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Vita Ren Girard nacque ad Avignone, in Francia, nel 1923.

Ha studiato a Parigi all'Ecol e des Chartres in cui divenne archivista-paleografo nel 1947. Ha studiato poi ne gli Stati Uniti dottorandosi in storia nel 1950 all'Indiana University. Divenne "incaricato" in questa stessa universit come anche nella Duke University, fu assi stente al Bryn College, professore alla State University di New York (Buffalo) e al dipartimento delle lingue romanze dello John's Hopkins University (Maryland) ,dal 1981 professore di lingua, letteratura e civilt francese alla Stanford Unive rsity. Opere: Mensogne romantique et vrit romanesque Pubblic questo libro nel 1961, in esso le sue tesi rimangono circoscritte allo st udio del romanzo moderno.Individua l'iter del desiderio umano attraverso una mim esi di dinamica triangolare (esso muovendosi verso l'oggetto guidato da un media tore, per cui l'uomo desidera sempre secondo "l'altro").Egli studia le opere di Dostoevskij e individua gi il nesso fra desiderio e religione:l'assolutizzazione del desiderio crea il sacro e la divinit. La violence et le sacr Nel 1972 Girard pubblica questo libro. Quest'opera attrae l'attenzione del mondo intellettuale, poich l'autore osa criticare Lvi-Strauss e Sigmund Freud,ma anche perch con essa offre le basi di una nuova teoria della religione. Soprattutto con lo studio dei miti e dei riti, egli d i fondamenti scientifici alle intuizioni p recedenti, ossia alla dinamica del desiderio e della violenza che considera orma i come cause sempre presenti dei riti e dei sacrifici delle religioni primitive. In tal modo il ciclo della violenza trova il suo epilogo, la cultura e la socie t la loro fondazione e riorganizzazione sotto la protezione minacciosa del sacro inteso come proiezione della violenza. La violenza si accende per "desiderio mim etico",per il quale nella societ tutti desiderano ci che hanno o che desiderano gl i altri. All'origine della societ umana Girard individua infatti un assassinio sa crificale e alla vittima sacrificale vengono riconosciuti attributi divini e sac rali, proprio perch la sua uccisione funge da mezzo per sopire la violenza. Scari cando su un capro espiatorio la violenza che oppone ciascuno a tutti gli altri, placa i conflitti interpersonali e fonda il vincolo sociale. Il sacro assume qui ndi grande valore di coesione e la religione quindi "il sentimento che la collet tivit ispira ai suoi membri, ma proiettato fuori dalle coscienze che lo provano, e oggettivato". La religione quindi un insieme di simboli e riti che hanno per c ontenuto fondamentale i valori di fondamento della societ. Des choses caches depuis la fondation du monde A questo punto l'autore si trova pronto ad ampliare la sua teoria in direzione d el giudeo-cristiano e persino di tutta la cultura. Questo libro, pubblicato nel 1978 sotto forma di interviste fatte dai due ricercatori psichiatri J. Michel Ou ghourlian e Guy Lefort, suscita subito un grande clamore. In quest'opera di antr opologia fondamentale, l'autore, riprendendo la sua teoria precedente, si spinge verso le cose ultime nascoste "fin dalla creazione del mondo", custodite dalla parola biblica, ma rese di difficile lettura a causa delle interpretazioni prece denti ove, evidentemente per lui, ha operato una certa forma di meccanismo vitti mario. Leggendo i Vangeli non pi come una storia sacrificale, Girard dimostra che soltanto la rivelazione cristiana, svelando il meccanismo del capro espiatorio, rivela la radice unica del sociale, del religioso e del sacro, nonch la loro nat ura. Le bouc missaire Pubblicato nel 1982, non aggiunge nulla di nuovo alla sua teoria. In questo libr o l'autore dimostra che quel misconoscimento che permetteva la designazione del capro espiatorio, inizia a non funzionare pi.La vittima, uscendo dalla sua passiv it, proclama la sua innocenza e "diventa l'Agnello di Dio". In tal modo anche l'u omo diventa il solo responsabile della violenza, il sacro trova la sua immanenza e Dio la sua vera trascendenza. La route antique des hommes pervers L'opera stata pubblicata nel 1985 e vi un'attenta analisi del libro di Giobbe, n el quale trova conferma alle sue teorie.

Girard individua il concetto mimetico-rivale della violenza nell' uomo e nella s ociet (la violenza diventa per contagio "mimetismo di folla"). Cristo delineato c ome vittima perfetta ed innocente che, rivelandosi attraverso il logos di Dio, s ta dalla parte delle vittime.

Premessa Girard resta soprattutto legato ad un tentativo che si autodefinisce come unipote si di antropologia generale razionalisticamente protesa ad una spiegazione uni taria dell insieme dei comportamenti dell umanit, vale a dire una reinterpretazi one globale ove concorrono letteratura, etnologia e psicologia. Credo infatti c he se Girard suscita interesse nella cultura contemporanea proprio per il suo ap proccio antropologico allo studio della religione e per la sua nuova interpretaz ione del sacrificio elaborata coniugando teorie diverse. Questo, spero, giustificher il seguente studio, guidato da un interesse esclusivo per l interpretazione girardiana del sacrificio e per il suo approccio alla rel igione sul versante dell antropologia socio-culturale. In esso: una breve e volu tamente parziale sintesi della sua interpretazione del sacrificio ( 1), parti ded icate agli studiosi - Durkheim e Freud - che pi hanno pesato sulla sua formazione ai quali esplicitamente si richiama ma dai quali anche si distacca ( 2, 3) e una a Burkert che si occupato del sacrificio cruento e a cui interessante accostare la teoria girardiana ( 4), in vista di un approfondimento della metodologia che lo studioso francese ha adottato nell indagine dei fenomeni religiosi e dell alt ernativa fenomenologica alla lettura sociologico-funzionalista presentata da Gir ard ( 5). 1. L interpretazione girardiana del sacrificio 1.1.Una nuova teoria del religioso Girard porta il fenomeno religioso, punto sia di partenza che di arrivo della su a ricerca, al centro dell interesse dell antropologia contemporanea. Egli svilup pa una nuova e rivelatrice teoria sulla religione essenzialmente in quattro op ere legate da un rapporto molto stretto. Nel 1961 ha pubblicato un primo volume di saggi letterari, Menzogna romantica e verit romanzesca,1 ove le sue tesi non rivelano ancora tutto il loro aspetto inno vativo in quanto circoscritte allo studio del romanzo moderno. Nel libro fondame ntale l intuizione (di antropologia e psicologia interindividuale) che il deside rio umano sempre mimesis (imitazione): il desiderio triangolare , per cui tra i l soggetto desiderante e l oggetto desiderato esiste un mediatore che indica gli oggetti da desiderare. Tutti i comportamenti, quelli individuali, quelli social i e quelli dell intera cultura umana, possono essere ricondotti al triangolo del desiderio. Lo stesso desiderio diventa poi principio di critica letteraria che consente di delineare una storia della letteratura: quest ultima consente di leg gere le grandi tappe della storia moderna e poi dalla storia alla metafisica che vi sta dietro e rivela che le assolutizzazioni dei desideri degli uomini sono d iventate di. Solo dieci anni dopo, quando nel 1972 esce La violenza e il sacro2, il mondo intellettuale si interessa di Girard, sia perch osa criticare pensatori come Freud e Lvi-Strauss, sia perch getta le basi di una nuova teoria del religios o. Girard, che aveva gi teorizzato che il desiderio fa nascere un altro desiderio e una violenza fa nascere un altra violenza, ora mostra come, per liberarsi da questo circolo vizioso, siano nate le istituzioni religiose tradizionali e sopra ttutto il sacrificio. E in questa seconda importante opera, che contiene il nuc leo fondamentale del suo pensiero, che egli descrive il meccanismo della vittima espiatoria per mezzo del quale, potendo la violenza cambiare direzione e sfogar si su un oggetto di ricambio, la societ si libera dalla violenza. In Francia il p ensiero girardiano diventa oggetto di discussione vivace e contraddittoria solo nel 1978, quando viene pubblicato Delle cose nascoste sin dalla fondazione del m ondo3, un grosso volume di interviste rilasciate a discepoli ed amici, in cui Gi rard riprende tutta la sua precedente teoria e dimostra che solo la rivelazione cristiana permette di svelare la natura del sociale, del religioso, della violen za primitiva. Nel suo libro del 1982, Le bouc missaire,4 non aggiunge nuovi eleme

nti sostanziali alla sua teoria: la verit del mito viene confermata con la verit d ei testi di persecuzione, i quali iniziano a demistificare gli schemi sacrifical i in quanto la storia dell Occidente si sviluppata da un testo (il testo della r ivelazione giudeo-cristiana) che contiene le verit decisive sui desideri dell uom o e sui meccanismi della violenza. La Bibbia contraddice la religione sacrale su l punto limitato ma essenziale che la vittima innocente, per cui il misconoscime nto che permetteva la designazione della vittima espiatoria non pu pi funzionare: Dio ritorna nella sua trascendenza e l uomo ridiventa il solo responsabile della violenza. Questo scritto si presenta quindi come un ulteriore postilla esplicat iva all ipotesi mimetica e al tentativo, che aveva gi compiuto, di estenderla all a spiegazione della genesi di ogni ordine sociale e culturale. 1.2. I1 sacrificio Girard ritiene che 1 azione sacrificale sia necessariamente misteriosa , sottop osta cio ad un misconoscimento: i fedeli non conoscono e nemmeno devono conoscere il ruolo che nei sacrifici svolto dalla violenza. Si rivela perci necessario, co me primo passo, "ritrovare i rapporti conflittuali che il sacrificio e la sua te ologia dissimulano"5. Girard propone un interpretazione del sacrificio come "vio lenza di ricambio": cita gli antropologi Lienhardt e Turner che, a seguito di ri cerce sul campo, riconoscono nel sacrificio "una vera e propria operazione di tr ansfert collettivo che si effettua a spese della vittima e che investe le tensio ni interne"6. Per delineare tale rapporto sacrificio/violenza lo studioso france se introduce il fondamentale concetto di vittima sostitutiva: poich per spiegare il sacrificio sia le osservazioni fatte sul campo sia la riflessione teorica ind ucono a rifarsi all ipotesi della sostituzione sacrificale che ha lo scopo di "i ngannare la violenza"7, Girard si chiede se "il sacrificio rituale non sia fonda to su una sostituzione" per allontanare la violenza "da certi esseri che si cerc a di proteggere 8. Alcuni sistemi rituali sostituiscono gli esseri umani minacc iati dalla violenza con animali, altri sistemi li sostituiscono invece con altri esseri umani giacch "in fondo non c nessuna differenza essenziale tra sacrificio umano e sacrificio animale 9. Per avvalorare la tesi della sostituzione uomo-a nimale Girard cita come esempio la religione dei Nuer e dei Dinkal0; per quella della sostituzione uomo-uomo cita invece la Grecia del V secolo e riporta la Med ea di Euripide. Una volta poste le vittime umane e quelle animali sullo stesso p iano chiaramente vanno poi ricercati i criteri in base ai quali si effettua la s celta di una qualsiasi vittima. Emerge che tutte le vittime "devono somigliare a coloro che esse sostituiscono l1 e vanno scelte in base ai criteri di "piena a ppartenenza alla societ" e di "vendetta". A questo secondo principio Girard dedic a ampio spazio e giunge a definire il sacrificio come "una violenza senza rischi o di vendetta l2, in quanto dalla documentazione analizzata ricava che si usano sempre persone o animali non vendicabili . La vendetta costituisce una minaccia insopprimibile, "un processo infinito, inte rminabile". Girard classifica in tre categorie tutti i mezzi messi in atto dagli uomini per proteggersi da una vendetta interminabile: i mezzi preventivi, gli i mpedimenti alla vendetta, il sistema giudiziario. Tutti codesti procedimenti, ch e permettono agli uomini di moderare la loro violenza, presentano delle analogie : in quanto nessuno di loro estraneo alla violenza si pu riconoscere "l identit po sitiva della vendetta, del sacrificio e della penalit giudiziaria l3. Finch non s i crea un organismo che possa sostituirsi alla parte lesa e riservarsi la vendet ta sussiste per "il pericolo di una escalation interminabile". Nei popoli primiti vi, per i quali non esiste un sistema giudiziario, il sacrificio ad aiutare a te nere a bada la vendetta: il sacrificio perci, nella lotta contro la violenza, uno strumento di prevenzione che "polarizza le tendenze aggressive su vittime reali o ideali, animate o inanimate, mai suscettibili comunque di essere vendicate"l4 . In queste societ l accento cade sulla prevenzione poich i mali che la violenza r ischia di scatenare sono molto grandi e i rimedi aleatori: e la sfera del preven tivo anzitutto quella religiosa. Il religioso mira sempre a placare la violenza e ad impedirle di scatenarsi; e poich la prevenzione religiosa spesso pu assumere un carattere violento, Girard conclude che violenza e sacro sono inseparabilil5. Ma il sacrificio come prevenzione della violenza decade l ove si istituisce un s istema giudiziario anche se, chiaramente, pu venir praticato ancora a lungo ma al

lo stato di forma pressoch vuota. Girard sottolinea che generalmente noi incontri amo il sacrificio a questo stadio e di conseguenza riteniano che le istituzioni religiose non abbiano alcuna funzione reale: "poich minimizziamo il pericolo dell a vendetta noi non sappiamo a che cosa possa servire il sacrificio 16, non rius ciamo cio a conoscerne la funzione. Solo quando l intervento di un autorit giudizi aria diventa costrittivo gli uomini si liberano dal tremendo dovere della vendet ta, anche se nel sistema penale in realt non vi alcun principio di giustizia che differisca da quello di vendettal7. I1 sistema giudiziario riesce a razionalizza re, a suddividere, a limitare, a manipolare la vendetta, senza pericolo: non esi ta mai a colpire in pieno la violenza perch su di essa possiede un monopolio asso luto18. Ma poi, nel suo sviluppo, l intervento giudiziario perde il carattere di "terribile urgenza" e se il suo significato rimane lo stesso pu per offuscarsi e persino scomparire del tutto: in realt il sistema funziona meglio se si perde cos cienza della sua funzione19. Poich esigiamo un rapporto diretto tra la colpevolez za e la punizione noi crediamo di cogliere una verit che sfugge ai primitivi, men tre siamo invece noi a non comprendere la minaccia, molto reale nel mondo primit ivo, della escalation della vendetta20. Una societ primitiva, che esposta ad un t ale aumento progressivo della vendetta, si vede costretta ad adottare nei confro nti di questa violenza certi atteggiamenti per noi incomprensibili: e di qui il grande valore del sacrificio. Il rituale ha pertanto la funzione di purificare l a violenza, cio di ingannarla e di dissiparla su vittime che non rischiano di ess ere vendicate21. Sul piano della violenza troviamo l identit del male e del rimed io: ma gli uomini non riescono a comprendere tale dualit, hanno bisogno di distin guere la buona violenza da quella cattiva, vogliono ripetere senza tregua la pri ma per eliminare la seconda. Pertanto per essere efficace la violenza sacrifical e deve assomigliare il pi possibile alla violenza non sacrificale. 1.3.La crisi sacrificale Il sacrificio esige perci che vi sia un apparenza di continuit tra la vittima real mente immolata e gli altri esseri umani a cui tale vittima viene sostituita22. T alvolta si assiste per al rovesciamento catastrofico del sacrificio: ad esempio, il vero tema della Follia di Eracle di Euripide - dove Eracle in un momento di f ollia mentre offre un sacrificio uccide la sua prima moglie Megara ed i figli - il fallimento di un sacrificio, la violenza sacrificale che prende una brutta pi ega. Il sacrificio attira la violenza sulla vittima e poi la lascia spandersi tu tt attorno: il sacrificio allora non pi atto a svolgere il proprio compito, ma in grossa il torrente della violenza impura senza riuscire nemmeno pi a canalizzarla . Anche nelle Trachinie di Sofocle, nell episodio della tunica di Nesso inviata alla giovane Iole da Deianira per riconquistare l amore del marito Eracle, la vi olenza si scatena contro quegli stessi esseri che il sacrificio avrebbe dovuto p roteggere. In entrambe le opere un impurit particolare legata al guerriero che ri entra nella citt, ebbro ancora delle carneficine alle quali ha da poco partecipat o: i1 guerriero che torna a casa rischia di portare la violenza di cui impregnat o all interno della comunit. Se si esamina attentamente il meccanisno della viole nza nelle due tragedie ci si accorge che il sacrificio quando prende una brutta piega provoca una reazione a catena23. I1 ritorno del guerriero si lascia inte rpretare in termini sociologici o psicologici: le due tragedie ci presentano cos in forma quasi aneddotica fenomeni che non hannno senso se non a livello dell in tera comunit24. Con la nozione di crisi sacrificale si possono pertanto chiarire certi aspetti della tragedia che evoca la crisi sacrificale soltanto attraverso figure leggendarie i cui contorni sono fissati dalla tradizione. La disputa trag ica una disputa senza soluzione: "la tragedia l equilibrio della bilancia della violenza, non della giustizia"25. Tra gli antagonisti tragici non vi sono differ enze perch vengono cancellate dalla violenza: ciascuno ricorre alle stesse tattic he, usa gli stessi metodi e mira alla distruzione del proprio avversario, contri buendo cos tutti alla distruzione di quell ordine che tutti pretendono di consoli dare26. Nella religione primitiva e nella tragedia opera lo stesso principio, sempre imp licito ma fondamentale, che l ordine e la pace27 riposano sulle differenze cultu rali. Non sono le differenze, ma la loro perdita a provocare una rivalit e una lo tta incontrollabili tra gli uomini di una stessa societ. La crisi sacrificale, os

sia la perdita del sacrificio, si definisce come crisi delle differenze, cio dell ordine culturale (che non che un sistema organizzato di differenze) nel suo ins ieme. Una volta perduta tale differenza si perde pure quella fra violenza impura e violenza purificatrice e allora non esiste pi purificazione possibile e la vio lenza impura, che contagiosa, si diffonde nella comunit28. Anche la tragedia, che si radica in una crisi del rituale e di tutte le differenze, parla quindi della distruzione dell ordine culturale. Essa pu aiutarci nella comprensione di tale c risi e di tutti i problemi, da essa inseparabili, della religione primitiva che ha sempre l unico scopo di impedire il ritorno della violenza reciproca: la trag edia fornisce dunque una via di accesso privilegiata ai grandi problemi dell etn ologia religiosa29. Contrariamente a quanto accade nel pensiero moderno, per il pensiero primitivo l assimilazione della violenza alla non-differenziazione un f atto immediatamente evidente. Girard analizza uno dei fenomeni religiosi pi spett acolari sul piano dell etnologia religiosa: il fatto che in numerose societ primi tive i gemelli ispirano uno straordinario terrore30. Ma non c da stupirsi che i gemelli facciano paura, poich essi sembrano annunciare la violenza indifferenziat a, cio il pericolo maggiore per qualunque societ primitiva. Anche gli esempi mitol ogici, letterari, storici, sono quasi tutti esempi di conflitto: la presenza di fratelli nemici in certi miti greci e nelle tragedie ci suggerisce una presenza costante della crisi sacrificale riportata con unico stesso meccanismo simbolico 31. Girard, che considera i miti come delle riletture a ritroso fatte a partire dall ordine culturale nato dalla crisi, ritiene che nei miti le tracce della cri si sacrificale siano per pi difficilmente decifrabili che nella tragedia. In essa, spiegazione sempre parziale dei motivi mitici, il poeta fa invece rinascere la reciprocit violenta: tutto diventa antagonismo nel tentativo di riequilibrare ci c he il mito rende squilibrato. La tragedia, diffondendo e moltiplicando la violen za all infinito, riconduce tutti i rapporti umani all unit di uno stesso antagoni smo tragico, tendendo cos a dissolvere i temi del mito nella loro violenza origin aria: la tragedia strettamente legata alla violenza, "figlia della crisi sacrifi cale"32. 1.4.La vittima espiatoria Per delineare la figura della vittima espiatoria Girard analizza il mito di Edip o attraverso l analisi della tragedia Edipo re di Sofocle. Nella tragedia l ira presente ovunque: non Edipo ad avere il monopolio dell ira, giacch non vi sarebbe disputa tragica se anche gli altri protagonisti non andass ero in collera. Le loro ire seguono quelle dell eroe solo con un certo ritardo, per cui si tentati di riconoscere in loro "giuste rappresaglie, ire seconde e pe rdonabili rispetto all ira prima e imperdonabile di Edipo. Ma l ira di Edipo sem pre preceduta e determinata da un ira anteriore. E nemmeno questa veramente orig inaria"33. La sola differenza tra Edipo e i suoi avversari sta nel fatto che Edi po, poich il primo ad entrare in gioco nella tragedia, sempre in anticipo sugli a ltri. Ciascuno si crede capace di padroneggiare la violenza mentre in realt la vi olenza che trascina successivamente tutti i protagonisti inserendoli, sebbene in consapevoli, nel gioco di quella reciprocit violenta a cui credono sempre di sfug gire. I protagonisti della tragedia si riducono tutti all identit di una stessa v iolenza e sono ugualmente responsabili poich tutti partecipano alla distruzione d ell ordine culturale; ognuno vede nell altro l usurpatore di una legittimit che c rede di difendere ma che in realt non smette di indebolire34. Il mito non pone per esplicitamente il problema della differenza ma lo risolve tr amite il parricidio e l incesto. Nel mito non si parla infatti di identit e di re ciprocit tra Edipo e gli altri: di Edipo si pu affermare per almeno una cosa che no n valida per nessun altro e cio che egli solo colpevole del parricidio e dell inc esto. Queste colpe si presentano come un eccezione cos mostruosa che Edipo non as somiglia a nessuno e nessuno assomiglia ad Edipo: ma la sua caduta non una mostr uosit eccezionale, bens il risultato della sconfitta nello scontro tragico35. Sono pertanto il parricidio e l incesto a completare il processo dell indifferenziaz ione violenta. In primo luogo il parricidio l instaurazione della reciprocit viol enta tra padre e figlio, la trasformazione del rapporto paterno in fraternit conf littuale. Assorbendo persino il rapporto tra padre e figlio la reciprocit violent a non lascia pi nulla fuori del suo raggio: assorbe quel rapporto facendone una r

ivalit non per un oggetto qualsiasi ma per la madre, vale a dire per l oggetto pi formalmente riservato al padre e pi rigorosamente vietato al figlio. In secondo l uogo anche l incesto una violenza estrema che distrugge la differenza principale entro la famiglia36. Il parricidio e l incesto acquisiscono quindi il loro sig nificato soltanto entro la crisi sacrificale e in relazione ad essa: entrambi ma scherano pi che chiarire la crisi sacrificale. I delitti di Edipo significano la fine di ogni differenza ma diventano, per il fatto di essere attribuiti ad un in dividuo particolare, una nuova differenza, la mostruosit del solo Edipo. Alla vio lenza reciproca ovunque diffusa il mito sostituisce la tremenda trasgressione di un individuo unico, Edipo, che il responsabile per eccellenza delle sventure de lla citt: il suo ruolo quello di un vero e proprio capro espiatorio umano. Una so la vittima pu pertanto sostituirsi a tutte le vittime potenziali: tutti i rancori sparsi su tanti individui differenti convergono cos su un unico individuo, sulla vittima espiatoria. Quanto siano sottovalutati gli effetti della violenza colle ttiva37 ci mostrato dalla presenza del mito edipico in tempi e luoghi differenti , dal carattere imprescrittibile dei suoi temi, dal rispetto quasi religioso di cui la cultura moderna continua a circondarlo. I1 meccanismo della violenza reci proca pu essere descritto come un circolo vizioso in termini di vendetta e di rap presaglia dal quale la comunit, una volta inseritasi, non pi in grado di uscire. F inch entro la comunit vi un capitale di odio e di diffidenza accumulati, gli uomin i continuano ad attingervi: ciascuno si prepara contro l aggressione probabile d el vicino e interpreta i suoi preparativi come la conferma delle sue tendenze ag gressive. Alla violenza va riconosciuto un carattere mimetico di intensit tale che la viole nza non potrebbe morire da s una volta innestata nella comunit. Gli uomini tendono a convincersi che uno solo di loro responsabile di tutta la mimesis violenta, c he in lui si trova la macchia che li contamina tutti: distruggendo la vittima es piatoria gli uomini crederanno allora possibile sbarazzarsi del loro male ed eff ettivamente se ne libereranno poich tra loro non ci sar pi la violenza fascinatrice . Girard ritiene che noi moderni concediamo invece solo un importanza minima al meccanismo della vittima espiatoria, poich essa dissimula agli uomini la verit del la loro violenza38; egli sente la violenza come qualcosa di comunicabile . Per guarire la citt bisogna identificare ed allontanare l essere impuro la cui presen za contamina tutta la citt: cio necessario che tutti si mettano d accordo sull ide ntit di un unico colpevole e sono il parricidio e l incesto a procurare alla comu nit ci di cui essa ha bisogno per cancellare la crisi sacrificale39. La funzione del sacrificio descritta da Girard richiede "il fondamento della vit tima espiatoria, ossia dell unanimit violenta; nel sacrificio rituale la vittima realmente immolata svia la violenza dai suoi oggetti naturali che si trovano all interno della comunit. Ma a chi sostituita questa vittima?"40. La vittima ritual e non mai sostituita n a un membro della comunit n alla comunit intera, ma viene sem pre sostituita alla vittima espiatoria. Poich tale vittima viene sostituita a tut ti i membri della comunit, la sostituzione sacrificale svolge proprio il ruolo ch e gi le stato attribuito: tramite la vittima espiatoria protegge tutti i membri d ella comunit dalle loro rispettive violenze. La violenza originaria unica e spont anea, mentre i sacrifici rituali sono invece molteplici e ripetuti41. I1 sacrifi cio rituale pertanto fondato su una duplice sostituzione: la prima, che non si s corge mai, la sostituzione di tutti i membri della comunit a uno solo e poggia su l meccanismo della vittima espiatoria; la seconda, la sola propriamente rituale, si sovrappone alla prima e sostituisce alla vittima originaria una vittima appa rtenente a una categoria sacrificale. Va messo in evidenza che la vittima espiat oria interna alla comunit mentre la vittima rituale esterna. Riconosciamo infine il carattere fondamentalmente mimetico del sacrificio rispetto alla violenza fon datrice42: la violenza, per conservare la sua efficacia, deve affascinare e perc i nel rito la violenza reale persiste ancora, anche se esso essenzialmente orient ato verso l ordine e la pace. Persino i riti pi violenti mirano realmente a scacc iare la violenza, in quanto se i riti sono violenti si tratta sempre di mettere in atto una violenza minore a baluardo di una violenza peggiore; i riti cercano sempre di riallacciarsi alla pace pi grande che la comunit conosca, quella che dop o l uccisione risulta dall unanimit attorno alla vittima. Il rito possibile perch

gli uomini fanno sempre una differenza entro la violenza: il rito elegge una cer ta forma di violenza come buona e necessaria all unit della comunit, contrappost a ad un altra violenza che rimane cattiva perch resta assimilata alla cattiva r eciprocit. 1.5. La ripetizione rituale Analizzando il fenomeno religioso Girard si imbatte continuamente in due fondame ntali componenti, il mito e il rito, delle quali importante riuscire a conoscere il rapporto che le lega. Due sono le tesi che gli studiosi contrappongono: una riconduce il rituale al mito43, l altra riconduce il mito al rituale44. L ipotes i storico-genetica secondo cui "il mito dipende dal rito" o, pi ampiamente, i mit i sono intimamente associati ai rituali, ove si tende chiaramente a privilegiare il rito nei confronti del mito, stata abbozzata da Robertson Smith45 ed ottiene poi ampi consensi quando viene accettata dal Frazer e assunta come presupposto fondamentale del Ramo d oro46. A favore di questa teoria si schierano poi classi cisti47, storici delle religioni del vicino Oriente48 e antropologi49. A proposi to di questo rapporto mito-rito Girard riporta la tesi di Hubert e Mauss che "ri conduce al rituale non solo i miti e gli di ma, in Grecia, anche la tragedia e le altre forme culturali"50. I1 sacrificio appare quindi a Hubert e Mauss51 come l origine di tutto il religioso, per cui i due antropologi non ritengono necessar io interessarsi n dell origine n della funzione del sacrificio. Si dedicano invece alla descrizione sistematica dei sacrifici dalla quale emerge che la somiglianz a dei riti nelle diverse culture che praticano il sacrificio stupefacente e che le variazioni da cultura a cultura non sono mai sufficienti per compromettere la specificit del fenomeno. Girard critica quella che definisce come posizione rin unciataria dei contemporanei che accettano la tendenza prefigurata da Hubert e Mauss di descrivere il sacrificio al di fuori di ogni cultura particolare, come se si trattasse di una specie di tecnica52 e non si preoccupano pi n di riferire i l rituale al mito n il mito al rituale. Girard rimpiange la curiosit dei predecess ori perch "non basta dichiarare formalmente inesistenti certi problemi con una be nedizione puramente simbolica , per insediarsi, senza incontrare opposizioni, n ella scienza. La scienza non una soluzione di ripiego rispetto alle ambizioni de lla filosofia, una saggia rassegnazione. E un altra maniera di soddisfare quell e ambizioni 53. Si rallegra invece del fatto che di tanto in tanto si levi per u na voce, cita ad esempio quella di Jensen, a ricordare la stranezza di un istitu zione quale il sacrificio, dal momento che "ci saranno volute esperienze partico larmente sconvolgenti per portare l uomo a introdurre nella sua vita atti tanto crudeli. Quali ne furono i motivi? ... Il pensiero mitico ritorna sempre a ci che accaduto la prima volta, all atto creatore, ritenendo a giusto titolo che quell o a fornire su un dato fatto la testimonianza pi viva 54. Allontanandosi dalla rinuncia di Mauss e avvicinandosi a Jensen nel ritenere i mportante stabilire ci che accaduto la prima volta, Girard approfitta per specifi care ulteriormente la sua tesi fondamentale. Innanzitutto crede che a questo pun to sia obbligatorio chiedersi se "la prima volta non sia realmente accaduto qual cosa di decisivo. Bisogna ricominciare a porre le domande tradizionali in un qua dro rinnovato dal rigore metodologico dei nostri tempi 55. Se esiste un origine reale che i miti non smettono di rammentare e che i rituali non smettono di com memorare, deve trattarsi di un evento che ha fatto sugli uomini un impressione c he, sebbene sia cancellabile dal momento che essi finiscono per dimenticarla, tu ttavia molto forte. La molteplicit delle "commemorazioni rituali che consistono i n una condanna a morte fa pensare che l evento originario sia di norma un uccisi one 56. Un p ovunque si ritrovano tracce della tesi che fa del rituale l imitazi one e la ripetizione di una violenza unanime e in realt basta porla in evidenza p er chiarire nelle forme rituali e mitiche certe analogie che passano spesso inos servate: spicca ad esempio che in uno straordinario numero di sacrifici deve ess ere soddisfatta l esigenza di partecipazione collettiva, perlomeno sotto forma s imbolica57. La considerevole uniformit dei sacrifici fa inoltre pensare che si tr atti proprio dello "stesso tipo d uccisione in tutte le societ"58. La soluzione p roposta da Girard , ancora una volta, rintracciabile nella crisi sacrificale e ne l meccanismo della vittima espiatoria. E a questo punto che si presenta nuovame nte allo studioso francese l occasione di delineare ancora piu chiaramente la su

a posizione funzionalista: bench il religioso sia l unica istituzione sociale di cui la scienza non sia mai riuscita ad individuare l autentica funzione, egli id entifica la funzione del religioso nel perpetuare o nel rinnovare gli effetti de l meccanisno della vittima espiatoria, ossia nel mantenere la violenza fuori dal la comunit. Girard pensa che la violenza contro la vittima espiatoria potrebbe es sere fondatrice nel senso che, ponendo fine al circolo vizioso della violenza, a vvia un altro circolo vizioso, quello del sacrificio rituale, che potrebbe esser e proprio quello dell intera cultura. Tutti i miti d origine che si rifanno all uccisione di una creatura mitica affermano, anche se non apertamente, che la vio lenza fondatrice costituisce realmente l origine di tutto ci che gli uomini tendo no maggiormente a preservare: una violenza dunque ad essere indicata come la fon datrice dell ordine culturale59. L individuazione del meccanismo della vittima e spiatoria permette di comprendere che i sacrificatori mirano allo scopo di ripro durre il pi esattamente possibile il modello di una crisi anteriore che si risolt a grazie al meccanismo della vittima espiatoria. Tutti i pericoli che minacciano la comunit vengono assimilati alla crisi sacrificale, il pericolo pi terribile ch e possa affrontare una societ. "Il rito la ripetizione di un primo linciaggio spo ntaneo che ha riportato l ordine nella comunit perch ha ricreato contro la vittima espiatoria e attorno ad essa l unit perduta nella violenza reciproca"60 . Fra gli esempi portati da Girard al fine di avvalorare la sua tesi interessante quello sui sacrifici animali. Poich ritiene che non ci sia differenza essenziale tra il sacrificio umano e il sacrificio animale, Girard pensa che anche il sacri ficio animale possa definirsi come mimesi di un omicidio collettivo fondatore. A llo scopo di mostrare che anche un sacrificio animale ha per modello la morte di una vittima espiatoria si rivolge a una societ in cui il sacrificio ancora vivo ed " stato descritto da un etnologo competente 61. Lo studioso francese si rifer isce a Lienhardt che ha dettagliatamente descritto parecchie cerimonie sacrifica li osservate tra i Dinka e che "definisce la vittima come scapegoat, un capro es piatorio che diviene il veicolo delle passioni umane 62: " nel momento immediata mente precedente la morte fisica della bestia, quando l ultima invocazione risuo na pi alta e la lancia viene conficcata pi in profondit, che quelli che partecipano alla cerimonia sono pi chiaramente membri di un solo corpo indifferenziato, tesi ad un unico scopo comune. Dopo l uccisione della vittima i loro caratteri indiv iduali, le loro differenze personali e familiari e le diverse esigenze e diritti pertinenti al loro status appaiono di nuovo chiaramente"63. L etnologo in quest o passo, descrivendo il sacrificio Dinka, intendeva delineare le fasi di aggrega zione e di segmentazione che caratterizzano la maggior parte dei rituali: gli in dividui e i gruppi si riuniscono per rappresentare un rituale durante il quale a bbandonano gradualmente il loro senso di identit separata per sentirsi parte di u na pi vasta totalit sociale unita da legami di parentela, di commensalit, di scopo comune. Lienhardt osserva che il momento in cui finisce l aggregazione e cominci a la fase di segmentazione quello in cui la vittima viene uccisa e la sua carne divisa: la segmentazione sociale coincide con la divisione sacrificale della car ne, mentre l aggregazione fa riferimento ad una vittima intera che contiene gi ne l suo corpo la potenzialit di essere divisa in pezzi differenti. Anche Girard sot tolinea "l esigenza di partecipazione collettiva, perlomeno sotto forma simbolic a"64 dei rituali e conclude che la funzione del sacrificio "non solo permette ma richiede il fondamento della vittima espiatoria, ossia dell unanimit violenta"65 . La funzione essenziale del rito consiste nell evitare il ritorno della crisi s acrificale e nel convertire la violenza cattiva e contagiosa in valori cultu rali positivi: "il rito elegge una certa forma di violenza come buona , palesem ente necessaria all unit della comunit, di fronte a un altra violenza che rimane cattiva perch resta assimilata alla cattiva reciprocit"66. Dunque Girard individua uno speciale rapporto fra rito e mito, un rapporto in fu nzione del quale l azione rituale interpretata come ripetizione, rinnovamento, r icostituzione di un modello prototipico. L atto sacrificale diventa ripetizione rituale di sacrificio: in tal senso il rituale sacrificale di tipo ripetitivo po trebbe rientrare nei riti di rifondazione di beni ed istituti culturali, nella m isura in cui il sacrificio costituisce un istituto che conserva e garantisce una struttura culturale67. E invece del tutto assente l aspetto del ricordo, della

commemorazione, della memoria: costante l oblio dei meccanismi costitutivi del sacro, nascosti dalla testualit mitica e dai comportamenti sacralizzati. I testi mitico-religiosi, i racconti delle gesta eroiche dei fondatori, i riti studiati dall etnologia, sono l ambito in cui la verit nascosta del meccanismo fondatore p resente ma non del tutto chiara, poich viene occultata dalla necessit stessa del s uo funzionamento. Il polarizzarsi della violenza collettiva su una vittima espia toria68 d vita ad un sistema di rappresentazione articolato in miti e riti con st rategie che saranno poi prolungate anche nel lavoro e nella scienza. "La rottur a epistemologica ci permette di non riconoscere nel rito il nostro educatore di sempre, il primo e fondamentale modo d esplorazione e di trasformazione del rea le"69. Se il meccanismo della vittima vuole avere successo deve dissimularsi: la verit del capro espiatorio (la sua innocenza) sovversiva in quanto presenta l in erme e dilacerato corpo della vittima come mezzo per attuare la riconciliazione del gruppo sociale. 2. L eredit di E. Durkheim Nell approccio al fenomeno religioso Girard debitore della tradizione dell indir izzo sociologico francese che difficilmente pu venir separato da E. Durkheim, ori entato ad una spiegazione del religioso entro il quadro sociale. Ecco in breve i punti di contatto e di distacco. La fondazione positivistica delle scienze sociali operata da Durkheim ha influen zato profondamente una delle pi importanti tradizioni della sociologia contempora nea. Il presupposto principale da cui Durkheim parte consiste nella convinzione che, ontologicamente, i fatti sociali sono cose e quindi simili ai fatti natur ali, per cui il mondo sociale presenta un oggettivit che pu venir indagata col met odo scientifico. Postulando tale oggettivit Durkheim convinto che si possono sc oprire gli effettivi processi della societ e che, in tale compito, lo scienziato sociale deve dascrivere i fatti sociali e le loro reciproche relazioni come se g li fossero estranei, ossia eliminando tutto ci che possa inerire alla propria sog gettivit. Pertanto l attivit scientifica che ha per oggetto la societ si presenta c ome indipendente dalla societ stessa e tale indipendenza il presupposto fondament ale per individuare le leggi della societ. Questa anche la posizione di Girard ch e con la sua nuova teoria sul religioso ritiene di essere in grado di proporre una spiegazione oggettiva e pu pertanto essere accostata ad un tentativo compl esso di critica della ideologia religiosa nello studio dei fenomeni religiosi. Un altro aspetto dell eredit durkheimiana in Girard. Durkheim ha affermato che la sociologia una scienza dello stesso tipo delle altre, il cui fine ultimo la sco perta di relazioni generali fra i fenomeni: questa capacit di non dissociare il l avoro pratico da quello teorico, di mettere l osservazione al servizio della spi egazione, il frutto pi prezioso dell origine filosofica della sociologia franc ese. Kroeber aveva attribuito all origine filosofica della sociologia francese l a sua ripugnanza alla ricerca sul terreno e le aveva rimproverato di basarsi su concetti falsamente generali, come quello di dono o di sacrificio , in realt a ttinti dal senso comune. Quando Kroeber paragona Mauss che utilizza concetti com e dono o sacrificio ad un fisico che si accontenti di nozioni della vita quo tidiana come piatto o rotondo , intende porre in discussione la legittimit ste ssa delle scienze unane a compiere generalizzazioni che non siano storicamente l imitate70. Se non ci si potesse svincolare dal particolarismo della storia cultu rale per formulare ipotesi su questioni generali, se non si potesse leggere anch e in un solo caso, bench ben scelto e significativo, una risposta capace di assum ere valore universale, allora la grande ambizione di un analisi delle societ alla ricerca di elementi nascosti e fondamentali che sono costitutivi dei fenomeni v errebbe a cadere. La sociologia di Durkheim indica una via verso una scienza che aspiri a leggi universali, tra il vuoto genericismo della filosofia sociale ed il rinunciatario particolarismo della storia culturale. Sembra che Girard tenti di conciliare l aspirazione di Durkheim alla sociologia come scienza con la prud enza critica rivolta contro tutte le generalizzazioni non documentabili: solo le conoscenze accumulate dagli etnografi possono offrire una solida base documenta ria su cui verificare ogni possibile ipotesi e realizzare la costituzione di una scienza sociale che in Durkheim si era rivelata come un fecondo auspicio. In Gi rard emergono molte spie dell intenso dialogo promosso fra sociologia e antropol

ogia culturale: si trova ad esempio confermato piu volte l interesse per l organ izzazione sociale e per i sistemi di parentela71. Questi pochi esempi bastano pe r mostrare la ricchezza delle problematiche che confluiscono nella formazione de l pensiero di Girard e per sottolineare la tendenza a fondere un attenzione al p articolare con ipotesi esplicative di carattere generale, che mostrano quanto gr ande sia il debito di Girard verso la sociologia francese, soprattutto verso la maggiore disponibilit di quest ultima per il momento della teoria in quanto tale. Il ruolo riconosciuto alla sociologia di Durkheim non impedisce a Girard di pren dere per le distanze dal sociologo francese soprattutto su due punti fondamentali : in primo luogo, tiene distinte la ricerca delle origini da quella delle funzio ni, il punto di vista storico da quello logico; in secondo luogo, non contrappon e l individuo alla societ, l approccio psicologico a quello sociologico. Quanto alla distinzione origine/funzione, essa non affatto assente in Durkheim72 , ma vista alla luce di un rapporto di complementarit tra i due concetti, dato ch e l individuazione delle funzioni mira solo a ribadire quanto gi messo in luce da ll analisi genetica. Se vero che solo nella struttura interna di una societ si tr ovano le cause degli altri fatti sociali73 anche vero che gli elementi di tale s truttura ed i loro rapporti si rivelano unicamente ad un analisi genetica che ne ricostruisca il processo di formazione, che si basa sull evoluzione sociale che in Durkheim non per n rettilinea n mossa dalla tendenza ad uno scopo, ma invece re tta da cause meccaniche. Per quanto riguarda il fenomeno religioso nella teoria sociologica di Durkheim non interessa scoprirne l origine storica, ma piuttosto "le cause sempre presenti da cui dipendono le forme essenziali del pensiero e de lla prassi religiosa"74: l intento del sociologo francese di individuare la caus a in assoluto astraendo da ogni contingenza storica e pertanto egli preferisce d ecidere del valore e del significato della religione in quanto tale piuttosto ch e della sua origine storica. Invece Girard, bench ne veda un legame, tiene separa te l origine e la funzione del sacrificio: riguardo alla prima ritiene sia neces sario rifarsi a "quanto accaduto la prima volta"75. Riguardo la seconda Girard i ndividua una funzione reale del sacrificio che si propone a livello dell intera collettivit in quanto " l intera comunit che il sacrificio protegge dalla sua stess a violenza"76: peculiare del sacrificio pertanto la funzione di "placare le viol enze intestine, d impedire lo scoppio dei conflitti"77. I1 sacrificio, comportam ento definito in un insieme collettivo, ha pertanto preso in Girard consistenza sociale e culturale: gli attribuisce una natura riducibile alla vita sociale e u tile al suo progresso in base ad una documentazione etnografica. Dunque, riguard o al rapporto origine/funzione, la separazione tra punto di vista logico e punto di vista storico, non reperibile in Durkheim, denuncia l influenza su Girard di molteplici fonti quali gli antropologi Malinowski e Radcliffe-Brown. Pi complesso il problema relativo al rapporto individuo/societ, perch implica una d iscussione sulla natura dei fatti sociali. Ad esempio, Durkheim spiega la proibi zione dell incesto interpretando quella che in certe popolazioni, ma non in tutt e, pu essere stata l origine di tale proibizione come la funzione universale e pe rmanente in virt della quale essa si perpetua. Inoltre, stabilendo una contrappos izione tra il carattere non intenzionale dei processi collettivi di evoluzione s ociale e la intenzionalit dell agire individuale, non tiene conto del fatto che n on tutti i processi psichici sono anche coscienti e che proprio a livello incons cio gli psicoanalisti e i linguisti hanno reperito dei sistemi che sono da un la to collettivi e retti da leggi come quelli che i sociologi pretendono di ritrova re nei fatti sociali e dall altro orientati ad uno scopo come quelli che gli psi cologi ricostruiscono nelle personalit degli individui. Se nel pensiero durkheimi ano la soluzione data non univoca, rimane per costante la tesi che la sociologia si occupa di quella classe di fatti che risultano dall associazione degli indivi dui: concessi alla psicologia i fatti riconducibili agli individui in quanto ind ividui, restano sempre dei modi di essere che sono irriducibili agli individui i n quanto singoli, ma sono risultanti esclusivamente dal fatto che essi sono asso ciati e costituiscono un unit di nuovo genere. Sia nella sociologia religiosa sia nella sociologia della conoscenza, la spiegazione sociologica riconduce sempre i fatti umani al modo di essere dei raggruppamenti di individui. Non stupisce du nque che Durkheim abbia progressivamente accentuato l importanza del concetto di

coscienza collettiva 78 ed abbia spostato il suo interesse verso le societ prim itive ricche di una maggiore effervescenza di sentimenti collettivi79. Per Durkh eim maturo la societ non tanto una associazione di individui quanto di coscienze individuali da cui risulta una sorta di ipercoscienza, mentre lo stesso ambiente sociale viene inteso come fatto essenzialmente di idee, valori, abitudini e ten denze comuni80. L accento passa dalla morfologia alla fisiologia sociale, dalla struttura sociale alle rappresentazioni collettive81: la sociologia sempre pi una sorta di psicologia collettiva. Nel suo pensiero passando da La divisione del l avoro sociale a Le forme elementari della vita religiosa la soluzione varia: si accentuano tendenze82 che portano la sociologia religiosa a diventare, e non a c aso, il principale campo d indagine perch, se la societ essenzialmente una comunan za di sentimenti, pensieri e valori, si pu comprendere come in dio, secondo la no ta ipotesi delle Forme, gli uomini non adorino che la societ stessa e come la rel igione sia il germe di tutte le istituzioni sociali83. Questa tesi costituisce l asse portante delle Forme e rappresenta l implicito punto di raccordo dei suoi due grandi temi: da un lato l identificazione della societ con dio (sociologia re ligiosa) e dall altro lato con il concetto di totalit, base di tutte le categorie logiche (sociologia della conoscenza). I due temi solo apparentemente corrono p aralleli lungo tutta l opera: in realt il tema specifico dell opera, l analisi de l totemismo australiano, ne costituisce gi un punto d incontro, perch il totem, pr ima forma del sacro , simultaneamente il nome e l emblema del clan. Questo dupl ice ruolo del totem da un lato indica che se uno stesso simbolo pu significare co ntemporaneamente dio e la societ elementare (il clan), allora dio e la societ sono la stessa cosa; dall altro indica che l origine della societ, della religione84, della conoscenza e del linguaggio costituisce un processo unico e perci il primo dio anche il primo simbolo ed il primo concetto85. In questa prospettiva il sac rificio viene interpretato come il momento in cui l aggregazione del gruppo e la polarizzazione psicologica che ne deriva agiscono in modo tale che ogni individ uo si sente pervaso dalla forza collettiva che di solito percepisce come esterna , da cui deriva lo stato di effevescenza collettiva che si determina; Girard acc enna a questo parlando dell antagonismo contagioso di tutti contro tutti entro la tragedia greca86. Dunque, riguardo al rapporto individuo/societ il discorso s i rivela complesso: Girard da un lato avverte l esigenza, in parte stimolata da Mauss e dall antropologia americana, di un pi stretto rapporto tra sociologia e p sicologia; dall altro lato per la direzione nella quale cerca soluzione al suo pr oblema ancora fortemente debitrice del concetto durkheimiano di societ intesa com e sistema di valori. La problematica di Girard resta dunque durkheimiana sia per ch intende proporre una teoria originale sulla genesi della religione sia perch in tende l antropologia come una scienza sia perch suo oggetto restano forme collett ive di rappresentazione e di condotta. La continuit con Durkheim per interrotta su alcuni punti decisivi: un accordo non del tutto precisato da Girard ma comunque importante fra antropologia e psicologia; il delinearsi, sia pure ancora allo s tato embrionale, della tematica natura/cultura. Ampio spazio dedicato al process o di ominizzazione: il meccanismo vittimario per Girard un processo di ominizzaz ione che permette la crescita della comunit umana, lo spazio del fragile discrimi ne tra animalit e umanit. 3. L eredit di Freud Alcuni temi portanti del pensiero di Girard - quello della violenza e quello del meccanismo della vittina espiatoria e dei suoi rapporti con la psicologia inter individuale - mostrano, implicitamente o esplicitamente, la loro derivazione da alcune intuizioni del pensiero di Freud. Girard parte dalle tesi freudiane ma po i le supera rimproverando al fondatore della psicoanalisi di aver soltanto intui to la forza operativa della visione mimetica del desiderio che per rimane poi ine fficace sia nel caso del complesso di Edipo sia nel caso dell uccisione colletti va dell orda primitiva. Ora, in sintesi, presento le affinit e le differenze dall a teoria freudiana della quale Girard si occupa ampiamente e a pi riprese87. 3.1.La proibizione dell incesto Girard ritiene che l elaborazione mitica e rituale, bench suscettibile nei partic olari di infinite variazioni, non pu non ruotare intorno ad alcuni grandi temi tr a i quali la proibizione dell incesto. Anche nel caso dell incesto il pensiero r

ituale ripete il meccanismo fondatore e l azione rituale ha come funzione unica ed essenziale quella di evitare il ritorno della crisi sacrificale. A proposito di tale proibizione Girard sostiene l inevitabilit della sua teoria mostrando, an che se non esplicitamente, l inconsistenza delle altre88: quella del Tylor89, de l Morgan90, di Westermack91, di Freud92, di Malinowski93, di Durkheim94, di Lvi-S trauss95. Fra tutte queste interpretazioni Girard sceglie di riprendere nei dett agli quella freudiana, di cui riconosce la validit per certi aspetti ma da cui po i si distacca. Lo studioso francese ritiene che sia stata l assenza quasi assolu ta del tema dell incesto nella cultura occidentale alla fine del diciannovesimo secolo a suggerire a Freud che tutta la cultura umana sottoposta al desiderio un iversale e universalmente rimosso di commettere l incesto materno; a confermare tale ipotesi interviene la presenza dell incesto nella mitologia primitiva e nei rituali. Freud, dietro l incesto del mito edipico, intuiva qualcosa di essenzia le per ogni cultura umana; per Girard nel campo dei miti e delle religioni non s i pu attribuire alla psicoanalisi nessun altro successo paragonabile a questo, pe r quanto parziale e limitato esso sia. Ma la psicoanalisi non mai riuscita a mos trare come e perch l assenza dell incesto in una determinata cultura significhere bbe esattamente la medesima cosa che la sua presenza in molte altre96; Girard in vece convinto che l incesto generalizzato rappresenta il termine assoluto della crisi sacrificale. Lo studioso francese ritiene che la sua concezione mimetica del sacrificio non s ia mai assente in Freud, anche se non arriva mai a trionfarvi poich Freud insiste invece sull altro polo del suo pensiero in favore di un desiderio rigidamente o ggettuale, cio dell inclinazione libidica per la madre. La prima identificazione descritta da Freud ha per oggetto il padre e chiarisce che il bambino manifesta un grande interesse per il padre e lo innalza a suo ideale. Evidente la somiglia nza tra 1 identificazione con il padre e il desiderio mimetico girardiano in qua nto entrambi consistono nella scelta di un modello97 che indica al discepolo l o ggetto del suo desiderio col desiderarlo egli stesso: il desiderio mimetico non radicato n nel soggetto n nell oggetto ma in un terzo (il rivale) che desidera a s ua volta e di cui il soggetto imita il desiderio. Per Girard in tutti i desideri oltre ad un soggetto ed un oggetto c anche un terzo termine, il rivale, che des idera lo stesso oggetto del soggetto. La rivalit non il frutto di una convergenza accidentale di due desideri sullo stesso oggetto: in realt il soggetto desidera l oggetto perch lo desidera il rivale stesso. E il rivale che, desiderando quest o o quell oggetto, lo indica al soggetto come estremamente desiderabile. Perci il desiderio, ricalcato su un desiderio-modello, essenzialmente mimetico: elegge l o stesso oggetto del modello. Ma due desideri che convergono sullo stesso oggett o si ostacolano scambievolmente e ci sfocia automaticamente nel conflitto. L identificazione di cui parla Freud un desiderio che cerca una propria realizza zione per mezzo dell appropriazione degli oggetti del padre: il figlio cerca di sostituire il padre sotto ogni aspetto e quindi anche nei suoi desideri, desider ando ci che il padre desidera. Nella prima definizione Freud insiste che l identi ficazione con il padre anteriore a qualsiasi scelta di oggetto e che soltanto do po l identificazione con il padre viene l inclinazione libidica per la madre. So no pertanto individuate due origini del desiderio per la madre: la prima il mime tismo, cio l identificazione con il padre; la seconda la libido direttamente fiss ata sulla madre98. Per constatare che Freud si allontana dalla via del desiderio mimetico che gli si apre innanzi, Girard suggerisce di leggere la definizione s tessa del complesso di Edipo ove si trova una strana indicazione: quando il figl io si scontra con l ostacolo paterno la sua identificazione finisce per confonde rsi con il desiderio di sostituire il padre anche presso la madre. Colpisce ques to anche presso la madre in quanto evidente che, se nella fase dell identifica zione il figlio gi voleva sostituire il padre sotto ogni aspetto, voleva sostitui rlo anche presso la madre99: secondo Girard questa leggera incongruenza dissimul a qualcosa di molto importante. Egli fa sfociare il pensiero di Freud in uno sch ema mimetico che fa del padre il modello del desiderio; poich il padre che design a al figlio il desiderabile col desiderarlo egli stesso, il figlio non pu evitare di desiderare tra le altre cose anche la madre. Ma Freud, dopo aver implicitame nte suggerito una tale lettura mimetica, non la formula mai apertamente e scrive

ndo anche presso la madre implicitamente la respinge: quest ultima parte di fr ase a neutralizzare ogni possibile interpretazione mimetica dell identificazione . Un attenta lettura della definizione del complesso di Edipo in due diversi tes ti freudiani100 rivela che non ci troviamo davanti, come potrebbe sembrare, ad u n fedele riassunto una dell altra: sono differenziate da elementi apparentemente minimi ma in realt importanti. L analisi girardiana mette in rilievo che Freud n el primo testo respinge gli elementi mimetici presenti, mentre nel secondo testo rafforza l inclinazione libidica ma, anzich presentarla come il risultato di un primo contatto con l identificazione, inverte l ordine dei fenomeni ed esclude i n tal modo formalmente il nesso di causa e effetto suggerito dal primo testo. Il secondo testo quindi, a spese delle migliori intuizioni del primo, finisce per eliminare tutti gli effetti mimetici101. Inoltre Girard evidenzia anche un altro aspetto: poich il discepolo e il modello si dirigono verso lo stesso oggetto, tra il discepolo e il modello si avr uno sco ntro violento. E per innocentemente che il discepolo si porta verso l oggetto del suo modello e che vuole sostituire il padre anche presso la madre: semplicem ente obbedisce all imperativo di imitazione che gli viene trasmesso dalla cultur a e dal modello stesso102. Soltanto l adulto pu interpretare l intenzione del bam bino come un desiderio di usurpazione, dal momento che la interpreta entro un si stema culturale che non per ancora quello del bambino. I1 rapporto modello/discep olo esclude gi per definizione l uguaglianza che renderebbe la rivalit concepibile nella prospettiva del discepolo; quest ultimo imita i desideri del modello ma i ncapace di ravvisarvi qualcosa di analogo al suo stesso desiderio103. Chiarament e il desiderio dell incesto non pu essere un idea del bambino, ma evidentemente l idea dell adulto. La prima interposizione del modello tra il discepolo e l ogg etto deve costituire un esperienza particolarmente traumatizzante perch il disc epolo non in grado di effettuare l operazione intellettuale che l adulto gli att ribuisce. In realt, trovandosi ad affrontare l ira del modello, il discepolo obbl igato a scegliere tra se stesso e il modello ed evidente che sceglier quest ultim o in quanto giustifica l ira dell idolo con la propria insufficienza. I1 discepo lo si crede colpevole anche se senza sapere esattamente di che cosa e sentendosi indegno di possedere l oggetto desiderato, lo sentir pi desiderabile che mai. L o rientamento del desiderio verso gli oggetti protetti dalla violenza dell altro s i cos iniziato ed il legame che in questo modo si stringe tra il desiderabile e l a violenza potrebbe non sciogliersi mai104. I1 punto focale della critica girard iana il rimproverare a Freud di restare attaccato, malgrado le apparenze, ad una filosofia della coscienza: "l elemento mitico del freudismo la coscienza del de siderio parricida e incestuoso"105. Freud ha insomma dapprima tentato di sviluppare il complesso di Edipo sulla base di un desiderio per met oggettuale e per met mimetico, da cui deriva la strana du alit dell identificazione con il padre e dell inclinazione libidica per la madre. Il fallimento di tale compromesso spinge Freud a fondare l Edipo su un desideri o puramente oggettuale e a riservare gli effetti mimetici per un altra formazion e psichica, il Super-io, che non che la ripresa dell identificazione con il padr e a cui Freud non vuole rinunciare del tutto106. Nei testi freudiani ritorna pi v olte il concetto fondamantale di ambivalenza che tradisce contemporaneamente s ia la presenza della configurazione mimetica (in cui sono inseparabili l identif icazione, la scelta dell oggetto e la rivalit) sia l incapacit del pensatore ad a rticolare correttamente i rapporti dei tre elementi della figura (il modello, il discepolo e l oggetto che si contendono). Il termine ambivalenza compare alla f ine di entrambe le definizioni del complesso di Edipo e perci Girard conclude che Freud si rifugia nella nozione di ambivalenza ogni volta che la contraddizione del desiderio mimetico gli fa pressioni e gli si impone senza che egli riesca a chiarirla. Dietro l ambivalenza in Freud c dunque un intuizione parziale ma r eale del desiderio mimetico107: Girard pertanto convinto che la sua lettura dell a proibizione dell incesto non sia stata veramente rifiutata da Freud, ma sempli cemente non sia stata scorta in quanto "essa sembra cos semplice e naturale, una volta che la si individuata, che Freud non avrebbe mancato di prenderla in consi derazione, se non altro per rifiutarla, se fosse veramente giunto fino ad essa. La verit che non vi arrivato"108. Girard ritiene che Freud resti abbagliato da ci

che gli appare come la sua scoperta cruciale che gli impedisce per di impegnarsi a fondo sulla via della mimesis che rivelerebbe chiaramente la natura mimetica d el parricidio e dell incesto: comunque in Freud l intuizione del desiderio mimet ico pur non trionfando mai non lo lascia per nemmeno mai tranquillo. Girard concl ude che il sorgere della psicanalisi storicamente determinato dall avvento del m oderno e che la maggior parte dei fenomeni raggruppati intorno al complesso di Edipo , anche se l origine loro attribuita mitica, hanno un unit reale e un intel legibilit che rivela pienamente la lettura mimetica. Il complesso di Edipo occide ntale e moderno "cos come sono occidentali e moderne la neutralizzazione e la ste rilizzazione relative di un desiderio mimetico sempre pi libero dai suoi impedime nti ma sempre imperniato sul padre e suscettibile in quanto tale di ricadere su certe forme di equilibrio e di stabilit"109. 3.2.La lezione di Totem e Tab Come noto in Totem e Tab Freud applica alla psicologia collettiva o Volkerpsychol ogie i risultati della psicoanalisi, presupponendo la validit anche nel campo soc io-psicologico del principio di Haeckel per cui l ontogenesi ricapitola la filog enesi110: trasferisce cio la scoperta del complesso edipico dal campo individuale a quello collettivo. Nel quarto saggio di Totem e Tab (I1 ritorno del totemismo nell infanzia) Freud tenta anche la ricostruzione storica del grande crimine app oggiandosi alla tesi di Darwin sull orda primitiva e ad alcune intuizioni di Rob ertson Smith sul significato del rito totemico. L ipotesi del parricidio commess o dagli uomini in et arcaica, nel quale la civilt avrebbe trovato la propria origi ne, celebre: in essa traspare la stretta relazione di corrispondenza istaurata d a Freud nei due sensi, tra ontogenesi e filogenesi. Infatti, secondo l ordine de lla ratio cognoscendi il complesso edipico individuato nei singoli nevrotici con temporanei precede e guida la scoperta della sua origine storica e secondo l ord ine della ratio essendi l origine storica del complesso che ne spiega il persist ere nei contemporanei. Tale continuit secondo Freud resa possibile dall ipotesi d ella trasmissibilit di generazione in generazione di una specie di psiche collet tiva 111, qualcosa in pi della coscienza collettiva di Durkheim, poich implica c hiaramente l ipotesi lamarckiana della trasmissione ereditaria di alcune esperie nze storicamente acquisite112. Ereditariet ed esperienza individuale in Freud si corrispondono e si integrano reciprocamente in modo che nell individuo l educazi one, cio l esperienza del proprio ambiente sociale, nega la libert pulsionale e si limita a rafforzare uno sviluppo gi ereditariamente segnato113: l opera della ci vilt anzich contrastare e reprimere l opera della natura ne il risultato. Se nell uomo presente un conflitto, come testimonia la psicoanalisi, esso non dovuto per Freud al contrasto fra natura e civilt, fra libert interiore e coercizione estern a, ma dovuto all insopprimibile dualismo delle pulsioni umane naturali, cio ad un a scissione che originaria della stessa natura umana. La famosa dottrina freudiana sull origine della civilt giunge a Girard attraverso le critiche di molti studiosi fra cui Kroeberl14, Malinowskil15, Lvi-Straussl16. Girard concorde con la critica contemporanea pressoch unanime nel considerare in accettabili le tesi sviluppate in Totem e Tab, in quanto Freud si concede in anti cipo tutto ci di cui il libro si sente chiamato a rendere conto: l orda primitiva di Darwin una caricatura della famiglia e il monopolio sessuale del maschio dom inatore gi coincide con le future proibizioni dell incesto. Ma per Girard una let tura attenta rende inoltre evidente la bizzarria che l omicidio nel libro c ma n on utile, almeno sul piano in cui si suppone debba servire. Se l argomento del l ibro la genesi dei divieti sessuali l omicidio non giova affatto a Freud e gli c rea invece delle difficoltl17. Soltanto l ipotesi girardiana del meccanismo della vittima espiatoria permette di comprendere perch man mano che si compie l immola zione sacrificale si passi dal crimine alla santit . Girard ritiene che Freud non viene ingannato dalla sua intuizione quando essa gli suggerisce di riferire tutti gli enigmi a un omicidio reale ma, mancando il meccanismo essenziale, non arriva poi ad elaborare la sua scoperta in modo soddisfacente: il pensatore tede sco non riesce a superare la tesi dell uccisione unica e preistorica che, se pre sa alla lettera, conferisce all insieme un carattere fantasiosol18. I1 dinamismo di Totem e Tab si orienta verso una teoria generale del sacrificio119: il sacrif icio si presenta come un atto che si compie al posto di un altro che nelle norma

li condizioni culturali nessuno n osa n desidera commettere ed proprio questo che Freud, imprigionato nel problema dell origine, cessa paradossalmente di vedere. Egli vede che bisogna far risalire il sacrificio a un evento ben pi vasto ma poi l intuizione dell origine, poich non si sviluppa completamente, incapace di concl udersi e gli fa perdere ogni senso della funzione. Girard ritiene che "per conci liare la funzione con la genesi, per svelarle completamente l una per mezzo dell altra, occorre impadronirsi della chiave universale che Freud elude sempre: sol o la vittima espiatoria pu soddisfare tutte le esigenze a un tempo l20. Lo studioso francese si interessa anche del passo di Totem e Tab che riporta l in terpretazione globale di Freud sul genere tragico: "l eroe della tragedia deve s offrire. Era oberato dalla cosiddetta colpa tragica ... Egli deve soffrire perc h il progenitore, l eroe della grande tragedia primordiale l21. Sotto molti aspe tti questo testo si spinge pi avanti in direzione della vittima espiatoria ed int ere frasi coincidono con la lettura girardiana: non bisogna tuttavia esagerare l a convergenza delle due letture, quella di Freud e quella di Girard perch, supera to un certo punto, la differenza ricompare. Girard ritiene che fra tutti i testi moderni sulla tragedia greca quello di Freud, sebbene sia un fallimento, sia qu ello che probabilmente si avvicina di pi alla comprensione della verit. Girard con vinto che la sua nuova lettura "pu tenere conto di tutto ci che vede Freud, ma tie ne anche conto di tutto ci che sfugge a Freud e non sfugge a Sofocle. Tiene conto infine di tutto ci che sfugge a Sofocle, di tutto ci che determina il mito nel su o insieme e di tutte le prospettive che si possono prendere su di esso, comprese quella psicoanalitica e quella tragica: il meccanismo della vittima espiatoria" l22. Ovviamente esaminare un testo nella prospettiva del meccanismo della vittim a espiatoria e considerarlo nei termini di violenza collettiva, significa interr ogarsi pi su ci che il testo omette che su ci di cui tiene conto123. Nell opera fre udiana si dice che un giorno il Padre dell orda primitiva stato assassinato: si tratta quindi di un parricidio che il delitto che Freud crede di ritrovare nella tragedia greca proiettato dai criminali sulla loro vittima. Girard ritiene che non si potrebbe immaginare una convergenza pi perfetta tra la concezione della tr agedia difesa in Totem e Tab e l argomento dell Edipo re: sarebbe appropriato nom inare il caso Edipo che invece Freud non cita nemmeno poich non pu utilizzare l Ed ipo re nel contesto di un interpretazione che riallaccia la tragedia ad un parri cidio effettivo senza rimettere in causa l interpretazione ufficiale della psica nalisi che fa dell Edipo re il semplice riflesso dei desideri inconsci dei quali viene formalmente esclusa ogni realizzazione124. I1 silenzio sull Edipo re cost ituisce una specie di sospensione critica intorno alla teoria psicoanalitica, co s come era stato nel caso del desiderio mimetico. Se l opera almeno formalmente f allisce a causa della psicoanalisi, del fardello di dogmi che il pensatore trasp orta con s e di cui non pu sbarazzarsi. L ostacolo principale ad interferire con l a lettura della tragedia innanzitutto il significato paterno che contamina la sc operta essenziale e che trasforma l uccisione col1ettiva in un parricidio125. Du nque, anche Totem e Tab passa molto vicino alla tesi del meccanismo della vittima espiatoria difesa da Girard come fondamento di ogni ordine culturale e quindi c ome la vera origine di tutto il religioso e dei divieti dell incesto: convinzion e di Girard che tale tesi sia anche lo scopo fallito di tutta l opera di Freud a cui, pur senza mai raggiungerlo, tende sempre126. 4. Confronto con l ipotesi sociologica di Burkert Nella prefazione dell ottobre 1980 all edizione italiana di Homo necans, lo stes so autore auspica "il confronto e la discussione dell opera, cos affine per il su o tema, di Ren Girard, La violenza e il sacro"127: perci interessante vedere ora l a tesi di Burkert per individuarne le affinit col pensiero girardiano. Nel primo basilare capitolo di Homo necans, anche se in apparenza potrebbe costituire una trattazione indipendente dal resto del libro, Burkert teorizza ci che emerge poi nelle singole ricerche dei capitoli seguenti, in modo che ipotesi e applicazione si confermino a vicenda. Dopo il tentativo di spiegare storicamente e funzional mente il complesso rituale di caccia, il sacrificio e il culto dei morti, all au tore diventer possibile interpretare vari gruppi di riti greci sotto diversi aspe tti. Altri filologi oltre Burkert hanno infatti rinunciato ad analizzare nella c ultura greca solo gli aspetti di razionalit che fondano le categorie di pensiero

che struttura la nostra societ per esaminare invece anche gli aspetti che sopratt utto nell ambito religioso accostano il sistema sociale greco alle societ che ven gono ancora definite primitive . Burkert dimostra che il rituale greco occupa u na posizione di primo piano nell organizzazione della vita sociale della comunit civica128: non vi infatti n tappa nella vita individuale n svolta nell attivit econ omica o sociale che nell antichit non sia stata celebrata con un rituale. Poich al l interno di questa pluralit di pratiche religiose il sacrificio occupa un posto centrale, tutte le analisi di Homo necans si volgono verso le pratiche sacrifica li. Burkert parte dalla considerazione che "tutti gli ordinamenti e le forme di pote re della societ umana si fondano su una violenza istituzionalizzata"129: questo v ale anche per la religione in cui incombe, affascinante, la violenza sanguinaria . L atto di devozione consiste essenzialmente nel versare sangue: "non nella pia condotta di vita, o nella preghiera, o nel canto o nella danza che il dio viene vissuto con la massima intensit, bens nel colpo d ascia mortale, nel sangue che s corre, nelle cosce che arrostiscono 130. L esperienza fondamentale del "sacro" individuabile nell uccisione di vittime per cui l homo religiosus agisce e prend e consapevolezza di s in quanto homo necans. Per Burkert la vera "azione" l atto dell uccisione ed il sacrificio indubbiamente la forma pi antica dell azione reli giosa: l autore riporta una descrizione dettagliata dello svolgimento di un nor male sacrificio greco alle divinit olimpiche analizzandone le varie fasi131 e nu merosi esempi a sostegno della sua definizione del sacrificio come "atto di ucci sione". Poi Burkert passa a presentare la sua originale spiegazione genetica. Pa rte dalla costatazione della stretta analogia tra certe cerimonie sacrificali e gli usi dei popoli cacciatori: "la continuit tra caccia e rito sacrificale si man ifesta con particolare insistenza negli elementi del rituale"132. Alcuni presupp osti sociali e psicologici sono necessariamente dati dalla situazione dei caccia tori primitivi: il programma biologico dei primati provvedeva in modo insufficie nte al nuovo modo di vita che viene affrontato dall uomo con l utilizzazione di mezzi artificiali come le armi e con l ordinamento sociale che porta ad una rigi da differenziazione dei sessi. Burkert individua pertanto nel passaggio alla cac cia il mutamento ecologico decisivo intervenuto tra i restanti primati e l uomo: "la preistoria ci ha dato un quadro: l uomo divent uomo attraverso la caccia, at traverso l atto dell uccisione"l33. La distruttivit umana non un fenomeno acciden tale e l uomo, per non rimanerne vittima, non pu che accettarla socializzandola t ramite la sua ritualizzazione. Richiamandosi ad alcune osservazioni dell etologi a finisce poi per formulare una teoria del sacrificio fondata sulla dialettica d i colpa e riparazione. Nelle popolazioni di cacciatori accessibili all osservazi one etnologica spicca chiaramente il senso di colpa nei confronti della vittima uccisa; tentativi di scusa e riparazione sono contenuti nel rituale134, che spes so passa bruscamente al grottesco, al punto che Meuli ha coniato il concetto di "commedia dell innocenza 135. Di fronte all esperienza della distruzione della vita come mezzo di sopravvivenza (uccidere per mangiare) il cacciatore neolitico scarica il proprio senso di colpa ritualizzando l atto dell uccisione sotto for ma di sacrificio. Dopo la presentazione di questa tesi Burkert dedica ampia part e del testo ad esempi portati per avvalorare la sua tesi con un continuo raccord o dei dati storico-filologici con le indicazioni dell etologia, dell antropologi a e della psicoanalisi. Per quanto riguarda il rapporto mito-rito Burkert ricono sce che sotto il profilo dello sviluppo storico i riti sono molto pi antichi dei miti, in quanto risalgono sino al mondo animale, mentre il mito divenne possibil e solo molto pi tardi con la facolt specificamente umana del linguaggio. Rimane pe r la costatazione che un racconto di fatti in quanto tale qualcosa di nuovo rispe tto ai riti biologicamente comprensibili: per questo il mito non deriva immediat amente dal rituale136. Indubbiamente mito e rito si connettono con successo prop rio in quanto forme di tradizione culturale. Burkert ritiene che il mito non di per s necessariamente una parte del rituale (come voleva l indirizzo della myth a nd ritual School), mentre invece si pu parlare di mito anche al di fuori della ce lebrazione di un rituale: solo la questione opposta, se cio tutti i miti greci ri mandino a loro volta a rituali, controversa. Conclude che, pur con mezzi espress ivi molto differenti, il rito ordinatore quanto il mito: come la leggenda esso o

rganizza la realt, la scandisce e le d un senso. Come unico esempio delle analisi di Burkert137 ricordo la sua interpretazione de lla tradizione romana dell uccisione di Romolo da parte dei primi senatori come un mito di fondazione della societ romana, nel quale trova conservati importanti elementi del racconto proto-indoeuropeo della creazione. In questo saggio Burker t si ispira al mito proto-indoeuropeo della creazione138 che racconta come il pr imo sacerdote offici il primo sacrificio nel quale le vittime erano il primo re s uo fratello e il primo bovino. Si noti che mentre il sacrificio perfetto compren de sia una vittima animale sia una vittima umana come nel primo sacrificio, l of ferta animale sar poi per lo pi considerata sufficiente. Il fatto del primo re com unque ci interessa in particolare perch, secondo il mito, dal suo corpo fu creato il mondo: non solo il mondo naturale (dagli occhi il sole, dal sangue il mare, dalla carne la terra) ma anche il mondo sociale (dalla testa la classe dei sacer doti e dei regnanti, dal torace e dalle braccia quella dei guerrieri, dalle part i inferiori del suo corpo quella della gente comune)139. Secondo tale interpreta zione i materiali di etnologia religiosa mostrano quindi come il sacrificio prot oindoeuropeo dovesse essere inteso come una ripetizione rituale della creazione ed insieme sociogonia e cosmogonia. Durante tali riti le vittime, umane o animal i, venivano uccise e smembrate e i loro corpi venivano poi suddivisi con la pi gr ande cura e parti delle membra venivano distribuite agli uomini e mangiate; era il diverso valore e prestigio dei vari tagli di carne a rappresentare la posizio ne gerarchica dell individuo o del gruppo. Tralasciando gli altri possibili sign ificati molti studiosi si interessano solo del fatto che ad ogni sacrificio l or dine sociale viene riconfermato, essendo il sacrificio cos come altri rituali un meccanismo potentissimo volto alla conservazione della societ: in questo caso ogn i sacrificio proto-indoeuropeo viene dunque interpretato come la ripetizione del la creazione ed il rinnovamento della societ e del cosmo140. Burkert si inserisce in questa tematica esaminando certe tradizioni romane: nella citata uccisione d i Romolo ha richiamato in particolare l attenzione sulla distribuzione delle par ti del corpo a ogni senatore, sottolineando che le famiglie patrizie fondate dai primi senatori avrebbero da allora in poi costituito il nerbo della societ roman a. Cos finch Romolo visse incarn da solo la totalit romana, ma grazie alla sua morte , una morte quasi sacrificale caratterizzata dallo spargimento di sangue e dallo smembramento avvenuto in un tempio, quella totalit fu infranta e le varie famigl ie assunsero i diversi ruoli come diverse membra dello stato. L interpretazione del mito giunge fin qui, ma l analisi di Burkert si spinge ancora pi in l arrivand o a paragonare la storia dello smembramento di Romolo a vari rituali fra i quali le Feriae Latinae141, uno dei pi antichi sacrifici italici. Le Feriae erano un r ituale di solidariet e gerarchia nel quale si celebravano nello stesso tempo la c oesione della Lega latina e il diverso prestigio dei suoi membri142. Sia nelle F erie che nel racconto mitico dello smembramento di Romolo Burkert riscontra moti vi simili: in entrambi i casi un corpo viene tagliato a pezzi, proprio come la s ocieta fatta di tante parti o segmenti. Questo cenno alla teoria di Burkert permette di fare alcune considerazioni sul m etodo che ha adottato nell approccio al fenomeno religioso. In primo luogo si pu affermare che Burkert inquadra la propria analisi in una prospettiva storica sec ondo la quale la religione conserva il ricordo del passato. All origine, frutt o dell aggressivit innata dell uomo, si colloca un atto fondamentale: uccidere pe r mangiare, per cui l uomo si definisce come homo necans. Ma a questo atto del p rimo cacciatore si accompagna immediatamente un senso di colpa: di qui nasce il valore sacro dell atto di uccisione, che diventa rito e prende cos la forma di un sacrificio con la precisa funzione di riparazione e di discolpa. In secondo luo go si pu dire che la dimensione storica si articola poi in una prospettiva funzio nale. Il valore sacro del rito di morte risale ai tempi in cui la caccia costitu iva l attivit fondamentale dell uomo. Il metodo quindi chiaro: alcuni operatori s emantici corrispondenti a certi atti fondamentali, come cacciare, uccidere, mang iare, sono messi in relazione gli uni con gli altri secondo la linea storica e s i combinano per formare nelle sue varie concretizzazioni il sacrificio, che vist o da Burkert come l atto religioso per eccellenza. Manca per l interrogativo sull o statuto di questi operatori143. Quindi in Burkert si cercato di collegare la p

rospettiva storica con una prospettiva funzionale. A Burkert la religione, in qu anto mantiene il suo aspetto costante di tradizione che si modifica ma che mai v iene sostituita completamente dal nuovo, sembra uno straordinario fattore di sta bilizzazione sociale nella realt storica. In questo rapporto con la realt sociale, tuttavia, la religione non assolve solo una semplice funzione di specchio rifle ttente: sembra piuttosto correlata a strati pi profondi della convivenza umana e ai suoi presupposti psichici144. A questo punto possibile rendersi conto dei lim iti che pesano sulle analisi etologico-psicanalitiche dei riti di sacrificio: si basano sul concetto di iterazione rituale, simulata e sublimata, di quegli atti violenti cui gli uomini dovevano abbandonarsi quando fondavano la loro stessa u manit. Il simbolismo sacrificale replicherebbe l atto primigenio di distruzione v iolenta per ripetere in forma volontaria un delitto emblematico e per poterlo re ligiosamente espiare. La tesi di Burkert, ampiamente articolata nel suo Homo nec ans, lascia intendere che la violenza rituale non viene soppressa in virt del rit o ma viene riprodotta e trasferita in una cornice sacra allo scopo di poter legi ttimamente profanare il mondo. E in parte la tesi di Girard con l importante di fferenza che per lo studioso francese gestire religiosamente la violenza serve a rigenerare la religione e il sacro, non ad ampliare la legittimit del mondo prof ano, sia pure sotto la protezione di quello sacro, come per Burkert. 5. Conclusione 5.1.L approccio antropologico di Girard allo studio della religione Negli ultimi decenni c stata un invasione nello studio delle religioni, e di con seguenza anche del rituale e del sacrificio145, da parte della sociologia, della psicologia e soprattutto dell antropologia socio-culturale. Quest ultima, nata dallo studio dei costumi e del comportamento dei popoli primitivi, si ampiamente allargata incorporando in s elementi sociologici, psicologici, etnologici, lingu istici, simbolici e in particolare elementi religiosi. Pur nelle sue contraddizi oni, nell incertezza dei limiti, nella continua variazione delle definizioni, il movimento antropologico assume pertanto una enorme importanza per le scienze re ligiose sia per alcune determinate istanze che propone nello studio dei fenomeni religiosi sia per il consistente numero di studi di storici delle religioni che pi o meno legittimamente vengono ascritti agli indirizzi antropologici. A propos ito del primo contributo mi limito a dire che, pur nella diversit e spesso inconc iliabilit delle prospettive, l approccio antropologico suggerisce un interessante metodologia d indagine che si volge ai fenomeni religiosi studiandoli nel loro diretto e costante rapporto vitale con tutti gli altri elementi che formano un o rganismo culturale o sociale. Emerge cio in modo indubbiamente positivo la consap evolezza che l indagine del religioso non pu pi rinunciare all esigenza di analisi del quadro umano pi vasto e completo che costantemente esprimono il rito e il mi to. A proposito del secondo contributo positiva la specializzazione dell antropo logia nello studio dei rituali religiosi in relazione al loro valore per l indiv iduo e la societ in quanto l antropologia socio-culturale, "ponendosi come studio dei costumi ed in generale dell ethos dei popoli, ha una sua concretezza che al tre scienze umane non possiedono ed inoltre si pone in linea con il comportament o rituale, che appare anzitutto un azione o un complesso di azioni di carattere simbolico che - almeno ad una prima indagine - non dissociabile dal contesto soc io-culturale in cui si manifesta 146. E inoltre evidente che la polivalenza se mantica del rituale stata causa di molte difficolt sia per una definizione e clas sificazione del rito in antropologia culturale sia perch accaduto che "interpreta zioni a volte contrastanti o comunque diverse apparissero tutte plausibili 147. Oggi l antropologia si muove prevalentemente nelle fasi funzionale, strutturale, simbolica, spesso con rapporti fra le diverse dimensioni. I tre indirizzi, pur partendo dalla precomprensione comune che la religione vada studiata in rapporto alla cultura, si differenziano poi notevolmente: l ipotesi funzionale, per la q uale la religione serve alla societ; l ipotesi strutturale, per la quale la relig ione va decodificata, in quanto un tipo di codificazione inconscia; l ipotesi si mbolica, che tiene conto di un minimum religioso. Chiaramente non qui possibile elencare nelle loro peculiarit le differenti interpretazioni antropologiche del r eligioso148: basti dire che fra loro il funzionalismo antropologico, che si pres enta con una grande variet di differenziazioni, la corrente che oggi meglio rappr

esenta l antropologia ed la pi disposta a studiare il rituale come un azione simb olica di estrema importanza all interno della societ. Il suo campo di ricerca pre ferenziale dato quindi dalla religione nella sua globalit di manifestazioni, orga nizzazioni, simboli a livello sociale, ma in cui particolare rilievo assumono i riti come azioni simboliche con rilevanza sociale. Anche Girard si interroga sull uomo in rapporto alla sua ritualit dal versante de ll antropologia socio-culturale: analizzando il suo pensiero emersa una posizion e che si pu definire di integrazione delle linee sociologico-funzionalista-psicol ogica. Si visto come gi a partire da Durkheim la sociologia ha dedicato la propri a attenzione al ruolo dei riti e in particolare del rito religioso nella societ, nella convinzione che la societ diventa consapevole di se stessa attraverso un az ione comune e che pertanto a intervalli regolari deve confermare i sentimenti e le idee collettive che costituiscono la sua unit149. Fu poi Radcliffe-Brown a svi luppare nel modo pi conseguente questa prospettiva funzionale: una societ pu sussis tere solo in virt di un sistema di concetti e sentimenti collettivi che vengono s viluppati proprio grazie all influenza della societ sull individuo150. In antites i a questo concetto funzionalistico di rito si posto quello della psicologia del profondo che muove dall osservazione di azioni ossessive nevrotiche151. Sembra tuttavia che l opposizione tra queste proposte sia pi nella prospettiva che nell oggetto stesso: infatti Girard coniuga ed integra la formulazione della domanda sul piano sociologico funzionale con la ricerca psicologica freudiana. E emerso che nel pensiero girardiano il fenomeno religioso costituisce sia il punto di p artenza sia il punto di arrivo della sua ricerca (1). Di partenza, perch l oggetto sacralizzato il prodotto della soluzione collettiva che gli uomini danno alla l oro conflittualit mimetica, quindi costituisce la genesi di ogni fondazione; di a rrivo, perch nel corso della storia evolutiva del sacro il suo significato stato nascosto e quindi le sue tracce vanno reperite risalendo le varie tappe dell att ivit mitopoietica delle civilt umane. La storia delle religioni interessa Girard p er questo motivo: la storia del misconoscimento dei meccanismi costitutivi del sacro, sommersi dalla testualit mitica e dai comportamenti sacralizzati (1, 1.5). Per lo studioso francese il sacro si articola pertanto nei due momenti del divi eto e del rituale: il divieto si applica agli oggetti del desiderio che possono scatenare i comportamenti mimetici e il rituale si presenta come ripetizione sim ulata del meccanismo di regolazione della crisi ottenuta con l omicidio colletti vo. Gli ultimi studi di antropologia ed ecologia possano giustificare una collocazio ne della teoria del sacrificio di Girard all interno di una concezione socio-eco logica del rituale. I riti sacrificali sono una specificazione dei riti di offer ta di cibo e riguardano pi in particolare il sacrificio di animali. Potrebbero es sere una delle forme pi antiche di rituale, quel rituale per eccellenza da cui, s econdo Burkert o Girard, ha avuto origine il senso religioso in quanto tale. La tesi di Girard pu quindi essere inserita in un equilibrio che si ritrova all inte rno del sociale per sconfiggere l aggressivit e la violenza: egli vede il sacrifi cio come "equilibratore" delle forze competitive e antagoniste, in grado di ripo rtare l ordine e di ristabilire l armonia. La teoria girardiana complessa e, se teniamo conto delle variazioni a cui stata sottoposta in questi ultimi anni, si presenta come un lavoro in fieri; nelle sue opere pi recenti il francese ha cerca to di mettere a fuoco, con una precisione che dalluna allaltra si fatta sempre mag giore, il meccanismo del capro espiatorio, quel pensiero che per lui stato lessen ziale negli oltre ventanni passati da La violenza e il sacro. Fondamentale rimane comunque la funzione ecologica del rito in un contesto ove si ha bisogno di aut oproteggersi dalla distruttivit e dalla violenza. 5.2.Il metodo di Girard L interpretazione di Girard ha spesso interessato i critici che, a proposito di questioni che si riferiscono direttamente al suo pensiero152, si sono volti su d ue piste: la prima consiste in un confronto con l intero sistema delle idee di G irard153 e la seconda, molto pi frequente, in un confronto con alcuni aspetti set toriali presi in considerazione dalla sua interpretazione sintetizzante154. In q uesto ultimo caso si sono scritti molti saggi soprattutto sul concetto di sacrif icio, l idea chiave attorno a cui si sviluppa tutta la teoria del francese ed in

oltre su problemi teologici e su quelli di esegesi biblica. La sua interpretazio ne del sacrificio mi suggerisce una riflessione sul metodo che ha adottato nel s uo approccio antropologico al fenomeno religioso. Mi limito ad individuare due a spetti del suo metodo: la pretesa di scientificit ed il carattere riduttivo d elle sue analisi. a)L aver reso manifesto grazie alla sua teoria il misconoscimento del meccanis mo, costitutivo del sacro, della vittima espiatoria, porta Girard a sottolineare con insistenza il carattere strettamente scientifico del suo lavoro, in quanto pensa di aver raggiunto un principio di spiegazione universalmente e definitivam ente valido per l insieme dei fenomeni umani. Ritiene che la sua lettura possied a una forza prodigiosa e di aver trovato "la spiegazione ultima della mitologi a, non solo perch all improvviso non vi pi nulla d oscuro e tutto diventa intellig ibile e coerente, ma perch si comprende, nello stesso momento, perch i credenti da pprima, e sul loro esempio i non credenti poi, sono sempre passati vicino al seg reto, peraltro cos semplice, di ogni mitologia"155. Sembra che in tal modo Girard ritorni all ideale della scientificit oggettiva in un contesto sociologico-fun zionalista, in cui ci si interessa soprattutto alle azioni, al comportamento, al l intreccio dei bisogni e alla trama dei significati in parallelo con la vita ri tuale. Tra gli studi su Girard si trova sia chi conferisce valore di scientific it ipotetica alla tesi dello studioso francese156 sia chi vi riconosce un ibrid ismo assai poco scientifico 157. In realt Girard si inserisce in quella tendenza generale della posizione scientifica degli ultimi secoli descritta da Apel come il tentativo costante di ridurre dei fenomeni spirituali come il linguaggio, l a rte, la religione, il diritto, a qualche cosa di pi semplice: cio un tipo di causa zione di carattere psicologico, fisiologico, biologico158. Intorno al dilemma "s piegare o comprendere" la religione si scontrano oggi gli studi di epistemologia : chi difende la spiegazione cerca quella scientificit che si basa sui concetti di regolarit universale, ripetibilit e controllo sperimentale che consentono di f are previsioni oggettive ; chi difende la comprensione ha a che fare con nozi oni quali controllo sociale, senso, soggettivit, intenzionalit, orientamento di fi ni e "si dichiara tributario dell ermeneutica contemporanea impegnata a rivendic are una propria area di originalit alle scienze dello spirito"159. Entro tale pro blematica possibile riconoscere nella ipotesi sociologica funzionalista girardia na una spiegazione di tipo causale, in quanto "il rapporto causa-effetto visto n ella relazione inconscia del comportamento che sacrifica per mantenere o ripor tare l ordine sociale, in un rigido rapporto di causazione 160. b)Due momenti della visione girardiana si presentano come riduttivi nell appro ccio ai fenomeni religiosi. In primo luogo il metodo di Girard consiste in "una specie di avventura antropol ogica"161 che si basa su un confronto tra il materiale della letteratura sopratt utto classica (riferimenti alla tragedia della Grecia classica) con il repertori o etnografico recente (cita etnologi come Lienhardt, Evans-Pritchard) e con le t esi di vari antropologi. Tramite codeste connessioni Girard soddisfa l esigenza di trovare soprattutto le strutture unificanti della violenza e dei suoi meccani smi. L evidente attenzione agli aspetti formali unificanti lo porta a presentare la violenza come principio rivelatore di una costante universale. Il pensiero g irardiano si caratterizza pertanto per una tendenza alla sintesi, alla riduzione : si sforza non di sottolineare le diversit ma di ridurre la diversit e la comples sit di un fenomeno all unit. Per Girard la semplificazione e l organizzazione dei dati del sapere costituiscono lo scopo della scienza, in quanto "la ricerca scie ntifica riduttrice oppure non niente 162. In secondo luogo mi sembra che Girard non abbia introdotto elementi religiosi, f ilosofici o teologici nello studio del sacrificio per concentrare ogni sforzo di spiegazione del fenomeno religioso sulla realt sociale e culturale cui esso co ngiunto. Nei socio-antropologi a cui Girard si ispira vi la tendenza costante a leggere la religione all interno dell universo simbolico culturale che una data societ si costruisce e la propensione a considerare la religione in questo contes to mai come pura ma sempre applicata e cio funzionale alla ricerca di risposte pl ausibili in mancanza di altre in vista della composizione dell intero simbolicoculturale. Anche da Girard la religione viene interpretata dunque dal punto di v

ista sociologico-funzionalistico. Si tratta di un approccio che si concentra sul l aspetto socioculturale e che si risolve pertanto in uno studio riduttivo del f enomeno religioso: il valore funzionale e quello sociologico possono infatti ess ere solo un aspetto della realt o di una istituzione, ma non la possono esaurir e completamente. 5.3.L alternativa fenomenologica Passo ora alla sintetica presentazione di un alternativa che si riferisce ad una tesi feconda ed innovativa: l individuazione in Girard di "una lettura quasi er meneutica"163 e l individuazione di "una fenomenologia latente nell antropologia funzionale"164. A favore di "una lettura quasi ermeneutica" parto dalla considerazione che nelle ultime pagine de La violenza e il sacro Girard dichiara esplicitamente che la s ua tesi risponde a tutte le esigenze di "un ipotesi scientifica", che essa si po ne cio su un piano eminentemente positivo che in grado di unificare tutti i fatti etnologici. Ritiene che la sua lettura del sacrificio non abbia il carattere di una interpretazione ermeneutica "perch si ha interpretazione ermeneutica finch la domanda resta senza risposta 165. Ma, nonostante questa sua opposizione al m etodo ermeneutico, la sua interpretazione dei fenomeni religiosi " suggerita da p recise pre-comprensioni di ordine sociologico e non pu perci esibirsi fuori da un contesto ermeneutico 166. Se usiamo il termine ermeneutica in accezione non sto rica ma eminentemente categoriale per designare qualsiasi posizione filosofica s ulla realt sociale che assuma a categoria fondamentale dell azione quella di sens o, vediamo Girard inserirvisi suo malgrado. In realt le assunzioni gnoseologiche che caratterizzano ermeneutica e positivismo sono profondamente differenti e cos tituiscono due diversi modi di concepire l uomo e la societ: qui la scelta cade a favore dell ermeneutica, che sembra conferisca pi senso al mondo sociale. A sost egno della tesi di un Girard visto in contesto ermeneutico cito solo il fatto ch e la questione del senso in realt interessa profondamente lo studioso francese, che vede in esso un aspetto essenziale ed ineludibile per l uomo e che critica aspramente il momento attuale del non-senso: "non si vuole pi privare gli uomini della sessualit ma di qualcosa di cui hanno ancora pi bisogno, il senso. L uomo no n vive solo di pane e di sessualit. Il pensiero attuale la catastrofe suprema, pe rch la castrazione del significato. Tutti sono l a sorvegliare il vicino per sorpr enderlo in flagrante delitto di credere in qualsiasi cosa"167. Inoltre, e la tor sione sociologica del pensiero di Girard evidente, nel suo pensiero acquistano g rande importanza le nozioni soggettive, implicate dall azione , di scelta, res ponsabilit, senso, convenzione, evidenza, possibilit, fine, regola, intenzione, mo tivi, valori, norme, tutte fondamentali anche nella prospettiva ermeneutica. Per sostenere la possibilit di "una fenomenologia latente nell antropologia funzi onale" si parte da due tesi. Quella secondo cui "ogni rito ha carattere simbolic o-ludico, non funzionale nel suo fulcro, non produttivo, non diretto ad altro, n on ha uno scopo, senza rinvii, in-utile rispetto a tutte le dimensioni funzional i, utilitaristiche, strumentali, sociali e quella (che sta di rincalzo e a compl ementariet alla prima) che consiste nell affermare che proprio in questa dimensio ne profondamente ludica, inutile, sta l esperienza della trascendenza e di Dio"1 68. Gi negli ultimi decenni del secolo scorso l attenzione degli etnologi fu attratta dalle numerose testimonianze dei nessi che sussistono fra i vari tipi di gioco e di feste e le forme della vita religiosa, soprattutto di taluni riti e cerimon iali che vengono espressamente qualificati come giochi sacri169. Anche gli antro pologi hanno intravisto questo lato non funzionale del rito: il senso del "gioco " e la sua "seriet" sono comprensibili solo sullo sfondo del tema del sacrificio. Il gioco, la festa, la gratuit si possono comprendere in tutta la loro valenza a ntropologica solo se messi in connessione con la liberazione dallangoscia, come c elebrazione dello "scampato pericolo", della fine della paura o della fatica o d elloppressione. Nel 1912 anche Durkheim formulava alcune tesi sul rapporto giocoreligione e spiegava la presenza degli elementi ludici all interno delle religio ni come un aspetto specifico delle stesse, le quali hanno anche la funzione di d ivertire, di offrire una specie di ricreazione ai fedeli170. Scopriva l elemento essenziale di adesione ad un altro mondo , ad un altra realt che comune sia a

l rito sia al gioco, nella misura che entrambe si proiettano in una dimensione c he diversa da quella normale. Come tappa fondamentale rimane poi il saggio di Hu izinga171 sull homo ludens, inteso proprio come categoria della specie umana, an aloga a quella dell homo faber o dell homo sapiens. Huizinga stabilisce la fonda mentale identit fra culto e gioco. Per quanto specificamente riguarda il rapporto che ci interessa e prescindendo dalle altre caratterizzazioni del gioco che pre senta, va detto che per lui il gioco ha carattere non utilitario, disinteresse poich fuori della vita ordinaria e del processo di immediata soddisfazione dei b isognil72. Tutta la sua analisi rappresenta un identificazione di fondo fra gioc o e rito e, alla ricerca di una differenza fra le due manifestazioni, si ricolle ga, anche se senza dichiararlo, alla tesi di quel "qualche cosa in pi o qualche c os altro"l73 che gi Durkheim poneva come indice di differenza tra i fenomeni pura mente ludici e quelli ludico-sacrali: dice che si tratta di "un elemento spiritu ale in pi, difficilissimo da definire con precisione 174. Siamo sul piano di ric erca di quella componente inspiegabile, irrazionale, emotiva, emozionale, che gl i studiosi precedenti hanno chiamato commozione, solennit, seriet: "nella rapprese ntazione qualche cosa d invisibile, d inesprimibile si concreta in forma reale, bella, sacra 175. Stabilisce anche un prima e un poi nei rapporti fra gioco e c ulto: "il giocare in s fu il fatto primario"176 e dentro il gioco viene ad inseri rsi il senso di un atto sacro. L azione sacra di ogni tempo "rimane per alcuni s uoi aspetti compresa nella categoria del gioco, ma in tale subordinazione non va perduto nulla della sua sacralit 177. Un altro tentativo di delineare il rito oltre che rispetto alla ripetitivit anche rispetto alla non-utilit si trova in Cazeneuve, al quale "il rito sembra essere un azione che si ripete secondo regole invariabili e la cui esecuzione non sembr a produrre effetti utili 178. Tuttavia rimane il fatto che ricorrere alla categ oria dell utile non aiuta a chiarire completamente il fenomeno religioso in quan to le condizioni che definiscono l agire rituale e le funzioni che esso soddisfa e i mezzi che impiega rivelano una necessaria pratica propria degli scopi utili tari, cos che fra il rito e l atto utile possibile osservare anche talune coincid enze179. In questo senso Cazeneuve precisa ulteriormente che "il rito un atto la cui efficacia (reale o presunta) non si risolve nella concatenazione di causa e effetto. Se utile, non lo per vie puramente naturali ed per questo che si diffe renzia dalla pratica tecnica 180. A proposito di tale rapporto gioco-rito Girar d si rif a Caillois e alla sua suddivisione dei giochi in quattro categorie che c orrispondano ai quattro momenti principali del ciclo rituale181. Si sofferma poi sui giochi d azzardo che ritiene corrispondono alla risoluzione sacrificale: qu esti sono i soli giochi veramente specifici dell uomo, mentre tutte le altre for me di gioco sono presenti anche nella vita animale, anche se "la sola cosa che manca al rito animale l immolazione sacrificale, e la sola cosa che manca all a nimale per diventare umano la vittima espiatoria"182. La tesi di Girard si articola partendo da due presupposti di carattere genetico: primo, che i riti sono nati tutti come riti di sacrificio; secondo, che all ini zio vi sarebbe stata una violenza sociale che avrebbe dato avvio ad un accumulo di differenze e di conseguenza ad una catena di vendette. Il sacrificio e il rit o avrebbero il compito di porre termine alla situazione originaria di tensione r iportando l armonia nella comunit. Ma in che modo il sacrificio e il rito sarebbe ro in grado di far compiere all umanit questo passaggio dalla violenza all armoni a? La soluzione avverrebbe in quanto ci si accorderebbe sulla vittima espiatoria , atta ad interrompere la catena delle vendette. Girard, riferendosi allo studio sul sacrificio di Hubert e Mauss in cui si descrive l atteggiamento di fronte a lla vittima sacrificale183, dice che il sacrificio sarebbe una violenza senza ri schio di ulteriore vendetta. Il sacrificio interrompe la violenza grazie ad un c apro espiatorio e questo rituale, una volta compiuto, non deve poi ripetersi per un numero infinito di volte. "E criminale uccidere la vittima perch essa sacra ma la vittima non sarebbe sacra se non la si uccidesse": questo terrribile e parali zzante circolo si incontra subito quando si esamina la realt del sacrificio. Nell e Baccanti di Euripide, tragedia greca incentrata sul culto di Dioniso, Girard v ede la crisi sacrificale, la "festa che si mette male" con l annullarsi delle di fferenze e lo scatenarsi sempre pi convulso della violenza184: quando la festa no

n svolge la sua funzione catartica finisce per prendere una brutta piega ed inve ce che liberare dalla violenza la incentiva e la aumenta. Sotto tale prospettiva l antropologo francese vede nella "deritualizzazione" della festa nella societ d oggi (il pensiero corre immediatamente ai "riti" odierni degli stadi) una "non improbabile sindrome di ritorno alla violenza primitiva". Scrive che " opportuno osservare che la cecit moderna a proposito della festa, e del rito in genere, non fa che prolungare una certa evoluzione che quella poi del momento religioso ste sso. Via via che si cancellano gli aspetti rituali, la festa si limita sempre pi a quella grassa licenza di svago che tanti osservatori moderni hanno deciso di v edere in essa". Osseva che "la disgregazione dei miti e dei rituali provocata da una crisi sacrificale e dietro alle apparenze gioiose e fraterne della festa, p riva di qualsiasi riferimento alla vittima espiatoria e all unit in essa rifatta, non vi pi che il modello della crisi sacrificale e della violenza reciproca"185. Ogni rituale religioso manifesta quindi il suo carattere funzionalistico in rap porto al sociale, anzi, a partire dalla ritualit si pu costruire una teoria del so rgere e del maturare di una cultura. Ma Girard mette in guardia: se tutto provie ne dal rito, ogni sua alterazione, ogni perdita dell elemento sacrificale pu port are alla distruzione dell umanit stessa. Dunque, se il gioco una dimensione essenziale del rito, quest ultimo "in questa sua peculiarit non appare pi manipolabile dall antropologia funzionale. ... Ma in che modo l in-utilit del rito pu parlarci del valore originario del rito stesso, i n ordine all esperienza di Dio? ... Che cos propriamente senza rinvio e inutile? L inutile per eccellenza appunto Dio, il quale non ammette rinvii, non tende ad altro E in questa ritrovata dimensione ludica-rituale l esperienza di Dio sar pre sente, sar anzi incontenibile"186. Si visto come nella visione antropologico-funz ionalista vi sia attenzione unicamente per ci che la religione compie, non per ci che significa. "L antropologia funzionale, in definitiva, deve almeno rendersi c onsapevole che essa studia ci che la religione fa , non ci che la religione , pr oblema quest ultimo che essa deve lasciare aperto per le altre metodologie di ri cerca"187: per la fenomenologia della religione che ha come punto focale "la con cezione del sacro come di una realt non del tutto razionale"188. Questo elemento permetter alla fenomenologia di salvaguardare la specificit della religione contro tutti i tentativi di spiegazione scientifica e contro tutte le tendenze riduz ionistiche della religione ad altra cosa189. Mysterium, tremendum, fascinans, au gustum: con questi concetti si pu cercare, sulle orme di Rudolf Otto190, di defin ire l esperienza del sacro i cui elementi sono tra loro connessi nel modo pi avvi ncente ed efficace proprio nel rituale sacrificale. Se "soltanto dove c esperien za del sacro vi ritualit"191 e se il rito, in quanto non-funzionale nella sua qua lit di gioco sfugge alle analisi dell antropologia funzionale, allora la tesi f enomenologica, del resto latente nell antropologia funzionale, la vera altern ativa antropologica"192.

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