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Università degli Studi di Bologna Anno Accademico 2013/2014

Docente: Riccardo Vattuone


Relatore: Luca Mazzini

Ducezio e Siracusa: le premesse storiche dell'intesa tra Siculi ed Atene in prospettiva della
prima spedizione in Sicilia.

Introduzione
Nel mio elaborato ho voluto focalizzare l'attenzione sul ruolo di Ducezio nei rapporti tra le
popolazioni sicule e la città di Siracusa. A questo tipo di studio mi ha spinto la volontà di
comprendere meglio l'atteggiamento che tennero i Siculi nei confronti di Atene durante la prima
spedizione in Sicilia (427-424 a.C.).
Nel racconto tucidideo della prima spedizione i Siculi appaiono in relazione diretta con Atene per la
prima volta nel III libro:”Durante l'inverno successivo (426 a.C.) gli Ateniesi che erano in Sicilia
assieme agli alleati greci e a quanti di quei Siculi che, pur essendo dominati con la forza dai
Siracusani ed essendo loro alleati, combattevano con gli Ateniesi poiché si erano ribellati, dopo aver
marciato verso la città sicula di Inessa, la cui Acropoli era in possesso dei Siracusani, la assalirono e
poiché non erano capaci di espugnarla, si ritiravano”.1
La piazzaforte di Inessa è posta alle pendici del monte Etna, ovvero nella mesògheia centro
orientale dell'isola.2 Tucidide osserva che in questa zona l'alleanza dei Siculi con i Siracusani aveva
un carattere impositivo e di segno egemonico, a favore della colonia corinzia. Appare naturale
dunque una ribellione delle popolazioni indigene di questa regione e una predisposizione favorevole
verso gli Ateniesi, che da parte loro erano interessati a intervenire nella fertile valle del fiume
Simeto, limitata a nord da Catana e a sud dall'alleata Leontini, entrambe colonie calcidesi la cui
chòra era minacciata dall'espansionismo siracusano.3

1 Thuc. III. 103.1 Oi9 d' e0n th|~ Sikeli/a| 0Aqhnai=oi tou~ e0pigignome/nou xeimw~noj e0pelqo&ntej meta_ tw~n 9Ellh&nwn
cumma&xwn kai\ o3soi Sikelw~n kata_ kra&toj a)rxo&menoi u(po_ Surakosi/wn kai\ cu&mmaxoi o1ntej a)posta&ntej
au)toi=j [a)po_ Surakosi/wn] cunepole/moun, e0p' 1Inhssan to_ Sikeliko_n po&lisma, ou{ th_n a)kro&polin Surako&sioi
ei]xon, prose/balon, kai\ w(j ou)k e0du&nanto e9lei=n, a)ph|~san.
2 Franco A. Periferia e frontiera nella Sicilia antica. Eventi, identità a confronto e dinamiche antropiche nell'area
centro-settentrionale fino al IV sec. a. C., Supplementi a Kokalos 19, Pisa 2008, cit.p.175; Miccichè C., Archonides
di Herbita, in Hesperia 22. Studi sulla grecità d'Occidente (a cura di Lorenzo Braccesi), Roma 2008, pp 103-118,
cit.p.113.
3 Schirripa P., Tucidide e i Siculi: problemi di inquadramento etnico e politico, in Convivenze etniche, scontri e
contatti di culture in Sicilia e Magna Grecia, Aristonothos 7, Trento 2012, pp.209-227, cit. p. 212. Nel famoso
frammento papiraceo [Jacoby, FgrHist 577 F2] si parla di operazioni navali svolte da Careade presso Megara Iblea e
della presenza di trierarchi ateniesi a Camarina. La data è quella del 427/426 a.C, visto che l'autore ricorda nella
prima colonna sopravvissuta del testo la morte per ferite di Carete, evento che è accennato in Tucidide III.92.2. E' il
solo testo che testimonia l'intevento ateniese anche sulla costa sud-orientale dell'isola, probabilmente a supporto di
Leontini e di Camarina, la cui posizione strategica era di serio ostacolo all'egemonia di Siracusa nella regione. Cf.

1
Questa operazione militare non coronata da successo era stata preceduta nell'inverno del 427 da un
attacco congiunto ateniese-reggino da parte di una flotta di trenta navi contro le isole Lipari, abitate
da popolazioni alleate di Siracusa.4 Il controllo di queste isole era funzionale ad ottenere una
posizione di vantaggio nello Stretto a discapito di Locri e Messana, schierate con Siracusa5.
In questo passo Tucidide rileva anche che “queste isole giacciono all'altezza dei territori dei Siculi e
dei Messeni”.6 Nonostante lo storico di Oloro non specifichi altro, l'annotazione geografica è
sufficiente per dedurre che i Siculi in questione siano quelli che abitano i monti Nebrodi, nella parte
centro-settentrionale della Sicilia. I centri siculi di questa regione a differenza di quelli della valle
del Simeto non erano soggetti a guarnigioni siracusane ed erano sostanzialmente autonomi da ogni
tipo di dominazione di matrice ellenica.7
Furono probabilmente loro i non meglio specificati alleati che permisero nell'estate del 427 lo
sbarco del contigente ateniese guidato da Carete presso Mylae, dato che questa piazzaforte
messenica sorge proprio a ridosso del loro territorio 8. Nell'inverno del 426 gli Ateniesi compiono a
quanto sembra un'azione concertata con le due diverse anime dell'ethnos siculo, per mettere in
difficoltà Siracusa e le poleis doriche sue alleate sia presso lo Stretto sia nella piana di Catana: se da
una parte come si è visto i Siculi della pianura del Simeto rivoltatisi attaccano Inessa, dall'altra i
consaguinei settentrionali invadono i confini di Himera.9 Questo implica che l'autonomia dei Siculi
settentrionali si estendeva fino all'area dell'entroterra di Himera compresa tra il fiume omonimo e le
Bosworth B. Athens' First Intervention in Sicily: Thucydides and the Sicilian Tradition, in The Classical Quarterly,
Vol. 42 No. 1, Cambridge 1992, pp. 46-55. Per l'attribuzione del frammento vi sono due ipotesi. La più seguita è
quella che vade in Filisto l'autore della cronaca; a sostenerlo per esempio sono il curatore dell'editio princeps
Coppola G., Una pagina del Περί Σικελίας di Filisto in un papiro fiorentino, in Riv. Di Filol. E di Istr. Class., vl.
VIII,4, 1930, pp.467 e sgg.; Wentker H., Sizilien und Athen, Heidelberg 1956, cit. p.180 n.456. La seconda ipotesi,
recentemente ripresa, vede in Antioco di Siracusa il responsabile dello scritto: molto dettagliato il contributo di
Ameruoso M., In margine a "P. S. I." XII 1283 (= Pack², 1343): Un nuovo Antioco?, in Zeitschrift für Papyrologie
und Epigraphik 128, Bonn 1999, pp. 133-149. E' da rilevare che però Bosworth date le gravi lacune del testo
preferisce non esprimersi sulla questione, in Athens' First Intervention in Sicily, cit.p.55.
4 Thuc. III. 88.3. e Dio XII.54.4.
5 Thuc. III.88.1 Ampolo C., La funzione dello Stretto nella vicenda politica fino al termine della guerra del
Peloponneso, in Lo Stretto, crocevia di culture, Atti del ventiseiesimo convegno di studi sulla Magna Grecia, a cura
di Stazio A. e Ceccoli S., Taranto-Reggio Calabria 1986, pp. 45-71, cit.p.70. Tucidide (III.86.3) riteneva che la causa
profonda dell'intervento ateniese, accanto a quella contingente di fornire un aiuto ai consaguinei e alleati leontinesi,
fosse quella di prevenire l'invio di grano siracusano a Sparta e dominare in prospettiva l'intera isola. Diodoro
(XII.54.1-3) oltre a ciò aggiunge che l'aiuto fornito a Leontini era motivato principalmente dalla bramosia degli
Ateniesi per la fertilità del contado della polis ionica Tuttavia l'invio di un contingente iniziale di venti navi, che
solo nel 425 giungerà al numero di sessanta (Thuc. III, 115.4.) e il disimpegno della flotta dopo appena tre anni deve
far pensare a a una azione di Atene mirante per lo più al controllo dello Stretto, zona certamente vitale per i traffici
commerciali occidentali, e a diverse incursioni “dimostrative” sulla coste sud-orientali. . Cf. Ampolo, La funzione
dello Stretto, pp.69-71.
6 Thuc. III.88.3 kei=ntai de\ai9 nh~soi au{tai kata_ th_n Sikelw~n kai\ Messhni/wn gh~n.
7 Thuc VI.2.5 ricorda come ancora alla vigilia della seconda spedizione (415 a.C.) i Siculi “ta_ me/sa kai\ ta_ pro_j
borra~n th~j nh&sou e1xousin”.
8 Thuc. III. 90.2.
9 Thuc. III.115.1. Himera è una città dorica e dunque alleata di Siracusa. Lo storico di Oloro ricorda come infatti tutte
le città di stirpe dorica si fossero schierate nella guerra Leontini-Siracusa dalla parte di quest'ultima, con la rilevante
eccezione di Camarina. Cf. Thuc. III.86.2 e Franco, Periferia e frontiera, cit. p.175.

2
Madonie10. L'attacco a Himera mirava a sottrarre a questa alleata di Siracusa il controllo della costa
tirrenica centro-orientale11. Ciò sarebbe confermato dal fatto che Himera viene attaccata solo dopo
che gli Ateniesi si impadronirono momentaneamente di Messana (estate del 426).12
La popolaziona sicule della mesògheia successivamente risultano decisive nella salvezza di Nasso,
alleata di Atene, in quanto l'esercito di Messana assediante la colonia calcidese viene sconfitto
grazie all'arrivo dei Siculi “che abitavano sulle cime dei monti”. 13 Questa ultima espressione
rimanda ancora una volta alle fortezze indigene situate sulle pendici orientali dei monti Nebrodi.14
Nella cronaca degli avvenimenti di parte tucididea, che in questi passi si distingue per essere di
carattere prettamente militare, l'ethnos siculo che abitava la piana di Catana fino alle coste del
Tirreno orientale sembra costituire un blocco unico e schierato compattamente a favore degli
Ateniesi. Tuttavia già si può discernere una distinzione tra i Siculi della “pianura”, che prima erano
alleati coi Siracusani e che abitano i dintorni di Catana, e quelli della “montagna”, che compaiono
nelle operazioni presso l'entroterra della costa tirrenica. Nulla è detto riguardo la storia precedente
di queste due componenti dell'ethnos indigeno e quando e con quali modalità vennero avviate le
trattative che portarono a una intesa tra Atene de i Siculi.
Tucidide d'altronde in una specie di presentazione del proprio modus operandi nella raccolta di dati
riguardanti la prima spedizione avverte che egli si occuperà solo degli avvenimenti “più degni di
considerazione”, lo&gou ma&lista a1cia, che coinvolsero Atene e i suoi alleati, lasciando da parte
gli scontri che riguardarono invece esclusivamente i popoli abitanti l'isola, nonostante che nell'estate
del 427 fossero accesi numerosi conflitti che rigurdavano soltanto gli epicorii.15 Egli coerentemente
a quanto detto si è limitato a ricordare i Siculi solo quando questi costituiscono un elemento
rilevante nelle operazioni belliche condotte dagli strateghi ateniesi16.
Sul ruolo dei Siculi nella prima spedizione non c'è alcun riferimento né in Diodoro 17 né nel
frammento papiraceo fiorentino18.
Per analizzare la storia dell'ethnos siculo che precede la prima spedizioni ateniese e per

10 Miccichè C., Mesogheia, Archeologia e Storia della Sicilia centro-meridionale dal VII al IV sec.a.C., Caltanissetta-
Roma 2011, cit. p.113; Franco A., Periferia e frontiera, cit.p.175.
11 Franco A., Periferia e frontiera , cit.p175.
12 Thuc III, 115,1.
13 Thuc. IV.25.9., oi9 Sikeloi\ u(pe\r tw~n a1krwn .
14 Miccichè, Archonides, cit.p.113. Cf. Galvagno E., Politica ed economia nella Sicilia greca, Roma 2000, p.90.
15 Thuc. III.90.1. Tou~ d' au)tou~ qe/rouj e0pole/moun me\n kai\ a1lloi, w(j e9ka&stoij cune/bainen, e0n th|~ Sikeli/a| kai\
au)toi\ oi9 Sikeliw~tai e0p' a)llh&louj strateu&ontej kai\ oi9 0Aqhnai=oi cu_n toi=j sfete/roij cumma&xoij: a4 de\
lo&gou ma&lista a1cia h2 meta_ tw~n 0Aqhnai/wn oi9 cu&mmaxoi e1pracan h2 pro_j tou_j 0Aqhnai/ouj oi9 a)ntipo&lemoi,
tou&twn mnhsqh&somai.
16 Bosworth B., ipotizza che Tucidide abbia scarse informazioni sui contrasti del tempo perchè non ebbe modo di
conoscere Lachete, essendo l'unico stratego sopravvissuto a questi fatti morto prima del ritorno dello storico
dall'esilio ventennale. Athens' First Intervention in Sicily, cit.p.54.
17 Dio. XII.54. È l'unico capitolo della Biblioteca che lo storico di Agirio dedica alla prima spedizione.
18 FgrHist 577 F.2 ed. Jacoby.

3
comprendere la posizione di questa popolazione epicoria nel primo scontro tra Atene e Siracusa
occorre rifarsi alla Biblioteca Storica di Diodoro Siculo. L'autore di Agirio infatti è l'unica fonte
che riporta l'azione del capo siculo Ducezio, colui che per primo riuscì a unificare i vari centri
indigeni siculi della Sicilia centro-orientale in un'unica grande confederazione attorno alla metà del
V secolo a.C.19

I Rapporti di Ducezio con Siracusa e la creazione della syntèleia sicula


La figura di Ducezio si inserisce nella narrazione diodorea degli avvenimenti che seguono la
cacciata dell'ultimo tiranno della dinastia dinomenide da Siracusa, cioè Trasibulo20.
Il contesto è quello della lotta tra i nuovi rappresentanti della cittadinza aretusa 21 contro i mercenari
assoldati dai tiranni e quei coloni siracusani che, dice Diodoro, erano stati insediati da Ierone a
Catana.22 Difatti il crollo dei Dinomenidi determinò, tra le numerose conseguenze, la fine delle
precedenti forzose coabitazioni etniche con un processo di diecismo che interessò Siracusa,
Agrigento, Himera e tutta la Sicilia orientale 23. Garante del ripristino degli antichi equilibri è la
colonia corinzia, che abbandona così la politica militare a carattere egemonico degli anni
precedenti.24: i vecchi aristocratici sicelioti erano stati i più danneggiati dalla politica dinomenide a
favore dei mercenari e degli xenòi. Ierone aveva privato della loro chora sia gli abitanti di Catana
che di Nasso e aveva rifondato la prima col nome di Aitna 25, mentre Gelone aveva immesso nel
corpo civico di Siracusa ben diecimila mercenari.26 L'aristocrazia terriera di Siracusa, dopo la
cacciata di Trasibulo, non poteva tollerare che coloro che erano stati tutelati dai tiranni oltre al lotto
di terra potessero accedere anche alle magistrature della nuova politèia democratica.27
La volontà dei charièstatoi aretusi usciti vincitori dalla battaglia contro i mercenari asserragliati ad

19 I passi relativi alla vicenda di Ducezio della Biblioteca Storica di Diodoro sono XI.76.3; XI.78.5;XI.88.6;XI.90.1;
XI.91.1-4;XI.92 1-4;XII.8.1.3; XII.29.1
20 Dio. XI.67.1. La cacciata di Trasibulo è da collocare al 466 a.C. Cf. Miccichè, Biblioteca Storica, Frammenti dei
libri IX-X Libri XI-XIII , Milano 1992 p. 219 n.2.
21 XI.67.6, oi9 Surako&sioi prosthsa&menoi tou_j h(ghsome/nouj
22 Dio. XI.67.6.
23 Dio XI. 76.4. Secondo Diodoro rimanevano ancora più di settemila individui dei diecimilia mercenari immessi nel
corpo civico di Siracusa da Gelone 463/462 a.C.(XI.72.3) tou~ ga_r Ge/lwnoj plei/onaj tw~n muri/wn
politografh&santoj ce/nouj misqofo&rouj, e0k tou&twn perielei/ponto plei/ouj tw~n e9ptakisxili/wn Cf.
Consolo Langher S. Tra Falaride e Ducezio : concezione territoriale, forme di contatto, processi di
depoliticizzazione e fenomeni di restrutturazione civico-sociale nella politica espansionistica dei grandi tiranni e in
età post-dinomenide. Kokalos XXXIV-XXXV, Pisa-Roma 1988-1989, pp 229-263. , cit.p.253.
24 Su questo tema testo ancora valido è quello del Rizzo P. La repubblica di Siracusa nel momento di Ducezio, Palermo
1970, in particolare pp.16-20; Franco A., Periferia e frontiera, cit.p. 143; Galvagno E., Ducezio “Eroe”: storia e
retorica in Diodoro, in Mito, storia e tradizione. Diodoro Siculo e la storiografia classica – Atti del convegno
Internazionale Catania-Agira 7-8 dicembre 1984, Catania 1991, pp.99-104, cit. p. 106.
25 Galvagno E., Ducezio “Eroe”, cit.p.106.
26 Dio XI.72.3
27 Consolo Langher S. Tra Falaride e Ducezio, cit.p.253.

4
Acradina e Ortigia28 era quella dunque di tornare alle antiche composizioni civico-sociali 29e
ristabilire i vecchi equilibri non solo a Siracusa, ma in tutte le poleis della Sicilia occidentale prima
soggette a tirannide. Diodoro fa notare che la nuova pace diede uno stimolo all'economia agricola di
tutta l'isola prima soggetta a continue guerre e lotte intestine. 30 La città di Aitna-Catana rientrava
pienamente in questo processo di risistemazione, in una zona in cui l''elemento indigeno così come
la polis siceliota aveva dovuto subire l'espansionisno promosso dai tiranni per garantire nuove terre
ai mercenari, che venivano collocati anche all'interno della mesògheia indigena31. La chora di
Catana prima dell'intervento di Ierone era abitata dai coloni calcidesi, che avevano convissuto
pacificamente con l'elemento indigeno e operato con esso un'equa distribuzione di terre. 32 I coloni
installati da Ierone a Catana non avevano invece alcun rapporto coi Siculi del luogo e il Dinomenide
in maniera arbitraria aveva concesso loro anche la chòra tradizionalmente spettante agli indigeni33.
La convergenza tra Ducezio e gli aristocratici aretusi si compie poiché entrambi in questo frangente
avevano l'interesse ad estromettere gli xenoi per ristabilire la situazione agricola e sociale che era
stata stravolta dai Dinomenidi34.
Diodoro sembra quasi sottolineare questo aspetto dato che subito dopo la notizia della battaglia
dell'Arcadina del 461/460, che consacrò la predominanza politica dei secento chariestatoi aretusi,
narra la spedizione congiunta di Ducezio e dei Siracusani contro Catana.35
La chora venne spartita di comune accordo tra la polis siracusana e i Siculi mentre la città di Catana
venne restituita agli antichi abitanti calcidesi 36. Mi trovo d'accordo con chi sostiene che in questo
frangente Ducezio non fosse ostile a Siracusa e che non volesse guidare una coalizione antiellenica
poiché grazie all'iniziativa di Siracusa stessa i Siculi avevano riottenuto le proprie terre37.
Ducezio fin dall'inizio della sua apparizione è definito da Diodoro come o( tw~n Sikelw~n h(gemw&n38 ,
capo indiscusso dei Siculi della zona centro-orientale. Egli è sicuramente appartenente a una grande
famiglia aristocratica, fortemente ellenizzata, poiché in occasione della fondazione di Menainon
Diodoro evidenzia come egli fosse “ famoso per la sua stirpe e a quei tempi potente”39.

28 Dio. XI.76.2
29 Consolo Langher S. Tra Falaride e Ducezio, cit.p.254; Vattuone R., “Metoikesis. Trapianti di popolazione nella
Sicilia greca fra V e IV sec. a.C. in Emigrazione e immigrazione nel mondo antico, a cura di Sordi M., Contributi
dell'Istituo di Storia Antica, vol.20, Milano 1994, pp. 81-113, cit.p.106.
30 XI.72.1.
31 Franco. A, Periferia e frontiera, cit. p.143.
32 Rizzo P., La repubblica di Siracusa, cit.p. 36.
33 Dio. XI, 49, 1-2. Galvagno, Ducezio “Eroe”, cit.106.
34 Dio XI.76.2, Rizzo P., La repubblica di Siracusa, cit.p. 36.
35 Dio. XI. 76.3
36 Dio. XI. 76.3.
37 Rizzo P., La repubblica di Siracusa, cit.p.37; Franco. A, Periferia e frontiera, cit. p.143., Galvagno, Ducezio
“Eroe”, cit.p.106.
38 Dio XI. 76.3.
39 Dio. XI 76.5 w)nomasme/noj to_ ge/noj, i0sxu&wn de\ kat' e0kei/nouj tou_j xro&nouj.

5
Proprio la ktisis di Menai, avvenuta nel 459/458, fa intuire come Ducezio avesse “la mentalità di un
greco e non di un indigeno” 40: egli si comporta secondo la ritualità tradizionale dell'ecista, poiché
dopo aver edificato il nuovo centro divide il territorio tra coloro che hanno partecipato alla
fondazione41. Questo gesto sancì la legittimità della sua autorità non solo di fronte al proprio
popolo, ma anche nei confronti dei Sicelioti. Ritengo che il capo siculo sapesse bene che nel mondo
greco il fondatore di una polis ricevesse culti eroici alla propria morte e assurgesse come massimo
rappresentante della comunità cittadina42. Infatti Catana era stata trasformata nel 471 nella nuova
fondazione di Aitna da Ierone, il tiranno che aveva espropriato i Siculi dalla loro terra 43. La ktìsis
aveva garantito al tiranno una popolarità che aveva superato i confini del mondo siceliota per
giungere fino alle poleis della Grecia propriamente detta.44
Ducezio intendeva mettere in atto un'opera di ellenizzazione dal punto di vista politico, che portasse
i Siculi, prima divisi tra loro in villaggi e senza una precisa coscienza unitaria, a un piano di parità
rispetto alle poleis siceliote45. La nuova polis, fondata nel territorio che è tra le fertili chòrai di
Catana e Leontini, dovrebbe corrispondere all'odierna Mineo46.
Prova di una connivenza dei chariòstatoi aretusi con la politica iniziale dell'etnarca è la mancata
risposta di questi alla successiva azione militare di Ducezio contro Morgantina, condotta secondo
Diodoro subito dopo la fondazione di Menainon.47
Questo centro indigeno, profondamente ellenizzato durante il VI sec. e da identificare con l'attuale
località di Serra Orlando, fu conquistato da Ducezio pechè posto in una importante via di
penetrazione siceliota verso il centro dell'isola ed era dunque indespensabile il suo possesso per
l'occupazione sicura della valle di Catana e Leontini, dove sorgeva appunto la nuova fondazione di
Menaion48.
40 Adamesteanu D., L'ellenizzazione della Sicilia e il momento di Ducezio, in Kokalos VIII, Pisa-Roma 1962, pp.167-
198, cit.p.170.
41 Dio XI.76.5. Rizzo P., La repubblica di Siracusa, pp.58-59, Franco. A, Periferia e frontiera, cit. p.144.
42 Galvagno, Ducezio “eroe”, cit.p.100.
43 Dio. XI.49.1-2.
44 Id., cit.p.101-102. Galvagno ricorda come il tragediografo ateniese Eschilo rappresentasse a Siracusa intorno al 470
a.C. “Le Etnee”, nelle quali lo stesso Ierone “rappresentava, anche se simbolicamente, il personaggio principale.”
Cf. Cataudella Q., Tragedie di Eschilo nella Siracusa di Gerone, in Kokalos X-XI, Roma-Pisa 1964-65, p.371 ss.
45 Franco A,, Periferia e frontiera, cit. p.144.
46 Franco A., Periferia e frontiera, cit. p.145, “Essa è anche indicata come la patria di Ducezio in base a Dio. XI.88.6,
ma solo qualora si accolga, come nell'edizione teubneriana del testo diodoreo, la correzione Μένας fatta dal Müller
in luogo della vulgaris lectio μὲν Νέας” Franco sostiene l'identità tra Menai e Menaion, così come Manni E.,
Quattro note filologiche linguistiche, in A.S.S., IV-II 1976, pp.407-417. Contra Adamesteanu D., L'ellenizzazione
della Sicilia, che intende Menai come “rifondazione” di Menaion e Rizzo, La repubblica di Siracusa, pp. 58-66, che
tiene distinti i due centri. Miccichè C., Mesògheia p.105 n.86, invece propende per l'identità tra le due fondazioni
perchè il toponimo Menaion, a suo parere, è una corruzione del testo da mutare in Μεναίων (“gli abitanti di
Menài”).
47 Dio. XI.78.5 Significativamente lo storico di Agirio non accenna ad alcuna azione ostile da parte dell'esercito
aretuso, né di dibattiti nell'ekklesìa siracusana.
48 Franco A., Periferia e frontiera, cit. p.145, Cf. Sjövquist, I Greci a Morgantina, in Kokalos VIII, Pisa-Roma 1962,
pp.52-68; Contra Rizzo, che sostiene che Morgantina coincida con la città attuale di Caltagirone La repubblica di

6
Il predominio dei charièstatoi a Siracusa nel momento della presa di Morgantina (459/458) portò a
una intesa per il momento continua coi Siculi ellenizzati perchè questa favoriva una più facile
penetrazione commerciale delle grandi rendite agrarie verso l'interno e permetteva il rafforzamento
del patrimonio agricolo, cosa che un evento come la guerra espansionistica e aggressiva portata
avanti dai tiranni aveva messo in seria discussione49.
Fra l'attacco a Morgantina e la costituzione della syntèleia sicula (453/452 a.C.) nella narrazione di
Diodoro intercorrono sei anni di silenzio, in cui non è ricordata alcuna azione del capo siculo.
Adamesteanu e Wentker avevano ipotizzato che Siracusa, indebolita dai dissidi interni causati dalla
lotta tra fazioni e dalle recenti sanguinose battaglie con i mercenari, non ebbe la forza di intervenire
contro Ducezio fino all'attacco di questo contro il froùrion acragantino di Mozio50. Tuttavia prima
del tentativo tirannico di Tindaride51, che fu certamente il sintomo dello scontento provocato dalla
recente politografìa che aveva lasciato senza terra e senza diritti politici molti cittadini, Diodoro
evidenzia come fosse la prosperità portata dalla pace a caratterizzare il periodo in questione 52. Si
deve supporre piuttosto che fino all'anno 454, quando lo storico di Agirio riporta appunto l'episodio
di Tindaride, l'aristocrazia terriera aretusa “abbia tranquillamente mantenuto la sua preminente
posizione politica e abbia avuto perciò tutto l'agio di portare avanti il suo programma agrario e
commerciale aperto verso il mondo “indigeno”.53
Fu proprio questo avvenimento che segnò il declino definitivo dei vecchi possidenti terrieri, il cui
potere era stato già messo in discussione dai Dinomenidi 54. Infatti benchè questi risultassero ancora
vincenti nello scontro con gli strati sociali più bassi del corpo civico, l'istituzione del petalismo
divenne un formidabile strumento di potere nella lotta politica, di cui le prime vittime furono
proprio coloro che lo avevano istituito. Il cambiamento di leadership all'interno della polis aretusa è
registrato con sgomento da Diodoro :“Poichè erano proprio gli uomini che godevano di maggior
prestigio ad essere costretti all'esilio, quei cittadini che appartenevano alla fazione aristocratica [---]
si astennero da una partecipazione attiva nella vita politica […..] Il risultato fu che ancora una volta
si accesero contese tra fazioni e il popolo fu sospinto nel vortice della lotta”55.

Siracusa, pp. 91-93.


49 Rizzo, La repubblica di Siracusa, p.97; Franco, Periferia e frontiera, cit. p.145.
50 Adamesteanu, L'ellenizzazione della Sicilia, cit.p.88; Wentker, Silizien und Athen, cit. p.60.
51 Dio. XI.86.3
52 Dio. XI. 72.1.
53 Rizzo, La repubblica di Siracusa, op.cit.p.100
54 Vattuone R., “Metoikesis”, cit. p.106.
55 Dio. XI.87.4-5. tw~n megi/stwn a)ndrw~n fugadeuome/nwn oi9 xarie/statoi tw~n politw~n kai\ duna&menoi dia_ th~j
i0di/aj a)reth~j polla_ tw~n koinw~n e0panorqou~n a)fi/stanto tw~n dhmosi/wn pra&cewn kai\ dia_ to_n a)po_ tou~
no&mou fo&bon i0diwteu&ontej diete/loun, e0pimelo&menoi de\ th~j i0di/aj ou)si/aj ei0j trufh_n a)pe/klinon, oi9 de\
ponhro&tatoi tw~n politw~n kai\ to&lmh| diafe/rontej e0fro&ntizon tw~n dhmosi/wn kai\ ta_ plh&qh pro_j taraxh_n
kai\ newterismo_n proetre/ponto. dio&per sta&sewn ginome/nwn pa&lin, kai\ tw~n pollw~n ei0j diafora_j
e0ktrepome/nwn, pa&lin h( po&lij ei0j sunexei=j kai\ mega&laj e0ne/pipte taraxa&j:

7
Sebbene alla fine del passo in questione Diodoro precisa che questa legge rimase in vigore per poco
tempo, soltanto un anno dopo la flotta aretusa si scontra nel Tirreno con gli Etruschi.56
La lotta tra “demagoghi” e “cittadini rispettabili”, ovvero i possidenti terrieri, si giocò proprio sulla
politica commerciale da intraprendere negli anni a venire.
Le operazioni della flotta siracusana nel mar tirrenico, dove con due spedizioni la polis aretusa
riuscì a sconfiggere gli Etruschi e a sottrarre loro l'isola d'Elba, ricca di miniere di ferro, dimostra il
prevalere di quella aristocrazia mercantile, appoggiata da una parte della cittadinanza meno
abbiente priva di sufficiente terra da coltivare, che era stata svantaggiata da quella economia di tipo
agricolo seguita fino ad allora dai chariestatòi57. Nell'episodio dell'accusa di intesa col nemico
etrusco di cui è imputato il comandante della prima spedizione, cioè Faillo, questo viene giudicato
colpevole di tradimento perchè si era limitato a saccheggiare l'isola d'Elba invece di conquistarla58 .
Le ripercussioni di questa svolta sono destinate ad influire anche nei rapporti con i Siculi dell'area
centro-orientale, dato che i referenti principali di Ducezio erano proprio i possidenti terrieri.59
E' probabile che la fonte dello storico di Agirio non si sia interessato ai movimenti di Ducezio in
questo lasso di tempo perchè egli non interferì con gli interessi delle pòleis siceliote ma si concentrò
ad intessere alleanze con le principali famiglie aristocratiche della mesògheia dell'interno che
portarono pochi anni dopo alla creazione della synteleia.60 Questa azione diplomatica dovrebbe aver
coinvolto anche le popolazioni che abitavano i monti Nebrodi, meno ellenizzate ma libere da
qualsiasi dominazione siceliota. Diodoro infatti dice che la confederazione riuniva tutte le città della
medesima etnia con l'eccezione di Ibla61.
La syntèleia di Ducezio, creata nel 453, non è da intendere come una semplice symmachìa tra varie
entità autoctone dell'entroterra isolano ma anzi è la concreta manifestazione del progetto pansiculo
dell'hegemòn, che mostra ancora una volta quanto la sua mentalità fosse tipicamente greca. Ciò si
comprende se si effettua un'analisi attenta del lessico politico di Diodoro, ovvero per quale motivo
si deve distinguere la syntèleia dalla symmachìa.
Lo storico di Agirio usa il termine syntèleia ventisei volte nei libri della Biblioteca che ci sono
pervenuti. Nella maggior parte dei casi esso è usato nel suo uso primario e generico ovvero come
56 Dio. XI.87.5.
57 Ibidem e Rizzo, La repubblica di Siracusa, cit. p.109.
58 Rizzo, La repubblica di Siracusa, p.109.
59 Ibidem.
60 Franco, Periferia e frontiera, cit. p.146.
61 XI.88.6. L'Ibla in questione è Ibla Gereatide, “nota per un tempio consacrato alla dea Hyblaia, e per la
congregazione dei Galeotai, indovini che emettevano responsi a nome delle divinità e interpretativano i sogni. La
ricerca archeologica ha confermato la marca ellenizzazione del centro, che alla metà del V secolo godeva di
condizioni socio-politiche e culturali nettamente diverse dai restanti centri indigeni dell'entroterra etneo”. Miccichè
C., Biblioteca Storica, Frammenti dei libri IX-X Libri XI-XIII, Milano 1992, cit. p.257 n.8 L'alterità del centro di
Ibla dal resto degli agglomerati siculi dell'area trova una conferma anche in Thuc. VI.62.5, dove viene detto che la
città di Gela è nemica degli Ateniesi.

8
indicante un'azione portata alla sua conclusione. Per i nove casi in cui questa definizione assume
una valenza politica, due sono i passi relativi al progetto politico duceziano, sei alla confederazione
dei Beoti guidata dai Tebani e una volta alla lega navale capitanata da Atene. Tutti i passi in
questione si ritrovano nei libri XI – XII- XV62.
Al passo XII. 4.3 si ricorda l'episodio di Platea, che diede inizio di fatto allo scoppio delle ostilità
nella guerra del Peloponneso. In questa città la fazione filotebana si accorda con Tebe e a
condizione di avere un aiuto militare ne promette la consegna alla syntèleia dei Tebani63. Si
evidenzia qui come la syntèleia non è dei Beoti, ma dei soli Tebani. Rispetto alla symmachìa, la
syntèleia sembra disporre di strumenti di controllo che consentono al suo centro promotore di
esercitare un ruolo di indiscusso predominio64. Nel corso del XV libro Diodoro usa tale espressione
unicamente per connotare la confederazione beotica e nel 371 Tebe è di fatto esclusa dalla koinè
eirène perchè essa rifiuta di accettare l'autonomia delle pòleis beotiche65. Altro elemento importante
è l'uso di tale termine nella narrazione diodorea per indicare una realtà politica connotata
etnicamente66.E' interessante notare del resto che in Tucidide lo stesso termine è usato per indicare il
sinecismo attuato da Teseo in Attica che portò alla fondazione di Atene67.
Al passo XI.78.4 la lega navale guidata da Atene è definita syntèleia nel corso dell'anno 459,
quando Egina decide di defezionare dall'alleanza. In tal senso qui Diodoro sembra sottolineare che
l'isola si sia voluta sottrarre a un'organizzazione fortemente accentrata, tenuta insieme dalla forza
esercitata da un centro egemone68.
Ritornando a Ducezio, anche qui la syntèleia è esplicitimente posta da Diodoro in connessione con
la dimensione etnica: “Ducezio, colui che guidava i Siculi, condusse ad un'unica e comune
confederazione tutte le città del medesimo popolo, tranne Ibla”69.
Lo storico di Agirio dunque ritiene la coalizione fondata da Ducezio un organismo federale
fortemente accentrato, cosa che costituiva per la tradizione indigena una vera e propria rivoluzione:
Diodoro stesso definisce il loro condottiero w2n newte/rwn w)re/geto pragma&twn, “colui che era

62Cusumano N., Sul lessico politico di Diodoro: syntèleia, in Kokalos XLII, Pisa -Roma 1996, pp. 303-312, cit. p.305.
63 Dio. XII.4.3.
64Cusumano N., Sul lessico politico , cit.p.306.
65 Dio. XII.54.4.
66 Cusamano, Sul lessico politico, cit.p.309.
67 Thuc. II.15.2.
68 Dio XI.78.4., Cusumano, Sul lessico politico, cit.p. 309. Mi sento di aggiungere alle osservazioni di Cusumano che
anche nella lega navale ateniese è presente una dimensione etnica, dato che Atene ha sempre legittimato la propria
posizione egemone sugli alleati tramite la lotta per la liberazione delle poleis ioniche dal dominio persiano . Difatti il
koinà della lega fino al 454 era custodito a Delo, nel santario comune degli Ioni Cf.,Plutarco, Vita di Aristide 25.3;
Vita di Pericle 12.1.
69 Dio. XI.88.6. Douke/tioj o( tw~n Sikelw~n a)fhgou&menoj ta_j po&leij a(pa&saj ta_j o(moeqnei=j plh_n th~j U 3 blaj
ei0j mi/an kai\ koinh_n h1gage sunte/leian.

9
sempre alla ricerca di cose nuove”. 70 Le tribù dei Siculi, prima divise tra loro e arroccate sulle
montagne, venivano ora raccolte attorno ad un unico centro politico, che derivava la propria
legittimità dal suolo sacro su cui Ducezio decise di fondarlo: “vicino al tempio dei Palici fondò
un'importante città, che chiamò Palice, dal nome degli dei su citati”71.
Il tèmenos degli dei siculi Palici era grandemente conosciuto e aveva una lunga tradizione religiosa
epicoria alle spalle; la sua importanza per le popolazioni del luogo è sottolineato da Diodoro nel
passo seguente alla fondazione della unione pansicula, dato che l'autore riferisce come quel luogo
fosse sacro da tempi antichissimi e che i venissero lì suggellati i più solenni giuramenti72.
La nuova confederazione su base etnica dunque trovava nella mitologia sacra degli dei Palici il suo
collante più importante; Ducezio utilizzò le divinità del luogo per rafforzare il sentimento autoctono
di appartenenza ad un'unica stirpe che fosse ben distinta dagli abitanti sicelioti dell'isola73.
Ducezio accanto a Palikè decise di rifondare la propria patria Menai, in pianura, mentre prima
questa era situata sulle alture 74. Questo metoiokìsmos è un'altra manifestazione della volontà di
Ducezio di trasformare la propria comunità di origine in una polis ecista. Questo insieme di atti,
compiuti per dare una precisa fisionomia politica all'èthnos siculo e per permettere al suo leader di
presentarsi come un valido interlocutore per le aristocrazie siceliote, significò un cambiamento
culturale oltre che politico ed economico. Ducezio costruisce Palikè come una vera e propria polis,
cingendola di mura robuste e assegnando la chora ai suoi nuovi abitanti dopo averla divisa in lotti75.
La synteleia oltre ad avere un santuario e una città comune era dotata di un esercito federale, la cui
guida è ovviamente affidata all'hegemòn fondatore.76
L'attacco ad Inessa, dove ancora erano presenti gli odiati xenòi installati all'epoca di Ierone e anche i
mercenari che erano fuggiti da Catana, è immediatamente successivo e si spiega per due motivi: da
una parte la presa di questo centro, abitato per una parte considerevole da abitanti di etnia sicula,
allargava la confederazione in una zona strategica della mesogheia;77dall'altra esso serviva a

70 Ibidem.
71Ibidem. plhsi/on tou~ teme/nouj tw~n o)nomazome/nwn Palikw~n e1ktise po&lin a)cio&logon, h4n a)po_ tw~n
proeirhme/nwn qew~n w)no&maze Palikh&n.
72 Dio. XI.89. Gli scavi archeologici hanno rilevato che il Santuario venne interessato da imponenti lavori di
risistemazione alla metà del V secolo a.C., e non è dunque peregrina l'ipotesi che attribuisce a Ducezio l'iniziativa
della “sistemazione monumentale a terrazze” davanti alla grotta dove gli Dei Palici erano venerati. Cf. Maniscalco
L., Indagini archeologiche presso il santuario dei Palici e a Porta Udienza, Mineo., in Kokalos XVII-XVIII, Pisa-
Roma 2009, pp.499-510, cit.p.505.
73 Franco A., Periferia e frontiera, cit. p.149.
74 Dio. XI.88.6. - Miccichè, Biblioteca Storica, cit.p.256 nella propria traduzione segue l'edizione del testo greco del
Mùller, che è una correzione della vulgaris lectio Μένας mentre Franco A. ha optato per l'emendamento proposto
dal Palmerius in Nòai, respingendo dunque l'identità tra Menanion-Menai con la città natale di Ducezio., Periferia e
frontiera, cit.p.146.
75 Dio XI.90.1
76 Dio.XI.88.6.
77 Dio. XI.91.1 La presa di Aitna fu propiziata dall'uccisione del capo della guarnigione mercenaria. Evidentemente

10
rafforzare l'autorità e il prestigio di Ducezio. Si deve ricordare infatti che la syntèleia è una struttura
federativia di tipo verticistico; ora il capo siculo si era guadagnato il favore all'interno
dell'aristocrazia guerriera sicula in primo luogo con le vittoria militare sui mercenari di Catana. La
presa di Inessa rafforzava ancor di più la leadership che Ducezio aveva nella nuova coalizione a
base etnica. Siracusa in questo frangente attua ancora una politica di non intervento, ma ciò non
deve far pensare, come a Rizzo 78, a una reale alleanza che intercorreva tra Ducezio e i chariestatoi
aretusi. La creazione della syntèleia e la presa di Inessa costituivano segnali allarmanti anche per i
possidenti, dato che la chòra siracusana si trovava ora circondata dalla nuova confederazione
pansicula e privata della possibilità di espandersi nella fertile valle del Simeto 79. Inoltre
quell'aristocrazia con interessi mercantili che era risultata in parte vincitrice nello scontro interno
che riguardava la politica commerciale da tenere in ambito tirrenico, avrebbe avuto a questo punto
buon gioco nel presentare Ducezio come pericoloso barbaro a guida di una vasta alleanza
antiellenica. Perfino i charièstatoi si saranno resi conto che l'allestimento di un esercito su base
etnica e la liberazione di centri tradizionalmente indigeni da parte di Ducezio poteva in futuro
minacciare l'egemonia di Siracusa nella regione80.
Diodoro riporta che Ducezio successivamente alla presa di Inessa attacca Motyon, un importante
avamposto militare di Agrigento81. E' probabile che il capo siculo si rendesse conto che la tacita
intesa con Siracusa era stata gravemente compromessa dalla sua azione militare concentrata verso
est. Dunque gli sarà apparso conveniente allargare la base della syntèleia inglobando quei centri
tradizionalmente indigeni che però si trovavano nella chòra di Agrigento.
L'insediamento di Motyon si trovava lungo il corso del Salso-Himera, che costituiva il limite
orientale della chora acragantina ed è anche un importante crocevia di due vie di penetrazione verso
la Sicilia settentrionale82. Il centro in questione è infatti da identificare con l'odierna località di
Sabucina, che come dimostrano i ritrovamenti archeologici aveva la conformazione tipica di un
phrourìon indigeno ellenizzato83. Dunque la decisione di Ducezio di prendere Motyon appare
coerente sia con la posizione strategica sia con il suo programma politico di riunire tutti i centri
omoethnèis dell'isola. La sua conquista avrebbe aperto l'azione della syntelèia ai villaggi dei Siculi
ai confini della chòra di Himera.
Proprio presso Motyon nell'autunno del 451 Ducezio ottenne una vittora contro un esercito

una parte non minoritaria degli abitanti vedeva Ducezio come un liberatore o comunque come un occupante più
gradito rispetto ai misthofòroi. Cf. Franco, Periferia e frontiera, cit. p.150.
78 Rizzo, La Repubblica di Siracusa, cit. p.126.
79 Franco, Periferia e frontiera, cit. p.150.
80 Ibidem.
81 Dio. XI.91.1.
82 Franco, Periferia e frontiera, cit. p.150.
83 Ibidem. Cf. Miccichè. C., Diodoro XI.91: Ducezio e Motyon, in R.I.L. CXIV, 1980, pp.52-69

11
composto da Siracusani guidati dallo stratego Bolcone e Acragantini 84. La sconfitta è uno shock per
Siracusa, così come per Agrigento: mai in campo aperto delle forze indigene avevano saputo
contrastare la falange oplitica siceliota85. Il fatto che Bolcone venisse processato al suo ritorno con
l'accusa di tradimento e condannato a morte 86 fa sorgere subito un interessante parallelismo con il
caso di Faillo. Probabilmente Bolcone fu scelto come capro espiatorio nello scontro tra fazioni che
vedeva ancora da una parte i chariestàtoi, i proprietari terrieri interessati a una politica non
aggressiva verso l'elemento siculo, e dall'altra i portavoce della vocazione espansionistica ed
egemonica della città aretusa, che risulta ancora vincitrice nella contesa.
Difatti il nuovo stratego eletto è messo alla testa di un esercito “considerevole”, come nota Diodoro
stesso87, che avviò a questo punto la decisa repressione dell'elemento siculo. Il nuovo stratego colpì
Ducezio presso Nomai, dove il capo siculo aveva deciso di far svernare le proprie truppe88.
Nel frattempo forze acragantine attaccavano Motyon sconfiggendo il presidio che Ducezio aveva
lasciato prima della ritirata a difesa della sua recente conquista89.
La manovra a tenaglia siculo-acragantina ha un'efficacia massima: proprio mentre gli Agrigenti
riprendono Motyon a seguito di uno scontro equilibrato i Siracusani mettono in rotta l'esercito
siculo90. La confederazione mostra tutta la propria fragilità, sfaldandosi completamente alla prima
sconfitta considerevole subita. Infatti la maggior parte dei superstiti decide di abbandonare
l'hegemòn rifugiandosi nei tradizionali centri fortificati posti sulle montagne91.
Il progetto politico di Ducezio mostra a questo punto tutta la propria debolezza: a mio parere
l'aristocrazia sicula, benchè fortemente ellenizzata, non poteva in poco tempo assorbire gli schemi
organizzativi e culturali che erano propri delle grandi confederazioni delle pòleis greche.
L'autoctonia e l'appartenenza alla stessa stirpe erano elementi sì indispensabili per la creazione di
una grande synteleia, tuttavia l'esistenza di questa poggiava non solo su una singola personalità ma
anche su un'intera comunità di cittadini, che fossero Tebani od Ateniesi.
Ducezio nell'arco di tutta la sua impresa cercò di instillare all'interno della propria aristocrazia la
mentalità “politica” propria dei Sicelioti, per i quali tuttavia le alleanze interstatali erano garantite
non solo dai legami delle grandi famiglie ma anche dai decreti delle assemblee e degli organismi
cittadini. Del resto il capo siculo non fece in tempo a completare la propria “rivoluzione” politica e
84 Dio. XI.91.1. E' da rilevare che non tutti i testi traditi concordano sulla presenza di Siracusani e Acragantini.
Tuttavia la storiografia più recente ha ritenuto plausibile la presenza di Siracusa allo scontro Cf. Galvagno E.,
Ducezio “eroe”, p.110 e Franco Periferia e frontiera, cit. p.153. Contra Rizzo, La repubblica di Siracusa, cit..p.144.
85 Franco, Periferia e frontiera, cit. p.153.
86 Dio. XI.91.2.
87 Ibidem. du&namin a)cio&logon
88 Dio XI.91.3.
89 Dio. XI.91.4.
90 Dio. XI.91.3.
91 Ibidem.

12
culturale perchè sconfitto appena dieci anni dopo l'inizio della sua ascesa. La mentalità
dell'aristocrazia guerriera sicula vedeva nella ingloriosa ritirata dell'eghemòn lo scioglimento stesso
della syntèleia, poiché questa trovava principalmente la propria legittimazione nel prestigio militare
dell'individuo che la guidava. Diodoro ricorda infatti che i Siculi, a differenza dei vicini Sicani,
“affidavano il comando ai più valorosi tra gli uomini”92.
A questo punto Ducezio, resosi conto dell'estremo pericolo che correva, dato che non era
improbabile che un altro aristocratico della propria stirpe volesse la sua testa per diventare il nuovo
hegemòn, decide di fuggire e di consegnare se stesso come supplice davanti agli altari dell'agorà di
Siracusa.93 E' un gesto di grande levatura politica, che mostra ancora una volta come il nobile siculo
conoscesse bene le tradizioni e i costumi religiosi dei Greci. Ducezio si consegna volontariamente a
Siracusa perchè intuisce la presenza di una fazione cittadina che è nei suoi confronti se non
favorevole, almeno non ostile. Tale gesto non sarebbe stato possibile invece ad Agrigento
evidentemente perchè qui l'azione di Ducezio era sempre stata vista con diffidenza anche per i
sospetti di un'intesa con la rivale storica Siracusa94.
Il calcolo del condottiero si rivela esatto: nell'assemblea convocata dai magistrati per prendere la
decisione finale sulla sorte di Ducezio, si affrontano due schieramenti con due linee di condotta
totalmente opposte. Da una parte vi sono “ alcuni che erano soliti tenere discorsi da demagogo”95
che consigliano di trattare il Siculo sconfitto alla stregua di un nemico e di infliggergli una
punizione adeguata. Traspare qui l'assoluto disprezzo che la fonte di Diodoro prova per la fazione
“popolare”. Lo storico di Agirio colloca in evidente opposizione a tali personaggi, che costituiscono
per di più una minoranza, “ i più rispettabili degli anziani” 96, che invitano invece a considerare
Ducezio come un supplice e a trattarlo secondo le leggi divine a cui egli si era appellato.
Questi aristocratici aretusi, che ancora una volta sono da identificare con i grandi possidenti terrieri,
si richiamano formalmente al rispetto della divinità, ma anche nel testo diodoreo traspare che la loro
pietas sia motivata dalla convenienza: “ perchè bisognava considerare non che cosa Ducezio
meritasse di soffire, ma che cosa era opportuno che i Siracusani facessero” - dei=n ga_r skopei=n ou)
ti/ paqei=n a1cio&j e0sti Douke/tioj, a)lla_ ti/ pre/pei pra~cai Surakosi/oij :. 97
Tutta l'azione di Ducezio negli anni precedenti era stata rivolta contro centri occupati da mercenari e
solo alla fine vi era stato l'attacco alla chòra una grande polis siceliota come Agrigento, che tuttavia
era una rivale di Siracusa per il predominio sulla Sicilia centro-orientale. Inoltre le ktìseis di Menai

92 Dio. V.9.1 oi9 me\n Sikeloi\ toi=j a)ri/stoij tw~n a)ndrw~n ta_j h(gemoni/aj e0nexei/rizon
93 Dio. XI. 92.1
94 Franco, Periferia e frontiera, cit. p.157.
95 Dio. XI.92.3, e1nioi me\n ou}n tw~n dhmhgorei=n ei0wqo&twn
96 Ibidem., oi9 de\ xarie/statoi tw~n presbute/rwn)
97 Ibidem.

13
e Palikè se da una parte erano una minaccia all'egemonia tradizionale delle poleis elleniche,
dall'altra mostravano come Ducezio fosse imbevuto di una mentalità propriamente greca. Dunque
non deve stupire che i possidenti vedessero nell'heghemòn un personaggio politico di pari grado con
cui era possibile venire a patti e forse un futuro intelocure per azioni in territorio siculo che fossero
utili alla loro causa.
Emblematica è la decisione di esiliarlo a Corinto, madrepatria della città siceliota, dove gli venne
perfino garantito il mantenimento a spese di Siracusa 98. Questo gesto resterebbe inspiegabile se non
ci fosse dietro la precisa volontà da parte siracusana di utilizzare l'autorevole figura di Ducezio per
operazioni successive.

II Il ritorno di Ducezio: le ambizioni di Siracusa nella fondazione di Kalè Aktè


Il contesto storico in cui si colloca il ritorno di Ducezio in Sicilia e la conseguente fondazione di
Kalè Aktè nei pressi dell'odierna Caronia 99, la cui cronologia oscilla tra il 448/7 a.C. e il 446/5
a.C.100, è quello della lotta tra Siracusa e Agrigento per il controllo della chòra che si affacciava sul
mar Tirreno e dell'interessamento ateniese per le terre ad Occidente: di lì a poco infatti, nel 445/444,
verrà fondata la colonia panellenica di Turi101. Sul ritorno del capo siculo in questa zona dell'isola e
sul ruolo della popolazione sicula nella fondazione di Kale Aktè sono presenti due principali filoni
interpretativi nella storiografia moderna: il primo vede nella ktìsis di questa pòlis un tentativo di
Ducezio di ricostruire quella grande confederazione etnica di cui era stato heghemòn fino a pochi
anni prima. Maddoli ritiene che Atene, la cui presenza commerciale e politica era sempre più forte
nell'area, avesse sostenuto Ducezio con lo scopo di volgere a proprio favore la situazione di
discordia tra le pòleis siceliote102.
Anche Adamesteanu sostiene che Ducezio abbia agito contro Siracusa dato che Diodoro dice
esplicitamente che il notabile siculo “a Corinto rimase per poco tempo perchè infranse gli
accordi”103, tuttavia a differenza di Maddoli non crede che dietro la sua decisione di fondare una
nuova città ci sia la longa manus di Atene104. Prima di analizzare la seconda ipotesi, che vede invece
un preciso progetto espansionistico di Siracusa dietro il ritorno di Ducezio 105, è bene comprendere

98 Dio. XI.92.4.
99 Franco A., Periferia e frontiera, cit.p.158; Miccichè C., Archonides, cit.p.108.
100 Dio. XII.8.3. Per la datazione “alta” propendono Wentker, Sizilien und Athen, cit.p.72; Adamesteanu D.,
L'ellenizzazione della Sicilia, cit.p.191 e Franco A., Periferia e frontiera, cit.p.158. Per la datazione “bassa”
Miccichè C., Archonides, cit.p.104 Cf. Chisoli A., Diodoro e le vicende di Ducezio, Aevum 67, 1993, p.28.
101 Dio XII.9.1.
102 Maddoli, Ducezio e la fondazione di Calacte, in Annali della facolta di Lettere di Perugia I, Perugia 1977-78,
pp.151-56. D'accordo con questa ipotesi anche Consolo Langher S. Tra Falaride e Ducezio, p.260.
103Dio XII.8.2. ou{toj de\ o)li/gon xro&non mei/naj e0n th|~ Kori/nqw| ta_j o(mologi/aj e1luse
104Adamesteanu, L'ellenizzazione della Sicilia, cit.p.192.
105Rizzo, La repubblica di Siracusa, pp.159-160; Franco, Periferia e frontiera, cit. p.165.

14
se sia storicamente possibile una convergenza tra la sfera di azione della democrazia ateniese di
quegli anni e la spedizione dei coloni di Ducezio in Sicilia.
Per accertarlo è indispensabile definire la datazione dei testi epigrafici che riportano i trattati di
alleanza che Atene stipulò con Regio e Leontini. Difatti l'ipotesi di un'intromessione ateniese in
chiave antisiracusana nell'area di Kalè Aktè non pare improbabile se si ritenesse valida la datazione
alta che il De Sanctis e il Wentker hanno attribuito a questi documenti106.
I due studiosi propongono per queste alleanze un arco temporale che va dal 465 e il 440 a.C.,
proprio gli anni in cui si svolge l'intera parabola dell'impresa duceziana 107. Tuttavia l'ipotesi più
accreditata in ambito accademico è ormai quella che propende per una cronologia bassa, che vede i
trattati di Regio e Leontini risalenti al 433/2 a.C.108
E' pur vero che alla ktìsis di Kalè Aktè parteciparono anche Arconida di Herbita e numerosi Siculi
dell'entroterra vicino109: questa figura è quasi sicuramente da identificare con il dinasta siculo che
Tucidide nel corso della fase iniziale della seconda spedizione in Sicilia definisce come toi=j
0Aqhnai/oij fi/loj 110
. Ciò nonostante i fatti narrati dall'ateniese avvengono trent'anni dopo
l'episodio di Kalè Aktè e non tengono conto delle conseguenze che comportò la morte di Ducezio
nelle relazioni tra Siculi e Siracusa.
Il secondo filone interpretativo vede infatti nel ritorno di Ducezio un'abile mossa di Siracusa volta
ad espandere la propria influenza nell'area centro-settentrionale e tirennica, utilizzando il prestigio
che deteneva Ducezio in quella zona, poco ellenizzata e dove i Siculi rimanevano sostanzialmente
autonomi.111 Tale disegno avrebbe potuto riportare a un ripristino delle relazioni fra la colonia
corinzia e la realtà sicula e la possibilità da parte di Siracusa di assicurarsi una presenza costante sul
Tirreno112, obbiettivo che a mio parere può aver fatto convergere gli interessi dei charièstatoi aretusi
con quelli dell'aristocrazia più legata agli interessi dei traffici marittimi. Diodoro stesso del resto ci
informa che Ducezio era partito da Corinto con numerosi coloni, il che induce a pensare che la
“rottura dei patti” sia più apparente che reale113.
Un'iniziativa isolata del capo siculo non appare credibile inoltre per l'episodio del consulto

106De Sanctis G., La prima spedizione ateniese nell'Occidente, in Rivista di filologia e di istruzione classica XIII,
pp.71-72; Wentker, Sizilien und Athen, cit. p.65.
107Ibidem.
108Franco A., Periferia e frontiera, cit. p.172 Cf. Mattingly H.B., The Growth of Athenian Imperialism, in Historia XII,
1963, pp.252-273; Cataldi S. I prescritti dei trattati ateniesi con Reggio e Leontini, in AAT CXXI 1987, pp.63 ss.
109Dio. XII 91.2.
110Thuc. VII.1.4. Miccichè C. Archonides, cit.p.105. Tucidide ricorda Arconida al momento della sua morte, nel 414
a.C. e come quest'avvenimento avesse fatto passare alcuni dei Siculi dalla parte siracusana,
111Herod. VI.22.2. h( de\ Kalh_ au3th 0Akth_ kaleome/nh e1sti me\n Sikelw~n; Rizzo, La repubblica di Siracusa, pp.153-
169 Franco., Periferia e frontiera, cit.p-165; Miccichè, Archonides, cit.p.108.
112Miccichè, Archonides, cit.p.106.
113Dio XII.8.2, Miccichè, Archonides, cit.p.108.

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oracolare114. A questo riguardo, è da escludere che Ducezio si sia avvalso dell'oracolo di Delfi, per il
quale non sono documentate consultazioni da parte di genti anelleniche di Sicilia nel V secolo 115,
mentre Franco argomenta in maniera convincente che il centro religioso in questione potrebbe
essere quello di Dodona.116
I rapporti di questo centro con Atene per il V-IV secolo sono estremamente rari 117, mentre è difficile
negare la continuità di relazioni tra Dodona e la madrepatria di Siracusa, cioè Corinto, dove appunto
fin dal 450 circa era in esilio Ducezio. Di conseguenza è plausibile che il santuario dodoneo abbia
avuto un ruolo legittimante nel ritorno di Ducezio, da far risalire forse a un'ispirazione di Siracusa,
con la mediazione corinzia.118
Ritornando al testo diodoreo è importante notare che negli stessi anni si verificò una grave
situazione di conflittualità tra Agrigento e Siracusa proprio a causa dell'atteggiamento tollerante di
quest'ultima verso Ducezio. Infatti “gli Acragantini allora dichiararono guerra ai Siracusani sia
perchè provavano invidia nei loro confronti sia perchè li rimproveravano di avere salvato la vita a
Ducezio, che era un loro nemico, senza il loro parere”119.
La motivazione reale dell'astio degli Acragantini è però un'altra: Kalè Aktè è una fondazione mista,
che ha al proprio interno sia coloni dori sia indigeni della zona circostante come Arconida di
Herbita e si trova a poca distanta da Himera, sottocolonia di Agrigento. Siamo in quella stessa area
che sarà teatro delle operazioni della prima spedezione ateniese, ovvero una zona prevalentemente
montuosa in cui i Siculi sono autonomi e tradizionalmente ostili ai Greci. L'alleanza col dinasta di
Herbita mostrerebbe dunque l'appoggio di quei Siculi centro-settentrionali al progetto duceziano ed
era una chiara minaccia alla chora acragantina.120
Lo scontro tra Acragantini e alleati da una parte e Siracusa dall'altra si concluse con la vittoria della
seconda presso il fiume Imera attorno al 446 a.C.121
Come risultato Agrigento dovette riconoscere l'egemonia di Siracusa 122. Tuttavia l'alleanza che si

114Dio. XII.8.2.
115Franco., Periferia e frontiera, cit.p.159, Cf. Rougemont G., Delphes et le cités grecques d'Italie du sud et de la
Sicilie, in “La Magna Grecia e i grandi santuari della madrepatria”, in Atti del XXXI Convegno di Studi sulla
Magna Grecia, Taranto 1992, pp.157-192.
116Franco., Periferia e frontiera, cit.p.159. L'autore del saggio ricorda il particolare rapporto mitologico tra l'oracolo di
Zeus dodoneo e la comunità sicula dei Galeotai, gli indovini residenti a Ibla gereatide secondo una leggenda narrata
in un frammento di Stefano Bizantino.
117Franco., Periferia e frontiera, cit.p.160. L'unico oracolo di Dodona riguardante Atene è quello che precede la
seconda spedizione in Sicilia Cf. Paus., VIII.3.26.
118Franco., Periferia e frontiera, cit.p.160.
119Dio. XII.8.3 0Akraganti=noi de\ a3ma me\n fqonou~ntej toi=j Surakosi/oij, a3ma d' e0gkalou~ntej au)toi=j o3ti
Douke/tion o1nta koino_n pole/mion die/swsan a1neu th~j 0Akraganti/nwn gnw&mhj, po&lemon e0ch&negkan toi=j
Surakosi/oij.
120Miccichè C., Archonides, cit.p.109.
121Dio XII.8.4
122Dio. XII.26.3.

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sarebbe prospettata tra il movimento siculo e la polis aretusa è definitivamente frustrata dalla morte
di Ducezio nel 440 a.C.123

Conclusione: il cambiamento dei rapporti tra Siracusa e i Siculi alla morte di Ducezio
La morte improvvisa del grande heghemòn siculo, i cui obbiettivi dopo la fondazione rimangono
oscuri124, segnò la fine della collaborazione tra i Siculi e Siracusa. Diodoro narra la drammatica
vicenda della distruzione di Trinakie, centro indigeno autonomo la cui gloriosa tradizione guerriera
ne aveva preservato l'autonomia fino ad allora125. La spietata repressione messa in atto da Siracusa
si motiva a mio parere con l'egemonia appena conquistata dalla colonia corinzia su tutte le altre
poleis siceliote.
Ormai non era più conveniente una politica accomodante verso dei barbari, anche perchè
l'esponente più favorevole ai possidenti aretusi e dalla mentalità più “ellenizzata” era morto e non
aveva lasciato eredi al proprio progetto politico. Il movimento siculo cessava di essere uno
strumento utile al contenimento dell'espansionismo agrigentino e se la nuova syntèleia fosse risorta
con a capo un centro impermeabile all'influenza siceliota e ancora più marcatamente antiellenico
come Trinakìe questo avrebbe anzi costituito un pericolo ancora maggiore per la sicurezza di
Siracusa. La narrazione diodorea esclude ogni intervento a sostegno della città sicula da parte delle
comunità omoethneis126. Siracusa è riuscita ad isolare questo ultima roccaforte dagli altri centri
indigeni della chora sudorientale127. Come si comportarono invece le genti sicule dell'area nord-
orientale e Arconida di fronte alla distruzione di Trinakìe?
Diodoro riporta che l'anno successivo Siracusa creò una flotta di cento unità e raddoppiò i
contingenti di cavalliera in seguito al successo sulla città sicula. 128 Fu attuata poi una politica
tributaria particolarmente oppressiva nei confronti dei Siculi sottomessi della chòra calcidese.129 E'
logico pensare che, di fronte alla politica di segno opposto attuata dalla colonia corinzia rispetto agli

123Dio. XII.29.1
124 Alcuni storici sostengono che Ducezio volesse rifondare una nuova synteleia, Consolo Langher, Tra Falaride e
Ducezio, cit.p.260.; Galvagno E., Ducezio “eroe”, cit.p.109. Tuttavia, coerentemene con quanto sostenuto nel mio
lavoro, ritengo che Ducezio a questo punto fosse diventato solo un utile strumento dei gamoròi siracusani e di
conseguenza non potesse più aspirare a un ruolo di forte autonomia che una simile confederazione a base etnica gli
avrebbe permesso . Cf. Franco, Periferia e frontiera, pp.164-165; Miccichè C. Archonides, cit.p.108.
125Dio. XII. 29.2-4. Sull'esatta locazione di questo centro siculo c'è ancora un profondo dibattito. Ampia bibliografia in
merito in Miccichè, Archonides, cit,p.110 e Franco, Periferia e frontiera, pp.167-168. Il primo crede sulla scia di
altri studi che Trinakìe coincida con Palikè in base ad un'analisi filologica del testo diodoreo. Franco propende
invece per il centro di Mendolito. Anche Galvagno, Ducezio “eroe”, pp.110-114, ritiene invece che Trinakie sia un
toponimo onorifico di Palikè, centro spirituale del movimento siculo che avrebbe potuto, nonostante la morte del
suo fondatore, essere la base della nuova syntèleia.
126Dio. XII.29.2.
127Se il centro sia Palikè o Mendolito, comunque non cambia di molto la zona interessata, essendo le due località
entrambe nella Sicilia centro-orientale.
128Dio. XII.30.1.
129Dio. XII.30.2.

17
anni precedenti, Arconida e tutta la realtà sicula nord-orientale abbiano allora volto il proprio
sguardo a una possibile alleanza con Atene, che appena sette anni dopo stipulava trattati di alleanza
con Regio e Leontini, città di stirpe calcidese tradizionalmente più dialoganti con l'ethnos siculo130.
Della filia che legava Erbita ad Atene l'unica testimonianza è quella fornita dal passo del libro sesto
di Tucidide, che però si riferisce al 415 a.C. 131 Purtroppo per il periodo cruciale per analizzare le
modalità di cambiamento di rapporti tra Siracusa e i Siculi, cioè quello che va dalla distruzione di
Trinakie alla grande spedizione del 415, non esistono fonti storiografiche di supporto. Per gli eventi
legati alla spedizione di Lachete e Careade del 427 Tucidide non fornisce infatti alcun riferimento
preciso ai Siculi di Arconida.
In questo caso però è probabile che il dinasta siculo sia intervenuto a fianco degli Ateniesi: come si
è visto nell'introduzione a questo elaborato, la flotta attica nel corso della prima spedizione in
Sicilia agì principalmente nella zona degli stretti e nella chòra di Messana, dove Tucidide nota che
si concentravano gli abitati di quei Siculi ancora formalmente autonomi dal dominio siracusano 132.
La zona in questione è proprio quella sotto il controllo di Arconida, e Miccichè annota che “è alla
luce di questa situazione che l'orientamento più diffuso tra gli studiosi è di ritenere che in occasione
della prima spedizione ateniese in Sicilia i Siculi di Arconida rimasero fedeli all'alleanza con
Atene”.133

130Miccichè, Archonides, pp.110-111.


131Thuc. VII.1.4.
132Thuc. VI.2.5.
133Miccichè, Archonides, cit.p.113.

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Indice Fonti Antiche

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a cura di Miccichè C., Edizione Rusconi, Milano 1992. Il testo greco riportato in originale è preso
dal sito di Thesaurus Linguae Gracae http://www.tlg.uci.edu/, a cura dell'università di Irvine,
California.
Libro XI.49.1-2; 67.1-6.; 72.3; 76.3-5; 78.5; 88.6; 90.1; 91.1-4; 92 1-4.
Libro XII 8.1.3; 29.1-4.; 30.1-2.;54.1-3;

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Passo 577 F2.

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sull'edizione del testo greco di Weil R. e De Romilly J., Les Belles Lettres, Parigi 1967.
Libro III. 86.3.; 88.1-3.;90.1-2; 103.1 ; 115.1.
Libro IV.25.9
Libro VI.2.5.
Libro VII.1.4.

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