dere la parola ¢ in quel momento il mio Paese é il ma-
lato d'Europa. Tutti gli altri vogliono sapere cosa stia
accadendo, se il virus sia davvero contenibile ¢ quali
soluzioni stiama sperimentando, Ma soprattutta vo-
gliono sentirsi dire cosa stiame facendo per non finire
4cottagiare i loro cittadini. Sull'lialia pesa, pid anco-
radi qualche giorno fa, lo stigma di essere il Paese che
Sta esportando il Coronavirus. C’é chi continua a pen-
sare che in qualche modo il contagio patrebbe “schi-
vare" la sua nazione.
Gia alla nunione del 13 Febbraio avevo chiesta
all Europa misure condivise, avevo cercato di spiega-
re che questa partita riguardava tutti ¢ si vinceva solo
insieme. Anche oggi ripeto che abbiamo bisogna di
mascherine, di respiratori, in grande quantita. LEu-
ropa deve muoversi come un unico grande acquiren-
te, le nazioni non possono affrontare un'emergenza
del genere in ordine sparso, Rischiamo di trovarci in
halia del mercata proprio ne] momento peggiore della
tempesta. Cerca di far passare, nel mio discorse, il
Messaggio che nen sono li solo per cercare di salvare
il mio Paese: sto parlando anche dei loro,
Purtroppo, é gid troppo tardi per poter avere subi-
to tutte cid che serve: ci vorranno mesi¢ una quantita
enorme di vicissitudini, frustrazioni e tensionl inter-
nazionall, E a distanza di tempo dall'inizio dell’emer
genza, le regole condivise che avrei voluto =e ancora
vorrei — continueranno a risultare molto difficili, ein
terti casi impossibili, da ottenere: perché, per esc™m-
pio, non avere linee guida comuni sull‘istruzione? O
sull'apertura o chiusura delle frontiere? 0 sui control-
li relativi ai trasporti, che se non sono uguali per tutti
hon servono a nessuno? O sui test, e in seguito sulla
app per tracclare i contagi?
Alla riunione del 6 marzo, perd, c’é finalmente un
passo avanti concreto: vengono avviate le procedure
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