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Capitolo 1

La Globalizzazione
Come la globalizzazione ha modificato alcuni aspetti essenziali della vita
economica e sociale
1. Impatto della globalizzazione sul mercato
Il mercato è l'incontro tra domanda ed offerta.
Nel mondo aziendale il mercato fa riferimento alla domanda, cioè all'insieme di tutti i
soggetti
che chiedono determinati prodotti o servizi; quindi non si parla più di incontro tra
domanda ed
offerta, ma ci si concentra più sul lato della domanda.
Sul piano della dimensione
L'effetto principale della globalizzazione sui mercati è quello di ampliarne la
dimensione
perché laddove si creano opportunità di vendere in altri contesti geografici vuol dire
che
un'impresa, che guarda al mondo come contesto dove collocare i propri prodotti, ha di
fronte a
sé uno scenario più ampio.
Il protagonista non è più solo il consumatore che risiede in prossimità dell'impresa, ma è
il
consumatore che può trovarsi in qualsiasi posto del mondo.
Quindi l'ampliamento dei mercati implica l’aumento delle opportunità di vendita,
perché
vuol dire rendere disponibile quel prodotto o servizio ad un numero maggiore di clienti.
Questo comporta per le imprese che sono già insediate in quel luogo una minore
protezione.
Il consumatore ha più opportunità di comprare un prodotto.
Questo significa che l'impatto sul mercato, oltre ad aumentare la domanda, fa in modo
di
mettere a disposizione dei consumatori più varietà di prodotti o servizi; quindi
riduce la protezione che hanno le imprese locali perché sono esposte alla concorrenza
di altri
prodotti.
Inoltre si creano sempre più interdipendenza tra i bisogni.
I bisogni dei consumatori iniziano a modificarsi ed iniziano a subire le influenze di
culture
diverse. Consumatori di altri contesti culturali esprimono esigenze lontane dalle loro
tipiche
abitudini. Questo si traduce in nuove opportunità per le imprese.
Inoltre la globalizzazione determina uno sviluppo di nuovi mercati in aree geografiche
che fino a pochi decenni fa erano marginali.
Sul piano delle dinamiche competitive
In questo scenario mondiale aumenta la concorrenza tra le imprese perché,
abbattendosi
i confini, ogni impresa che vuole proporre il proprio prodotto in un'area geografica si
scontrerà
con le imprese presenti in quel contesto e con tutte le imprese del mondo che vogliono
vedere i
propri prodotti o servizi in quell'area, ma allo stesso tempo offre l’opportunità di
estendere
rapidamente il proprio volume di affari.
Lo sforzo da parte dell'impresa per farsi scegliere dai consumatori aumenta sempre di
più.
2. Impatto sulla concorrenza
Uno degli effetti principali è quello che la globalizzazione aumenta l'offerta soprattutto
da parte dei paesi emergenti, quei paesi che si sviluppano a ritmo sostenuto.
Le imprese che nascono in questi paesi rappresentano una minaccia sempre maggiore
per i
paesi già affermati perché i paesi emergenti godono di alcuni vantaggi:
• la dimensione del mercato locale;
• l'età media in questi paesi è più elevata (la popolazione è giovanile);
• molto spesso questi paesi esportano le proprie materie prime ai paesi già affermati;
• il costo delle materie e della mano d'opera sono molto ridotti;
• queste imprese hanno anche goduto di una capacità di apprendimento maggiore
rispetto
a quelle delle imprese occidentali poiché le imprese già affermate, volendo trasferire la
propria produzione nei paesi emergenti, formano coloro che devono guidare la
produzione ma in questo modo hanno creato dei concorrenti.
Tipologie di strategie di sviluppo perseguite dai nuovi sfidanti
La sfida di queste imprese si è caratterizzata perché hanno adottato delle strategie.
• Creare dei marchi che andassero a soddisfare il bisogno di varietà e di acquisto a
basso costo, lanciando questi prodotti in tutto il mondo.
• Queste imprese sono state in grado di raggiungere una posizione economica forte
che ha reso disponibile una serie di risorse finanziarie da investire nelle attività "a
maggior valore aggiunto", cioè quelle attività che garantiscono la continuità della
ricchezza, cioè quell'attività che consente di innovare continuamente i prodotti, di
continuare ad offrire sempre qualcosa di nuovo.
• Un altro aspetto importante legato al modello competitivo delle imprese dei paesi
emergenti è legato alla ricerca della "specializzazione di nicchia", cioè di raggiungere
un alto livello di competizione in specifiche attività, quindi diventare dei leader
internazionali.
Molti dei paesi emergenti, inoltre, si stanno specializzando in settori tralasciati dai
leader
europei.
• Un altro aspetto è la disponibilità di risorse naturali, e quindi questi paesi
rappresentano un bacino di riferimento per l'intero mondo industriale.
• Inoltre queste imprese stanno iniziando ad acquistare imprese dei paesi europei.
Le imprese dei paesi emergenti hanno i capitali necessari per finanziare le imprese
europee.
3. Impatto sulla produzione
Sempre più le imprese, sia che provengono da paesi occidentali sia che vengono da
paesi
emergenti, localizzano alcune attività di produzione nei paesi esteri, cioè localizzano
stabilimenti di produzione nei paesi esteri.
Questi stabilimenti possono completare un intero ciclo di produzione (entra la materia
prima ed
esce il prodotto finale) oppure possono lavorare su una specifica fase della produzione.
Le imprese disseminano gli stabilimenti produttivi in giro per il mondo per essere
sempre
più vicini al mercato di destinazione di quel bene o servizio, in modo da ridurre i costi
di spedizione.
Un altro motivo del perché molte imprese trasferiscono i loro stabilimenti all’estero
deriva dal
fatto che se le vendite in un paese aumentano, all’impresa è più conveniente produrre
nei
mercati dove vende, invece di produrre nel proprio paese e poi esportare il prodotto.
Inoltre molto spesso le imprese vanno a produrre all’estero per beneficiare di vantaggi
offerti
dalla disponibilità di risorse che offre quell’area; in alcuni casi sono vantaggi di costo
ridotto,
ma in altri casi possono essere vantaggi di qualità poiché in quell’area possono esserci
migliori risorse per realizzare quel prodotto o servizio.
4. Impatto sulle risorse
La globalizzazione è stata anche favorita da un fenomeno fondamentale, la
globalizzazione
economica è stata preceduta da un’altra globalizzazione, quella finanziaria, cioè la
possibilità
da parte di istituzioni finanziarie, che hanno liberalizzato i propri capitali ed hanno
iniziato
ad investire le proprie risorse.
Laddove ci sono grandi istituzioni finanziarie disposte a fare grandi investimenti si
creano le
condizioni del perché le imprese si internazionalizzano.
Senza questi investimenti le imprese non si muovono, perché non vogliono rischiare.
La globalizzazione, soprattutto dove è stata alimentata dai grandi gruppi industriali che
hanno
fatto degli investimenti all’estero, è stata favorita dallo sviluppo internazionale della
finanza, che ha messo a disposizione delle imprese nuovi strumenti e nuovi capitali per
finanziare i propri investimenti.
Anche il Global Sourcing ha influito sulle materie prime.
Global Sourcing vuol dire “approvvigionamento a livello globale”, cioè laddove le
imprese
sono diventate sempre più grandi e internazionali hanno anche chiesto ai propri
fornitori la
necessità di seguirli in questo processo di internalizzazione.
In questo modo per le aziende è molto più semplice seguire un solo fornitore rispetto a
più di
uno, ed è anche più economico per le imprese.
Di conseguenza anche il fornitore deve aprire le proprie imprese in altri paesi.
Un altro fenomeno è l’internalizzazione dell’attività di ricerca e sviluppo.
Oggi le imprese ricercano nuove conoscenze nei vari paesi perché le risorse di
conoscenza sono
sempre più presenti in diversi contesti internazionali.
Oggi i grandi progetti di ricerca, soprattutto quelli dell’ambito tecnologico, sono
intereuropei o
addirittura internazionali, infatti vengono chiamate piú imprese a collaborare sullo
stesso
progetto. Questo avviene perché i costi della ricerca sono sempre piú elevati, inoltre, a
differenza
di come avveniva prima, la possibilità di capitalizzare i risultati della ricerca sono
sempre di piú:
oggi i risultati innovativi di una ricerca si esauriscono in un tempo sempre piú breve.
Questo significa che nessuno è piú disposto a fare ricerca da solo, perché i risultati sono
limitati
nel tempo.
Un altro aspetto importante è la competizione per l'acquisizione delle materie prime.
In questo campo giocano soprattutto i governi che sviluppano delle politiche di
investimento che
promuovono l’internalizzazione delle proprie imprese, con l’obiettivo di favorire
l’approvvigionamento delle materie prime.
5. Impatto sui valori e sulle persone
L’impatto delle imprese sulla diffusione di modelli culturali che hanno riguardato i
modelli
manageriali, cioè quando le imprese hanno operato in altri contesti, oltre ad esportare
le
proprie competenze, hanno trasferito anche le proprie conoscenze di tipo manageriale.
Oggi le imprese multinazionali realizzano il vero e proprio “interculturalismo”, significa
che
in queste imprese si può trovare mano d’opera da tutto il mondo; anche i dirigenti di
queste
imprese possono provenire da altri contesti socio-culturali, in questo modo i dirigenti
posso
acquistare una maggiore confidenza con le diverse realtà locali.
Queste imprese non sono internazionalizzate solo perché operano in contesti diversi e
sono
guidati da manager che provengono da paesi diversi, ma molto spesso la proprietà di
questa
impresa si trova frammentata tra diversi paesi.
Nelle imprese quindi si assiste alla diffusione di culture diverse.
Gli IDE (investimenti diretti esteri)
Si parla di IDE quando un'impresa realizza in un paese estero una nuova società, cioè
fa un investimento di capitali e crea in un contesto diverso da quello di origine una
nuova
società che ha una autonomia giuridica ed è destinata a svolgere determinate attività.
Come investimento diretto estero si identifica la modalità di investimento che riguarda
soprattutto l'internalizzazione della produzione e l'internalizzazione che riguarda le
attività di
ricerca e sviluppo.
Quando si realizza un investimento diretto estero, tra due paesi si attiva un
flusso/trasferimento
di capitali e risorse finanziarie.
Il capitale acquisito dall'impresa estera viene chiamato capitale Equity, cioè il
trasferimento di
capitale da un paese ad un altro.
Molto spesso tra le due società si realizza un trasferimento di capitale all'inverso cioè i
profitti
creati dalla società d'origine possono rimanere in quel paese estero e vengono
reinvestiti oppure
possono ritornare sotto forma di profitti all'impresa d'origine.
Quindi l'investimento diretto all'estero dà sempre origine ad un flusso di capitali, in
uscita per realizzare l'investimento o in entrata laddove i profitti tornano all'impresa
d'origine.
L'impresa che dà origine all'impresa estera è chiamata società madre o società
controllante.
La società creata nel paese estero viene chiamata società controllata, che non è
proprietaria
al 100% dei profitti perché vengono imputati all'impresa d'origine.
Oltre ai flussi di capitali possono originarsi altri flussi, legati ai prestiti che le varie
unità fanno
tra di loro per finanziarsi.
Mentre i flussi di capitali non devono essere necessariamente restituiti, i prestiti sono
flussi di
denaro che devono essere restituiti.
E' importante monitorare questi flussi di denaro perché, laddove si realizza un
investimento
diretto all'estero, c'è la necessità di verificare l'andamento dell'investimento.
Questi flussi vengono rilevati, anche per valutare lo stato di benessere di un paese.
Insieme ai flussi di capitali generati di questi investimenti ci sono anche altre statistiche
che
monitorano lo stato del commercio con l'estero, dell'esportazione e dell'importazione.
Esportazione significa vendere in un paese un prodotto che si realizza in un altro paese.
L'importazione è quando si acquistano prodotti di imprese che operano in un altro
paese.
Monitorare, in ambito economico, lo stato sia degli investimenti (flussi finanziari) e sia
dei flussi
di scambio (generati dal commercio) rappresenta delle misurazioni che vengono fatte
per
misurare lo stato di benessere di un paese.
Quindi i flussi di capitali sono correlati allo sviluppo economico di un paese.
Le modalità di realizzazione di un investimento diretto estero
Un IDE può essere realizzato attraverso due modalità:
• Un insediamento di nuove strutture produttive, cioè creare una società ex novo
all’estero
(insediamento di tipo greenfield);
• Acquisizione delle proprietà di aziende già esistenti nel territorio (investimento di tipo
brownfield).
Una nuova struttura produttiva può essere creata in un sito precedentemente non
utilizzato
per attività economiche (investimento greenfield) oppure in un’area già utilizzata in
passato
per ospitare attività produttive (investimento brownfield).
Una parte degli IDE è finalizzata alla creazione delle cosiddette Special purpose
entities, cioè
società che si occupano di attività amministrative, che vengono collocate all'estero per
sfruttare le agevolazioni fiscali presenti in quel paese.
Da parte delle imprese c’è sempre la ricerca del luogo all’interno del quale insediare
quell’attività, per valorizzare al massimo le proprie risorse e capacità.
Negli ultimi anni gli investimenti diretti esteri sono realizzati con la modalità
brownfield,
piuttosto che attraverso la modalità greenfield, questo succede perché, soprattutto nei
paesi
con economie consolidate, le imprese locali, spesso con difficoltà finanziarie, diventano
oggetto di acquisizione da parte di aziende che hanno capitali a disposizione.
L’origine e la destinazione geografica degli investimenti diretti esteri
Nel 2013 i Paesi sviluppati hanno perso il primato come principale destinazione degli
IDE,
mentre rappresentano ancora la loro principale origine.
In questi ultimi anni si è assistito all’aumento della rilevanza e attrattività delle
economie
emergenti che hanno progressivamente superato i Paesi sviluppati.
La posizione dell’Italia
In Italia c’è una caratteristica: il nostro capitalismo di imprenditoria è tipicamente
familiare.
Le imprese italiane hanno una storia familiare; è difficile trovare una caratterizzazione
di
impresa familiare anche all’estero.
Questo comporta che in Italia le aziende sono meno propense a crescere.
L’Italia ha una limitata capacità di attrarre i grandi gruppi internazionali e imprese
provenienti da paesi emergenti, per la sua complessità nel creare nuove aziende.
Si dice che l’Italia abbia una buona intensità localizzativa, cioè in Italia sono imprese
appartenenti ai grandi gruppi mondiali.
Nonostante questi aspetti, rileviamo una buona quantità di ricerca e di sviluppo
derivata dai
gruppi internazionali.
L’Italia manifesta, nell’analisi degli investimenti in uscita (imprese italiano che
investono
all’estero), un certo rilievo.
Molte imprese che investono all’estero chiudono i loro centri produttivi in Italia e
aprono
questi centri nei paesi esteri emergenti (delocalizzazione).
Lo Stato si interroga su come evitare queste dislocazione.
Effetti degli IDE sui paesi ospitanti
Ad un investimento diretto all’estero si associa sempre un miglioramento delle
condizioni economiche del paese di destinazione, perché si sta creando occupazione.
Inoltre si sta trasferendo ricchezza, perché si stanno trasferendo capitali.
L’effetto diretto su un paese estero è quello di incrementare il valore aggiunto, cioè la
ricchezza creata dal quel paese, perché il fatto che aumenti l’attività economica del
paese
significa che migliora anche il suo PIL.
In quel paese si trasferiscono anche conoscenze: si insegna a produrre, si trasferiscono
delle
tecnologie.
Il ruolo degli investitori finanziari
Gli investitori investono per interesse personale, in modo da sfruttare al meglio il paese
estero, ma sono consapevoli del rischio che corrono.
Negli investimenti realizzati nei paesi in via di sviluppo, le imprese, per migliorare le
condizioni economiche e sociali del paese, sono obbligate a realizzare anche degli
investimenti rivolti a migliorare lo stato delle infrastrutture. Questi investimenti
vengono
fatti anche per aumentare il consenso sociale e per favorire lo sviluppo locale.
L’investimento finanziario, laddove l’impresa locale ha successo, continua a crescere.
Cosa rende un paese attrattivo per le imprese?
I fattori considerati nella valutazione dell’attrattività di un territorio possono essere
raggruppati in 8 insiemi:
• La dimensione e la domanda del mercato devono essere sviluppati; il mercato deve
essere in prossimità di altri mercati;
• Le risorse umane devono essere di buona qualità e a basso costo;
• Il paese deve essere sviluppato sotto il punto di vista delle infrastrutture (trasporti,
telecomunicazioni, istruzione);
• L’impresa deve valutare il tessuto economico dell’area, cioè la disponibilità di
materie prime, se c’è un sistema distributivo e finanziario adeguato;
• Le politiche per l’impresa e per gli investimenti esteri;
• L’efficienza della burocrazia;
• La qualità del sistema sociale e ambientale;
• L’immagine e la reputazione del territorio.
Le considerazioni sistemiche dell'attrattività di un territorio
• Orientamento strategico dell'impresa in termini di configurazione (attività, relazioni,
interazioni);
• Tipologie specifiche di attività (funzioni economiche svolte e condizioni di vantaggio
conseguibili);
• Ruolo delle competenze specifiche acquisite nell'area rispetto all'intera
organizzazione
internazionale dell'impresa.
Capitolo 2
Il processo di espansione estera dell’impresa
Le cause dell’internazionalizzazione dell’impresa
Questa scelta è determinata dalle condizioni interne dell’impresa.
I principali contributi teorici
Gli studi di international buisness hanno elaborato numerose teorie sul processo di
espansione
estera dell’impresa e dei fattori che ne sono all’origine.
Dunning ha proposto un paradigma “eclettico” che, oltre a fornire un’interpretazione
delle
possibili cause dell’espansione estera di un’impresa, è stato il punto di riferimento delle
riflessioni successive.
Dunning conduce l’origine del processo di espansione a 3 tipologie di vantaggi:
 Ownership Advantage: un’impresa che possiede un vantaggio di proprietà (una
risorsa o competenza specifica) è in grado (grazie al valore di questa risorsa o
competenza) di affrontare un processo di internazionalizzazione.
Nella formulazione di questa teoria, Dunning, si rifà alla teoria di Hymer, che aveva
coniato per primo il termine di ‘ownership adavantage’; infatti per Hymer le imprese
che
si espandono all’estero possiedono un vantaggio competitivo (risorse o competenze
maggiori).
Le imprese si espandono all’estero per sfruttare questo vantaggio.
Ma secondo Dunning questo non è l’unico motivo per il quale le imprese si espandono
all’estero.
 Location Advantage: l’impresa deve trovare nel paese estero la possibilità di
sfruttare le risorse o le competenze distintive che possiede. Il vantaggio è legato al
contesto in cui l’impresa opera, e non legato all’impresa stessa.
 Internalization Advantage (vantaggio della internalizzazione): cioè la capacità di
sfruttare il proprio vantaggio ricorrendo ad investimenti all’interno dell’impresa, che
accrescono la dimensione strutturale dell’impresa.
L’impresa non si affida a terzi per espandersi all’estero, segue un investimento nella
struttura dell’impresa in modo da aumentare il personale.
Se l’impresa decide di affidarsi a terzi non ci sarà nessun investimento nell’impresa (via
esterna).
Secondo Dunning quando l’impresa vuole affrontare un processo di
internazionalizzazione, la condizione migliore per sfruttare un vantaggio di proprietà è
quello di farlo internamente, cioè ricorrendo ad investimenti che ampliano la struttura
organizzativa dell’impresa, piuttosto che affidare queste attività a soggetti terzi.
Un’altra teoria che si è affermata è la teoria delle risorse.
Questa teoria dice che le imprese vanno all’estero anche per acquisire risorse e
competenze, per
costruire il proprio vantaggio.
Questa teoria individua 3 principali relazioni con le risorse:
 Resource Linkage (risorse di relazione): l’espansione all’estero consente all’impresa di
attivare relazioni con operatori locali, e da queste relazioni l’impresa impara e riesce
ad
attingere a risorse con non aveva nel paese d’origine.
 Resource Leverage: l’impresa deve “far leva” sulle proprie risorse per entrare in
relazione con soggetti di livello internazionale e per sviluppare nuove competenze.
 Resource Learning: l’internazionalizzazione è un’attività attraverso la quale
l’imprenditore impara e apprende: conosce altri mercati, conosce i gusti dei
consumatori.
Teoria Internalization Process (modello di Uppsala): questa teoria spiega il processo di
internazionalizzazione come un processo di carattere incrementale e di tipo espansivo.
Gli autori, infatti, hanno identificato un modello che descrive il ciclo di vita di
un’impresa
internazionale.
Il ciclo di vita è un percorso progressivo, quindi ci sono delle tappe specifiche:
1. L’impresa assume un orientamento nazionale;
2. Inizia ad affacciarsi ai contesti internazionali (commercio);
3. Maturano nel tempo modalità più impegnative (accordi);
4. L’impresa investe capitali all’estero.
Il processo di espansione internazionale funziona a tappe: l’impresa nasce piccola e man
mano,
attraverso l’espansone internazionale, incrementa la propria dimensione organizzativa.
Questo modello è stato criticato perché non tutte le imprese che nascono piccole si
espandono;
inoltre non è vero che le tutte imprese passano attraverso un percorso di sviluppo
incrementale,
infatti alcune imprese nascono già in contesti internazionali.
Un’altra teoria marginale, la teoria dell’approccio all’espansione produttiva, si è
focalizzata sullo spiegare il perché le imprese internazionalizzano l’attività produttiva.
L’impresa si sviluppa una strategia di internazionalizzazione attraverso gli IDE per due
motivi:
 Per ridurre i costi: le imprese vanno all’estero per convenienza e per la disponibilità
di risorse;
 Per necessità di adattare la loro offerta alle condizioni di vendita locali:
l’impresa internazionalizza la propria attività di produzione laddove il mercato estero
diventa importante.
Si ha una strategia multinazionale quando è data priorità all’adattamento locale;
mentre si ha
una strategia globale se si sfrutta la riduzione dei costi.
I fattori interni ed esterni
Il perché si va all’estero in parte viene ricondotto a due tipologie di fattori: fattori di
tipo interno
e fattori di tipo esterno.
Un’impresa si espande in nuove aree geografiche quando ha raggiunto una capacità
produttiva,
un livello di competenze, una disponibilità di risorse finanziarie che permettono
l’ampliamento
della sua struttura.
Quando un’impresa possiede una risorsa distintiva, essa può essere sfruttata in modo
efficace
anche in mercati esteri. Il vantaggio distintivo è una condizione necessaria per
affrontare i
mercati internazionali.
Fattori interni che guidano la scelta della modalità di entrata:
 Obiettivi di sviluppo e di crescita;
 Avere esperienza internazionale maturata;
 Risorse umane e competenze disponibili;
 Dimensione dell’impresa e disponibilità di risorse finanziarie;
 Particolare spinta del soggetto imprenditoriale.
Fattori esterni per i cui le imprese decidono di andare all’estero:
 Perché sono inserite in una filiera internazionale;
 Perché il mercato interno è assente o non c’è domanda;
 Per superare la stagionalità del mercato;
 Espansione internazionale dei principali clienti;
 Per l’effetto di “emulazione” o “trascinamento”: cioè un’impresa si adegua alla scelta
di un proprio concorrente copiandola, perché laddove il concorrente entra in un
mercato
facendo la prima mossa (first mover) e crea le condizioni favorevoli affinché in quel
mercato si sviluppi una domanda;
 Un’impresa può andare all’estero anche per limitare di far espandere un concorrente
all’estero (scambio di minaccia), ed è tipico dei mercati oligopolistici (dove ci sono
pochi produttori);
 Per espandersi si possono avere anche supporti di carattere esterno, come delle leggi
che
finanziano le attività di internazionalizzazione, molti dei finanziamenti si dicono “a
fondo perduto”, cioè che non si devono restituire, in altri casi i tassi di interessi dei
prestiti sono agevolati. Queste iniziative promuovono l’internazionalizzazione delle
imprese, ed in particolare sono rivolti alle piccole e medie imprese;
 Nei paesi esteri sono presenti significative opportunità commerciali.
L’internazionalizzazione come processo evolutivo
Le fasi tipiche del processo di internazionalizzazione
Tre definizioni descrivono il processo di internazionalizzazione come:
 Un progredire ordinato verso un sempre maggiore coinvolgimento in Paesi diversi da
quello di origine;
 Di adattamento;
 Di integrazione, poiché l’impresa aumenta le connessioni con il contesto
internazionale;
L’impresa nel corso della sua evoluzione internazionale attraversa 4 passaggi logici:
 L’entrata nel mercato estero;
 L’assestamento della presenza nel mercato estero;
 Lo sviluppo della posizione competitiva nel mercato estero;
 La razionalizzazione della posizione internazionale.
Queste fasi non sono necessariamente sequenziali. In uno stesso momento l’impresa puó
trovarsi in fasi diverse del suo processo di internazionalizzazione.
L’entrata nel mercato estero
L’impresa definisce l’area geografica in cui intende collocarsi, esplicita gli obiettivi da
raggiungere.
L’assestamento della presenza sul mercato estero
Questa fase consiste nella gestione dell’impatto economico, strategico e organizzativo
della
nuova area geografica.
Lo sviluppo della posizione competitiva nel mercato estero
Nella terza fase le relazioni tra l’impresa e gli attori esteri si intensificano.
La razionalizzazione della posizione internazionale
L’impresa procede alla razionalizzazione della sua posizione produttiva e commerciale
nelle
diverse aree geografiche dove è presente.
Le imprese sussidiarie diventano una componente determinante della posizione
competitiva
globale dell’impresa.
Si sviluppa una rete interna-esterna.
I nodi strategico-organizzativi
Le imprese internazionali devono gestire quattro trade off:
 Strategico;
 Organizzativo;
 Vantaggio competitivo;
 Rischio.
Sul piano strategico, il nodo cruciale per qualsiasi impresa è l’equilibrio tra l’espansione
in
diversi Paesi/mercati e la capacità di integrare la propria posizione nei vari contesti
geografici/mercati.
La questione organizzativa è l’equilibrio tra l’autonomia lasciata alle imprese
controllate e la
capacità di rispondere alle evoluzioni del contesto geografico in cui si trovano.
Per un solido vantaggio competitivo, le imprese devono raggiungere la migliore
efficienza
produttiva globale e disporre di fattori di adeguata differenziazione della propria
offerta.
L’impresa, inoltre, deve affrontare il rischio. Le opportunità più rilevanti di solito sono
legate
all’ingresso nei paesi più rischiosi.
L’evoluzione internazionale e lo sviluppo di impegno, conoscenza e relazioni
Durante il proprio processo di internazionalizzazione, l’impresa matura gradualmente
tra
specifiche condizioni:
 L’impegno nei contesti geografici dove è presente;
 Le conoscenze rilevanti per competere a livello internazionale;
 Le relazioni con gli attori rilevanti nei Paesi esteri e tra le unità organizzative operanti
a
livello internazionale.
L’impegno verso una determinata area estera si manifesta nel livello di risorse
impiegate per
attuare operazioni nell’area in questione.
Le conoscenze che l’impresa acquisisce riguardano: i mercati esteri, le modalità di
gestione, la
valorizzazione delle risorse.
Il processo di internazionalizzazione è caratterizzato dallo sviluppo di relazioni esterne
(tra
l’impresa e i soggetti presenti nelle nuove aree geografiche) e di relazioni interne (tra
le
diverse unità che operano all’estero e tra le ultime e la casa-madre).
Gli indicatori dell’intensità del processo di espansione estera dell’impresa
L’intensità del processo di espansione è misurabile attraverso grandezze quantitative:
 Fatturato realizzato all’estero;
 Margine operativo ottenuto all’estero;
 Numero di dipendenti operanti all’estero;
 Investimenti produttivi realizzati all’estero.
L’espansione estera come modalità di sviluppo del vantaggio competitivo
L’espansione estera può favorire il raggiungimento di condizioni di vantaggio
competitivo
poiché determina vantaggi di tipo fiscale, come il meccanismo dei prezzi di
trasferimento.
Un’impresa può allungare il ciclo di vita di un prodotto operando in aree geografiche
caratterizzate da un diverso tasso di sviluppo della domanda.
La strategia di espansione estera può essere valutata nella prospettiva della
diversificazione
di portafoglio.
Una determinata area geografica può essere considerata in funzione delle sue
caratteristiche di
potenziale rischiosità e rendimento.
Un altro effetto derivante dalla presenza internazionale riguarda lo sviluppo delle
risorse:
operando in diversi contesti geografici, l’azienda dispone di una base da cui maturare le
conoscenze.
Il fatto di essere presente in più mercati geografici garantisce diversi vantaggi, come
una
maggiore riconoscibilità della marca e del prodotto.
Un altro vantaggio riguarda lo sfruttamento dell’effetto made in. Questo effetto si
manifesta
nel fatto che l’area geografica in cui il prodotto viene realizzato ne influenza le
caratteristiche.
L’accrescimento del potere economico dell’impresa può influenzare i mercati e i
governi.
Globalizzazione, localizzazione e vantaggio competitivo
Il vantaggio fondamentale dell’organizzazione globale consiste nella possibilità di
valorizzare a
livello sovralocale risorse e competenze prodotte all’interno delle varie imprese
controllate
estere.
L’aspetto fondamentale è la possibilità di generare risorse e competenze di origine
diversa, che
arricchiscono il patrimonio conoscitivo di tutte le componenti dell’impresa
internazionale.
Il vantaggio competitivo dell’impresa internazionale può essere definito come un
vantaggio di
sintesi, che consiste nella possibilità di moltiplicare le fonti da cui trarre conoscenze
distintive
ed elementi di forza.
Capitolo 3
L’internazionalizzazione delle piccole imprese
Anche le imprese di dimensione minore partecipano ai processi di
internazionalizzazione.
Spesso l’internazionalizzazione avviene nella forma di esportazioni.
La tendenza alle esportazioni è correlata alla dimensione dell’impresa.
In questi anni la tendenza all’internazionalizzazione è cresciuta sia tra le piccole che
tra le
medie imprese.
Per le aziende di piccole dimensioni l’internazionalizzazione è una particolare scelta
strategica.
Definizione di piccola e media impresa
 Microimpresa: numero dei dipendenti inferiore a 10, il fatturato annuo o il totale
dell’attivo dello Stato Patrimoniale annuo non superiore a 2 milioni di euro.
 Piccola impresa: numero dei dipendenti non inferiore a 50, fatturato annuo o totale
dell’attivo dello Stato Patrimoniale non superiore a 10 milioni di euro.
 Media impresa: numero dei dipendenti inferiore a 250, fatturato annuo non superiore
ai 50 milioni di euro o il totale dell’attivo dello Stato Patrimoniale non superiore ai 43
milioni di euro.
 Grande impresa: le imprese che superano le soglie della media impresa.
Il processo di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese
Le spinte
I fattori di spinta vengono ricondotti a 4 ambiti specifici:
 L’ambiente competitivo;
 Le condizioni di contesto;
 Il patrimonio genetico;
 Il progetto strategico;
L’ambiente competitivo
Un’impresa di piccole o medie dimensioni decide di andare all’estero perché cresce il
tasso
della domanda nel mercato geografico di origine e in quelli esteri.
Di solito le piccole imprese vivono in mercati dove la concorrenza è molto elevata.
Spesso le piccole imprese emulano le strategie dei propri concorrenti e dei leader di
mercato; in
questo modo le piccole imprese si espandono all’estero.
Molto spesso la spinta concorrenziale è particolarmente intensa nei settori dove le
tecniche per
rinnovare i processi produttivi assumono un’importanza fondamentale.
I settori più innovativi sono quei settori dove la ricerca dell’internazionalizzazione è
fondamentale per competere.
Le piccole imprese vanno all’estero per presidiare i fattori o le risorse che sono alla
base del
loro vantaggio competitivo.
Le piccole imprese vanno all’estero anche perché c’è la possibilità di ottenere dei
benefici in
termini di riduzione di costi, con degli input a costi bassi o di migliore qualità.
Condizioni di contesto
Le condizioni di contesto riguardano le specificità del territorio dove è localizzata
l’impresa.
Il contesto locale, grazie alla maggiore dinamicità e alla presenza di risorse, invoglia
l’impresa a prendere la strada dell’internazionalizzazione.
Molto spesso alcuni territori si fanno promotori di finanziamenti per stimolare
l’espansione
estera delle proprie imprese.
È anche importante quanto siano attive ed intense le relazioni con gli altri attori della
propria
filiera.
Patrimonio genetico
Le condizioni interne sono tipiche della singola impresa.
Le condizioni esterne da sole non possono costituire una spinta
all’internazionalizzazione,
poiché devono essere colte a livello imprenditoriale.
Il patrimonio genetico di un’azienda è composto dalla spinta imprenditoriale, dalle
risorse
disponibili e dal sistema di relazioni interno ed esterno.
Progetto strategico
Per l’imprenditore è anche importante programmare in maniera strategica il proprio
sviluppo
internazionale e l’evoluzione dell’impresa.
La capacità di sviluppare un processo strategico e avviare le azioni necessarie per
raggiungere gli
obiettivi, sono cose che le piccole imprese non riescono a fare perché per pianificare
una
strategia servono anche degli strumenti di management, che le piccole imprese non
hanno.
È anche importante creare una struttura organizzativa, che l’imprenditore deve seguire
per
raggiungere la meta internazionale.
Gli ostacoli
Tra gli ostacoli che le imprese affrontano nella strada dell’internazionalizzazione
troviamo:
 La mancanza di informazioni: solitamente le piccole imprese non hanno
informazioni, non conoscono i mercati, per questo si affidano agli “intermediari della
distribuzione” la vendita dei prodotti all’estero.
Inoltre la piccola impresa ha anche difficoltà ad acquistare informazioni adeguate,
avendo limitate risorse finanziarie.
 Ridotte risorse finanziarie e di conoscenza/competenza.
 La figura dell’imprenditore: spesso gli imprenditori si occupano di attività
quotidiane, e quindi perdono di vista la strategia dell’espansione estera.
 Costi dell’internazionalizzazione e per gestire le transazioni internazionali
(esportazioni, trasporto, assicurazione).
 Attitudine al rischio: per ridurre i rischi, le piccole imprese, quando si trasferiscono
all’estero sono molto prossimi ai mercati.
Gli effetti dell’espansione estera sul processo evolutivo dell’impresa
 Le piccole imprese individuano nell’internazionalizzazione il modo più veloce e più
semplice per acquisire nuove risorse e competenze.
 Avviene un’evoluzione del sistema organizzativo.
 Avviene una spinta all’innovazione del prodotto e del processo produttivo.
 Migliora la reputazione e l’immagine dell’impresa.
Caratteristiche del processo di internazionalizzazione
Il processo di internazionalizzazione di una piccola impresa può essere diviso in 4 fasi:
 La fase del ciclo evolutivo dell’impresa: è il momento nella storia dell’azienda in
cui inizia ad operare anche all’estero.
Alcune imprese possono entrare in un mercato straniero dopo un lunghissimo periodo di
attività, altre invece “nascono per essere internazionali”.
 L’estensione geografica: caratterizza notevolmente la presenza internazionale della
PI.
Le PI, spesso, si espandono nei Paesi geograficamente e culturalmente vicini a quello di
origine.
 Il grado di diversificazione: mentre nelle fasi iniziali la PI è ancorata all’area di
business originaria, quando la sua presenza estera si consolida si può attuare una
strategia di diversificazione.
 Le modalità di presenza all’estero: la modalità di apertura più diffusa tra le PI
consiste nell’avere relazioni con fornitori esteri.
La modalità di entrata nei mercati esteri è l’esportazione.
Tra le modalità di presenza estera c’è anche la partecipazione alle reti internazionali
di generazione della conoscenza e dell’innovazione.
Il processo di internazionalizzazione tra fasi di impulso e di stabilizzazione
Il percorso di espansione estera di una PI mostra una caratteristica piuttosto ricorrente:
l’alternarsi di fasi di impulso delle operazioni estere e di fasi di stabilizzazione
delle posizioni raggiunte e del conseguente aspetto strategico e organizzativo.
L’impulso è quella fase in cui il soggetto imprenditoriale modifica lo status quo
dell’impresa e il
suo modo di collocarsi nel contesto competitivo.
L’impulso attiva una serie di forze che generano cambiamenti del sistema aziendale.
La fase di impulso è seguita da una fase di stabilizzazione in cui le nuove modalità di
operare
sono consolidate.
Le modalità di internazionalizzazione delle piccole imprese
Nella maggior parte dei casi, l’impresa di dimensioni minori va all’estero o in risposta
ad uno
stimolo, oppure “trainata” da un grande cliente, o sulla base di una visione strategica
dell’imprenditore.
Possiamo definire la prima come internazionalizzazione “congiunturale”, la seconda
“trainata” e la terza “progettata”.
L’internazionalizzazione congiunturale
Significa che il processo di internazionalizzazione è legato ad una congiuntura, una
situazione
temporanea ed occasionale dove si identificano delle opportunità di sviluppo
internazionale.
L’ingresso sul mercato estero non è frutto di un piano strategico, ma di un evento
occasionale
(fiere di settore, contatti con operatori esteri).
Completato l’accordo con l’operatore estero, l’imprenditore non intravede in quella
possibilità
l’occasione di dare avvio ad un vero e proprio processo di internazionalizzazione.
A questa occasione di vendita non si sussegue nessun altro cambiamento che ha a che
fare con la
strategia o con l’organizzazione dell’impresa.
Questo modello è tipico delle realtà molto piccole (microimprese), dove molto spesso i
limiti
stessi della struttura aziendale pongono la scelta all’imprenditore di guardare al
mercato locale e
di cogliere opportunità di sviluppo internazionale, senza essere considerate opportunità
di
sviluppo continuative.
L’internazionalizzazione trainata
È un’internazionalizzazione che possiamo definire come passiva: grazie ad eventi
esterni
all’impresa, l’imprenditore si approccia a processi di internazionalizzazione.
L’internazionalizzazione trainata produce dei cambiamenti sugli aspetti strategici e
organizzativi
dell’impresa.
Questi cambiamenti non sono assunti in maniera consapevole, ma sono il frutto e scelte
e
opportunità che si manifestano esternamente all’impresa.
Un esempio è quando l’impresa viene forzata al processo di internazionalizzazione
perché un cliente si internazionalizza; l’impresa può scegliere di trovare un altro cliente
delle
stesse dimensioni o seguire il cliente all’estero.
Questa scelta pone l’impresa di fronte a cambiamenti importanti.
Visto che per la PI trasferirsi all’estero, il trasferimento comporta un investimento di
risorse
finanziarie notevoli, tuttavia le PI non sempre vengono lasciate completamente sole in
questi
processi di internazionalizzazione trainati.
I clienti supportano le PI in questo processo finanziando i loro investimenti e fornendo
dei
supporti di tipo manageriale.
Questo tipo di internazionalizzazione consente più vantaggi ad una PI.
Una delle conseguenze di questa tipologia di internazionalizzazione è legata
all’evoluzione
organizzativa, cioè modifica la struttura organizzativa dell’impresa.
Si osservano altre tre modalità di un certo rilevo attraverso cui il contatto che la PI
locale ha con
operatori internazionali attiva la sua espansione estera:
 Confronto competitivo: quando i mercati si aprono ad una concorrenza
internazionale, l’imprenditore locale, per contrastare la concorrenza, non ha altra
alternativa che iniziare a guardare fuori dai propri confini ed espandersi all’estero.
 L’effetto spillover: si genera quando una grande Multinazionale si insedia in un
contesto.
Da questo insediamento nasce una maggiore disponibilità di tecnologie, di competenze
e
di conoscenze.
Le imprese locali possono approfittare di questi vantaggi, sviluppando rapporti di
fornitura o collaborazione con imprese estere.
 La PI può essere acquistata da un gruppo internazionale.
L’internazionalizzazione progettata
Questa tipologia di internazionalizzazione viene perseguita come scelta consapevole e
pianificata dall’imprenditore, che decide di considerare i mercati internazionali non
come
occasione sporadica (internazionalizzazione congiunturale), non come occasione forzata
(internazionalizzazione trainata), ma come opportunità, studiando dove espandersi.
L’impresa mette su un processo di pianificazione: fissare degli obiettivi, sviluppare delle
analisi di mercato, effettuare una scelta e controllare l’andamento per decidere se
continuare ad
investire.
Questa attività richiede un processo di analisi, non necessariamente a lungo termine.
In questo processo si ricerca il giusto equilibro tra opportunità offerte dal mercato e
risorse
presenti all’interno dell’impresa.
L’imprenditore compie dei ‘test’ per capire le reali opportunità che un paese estero
può offrire
alla sua impresa.
Il mutamento dell’atteggiamento dell’imprenditore costituisce il fattore essenziale
nello
spiegare l’avvio dell’espansione estera.
Questo mutamento può essere determinato da cause diverse:
 Passaggio generazionale: spesso quando subentra una nuova generazione,
che ha una cultura internazionale e che ha una formazione a livello di imprese
estere, si crea una discontinuità con il passato; in questo modo si affronta la sfida
internazionale non come una occasione, ma aprendosi alle varie opportunità.
Spesso avvengono cambiamenti della visione (obiettivi, scelte, ecc.).
 Concorrenza nel marcato: in questo contesto diventa importante anche
quanto i mercati esteri fanno assumere consapevolezza alla PI.
I mercati esteri devono essere affrontati con una maggiore pianificazione.
In questo modo l’impresa assume la consapevolezza di quali risorse ha a
disposizione.
A questo tipo di internazionalizzazione si accompagna il bisogno di rendere
strutturalmente adeguata l’azienda per perseguire questo obiettivo.
Il modello di internazionalizzazione progettata presenta con due criticità:
 La capacità di adottare progressivamente le misure organizzative necessarie per
attuare
il nuovo indirizzo di espansione estera.
 Non è scontato che la decisione di uscire da un ambito solo nazionale sia supportata
dalla disponibilità da parte della PI di condizioni interne adeguate.
Il modello di impresa born global
È un’impresa che nasce già globale che ha come riferimento i mercati internazionali,
facendo di questi mercati la sede di dove vendere i prodotti e internazionalizzando
tutte le
attività dell’azienda.
Le aziende di questo tipo non hanno nessun riferimento territoriale di origine, ma nasce
per
inserirsi in una rete internazionale.
Le imprese born global si occupano di attività che hanno una natura internazionale, un
esempio
sono i prodotti di lusso.
Le born global si specializzano in una nicchia di mercato, così da raggiungere un’elevata
reputazione e diventare uno dei principali riferimenti in aree geografiche.
Questo tipo di imprese possono anche avere sistemi produttivi innovativi, dove i costi
della
ricerca sono molto elevati (es. settore aereospaziale, biotecnologico, farmaceutico).
In queste realtà la figura dell’imprenditore è fondamentale, perché ha relazioni in
ambito
internazionale.
Queste imprese nascono anche sulla base di condizioni che caratterizzano una figura
imprenditoriale con altissime competenze: conoscenze dei mercati, relazioni
internazionali.
Molto spesso queste realtà hanno la capacità di essere inserite in un contesto di
relazioni
(imprese, università, istituzioni) che garantiscono la disponibilità di risorse finanziarie.
Tra le caratteristiche fondamentali del modello born global troviamo:
 La conoscenza del mercato internazionale.
 La reputazione dell’impresa.
 Alte competenze organizzative per gestire le attività esterne.
 La capacità di apprendere attraverso i contatti.
 Le risorse finanziarie: questo tipo di impresa ha bisogno di molte risorse finanziarie,
perché se si vuole raggiungere un livello di consolidamento in ambito internazionale
l’impresa deve crescere.
 Sviluppo repentino della catena del valore e collegamenti con mercati geografici più
grandi.
 Rafforzamento delle competenze manageriali: si devono coinvolgere figure esterne
all’impresa con elevate competenze tecniche.
Da questo possono nascere alcune problematiche come l’integrazione tra imprenditore
e
manager.
Le caratteristiche prevalenti delle piccole imprese di successo all’estero
 Qualità imprenditoriali: una piccola impresa ruota sempre intorno alla figura
dell’imprenditore (portatore di competenze tecniche e gestionali), che è fondamentale
per garantire quella spinta propulsiva per affrontare i mercati internazionali.
L’imprenditore deve avere ottime capacità relazionali e deve gestire in maniera
equilibrata la propria organizzazione.
 Sviluppo del capitale immateriale: le risorse distintive consentono all’impresa di
intraprendere la via dell’internazionalizzazione, queste risorse poi vengono arricchite
grazie all’internazionalizzazione.
Per le piccole imprese è anche importante prendere parte a progetti internazionali di
innovazione, collaborando con imprese estere.
 Competizione focalizzata: per le PI è anche importante specializzarsi nelle nicchie di
mercato, dove poter mantenere il proprio vantaggio competitivo.
 Capacità innovativa diffusa: la specializzazione deve accompagnarsi alla capacità di
innovare il proprio prodotto continuamente.
L’appartenenza ad una rete
Il far parte di un business network può costituire per la PI una spinta rilevante verso
l’espansione estera.
Un’impresa che fa parte di un business network, fa parte di un distretto produttivo.
L’essere collocata in un distretto offre alla PI l’opportunità di beneficiare di alcuni
vantaggi:
 L’accesso alle informazioni, alle risorse, al capitale umano e alle conoscenze che
esistono
in quel distretto.
 Il far parte di un distretto può avvantaggiare la reputazione dell’impresa.
Capitolo 4
Disciplina
Legge n. 135 del 25 settembre 2009 specifica che: il prodotto o la merce possono essere
qualificati come “Made in Italy” solo se il disegno, la progettazione, la lavorazione e il
confezionamento siano computi esclusivamente sul territorio italiano.
Legge n.55 del 2010 modifica il precedente provvedimento, stabilendo che: per i settori
calzaturiero, dell’abbigliamento, del tessile e dell’arredamento, almeno due fasi di
lavorazione
devono essere realizzate in Italia affinché possa utilizzarsi la dicitura “Made in Italy”.
Le strategie internazionali delle medie imprese del made in Italy
Le medie imprese del made in Italy
Le imprese di media dimensione hanno assunto in Italia grande rilevanza.
È sembrata farsi largo questa nuova specie di impresa a forte vocazione internazionale,
che
si affianca in Italia alle pochissime di grande taglia e alle moltissime di piccola taglia.
Queste medie imprese spaziano in tutti i settori del made in Italy, da quelli tradizionali
a quelli
tecnologici.
Il successo delle medie imprese si fonda su modelli di business, che conciliano la
flessibilità
strategica della piccola dimensione con la ricerca delle eccellenze tecnologiche, di
design e
marketing.
Le medie imprese conservano caratteristiche tipiche dell’imprenditoria familiare:
creatività e intuito imprenditoriale, capacità di gestione, abilità relazionali.
Le strategie competitive delle medie imprese
Le strategie delle medie imprese di successo sono diverse da quelle del made in Italy
tradizionale.
Il loro vantaggio competitivo si fonda sul favorevole rapporto qualità-prezzo.
Negli ultimi anni, la concorrenza proveniente dai Paesi emergenti rende difficile essere
vincenti
sui costi.
La competitività delle medie imprese sembra fondarsi sulla capacità di aggirare il
confronto
concorrenziale con strategie di focalizzazione dinamica, che si concretizza in scelte di
ri-
focalizzazione e di pluri-focalizzazione anche in ambito internazionale.
La focalizzazione è attuta in maniera dinamica soprattutto mediante “mosse
strategiche”.
Le imprese modificano il proprio ambito d’azione secondo l’evoluzione delle condizioni
di
contesto, cambiando il segmento servito (ri-focalizzazione) o integrandolo con altri
interrelati
rispetto alle attività della catena del valore (pluri-focalizzazione).
La ri-focalizzazione nasce dalla necessità di rispondere a minacce che inducono a
cambiare
il modello di business.
La pluri-focalizzazione, invece, vuole cogliere opportunità di ampliamento del business
originale. Essa può abbracciare anche diversi segmenti che presentano interrelazioni tra
loro;
per questo motivo le medie imprese dell’abbigliamento ampliano la propria offerta
verso il total
look o verso gli accessori.
Spesso però, quando le imprese si occupano di segmenti diversi, c’è il rischio di passare
alla
diversificazione, più che alla focalizzazione sulla differenziazione; per questo le
imprese che
vogliono crescere devono puntare all’estensione sui mercati esteri.
Le scelte dei mercati e delle modalità di entrata
L’internazionalizzazione rappresenta un percorso di crescita naturale nelle strategie di
focalizzazione.
I Paese emergenti, essendo dotati di fasce di popolazione con alta capacità di spesa e
disposti
a pagare per i prodotti made in Italy, possono essere grandi bacini di domanda.
Le medie imprese dimostrano crescente attenzione verso l’Asia, il Sud America, l’Est
europeo e il
Golfo arabo perché queste aree permettono costi di produzione ridotti e incremento del
fatturato.
Tuttavia le economie emergenti presentano ancora rischi e costi elevati.
La modalità di entrata nei mercati esteri più diffusa è quella commerciale, ma le medie
imprese si servono anche di esportazioni, investimenti diretti esteri, acquisizioni e
accordi.
Le imprese creano stabilimenti produttivi nei Paesi a basso costo o con specifiche
specializzazioni manifatturiere, per ridurre i costi e per espandersi nei relativi mercati
e ridurre i
costi di ingresso.
Spesso però prevalgono gli accordi strategici.
La matrice Modalità/Mercati
È un modello analitico-interpretativo che mette in relazione le principali scelte da
prendere nelle strategie di entrata (dove e come entrare nei mercati esteri).
Derivano due dimensioni della matrice:
 Modalità equity (IDE, acquisizioni) versus non equity (accordi, esportazioni).
 Mercati geo-culturalmente lontani versus vicini.
Il modello individua due differenti spinte: verso le modalità equity e verso i mercati
lontani; tali spinte sono più forti.
Con riferimento alla scelta tra modalità equity o non equity, sono considerate le due
teorie
Resource Based View e la Transaction Cost Analysis.
La teoria Resourse Based View mette in risalto la rilevanza delle risorse aziendali ai fini
dell’acquisizione e del mantenimento del vantaggio competitivo e del successo
dell’impresa. Lo
sfruttamento delle risorse (esperienza, tecnologie, reputazione, ecc.) spinge verso la
modalità
equity.
La Transaction Cost Analysis predilige la modalità non equity perché analizza i costi di
transazione.
La spinta verso Paesi geo-culturalmente lontani dipende da due fattori:
 Il conseguimento di vantaggi specifici del luogo (bassi costi di produzione, accesso a
risorse) e vantaggi del marketing (potenziale di mercato).
 Il grado di tolleranza al rischio del paese.
La matrice individua quattro differenti modelli di internazionalizzazione:
 L’impresa adotta un modello di internazionalizzazione più semplice basato sulla scelta
di
modalità non equity e mercati vicini e dal basso rischio;
 Il modello più complesso è basato sulla scelta di modalità equity e di mercati
lontani, con un alto grado di rischio;
 Gli altri due modelli rappresentano situazioni intermedie in cui l’impresa introduce un
solo elemento di complessità, la modalità di ingresso o i mercati.
I quattro orientamenti all’internazionalizzazione
Le strategie di internazionalizzazione delle medie imprese di successo possono
classificarsi
secondo 4 “orientamenti” che riflettono altrettante strategie di gestione:
 Orientamento ai volumi.
 Orientamento all’efficienza.
 Orientamento alla differenziazione.
 Orientamento all’innovazione.
L’orientamento ai volumi di vendita
Distingue le strategie di internazionalizzazione volte ad ampliare il mercato di vendita
per
conseguire economie di scala.
Le finalità strategiche prevalenti sono:
 Conseguire economie di scala: l’obiettivo delle imprese è il raggiungimento di più
ampi volumi operativi e il consolidamento della posizione competitiva.
 Entrare in nuovi mercati in crescita: soprattutto nei Paesi emergenti per sviluppare
le proprie vendite.
 Compensare la saturazione del mercato interno: per aumentare le proprie
vendite, le imprese, devono espandersi prima dei concorrenti.
 Sfruttare le proprie competenze su altri mercati.
L’orientamento all’efficienza
È importante soprattutto per ridurre i costi di produzione e di approvvigionamento
attraverso la delocalizzazione nei Paesi emergenti.
L’orientamento alla differenziazione
Mira ad ampliare geograficamente e a potenziare la nicchia di mercato, spesso
cercando nuovi clienti nelle economie in crescita.
Le finalità strategiche prevalenti sono:
 Assicurarsi risorse privilegiate e selezionate sfruttando peculiarità ambientali di
Paesi diversi.
 Accedere a clienti sensibili a problematiche emergenti in altri mercati.
L’orientamento all’innovazione
Mira allo sviluppo delle competenze evolute.
Si collega a strategie fondate sull’innovazione continua, tipiche dei settori tecnologici.
Le finalità strategiche prevalenti sono:
 Accedere a conoscenze innovative.
 Integrarsi con i clienti e sviluppare processi di apprendimento.
Le acquisizioni dall’estero delle medie imprese italiane
Il successo del made in Italy sta dando luogo ad un fenomeno di internazionalizzazione
opposto: le multinazionali estere acquistano imprese italiane.
Le multinazionali estere preferiscono imprese performanti, piuttosto che quelle di
valore
ridotto.
Il loro obiettivo è quello di inserire nel network società già strutturate.
Soprattutto le medie imprese sono oggetto di acquisizione.
Le grandi multinazionali acquistano per:
 Occupare in modo rapido un mercato estero, che è preferibile rispetto ad un
investimento greenfield.
 Appropriarsi delle risorse materiali e immateriali dell’impresa.
La media impresa, entrando nel gruppo di una multinazionale, può:
 Aprirsi a nuovi mercati.
 Eliminare o migliorare inefficienze gestionali e incrementare le produttività.
 Rafforzare la posizione nei confronti dei clienti.
Tuttavia si possono avere dei rischi, come ad esempio:
 Impoverire il patrimonio industriale nazionale dell’impresa acquisita.
 Le multinazionali possono appropriarsi dei profitti dell’impresa.
 Avere riduzioni dei lavoratori.
Capitolo 5
Le modalità di entrata nei mercati esteri La strategia di entrata è articolata su tre
aspetti fondamentali:
 Cosa: quali attività operative le imprese internazionalizzano. Le imprese possono
internazionalizzarsi per vendere (internazionalizzazione dell’attività commerciale), per
produrre (internazionalizzazione dell’attività di produzione), perché vogliono sviluppare
risorse e competenze distintive o di ricerca per internazionalizzare le proprie attività
amministrative e finanziarie, per costruire depositi (internazionalizzazione dell’attività
logistica).
 Dove: scegliere l'area geografica dove insediare l'attività.
 Come: se si sceglie di internazionalizzarsi autonomamente o se individuare un
soggetto terzo a cui affidare la realizzazione di un'attività.
Questi aspetti sono correlati tra di loro: il tipo di attività che l’impresa vuole svolgere la
orienta verso determinate aree e viceversa. Un altro aspetto importante è il quando,
cioè in quanto tempo si sviluppa il processo di internazionalizzazione. Modalità di
entrata in un mercato estero:
 Esportazione indiretta;
 Esportazione diretta;
 Gli IDE;
 Le alleanze strategiche. Esportazione indiretta Nell'esportazione indiretta l'impresa
non ha nessun contatto con il mercato estero. L'impresa conserva tutte le attività
principali: fa attività di ricerca, sviluppa un'attività di produzione, fa marketing, fa
vendita, gestisce una relazione con i clienti. Quest'attività rimane localizzata nel paese
d'origine e poi l'impresa affida ad un soggetto terzo (distributore) la vendita dei propri
prodotti che raggiungono i mercati internazionali. Il distributore è l'unico che ha
relazioni con il mercato estero. Esportazione diretta L'impresa gestisce direttamente il
contatto con il mercato estero. Il mercato estero è composto dai consumatori finali
(clienti finali), coloro per il quale quel prodotto è stato ideato, e dai clienti intermedi,
coloro che acquistano il prodotto per sviluppare le proprie attività d'impresa (per
rivendere o trasformare). L'impresa che gestisce l'esportazione diretta deve creare una
propria unità di vendita che gestisce le relazioni con il cliente estero.
Gli IDE L'impresa non va all'estero per vendere, ma per realizzare attività di produzione
o attività di ricerca e sviluppo. L'IDE comporta sempre un insediamento produttivo o di
ricerca e sviluppo nel paese estero. Alleanze strategiche L’impresa individua un partner,
con cui realizza un accordo, con il quale entrambi sottoscrivono degli obblighi, diritti e
doveri. L’oggetto dell’accordo riguarda un’attività di vendita, attività di produzione,
attività di ricerca e sviluppo. A seconda della tipologia di attività che si vuole realizzare
all'estero (commercializzazione, produzione, attività di ricerca e sviluppo) e di come si
svolge (autonomamente o coinvolgendo altri soggetti) si possono riportare diverse
strategie. Attività di commercializzazione:
 In modo autonomo, è l’ambito delle esportazioni dirette.
 Quando invece l’impresa si affida ad un soggetto intermediario, la modalità che attua
è di esportazione indiretta o di alleanze strategiche.
Attività di produzione:
 In maniera autonoma, si realizza l’investimento diretto all’estero.
 Quando l’impresa si affida ad un soggetto intermediario si realizzano alleanze
strategiche.
Attività di ricerca e sviluppo:
 In maniera autonoma, si realizza l’investimento diretto all’estero.
 Quando l’impresa si affida ad un soggetto intermediario si realizzano alleanze
strategiche.
Ogni modalità di entrata (esportazioni dirette/indirette, alleanze, IDE) si articola in
diverse modalità. Nel caso delle esportazioni dirette/indirette l’attività di ricerca e
sviluppo viene realizzata nel paese d’origine. Nel caso dell’esportazione indiretta, si
affida a terzi soggetti la vendita dei prodotti nel mercato estero. Nel caso
dell’esportazione diretta c’è una modifica nella struttura organizzativa perché l’impresa
deve creare un’unità di vendita per il cliente estero che gestisce la relazione. A seconda
di come l’impresa crea questa unità organizzativa, si possono configurare diverse
modalità. Sia nel caso delle alleanze e sia nel caso degli IDE, l’impresa internazionalizza
anche le attività di produzione e di ricerca e sviluppo. Le importazioni vengono
classificate come una modalità di internazionalizzazione. Spesso l’impresa va all’estero
per cercare fornitori.

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