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SCATTARE

A TEMPO
Scattare a tempo
Le velocità di posa seguono una progressione
fissa concepita per consentire il passaggio di una
quantità doppia di luce ogni volta che si raddoppia il
tempo oppure metà della luce quando lo si dimezza.
I valori che troverete nella totalità delle fotocamere in
circolazione e che sono comunque i più usati, vanno
da 1/250 di secondo a 1/15 di secondo.
Tuttavia, per bloccare alcune azioni particolarmente
rapide, è necessario spingersi fino al millesimo di
secondo e oltre; mentre nelle foto notturne può capitare
di fissare la posa per diversi secondi.
La progressione completa dei tempi di posa disponibile
sulle macchine di fascia medio-alta è la
seguente: 1/4000, 1/2000, 1/1000, 1/500, 1/250,
1/125, 1/60, 1/30, 1/15, 1/8, 1/4, 1/2,1
secondo, 2, 4 e 8 secondi.
A ciascun salto verso destra, la quantità di
luce raddoppia, viceversa se ci muoviamo nell'altro
senso.
Poiché è difficile visualizzare le frazioni sul minuscolo
display delle fotocamere, la macchina si riporta
solamente il denominatore, vale a dire 8 per indicare 1/8
di secondo e 60 per indicare 1/60 di secondo.
Dunque fate attenzione! Il valore 60 indica un tempo che
è la metà di 30, non il doppio come verrebbe spontaneo
pensare. Per complicare ancora di più le cose, quando si
arriva alle pose lunghe, misurate in secondi, si usano gli
stessi numeri delle frazioni, con l'aggiunta del simbolo di
secondo. Perciò se vedete "2" significa che l'otturatore
resterà aperto per mezzo secondo se invece vedete 2"
significa che resterà aperto per 2 secondi (quattro volte
più a lungo).
A questo punto qualcuno si sarà già arreso chiedendosi
per quale motivo dovrebbe sforzarsi di capire queste
astrusità. Eppure il controllo dei tempi è uno
degli strumenti creativi principali per ottenere una
foto a effetto.
Innanzi tutto viene la regola di usare un tempo
abbastanza breve da compensare l'eventuale movimento
della vostra mano. Spesso, soprattutto nelle giornate
nuvolose, vi capiterà di ottenere fotografie che sembrano
sfocate e non riuscirete a capirne il motivo, visto che la
messa a fuoco automatica della macchina è quasi sempre
corretta. In realtà, i contorni indistinti dell'immagine che
avete fotografato derivano dal fatto che, benché la
teniate saldamente in pugno, la fotocamera tende
sempre a muoversi e, scattando con un tempo superiore
lungo a 1/60 di secondo (vale a dire 1/30 o 1/15) esiste
la possibilità di vedere un'immagine mossa.
Il problema si complica, poi, se state utilizzando una
macchina con obiettivo zoom.

Infatti la regola vuole che il tempo di posa sia


equivalente, come denominatore della frazione, alla
lunghezza focale dell'obiettivo usato per la foto.
Spiegheremo meglio il concetto di lunghezza focale in
una prossima puntata, ma nel frattempo vi basti sapere
che uno zoom 3x del tipo convenzionalmente montato su
una fotocamera digitale ha una lunghezza focale che
varia da 40 a 110 mm, o qualcosa di simile. Perciò il
tempo di posa dovrà essere rispettivamente 1/60 e /125
a seconda che stiate usando la focale corta oppure
l'obiettivo esteso per intero.
Nelle giornate nuvolose sarà difficile raggiungere 1/125
di secondo, salvo utilizzare il flash, che tuttavia è
inefficace per fotografare soggetti in rapido movimento e
che si trovino a più di due o tre metri.
Oggetti in movimento
Un sessantesimo
Abbiamo fotografato alcuni treni con
diversi tempi di esposizione. A 1/60
di secondo vediamo che il treno
lascia una "scia" nel suo passaggio.

Oggetti in movimento
Un duecentocinquantesimo
Riducendo il tempo a 1/250 di
secondo, l'immagine è già più
definita, ma non ancora immobile.

Ingrandisci

Oggetti in movimento
Un millesimo
A 1/1000 di secondo arriviamo
finalmente a congelare l'immagine.

La soluzione è perciò duplice: se la luce è sufficiente per


scattare a 1/60 con una focale da 110 o a 1/30 con una
focale da 40, e dovete fotografare persone che
camminano oppure che parlano, limitatevi ad appoggiare
la schiena o la spalla a un oggetto fisso e tenete la
fotocamera appoggiata al viso, usando il mirino. In tal
modo ridurrete i movimenti quel tanto che basta per
impedire che l'immagine sia mossa, senza dover
ricorrere a un treppiede.
In alternativa potete anche appoggiare la fotocamera sul
tetto di una macchina, su una sedia, su un muretto o su
qualsiasi altro supposrto disponibile e utilizzare
l'autoscatto.
Se invece volete bloccare movimenti rapidi, come un
veicolo che passa oppure un animale che corre, potrete
usare 1/250 se l'oggetto in movimento viene verso di voi
oppure 1/500, 1/1000 e oltre se il movimento
dell'oggetto è diagonale o addirittura perpendicolare
rispetto al vostro angolo di visione.
Ma come fare a forzare la fotocamera a ridurre il tempo
di posa al di sotto di ciò che essa considera il minimo
valore accettabile?
Bisogna agire sulla sensibilità del sensore, misurata
in ISO. Il risultato è identico a ciò che si ottiene
cambiando pellicola e passando dalla classica 100 ISO,
usata per le foto di tutti i giorni, a una di sensibilità
maggiore: 200, 400 oppure 800 ISO. Nelle fotocamere
digitali non è necessario cambiare pellicola, ma è
sufficiente comandare un aumento di sensibilità, qualora
la fotocamera non l'abbia già aumentata in automatico.
Otterrete tempi più brevi, al prezzo di immagini più
"sgranate", vale a dire con maggiori imperfezioni visibili,
come del resto accade anche nelle pellicole.
Provate a giocare con i tempi e scoprite gli effetti che la
vostra fotocamera vi permette di ottenere.
Quando regolate il tempo di posa a mano, può capitare il
valore scelto lampeggi nel momento in cui premete il
tasto di scatto per metà: significa che si tratta di un
tempo troppo breve o troppo lungo, a seconda dei casi, e
che va modificato.
Con un po' di pratica scoprirete i valori giusti e troverete
la vostra vena creativa per una fotografia d'impatto.

Tempi di scatto lunghi e


sensibilità bassa
Qui vediamo il classico
esempio di un goccia che
cade, fotografata con un
tempo lento: 1/4 di secondo
e sensibilità ISO 100 (la
fotocamera era su un
treppiede). Notate che
l'immagine è nitida e si nota
il rivolo d'acqua che scorre.

Tempi di scatto brevi e


sensibilità alta
Abbiamo ridotto il tempo di
scatto a 1/60 aumentando
la sensibilità a 800 ISO. Così
facendo abbiamo isolato la
singola goccia che cade, ma
l'immagine è più sgranata a
seguito del "rumore"
elettronico introdotto dal
sensore quando lavora alla
massima amplificazione.
Selezionare i tempi di scatto
Il tempo di posa, quasi sempre scelto automaticamente
dalla fotocamera, regola la quantità di luce che
raggiunge il sensore e fa in modo che fotografia sia della
luminosità giusta per avere un aspetto naturale.
La variazione del tempo in aumento o in diminuzione,
produce rispettivamente un'immagine più chiara o più
scura.
Esistono tuttavia situazioni in cui è necessario forzare un
tempo particolare per ottenere un effetto creativo.
Vediamo i principali tempi da conoscere e quando usarli.

Un tempo di 1/60 o inferiore è necessario per


garantire che le foto non appaiano "mosse". Nel
premere il pulsante di scatto, la nostra mano imprime
alla fotocamera un movimento che viene registrato
nella fotografia, qualora lo scatto non sia abbastanza
breve.
Chi usa uno zoom dovrà tenere un tempo ancora più
breve. Ad esempio, con uno zoom da 110 mm
equivalenti si deve impostare un tempo di 1/125 di
secondo.
Nel caso in cui la luce non fosse sufficiente per
scattare con questi tempio, sarà necessario utilizzare
un treppiede o qualche altro supporto.

Per catturare persone che parlano e camminano è


sufficiente 1/60.

Per bloccare un ciclista, un animale che corre o che


salta oppure una persona che corre ci vuole 1/125
oppure 1/250 di secondo.
Automobili, treni e altri mezzi che viaggiano veloce
vanno fotografati da 1/500 in avanti (fino a 1/4000
oppure 1/8000 a seconda delle capacità della
fotocamera).
La velocità di posa in questo caso aumenta in
relazione all'angolo con cui il veicolo si muove rispetto
alla nostra inquadratura.
Un oggetto che si muova parallelamente al nostro
angolo di visione, avvicinandosi oppure allontanandosi,
richiede un tempo molto maggiore rispetto a un
oggetto che si muova perpendicolarmente rispetto al
nostro angolo di visione.
Anche la nostra distanza dall'oggetto influenza le
tempistiche. Un oggetto che sia molto vicino e che ci
sfrecci davanti in senso perpendicolare, come un auto
da corsa sulla pista, è il più difficile da fotografare.
Scrivere con la luce
Fotografia significa "scrivere con la luce" e, dopo aver
esaminato nella scorsa lezione le tecniche per trovare il
giusto tempo di scatto e la giusta risoluzione
dell'immagine, completiamo il nostro esame delle
tecniche di esposizione, ossia dei sistemi per portare sul
sensore la corretta quantità di luce per riprodurre
un'immagine fedele di quel che abbiamo di fronte a noi.
L'esposizione è sempre il frutto di due elementi che si
combinano nel momento in cui si scatta la foto: il tempo
di posa, che influisce sulla quantità di luce che colpisce
la pellicola, e l'intensità della lucestessa.
Il tempo, abbiamo visto, viene governato in automatico
oppure in manuale agendo su un particolare dispositivo
della fotocamera, l'otturatore, che apre e chiude il flusso
di luce che colpisce il sensore.
L'intensità luminosa viene invece regolata da un
secondo elemento, presente in qualsiasi fotocamera:
il diaframma.

Ha la forma che assomiglia all'iride dell'occhio


umano e si compone di lamelle sovrapposte che,
scorrendo una sull'altra, modificano le dimensioni di
un'apertura che si trova solitamente dietro o in mezzo
alle lenti dell'obiettivo, visibile a occhio nudo guardando
all'interno dell'obiettivo stesso.
Oltre a regolare la quantità di luce che passa, il
diaframma influenza anche la messa a fuoco degli
elementi presenti nella scena, come vedremo meglio più
avanti. Facendo un'analogia con un oggetto a noi
familiare, il diaframma lavora come un rubinetto.
Maggiore sarà l'apertura, più intenso sarà il flusso
d'acqua che scorre.
Mettendo l'apertura in relazione al tempo di posa,
vediamo che se noi dovessimo versare cinque litri
d'acqua per avere la corretta esposizione (la quantità di
luce necessaria per impressionare correttamente il
sensore) potremmo aprire il rubinetto per metà e
attendere che l'acqua scorra nella misura richiesta,
oppure aprirlo per intero e riempire il secchio in metà del
tempo. Avremo comunque versato cinque litri d'acqua,
ma il risultato, come vedremo, non sarà identico nei due
casi.
Quando stiamo per scattare una foto, la macchina misura
in automatico la quantità di luce che arriva al sensore e
determina la giusta combinazione tra apertura del
diaframma e tempo di posa, determinando così
l'esposizione della scena. Di norma, sceglie valori
intermedi sia di apertura sia di tempo, che talvolta non
bastano a produrre una fotografia interessante anzi, in
alcune situazioni particolari, il risultato può essere
addirittura sbagliato.

Come vedremo meglio più avanti, esistono infatti fattori


che possono trarre in inganno l'automatismo di calcolo.
Diventa perciò indispensabile, ai fini di ottenere
fotografie corrette in tutte le situazioni e per creare
anche effetti creativi, conoscere come la fotocamera
governa la luce e come possiamo portare i suoi
automatismi sotto il nostro pieno controllo.
Apertura del diaframma e luminosità dell'obiettivo
Gli obiettivi fotografici sono costruiti da un insieme di
lenti progettate per focalizzare sul sensore la luce ripresa
dalla scena. Le lenti che svolgono questa funzione di
raccolta e focalizzazione, tendono ad assorbire una parte
della luce che le attraversa.
Migliore è la qualità dell'obiettivo, minore sarà
l'assorbimento, che in ogni caso non può essere
eliminato. Un modo semplice per stabilire la qualità
dell'ottica di una certa fotocamera consiste quindi nel
conoscere la luminosità massima dell'obiettivo, che viene
solitamente espressa con valori del tipo 1:2.8 oppure
f2.8 oppure f/2.8.
Tutte e tre le forme indicano esattamente la stessa cosa,
vale a dire il rapporto che esiste tra la lunghezza focale
dell'obiettivo (la distanza in millimetri tra il centro teorico
della lente e il punto in cui si focalizzano i raggi da essa
convogliati) e il diametro, sempre in millimetri, della
massima apertura del diaframma.
Volendo molto semplificare, il valore di apertura ci dice il
rapporto tra la "lunghezza" e la "larghezza" del nostro
obiettivo. Un obiettivo più lungo, dove la luce deve
attraversare un percorso maggiore, presenta un rapporto
intrinsecamente più alto, perciò sarà meno luminoso.

Un obiettivo più corto, tenderà ad avere un rapporto


intrinsecamente più basso, perciò lascerà passare più
luce e lo definiremo un obiettivo "veloce" perché
consentirà, a parità di condizioni esterne, di lavorare con
un tempo di posa inferiore rispetto a un altro.
Come abbiamo appena visto, l'esposizione deriva sempre
dalla combinazione inversamente proporzionale tra
apertura e tempo di posa: raddoppiando l'apertura
possiamo dimezzare il tempo di posa, ottenendo sempre
la stessa quantità di luce.
Il valore minimo di apertura, dunque la luminosità
massima teorica di un obiettivo, corrisponde a 1. È
rarissimo trovare obiettivi con tale rapporto ed è anche
difficile trovarne con un'apertura massima di 1.4 che
corrisponde alla metà della luce convogliata da un
obiettivo con f1. Nelle fotocamere digitali, il valore
minimo riscontrabile è f2 (cioè un quarto della luminosità
teorica massima) e la norma ci porta verso i valori
ancora maggiori, cioè 2.8, 4 e 5.6, ciascuno che indica
una quantità di luce dimezzata rispetto al precedente,
oppure a valori intermedi tra questi.

Completando il discorso sulla luminosità intrinseca degli


obiettivi, riscontriamo che gli obiettivi zoom hanno due
valori di luminosità massima che corrispondono alle due
posizioni estreme della loro lunghezza focale.
Prendendo ad esempio la Nikon Coolpix 5700 che
abbiamo scelto come esempio in questo corso, vediamo
che di fianco all'obiettivo compare la seguente
scritta: 8.9-71.2 mm 1:2.8-4.2.
Ciò significa che, quando lo zoom è alla sua lunghezza
minima (8,9 mm) la luminosità massima sarà di f2.8,
quando invece si trova alla sua lunghezza massima (71,2
mm) avrà una luminosità di f:4.2 cioè meno di metà
della precedente. Il motivo di tale differenza è
abbastanza intuitivo: dovendo attraversare un percorso
più lungo, la luce fa più fatica a passare.
Lavorare in priorità di
diaframma
Il controllo diretto del
diaframma è disponibile
sulle fotocamere di fascia
medio alta e viene
identificato dalla lettera "A"
(apertura di diaframma) che
compare sul display
operativo

Riepilogo tempi di posa


Rispolveriamo i concetti salienti visti nella scorsa lezione
sui tempi di scatto così da poterli abbinare alle
informazioni che vedremo in questa puntata.

La nitidezza della foto dipende da due fattori: la


corretta messa a fuoco e una salda presa sulla
fotocamera che ne riduca al mimino il movimento, che
peraltro non può essere eliminato del tutto se non
ponendola su un treppiede.
Nello scatto a mano libera, in condizioni di luce ridotta,
bisogna prestare attenzione al tempo di posa scelto
dalla fotocamera e assicurarsi che non sia inferiore a
1/60 di secondo oppure, nel caso di una macchina con
obiettivo zoom, a un valore di tempo comparabile alla
lunghezza dell'obiettivo.
Nel caso di uno zoom da 110 mm equivalenti
(vedremo meglio cosa significa nel prossimo numero)
il tempo dovrà essere di 1/125 di secondo. Uno zoom
da 200 richiederà 1/250 di secondo.

Se costretti comunque a lavorare con tempi ridotti,


esistono modi per ridurre il movimento della
fotocamera: tenerla saldamente nelle due mani e
appoggiarla al viso in modo da ridurre il movimento
(usando il mirino dove disponibile anziché il display),
appoggiarvi di schiena o con la spalla a un muro
oppure a qualche oggetto fermo in modo da ridurre il
movimento del nostro corpo (per i più intraprendenti,
è anche possibile sdraiarsi a terra con i gomiti
appoggiati al terreno), appoggiare la fotocamera sul
tetto dell'automobile, su un muretto o su qualche altro
supporto e catturare la foto con l'autoscatto (così da
non muovere la macchina nemmeno con la pressione
del tasto di scatto).

Nonostante queste precauzioni, il soggetto può


comunque muoversi tanto velocemente da risultare
sfocato anche con tempi che sono sufficienti a
eliminare il tremore della mano.
In questo caso bisogna valutare tre aspetti, combinati:
la distanza dell'oggetto da voi, la sua direzione di
movimento rispetto all'obiettivo, la velocità con cui si
muove. I tre grafici che seguono vi aiutano a capire le
possibilità di riuscire nello scatto a seconda delle
situazioni.

In alcuni casi si vuole mantenere nitida la foto del


soggetto, ma sfuocato il contorno per dare un'idea di
movimento e velocità. L'effetto è ottenibile in due
modi: muovendosi insieme al soggetto, per esempio
fotografare da un'automobile un'altra automobile in
movimento, oppure accompagnare il movimento del
soggetto con la fotocamera da fermi (panning).
Situazione migliore
per la foto di oggetti
in movimento
Se l'oggetto si
allontana o si avvicina
seguendo una
traiettoria parallela alla
linea di visione del
fotografo sarà più
semplice bloccarne il
movimento, specie se
l'oggetto è lontano.

Il movimento in
diagonale è più difficile
In questa situazione è
più complesso bloccare
il movimento del
veicolo, specie se si
trova vicino al
fotografo.
Situazione più
difficile
Bloccare un oggetto
che si muova
perpendicolare alla
linea di visione
dell'obiettivo è molto
difficile.

Lavorare in priorità di diaframma


Oltre al valore di luminosità massima riportato
sull'obiettivo, scopriamo che la nostra fotocamera può
operare con diversi altri valori crescenti. Ossia, il
diaframma può chiudersi progressivamente per ridurre la
luce che arriva al sensore. L'apertura e la chiusura del
diaframma sono un movimento automatico, realizzato
dalla fotocamera nel momento in cui calcola l'esposizione
corretta e va di pari passo con il calcolo del tempo di
esposizione, anch'esso automatico. I valori teoricamente
possibili,
sono 1, 1.4, 2, 2.8, 4, 5.6, 8, 11, 16, 22, 32, 45, 64.

Nella pratica, la gran parte delle fotocamere in


commercio non supera il valore di 16 e, nel caso delle
digitali di tipo consumer o prosumer, si attesta intorno a
8. Ciò significa che gli obiettivi di queste fotocamere non
possono restringere il diaframma più che tanto e che
offrono una gamma ridotta di valori possibili rispetto alle
loro cugine analogiche oppure alle reflex digitali, che
montano obiettivi professionali. Riferendosi sempre alla
Coolpix 5700 vediamo che la gamma va da 2.8 a 8 nel
migliore dei casi, oppure da 4.2 a 7.4 nel peggiore.
Che cosa significa? Che in condizioni di sole splendente
l'obiettivo non riuscirà a chiudersi a sufficienza per
filtrare il bagliore esterno e la macchina dovrà ridurre
drasticamente il tempo di posa, cosa che peraltro può
fare visto che, nello specifico, arriva alla velocità di
1/4000 di secondo. Perciò, visto che riesce comunque a
produrre un'esposizione corretta, perché dovremmo
preoccuparci di conoscere dell'apertura del diaframma e i
suoi astrusi valori? Il fatto è che, benché l'esposizione sia
comunque corretta, il risultato sarà molto diverso a
seconda che noi si scatti con un'apertura di f2.8 e un
tempo di 1/250 di secondo oppure con un'apertura di f8
e un tempo di 1/30. La quantità di luce che passa sarà
esattamente la stessa e perciò l'esposizione risulterà
corretta in entrambi i casi, tuttavia lamessa a
fuoco degli oggetti non sarà la stessa. Infatti un
obiettivo con apertura molto ampia tenderà a limitare la
messa a fuoco sul soggetto, sfocando ciò che lo circonda,
mentre un obiettivo con diaframma molto chiuso
mostrerà a fuoco anche gli oggetti che sono a noi più
vicini e più lontani rispetto al soggetto. L'estensione della
capacità di messa a fuoco prende il nome di "profondità
di campo". Più è ampia, maggiore sarà la possibilità di
vedere a fuoco tutti gli oggetti presenti nell'immagine,
indipendentemente dalla loro distanza dall'obiettivo e dal
punto un cui abbiamo centrato il fuoco della nostra
ripresa.

Nella scorsa lezione avevamo visto che, nella fotografia


sportiva, può essere necessario
governaremanualmente il tempo di posa abbandonando
la modalità completamente automatica per passare a una
modalità di lavoro semi automatica dove s'imposta il
tempo desiderato e si lascia che la fotocamera calcoli
l'apertura corretta. Tale modalità prende il nome
di priorità dei tempi ocontrollo del tempo e viene
solitamente identificata dalla lettera S (shutter priorità)
nelle fotocamere programmabili, oppure dall'icona di un
corridore nelle fotocamere semplificate, con programmi
già memorizzate. Esiste anche una modalità di
lavoro reciproca, dove s'imposta a mano l'apertura del
diaframma e si lascia alla fotocamera il calcolo
automatico del tempo di esposizione. Tale modalità
prende il nome di priorità o controllo di diaframma e
viene solidamente contrassegnata con A (aperture
priority) oppure con l'icona di un testa, a indicare il
programma "ritratto" nelle fotocamere di tipo
semplificato.

Vista d'insieme di oggetto


fotografato con obiettivo tele
Mantenendo il diaframma chiuso si
riesce a tenere a fuoco sia la parte
più vicina sia la parte più lontana del
soggetto, anche se questo è
relativamente lungo come in questo
caso.
Confronto di aperture
Qui abbiamo una foto realizzata alla
massima e alla minima apertura
consentite dalla fotocamera di prova
con l'obiettivo in posizione tele.
Notiamo che i dettagli lontani della
foto scatatta con diaframma
completamente aperto sono meno
distinti.

Foto di soggetto lungo con tele


Anche qui il diaframma chiuso aiuta
a mantenere a fuoco gran parte
dell'immagine.

Confronto tra aperture


In questa immagine appare ancora
più evidente come un diaframma
aperto con un tele molto spinto
impedisca di mantenere un fuoco
accettabile sugli oggetti più lontani
(nella foto avevamo messo a fuoco
la parte più vicina del convoglio
ferroriviario).

Fuoco e profondità di campo


La corretta messa a fuoco è un requisito essenziale per
qualsiasi fotografia. Quando guardiamo gli oggetti e le
persone intorno a noi, la nostra percezione è uniforme:
ovunque spostiamo la nostra attenzione, vediamo
sempre lo stesso livello di nitidezza. Di fatto i nostri occhi
focalizzano continuamente ciò che osserviamo,
adattandosi all'istante a qualsiasi variazione
di distanza e diprospettiva, fornendoci così
l'impressione che non esistano differenze tra gli oggetti
vicini e lontani e che tutti siano costantemente a fuoco.
Nella realtà, quando guardiamo qualcosa di vicino, gli
oggetti lontani diventeranno sfocati nel perimetro visivo,
e viceversa. L'obiettivo della fotocamera funziona nello
stesso modo, con la differenza importante che nel
momento di scattare la foto, blocca la messa a fuoco a
una determinata distanza e tutti gli oggetti presenti
sull'ipotetico piano che passa per quella distanza saranno
perfettamente nitidi, mentre gli oggetti più o vicini o più
lontani dall'obiettivo rispetto a tale distanza saranno via,
via più sfocati. Ogni fotografia, perciò, ha un solo "piano
di messa a fuoco critica" che viene determinato dalla
fotocamera misurando in automatico la distanza in metri
o centimetri tra l'obiettivo e il soggetto che si trova al
centro del mirino nel momento in cui premiamo per metà
il tasto di scatto.
Tuttò ciò che si trova su tale piano, ossia a tale distanza,
detta "fuoco critico", sarà perfettamente a fuoco e
perciò apparirà distinto e nitido nella nostra fotografia.
Ciò che invece sarà più lontano o più vicino all'obiettivo
rispetto alla distanza di fuoco critico, sarà
progressivamente sempre più sfocato fino al punto a
diventare indistinguibile. Nella pratica, non è possibile
riconoscere il piano di messa a fuoco a occhio nudo. Il
passaggio dalla nitidezza alla sfocatura è graduale al
punto da formare un'area entro la quale gli oggetti ci
sembreranno comunque nitidi, anche se non avranno
una messa a fuoco perfetta. Tale area prende il nome
di profondità di campo e copre un'ampiezza variabile a
seconda della distanza del soggetto dalla fotocamera,
della lunghezza focale dell'obiettivo e dell'apertura di
diaframma. Giocando sulla profondità di campo si creano
effetti creativi molto interessanti e si può trasformare
completamente una foto, a parità di soggetto e di
condizioni di luce.

Linea di messa a fuoco


La messa a fuoco avviene a
una distanza ben precisa
rispetto all'obiettivo della
fotocamera e tutto ciò che si
trova sul piano a tale
distanza sarà a fuoco.

Usare il fuoco in modo creativo


La totalità delle fotocamere digitali oggi in commercio
esegue la messa a fuoco automatica, regolando
l'obiettivo in funzione della distanza di ciò che appare al
centro del mirino. In alcuni casi è prevista anche
una messa a fuoco manuale, che risulta preziosa in
alcune situazioni dove il calcolo automatico può
sbagliare: quando la luce è insufficiente per eseguire la
misura di distanza in automatico, quando tale calcolo può
essere fuorviato dalla presenza di ostacoli tra noi e il
soggetto (come quando si fotografa attraverso una
cancellata oppure una finestra), quando il soggetto da
fotografare è poco contrastato rispetto al resto della
scena (un oggetto chiaro su sfondo chiaro o viceversa),
quando il soggetto da fotografare si muove rapidamente.

Molte fotocamere segnalano l'incapacità di mettere a


fuoco in automatico con una luce lampeggiante oppure
con un segnale acustico. A quel punto conviene passare
alla regolazione manuale, oppure mettere a fuoco un
altro oggetto più illuminato o più contrastato che sia alla
stessa distanza dal soggetto della nostra foto e poi
spostare l'obiettivo per ricomporre l'inquadratura
originale, facendo attenzione a mantenere il tasto di
scatto premuto per metà. In tal modo bloccheremo la
messa a fuoco appena eseguita e potremo scattare
semplicemente premendo il tasto fino in fondo.

Profondità di campo
La profondità di campo si estende
per 2/3 oltre la linea di messa a
fuoco e per 1/3 nell'area
antecedente a quest'ultima.
Messa a fuoco su primo piano
con diaframma aperto f/3.3
Qui vediamo come la massima
apertura di diaframma con
l'obiettivo in posizione tele
(massima estensione) riduce
drasticamente la profondità di
campo, ossia l'estensione della
messa a fuoco che si limita ai due
soggetti frontali su cui il fuoco è
stato impostato.

Messa a fuoco su sfondo con


diaframma aperto f/3.3
Qui vediamo la situazione speculare
rispetto alla foto precedente. La
profondità di campo è ridotta al
minimo e il fuoco è centrato sullo
sfondo, perciò i soggetti in primo
piano appaiono sfocati.

Messa a fuoco su primo piano


con diaframma chiuso f/7.5
Qui vediamo che la chiusura del
diaframma consente di rendere un
po' più inciso lo sfondo, nonostante
la messa a fuoco sia sugli oggetti in
primo piano
Messa a fuoco su sfondo con
diaframma chiuso f/7.5
Qui vediamo la situazione speculare
rispetto all'immagine appena sopra:
il fuoco è sullo sfondo, ma il
diaframma chiuso, compatibilmente
con le capacità di una digitale, rende
un po' meglio definiti anche i
soggetti in primo piano.

Messa a fuoco intermedia con


diaframma chiuso
Disponendo il punto di messa a
fuoco in un punto intermedio tra il
primo piano e lo sfondo e chiudendo
il diaframma il più possibile,
riusciamo a mantenere una discreta
incisione per entrambi, ancora
imperfetta.

Solo con il grandangolo tutto è a


fuoco
Il massimo della profondità di
campo di ottiene allargando l'angolo
di visione dell'obiettivo e
mantenendo il diaframma chiuso al
massimo. Qui vediamo che sia lo
sfondo sia il primo piano sono a
fuoco.
Il blocco della messa a fuoco automatica (AF lock) è
ormai offerto dalla gran parte delle fotocamere digitali,
ma passa spesso inosservato poiché non dispone di
comando indipendente, ma la sua attivazione è affidata
al tasto di scatto che, premuto per metà, fa eseguire alla
fotocamera tutti i calcoli necessari allo scatto
mantenendoli in memoria fintanto che si mantiene il
tasto premuto per metà.
La regolazione manuale del fuoco è invece
prerogativa solo di alcune fotocamere e può tornare utile
anche nella macro fotografia, ossia quando si fotografano
oggetti molto vicini all'obiettivo e vogliamo avere il
massimo controllo sulla resa finale dell'immagine. Di
solito avviene i due modi: impostando da menu la
distanza di fuoco critico e usando il display come mirino
di messa a fuoco, che mostra un'immagine sfuocata fino
a quando si raggiunge la condizione di fuoco ottimale.

L'uso del fuoco e della profondità di campo sono


essenziali per l'esecuzione di ritratti creativi e per
fotografare panorami che presentino anche oggetti molto
vicini a noi. In condizioni normali, la regolazione
automatica del fuoco andrà benissimo e potremo usarla
in abbinamento al blocco dell'autofocus (AF lock) per
costruire un'inquadratura più creativa. Siamo tutti
abituati a vedere ritratti dove il soggetto compare
esattamente al centro della scena, come nelle foto usate
per i documenti di riconoscimento, e siamo anche
consapevoli che questa impostazione risulti alla lunga
scontata e piatta. Basta poco per rendere il nostro
soggetto più interessante: inquadriamolo al centro per
eseguire la messa a fuoco automatica e quindi
spostiamolo di lato, ai bordi dell'inquadratura,
mantenendo il tasto di scatto premuto per metà così da
bloccare il fuoco alla distanza giusta.

Controllare la profondità di campo


Dopo l'inquadratura, il secondo elemento creativo
importante sta nell'impiego sapiente dellaprofondità di
campo.
Si tratta di un'area di dimensioni molto variabili
all'interno della quale tutto è a fuoco. La vorremo più
ampia possibile nei panorami, così da mantenere nitidi
sia lo scenario distante sia gli eventuali oggetti in primo
piano, mentre la preferiremo il più ristretta possibile nei
ritratti, così da mantenere nitido solo il viso della persona
che si contrasta con uno sfondo sfocato che fa da
cornice.
Il primo dei fattori che influenzano la profondità di campo
è la distanza dell'oggetto dall'obiettivo. Maggiore è
la distanza, più ampia sarà la profondità di campo.

Di conseguenza nelle foto panoramiche di oggetti lontani


non dovremo preoccuparci di controllare cosa sia o meno
a fuoco: basta impostare la messa a fuoco sull'infinito,
disattivando così l'autofocus e velocizzando le operazioni
di scatto.
Molte fotocamere consentono di selezionare una modalità
"panorama", solitamente identificata dall'icona di una
montagna, che blocca il fuoco a una distanza infinita (alla
massima distanza consentita dall'ottica) e disabilita il
calcolo automatico della distanza di messa a fuoco.
Il secondo fatto che influenza la profondità di campo è
la lunghezza focale dell'ottica.
Un obiettivo grandangolare, con una lunghezza focale
ridotta e con un raggio di visione molto ampio, tenderà
ad amplificare la profondità di campo, viceversa un
obiettivo tele, con una focale molto lunga e un campo di
visione ristretto, ridurrà la profondità di campo.
Ciò si sposa con la prassi di usare il grandangolare per i
panorami, dove vogliamo che siano perfettamente a
fuoco sia le cose vicine sia gli oggetti lontani, e di usare il
tele per i ritratti, così da isolare il soggetto da ciò che lo
circonda, lasciando semplicemente una piccola cornice di
sfondo, sfocata. Il terzo fattore, il più importante, che
regola in proporzione ninversa la profondità di campo, è
l'apertura di diaframma.
E considerando l'importanza di poter governare il campo
di messa a fuoco, numerose fotocamere di fascia medio
alta consentono di controllarla a mano, mediante una
modalità solitamente contraddistinta dalla lettera A
(aperture priority) che corrisponde alla modalità di
controllo manuale del diaframma.

Aprendo e chiudendo il diaframma noi ridurremo o


amplieremo la profondità di campo raggiungendo il
risultato creativo che ci siamo prefissi e tenendo a mente
che la profondità di campo si estende per 1/3 nell'area
che viene prima del soggetto che abbiamo messo a fuoco
(più vicina all'obiettivo) e per 2/3 nell'area che viene
dopo il piano di fuoco critico (più lontana dall'obiettivo).
Come e perché si forma la profondità di campo
Quando si mette a fuoco un punto, esso ha la forma di
un minuscolo cerchietto sul sensore o sulla superficie
della pellicola. Il nostro occhio ha una capacità limitata di
discernere i dettagli e tende a trasformare in punti anche
piccoli cerchi che abbiano una circonferenza inferiore a
un certo valore denominato "circolo o cerchio di
confusione". Storicamente il circolo di confusione aveva
un diametro di 0,25 mm per stampe osservate da una
distanza di 25 cm, ma con lo sviluppo degli obiettivi a
lunga focale e i sempre maggiori ingrandimenti delle
foto, lo si considera ora compreso tra 0,20 o 0,33 mm.

Circolo di confusione
Quando un punto non è completamente a fuoco forma un
circolo. Se il diametro di tale circolo non supera gli 0,20
o 0,33 mm avremo comunque l'impressione di vedere un
punto.

Diaframma e circolo di confusione


Qui vediamo come un diaframma chiuso al massimo
riduce le dimensioni del circolo di confusione.
Diaframma aperto
Ecco la situazione opposta: aprendo il diaframma il
circolo di confusione diventa maggiore e più evidente,
rendendo l'immagine sfocata.

Il nostro occhio vedrà quindi come puntiforme qualsiasi


cerchietto che abbia un diametro inferiore al cerchio di
confusione, permettendoci perciò di ampliare l'efficacia
della focheggiatura creando l'effetto della profondità di
campo, che benché faccia leva sull'apparenza, è molto
convincente per stampe di piccolo formato. Naturalmente
l'efficacia della profondità di campo diminuisce a mano a
mano che aumentiamo la dimensione della stampa
prodotta dalla nostra fotografia, perciò teniamone conto
nel momento di stampare e chiudiamo il diaframma in
proporzione al livello d'ingrandimento atteso.

Foto panoramica
Qui vediamo un panorama cittadino
di cui abbiamo messo a fuoco il
soggetto sullo sfondo.

Ingrandisci

Dettaglio
Qui vediamo un dettaglio della
stessa immaginescattata con
diaframma chiuso (f/7.5) e
diaframma aperto (f/2.6). Si nota
che la siepe in primo piano e più
incisa nel primo caso e diventa
relativamente sfocata quando il
diaframma viene aperto.

Bilanciamento del bianco


La luce che usiamo per le nostre foto cambia in
continuazione durante l'arco della giornata e risente del
fatto che il cielo sia nuvoloso oppure sia completamente
sereno. Il cambiamento diventa ancora più marcato, poi,
se passiamo dalla luce solare a quella artificiale, oppure
se mescoliamo le due. I fotografi professionisti lo sanno
bene, infatti dispongono di filtri e di pellicole particolari
per far fronte a ogni occasione. Tuttavia le fotocamere
digitali nascono per mettere chiunque nella condizione di
scattare foto ben fatte e corrono in nostro soccorso con
un sistema di correzione automatico della luce
disponibile così da conservare i colori più naturali
possibile.

Il menu per governare il


bilanciamento del bianco
Qui vediamo l'impostazione manuale
del punto di bianco (white balance).
La fotocamera (Coolpix 4500) ci
consente di scegliere tra sette
opzioni: automatica, manuale con
campione, luce diurna, luce da
lampade a incandescenza, luce da
lampade al neon (fluorescenti) con
scelta di tre tipi, nuvoloso e luce da
flash esterno aggiuntivo. Ciascun
parametro, ad eccezione
dell'automatico e del completamente
manuale, consente anche di
correggere la regolazione
raffreddando o riscaldando
leggermente l'immagine.
In pratica è come se la macchina disponesse al proprio
interno di una serie di filtri elettronici e li utilizzi
automaticamente ogni volta che sia necessario, per
togliere le dominanti di colore che farebbero apparire
innaturale la scena inquadrata. La tecnica si
chiama bilanciamento del punto di bianco perché
mira a individuare gli oggetti bianchi nella scena e a farli
apparire completamente neutri, senza dominanti
rossastre, bluastre o giallastre che invece
trasparirebbero usando l'impostazione sbagliata per il
tipo di luce. Una volta che si è corretto il bianco, anche
tutti gli altri colori appariranno naturali.

Quasi sempre il sistema automatico funziona bene, ma


possono capitare situazioni in cui la presenza
contemporanea di luci diverse induca la macchina in
errore. Per tale motivo, moltissime fotocamere digitali
moderne consentono d'impostare manualmente il tipo
di luce con cui stiamo fotografando. Se per esempio la
giornata è nuvolosa, possiamo impostare il bilanciamento
del punto di bianco a "Cloudy". Se invece ci troviamo in
casa e gran parte della luce proviene da lampadine a
incandescenza, possiamo impostare la macchina su
"Incandescent" e via di questo passo. Esiste anche la
possibilità di regolare il punto di bianco con precisione
scegliendo l'opzione "White Balance Preset" e
puntando l'obiettivo su un oggetto bianco (un foglio di
carta ad esempio). In tal modo la macchina leggerà il
tipo di luce riflessa dall'oggetto e modificherà le proprie
impostazioni in modo da far apparire corretti anche tutti
gli altri colori.
Esempi di diversi bilanciamenti a parità del tipo di
luce
Un corretto o errato bilanciamento del punto di bianco
può produrre un'immagine con colori naturali oppure con
forti dominanti bluastre, rossastre o verdastre.
Ci sono tuttavia alcune situazioni in cui nemmeno il
bilanciamento manuale risolve il problema vuoi perché la
luce disponibile non ricade perfettamente in nessuna
delle possibilità previste dal menu di regolazione vuoi
perché vorremmo mantenere una certa dominante per
creare un effetto emotivo nell'immagine (renderla più
calda o più fredda, aggiungendo rosso e giallo oppure
blu). Prendiamo ad esempio la foto di un tramonto o di
un'alba, caratteristici per le loro tonalità di colore. Se
usiamo il bilanciamento manuale o automatico del punto
di bianco, le particolarità di colore rischiano di andare
perdute sotto l'occhio equalizzatore della macchina.

Programma "tramonto"
La selezione del programma
"alba/tramonto" sulla
Coolpix 4500.

Per conservarle o addirittura enfatizzarle serve


un'impostazione particolare prevista solo da alcune
fotocamere, come ad esempio la Coolpix 4500 che offre,
nei sedici programmi impostati in fabbrica, una modalità
alba/tramonto che preserva l'atmosfera di questi
momenti particolari della giornata.

Tramonto in modalità standard


Una foto del cielo al tramonto
scattata con le impostazioni
automatiche normali. Il tipo di luce
è stato corretto per renderlo il più
possibile neutro perciò sono stati
persi alcuni colori tipici di questa
particolare ora del giorno.

Tramonto con impostazioni ad


hoc
La foto dello stesso cielo scattata
con la modalità "tramonto" attivata.
Notiamo i colori molto più caldi e la
conservazione dell'atmosfera
inequivocabile.

Se nemmeno i programmi particolari dovessero bastare,


possiamo scattare più foto con impostazioni leggermente
diverse così da scegliere in un secondo momento, con la
comodità del monitor del computer, quella che
preferiamo.

La fotocamera scatterà queste foto per noi utilizzando


una funzione che si chiama bracketing(variazione a
forcella) del bilanciamento del punto bianco. È
un'opzione fornita solo su modelli medio-alti (come i due
usati in questa puntata) e opera nel modo seguente:
scattate una sola foto, ma la fotocamera ne salva tre:
una "corretta" in base alle regolazioni automatiche, una
leggermente più calda (giallo/rossa) e una leggermente
più fredda (blu). Il tempo impiegato per la scatto è
quello di una sola posa, ma lo spazio occupato in
memoria è quello di tre foto distinte.

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