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Copertina:
Eleonora Svaldi (Instagram: @el3_art)
Serena Valorzi
Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo - comportamentale, con specializzazioni in
Acceptance and Commitment Therapy, Compassion Focused Therapy (primo
livello) e Schema Therapy, scrittrice e formatrice esperta in Dipendenze da
Comportamento, di Assertività e di Impatto emotivo, cognitivo e relazionale delle
Tecnologie di Comunicazione.
Tempi difficili. Tempi, dove ognuno aiuta come può. Tempi dove io
volevo fortemente dare un contributo. Mi sono guardato attorno e,
con gli occhi della fantasia, mi sono immaginato nelle case delle
persone. Ho visto come si comunica, come si tengono le relazioni,
come si frequenta la scuola e come si va a “visitare” i nonni. Da tutto
questo ho tratto una lezione, un significato profondo che mi permette
di affermare che poi, nulla resterà uguale a prima.
Mauro Berti
Scrittore e Formatore nell’ambito dei risvolti sociali delle moderne Tecnologie della
Comunicazione, è Vice Ispettore presso il Compartimento della Polizia Postale e
delle Comunicazioni di Trento e Responsabile dell’Ufficio Indagini Pedofilia.
“Mi prendo cura di me, mi prendo cura di te” è un capitolo dedicato a
coloro che soffrono di un Disturbo del Comportamento Alimentare e
ai loro cari ma che vuole anche mettere in luce l’importanza di
prendersi cura di Sé e degli altri. Questo tempo di quarantena, al
quale si fatica a dare un senso, può diventare un’occasione per
mettersi in ascolto dei propri bisogni e dei propri desideri, delle
proprie paure ma anche dei propri sogni e può trasformarsi in
un’opportunità, per riscoprirsi e prendersi cura di sé stessi. Questo è
il tempo per dedicarsi anche agli altri, ai propri cari e non solo.
Prendersi cura dell’altro, per quanto alle volte possa essere faticoso,
rappresenta un’esperienza preziosa, in grado di portare conforto e
gioia sia in chi riceve sia in chi offre aiuto. Piccoli gesti che
segnalano il proprio esserci e arricchiscono coloro che soffrono e
coloro che curano. Ecco che questo capitolo si trasforma in un invito
ad amarsi, nella duplice forma che può assumere questo verbo:
amare sé stessi e amare l’altro.
Elisa Bisagni
Psicologa con approccio cognitivo-comportamentale, specializzata nell’ambito dei
Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), con particolare attenzione al tema
della prevenzione nell’Era Digitale. Collabora con l’Ambulatorio ospedaliero per i
Disturbi del Comportamento Alimentare, adulti, dell’Azienda Usl di Piacenza.
È cultrice della materia “Psicologia Clinica” presso l’Università Cattolica di Brescia.
Michele Facci
Psicologo con approccio cognitivo-comportamentale, specializzato in infanzia e
adolescenza. Direttore sanitario di un’equipe di numerosi professionisti a Trento e
a Milano. Perito e Consulente Tecnico presso il Tribunale di Trento, è
Responsabile della Sezione Psicologia Giuridica e Psichiatria Forense
dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi (ACISF).
Introduzione
Buona lettura!
Serena Valorzi
1 https://www.stateofmind.it/2016/04/attaccamento-esperimento-di-harlow/
Capitolo 1 - Soli in casa, oppure io e la mia Casa
di Serena Valorzi
di Serena Valorzi
Solo un esempio:
Partner 1.
Sono a casa e sto facendo i salti mortali per portare avanti lo smart
working, i ragazzi connessi alle lezioni online o il bimbo che vorrebbe
(giustamente) giocare e ridere, e tu sei lì, sul divano a far niente! I
ragazzi chiedono sempre a me e mi stanno addosso! Quando
inizierai a fare qualcosa con loro!
Possibile che non ti venga neppure in mente di aiutarmi! Devo
sempre fare tutto da sola! E tutti pretendono che io faccia tutto,
come sempre, nonostante tutte le preoccupazioni che sto vivendo,
senza neppure più andare a fare una passeggiata! Almeno prima
andavo al lavoro e vedevo i colleghi! E tu stavi fuori casa un sacco di
tempo! Ora sei qui e non ti prendi neppure cura di me! Mi dai i nervi
e non ti sopporto, così ti rispondo con rabbia e livore, o ti ignoro
completamente, risucchiata dai miei pensieri (siccome lo Schema
non mi permette di pensare che l’Altro potrà aiutarmi o prendersi
cura di me ora che sono in difficoltà, non ti chiedo niente perché non
mi aspetto nulla di buono e mi arrangio, come sempre).
Partner 2.
Sono a casa e non ho possibilità di uscire. Cerco di fare cose che mi
permettano di isolarmi perché sto tanto male quando sento di essere
criticato… Mi sento incapace, triste, inadeguato, sbagliato, i ragazzi
parlano con te e io sento quanto i nostri rapporti siano poco saldi…
E ogni volta che vedo il tuo viso, sento che non mi vuoi.
In condizioni diverse fuggirei. Al lavoro, alla slot-machine, in
palestra, al coro… O magari anche nelle braccia dell’amante (che
naturalmente ora sclera al telefono perché non ci possiamo vedere e
neppure lei capisce che sono qui a casa). Così ora faccio l’opossum,
cerco di muovermi il meno possibile per non essere visto e criticato.
Vedo che il pavimento sarebbe da passare, ma non va mai bene
come lo faccio e tu sei una furia appena cerco di fare qualcosa.
Figurarsi se mi avvicino per avere un contatto… Sei una belva e io
sto qui nell’angolo, come farei se ci fosse un leone nella mia gabbia,
perché ora non posso fuggire… fuori c’è il coronavirus o i controlli!
Ora provo a descrivere la soluzione alternativa, quella che verrebbe
più facile suggerirvi per chi ha avuto la fortuna (o bravura e coraggio
se da adulto) di strutturare i primi Schemi descritti:
Partner 1. Versione alternativa
Sto facendo la trottola, non ce la posso fare. Tu di solito sei molto
meno a casa e non sai bene come stare con i ragazzi. Che
splendida occasione per te e loro!
Di solito faccio quasi tutto io a casa, così non posso aspettarmi che
tu faccia come faccio e voglio io. Ma posso chiederti gentilmente se
dopo cena puoi occuparti tu della cucina o domani mattina se
preferisci, prima di colazione però, perché i piatti in giro mi danno i
nervi al mattino.
Fallo per me, per favore. Non è un problema se non hai la mia
stessa mente, la tua va benissimo per altre cose, in queste magari
non sei così capace. Ma puoi imparare! E io credo in te!
E sarà sufficiente che ci provi. Puoi regalarmi la possibilità di
cambiare il mio assetto mentale, puoi regalarmi la sensazione di
essere degna di cure e amore. Puoi chiedermi come mi sento e io
ascolterò come ti senti tu.
Ma devo dirtelo, e non in modo critico e duro, visto che mi ha
raccontato (o ho scoperto in terapia di coppia) quanto ti facessero
male le parole dure di tuo padre.
Tu non sei nella mia mente, nulla è scontato e tutto costruibile in una
cornice di parole.
Se ti ho scelto qualcosa di profondamente sano ho visto e sentito.
Vediamo dove è finito questo seme…
“Amore, sono distrutta (o distrutto) potresti aiutarmi a… prometto che
cercherò di non criticarti, in qualsiasi modo tu lo faccia.
E abbracciami, ho bisogno di conforto e pace, e di sentire che mi
vuoi bene…”
Partner 2 alternativo
Detesto stare così. Mi sento incapace, criticabile, non va mai bene
niente e non è mai abbastanza, non sono mai abbastanza. Come
quando ero ragazzo. Ora basta. Voglio utilizzare questo tempo per
riavvicinarmi ai ragazzi, non voglio più sentirmi ospite in casa,
costretto alla fuga.
Di fatto, ora non posso fuggire, sarà mica un segno del destino?!
E allora posso chiederti come stai, se posso esserti di aiuto e
quando mi dirai, infastidita, che non c’è niente e che ti arrangi, potrò
insistere che io desidero aiutarti e sentirmi parte di questa Famiglia.
Che ti amo e ti chiedo di non criticarmi ma di dirmi cosa vorresti che
io facessi. E se pensi che io sia un idiota a non vedere che c’è da
passare l’aspirapolvere, pensa che magari è vero, mio padre me lo
ha sempre detto. Forse per questo mi sento così in handicap ora,
perché nessuno mi ha detto che crede in me e ha bisogno di me. Ma
ne ho tanto bisogno e vorrei che lo facessi tu…
Altrimenti posso chiedere ai ragazzi cosa pensano che potrei fare
per la mamma, magari hanno qualche buona idea e io posso
riconnettermi con loro!
“Amore, mi dispiace vederti così sovraccarica, forse finora non me
ne sono reso conto, ma fai davvero tantissime cose!
Vorrei esserti di aiuto ma sono un po’ in difficoltàà. Sai, non è colpa
tua ma mi sento così triste e criticato per tutto… Mi sento un pesce
fuor d’acqua…
Forse anche tu ti senti abbandonata e costretta a dover fare tutto da
sola? Lascia che ti aiuti, per favore!
Cosa ne dite? Certo bisogna fare un bel salto coraggioso!
Magari dopo questo periodo potrete prendere in mano le cose tra voi
con più agio e quiete, magari pensare anche ad una terapia di
coppia (in terapia di coppia non ci si va solo quando si è ai ferri corti,
sarebbe bene viverla quando si hanno ancora sufficienti risorse
emotive e interesse e affetto per l’altro!).
Ma poiché questo è solo un manualetto di sopravvivenza allo stare a
casa, intanto potete provare così!
Se già provate a pensare che la Vostra persona non ve lo fa apposta
e che sta solo reagendo ai suoi Schemi e alle difficoltà contingenti,
potete risintonizzarvi con la tenerezza per voi stesse/i o per lei/lui!
E ciò non significa sottomettersi, solo gestire l’urgenza in modo
ragionevole e quieto, gentilmente e rispettosamente.
In effetti non ha un che di paradossale la descrizione dei partner 1 e
2? Notate i circoli viziosi?
Eppure, sono solo due persone che non si stanno capendo…
E le parole gentili, amorevoli e colme di buoni propositi possono
essere magiche! Vogliamo dar loro spazio?
Appena avrete reso il terreno più morbido, provate a rileggere le
due sezioni precedenti. Le cose carine da farsi insieme faranno bene
a tutti e potranno abbattere la tensione anche tra voi, lasciando più
spazio a quello di cui, all’inizio, vi eravate innamorati!
4 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14551436
Capitolo 3 - Bambini che vogliono correre e
ragazzi romantici
di Michele Facci
di Serena Valorzi
Cari Nonni,
come non pensare a Voi…
di Mauro Berti
5.2 - La scuola
Quante volte ci siamo detti che per tutti gli strumenti digitali che
abbiamo a disposizione negli Istituti d’Istruzione, per dotazione
personale o scolastica, come ad esempio computer, tablet,
smartphone, lavagne multimediali, connessioni alla Rete, server,
router, programmi didattici, motori di ricerca che permettono di
arrivare a risorse gratuite praticamente illimitate, l’utilizzo che se ne
fa appare quasi irrispettoso del nostro tempo.
Abbiamo a disposizione strumentazioni tecnologiche in grado di
abbattere i confini temporali (l’ora di lezione) e spaziali (l’aula) della
didattica ordinaria, per farne che cosa? Poco più di un PowerPoint.
Ricordo di aver fatto una particolare parafrasi durante un mio
intervento al convegno sulla scuola digitale organizzato nel 2012 da
Edizioni Centro Studi Erickson S.p.a. (La Scuola nell’era digitale),
che narrava di un extra terrestre, con più secoli di vita alle spalle,
venuto a visitare le nostre scuole e i nostri laboratori di ricerca due
volte negli ultimi 350/400 anni. Ho immaginato (e raccontato) quel
visitatore intergalattico intento a osservare una scuola e un
laboratorio di ricerca (ad esempio quello di Newton) del 1600; poi, a
distanza di secoli, torna, e visita un Istituto Scolastico attuale e un
laboratorio di ricerca moderno, ad esempio il CERN (Organizzazione
Europea per la Ricerca Nucleare) di Ginevra - Svizzera. Quando
entra nel laboratorio di Ginevra tutto appare nuovo, tecnologia,
macchine, modo di lavorare e modo di pensare, ma rientrando nel
mondo scolastico lo ricorda perfettamente. Qui, il cambiamento è
stato minimo in relazione ai laboratori, ma quella scuola prepara i
giovani a entrare anche in quel mondo della ricerca.
Quindi, da fuori, la scuola appare ferma, statica in relazione ai
cambiamenti tecnologici, ma frequentata da giovani che si nutrono
continuamente di software, app e connessioni.
Giovani che hanno, talvolta, relegato alla tecnologia la propria
socializzazione, la costruzione della rete amicale e certamente le ore
di svago che vengono vissute utilizzando giochi digitali che si vivono
attraverso la Rete.
Sì, in media, un giovane tra gli 11 e o 17 anni utilizza la tecnologia
per le tre funzioni citate circa sei ore al giorno.
D’altra parte, il mondo dei docenti, che sono ormai diventati, per
un svariata serie di motivi, gli educatori primari degli adolescenti,
sono poco avvezzi all’utilizzo della tecnologia in classe, nonostante
l’impegno delle aziende tecnologiche che ha fornito loro una serie di
strumenti (ambienti di lavoro e di condivisione di contenuti) di
prim’ordine.
In realtà bisogna riconoscere che una piccola parte dei docenti, da
tempo, ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo della didattica
digitale in quanto il Piano Nazionale Scuola digitale del 2015 dà le
prime indicazioni per introdurre l’Innovazione Digitale negli Istituti
Scolastici e per creare la figura dell’Animatore Digitale; quest’ultimo
rappresenta il primo tassello del rinnovamento scolastico e un nuovo
modo di pensare a una scuola anche digitale o tecnologica.
In Trentino, la mia zona d’origine (che vede il mondo scolastico
gestito a livello provinciale) questa nuova figura è stata creata nel
2017 con il Piano Provinciale per la Scuola Digitale ed è diventata
operativa a pieno titolo solo lo scorso anno. A questi insegnati è
stato, spesso, assegnato anche il compito di referente per il
Cyberbullismo previsto dalla Legge 71/2017.
Poi, improvvisamente, arriva il CoronaVirus!
Chiudono le scuole, si blocca la didattica, i ragazzi sono costretti a
casa in una sorta di provvedimento cautelare presso la propria
abitazione di residenza, e lì (nella propria abitazione) passano ore e
ore talvolta annoiandosi.
La tecnologia è un bel passatempo, ma certamente non si può
pensare di far lievitare ulteriormente le ore passate con uno schermo
in mano a giocare.
Nel frattempo, entrano in campo i docenti, indecisi, incerti, rallentati
(nel settore tecnologico) ma volenterosi, in un momento storico
disastroso, di assumersi con serietà tutte le responsabilità del caso.
C’è chi si arrangia, chi chiede aiuto all’amico e chi si serve delle
strutture informatiche messe in campo dal proprio provveditorato e
hanno inizio ore e ore di lezione digitali, svolte sì in classi che
potremmo definire virtuali, ma composte da giovani e docenti che si
conoscono davvero e che con impegno cercano di trarre il massimo
risultato da questa nuova esperienza.
Appare proprio strano trovare giovani, all’ora giusta, davanti alla
webcam non perché giocano o socializzano (attività che vanno di
certo per la maggiore) ma perché docenti coscienziosi lo vogliono e
si prestano a questa nuova, ma necessaria, scommessa.
Le fatiche che si incontrano fanno scoprire risorse che non si
pensava di avere.
Parlando con alcuni di loro si viene a conoscenza di uno strano
fenomeno, quasi carsico, che anima molti animatori digitali (docenti
più esperti tecnologicamente) e che li vede impegnati a organizzare
classi digitali, ma anche ad aiutare il collega, tramite WhatsApp, che
incontra delle difficoltà, o a fare delle video conferenze per la
formazione degli stessi colleghi.
I docenti cercano di organizzare aule digitali alla stregua di veri e
propri “eventi pubblici” online ristretti alla classe: più persone, gli
studenti, si ritrovano tramite la Rete e una piattaforma software,
contemporaneamente, e riproducono l’aula e i suoi componenti
permettendo la discussione delle lezioni. Il docente che dirige può
usare diversi strumenti online, mostrando slide, filmati,
confrontandosi in diretta con gli altri partecipanti, che possono a loro
volta scrivere o parlare.
Si leggono lettere sui giornali che spiegano come i docenti,
ripresi nella propria casa, appaiano più disponibili e più raggiungibili,
più uguali ai giovani, perché manifestano anche loro (i docenti) i
problemi che tutti hanno nelle proprie case; chi ha la stanza un po’ in
disordine, chi i figli piccoli che intervengono nelle dirette scolastiche,
e chi non riesce a configurare bene il proprio computer e si fa aiutare
dal proprio studente, che, magari, non è proprio il più bravo, ma in
quel momento, quest’ultimo, sentendosi utile, si sente anche stimato
e valorizzato.
In alcune lettere ci sono Dirigenti scolastici che piangono l’assenza
del caos dei propri alunni e altri che sono certi che questa nuova
fatica serva per ritornare, più avanti, più forti di prima.
Dall’altra parte ci sono studenti che manifestano il disagio di non
andare a scuola e di incontrare fisicamente i propri pari, e dicono
che mai avrebbero pensato che la scuola mancasse così tanto.
Mancano le relazioni sul piano di realtà, quelle fatte fuori da Internet,
proprio quelle che i giovani erano convinti, perché le avevano, non
servissero a nulla.
Quindi, troviamo ripensamenti interessanti che faranno (spero)
nascere riflessioni appropriate, sia ai docenti, nel modo in cui si può
vedere la tecnologia e il mondo digitale, sia ai giovani che hanno
sempre dato per scontate le relazioni fuori Internet e per questo non
sembravano capaci di gustarne le potenzialità.
Penso che i genitori ricevano, a loro volta, elementi importanti su
cui porre una riflessione, in seno, soprattutto, all’impegno personale
profuso dai docenti dei loro figli e che hanno potuto constatare sin
dai primi giorni della chiusura delle scuole, e per tutto il periodo di
questa strana emergenza.
Che sia l’avvio di una nuova alleanza Scuola - Famiglia, finalizzata a
cercate e create strategie performanti per promuovere nuovi e
appropriati modelli educativi? Dove rientri in campo la valorizzazione
del docente e della figura dell’educatore a discapito della
delegittimazione che spesso avviene alla presenza degli alunni?
É certamente presto per dirlo, ma oggi abbiamo di fronte davvero
una bella occasione.
5 https://www.interno.gov.it/it/notizie/emergenza-coronavirus-ridotti-spostamenti-
netto-calo-i-reati
Capitolo 6 - Mi prendo cura di me, mi prendo cura
di te: come affrontare i Disturbi del
Comportamento Alimentare durante la
Quarantena
di Elisa Bisagni
di Serena Valorzi
INTRODUZIONE
CAPITOLO 2 - LE COPPIE
2.1 - Due Cuori e una Casa
CAPITOLO 4 - I NONNI
5.2 - La scuola
CONCLUSIONI
INDICE