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2 2022
2021

IL LICEO
LE COSE
TECNICO
[ CO N G EG N I , O G G E T T I , M A N I FAT T U R E ECC . ]
IN COPERTINA
E A FRONTE
Composizione-Scomposizione n. 1,
Bertozzi & Casoni, 2007,
ceramica policroma

BERTOZZI & CASONI


Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni, en- un’opera presentata alla Biennale di Venezia dello stesso
trambi romagnoli, nati nel 1957 e nel 1961, si incontrano anno). Se accostati, questi titoli, mostrano la volontà di
all’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica di Faenza, per nascondimento ma anche di induzione all’errore nella let-
proseguire poi la loro formazione all’Accademia di Belle tura delle opere, in un mescolamento di piani che rappre-
Arti di Bologna. Emerge fin da subito una comunanza di senta il mondo attraverso l’inganno, l’ironia e il grottesco.
interessi, in particolare, la voglia di liberare la ceramica da Che cosa c’è dietro le opere di Bertozzi & Casoni? Dietro
quello statuto di arte minore a cui è rilegata dalla tradi- le pile di piatti, gusci d’uovo, nature morte – il confronto
zione. Un tentativo messo già in atto nel dopoguerra da è con la storia dell’arte, con Giorgio Morandi –, dietro gli
Lucio Fontana e Fausto Melotti, come racconta la prima animali in gabbia, travestiti, e le cucce firmate Warhol. Si è
sezione della mostra a loro dedicata dal Mart di Rovere- parlato di una somiglianza con i tableaux-pièges di Daniel
to (marzo-giugno 2022). La volontà di sperimentare una Spoerri la cui dimensione temporale è quella del kairos,
“nuova ceramica” sondando le possibilità di intenderla in del contemporaneo che diventa eterno, Colazione eterna,
quanto scultura dipinta, svincolata dal suo fato ornamen- Pranzo eterno ecc. Le cose però di Bertozzi & Casoni non
tale, li porta a fondare nel 1980 la società Bertozzi & Ca- sembrerebbero essere figlie del kairos, quanto del kainos,
soni, ormai di fama internazionale. il tempo nuovo che Donna Haraway immagina come una
Il loro percorso comincia con diverse collaborazioni, an- presenza densa e perenne, che associa a un’altra parola
che con il design, e si concentra per lo più sulla produzione di radice greca khthon, per dare origine alla definizione
di creazioni di piccole dimensioni in maiolica policroma. di Chtulucene. Sono oggetti di un mondo ferito, un sot-
La svolta verso quella che sarà poi definita “epopea del to che penetra nel sopra e lo contamina, stranger things,
trash” o “contemplazione del presente”, dove si predilige- compost di organico e inorganico. Il ritratto dell’Antro-
ranno materiali industriali e un’attenzione alle tecnologie pocene (titolo proprio della mostra al Mart sopra citata),
moderne, avviene con l’opera Scegli il Paradiso del 1997: del suo bestiario, dei suoi rifiuti, del logoramento delle
una Madonna taglia il prato con un tosaerba mentre Cri- icone del passato (Brillo), della sostituzione dell’opulenza
sto-bambino è concentrato a giochicchiare con una rana. con la scadenza. Tutto questo viene raccolto nel Museo
Da qui, la sperimentazione diventa radicale, rivolta a ri- Bertozzi & Casoni inaugurato nel 2017 presso la Cavalle-
leggere le categorie classiche della vanitas e del memento rizza Ducale di Sassuolo.
mori velandole di una qualità fantastica che si esprime L’opera Composizione-Scomposizione n. 1, in copertina, è
attraverso il mimetismo del reale. Lo rivelano bene alcuni un groviglio di tubi, manopole e contenitori che rappre-
titoli, Nulla è come appare (2018) per esempio. Tre pap- sentano l’intrecciarsi di pensieri, emozioni e sentimenti.
pagalli in ceramica – che sembrano fare il verso a quello Fu esposta nel 2007 a Venezia, in occasione della Biennale,
vero esposto da Kounellis – e tre specchi distorcenti, a presso Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna,
mostrare la difficoltà di afferrare la realtà confidando nel- insieme agli altri pannelli dedicati ai vizi capitali. Successi-
la percezione. Oppure il titolo del libro con cui presenta- vamente i pezzi furono divisi, prendendo una vita propria.
rono nel 2007 i loro lavori, Bugie dell’arte (anche nome di (Elisa Albanesi)
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 2 4.2022

SOMMARIO

4 SOPRAVVIVENTI
di Marco Ferrante

8 CI PENSANO LE COSE
di Chiara Cappelletto

10 CENNI SPARSI SULLA CREATIVITÀ


di Daniela Sessa

14 NIENTE DI PIÙ PICCOLO


di Francesco Scotognella

18 TUTTO NACQUE CON SPUTNIK


di Guido Fontanelli

24 STORIA POLITICA DELLE SNEAKERS


di Nicola Mirenzi

500.000 LEGHE SOTTO I MARI 28


di Francesco Pontorno

AI TEMPI DEL VANTABLACK 32


di Silvano Fuso

IMPENNATA ELETTRICA 36
di Bruno Giurato

MANIFATTURA E SVILUPPO 40
di Fabio Lavista
4.2022 3 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

TECNOLOGIE GODOT 44
di Nicola Nosengo

SULLA STRADA PER VINCI 48


di Manuel Orazi

CI SERVONO SEGRETE 52
di Ginevra Leganza

ALBANI E LA VILLA DEI LUMI 54


di Mario Bevilacqua e Clare Hornsby

60 IL COLLEZIONISTA MILITANTE
di Elisa Albanesi

64 HO VISTO UNA MAPPA ROTANTE


di Vincenzo Pisani

68 IL COGNOME DELLE COSE


di Valentina Orengo

74 BELLI, UTILI E DILETTEVOLI


di Stefano Salis

78 SMOKING PLEASE
di Francesca Molteni

ACQUARIO 80
di Ian Williams

CHE FINE HA FATTO QUELLO SPECCHIO 84


di Francesca d’Aloja

CENTO ANNI PER UN’ANIMA 88


di Vincenzo Filosa

QUESTE STUPIDE MACCHINE 92


di Leonardo Sinisgalli

TRADUZIONI 94
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 4 4.2022
4.2022 5 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

MARCO FERRANTE

SOPRAVVIVENTI
Un sommario di

U
questo numero. rbex è l’esplorazione urbana di ca (geniale tanto più per il mezzo prescelto) che
luoghi abbandonati. Nella cul- avrebbe dovuto raccontare la storia del mondo
Le cose ci tura interne ista dei video e dei in cento ogge i individuati dai due team con
reportage fotografici è diventata l’obie ivo di coprire due milioni di anni e tue
rappresentano, ma un genere alquanto emotivo, so- le latitudini: da un papiro matematico di Rhind,

durano più a lungo prauo nella sua declinazione più personale,


privata e – in senso streo – domestica: l’esplora-
Tebe (1550 a.C.) a uno scudo di corteccia austra-
liano, Botany Bay (1770 d.C. circa). Neil MacGre-

di noi, e hanno zione di case abbandonate. I casi più affascinan-


ti sono quelli degli abbandoni in vita o a ridosso
gor, che aveva già direo la National Gallery,
come direore del British Museum, successiva-

una vita propria. della vita. Sono case completamente arredate,


con le vetrine che ancora ospitano servizi da caf-
mente raccolse le storie dei cento ogge i in un
supporto più adao della radio all’osservazio-

La questione dei fè di ordinanza, i le i rasseati, le sedie intorno


al tavolo. Solo una sporcatura, un piccolo dea-
ne dei deagli: un libro fotografico. Accanto ai
sopravvissuti millenari, erano stati individuati

simboli. Importanza glio, una ragnatela, un insistente velo di polvere,


una bo iglia di plastica che regge una candela
dei candidati a una futura eternità, tra i qua-
li una carta di credito islamica e un piao di

della manifattura. smozzicata, una abat-jour crollata su un divano


rivelano un’improvvisa – e forse imprevista –
porcellana celebrativo della rivoluzione russa.
Questo ultimo oggeo è molto interessante per
La modernità condizione di abdicazione e solitudine. Il punto
più interessante di queste fotografie riguarda il
un’altra caraeristica delle creazioni umane che
di solito tendiamo a trascurare, il cambiamento
vista attraverso momento in cui per l’ultima volta quella scena
ha pienamente vissuto. Quando un luogo diven-
del loro significato, anche soo il profi lo simbo-
lico. Il piao era uscito di un bianco purissimo
le creazioni umane ta abbandonato? Qual è il momento preciso in
cui l’abitudine di visitare una vecchia casa, un
nel 1901 dalla Fabbrica imperiale di porcellane.
Nel 1921 nella Fabbrica statale di porcellane era
vecchio ufficio, una vecchia fabbrica si allenta stata sovraimpressa una decorazione a base di
e quel luogo entra nel disuso? In quel momen- martelli, ruote dentate, fabbriche e sole dell’av-
to le cose prendono il sopravvento e vivono una venire. MacGregor notava l’ironica circostanza
vita loro personale e libera, sopravviventi agli di un messaggio di affermazione del potere al
uomini. Le poltrone dalle molle allentate e un popolo veicolato da un raffi natissimo suppor-
paio di sbeccate tazzine da caffè, che non erano to aristocratico. Eric Hobsbawm, storico mar-
state riposte nella vetrina, si impongono al resto xista, segnalò nel piao l’esibizione ideologica
dell’arredamento e si autonominano padrone di della coesistenza di vecchio e nuovo regime: «è
casa. Come succede di noe ai giocaoli di H. C. molto raro trovare ogge i che ci mostrino con
Andersen, al soldatino di piombo innamorato, ri- altreanta chiarezza un mutamento storico».
amato, della ballerina nella struggente, crudele C’è un punto ulteriore che forse vale la pena di
e suicidaria storia, che si chiude con i resti di un soolineare: un simbolo di una ideologia che
cuore e di un nastrino in fondo a una stufa. non fu pacifica, ma profondamente drammati-
Da questo punto di vista i ritrovamenti ar- ca e divisiva, slia in una dimensione estetica
cheologici sono abbandoni protra i in un certo colle ivamente acceata. Come se anche gli
senso, e nello stesso tempo eterni soprannatu- ogge i assumessero un significato diverso a
Corpi fragili, Alfredo Maiorino, rali sopravvissuti. Nel 2010, la BBC e il British seconda della prospe iva con cui li guardiamo.
2022, carta, legno, vetro Museum idearono una trasmissione radiofoni- Un piao può essere bello ancorché generato da
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 6 4.2022

Le cose, i
marchingegni,
i meccanismi, i
manufatti, gli oggetti
hanno una nascita
e un luogo di nascita,
botteghe artigiane,
piccoli atelier, studi
di progettazione,
fabbriche

un dramma storico. Del resto tuo il processo L’Italia è la seconda manifaura continentale,
di poppizzazione del maoismo è un caso emble- è specializzata nella meccanica di precisione,
matico: a partire dal Mao serializzato da Andy negli anni ha perduto posizioni in alcuni seori
Warhol esaamente come Marilyn, per fi nire strategici, la chimica e l’auto, in generale ha po-
con i gadget della rivoluzione culturale, fasci- chissimi player globali (si veda Fabio Lavista a
nosi e incongrui. E lo stesso dualismo è da molti pag. 40). Abbiamo conservato un tessuto fio di
anni un oggeo di diba ito rispeo all’archi- piccole e medie imprese private. E cominciamo a
teura razionalista e il fascismo: ma la casa del coltivare un processo di trasmissione ereditaria
fascio di Como progeata da Giuseppe Terragni dei valori dell’impresa, affidato a musei azienda-
è un punto fermo nella formazione culturale di li, pubblicazioni, fondazioni.
un architeo occidentale. L’industria è un produore di identità: la
~ livrea d’argento delle automobili da corsa te-
Al centro del piao celebrativo del Briti- desche – leggendaria eredità di una gara in cui
sh Museum campeggia una fabbrica. Le cose, viene raschiata la vernice delle Mercedes-Benz
i marchingegni, i meccanismi, i manufa i, gli per portare il peso alla misura regolamentare –,
ogge i hanno una nascita e un luogo di nasci- la dimensione comunitaria dell’olive ismo, il
ta, boeghe artigiane, piccoli atelier, studi di culto della personalità del fondatore nell’epopea
progeazione, fabbriche. Nella manifaura c’è dell’Eni, il senso orgoglioso dei prodo i nella
un principio profondo e assertivo. Modernità, moda, nel design, nelle macchine di precisione,
avanzamento tecnologico, fiducia nell’ingegno, nell’industria della tecnologia, dal Betamax
intelligenza dell’uomo al servizio dell’uomo. Nei all’iPhone. Ancora cose, ogge i, marchingegni.
paesi OCSE il seore manifauriero impiega ol- Dall’altro lato del mercato, sul fronte dell’ac-
tre 82 milioni di persone, il 13,7% del totale degli quisto, le cose sono altreanto identitarie. Cir-
occupati. In EU27 quasi 32 milioni, il 16,4 del to- coscrivono lo spazio di noi stessi, ci descrivono
tale. In Italia quasi 4,2 milioni, il 18,9% del totale. e ci rappresentano. Arrivano prima di noi. Il
4.2022 7 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

capaci di costruire relazioni affe ive, intellet-


tuali, sociali con gli esseri umani, scrive Chiara
Cappelle o, anche nella mutazione delle loro
condizioni di partenza: per esempio quando
sopravvivono come rifiuti). Il rapporto tra un’i-
dea creativa e la sua realizzazione. Il racconto
di alcune creazioni umane che rappresentano
la modernità: il microprocessore, grande quan-
to una mosca ma con più cellule, i cavi so o-
marini, i satelliti, la sneaker, il più identitario
e interclassista degli ogge i personali contem-
poranei, i nuovi materiali (con un catalogo che
va dagli autoriparanti a quelli a memoria di
forma). E poi, un reportage sulla transizione di
un’impresa tradizionale e stre amente legata
all’immaginario degli anni Se anta verso una
frontiera molto green; e gli ogge i del Novecen-
to, che come spiega Stefano Salis è il secolo degli
ogge i. Un’altra parte del racconto si sviluppa
a raverso le storie. Manuel Orazi racconta uno
degli antesignani di Leonardo nel campo delle
macchine, Francesco di Giorgio. Mario Bevilac-
qua e Clare Hornsby si occupano di un mito del-
la classicità, Alessandro Albani, probabilmente
l’inventore intelle uale e politico del collezioni-
smo moderno. Elisa Albanesi conversa con un
collezionista di oggi, Giovanni Giuliani, il quale
spiega con lucidità quasi psicanalitica che cosa
comporta l’a o consapevole (e compulsivo?) del
collezionare. Vincenzo Pisani descrive un mu-
seo d’impresa. Valentina Orengo scrive invece
di suo padre Vladi. Gli Orengo erano stati una
famiglia di aristocrazia feudale, con base a Ven-
timiglia (i giardini Hanbury di Mortola si inse-
diano su una villa Orengo). Al tramonto degli
anni Quaranta Vladi Orengo, che aveva virato
sul lato modernista e visionario di una parte
racconto retorico del gusto – per esempio un della classe dirigente piemontese del suo tempo,
Omega Plo-prof sul polsino di una camicia di commissionò a Carlo Mollino un appartamento
velluto a coste –, il resoconto puntiglioso dell’età per sé sulla collina torinese. Per gli appassio-
del fashion, la pubblicità, l’avanzata di un consu- nati diventerà per sempre Casa Orengo, mitica
mismo consapevole, il rock, la persistenza dell’e- perché non c’è più, l’origine di alcuni dei pezzi
ditoria dell’arredamento, l’invenzione dello stile più straordinari del grande archite o, una spe-
floreale, del Bauhaus, dello scandinavismo e poi cie di epitome di quelle che defi niamo le Cose.
dei coniugi Eames, la scoperta molto a posterio- Francesca Molteni ne descrive una e una sola, il
ri di un Napoleone non guerresco, rivoluziona- Cubo di Munari, un archetipo. Sull’anima delle
rio portatore di una modalità di vita borghese, cose, sul rapporto che hanno con la nostra fa-
ancorché imperiale, nei palazzi quasi a misura migliarità – come in testa a questa introduzio-
d’uomo degli anni e dei luoghi bonapartiani, ne – nell’ordine troverete: una riflessione dello
dalla Malmaison a Marlia. Negli ultimi due se- scri ore canadese Ian Williams, un contributo
coli e mezzo tu o ha concorso a fornire mezzi di Francesca d’Aloya sulla vita intima delle cose,
di sostentamento alla creazione di uno stile in- che fi ne fanno dopo di noi, che sarebbe piaciu-
dividuale per tu i, non solo per i ricchi. E tu o to al già citato Andersen e a George Perec; e un
a raverso gli ogge i, la manifa ura. Prima an- sorprendente racconto orientalista di Vincenzo
cora dell’arte. Le nostre cose parlano di noi, in Filosa, come fanno i giapponesi a impedire alle
una rivisitazione ragionevolmente laica della cose di assumere un’anima. Per chiudere, c’è un
relazione tra avere ed essere. Una Fender Stra- anziano frammento del 1943 di Leonardo Sini-
tocaster e una Parker 51. sgalli, sul suo rapporto con un peculiare tipo
Purification Room,
~ di Cose, le macchine. Alla civiltà delle quali nel
Chen Zhen, 2000, ogge i,
In questo numero si esplorano alcune di 1953, dieci anni dopo, avrebbe intitolato una ri- argilla, acqua, colla.
queste suggestioni. Che cosa rappresentano vista, la cui testata tra un mese, a gennaio del Foto di Sebastiano Pellion
le Cose per la fi losofia contemporanea (sono 2023, compie se ant’anni. di Persano
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 8 4.2022

CHIARA CAPPELLETTO

Oggi è impossibile
distinguere tra
CI PENSANO
LE COSE
natura e cultura, tra
organismi biologici e
artefatti. Tra loro è
in atto un continuo

U
processo di influenza na parte importante della filo-
sofia contemporanea conta tra i
E invece, questi oggetti impersonali, pro-
dotti in migliaia di esemplari deperibili e tutti

reciproca suoi oggetti di ricerca privilegiati


le cose, e le relazioni che le perso-
uguali, fanno corpo unico con noi non appena
entrano nel nostro spazio personale. Nel mo-
ne instaurano con loro. Le ragioni mento in cui li maneggiamo, si trasformano in
di questo interesse teorico sono numerose. Ne un’estensione corporea e affettiva del nostro
metto in luce la principale, che eccede i confini sistema corpo/mente che a sua volta ne viene
della filosofia come disciplina e riguarda, piut- modificato. Tale interdipendenza è studiata
tosto, lo stato dell’arte della conoscenza sui in particolare dalle neuroscienze cognitive e
comportamenti umani. dall’enattivismo, un approccio filosofico secon-
Oggi siamo ben consapevoli che è impossi- do cui la cognizione umana emerge dall’inte-
bile distinguere tra natura e cultura, tra organi- razione sensibile e motoria che abbiamo con
smi biologici e artefatti, perché tra loro è in atto l’ambiente naturale e artificiale nel quale siamo
un continuo processo di influenza reciproca. inseriti.
Ciascun essere vivente e ciascun manufatto o Le cose hanno dunque un potere agentivo,
prodotto industriale interviene sulle condizio- sono cioè capaci di costituire relazioni affettive,
ni materiali in cui l’uno e l’altro si sviluppano. intellettuali, sociali, d’uso con gli esseri umani.
Piante, animali ed esseri umani si relazionano Sono “quasi persone”, dotate di una sorta di in-
tra loro interagendo con le cose, in modo media- tenzione di secondo grado rispetto alla nostra,
to e immediato. Quando parliamo di Antropoce- ma abbastanza potente da farci instaurare re-
ne, parliamo dell’epoca in cui questo rapporto di lazioni analoghe a quelle che stabiliamo con i
con-costituzione ha raggiunto la sua apoteosi. nostri simili. L’automobile ci lascia a piedi e noi
Se gli esseri umani e il mondo animale e ci arrabbiamo; la bambola ci tiene compagnia e
vegetale realizzano comportamenti più vari e noi la coccoliamo. Sono esempi proposti da Al-
complessi di quanto non facciano le cose, queste fred Gell, l’antropologo sociale cui si deve uno
ultime sono però molto più numerose dei viven- tra i primi studi che hanno esplicitato questo
ti, soprattutto da quando la loro obsolescenza è tema alla fine degli anni Novanta.1
programmata. Le cose deperiscono a un ritmo Le cose sono sostituti, complementi, inte-
senza precedenti. Basta guardare alle disca- grazioni della nostra persona: sono strumenti
riche fuori città, alle montagne di rifiuti nelle per fare e per pensare. André Leroi-Gourhan
favelas, alle cinque “isole di plastica” che galleg- aveva spiegato che l’ominizzazione è comin-
giano negli oceani e infine allo spazio, un enor- ciata quando l’essere umano ha guadagnato la
me immondezzaio di prodotti ad alto contenuto posizione eretta, liberando le mani che diventa-
tecnologico. Prima di diventare rifiuti, sono sta- vano così disponibili per afferrare materiali e
Kaleidos, Teresa Giannico,
te merci. La sinonimia di cose e rifiuti, insieme creare oggetti, e Maria Montessori ha elaborato
mostra personale alla
galleria Viasaterna, Milano, al loro valore economico, lascia pensare che, ab- un sistema didattico per bambini dai 5 ai 10 anni
22 gennaio-8 marzo 2019 bandonate a loro stesse, esse siano passive. che nel tempo si è dimostrato tra i più efficaci, e
4.2022 9 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Le cose non saranno


solo più numerose di
noi. Alcune saranno
più performanti
di noi, almeno
limitatamente allo
scopo per cui sono
state progettate

che è basato sulla manipolazione degli oggetti cose materiali per la formazione dei processi co-
per l’apprendimento dell’astrattissima matema- gnitivi e relazionali, tanto più si smaterializza il
tica. Lambros Malafouris, uno degli antropologi nostro coinvolgimento corporeo con loro.
cognitivi più autorevoli dei nostri giorni, ritiene Dobbiamo allora riflettere sullo sviluppo
addirittura che noi pensiamo «con loro e attra- prossimo della capacità cognitiva umana. Se
verso di loro». 2 pensiamo che intelligenza significhi solo razio-
Le cose richiedono e producono intelligen- nalità, e che razionalità significhi capacità di
za; sollecitano in chi le usa conoscenze specifi- calcolo, allora meglio affidarsi agli algoritmi, più
che, determinate abilità e una certa inventiva, veloci di noi a elaborare dati. Se invece pensiamo
che variano a seconda delle loro qualità: peso e che non esiste intelligenza che non sia situata,
forma, colore e sapore, effetto al contatto – mor- ambientale, relazionale, perché essa è anche
bide o taglienti – e così via. Il loro design chiama capacità di interazione e integrazione, capacità
in causa il nostro sapere e il nostro saper fare, di vedere relazioni impreviste nel mondo ma-
da soli e con altri. Sono strumenti cognitivi che teriale e sociale (da cui peraltro dipende la pro-
orientano il nostro comportamento in una so- grammazione degli stessi algoritmi), e quindi di
cietà. Lo sanno – senza sapere di saperlo – que- modificare – appunto – “come stanno le cose”, al-
gli amministratori che mettono panchine negli lora è bene rimetterci a giocare con loro, toccarle,
spazi pubblici per consentire ai passanti di se- annusarle, romperle, non troppo diversamente
dersi e creare comunità, e lo sanno ancor di più da come fanno i bambini nella fase di sviluppo.
quelli che le tolgono. In che modo concepire il nostro futuro rap-
Il potere di questa interrelazione inizia però porto con loro è una delle domande urgenti che
a venire messo a repentaglio. La diffusione ca- devono porsi la filosofia, la tecnologia e i sistemi
pillare di prodotti industriali e di interfacce educativi in previsione del fatto che la conver-
elettroniche ha provocato una crescente rarefa- genza tra cibernetica e intelligenza artificiale
zione dell’esperienza che abbiamo della loro ma- porterà a realizzare cose con un potere agentivo
terialità, al punto che molti pensano di vivere molto superiore a quello con cui ci siamo con-
in un mondo incorporeo perché internet non si frontati finora. Le cose non saranno solo più nu-
1
A. Gell, Arte e agency. Una teoria antropologica, ed. it. a cura
può toccare, dimenticando che senza i pesantis- merose di noi. Alcune saranno più performanti
di C. Cappelletto, postfazione di C. Severi, Raffaello Cortina Editore,
simi cavi depositati sul fondo degli oceani non di noi, almeno limitatamente allo scopo per cui Milano 2021.
ci sarebbe alcuna connessione. In breve, tanto sono state progettate, come dimostrano diversi 2
L. Malafouris, How Things Shape the Mind: A Theory of Material Engagement,
maggiore è l’evidenza scientifica del ruolo delle settori della robotica in ambito medico. MIT Press, Cambridge (MA) 2013.
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4.2022 11 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

DANIELA SESSA

CENNI SPARSI
SULLA
CREATIVITÀ
Che cosa significa

N
pensare e realizzare el 2006 sui tetti del MIT di Boston sporto ottimale: «La matematica è una discipli-
l’ingegnere e matematico David na creativa nel senso che permette all’uomo di
cose materiali e R. Wallace ha riprodotto con suc- astrarre ciò che osserva. Ci vuole creatività per
cesso l’esperimento più contro- capire cosa governa i fenomeni scientifici e la
oggetti intellettuali, verso della storia delle invenzio- matematica trasforma le intuizioni nelle for-

una piccola inchiesta ni: gli specchi ustori di Archimede. Archimede,


nel 212 a.C., incendia le navi romane nemiche al
mule che ci fanno capire il mondo». La teoria
del trasporto ottimale, afferma Figalli, nasce da

tra matematica, largo della città di Siracusa, usando ventiquat-


tro specchi con la forma di un paraboloide di
un vero e proprio processo creativo: «È stata in-
ventata 250 anni fa e si è sviluppata nell’ambito

poesia e industria rotazione puntati verso il sole. L’episodio sta nel


locus epistemologico in cui il concetto di creati-
della matematica moderna a partire dagli anni
Novanta. Quando ho cominciato a studiarla, nel
vità coniuga utile e inutile, scienza e letteratu- 2005-06, si sapevano tante cose ma non si riu-
ra. Perché se da un lato non c’è testimonianza sciva a usare la teoria per una serie di problemi
certa dell’evento, dall’altro è scientificamente per me affascinanti, come capirne le inferenze
provato il rapporto tra la struttura e la fisica dei nella meteorologia, nel movimento delle nuvole.
raggi riflessi. Per Archimede come per Leonardo La connessione mi sembrava bella ma c’erano
vale l’espressione genio creativo. Vale per Albert domande matematiche molto profonde a cui
Einstein la cui genialità, aneddotica e psicologi- bisognava dare una risposta». Figalli prosegue:
ca, convive con il disordine – il concetto di ge- «Gli oggetti matematici sono manufatti. La ma-
nio codificato dal Romanticismo. Ed è proprio tematica è una disciplina assiomatica, gli assio-
l’Ottocento romantico, con l’approccio fideistico mi generano creatività». Esempio? «La teoria eu-
verso la Natura, a relegare il genio nell’arte e a clidea delle rette parallele che non si incontrano
impedire agli scienziati di mettere l’ipoteca di funziona su un piano ma non sulla Terra: i me-
creatività sui loro studi. ridiani sono paralleli ma si incontrano ai poli.
Spetta al matematico Henry Poincaré que- Quindi, la teoria euclidea è un oggetto che si può
sta definizione rigorosa: «Creatività è unire ele- utilizzare per fare misurazioni in un campo di
menti esistenti con connessioni nuove, che sia- grano, ma ne svilupperò un altro più complesso
no utili» (1929). Composizione e combinazione per fare misurazioni su scala più grande, per cui
non appartengono, dunque, solo alla testualità occorre considerare che la Terra è curva». Per
artistica, anzi la creatività per Poincaré diven- Figalli ingegneria e tecnologia «non fanno altro
ta presupposto e metodo. Ne è certo Alessio Fi- che trasformare formule matematiche in dispo-
galli, direttore del FIM (Forschungsinstitut für sitivi concreti. Al giorno d’oggi lo vediamo an-
Mathematik) e professore ordinario al diparti- cora di più con l’intelligenza artificiale con cui
Planches, Lucio Del Pezzo,
1972, acrilico su legno e tela, mento di Matematica del Politecnico di Zurigo dialoga la stessa teoria del trasporto ottimale.
collezione privata e medaglia Fields nel 2018 per la teoria del tra- L’intelligenza artificiale si applica al riconosci-
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mento di immagini, e il trasporto ottimale è uno sona. Io posso avere l’intuizione di un prodotto

L’atto creativo veste strumento che permette di decidere quando due


immagini rappresentano la stessa cosa o meno».
ma poi la diligenza di svilupparlo viene deman-
data ad altre persone. Chi lo pensa spesso non è

la materia di poesia Di digital creativity si parla per le composi-


zioni musicali di G.U.P. Alcaro, uno dei maggiori
chi lo ingegnerizza». Quanto vale la creatività,
intesa come scintilla originaria? «Oggi è una
e l’antitesi utile sound designer italiani e premio Ubu nel 2014
per il miglior progetto sonoro o musiche origi-
merce che costa relativamente poco soprattutto
grazie anche agli strumenti informatici. Ci sono
e inutile pare messa nali con “Quartett”. «Il mio lavoro si sviluppa
principalmente dal vivo, come elaborazione del
dei software che permettono a tutti di diventare
geni creativi. Naturalmente non è la creatività
sullo sfondo, senza suono in tempo reale. La tecnologia non mor- dell’artista». Palazzari racconta gli incontri con
tifica la composizione: accorcia i tempi tecnici Enzo Mari, che consigliava di osservare i quadri
la drammaticità di realizzazione, aumenta la velocità e diventa di Caravaggio per capire cosa sia la bellezza o
un vero e proprio strumento attraverso cui re- con Ernesto Gismondi (fondatore di Artemide
storica del mercato alizzare la post-produzione. Con la digitalizza- Group) i cui duri giudizi insegnavano a cercare
zione, inoltre, eliminando il supporto fisico e la bellezza. «Noi lavoriamo su un’innovazione
diminuendo il costo produttivo e distributivo, si estetica e soprattutto per gli occhi delle persone,
produce più musica». per creare qualcosa di nuovo che stimoli la me-
Oggetti matematici, scenografie sonore, moria e che sia armonia innovativa (da questo
specchi archimedei e macchine di Leonardo punto di vista, il design è generoso). L’innovazio-
fino ai robot da cucina o smartwatch sono tech- ne è fondamentale nel nostro mestiere perché è
ne: il manufatto e l’abilità di produrlo, il metodo figlia della differenziazione e dell’avanguardia.
e l’oggetto. Chiedersi se sono anche arte sposta Nello stesso tempo, essendo il nostro un lavoro
il baricentro della questione sull’estensione les- che serve agli esseri umani, tiene conto del mu-
sicale techne come poiesis (creazione) fino alla tamento dei gusti e dei canoni estetici. Bellezza
divaricazione tra estetica delle cose ed estetica non è una parola decadente, è piena di valore.
delle sensazioni. L’estetica delle cose resiste so- Dietro la bellezza di un oggetto c’è un lavoro
prattutto nell’artigianato creativo che è sinoni- di intelligenza. A volte gioca anche la fortuna,
mo di manualità ed è rinato oggi assieme ai bor- a volte i dettagli arrivano in maniera casuale.
ghi: basta visitare le botteghe della lavorazione Quando c’è un limite tecnico da superare, ti con-
dell’alabastro a Volterra o gli atelier di cerami- centri sui dettagli e può venire fuori un oggetto
che da Faenza a Vietri, da Grottaglie a Sorano. più bello di quello originariamente pensato».
O i laboratori a Sperlinga, nel cuore della Sicilia, Conferma G.U.P. Alcaro: «La creazione so-
dove si tessono sui telai di legno tappeti detti nora può essere anche il risultato della riela-
“frassate”. Il filosofo John Dewey in “L’arte come borazione di elementi esistenti che non erano
esperienza” affermava che la differenza tra im- magari mai stati messi in relazione. Se devo rea-
maginazione e tecnica sta nel tipo di materiale lizzare un paesaggio sonoro legato a un ambien-
utilizzato per le proprie creazioni e che già nella te marino, preferisco usare più suoni di altra
Grecia classica la fabbricazione di un utensile provenienza che, giustapposti, nella percezione
o di un suppellettile non escludeva l’attenzione dell’ascoltatore evocano l’immagine del mare».
per l’estetica. Materiale e passione, il binomio La poetessa Patrizia Valduga ha declinato in
con cui Enzo Mari ha declinato l’artigianato in maniera originale lo stile combinatorio di Ray-
design. Uno dei pezzi cult di Mari, teorico dell’a- mond Queneau mescolando avanguardismo e
vanguardia del design, è un centrotavola dise- classicismo. Dice: «La poesia, in quanto arte, è
gnato per Danese nel 1958: la trasparenza del trasformazione di energia psichica, uno stato di
ferro verniciato e un’essenzialità che viene da grazia. La poesia non è che trasformazione della
Fidia, materia e ricerca. materia lingua, una ri-energizzazione che deve
C’è un punto interessante che nasce dalla diventare nuova, e nuova per sempre». Sulla
creazione artigianale e si trasferisce con anco- creatività Valduga è severa. «Detesto la parola
ra più significato nell’industria del design: tra- creatività – spiega – che oggi si considera insita
sformare un progetto in un oggetto. Federico in ogni essere umano. È stata inventata per an-
Palazzari è il proprietario e Ceo di Nemo, uno nientare l’enorme potenziale di trasformazione
degli storici produttori europei di lampade di che l’opera d’arte possiede».
design (Albini, Le Corbusier, Perriand, Nouvel, Alla fine del XIX secolo il movimento Arts
Africa & Levante,
Takahama, Magistretti), designer lui stesso. «La and Crafts di William Morris rilanciò il decora-
Tommaso Cascella,
2022, sculture in acciaio,
creatività è la scintilla iniziale, un esercizio pre- tivismo medioevale, diventando punto di par-
installazione site-specific liminare prima di cominciare in qualche modo tenza oltre che del design industriale anche del
realizzata in occasione a lavorare sul serio, cioè produrre. Nel design in- trionfo del disegno sul materiale. Per estensio-
della giornata del dustriale la creatività è un’armonia di intuizione ne, dell’architettura sull’ingegneria. Se è facile
contemporaneo AMACI
ed estetica che poi devono essere accompagnate comprendere il sorpasso nel campo delle cose
per la mostra Welcome
on Board, sito archeologico
da tantissima diligenza. Volendo quantificare, portatili, diciamo così, più complesso è inqua-
Grancaro, Lago di Bolsena. l’intuizione è il 10% e il resto è diligenza. E dirò drare la competizione quando ci si sposta sulle
Foto di Mario Cozzi di più. A volte non coincidono nella stessa per- grandi opere, sulla progettazione di ambienti.
4.2022 13 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Qui la questione estetica impatta con la mes- troduceva l’idea di esperienza, tutta food, chic metafisiche di Giorgio De Chirico. «Ho sperato
sa in campo di parametri e calcoli, inducendo e industrial. Proseguì con un esperimento af- che chiunque potesse entrare nei negozi sulla
a distinguere tra l’artisticità dell’architetto e fascinante: trasformare Via della Frezza, com- strada – tutti legati da una consequenzialità, da
il tecnicismo dell’ingegnere. È la dimensione passata strada alle spalle del complesso dell’O- un format anche estetico – e trovarvi interesse.
architettonica a prevalere nel risultato finale e spedale San Giacomo, tra Ripetta e il Corso, in Sapevo che non avrebbe prodotto un reddito
nella visione d’insieme come dimostrano sia la un’area urbanistica dove immagazzinare (da immediato. Ma volevo creare un’esperienza.
frontiera dell’ingegneria olistica – che ingloba qui il nome Fondàco, veneziano) oggetti (cose) Forse un vero imprenditore dovrebbe scegliere
la creatività come presupposto progettuale – da tutto il mondo sotto il segno di una distin- considerando quello che si vende». Per Ales-
sia esperimenti urbani come la lighting road in zione che la città ha intrinsecamente smarrito. sandra Marino l’atto creativo veste la materia
Corso Monforte a Milano, dove c’è anche Pa- «L’eleganza – dice Alessandra Marino – è un fat- di poesia e l’antitesi utile e inutile pare messa
lazzari, o Fondàco che provò a trasformare la to culturale che viene fuori dagli studi o dalla sullo sfondo, senza la drammaticità storica del
romana Via della Frezza in una concept street casualità di vivere e di andare in giro. Roma in- mercato. Alla fine, Via della Frezza si è richiu-
grazie alla visione di Alessandra Marino. Archi- segna a guardare in alto, i cornicioni dei palazzi sa in sé stessa, in una malinconia che riflette
tetto, imprenditore (folle, dice lei), editore, Mari- che ti immettono nella testa un’idea di armonia, quella di una città capitale senza entusiasmo. È
no ha creato due iniziative che mescolano arte, di proporzioni, di sequenze». La concept street è rimasto però il bel negozio di dischi in vinile,
architettura e mercato. Cominciò con Gusto, un un manufatto, un’opera di architettura concet- cose (oggetti) che resistono alla tecnologia in
ristorante e wine bar, che in un certo senso in- tuale che in qualche modo le ricordava le piazze costante cambiamento.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 14 4.2022

Natura morta con melone


e uva, Giovanna Garzoni,
1650 ca., pergamena e pittura
a tempera, Museo della
Natura Morta, Villa medicea
di Poggio a Caiano
4.2022 15 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

FRANCESCO SCOTOGNELLA

NIENTE
DI PIÙ PICCOLO
L
a maggior parte dei nostri dispositi- solo alle rivoluzioni legate alle apparecchiature
vi portatili, siano essi laptop, tablet, per il lavoro. Con circuiti integrati relativamente
telefonini o smartwatch, funziona- semplici sono stati costruiti pedali in grado di
no grazie a piccole unità centrali di distorcere il suono di una chitarra elettrica. Ste-
elaborazione (Central Processing vie Ray Vaughan ha usato il circuito integrato
Unit, CPU). Tali unità sono circuiti elettronici JRC4558 di Japan Radio Company, cuore pulsan-
delle dimensioni di pochi millimetri dove si ha te del pedale Tube Screamer di Ibanez, per svi-
un numero enorme di componenti fabbricati su luppare il suo suono inconfondibile. Un circuito
una sola piastrina di semiconduttore. Per fare simile è alla base del Big Muff di Electro Har-
un esempio, il CPU Apple A14 Bionic, il cervello monix, effetto utilizzatissimo da David Gilmour
dell’iPhone 12, ha una dimensione della piastri- dei Pink Floyd e tanti altri chitarristi. E l’uso di
na di 88 mm 2 (essendo tale piastrina quadrata, overdrive e distorsori per chitarre sono piccola
il lato è lungo circa 9,4 mm) e contiene quasi 12 cosa in confronto all’avvento della musica elet-
miliardi di transistor. Il CPU Apple A15 Bionic, tronica. Le ultime rivoluzioni nella musica sono
montato sugli iPhone 13, è il 15% più grande del sicuramente dovute all’introduzione dei circuiti
suo predecessore, con quasi 15 miliardi di tran- integrati.
sistor. Un ulteriore miglioramento è arrivato Tuttavia, la rivoluzione dove il circuito in-
con il recentissimo Apple A16 Bionic degli iPho- tegrato veste il ruolo di protagonista assoluto è
ne 14, con 16 miliardi di transistor. quella informatica. E in questo caso si parla di
Il transistor è il mattoncino alla base di integrazione su scala molto larga di componenti
questi circuiti costituiti da un materiale se- (Very Large Scale Integration, VLSI), quindi di
miconduttore e tre contatti elettrici, capace di microprocessori. La tesi di Federico Faggin, l’in-
amplificare un segnale elettrico o di fare da in- ventore del microprocessore, è che così come il
terruttore per tale segnale. Facendo un sempli- motore ha permesso il passaggio dalla società
ce conto, nell’A14 Bionic troviamo 134 milioni di agricola alla società industriale, il microproces-
transistor per ogni millimetro quadrato. Da qui sore ha permesso il passaggio dalla società indu-
è chiaro il termine microprocessore: un circuito striale alla società informatica. La dimensione
monolitico, o integrato, in cui ogni componente del mercato globale dei microprocessori è stata
ha dimensioni microscopiche. Infatti, la dimen- valutata in 69,23 miliardi di dollari nel 2021.
sione laterale del transistor è di pochi milione- Le industrie leader del settore sono prin-
simi di metro (micrometri), mentre lo spessore cipalmente americane e asiatiche: Intel, AMD,
può essere di pochi miliardesimi di metro (nano- Texas Instruments, Qualcomm, Broadcom, Sam-
metri). Se ne parlerà più avanti. sung ecc. Anche in Europa vi sono attori impor-
Quante sono le rivoluzioni legate allo svilup- tanti nella produzione di microprocessori, come
po dei circuiti integrati? Non dobbiamo pensare la italo-francese STMicroelectronics e la tedesca
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 16 4.2022

Che cos’è e Mosca (Musca domestica) Microprocessore Apple A14

come funziona il
microprocessore. 9-10 mm 9,4 mm

Grande come una


mosca, ma con 1 miliardo di cellule 12 miliardi di transistor

molte più cellule


Infineon. I settori dove sono principalmente im- Il transistor
piegati i microprocessori sono certamente il già Probabilmente il transistor e il laser sono i di-
menzionato settore informatico, con computer e spositivi più importanti sviluppati nel secolo
tablet, il settore della telefonia, con smartphone scorso. I tre ricercatori dei Bell Labs che hanno
che hanno prestazioni ormai quasi paragonabili realizzato il primo prototipo di transistor nel
a quelle di un computer portatile, e quello dell’e- 1947, Walter Brattain, John Bardeen e William
lettronica indossabile, con dispositivi sempre Shockley, hanno ricevuto il premio Nobel per la
più diffusi come gli smartwatch. Tuttavia, i mi- Fisica nel 1956. Il transistor è il mattoncino fon-
croprocessori stanno diventando importanti per damentale per la fabbricazione dei microproces-
i diversi dispositivi che troviamo in automobili e sori. È basato su un materiale semiconduttore,
macchinari industriali via via più “intelligenti”. nella maggior parte dei casi silicio (ma può es-
Questi enormi settori come quelli automotive sere anche arseniuro di gallio o altri elementi
e dell’attrezzatura industriale sono diventati o leghe più esotici), che fa passare corrente tra
sempre più dipendenti dalla produzione di mi- due contatti metallici in maniera controllata,
croprocessori. Lo vediamo in questi ultimi mesi mediante l’uso di un terzo contatto metallico, e
con la crisi delle produzioni asiatiche che sta amplificata. Una configurazione semplice e intu-
mettendo in ginocchio la produzione di automo- itiva potrebbe essere questa: i primi due contatti
bili (soprattutto negli Stati Uniti e in Europa) e si trovano ai capi dello strato di silicio; il terzo è
la conseguente volontà dell’amministrazione sotto il silicio mentre un controllo della tensione
americana e dell’Unione europea di puntare elettrica permette o blocca il passaggio delle ca-
con forza su un potenziamento della produzio- riche elettriche tra i primi due. Questo controllo
ne di microprocessori. Per sottolineare quanto attivo della corrente permette di lavorare molto
determinanti siano le risorse messe in campo facilmente con un sistema binario. Per esempio,
è stato riportato che il 9 agosto 2022 Joe Biden si può associare l’interruttore spento a uno 0 e
ha firmato il Chips and Science Act, un piano da l’interruttore acceso a un 1.
52 miliardi di dollari per incrementare la produ- Le dimensioni laterali di un transistor sono
zione di chip negli Stati Uniti. Nel febbraio del ormai di pochi micrometri (milionesimi di me-
2022 la Commissione europea ha firmato il Chips tro). Ma è lo spessore il parametro assolutamen-
Act, un piano analogo a quello statunitense, da te rimarchevole. Esistono transistor dove il ma-
43 miliardi di euro. In Europa, si vedono diversi teriale attivo è un monostrato di atomi di silicio,
tipi di azioni. Da un lato, si sta investendo molto il silicene, oppure è uno strato quasi monoato-
sulle aziende europee per raggiungere una sor- mico di disolfuro di molibdeno (circa tre strati
ta di “sovranità elettronica”: la tedesca Infineon atomici). Questi transistor sono ancora oggetto
è trainata dal forte bisogno di microprocessore di studi accademici, ma con buona probabilità
del settore automobilistico, mentre la italo-fran- saranno disponibili in commercio tra pochi anni.
cese STMicrolectronics sta ultimando in questi
mesi il nuovo stabilimento di Agrate Brianza, R3, La CPU
che permetterà di fabbricare wafer di silicio del Per CPU (Central Processing Unit, unità centra-
diametro di 300 mm, consentendo di aumentare le di elaborazione) s’intende il microprocessore
significativamente la produzione di micropro- che fa funzionare un computer, un tablet, uno
cessori. Dall’altro, grandi aziende statunitensi smartphone ecc. In essa i milioni o miliardi di
si stanno muovendo in Europa, come Intel che transistor cooperano per eseguire programmi
↗ Mosca (musca domestica): ↗↗ Prevalenze, le mosche investirà 80 miliardi di dollari in industrie sul o applicazioni. Nel suo funzionamento, la CPU
circa un miliardo di cellule impossibili, Antonio territorio europeo, tra cui Italia e Germania. acquisisce i dati da una memoria (fetching), de-
e una lunghezza di 9-10 mm. Scaccabarozzi, 1977, Per capire come funziona un microprocessore termina quale operazione eseguire (decoding),
Apple A14: circa 12 miliardi acrilico su carta
è necessario parlare dei transistor. Usando forse esegue l’operazione mediante calcoli matemati-
di transistor e una
dimensione laterale di
una impropria analogia con un organismo, si po- ci (executing), scrive nella memoria il risultato
9,4 mm. Elaborazione trebbe dire che i transistor sono le cellule di un (write back). Un microprocessore con velocità
grafica Vertigo Design, 2022 microprocessore. di clock di 3 GHz esegue tre miliardi di cicli al
4.2022 17 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

secondo. In base alle istruzioni, in un ciclo si pos-


sono eseguire più istruzioni, oppure un’istruzio-
ne può richiedere più cicli.

Oltre la CPU: il computer quantistico


Negli ultimi anni, dal 2019, alcune aziende come
IBM commercializzano i computer quantistici.
Per l’informatica è un cambio di paradigma, per-
ché dal circuito integrato basato sui transistor
funzionanti come interruttori si passa a disposi-
tivi in grado di possedere un numero potenzial-
mente infinito di stati, permettendo così opera-
zioni non basate sulla semplice logica binaria.
Come detto sopra, nel microprocessore il transi-
stor funge da interruttore e questo interruttore
può essere acceso o spento; misurando il suo
comportamento elettrico, un transistor spento è
associato a un valore uguale a 0, mentre un tran-
sistor acceso è associato a un valore uguale a 1.
Tutte le informazioni in un computer, dai sempli-
ci caratteri alfanumerici a oggetti più complessi,
sono rappresentate da serie di 0 e 1 (logica boo-
leana). Se si sostituisce il transistor con un altro
oggetto, sia esso un atomo o una molecola, è pos-
sibile sfruttare alcune proprietà atomiche o mo-
lecolari, come per esempio il momento magnetico
nucleare (correlabile alla direzione di rotazione di
protoni e neutroni, dell’atomo o atomi, attorno al
proprio asse). In meccanica quantistica, tale pro-
prietà non è caratterizzata dalla coppia di valori
0 o 1, ma da un numero potenzialmente infinito
di combinazioni di tale direzione (bit quantistico
o quantum bit). Quindi, se la capacità di calcolo sistema particolarmente vincolanti, come per di presentazioni e fogli di calcolo, riunioni in re-
basata sui transistor aumenta linearmente in esempio le bassissime temperature, molto vicine moto e realizzazione di contenuti multimediali
relazione al numero di transistor (una coppia di allo zero assoluto (-273,15 °C). Inoltre, l’approccio si continueranno a usare con tutta probabilità
valori 0/1 per ogni transistor), la capacità di cal- tecnologico utilizzato sinora consente l’utilizzo, computer basati sui transistor, mentre per opera-
colo dei bit quantistici cresce esponenzialmente in un singolo computer, di un numero limitato, zioni come i problemi di ottimizzazione, l’analisi
aumentando il numero di bit. Tuttavia, tale ca- circa un centinaio, di bit quantistici. Per le atti- dei dati e le simulazioni si prediligerà l’utilizzo
pacità di calcolo necessita di caratteristiche del vità quotidiane come la scrittura, preparazione dei computer quantistici.

mi dell’elemento disposti ordinatamente in una do una mascherina al fine di disegnare sul wafer

Come si fabbrica sola struttura cristallina. Il metodo più utilizzato di silicio lo schema del circuito opportuno. Le

un microprocessore
per ottenere il silicio monocristallino è il processo zone esposte alla luce verranno disciolte con op-
Czochralski, che consiste nella rotazione e al con- portuni solventi. In questo modo una parte del
tempo nell’innalzamento di un piccolo cristallo silicio è esposta, mentre l’altra è ancora coper-
purissimo di silicio parzialmente immerso nel sili- ta di materiale fotosensibile. La parte di silicio
I transistor facenti parte di una CPU sono costru- cio fuso; in tale processo il silicio solidifica con tutti esposta viene bombardata da ioni di determi-
iti su piastrine (die) di silicio. Il silicio è l’elemento gli atomi orientati seguendo il cristallo iniziale. nati elementi. Gli ioni si infilano nella struttura
che domina l’industria dell’elettronica e per nostra Successivamente il lingotto viene tagliato in di- cristallina del silicio cambiandone le proprietà
fortuna è molto abbondante sulla Terra. Si parte schi (wafer) che vengono puliti fino a che la su- elettriche. Immergendo in solfato di rame le
dal biossido di silicio, presente nella maggior par- perficie non si presenta priva di difetti. Per man- strutture fabbricate, si rivestono con una co-
te delle sabbie del pianeta, e scaldandolo ad alta tenere tutto il processo il più pulito possibile si pertura conduttiva le parti attive di silicio. Suc-
temperatura in fornaci elettriche con elettrodi di lavora in camere bianche, dove il livello di partico- cessivamente si collegano i diversi elementi di
carbonio si ottiene silicio e monossido di carbonio. lato è molto basso. Per fare un esempio, mentre in silicio attivi, i transistor, con filamenti metallici
Il grado di purezza richiesto per le applicazioni un ufficio pubblico ci sono 4-5 milioni di particel- che li connettono elettricamente secondo uno
elettroniche è molto elevato: è necessario che non le grandi mezzo micrometro ogni metro cubo, in schema opportunamente ingegnerizzato. Infine,
sia presente più di un’impurezza (i.e. atomo di altro una camera bianca per produzione di silicio ce ne il circuito integrato viene posizionato in un al-
elemento) ogni dieci miliardi di atomi di silicio. È sono al massimo poche centinaia per metro cubo. loggio dove è collegato all’alimentazione e viene
inoltre necessario che il silicio sia monocristallino, Il wafer viene rivestito di materiale fotosensibile coperto da un dissipatore di calore per limitare il
ossia che il “lingotto” prodotto presenti tutti gli ato- e viene esposto alla luce ultravioletta utilizzan- surriscaldamento.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 18 4.2022

GUIDO FONTANELLI

TUTTO NACQUE
CON SPUTNIK
Com’è fatto un

D
satellite e a che cosa a 1 a 5000 in 65 anni. Da quando nel 1957 è stato lanciato
in orbita lo Sputnik, lo spazio intorno alla Terra si è popola-
serve. Perché il to di decine, e poi centinaia e poi ancora migliaia di oggetti
costruiti dall’uomo. Sono i satelliti artificiali: i primi furo-
mercato globale no creati per scopi scientifici, per studiare gli strati più alti

si avvia verso i 1000 dell’atmosfera e la ionosfera. Avevano una forma sferica o di un piccolo
razzo e montavano un sistema radio con antenne per comunicare con la

miliardi di dollari base a terra. Poi le forme e le dimensioni si sono evolute: oggi prevale il
parallelepipedo e a bordo ci possono essere telecamere di vario genere, si-

entro il 2030 stemi di trasmissione estremamente avanzati, piccoli razzi per effettuare
modifiche della rotta o dell’orbita, ruote giroscopiche per mantenere la po-
sizione. I satelliti possono essere molto piccoli, con una larghezza di appe-
na 10 centimetri, oppure raggiungere i 50 metri compresa l’apertura alare
dei pannelli fotovoltaici che si attivano dopo l’arrivo in orbita. Sono infatti
alimentati con l’energia solare o, in alcuni casi, con generatori nucleari. I
satelliti per le telecomunicazioni possono pesare più di 6 tonnellate.
Lanciati da razzi vettori, i satelliti vengono piazzati in orbite che va-
riano da quelle basse – tra i 200 e i 1200 chilometri di altezza – a quelle
geostazionarie, a 35.000 chilometri. Oggi i satelliti ci permettono di tele-
fonare, navigare su internet o guardare la TV; forniscono dati e immagi-
ni fondamentali per le previsioni del tempo; osservano costantemente il
suolo per sorvegliarne i mutamenti e per valutare lo stato di salute del
pianeta; determinano la nostra posizione con un margine di errore di
pochi metri (per farlo gli smartphone ricevono il segnale di almeno tre
satelliti). E, naturalmente, consentono agli Stati che investono in tecnolo-
gie evolute di beneficiare dei vantaggi di una superiorità informativa nel
settore della difesa.
Fino al principio del nuovo secolo i satelliti erano percepiti come og-
getti lontani, non solo fisicamente ma anche idealmente, con cui avevamo
ben poco a che fare, gestiti da remoti enti pubblici come l’americana NASA
o l’europea ESA. Poi questa distanza si è via via ridotta e oggi il satellite è
entrato nella vita quotidiana e nelle nostre tasche: ogni volta che consul-
tiamo una mappa o una previsione meteo sullo smartphone interagiamo
con gli eredi di Sputnik.
Tutto incominciò in una base spaziale sperduta nell’Asia centrale. Era
il 4 ottobre del 1957 e alle 19:28 di quella storica giornata da una rampa
del cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, venne lanciato un razzo che
4.2022 19 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Doppia pagina di dedica al A destra: collage con


lancio del primo Sputnik. composizione tipografica
A sinistra: Rayograph, libera. Al primo satellite
Man Ray, 1922. dell’uomo, Gastone Novelli,
La silhouette della trottola Achille Perilli, Man Ray,
allude alla forma del satellite in “L’Esperienza moderna”,
che all’epoca non era 3-4/1957, fondo librario
ancora nota, mancando Archivio di Nuova Scrittura,
una documentazione Archivio del ’900, Mart,
fotografica specifica. Rovereto
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 20 4.2022

conteneva una sfera di metallo del diametro di no attivi 4852: il grosso, 2944, appartengono agli
58 centimetri, pesante 83,6 chili, con quattro an- Stati Uniti. Si tratta del numero di gran lunga
tenne radio esterne. Era lo Sputnik. Rimase in più alto di qualsiasi altro paese. Il concorren-
orbita per tre settimane prima che le sue batte- te più prossimo, la Cina, ne conta circa 500. Ma
rie si esaurissero. Continuò a orbitare per altri sono numeri in continuo aumento. Una cre-
due mesi e poi rientrò nell’atmosfera distrug- scita dovuta soprattutto ai privati. Il graduale
gendosi. ingresso delle aziende nel mondo dei satelliti è
Era iniziata la corsa allo spazio. Gli ame- iniziato negli anni Settanta, favorito dai cam-
ricani, impressionati dal successo sovietico, biamenti tecnologici e dalle strategie politiche.
risposero quattro mesi dopo con il loro primo La rapida crescita dell’industria informatica e
satellite, l’Explorer I. E poi altri paesi seguirono della digitalizzazione ha avuto un impatto sia
la rotta delle due superpotenze e vararono dei sulla produzione di infrastrutture satellitari
The Grandfather Platform, programmi di ricerca spaziale. L’Italia fu tra i sia sulle applicazioni spaziali a valle, facili-
753 a.C.-2018 d.C., Luca Pozzi, primi: il 15 dicembre 1964 fu lanciato in orbita tandone la commercializzazione. Nel gennaio
2018, tappeto serigrafato
il San Marco 1 e così il nostro diventò il quinto 1970, con la politica “Open Skies”, gli Stati Uniti
da collage digitale.
Da destra a sinistra:
paese a progettare e mettere in orbita un satelli- hanno permesso a qualsiasi azienda qualifi-
Sleeping Muse di te artificiale dopo Unione Sovietica, Stati Uniti, cata di lanciare un satellite di comunicazione,
Constantin Brâncuși; Regno Unito e Canada. Il San Marco 1 effettuò la incoraggiando la rapida crescita delle attività
LISA interferometer (ESA); misurazione della densità atmosferica tra i 180 private di telecomunicazione e trasmissione
telescopio spaziale Fermi
e i 350 chilometri di altitudine ed eseguì esperi- satellitare.
(INFN, NASA); The Golden
Record (Voyager, NASA);
menti sulla ionosfera terrestre. Ma il boom è arrivato con l’avvento del nuo-
esperimento Gaia Da allora sono stati lanciati oltre 5000 sa- vo millennio. Nel 2019 il fatturato dell’economia
e Missione Rosetta (ESA) telliti artificiali. Al 1° gennaio 2022 ne risultava- spaziale ha raggiunto i 424 miliardi di dollari,
4.2022 21 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

di cui due terzi rappresentati dalle applicazioni tre tre big four, Google, Facebook e Apple, stan-
commerciali e il resto dalle commesse militari no investendo sempre più nel settore.
e istituzionali. Tra i fattori che hanno favorito Il caso più interessante è comunque quello
questo incremento c’è stata l’introduzione di della SpaceX di Musk. Con sede in California e
satelliti di piccole dimensioni, più economici. costituita nel 2002, SpaceX ha l’obiettivo di cre-
Parallelamente si sono abbattuti i costi d’in- are le tecnologie per ridurre i costi dell’accesso
gresso. La NASA è passata da un sistema di allo spazio e permettere la colonizzazione di
accesso alla Stazione spaziale internazionale Marte. Uno dei suoi più grandi risultati è stato
gestito dal governo a uno in cui il trasporto di creare una generazione di razzi che tornano
merci e persone si affida a società private, ov- sulla Terra dopo il lancio per essere riutilizzati,
viamente sotto contratto e controllo dell’agen- abbassando così in modo radicale i costi delle
zia americana, eliminando così il monopolio missioni.
di Lockheed Martin e Boeing. Di conseguenza, Non solo. Nell’ottobre del 2018 SpaceX è sta-
sono stati compiuti progressi significativi nella ta autorizzata dalla Federal Communications
progettazione e nello sviluppo di veicoli di lan- Commission (FCC) al collocamento in orbita
cio economicamente vantaggiosi. bassa di una costellazione di satelliti nell’am-
Il risultato è l’avanzata di nuovi protagoni- bito del progetto Starlink, per l’accesso a inter-
sti. Tra gli imprenditori più ambiziosi a livello net satellitare globale in banda larga a bassa
mondiale vanno ricordati sicuramente Elon latenza (l’indicatore di velocità di un sistema
Musk, cofondatore e capo di Tesla, creatore di di tlc). La costellazione Starlink sarà costituita
SpaceX; Jeff Bezos, proprietario di Amazon e da migliaia di satelliti miniaturizzati: con il lan- Artistic view di Eutelsat
fondatore di Blue Origin; e Richard Branson con cio da Cape Canaveral il 5 settembre 2022 di un Konnect Vhts, Thales Alenia
Virgin Galactic. Accanto ad Amazon anche le al- razzo Falcon 9 con a bordo 51 satelliti, sono 40 le Space, 12 luglio 2022
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 22 4.2022

missioni effettuate nel corso dell’anno dalla so- Lo spazio offre enormi opportunità per le

L’Italia è uno dei cietà di Musk e i suoi oggetti spaziali in orbita


intorno alla Terra sono 3259. Ma l’obiettivo fina-
imprese. «Già oggi moltissimi servizi sono a
nostra disposizione grazie ai satelliti, dalla na-

pochi paesi al mondo le è arrivare al numero stratosferico di 41.493 sa-


telliti. Oggi un cittadino italiano può abbonarsi
vigazione alle comunicazioni, al meteo» sotto-
linea Marco Brancati, head of Innovation and

che può vantare ai servizi di Starlink e navigare sul web grazie


ai suoi satelliti.
Technological Governance del gruppo Telespa-
zio. «Ma grazie a tecnologie non native del set-
un budget per lo Anche l’Europa è presente nella corsa all’ac-
cesso via satellite a internet: nella notte tra il 7 e
tore spaziale, come per esempio l’intelligenza
artificiale e la cybersecurity, stanno nascendo
spazio di oltre un l’8 settembre 2022 è stato lanciato in orbita l’Eu-
telsat Konnect Vhts, un satellite di nuova gene-
molti servizi di nuova generazione». Brancati si
riferisce al digital twin, ovvero la creazione di
miliardo di dollari ed razione che fornirà connettività mobile e a banda un modello digitale di un fenomeno del quale,
larga ad alta velocità per colmare il divario digi- grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale,
è il terzo contributore tale in Europa. È stato realizzato da Thales Alenia possiamo studiare le evoluzioni. «Possiamo re-
Space, una joint venture tra Thales e Leonardo. alizzare un modello digitale della Terra ripro-
dell’ESA «Sono molto orgoglioso del successo del lancio di ducendone certi fenomeni ambientali: grazie
Konnect, un gioiello tecnologico frutto della no- all’intelligenza artificiale possiamo far andare
stra lunga collaborazione con Eutelsat» ha com- avanti nel tempo la Terra gemella digitale e os-
mentato Hervé Derrey, presidente e Ceo di Thales servare in anticipo il comportamento di even-
Alenia Space. «Eutelsat Konnect Vhts incarna la tuali eventi estremi. Oppure capire se un certo
nostra visione Space for Life, offrendo ai cittadi- terreno in futuro sarà meno produttivo e se
ni europei una connettività a banda larga senza magari converrà destinarlo a una coltivazione
precedenti, ovunque si trovino, raggiungendo l’o- diversa».
biettivo di 100 Mbps per utente. Non ci saranno Un altro filone è quello delle comunicazio-
più luoghi privi di banda larga». ni quantistiche: oggi i computer sono sempre
Un’altra importante novità è stata annun- più potenti, anche quelli in mano agli hacker,
ciata da Apple nel 2022, durante la presentazione e di conseguenza le chiavi di protezione crit-
dei nuovi iPhone 14: è la connessione satellitare tografiche sono meno sicure. Perciò si stanno
per messaggi di emergenza. I tecnici della casa studiando chiavi che sfruttano la trasmissio-
americana hanno inserito negli smartphone ne quantistica e che si basano sullo stato dei
delle antenne compatibili con i satelliti per in- fotoni: se alla destinazione di una trasmissio-
viare e ricevere velocemente avvisi di emergen- ne lo stato dei fotoni utilizzati per la trasmis-
za. Apple parla di 15 secondi di latenza dall’invio sione delle chiavi quantistiche risulta alterato,
alla ricezione, dovunque ci si trovi. L’innovazio- c’è stata un’intercettazione. La connettività
ne, che proietta la Apple nel mondo delle teleco- quantistica è molto sicura e via satellite fun-
municazioni, è il frutto della collaborazione con ziona bene, meglio che in qualunque condut-
Globalstar, società americana di comunicazioni tore a terra.
che gestisce una costellazione di 24 satelliti. «Un ulteriore trend è quello della gestione
Tutto questo ha generato una nuova eco- dei rifiuti spaziali» aggiunge Brancati. In effet-
nomia che per alcuni potrebbe diventare im- ti dall’inizio dell’avventura spaziale sono state
portante quanto quella digitale. Secondo gli prodotte circa 100 tonnellate di detriti che sono
analisti, il mercato spaziale potrebbe superare ancora in orbita: oggetti anche piccoli ma che
i 1000 miliardi di dollari entro il 2030. E l’Ita- viaggiando oltre i 28.000 chilometri orari pos-
lia gioca un ruolo significativo grazie a grandi sono danneggiare i satelliti in servizio. «Una
player come Leonardo (con Alenia Space e Tele- prima attività è quella di catalogare i detriti e
spazio) e tante piccole e medie imprese. L’Italia individuare l’orbita di ciascuno. Poi occorre cre-
è uno dei pochi paesi al mondo che può vantare are dei servizi per la rimozione dei rifiuti. A quel
un budget per lo spazio di oltre un miliardo di punto si può pensare al rifornimento in orbita
dollari ed è il terzo contributore dell’ESA con di satelliti che possono essere rimessi in atti-
2,3 miliardi di euro dopo Francia e Germania. È vità, oppure a riparare e riassemblare satelliti
anche uno dei pochissimi paesi ad avere una fi- danneggiati». Oggi le leggi internazionali im-
liera completa su tutto il ciclo, dall’accesso allo pongono ancora che un satellite debba rientra-
spazio alla manifattura, dai servizi per i consu- re sulla Terra entro 25 anni dal suo fine vita, ma
matori ai poli universitari e di ricerca. Secondo l’intenzione è di ridurre questo lasso di tempo
un documento elaborato dal ministero dello a 5 anni.
Sviluppo economico intitolato “L’industria Anche la Luna rappresenta una frontiera
italiana dello spazio. Ieri, oggi e domani” nel per la new economy spaziale: saranno infatti
settore spaziale operano all’incirca 200 azien- necessari satelliti di comunicazione e di navi-
de con un fatturato annuo di circa 2 miliardi di gazione per permettere di governare da remoto
Fotografia utilizzata per la
euro. Lo spazio è entrato anche nel PNRR che i robot piazzati sul suolo lunare. E successiva-
locandina del film The Dish, prevede oltre due miliardi di investimenti per mente, per comunicare con gli astronauti su
di Rob Sitch, 2000 la space economy. Base Luna.
4.2022 23 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 24 4.2022
4.2022 25 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

NICOLA MIRENZI

STORIA
POLITICA DELLE
SNEAKERS
Nascita del più

N
identitario degli el 1990 in North Carolina, lo esploso politicamente qualche tempo prima nel
Stato in cui Michael Jordan era segno dell’antagonismo dei neri americani.
oggetti moderni. nato, si sfidarono per il seggio Inventate nella prima metà dell’Ottocento
al Senato il democratico Harvey da Wait Webster, il primo a cui venne l’idea di
Scarpe che parlano Gantt, afroamericano impegna- unire la suola di gomma alle calzature in pelle

di noi, interclassisti, to nella lotta alla discriminazione razziale, e il


repubblicano uscente, Jesse Helms, senatore
(con risultati, all’epoca, terribili), le sneakers
arrivarono ai piedi di alcuni atleti fenomenali,

no genderisti, che aveva sempre esibito il proprio disprezzo


per le rivendicazioni dei neri americani come
il tennista Fred Perry nel 1929, il velocista afro-
americano Jesse Owens, che le calzò alle Olim-

ambientalisti una medaglia. Da sei anni Michael Jordan era la


stella dei Chicago Bulls, nominato miglior gio-
piadi del 1936, a Berlino, quattro medaglie d’oro
molto indigeste per Adolf Hitler e per la regista
catore del campionato di basket più importante dell’evento Leni Riefenstahl.
del mondo, l’NBA, e primo atleta intorno a cui Nel 1917 erano state create le Pro-Keds. Furo-
la Nike aveva costruito un marchio autonomo no le antenate di quelle che sarebbero diventate
all’interno del suo impero dell’abbigliamento e le prime sneakers sbarcate dal mondo del basket
degli accessori sportivi, l’Air Jordan, dal nome al mercato popolare: le All Star della Converse,
delle scarpe a lui ispirate, lanciate nel 1985 e di- che nel 1968 coprivano l’80% del mercato ameri-
ventate immediatamente uno dei successi com- cano delle scarpe da ginnastica. La nascita del
merciali più fenomenali della storia del settore. fenomeno politico delle sneakers comincia in
In molti, durante quella campagna elettorale, quegli anni, ed esplode nel decennio successivo,
chiesero a Jordan di schierarsi dalla parte del gli anni Settanta. Il centro è New York. La città
candidato democratico, o quantomeno di espri- in quegli anni era precipitata nell’incubo della
mersi contro il suo avversario, un personaggio bancarotta economica, infestata dalle disegua-
che faceva paura per le sue posizioni razziali. glianze e dalla criminalità. Come in centinaia
Jordan, però, resistette a tutte le pressioni. An- di campetti della East Coast, al campo da basket
che a quelle della madre. E un giorno motivò il del Rucker Park di Harlem, si radunavano folle
suo no con una frase divenuta celebre quanto di persone per assistere alle partite di strada. Ai
l’I have a dream di Martin Luther King. «An- piedi gli spettatori avevano le stesse scarpe che
che i repubblicani comprano scarpe», disse. La indossavano i giocatori in campo. Erano per lo
L’impero della perfezione, dichiarazione elevava le sneakers al di sopra di più ragazzi neri dei quartieri poveri della città.
di Julien Faraut, 2018 ogni credo politico, sebbene il fenomeno fosse Ascoltavano musica hip hop. Erano incazzati
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 26 4.2022

con la società che li aveva relegati ai margini. Ce


l’avevano con i bianchi, e nella competizione gio-
vanile li sfidavano sul piano simbolico. Le scarpe
erano uno dei terreni del confronto. Comprate
con pochi soldi, venivano personalizzate con lac-
ci colorati e disegni. Poi le lavavano e le disegna-
vano di nuovo. Così le sneakers smisero di essere
solo scarpe e diventarono un oggetto che rac-
chiudeva un universo di valori, lotta di classe e
di razza, Marx e Malcom X. Un accessorio neces-
sario nell’uniforme di chi era schierato contro il
mainstream. Ma anche un indumento che defi-
niva uno status. Indossarle elevava alla coolness,
la figaggine. «È dai neri che nasce la sottocultura
delle sneakers», dice Bobbito Garcia, autore di
una storia della cultura sneaker dal 1960 al 1987.
Prima di Michael Jordan, le grandi azien-
de di sneakers avevano stipulato dei contratti
con testimonial d’eccezione. Il tennista John
McEnroe firmò con la Nike ed entrò in campo
a Wimbledon con delle scarpe bianche e nere,
contravvenendo alle regole del torneo che esi-
geva i tennisti vestiti solo di bianco candido. La
Nike aveva puntato su McEnroe proprio per la
sua indole ribelle, il suo talento a trasgredire le
regole del senso comune. La campagna pubbli-
citaria che consacrò l’unione tra il tennista e la
Nike lo ritraeva mentre si allontanava da Times
Square, in una giornata tremendamente piovosa
per New York, avvolto in un lunghissimo trench
nero, sotto il quale spuntavano le sue sneakers.
E ancora sotto, una scritta: “Rebel with a cause”.
L’antagonismo apparteneva anche all’immagine
del primo testimonial di sneakers scelto fuori dal in cui la sottocultura che le aveva generate di- L’uomo che alla fine del primo decennio de-
mondo dello sport. Si trattava del gruppo hip hop venta mainstream. Patrimonio di tutti. Senza gli anni Duemila ha reinventato le sneakers si
Run-DMC che firmò un contratto con l’Adidas più conflitto. Senza battaglie identitarie né po- chiama Kanye West. Musicista rap di successo,
per un milione di dollari nel 1986. E anche con litiche. Scarpe acquistate dai democratici e dai un matrimonio con Kim Kardashian poi nau-
Michael Jordan funzionò l’elemento della ribel- repubblicani, appunto. Un oggetto dell’anticon- fragato, un’ospedalizzazione nel 2016 per ragio-
lione. Ma solo all’inizio. Poi, le cose cambiarono formismo di massa. ni psichiatriche, una ostentata simpatia per Do-
radicalmente. Nella mostra “Sneakers Unboxed”, tenu- nald Trump. Da ragazzo, West passava diverse
Le Air Jordan One vennero lanciate sul tasi al Design Museum di Londra (visitabile ore a scuola a disegnare scarpe e dipingere sulle
mercato nel 1985. I colori – bianco, rosso e nero – anche online al prezzo di 5,75 euro) si racconta sneakers, invece di seguire le lezioni. Figlio di
richiamavano quelli dei Chicago Bulls. L’NBA che l’esplosione delle Air Jordan fece emergere una insegnante universitaria e di una ex Black
però proibiva di indossare scarpe colorate, così nel grande mercato parecchie altre nicchie del Panther che amava le corse d’auto, West si in-
vietò a Jordan di entrare con quelle scarpe in mondo sneaker. Riedizioni, restyling, nuovi pro- namorò delle Lamborghini seguendo il padre
campo. Ma Michael Jordan si rifiutò di obbedire dotti. Tra le altre, uscirono allo scoperto le snea- nelle gare motoristiche. Quando nel 2009 cre-
al divieto e preferì andare incontro a una multa kers che si usavano per fare skateboard, dotate erà insieme alla Nike il suo marchio di scarpe
di 5000 dollari a partita. E siccome nel capita- di suole più alte delle altre per resistere agli urti Yeezy dirà che l’ambizione dei suoi prodotti è
lismo non si butta via niente, la Nike pagava le e alle abrasioni, come le Vans. Ma le aziende si quella di farne «le Lamborghini delle sneakers».
sanzioni, e pubblicizzò le sneakers come un’ar- lanciarono anche in una grande ricerca tecno- L’invenzione di Kayne West nel mondo delle
ma di trasgressione con la frase “proibite dalla logica. Nike inventò una suola con una camera sneakers è l’esclusività. Aste riservate, l’uso
NBA” come slogan pubblicitario. Il successo del- d’aria, il sistema air. L’Asics il gel. L’Adidas un dei social per la presentazione centellinata dei
le Air Jordan fu immediato. Non paragonabile a complesso sistema di boost foam. Le sneakers, prodotti in lancio, la vendita online a numero
nessun’altra sneaker venduta prima. E nemme- si racconta ancora nella mostra, fecero un al- chiuso. Nell’abbigliamento, le sue scarpe rap-
no dopo. Jordan era un atleta che incarnava la tro salto: entrarono nei capi di abbigliamento presentano l’equivalente di quello che sono le
forza, il potere, lo status, la ricchezza, l’elegan- dell’alta moda. Firmate da prestigiosi fashion Tesla di Elon Musk nel settore automobilistico:
za. Tutto quello che un ragazzo voleva avere ed designer e artisti. Oggi ce ne sono firmate da un territorio di innovazione, una metafora del-
essere. Nero o bianco. Ricco o povero. Al centro Gucci e Balenciaga. E tutti i marchi di scarpe la modernizzazione dei consumi. La sua teoria
o al margine della società. Il sociologo Yuniya dello sport fashion da Hogan a Carshoe hanno è che il mercato delle scarpe sia ormai talmente
Kawamura nel suo libro “Sneakers. Fashion, dovuto editare dei modelli in grado di tenere te- congestionato che ciò che fa guadagnare non
Gender and Subculture” sostiene che con le Air sta al premium Adidas e Nike. Come un mercato è più la grande disponibilità del bene, bensì la
Jordan inizia la seconda era delle sneakers. L’era dell’auto, ma adattato ai piedi. scarsità. Dopo aver rotto con la Nike, nel 2013
4.2022 27 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Kanye West firma un contratto con l’Adidas, anni il core business è stato quello degli uomini.
ottenendo la proprietà esclusiva del marchio Si è sviluppato anche un mercato secondario,
Yeezy. Yeezy è una contrazione del diminutivo con collezionisti disposti a spendere parecchi
che Jay-Z gli dava, Kayneyeezy, ma è anche il soldi su siti come StockX (il fenomeno è talmen-
diminutivo del titolo di un disco pubblicato da te ampio che Netflix ha dedicato loro una serie
Kayne West: “Yeezus”, dal sapore spavaldamen- televisiva, “Sneakerheads”).
te cristologico, giacché West coltiva anche fan- Oggi è l’ecosostenibilità l’ultimo terreno del-
tasie di redenzione pubblica. Per diverso tempo, la ricerca. Le giovani generazioni sono sempre
si è favoleggiato di una sua discesa in campo più sensibili al tema ambientale. Così le aziende
politica, come espressione di un trumpismo studiano soluzioni che possano ridurre l’impat-
afroamericano. All’inizio di settembre, l’Adidas to inquinante dei prodotti. Adidas ha firmato
ha rescisso il suo contratto per alcune dichia- con Parley una partnership per l’uso della pla-
razioni antisemite che ha rilasciato e anche per stica riciclata dai mari. La Nike crea le suole kra-
aver indossato una t-shirt in cui faceva il verso ter dagli scarti della propria linea di produzione.
allo slogan di Black Lives Matter, il movimento Salomon ha inventato un sistema di upcycling
contro le violenze della polizia sugli afroameri- – già molto imitato – attraverso il quale chi ac-
cani. “White Lives Matter” aveva scritto lui sulla quista una nuova sneaker restituisce quella vec-
maglietta, proclamando che la vita dei bianchi chia che sarà decostruita e riutilizzata. Anche
conta come la sua, che invece è nero. Adidas sta costruendo un meccanismo simile:
Sulle pagine culturali del “Financial Times” scarpe ecologiche e riciclabili, come le vecchie
è stato recentemente decretato l’inizio dell’“era bottiglie in vetro ai tempi del vuoto a perdere.
post sneaker”. Invece di indossare delle scarpe Così dopo una lunga stagione di spoliticizzazio-
da ginnastica sotto un capo elegante, un nume- ne, iniziata con la dichiarazione di Jordan sulle
ro crescente di giovani tende a fare il contrario: scarpe e i repubblicani, potrebbe iniziarne un’al-
scarpa elegante sotto indumenti sportivi. Ma tra in cui l’acquisto diventa una declinazione
le sneakers resistono. Niente si crea, niente si della militanza per fermare i cambiamenti cli-
distrugge, tutto si trasforma. Il mercato delle matici e ridurre l’inquinamento. Una scelta eti-
Untitled V, Andreas Gursky,
sneakers sta cercando nuove strade evolutive. ca. Un consumismo consapevole. Sneakers dal 1997, stampa cromogenica a
Ha allargato il mercato alle donne, dopo che per volto umano. colori montata su plexiglas
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 28 4.2022

FRANCESCO PONTORNO

500.000 LEGHE
SOTTO I MARI
Che cosa c’è da

S
sapere sui cavi di ono i cordoni ombelicali della co- Regno Unito e Danimarca aprono la strada alle
municazione globale. Invisibili, comunicazioni transatlantiche; Spagna e Porto-
trasmissione dati che senza bandiera, oggetto di pro- gallo sono la via per collegare l’Europa all’Africa
prietà opache, nevralgici. Tenta- e Singapore è il legante delle regioni asiatiche
sono posati sui fondali coli lunghi migliaia di chilometri con quelle dell’Oceano Indiano.

marini. Geopolitica, che si insinuano nelle già complesse regolamen-


tazioni degli oceani e di internet. Sono i cavi
L’installazione dei primi cavi sottomarini
data alla metà del XIX secolo. Strumenti, scena-

informazioni e sottomarini per le telecomunicazioni (distinti


da quelli dell’energia elettrica), infrastrutture
ri e operazioni concepiti da visionari che hanno
contribuito allo sviluppo della civiltà collegan-

transazioni finanziarie misconosciute e vitali.


Gli oggetti sopra le onde, con i container, i
do il continente europeo all’Inghilterra (1850) e
l’Europa agli Stati Uniti d’America (1866). Negli
dati negli abissi. Il mare è il regno di ogni cosa. anni Cinquanta del Novecento è iniziata la posa
In superficie transita il 90% del commercio glo- dei cavi coassiali e a fine anni Ottanta quella dei
bale, nei fondali passa il 99% del traffico internet cavi con tecnologia a fibra ottica. La versione
(comprese le transazioni finanziarie, c’è chi par- più obsoleta prevedeva un solo filo conduttore
la di un traffico da 10 trilioni di dollari giorna- rivestito da un isolante, l’acqua a fare da scher-
lieri). Mari e oceani sono la vasta arteria da cui mo; il cavo coassiale ha invece uno o più condut-
tutto passa, che si stringe però nei choke point, tori protetti da una calza metallica. Il diametro
strozzature da cui devono pur svicolare le navi tipico dei cavi ottici di oggi è di circa un pollice
commerciali, militari, di ogni tipo. Mari e oceani e sono posati a migliaia di metri di profondità.
sono anche le vie di gasdotti, elettrodotti, oleo- Nel tempo si è passati dalla misurazione della
dotti, e lo spazio delle piattaforme per l’estrazio- capacità di trasmissione dati in megabit a quel-
ne degli idrocarburi e delle ricerche minerarie. la in terabit, e lo sviluppo della tecnologia por-
Nel mare c’è dunque tutta la materia, ma c’è terà in futuro più capacità, sostenibilità, meno
pure l’immateriale che attraverso i cavi dà for- costi, più efficienza.
ma al nostro mondo. Sono circa 440 e innerva- Quella dei cavi è una lunga storia che si irro-
no il globo per oltre 1,3 milioni di chilometri di bustisce in modo cruciale negli ultimi decenni.
lunghezza. Una fotografia che però cambia ra- Quasi due secoli di comunicazione, attraversati
pidamente, perché la domanda di trasmissione da tecnologie come la telegrafia, la telefonia,
di dati cresce. Entro il 2024 ne verranno infatti internet, da ingegni come Samuel Morse, da
posati altri 300.000 chilometri. Un investimento navi come il rimorchiatore inglese Goliath che
di circa 9 miliardi di dollari in gran parte nel con- solcava la Manica per collegare terre attraverso
tinente americano, nell’Asia australiana e nella i fondali. Una storia di cose, di strategie, costru-
Lavoratori seduti su una macroarea EMEA, anche per la sostituzione del- zione, forniture.
bobina di cavo in fibra
le vecchie infrastrutture ormai inefficienti. Ci Analizziamo alcune di queste infrastrutture
ottica per accertarsi che
sono poi i paesi chiave, che segnano un’inedita fondamentali della geopolitica del digitale (e del
non si impigli o annodi
a bordo della nave, diplomazia dei cavi. La Francia è il ponte tra il dato). Nomi tecnici, sigle evocative, tante nazioni,
Chang W. Lee, 2018 Vecchio continente, il Medio Oriente e l’Asia; tante proprietà. ALBA (collega Cuba, Giamaica,
4.2022 29 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 30 4.2022

Venezuela), Echo, Deep Blue, Zeus, Jupiter,


Ulysses, SeaMeWe-5 (South East Asia-Middle
East-Western Europe 5). Quest’ultimo è entrato
in funzione nel 2016, è lungo 20.000 chilometri
e approda in 22 punti diversi tra cui Kuakata
(Bangladesh), Haramous (Gibuti), Zaafarana
(Egitto), Tolone (Francia), Catania, Ngwe Saung
(Myanmar), Qalhat (Oman), Tuas (Singapore),
Matara (Sri Lanka), Marmaris (Turchia), Fujai-
rah (Emirati Arabi), Al Hudaydah (Yemen). Tra-
lasciando il fascino di porti e baie, elenchiamo
alcuni dei proprietari del cavo (che sono 19):
Bangladesh Submarine Cable Company Limi-
ted, China Telecom Global Limited, Djibouti
Telecom SA, Egypt Telecom, Orange, Saudi Tele-
com Company, Singapore Telecommunications
Limited, Telecom Italia Sparkle, Turk Telecom
International. Ed ecco le aziende che lo hanno
costruito, cioè i fornitori: ASN (Alcatel Submari-
ne Networks società di proprietà Nokia, basata
in Francia e con oltre il 33% di quota di mercato
nelle reti di comunicazione sottomarine) e NEC.
Passiamo a un altro cavo, il PEACE. È cinese,
e la trovata onomastica è quindi tutta da inter-
pretare. Entrato in servizio a marzo del 2022, è di
proprietà di Peace Cable International Network
appartenente al colosso Hengtong ed è stato po-
sato da HMN tech, sempre di proprietà di Heng-
tong che l’ha acquisita da Huawei nel 2020. Ed
ecco il Cavo Curie. La sua lunghezza è di circa
10.000 chilometri ed è in servizio dal 2020. Pro-
prietario Google, costruttore Subcom.
Una rassegna di pochi cavi, ma che indica già
modelli di proprietà e di business. Si può essere
proprietari unici di un cavo e perfino di tutti gli
stakeholder che intervengono nella sua installa-
zione (come nel caso PEACE), si può partecipa-
re a un consorzio molto eterogeneo e abbattere
i costi, o si può acquistare parte della capacità
di trasmissione. Oggi i cosiddetti Over The Top
come Apple, Meta, Google, Amazon possono per-
mettersi cavi in proprio che collegano diretta-
mente i loro data center. Lo scenario è intricato
e richiede inoltre sistemi evoluti di governance
delle relazioni pubblico-privato. Grandi aziende
e paesi diversi hanno e avranno il potere sui cavi
e quindi sul destino dei dati su cui si regge parte
fondamentale dell’economia planetaria (si pensi
solo alle opportunità che la trasmissione istan-
tanea di dati ha portato all’integrazione delle diventano ancora più delicati; vengono riparati geopolitica. Le riflessioni sulla loro regolamen-
catene produttive planetarie). con difficoltà e talvolta la manutenzione richie- tazione sono sempre più frequenti (importante
Sono oltre cento le interruzioni di trasmis- de parecchio tempo. Minacciati dai nuovi vei- il tentativo normativo dell’UNCLOS, la Conven-
sione dati via cavo che sopravvengono ogni coli a guida autonoma sottomarini, che d’altro zione delle Nazioni Unite sul diritto del mare),
anno nelle profondità marine. Non mancano canto vengono usati anche per difenderli. mentre crescono lo sviluppo di queste infra-
quindi incidenti e distacchi casuali, e noti e Sebbene i nuovi cavi rispondano allo stan- strutture critiche e il potere soverchiante di chi
meno noti sono gli attacchi intenzionali. In ogni dard 99,999% (un massimo di circa 5 minuti di le governa. Nell’industria dei cavi sottomarini,
modo, stupisce la vulnerabilità di questi ser- inattività all’anno), la loro salvaguardia dovrà te- il trend segna quindi un passaggio importante
penti digitali a cui abbiamo affidato la nostra nere conto della possibile intercettazione o ma- dagli interessi delle nazioni a quelli di soggetti
vita e la nostra società della conoscenza. Preda nomissione dei dati. Bisognerà proteggere sia i privati sovranazionali ed extraterritoriali, le Big
della natura, delle attività di pesca, di operazio- cavi sia le informazioni che dentro vi transitano. Tech, che occuperanno tanti degli investimenti
ni militari e di intelligence. Si possono tagliare, Ma, soprattutto, l’elaborazione di ogni strategia e buona parte del mercato nei prossimi decenni.
danneggiare, quando si avvicinano all’approdo che riguardi i cavi è di natura eminentemente L’interesse è enorme. È economico, politico, di si-
4.2022 31 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Stupisce la
vulnerabilità di questi
serpenti digitali a cui
abbiamo affidato la
nostra vita e
la nostra società della
conoscenza. Preda
della natura, delle
attività di pesca, di
operazioni militari e
di intelligence.
Si possono tagliare,
danneggiare,
quando si avvicinano
all’approdo diventano
ancora più delicati

curezza e geostrategico. Gli attori in campo sono ropee attive all’estero. Soprattutto il Mediterra-
la Cina, gli Stati Uniti, gli Over The Top, l’Euro- neo è da difendere: al calo di interesse degli USA
pa. Quest’ultima è ancora protagonista poiché (ma chissà quanto durerà con gli attuali teatri di
i maggiori Internet exchange point al mondo si guerra e di crisi energetica) corrisponde la cre-
trovano nel Vecchio continente e le quattro città scita di attenzione e azione di Cina e altri Stati.
con il volume di scambio di dati più elevato sono I cavi pesano circa 1,4 tonnellate per chilo-
Francoforte (l’hub più grande al mondo), Lon- metro, sono cose, e non vi fu mai metafora più
dra, Amsterdam, Parigi, nel frattempo avanzano fuorviante di quella del cloud. I dati non vivono
pure Stoccolma e Marsiglia. Ma l’Europa non è certo nello svolazzo della nuvola, ma nella fisica
compatta né coordinata nella determinazione dell’acqua. I data center e le infrastrutture che
di una strategia per i cavi sottomarini. Servi- trasportano informazioni e contenuti sono cose. Ventimila leghe sotto i mari,
rebbero un piano di protezione, di definizione di Sono cose ingombranti e presenti ma, più di tut- miniserie di Rod Hardy,
standard industriali, di supporto alle società eu- to, volute e pensate. 1997
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 32 4.2022
4.2022 33 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

SILVANO FUSO

AI TEMPI DEL
VANTABLACK
Le tecnologie dei

L’
nuovi materiali, uomo ha sempre cercato di utilizzare i materiali che reperiva
in natura a proprio vantaggio. L’evoluzione del suo cervello,
nano, smart, l’esperienza e le conoscenze che progressivamente acquisiva
lo hanno poi condotto a modificare ciò che trovava, fino ad
quantum dots, arrivare a creare nuovi materiali mai visti prima. La scienza

autoriparanti, dei materiali è la disciplina che studia le proprietà dei materiali naturali,
trova il modo di modificarli e scopre metodi per crearne di nuovi con carat-

a memoria di forma, teristiche particolari che ne possano determinare specifici impieghi tec-
nologici. Negli ultimi anni essa ha subito un’accelerazione straordinaria

quasicristalli e ha reso disponibili materiali con sorprendenti proprietà. Molti di questi


innovativi cominciano già oggi a trovare le prime applicazioni, ma in futu-

e piroelettrici ro consentiranno sicuramente importanti svolte tecnologiche.


Ci sono materiali capaci di rispondere a stimoli differenti, adattando
la loro risposta a particolari esigenze. Essi vengono denominati materiali
intelligenti (smart materials). Ne esistono diversi e ci limitiamo a citare
qualche esempio. Quelli a memoria di forma conservano un ricordo del-
la forma precedentemente assunta e, portati a una certa temperatura, la
riassumono spontaneamente. Ve ne sono due tipi: alcune leghe metalli-
che (SMA, Shape Memory Alloys) e alcuni polimeri (SMP, Shape Memory
Polymers). La lega più conosciuta e più studiata è il Nitinol (Nichel Tita-
nium Naval Ordnance Laboratory), composta da nichel e titanio, venne
realizzata negli anni Sessanta presso il Naval Ordnance Laboratory. Tra i
polimeri a memoria di forma possiamo trovare i poliuretani, i copolimeri
a blocchi formati da polietilentereftalato e polietilenossidi, diversi mate-
riali compositi costituiti da polimeri e particelle inorganiche (carburo di
silicio, nerofumo, nanotubi di carbonio, particolato magnetico ecc.). Alcu-
ni di essi hanno addirittura la capacità di memorizzare due o tre forme,
Anish Kapoor posa accanto
ciascuna delle quali viene riassunta in corrispondenza di un determinato
a una sua opera esposta
valore di temperatura. In casi particolari il cambiamento di forma può
alle Gallerie dell’Accademia
di Venezia, aprile 2022. anche essere indotto dalla luce (LASMP, Light Activated Shape Memory
Foto di David Levene. Polymers) o da un campo elettrico (EASMP, Electrically Activated Shape
Durante la mostra, l’artista Memory Polymers).
ha presentato i lavori
I Self-Healing Materials (SHM) sono invece materiali autoriparanti.
realizzati in Vantablack
Se vengono fratturati, sono in grado di rimarginare la frattura, come fa
o Kapoor black, materiale
di cui dal 2016 detiene il personaggio dei fumetti Wolverine, che guarisce istantaneamente da
l’uso esclusivo ogni ferita, rigenerando tessuti e arti. Alcuni utilizzano microcapsule,
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 34 4.2022

contenenti un liquido adesivo, disperse in una


matrice, altri hanno addirittura una sorta di
sistema vascolare con lo stesso tipo di liquido
riparante.
I materiali fotomeccanici subiscono invece
un cambiamento di forma quando sono esposti
alla luce. Il ricercatore giapponese Kenji Uchino
ha realizzato un curioso dispositivo, a forma di
tavolino, le cui gambe sono costituite da mate-
riali fotomeccanici. Inviando impulsi luminosi
sulle gambe, il dispositivo riesce a camminare.
La ricerca sui materiali fotomeccanici è solo
agli inizi, ma si prospettano applicazioni in vari
campi, quali la realizzazione di attuatori foto-
controllati, sensori di luce, componentistiche
per la robotica ecc.
Si definiscono nanomateriali quelli che
presentano almeno una dimensione a scala na-
nometrica, ovvero dell’ordine del miliardesimo
di metro. A parità di composizione chimica, i
materiali ridotti in dimensioni nanometriche
assumono particolari proprietà chimico-fisiche
che non compaiono a livello di dimensioni su-
periori. Questo accade perché la scala nanome-
trica rappresenta una zona di confine tra l’am-
bito in cui valgono le leggi della fisica classica
e quello in cui cominciano a valere quelle della
meccanica quantistica.
I nanomateriali possono essere classificati
in base al numero di dimensioni che supera-
no la lunghezza di 100 nm. Abbiamo materiali
zero dimensionali (0D) in cui tutte e tre le di-
mensioni sono nanometriche. Ne sono esempi:
le nanoparticelle, i nanocristalli, i fullereni, i
cluster molecolari e i cosiddetti quantum dots
(punti quantici). I materiali monodimensiona-
li (1D) sono quelli in cui una sola dimensione
è superiore ai 100 nm e comprendono nanofili
e nanotubi. Quelli bidimensionali (2D) hanno
una sola dimensione a scala nanometrica e ap-
partengono pertanto a questa categoria le ma-
trici di nanoparticelle e film nanometrici, quali
il grafene. I materiali tridimensionali (3D) non
hanno alcuna dimensione nanometrica, quindi
non sono considerati nanomateriali.
I nanomateriali trovano già oggi applicazio-
ni e si prevede che in futuro le loro proprietà
saranno sempre più sfruttate. I quantum dots,
per esempio, chiamati anche “atomi artificiali”, ta di tale materiale, se osservata frontalmente,
sono utilizzabili per realizzare unità di infor- appare completamente piatta, non consentendo
mazioni quantistiche (i cosiddetti qbit) impiega- di distinguere alcun rilievo o avvallamento. Il
ti nei computer quantistici. Possono inoltre tro- grafene, scoperto da Andrej Gejm e Konstantin
vare attuazione come riserva di energia, come Novosëlov (premi Nobel per la Fisica nel 2010),
sorgenti luminose, per la produzione di celle è un foglio di atomi di carbonio disposti ai ver-
fotovoltaiche, come rilevatori di immagine e, tici di esagoni regolari che formano una strut-
in campo medico, per il trasporto di chemiote- tura a nido d’ape. Un cristallo costituito dalla
rapici. Con i nanotubi di carbonio, un’azienda sovrapposizione di questi fogli costituisce la
inglese ha realizzato un rivestimento chiama- comune grafite. Pur essendo in gran parte an-
Mount Moriah at the
to Vantablack, che rappresenta il materiale più cora oggetto di studio, sono già innumerevoli
Gate of the Ghetto,
nero che esista. Esso assorbe praticamente tut- le sue applicazioni. Sono stati realizzati diversi
Anish Kapoor, 2022,
Palazzo Manfrin, Venezia. ta la luce incidente riflettendone solamente lo tipi di transistor al grafene che presentano ec-
Foto di David Levene 0,035%. Una maschera tridimensionale rivesti- cezionali prestazioni elettroniche. Sospensioni
4.2022 35 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

di grafene possono essere usate come inchio- li particolari in grado di produrla. I materiali ati artificialmente nel 1984 da Dan Shechtman
stri per ottenere film trasparenti e conduttori, piezoelettrici generano elettricità se sottopo- (premio Nobel per la Chimica nel 2011) e osser-
adatti, per esempio, per schermi LCD. Inoltre le sti a compressione. Quelli piroelettrici la pro- vati in natura da Luca Bindi e Paul Steinhaldt
proprietà meccaniche del grafene lo rendono ducono se vengono riscaldati. I termoelettrici (premi Aspen nel 2018), questi materiali sono
un materiale particolarmente resistente. Alcu- generano invece elettricità se sottoposti a una solidi dove gli atomi sono disposti in una strut-
ne sue applicazioni sono già utilizzate in vari differenza di temperatura. I materiali magne- tura ordinata ma non periodica, come avviene
ambiti, per esempio quello sportivo: esistono in tocalorici possono subire un aumento o una invece nei normali cristalli. Inoltre presenta-
commercio racchette da tennis e copertoni per diminuzione di temperatura se sottoposti a no simmetrie vietate nei cristalli (per esem-
bicicletta che usano compositi a base di grafe- un campo magnetico. Nel caso in cui la loro pio pentagonale). Le loro singolari proprietà
ne. Altri impieghi riguardano la realizzazione temperatura diminuisca, possono permettere trovano già oggi applicazioni (celle solari che
di celle solari, batterie, rivelatori di gas, mem- la costruzione di refrigeranti a basso consumo assorbono nell’infrarosso, rivestimenti antia-
brane per osmosi inversa ecc. energetico e, non usando fluidi, non dannosi derenti e a basso attrito, strati termoisolanti
La sempre crescente richiesta di energia per l’atmosfera. Una classe molto particolare ecc.) e si prospetta che in futuro ne troveranno
pulita ha fatto sviluppare la ricerca di materia- di materiali è costituita dai quasicristalli. Cre- molte altre.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 36 4.2022

Nickel frame vehicle with


aluminum triangle tank
and wheels_Model 71, I,
Gianni Piacentino, 2013-14,
nickel-plated steel tube,
aluminum, polished
aluminum (Anticorodal 6082)
and polished aluminum
(Anticorodal 6082) on wood,
72,8×339×21 cm (assembled
in 4 parts, wheels: Ø 44 cm).
Foto di Dario Colombo
Courtesy Galleria Mucciaccia
© Gianni Piacentino
4.2022 37 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

BRUNO GIURATO

IMPENNATA
ELETTRICA
M
attinata di sole a Santa Maria di la Industria Meccanica Napoletana, progenitore
Sala. A metà tra il padovano e il del Ciao. Issimo è un moderno Paperino, un sim-
trevigiano, la zona industriale bolo della transizione energetica applicata alle
da Veneto operoso è incornicia- due ruote, una transizione che nel caso di Fantic
ta da strade, fattorie, canali: il è particolarmente articolata, emblematica e col-
“graticolato”, l’archetipo latino di felicità agra- legata alla tradizione. Andate avanti nella lettu-
ria in fondo, qui, non è scomparso mai. Ovunque ra e scoprirete perché.
manifesti di sagre autunnali: funghi, radicchio, All’interno del primo stabilimento Fantic
vino. Arrivando in auto spunta la sagoma della c’era una scritta a caratteri cubitali: «Fantic
settecentesca Villa Farsetti, costruita su un’area Motor, fabbrica veicoli ricreativi». Esistono
di 36 ettari, angoli e linee puliti, prati verdissi- non solo veicoli utilitari, ma anche ricreativi.
mi, fontane, poi statue e decorazioni/sberleffo, I mezzi servono per spostarsi dal punto A al
rococò. punto B, ma tra quell’A e quel B esistono cose,
Nel cortile del nuovo quartier generale della esiste un mondo, esistono deviazioni, cambi
Fantic Motor, inaugurato a settembre, il croni- di rotta, impennate. Esiste la zingarata. Esiste
sta ci prova a far impennare un Issimo 45. E ci un’idea un po’ giocosa, un po’ godereccia, un
riesce, nonostante non impenni un motorino po’ (dal punto di vista esistenziale, non cer-
dagli anni Novanta e non sia mai salito su un ci- to industriale) improvvisata, da commedia
clomotore elettrico in vita sua. L’interasse corto, dell’arte della mobilità, può sconfinare nell’a-
il baricentro basso, le ruote fat aiutano – pardon gonismo, ma è fatta innanzitutto di avventura.
per i tecnicismi – così quella anteriore si alza fe- Un archetipo di movimento tutto italiano, or-
stosamente e atterra delicata. Il telaio a traliccio, ganico a un paese fatto di mille paesi, di mille
i materiali, la cura per il blocco batteria, motore, piccole patrie in rapporto instabile, dove fla-
cambio, sono segnacolo di sviluppo e design, ma neurismo e psico-geografia sono accessibili
permettono innocenti evasioni. Impennare l’Is- con un’accelerata, e perfino, come insegna “La
simo è un atto simbolico, tanto per giocare con lanterna di Diogene” di Alfredo Panzini, in bici.
un’icona del motociclismo. Passano i ragazzi del Quello italiano è appunto un modo di pensare
reparto prototipi. Guardano il cronista un po’ da la mobilità molto diverso sia dallo stile inglese
fesso – come merita – e vanno via con un mezzo legato a una certa severità e a un preciso under-
sorriso. Non sanno che già nel 1953 “Civiltà delle statement («Quanti cavalli ha una Rolls? Abba-
macchine” mandava in giro cronisti altrettan- stanza»), sia da quello tedesco, iper-ingegneriz-
to poco avvezzi alle stravaganze e innovazioni zato, così come da quello di origine asiatica che
motoristiche a recensire il mitico Paperino del- sta conquistando il mercato moto e automotive,
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 38 4.2022

orientato a un globalismo costruttivo, estetico, costruire motori è uno sport costoso, richiede

Un’azienda storica caratteriale, che considera auto e moto come le


vacche di Hegel, tutte nere nella notte buia.
cospicui investimenti in ricerca e sviluppo. Con
Minarelli, Fantic diventa fornitore di quasi tutti

e pop che produce La Fantic Motor nasce nel 1968, quando uno
dei più giovani laureati d’Italia, Mario Agrati
i competitor in ambito motociclistico. È in usci-
ta uno scooter elettrico e un nuovo motore 300.
prodotti simbolici, in dell’Agrati Garelli di Monticello Brianza, si stac-
ca dall’azienda di famiglia per unirsi all’olandese
Due tempi, a iniezione, con avviamento elettri-
co, pensato “alla Fantic”: con super performance
una transizione dal Henry Keppel, responsabile commerciale estero
Garelli. Obiettivo: costruire mini bike, kart, en-
e un riguardo particolare per il mondo corse. Un
motore divertente. La tradizione Yamaha, con
termico al green. duro. Veicoli con un puro scopo ricreativo.
I nomi sono conseguenza delle cose, ma an-
la quale la collaborazione sui motori continua,
ha dato una solidità nella produzione su numeri
Che cosa lega il che causa delle cose. E soprattutto i nomi svela- grossi. Fantic esporta in tutt’Europa, i mercati
no i caratteri: da dove viene il nome Fantic Mo- di punta sono Germania, Francia, Benelux, ed è
Paperino, e una tor? Ci sono varie leggende. Una è che Fantic sia consolidata in tutto il mondo, con uno sguardo
un’abbreviazione di Fantastic, spiegazione coe- particolare all’Asia. Vendere meccanica ai cinesi
vecchia recensione del rente con l’epoca sci-fi, un nome quasi da Marvel è un sogno realizzabile.

1953, a un moderno Comics. Un’altra narra che i fondatori amassero


l’aranciata Fanta: le bevande gassate sono uno
Fantic oggi riedita il Caballero in una ver-
sione modernizzata bella come quella di allora,

bici-motorino elettrico dei simboli dell’euforia sociale degli anni Ses-


santa. Poi c’è l’assonanza, ancora attiva come
e per completare il suo processo transitivo pro-
duce E-bike (da città e non, come si diceva). Le

qui raccontato simbolo fonico: fantic/fun.


Il mezzo che ha reso la Fantic famosa nel
bici da corsa a pedalata assistita saranno uno
dei settori in espansione, e la bici FMoser, nera,
mondo è il Caballero, una moto leggera, diver- leggera, di geometria quasi astratta, è un capola-
tente. Nome spagnolo di sigarette olandesi fu- voro. Altri capolavori di integrazione tra umano,
mate da Keppel. Ma in quegli anni c’era anche elettrico e digitale (anche in questo caso molti di-
una rivista di fotoromanzi erotici con questo spositivi si muovono intorno a un cuore smart)
nome, e la liberazione sessuale è stato un altro sono le bici elettriche MTB Trail. Per muoversi
ingrediente fondamentale per lo spirito del tem- in tutto il settore E-bike Fantic ha acquisito da
po. E Caballero, ideato da Armando Testa, era qualche mese Bottecchia, altra lunga e gloriosa
anche uno dei protagonisti dello spot del caffè storia di imprese sportive e divertimento italia-
Lavazza ai tempi del Carosello, deserti di carto- no: Ottavio Bottecchia è stato il primo italiano a
ne bidimensionali e astratti, esotismo casalingo vincere il Tour de France nel 1924.
e spirito d’avventura. Lo stabilimento Bottecchia è stato danneg-
Il cinquantino degli anni Settanta diventa giato da un incendio nel settembre 2022, e parte
icona di divertimento, indipendenza, e desiderio della produzione e dello stoccaggio sono stati
di tutti i quattordicenni. Il Chopper, introdotto spostati a Santa Maria di Sala, in uno stabili-
in seguito, richiama “Easy Rider” e i sogni ameri- mento accanto alla sede principale. Il direttore
cani di liberazione, mentre la Fantic domina nel della comunicazione del settore quasi si scusa
settore corse, in particolare nell’Enduro, nel Mo- perché c’è un po’ di disordine. Al cronista abi-
tocross, nel Trial, con tre campionati del mondo tuato alle redazioni dei giornali (pile di libri, taz-
vinti. Poi, dagli anni Novanta, la decadenza. Nel ze di caffè del ‘17 di questo secolo rovesciate su
2003 il marchio – perché resta praticamente solo cumuli di carta metamorfosati, con appunti che
quello – viene acquistato dall’industriale veneto lo stesso proprietario della scrivania non riesce
Federico Fregnan, ma la vera rinascita è del 2014, più a decifrare) il posto sembra ordinatissimo.
quando l’azienda viene rilevata dal gruppo Ve- Del resto tutto – sempre tutto, nella vita – è per-
NetWork, guidato dall’ad Mariano Roman, lunga formance. E ogni impedimento è giovamento.
esperienza in Aprilia e in Laverda. Una cordata Il cronista incontra un indaffarato ammini-
di imprenditori veneti con un obiettivo preciso: stratore delegato. Mariano Roman, è reduce da
far rivivere i trionfi della meccanica italiana in riunioni e appuntamenti che servono a riparare
una fase nuova per il settore della mobilità. Con- al danno. «Si aggiusterà tutto?», gli chiediamo.
frontarsi con il cambiamento epocale green ed «Tutto si aggiusta, basta trovare i soldi». Sorride,
elettrico creando un polo aziendale di eccellen- appoggia lo zainetto, si siede al tavolo. Spiega:
za. E farlo con consapevolezza della tradizione «Non è la prima difficoltà con cui faccio i conti.
italica, col dinamismo, col senso di avventura, e Quando sono arrivato qui, dopo sei anni fuori da
mantenendo uniti e vitali il racconto e l’eredità questo ambiente, mi sono stupito: molti fornito-
sportiva, tecnologica, imprenditoriale. ri erano falliti, altri erano in fallimento. La si-
Oggi VeNetWork ha 70 soci e arriva a 206 mi- tuazione era il frutto di politiche dissennate dei
lioni di consolidato nel 2021. Fantic Motor ha da decenni passati: per anni la politica ha finanzia-
pochissimo acquisito Motori Minarelli, ripren- to aziende che stavano delocalizzando». La mi-
dendosela dalla Yamaha, che aveva rilevato l’a- tologia secondo la quale si doveva spostare la
zienda di Calderara di Reno: la mossa ha garan- produzione fuori dall’Italia. «Abbiamo svenduto
tito una solidità sia industriale che strategica: la nostra tecnologia a prezzi bassi, e ora, spesso,
4.2022 39 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

siamo costretti a ricomprarla dalla Cina a prezzi versiliano green, le spider di Antonio Delfini so-
non bassi». E precisa: «Noi vogliamo rafforzare stituite da silenti monopattini che da Viareggio
una produzione assolutamente italiana, svilup- punteranno compatti verso il Forte. «Tutto quel-
pare la componentistica del territorio tramite le lo che facciamo deve creare emozione, e non crei
sue aziende». E qual è lo spirito con cui si affron- emozione copiando. Dieci anni fa in MotoGP, ai
ta l’immancabile e destinale svolta green, che è primi dieci posti c’erano un italiano e nove giap-
anche un rischio per tutte le aziende che lavora- ponesi. Oggi c’è un costruttore giapponese e
no con la meccanica di precisione? «Discorso ab- nove italiani. La spirito, la tecnologia, la voglia
bastanza semplice – risponde – all’interno delle di vincere, di sfidare. Il piccolo che sfida i grandi,
città ci saranno in futuro solo veicoli elettrici. questo siamo noi in Italia».
Per quanto riguarda l’extraurbano e il tempo Finito l’incontro il cronista resta davanti
libero, ancora per un po’ continuerà la produ- alla sede Fantic, scrutando Issimi e Caballeri.
zione di motori endotermici. Oggi la tecnologia Il taxi ci metterà almeno tre quarti d’ora ad ar-
delle batterie non è in grado di sostituire il mo- rivare. Francamente spiace non aver preso in
tore a combustione interna, per il quale molte prestito una moto. Ma prima che arrivi il taxi
aziende stanno cercando carburanti alternativi. spunta il furgone bianco di un fornitore. «Va
Penso che la direzione sia definita: si va ver- verso Venezia?», «Padova». «Benissimo Padova».
so l’elettrificazione, ma ci vorranno tempi più Non è male tornare con l’autostop nelle campa-
lunghi di quanto comunemente si creda». Qui gne tra il padovano e il trevigiano. E poi «otto-
puntano soprattutto a elettrificare bici e altri bre è un dolce mese, un fratello d’aprile più mite Pubblicità Fantic TX-9
ordigni a due ruote, il che fa molto lungomare e cortese». Caballero, Fantic Motor, 1970
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 40 4.2022
4.2022 41 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

FABIO LAVISTA

MANIFATTURA
E SVILUPPO
La produzione

U
industriale è ancora na riflessione sulla relazione tra contrapposizione all’impostazione fisiocratica,
manifattura e sviluppo economi- prevalente fino a qualche tempo prima e che
la soluzione più co non può prescindere da quella considerava davvero produttive solo le attività
che fu una delle prime formula- agricole, Hamilton spiegava come fosse proprio il
efficiente per generare zioni di questo nesso: il “Rapporto divario di produttività esistente tra il settore pri-

la ricchezza di un sulla questione delle manifatture” che nel 1791


Alexander Hamilton, uno dei padri fondatori
mario e quello secondario a rendere necessaria
una politica di incentivi a favore di quest’ultimo.

paese. Come, quando degli Stati Uniti d’America, allora segretario


del Tesoro, presentò alla Camera dei rappresen-
A distanza di più di due secoli da quando
il politico statunitense presentò al Congresso

e perché l’Italia tanti. «La manifattura non solo provoca un au-


mento positivo della produzione e delle entrate
il suo rapporto sulla manifattura il tema della
funzione del settore secondario si pone in termi-

ha cominciato di una società, ma contribuisce essenzialmente


a rendere queste ultime più ampie di quanto
ni non del tutto dissimili. Oggi, dopo due anni di
pandemia, che hanno messo a dura prova le ca-

a rallentare. potrebbero essere in assenza della manifattu-


ra stessa». Questa constatazione giustificava la
tene internazionali di approvvigionamento, e in
un contesto di crescenti tensioni geopolitiche,

Soluzioni possibili razionalità del sostegno alle attività nel settore


secondario e induceva Hamilton a esortare il
che dopo decenni di integrazione dei mercati
stanno rapidamente riportando all’ordine del
Congresso a non puntare per il futuro sviluppo giorno il problema delle forniture strategiche,
del paese solo sulle attività agricole e sulla com- sembra nuovamente di attualità il quesito che
mercializzazione del loro prodotto. Il segretario aveva impegnato Hamilton sul finire del Sette-
del Tesoro rispondeva a un’istanza della Camera cento: quale sia cioè il ruolo della manifattura
dei rappresentanti, che pochi mesi prima, su im- nello sviluppo di un paese. Anni di deindustria-
pulso del presidente George Washington, aveva lizzazione e progressivo incremento delle atti-
deciso di interrogare il responsabile della poli- vità terziarie nelle economie avanzate avevano
tica economica statunitense circa la possibilità alimentato, negli scorsi decenni, l’ipotesi di un
di rendere il paese indipendente sotto il profilo possibile trasferimento delle manifatture in
degli approvvigionamenti militari e di quello di paesi contraddistinti da un più basso costo del
alcuni prodotti considerati strategici. Tuttavia lavoro, congiuntamente alla concentrazione nei
Hamilton, prendendo spunto dalla lezione di paesi più ricchi delle sole funzioni di coordina-
Adam Smith, che aveva pubblicato “La ricchezza mento e delle attività a più alto contenuto di
delle nazioni” solo quindici anni prima, nella sua conoscenza e tecnologia. Tuttavia, il complicarsi
risposta andava oltre la specifica richiesta dei del contesto internazionale sta portando a una
congressisti. Secondo lui, infatti, la manifattura riconsiderazione del problema, alla luce delle
non era da considerarsi importante perché in difficoltà incontrate dal sistema degli scambi e
grado di garantire la sicurezza militare e quella degli approvvigionamenti.
degli approvvigionamenti, ma piuttosto perché, In realtà, il tema del possibile ritorno delle
Trefoli di vetro di un cavo
in fibra ottica presso
attraverso la divisione del lavoro e l’uso estensi- attività produttive nei paesi avanzati non è com-
una fabbrica Subcom, vo delle macchine, apportava un deciso contri- pletamente inedito. Già un decennio addietro, sia
Chang W. Lee, 2018 buto al prodotto finale della nazione. In aperta in Europa sia negli Stati Uniti, si è cominciato
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 42 4.2022

a pensare a come alimentare il processo noto sembrano infatti molto più simili, sotto il profi-

Le retribuzioni nel come reshoring, il rientro cioè delle attività


produttive nei paesi che in passato hanno dato
lo tecnologico e organizzativo, a una moderna
manifattura, piuttosto che alla classica attività

settore industriale vita a processi di esternalizzazione. Di partico-


lare interesse, per le conclusioni cui giungeva
agricola, indipendentemente dai livelli di auto-
mazione di quest’ultima.

consentono un in tema di rapporto tra manifattura e svilup-


po economico, è un ampio studio promosso dal
La manifattura dunque, tornando alle con-
clusioni dello studio, permette in via prioritaria
maggiore equilibrio MIT al termine della prima amministrazione
Obama, intitolato significativamente “Produc-
la diffusione dell’innovazione e in questo modo
contribuisce in maniera rilevante alla crescita
distributivo rispetto tion in the Innovation Economy”. Come si di-
ceva, il punto di partenza non è molto distante
della produttività dell’intero sistema economico.
Secondariamente, ha un indubbio ruolo strategi-
al settore dei servizi dal dilemma che si erano posti i padri fondatori
degli Stati Uniti. Lo studio si chiedeva infatti
co sotto il profilo geopolitico. Ma non è tutto: il
settore secondario non produce solo innovazio-
se, nell’era della deindustrializzazione, si stesse ne, produce anche occupazione. E quando pure
ponendo di nuovo un’alternativa tra due settori non sia in grado di produrre occupazione per sé,
produttivi: alla fine del Settecento la manifattu- dal momento che gli alti livelli di automazione
ra era in procinto di soppiantare l’agricoltura, danno vita a impianti industriali sempre meno
ora il settore dei servizi stava sorpassando la popolati da lavoratori, la manifattura genera
manifattura. Ma può un paese – si chiedevano occupazione attraverso i servizi accessori – ad
retoricamente gli studiosi impegnati nell’anali- alta e bassa intensità tecnologica – necessari per
si – prosperare solo basandosi sul settore terzia- sostenere le attività produttive dell’industria,
rio, per quanto avanzato questo sia? ma anche i bisogni vitali dei suoi dipendenti.
Senza negare il contributo dei servizi al pro- La manifattura, infine, secondo diversi studi,
dotto interno lordo, specie di quelli a più alto va- avrebbe un ruolo nel ridurre o, quantomeno, nel
lore aggiunto, la risposta contenuta nei rapporti limitare la crescita del livello di diseguaglianza
finali dello studio era negativa: di fatto, solo la economica interno a un paese, dal momento che
manifattura sembrerebbe essere in grado di tra- la dispersione salariale che la contraddistingue
sformare le scoperte scientifiche e le innovazio- è decisamente meno elevata di quella che carat-
ni tecnologiche in prodotti commercializzabili, terizza il settore dei servizi.
introducendo innovazioni di prodotto e di pro- Sviluppare un avanzato sistema manifat-
cesso e sostenendo così la vitalità del mercato. turiero è dunque auspicabile per tutti quei pa-
Ciò sembra vero a maggior ragione oggi quando, esi che vogliano porsi sulla via della crescita, e
grazie alle tecnologie dell’informazione e della lo è anche di più per un paese come l’Italia, che
Figura 1. Manifattura, valore comunicazione, l’attività manifatturiera ha pro- a partire dalla seconda metà del Novecento è
aggiunto come percentuale
gressivamente integrato entro i suoi processi stato uno dei protagonisti dello sviluppo ma-
del PIL, 1991-2021
Fonte: elaborazione
produttivi e distributivi rilevanti componenti nifatturiero e nel quale ancora oggi le attività
dell’autore su dati delle attività di servizio, permettendo sempre secondarie contribuiscono a una quota rile-
World Bank più avanzate personalizzazioni dei prodotti fi- vante del prodotto lordo. Come si può vedere
niti. Tra l’altro, non è solo la netta distinzione nella Figura 1, le attività del settore secondario
Germania
tra manifattura e servizi che sta venendo meno, hanno avuto in Italia un calo di rilevanza nel
Francia
Italia
ma forse anche quella, che si è sempre pensata corso dell’ultimo trentennio, ma il loro peso re-
Regno Unito essere più rigida, tra manifattura e agricoltura. I sta in linea con quello che esse rivestono nella
Unione europea moderni impianti di agricoltura verticale indoor media dei membri dell’Unione europea, nella

26%
PIL %

20%

13%

7%

0%

1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 2011 2013 2015 2017 2019 2021
4.2022 43 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

quale convivono un paese, la Germania, dove controverso processo di ricerca di un modello


il valore aggiunto dell’industria è pari quasi al di sviluppo alternativo, centrato questa volta
20% del prodotto interno, altri, come la Fran- sulla piccola dimensione e i distrett i industria-
cia, che hanno seguito il Regno Unito sulla via li, entrato anch’esso in crisi nei decenni più re-
della deindustrializzazione, e molti paesi di più centi, di fronte alla concorrenza dei nuovi paesi
recente adesione all’Unione, che per tanti anni industrializzati, che hanno fatto del basso costo
sono stati una delle destinazioni dei processi di del lavoro il proprio vantaggio strategico. Sul
delocalizzazione prima menzionati. Il problema campo sembrerebbe essere rimasto un sistema
non è tuttavia solo quello della dimensione del industriale ridimensionato e caratterizzato da Figura 2. Indici di D301: Costruzione di navi
specializzazione di Lafay e imbarcazioni
settore industriale, ma anche, e soprattutto, del- bassi livelli di produtt ività. Certo, questo non
(ISIC Rev. 4), per intensità D22: Fabbricazione
la sua intensità tecnologica, della sua capacità vuol dire che non esistano imprese nei settori tecnologica, Italia 2021 di articoli in gomma
di trasferire l’innovazione al mercato e quindi ad alto contenuto tecnologico, capaci di compe- Fonte: elaborazione e materie plastiche
di generare effett i di sistema. tere a livello internazionale, come, per esempio, dell’autore su dati OECD

È proprio da questo punto di vista che l’in- nel settore farmaceutico o in quello aerospazia- 13-18
1-4 Settori a medio-alta
dustria italiana presenta alcuni segni di arre- le, o che siano da biasimare gli investimenti nei
Settori a bassa intensità intensità tecnologica
tratezza, come si può vedere dalla fotografia settori tradizionali a minor contenuto tecnolo- tecnologica D28: Fabbricazione
delle specializzazioni produtt ive al 2021, ripor- gico, molti dei quali appartengono a quello che D16: Industria del legno di macchinari e
tata nella Figura 2. L’indice di Lafay, cumula- viene spesso defi nito, non senza una discreta e dei prodott i in legno apparecchiature n.a.c.

to nel grafico secondo l’intensità tecnologica dose di vaghezza, il Made in Italy. Tuttavia, è il (esclusi i mobili) D302A9: Costruzione di
D10T12: Industria locomotive, materiale
crescente dei settori considerati, è un indice sistema nel suo complesso che risulta caratte-
alimentare, delle bevande rotabile e mezzi
calcolato a partire dalle esportazioni nette – la rizzato da scarsi livelli di intensità tecnologica e e del tabacco di trasporto n.a.c
differenza cioè tra esportazioni e importazioni – quindi, tornando al discorso iniziale, da ridotta D13T15: Industria tessile, D20: Fabbricazione
ed è costruito in modo tale da porre in risalto capacità di promuovere la crescita del paese nel dell’abbigliamento di prodott i chimici

il livello di specializzazione in uno specifico suo complesso. E qui non si possono non chia- e della pelletteria (esclusi i farmaceutici)
D17T18: Produzione di D27: Fabbricazione di
settore industriale, rispetto al livello medio di mare in causa le politiche industriali persegui-
carta e cartone, stampa e apparecchiature elett riche
specializzazione in tutt i i comparti produtt ivi te dai governi che si sono succeduti alla guida riproduzioni D29: Fabbricazione
presenti nella realtà analizzata. Tolto il settore del paese nel corso degli ultimi decenni. Se tra di autoveicoli, rimorchi
della meccanica strumentale – primo tra il grup- gli obiett ivi di un’efficace politica industriale 5-12 e semi-rimorchi

po dei settori a medio-alta intensità tecnologica possiamo enumerare la crescita degli investi- Settori a medio-bassa D26X: Fabbricazione
intensità tecnologica di prodott i elett ronici
(misurata dall’OECD sulla base del quantitati- menti, l’incremento della dimensione d’impresa
D241T31: Industria e ott ici non appartenenti
vo di risorse spese in ricerca e sviluppo da ogni e lo sviluppo tecnologico, difficilmente questi siderurgica al settore ICT
settore) – l’Italia presenta una generalizzata possono essere perseguiti con delle politiche D19: Fabbricazione di coke
de-specializzazione nei settori a più elevato con- eminentemente orizzontali, rivolte cioè a tutt i i e prodott i derivanti dalla 19-21

tenuto di tecnologia (quelli protagonisti della settori industriali, senza alcun criterio selett ivo. raffi nazione del petrolio Settori ad alta intensità
D25: Fabbricazione di tecnologica
discesa della curva sul lato destro del grafico, Queste possono infatt i avere un qualche effetto
prodott i in metallo (esclusi D21: Fabbricazione
che registrano tutt i indici di valore negativo). benefico nel migliorare l’esistente, ma difficil- macchinari e att rezzature) di prodott i farmaceutici
Indubbiamente questa fotografia ha radi- mente sono in grado di produrre cambiamenti D23: Fabbricazione di altri di base e di preparati
ci lontane che risalgono alla crisi della grande strutturali. Indubbiamente, è questo un tema prodott i della lavorazione farmaceutici

impresa manifatturiera, che era stata protago- che, stante l’odierno contesto di integrazione di metalli non metalliferi D26ICT: Fabbricazione
D242T32: Produzione di di prodott i ICT
nista del miracolo economico; crisi che ha co- dei mercati e delle politiche europee, si pone a li-
metalli non ferrosi D303: Industria
minciato a manifestarsi tra la fi ne degli anni vello comunitario, ma sarebbe opportuno che si D31T32: Fabbricazione di aerospaziale
Settanta e l’inizio degli anni Ottanta del No- avviasse a tale proposito una riflessione anche a mobili e altre industrie
vecento. A essa ha poi fatto seguito un lungo e livello nazionale. manifatturiere

7,000
Indice di specializzazione di Lafay

5,250

3,500

1,750

-1,750
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 44 4.2022

FAX POEMA,
Paulo Bruscky, 1989,
fax e carta. Courtesy
Richard Saltoun Gallery
4.2022 45 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

NICOLA NOSENGO

Il processo
tecnologico è fatto
TECNOLOGIE
GODOT
non solo delle cose
nuove che via via
compaiono, ma
soprattutto delle cose
che finiscono nel
È
quasi impossibile separare il concetto di tecnologia dal suo
fedele compagno, il concetto di nuovo. Sono “nuove tecnolo-

dimenticatoio dopo gie” quelle che ci raccontano quotidianamente le cronache


dei media. È “innovazione tecnologica” l’espressione con

essere state, per anni cui descriviamo tutto ciò che va dalla sperimentazione nei
laboratori di ricerca e sviluppo al brevetto, alla commercializzazione e ap-

o secoli, parte della plicazione. Quando gli scenografi dei film di fantascienza vogliono farci
immergere in un mondo futuro, la prima cosa che fanno è arredarlo con
vita quotidiana oggetti che oggi non esistono o immaginare una forma nuova per quelli
che già abbiamo.
Quest’enfasi sul nuovo ci restituisce però una visione parziale del
cambiamento tecnologico. Si dice spesso che imparare vuol dire sapere
cosa dimenticare, più ancora che cosa ricordare. Allo stesso modo, il pro-
cesso tecnologico è fatto non solo delle cose nuove che via via compaiono,
ma anche – se non soprattutto – delle cose che finiscono nel dimenticatoio
dopo essere state, per anni o secoli, parte della vita quotidiana. È fatto di
tecnologie vecchie o vecchissime che una volta trovata la loro forma smet-
tono di evolvere (tra cento anni, una forchetta o un violino saranno tali e
quali a quelli odierni). È fatto di innovazioni fallite, cose nate già vecchie
e mai attecchite.
In un libro di ormai quasi venti anni fa, intitolato “L’estinzione dei tec-
nosauri. Storie di tecnologie che non ce l’hanno fatta”, raccoglievo alcune
storie di fallimenti tecnologici. Oggetti tecnici un tempo importanti e poi
estinti, proprio come i dinosauri, innovazioni lanciate in pompa magna
ma rifiutate dal mercato, tecnologie promesse a lungo ma mai arrivate. L’i-
dea alla base del libro era che guardare il “negativo” dell’innovazione sia
importante per capire il processo tecnologico, proprio come la scoperta dei
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 46 4.2022

fossili di specie estinte è stata fondamentale per Il disco in vinile rimane un prodotto di nic-

È interessante lo sviluppo della teoria dell’evoluzione.


Raccontavo per esempio la storia del Be-
chia ma non si è estinto, mentre il suo arcirivale
CD rischia grosso, e davvero negli anni Novanta

riaprire il libro venti tamax, primo sistema di videoregistrazione


commerciale, sconfitto dal VHS in una feroce
in pochi avrebbero scommesso su questo finale.
Le sorti dell’auto elettrica sembrano essersi ca-

anni dopo. guerra degli standard negli anni Ottanta del


secolo scorso. La posta pneumatica, primor-
povolte, e quella che ancora all’inizio di questo
secolo sembrava un’eterna promessa dovrebbe,
Per quanto attento diale Internet fisica presente in diverse delle
maggiori città tra la fine dell’Ottocento e i primi
almeno in Europa, mandare in soffitta la rivale
con motore a scoppio entro la metà del secolo, se
fossi stato a non del Novecento, di cui in molti all’epoca preve-
devano una diffusione capillare come sarebbe
i governi europei terranno fede agli impegni as-
sunti. Un esempio abbastanza unico, se si realiz-
azzardare previsioni avvenuto per la rete idrica o per quella elettrica, zerà, di cambiamento tecnologico su larga scala
e che invece fu abbandonata. Il fax, un doppio deciso quasi interamente dall’alto e dalla politi-
sul futuro, alcune tecnosauro perché praticamente estinto oggi, ca, piuttosto che dal mercato o dalla domanda
soppiantato dalla posta elettronica, ma in re- sociale. Molto ha contribuito l’indubbio talento
parti sono invecchiate altà già vecchio quando sembrava nuovo, visto imprenditoriale di Elon Musk, che le ha rese per

male che si tratta di una tecnologia sperimentata fin


dalla fine dell’Ottocento e arrivata al successo
la prima volta desiderabili.
Gli ultimi due decenni hanno visto la diffu-
solo negli anni Ottanta dopo molti tentativi sione di droni, traduttori automatici, le criptova-
falliti di lancio commerciale. C’erano il disco lute, gli assistenti vocali, un intero ecosistema di
in vinile e l’audiocassetta, un tempo tecnologie social network, ma anche molte estinzioni e pro-
principe per l’ascolto di musica, complementari messe non mantenute che vanno ad aggiungersi
e poi scalzati dall’avvento del CD e della digita- alla lista dei tecnosauri. La più alta mortalità
lizzazione. C’erano tecnologie per decenni date tecnologica continua a trovarsi nel settore della
come imminenti ma mai arrivate, come l’auto computazione. L’aumento esponenziale della po-
volante e l’auto elettrica – di quest’ultima i pri- tenza di calcolo e lo sviluppo delle reti wireless
mi prototipi sono persino precedenti a quelli a hanno causato una vera estinzione di massa nei
motore a scoppio, ma per tutto il XX secolo era sistemi di memorizzazione: floppy disk, dischi
rimasta poco più che una curiosità. ottici, memorie USB, tutto fagocitato da cloud. I
Le storie raccontate servivano a sfatare lettori MP3, a cominciare dall’iPod, sono passati
qualche cliché sul cambiamento tecnologico, in poco più di un decennio da avveniristici og-
come l’idea che a vincere sia sempre quella getti del desiderio a pezzi da archeologia.
tecnicamente migliore: il Betamax, lanciato da Ci sono stati fallimenti eccellenti e meno
Sony, era ritenuto da tecnici e da consumatori prevedibili, come quello dei Google Glass. Pro-
superiore al VHS della rivale JVC, ma una più posti da una delle più grandi corporation mon-
scaltra politica di alleanze industriali da parte diali come “la” nuova interfaccia per accedere
di quest’ultima ne decretò la sconfitta. Un altro a informazioni e sovrapporre il mondo reale a
luogo comune è che ogni innovazione tecnica- quello virtuale, si sono arenati in parte per le
mente possibile e apparentemente desiderabile preoccupazioni relative alla privacy (sono pur
si realizzi: l’auto volante non presenta grandi sempre dispositivi in grado di registrare scene e
ostacoli tecnologici – facciamo volare aerei ed conversazioni private) e in buona parte perché,
elicotteri, quindi far volare un’auto non può come documentato da molti sondaggi, le perso-
essere più complicato – ma richiederebbe una ne li trovano semplicemente imbarazzanti da
trasformazione sociale, normativa e infrastrut- portare. Le tecnologie personali, che si confon-
turale che probabilmente la terranno fuori dai dono con il vestiario, devono trovare il giusto
nostri cieli ancora per molti decenni. equilibrio tra vistosità e discrezione. I Glass
È interessante riaprire il libro venti anni sono comunque usati in alcuni settori per appli-
dopo. Per quanto attento fossi stato a non az- cazioni professionali, e non si può escludere che
zardare previsioni sul futuro, alcune parti sono abbiano un’altra chance in futuro.
invecchiate male. Avevo messo il videotelefono Anche la realtà virtuale rimane nel limbo di
tra le tecnologie “Godot”, sempre attese ma mai eterna promessa in cui si trova da due decenni.
arrivate. Stanley Kubrick lo mostrava nel suo Con Meta Mark Zuckerberg sta provando anco-
“2001: Odissea nello spazio”, ma nella realtà di- ra una volta a farne un fenomeno commerciale,
versi tentativi di lancio commerciale fin dagli ma nonostante in mezzo ci siano stati venti anni
anni Sessanta erano finiti in buchi nell’acqua di progresso tecnologico, per ora l’accoglienza
– per la scarsa qualità delle immagini, ma so- non è migliore di quella avuta da Second Life,
prattutto per il disagio degli utenti nel guar- il mondo virtuale lanciato nel 2003 e poi caduto
darsi e farsi vedere durante una conversazione. nell’oblio.
L’estinzione dei tecnosauri.
Con la diffusione degli smartphone e delle reti Altro settore che ha visto promesse man-
Storie di tecnologie
che non ce l’hanno fatta,
cellulari a larga banda, e forse a causa di un di- cate è quello dei trasporti. Si è detto delle auto
di Nicola Nosengo, Sironi verso rapporto con la privacy nelle generazioni elettriche ma la giuria deve ancora esprimersi
Editore, Milano, 2003 cresciute sui social, è diventato realtà. su quelle senza pilota, che in due decenni sono
4.2022 47 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

passate da un’idea bizzarra liquidata con un’al- Bill Gates scriveva su “Scientific American” che
zata di spalle, a un periodo di rapido sviluppo vi sarebbe stato presto un robot in ogni casa,
tecnologico che ha portato a darle per immi- come era successo ai PC. Per non sembrare
nenti («la tecnologia c’è, mancano solo le leggi», troppo ottimista, poneva la scadenza al 2025, e
andava di moda dire) fino a un attuale riflusso possiamo dire tranquillamente che l’appunta-
di scetticismo, o forse solo di realismo. I sistemi mento verrà mancato. La robotica fisica conti-
di assistenza alla guida sono entrati nella dota- nua a rivelarsi molto più complicata dell’intelli-
zione di molte auto e sì, esistono già auto teori- genza artificiale basata su software e algoritmi.
camente in grado di guidarsi da sole. Ma come Combinare in un robot autonomia, affidabilità
diversi incidenti hanno mostrato, la tecnologia e scioltezza di movimenti, garantendo la si- L’attesa, Barbara Capponi,

non è poi così risolta, e una prossima estinzione curezza degli utenti umani che dovrebbero 2021, retablo: legno, vetro,
incisione laser; resina,
del volante e del pedale del freno non è da met- stargli attorno, richiede molto più che potenza
plastica, tempere acriliche,
tere in conto. computazionale – richiede in effetti una nuova carta, stoffa, colla,
Nel novero delle promesse sempre riman- scienza che è ancora agli albori. Riparliamone 16,7×16,7×3,5 cm.
date ci sono anche i robot personali. Nel 2008 tra altri vent’anni. Foto di Maria Enqvist
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 48 4.2022

MANUEL ORAZI

Storia di Francesco
di Giorgio, architetto SULLA STRADA
PER VINCI
quattrocentesco
e inventore di
macchine, riferimento
per Brunelleschi

S
e Leonardo, con il olo un’ora d’auto separa Gubbio da
Urbino, le città di Federico da Mon-
riferimento anche per Filippo Brunelleschi e di
Leonardo da Vinci, i cui primi passi si mossero
quale si incontrò una tefeltro (1422-1482) cui quest’anno
sono state dedicate due mostre per
appunto verso l’idraulica – quando prima di
emigrare in Francia propose ai veneziani degli
sola volta, a Pavia, onorare il sesto centenario dalla
nascita. Dalla natale Gubbio il mecenatismo
strumenti per far respirare i soldati sott’acqua,
riciclò appunto un’invenzione del Taccola. Pare
nel 1490: parlarono di Federico si espresse compiutamente a Urbi-
no, dove ottenne il trono del Ducato a spese del
che Brunelleschi una volta gli disse: «Non ren-
dere note a molti le tue invenzioni ma a pochi
di Vitruvio fratellastro Oddantonio, erede legittimo troppo intelligenti che amano la scienza (...) Molti ascol-
dedito ai cavalli e alle donne e perciò travolto tano volentieri allo scopo di disprezzare gli in-
da una sommossa popolare. Se il Montefeltro si ventori (...) e dopo affermano di essere loro gli
circondò di pittori come Piero della Francesca, inventori di quelle cose».
Giusto di Gand, Pedro Berruguete, Melozzo da Francesco di Giorgio gli rimase sempre fe-
Forlì, e gettò le basi per la crescita di due artisti dele, continuando la sua opera per tutta la vita
capitali del Rinascimento vale a dire gli urbinati e anzi esportandola: iniziò a lavorare per il
Donato Bramante e Raffaello Sanzio, il legame Montefeltro nell’ambito militare fino a vantar-
più fecondo e duraturo di tutti però fu quello si nel “Codice Magliabechiano” di aver fabbri-
col senese Francesco di Giorgio Martini, molto cato ben 136 fortezze, numero esorbitante che
di più che un architetto. Francesco di Giorgio comprendeva anche piccoli lavori di restauro
raccolse il testimone da Luciano Laurana, mi- o adattamento alle nuove esigenze balistiche
sterioso architetto nato sull’altra sponda dell’A- causate dalla diffusione della polvere da sparo.
driatico, iniziatore del Palazzo Ducale tra il 1464 Sia per le opere di cantiere sia per far funzionar
e il 1472, destinatario per questo della “Epistula le fortezze erano necessarie macchine lignee,
ad Lucianum architectum” che è un po’ l’inve- da difesa e da offesa, per esempio per cingere
stitura ufficiale alla moderna disciplina del in assedio città nemiche – Federico era in fondo
costruire. Viceversa Francesco era molto più un capitano di ventura istituzionalizzato, non
ingegnoso: si era formato con i maestri bottini troppo dissimile da Fortebraccio o Francesco
a Siena, gli autori delle costruzioni ipogee sot- Sforza. Sono però sorprendenti soprattutto le
tostanti alla Piazza del Campo che raccolgono macchine idrauliche come i multiformi mulini
l’acqua piovana convogliandola in cisterne. Il “in acqua morta”, cioè capaci di muoversi anche
Macchinario per il
sollevamento di colonne, suo primo vero maestro fu Mariano di Jacopo, senza la presenza di corrente. Questa perizia
Francesco di Giorgio detto il Taccola, chiamato anche l’Archimede di ha avuto effetti nei poco visitati sotterranei del
Martini, in Opusculum de Siena per la sua grande perizia ingegneristica palazzo di Urbino dove si vede di più la mano di
architectura, foglio 57r,
e artigianale insieme. È infatti l’autore di due Francesco ingegnere: la neviera attigua alle cu-
1474-82, penna e inchiostro
trattati, il “De ingeneis” e il “De machinis”, che cine permetteva di conservare cibarie fino all’e-
marrone, acquerello, gesso
su pergamena, The British presentano le sue invenzioni ovvero macchine state, quindi le cantine, i pozzi, le stalle, i bagni
Museum, Londra idrauliche e militari. Per questo fu un punto di riscaldabili attraverso piccoli condotti, tutti i
4.2022 49 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 50 4.2022

Le macchine di
Francesco di Giorgio
restano serafiche e
in fondo innocue,
bonarie anche se
belliche, degne
insomma di quella
figura archetipica
toscana alla base del
carattere artigianale
italiano che è Mastro
Geppetto, scultore
di legno, così
paziente e ingegnoso
da riuscire a farlo
parlare

sotterranei erano pieni di congegni o stanze di e pragmatica, molto prossima all’ingegneria,


servizio che rendevano il “palazzo in forma di la meccanica e l’idraulica si basa l’affinità con
città” una meraviglia del suo tempo. Purtroppo Leonardo da Vinci che incontrò una volta sola a
invece la maggior parte delle rocche disegnate Pavia, in viaggio nel 1490, commentando insie-
dal senese sono state distrutte o manomesse me Vitruvio, che Francesco non capiva essendo
perché quando Cesare Borgia tentò d’imposses- di estrazione popolare e digiuno di latino – Le-
sarsi del Ducato di Urbino, Guidobaldo (figlio di onardo invece era figlio e nipote di notai, nato
Federico) le fece saltare in aria per impedirgli cioè tra i libri.
di potersi difendere arroccandosi, ecco perché Il grande problema del senese e il motivo per
↗ Statua dell’Abbondanza ↗↗ Tavola 46: ritratto
restano quelle più marginali – come a Cagli Sas- cui agli occhi degli architetti postbramanteschi
su un carrello che può di Francesco di Giorgio
socorvaro, Costacciaro – ma fortunatamente appariva come goffo stava nel fatto che non era
essere spostato da macchine Martini, Giovanni Battista
a pignone e cremagliera, Cecchi, 1769-75 ca., anche fra le più belle. in grado di distinguere gli ordini: i dieci libri
Francesco di Giorgio incisione, The British Il Martini come il suo maestro era anche vitruviani infatti erano stati tramandati privi
Martini, in Opusculum Museum, Londra pittore e scultore, nonché autore di raffina- di illustrazioni, e quindi non era indicato per
de architectura, foglio 2r,
ti bassorilievi. Tuttavia giunse alla notorietà esempio quale fosse l’ordine dorico, lo ionico e
1474-82, penna, inchiostro
come architetto civile e militare quando ancora il corinzio. L’interpretazione dell’antico dunque
e gesso marrone su
pergamena, The British queste due sfere non erano separate come nel era opera d’immaginazione, specie per una men-
Museum, Londra secolo successivo. Su tale passione poliedrica te fervida come quella del senese. Fu Bramante
4.2022 51 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

il primo a distinguere gli ordini, studiando le


vestigie romane, ma bisognerà aspettare Pal-
ladio per avere una prima edizione vitruviana
compiutamente illustrata. Peraltro, sappiamo
che Vitruvio lavorò a Fano; ed è appunto grazie
alla conquista militare di quella città, nonché di
Senigallia, che il duca Federico poté finanziare
il palazzo urbinate. Nel libro nono del “De Ar-
chitectura”, Vitruvio dichiara che l’architetto,
perché la sua preparazione possa considerarsi
completa, deve padroneggiare anche la scienza
delle macchine. A differenza di ciò che era av-
venuto in Grecia nell’epoca ellenistica, con l’o-
pera di Vitruvio machinatio e aedificatio fanno
parte a pieno titolo della formazione professio-
nale dell’architetto. Del resto Vitruvio lavorò
come esperto in macchine da guerra al seguito
di Giulio Cesare e successivamente come archi-
tetto e ingegnere in età augustea. Ecco perché
distingue tra macchine utili in tempo di guerra
e in tempo di pace, per esperienza diretta. Nel li-
bro X ne fornisce anche la prima definizione in
assoluto: «Macchina è un insieme composto di
parti lignee congiunte tra loro, molto utile per lo
spostamento di pesi». Palladio che visse un seco-
lo dopo il Martini, provò a disegnare le antiche
macchine romane dapprima illustrando il libro
di Vitruvio nella traduzione di Daniele Barbaro
del 1556, quindi nella traduzione del “De bello
gallico” del 1575: splendide “capre”, attrezzature a
tre piedi con ingranaggi o strutture per costrui-
re ponti, tutto in legno naturalmente.
Uno studioso contemporaneo che si è occu-
pato dei trattati rinascimentali è lo splendido
novantenne Paolo Portoghesi. Storico collabo-
ratore di questa rivista fin dal suo debutto – si
veda per esempio il suo articolo “Macchine go-
tiche”, in “Civiltà delle macchine”, 4/1954 – tra
le sue innumerevoli attività di ricercatore, di-
rettore della Biennale e progettista, l’architetto
romano ha curato l’edizione del “De Re Aedifi-
catoria” di Leon Battista Alberti nel 1966 e poi
“Della trasportatione dell’obelisco vaticano,
1590” di Domenico Fontana – impressionanti le
incisioni che raffigurano il grande apparecchio
ligneo manovrato da decine di uomini per innal-
zare appunto l’obelisco al centro di Piazza San Paolo Volponi, “La macchina mondiale”,
Pietro. Il primo libro di Portoghesi, non a caso,
fu dedicato alle macchine. L’idea di fondo è che
Per approfondire Garzanti, Milano, 1965, che tocca lo stesso
tema sebbene in chiave moderna.
in ultima analisi, tutte queste macchine rinasci- Incredibilmente, non esiste un’edizione
mentali in fin dei conti si sono rivelate delle mac- anastatica recente dei libri di Taccola con
chine inutili così come quelle novecentesche di I libri e i disegni di Francesco di Giorgio commento in italiano, solo versioni in te-
Duchamp perché solo la Rivoluzione industriale Martini sono stati ripubblicati in “Trattati desco e in inglese come l’edizione Ludwig
è riuscita a renderle ordinarie cioè a far pene- di architettura, ingegneria e arte militare”, Reichert Verlag pubblicata a Wiesbaden
trare la tecnologia in ogni ambito umano – con a cura di Corrado Maltese, Il Polifilo, Mila- nel 1971. Da consultare anche Francesco
esiti deprecabili, secondo l’autore. Le macchine no, 1967. Negli stessi anni è uscito il libro di Paolo Fiore e Manfredo Tafuri, “Francesco
di Francesco di Giorgio invece restano serafiche Paolo Portoghesi, “Infanzia delle macchine. di Giorgio architetto”, Electa, Milano, 1993;
e innocue, bonarie anche se belliche, degne in- Introduzione alla tecnica curiosa”, Edizioni Vitruvio, “De architectura libri decem”, a
somma di quella figura archetipica toscana alla dell’Elefante, Roma, 1965 (nuova edizione cura di Pierre Gros, Einaudi, Torino, 1997 e
base del carattere artigianale italiano che è Ma- “Tecnica curiosa. Dall’infanzia delle mac- Caio Giulio Cesare, “La guerra gallica”, con
stro Geppetto, scultore di legno, così paziente e chine alle macchine inutili”, Medusa, Mila- le figure in rame di Andrea Palladio, BUR,
ingegnoso da riuscire a farlo parlare. no, 2014), nonché il romanzo dell’urbinate Milano, 2007.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 52 4.2022

GINEVRA LEGANZA

CI SERVONO
SEGRETE
I
libri sulle cose, difficili da scegliere e di Morton, della cosiddetta OOO (Object Orient-
classificare. La filosofia, la storia, a vol- ed Ontology), la filosofia che dà importanza alle
te la poetica in un viaggio che raccon- cose esterne togliendo peso all’uomo, figlio in-
ta il mondo. Nel 1968 Jean Baudrillard grato della natura. E che dà anche omonimo tito-
metteva a punto l’universo delle cose lo – “Ontologia orientata agli oggetti”, appunto –
nel pieno post-moderno. Come cambia la fun- a una ricognizione sul tema firmata dal “metafi-
zione di una sala da pranzo adesso che il pater sico delle cose” Graham Harman.
familias è caduto in disgrazia? Si domandava Passando dall’iperuranio dei filosofemi alla
il filosofo francese ne “Il sistema degli oggetti”. concretezza della storia, Neil MacGregor – già
Senza capotavola anche la tavola muta ora pel- direttore della National Gallery di Londra, alla
le, senso e disposizioni interne. Perché le cose guida del British Museum dal 2002 – congegna
non sono inerti – conferma Remo Bodei ne “La una macchina del tempo. È “La storia del mondo
vita delle cose” – e non sono del tutto uguali ai in 100 oggetti”: una testa di Ife dell’Africa sub-
meri oggetti. Le cose, appunto, racchiudono un sahariana, uno scudo in corteccia d’albero del
investimento affettivo che mette insieme spiri- territorio di Sidney, un minuscolo cocchio in la-
to e materia. Detta così, la cosa sembra quasi un mina d’oro persiano del 500 a.C. Un lungo cam-
oggetto-persona. Sarà. Ma non è da escludere il mino, il suo, sino al capolinea del presente, con
processo inverso: anche l’uomo, infatti, può di- un accumulatore di energia solare fabbricato
ventare oggetto. Il titolo più bello – tra i libri sul- in Cina nel 2010. Oggetto che richiama l’imma-
le cose – è di Mario Perniola, in un testo cult. È gine di un antico Egitto bramoso di catturare la
“Il sex appeal dell’inorganico”: su come l’amante, luce per mezzo di magici scarabei da custodire
nell’amplesso, piacevolmente e per amor dell’al- nell’oltretomba.
tro si riduca a cosa. Ecco, se mai venisse in mente anche a voi,
Proseguendo tra i libri più recenti – sempre proprio voi, di progettare cose da incastona-
a proposito di testi di cui basterebbe il titolo – re nel quotidiano ma che vogliano restare in
spicca “Iperoggetti” di Timothy Morton. Il fi- eterno, forse potreste consultare “Da cosa na-
losofo della RICE University – reputato dalla sce cosa” di Bruno Munari. Ma veniamo adesso
stampa statunitense a cavallo tra genio e follia – ai sogni degli umanisti, piuttosto lontani dalla
forgia una categoria nuova per identificare la funzionalità e dal design. Il critico Francesco
cosa nell’era dell’Antropocene. L’esempio di iper- Orlando, nel 1993, raccoglieva in un monumen-
Gaps (Bookshelf I),
oggetto più grave, a suo dire, sarebbe il riscal- to editoriale «rovine, reliquie, rarità, robaccia,
Loris Cecchini, 2018,
damento globale: una cosa viscosa e non-locale. luoghi inabitati e tesori nascosti». “Gli oggetti dettaglio, resina poliestere,
Enorme, intangibile, incombente, che cambia il desueti nelle immagini della letteratura” non pittura. Foto di Ela
rapporto soggetto-oggetto. Testo cardine, quello risparmia e non dimentica niente. Dalle “buone Bialkowska OKNOstudio
4.2022 53 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Una piccola
bibliografia delle
cose (non solo quelle
buone e di pessimo
gusto), da Remo
Bodei all’ontologia
orientata degli
oggetti

cose di pessimo gusto” di Guido Gozzano al ciar-


pame più kitsch che popola l’atmosfera sinistra
dei romanzi ottocenteschi.
Eppure la letteratura, alla svolta del secolo,
non si infatua solo di oggetti desueti. Il romanzo
“Le cose” di Georges Perec immagina due giova-
ni intellettuali desiderosi d’abitare in sontuosi
appartamenti nel cuore di Parigi. Senza denaro
ma già decisi sul mobilio, coi ninnoli da poggiare
su tavolini e librerie in ciliegio chiaro. Il tutto in
un afflato lussuosista impossibilitato da finan-
ze spoglie. Una storia triste, quella di Perec. E
distante dall’allegro materialismo di Francis
Ponge, Lucrezio redivivo e autore del “Partito
preso delle piccole cose”: un “De rerum natura”
aggiornato che considera «ogni cosa del tutto
sconosciuta». E guarda il mondo nell’occhio di
un poeta che giace sull’erba.
E neppure così tristi son “Le cose” di Jorge
Luis Borges, che nel libro “Elogio dell’ombra”
rende loro omaggio con una poesia. Ben sapen-
do che quel che ci circonda, nel quotidiano, sfa-
ma la sete umana d’immortalità. Perché la forza
degli oggetti è nel custodire ricordi. E la loro uni-
ca debolezza è nel non poter parlare. Ma è pro-
prio questo paradosso a renderceli cari. Borges,
ossessionato dall’oblio, sa che nell’inanimato si
nasconde la memoria del mondo. E tanti sono i
mondi quante son le cose. «…Quante cose», dice
il poeta, «…Quante cose / atlanti, lime, soglie,
coppe, chiodi, / ci servono come taciti schiavi, /
senza sguardo, stranamente segrete! / Dureran-
no più in là del nostro oblio; / non sapran mai che
ce ne siamo andati».
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 54 4.2022
4.2022 55 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

MARIO BEVILACQUA, CLARE HORNSBY

ALBANI
E LA VILLA
DEI LUMI
M
ultiforme, eclettica, imprendibile e imprevedibile la per-
sonalità di Alessandro Albani (1692-1779), nipote di papa
Clemente XI, cardinale dal 1721, figura chiave della Roma
del Settecento, sicuramente tra le più brillanti e cosmo-
polite capitali nell’Europa del secolo dei Lumi. I suoi con-
temporanei lo hanno ammirato, adulato, temuto, affascinati dalla sua
indipendenza intellettuale e lungimiranza politica, intimoriti dalla sua
capacità di tessere reti diplomatiche, ammirati e scandalizzati di fronte a
una partecipazione sempre esuberante nella socialità internazionale dei
salotti romani, protagonista di contrastati affaires sentimentali.
Ma la vera e duratura passione divorante di Alessandro Albani è la
cultura di Roma, le arti, gli studi di antichità. Un desiderio di confrontarsi
con la magnificenza e la civiltà degli antichi, e di alimentare un nuovo,
moderno dialogo col passato, più operativo in termini di riformismo che
nostalgico di una gloria svanita.
Protettore di artisti, riformisti, tecnici e intellettuali – basta ricorda-
re Piranesi e Winckelmann – con loro Alessandro Albani promuove pro-
getti di grande portata: la prima campagna di sistematico rilevamento
scientifico di tutta la planimetria antica e moderna dell’urbe, le proposte
per la navigazione del Tevere, l’arricchimento sostanziale dei Musei Ca-
pitolini, la costituzione di collezioni ricchissime di statuaria, glittica, nu-
mismatica, iscrizioni, grafica, pittura, di una biblioteca preziosa sempre
incrementata in un’ottica enciclopedica di apertura europea. Strumenti
e risorse sempre generosamente messi a disposizione di eruditi, studio-
Villa Albani Torlonia, si e artisti, ma anche sbrigativamente e disinvoltamente alienati, nelle
Massimo Listri, 2021, Roma
altalenanti fortune di un principe della Chiesa senza discernimento in
campo finanziario.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 56 4.2022

Generazioni di storici sono rimaste affasci-


nate dalle passioni di Alessandro Albani, e da-
gli esiti così vistosi ma anche contraddittori del
suo mecenatismo. Oggi, dopo la grande esposi-
zione della collezione di statuaria poi confluita
nella collezione Torlonia (Roma, Musei Capitoli-
ni, ottobre 2020-gennaio 2022, curata da Salva-
tore Settis e Carlo Gasparri), e le pubblicazioni e
campagne fotografiche promosse dalla Fonda-
zione Torlonia per comunicare un nuovo spirito
di apertura e collaborazione, la straordinaria
vicenda di Alessandro Albani si ripropone in
tutte le sue sfaccettature.
Accanto alle principali ricerche del mon-
do anglosassone, incentrate sul ruolo svolto
dal cardinale nella cultura e nelle materialità
del Grand Tour, le sistematiche ricognizioni
sullo sfaccettato milieu della corte Albani con-
dotte dal gruppo di lavoro tedesco coordinato
da Herbert Beck e Peter C. Bol (“Forschungen
zur Villa Albani”, 1982), e quelle pionieristiche
coordinate da Elisa Debenedetti (“Il cardinale
Alessandro Albani e la sua villa”, 1980; “Com-
mittenze della famiglia Albani: note sulla Villa
Albani Torlonia”, primo volume della collana
di “Studi sul Settecento Romano”, 1985, che si
specchia nell’ultimo volume pubblicato, 2021,
dedicato al “Cardinal Alessandro Albani. Col-
lezionismo, diplomazia e mercato nell’Europa
del Grand Tour”), ci consegnano un quadro ric-
chissimo di dettagli e correttamente inserito
nei contesti tratteggiati, tra gli altri, dai grandi
storici dell’arte e della cultura Francis Haskell
(“Patrons and Painters”, 1963) e Joseph Rykwert
(“The First Moderns”, 1980).
Sicuramente molto resta ancora da inda-
gare, da approfondire. Uno dei problemi più
gravi è la mancanza di un vero e proprio ar-
chivio personale del cardinale, che conservi
la documentazione prodotta da lui e dalla sua
amministrazione, in cui ritrovare serie di regi- di apertura del pontificato di Benedetto XIV.
strazioni contabili, atti notarili, carteggi, su cui Le teorie artistiche e le proposte di riforme
ricostruire i suoi rapporti, il suo stile di vita. A economiche, territoriali e urbanistiche di un
differenza delle attività in curia, politica e di- intellettuale come Lione Pascoli, auditore del
plomatica, le sue acquisizioni di statuaria, di cardinale; l’ideazione di una ambiziosa “enci-
iscrizioni antiche, di dipinti e oggetti da colle- clopedia” di Roma sotto il coordinamento di
zione, gli acquisti immobiliari e il mecenatismo Antonio Baldani, suo bibliotecario (Winckel-
architettonico, trovano riscontri in fonti molto mann lo sarà dal 1755), che da un lato è rifles-
diverse, disperse e lacunose (anche se spesso sa nel programma generale di costruzione e
assai eloquenti). La fitta rete di corrispondenze allestimento di Villa Albani, coi suoi giardini e
che attraversava l’Europa colta ed elegante del le sue collezioni, ma dall’altro trova esito con-
Grand Tour, i diari dei suoi ospiti, i dispacci di- creto nel riconosciuto capolavoro cartografico
plomatici così come i carteggi politici riservati della “Nuova Pianta di Roma” di Giovanni Bat-
aiutano a ricostruire il contesto. tista Nolli. Il disegno preparatorio per la grande
La corte del cardinale Albani rivive lo spiri- incisione in dodici tavole, del 1736, mostra uno
to della grande stagione del nepotismo ponti- stemma del cardinale, testimonianza di un me-
ficio rinascimentale e barocco, in un ambiente cenatismo diretto; nell’edizione del 1748, una
intriso di interessi letterari, artistici, ma anche delle tavole, firmata dal giovane Piranesi, sarà
scientifici e riformisti, da cui scaturiscono dedicata al cardinale. La pianta di Nolli nasce-
progetti ed esiti molto incisivi per la cultura va nell’alveo degli intellettuali che gestivano e
Villa Albani Torlonia, italiana ed europea del Settecento. Progetti ed animavano la biblioteca di Alessandro Albani
Massimo Listri, 2021, Roma esiti che trovano piena consonanza nel clima (e questo dato ci fa riflettere sul significato e
4.2022 57 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

La vera e duratura
passione divorante
di Alessandro Albani
è la cultura di
Roma, le arti, gli
studi di antichità.
Un desiderio di
confrontarsi con la
magnificenza e la
civiltà degli antichi,
e di alimentare un
nuovo, moderno
dialogo col passato,
più operativo in
termini di riformismo
che nostalgico di una
gloria svanita

il ruolo che la biblioteca ha avuto e deve con- storici Colin Rowe e Christian Norberg-Schulz.
tinuare ad avere per la fermentazione di idee Alessandro Albani, nipote di un pontefice stra-
e progetti). La sua esecuzione scientificamen- ordinariamente attivo nella promozione di arte,
te ineccepibile ne ha fatto la base cartografica architettura e interventi urbani, si impegna in
della città fino alla metà del Novecento; il suo un mecenatismo che non trova paragoni nel-
segno cristallino, che rende leggibile in bianco la Roma del tempo. La sua celebre villa-museo
e nero la stratificata complessità dell’insieme – Villa Albani Torlonia sulla Via Salaria a Roma – è
urbano, riportandolo al confronto (e scontro) l’apice di questa attività. Iniziata a costruire alla
tra spazi pubblici e spazi privati, è stato assun- metà del Settecento, oggi proprietà dei principi
to nel dibattito sull’urbanesimo contempora- Torlonia, ha attraversato pressoché intatta la tu-
neo, come base per una comunicazione della multuosa storia di Roma negli ultimi due secoli
città, a partire dall’analisi proposta da Robert e mezzo, e ha contribuito a definire un modello:
Venturi, Denise Scott Brown e Stephen Izenour rievocazione di una villa classica e rinascimenta-
nel volume “Learning from Las Vegas” (1972, le, luogo eletto di contemplazione, di ostentazio-
1977). Nel 1979 la mostra “Roma interrotta” di- ne, di evocazione di spazi e funzioni all’antica – le
latava la portata globale della pianta di Nolli terme, i tempietti, i giardini popolati di statue e
presentando le dodici tavole attraversate, con- colonne di marmi preziosi – senza rinunciare ai
taminate dai progetti di James Stirling, Paolo piaceri della vita sociale moderna – il biliardo, il
Portoghesi, Robert Venturi, Michael Graves, coffeehouse. La Getty Villa a Malibu, aperta al
Leon Krier, Aldo Rossi, e commentate dalle ri- pubblico nel 1974, tra i tanti esempi possibili ne
flessioni di Giulio Carlo Argan – allora sindaco incarna lo spirito, rivisto e corretto nell’adattarsi
della città e promotore dell’iniziativa – e degli alle esigenze del tycoon americano ugualmente
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 58 4.2022

La realizzazione di
Villa Albani propone
una nuova tipologia
di “casino di delizie”,
che aggiorna
il modello ormai
non più percorribile
della grande
villa aristocratica
barocca

ossessionato dal desiderio di “possedere” Roma, re proverbiale: quasi una eccezione, percepita
ma anche di condividere un progetto più ampio come ormai impropria dai suoi contemporanei.
di promozione culturale. In una identificazione piena, e davvero qua-
La realizzazione di Villa Albani, nella sua si anacronistica, col ruolo di cardinal nipote,
piena integrazione tra architettura, spazi verdi, e Alessandro Albani può essere indicato come
scultura, pittura, decorazione, propone una nuo- un nuovo “gran cardinale”, per usare il termine
va tipologia di “casino di delizie”, che aggiorna il coniato duecento anni prima per un altro cardi-
modello ormai non più percorribile della grande nale Alessandro, il Farnese nipote di papa Paolo
villa aristocratica barocca. Nata quasi casual- III. Accanto alla villa extraurbana, Alessandro
mente, in un giardino formale privo di particolari Albani promuove la costruzione e l’allestimen-
ambizioni, come poco più di un coffeehouse – ma to della villa marina di Anzio e della villa di
agli antipodi rispetto al coevo coffeehouse co- Castelgandolfo – il fratello Annibale predilige
struito nei giardini del Quirinale da Ferdinando invece il palazzo nel feudo principesco di So-
Fuga per Benedetto XIV – Villa Albani cresce at- riano nel Cimino – mentre a Roma ristruttura
traverso progetti che si stratificano, modificano e e amplia il palazzo alle Quattro Fontane, ac-
precisano negli anni, seguendo fasi diverse degli quisito dalla famiglia solo nel 1719. Un intero
interessi del cardinale e del suo entourage, riflet- tratto della Via Sistina si viene a caratterizzare
tendo la rapida accelerazione nel momento della in modo chiaro: una “strada Albana”, a prose-
comparsa di Winckelmann alla metà degli anni cuzione dell’asse barberiniano tra Piazza Bar-
Cinquanta, ma a cui non è estranea, nella versio- berini e le Quattro Fontane (quasi a evocare il
ne definitiva dell’architetto Carlo Marchionni, la legame barberiniano a cui gli Albani dovevano
↑ Tavola di Giovanni ➡ Si considerava
Battista Piranesi con un collezionista, Barbara pragmatica semplicità di un primo progetto di la propria ascesa nel Seicento), su cui si affac-
dedica al cardinale Capponi, 2021, retablo: Nolli e poi una esuberanza di impronta pirane- ciano palazzi, palazzetti e case di tutti i fratelli
Alessandro Albani, legno, vetro, incisione siana. Il cardinale amava comunque attribuire a Albani, i due cardinali Alessandro e Annibale,
in Nuova pianta di Roma, laser; cartoncino, resina,
sé stesso il progetto definitivo, descrivendolo con e il principe Carlo. Ultimo segno urbanistico di
Giovanni Battista Nolli, 1748, smalto, tempere acriliche,
ironia e sprezzatura “di pessimo gusto”. un fenomeno nepotistico che ha caratterizzato
The British Museum, carta, porporina, colla,
Londra 22×9,5×5,5 cm. Ma Alessandro Albani ha promosso un me- la storia – e la storia urbana e architettonica –
Foto di Maria Enqvist cenatismo tanto esteso e ambizioso da diventa- di Roma, ormai in fase di definitivo tramonto.
4.2022 59 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

GIORGIA LEPORE momento in cui si confrontarono con la Grecia. ciare le radici di un collezionismo nato con una
Graecia capta ferum victorem cepit, scriveva funzione pubblica, come attestano fonti molto
qualche tempo dopo Orazio, esprimendo il sen- antiche, per esempio gli idilli di Teocrito, in cui
so della conquista intellettuale, culturale e ar- si parla delle esposizioni di statue nel palazzo
tistica dei vinti sui vincitori. L’innamoramento di Tolomeo, o i mimiambi di Eronda, in cui due

All’alba delle collezioni era nato probabilmente già nel III secolo a.C.,
quando nel 212 il console Marcello conquistò
semplici ragazze ammirano le opere esposte nel
santuario di Apollo sull’isola di Cos. Del resto,
Siracusa: Plutarco racconta che prese con sé proprio Tolomeo crea il Museo di Alessandria,
le più belle opere d’arte come bott ino, per esi- massima istituzione culturale del mondo elleni-
birle in trionfo a Roma. Divenne una regola: a stico, il cui nome e la cui funzione sono l’eredità
parte Quinto Fabio Massimo, che non portò via più interessante di quel tempo.
«Vengo ora a quella che costui chiama passione, nessuna opera d’arte dalla sottomessa Taranto A Roma, invece, il collezionismo acquista una
i suoi amici morbosa mania, i Siciliani ladreria». – forse per rispetto, forse per scaramanzia – ogni dimensione prevalentemente privata: gli intel-
Così tuonava Cicerone nel 70 a.C., in un passag- console vincitore arricchì Roma di magnifiche lettuali – tra cui lo stesso Cicerone – se ne servi-
gio della sua orazione contro Verre. Continuava opere d’arte, di cui le fonti tramandano elenchi vano per dimostrare uno status sociale ed eco-
poi con l’elenco di tutt i gli oggett i d’arte – vasi, dettagliati con nomi e autori. nomico, e Petronio nel “Satyricon” stigmatizza
statue, gioielli – depredati da Verre in Sicilia e I romani, per buona parte della loro storia, co- questa usanza ormai divenuta una moda anche
in Grecia, in luoghi pubblici e privati, persino varono sempre questo senso di inferiorità nei presso i nuovi ricchi, come il suo Trimalcione.
nei templi. Certo, Cicerone faceva il suo lavoro, confronti dei greci. Compravano bellezza. Il col- Questo diverso uso del collezionismo in forma
e per stigmatizzare l’avversario ricorreva ad ar- lezionismo nasce così, come amore un po’ mala- pubblica e in forma privata si ritrova poi nel Ri-
tifici oratori al punto da farsi passare per igno- to verso qualcosa che si vuole disperatamente nascimento, fi no ad arrivare a tempi molto più
rante in materia – lui, accanito collezionista, possedere, perché non si è in grado di crearlo. Si recenti; e, come in antico, oscilla costantemente
come attestano le sue lettere all’amico Att ico, trasforma poi in ruberia (come nel caso di Verre), tra la morbosità delle Wunderkammer (cabine
dal quale si riforniva sistematicamente di opere commercio, vezzo, moda, passione, rispetto per zeppe di oggett i più disparati, a uso stretta-
d’arte per le sue ville. l’antico e volontà di preservarlo, manifestazione mente privato), e l’amore illuminato di principi
Questo è uno dei documenti più antichi e det- di potere e di ricchezza, oscillando per tutta la e cardinali, mecenati e miliardari, che hanno
tagliati sul collezionismo, che attesta quanto la storia successiva tra i due estremi dell’amore e fatto della loro passione una testimonianza per
pratica fosse diff usa nel mondo romano. Una del possesso. i posteri, e della loro ossessione un’opera d’arte
passione che diventava ossessione, e nasceva E oscillando anche tra sfera pubblica e sfera pri- in sé, con raccolte che sono i nuclei fondanti dei
dal senso di inferiorità che colse i romani nel vata: nel mondo ellenistico possiamo rintrac- grandi musei moderni.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 60 4.2022
4.2022 61 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

ELISA ALBANESI

Conversazione con
Giovanni Giuliani.
IL COLLEZIONISTA
MILITANTE
Che cosa significa
collezionare.
Il rapporto tra il
gusto combinatorio

G
e il sé profondo. iovanni Giuliani è un collezionista italiano tra i più impor-
tanti qui da noi. Libero professionista, insieme a sua moglie

Perché un autista Valeria ha varato la Fondazione Giuliani per promuovere


l’arte contemporanea. È arrivato allo spartiacque esisten-

greco poté creare ziale dell’arte per una forma di intelligenza generalista
che coglierete nella conversazione che segue e che parte da una domanda
una collezione di elementare e insieme antropologica: che cosa ci spinge a diventare colle-
zionisti? «Non credo si nasca collezionisti, né che sia un mestiere che uno
avanguardia russa può imparare o decidere di fare. Penso invece avvenga tutto abbastanza
casualmente. Mi riferisco al collezionismo di arte contemporanea in par-
e (forse) non ticolare, perché i collezionismi sono tanti e le arti ancora di più. La vera
motivazione che muove un collezionista di arte contemporanea credo sia
accadrà mai più cercare di capire il mondo che gli gira intorno. Quindi non si collezionano
cose già consolidate, note alla storia dell’arte, ma si cerca di vivere il con-
temporaneo, di interpretarlo. Vuol dire carpire in un’opera la possibilità
che essa possa entrare in futuro nella storia dell’arte, farla. La scommessa
è individuare le linee che guidano il presente, quelle che dopo un certo nu-
mero di anni – mentre tu stesso stai cambiando – capisci se sono giuste o
sbagliate. Si diventa davvero collezionisti dopo trenta, forse quarant’anni
dal primo acquisto. Solo allora puoi capire se sei riuscito a cristallizzare un
attimo in una collezione. È interessante anche cogliere le influenze che il
presente subisce dal passato. Nel mio caso, ho compreso come l’arte pove-
ra italiana sia stata fondamentale nell’evoluzione artistica contempora-
nea, e lì dove me lo sono potuto permettere, ho cercato di integrarla nella
mia collezione. Come nel caso del minimalismo americano, nei limiti del
possibile, per lo stesso motivo, perché servono risorse infinite da destinare
e non sempre te lo puoi permettere. Allora che si fa? Io mi regolo in questa
maniera: ho cercato di integrare i trend con le influenze passate metten-
Senza titolo, Jannis Kounellis, do insieme artisti giovani con altri meno contemporanei. In questi anni
collezione Giuliani di collezionismo militante, trenta ormai, ho inserito opere e personalità
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 62 4.2022

degli anni Sessanta. Non sono potuto andare

«Si diventa davvero più indietro, ma mi sarebbe piaciuto molto. C’è


una domanda classica in questi casi e so che lei

collezionisti dopo sta per farmela. Perché collezionare e non guar-


dare? Per quale motivo chi è interessato all’arte
trenta, forse non vuole solo guardarla ma anche comprarla?
Innanzitutto, perché mi piace viverci insieme. I
quarant’anni dal posti in cui vivo li ho adattati. Del resto noi eu-
ropei, e noi italiani in particolare, siamo abituati
primo acquisto. ad arredare i luoghi in cui viviamo con qualcosa
che abbia un significato. A me piace farlo con
Solo allora puoi l’arte contemporanea, cosa che dà il via a un pro-
cesso infinito perché diventa una curiosità con-
capire se sei riuscito tinua. Certo, bisogna fare i conti con il mercato
e chi lo gestisce. Poiché le risorse da destinare
a cristallizzare sono limitate, bisogna identificare un target ed

un attimo in una evitare le mode. L’esperienza mi ha insegnato a


fuggire le cose particolarmente calde, che alla

collezione» fine sono solo un problema. Tutti cerchiamo la


qualità, nonostante non sia detto che il mercato
la riconosca, ma perché siamo convinti che alla
fine la riconoscerà. È una specie di lotta, il colle-
zionista e il mercato. Personalmente non ho mai
voluto speculare sull’arte. Guardo le valutazioni
con indifferenza. A volte mi pento, ma non mi leggende di altri tempi. È impossibile che un
lamento. L’indifferenza serve quando il merca- autista di un’ambasciata diventi il più grande
to ci dà torto, ma anche quando ci dà ragione. collezionista delle avanguardie russe. Adesso
Giuseppe Panza di Biumo, dice la leggenda, pa- l’unica storia possibile è che un trentenne della
gava mille dollari un’opera, poi quando il Gug- Silicon Valley, con un conto miliardario, si metta
genheim ebbe bisogno di coprire il vuoto della a fare una grande collezione». Proponiamo un
sua collezione di arte minimalista americana, si emendamento a questa dichiarazione. Ammet-
rivolse a lui perché era il solo ad avere tutti i la- terà che con molto meno di un miliardo di dol-
vori più significativi di quegli anni. Aveva colle- lari, un giovane trentenne potrebbe mettere in
zionato con la testa, non con il denaro. So che lei piedi una robusta collezione di NFT che rappre-
sta pensando che il mondo di oggi è un po’ diver- sentino scimmie (la cosa è realmente accaduta).
so da quello di Panza. Sì, naturalmente il mon- Giuliani dice: «Non credo negli NFT».
do è cambiato, ci sono migliaia di billionaires Così, senza discussioni, torniamo al flusso
che hanno allargato la cerchia a dismisura quin- del suo racconto. C’è in sospeso una ulteriore
di se trovi un artista interessante o lo compri su- questione. Che cosa è cambiato con gli artisti
bito o non lo compri più». nel mercato che è diventato più ricco? Il rappor-
Piccola interruzione del flusso: i cambia- to con il creatore dell’oggetto è rimasto lo stes-
menti del mercato come hanno modificato il so? «Può darsi. Innanzitutto oggi una collezione
modo di collezionare? «Negli ultimi quindici di arte contemporanea non può non essere in-
anni il mercato è cambiato in una maniera cla- ternazionale. Non faccio il talent scout, guardo
morosa, sono arrivati migliaia di protagonisti e ad artisti che abbiano superato i primi due step:
di acquirenti senza limiti di budget, con i qua- fanno già parte del circuito internazionale e
li non puoi competere. L’internet economy ha sono stati notati da gallerie internazionali de-
creato una marea di billionaires. Prima, il no- gne di fede. Non mi considero in grado di fare
stro, era un piccolo mondo, ora non è così. È più una scoperta e non mi interessa. Nel tempo
complicato. Le storie dei leggendari collezionisti del dominio del mercato, contano poco anche
come il greco George Costakis, il quale riuscì a le recensioni sulle riviste o le mostre museali.
creare la più grande collezione d’avanguardia Così, noi collezionisti selezioniamo artisti in
russa lavorando come autista all’ambasciata una forma di scouting di secondo livello in cui
greca, oggi in parte confluita in un museo di Sa- ovviamente il gusto ha il suo peso. Ma non la
lonicco, non sono più possibili. Oppure, i due po- relazione diretta. Non ci sono grandi relazioni,
stini americani Herbert e Dorothy Vogel, marito il mondo è cambiato. Neppure con gli artisti che
e moglie, i quali per tutta la vita hanno vissuto espongono alla Fondazione, vengono qui una
sopravvivendo con lo stipendio di lei, mentre settimana per allestire ma poi non li vedi più.
quello di lui veniva investito per comprare ope- Non è come una volta». Kounellis invece, venne
I collezionisti Herbert
re. E così, hanno fatto la collezione di arte mi- qui da lei e allestì personalmente la sua opera,
e Dorothy Vogel, nimalista americana più bella del mondo. Sono giusto? «Sì ma era un fatto molto romano e io lo
Bernard Gotfryd, 1970 ca. tutte cose che non possono più succedere, sono conoscevo bene. Anche Sol Lewitt ha fatto una
4.2022 63 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

commissione qui da me, ma non l’ho mai visto. non voglio avere la sensazione dell’accumulo.
Il fatto nuovo è che questo mondo pretende che
le acquisizioni siano mediate esclusivamente
Tante volte ho lasciato in magazzino lavori im-
portanti. Perché? Perché semplicemente alcune
«Nell’arte
dalle gallerie. Conosco bene le gallerie, ho un
rapporto con loro, ma non con gli artisti». C’è
opere stanno benissimo, lì, in quel determinato
spazio e altre, magari di valore maggiore, no».
contemporanea,
una frase che lei ha pronunciato proprio sull’o-
pera di Kounellis, in cui raccontava che l’artista
È un punto interessante, se ne parla da secoli,
del resto. Le opere dialogano tra loro? «Per me
la diversità è l’essenza
montava l’opera ma nessuno era attento a quel-
lo che faceva. Sua osservazione: «la disatten-
non dialogano. Forse come suggestione estetica
e quasi decorativa. Certo, in una stanza dove c’è
del collezionare.
zione elimina gli oggetti dall’orizzonte». Se nel
suo modo di collezionare è così importante la
molta arte minimalista stanno insieme artisti
che hanno vissuto parte della loro avventura
Esistono miliardi
presenza delle opere negli ambienti della vita, insieme. Ci sono in effetti linee di indicazioni di combinazioni
in che modo le espone? Le usa come “disposi- artistiche che hanno attraversato gli oceani.
tivi dell’attenzione”? «La mia frase riprendeva Posseggo un veicolo di Gianni Piacentino. Do- possibili»
un’idea di Joseph Kosuth. Voleva realizzare un nald Judd un giorno disse: “Voi sapete che c’è un
neon nel mio studio, e citare Proust (e precisa- signore, a Torino, che ha fatto le cose che faccia-
mente: «la nostra attenzione colloca gli oggetti mo noi adesso”. Piacentino non aveva mai visto
in una stanza e l’abitudine li toglie per far po- i lavori di Donald Judd o di John McCracken
sto a noi»). Intendeva dire che la disattenzione però ha realizzato opere simili prima di loro, ne-
toglie gli oggetti dalla realtà. Ed è la verità in gli anni Sessanta, senza conoscerli. Era il feel-
effetti. Nel mio studio professionale la gente ing del mondo, d’altronde. Ma non li metto in-
non viene per vedere l’arte, ma per fare altre sieme per quel motivo, sebbene, in effetti siano
cose, contratti essenzialmente. Solo una piccola nella stessa stanza, vicini».
percentuale di queste persone si incuriosisce e Quello che possediamo è identitario. La let-
domanda, e solo una frazione di questa chiede teratura si è occupata molto della relazione tra
perché conosce. D’altronde, si trova in un posto le persone e quello che posseggono. Quanto una
inaspettato». E inaspettatamente, vede i sas- collezione rappresenta il collezionista? E come
si di Richard Long. Giuliani sorride: «E infatti la sua collezione la rappresenta? «Non c’è dub-
chiede: perché c’è Richard Long qui dentro? Ri- bio, la collezione rappresenta il sé profondo del
chard Long è lì che saranno diciassette-diciotto collezionista. È sicuramente espressione dell’e-
anni, ma me lo avranno chiesto tre persone. La leganza, del gusto, del livello culturale di chi la
percentuale è vicina allo zero. Non so, forse c’è possiede. C’è gente che compra a chilo, o che col-
anche il timore di fare domande fuori luogo, im- leziona solamente le cose riconoscibili perché chi
barazzanti. Credo che di base non lo vedano o entra in casa possa riconoscere ciò che possiede,
non gli interessi. A me piace pensare alla frase è il collezionista d’immagine, è un modo per far-
di Kosuth, la disattenzione gliele toglie davanti, si riconoscere e darsi un tono. Poi ci sono quelli
le elimina dallo sguardo, non esistono. Io sono che hanno cattivo gusto. Oppure i sofisticati, che
curioso, se vado in un posto e vedo cose strane, hanno un approccio peculiare al collezionare.
metto in croce il mio ospite e mi faccio spiegare Ci sono persone tristi che fanno collezioni tri-
tutto. Poiché l’arte contemporanea è una barrie- sti, persone allegre che fanno collezioni allegre.
ra, e poiché regna la leggenda che nell’arte con- Ci sono collezioni rassicuranti, collezioni che ti
temporanea non si capisca nulla, si preferisce agitano, collezioni che ti incuriosiscono. Io metto
non fare brutte figure, non chiedere, fare finta assieme cose diverse ma simili. Non voglio esse-
di niente. Io chiedo quando non so e in teoria mi re un bibliotecario, o un archivista. Se chi osser-
aspetterei la stessa cosa dagli altri». va la collezione nota che le cose confliggono, che
Per lei, comunque, Richard Long è lì, e il non funzionano, vuol dire che la collezione non
rapporto con lui e con tutta la sua collezione funziona, perché non è detto che debba funzio-
ha una continuità quotidiana. «Per forza, quasi nare. Don Rubell, uno dei più grandi collezionisti
non me ne accorgo più, se non quando sposto al mondo, diceva: “diventi collezionista quando
un’opera, perché ogni movimento qui è pensa- non appendi più”. Vuol dire che collezionare si-
to, le cose non si appoggiano per caso. Ci sono gnifica avere il gusto di possedere quel lavoro.
diversi modi di collezionare, ci sono i collezioni- Non compro mai dicendo “questo sta bene lì”.
sti bulimici che riempiono le stanze di cose che Molte delle opere che acquisto finiscono in ma-
non si vedono più. Le famose quadrerie, dove le gazzino. Collezionare vuol dire avere un magaz-
opere si accavallano, tutte attaccate l’una all’al- zino. C’è chi non espone e tiene tutto in magaz-
tra. Da me, non c’è più di un’opera per parete, zino. Personalmente voglio vivere l’arte, in tutti
non c’è mai la possibilità che si confondano. i posti in cui vivo». Una collezione costituisce in
Questo perché l’arte contemporanea va instal- sé una cosa? «Forse nella collezione di un numi-
lata. Sopra quella porta avrei dello spazio, ma smatico o di un filatelico, perché smembrarla si-
andrebbe a confliggere con quel lavoro di Mau- gnifica toglierle unità. Nell’arte contemporanea,
rizio Pellegrini. Questi sono lavori che vivono la diversità è l’essenza del collezionare. Esistono
bene perché hanno il loro ambiente intorno e miliardi di combinazioni possibili».
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 64 4.2022

VINCENZO PISANI

Una visita al Museo


dell’Industria HO VISTO
UNA MAPPA
Aeronautica di
Leonardo a Torino.
I custodi delle
macchine, tra prototipi
e vecchie glorie ROTANTE
C’
è un contenitore di metallo sotto la fusoliera di un Pana-
via Tornado del 1979 dalle lamiere di color grigio-azzurro.
In un lento sgocciolìo, il contenitore raccoglie l’olio e gli
altri fluidi che continuano a circolare in questo aeropla-
no che non vola più. A distanza di anni, scorrono flussi di
vita, tracce della capacità di sfidare la gravità, una specie di potenzialità
contratta che si percepisce. È in questo hangar dal 2015 per raccontare sé
stesso a chi viene a trovarlo.
Nell’hangar ci sono altri cinque velivoli. Il visitatore, osservando da vi-
cino un aereo, può percepirne l’anima, quasi una natura senziente. C’è una
stratificazione di imprese, di sentimenti, di storie che li hanno portati a vo-
lare, a superare record. L’Hangar Velivoli Storici del sistema museale della
Divisione Velivoli di Leonardo si trova a Torino, una delle capitali – non
l’unica – dell’aviazione italiana. Si sente il genius loci di una città pioniera
della manifattura nazionale. Qui si compie il primo volo di un aereo italia-
no: è il 13 gennaio 1909, siamo sui prati di Mirafiori, a bordo del Triplano
Spa-Faccioli, ideato e costruito a Torino dall’ingegner Aristide Faccioli, ex
direttore tecnico della Fiat. Ed è qui che l’ingegner Franz Miller, nel 1908,
apre la prima fabbrica di aeroplani, in Via Legnano 9, promettendo, in un
manifesto pubblicitario dell’epoca, di eseguire «qualsiasi macchina per vo-
lare dietro semplice schizzo: aeroplani, ortotteri, elicotteri, dirigibili». Po-
chi anni più tardi, nel maggio del 1916, l’ingegner Ottorino Pomilio fonda la
Società Anonima per Costruzioni Aeronautiche ing. Ottorino Pomilio & C.,
con sede in Corso Francia (esattamente dove oggi sorge lo stabilimento di
Torino di Leonardo e dove ancora troviamo il capannone originario dell’e-
poca) e il 10 luglio 1916, per il collaudo dei suoi aerei, inaugura quello che è
conosciuto come Aeroporto Torino-Aeritalia.
4.2022 65 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Eurofighter Typhoon,
particolare della fusoliera,
Hangar Velivoli Storici,
Museo dell’Industria
Aeronautica di Leonardo,
Torino, 2022. Foto di
Vincenzo Pisani
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 66 4.2022

È l’incipit di una storia che vedrà decollare su una iniziativa che nasce non solo per conservare
queste piste i prototipi progettati dai padri dell’a- e far conoscere le testimonianze dell’evoluzio-
eronautica nazionale: Pomilio, Verduzio, Ansal- ne di questo settore, ma anche per riportare a
do, Rosatelli, Gabrielli, solo per citarne alcuni. casa, dopo anni di volo, prodigi della tecnologia
Tutto è partito da qui e qui ritorna, come ci rac- e dell’ingegno ideati, costruiti e decollati per la
contano i seniores della Divisione Velivoli. Sono prima volta esattamente qui. Esiste un’intimità,
loro – ex operai, tecnici, programmatori, proget- un legame di affetto indissolubile tra le cose e
tisti, manager – che tengono viva questa eredi- coloro che le custodiscono. Il legame si avverte
Interno del vano del tà, offrendo tempo, competenze e soprattutto conversando con chi se ne prende cura.
carrello di atterraggio di un passione: tanto forte da spingerli a voler restare Mentre si cammina tra reperti storici per-
Panavia Tornado, Hangar
fisicamente vicini agli oggetti del loro lavoro, an- fettamente conservati, ci si rende conto che que-
Velivoli Storici, Museo
dell’Industria Aeronautica
che dopo aver concluso il proprio percorso pro- sta è una esperienza visiva e di ascolto, ma an-
di Leonardo, Torino, 2022. fessionale. E sono loro, attraverso racconti, aned- che tattile: la fibra di carbonio dell’Eurofighter
Foto di Vincenzo Pisani doti che condividono, a riportarci l’immagine di Typhoon, che consente al velivolo di viaggiare
4.2022 67 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

moria e conservazione, ci proietta in realtà nel


futuro, perché siamo messi in condizioni di ve-
dere un’anticipazione degli scenari tecnologici
Un luogo di memoria
dei prossimi trenta, quarant’anni.
In questa dimensione – tra testimonianze di
e conservazione
traguardi raggiunti e segni di futuro – nasceva
nel 2013 il progetto del sistema museale, parten-
che ci proietta
do dal recupero di due prototipi abbandonati,
un Eurofighter e un AMX, sulla pista di Casel-
nel futuro, in
le-Sud. Concepito inizialmente come una inizia-
tiva di comunicazione interna per valorizzare e
un’anticipazione degli
rafforzare il legame dei dipendenti con l’azienda, scenari tecnologici
il Museo ha aperto le sue porte alle persone della
Divisione Velivoli di Leonardo nel 2015, dopo due dei prossimi
anni di paziente restauro, anche con l’aiuto dei
volontari del GAVS (Gruppo Amici Velivoli Sto- quarant’anni
rici) di Torino. La risposta dei visitatori è stata
molto incoraggiante, e ha subito valicato i con-
fini aziendali, coinvolgendo il territorio e gli ap-
passionati del settore, aviomani da tutta Europa.
E dall’altro lato, la consapevolezza di trovare qui
un luogo dedicato alla tradizione e alla cultura
aeronautiche ha spinto pian piano persone e
amatori a dare il proprio contributo, arricchendo
la collezione con i reperti in loro possesso.
Oggi il museo fa parte del sistema degli ar-
chivi storici e dei musei aziendali di Leonardo
(Museo Agusta, Museo Breda Meccanica Bre-
sciana, Centro di Documentazione Archivio
Storico OTO Melara, Museo WASS, Museo delle
Officine Galileo, Museo del Centro Spaziale del
Fucino Telespazio, Museo del Radar), coordinati
da Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchi-
ne. È la storia di una grande opera di recupero di
un patrimonio di tecnologie e competenze nate
e sviluppatesi su un territorio, che è ora a dispo-
sizione di studiosi e ricercatori. Non solo veli-
voli, ma anche strumentazioni d’epoca, disegni
tecnici, progetti originali, fotografie, microfilm,
manualistica, carteggi: 58.000 articoli.
Tra questi, a catturare in particolare l’atten-
zione del cronista, c’è un oggetto ritrovato per
caso e donato al Museo da un dipendente dell’a-
zienda. È una mappa cartacea. Riporta una
data, 15 marzo 1917, la rotta da seguire durante
il volo (evidenziata con inchiostro blu) e altre
annotazioni su aree vicine al tracciato. Grazie
al confronto tra questo reperto e diverse im-
con una struttura resistente ma leggera al dop- magini d’epoca, gli esperti hanno stabilito che
pio della velocità del suono, o il legno e la tela si tratta di una mappa rotante: cioè una serie
dell’elegantissimo SVA-9 del 1918 – esattamente di cartine di navigazione arrotolate su dei roc-
quello impiegato da Gabriele D’Annunzio nella chetti e appese al centro del cruscotto della ca-
sua trasvolata su Vienna – o il metallo del G-91: bina, per consentire ai piloti di scorrerle avanti
una macchina fondamentale dell’industria ae- e indietro e impiegarle con maneggevolezza du-
ronautica nazionale, primo aereo a reazione rante il volo per verificare il tragitto. È la testi-
prodotto in serie in Italia dopo la seconda guer- monianza di un’epoca ancora lontana dal GPS e
ra mondiale. dagli odierni navigatori satellitari, ma che già
Quando ci troviamo di fronte al dimostra- si confrontava con la necessità di affrontare un
tore tecnologico Sky-X, scopriamo di essere viaggio ad alta quota e di seguire una rotta sicu-
stati i primi in Europa, nel 2005, a far volare ra. È la vita che continua a scorrere e si racconta
un aereo senza pilota con propulsione a getto. attraverso carte, materiali, calligrafie sbiadite.
E dunque, quello che sembrava un luogo di me- L’anima delle cose tramanda la storia.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 68 4.2022

VALENTINA ORENGO

Alla fine degli anni


Quaranta, Vladi IL COGNOME
DELLE COSE
Orengo commissionò
a Carlo Mollino la
ristrutturazione
di un appartamento

S
a Torino. Della casa, ul finire degli anni Quaranta, in una Torino invernale così in
bianco e nero da sembrare una vecchia fotografia, due uomini

smantellata qualche camminano sotto i portici, forse quelli di Via Po o di Piazza


Castello. Quello più a sinistra ha i baffi e grandi occhi scuri

anno dopo, restano leggermente infossati in un viso asciutto, tiene un braccio un


po’ alzato in un gesto vagamente teatrale. L’altro porta un cappello sulla
le foto e alcune testa rotonda, si percepisce una certa eccitazione nel suo sguardo, cammi-
na tenendo le braccia dietro la schiena, si capisce benissimo che stanno
mitiche creazioni del parlando, sono concentrati, sembra che guardino leggermente all’insù
come a cercare nell’aria qualcosa che ancora non c’è. L’architetto, proprio
geniale architetto lì sulla sinistra, è Carlo Mollino. Il signore con il cappello invece è mio
padre.
La memoria fa strani percorsi e quell’immagine, stampata nella mia
mente, è un frammento del racconto che mio padre mi fece del giorno in
cui diede appuntamento a quell’architetto geniale e visionario in un ap-
partamento vuoto sul Lungo Po per chiedergli di progettarne gli interni.
Ne discussero poi a lungo in un caffè del centro, non mi disse quale. Ma
in “Scritto di notte” Ettore Sottsass ricorda che a Torino, subito dopo la
guerra, mio padre lo portò in un locale un po’ nascosto dove un barman
simpatico faceva cocktail con nomi americani. Ecco, potrebbe essere stato
proprio quello il posto in cui, parlando fitto davanti a un Black Russian o a
un Old Fashioned, immaginarono quella che ancora oggi, pur non esisten-
do più, si chiama Casa Orengo. Devono avere continuato a parlarne anche
dopo, passeggiando sotto quei portici e per i mesi a venire, a casa di Carol
Rama per esempio, quando amicizia e collaborazione si fondevano in sera-
te alcoliche che richiamavano visioni, condivise fino all’alba con quell’en-
tusiasmo elettrico che fa perdere la nozione del tempo e dello spazio.
L’entusiasmo di mio padre per quell’impresa riesco a figurarmelo così
Casa Orengo, Riccardo
Moncalvo, 1951, Archivio bene che quasi mi sembra di avvertirlo anche io, così come l’eccitazione
Riccardo Moncalvo, Torino di fronte ai primi bozzetti dei mobili, l’attesa febbrile di vedere e toccare
4.2022 69 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 70 4.2022
4.2022 71 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

quegli oggett i sfacciatamente moderni per una mo. Animato da un idealismo un po’ folle aprì
città conservatrice e chiusa come Torino che una casa editrice immediatamente dopo la
per giunta, all’epoca, Mollino non lo amava af- guerra: libri stupendi, grafiche di Sott sass, ma
fatto. Città strana Torino, ha una doppia natu- in quel momento di sfacelo, con la città ancora
ra, una, più superficiale e giudicante, è rigida e devastata, fu un fallimento imprenditoriale.
rivolta al passato, nell’altra, più subacquea, si Però poco importava, l’unica cosa che contava
nascondono sacche di straordinaria creatività per lui era poter spingere lo sguardo più avanti.
e anticonformismo. Insomma, è sempre stata Anche att raverso i fi gli. Ha avuto me a 55 anni,
una città piena di contraddizioni – vissute sotto mia sorella l’anno dopo. La sua croce è sempre
l’occhio critico della sua parte laboriosa e bor- stata la sensazione di essere nato troppo pre-
ghese – capace di partorire idee originali e intra- sto, era visceralmente att ratto dalla moderni-
⬅ Schemi prospettici di Casa ↓ Varianti di mobili per lo
prendere grandi progett i per poi spesso perderli tà e sempre perseguitato dall’idea che quello studio e il soggiorno di Casa
Orengo, Carlo Mollino,
per strada. Un po’ come mio padre. a cui voleva assistere sarebbe successo in un settembre 1949. Orengo, Carlo Mollino,
Aveva una curiosità da ragazzino che lo luogo del futuro a cui lui non avrebbe avuto Per gentile concessione settembre 1949.

portava a spingere lo sguardo oltre il chiuso accesso. Il futuro gli sfuggiva e lui lo rincorre- dell’Agenzia del Demanio, Per gentile concessione
Fondo Carlo Mollino dell’Agenzia del Demanio,
orizzonte in cui si sentiva costretto, si incapric- va. Un giorno, mia sorella e io avremmo avuto
conservato al Politecnico Fondo Carlo Mollino
ciava di tutto quello che non era ancora troppo 6 e 7 anni, arrivò a casa con l’ultimo modello di conservato al Politecnico
di Torino, Sezione Archivi
visto o che non era ancora stato fatto, purché uno stereo portatile. Una volta constatato che Biblioteca “Gabett i” di Torino, Sezione Archivi
– bisogna rendergliene atto – fosse elegantissi- il libretto delle istruzioni era scritto minuscolo, Biblioteca “Gabett i”
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 72 4.2022

e per giunta di una noia mortale, ci consegnò

Avere una casa come lo stereo e disse a mia madre: «sono aggeggi
nati insieme a loro, sapranno sicuramente farlo

ancora quasi non ce funzionare». Aveva ragione, un’ora dopo ave-


vamo imparato. Ci guardò con ammirazione,
n’erano, una casa come se noi fossimo già là dove avrebbe voluto
essere lui.
che affacciasse sul Se il racconto di quell’incontro con Mollino
è così ben impresso nella mia immaginazione
fiume e sul futuro, che sopravvissuta all’infanzia è perché quel giorno
davanti al suo cocktail mio padre fece il primo
si lasciasse alle spalle passo verso un sogno. Avere una casa come an-
cora quasi non ce n’erano, una casa che affac-
gli interni polverosi ciasse sul fiume e sul futuro, che si lasciasse
alle spalle gli interni polverosi degli aristocra-
degli aristocratici tici palazzi torinesi, pieni di meraviglie, certo,

palazzi torinesi, ma che per lui guardavano sempre e solo all’in-


dietro. Chi meglio di quell’architetto votato al

pieni di meraviglie, culto della bellezza, eccentrico e talentuoso,


che amava la velocità e il volo ed era capace di

certo, ma che immaginare oggetti senza spigoli, sinuosi come


corpi di donna, flessuosi e drammatici come

guardavano sempre scheletri di animali, poteva esaudirlo?


Deve essere stata un’impresa lunga e labo-

e solo all’indietro riosa, ma alla fine la Casa Orengo vide la luce


entrare dalle grandi finestre che davano sul
Lungo Po e sulla collina del Monte dei Cappuc-
cini. Troppo moderna per i torinesi di allora,
per qualcuno quasi esotica con quei pannelli
scorrevoli a separare gli ambienti, persino tra-
sgressiva per chi vedeva un’eccessiva sensua-
lità nel continuo di linee curve dai rimandi
anatomici. Mi pare quasi di sentirli i commenti
di alcuni amici e familiari, gli sguardi dubbiosi
di fronte alla sua scrivania (adesso si chiama
Cavour perché è entrata in produzione ma era
un pezzo unico, come il resto) o al coffee table
Arabesco o all’enorme riproduzione fotografica
dell’incisione di Heinrich Böhmer realizzata da
Riccardo Moncalvo, con la cascata che voleva
dare l’illusione che il fiume entrasse in casa e
che infatti sembrava inondare il divano del sa-
lotto. Cosa pensare? Hai visto la casa di Vladi?
Ben strana, non trovi? So che di lui si diceva straordinarie cose che aveva creato. Così an-
fosse un po’ bizzarro, ma poi nessuno osava che gli arredi appartenuti a Casa Orengo sono
mai dirgli nulla perché si sapeva anche che stati rintracciati dai mercanti e sono ancora in
spesso aveva ragione. Di sicuro ha spiato quelle giro, inseguiti dai collezionisti. Un tavolo, la
reazioni e ne ha sorriso divertito con la soddi- chaise-longue e l’Arabesco sono stati battuti da
sfazione che si prova quando si mette a segno Christie’s a cifre stellari, alcuni milioni di euro
una provocazione. per ciascuno di essi, e sono andati ad abbellire
Nel 1951 “Domus” dedicò alla casa una deci- lussuosi salotti americani. Poi le mostre: Tori-
na di pagine con il titolo “Casa verso la collina”. no, Monaco, Parigi. I pezzi di quella casa conti-
Ma per capire quanto avesse avuto ragione ci nuano a farsi ammirare, incuranti degli anni e
è voluto ancora del tempo. Per ragioni su cui delle vite che passano. D’altronde questa è la
mio padre ha sempre un po’ sorvolato ma che maledizione crudele che riserva il destino a noi
non sono poi così difficili da intuire, la casa con poveri umani, quasi sempre gli oggetti che ab-
tutto quello che c’era dentro a un certo punto biamo creato, desiderato, costruito ci sopravvi-
passò di mano. Io non ho fatto in tempo a ve- vono. Addirittura, come in questo caso, posso-
derla né ad abitarci. Mollino invece morì nel no tornare di moda dopo molto tempo, vivere
Casa Orengo, Riccardo
1973, alla sua veglia funebre un piccolo mani- una nuova giovinezza e successi clamorosi.
Moncalvo, 1951, Archivio polo di persone. È stato soltanto dopo molti Mio padre è morto parecchi anni fa e tut-
Riccardo Moncalvo, Torino anni che il mondo lo ha riscoperto insieme alle to questo non lo ha potuto vedere. Non sa che
4.2022 73 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Troppo moderna per


i torinesi di allora,
per qualcuno quasi
esotica con quei
pannelli scorrevoli a
separare gli ambienti,
persino trasgressiva
per chi vedeva
un’eccessiva sensualità
nel continuo di linee
curve dai rimandi
anatomici

anche gli ambienti più chiusi e conservatori di tillante delle cose che aveva desiderato e ama-
Torino adesso vanno fieri del loro architetto vi- to, ma l’aveva intuita.
sionario. Non sa che quella casa porta ancora il Tra tante fotografie ce n’è una: in primo
suo nome e compare su svariati cataloghi tra- piano l’ingresso, in fondo si intravede lo scor-
dotti in parecchie lingue. Non sa nemmeno che cio dello studio e una porzione del salotto. Sulla
se si digita su Google “Casa Orengo” compaiono sinistra, attaccati al muro, ci sono i sei ganci ap-
sullo schermo le fotografie di casa sua. Non lo pendiabiti di legno laccato disegnati dallo stes-
sa e non sa nemmeno di non aver fatto in tempo so Mollino. Ecco, proprio lì, appesi a quei ganci,
a conoscere Internet, che avrebbe accolto con ci sono il suo cappotto e il suo cappello. Se mi
entusiasmo e curiosità, con lo spirito dello ste- concentro mi sembra quasi di sentirci ancora
reo per noi bambine. Io invece ogni tanto guar- attaccati il freddo umido del Lungo Po e un sen-
dando quelle immagini cerco di immaginarme- tore vago di acqua di colonia. In uno scatto che
lo seduto alla scrivania Cavour mentre batte sembra curato nei dettagli se ne stanno lì come
sui tasti della sua Olivetti con il leggendario uno sbaglio, così incongrui nella loro normali-
gatto Napoleone appollaiato sulle ginocchia o tà rispetto al resto. Forse una distrazione, una
mentre legge comodamente sprofondato nella svista del fotografo, ma a me piace pensare che
poltrona foderata di velluto verde accanto al sia stato invece un giochino di mio padre: un
camino. E allora mi viene in mente che è vero, trucco per essere traghettato nel futuro e farsi
lui non ha potuto assistere alla lunga vita scin- beffe del tempo.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 74 4.2022
4.2022 75 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

STEFANO SALIS

Il Novecento è stato
programmaticamente BELLI, UTILI
E DILETTEVOLI
il secolo degli oggetti
a portata di tutti.
Un grande
supermercato anche

P
estetico che illustrò artiamo da queste sante parole: «Se si comincia a dire che
l’umanità è votata all’idiozia per via della televisione, della

la modernità alle pubblicità, degli elettrodomestici, si finirà per concludere


che l’umanità intera era più vicina alla saggezza e alla grazia
masse quando al posto della televisione c’era il parroco del villaggio,
al posto della pubblicità la superstizione, al posto degli elettrodomestici il
vaso da notte». Sono parole che scrive Italo Calvino (in “Europa Letteraria”,
1962) e sono decisive: non solo per quello che dicono, ma per un approccio
finalmente corretto al tema; che poi sarebbe un approccio finalmente cor-
retto alla modernità.
Ma abbiamo un padre ancora più nobile (almeno filosoficamente), a
dirla tutta. E se è sull’interpretazione di una frase come questa che segue
che si possono dividere gli orizzonti di fondo di una società organizzata,
certamente l’autore e il concetto sono il paradigma sul quale si è mosso al-
meno tutto il secondo Novecento e che segna, e ancora per molti decenni,
il nostro rapporto con gli oggetti, la vita quotidiana, le cose che agiamo,
facciamo, pensiamo di poter controllare. Ovviamente una premessa: è il
capitalismo, bellezza. Dunque, Carlo Marx: «Le nuove fonti di benessere,
per una sorta di bizzarra magia, si tramutano in fonti di bisogno».
Ecco: la “bizzarra magia” che ci è capitato di vivere, e costruire insieme,
nei benedetti anni del boom, è stata proprio la “crescita felice”. Siamo passa-
ti, nel volgere di pochi, frenetici, anni, da un mondo ancora “fatto a mano”
(e per lo più fatto come veniva: non certo tutti potevano permettersi, che ne
so, mobili, arredi, finiture di gran pregio ma ci si rivolgeva all’occorrenza
all’artigiano di fiducia, quando non si faceva da soli se si era appena appe-
na in grado) a quello industriale e seriale: e per fortuna, aggiungiamo. Pen-
siamo solo all’avvento della plastica: oggi bistrattata, eppure decisiva nel
farci compiere un salto, democratico ed economico (democratico perché
economico), nel progresso. Il Novecento, insomma, tra le tante facce che
Consolle centrale del
calcolatore elettronico
ha assunto, è anche stato il “secolo degli oggetti”. Mai, come società e indi-
Elea 9003, realizzato dal vidui, ne avevamo avuti così tanti a disposizione, così facili a soddisfare e
Laboratorio di Ricerche creare nuove “fonti di bisogno”; mai ne abbiamo disposto con questa sem-
Elettroniche della Olivetti, plicità di utilizzo e comodità di fondo.
diretto da Mario Tchou, con
Adesso, fate un rapido giro d’orizzonte: perlustrate mentalmente e fi-
design di Ettore Sottsass jr,
sicamente, per esempio, la vostra casa, il luogo nel quale “ambientate” sce-
anni Sessanta,
Associazione Archivio nograficamente le vostre esistenze. «Io la superiorità la misuravo in base
Storico Olivetti, Ivrea alle cose»: si ripensi a questa frase che Nanni Balestrini mette in bocca
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 76 4.2022

al protagonista di “Vogliamo tutto” (titolo cer- che ci hanno insegnato, per primi, gli agi della
tamente non casuale). Come ha notato Giusep- vita moderna), questa fusione è stata celebrata
pe Lupo, «la frase, nella sua nuda esemplarità, da un insperato successo del matrimonio utile &
fotografa il modo di pensare di un’Italia umile dilettevole: non basta(va)no i congegni, doveva-
che intendeva vivere da protagonista gli anni no essere gradevoli alla vista. Non a caso, fin dal
della ricostruzione e del boom in nome di un 1954, ai primordi del boom, ma nella certezza che
principio discutibile quanto si voglia dal punto la nuova vita incombe, un premio come il Com-
di vista etico e culturale, ma convincente nella passo d’Oro si era incaricato di fornire supporti
sua efficacia: possedere gli oggetti prodotti nelle teorici alla riuscita pratica di certe invenzioni.
fabbriche del Nord – elettrodomestici, veicoli a A partire dalla 500 di Dante Giacosa, che tutti
due o a quattro ruote, mobili e accessori per l’ar- conoscono ed è la quintessenza del boom, l’Ita-
redamento – significava accedere ai gradini di lia ha fatto della felicità a portata di mano un
una vita superiore. Immaginiamo l’abitazione manifesto nazionale. Molti hanno avuto, che so,
di una famiglia media prima e durante il mira- per casa una lampada Eclisse di Magistretti, o la
colo economico: passiamo dal deserto tecnologi- Parentesi di Castiglioni, la Lettera 22 di Marcel-
co al comfort di lavatrici, televisori, frigoriferi, lo Nizzoli è addirittura mitica, una penna Tratto
cucine all’americana». Clip è capitata in mano a tutti. Attenzione: non
Il mito della modernità, no, meglio, la espe- scambiate l’oggetto finale, l’esito estetico, per la
rienza fisica della modernità, insomma, si è tra- sua missione: stiamo parlando sì di una macchi-
dotto, chissà quanto consapevolmente, in ogget- na per scrivere, lampade, penne, orologi ecc.: ma
ti: e in oggetti divenuti “domestici” e amichevoli costruiti con nuove consapevolezze. Tanto che,
quanto più frequentati ed esperiti. Non un para- ripercorrendo la storia di questa sorta di Oscar
digma astratto, perciò, ma una popolosa quotidia- del design, vediamo che la collezione non è fatta
nità (elettrica, plastica, pratica) che soddisfaceva solo di oggetti che risultano familiari, sono fa-
la voglia di “partecipare” alla vita felice. «Non sap- mosi o semplicemente belli. Il Compasso d’Oro
piamo», continua Lupo, «se il personaggio di “Vo- è una sequenza di prodotti e progetti (e, ovvia-
gliamo tutto” sia mai stato sfiorato dal sospetto mente, persone) che, negli anni, è stato ricono-
di essere proprio lui, con la sua ingenua e darwi- sciuto da chi ama, produce, pensa e lavora nel
niana apologia per la lotta di classe, il fruitore design per la sua valenza in molti ambiti e che
ideale a cui le élite della comunicazione aziendale ha inciso nelle abitudini palesi e nascoste delle
rivolgevano il loro sguardo di persuasori occulti. persone. Non vale il principio di transitorietà; ci
Forse non sarebbe stato necessario che ne fosse sono oggetti iconici e perfetti dal punto di vista
consapevole perché nel suo “volere tutto” doveva del design che non possono fregiarsi del titolo
agire il sentimento di rivalsa sulla povertà che e altri che lo hanno ma non sono più servibili
solo circondandosi di “cose” poteva essere tenuto (un esempio: il mega-calcolatore Elea Olivetti
a bada. Nulla vieta di ipotizzare che, una volta as- di Sottsass). E, per converso, nella collezione ci
sunto alla Fiat Mirafiori, egli abbia cominciato a sono ancora oggetti “comuni” e molti che tendia-
frequentare i grandi magazzini, portandosi a casa mo a non vedere: interruttori e forni industria-
quel che nella precedente vita di disoccupato ave- li, forbici per bonsai e posate, gli impermeabili
va soltanto desiderato: dal rasoio elettrico all’a- (alla Paolo Conte) e gli scarponi, condizionatori
sciugacapelli, dal giradischi al frullatore». Non e biciclette, orologi e lampioni, maniglie e libri.
dimentichiamoci di un altro personaggio, come Un catalogo di presenze che hanno fatto il No-
Marcovaldo, che al supermarket porterà in gita la vecento, conferendo carattere, funzionalità ed
famiglia, anche solo per provare il brivido dell’ac- eleganza. E, probabilmente, una indicazione di
quisto (fittizio) e del possesso (virtuale) dei nuovi futuro.
oggetti del benessere: Marx spiegato alle masse. Per colpevole (?) paradosso, però, sono sta-
Il passo successivo, ovviamente, sarà quello ti proprio gli intellettuali a non accorgersi di
di rendere sempre più belli e accattivanti que- quanto, invece, quelle comodità potevano e
gli oggetti che ci circondavano: ed è stato il de- dovevano dire alla nuova società che andava
sign, logos dell’industria, a farsi carico di una formandosi. È stato ancora Giuseppe Lupo, in
imprevista bellezza che è tutta eccitantemente un’analisi di seducente profondità, a scovare
novecentesca. Utilità e bellezza sono entrati la proditoria antimodernità della nostra classe
in scena secondo questo esatto procedere: se- intellettuale. «La narrativa di quegli anni», scri-
condo un sentimento di elegante misura nel ve, «è gremita di personaggi potenzialmente
Packaging Parentesi ideato
rapportarsi con lo spazio circostante, un desi- votati al sogno tecnologico, ma di fatto relegati
da Achille Castiglioni derio di rivestire con un determinato stile un a spettatori passivi (in alcuni casi addirittura a
nel 1971. La custodia qualsiasi accorgimento tecnologico, altrimenti vittime) di tutto quel che veniva fuori dalle fab-
trasparente di Flos viene destinato a finire sul mercato in ragione del suo briche. Il protagonista de “La vita agra” (1962) di
oggi prodotta in un nuovo
essere praxis ma totalmente privo di tutto ciò Luciano Bianciardi trascorre l’intero giorno a
formato sostenibile
in plastica riciclata,
che afferisce alla dimensione estetica. battere i tasti della sua Lettera 22, ma di sicu-
senza modificare il design E proprio in Italia (ma vale lo stesso per le al- ro non ne apprezza l’elegante essenzialità della
originario tre nazioni: e in maggior modo per gli Stati Uniti linea, la briosa immediatezza degli accessori, al
4.2022 77 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

contrario vive la macchina per scrivere come chio si chiude: Italo Calvino non si sbagliava nel
strumento di tortura. Marcovaldo, l’operaio
narrato da Italo Calvino nel 1963, va spesso al
trarre la conclusione giusta dalle premesse che
enunciava. E Marx non si sbagliava nel trarre la
Nella folla di
supermarket con la famiglia e riempie fi no
all’orlo il carrello con ogni tipo di merce, ma
conclusione giusta dalle promesse che manife-
stava nella prima parte della sua profezia. È in
oggetti che ancora
poi è costretto ad abbandonarla perché non
possiede il denaro per acquistarla». In effett i,
quel crinale di equilibrio, bellezza, utilità, ecces-
so e disincanto che si è giocata tutta la partita
ci circonda,
«Gli oggett i del design non sono di per sé ogget-
ti letterari» ha scritto Raimonda Riccini in “Gli
della modernità che abbiamo giocato, vincendo
e perdendo.
la avanzata verso la
oggett i della letteratura. Il design tra racconto E, nella folla di oggetti che ancora ci circon- smaterializzazione
e immagine” (La Scuola, 2017). «Essi sembrano da, la avanzata verso la smaterializzazione (di
appartenere piuttosto al mondo del visivo e, musica, giornali, video e magari della vita stessa) (di musica, giornali,
benché siano parte cospicua del nostro intorno rischia di essere il vero segno dei decenni che ver-
quotidiano, sembra che per capirli, amarli, desi- ranno: dopo la sbornia del riempimento ci si an- video e magari della
derarli, dobbiamo vederli riprodott i sulle pagi-
ne dei rotocalchi, nelle pubblicità, sugli schermi
nunciano i profeti dell’assenza. Che speriamo sia
solo, a questo punto, di spazio fisico, non di cuore, vita stessa) rischia
del cinema o della televisione». Con il che, il cer- intelligenza e anima. Degli oggetti e nostra.
di essere il vero
segno dei decenni
che verranno:
dopo la sbornia del
riempimento ci si
annunciano i profeti
dell’assenza

Pubblicità di Giovanni
Pintori della macchina
da scrivere Lettera 22,
1959-60, Associazione
Archivio Storico Olivett i,
Ivrea
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 78 4.2022

FRANCESCA MOLTENI

SMOKING
PLEASE
Come nacque

I
uno degli oggetti nvenduto per un paio d’anni. È così non è un posacenere. Lì li nascondevo e quindi
che inizia la storia di un grande – non non si capiva cos’era. Una signora che l’ha rice-
più identitari del nelle dimensioni – oggetto di design. vuto l’aveva montato al rovescio, quindi chiuso
Comincia da un fallimento, racconta- anche di sopra. Ha telefonato alla sua amica
Novecento, to dal suo stesso autore, Bruno Muna- chiedendo: “Bello quel cubo che mi hai manda-

il posacenere Cubo ri, artista poliedrico, progettista, grafico, sceno-


grafo – un gigante della cultura del XX secolo.
to, a cosa serve?”. Ha capito dopo, rovesciandolo,
che c’era una fessura. Per questo il posacenere è

di Bruno Munari, Un oggetto incompreso, all’inizio, che suggeri-


sce come il design sia forma e funzione, è vero,
rimasto invenduto per due o tre anni». Tema di
progetto, quasi metafisico: se non capisco a che

ininterrottamente ma soprattutto relazione con coloro cui quell’og-


getto è destinato.
cosa serve, e non colgo immediatamente la fun-
zione, è good design?

prodotto dal 1957 Un altro gigante, Achille Castiglioni, sin-


tetizza così la fonte del good design: «Un buon
Cubo è un posacenere da tavolo in melam-
mina e alluminio, progettato nel 1957, in due
progetto non nasce dall’ambizione di lasciare dimensioni perfette, small, 6×6×6 cm, e large,
un segno, il segno del designer, ma dalla volon- 8×8×8 cm, e tre colori: bianco, nero, e arancione.
tà di instaurare uno scambio anche piccolo con Come il design più raffinato, è composto da due
l’ignoto personaggio che userà l’oggetto da noi elementi semplici: una scocca cubica, aperta su
progettato». E cosa si faceva, con leggerezza e un lato e una lamina metallica inserita al suo
disinvoltura, negli anni Cinquanta-Settanta? interno, la cui conformazione e inclinazione
Si fumava! Ecco, allora, tanti progettisti eserci- di un taglio ad angolo acuto crea una fessura
tarsi nel disegno di un oggetto comune, come lo capace di accogliere e nascondere il contenuto.
stesso Castiglioni, autore del posacenere Spira- La melammina è una resina non infiammabile,
le, prodotto da Alessi. E Bruno Munari, invece? resistente all’acqua, agli agenti chimici, all’a-
In una lezione all’Università IUAV di Venezia, brasione e al calore dei mozziconi. La lamina
nel 1972, ammette: «Pensavo di far qualcosa che interna in alluminio anodizzato è studiata per
nascondesse lo sporco, perché quando si è a ta- garantire lo spegnimento per asfissia del con-
vola e c’è qualcuno che fuma abbiamo davanti tenuto. È un cubo, quindi difficile che si rove-
un piatto di cibo e un piatto di cicche, che non sci. Non si sa se per intuizione del produttore,
è tanto bello. Mentre se c’è un cubo, con le sue il geniale Bruno Danese, di sicuro per la sua
lamette, il mozzicone resta dentro e non si vede determinazione, Cubo rimane in catalogo e di-
niente. Il posacenere l’avevo sbagliato, nel senso venta un’icona del design, ancora oggi in pro-
psicologico. Non avevo capito che la gente, quan- duzione. «Allora lo spaesamento era comunque
do pensa al posacenere, immagina un piattino forte. A quell’epoca, vedendo i nostri prodotti, i
di una qualunque forma, materiale, colore, con commenti erano del tipo: “Questo è un posace-
dentro i mozziconi. Se non si vedono i mozziconi nere?”», racconta Danese. Ecco, un altro tassello
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– l’azienda che lo produce deve capire l’ogget- diciamo, collaboratori – non si è esaurito nel
to, sostenerlo, comunicarlo, rivoluzionando le rapporto di lavoro ma è divenuto col tempo un
regole del mercato. Danese arriva sulla scena rapporto personale davvero intimo: da amici
del design italiano con un catalogo di oggetti che non solo uscivano insieme la sera, ma face-
dirompenti, di grande forza semantica. Tutti di- vano viaggi e tante altre cose. Un personaggio
segnati da quelli che diventeranno i maestri, in talmente denso che ancora oggi sia Jacqueline
un intreccio originale tra design e arte – Enzo (Vodoz, cofondatrice di Danese nel 1957) che io
Mari e Bruno Munari, tra i primi. Sì perché il continuiamo a pensare chi fosse veramente
primo progetto di Munari per Danese segna Munari», racconta Bruno Danese. Un oggetto
anche l’inizio di una grande amicizia con l’im- amico, Cubo, funzionale e rivoluzionario allo
prenditore: «Abbiamo avuto con lui un rapporto stesso tempo, è oggi nelle collezioni del MoMA Cubo, Bruno Munari, 1957,
intensissimo che – caso forse unico tra i nostri, di New York. Smoking, please! Danese Milano
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IAN WILLIAMS

ACQUARIO
per fortuna non piove e posso andare a piedi dalla stazione quanto è lon-
tano da qui il mio Airbnb Da settimane vago per l’Europa portandomi die-
tro le mie cose. Nonostante le apparenze, non sono un viaggiatore “zaino
in spalla”. Né ostelli né mete imperdibili sono previsti nel mio itinerario.
Assomiglio alla tartaruga vista alla TV francese qualche sera fa che, una
volta giunta al limite del suo acquario, incerta su come l’aria si fosse ma-
terializzata all’improvviso, ha premuto la zampa contro il vetro mentre
contemplava il mondo fuori. Alla stazione dei treni sono circondato da
francesi. C’è qualcosa di invisibile che si frappone tra i nostri mondi, una
barriera che non si può rompere senza il rischio di farsi male.
Ora però ho una preoccupazione più impellente. Come raggiungo il
mio Airbnb dalla stazione di Nizza? Questo è uno dei miei tre pensieri fissi
quando mi trovo in un paese straniero. Indicazioni, comunicazione, baga-
gli. Dove sono? Come si dice? Le mie cose sono al sicuro? Google ha delle
app per rispondere alle prime due domande. Digito l’indirizzo dell’Airbnb
su Google Maps e voilà ho le mie indicazioni. Se parlando con il proprie-
tario non riesco a trovare la parola giusta, chiedo a Google Translate. Ma
Google non può trasportare il mio zaino o proteggere le mie cose dai bor-
seggiatori, che immagino con baffi finti, disegnati a matita, come quelli
dei cartoni animati.
Comincio a seguire i puntini blu sullo schermo. Il mio guscio è pesante
e sono costretto a rallentare, quasi mi trascino sotto il peso delle mie cose.
Ho diviso tutto per ordine d’importanza. Gli oggetti di valore, come il por-
tafoglio e il telefono, li tengo addosso. Nello zaino più piccolo, quello che in
Il Muro Occidentale aereo definiscono “bagaglio a mano”, ci sono portatile, caricabatterie, adat-
o del Pianto, Fabio Mauri, 1993, tatore, taccuino, Kindle, acqua e barrette di cereali. Nello zaino più grande
valigie, borse, casse, involucri
ho infilato tutto il resto: prodotti per l’igiene personale, biancheria, un test
in cuoio, tela e legno,
rapido per il COVID, una federa, due pantaloni, tre camicie, due magliette,
SPAZIO – MAXXI, Roma, 2010.
Foto di Sandro Mele un abito, una felpa con la zip, roba la mia roba la mia roba la mia roba
© Fabio Mauri con citazione
di parte della fotografia il muffin nello zaino si è schiacciato tra due isolati devo voltare a destra
Ebrea, 1971 di Elisabetta
Non lontano dalla stazione un homeless è seduto su un sacco a pelo, ha
Catalano relativa all’opera
una tazza tra le mani e un cartello davanti a sé. Tutte le sue cose si trovano
di Fabio Mauri Ebrea.
Courtesy the Estate of Fabio all’interno di un carrello. Il suo cane ha un’aria possessiva. L’uomo discute
Mauri and Hauser & Wirth animatamente con un interlocutore invisibile. Vorrebbe i miei soldi. Io il
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CIVILTÀ DELLE MACCHINE 82 4.2022

suo francese. Il cane, un incrocio con un pasto- no all’irrilevanza della mia condizione di stra-

Il mio guscio è re tedesco, probabilmente vorrebbe lavorare


per la polizia. Al posto dei soldi, vorrei regalar-
niero. Un’altra parola per beni è effetti.
Davanti a me, sulla strada principale della

pesante e sono gli una maglietta pulita, ma non ho intenzione


di aprire lo zaino sul marciapiede (nessuno lo fa
città, vedo due viaggiatori con lo zaino in spal-
la. Rappresentano un esempio perfetto della

costretto a rallentare, qui) per pescarne una. Questo è quanto mi sono


detto, ma la verità è che ciascun indumento nel
categoria. Ventenni, spettinati, abbronzati, in-
dossano fin troppi braccialetti e hanno il fisico
quasi mi trascino mio zaino conserva così tanti ricordi che non
voglio separarmene.
scolpito di chi fa yoga, segue un’alimentazione
sana e può sfruttare l’assicurazione dentistica
sotto il peso delle Prendiamo, per esempio, la felpa nera con la
zip. Com’è diventata mia? L’ho scovata in fondo
dei genitori. Sembra anche che non riescano più
a sopportarsi. Quando i pedoni si avvicinano, la
mie cose. Ho diviso a un negozio di Montreal. Era timida. Mi piace- coppia si separa per lasciare che passino tra loro.
va il suo collo alto. Ho toccato la sua manica. Hanno zaini enormi, più larghi dei loro bu-
tutto per ordine Aveva un bel polsino abbondante, perfetto per sti e più lunghi delle loro schiene. Il modo in cui
le mie braccia lunghe. La zip si bloccava un po’ lei si piega in avanti sotto il peso delle sue cose
d’importanza. mentre la tiravo giù. Ma non c’erano altre fel- mi fa pensare che la loro relazione sia spaccia-

Gli oggetti di valore pe della mia taglia. Ero indeciso. Magari c’era
qualcosa di più bello, di un colore più vivace.
ta. Si lasceranno non appena torneranno a casa.
Anni dopo, lui scriverà nel profilo di un’app di

li tengo addosso. Mi sono guardato di nuovo allo specchio. Sem-


bravo un giocatore di calcio. Mi stava bene. Ci
incontri, «Odio la negatività, odio la pesantez-
za. Lascia i tuoi problemi fuori da questa re-

Nello zaino piccolo sono volte in cui l’acquisto di un oggetto rag-


giunge un tale livello di accettazione da ra-
lazione», e si ricorderà della sua compagna di
Nizza con un misto di nostalgia e risentimento,

ci sono portatile, sentare l’identificazione. Dopo aver pagato, ho


tolto subito l’etichetta e ho indossato la felpa. E
del modo in cui lei lo aveva convinto a mettere
la roba più pesante nel suo zaino, ecco, cercava

caricabatterie, ora, quando parlo della mia felpa con la zip non
intendo dire che sono il suo proprietario, come
sempre di fregarlo, doveva avere sicuramente
qualche disturbo affettivo

adattatore, taccuino, in un rapporto gerarchico tra padrone e servo,


parlo di qualcosa di più affettivo, una specie di mi sa che sono arrivato il posto è uguale alle

Kindle, acqua e matrimonio. Già, ho deciso di impegnarmi sul


serio con questa felpa.
foto sul sito La facciata dell’Airbnb è dipinta
di giallo, verde e bianco, i tre colori approvati
barrette di cereali Tali sentimenti affiorano solo se ignoro tut-
ta la preistoria legata alla produzione della fel-
dal comune di Nizza. Il monolocale sembra un
pied-à-terre da investimento, non la casa in cui
pa. Per me lei ha iniziato a esistere, magicamen- il proprietario vive abitualmente. Eppure la
te, quando l’ho vista nel negozio. È come con scelta del divano letto, del tavolino, delle piante
la carne. Non penso a quello che accade prima artificiali e delle posate mi spinge a indagare:
dell’arrivo sul mio piatto, ai mattatoi bui e so- che tipo di persona ha un cavatappi, ma non
vraffollati dove i polli vengono appesi a testa in un apriscatole? Chi compra un vaso del gene-
giù e uccisi con una scossa elettrica. Allo stesso re, sarà abbastanza affidabile da cambiare le
modo, non penso all’impatto ecologico del po- lenzuola da un ospite a un altro? Un frigorife-
liestere, alla provenienza del cotone, al legame ro che si apre verso destra sarà la prova che si
storico tra imperialismo, cotone e schiavitù, tratta di un conservatore? Perché questa palet-
agli stabilimenti di produzione in Cina, agli te bianca mi sembra così opprimente e istitu-
standard di sicurezza sul lavoro, all’effetto del zionale?
movimento ripetitivo sulle articolazioni degli A volte mi chiedo se il mio malessere nei
operai confronti della vita non dipenda più dal mio
continuo contatto con la morte invece che dal-
oddio come sono arrivato a parlare di Cina car- lo stress o dalla mancanza di attività fisica. O
ne storia delle cose felpe homeless ah ok Non meglio, con le cose morte. Mi guardo intorno
faccio in tempo a guardare nuovamente il te- nell’appartamento, non vedo neppure una
lefono che sono già lontano dal senzatetto. Se- pianta viva. Neppure una persona. Solo elet-
condo l’app, sono a metà strada. È pieno giorno. trodomestici, dispositivi elettronici e mobili. Il
Finora nessuno ha cercato di strapparmi il gu- materiale dell’arredamento è così tanto lavora-
scio dalle spalle. Ma perché mi preoccupo così to che non può essere neppure definito legno.
tanto di ciò che ho quando sono in viaggio ri- Le pareti dell’acquario sono di cemento. Tutto
spetto a quando sono a casa, in Canada? quello che ho è la compagnia di oggetti silen-
Se il tizio magro coi baffi mi aggredisce, ziosi, fedeli, attenti e obbedienti. Non cercano
posso semplicemente ricomprare tutto. Da cosa il contatto con me, ma non lo rifiutano nemme-
deriva questo attaccamento feroce? Sono solo no. Eppure non sarebbe male avere un cane o
oggetti. Eppure questi oggetti mi danno uno un compagno spettinato, anche una tartaruga
scopo. Ne sono responsabile. Devo proteggerli come quella che avevano i miei cugini quando
come fossero un bambino. Sono tutto quello ero piccolo, cosa sarà successo alla tartaruga oh
che ho nel mio acquario. I miei beni mi abitua- a quest’ora sarà di certo mor
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Home to go, Adrian Paci,


2001, nove fotografie.
Courtesy dell’artista
e di kaufmann repetto,
Milano/New York
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FRANCESCA D’ALOJA

In alcuni casi gli


oggetti, certi oggetti,
CHE FINE HA
FATTO QUELLO
hanno il potere di
contenere l’anima
di una persona, una
soltanto.
Ne evocano la SPECCHIO
presenza, o sarebbe
meglio dire l’assenza

Q
uando mi capita di osservare una vecchia fotografia, pri-
ma ancora di concentrarmi sul soggetto ritratto (gli occhi,
l’espressione, la postura), sposto l’attenzione su ciò che lo
circonda. Se la persona è stata fotografata in un interno,
mi soffermo sugli oggetti ai margini dell’inquadratura,
seminascosti o leggermente sfocati, e ne ingrandisco i contorni facendo
scivolare pollice e indice sullo schermo. Cerco di entrare nel quadro, mi
siedo accanto al personaggio e osservo le sue cose. E invariabilmente mi
chiedo: «Che fine hanno fatto quella poltrona, quel dipinto, quel sopram-
mobile? Chi li possiede, ora?».
Il destino delle cose è ambiguo. Alcune si salvano e inspiegabilmente
sopravvivono non solo al loro originario padrone, resistendo anni, tal-
volta secoli, scampando a traslochi, incendi, razzie, guerre. Altre vanno a
finire in un altrove impersonale: la bottega di un rigattiere, il negozio di
antiquariato, la bancarella di un mercatino, e alla fine di un giro lungo e
tortuoso finiscono nelle case di altri individui che danno loro nuova vita
e nuovi significati.
Ma in alcuni casi gli oggetti, certi oggetti, hanno il potere di contenere
l’anima di una persona, una soltanto. Ne evocano la presenza, o sarebbe
meglio dire l’assenza. Leggendo il formidabile “Diario” dei Goncourt si re-
sta colpiti dalle minuziose descrizioni degli ambienti letterari frequentati
dai due fratelli. Lo studio di Gustave Flaubert per esempio, affacciato sulla
Senna, si materializza grazie ai dettagli restituiti con precisione quasi ma-
niacale (i geniali fratelli erano appassionati di antiquariato, la loro casa era
una sorta di esposizione permanente di opere e manufatti di ogni genere)
in una panoramica che avvolge prima l’intero – in linguaggio cinemato-
grafico si direbbe il totale – per poi stringere, zoomare, sul dettaglio: «Di
fronte al giardino si staglia, su un rivestimento di legno dolce, un camino
che sorregge un pendolo in marmo giallo, con il busto di Ippocrate in bron-
Interno di una casa
di Embonas, Peter Marlow, zo. A lato, un brutto acquerello, che ritrae un’inglesina pallida e malaticcia.
1999, Rodi Coperchi di scatole con disegni indiani. Un divano ricoperto da un drappo
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CIVILTÀ DELLE MACCHINE 86 4.2022

L’elaborazione di
un lutto avviene
anche attraverso
il confronto con le
cose appartenute ai
defunti.
Oggetti con i quali
abbiamo convissuto
senza dar loro
troppa importanza
assumono, in quel
frangente, un
significato che prima
non possedevano

turco (…) un idolo dorato, e sulla scrivania, gran- po di “gastronomi e mattacchioni”». E dunque
de e rotonda, un calamaio a forma di rospo». E oggi, si trova presumibilmente sulla scrivania
ancora, con un piglio solerte da ufficiali giudi- di qualche fortunato.
ziari che stilano l’inventario per un pignora- Gli oggett i conservano la memoria dei gesti,
mento, riferiscono di: cianfrusaglie orientali, delle persone. A chi non è capitato (prima o poi
amuleti, frecce, strumenti musicali, piatt i di capita a tutt i) di dover decidere il destino di ci-
rame, collane di vetro, due piedi di una mum- meli appartenuti alla nostra famiglia, quando
mia. Una lista di oggett i reali, che non proven- la casa in cui hanno vissuto i nostri genitori si
gono dalla mente fantasiosa di un romanziere, svuota della loro presenza ma non degli ogget-
ma sono esistiti davvero, e forse alcuni di questi ti che la riempivano. L’elaborazione di un lutto
esistono ancora. E allora il calamaio “a forma di avviene anche attraverso il confronto con le
rospo”, nel quale Flaubert intingeva la mitica cose appartenute ai defunti. Oggett i con i quali
penna, diviene desiderabile come un feticcio. abbiamo convissuto senza dar loro troppa im-
Dove diamine sarà fi nito quel calamaio? portanza assumono, in quel frangente, un signi-
Confesso di essermi incaponita sul destino di ficato che prima non possedevano: il significato
un oggetto così simbolico tanto da lanciarmi dell’assenza, poiché se è vero che un determinato
in assurde ricerche sul web, scoprendo, grazie oggetto ha il potere di evocare il ricordo di qual-
a un articolo uscito su “La Gazzetta del Po- cuno, al tempo stesso sollecita memorie legate
polo” il 26 agosto 1931 (cinquant’anni dopo la alla persona che ci ha lasciato, trasformandosi
morte dello scrittore), che il famoso calamaio così in un ricettacolo di emozioni. Se un padre
fu messo all’asta in quella stessa data, insieme fumava la pipa, quella pipa è il padre. Manufat-
ad «alcuni manoscritt i provenienti dall’eredità ti, indumenti, suppellett ili privi di valore prima,
Natura morta essiccata
sotto una campana
della signora Franklin-Grout, nipote del gran- diventano preziosissimi dopo. E lo restano per il
di vetro attribuita de scrittore, oltre a molti ricordi del club da lui tempo necessario a farli tornare a essere ciò che
a William England, 1858 ca. fondato L’Association de Saint Polycarpe, grup- erano, il tempo dell’elaborazione appunto, il cui
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sul suo conto: a chi è appartenuto prima che fi-


nisse nelle nostre mani? Da dove viene? È stato
amato? Odiato? Quanti mari ha solcato, quanti
confi ni? Più sono lontani lo spazio o il tempo
che hanno attraversato, più la vita degli oggett i
si fa segreta. La vita segreta degli oggett i.
E dopo essersi chiesti da dove fossero arri-
vati ci si chiede a chi apparterranno un giorno,
chi sorriderà in quello specchio, chi mangerà in
quel piatto? L’affezione per gli oggett i viene giu-
dicata con supponenza, se non addirittura con
disprezzo. I beni materiali godono di pessima
fama, ma gli esseri umani si possono raccontare
anche att raverso di loro: non sono forse le case
e il loro arredamento la più efficace carta d’i-
dentità a disposizione? Balzac riassumeva così
le sue intenzioni circa la stesura dell’immensa
“Comédie humaine”: «Conferire all’opera una
triplice forma: gli uomini, le donne, le cose. Poi-
ché gli oggett i sono la rappresentazione mate-
riale di un pensiero». Io credo sia bello delegare
a un oggetto l’eredità del nostro ricordo, inve-
stirlo di un potere che a noi umani è precluso,
quello di superare la barriera del tempo. Elegge-
re un oggetto rappresentativo di noi stessi pri-
ma ancora che lo facciano gli altri. Un feticcio
pre-mortem. Un me che resta dopo di me.
Tempo fa ho scritto una poesia, la sola che
abbia mai scritto. Gli ultimi versi evocano un
pensiero per me ricorrente che credevo, a torto,
condiviso e condivisibile: che fi ne hanno fatto
i miliardi di oggett i da noi prodott i in migliaia
di anni? E quei pochi sopravvissuti alla disso-
luzione, cosa avevano di più invincibile degli
altri? Come hanno fatto ad arrivare fi n qui? Un
quesito apparentemente irrilevante se messo a
confronto con il destino di esseri pensanti. Ep-
ciclo sarà compiuto quando una certa penna tor- «Domani nella battaglia pensa a me», quando pure. Eppure continuo a credere che gli oggett i,
nerà a essere soltanto una penna. il protagonista, Victor, trascorre una notte d’a- costantemente partecipi della nostra vita, ne
Ecco perché risulta penoso il compito di de- more con una donna appena conosciuta che gli siano, in qualche maniera, i veri custodi.
cidere cosa conservare e cosa eliminare, il crite- muore tra le braccia. Improvvisamente gli og-
rio della selezione non lo stabilisce il raziocinio gett i presenti nella stanza, fi no a quel momento Dove vanno a finire gli oggetti?
ma la nostalgia, talvolta il senso di colpa. Sen- anonimi, si ammantano di significati che trava- Mobili, vestiti e suppellettili
tiamo di compiere un gesto necessario (che va licano la loro natura, riflettendo il dramma del Che altri hanno posseduto e ai quali
fatto), ma al tempo stesso sacrilego, è una scelta quale sono stati anch’essi i testimoni. «Ho guar- sono sopravvissuti
che costa fatica nonostante, o forse proprio a dato le pareti di quella camera da letto che en- Non sono scomparsi
causa della sua semplicità. In un colpo solo, ma- trando non avevo osservato (…) c’era uno spec- Ci camminiamo sopra
gari in una busta nera per l’immondizia, si fic- chio a fi gura intera davanti al letto, tracce di un Li calpestiamo
cano i ricordi di una vita, e talvolta, pur essendo marito sul comodino, una calcolatrice, un ta- Tu conservi tutto
l’erede legitt imo ci si chiede di chi sia davvero gliacarte, una mascherina da aereo, monete, un Lo facevo anch’io, un tempo
quella roba: è mia? portacenere, una radiosveglia, una bott iglia di Ci sono troppe gambe
Si tratta di un’azione indiscreta, profana- colonia, due romanzi». La descrizione va avanti Troppe mani
trice. Sconfi nando in territori fi no a quel mo- implacabile, e fa salire un nodo in gola per l’an- E troppe bocche
mento privati, interdett i (le tasche, i cassett i), si gustia provata da Victor: «Ho visto indumenti Sei sicuro di aver scelto?
infrange il patto della riservatezza accedendo da uomo, una giacca appesa allo schienale, dei Fai finta che io sia una statua
all’intimità di un defunto senza la sua autoriz- pantaloni con la cintura ancora infi lata. Quegli Ritrovata in uno scavo
zazione. Gesti proibiti che diventano improvvi- indumenti respiravano ancora». Gli oggett i che Senza gambe
samente leciti, anzi, imperativi. Un dovere non continuano, ignari, la loro esistenza. Senza testa
sempre accompagnato dal sentimento inappel- Ma l’interesse per un oggetto non è neces- E poi decidi tu a quale secolo appartengo
labile del diritto. sariamente legato alla nostra storia personale. E in quale dio credevo
Il potere degli oggett i. Viene in mente l’an- Talvolta è proprio l’inconoscibilità della sua ori- E se non hai nulla da dire
gosciante inizio del romanzo di Javier Marías, gine a renderlo att raente, a suscitare fantasie Dillo
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VINCENZO FILOSA

CENTO ANNI
PER UN’ANIMA
Per i giapponesi dopo

S
un secolo di vita econdo un’antica credenza giapponese, quando barattoli,
contenitori e strumenti di vario genere raggiungono i cento
presso una famiglia le anni di servizio presso una famiglia acquisiscono un’anima,
diventano tsukumogami. Per questo motivo, in molte dimore
cose, gli attrezzi, gli era usanza approfittare delle pulizie di fine anno per disfar-

utensili, acquisiscono si degli attrezzi giunti al novantanovesimo anno di utilizzo. Abbandonati


dai loro proprietari, gli utensili spettro si aggirano per le strade e i vicoli

una qualità di tutto il Giappone ormai da secoli e ci ricordano dell’intenso legame che
unisce i giapponesi a tutte le cose, quelle che si trovano in natura quan-

spirituale e diventano to quelle partorite dall’ingegno umano. A incuriosire, in primo luogo, è


la complessa componente spirituale che caratterizza questo rapporto. La

tsukumogami riverenza e l’estrema attenzione con cui il popolo del Sol Levante è solito
interagire con utensili e arnesi risale ai tempi antichi: vengono in mente
quelle professioni artigianali rispettate al punto da assurgere allo status
di “mestieri-culto”. Lo scultore Toshio Odate ci ricorda, in un saggio del
1991, che «per un artigiano (…), gli strumenti non sono semplici cose ma
possiedono un’anima», evidenziando quanto nel rapporto profondo che
unisce i giapponesi agli utensili influisca in maniera determinante il ri-
spetto con cui da sempre considerano alcune professioni artigianali. Ma la
natura “umana” degli tsukumogami e in generale la qualità spirituale attri-
buita a ogni cosa in natura, deriva principalmente dalla sovrapposizione
ideologica tra lo shintoismo giapponese e gli insegnamenti delle dottrine
buddiste giunte successivamente nel paese del Sol Levante. Le antiche cre-
denze animiste ponevano al centro del culto i Kami, entità divine che si
manifestano spontaneamente nel mondo terreno e dimorano nei luoghi
della natura, ma anche nei prodotti dell’ingegno umano: spade e specchi
in primo luogo, poi giare, sandali, ombrelli e altri oggetti di vario genere. Il
concetto di pensiero illuminato originario buddista sostiene che ogni es-
sere, sia esso animato e inanimato, racchiude in sé la conoscenza del Bud-
dha e per questo può, anzi deve, essere trattato con il massimo riguardo.
La percezione di una natura “animata” da parte della popolazione giap-
ponese è ben documentata in ambito letterario. Esemplare, in questo senso,
sono i ritratti spiritosi e immaginifici dello “Tsukumogami ki” (Cronache
degli tsukumogami), libretto d’accompagnamento scritto da monaci buddi-
Qui e nelle pagine a seguire:
sti in epoca Muromachi (1336-1573) che racconta le avventure di una varie-
Tsukumogami, gata gang di tsukumogami. Parliamo di spiriti maliziosi, mossi da cattive
Marco Dapino, 2017, Tokyo intenzioni: accecati dal rancore verso i vecchi padroni, rapiscono uomini
4.2022 89 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 90 4.2022

La natura umana
degli tsukumogami
deriva principalmente
dalla sovrapposizione
ideologica tra lo
shintoismo e gli
insegnamenti delle
dottrine buddiste
giunte in Giappone
successivamente

e animali di cui poi si cibano e spendono le loro ne giapponese operato da un gruppo di abili
giornate a bere e a giocare d’azzardo. È anche mangaka capitanato dal leggendario Shigeru
vero, però, che alcuni di essi sarebbero capaci di Mizuki. Le illustrazioni maestose raccolte nel-
redimere la loro natura malvagia per raggiun- la sua “Enciclopedia degli Yokai” rivitalizzano e
gere l’illuminazione e, di conseguenza, lo stato aggiornano l’immaginario di creature e oggetti
di Buddha attraverso gli insegnamenti della animati proprie del folklore giapponese, lo cata-
dottrina buddista esoterica Shingon. Questa pultano nel paesaggio metropolitano dell’epoca
favola umoristica di intento didascalico dipinge e lo imprimono a fuoco nelle menti delle nuove
i suoi personaggi donando loro una complessa generazioni, gettando le fondamenta per il suc-
caratterizzazione che rispecchia il sofisticato cesso interplanetario dell’impero del fantastico
tormento emotivo in genere attribuito a esseri giapponese contemporaneo: ombrelli birichini,
umani o altre creature senzienti. teneri grovigli di capelli emersi da docce poco
Sebbene sia innegabile che il panorama pulite, pagine sparse che si librano danzando
spirituale giapponese contemporaneo abbia nell’aria come stormi di passeri, sono soltanto
subito trasformazioni considerevoli, l’intenso alcuni dei nuovi tsukumogami nati dalla con-
legame che unisce uomini e cose è ancora pro- taminazione tra le antiche credenze e la nuova
fondo e assume contorni sempre più sfaccetta- sensibilità figlia del processo di modernizzazio-
ti. Nell’immediato dopoguerra, l’ascesa della ne messo in atto nell’immediato dopoguerra.
nuova cultura popolare ha rappresentato un Allo stesso tempo, il dilagante successo della
terreno fertile su cui ridisegnare i confini della letteratura scritta e sequenziale di genere fan-
percezione che gli uomini hanno degli oggetti tascientifico dà corpo a una nuova forma ibri-
con cui interagiscono. Dopo un periodo di “as- da di robotica umanizzata e prefigura inediti,
senza forzata” favorito dal governo giapponese, incredibili scenari nella storia del rapporto tra
shintoismo e buddismo hanno ritrovato il loro l’uomo e le cose. Al contrario di quanto accadu-
posto nell’ambito del dibattito spirituale. A par- to in Occidente, dove l’associazione tra automi
tire dagli anni Sessanta, per esempio, sulle pa- e sintezoidi è da sempre accompagnata a visio-
gine delle riviste manga più diffuse tra i ragazzi ni distopiche di un futuro privo di umanità, la
si verifica un ritorno all’animismo partendo dal comparsa dei robot di Karel Čapek in Giappone
recupero di creature e leggende della tradizio- ispira la creazione di macchine senzienti carat-
4.2022 91 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

terizzate da una spiccata sensibilità: da “Tet- sivo, presso il tempio buddista Kōfuku-ji di Isu-
sujin 28” a “Neon Genesis Evangelion”, i mecha mi, si tengono i funerali di diciannove AIBO, ani-
sono prima di tutto difensori dell’umanità; nel mali domestici automatizzati prodotti da Sony.
classico “Galaxy Express 999”, un ragazzino Ancora una volta, il buddismo si dimostra una
intravede nell’unione tra uomo e macchina la dottrina capace di adeguarsi ai tempi e gioca un
soluzione ai suoi tormenti; “Tetsuwan Atom”, il ruolo fondamentale nella dinamica che regola la
Pinocchio cibernetico di Osamu Tezuka, ha ispi- percezione delle cose da parte dei giapponesi. Il
rato centinaia di scienziati e ingegneri cresciuti teologo Fabio Rambelli sostiene che, secondo la
leggendo le sue avventure tra gli anni Sessanta sofisticata filosofia materialista sviluppata in
e Ottanta spingendoli a riconoscere un’anima ambito buddista, il reame terreno non è più un
alle macchine che aiutano a ingegnerizzare. In ostacolo alla ricerca di salvezza tramite illumi-
un saggio del 1982, il designer Masamoto Yama- nazione, ma produce altresì una dimensione in
guchi racconta della “casa di riposo” per vecchi cui l’uomo può dare forma ai suoi concetti più
elettrodomestici istituita nel centro di design in- profondi e religiosi.
dustriale di Tokyo, in cui vecchi bollitori di riso Mentre il governo giapponese punta ingenti
trascorrono gli anni del tramonto in compagnia somme di denaro nella conversione “robotica”
di macchine da cucire in disuso e altri utensili. della società e della famiglia giapponese con
Yamaguchi arriva addirittura a suggerire riti iniziative visionarie come il progetto Innova-
funebri in onore di anni di meritevole servizio tion 25, ideato nella speranza di sopperire alla
per ispirare le future generazioni di macchine e mancanza di manodopera senza ricorrere a ma-
gadget, richiamando alla mente un’usanza an- novalanza straniera, superare il calo di nascite
cora oggi praticata secondo cui effetti persona- e assistere al meglio una popolazione sempre
li e utensili di vario genere vengono portati in più anziana, pare di assistere alla chiusura di
templi designati così che riposino per sempre in un cerchio: le famiglie giapponesi che un tem-
pace. E come spesso accade in Giappone, l’imma- po erano solite disfarsi di recipienti e strumenti
ginazione fa presto largo alla realtà: nel 2002, il per paura che da un momento all’altro prendes-
tempio Banshō-ji di Nagoya celebra il primo rito sero vita, iniziano adesso ad abbracciare l’idea
funebre per computer, un pasokon kuyo ripreso di convivere serenamente con presenze imma-
in diretta televisiva; nel 2014 un nuovo servizio ginarie reminiscenti di un lontano passato e
digitale inizia a offrire “Rohottoso”, cerimonie compagni di casa completamente automatizzati
funebri per robot; nel gennaio dell’anno succes- per superare una crescente solitudine.
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 92 4.2022

LEONARDO SINISGALLI

QUESTE STUPIDE
MACCHINE
In chiusura di questo numero, un frammento di misura perfetti, e a distanza di anni, questa
di Leonardo Sinisgalli – «in quel tempo, ebbi per sera, mi vien da fare un’osservazione che può
le mani strumenti di misura perfetti» – scritto valere oltre la semplice fisica e che forse chia-
e pubblicato dieci anni prima della nascita di risce una zona di interessi più vasti: gli stru-
“Civiltà delle macchine”. C’è tutto il suo talento menti di misura più precisi, più sensibili, sono
eclettico e una malinconia novecentesca. È una mobilissimi. Così mi sono trovato, per acciden-
piccola citazione del fondatore di questa testata, te, a sapere, forse più delle macchine, delle loro
a ridosso di una ricorrenza: il primo numero di membrature, dei loro vincoli e della rapidissima
“Civiltà delle macchine” risale al gennaio del 1953. digestione che esse fanno del fuoco, che non
Il prossimo numero della rivista, febbraio 2023, del mio stesso corpo. Io che ignoro la natura
sarà dedicato al 70° anniversario. degli umori, dei muscoli, delle ossa, conosco
con una certa chiarezza la viscosità di un olio
In una stanza che dava sul cortile di un latto- lubrificante e la legge che regola la simpatia dei
niere, squadra e compasso alla mano, ho dise- cristalli di carbonio con quelli del ferro in una
gnato, giovinetto, per un’estate intera, le mie lega di acciaio. E un giorno, quando imparai an-
tavole di macchine: composizioni veramente che che queste materie invecchiano come il no-
astratte, se si pensa che non avevo mai toccato stro sangue, e ad opera di speciali bagni si può
una vite e delle macchine semplici non cono- riuscire ad allentarne l’intima disgregazione, a
scevo che la bilancia. Ero tuttavia esperto nei farle addirittura rinvenire, restai meravigliato e
difficili calcoli dell’inerzia, forza cieca che si op- soddisfatto. A noi le macchine non hanno mai
pone alle mutazioni del movimento: una specie suscitato più meraviglia di un albero, o di una
di istinto di conservazione della materia, que- vacca. Mi sono convinto, guardandole a lungo,
Queste stupide macchine fu pubblicato originariamente sul sta legge di universa pigrizia. Avevo imparato che è inutile cercare nella loro struttura dei rit-
numero 5/1943 de “La Ruota”, nella seconda fase della vita
a tenere conto della sua mutevole presenza che mi definiti, quasi una prosodia e una metrica.
della rivista, quando aveva assunto un orientamento contrario
al regime, sancito dall’ingresso nel comitato direttivo di Mario definisce il peso dei corpi in riposo e che ogni Le regole che le determinano sono regole poco
Alicata e Antonello Trombadori. Come scrive Giuseppe Lupo
irregolarità riesce a costringere in monotonia. visibili, come le leggi della prosa. La loro anima-
in Le fabbriche che costruirono l’Italia (Edizioni Il Sole24Ore,
2020), fu ispirato dalla visita di Sinisgalli alle macchine della Ma forse i ricordi più vivi di quel tempo restano zione l’abbiamo guardata a nostra immagine
società Linoleum di Narni.
ancora le ore trascorse nel laboratorio di ana- e somiglianza e abbiamo concluso che ha un
Il brano comparve nel 1945 nella raccolta di pensieri Horror
Vacui, che confluì nell’edizione del 1950 di Furor Mathematicus lisi dei metalli con i raggi x. Nell’afa, gli appa- posto veramente infimo nella gerarchia delle
(Mondadori), la seconda dopo quella pubblicata da Urbinati
recchi continuavano a friggere; ogni tanto una cose animate. Pensate, poi, che qualunque sti-
nel 1944. Furor Mathematicus raccoglie brevi frammenti sui
temi tipici dell’impegno di Sinisgalli, la poesia, la matematica, scintilla scoppiava tra le sfere dei condensatori, molo occasionale in una macchina può creare
il design, la fisica, fino all’artigianato. Il libro era dedicato
ed era un temporale da teatro nel buio di quel- dei disastri: esse non godono della insensibilità
a Rafaele Contu, intellettuale, giornalista e divulgatore
scientifico, anch’egli legato a Giuseppe Ungaretti (sulla storia la camera in una squallida estate lontana. Noi dell’azzurro e delle pietre, né della frenesia di
di Contu è uscito quest’anno un libro di suo nipote Luigi Contu,
indossavamo dei camici bianchi, tessuti con una gatta. Pure senza cercare divini attributi,
I libri si sentono soli, La nave di Teseo). Furor Mathematicus
fu pubblicato ancora nel 1967 presso Silva, ultima edizione fili di asbesto, per entrare nella cabina dell’al- mi sono compiaciuto a guardarle, talvolta di
approvata da Sinisgalli; e poi da Ponte alle Grazie nel 1992.
ta tensione e difendere dai raggi gli organi del fronte, talvolta di fianco, e spaccarle, e smontar-
Oggi è disponibile in Oscar Mondadori in una edizione del
2019 con una prefazione di Gian Italo Bischi. sesso. In quel tempo, ebbi per le mani strumenti le, queste stupide macchine.
4.2022 93 CIVILTÀ DELLE MACCHINE

Volo di uccelli, Leonardo


da Vinci, dettaglio della
copertina del primo numero
di Civiltà delle macchine,
gennaio 1953. Foto di
Vincenzo Pisani
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 94 CIVILTÀ DELLE
TRADUZIONI
MACCHINE
3.2021
4.2022 95 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 96 CIVILTÀ DELLE
TRADUZIONI
MACCHINE
3.2021
4.2022 97 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 98 CIVILTÀ DELLE
TRADUZIONI
MACCHINE
3.2021
4.2022 99 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 100 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
AUTORI

CHIARA CAPPELLETTO SILVANO FUSO CLARE HORNSBY FRANCESCA MOLTENI

Filosofa, professoressa associata Chimico e divulgatore scientifico, Storica dell’arte e della cultura, Laureata in Filosofia a Milano,
di Estetica presso l’Università degli Studi è autore di numerosi libri, tra cui “Il segreto è specializzata nel XVIII secolo, il mercato studi a NYU, è autrice e regista.
di Milano, coordina il gruppo di ricerca delle cose. Storie di uomini e materiali” dell’arte, il Grand Tour e l’architettura. Fonda nel 2009 Muse Factory of Projects,
PIS – Performing Identities Studies (Carocci, 2021; vincitore del Premio È Research Fellow presso l’Accademia casa di produzione specializzata in
(www.pis.unimi.it) e partecipa al progetto internazionale di letteratura Città di Como Britannica a Roma e presiede la Walpole design e architettura. Collabora con
IdEM – Identification, empathie, projection 2022 come miglior saggio di divulgazione Society a Londra. “D – la Repubblica delle donne”,
dans les arts du spectacle (CNRS). scientifica). “Elle Decor” e Fondazione Symbola.
Il suo ultimo volume è “Embodying Art. GIORGIA LEPORE
How we See, Think, Feel, and Create” BRUNO GIURATO IAN WILLIAMS
(Columbia University Press, 2022). Archeologa medievista, docente di Storia
È editor at large a “Mit Technology Review dell’arte e scrittrice. Ha esordito nel 2009 Autore di libri di narrativa, saggistica
Italia” e direttore della comunicazione con “L’abitudine al sangue” (Fazi). L’ultimo e poesia, è professore associato
DANIELA SESSA
per l’Italia della multinazionale Ealixir. romanzo tratto dal ciclo dell’ispettore all’Università di Toronto. Il suo romanzo
Vive e lavora a Siracusa dove è docente Scrive per “Domani”. Gerri Esposito è “Il compimento “Riproduzione” (Keller, 2021) ha vinto
di Letteratura italiana in un liceo. è la pioggia” (Edizioni E/O, 2018). lo Scotiabank Giller Prize ed è stato
Si occupa di critica letteraria e collabora pubblicato in Canada, Stati Uniti,
FABIO LAVISTA
con diverse testate giornalistiche. Regno Unito e Italia. Nel suo ultimo
GIOVANNI GIULIANI
È ricercatore presso il Dipartimento libro “Disorientation” l'autore esamina
di Civiltà e Forme del Sapere Notaio, studio Giuliani-Occorsio, l’impatto dell'incontro tra etnie diverse
FRANCESCO SCOTOGNELLA
dell’Università di Pisa, dove insegna è fondatore e presidente della Fondazione sulle persone comuni.
È professore associato di Fisica al Storia economica. Giuliani per l’arte contemporanea.
Politecnico di Milano. È stato visiting FRANCESCA D’ALOJA
a Toronto, Singapore e Berkeley. Studia NICOLA NOSENGO ELISA ALBANESI
le proprietà ottiche e optoelettroniche Attrice, regista, autrice. Ha lavorato,
di materiali nanometrici. Giornalista e scrittore, si occupa Storica dell’arte, è redattrice della rivista tra gli altri, con Vittorio Gassman,
di scienza e tecnologia. Ha collaborato “Civiltà delle Macchine”. Ettore Scola, Ferzan Özpetek, Marco
con diverse testate italiane e inglesi, con Risi, Claudio Caligari. Per Mondadori ha
GUIDO FONTANELLI
la Rai e con enti di ricerca in Italia pubblicato i suoi tre romanzi: “Il sogno
VINCENZO PISANI
Giornalista economico, collabora con e in Svizzera. Attualmente è direttore cattivo” (2007), “Anima Viva” (2015),
“Panorama” e “Domani”. È autore di saggi di “Nature Italy”. Il suo ultimo libro Specializzato in relazioni internazionali, “Cuore, sopporta” (2018). È coautrice
su energia, automotive ed ecologia. è “Tales from a Robotic World – How coordina l’area cultura industriale insieme a Edoardo Albinati di “8 giorni
Intelligent Machines Will Shape della Fondazione Leonardo – Civiltà delle in Niger”, diario di una missione al seguito
Our Future”, scritto con Dario Floreano Macchine. di UNHCR. Nel 2020 ha pubblicato
NICOLA MIRENZI
per MIT Press, 2022. per La nave di Teseo “Corpi speciali”.
Giornalista e autore televisivo. Lavora VALENTINA ORENGO
a Mediaset. Scrive per “HuffPost” e MANUEL ORAZI VINCENZO FILOSA
“Il Venerdì di Repubblica”. Ha pubblicato Nata a Torino, ha lavorato a Mediaset e
tre libri tra cui “Pasolini contro Pasolini” Lavora presso la casa editrice Quodlibet Mtv e ha scritto per varie riviste. Nel 2001 Fumettista, traduttore, divulgatore
(Lindau, 2016). e scrive di architettura per alcuni giornali ha pubblicato con Einaudi Stile Libero del manga di realtà e docente di arte
e riviste. È inoltre docente presso il saggio “Singles” e nel 2019 il romanzo del fumetto presso l’Accademia di Belle
l’Accademia di Architettura di Mendrisio. “Più in alto del giorno” con Garzanti. Arti di Reggio Calabria.
FRANCESCO PONTORNO
Attualmente vive a Roma e lavora per La7.
È Director of Growth di Opinno Italia. GINEVRA LEGANZA
Si occupa di programmi di innovazione STEFANO SALIS
aperta e intrapreneurship per le grandi Ha studiato Filosofia all’Università
aziende. Studia il post-umano e l’impatto di Padova. Scrive per “Il Foglio” Giornalista e scrittore, è responsabile
della tecnologia sulla società. e per civiltàdellemacchine.it. della redazione Commenti de “Il Sole
24 Ore”. Si occupa di editoria, letteratura
e musica e ha tenuto lezioni e laboratori
MARIO BEVILACQUA
di giornalismo culturale in varie università,
Insegna Storia dell’architettura curando collane editoriali, prefazioni
all’Università Sapienza di Roma, a volumi e contributi apparsi in diverse
ed è direttore del Centro di Studi sulla pubblicazioni. Nel 2022 è tra gli autori
Cultura e l’Immagine di Roma. del libro “Sulla scacchiera”
(Franco Maria Ricci, 2022).

Untitled, Teresa Giannico,


2018, dalla serie Ricerca8
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 102 4.2022

RIVISTA TRIMESTRALE Iscrizione al Registro degli Operatori Numero chiuso in redazione SEDE LEGALE

4 2022 di Comunicazione con numero 32893 il 22 novembre 2022 Via del Plebiscito 102
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2000, oggetti, argilla, acqua,
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3.2022 103 CIVILTÀ DELLE MACCHINE
CIVILTÀ DELLE MACCHINE 104 4.2022

GRAZIE AL PREZIOSO CONTRIBUTO DI


Pietro Secco // Caterina Volpi // Giuseppe Lupo //
Gianpaolo Manzella // Valentina Palazzari // Jolanda Silvestrini,
Bertozzi & Casoni // Laura Trisorio // Valeria Cacciapuoti,
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Anastasia Rouchota, Archivio Antonio Scaccabarozzi // Duccio Dogheria,
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Olivetti // Giuseppe Monfredini, Danese Milano // Dora Aceto, Finito di stampare nel mese di dicembre 2022
Studio Fabio Mauri // kaufmann repetto // Marco Dapino da CTS Grafica, Città di Castello
ELISA ALBANESI BERTOZZI & C A SONI MARIO BEVIL ACQUA
PAULO BRUSCK Y CHIAR A CAPPELLETTO BARBAR A C APPONI
TOMMASO CASCELL A LORIS CECCHINI FR ANCESCA D’ALOJA
M A R CO DA P I N O LU C I O D EL P E Z ZO M A R CO F E R R A N T E
V I N C EN ZO F I LOS A G U I D O F O N TA N E L L I S I LVA N O F U S O
TER ESA G I A N NICO G IOVA N NI G I U LIA NI B RU NO G I U R ATO
ANDREA S GUR SK Y CL ARE HORNSBY ANISH K APOOR
J A N N I S K O U N E L L I S F A B I O L AV I S TA C H A N G W . L E E
G I N E V R A L E G A N Z A G I O R G I A L E P O R E DAV I D L E V E N E
M A S S I M O L I S T R I A L F R ED O M A I O R I N O P E T E R M A R LOW
FA B I O M A U R I N I C O L A M I R E N Z I F R A N C E S C A M O LT E N I
RICCARDO MONCALVO BRUNO MUNARI NICOLA NOSENGO
M A N U E L O R A Z I VA L E N T I N A O R E N G O A D R I A N P A C I
G I A N N I P I AC E N T I N O V I N C E N ZO PISANI FR ANCESCO
P O N T O R N O L U C A P OZ Z I S T E F A N O S A L I S A N T O N I O
S C ACC A B A ROZ Z I F R A N C E S CO S COTO G N E L L A DA N I EL A
SESSA LEON A R DO S INISG A LLI IA N WILLIA MS CH EN ZH EN

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