con la facciata del Piermarini e lo sarebbe stato anche con lovale pi alto di due piani (comera il progetto originale tagliato dalla Commissione dei Beni Culturali a Roma creando cos il primo problema del nuovo progetto: linsufficienza delle aree a servizi per gli orchestrali e il corpo ballo). Se si osservano bene i volumi, si avvertir per che la semplicit del disegno della torre scenica viene appesantita dalla presenza delle due torrette dei serbatoi dellacqua collegate con la balconata, costruite successivamente per ragioni di sicurezza e che coronavano il prospetto della vecchia Scala. Naturalmente con la ristrutturazione non ci sarebbe stato bisogno di questo primitivo impianto e per queste motivazioni lArch. Botta pensava di demolirlo. Ma anche qui lintervento della Commissione dei Beni Culturali a Roma ha ordinato il ripristino della vecchia sovrastruttura. Brutta da vedere, perch aderente alla torre scenica, ne rende incomprensibile la purezza del volume, appesantendolo con la sua anacronistica decorazione. Purtroppo questi grossi e inevitabili volumi tecnici portano sui vecchi teatri notevoli problemi dinserimento, risolvibili solo con la semplicit e la purezza della forma. La struttura dei serbatoi frantuma questa purezza costituendo un coronamento non voluto e rendendo cos pi visibile un volume che altrimenti sarebbe stato un semplice fondale del panorama urbano. Questo vecchio coronamento avrebbe forse potuto rimanere se la torre scenica fosse stata debitamente distanziata, ma la carenza di spazi ha impedito questa elementare precauzione. Il mantenimento di questa superfetazione storica ha anche gravemente danneggiato linvenzione di Botta consistente nel rendere percepibile di notte la torre scenica grazie a piccole lampade incassate nella tessitura del rivestimento di pietra. Questa pregevole soluzione dellilluminazione della torre scenica resta accecata sul frontale dalla sagoma delle torrette e balconata, che ne impediscono la percezione. Questo dettaglio che complica inutilmente leffetto finale del progetto ci permette per di fare due considerazioni. Botta uno dei maestri dellarchitettura, pur essendo vicino a Milano per studi, cultura e residenza, prima dellincarico della Scala non era mai stato chiamato a lavorare in citt. E questa gi unanomalia, perch le pi importanti citt del mondo potevano esibire una sua opera. Strano ritardo per Milano alla luce anche del fatto che un piccolo Comune della Brianza (Merate) aveva gi da tempo affidato a Botta la progettazione della Chiesa Parrocchiale di una sua frazione. Possibile pensare che prima del prestigioso incarico per la Scala, Botta non fosse sufficientemente conosciuto a Milano? Non sempre esistito un Assessorato alla Cultura? E che tipo di rapporti ha avuto questassessorato con la facolt di Architettura? Resta il fatto che, pur essendo cos vicino a Milano uno dei maestri dellArchitettura Europea non aveva avuto fino ad allora incarichi dalla citt. Certo meglio tardi che mai, ma una grave lacuna per gli Amministratori Milanesi antecedenti al Sindaco Albertini. Laltro rilievo resta lennesima constatazione delloperato di Soprintendenze e Commissioni Beni Culturali dove il potere Amministrativo prevale sulla qualit delle modifiche imposte. In questo caso non volendo rinunciare al coronamento delle torrette con balconata, e non potendo queste essere materialmente distanziate dalla nuova torre, la soluzione imposta da Roma di accostare il vecchio coronamento alla torre scenica, ha raggiunto il bel risultato di danneggiare sia il vecchio coronamento, che non svetta isolato come prima, che la torre scenica che perde la sua purezza della forma, danneggiandone poi irrimediabilmente laspetto notturno. Si deve anche rilevare da parte di questi Istituti unostilit preconcetta verso le opere di grandi architetti stranieri, (meno portati ai compromessi dei colleghi italiani) che ci ha privato dimportanti testimonianze dellarchitettura contemporanea, Wright e Le Corbusier a Venezia insegnano.

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Scuole e universit PRIVATE E PREMIATE Vincenzo Viola


sempre piuttosto singolare il rapporto della stampa quotidiana col mondo della scuola. Spesso si chiudono gli occhi di fronte a situazioni macroscopiche, a dir poco scandalose, poi li si riapre allimprovviso su aspetti secondari e si grida alla scoperta, alla sorpresa, allemergenza e si sa che quando viene evocato questo termine la sensibilit nazionale soddisfatta . Un caso recente quello delle scuole private di Milano: un paio di settimane fa alcuni quotidiani hanno realizzato lo scoop dellanno avendo scoperto che un quinto o forse pi degli insegnanti che in esse lavorano sono senza abilitazione, a dispetto della normativa relativa al riconoscimento della condizione di scuola paritaria che prevede che gli insegnanti assunti abbiano la stessa qualifica degli insegnanti della scuola statale. Naturalmente i gestori degli Istituti paritarie sono stati pronti ad accampare tutte le possibili scuse, come ad esempio quella del lesaurimento di alcune graduatorie, come se questo problema si fosse presentato allimprovviso e si fosse, appunto, di fronte a uninaspettata emergenza. In realt la questione delle scuole private si pone in termini molto differenti. Da troppi anni nelle piccole e grandi citt (e la nostra non fa certo eccezione) si moltiplicano istituti scolastici formalmente paritari ma che offrono la possibilit di percorsi didattici che non corrispondono per nulla agli standard di qualit forniti dalle scuole pubbliche, ma sono decisamente pi bassi, non di rado inesistenti sul piano formativo. Ma ci non costituisce un problema per chi gestisce queste scuole, anzi se ne fanno vanto e pubblicit: in queste scuole - garantiscono - possibile recuperare due, tre anni scolastici in pochi mesi. Il loro obiettivo dichiarato non quindi fornire una corretta preparazione agli studenti, ma procurare un titolo di studio, in qualunque modo esso possa venir conseguito. Basta far parte di una commissione degli esami di Stato in cui si presentino anche candidati provenienti da questi diplomifici per toccare con mano questo vero e proprio scandalo. Con queste premesse facile capire che la qualit dellinsegnamento proprio lultimo degli aspetti presi in considerazione da chi dirige questi istituti: importante che gli insegnanti, sottopagati e reclutati in maniera quanto meno discutibile, ottemperino alle disposizioni di chi comanda; che siano anche preparati e abilitati non ha proprio nessuna importanza. Naturalmente non tutte le scuole private sono in questo stato: ve ne sono di serie, con un impianto didattico adeguato e trasparente, ma le molte, in cui il rapporto tra discente e docente si basa sullassunto che il denaro pu tutto e che chi paga la retta il padrone di chi gli insegna la matematica o linglese, costituiscono un modello corruttivo anche per le altre scuole e quindi sono una vera e propria iattura per lintero sistema formativo italiano. Su di esse le autorit scolastiche dovrebbero vigilare ed esercitare un controllo stringente, e invece si sprecano le deroghe alle norme, i riconoscimenti ufficiali e gli attestati di qualit (?) che prendono in giro di fatto coloro, insegnanti e studenti, che lavorano seriamente giorno per giorno; e i giornali, anche quelli ritenuti pi attendibili, continuano a parlare in maniera acritica e indiscriminata della scuola privata come scuola di qualit . In Lombardia, poi, il problema aggravato dal sistema del buono scuola, che da questanno inglobato nel sistema della dote per la libert di scelta tanto esaltata da Formigoni e presa come modello anche dallattuale governo. Come dimostrano i dati pubblicati dalla Regione stessa, il buono scuola nel 2009 andato a 98.392 a studenti che hanno frequentato la scuola privata: circa 47 milioni di euro sono stati utilizzati per coprire il 25% della retta, fino a un tetto massimo di 1.050 euro, di coloro che frequentano le scuole private e le cui famiglie hanno presentato lultima dichiarazione dei redditi per un ammontare fino a 46.597 euro. Invece coloro che frequentano le scuole pubbliche possono ricevere la dote della Regione Lombardia nella cifra massima di 320 euro (per la secondaria superiore) solo se lindicatore del reddito familiare (solo in questo caso richiesto lISEE!) non supera i 15.458 euro! La disparit di trattamento balza allocchio: senza nessuna verifica fiscale vengono favoriti coloro che invece di affrontare gli studi con seriet e sacrificio cercano e trovano tutte le scappatoie per arrivare al pezzo di carta senza conseguire un minimo di effettiva preparazione. Questo fenomeno, che un continuo attentato alla seriet della scuola, nella nostra regione in continuo aumento: qui negli ultimi anni il numero delle scuole paritarie ha avuto un incremento del 14%, trend che non ha riscontro nel resto del Paese. Cos la Lombardia, regione evoluta e aperta a orizzonti europei, si candida ad avere un sistema scolastico e formativo sempre pi privo di qualit e di controlli: davvero un bellinvestimento per il futuro del Paese, governatore Formigoni! Non proprio sufficiente la motivazione tutta ideologica della libert di scelta per rendere sensato questo stato di cose e accettabile il fatto che unimponente quantit di denaro pubblico sia destinato a sostenere linsieme delle scuole paritarie, anche quelle che non danno nessuna garanzia di offrire agli studenti una preparazione valida ed adeguata , ma solo una scorciatoia per il diploma.

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Speciale 1 ALLA RICERCA DEL MITICO CENTRO Walter Marossi


Le elezioni si vincono al centro. Questa affermazione condivisa da quasi tutti i leader politici del PD e spiega la rincorsa continua allUDC oggi al ccd ieri, la mancata scomunica di Rutelli, la rottura a sinistra, lallergia ai radicali, il proliferare di liste civiche etc. Nel PDL questo problema non se lo pongono: il centro sono loro, la destra sono loro, i riformisti sono loro, i socialisti sono loro, gli autonomisti sono loro, i nazionalisti sono loro. Se occorre imbarcano lestrema destra senza problemi. Il PD sembra essere ancora prigioniero di due antitetiche affermazioni: quella di Berlinguer: con il 51% non si governa e la pi nota: pas dennemi gauche. Indici entrambi di una logica proporzionalista e di una permanente insicurezza. Il PDL insicurezze non ne ha, cos ad esempio pu celebrare Craxi su proposta della Moratti, il cui vice si era incatenato in piazza Duomo con il cartello: Craxi in libert, manette allonest!. Tuttavia anche il sicuro PDL nelle elezioni regionali ha bisogno di alleati: lItalia non tutta come il lombardo veneto. A loro volta gli entristi hanno esigenza di allearsi con qualcuno in quanto il sistema presidenziali tende naturalmente a favorire il bipolarismo. Questo determina una trattativa permanente in quasi tutto il paese, condizionata anche dal fatto che i sistemi elettorali sono diversi da regione a regione avendo alcune ad esempio abolito il listino come strumento del premio di maggioranza e altre introdotto (e disintrodotto) le primarie. In quasi tutto il paese, perch in Lombardia il problema non si posto. Nella nostra regione sono assenti liste civiche alla Poli Bortone, potentati locali alla Mastella, regionalisti alla Lombardo etc. Il centro limitato lUDC e il partito dei pensionati; ma questi ultimi non vengono considerati degni di attenzione ancorch la differenza in voti tra i due non sia cos abissale. Penati ha cos corteggiato lUDC, mentre questa governava (e governa perch nessuno si dimesso) con Formigoni e con la Moratti, invitandola al tradimento. LUDC a sua volta corteggiava il modo del centro destra, riottosa a perdere futuri assessorati. Il PDL faceva occhi dolci ma terrorizzato dalla gelosa Lega, alla fine ha respinto il corteggiamento. Abbandonata dal celeste, piuttosto che allearsi con il Penati perdente lUDC sceglie di andare da sola, un po triste e sconsolata. Molti aspiranti consiglieri sono per pronti a rientrare in maggioranza quando il celeste potr perdonare Nellultimo atto di questo vaudeville alla Feydeau, lamante respinto, il pd (abbandonato anche dai radicali, incompatibili con Casini) dovrebbe porsi un problema: ne valeva la pena? Vediamo qual il peso dellUDC. A Milano alle europee del 2009, 24237 voti il 3,9% con 6000 voti di preferenza a Magdi Allam e Emanuele Filiberto (difficilmente ricollocabili a sinistra). Alle elezioni per il consiglio provinciale 17000 voti, 3,3%. Nel 2008 al senato 22000 (3,1%), idem alla camera. Due anni prima alle politiche del 2006 raggiungeva il 5,1% con 40000 voti. Alle comunali la lista udc non raggiungeva i 15000 voti. In Lombardia alle regionali del 2005 prendeva 166000 voti (3,8%) pi o meno la somma di voti che ccd e cdu avevano avuto nel 2000. Nelle elezioni comunali tenutesi recentemente i dati UDC non sono diversi e quando ci sono alleanze, sono con il cd. A Cremona prendono il 3,1% al primo turno (al secondo si apparentano con il cd); a Bergamo il 3,3% ; a Pavia il 3% alleati al PDL. Negli comuni minori: Cinisello 3,3% (alleati al PDL al secondo turno); Cologno Monzese 2%; Saronno 4,7% alleato al PDL; Cesano Boscone 2,2%. In sostanza lUDC un partito del 3% con una presenza abbastanza omogenea territorialmente, una struttura locale fortemente orientata verso il cd e un personale politico fortemente orientato verso la governabilit, in calo di voti dal 2006; elettoralmente nella dimensione regionale ininfluente e il suo risultato dipende molto dallimmagine del leader nazionale, essendo priva di leader locali di primo piano. Linnesto di Pezzotta, Bonfanti, figure esterne al partito, indubbiamente di maggior spessore, cos come lalleanza con i rutelliani e qualche altro non sembrano poter modificare questo stato di cose. Modifiche che potrebbero invece essere provocate proprio dal pd. La candidatura Pezzotta infatti, in un contesto che vede per opinione diffusa Formigoni vincitore, potrebbe sottrarre voti a Penati. Non solo perch un ipotetico elettorato cattolico scontento del PD quanto perch lo slogan di Pezzotta Liberiamo la Lombardia pi aggressivo e la personalit del candidato (cos come viene venduta dal suo marketing politico) pi complessa e culturalmente articolata e inoltre meno milanocentrica. In altri termini se la campagna elettorale delle regionali, viene vissuta come quella delle europee: pi un mega sondaggio che un grande scontro, Pezzotta potrebbe indebolire Penati che potrebbe pure perdere voti verso Cappato. Il corteggiamento del PD allUDC produrrebbe quindi un effetto non pi alla Feydeau ma alla Scarpetta: cornuto e mazziato o per restare in Lombardia becco e bastonato.

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Speciale 2 ULTIME DAL FRONTE Carneade


* Nelludc lunica preoccupazione che non venga eletta la Ferretto, sono convinti che il giorno dopo come ha sempre fatto costituisca un gruppo autonomo o confluita nel misto. Problema politico minore ma economicamente rilevante per le casse del gruppo. * la stessa ragione per cui nel pd non hanno voluto Monguzzi, con in pi il dubbio che lex verde fosse seguito da qualche altro giovin o anzian consigliere. Problema economico minore per le casse del gruppo ma politicamente rilevante. * I finanzieri non avevano ancora finito di rincorrere Pennisi per le strade del centro, che dal PDL veniva indicate con nome e cognome (Podest Zaffra) le presunte affiliazioni correntizie del reietto. Quelle elegance! * Si realizza lauspicio di Fini ''Prosperini si vergogni e si dimetta. Di dirigenti come lui la destra italiana non sa che farsene'' infatti pare proprio che il consigliere detenuto non sar candidato. La sua uscita e quella della Ferretto rimescolano gli equilibri interni al PDL (sezione AN) con un unico vincitore.. * Qualche voce si spende tuttavia per chiedere che Prosperini debba essere candidato. Se non carit pelosa, Chapeau al fegato. * La conferma del ritorno di Abelli in regione ricorda il titolo di un vecchio film: allegri becchinitorna trinit, il filo conduttore era la vendetta. * Belli i manifesti formigoniani con il puzzle di faccine. Originali. Per copiare bastata andare su Prima comunicazione e guardare la pubblicit di style.it. * I socialisti andranno da soli (non hanno avuto le modifiche che chiedevano nel simbolo), qualche pezzo di sinistra democratica aspetta il dopo elezioni per tornare a casa, cos come qualche pezzo dei vendoliani. Quelli che restano in SEL si preparano allalleanza con Di Pietro o pezzi di IDV. Quella parte del pd che aveva proposto una modifica alla legge elettorale regionale per cancellarli del tutto, pensa di aver perso unoccasione irripetibile per colpa di Penati. * Strana storia quella del partito dei pensionati. Alle regionali de1990 avevano 114 000 e l1,82% dei voti, nel 2005 115 000 e il 2,63%; passando per 105 000 e l1,95% delle europee del 2004 e i 71000 (1,58%) delle regionali del 2000. Insomma un partitino solido, votato con continuit da almeno 70000 elettori negli ultimi ventanni. Senza problemi interni e correnti, perch in pratica composto da 2 persone (Fatuzzo padre e figlia); senza grossi problemi politici essendo alternativamente alleato al cd e al cs; senza grossi problemi programmatici, in pratica parla solo di pensioni che nelle amministrazioni locali vuol dire niente. E una specie di CAF. Eppure nessuno lo vuole. Nel PD perch la potente CGIL pensionati lo vede come il fumo negli occhi e perch temono di perdere un consigliere. Nel PDL perch temono due cose: a) che gli scippi un consigliere b) che faccia prendere troppi voti alle liste provinciali facendo perdere mezzo listino. Fatuzzo, Monguzzi uniti nel ripudio. * La guerra delle preferenze iniziata. Nel PDL si ripete lo scontra tra ciellini e non (bello il tentativo di rimandare a Varese linvasore), tra ciellini formigoniani e non, tra seconde file di candidati appoggiati da ciellini e seconde file liberal, tra ex socialisti colucciani ed ex socialisti di osservanza Stefania. Limbarazzo maggiore tra i consiglieri comunali che se sbagliano alleanza si giocano la testa lanno prossimo. Insomma nulla di nuovo. * Nel cs la novit invece c. Alle primarie di Milano e provincia hanno votato molti pi elettori di quelli che hanno dato le preferenze alle ultime elezioni. Ergo potrebbero cambiare gli equilibri specie nella pattuglia dei dissidenti mariniani forti di ben 22000 voti. Per fortuna delle altre correnti i mariniani hanno deciso di presentare 5/6 candidati cos da disperdere il voto. Astuta mossa. Loro o di chi ha fatto le liste. * Stabilito che Formigoni sar rieletto e che Penati far il vicepresidente del consiglio, potendosi poi dedicare alla politica nazionale senza problemi. La vera sfida che si gioca in queste elezioni la preparazione delle comunali dellanno prossimo. Moratti si o no? Chi contro la Moratti? Tutto il resto noia. * Dalle liste per le elezioni regionali emerge con forza la riforma del parlamento. Che vor d? Che ai trombati da una parte e dallaltra (ex segretari, ex assessori, ex consiglieri, mancati assessori, etc.) sono stati promessi cos tanti posti da parlamentari che urge aumentarne il numero. * Bello il faccia a faccia dalle iene di Formigoni Penati. Il celeste ci ha fatto sapere che appena Berlusconi schiatta lui cerca di andarsene (due piccioni con una fava?). Penati ci ha fatto sapere che pu capitare che faccia sesso. Nel primo caso milioni di elettori/elettrici delusi/e milioni di elettrici/tori entusiasti. Nel secondo caso il numero dei delusi/e e degli entusiasti/e sensibilmente inferiore.

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RUBRICHE
MUSICA
Questa rubrica curata da Paolo Viola rubriche@arcipelagomilano.org

Il Concerto
Andare al cinema per vedere o per sentire il concerto? Per noi musicofili il titolo del film di Radu (gi questo nome ci intriga...) Mihaileanu inquietante, ci pone subito quella domanda, ci si chiede se sia realmente un concerto, che razza di concerto possa essere. Ebbene un film che ha come protagonista il Concerto in Re maggiore opera 35 per violino e orchestra di Ptr Ili ajkowskij, forse il suo capolavoro (certamente una delle sue opere pi celebri), magistralmente eseguito dalla Budapest Symphony Orchestra (mentre leggete queste righe state forse ascoltando proprio le note di cui stiamo parlando), intorno al quale costruita una divertentissima storia di cui non vi raccontiamo nulla per non inventarci il mestiere di critico cinematografico rubandolo a chi veramente lo sa fare, come il bravissimo Simone Mancuso titolare della appropriata rubrica di ArcipelagoMilano. Ci sembra invece interessante raccontare come accade che regista e attori interpretino non tanto i personaggi e la storia del film ma proprio la musica stessa, come cio sintromettano fra lesecuzione e lascolto, con leffetto di amplificare lemozione dellascoltatore attraverso una serie di suggestioni che ci sembra valga la pena di indagare. Dunque un bravo direttore (che da trentanni non sale su un podio), una violinista molto affermata (che prima dora non ha mai affrontato quella partitura n mai visto quel direttore), e unorchestra composta da ex musicisti del Bolshoi (ebrei russi privati del loro mestiere dal regime comunista e portati alla miseria dal crollo dellUnione Sovietica, poveri cristi mezzo alcolizzati), si trovano - senza aver potuto fare uno straccio di prova - davanti al sofisticato ed esigente pubblico parigino del Thtre du Chtelet per eseguire con strumenti raccogliticci, recuperati allultimo momento, il Concerto in Re armati ed animati solo dal ricordo dei loro trascorsi e dallamore per la musica incantata del loro adorato ajkowskij. Direttore e solista, fortemente turbati da una vicenda intima, personale, dai contorni ancora misteriosi, e cos gli strumentisti (in condizioni psicologiche disastrate per la inverosimile situazione in cui si trovano), dopo un inizio tragico pi che comico prendono poco a poco il volo, finiscono per trovare unintesa straordinaria ed ecco che la musica, con la forza di trascinamento che esercita sullanimo e lintelletto degli interpreti e del pubblico, finisce per vincere su tutto e su tutti. La parte straordinaria del film esattamente quella in cui il regista ci fa toccare con mano come e quanto le note di ajkowskij abbiano il potere di svelarci pensieri misteriosi, illuminare remote oscurit, sciogliere nodi tortuosi, farci superare miserie e difficolt, in altre parole rivelarci la potenza della musica e la forza che sprigiona sullanimo umano. Durante il concerto, negli sguardi dei musicisti e del pubblico, nella complicit che unisce tutti (questo lunico vero comunismo possibile, aveva spiegato il direttore al vecchio nostalgico militante), mentre si raggiunge miracolosamente quella totale armonia cui anelano i musicisti, tutto diventa chiaro e luminoso, i sentimenti si liberano, e non occorreranno pi parole per spiegare ci che fino ad allora sembrava inesprimibile. Nelle scene finali del concerto, quelle in cui i primi piani dei volti commossi dei musicisti si mescolano al racconto delle vicende che tanto li turbavano, in cui sembra che solo trascinati dalla musica possano dirsi cose che prima sembravano indicibili, proviamo nellascolto una inusuale e sublime emozione, una ulteriore intensit del piacere dovuta alla forza della musica che si somma a quella dellimmagine, allinterpretazione del musicista amplificata da quella dellattore, alla magia della direzione dorchestra unita a quella della regia cinematografica (ma c anche la magia del teatro!) per cui ci sentiamo scoppiare il cuore e levitare in atmosfere vertiginose. Forse non era questo il goal che cercava Mihaileanu, nel raccontarci la favola dei suoi disastrati musicisti russi a Parigi, ma certamente ha indicato una strada ricca di fascino e di imprevedibili sviluppi nella direzione della fusione delle arti e sulla possibilit di ottenere - da questa fusione straordinari effetti maieutici.

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Musica alluniversit Cattolica di Andrea Vanzo


Come ci si pone, come si sta di fronte ad un capolavoro? Questa la domanda che ci accompagnava mentre attraversavamo i chiostri dellUniversit Cattolica, marted, a tarda sera. Il concerto che abbiamo ascoltato, tenutosi il 9 febbraio nella splendida aula magna delluniversit, fa parte di una serie di eventi nellambito delliniziativa Open Day, Open Mind pensata per offrire non solo giornate dedicate allorientamento dei giovani studenti delle scuole superiori, ma anche incontri culturali di rilievo. Allo stesso tempo la serata appartiene anche al progetto Uno Stradivari per la Gente: i violini del geniale liutaio cremonese lasciano le collezioni e i musei per essere coprotagonisti del concerto insieme con un musicista degno di loro. Il fortunato e bravo violinista infatti Matteo Fedeli, che da lungo tempo porta avanti questo progetto accompagnato dallOrchestra dArchi dellAccademia Concertante di Milano diretta dal Maestro Ivano Benaglia. Levento in s stato ancora pi ricco di quanto prevedesse il programma. Dalle otto di sera stato possibile ammirare lo Stradivari ex Adams Collection del 1708 posto in una teca di vetro nella bella biblioteca Negri da Oleggio.Proprio la possibilit di osservare lo strumento prima di essere ascoltato, ha permesso a chi lo desiderasse di pregustarne il suono: infatti uno strumento tanto perfetto a vedersi non avrebbe potuto avere che un suono speciale, puro e unico a udirsi. E se non fosse bastata la fama degli Stradivari a preannunciarlo, ancora una volta la realt stata la miglior testimone. Il programma, che inizialmente prevedeva l'esecuzione del concerto per violino in la minore di Bach, aveva subito un'inattesa variazione: gli Stradivari erano diventati due (sic!) e pertanto sarebbe stato eseguito il concerto per due violini dello stesso autore. La meraviglia era quindi raddoppiata e cos il piacere per il pubblico. Il programma, ben congegnato, faceva seguire la St. Paul's Suite per soli archi di Gustav Holst (musica fresca e briosa, con quel piglio inglese tipico di quegli anni) e infine la Messa in sol maggiore di Schubert, sempre diretta dal Maestro Benaglia con il coro Schola Cantorum Ars Nova di Cerro Maggiore e solisti. La Messa, scritta da Schubert appena diciottenne, pur non potendo reggere il paragone con opere di genio come il concerto per due violini con cui stato aperto il concerto, stata forse la chiave di volta della serata. Chi pu, riascolti l'Agnus dei: si chiama nobile semplicit e nulla ha a che fare con la nobile semplicit e quieta grandezza di Winkelmann: quello era un ideale estetico. La nobile semplicit del giovane Schubert non altro che la matrice di ogni capolavoro, lampante persino nelle sofisticate linee dello Stradivari che abbiamo ammirato chiuso nella teca. E quello stupore e quella domanda che ci hanno accompagnato all'uscita ne sono la prova.

TEATRO
Questa rubrica curata da Guendalina Murroni rubriche@arcipelagomilano.org

Testamento
Chiude il secondo round della rassegna Basaglia Off di cui abbiamo gi parlato molto. Gioved 18 febbraio Michele La Fortezza che apre la serata con un estratto dello spettacolo Andy non Handy! Handicap e comicit: difficile riuscire ad immaginare come le componenti di questo binomio possano coesistere senza stridenti imbarazzi. Michele La Fortezza, un quasi quarantenne, ha saputo trasformare un grave handicap in una risorsa dalle potenzialit inimmaginabili. Segue una proiezione di cortometraggi a cura dei dei CPS (Centro psicosociale) dellOspedale Niguarda Ca Granda: Cluedo, La questua magica, i documentari Cherasco 7 e On stage! e il video La citt interiore nato da un laboratorio di drammaterapia del Centro Diurno LOrizzonte dellAzienda Ospedaliera di Gallarate. Inoltre due dottoresse si confronteranno con il pubblico, uno degli obiettivi della serata appunto quello di far conoscere meglio il lavoro dei due CPS e la qualit del lavoro teatrale sviluppato anche in ambiti medici. Sempre allinterno della rassegna, l8 febbraio il teatro ha presentato Una questione di vita e di morte. Veglia per E.E. che ha visto la partecipazione di Beppino Englaro in una serata dedicata alla libert e alla vita a un anno dalla morte di Eluana Englaro. Pesanti le riflessioni che possono avere origine nelle nostre italiane teste, pesanti riflessioni che appesantiscono le teste stesse. Una breve lettura al seguente paragrafo Articolo 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e

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interesse della collettivit, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno pu essere obbligato a un determinato trat-tamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Cosa c da vedere questa settimana:


Sempre da non perdere, come gi indicato settimana scorsa, Cleopatrs, interpretato da Arianna Scommegna, con la regia di Gigi dallAglio al Te-

atro Ringhiera dal 17 al 21 e dal 24 al 28 febbraio. La compagnia Menoventi mette in scena due spettacoli al Teatro i : Invisibilmente, della dal 15 al 18 febbraio e Semiramis dal 20 al 21. La compagnia uno dei dieci progetti vincitori di un co-finanziamento dellETI (Ente Teatrale Italiano) per progetti per spettacoli o progetti rivolti alla promozione di processi creativi, di studio e di ricerca con un particolare sguardo sui giovani. La presidentessa, una commedia di Hennequin e Veber, regia di Massi-

mo Castri al Teatro dellElfo fino 21 febbraio. Lapocalisse rimandata ovvero benvenuta catastrofe, adattamento, regia e interpretazione di Giulio Cavalli, versione teatrale di Dario Fo e Franca Rame dal libro di Dario Fo Lapocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe, dal 4 Febbraio al 7 marzo 2010 al Teatro Oscar. Il Banchiere Anarchico di Fernando Pessoa inizia il 16 febbraio al Teatro Arsenale, in scena fino al 14 marzo.

Arte
Questa rubrica curata da Michele Santinoli

Steve McCurry. Sud Est.


Chi non conosce Afghan Girl, la fotografia che immortala i bellissimi occhi di una ragazza afgana? Certo, la fotografia offre immagini semplici, dirette e veloci entrate ormai nella nostra vita quotidiana e che quindi pensiamo di conoscere a fondo. Sembrerebbe dunque facile descrivere questa mostra. Quando si entra a Palazzo della Ragione, invece, ci si ritrova circondati da facce, occhi e mani di uomini, donne e bambini che ti raccontano storie semplicemente con i loro sguardi e i loro gesti: storie di vita e umanit che segnano lidentit di paesi come Afghanistan, Iraq, Birmania, Tibet e India. Attraverso un poetico allestimento che richiama una fitta foresta dai cui rami ricadono 200 scatti di grande formato, il visitatore viaggia con McCurry alla scoperta di questi volti e di questi paesaggi, fatti di luce e colore. Le sei sezioni che segnano il ritmo della mostra ci parlano di Silenzio, scatti di grande intimit delluomo di fronte alla natura; ci parlano dellAltro; della Guerra, fotografie che rappresentano il dramma dell'umanit contro se stessa; della Gioia, immagini fatte di colore e movimento; ci parlano dell'Infanzia e ci parlano della Bellezza, in cui ci ritroviamo a fissare gli occhi verdi della ragazza afgana. O forse sono quegli occhi a guardare noi?

Steve McCurry. Sud Est. Palazzo della Ragione. Piazza Mercanti, 1. Orari: da marted a domenica 9.3019.30. Gioved 9.30-22.30. Luned 14.30-19.30. Biglietti: intero 8; ridotto 6,50; ridotto speciale adulto e bambino 10. Fino al 28 febbraio.

CINEMA
Questa rubrica curata da Simone Mancuso lari per questo, e dieci mila per The Blair..) e quelli guadagnati, e poi perch cerca di creare, non una nuova visione dell'horror, ma una visione altra, intrappolando lo spettatore in una monotona ed univoca ambientazione visiva: qui con la telecamera fissa che riprende la stanza ed il corridorio, l con la telecamera ad inseguire i protagonisti nel bosco, con primissimi piani che raccontano il

Paranormal Activity di Oren Peli Soggetto, sceneggiatura, regia e montaggio firmati dall'autore(quale occasione migliore per l'uso della parola autore). Girato nel 2007, e fatto circolare nelle universit americane, il film si era creato un po' di pubblicit negli Stati Uniti, a costo zero. Fino a quando non arrivato in visione, a Spielberg, che ne rimasto

affascinato, pensando, in un primo momento di volerlo rifare con mezzi pi adeguati, per poi cambiare idea e decidere di distribuirlo soltanto, incassando quasi quindici milioni di dollari solo negli States. Una produzione molto simile all' ormai cult The Blair Witch Project, al quale si accosta, intanto per la proporzione tra budget di soldi spesi per la realizzazione(quindicimila dol-

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loro terrore. Ed in tutti e due i casi, la telecamera come elemento diegetico della narrazione, parte integrante della sceneggiatura, non solo lo strumento non diegetico della visione. In effetti facendo un uso diegetico della telecamera viene a mancare nello spettatore, quel naturale distacco che unisce la consapevolezza della visione attraverso la macchina da presa. Questo crea una suspense cupa, ben gestita in questa sceneggiatura sulle risposte del demone. Come tipo di film, per subire tutto il suo effetto da brivido, non consiglio di vederlo al cinema, ma a casa in dvd, perch uno di quei horror che ha bisogno di assoluta concentrazione e silenzio, cosa che nei nostri cinema ormai sempre pi raro. Una menzione finale, per i due attori, all'esordio in questo film. Avatar di James Cameron E da tempo che sostengo la rivoluzione della terza dimensione nel cinema. Avatar sancisce questa teoria in maniera definitiva. Forse esagerato affermare che dopo le rivoluzioni del sonoro prima e del colore poi, arrivi il 3D. Di sicuro, almeno per quanto riguarda la modalit di visone, e quindi la fruizione del film da parte dello spettatore, questultima viene stravolta per diventare pi performante. E chiaro che questo film uno dei pochi casi tra i 3D, che pu essere apprezzato anche in 2D, ma chiaramente la performance dello spettatore sulla visione cambia.Un kolossal in tutto e per tutto, nel grande stile hollywoodiano, una confezione tipica della struttura americana, soprattutto nella sceneggiatura. Vi si riconosce tutto il cinema post-

moderno: dal western, ai film di guerra, al fantasy, ai film di fantascienza. Eterogenia concentrata anche nel soggetto, che ingloba tutti i temi dellattualit: dal conflitto in Iraq e lamore per lesportazione della democrazia che qui si trasforma in esportazione della civilt, ai temi ecologisti, a quelli new-age verso lenergia della terra madre che porta equilibrio, ecc Su di un soggetto cos corposo, forse si poteva sviluppare una sceneggiatura un po pi studiata, perch la sensazione che sia stata tralasciata a favore di unattenzione maggiore verso tutta la parte tecnologica e la regia del film. Forse affiancarsi di un altro sceneggiatore sarebbe stato utile. Tecnologia che stata applicata in maniera massiccia, come forse mai prima, a favore del tridimensionale, con luso di una macchina da presa innovativa, la fusion-cam. E una camera, progettata tra gli altri dallo stesso Cameron, che permette di girare le scene con gli attori, riuscendo ad integrare nel monitor della stessa camera il 3D, in maniera che il regista possa vedere contemporaneamente, la scena che sta girando nellambiente tridimensionale. Questa una delle tante rivoluzioni che il 3D ha portato nel modo di fare i film, quindi non solo nella visione, ma anche nella costruzione della stessa. Cameron dimostra, ancora una volta, di essere uno dei pi capaci registi e produttori cinematografici che ci siano oggi nel mondo, confezionando un prodotto di due ore e quaranta minuti, senza un momento di pausa(a parte quella forzata che fanno i peggiori cinema per vendere pop-corn), che anzi per come si sviluppa il film, ho trovato anche corto, si poteva e-

stendere un po di pi la sceneggiatura, sviluppando ci che avviene dopo il finale. Gli attori hanno tutti fatto un grandissimo lavoro, sostenuto, ovviamente dal gande lavoro registico, soprattutto lattrice che interpreta Neytiri, Zoe Saldana, magnifica nel dare al suo personaggio tutta la sensualit selvaggia che solo unafroamericana avrebbe potuto dare in quel modo. Da tenere docchio nel cast di questo film il direttore della fotografia Mauro Fiore, il cui lavoro lo ritroveremo nel 2010 con il film sullA-Team. Ancora una volta James Cameron riesce a colonizzare il nostro immaginario, ed in questo caso anche la nostra modalit di visione, senza darci scampo ne scelta di fuga, come fece molti anni fa con Terminator, lasciando un traccia sempre pi indelebile nella storia del cinema. Soul kitchen di Fatih Akin Divertente commedia dal sapore musicale, in ogni senso, visto che ruota tutto tra la cucina di un ristorante e la musica soul. Il regista de La sposa turca, ci fa divertire sviluppando la sceneggiatura in maniera da non annoiare mai lo spettatore, e creando sempre risvolti interessanti. Un commedia come una volta, retta quasi in toto su di un soggetto ed una sceneggiatura molto solide, e sui personaggi diretti egregiamente. Carina la colonna sonora in gran parte animata da blues, soul e funky, e contaminata da una spruzzatina di hip-hop. Un lavoro molto pi leggero rispetto alla Sposa turca, soprattutto nel soggetto, ma che comunque d la possibilit di passare una divertente ora e mezza, di buon cinema.

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YOUTUBE BOB KENNEDY III RACCONTA LA SUA MILANO

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