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SUSSURRI

TEMPO

Echi di fantastico
n.10/23 Il magazine del fantastico.
Viaggia insieme a noi!

Il tempo della
scrittura come
approccio alla
narrativa

CONSIGLI DI TASTIERA

Perché è
difficile
scrivere
dei viaggi
nel tempo?

EDITORIALE

8 racconti
per esplorare
il fantastico
ECHI

Il Fantaroscopo
per il rientro
dalle vacanze
FANTAROSCOPO
Indice Riappropriamoci
Riappropriamoci 2 del nostro tempo
del nostro tempo
attraverso la lettura 2 attraverso la lettura
ECHI DI FANTASTICO 3
La ladra del tempo, 4 Il Tempo è soggettivo. ore di sonno e invitano le persone,
di Nicolas Lawrence 7 impegnate a contrastare le palpe-
Il confine del tempo 10 Qualcuno può considerare una bre pesanti, a sussurrare: «Ancora
di Federico Ferrauto 12 mansione un passatempo che fi- un capitolo e poi basta, giuro».
nisce sempre troppo in fretta,
Il kit dell’avventuriero 16 16 mentre altri una tortura senza fine. Sono i personaggi, gli intrecci e le
Il tempo, inoltre, è sempre più pa- emozioni a trattenerci, imprigio-
Codice rosso, 18 20 ragonabile a una valuta: meno ne nandoci in un accogliente abbraccio
di Arianna Onofri abbiamo a disposizione e più esso che sfida il tempo e ci permette di
L’anno che verrà di nuovo, 22 acquisisce valore. Con i ritmi ser- dilatarlo e viverlo con più intensità.
di Angelo Maria Perogini 24 rati del giorno d’oggi, avere del In un’epoca sempre più dominata
Ultima sera d’estate, 27 tempo a disposizione per perse- da contenuti multimediali istanta-
di Cavalcamondi guire i propri interessi e sogni è, nei e da passatempi effimeri che
Tempus fugit, 32 26 per molti, un’utopia. non necessitano di particolare
di Irene F. M. Estori, 29 concentrazione, ma che, anzi, la
La danza dei secoli, 35 32 Ma allora com’è che i lettori trovano sgretolano, la lettura si mantie-
di Chiara Nizzi 34 il tempo di leggere? Hanno forse un ne ancora come forte baluardo di
Anomalia, 39 superpotere che non condividono tutte quelle passioni antiche e, so-
di Alvise Canal 39 con le altre persone? Una giratem- prattutto, lente.
40 po nascosta sotto la maglietta o un
Il kit del sopravvissuto 44 42 Tardis nel sottotetto? Nulla di tutto Per leggere servono concentrazio-
43 ciò. Anzi, vi diremo di più: non sono ne, dedizione e tempo, tanto. Un
Iperspazi accartocciati, 46 i lettori a trovare il tempo necessa- non-lettore si domanderà perché
quadranti impazziti e altre rio, ma i libri. “sprecare” così le proprie ore di li-
bizzarrie plausibili per la bertà, ma un vero mangia-libri sa
Scienza, perfette per Le storie si impongono con il loro che il tempo speso per la lettura non
gli scrittori. fascino e pretendono il loro prezzo è uno spreco, ma un investimento.
in tempo: grattano via minuti dal-
Passato o presente: 50 le pause pranzo, mangiucchiano le
il tempo della scrittura
come approccio
alla narrativa Scriveteci
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Perchè un magazine 60
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2 SUSSURRI
Come disse una volta Daniel Pen-
nac: «Il tempo per leggere, come
il tempo per amare, dilata il tempo
per vivere». Noi lettori lo sappiamo
bene: le storie su carta non sono
meno vissute di quelle reali, così
come le emozioni provate grazie
alle parole affilate di un racconto
non sono meno accese di quelle
vissute sulla propria pelle.
È per questo motivo che abbiamo
voluto proporre il Tempo come
tema centrale di questo numero.
Sapevamo che i nostri amati letto-
ri avrebbero saputo come interpre-
tarlo e, infatti, abbiamo ricevuto
storie in grado di esprimere il vero
valore del tempo, di dare spazio
a passioni, emozioni e vita, sus-
surrando messaggi nascosti fra le
righe che parlano direttamente al
cuore dei lettori.

Tra le pagine di questo numero


troverete qualche racconto in più
e qualche editoriale in meno del
solito. Troverete storie emozio-
nanti, divertenti e particolari in
cui perdervi in questi ultimi giorni
d’estate. Un ultimo sollazzo prima
di tornare al tran-tran quotidiano.
Racconti che rallentano il tempo,
che lo dilatano, che ci giocano in-
sieme. Il Tempo assumerà forme,
e significati, che mai vi sareste
aspettati.

Non ci resta che augurarvi buona


lettura. Speriamo che il tempo che
passerete tra le pagine di questa
rivista possa essere un buon inve-
stimento.

SUSSURRI 3
La ladra
del tempo
DI NICOLAS LAWRENCE

Elara, una giovane e audace cronomante, ha il po-


tere di rallentare e accellerare il tempo, oltre a in-
gabbiare oggetti e persone in gabbie cronomanti-
che. Insieme al suo fidato famiglio Mr. White, una
lepre automa con la fissa per i pirati, si trova alle
prese con una sfida contro il tempo. È finalmente
riuscita a recuperare l’ultimo oggetto che le man-
cava, ma ora deve riuscire a consegnarli tutti in
tempo, o sarà stato inutile. A inseguirla, però, ci Nicolas Lawrence Alias Lorenzo Vignoli e Nicola Simone Montalto.
sono due cronomanti mascherati, e sembrano Nati nella periferia di Milano, si sono conosciuti quasi vent’anni
avere tutte le intenzioni di fermarla. fa parlando di libri fantasy e tutt’oggi non si sono ancora fermati,
aggiungendo però la voglia di inventare i loro mondi e trasformarli
in parole. Simone, un informatico (32 anni), e Lorenzo, un agrono-
mo (33 anni), condividono un’enormità di passioni: le passeggiate
in montagna, la cucina, la bella musica e ovviamente l’odore della
carta stampata. Nel cassetto hanno un sogno: pubblicare il loro
primo romanzo; scritto a quattro mani ovviamente!

«Ci sono quasi.» sentì l’equilibrio che cominciava a vacillare. Si accuc-


ciò sotto un tavolo vuoto del Cafè Da Vegas e diede
Elara si sentì solleticare le dita della mano mentre uno sguardo al suo crono-accumulatore da polso. La
si tendeva in punta di piedi. Un movimento alle sue lancetta si muoveva completando le sue rotazioni nel
spalle le fece perdere la concentrazione. La piuma di quadrante a ingranaggi: aveva ancora tempo a dispo-
quel maledetto cappellino era quasi in mano sua. Per sizione, ma avrebbe dovuto cambiare strategia, o ri-
tutti gli ingranaggi, in che situazione assurda si era schiava di sprecare tutta quella carica cronomantica.
andata a cacciare! La vecchia e corpulenta proprietaria del cappellino era
seduta davanti a lei e le dava la schiena. Non si era ac-
«Ehi, Mr. White» sussurrò, «controlla che nessuno corta di nulla. Elara sospirò. Aveva le mani sudate e la
ci abbia notati.» frangetta le infastidiva gli occhi. Si passò le mani sulla
faccia per concentrarsi. Trenta secondi potevano ba-
Con la coda dell’occhio cercò di capire se qualcuno stare, doveva solo sporgersi un po’ più di prima.
la stesse osservando. Non si fidava di quell’ammasso
di latta che gli era stato appioppato come famiglio. «Ci riprovo; tu guardami le spalle.» Osservò il mu-
La lepre meccanica si sollevò sulle zampe posteriori setto di lamiera e ingranaggi, aspettando una rispo-
e drizzò le lunghe orecchie ronzanti. «Nessun nemico sta di assenso.
all’orizzonte, capitano!» «Per tutti i diavoli, certo! Ti copro le spalle io, bu-
caniere.»
«Abbassa quella tua dannatissima voce, altrimenti
ti sbullono.» Elara si portò due dita sulle palpebre, massaggian-
dole. Proprio a lei doveva capitare un automa che si
Il braccio le formicolava in modo insopportabile e credeva un pirata?

4 SUSSURRI
«La vuoi smettere con questo linguaggio marinare- controlla se ci sono altri cronomanti nei paraggi.»
sco? Dovrò ricordarmi di farti dare un’occhiata.»
Con la coda dell’occhio, vide due conestabili rivolge-
Respirò a fondo. Ora non c’era tempo per questo: do- re lo sguardo nella loro direzione. Bè, di quelli non gli
veva sfruttare i secondi che le rimanevano. La gabbia importava molto, li poteva seminare con facilità usan-
cronomantica in cui aveva intrappolato la signora del do su di sé una sferzata di accelerazione temporale.
cappellino oscillò. Meglio spicciarsi! Si rialzò e si mise Erano gli Altri a preoccuparla.
al suo fianco, in una posizione più favorevole allo scopo.
La signora era ancora intenta a girare lo zucchero «Mastro Elara, due cronomanti si stanno avvicinan-
nella tazza di tè. Se qualcuno si fosse accorto di lei o do a velocità sospetta da babordo.»
fosse venuto a parlarle l’avrebbe vista muoversi così «Stupido coniglio! Cosa significa babordo?!»
lentamente da sembrare innaturale. Se, invece, la si- «Non sono un coniglio, ma una lepre. Una lepre!»
gnora avesse alzato gli occhi in quel momento dal tè, «Va bene, stupida lepre! Dove si trovano ora?»
avrebbe visto il mondo schizzare talmente veloce da Il famiglio spiccò l’ennesimo balzo e si bloccò. «Pro-
farle venire il vomito. Elara sorrise. Sarebbe stato di- prio qui davanti.»
vertente godersi quella scena. «Cosa?» Per tutti i bulloni! Quasi inciampò nel fre-
narsi. Davanti a loro una volpe meccanica ringhiava
«Presa!» Bulloni, ce l’aveva fatta! Aveva in mano la perdendo olio dalle fauci. Due rubini scintillavano mi-
piuma. La gabbia temporale oscillò per l’ultima volta e nacciosi al posto degli occhi.
sparì. «Merda!» L’aveva gridato? «Ehi ragazzina, ferma!» ordinò una voce in lonta-
«Ma che succede? Bambina cosa ci fai qui?» La nanza, dietro di loro.
dama le puntò dritto il suo dito guantato e la sua
espressione cambiò da sorpresa a inorridita «E per- I due conestabili li avevano raggiunti. Lancette rot-
ché hai la mia preziosissima piuma di panfio?» te, ci mancavano solo loro! Non aveva proprio tempo
per quelli. Era il momento di usare quella sferzata.
Per tutti i dannatissimi ingranaggi. Con tutti i capel-
lini che sventagliavano le loro penne, doveva capitar-
le proprio una piuma di panfio? Non aveva neanche
idea di cosa fosse un panfio, ma quel preziosissima
non era per niente incoraggiante.

«Ehm signora, scusi ma… mi serve!» si


affrettò a dire, sentendosi avvampare dal-
la vergogna. Si voltò verso il famiglio. «Mr.
White, andiamo!»
La signora scattò in piedi, spostando il ta-
volino col suo ventre prominente. «Al ladro!
Al ladro!»

Gli sguardi dei passanti nella piazza si


voltarono verso di loro. Bene, ora ave-
va tutta l’attenzione su di sé. Proprio
quello che voleva evitare. Avrebbe
sicuramente attirato anche gli Altri.
Infilò la piuma nella grossa tasca del
cappotto e cominciò a correre, tallo-
nata dal piccolo automa. Puntò dritta
verso il primo vicolo che si allontana-
va dalla piazza della città. «Mr. White,

SUSSURRI 5
«Mr. White, stammi vicino!» Non sapeva quanta con- dell’occhio vide alla sua sinistra un’ombra correre al
centrazione poteva riuscire a trovare in quel momen- suo passo. Bulloni! L’Altro l’aveva quasi raggiunta,
to. Sperò che bastasse per creare una gabbia crono- usando anche lui l’accelerazione temporale.
mantica ampia a sufficienza da contenerli entrambi. Uscì dal vicolo e si diresse verso la Rue des Boutiques,
Trattenne il respiro e cercò di concentrarsi più che decisamente più trafficata. Forse in mezzo alla gente
poteva. Girò in senso orario la corona posizionata sul e ai fumi delle carrozze a carbone sarebbe riuscita a
lato del quadrante del crono-accumulatore. Nulla. Un seminarlo più facilmente. Passò nel fiume di gente
altro tentativo e un altro giro. Ancora nulla. che affollava le vetrine ai lati della strada, schivando
Per tutti i dannatissimi ingranaggi, proprio ora doveva cappotti di alta fattura, cilindri e vestiti merlettati se-
incepparsi? condo la moda del momento.
Il ringhio di quella stupida volpe meccanica la fece
sussultare. Doveva levarsi d’impaccio prima che il «Quel gaglioffo ci è alle costole, capitano!»
cronomante di quel famiglio la raggiungesse. Quell’au- «Hai idee su come seminarlo?»
toma doveva essere specializzato in ricerca e inse- «Il meccanotreno di mezzogiorno dovrebbe passare
guimento, altro che il suo stupido coniglio, intento a tra poco sulle nostre teste.»
mimare con le zampe un cannocchiale rivolto verso
la volpe. Elara gli lanciò uno sguardo stupito. «Allora hai an-
che qualche ingranaggio che gira nel senso giusto in
«Dico a te, voltati lentamente.» I due conestabili mezzo a quella ferraglia arrugginita.» Però, se sperava
erano a pochi passi da loro. di riuscire a prenderlo al volo, aveva bisogno della sua
crono-sferzata. La lancetta segnava che le rimaneva-
Concentrati, Elara! si rimproverò mentalmente. Fai no appena venti secondi di carica cronomantica.
come hai fatto l’ultima volta, non è difficile. Fece fare
un altro giro alla corona e questa volta riuscì ad aprire «È ora di passare alle maniere forti, Mr. White.
la canalizzazione. Le linee del flusso temporale inizia- Sgancia l’artiglieria!»
rono a sfrigolare, disegnando attorno a lei una molti- «Con piacere, capitano.»
tudine di fili argentei. Chiuse gli occhi e si concentrò
su uno di quei fili, lo agganciò mentalmente e piegò Dalla schiena della lepre partirono delle sfere can-
quel flusso in modo da circondare lei e il suo famiglio gianti che scoppiarono dietro di loro, liberando una
come una rete. Sentì scattare la lancetta del quadran- cortina di fumo vermiglio non appena toccarono
te e, quando riaprì gli occhi, il mondo intorno a loro terra. Nello stesso momento, Elara lasciò cadere la
rallentò bruscamente. Quella era la percezione, ma, in gabbia temporale e tutto intorno a loro tornò alla ve-
realtà era il tempo all’interno della gabbia cromantica locità consueta. Signorotti e dame al seguito fecero
a scorrere molto più veloce. delle espressioni esterrefatte e la maggior parte di
Per poco non perse la concentrazione quando, alzando loro si coprì il volto. La confusione generale le per-
lo sguardo, vide le fauci della volpe-automa spalancate mise di cambiare direzione e infilarsi nuovamente in
davanti a sé. Pareva quasi congelata nel suo balzo. un vicolo. Estrasse dalla tasca interna del cappotto la
sua spara-ganci, puntandola alla grondaia del palazzo
«Per i sargassi! Credo di non aver mai visto così tan- signorile sulla sua destra. Con uno sbuffo di vapore
ti denti neanche nella bocca di un pescecane.» compresso, il rampino schizzò fuori dalla pistola, ag-
grappandosi saldamente alla canalina di scolo.
Elara sorrise. A Clockburg non si vedeva il mare da
almeno duecento anni, figurarsi i pescecani. «Stringiti, Mr. White.»

«Mr. White, ora si corre! Abbiamo circa» osservò Il piccolo automa spiccò un balzo e le si avvinghiò
il quadrante del crono-accumulatore «sessanta, no, allo stivale, mentre lei premeva il pulsante di riavvol-
cinquantotto secondi da… ora!» gimento, che li proiettò verso l’alto, facendoli volare
parallelamente ai cinque piani del palazzo. Con una
Sfrecciò oltre la volpe meccanica, ma con la coda capriola, Elara attutì l’impatto con il tetto, per sua for-

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tuna poco spiovente. sbrigarsi: sapeva di non poterlo trattenere molto.

«Che diavolerie da terricoli» lamentò la voce me- Afferrò la piccola lepre meccanica e corse verso il li-
tallica di Mr. White. «Molto meglio una bella cima per mitare del tetto più veloce che poteva. Il meccanotre-
l’arrembaggio.» no stava per passare in quell’istante. Girò nuovamente
«Ma se non hai mai visto una nave in tutta la tua la corona del crono-accumulatore, lasciando cadere
vita.» Elara si rialzò, spolverandosi la fuliggine dal la gabbia di rallentamento e attivando una crono-sfer-
cappotto. Volse lo sguardo verso la ferrovia soprae- zata su se stessa. Il convoglio rallentò la sua corsa sui
levata che passava fra i tetti di Clockburg. «Piuttosto, binari e lei saltò con tutte le sue forze. Riuscì a mala-
intanto che aspettiamo, controlla se siamo riusciti a pena ad atterrare sul pulpito del vagone di coda, pri-
depistare il nostro amico con la volpe.» ma di non controllare più la gabbia di accelerazione e
cadere malamente sul fianco.
La lepre meccanica non rispose. Si girò verso di lui Si mise a sedere a fatica e osservò l’altro cronomante,
e lo trovò stranamente immobile e silenzioso. ancora sul tetto del palazzo, farsi velocemente sem-
pre più piccolo. Sapeva che non poteva raggiungerla:
«Mr. White?» Si avvicinò all’automa con un soprac- inseguire un meccanotreno gli sarebbe costato un
ciglio alzato. «Tutto a posto?» enorme quantità di energia temporale.
Un tonfo poco distante la fece bloccare.
«Eccoti! Mi hai quasi fatto perdere le tue tracce col «Salvi per un rintocco.» Avvertì un dolore al braccio
trucchetto delle nebbiosfere.» e notò lo squarcio nel cappotto e il profondo graffio
che solcava la pelle esposta. Come se l’era procurato?
Pistoni fumanti! Era riuscito a raggiungerla. Si irri- Lo sguardo individuò un ingranaggio dalla dentatura
gidì, cercando di pensare il più velocemente possibile acuminata conficcato nella lamiera del vagone.
a cosa fare. «Quel figlio di un bollitore mi ha lanciato contro una
L’uomo fece un passo avanti, lo spolverino color rame ferrostella, Mr. White!» esclamò, cercandolo con lo
che svolazzava schioccando sui pantaloni di cuoio. Al- sguardo.
lungò il braccio verso di lei aprendo il palmo della mano.
La povera lepre meccanica giaceva riversa su un
«Ora consegnami gli oggetti, forza.» La voce era di- lato, dondolata dai sobbalzi del vagone.
storta dalla maschera d’ottone che indossava. Gli
copriva metà del viso con intricati ricami metallici, «Giusto, avevo dimenticato che ti eri inceppato.»
mentre gli occhi erano velati da un paio di occhialoni Infilò la mano nella tasca del cappotto. «Ma dove dia-
bordati di bronzo. mine l’ho messo? Ah, eccolo.»
Sante molle, cosa poteva fare? Le serviva un diver-
sivo, oltretutto Mr. White aveva deciso di incepparsi Estrasse un piccolo oliatore da viaggio e prese a lu-
proprio in quel dannatissimo momento. Quasi a ri- brificare gli ingranaggi dell’automa. La lepre meccani-
spondere alle sue preghiere, sentì lo sferragliare di ca emise un sonoro scatto ed Elara accostò l’orecchio
bielle e lo sbuffo di vapore compresso della locomoti- al dorso metallico, percependo un leggero sibilo. Un
va che si stava avvicinando. buon segno.

«Ehm, guarda, vorrei tanto, ma, sai com’è, non mi «Per tutte le leghe! Dov’è il mio tricorno?»
va proprio di aver fatto tutta questa fatica per nulla. Elara andò a sbattere col capo contro la porta d’in-
Sono sicura che comprendi.» Si accucciò a terra al gresso del vagone per lo spavento. «Ahi! Pistoni e bul-
fianco di Mr. White e, con un gesto repentino, girò la loni, mi hai spaventata!» Si massaggiò la testa. «Che
corona del crono-accumulatore in senso antiorario, male… altro che tricorno, credo che ne crescerà uno
pregando che non si inceppasse di nuovo. Sentì l’ener- a me di corno.»
gia fluire e si concentrò più che poteva per piegare
un flusso temporale attorno all’altro cronomante, in- Forse sarebbe stato meglio lasciarlo inceppato fino
trappolandolo in una gabbia di rallentamento. Doveva alla fine di quella stramaledetta giornata o, almeno, fino

SUSSURRI 7
a quando sarebbe arrivata a destinazione col bottino. A Elara buttò l’occhio sul crono-accumulatore. Dieci se-
proposito, quanto mancava? Si sporse oltre il parapet- condi, una miseria.
to, scrutando tra il vapore sbuffato dai comignoli. Die-
tro al Palazzo del Governo, che si innalzava imponente «Ho troppa poca carica. E poi hai idea di che con-
con le sue cupole di rame e i suoi balconi adornati di centrazione dovrei avere per rallentare tutto questo
giganteschi ingranaggi dorati, spiccava la Torre. I mec- bestione con passeggeri annessi? Ho paura che do-
canismi intricati dell’enorme orologio a clessidra scan- vrò aspettare la ferm—»
divano il tempo con precisione millimetrica.
Con la velocità alla quale stavano viaggiando sarebbe- Un rumore metallico la bloccò. Lo seguì con lo
ro arrivati in pochi minuti. sguardo e vide un rampino artigliato al parapetto del
vagone. Legato all’altra estremità, una figura sfrec-
«Mr. White, renditi utile. Abbiamo recuperato tutti ciava parallelamente alla meccanovia. Fusi d’acciaio e
gli oggetti richiesti, vero?» viti d’argento, un altro?

La lepre, oltre a essere specializzata in depistaggio, «Mr. White, dentro!» Con una spallata del braccio
vantava un ottimo sistema di archiviazione. buono, Elara aprì il portello e si scaraventò nel vagone.

«La piuma era il quarto e ultimo oggetto, capitano.» Cominciò a correre sotto gli occhi di sbigottiti di
«Molto bene.» passeggeri che, dai loro sedili di legno massiccio bor-
dati d’ottone, la guardarono scapicollarsi con il fami-
Oltre al bernoccolo, anche la ferita sul braccio co- glio che le balzava appresso.
minciava a pulsare. Sorrise: per aver spinto quel
dannato rompiscatole a usare una ferrostella, doveva Sentì il treno che stava rallentando la sua corsa e dai
averlo decisamente fatto innervosire. Meglio così, se finestrini apparvero le prime colonne della stazione.
l’era cercata con tutto il tempo che le aveva fatto per-
dere. A proposito di tempo… «Ferma!» urlò una voce femminile alle sue spalle.

Un presentimento orrendo le si insinuò nella testa. La cronomante era ormai a pochi metri da lei. Dove-
Le mani presero a sudarle e di colpo si sentì avvampa- va prendere una decisione.
re nonostante il vento sferzante sul viso lentigginoso. Uscì all’esterno, sulla passerella di collegamento tra
vagoni, e si chiuse alle spalle il portellone. Con tutta
«Ehi Mr White, quanto tempo abbiamo ancora?» la concentrazione che riuscì a chiamare a sé, si foca-
lizzò sul meccanotreno. Doveva rallentarlo, non aveva
Due corone dentate scattarono sul dorso del fami- scelta. Se avesse provato ad accelerarsi lanciandosi
glio, facendo scorrere una piccola finestrella. Un oro- dal convoglio ancora in corsa, si sarebbe sicuramente
logio sbucò fuori ticchettando furiosamente. sfracellata sulla banchina.

«Cinque minuti alla fine del tempo concesso.» «Mr. White, blocca la porta! Non dobbiamo farci
«Cosa? Sottospecie di roditore artificiale, me lo dici trovare nel suo raggio d’azione.» Se fosse stata di
solo ora?» nuovo crono-frenata non ce l’avrebbe mai fatta. Era
«È incorretto, donzella. Essendo una lepre, non ap- abbastanza rischioso, ma poteva riporre un minimo di
partengo all’ordine dei roditori.» fiducia in quello stupido coniglio.
Elara sbuffò. Era inutile discutere con lui. «Ti va bene
che siamo quasi a destinazione, altrimenti ti avrei già Mr. White girò di scatto la testolina meccanica dopo
fatto fare un bel volo dalla meccanovia. Se abbiamo aver svitato la maniglia coi suoi denti a cacciavite.
così pochi minuti, la vedo dura riuscire ad arrivare in «Per i diavoli, capitano. Questo dovrebbe tenerla a
tempo.» bada per un po’.»
«Potresti usare una crono-frenata sul convoglio per
saltare giù prima che si fermi, così guadagnerai tempo.» «Ottimo!» Tutto sommato, un po’ della sua fiducia

8 SUSSURRI
se l’era guadagnata. Pescò dalla tasca un piccolo sac- Quella voce!
chetto di tela e glielo lanciò. «Mr. White, prendi. Non
mollarlo, a costo di perdere ogni singola vite. Qualsiasi L’uomo si avvicinò alla sua volpe ed estrasse dalla
cosa mi succeda, tu prosegui e non fermarti!» giacca ramata un orologio da taschino.
«Agli ordini, capitano.»
«Di almeno cinque secondi», si tolse maschera e
Bene, era il momento di ingabbiare il meccanotre- occhialoni, rivelando un volto severo solcato da una
no. Rallentare il tempo era più facile che accelerarlo ragnatela di rughe, «e sessantasette millisecondi, per
ma, per le molle e gli ingranaggi, era difficile creare un la precisione. Ma complimenti per l’ingabbiamento del
gabbia abbastanza grossa da imbrigliarlo tutto. convoglio: davvero notevole.»
Alzò la manica del cappotto. Fece scattare la corona
del crono-accumulatore e fili argentei le apparirono Elara si sedette a terra, quasi ad ammettere la pro-
tutt’intorno. Chiuse gli occhi, scelse il suo e lo aggan- pria sconfitta, ma non riuscì a trattenere un sorriso.
ciò. Trattenne il respiro: non era facile immaginarsi
tutte quelle carrozze avvolte dal suo ricamo tempora- «La ringrazio, professore. Ma devo darle torto. Cre-
le. Stette attenta a non far finire anche se stessa e il do di aver vinto per almeno due secondi.» Alzò il brac-
suo famiglio all’interno della gabbia. Bulloni, ce l’aveva cio puntando un dito verso l’entrata della Torre dell’Ac-
fatta! E al primo colpo. cademia di Cronomanzia.

Il convoglio decelerò bruscamente, i suoi secondi Il suo luccicante leprotto meccanico fece capolino
che scorrevano molto più lenti dei loro e di quelli del con il sacchetto degli oggetti richiesti tra le zampette.
resto della città. Pesanti tonfi accompagnati da lente
imprecazioni le arrivarono da dietro la porta. Ghignò La prova era superata.
vedendo con la coda dell’occhio la cronomante dietro
l’oblò.

«Devo concedertelo, Mr. White, stavolta ti sei supe-


rato. Forza ora, saltiamo.»

La Torre era vicina, ancora pochi passi e avrebbe


raggiunto l’ingresso.
Un puzzo di fumo la colse alla sprovvista; non era il
solito odore della città. Era caratteristico, addirittura
familiare. Per i dannatissimi ingranaggi, puzza di neb-
biosfera! Alzò lo sguardo, canalizzando un po’ della
sua cronomanzia e una gabbia d’argento crepitante le
apparve attorno. Era stata crono-frenata.
Udì una risata dietro di lei. Poi delle parole, troppo ve-
loci perché lei le potesse comprendere. Veloci come
tutto ciò che la circondava.

«Cosa…?»

La gabbia cronomantica scomparve e il tempo at-


torno a lei rallentò alla normale velocità. La volpe
meccanica le balzò davanti mentre l’orologio della
Torre suonava il suo primo rintocco del mezzogiorno.

«Dicevo. Avete fallito l’esame, signorina Elara.»

SUSSURRI 9
Il confine
del Tempo
DI FEDERICO FERRAUTO

Non è insolito che un professore di Teoria del


Caos finisca per essere sbattuto a vita in un Cen-
tro di Riabilitazione Neuropsichiatrica. La cosa
strana è che, nello stesso centro, sia finito anche
Michele Raimondi, un uomo che nasconde in sé la
verità più sconvolgente di tutte: la vera natura del
Tempo. Riuscirà il docente a farsela svelare? Ma,
soprattutto, sarà pronto per ascoltarla? Chissà,
forse lui sì… ma voi?
Federico Ferrauto Nato con il volto verso il mare e la testa tra le
nuvole ha iniziato a scribacchiare da bambino e non ha più smesso.
Da qualche anno insieme a sua moglie ha messo radici nella cam-
pagna romana scegliendo di vivere tra pomodori, zucchine, fauni,
leprecauni e spiritelli assortiti. Quando non ha le mani sporche di
terra, passa il tempo a rovistare nel baule delle idee alla ricerca del-
la prossima suggestione a cui dare forma.

Per raccontare una storia è necessario fissare un in cui il mio cervello ha fatto click, ma sull’interruttore
momento attorno al quale far ruotare il resto. Nella sbagliato. Condizione purtroppo comune a molti che
mia situazione, è la cosa più difficile che mi si possa si cimentano in questo campo.
chiedere.
Non so dire quando il dottor Raimondi entrò a far
Il mio nome non ha importanza. Quello che conta è parte della nostra allegra famiglia ma, come capirete
l’uomo di cui voglio lasciare una traccia, perché non a breve, non ha senso dare una collocazione esatta a
scompaia nella nebbia. un avvenimento di così poco conto.

Nel 1987, io e Michele Raimondi ci trovammo entram- Era una giornata uggiosa di metà ottobre. Doveva
bi ospiti a vita del Centro di Riabilitazione Neuropsi- essere primo pomeriggio, perché stavamo tutti nel-
chiatrica. Un luogo isolato, fatto di cemento armato la grande sala comune. Il televisore era acceso, ma
e vetro, posto nel bel mezzo della pianura padana, muto. Raimondi era l’unico che sembrava prestar-
guardiana della solitudine e della nebbia. Per quanto gli attenzione. Stava immobile, come una mummia,
mi riguarda, il ricovero fu del tutto giustificato. tranne che per le dita ossute che tamburellavano sul
bracciolo in legno della sedia. Di tanto in tanto, le fa-
Prima di spostare la mia residenza al CRN, ero stato langi artritiche incespicavano e perdeva il ritmo. Quel
ricercatore e poi docente di Teoria del Caos presso pomeriggio mi girai a guardarlo diverse volte. Noi altri,
il Politecnico di Torino. Ho trascorso gran parte della quelli ancora coscienti del mondo circostante, era-
mia vita immerso nei numeri, alla frontiera, come di- vamo impegnati in un agguerrito torneo di canasta.
rebbe qualche ardito giornalista, della scienza mate- Eppure, quelle dita, con quel loro muoversi convulso,
matica, costantemente alla ricerca di modelli e corre- riaccesero in me un ardore particolare. Il cervello, in
lazioni tra sistemi dinamici. Questo, fino al momento totale autonomia, si mise a cercare uno schema, un

10 SUSSURRI
modello. L’evento che ha dato il
via a tutto il resto, e per il quale sto scrivendo queste
note, si verificò qualche ora più tardi. Con buona pace Chiunque
del rispetto per i morti, gli infermieri avevano l’abitu- sia rinchiuso in una
dine di transitare davanti alla grande parete a vetri struttura come la nostra ha la-
trascinando le lettighe degli ospiti defunti nel loro ul- sciato una traccia sulla carta stampata,
timo viaggio verso l’obitorio. anche minima. Il povero Gianfranco mi consegnò
un faldone intero! Passai le notti alla ricerca di nessi,
Quel giorno, poco prima che l’infermiere di turno fa- casuali o meno, evidenti o nascosti. Raimondi aveva
cesse la sua macabra carrellata, la mia mente si divi- ucciso la sua famiglia, moglie e due figli, dando fuoco
se senza che io potessi impedirglielo. Una parte con- alla loro casa. C’era, però, un filo di quell’arazzo che
tinuava la partita a canasta e l’altra fissava Raimondi. aveva una fattura diversa dagli altri: sembrava messo
Il tamburellare aveva un ritmo più preciso. Riconobbi lì apposta per ricucire il tutto. Perché uno dei massi-
il codice morse. Stava digitando un giorno, un’ora e mi speleologi europei, in quei giorni tornato nell’Hindu
un cognome. Ma perché? Non ci dormii la notte. Qual Kush, avrebbe dovuto uccidere in quel modo atroce la
era l’evento correlato? L’indomani, quando iniziò di sua famiglia? Semplice pazzia? In uno dei trafiletti in-
nuovo a digitare nel vuoto, mi guardai intorno. Erano gialliti avevo letto che, alcuni giorni prima del tragico
le tre e un quarto. Raimondi aveva segnalato le tre evento, i vicini avevano assistito a una lite furibonda
e venticinque. Puntuale, l’infermiere passò davanti a tra i coniugi Raimondi. Il dottore aveva insistito con
noi, spingendo la lettiga con il lenzuolo calzato fino forza e rabbia affinché abbandonassero quella casa,
alla spalliera di metallo. Non resistetti e mi schiacciai per trasferirsi da qualsiasi altra parte pur di non rima-
contro il vetro. Lessi il nome sulla targhetta incollata nere lì.
al bordo del letto.
Decisi di metterlo alla prova, per quanto insensato
Avevo davanti a me due possibilità. La prima: il mio potesse sembrare. Chiunque tu sia che stai leggendo
male si era aggravato; non mi sentii di escluderla. La queste righe, devi accettare il fatto che un uomo può
seconda, ben più ardita, era che il dottor Raimondi sopportare solo fino a un certo punto la reclusione in
avesse previsto quella morte. un sanatorio, prima di impazzire davvero.

Annoiato da un torneo che portavamo avanti ormai Mi accordai con il buon Gianfranco e gli chiesi di
da mesi, decisi che era più interessante capire chi informarmi su chi fosse il paziente morto, prima che
fosse quell’uomo e come eseguisse quello che consi- venisse trasportato all’obitorio, e soprattutto di non
derai un interessante trucco di magia. transitare davanti alla vetrata. Quando notai il cambio
di ritmo nelle dita di Raimondi, mi alzai e, facendo di
Gli infermieri erano ometti scialbi, privi del minimo tutto per farmi notare, esclamai: «Ah, sia lodato il cie-
barlume di intelligenza ad attraversagli gli occhi vuoti, lo! Bernizzi è ancora tra noi!».
con cui ci osservavano nelle nostre infinite giornate
fatte di un nulla bianco latte. Non mi ci volle molto per Lo guardavo con la coda dell’occhio. Chiuse il pu-
corrompere uno di loro, un tale Gianfranco. La noia e gno, digrignò forte i denti e tornò a fissare lo scher-
la ricerca ossessivo-compulsiva di schemi mi avevano mo. La mia intuizione era corretta. Raimondi poteva
aiutato a scovare tanti piccoli segretucci in giro per la prevedere chi sarebbe morto e a che ora. Adesso mi
struttura. Alcuni di questi, se finiti sul tavolo del diret- rimaneva da capire come ci riuscisse.
tore del personale, avrebbero certamente causato più
di un licenziamento. Chiesi alla mia vittima di farmi Misi in scena quel teatrino altre volte. Le reazioni
avere alcuni ritagli di giornale che citassero il dottore. del dottore erano sempre identiche, fino al giorno in

SUSSURRI 11
cui, finito il solito tamburellare, non si voltò verso di «Quanti anni ha?»
me. Mi fissò allucinato e sorrise. Se solo avessi lascia- Quella domanda mi spiazzò.
to perdere, se avessi cercato un altro svago, anziché «Io... Perché?»
dare il tormento a lui e alla mia curiosità! Ormai il filo «Mi assecondi, la prego.»
era stato teso. Era consapevole della mia esistenza. «Sessantasette.»
Il giorno dopo, quando Raimondi iniziò il suo numero, «Crede di aver vissuto abbastanza?»
mi avvicinai, gli coprii la mano con la mia e lo fermai. «Io... sì... no. Non lo so!»
«Entri.»
«Come fa?» gli chiesi con calma.
Tentennai. Sentire la sua voce così calma e ripensa-
«Non sono affari che la riguardano. Mi lasci in pace» re alla sua figura nella stanza comune, una statua di
rispose, ritirando bruscamente la mano. cera e nervi tesi, mi fece dubitare che stessi facendo
la cosa giusta. Aprii la porta ed entrai senza sapere
«Suvvia, Raimondi, non faccia così» cercai di sorri- cosa aspettarmi. Stava seduto composto sul bordo
dergli, ma non ci fu verso di catturare di nuovo la sua della brandina, le mani raccolte sulle gambe. Alzò gli
attenzione. occhi chiari e li fissò nei miei.

Non mi arresi. Avrei utilizzato le mie sceneggiate «Lei sa perché sono qui.»
come punti e i giorni di silenzio come linee. Provai «Io, credo di sì...»
a mandargli un messaggio: siamo intrappolati in un «Non gliel’ho chiesto. Si è interessato al mio caso.»
luogo senza tempo. Il penultimo giorno, quando ave- «Si, è vero.»
vo quasi terminato, Raimondi non si fece vedere. Quel «Mi dica, è stata la noia? La curiosità, forse?»
comportamento mi mandò ai matti, se vorrete conce- Annuii.
dermi il gioco di parole. Mi feci riaccompagnare nel- «Bene. Anzi, male. Per lei.»
la mia stanza ma chiesi, e ottenni, che la porta non «Perché?»
venisse chiusa a chiave. Quando gli ultimi passi era-
no ormai lontani, sgattaiolai fuori e raggiunsi la sua Non ero abituato a pensare alla curiosità come un
stanza. male e non avrei cominciato in quel momento, pur-
troppo per me.
«Dottor Raimondi, è lì? Mi ascolti» e sussurrai quelle
ultime lettere, a chiudere il messaggio che da setti- «Venga, si sieda.» Quando mi sedetti riprese a par-
mane recitavo per lui. lare. «E così vorrebbe sapere perché faccio quello che
«Se ne vada! Non pronunci mai più quella parola, faccio, e soprattutto come.»
non sa con cosa sta giocando!» «Si. Dottor Raimondi. Nella sua storia, o meglio, in
«Oh, invece credo di averlo capito, mio caro» ribat- quella che altri hanno raccontato, c’è un tassello che
tei scherzando. non riesco a mettere al suo posto. E poi quel codice
morse…»
Silenzio. «Che studi ha fatto? Matematica, corretto?»
La sua prontezza e lucidità mi misero in difficoltà.
«Lei può predire il futuro.» Non c’era modo che lo sapesse.
Dall’interno della celletta udii una fragorosa risata, così «Teoria del Caos.»
potente e liberatoria come non ne avevo mai sentite.
Con quella risposta, per la prima e unica volta, fui io
«Lei fa bene a stare qui, caro mio. Lei è davvero a fargli gelare qualcosa dentro.
matto» mi disse dall’altra parte della porta. «Allora, forse, lei ha qualche speranza.»
«Può darsi, ma non credo di sbagliarmi. La prego, «Speranza... di cosa?»
mi dica come fa!» «Vede, caro mio… Posso chiamarla così, vero?» Non
«Mi creda quando le dico che non vuole saperlo.» mi diede il tempo di rispondere. «Se lei ha studiato la
«La scongiuro!» mia persona, sa di cosa mi occupassi prima di finire

12 SUSSURRI
rinchiuso qui dentro.» greta al resto del mondo. C’erano interessi ben più alti
«Speleologia. Era uno dei più in vista nel suo cam- del mio in gioco. Ma, nonostante ciò, continuai a tor-
po.» nare lì.»
«Esatto. Ero il più quotato. Ma, come chiunque rag- «Intende governi o strutture del genere?»
giunga una vetta ne cerca sempre una più alta, per me «Credo di sì, ma i governi erano i meno pericolosi.
non era abbastanza» La seconda volta che feci ritorno era agosto, faceva
«La capisco.» un caldo micidiale. Il campo che avevamo costruito in
«Non credo.» primavera era stato abbandonato. Cercai una traccia,
un messaggio, qualcosa che potesse spiegare la fuga
Un lampo squarciò l’oscurità, a sottolineare quelle delle maestranze. Poi ripensai alle leggende che al-
sue ultime parole. Non fu semplice tempismo. cuni capi tribù mi avevano raccontato il primo giorno
che avevo messo piede in quella regione maledetta.»
«Vede, lei e nessun altro potete davvero capire, per- «C’era qualcosa nella montagna? Era questo che di-
ché non è capendo nel modo in cui lo intendete voi cevano?»
che si arriva da qualche parte» «Bravo! Ha studiato meglio di quanto credessi. Quei
poveretti si erano lasciati suggestionare e, nonostan-
Continuava a sottolineare quelle parole, indicando- te avessi promesso loro una paga più che sostanzio-
mi. La punta storta del dito era una lama che rovistava sa, preferirono abbandonare tutto. Avrei continuato
dentro una ferita aperta. da solo quell’impresa, a qualsiasi costo.»

«Si spieghi.» Si guardò di nuovo intorno, come per valutare i be-


«Sa dove si trova l’Hindu Kush?» nefici di quella scommessa. Il neon ebbe un guizzo e
«Afghanistan» risposi come uno scolaretto. si spense. Si attivò la luce di emergenza, un flebile fa-
«Bravo. Ha fatto i compiti. Tra Afghanistan e Paki- scio che cadeva tra me e lui.
stan. Gli unici che riescano a viverci sono i membri di
tribù antiche quanto il mondo. Prima di... prima che la «Mi armai di pazienza e con i dati raccolti tracciai
mia famiglia morisse, ero già stato lì altre due volte.» la spedizione successiva. Ero solo, quindi i calcoli
Notai una lieve nota di tristezza nella sua voce. «Si, avrebbero dovuto essere il più accurati possibile. Ca-
altre due volte. Qualcun altro al posto mio avrebbe ri- rico di acqua e viveri, mi addentrai nel ventre di quel-
nunciato già dopo il primo viaggio. Ma non io! Il grande la mostruosità. Scesi scavando da solo nuovi tunnel,
Michele Raimondi doveva venire a capo di quel miste- guidato dalla cieca curiosità.»
ro!» Rise di nuovo, di gusto.
«Che mistero?» Ormai non mi controllavo più. Gli occhi luccicavano, le mani gli si contraevano a
«Lei è grande e grosso e si sta assumendo per in- rimarcare il racconto di grotte, stalagmiti e frane pol-
tero la responsabilità di questa conversazione. Ne è verose. Il temporale sembrava aver calmato la propria
consapevole?» furia per ascoltare quel racconto terrificante.
«Capisce? Ero arrivato alla fine della montagna!
Mi limitai ad annuire. Avevo raggiunto le viscere umide di quel mostro roc-
«Le rocce dell’Hindu Kush, scoprii qualche anno pri- cioso e davanti a me non c’era nulla! Niente! Solo una
ma, non erano databili. Non faccia quell’espressione. maledettissima caverna!»
Ha capito benissimo. Non c’era e, sono sicuro non esi- «E cosa ha fatto a quel punto?» chiesi completa-
sta neanche adesso, uno strumento in grado di datar- mente rapito.
ne l’età.» «Io? Io non ho fatto nulla. Ho solo subito le conse-
«Com’è possibile?» guenze della mia avidità. La torcia si spense e rimasi
«Era questo il mistero che dovevo risolvere. La mia al buio. La cecità, l’ignoranza e l’oblio sarebbero state
prossima vetta.» preferibili rispetto a quello che venne dopo.»
«Vada avanti, la prego.»
«L’impossibilità di stabilirne l’età, non dico esatta, Non avevo fiato a sufficienza per chiedergli di an-
ma anche solo approssimativa, era stata tenuta se- dare avanti.

SUSSURRI 13
«I miei occhi non vedevano, è vero. Qualcosa, però, casa, ho avuto qualche difficoltà... Mia moglie, l’avevo
si insinuò qui dentro, nella mia testa. Mi dica, profes- avvertita...»
sore. Lei che ha studiato matematica e sistemi com- «Quindi lei può davvero prevedere il futuro...» mi
plessi, riesce a immaginare il Tempo senza lo Spazio?» lasciai scappare.
«Non sia ridicolo! Il futuro non si può prevedere.
Lo sguardo stava perdendosi in un vuoto che per lui Perché non esiste!»
era carico di informazioni. Guardava lo spazio tra di «Il futuro non esiste... e il passato?»
noi alla ricerca di qualcosa. Ripensai al mio riflesso «Neanche. Vede, spiegarlo a parole è quasi impos-
sul vetro dello studio all’università, quando cercavo sibile. Immagini l’universo, disordinato e caotico. Ci
affannosamente un senso alle equazioni, ma da una siamo? Ora, inserisca in questo folle magma tre og-
prospettiva sbagliata. getti. Il passato, il presente e il futuro. Questi sono
tenuti separati da qualcosa che chiameremo Spazio.
«No, vero? È impossibile. E se le dicessi che qual- Ha capito dove voglio arrivare?»
cuno, o qualcosa, lì sotto, nelle viscere della terra, mi «Credo... credo di sì»
ha costretto a osservare una tale oscenità?» «Adesso, annulli la distanza che li separa. Che suc-
cede? I tre oggetti collassano, uno dentro l’altro. Solo
«Il Tempo... senza Spazio?» balbettai. che questi oggetti contengono tutto quello che esiste
«Esatto. Ma non si sforzi. Su, mi ascolti e fermi la sua in tutti gli attimi possibili. C’è il lei di stamattina, il lei
testolina riccioluta. Nel nostro mondo materiale, Spa- di adesso e il lei di domani che coesistono in maniera
zio e Tempo sono utilizzati per spiegare praticamente forzata.»
tutto. Da secoli l’umanità ci sbatte la testa sopra ed è Il mio cervello era alla disperata ricerca delle ener-
meglio che continui a farlo senza arrivare alla verità.» gie necessarie a elaborare quella visione. Più mi sfor-
«Qual è la verità?» Ormai avevo perso il controllo. zavo e più sentivo che stavo scivolando in un luogo
«Lo Spazio è una gabbia, un confine, un limite, lo ignoto, terrificante, dal quale con tutta probabilità
chiami come vuole, del Tempo. Null’altro. Qualcuno lo non sarei riuscito a venir fuori.
ha messo lì per frenare la bestia.» «È ancora tra di noi?»
«La bestia... Messo lì...» «Io... credo di sì. Quindi...»
«Senza lo Spazio ad arginare il suo scorrere, il Tem- «Questo è quello che ho trovato lì sotto. Lei non su-
po, che è la forza più impetuosa che esista nell’uni- birà le mie stesse conseguenze, stia tranquillo. Non è
verso, inonderebbe tutto, schiacciandoci. La realtà, stato davvero esposto.»
questa stanza, questo letto, io e lei non potremmo «Di che conseguenze parla?» chiesi intimorito.
esistere davvero se il Tempo non venisse costretto «Da quel giorno, da quando ho oltrepassato la so-
nei suoi argini, obbligato a scorrere in una sola dire- glia, la mia coscienza vigile è stata diluita nel Tempo
zione. Lo Spazio ha questo ruolo. Lo vuole chiamare senza Spazio. Adesso sto parlando con lei, giusto?
guardiano?» Sbagliato. Sto giocando a pallone con mio padre e ho
«Mi scusi ma...» otto anni, mi sto laureando, sto sposando mia moglie,
«Lo so, fa male. Specialmente a lei che è abi- sto parlando con lei, sono morto e...»
tuato a... diciamo cercare, se non addirittura «E... cosa?»
trovare, schemi e modelli.» «Questo non posso dirglielo. Si fidi.»
«Lei ha visto tutto questo?»
«Visto è una parola enorme. Per alcuni istan-
ti la mia mente è stata esposta a questa
visione. Ora, capisce bene che al
mio ritorno in superfi-
cie, e poi a

14 SUSSURRI
Mi dispiace dover concludere così le mie note, ma
non ricordo altro di quella notte. Buio totale. L’indo-
mani mi risvegliai nella mia stanza, madido di sudore
e con una striscia di terrore livido attorcigliata attor-
no al corpo. Lo cercai, ma di lui non c’era traccia. Gli
infermieri negarono la sua esistenza e, dopo la mia
furiosa insistenza, venni rinchiuso in isolamento, fino
a oggi.

Chiunque tu sia, hai due possibilità. Credere a tutto


quello che ho raccontato e andare in cerca del dottor
Michele Raimondi, o fare finta che sia soltanto il deli-
rio di un pazzo, un racconto buono forse solo per una
rivista di appassionati.

A te la scelta.

SUSSURRI 15
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Jade, un’agente del reparto speciale di polizia di


Miami, e il suo capo Will stanno testando un pro-
totipo di smartwatch in grado di misurare quanto
è rimasto a ogni persona registrata nel database
prima di morire. Il test avrà successo? E quali im-
plicazioni potrà avere una tecnologia sensaziona-
le come questa?

Arianna Onofri è laureata in lingue dal 2021 e, da allora, tenta con


tutta se stessa di far apprezzare l’inglese ai ragazzi della scuola
secondaria. Fin da bambina sogna sempre nuovi mondi da narra-
re, oggi fantastica di fare della scrittura una seconda professione.
Dopo ventisette anni di attenta riflessione, decide che è tempo di
uscire dal guscio e di buttarsi nello spaventoso mondo là fuori.

Punto le suole delle Converse rosse sul poggiapiedi «Sono stata quattro di questi cinque minuti in coda!
e mi siedo sullo sgabello. I glutei si rilassano all’istan- Almeno lasciami finire il cornetto.»
te. Dopo cinque ore di fila troverei comodo anche un «Ok. Intanto, però, dettami qualche codice.»
sasso appuntito.
Passo all’assalto del cornetto e ne strappo metà con Addento un altro morso e mi guardo attorno. Pun-
un singolo morso. Il sapore dolce della marmellata ai to un metallaro con le cuffie al collo e una maglietta
frutti di bosco mi investe il palato. Chiudo gli occhi per nera con una mano che fa le corna e le dita centrali
gustarmela meglio e mi scappa un gemito di goduria. che stringono un cuore. Ha ordinato anche lui un cor-
Avevo proprio bisogno di una pausa. netto ai frutti di bosco e sta cercando un posto libero.
Rivolgo il display dell’orologio verso di lui e schiaccio
L’auricolare bluetooth gracchia. «Jade, ci sei?» il tasto in basso a destra. Lo schermo mi mostra una
Sospiro e mi passo una mano sulla faccia. «Non ci serie di numeri. «Uno, quattro, cinque, zero, zero,
credo, Will. Già di nuovo qui?» zero, nove, due. Questo ha buon gusto in fatto di dolci
«Spiacente, sono passati cinque minuti come con- e magliette.»
cordato.»
Will fa ticchettare la tastiera. «Owen Bennett. Età:
Scrollo il polso e il display dello smartwatch si ac- venticinque. Studente di lettere classiche, appassio-
cende sull’ora: undici e quattro e cinquantotto, cin- nato di metal e gatti. Frequenta due volte al mese il
quantanove… Undici e cinque. «Però. Sei più puntuale ristorante di sushi della stazione.»
tu di quest’orologio da due soldi.»
«Va bene, basta sfoggiare le tue capacità. Vai al
«Cerca di capirmi, J. Non vedo l’ora di provare quel dunque.» «Codice bianco. Tempo stimato: diciasset-
gioiellino. Torna in postazione, su.» te anni e sei mesi.»

18 SUSSURRI
L’ennesimo codice bianco. Non che mi dispiaccia, spulcia le informazioni riservate di chiunque. Ed ecco
ma inizio ad annoiarmi. «Ricordami perché ho accet- cosa succede, quando lo fai.
tato questo lavoro.» «Aspetta un attimo. Carico la voce del tempo rima-
«Perché sono il tuo capo e te l’ho ordinato.» sto.»
Ti piacerebbe. «Voglio sentirtelo dire. Di nuovo. Me
l’hai chiesto perché… Continua tu.» La bambina prende un muffin con le gocce di cioc-
«Sei una dei nostri agenti migliori. Contenta?» colato. Povera piccola: nel giro di niente si ritroverà
«Ah, così mi lusinghi, Will. Ricordati dell’aumento senza genitori. Spero che almeno abbia dei parenti
che mi hai promesso.» Dal cornetto scivola della mar- che la prendano in affido.
mellata e si spiattella sui leggings. La raccolgo con il «J, ci sono. Non porto buone notizie. Tempo stima-
dito. to: zero anni. Mesi: zero. Apro la tendina dei giorni…
Will sospira. «Ti ho promesso che ne avremmo ri- Zero anche qui. Merda, deve essere in stadio avanza-
parlato solo se il test di oggi avrebbe avuto successo. to. Oh, Jade! Jade!»
Dai, vivacizziamo la giornata: dammi il tuo codice.» «Sono qui. Dimmi.»
«Ancora? Ti ho detto di no. Che poi fai il pervertito «Gli rimangono dieci minuti di vita.»
con i miei dati personali.» «Dieci minuti?» Scatto in piedi, lo sgabello stride.
«Andiamo, non vuoi sapere quando morirai?» Riduco il tono a un bisbiglio. «Ma è pochissimo! Dob-
«Ma lo so già. So anche come.» biamo attivare il codice rosso.»
«Che intendi, J?» Il suo tono si fa serio. «J… Sai come funziona con le morti naturali. Non
possiamo intervenire.»
Non ha ancora capito quando lo prendo in giro. In-
goio l’ultimo boccone e succhio le briciole dalle dita Il dottor Clarke prende per mano la figlia e si incam-
per lasciarlo un po’ sulle spine. «Morirò attaccata a mina verso la porta scorrevole. Non ha una bella cera:
una torta. Da molto vecchia.» è di un pallido cadaverico.
Will rimane in silenzio. Sogghigno: starà imprecando
mentalmente. «Stanno uscendo. Io li seguo.»
Sbuffa dal naso. «Andiamo avanti. Se ti attenessi al «Che testarda che sei.»
protocollo e non scegliessi solo la gente che ti sta «Will, ha la bambina. Cosa credi che farà quando il
simpatica, faremmo più in fretta.» padre crollerà a terra in preda a un infarto o chissà
Una bambina saltella per guardare sopra il bancone che altro? Se non posso evitare la sua morte, almeno
dei dolci, due codini biondi le ballonzolano sulla testa. voglio assicurarmi che la piccola stia bene.»
Il papà la alza da sotto le ascelle e la tira su. La cami-
cia leggera gli evidenzia le spalle larghe e le scapo- Non mi risponde. Mi mordo il labbro: spero mi dia il
le. Una cintura scamosciata gli sostiene i pantaloni, via libera, non mi va di disubbidirgli.
ben aderenti ai glutei. Punto il display su di lui. «Uno,
quattro, cinque, cinque, zero, uno, due, due. Dimmi di «Attivo il protocollo.»
più, Will. Dammi anche il numero di telefono, magari.» «Oh, Will, grazie. Ti adoro.»

«Joseph Clarke, anni trentaquattro. Laureato in Clarke si ferma sotto il tabellone delle partenze dei
medicina, lavora all’Alliance Hospital. E tieni a freno treni e lo scruta. Mi avvicino, facendo attenzione a te-
gli ormoni perché è sposato e ha una figlia di quattro nermi a una distanza tale da non dare nell’occhio.
anni. E… Oh…» Prende in braccio la figlia e si avvia alla scala mobi-
le che porta alla metropolitana. Accelero il passo per
Il suo cambio di tono non mi piace. «Che c’è?» non perderli di vista. «Nella metro ci sono i defibrilla-
«Poveretto. Un mese fa ha perso la moglie e, come tori, giusto?»
se non bastasse, gli è stato diagnosticato un tumore
al cervello.» «Sì, in ogni stazione.»
«Will…» Rimprovera me che perdo tempo a sceglie-
re quelli che mi stanno più simpatici, ma lui intanto Bene. Forse, una speranza di salvarlo ce l’ho. Non gli

SUSSURRI 19
allungherò la vita di molto, ma magari risparmierò un a due, ansimando. Non c’è più tempo, anche se Will
trauma alla bambina. non può guidarmi devo attivare la fase due. «Signore,
si sente bene?»
«Guarda che forse non riusciamo più a sentirci, là
sotto.» L’uomo butta un’occhiata rapida dietro di sé, solleva
«Tranquillo, se va via la chiamata ti aggiorno dopo. la figlia e si mette a correre.
Condividi il timer, per favore.» «Aspetti, la prego, non volevo spaventarla!»
«Fatto. Aggancia il bersaglio e dovresti riuscire a
vederlo.» Non mi ascolta. Raggiunge la cima delle scale e
si precipita lungo il corridoio della stazione.
Scendo qualche gradi- Corre veloce, per essere uno che nel giro
no della scala mobile e di tre minuti sarà morto. Devo fare sul
punto il display dello serio se non voglio perderlo. Allungo
smartwatch su Clar- il passo e macino terreno, il sapore
ke. Sullo schermo ferroso in gola, i polpacci contratti.
compare un ti- Svolta al binario due. C’è una marea
mer di otto mi- di gente. Aggira un gruppo di vali-
nuti e tren- gie, sgomita per crearsi un pas-
tacinque saggio e viene fagocitato dal
secondi. muro umano.
Alzo gli
occhi e Estraggo il distintivo e
mi accor- lo sventolo in aria.
go che la picco- «Polizia. Fate
la mi sta guardando largo!»
da sopra le spalle del pa-
dre. Il cioccolato del muffin
le ha disegnato dei baffi sulla
bocca. Le sorrido, e lei ricambia; i dentini sono tutti
sporchi. Il mio cuore si scioglie più del dolce sbricio- Sen-
lato che le impasticcia le mani. tendolo
Lo seguo in metro e salgo nella sua stessa cabina. Mi scivolare,
siedo di fronte e mi tengo vigile. premo l’aurico-
lare sull’orecchio.
La bambina molleggia le gambe sul sedile. «Papi, «Will, mi ricevi?»
dove stiamo andando?» «Sì. Perché stai correndo?»
Non riceve risposta. Mi azzardo ad alzare gli occhi su «Treno in transito al binario due. Allontanarsi dalla
di lui e trovo un volto teso, la fronte sudata e la ma- linea gialla.» La voce robotica dell’altoparlante mi rim-
scella contratta. Il mento gli trema. bomba nelle orecchie.
Mio Dio, ecco che si sta sentendo male. Se cade a ter- «Temo che Clarke voglia farla finita.»
ra devo essere pronta ad afferrarlo. «Cazzo, J, fa’ qualcosa!»
«Ci sto provando!» Ritrovo i codini biondi ballonzo-
Butto un occhio al tempo: mancano cinque minuti. lanti della bambina in braccio al padre e mi fiondo in
quella direzione. Oh, merda. Non dirmi che…?
Le porte della metro si spalancano alla prima ferma-
ta. Clarke si alza di fretta, trascina giù la bambina ed Punto il display. «Uno, quattro, cinque, sei, nove, otto,
esce. Presa alla sprovvista, faccio giusto in tempo a due, due. Will, condividimi il tempo di vita della bambina.»
scendere anche io che la metro riparte. «Come, scusa?»
Clarke stringe la mano della figlia e sale le scale a due «Ti spiego dopo. Fidati di me…»

20 SUSSURRI
«Il protocollo ci vieta di prelevare informazioni dai «J!»
minori.» «Sono qui, Will.»
«Fanculo il protocollo, Will!» Stringo la mascella e «Cos’era quello sparo?»
costringo la voce a un sibilo tra i denti per non perde- Non posso dirglielo. Non posso dirgli che ho contrav-
re fiato. «Devo sapere se quella bambina è in pericolo venuto alle regole. Che ho scelto di condannare un
di vita!» uomo che avrei potuto salvare.
«Cristo santo, ok! Mi farai passare non pochi pro- «J, rispondimi!»
blemi legali.» «Si stava per buttare. Ho provato a sparargli a una
Sul display si aggiunge una seconda linea di conto alla gamba per impedirglielo, ma non avevo visuale e l’ho
rovescia, identica alla prima. Trentasei secondi rima- colpito alla schiena.»
sti: gli stessi del padre. Negli attimi di silenzio che seguono, mi mordicchio
Il cuore mi si stringe in una morsa alla conferma di ciò l’unghia del pollice. Speriamo che se la beva.
che temevo. «Pazienza, sarebbe morto comunque, di qui a bre-
ve. La bambina sta bene, però.»
«Reparto speciale di polizia, le ordino di fermarsi!» «Come lo sai?»
grido con tutto il fiato che ho in corpo. «Il suo codice rosso è sparito. Questo prototipo fun-
Inorridisco: sulle rotaie si avvicina un treno ad alta ziona, funziona davvero! Ti rendi conto, J? Abbiamo
velocità, e Clarke gli corre incontro dalla banchina. riscritto le sorti e impedito la prima morte certa di un
Sudo freddo. L’orologio sul polso vibra, il quadrante si essere umano!»
illumina di rosso e appare un grosso “5”. Sorrido. «Sì, ce l’abbiamo fatta sul serio.»
«Ho appena inserito Annette Clarke all’inizio del da-
“4”. tabase dei clienti. Adesso mi salvo tutti i suoi dati.
Quella bambina sarà in debito con noi per sempre.»
Arresto la corsa. Estraggo la pistola e miro alla ca-
viglia. Rinfodero la pistola nella fondina. «Will.»
«Dimmi, J.»
“3”. Will, vorrei dirti che ho appena ucciso un uomo di pro-
posito. E non so se ho davvero salvato questa bam-
Clarke stringe sua figlia tra le braccia e si bina o se le ho segnato il destino per sempre, prima
sporge dalla banchina. Disarmo il cane. privandola del padre e poi obbligandola a ripagarci
Non meriti di vivere. Alzo la mira alla per la vita. Forse sarebbe stato meglio per lei se fos-
schiena e premo il grilletto. se morta. Vorrei parlarti di questo germe di senso di
colpa, che mi invoglia a distruggere questo prototipo
Il proiettile esplo- maledetto, prima che faccia più male che bene.
de nell’istante in cui Ma forse sono solo io che mi preoccupo troppo. In
il treno sfreccia sul fondo, non siamo i primi a salvare vite e a farci pagare
binario. Il dottor Clarke si accascia sulla linea gialla per questo. È il nostro lavoro, e non è tanto diverso
insieme alla figlia. Corro da lui, gli afferro il polso e da quello che fa la polizia. Non c’è niente di sbagliato.
controllo le pulsazioni: è morto sul colpo. Quanto a Clarke… Non voleva vivere. Gli ho solo fatto
un favore. E poi, un padre che tenta di uccidere la pro-
Che cosa… ho fatto? pria figlia non merita una seconda occasione.

«Papi!» La bambina ha le ginocchia sbucciate e «J, non ti sento. Cosa volevi dirmi?»
trema come una foglia. Si trascina al suo fianco, gli
scuote la spalla. «Svegliati.» Non riesce neanche a «Visto che il test ha funzionato, parliamo di quel
piangere, ha gli occhi svuotati. Piccola com’è, non dannato aumento di stipendio.»
avrà nemmeno capito del tutto cosa è successo.

Deglutisco. Che cosa ho fatto?

SUSSURRI 21
L’anno che
verrà di nuovo
DI ANGELO MARIA PERONGINI

Il mondo è tornato indietro di vent’anni, ripristi-


nandosi esattamente com’era, con una sola dif-
ferenza: le coscienze presenti delle persone sono
state riportate indietro nel tempo immutate. A un
anno di distanza dal cosiddetto Reset, un gruppo
di amici decide di fare un pic-nic al vecchio san-
tuario sulla montagna della loro città. La sua im-
magine nascosta dalla coltre di nebbia li costrin-
ge, però, a fare i conti con un passato che non
avevano creduto così estraneo.
Angelo Maria Perongini (26 anni) vive a Pisa. I suoi racconti “L’uovo
del leviatano” e “La stirpe dell’eclissi” sono stati pubblicati rispet-
tivamente sulla rivista Alkalina e sulla rivista online de La nuova
carne.

Il mondo fa un suono di bolla che scoppia. Semplice via per chi ha passato tutta la vita a cucinare, e che
e pulito. pochi anni erano bastati ad eradicare dalla sua men-
L’immagine di un treno che attraversa una campagna te, e dalle nostre. Quando sorride, ora c’è qualcosa di
rigogliosa di fiori si eclissa in una camera buia. È sta- reale dietro le sue pupille, non più il fantasma vitreo
to solo un sogno, mi dico. Tengo ferma questa con- ed ebete che avevo imparato a tollerare.
sapevolezza, la inchiodo alla mia fronte con il polso. Sono contento che si sia Risvegliata. Poco alla volta,
Un sogno. Io sono qui, nella mia camera, avvolto da la sua coscienza si sta riparando, dopo che la malat-
tenebre di cotone. Sento i passi inconfondibili di mia tia l’aveva tagliuzzata e rimescolata, sospingendola
madre nelle scale. Sono a casa mia, ho quindici anni, ai margini del cervello. Nell’ultimo anno non è stata
ed è stato solo un sogno. ferma un secondo: ha ritrovato tutte le sue vecchie
occupazioni, dalla gestione della bottega di famiglia
Oggi è il 5 ottobre 2009B. Secondo i calcoli dell’ONU, alla direzione del coro della cattedrale; in più, ricama
è il primo anniversario del Reset. come una forsennata, a ritmi da manodopera sotto-
Non c’è molto da festeggiare, non si tratta neanche di pagata, e legge in media un libro a settimana.
una ricorrenza ufficiale. Fatto sta che con i ragazzi ab- Ma, in fondo, anche se preferisce non pensarci, o non
biamo deciso di salire al vecchio santuario sulla mon- lo dà a vedere, so che ha paura. Sebbene non sia per-
tagna, fosse solo per esorcizzarci dal resto del mondo. fettamente chiaro cosa il Reset abbia fatto ai nostri
Nonna mi ha preparato la frittata di pasta per il pic- corpi, né quale sia la sua natura, c’è ragione di crede-
nic. Da quando non ha più l’Alzheimer sembra una re che la degenerazione della sua malattia non proce-
donna diversa. Avevo dimenticato che fosse mai stata derà diversamente. Tutte le sere la vedo marcare con
questa persona. L’ho guardata mentre apriva le uova una croce il giorno appena trascorso sul calendario,
con una sola mano, muovendo sapientemente le dita un’abitudine che aveva preso durante la malattia, per
come se stesse suonando il piano. Una cosa così ov- evitare di perdersi nel tempo che passava – davvero

22 SUSSURRI
ironico. Prima o poi, si ritroverà con quel pennarello in sua gabbia non può toccarmi. Ma so che prima o poi
mano e si chiederà cosa stesse per farci. sarà il mio turno di portarlo dentro, di pensare a cosa
significa essere orfano di un vivo.
Mio padre non si è mai Risvegliato. Non è un feno-
meno così insolito: le stime dell’ONU attestano che Alle otto del mattino ci incontriamo davanti alla vec-
circa il 3% della popolazione mondiale suscettibile di chia biblioteca. Ovunque aleggia l’odore arboreo di un
Risveglio sia invece stato Resettato insieme al resto autunno che avevo dimenticato potesse esistere. I
degli eventi. Questo, però, ha aperto tra lui e mia ma- pini dalle ispide barbe nero smeraldo mormoreggiano
dre una spaccatura invalicabile. Lei viene da un mon- con aria obliosa.
do che lui non conosce, sono come alieni tra di loro, e Ci siamo quasi tutti: io, Flavio, Sara e Tiziano. Manca-
non mi sento di escludere che, in alcuni momenti, lui no Beatrice e Stefano.
abbia potuto credere che lo stessimo solo prendendo
in giro. Due mesi fa, infine, ha deciso di andarsene, Stefano ci ha dato buca all’ultimo minuto: preferisce
ha traslocato a una decina di chilometri di distanza, andare a scuola.
in un quartiere che è stato ufficiosamente adibito a Lui non si è Risvegliato, a differenza di tutti noi. Era
“riserva di Resettati”. Mia madre lo ha guardato andare scomparso senza lasciare alcuna traccia nel 2025A e,
via mangiando lacrime di fuoco e non ha aperto bocca dopo un anno di ricerche, gli inquirenti avevano con-
per due settimane. cluso che fosse rimasto invischiato in qualche traffico
Da allora è dimagrita molto e non esce quasi mai. di organi o di esseri umani, e lo dichiararono morto.
L’ho convinta a partecipare a degli incontri online con Oggi è un Resettato, uno di quelli la cui coscienza è
un gruppo di supporto per Risvegliati il cui partner è stata ripristinata al 2008 con il Reset. È di nuovo quel
stato Resettato. Una volta alla settimana ascolta le ragazzino di quindici anni presuntuoso e vagamente
confessioni di uomini e donne che hanno ritrovato viscido che avevamo conosciuto al liceo. Ma non parla
estranei nel proprio letto, ai quali impartiscono carez- molto con noi. C’è una distanza fumosa che ci separa,
ze che non comprendono, simili a giochi da villaggio qualcosa di inespresso che rimane sospeso nell’aria
turistico per vincere un aperitivo. La maggior parte di come pulviscolo. A volte mi domando cosa gli sia ac-
essi, tuttavia, riesce a farsi forza della consapevolez- caduto davvero.
za, non importa quanto allucinante, che sia stata data Non era insolito che Stefano si allontanasse per lun-
loro una seconda possibilità. Questo per mia madre ghi periodi, risultando irreperibile persino per i suoi
non è vero. E lei è ferma ad uno stadio di rabbia che genitori. Poi ricompariva sempre, armato di scuse
non riesce ad esprimere, e che le si rimescola dentro fino ai denti: fughe d’amore, viaggi in posti scono-
come una piccola tempesta. sciuti, o semplicemente disintossicazione dai social.
Non l’ho detto a nessuno, perché questa microscopi- Aveva quest’aria naïf, eccentrica, forse era anche un
ca verità mi imbarazza, ma sono quasi sollevato dal po’ sociopatico, ed era difficile sapere cosa gli pas-
dolore di mia madre: mi dà una ragione di credere che sasse per la testa. Ma non era mai sparito sul serio.
esso sia qualcosa di contenibile, un demone che abita Non sappiamo nulla delle persone che frequentava
un corpo e uno soltanto, e che finché mia madre è la all’epoca, il che non ci sorprende, vista la facilità con

SUSSURRI 23
cui cambiava compagnia; quindi, era del tutto plau- cesso di casa un attimo prima di schiantarsi contro il
sibile che fosse capitato in qualche losca faccenda. suolo, sorpreso da un odore di lavanda e candeggina.
Tuttavia, una parte di me sospetta che, in fin dei con- Stasera lui tornerà a casa e troverà il mondo migliore
ti, lui si fosse allontanato di sua spontanea volontà. che abbia mai abitato. Non ha certo di che biasimarsi
La posta si faceva ogni volta più alta. Prima spariva per questo, ma non riesco ad essere felice per lui. Per
per qualche giorno, poi una settimana, poi ancora un di più, mi sembra un oltraggio che sia lui a guidare,
mese, e, prima dell’ultima volta, era rimasto irraggiun- anche solo metaforicamente, questa piccola proces-
gibile per cinque mesi. Ma poi si è allontanato per così sione di sconfitti.
tanto tempo che non ha avuto il coraggio di ricompa-
rire, di dire: «Ehi, ero solo andato a cena fuori e poi, I genitori di Tiziano avevano avuto il loro secondo fi-
tra una cosa e l’altra, sono rimasto e mi si è scaricato glio molto tardi: lui e Nestore avevano circa quattordi-
il cellulare». D’altro canto, aveva una discreta liquidi- ci anni di differenza. Nestore gli era devoto e Tiziano
tà da parte, e non gli sarebbe stato impossibile rifarsi lo trattava come se fosse un figlio. Gli aveva insegnato
una vita da qualche altra parte. tutto: a farla sul vasino, a leggere, ad andare in bici,
Io penso che Stefano, un anno fa, si sia Risveglia- fino alle cose che persino la maggior parte dei genito-
to come tutti noi, e che l’idea di essere tornato dalla ri si dispensa dal fare, come l’importanza del consen-
morte gli sia sembrata più sopportabile della verità. so e del sesso sicuro.
Come avrebbe potuto dire ai suoi genitori, che lo ave- Nestore non aveva neanche ventun anni quando av-
vano cercato in tutta l’Italia, per due anni, dormendo venne il Reset. Di colpo, tutta la sua storia, la sua ma-
in auto ogni notte, che non li aveva ricontattati perché turità, la sua complessità vennero schiacciate in un
non sapeva a quale scusa avrebbero creduto? corpo e in un cervello soffocanti. A differenza di molti
Forse, in questo stesso momento, nelle viscere smun- altri lattanti, la cui coscienza si dissolse all’arrivo nel
te della sua coscienza, una vergogna senza nome lo nuovo passato, fu chiaro fin da subito che Nestore si
sta divorando, una menzogna alla volta. era invece Risvegliato. Era un infante inquieto, sem-
pre all’erta, con due occhi neri che sembravano cuori
Flavio, invece, è spazientito. Sul volto ha un cipiglio di rovo. Cercava di parlare, ma dalla bocca gli usciva-
ostinato e in mano un vecchio ramo che brandisce no solo latrati inumani, e quando Tiziano provò a dar-
come se fosse una lancia o un pastorale. gli una matita in mano, per capire se almeno riuscisse
A Flavio il Reset ha dato ben più che un’altra possibi- a impugnarla e a scrivere, il fratello quasi se la ficcò
lità, mentre al resto del mondo, con poche eccezioni, in un occhio. I suoi genitori provarono a informarsi e a
ha portato solo lutto e caos. In un certo senso, oggi è cercare supporto presso altre famiglie i cui neonati si
un impostore in mezzo a noi – non riesco a nascon- erano Risvegliati, ma si mossero troppo tardi.
derlo a me stesso. Lo abbiamo invitato al nostro pic- Una mattina, circa sei mesi fa, sua madre si è sveglia-
colo pellegrinaggio, ma ci aspettavamo che avrebbe ta e non lo ha trovato nella culla. Ha notato la finestra
rifiutato. Invece eccolo qui, a sbattere il piede come della camera aperta e – ha raccontato poi – si è sen-
se avesse il diritto di essere irritato. tita chiamata nella sua testa come da un fantasma,
Quando avvenne il Reset, Flavio era un uomo di nien- che quasi ha mosso i piedi al posto suo, obbligandola
te. Nei quindici anni precedenti aveva perso tutto: suo a sporgersi oltre il davanzale. Il grido è stato così forte
padre se l’era portato via il cancro e la leucemia vi ave- da far scattare gli antifurti di metà delle macchine in
va ricongiunto sua madre; si era diplomato al conser- tutto il vicinato.
vatorio, ma una brutta infezione lo aveva reso sordo Tiziano non parla di suo fratello. Ho l’impressione che
da un orecchio; con quello che gli era rimasto aveva preferisca credere che Nestore fosse stato Resettato,
fatto degli sfortunati investimenti; nell’ultimo anno si e che il bambino che non era più nella culla non fosse
era dato all’alcol, alla droga e al gioco d’azzardo. L’ulti- suo fratello, bensì un aborto che aveva atteso troppo a
ma volta che lo avevo visto, un mese prima del Reset, lungo di essere espletato. D’altro canto, non esistono
era finito. Pensai che fosse prossimo al suicidio, e foto del ragazzo dai capelli rossi che avrebbe potuto
non mi stupirei se ci fosse andato davvero vicino. Me aggirarsi per i corridoi di quella bella casa. Con un po’
lo sono immaginato più volte mentre si lanciava nel di ipocrisia, Tiziano si deterge la memoria ogni matti-
vuoto, dalla cima di un dirupo, e si ritrovava seduto sul na come da un incubo. Come potremmo dargli torto?

24 SUSSURRI
A Sara, invece, è toccata una sorte non necessaria- Beatrice doveva venire, ma sta tardando. A lei que-
mente peggiore, ma di certo più infida. sta data fa sensibilmente più male che a noialtri, e se
Era il 2011A, e lei aveva da poco compiuto diciotto anni. preferisce far finta che non esista, se vuole rimanere
Una notte, suo fratello Antonio, di due anni più giova- a letto tutto il giorno, sospesa in un dormiveglia torpi-
ne di lei, si era infilato in camera sua e l’aveva svegliata do e febbrile, nessuno la può biasimare.
con un bacio sulla fronte. Pur essendo il minore, An- Tutte le nostre catastrofi addomesticate non egua-
tonio ha ereditato la corporatura titanica della famiglia gliano il suo orrore.
di suo padre, mentre Sara è sempre stata minuta ed Lei aveva una figlia, prima del Reset. Si chiamava Na-
esile. Per cui, quando le fu sopra, lei non fu in grado di dia e aveva otto anni quando accadde. Beatrice l’aveva
opporre resistenza. Non lo sarebbe stata neanche se avuta al termine di una gravidanza difficile. Aveva sco-
lo shock non l’avesse paralizzata. E, per evitare che gri- perto di essere incinta alla fine di una terapia farma-
dasse, lui le aveva infilato tutta la mano in bocca. cologica piuttosto aggressiva, quando ormai era tardi
Sara raccontò la verità a sua madre solo qualche anno per un aborto. Il suo ciclo era sempre stato incostante
più tardi, e lei ne fu annichilita. Ad Antonio fu rispar- e inizialmente non aveva dato peso al ritardo delle me-
miato il processo, ma i genitori lo cacciarono di casa. struazioni. Il ginecologo l’aveva avvertita che la neonata
Gli concessero due valigie e cinquemila euro, e quan- sarebbe venuta alla luce morta o malformata.
do il portone si chiuse alla sue spalle era ormai figlio Alla fine, Nadia era nata senza alcun difetto. Beatrice
di nessuno. Dieci anni più tardi, la famiglia fu svegliata ci inondava di foto che la ritraevano: una bambina dai
nel cuore della notte da una telefonata della polizia: il grandi occhi azzurri e incorniciata da riccioli dorati
corpo di Antonio era stato trovato in avanzato stato che sembrava uscita da un manga per ragazze degli
di decomposizione all’interno di una palazzina sfitta, anni ’80. Quella bambina era il suo piccolo miracolo.
dove presumibilmente dormiva e si iniettava dosi di Quello che le è accaduto credo che non lo scoprire-
eroina, tra cui quella che gli era stata fatale. mo mai.

Quando Sara si è Risvegliata, Antonio era di fronte a Beatrice si è Risvegliata in un supermercato, tra mura
lei, sulla scrivania nello studio di suo padre, a cui en- colorate e luci al neon. Prima ancora di provare ad im-
trambi stavano facendo i compiti. Lui le aveva rivolto maginare cosa fosse successo, si è messa a cercare
un sorriso colpevole e le aveva chiesto di aiutarlo con sua figlia. La gente attorno a lei si comportava in modo
un problema di matematica. Lei si era alzata di scat- strano, come strane erano le confezioni dei prodotti
to, abituata a sogni del genere, ma aveva capito che che strabordavano dagli scaffali. Per caso, ha preso un
qualcosa non andava quando lui si era ritratto per lo pacco di biscotti e lo ha ispezionato. Quando ha letto
spavento. la data di scadenza ha avuto un moto di repulsione, poi
I genitori di Sara si sono Risvegliati, ma Antonio è stato una vertigine, e infine si è sentita precipitare.
Resettato, com’è naturale. Di fatto, il giovane orco che Chi era presente racconta di aver udito delle grida
aveva privato Sara dei suoi sogni non esiste, e se mai provenienti da un altro mondo. Pochi hanno gridato
è esistito si è perso tra le pieghe di un altro univer- al momento del proprio Risveglio: la reazione più co-
so. Quello che avevano davanti era il piccolo Antonio, mune è stata una sorpresa da togliere il respiro, come
il fratello e il figlio che avevano creduto di meritare, una pugnalata nella schiena, e un tentativo di farsi
colui che non aveva mai infilato il pugno tra i denti di piccoli ai sensi, di scomparire alla presenza degli altri.
Sara, come una mela tra quelli di un maiale. I genitori Beatrice, invece, ha gridato così a lungo, chiamando il
di Sara non si erano neanche posti la questione della nome di sua figlia, che le corde vocali le si sono lesio-
violenza: lo avevano abbracciato, rimandando a un al- nate e ha perso la voce per un mese.
tro momento il suo sconcerto, e lo avevano riaccolto Non sappiamo cosa il Reset abbia fatto a chi non esi-
in casa, senza neanche consultarsi con la figlia. steva prima del 2008A, come non ci è dato sapere se
Ora Sara a malapena gli rivolge la parola, e non riesce ciò che ci siamo lasciati indietro quel giorno potrà mai
a guardarlo negli occhi. Se il male avesse un’essenza, tornare. Le speranze, al momento, sono scarse.
lei teme che questa, come allora, stia germinando nel Quando ci vediamo, lo sguardo di Beatrice è perso, la
basso ventre di quel ragazzino, suggerendogli pensie- sua mente assente. A differenza della maggior par-
ri di annientamento. te di noi, che sopportiamo dolori grassi e purulenti,

SUSSURRI 25
lei non ha ferite. Il suo corpo, in cui credeva di aver
ospitato quella creatura per nove mesi, e che dovreb-
be essere segnato dalle cicatrici del parto, è invece
intonso. Non mi stupirebbe se credesse, in alcuni mo-
menti, che il suo lutto non abbia alcun valore, che sia
un’emozione plastica e inorganica.
Di Nadia non esistono tracce, neanche una foto che
possa conservare sotto il cuscino e tirare fuori nel
momento più intimo, quando il mondo è solo un gru-
mo indistinto oltre il lenzuolo. So che Beatrice ha se-
guito un corso di disegno dal vero per provare a fare
un ritratto di suo figlia. Ma quel “vero” sono solo istru-
zioni di una coreografia elettrica nella sua testa, una
vecchia danza che ha eseguito una volta in un sogno,
quando fu la più eterea delle ballerine. Una cosa che a
raccontarla ci si ricoprirebbe d’imbarazzo.

Sono le otto e mezza quando Flavio tira le somme.


«Andiamo» borbotta, issandosi lo zainetto sulle spalle
ossute. «Tanto non verrà». Ci dà le spalle e imbocca il
sentiero che porta in cima alla montagna, minaccian-
do di sparire dietro la coltre lattescente di nebbia.

Il santuario, con le sue pareti granitiche, è da qual-


che parte sopra le nostre teste. Il ricordo della sua
possanza sembra sbeffeggiarci, assicurandoci che
avrebbe potuto offrirci un riparo dal Reset, che se
fossimo stati abbastanza previdenti avremmo potuto
risalire la montagna e aspettare che il tempo passas-
se, come passa un temporale. E quando saremmo ri-
discesi, avremmo ritrovato quel mondo che forse, in
qualche modo, è andato avanti senza di noi.

Invece, anche stasera torneremo in queste case,


dove incubi di carne e mattoni ci attendono per cena.

26 SUSSURRI
L’ultima sera
d’estate
DI CAVALCAMONDI

A tutti è capitato, soprattutto da piccoli, di desi-


derare che l’estate non finisse mai. Tutti noi ab-
biamo sognato di poter fermare il tempo e vive-
re ogni giorno divertendoci. E così fa Sofie, una
piccola bambina che, arrivata all’ultimo giorno
d’estate, implora il tempo di fermarsi, di darle più
tempo per divertirsi. E il Tempo fa qualcosa che
nemmeno lui si aspetterebbe: la ascolta, collas-
sa e scende a trovarla. Riuscirà Sofie a spiegare a
Tempo cosa significa divertirsi? Cavalcamondi nasce a Bologna, nel 1993 di una linea temporale in-
definita. Cresce come artista tuttofare, ma la curiosità la spinge fin
nelle bolge infernali d’ingegneria, da cui esce con due lauree e un
sacco di storie da raccontare. Fra una lezione e l’altra, infatti, fugge
in universi paralleli da cui ritorna con taccuini colmi d’appunti e boz-
zetti. Ora ha fatto dei viaggi interdimensionali un mestiere e narra le
sue avventure con parole e meravigliosi disegni.

È faticosa, l’estate. sidre e meridiane a vedermi.


Almeno… fino al giorno in cui arrivò Sofie.
Ogni giorno il sole va spinto attraverso il cielo per Era la novantatreesima sera di un’estate. La spiag-
la via più lunga, generando una serie infinita di eventi gia si stava svuotando: gli adulti lottavano contro la
che vanno a loro volta fatti accadere. Dalla vita degli brezza del meriggio con cui strappavo i vestiti dagli
esseri che hanno fatto del sole il loro motore, alle tur- ombrelloni, mentre i bambini riponevano secchielli e
bolente tempeste che scuotono i cieli e plasmano la palette sporche di sabbia.
terra. Tutto si realizza grazie al mio incessante, mo- Fra loro, una bimba continuava a costruire il suo castel-
notono, infinito lavoro. lo, sorda ai richiami continui dei genitori. Spinsi l’acqua
salmastra verso il fossato che aveva scavato e lo feci
Un po’ vi invidio, voi umani. traboccare mentre abbassavo il sole verso l’orizzonte.
Tutt’intorno, le rondini garrivano impazzite: sapevano
Mentre io spingo le maree nel ciclo infinito che crea che presto avrei destato la loro cena, le zanzare.
e distrugge le vostre spiagge, voi ve le godete. Pren-
dete la luce del sole che sposto sopra le vostre teste, «Sofie! Dai che andiamo!»
mangiate le angurie che ho cresciuto e maturato, vi Fu a quel punto che mi senti chiamare.
tuffate fra esplosioni di schizzi, ognuno dei quali pre- «Fermati, Tempo!»
cipita seguendo leggi da me regolate.
E mentre tutto ciò accade, io scorro in ogni cosa. Dai Giù, specchiata sulla riva bagnata dal mare, la
cieli vuoti del cosmo al midollo delle vostre ossa. Vi bambina aveva smesso di giocare e aveva proteso le
imbianco i capelli, vi raggrinzisco la pelle, eppure ven- braccia al cielo. Stava guardando me, e la propaggine
go perlopiù ignorato sin dalla prima delle mie albe. In infinita con cui mi apprestavo a concludere l’ultimo
tutta la vostra storia sono stati soltanto orologi, cles- giorno d’estate.

SUSSURRI 27
«Non farlo!» torno a noi, la spiaggia si era cristallizzata in un istante
eterno. Il mare era immobile, le rondini impigliate nel
Non è mio compito ascoltarvi ma, per una volta nella cielo, Sofie congelata a metà di un salto con i capelli
storia in cui qualcuno si rivolgeva direttamente a me, ancora dritti sulla testa. La presi e la tirai a me.
volevo farlo.
L’aria s’incrinò col rumore del cristal-
«Perché?» le chiesi con la voce della risacca. lo spezzato.
«Perché sennò inizierà l’autunno, e l’autunno è brut-
to! Viene il freddo, il buio, comincia la scuola e non «…tempo!» strillò lei,
posso più venire in spiaggia a giocare!» atterrando sulla sabbia.
«Giocare…» Mentre mi guardava,
«Sì! Giocare.» il suo visetto indi-
«Quella cosa che fate voi viventi contorcendovi e gnato si trasformò
schiamazzando? Non mi pare che serva l’estate, per in una maschera
giocare.» di stupore. Poi
vide anche il
La bimba mi guardò paonazza di rabbia, coi pugni resto: i suoi
stretti e le unghiette affondate nei palmi. genitori pie-
trificati sotto
«Smettila, o dovrò pure farti sangui—» l’ombrellone
«Guarda che giocare non c’entra niente con gli urli poco lonta-
e gli schiamazzi» mi gridò tutta indignata. «Bisogna no, le cre-
divertirsi!» ste immobili
«Divertirsi…» gorgogliarono le onde sul bagnasciu- delle onde, i
ga. Pensai al mio eterno scorrere e alle leggi immuta- bambini so-
bili che costringevo il cosmo a rispettare. Era un’esi- spesi in un bal-
stenza monotona la mia, fatta eccezione per qualche zo di corsa. Vide
libertà innocua che mi prendevo ogni tanto. «Diver- anche la ragnatela
tirsi come… quando rallento terribilmente per farvi di sottili crepe che
annoiare?» la circondavano.
«No! Ma che dici? Quello al massimo è infastidire. «Che sono queste?!»
Dai, vieni che ti insegno a giocare!» «Cose che non dovrebbe-
«Meglio di no. Per giocare con te dovrei collassare. ro esserci» le risposi. Attraver-
Non posso, devo scorrere in eterno.» so di esse vedevo l’alba del giorno
«Dai! Solo cinque minuti! Che saranno mai?!» prima, insieme alla mezzanotte dell’anno
dopo. «Devo aver rotto la matrice.»
Rimasi in silenzio mentre scandivo il ritmo di miliar- «Cos’è la matrice?»
di di cuori. La bimbetta prese a saltellare, capriccio- «Il substrato in cui s’intrecciano spazio e tempo.
sa. Fermarmi voleva dire fermare il cosmo, anche lei. In altre parole, la realtà. Devo averla danneggiata ti-
Anche se… randoti fuori da essa.» Rimasi in silenzio per un po’.
Sofie mi guardava con gli occhi sgranati, forse aspet-
«Eddai! Fermati! Ferma il —» tava che le spiegassi altro. «Comunque sia, ora puoi
insegnarmi a giocare.»
Ritrassi le mie infinite propaggini infiltrate nella ma- «Giocare!»
trice del mondo, e implosi. Mi raggomitolai in un essere
sempre più piccolo, sempre più insignificante, fino a Mi prese per mano e mi portò di corsa fino al castel-
ritrovarmi in piedi su due gambe corte da bimbo, pro- lo che stava costruendo sulla riva. Aveva lasciato un
prio davanti a Sofie. Ero come lei, ma con il volto del secchiello pieno di sabbia sul bagnasciuga. Lo sollevò
bimbetto più pestifero che avessi mai invecchiato. In- e lo spinse fra le mie braccia.

28 SUSSURRI
«Vieni, rovescialo qui!» che io mi annoio.»

Feci quel che diceva e lo ribaltai. Per poco non mi Si guardò intorno. Man mano che i suoi occhi incro-
beccai una palettata sulle dita: Sofie aveva comin- ciavano i corpi immobili degli altri umani, le sue guan-
ciato a battere forte sul fondo del secchiello. ce si tendevano in un sorriso sempre più beffardo. Mi
Quando lo tirò via, però, il blocco di prese per mano e mi trascinò correndo verso gli om-
sabbia era ancora incollato alle brelloni colorati.
pareti. C’era di tutto nelle borse aperte dei bagnanti. Sofie ar-
raffò quel che più le ispirava e lo infilò dove non dove-
«Ma che?!» Lo sbatté va. L’aiutai a incastrare un soldatino sotto il piedi di un
per terra con tutta la nonno bloccato a metà di un passo. Rimpiazzammo il
forza che aveva, ma ghiacciolo di un bimbo con un pennarello aperto. Infi-
non successe nul- lammo il ghiacciolo fra le natiche del bagnino, piegato
la. «Perché non a raccogliere un mozzicone.
si stacca?!» Ventuno marachelle più tardi, Sofie rubò il reggiseno
«Serve il posato sul petto di ragazzetta sdraiata.
tempo perché
le leggi della «Oddio, tette! Che schifo.»
natura pos- «Che altro ti aspettavi?»
sano accade- «Boh!» Scrollò le spalle e mi porse il costume con
re.» Le presi aria solenne. «Tempo, è giunto il momento di combi-
il secchiello narne una tutta tua. Pensa a quanti capolavori puoi
e lasciai fluire fare con questo!»
una parte di
me attraverso Guardai i due triangoli sormontati da bozzetti ap-
di esso. Il torrio- puntiti: l’acqua e la stoffa si erano cristallizzati intor-
ne si scollò dalle no ai seni della ragazzetta, ricalcandone ogni forma.
pareti e trovò il suo Feci molta attenzione a non disfare la trama immobile
posto fra le mura del del tempo e mi avvicinai a un signore poco più in là.
castello. La bambina Imponente, scuro di pelle, tutto rasato, fissava i gio-
cercò allora di pescare catori di racchettoni con un velo di disgusto. Allungai
la sabbia liquida nel fossato le braccia e mi sollevai sulle punte per raggiungere il
per decorare di guglie la nuova suo torso, ma era troppo alto: a malapena gli arrivavo
torre, ma non poteva: le acque del all’ombelico.
mare si erano tramutate in vetro azzurro,
screziato di spuma di marmo. Mentre ancora pensavo a come fare, sentii due
braccia stringersi a tenaglia intorno alle mie ginoc-
Ci rimase male, e picchiò l’acqua con la paletta. chia: Sofie mi aveva preso e sollevato.

«Cattiva acqua! Cattiva!» «Ci arrivi adesso?!»


«Sì» risposi, tendendo i lacci all’inverosimile intorno
D’un tratto, mi ritrovai ad abbozzare una risata. For- al busto dell’uomo immenso. Mi resi presto conto che
se perché, nel mio infinito scorrere, non avevo mai erano troppo corti e cambiai piano. «Spingimi un po’
visto nessuno prendersela in quel modo con l’acqua. più su.»
Quel suono parve distrarre Sofie dalla delusione. Mi «Sbrigati che pesi!»
sorrise e balzò in piedi urlando: «Hai visto?! Ti stai Lancia, tira, allaccia.
divertendo!». «Aiuto!»
«Davvero?»
«Beh, sì. Hai riso. Andiamo a far qualcos’altro però, Mentre stringevo il nodo, Sofie oscillò, perse l’equi-

SUSSURRI 29
librio e cademmo entrambi all’indietro. Mi sentii scor- si. Con due pacche amichevoli scongelai il blocco di
rere in una direzione che non volevo: la sabbia ferma brina che aveva attanagliato i gelati. Sofie pescò un
nel tempo era dura come il marmo, Sofie stava per cornetto per lei e uno per me.
batterci contro la testa. Fluii attraverso di lei, giù, fin
nel terreno, appena in tempo per lasciare che la sab- «Te lo prendo uguale al mio» disse. «Se non ti piace
bia smorzasse l’impatto. me lo mangio io.»
Mentre scartava il gelato, imboccò una scalinata. La
«Ahi!» seguii su per i gradini, fino a una terrazza affacciata
«Stai bene.» sul mare. Sofie andò a sedersi per terra, con le gambe
«Sì.» a penzoloni fuori dalla ringhiera.
«Non era una domanda.» «Vieni» mi disse, battendo la mano sul pavimento,
poi spostò gli occhi sulla spiaggia. «Con tutti fermi
L’aiutai a rialzarsi e la vidi guardare in alto con stu- sembra di stare dentro una cartolina.»
pore. L’omaccione si stagliava rude e imponente nel
cielo dorato, sfoggiando due seni che gli spuntavano Mentre sedevo al suo fianco, mi bloccai con una
dalla testa rasata come orecchie da gatto. Sentii le mano per terra e la bocca aperta a un soffio dal gela-
labbra tendersi in un sorriso, mentre Sofie si piegava to. La spiaggia si era riempita di crepe.
in due per le risate.
Fu in quel momento che vide la sabbia sotto di noi e Partivano dal punto in cui avevo scongelato Sofie e
balzò via in preda allo spavento: cadendo avevamo zigzagavano insidiose fra i bagnanti che avevamo mo-
ammaccato la matrice. Si era scalfita come un vetro lestato. Sempre più aperte, sempre più vistose. Alcu-
colpito da un sasso. ne tagliavano le persone in due congiungendo corpi
che in quello stesso punto erano passati in tempi di-
Sofie mi prese un’ultima volta per mano e disse: versi. L’omone con le orecchie da gatto aveva guada-
«Senti... perché non smettiamo di combinare guai e gnato i mutandoni di lana d’una donna del passato.
andiamo a mangiare un gelato?» Nonostante la situazione fosse preoccupante, nel
Scrollai le spalle. «E sia.» naso mi s’incastrò una nuova risata.

Poco dopo era- vamo di fronte a un «Allora, hai capito cos’è divertirsi?»
congelatore dentro il bar della «Non lo so» risposi staccando un morso di gelato.
spiaggia. La vidi arrampicarsi Mi piacque, ne presi un altro più grande. «Di
sull’elettrodo- mestico certo ho capito una cosa.»
e sgambettare «Cosa?»
col sedere a «Ciò che sono io per le vostre vite. Vi trasci-
mezz’aria no in lungo e in largo senza tregua, come hai fatto
tu con me. Oggi sei stata il mio tempo, Sofie.»
«E ti è piaciuto?»

Non sapevo rispondere. Mentre ci pensavo, sentii


qualcosa dentro di me che gorgogliava cupo. Guardai
mentre frugava il volto di Sofie impegnata a leccare il gelato: si era
nel pozzetto pieno sporcata il naso di bianco.
di gelati.
«Sofie.»
« S co l - l a -t i ! «Dimmi.»
Maledetto!» «Non ho voglia di ricominciare a scorrere, come tu
non hai voglia di iniziare un nuovo autunno. Vuol forse
Di nuo- dire che mi sono divertito?»
vo, sorri-

30 SUSSURRI
Lei sgranò gli occhi. Mi gettò le braccia al collo e mi crepe fra loro e l’omone muscoloso aveva di nuovo il
scosse come fa il vento con le fronde degli alberel- costume giusto. La parte di sotto, almeno.
li. «Certo che sì! Più una cosa ti diverte, meno vuoi
smettere di farla!» Un coro di lamentele si alzò d’improvviso dalla spiag-
«Capisco» risposi, e tornai a guardare le insidiose gia. La bambina sorrise beffarda, poi tirò un sospiro di
spaccature che si erano aperte nel mondo. Dovevo sollievo e levò gli occhi al sole rosso.
chiuderle in qualche modo. Potevo riavvolgermi fino al
momento prima di strappare Sofie alla matrice e non «Hai visto, Tempo?! È tornato tutto a posto!»
farlo. Così facendo le crepe non sarebbero mai state
create, però… Avevo visto.
«Sofie, quando tornerò a scorrere, né io né te con- Ma nulla, ai miei occhi, era a posto.
serveremo memoria di oggi.»
«Cosa?! E perché?» Quando Sofie scese in spiaggia, imboccò tutta al-
«Perché l’istante in cui viviamo ora non sarà mai esi- legra la passerella che portava all’ombrellone. I suoi
stito.» saltelli erano carezze sulle piastrelle spolverate di
«Oh, ma uffa! Non puoi tornare a scorrere da qui in sabbia ma, per la matrice in cui scorrevo, erano vio-
avanti?» lente martellate. Mi deformavano, m’incrinavano, mi
costringevano a scorrere vicino, lontano, sbagliato.
Guardai di nuovo le crepe. «Posso, ma è possibile
che ciò ingrandisca quelle spaccature fino a renderle «Sofie?!»
enormi squarci aperti su altri tempi. Però, potrebbero «Son qua, mamma!»
anche rimanere così come sono. Che ne so io, mica ho
mai rotto il mondo prima.» Una convulsione, una nuova frattura. Il mare di un
«Beh, perché non lo scopriamo?» inverno futuro travolse la spiaggia, s’infranse contro
Storsi la bocca inghiottendo l’ultimo boccone di cor- le crepe e dilagò rumoroso. Confinata nel presen-
netto, pieno di cioccolato. te, Sofie non vide acqua, ma sentì il fragore sor-
«Non so...» do dell’onda. Aggrottò la fronte, fece spallucce
«E dai! Non vorrai mica scordarti come ci e riprese a trotterellare verso il suo ombrel-
si diverte ora che hai imparato.» lone.
Storsi anche il naso, le sopracciglia, la te- Avrei decisamente dovuto riavvolgermi e can-
sta. cellare quel giorno, nonostante fosse stato
«Non voglio, in effetti.» l’unico momento di svago che avevo vis-
«E allora proviamo. Se le cose suto sin dall’inizio del creato. Eliminare
van male fai sempre in dal mondo le crepe, tornare a
tempo a cancellare scorrere sui miei binari, mo-
tutto, no?» notono, in un’unica direzione.
«Va bene. Proviamo.» Però, mi divertiva ribollire im-
pazzito fra i piedi di Sofie.
Su quelle parole mi alzai e guardai Sofie La bimba fece un altro passo.
un’ultima volta coi miei occhi da umano. Mi strappai di netto, la inghiot-
Dopo di che, mi lasciai andare. Raggiunsi tii e la risputai più avanti. Gron-
i bagnanti, il mare, gli uccelli, il vuoto del dante d’acqua e di alghe salate.
cosmo. Il sole riprese a calare dietro le
rondini impazzite, qualcuno imprecò «Che è successo?!» urlò.
pestando un soldatino, qualcun altro «Mi sono divertito.»
leccò un pennarello.
Sofie si affacciò al parapetto e
guardò giù, verso i bagnanti che
si stavano rivestendo. Non c’erano

SUSSURRI 31
Tempus fugit
DI IRENE F.M. ESTORI

“Il tempo fugge”, siamo soliti dire, ma cosa signi-


fica davvero? E se il Tempo fosse davvero un fug-
giasco, un coniglio braccato in una caccia eter-
na? Chi potrebbe mai inseguire una preda così
sfuggente? Chi ne avrebbe il coraggio, il potere?

Irene F. M. Estori, triestina di 37 anni. Ama l’umanità ma detesta


avere a che fare con le persone; perciò, lavora con i numeri, legge
per apprendere e scrive per comunicare. È appassionata di fanta-
stico e di giochi di ruolo, che per anni sono stati un valido sfogo
per il suo bisogno di inventare personaggi e condurre avventure.
Da qualche tempo ha deciso di tradurre tutto in racconti e romanzi.

Silenzio. Chiudi gli occhi. Non possono vederti se tu sotto il naso dei cani astrali ed eccoti atterrato sul
non li vedi. Annusa l’aria, sono vicini. Le narici vibrano pianeta. Tutto è diverso qui. Tutto è piccolo, ma noi ci
all’impazzata, il tuo piccolo cuore di coniglio scoppia adattiamo sempre. Puzza, ma alla fine puzzano tutti.
nel petto. Sei preda.
Energia suona il corno e chiama gli alleati a raccolta.
Fuggi, e ancora fuggirai. I segugi latrano, la caccia Tocca agli dèi locali darti la caccia. Ne sono rimasti
selvaggia va avanti da… sempre. Lo so, è strano per pochi, ma sanno ancora obbedire alle leggi del Tem-
tutti pronunciare (o solo pensare!) quei concetti in tua po: li senti come si radunano da ogni angolo di
presenza. Ma, se non con te, con chi altro? questo piccolo mondo?
Balzando di stella in stella ti rintani ora su un pianeta, Anch’io ho degli alleati, e ben presto sa-
ora sull’altro, ma tutto questo non è reale. Se solo tu rai mio. Inganno è con me, che buffa
riuscissi a capire! Non c’è buco abbastanza profondo accoppiata siamo. Mi guarda, sorride,
in cui tu possa nasconderti. Sei lì, coi tuoi occhiet-
ti rossi e il pelo candido, a tremare nel sottobosco
di perle notturne. Non mi vedi piazzare le trappole,
seminare le esche che ti condurranno da me. Eccoli
che arrivano, i cani ringhiano, gli dèi, dietro, grida-
no. Vogliono spingerti lì, su quel pianetucolo blu.
Devono prendersi una pausa, la caccia li ha
stremati. Solo Energia continuerà, Bellez-
za e Vuoto si ritireranno altrove.

Tu ci caschi. Un salto, una corsa a zigzag

32 SUSSURRI
e io mi sgretolo un po’ dall’interno. Sorride e ti si av- «Perché non lo fai?»
vicina in silenzio. Non l’hai vista, non la puoi vedere, «Perché dovrei farlo?»
ma solleva il velo che le copre viso. Ti tocca, proprio
in mezzo alle orecchie che si muovono a captare i ru- Annusi l’aria, ti guardi attorno cercando una sola cer-
mori. Infatti quel cane non l’hai sentito, e, a giudica- tezza. Anche il paesaggio sembra cambiato di nuovo.
re dalla sua espressione, nemmeno lui ha sentito te. Avresti giurato di essere in un bosco di notte, ma ti
È sbucato da dietro un cespuglio correndo e vi siete trovi improvvisamente su una spiaggia bianca come
trovati naso a naso. Occhi negli occhi. Tu tremavi di il tuo pelo. In pieno giorno.
paura, lui tremava di eccitazione. Fermi. Istanti infi-
niti, letteralmente. «Dove mi hai portato?»
«Non sono io che mi muovo.»
Poi sei corso via e lui non ti ha inseguito. Ti sei per-
sino guardato indietro, e lui stava ancora lì, immobile Dubbio ride di nuovo, si china e ti gratta in mezzo alla
con le orecchie basse e la coda tra le zampe. È allo- fronte, poi sparisce. Non sei sicuro che se ne sia an-
ra che ti sei chiesto perché non ti avesse azzannato. dato, qualcosa in te sente che ti starà alle calcagna.
Poteva. Ti aspettavi che affondasse i denti nella tua Ti spingerà a fuggire altrove, ti dici.
pelliccia di luna, che fermasse la tua corsa.
Ti infili in una tana, raspi, annaspi, esci dall’altra estre- «Non lo farà» ti sussurro all’orecchio.
mità con slancio. Non lo sai, ma hai appena fatto un
salto pazzesco. Non ti sei nemmeno reso conto di es- Ti guardi attorno, ma non puoi vedermi. Senti che ti
sere entrato nel regno di Dubbio, mio fratello gemello. sono vicina, ma non mi conosci ancora. Sono qui per
Qui nulla sarà più come prima. Hai rallentato, lo sce- piazzare una trappola, e per questo ho convocato un
nario non è quello che ti aspettavi. L’odore di terriccio altro alleato. Il corno di Energia squilla vicino, troppo
è sparito. O forse no? Il fogliame è più fitto di prima, vicino, i cani guaiscono. Spicchi un salto, hai fretta
anche se sembra che ci sia più luce. Gli inseguitori di andare, ma ti accorgi che non ti muovi di un solo
sono solo echi lontani e tu, finalmente, ti accorgi di centimetro. Ti senti sobbalzare il cuore, come se
pensare. È bello pensare, ti dici. fossi andato avanti ma qualcosa ti avesse trattenu-
to dov’eri. Vorresti strillare, perché dèi e segugi sono
«È bello pensare» ripeti ad alta voce. proprio lì. Ti cercano in ogni anfratto e ti passano tal-
«Ne sei certo?» mente vicino da dir quasi che ti son sopra. Energia
sembra spaesato, Quetzalcoatl volteggia tra gli alberi
Appiattisci le orecchie, non sai rispondere. perlustrando le frasche, Eracle e Tyr fremono. Peggio
Dubbio ride. Per la prima volta non sei sicuro di dover dei cani, quei due. Nessuno vede me, nessuno vede il
scappare. Nemmeno di non doverlo fare. Le tue zam- vecchio. Ci guardiamo per qualche istante, abbiamo
pette raspano il terreno pronte a scattare. Però è un patto antico io e lui. Chiude il suo unico occhio e
una dolce sensazione, del tutto nuova, quel- mi fa un cenno d’assenso: non intende tradirmi.
la di poter finalmente parlare con qual-
cuno. Non vedono nemmeno il mio amico che ti tiene per le
zampe. È lui, Spazio, che ti proibisce di muoverti. Sei
«Tu non mi dai la caccia?» terrorizzato, cerchi di liberarti.
«Dovrei?»
Sbatti le palpebre. Apri la boc- «Lasciami!»
ca, ma non sai subito cosa «No, fratello, è per il tuo bene. Poi mi ringrazierai.»
dire.
Salti sul posto e a ogni salto ciascuno è in una posizio-
ne diversa. Capti frammenti della loro conversazione.

«Se non lo … ha abbandonato…»


«… non è… nostro pensiero.»

SUSSURRI 33
«L’importante… muova! … legge del Tempo… arre- «Dovere.»
starsi… esistenza…»
E all’improvviso… Bam! Spazio ti lascia e come una Ammicchi, poi liberi gli altri. Gli dèi terrestri fuggono
molla finisci sulla faccia di Tyr. nel panico, sei fuori portata per loro e loro sono insi-
Che scena! Lui non sa cosa fare, puoi vedere il terro- gnificanti per te. Presto te ne dimenticherai. Energia
re sul suo viso. Ti palleggia via, voli verso un Eracle è amareggiato, Spazio si rolla una canna.
quanto mai stranito.
«È così, allora? La caccia è finita?» chiede Energia.
Energia grida: «Lasciatelo andare! Non deve fer- «Già. NNon ho bisogno di farmi inseguire. Era orribi-
marsi!». le. Ora» fai una pausa, ci pensi un po’ su, ma è facile e
lo sai, «voglio fare qualcosa che mi piaccia.»
Salti all’indietro, rivedi la scena e capisci: non voglio- «Ma se ti fermi…»
no prenderti. Ancora più indietro, il segugio è fermo «Non c’è pericolo, credimi! Muovermi è nella mia
davanti a te. Energia tira il guinzaglio, una corda invi- natura.»
sibile spuntata dal nulla. Scuoti i baffi, ritorni qui, ora. «Cosa farò io?»
E mi guardi dritta negli occhi. Finalmente. «Viaggia con me. Non mi piace star solo.»

«Come ho fatto?» mi domandi. Vi vedo allontanarvi assieme, uno a fianco dell’altro,


«Tu lo sai.» diretti verso altre galassie. Spazio mi fa un cenno col
«L’ho voluto» dici, non c’è incertezza nella tua voce. berretto e si aggrega; non poteva che essere così.
«Anche quello l’ho fatto io» continui, indicandomi gli Siete nati assieme e assieme morirete, un giorno. Ma
dèi, immobili nelle loro pose, come congelati. Solo non oggi.
Spazio si sta rotolando per terra, sbellicandosi dalle
risate. «Guardali, i nostri bambini!»
«Sì, sei soddisfatto, lo so. E stupito. E pieno di dub- «Non sono i nostri bambini.»
bi, ma passeranno.» «Non essere sempre la solita noiosa, Consapevo-
«Sono solo un coniglio.» lezza. Hai fatto una gran cosa con questo tuo piano
strampalato. Dovresti esserne felice.»
Sbatti le palpebre, ti guardi le zampe, muovi le orec- «Lo sono. Non sei forse qui con me, Gioia?»
chie.

«Nemmeno tu ci credi più. Dì il tuo nome.»


«Io sono… Tempo.»

Sei mio.

Ti vedo cambiare sotto i miei occhi. Non sei più solo


un coniglio, non sei un uomo, né un altro animale. Sei
luce, buio e sei una stella. Sei una marea, una ruota,
una bolla che si espande, si contorce e si arrotola.
Tutta la tua potenza mi investe: non mi sono mai sen-
tita così forte prima d’ora.

«Sono stato così stupido… L’ho pure fatta io quella


legge.»
«Eri solo spaventato e sei diventato ciò che ritenevi
di dover essere: una preda. Sapevo che era sbagliato,
ma dovevi capirlo da te.»
«Grazie.»

34 SUSSURRI
La danza
dei secoli
DI CHIARA NIZZI

Una guida alpina decide di raccontare la storia


della sua vita a dei villeggianti meritevoli per es-
sere riusciti a starle dietro lungo i ripidi e impervi
sentieri di montagna. La guida custodisce un se-
greto secolare, qualcosa che difficilmente il suo
pubblico riuscirà a credere. Anni fa le è successo
qualcosa di incredibile. Ma quanti anni fa? E per
quanto è successo? Questo solo i meritevoli po-
tranno scoprirlo.
Chiara Nizzi ha studiato Lingue presso l’Università di Modena e Reg-
gio Emilia come pretesto per passare il tempo a leggere libri in più
lingue diverse (e superare ugualmente gli esami!). Dopo aver conse-
guito un master in Editoria, lavora come impiegata, ma — come tanti
lettori — è anche una prolifica scrittrice amatoriale. Si diverte a ci-
mentarsi con tutte le sfumature del fantastico ispirandosi ai boschi
dell’Appennino reggiano, dove vive.

Devo farvi i complimenti per essere arrivati fin Non c’è spazio per pensare. Fermarsi non è una pos-
quassù. Di solito, i villeggianti come voi si arrendono sibilità, quando sei come me, una viandante dei gior-
prima e, boccheggiando, mi chiedono quanto ci vuole ni. La mia maledizione è che ormai ricordo ogni cosa
per tornare al rifugio più vicino. e non posso più dimenticare di aver vissuto una notte
Sento di voler condividere con voi qualcosa di nuovo, lunga una vita.
qualcosa che non ho mai raccontato a nessuno dei Quella notte, i miei piedi toccavano terra a malape-
miei gruppi di turisti. Ve lo meritate, se desiderate na e io non sapevo più come si respira tra una risata
starmi a sentire. e l’altra. Rubavo fiato al vento. Il mulinello creato dal
È un segreto. Sedetevi pure lì, su quelle rocce e quei girotondo sfrenato me lo sfilava subito dalle labbra.
muschi. Prigioniera di gai carcerieri, non sapevo da quan-
to tempo non mangiavo, non dormivo e non bevevo
Quando sono nata pensavo che sarei vissuta e mor- cibo e liquidi diversi dai loro frutti color indaco, dai
ta sulle verdi montagne che mi hanno fatto da culla. loro fiumi di vino vermiglio. Sapevo solo che mi stavo
Assistere all’avvento delle macchine volanti, alla deci- divertendo. La vita era un lungo istante di piacere. Lo
mazione dei boschi sacri, rimpiazzati dalle altissime avevo sempre desiderato.
strutture-villaggio che costellano il mondo nuovo non
era tra i miei progetti. Così come non lo era imparare Vero?
a scrivere e fare di conto oltre il numero trenta, quello
dei capi che componevano il mio gregge perduto. Ricordo che le mie membra, incastrate tra le brac-
cia e le gambe degli altri, mi scarrozzavano avanti e
Danza. Corri. Vola. indietro, senza farmi progredire mai, in un balletto
Fuggi. senza scopo né meta. Ero il componente vorticante
di un ingranaggio perfetto, schiacciata e rincorsa dai

SUSSURRI 35
miei buoni vicini, un individuo spigoloso dalle braccia Non so quanto impiegai a rammentarmi di Gof e
verdi e una ragazza dalla folta chioma di foglie rosse, Rita, il cerchio di funghi e l’alpeggio.
simili a quelle degli aceri in autunno. So che, quando spalancai gli occhi, dovetti regger-
Il vortice della danza trascinava uomini dalle zampe mi la testa per non urlare dal dolore e mi accorsi di
caprine, giganti e nani, eleganti figure dai lineamenti stringere un viticcio di foglie rosse che ai miei occhi
spaventosamente meravigliosi e viscidi esseri insetti- pareva una ciocca di capelli.
formi. C’erano anche uno strano ragazzo e una ragazza
indecifrabile che ridevano sguaiatamente quanto me, C’era troppa luce e io, riversa bocconi sotto un alto
con gli occhi colmi di lacrime incastonati nelle facce baldacchino di fronde, non potevo tollerarlo. Avevo
congestionate. passato troppo tempo a danzare nelle tenebre ri-
Oh, compianti amici miei! schiarate soltanto da sciami di fate insetto che deco-
Era come se non vi avessi mai visto prima, ma avessi ravano quell’altra radura.
sempre voluto conoscervi. Man mano che la mia vista si abituava e riuscivo a di-
stinguere i dettagli, la rabbia mi montava dentro. C’era
Mai. Prima. un cerchio di funghi poco lontano da me e lo calciai, lo
Sempre. Ora. distrussi, attenta a non entrarci come se ne andasse
della mia vita stessa. Erano rossi, maculati di bianco.
La forza inarrestabile che mi trascinava nel solco Vomitai in preda a ondate di nausea sempre più alte
del cerchio dev’essersi inceppata in quel momento. che mi lambivano, mi sommergevano e mi annegavano.
Ancora non potevo capire. Ma percepii che correva-
mo più lenti. In balia di questa tempesta, discesi le montagne,
Una sensazione d’orrore strisciò lungo il mio corpo, guidata dalla memoria dei miei pie-
impossessandosene. Quanto si può arrivare a temere di. Sola, come non mi ero mai
la libertà, quando non si ha memoria che di una con- sentita prima.
fortevole prigionia, soltanto un prigioniero lo sa. Tempo addietro eravamo
I volti bestiali, mostruosi ed eccelsi che mi vorticava- sempre io, Gof e Rita, i
no intorno espressero stupore, incertezza e rabbia. malgari. Molti giovani
Tutti loro presero a fissarmi, digrignando i denti, stri- come noi si occupava-
dendo, urlando e ruggendo. no di salire alle malghe
a pascolare le greg-
Presto. gi. Noi facevamo in
Tardi. modo di andarci
sempre insieme.
La ragazza dalla chioma di foglie e le braccia legno- Le nostre madri
se cercò di stringere la presa su di me. L’individuo dal- scherzavano chia-
le braccia verdi tentò di mordermi. Fallirono. mandoci i tre gemelli
Qualcosa di molto più potente della forza del cerchio diversi, perché ci parto-
mi risucchiò all’indietro. La vertigine che provai fu as- rirono lo stesso giorno, in conse-
soluta. guenza dei riti di Beltane. Quell’an-
Schivai dita fronzute e denti limacciosi. Graffiai e no, il raccolto fu eccezionale, per
picchiai fino a ruzzolare fuori, lontano, oltre il cerchio questo al villaggio ci chiamavano
che era stato tutto il mio mondo… Per quanto tempo? i bei bambini, i pastorelli buo-
Non lo sapevo. ni, i tre della fortuna. Tutti ci
Il terreno erboso arrestò la caduta del mio corpo tra amavano e noi ci adorava-
le stelle. La sua durezza mi riscosse dal torpido terro- mo selvaggiamente. Anche
re che mi pervase una volta sfuggita alla tela di ragno quell’anno, tredici estati dal
di quella dimensione aliena, anche se io rammentavo giorno del nostro complean-
d’aver vissuto appena una singola notte infinita. no, ci avviammo insieme agli
alpeggi, con le greggi e i cani.

36 SUSSURRI
Badavamo alle pecore tutto il giorno, ma alla sera senza tempo ammantava certi luoghi nebbiosi, limi-
facevamo baldoria come al villaggio non si poteva, nali e selvaggi, a quell’epoca, prima che i giganti di
perché lo proibiva il prete mandato dal signore della ferro senza cervello distruggessero le verdi cattedrali.
città. Ballavamo intorno al fuoco, mangiavamo latte Il fatto è che noi sapevamo cos’era il cerchio di funghi.
e caglio, bevendo la birra acida che trafugavamo al Eppure ci facemmo attirare ugualmente dalla luce
villaggio, e ci divertivamo come pazzi. Questo fino a verdastra che emanava. Vi entrammo tenendoci per
quando si perse la pecora. mano, ipnotizzati.

La cercammo nei boschi color indaco, sempre più Il mondo, per noi, mutò nel frammento di un battito
scuri. Conoscere picchi e crinali come le nostre ta- di ciglia.
sche non ci servì a nulla, perché ci perdemmo. È al- Il secondo prima ci trovavamo in una radura deser-
lora che incappammo nell’anello ta, quello dopo eravamo circondati dal brulichio della
di funghi. strana gente.
Una stra- Non facemmo in tempo a scusarci, a meravigliarci, o
na ma- a spaventarci.
g i a
Le facce multicolori della strana gente si allarga-
rono in ampi sorrisi, circondandoci di denti di tutti i
tipi: marci, acuminati, muschiosi, perlacei o zannuti.
Ci offrirono da mangiare e da bere, così dimenticam-
mo ogni insegnamento che le anziane ci avessero
mai impartito.
Nel mio ieri ho trascorso lunghe notti invernali se-
duta con Gof, Rita e gli altri bambini sul pavimento
di terra delle nostre case. Ci mettevamo di fronte al
focolare dell’uno o dell’altro, nella casa che le anzia-
ne avevano scelto per raccontare le storie sulla stra-
na gente. Lambiti dalle ombre e dalle lingue
dei fuochi, ci parlavano di come certi
incauti mortali si lascino trascinare
nel regno fatato. Per quegli sfor-
tunati il tempo passa senza va-
lore. Rimangono intrappolati
nel loro ultimo istante, che
si ripete all’infinito sotto
forma di danza sfrenata.
A volte capita che a uno
di questi torni in mente
una promessa fatta, o
un evento a cui partecipa-
re. Ricordare il passato o im-
maginare il futuro li riporta nel
mondo degli uomini dove si riducono
in cenere, sotto il peso degli anni tra-
scorsi senza di loro. La mia gente e il
mio villaggio sono perduti, da qualche
parte nei meandri del tempo, e il mon-
do è mutato senza di me. Ma io resto.
Resisto.

SUSSURRI 37
Il giorno del mio ritorno, mentre mi avviavo giù dalle ma non la roccia e chi desidera entrare in sintonia con
montagne scoscese, non potei fare a meno di notare essa. Le montagne eterne sono la mia famiglia. Ma io
che i miei occhi erano cambiati. Il verde degli alberi non nacqui per durare.
mi appariva diverso. Mi sembrava che la foresta fosse
spelacchiata e scarna. Il cielo sopra di me era grigio e L’eternità sa di sudore. Date retta a me, correre all’im-
privo di spessore. pazzata dietro alla propria coda, senza fermarsi mai a
Mi trascinai lungo i sentieri, senza sentire né fame, né godere dello scorrere del tempo, non fa per me.
sete, né sonno. Ora apprezzo l’avere sentito il freddo e la fame conqui-
starmi le ossa di inverno e l’avere goduto del caldo rige-
È stato difficile reinserirsi in società fingendo con- nerante ogni estate. Non lo sapevo, ma stavo vivendo. Il
tinuamente di avvertire gli stimoli che ho perduto per mio corpo scorreva con il tempo della natura. Ha fatto
mescolarmi alle aliene creature della foresta. tesoro di questo senza che io me ne accorgessi.
Le persone che abitano questo angolo di tempo, quelli
Mi trovarono un uomo e una donna gentili. Ven- come voi, che vengono da me per conoscere la sacra
ni condotta dai dottori di questo mondo, situato in solennità delle rocce, mi sembrano uguali a loro. Alla
un angolo del tempo più nuovo del mio. Affrontai un strana gente, intendo.
idioma sconosciuto, esprimendomi nel mio dialet- Siete tutti presi a rincorrervi gli uni con gli altri, ap-
to fanciullo che venne corretto, istruito, rabberciato profondendo i solchi della vostra stessa disperazione,
ed educato fino a scavalcare l’enorme montagna di gareggiando con il tempo. Come se le vostre vite fos-
tempo che separava le due lingue, l’una la versione sero inesauribili. Come se i vostri giorni di poveri mor-
invecchiata dell’altra. Per loro ero un miracolo, forse tali non fossero una volatile valuta, che non aumenta,
il frutto di un incantesimo. risparmiandola, bensì si deprezza.
I loro giornali parlarono della misteriosa ragazza dei
boschi. L’ipotesi più accreditata sul mio conto fu che Io di disperazione non ne ho. È sparita con la sete
fossi stata rapita da bambina e tenuta segregata in un e la fame, il caldo e il freddo. Ma ho ancora in tasca
rifugio nelle foreste senza alcun contatto umano, di- il viticcio rosso dal quale non mi sono mai separata.
menticata e dimentica del mondo. Si cercò a lungo il Non è appassito, anzi, è più succoso e rosso che mai.
mio aguzzino, mentre io imparavo tutto. Facevo la co- È la chiave della mia liberazione. È un rito al quale vi
noscenza delle macchine, così come delle tristezze, permetterò di assistere, un piccolo bonus a questa
sperimentavo gli incantesimi della scienza moderna e visita guidata, per farvi conoscere il sacro potere di
la sua fame di velocità; e, nel frattempo, mi ricostrui- queste montagne e delle loro creature.
vo una vita. Mi stabilii sui monti ed è lì che vivo da al-
lora, guadagnandomi da vivere come guida per gente Ora tenderò il braccio, allontanando questo viticcio
inesperta che vuole capire la montagna. Come voi. La da me. Lo offrirò al vento. Dopo che avrò mollato la
nostra razza, alla quale ormai appartengo così poco, presa, nel restituire la mia polvere ai secoli, nulla di
è riuscita a cancellare quasi del tutto alberi e bestie, ciò che è stato o sarà avrà più importanza.

38 SUSSURRI
Anomalia
DI ALVISE CANAL

L’Osservatorio è l’Ordine del multiverso che si oc-


cupa della difesa del tessuto spazio-temporale,
una squadra speciale che garantisce la soppres-
sione pressoché istantanea di tutte le anomalie
temporali. Proprio ora (o forse ieri, domani, mai)
i computer quantici dell’Osservatorio ne hanno
rivelata una: un Sator12 di classe 1. A cosa cor-
risponderà? Per scoprirlo dovete entrare nella
macchina del tempo più vicina a voi e prepararvi Alvise è uno scrittore notturno e sognatore ad occhi aperti, un
a esplorare il continuum spazio-temporale. eclettico stacanovista che ama perdersi nelle storie che inventa
e in mille altre passioni. La sua carriera professionale inizia come
correttore di bozze e ghostwriter, per poi spostarsi alla SEO, quel-
la robaccia sull’internet. Dopo 29 lunghi anni di vita, trova in Lumien
il modo di unire la sua passione per il marketing e per la scrittura.
Oggi vive una doppia vita: in una analizza dati e sviluppa strategie,
nell’altra tenta di valorizzare il fantastico italiano e rendere felici gli
scrittori emergenti.

Lo zap durò 127ms. «Signore, abbiamo un Sator12 di classe I su Univer-


so-691.»
Non se ne accorse nessuno nei dintorni. L’unico «Inviate giù una squadra. Quattro Custodi saranno
spettatore fu un sottobosco di giovani miceti che più che sufficienti.»
spingeva per farsi strada oltre il muschio. Un paio di «Quanti Annichilatori?»
scoiattoli scalmanati fiutarono il tanfo di zolfo soltan- «Nessuno. Scendo io con loro… È da un po’ che non
to qualche istante dopo il forte flash localizzato. Se mi sgranchisco le gambe.»
ne sarebbero potute accorgere le formiche, sollevan- «Squadra confermata. Quadrante impostato. Per-
do il muso, ma finirono solo per percepirne l’effetto, messo di attivazione armi: concesso. Permesso di
quando qualcosa che non sarebbe dovuto essere lì le utilizzazione armi: concesso. Missione: studio, recu-
schiaccio all’improvviso. No, non se ne accorse nes- pero e soppressione. Priorità: c.»
sun essere vivente nei dintorni. Non se ne accorse
nessun essere vivente neanche a distanza di dieci, Quattro Custodi seguirono l’uomo, dalla cui cinta e
cento o mille metri. In quel mondo, in quello spazio, giubbotto pendeva un armamentario pesante degno
nessuno si accorse dello zap. delle peggiori incursioni, nella stanza vuota alle spal-
In un altro spazio, e soprattutto in un altro tempo, un le della cabina di comando dell’Osservatorio. Le porte
insignificante picco apparve invece su un grafico 4D si chiusero ermeticamente e lo spazio intorno a loro
elaborato da un battaglione di computer quantici. Una iniziò a scricchiolare. Un’espressione infastidita com-
spia rossa si illuminò convinta, dando il via ad un’or- parve sui volti di tutta la squadra. Se c’era una cosa
chestra di spie, calcoli quantici e rappresentazioni che la scienza ancora non era riuscita a spiegarsi era
spazio-temporali collassate. Un richiamo acustico quel maledetto odore di uova andate a male. Andate
intermittente risvegliò la quiete dell’Osservatorio e a male da un pezzo.
spinse alla deriva le infinite altre linee del grafico.

SUSSURRI 39
«Ritorni presto, signore.» era stato sostituito da una superficie metallica (le
analisi dei Custodi avrebbero poi verificato la lega) e
«Forse l’ho già fatto.» il legno era stato ricoperto internamente dalla stessa.
L’Annichilatore provò a infilarsi al suo interno, ma la
Lo zap su Terra-691 durò appena 12µs. spalla destra e l’arma che gli pendeva dal collo rima-
Non se ne accorse nessuno. sero fuori. La testa, invece, ci stava solo piegata in
avanti.
***
«Direi che abbiamo a che fare con un viaggiatore
«Signore, lo abbiamo trovato!» sotto al metro e ottanta.»
«Sotto al metro e settantasei, secondo i nostri
Uno dei Custodi raggiunse l’armadietto portafucili calcoli.» Una seconda spia-analyzer stava son-
ambulante trascinando un oggetto per il sottobosco. dando l’interno dell’orologio.
Un secondo custode lo raggiunse e afferrò il manufat-
to dalla parte opposta.

«È quello che penso io?»

Messo in piedi, nella presunta posizione ideale, il


ritrovamento superava di diverse spanne la stazza
dell’Annichilatore. Una sonda sbucata da una tasca di
un Custode scansionò il perimetro dell’oggetto. I dati
raccolti vennero trasmessi a uno schermo olografico
generato da un apparecchio posto sul palmo di una
mano dello stesso.

«Parrebbe di sì, signore. È un orologio a pendolo…


Quantomeno deve esserlo stato.»
«Appartiene alla linea storica di questa Terra?»

«Dai dati raccolti nel Compendio dell’Osservatorio,


l’orologio a pendolo parrebbe essere appartenuto a
circa 214 Terre, tra cui quella di Universo-691, quella
dove ci troviamo ora. Rispetto al flusso temporale di
questa Terra, l’oggetto in questione dovrebbe risultare
ormai in disuso, ma ancora presente in qualche casa
e museo.»
«Vediamo un po’ con cosa abbiamo a che fare.»

L’Annichilatore premette un pulsante sui polsi,


attivando lo scudo anti-distorsione temporale; ri-
pristinare un braccio mozzato era cosa da ragazzi,
ma ritrovare le dita di una mano nel continuum spa-
zio-temporale era tutta un’altra questione. Le unghie,
soprattutto! Fra un salto e l’altra gli capitava spesso di
trovarsene in bocca. Quando la protezione si avviò, le
mani cominciarono a tastare ed esplorare l’orologio. Il
pendolo era stato svitato e il piccolo gancio originale
sostituito con una chiusura ermetica. Anche il vetro

40 SUSSURRI
L’Annichilatore riprese l’investigazione. Per quanto distorsioni. Aspettate…»
modificato, la parte frontale del ritrovamento rispet- «Cosa vede, signore?»
tava quanto mostrato dal Compendio. Anche l’orolo- «C’è qualcun altro.»
gio in cima alla struttura, incassato in una cornice di
legno dai richiami montanari, sembrava non essere Solo ora si era accorto di un altro puntino, questa
stato modificato. Il retro, invece, era un guazzabuglio volta immobile. Sulla riva del lago, qualcuno aspettava
di cavi, circuiti e hardware assemblati in modi che gli il viaggiatore.
sfuggivano. Gli pareva di guardare nel ventre di un ro- Un dito accarezzò il Gufo e le immagini si avvicinaro-
bot dell’Osservatorio. Era un tripudio di luci e colori e no alle due figure. Un esile bastone dal pomello abba-
uno schermo LCD proiettava numeri alla rinfusa. gliante sorreggeva tutto il peso, poco, di uno schele-
trico anziano. Una rapida scansione del Gufo si occupò
«Può davvero aver viaggiato con questo… coso?» della datazione del viaggiatore: 86 anni. Diamine, è
«Crediamo di sì, signore. Allo stato attuale la mac- già tanto che sia riuscito a sbucare tutto intero dalla
china potrebbe non essere del tutto funzionante, ma macchina del tempo. L’indice dell’Annichilatore smise
con qualche aggiustamento potrebbe essere pronta di stritolare il grilletto del fucile anti-tempo sorretto
a qualche altro zap. Altri dieci-venti viaggi nel tempo da una struttura verticale. Il mirino, collegato al Gufo,
potrebbe essere in grado di farli. Va detto, però, che vibrava di rosso sulla nuca del viaggiatore.
siamo fortunati che non abbia fatto saltare in aria il Sintonizzò meglio l’apparecchiò per captare lo scam-
continuum di questa terra.» bio di voci dei due personaggi, pronto ad annichilire
«Da come la descrivi, pare più una bomba a orolo- le loro versioni attuali e ripristinare l’ordine nello spa-
geria, che una macchina del tempo.» zio-tempo.
«È entrambe, signore.»
«Più tardi mi occuperò dell’annientamento, intanto «Elvira?»
mettete l’apparecchio in isolamento. Deve essere man-
tenuto stabile e distante da altri uomini di questo tem- L’omino stava punzecchiando col bastone una figu-
po. Ora procediamo al recupero. Dov’è il viaggiatore?» ra ancor più anziana, un guazzabuglio di rughe e gob-
be che un’indovina avrebbe potuto provare a leggere
Uno dei custodi indicò un punto distante oltre al fit- per scrutare il futuro.
to fogliame del bosco di conifere.
Un omino si avvicinava a passo lento verso il lago. «Elvira!»

*** Un piccolo sobbalzò rianimò la vecchietta e un pic-


co cardiaco improvviso comparve sullo schermo del
Mentre erigevano la struttura di confinamento, per Gufo in concomitanza della sua persona. Ancora poco
evitare di intaccare il tessuto dello spazio-tempo, e ci sarebbe rimasta secca. Considerato l’aspetto at-
l’Annichilatore infilò la nuca nel Gufo. Senza guardare tuale, più secca. Sul visore stava comparendo la car-
lo schermo installato sull’avambraccio, digitò una se- tella clinica dell’anziana, una delle più lunghe in cui si
quenza di codici e informazioni che avviarono e alline- fosse imbattuto.
arono l’apparecchio. Un ultimo colpetto sullo schermo
touch e i suoni raggiunsero i suoi padiglioni auricola- «Antonio? Antonio, sei tu?»
ri. Il frastuono confuso si schiarì fin quando non fu in «Sì, sono io.»
grado di percepire il debole passo sulle scricchiolanti
foglie autunnali. Il Gufo inviò al cervello dell’Annichila- L’anziano si dimenticò di avere bisogno del bastone,
tore suoni e immagini intorno al viaggiatore. L’uomo lo mando a remengo e abbracciò Elvira, mentre l’in-
mosse il visore e studiò la zona intorno. dice dell’Annichilatore si faceva sempre più distante.

«C’è una piccola baita, sull’altra sponda del lago. Non «Non credevo saresti venuto oggi.»
vedo, però, altre persone. Inviate un paio di sonde e «Verrò oggi, tornerò domani e resterò per sempre.»
verificate la presenza di esseri viventi senzienti e di «Antonio, basta con ‘ste minacce.»

SUSSURRI 41
Elvira sorrideva, l’anziano meno. C’era un accenno di Quando il saluto del sole si riflesse sulla superfice cri-
sorriso sdentato, ma la pelle era impegnata a raggrin- stallina del lago, l’Annichilatore si tolse anche il visore
zirsi ancora di più intorno agli occhi, per raccogliere e avanzò verso la coppia di anziani.
le lacrime. Un ramoscello spezzato a pochi passi dalle sedie ne
«Antonio…» tradì il passo felpato. La donna sobbalzò di nuovo e
Si staccarono dall’abbraccio soltanto quando le son- ruotò pericolosamente il collo.
de rientrarono nella struttura di confinamento. Poi i
due anziani si sedettero su due sedie azzurrognole da «E lui chi è? Antonio, è un tuo amico?»
pesca. Elvira poggiò la testa sulla spalla scheletrica di Senza voltarsi, il viaggiatore le pose una mano sulla
Antonio e insieme osservarono il lago. Quando presero coscia. «Sì, Elvira, tranquilla. È qui per me.»
a parlare dei ricordi, l’Annichilatore si stacco dal Gufo. L’anziano afferrò i braccioli e si sollevò con l’entusia-
smo con cui un bambino si alza dal divano per andare
«Trovato niente?» a letto.
«Nulla, signore. Nei dintorni non sembra esserci «Torno subito, Elvira. Tu continua a pensare a come
niente. Dalle tracce nel continuum, sembra che la si chiamava il nostro primo gatto. Com’è che era? Ar…
signora laggiù sia arrivata da poco alla baita e che si Ill…» Le accarezzò una spalla e si allontanò da lei,
sia spostata verso questa riva. Nessuna creatura sen- guardando fisso negli occhi l’Annichilatore.
ziente in grado di danneggiare il continuum risulta es-
sere presente.» L’uomo gli porse il bastone appena raccolto e il viag-
«Bene. Rientrate alla base allora.» giatore lo accettò volentieri.
«E del campo di confinamento? Della quarantena
dell’anziana? Dobbiamo ripulirla: è entrata in contatto «È già ora che me ne vada, vero?»
con un Viaggiatore.» «Lo è sempre stata, fin da quando ti sei zappato qui.»
«Credence, credo di sapere meglio di chiunque al- «Lo so, ma dovevo provarci comunque.»
tro quanto è richiesto. Mi occuperò io sia del recupero «Mi spiace, ma è la Legge. Non possiamo trasgredi-
che della soppressione. Potete andare. Avvisate l’Os- re alle regole, o gli universi collasserebbero.»
servatorio che tarderò un poco.» «Vi porterete via anche l’orologio, vero?»
«Come comanda, signore. A più tardi.» «Non è più un pendolo, Antonio. È una macchina del
«Sono già lì.» tempo, e come tale va recuperata.»
Lo zap durò 354 µs. La donna si mosse di nuovo. Si era sollevata a fatica
Anche se i suoi occhi non fossero già rientrati nel e si reggeva sui braccioli per non cadere.
Gufo, neppure lui se ne sarebbe accorto. «E voi chi siete?»
«È un amico, Elvira.»
*** «Amico di chi? Come conosci il mio nome?»
«Sono Antonio, cara.»
Li osservò parlare, guardarsi e accarezzarsi. Gli oc- «Antonio chi? Non conosco Antonio! Volete deru-
chi di Antonio guardavano tanto spesso il lago quanto barmi?»
la nuca spelacchiata di Elvira. La baciò con frequen- «Cara, dammi un attimo, va tutto bene.»
za, stringendola con la dolcezza con cui si raccoglie «Andate via dal mio terreno o chiamo… o chiamerò
un fiore a cui non sono rimasti che pochi petali. Lei qualcuno!»
parlava poco. Gli chiedeva chi fosse, se fosse Antonio,
se fosse davvero lui. Gli chiedeva anche dei figli, del L’Annichilatore fece per muovere un passo, ma il ba-
lavoro, dei problemi alla macchina, e tornava spesso stone dell’anziano lo fermò.
al passato con i ricordi.
Passò ore a osservarli chiacchierare e più di una volta «Ci scusi, signorina. L’Avevamo confusa con qual-
si sentì a disagio nel farlo, quasi gli stesse deruban- cun altro. Andiamo via subito…»
do di quel momento. Ogni tanto spegneva l’audio del L’anziano si girò quando le lacrime avevano già rag-
Gufo, ma non le immagini. Il fucile, invece, era già sta- giunto il mento. Elvira si sedette e tornò a fissare il
to riposto sulla schiena. lago. «Sarà meglio!»

42 SUSSURRI
dura di rientro.
***
«Non ha capito. La macchina è stabile: potrà con-
Una volta nel bosco, l’anziano strusciò gli occhi su tinuare a usarla e a rivivere questo momento tutte
un golfino scolorito e spezzò il pesante silenzio che le volte che vorrà. Ma deve farlo esattamente fino
si era creato. a quest’ora. Nessuno deve vederla. Se qualcuno la
«Dovevo vederla ancora una volta. Volevo tornare da vedesse, il continuum sarebbe minacciato, e noi do-
lei quando ancora era in grado di conoscermi. Questo vremmo procedere alla soppressione di tutti.»
è il suo ultimo giorno di lucidità. Non sa come è arri- «Potrò davvero tornare a vedere mia moglie ogni
vata qui, ma quando accadde la cercai per ore e ore. giorno? Non incrinerò il continuum?»
La cercammo tutti. Quando la ritrovarono non fu più in «No. La malattia di sua moglie funziona come un
grado di riconoscerci.» reset. Nessuno crederà alle parole di una malata di
Strusciò di nuovo l’avambraccio sugli occhi. Alzheimer.»
«Poche settimane dopo, Elvira ci ha lasciati. Ha la-
sciato me.» Si soffiò debole il naso. «Nessun marito La stessa rappresentazione 4D dell’Osservatorio pre-
dovrebbe sopravvivere alla propria moglie. Avremmo se vita dall’avambraccio. Il picco era sparito e le linee
dovuto restare sempre insieme… Sempre…» del continuum erano tornate a fluire morbide e stabili.
«Quante volte?» domandò l’Annichilatore. «Nel momento in cui sua moglie si è dimenticata
L’anziano strabuzzò gli occhi. «Che intende?» di averla vista, il continuum è tornato a stabilizzar-
«Quante volte avreste voluto effettuare il salto e si. Gestiremo i picchi di questa Terra come semplici
raggiungerla?» anomalie del flusso, ma non interferiranno.»
«Ah, quello dice? Beh, è facile… Avrei continuato L’anziano singhiozzò e le gambe gli cedettero.
a farlo fino a quando ce l’avrei fatta. Fino alla morte. L’Annichilatore lo aiutò a rialzarsi.
Voglio rivivere questa giornata per sempre. O, meglio, «Torni nel suo tempo. Domani potrà tornare qui, e
avrei voluto.» potrà farlo anche dopodomani, e così ancora.»

L’annichilatore si piegò a terra e iniziò a maneggiare L’anziano annuì e gli strinse la mano.
con il pendolo. Indossò Gufo, lo studiò e accese tutti i
dispositivi legati al continuum. Le mani si mossero fra i «Verrò oggi, tornerò domani e resterò per sempre.»
circuiti e i processori quantici della macchina del tempo.

«Che sta facendo al mio orologio?»


«Faccia silenzio, la prego.»
Fu perentorio e non diede alcun accenno a volersi
fermare. Le dita continuarono a maneggiare la mac-
china e piccoli robottini sbucati dalle tasche dell’uo-
mo si misero a modificare la struttura della stessa.
«Bene, ora è stabile.»
«In che senso?»
«Nel senso che non rischierà di esplodere.»
«Avrebbe potuto?»
«Eccome!»
«E ora?»
«Ora me ne vado, e non ci rivedremo più.»
«Mi ucciderà?»

L’Annichilatore osservò il cielo e sorrise. Anche i


suoi occhi erano lucidi. Riabbassò lo sguardo e attivò
lo schermo sul suo avambraccio, avviando la proce-

SUSSURRI 43
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impazziti e
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altre bizzarrie concetto sfuggente
plausibili per che chiamiamo tempo.
la Scienza,
perfette per
gli scrittori.
Un argomento difficile, di quelli che sembrano intu-
itivi da sempre. In realtà si è cominciato a compren-
dere a pieno da poco più di un secolo. Il tempo è una
grandezza strana, che si percepisce più con la mente
che con i sensi. Si conta quante volte la lancetta gira
DI MATTIA MANFREDONIA

46 SUSSURRI
prima che una mela cada al suolo e si dice che ci ha bile. Perché, se fosse dimostrabile, sarebbe scienza.
messo tot secondi. Tot giri sul quadrante, tot brevi Invece, ai fantasiosi tocca lo sforzo di rendere convin-
altri movimenti tra l’inizio e la fine del moto che sta- cente ciò che è indimostrabile. Come si può giocare
vamo osservando. Adesso la mela se ne sta a terra, con lo scorrere del tempo restando plausibili?
e tutti sarebbero d’accordo nel dire che sicuramente
non balzerà in su sino al suo ramo. Perché il tempo ha Concediamoci un’ovvietà: ciò che viene prima in-
un verso nella nostra testa, un verso dettato dall’espe- fluenza ciò che accadrà poi, e non viceversa. Causa-
rienza che condanna la causa ad anticipare l’effetto e lità, sarebbe il termine tecnico. È il motivo per cui ci
mai il contrario. Un principio elementare che orienta rendiamo conto, guardando un video, se questo è in
lo svolgersi di ogni esperienza verso il futuro, inelut- riproduzione rewind oppure no. Non tutto funziona
tabile attrattore di ogni vicenda dell’universo. Il luogo all’inverso, basta pensare a un vetro frantumato che
dove tutti i finali possibili attendono. Come può un si ricompone o una cascata che scivola sino alla foce.
narratore non rimanerne affascinato?
Immaginare una macchina che riavvolge il tempo
È il 1916 quando Einstein rivela al mondo che lo scor- può essere problematico. I paradossi sono in agguato
rere del tempo è un’esperienza soggettiva. Provare e la conservazione della massa non aiuta. Riavvolgete
per credere: saltate in astronave, viaggiate sino al vo- di pochi minuti e avrete due macchine del tempo: una
stro domani a poco meno della velocità della luce e ad venuta dal futuro e una a riposo. Allo stesso modo si
aspettarvi in spazioporto troverete tutti invecchiati sdoppieranno i crononauti. Un risvolto che può sug-
un bel po’. Paradosso dei Gemelli, dicono in giro. Di- gerire trame interessanti, ma la cui plausibilità è de-
latazione dei Tempi, preferiscono i fisici. È questio- stinata a crollare.
ne di gusti, o di pubblico, se preferite. Mica si limita
a questo gioco di prestigio, la Relatività! Distanza e L’introduzione di linee temporali alternative e pa-
durata diventando i due ingredienti indissolubili dello rallele permette di aggirare il grosso del problema. In
spazio-tempo in cui siamo immersi. Una roba che non questo modo, il tempo, per i crononauti, continua a
solo ha quattro dimensioni, ma si deforma, si piega scorrere sempre in avanti, soltanto che nel loro futuro
e si intreccia per capriccio della gravità stessa assu- si imbattono in una “copia” del passato. Le loro azio-
mendo le forme più improbabili. ni modificheranno il futuro della linea di arrivo senza
influenzare quello della linea di partenza. Potrebbero
È la svolta! Per le immaginazioni più fervide, quel ancora imbattersi nei loro doppi, ma si tratterebbe di
nulla che era il cosmo comincia a deformarsi e a po- individui indipendenti che vivranno una vita alternati-
polarsi di misteri. Un terreno fertile per la fantascien- va e slegata dalle vicende che i viaggiatori vivrebbero
za, impaziente di esplorare lo spazio e viaggiare al di una volta tornati nel loro tempo.
là del tempo. Di giocare con le stranezze della geome-
tria, come già aveva tentato Abbott a fine Ottocento, Disgraziatamente, è proprio nel ritorno che sta il
ma supportati da una consapevolezza scientifica. Ci problema. I protagonisti sono obbligati a far ritorno
tenterà Lovecraft, con la sua R’lyeh e il suo Altopiano nella loro linea temporale esattamente nel luogo e nel
di Leng, a descrivere mondi dove il tempo si immerge momento da cui erano partiti, oppure hanno più liber-
nella percezione delle forme. tà? Basta concedere che si possa tornare nello stesso
istante ma non nello stesso luogo e la macchina del
Il viaggio nel tempo, chimera impossibile della fisi- tempo diventerebbe (per chi vive nella linea tempo-
ca, non può mancare. Lo scienziato è bene che si li- rale principale) una macchina del teletrasporto. Una
miti ad una cauta e diffidente riflessione. Lo scrittore possibilità interessante, ma che apre la strada a nuovi
può osare di più. Perché non rottamare la ferraglia a paradossi da gestire.
cristalli di Wells in favore di un dispositivo nuovo e più
plausibile? E poi, chi lo ha detto che per viaggiare nel tempo c’è
bisogno di una macchina? Perfino la teoria di Einstein
Plausibile. Una parola pericolosa come un’arma. Ter- non esclude la possibilità di ottenere scorciatoie tra
ribile nel suo sembrare assoluta pur restando opina- regioni distanti dello spazio-tempo, pur limitandone

SUSSURRI 47
drasticamente la realizzabilità. Una delusione scien-
tifica che l’entusiasmo dei fantasiosi non vede l’ora
di colmare. I wormholes sono delle vere popstar che
spopolano nelle storie apparendo nelle forme più di-
verse: da quelli fisicamente affidabili di Interstellar
sino a quelli del tutto fuori controllo della sparaporte
di Rick Sanchez.

Scaraventare i protagonisti a zonzo nello spazio e


nel tempo attraverso i portali è sicuramente diverten-
te. Sbirciando sotto il tappeto, resta il problema della
realizzabilità: c’è da chiedersi come sia possibile apri-
re un varco nello spazio-tempo e a quali regole que-
sto procedimento debba sottostare. Se proprio non
si sopportano i tecnicismi scientifici, si può sempre
pensare di includere il tutto nel sistema magico. È nei
viaggi temporali che il confine tra sci-fi e fantasy si
assottiglia, certe volte sino a svanire in un ciondolo a
forma di clessidra o nell’incantesimo di qualche mago
supremo.

In effetti, quando raccontando si impastano le mani


nello spazio e nel tempo, la sfida più grande non sta
nel metodo o nella sua attendibilità. Quella è andata
nel momento stesso in cui si mette piede nel passa-
to. Ciò che cerchiamo tra le parole è la possibilità di
illuderci fino all’ultima sillaba che quell’evento impos-
sibile stia succedendo davvero. Coerente con la storia
in cui è immerso, indimenticabile perché mai sarebbe
potuto accadere.

Mattia Manfredonia nasce a Vico Equense nel 1991.


Ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Fisica
Teorica, contribuendo a pubblicazioni scientifiche
sulla teoria dei wormholes e sulla struttura dello
spazio-tempo quantico. Coltiva da sempre la pas-
sione per la narrativa e l’illustrazione. Nonostante
sia cresciuto affacciandosi su spiagge soleggiate,
da anni immagina la tetra e piovosa regione di Ve-
spria, dove grotteschi esseri si aggirano tra le fo-
reste e le luci spettrali dei Sabba rivelano i traffici
occulti delle streghe. Nel 2022 ha pubblicato Le
notti di Cliffmouth: luci verdi dall’inferno.

48 SUSSURRI
SUSSURRI 49
Consigli
di tastiera
Le formule magiche
per imparare a scrivere
meglio

50 SUSSURRI
Passato o niamo ormai conclusi e non in continuo svolgimen-

presente: il to. Nonostante ciò, specialmente nell’ultimo secolo,


sono emersi molti romanzi scritti al tempo presen-
te. Questa tendenza, dettata molto probabilmente

tempo della dall’influenza di altri media ben più diretti e dal ritmo
più incalzante dei romanzi, come per esempio la te-
levisione, è un fenomeno che non va assolutamente

scrittura come sottovalutato, in quanto la narrazione al tempo pre-


sente dà origine a una serie di possibilità creative

approccio alla
degne di nota.

Per esempio, scrivere al presente ha un grande van-

narrativa
taggio rispetto al passato: per citare Donna Levin in
Scrivere un romanzo: «Leggere un romanzo scritto in
tempo passato è come ascoltare una storia piuttosto
che viverla». Il tempo presente permette, secondo la
GIULIA PADOVAN nota esperta di scrittura, di simulare l’esperienza re-
ale, sviluppando l’azione davanti agli occhi del lettore
e permettendo così un’immersione profonda nelle di-
Un lato tanto inaspettato quanto entusiasmante del namiche raccontate.
far parte di una casa editrice è rappresentato dal- Detta così, non dovrebbe sussistere alcun dubbio cir-
le numerosissime domande sulla scrittura creativa ca quale tempo usare per la narrazione del proprio ro-
che riceviamo ogni giorno da molti autori. Attraverso manzo, tuttavia non bisogna scendere a conclusioni
mail, messaggi e commenti, sono davvero innume- affrettate, in quanto il tempo presente può rivelarsi
revoli i dubbi che ci vengono presentati quotidiana- un’arma a doppio taglio per gli scrittori incauti.
mente: c’è chi ci chiede consigli sulle descrizioni di
paesaggi, chi vuole sapere come scrivere dialoghi Come abbiamo detto poco fa, il tempo presente è sì
efficaci, altri ancora si domandano come realizzare uno strumento che permette al lettore di immerger-
sistemi magici complessi. Di recente, però, abbiamo si totalmente nella storia del romanzo, di viverla, di
ricevuto numerose domande simili a questa: «Ma sentirla più sua, ma questo tempo risulta anche mol-
quale tempo dovrei usare per il mio romanzo?». to meno versatile del più tradizionale passato.

Ci dispiace darvi questa risposta, ma la verità è che… Scrivere al passato permette infatti di gestire meglio
non c’è una risposta. Quantomeno, non esiste una l’intreccio e l’ordine cronologico degli eventi, grazie
soluzione universale. La scelta del tempo in cui nar- alle sue numerose forme verbali, ognuna in grado
rare la propria storia non solo è molto soggettiva, ma di generare un effetto specifico. L’uso del passato
dipende anche da un grande numero di fattori, primo remoto è consigliabile per mostrare gli eventi della
fra tutti l’esperienza e la capacità dell’autore stesso. storia e farli percepire come compiuti; l’imperfetto,
Ogni tempo verbale, infatti, presenta le proprie pe- invece, è il tempo ideale per raccontare un evento,
culiarità, intese sia in senso positivo (opportunità) facendo percepire la sua evoluzione nel corso della
che in senso negativo (limitazioni) e sta all’autore ca- storia; il passato prossimo, dal canto suo, è ideale
pire quale tempo faccia al caso della sua storia. da utilizzare all’interno dei dialoghi, dato che rende
molto più naturali le battute; il trapassato, infine,
Tradizionalmente, i romanzi sono scritti per la gran- può essere utilizzato per evidenziare dei flashback e
dissima maggioranza al tempo passato, che può giocare quindi con la cronologia dei fatti raccontati
essere definito quasi il tempo della narrazione per in un modo che, seppur possibile, è ben più comples-
antonomasia. D’altronde, quando raccontiamo una so da realizzare narrando al tempo presente.
storia, generalmente si tratta di fatti che noi rite-

SUSSURRI 51
Inoltre, il tempo passato possiede un’autorevolez- un altro, così come ci sono autori la cui creatività
za morale e intellettuale di cui il tempo presente è e capacità tecnica permettono di superare, talvolta
carente. Riflettendoci, raccontare una storia posi- con espedienti davvero originali, qualsiasi limite e
zionando i fatti nel passato fa intuire che gli eventi problema.
in questione si siano conclusi e sia quindi possibile
effettuare delle riflessioni a riguardo. Il narratore ha
tecnicamente avuto modo di selezionare quali ele-
menti nominare, ma anche le modalità che ritiene
più opportune per farlo. La narrazione viene così
percepita dal lettore dotata di un approfondimento
morale aggiuntivo e la storia viene avvertita come
approfondita su più livelli. Questo non vuol dire as-
solutamente che una storia raccontata al presente
pecchi necessariamente di superficialità, ma per ri-
uscire a superare questo ostacolo sono necessarie
molte competenze e stratagemmi creativi.

Anche la tipologia di storia raccontata influisce no-


tevolmente sulla scelta del tempo. Il presente, per
esempio, si adatta perfettamente ai romanzi intro-
spettivi, che si focalizzano e approfondiscono le re-
lazioni e i sentimenti umani. Solitamente questi libri
sono di più breve respiro e presentano un gruppo di
personaggi ristretto, proprio per poter lavorare in
profondità su di loro. Un altro tipo di romanzi che
si prestano perfettamente e, anzi, traggono note-
voli benefici dal tempo presente, sono quelli ricchi
di azione, fondati sull’immediatezza e la suspence.
Ne sono un perfetto esempio i romanzi thriller, di
guerra, insomma, tutte le storie in cui gli eventi si
sviluppano rapidamente e che mirano non tanto ad
affascinare il lettore, quanto a tenerlo incollato alle
pagine.

Il tempo passato, dal canto suo, è ideale per tutti i


romanzi carichi di descrizioni, generalmente di più
ampio respiro e con un cast di personaggi più am-
pio. Ovviamente, narrare azione e mantenere la su-
spence è possibile anche attraverso questo tempo:
come spiegato prima nel caso del tempo presente,
per ovviare alle limitazioni del passato sono neces-
Giulia Padovan divoratrice di libri, soprattutto fan-
sarie creatività ed esperienza, due caratteristiche
tasy, meme maker a tempo perso, gran maestra di
che, indiscutibilmente, dovrebbero possedere tutti Canva ed elemento essenziale di Lumien. Giulia,
gli scrittori. oltre ad occuparsi dei social e degli aspetti più cre-
ativi, riveste il ruolo di lettrice editoriale. Si occu-
pa, inoltre, di foreign rights. Di notte sogna di poter
In conclusione, non ci sentiamo di dire che esiste un accedere al Mare senza stelle, di giorno di solcare i
tempo migliore di un altro, ma siamo invece dell’idea mari con l’unico vero capitano, Inej Ghafa. Quindi sì,
che esistano storie che si esprimono al meglio at- non c’è mai davvero con la testa.
traverso un tempo verbale specifico piuttosto che

52 SUSSURRI
FRANCESCO SALVATORE DI SANTO
possano essere in grado di evocare il tema dell’ope-

Le matite ra in maniera efficace, e successivamente definisco


quali tra questi potrebbero risultare i migliori da un
punto di vista visivo e compositivo; nella copertina

dietro Lumien ad esempio gli elementi indicativi del tema sono il


quadrante di orologio sullo sfondo e le maschere che
indossa la figura centrale, simbolicamente rappre-
sentanti le tappe della vita. Una volta definiti que-
sti elementi, inizia lo studio prettamente stilistico e
compositivo: per farlo sfoglio su internet moltissime
immagini e ne selezione un gruppo che andrà a rap-
presentare le mie references, non solo per le pose
o i dettagli, ma anche per la struttura compositiva
e la palette di colori. Infine passo alla parte pratica
del processo creativo: la realizzazione delle prime
bozze, la line art, la colorazione, i ritocchi e l’impa-
ginazione

I tuoi lavori presentano tantissime creature fan-


tastiche. Ci racconti il tuo rapporto con la fantasia?

Indubbiamente sono consapevole del fatto che le


mie opere siano enormemente influenzate da ele-
menti appartenenti al mondo del fantasy e del fanta-
Caro Francesco (@fradis_art), tutto quello che scientifico. Questo perchè da sempre sono un gran-
sappiamo di te è che realizzi splendide illustrazio- de appassionato di questi temi, che ho approfondito
ni. Hai voglia di raccontarci qualcosa in più su chi in praticamente tutti i settori in cui vengono tenden-
sei e cosa fai? zialmente trattati: dalla letteratura, ai film, alle serie
tv, fino ai videogiochi.
Sono un ragazzo di 32 anni originario di Cuneo, dove
attualmente vivo. La mia principale professione è Ultima domanda, ma non meno importante: di-
quella di Medico, nello specifico ho concluso il ciclo cendoti “tempo”, il tema di questo mese, cosa ti
di studi di formazione specifica in medicina generale viene in mente? Qual è stata l’ispirazione dietro la
e in medicina estetica, ma a breve inizierò i corsi per copertina di questo numero?
una nuova specializzazione. Per quanto dedichi mol-
tissimo del mio tempo alla medicina, sogno un domani Il tempo è un concetto estremamente importante
di riuscire a trasformare la mia passione per il disegno per me, forse perchè i miei studi hanno occupato
da un hobby a una vera professione. moltissimo spazio nella mia vita, e con il passare
degli anni viene naturale interrogarsi su quale sia il
Parliamo ora della copertina. Ci racconti come modo migliore di impiegare il tempo a nostra dispo-
funziona il processo creativo e come questo ti ha sizione. Ecco perchè ho deciso di rappresentare la
portato a dare vita a questa magnifica illustrazione? terza tappa della vita come “la morte” (la maschera
del teschio), associazione che può sembrare appa-
Normalmente cerco di individuare prima di tutto un rentemente antitetica: lo scopo è quello di creare
tema centrale, che può essere una singola parola o una monito, una sorta di “memento mori”, da non
un concetto, e che tendenzialmente enfatizzo nel intendere però come un macabro presagio, quanto
titolo dell’opera; in questo caso specifico l’elemento piuttosto come uno sprone a ricordarci che il tempo
centrale è “il tempo”. A questo punto provo a creare a nostra disposizione è un tesoro di inestimabile va-
una lista di elementi che, figurativamente parlando, lore che non deve essere sprecato.

SUSSURRI 53
54 SUSSURRI
Fantaroscopo
Elfo
21 marzo - 19 aprile
Nel prossimo periodo sarete avvolti
da un magnetismo irresistibile che
attirerà potenziali partner come fa-
lene attratte dalla luce delle stelle.
Vivrete incontri carichi di emozio-
ni, ma mantenete i piedi per terra: Drago
cercate una connessione profonda 20 aprile - 20 maggio
con chi vi ama veramente, qualcu-
no che comprenda la vostra natura Questo mese vi chiediamo di essere
libera e sognatrice. pazienti e di avere fiducia nel vostro
potenziale illimitato. La vostra na-
tura maestosa vi renderà una guida
per voi stessi e per gli altri. Mante-
nete la calma anche nei momenti
di sfida e vedrete che i vostri sforzi
saranno ricompensati.

Mutaforma
21 maggio - 20 giugno
La vostra innata intuizione e la
capacità di connettervi con gli altri
vi porteranno grandi opportunità
nel lavoro. La vostra creatività sarà
apprezzata e nuove idee vi aiute-
ranno a distinguervi. Tuttavia, non
dimenticatevi di mettere ordine
Golem
nella vostra vita professionale: la 21 giugno - 22 luglio
concentrazione e la disciplina vi
La vostra lealtà e il vostro coraggio vi
permetteranno di ottenere suc-
renderanno una figura di riferimento
cessi duraturi.
per la vostra famiglia e i vostri amici,
ma non solo: nei prossimi mesi potre-
ste stringere nuove amicizie con per-
sone che condividono il vostro spirito
guerriero e i vostri ideali. Mantenete
stretti i legami con le persone che vi
stanno a cuore, poiché il loro soste-
gno vi darà la forza di superare ogni
avversità.

SUSSURRI 55
Fenice
23 luglio - 23 agosto
Quest’anno, potreste essere coin-
volti in nuove sfide, ma non temete
di affrontarle con audacia: la vostra
determinazione vi porterà a superare
ogni ostacolo. La tenacia e il corag-
gio vi aiuteranno a raggiungere vette Robot
straordinarie nel lavoro e la vostra 24 agosto - 22 settembre
creatività sarà una fonte di ispirazio-
ne per voi e per gli altri. I vostri ingranaggi richiedono un’at-
tenta manutenzione: praticate atti-
vità fisiche che vi aiutino a scaricare
lo stress e l’ansia, prestate atten-
zione alla vostra dieta e cercate di
seguire uno stile di vita sano. Man-
tenete il vostro equilibrio interiore
attraverso la meditazione e la pra-
tica di attività che nutrono la vostra
mente.

Cyborg
23 settembre - 22 ottobre
Le stelle vi incoraggiano a perse-
guire i vostri sogni più arditi. Seb-
bene possano sembrare lontani o
irraggiungibili, l’impegno e la per-
severanza vi porteranno alla loro
realizzazione. Concentratevi sulle Ent
vostre passioni, seguite il vostro
23 ottobre - 21 novembre
cuore e mantenete sempre viva la
vostra connessione con la natura, Il vostro legame con la natura gio-
poiché sarà una fonte inesauribile cherà un ruolo cruciale per il vostro
di ispirazione. benessere. Trascorrete del tempo
all’aria aperta, immergendovi nella
bellezza degli alberi e dei fiori. La
meditazione e lo yoga vi aiuteran-
no a mantenere l’equilibrio mentale
ed emotivo. Prestate attenzione ai
vostri ritmi circadiani e cercate di
seguire uno stile di vita sano.

56 SUSSURRI
Centauro
22 novembre - 21 dicembre
La vostra determinazione vi por-
terà a raggiungere vette straordi-
narie nel lavoro. La vostra intra-
prendenza vi farà emergere come
un leader naturale e la vostra ambi-
zione vi spingerà verso il successo. Vulcaniano
Quest’anno, potreste affrontare sfi- 22 dicembre - 19 gennaio
de impegnative, ma la vostra innata
energia vi darà la forza di superarle. Le vostre ambizioni sono grandi
come le astronavi che vi portano
nel cielo. Siate coraggiosi nel per-
seguire i vostri sogni e non permet-
tete a dubbi o paure di rallentare la
vostra avanzata. Ascoltate il richia-
mo del vostro cuore e agite con in-
trepidezza. Lasciate che la vostra
saggezza interiore vi guidi verso la
realizzazione dei vostri obiettivi più
audaci.

Alieno
20 gennaio - 19 febbraio
Quest’anno, l’amore sarà un cam-
po di battaglia entusiasmante. La
vostra passione ardente attirerà
ammiratori da ogni parte, ma sarà
necessario scegliere con saggez-
za. Cercate un partner che possa
affrontare la vostra forza e la vostra
Sirena
indipendenza, qualcuno che vi com- 20 febbraio - 20 marzo
pleti e vi accompagni nella vostra
Custodi delle onde e delle emozio-
avventura.
ni, lasciatevi trasportare dai flutti
delle vostre emozioni. Siate pa-
zienti con voi stesse e con gli altri,
e abbracciate la bellezza delle sfu-
mature della vita. Seguite la vostra
intuizione, poiché è la vostra guida
più sicura nelle profondità dell’oce-
ano dell’esistenza.

SUSSURRI 57
Perché acquistare dal sito
I libri, oggi, possono essere acquistati ovunque, e così lo
sono i nostri, che troverete nelle librerie, sugli store onli-
ne, su Amazon, e, ovviamente, in tutti i formati possibili.
C’è, però, uno posto speciale dove potrete acquistare i
nostri libri: il sito di Lumien.

Ma perché acquistare proprio dal nostro e-commerce?

58 SUSSURRI
01 02
Per averli prima, Per la cura
e averli a meno del packaging
Su Lumien.it tutti i libri saranno acquistabili in preor- Per essere degli editori bisogna innanzitutto amare
der e questo vi permetterà di averli prima di tutti. Ma profondamente i libri e noi, questo amore, lo dimo-
non solo. I libri saranno sempre, costantemente, in striamo anche nella cura delle confezioni che con-
sconto del 5%: solo e soltanto sul nostro sito! Oltre tengono i nostri libri. Ci teniamo che i volumi arrivino
ai romanzi singoli in offerta, avrete modo di acqui- a casa vostra in perfette condizioni, senza il minimo
stare kit e box speciali all’interno delle quali inserire- difetto. Sappiamo quanto sia spiacevole ricevere libri
mo tanti gadget esclusivi! con le copertine rovinate e faremo di tutto per evitar-
E le spedizioni saranno sempre gratuite sopra i 20€. lo! Insieme ai libri troverete sempre qualche gadget,
come i nostri segnalibri personalizzati oppure le map-
pe dei mondi fantastici dove vi accompagneremo!

03 04
Per partecipare Per sostenere la
al gioco di ruolo nostra casa editrice
Gli acquisti cartacei effettuati all’intero del nostro Il mercato editoriale non è semplice e le difficoltà
sito sono validi per il nostro gioco di ruolo, un’espe- maggiori le hanno proprio le realtà più piccole ed
rienza che vi permetterà di acquisire punti e otte- emergenti. Uno dei tanti modi che i lettori hanno
nere un incredibile regalo insieme al vostro decimo per credere in una nuova casa editrice e aiutarla a
ordine. Venite a scoprire il nostro gioco di ruolo e sfi- emergere e a portare tante storie di valore è proprio
datevi fra lettori. Chi di voi avrà ottenuto più punti? quello di acquistare direttamente dal loro sito. Se
Scaricate la vostra scheda del giocatore e iniziate a credete e apprezzate quanto cerchiamo di fare per
segnarli seguendo il regolamento. Non vediamo l’ora il mercato del fantastico italiano, questo è un modo
di vedere quanti riusciranno a completarla! bellissimo per sostenere noi e i nostri autori!

www.lumien.it SUSSURRI 59
Perché un
magazine?

Lumien nasce da un concetto tanto semplice


quanto ambizioso, ovvero rivoluzionare il mercato
editoriale italiano. Abbiamo creato questa casa edi-
trice per supportare in modo etico i tanti scrittori
emergenti che faticano a trovare il proprio spazio in
questo mondo. In quest’ottica abbiamo individuato
una serie di strumenti che potessero essere utili a
tutti, non soltanto agli autori Lumien.

Sussurri nasce come alleato di tutti gli scrittori di


fantastico italiani. Per noi non fa alcuna differenza
che abbiate auto pubblicato o che abbiate sotto-
scritto contratti con case editrici differenti. Credia-
mo che per valorizzare questo genere, tanto bistrat-
to dall’editoria odierna, sia necessario fare squadra,
Tutto ciò che
allearsi e supportarsi a vicenda. Se un autore fan-
tastico di un’altra CE riesce ad ottenere il successo
dovete fare è
che merita, noi ne siamo entusiasti.
divertirvi
Ecco perché una rivista, per offrire agli scrittori un
modo per farsi conoscere, per raccontare la propria
arte, mettersi in gioco e promuovere i propri libri e le
proprie saghe. Se con le pagine di Sussurri avremo
aiutato un autore a vendere anche solo una copia in
più del proprio romanzo, tutto il nostro impegno sarà
ripagato.

Sussurri è Vostro. Sussurri è dei tanti scrittori che


ci credono davvero e degli ancora più numerosi let-
tori. Questa rivoluzione non può essere fatta senza
di voi.

Noi ci crediamo, e speriamo decidiate di farlo con noi.

60 SUSSURRI
Cosa c’è di diverso
in Lumien?

01 02 03
Il Cuore La Spada La Luna
Lumien esiste per una ragione: Per raggiungere i nostri obiettivi, Per quanto le nostre gambe siano
per fare del bene. Tutto quello che sappiamo che le parole non basta- piantate a terra, il nostro sguardo è
vogliamo è la felicità degli scritto- no. Per questo abbiamo estratto la sempre rivolto alla luna, alle stelle.
ri emergenti, è creare un mondo spada, l’arco e il grimorio. Abbiamo Guardiamo verso l’alto perché è lì
adatto a loro e far sì che quanti più un arsenale pieno di strumenti che che vogliamo arrivare, e vogliamo
lettori al mondo possano godere la metteremo a disposizione dei no- farlo insieme a tutti gli scrittori che
lettura dei loro libri e l’immersione stri autori, per aiutarli a vendere decideranno di affidarsi a noi.
nei mondi che creeranno. più di quanto mai potrebbero spe-
rare. Il piano di conquista di Lumien
Vogliamo avere un impatto posi- è stato dettagliatamente definito.
tivo sulla società e provare a risol- Le competenze e la tecnica dei Sappiamo dove vogliamo arrivare,
vere le problematiche che afflig- cavalieri Lumien sarà offerta agli ed è una meta per la quale non ba-
gono il settore dell’editoria. Ogni scrittori per riuscire a far sì che sterebbero mille astronavi. Solo le
nostra parola sarà frutto dell’empa- il loro libro raggiunga tutte le li- vostre storie potranno condurci lì.
tia che ci muove: sappiamo di cosa brerie. Non solo parole, ma fatti e Dovete soltanto rivolgere il vostro
hanno bisogno gli autori e vogliamo professionisti che inventeranno le sguardo in alto, e crederci.
riuscire a darglielo! strategie più efficaci per aiutarvi.

SUSSURRI 61
Cerchiamo Scrittori
italiani di Fantasy e
Fantascienza.

Hai un libro da
troppo tempo nel
cassetto?

Inviacelo!

62 SUSSURRI
Dove possiamo incontrarci?
Lumien è ovunque. Stiamo conquistando tutti i social network,
e presto passeremo al mondo intero.
Intanto potete leggerci e ascoltarci su
Facebook, Instagram, Spotify, LinkedIn,Telegram e TikTok.
Vi aspettiamo lì per tanti approfondimenti utili!

PROSSIMO
TEMA:
LEGAMI
IL TERMINE MASSIMO PER
LA CONSEGNA DEI RACCONTI
È IL 29 SETTEMBRE

DETTAGLI MAGAZINE

Sussurri di Alvise Canal e Giulia Padovan Ringraziamo


Impaginazione e creatività: Ocalab Universo Fantasy per
Fantaroscopo: Alessia Arena, @sajrafox l’amicizia e l’alleanza.

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www.lumien.it

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