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Serena Valorzi, Mauro Berti, Elisa Bisagni, Michele Facci

#IORESTOACASA… e come faccio?


Guida rapida alla sopravvivenza in epoca COVID-19
Testi:
Serena Valorzi - http://www.serenavalorzi.it/
Mauro Berti - https://www.mauroberti.com
Elisa Bisagni - https://www.facebook.com/illuogosicuro/
Michele Facci - https://www.michelefacci.com

Copertina:
Eleonora Svaldi (Instagram: @el3_art)

© 2020 Reverdito Editore - https://www.reverditoeditore.it


Tutti i diritti riservati. Per informazioni: info@reverditoeditore.it
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Cari Auguri da noi autori

Auguro a tutti quanti noi di essere saggi.


E consapevoli, calorosi e gentili, verso chi ora è a più di un metro di
distanza e verso noi stessi. Mai come oggi abbiamo la possibilità di
ravvivare antichi desideri ed energie rimaste sopite. Oggi possano
invertire paura, nostalgia, rabbia, tristezza, noia e senso di vuoto in
coraggio, amore, correttezza, vitalità, creatività e piena speranza.
Andrà tutto bene, se la faremo andare bene. E la versione migliore di
ognuno noi stessi è qui, nel nostro cuore: diamole spazio!

Serena Valorzi
Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo - comportamentale, con specializzazioni in
Acceptance and Commitment Therapy, Compassion Focused Therapy (primo
livello) e Schema Therapy, scrittrice e formatrice esperta in Dipendenze da
Comportamento, di Assertività e di Impatto emotivo, cognitivo e relazionale delle
Tecnologie di Comunicazione.

Tempi difficili. Tempi, dove ognuno aiuta come può. Tempi dove io
volevo fortemente dare un contributo. Mi sono guardato attorno e,
con gli occhi della fantasia, mi sono immaginato nelle case delle
persone. Ho visto come si comunica, come si tengono le relazioni,
come si frequenta la scuola e come si va a “visitare” i nonni. Da tutto
questo ho tratto una lezione, un significato profondo che mi permette
di affermare che poi, nulla resterà uguale a prima.

Mauro Berti
Scrittore e Formatore nell’ambito dei risvolti sociali delle moderne Tecnologie della
Comunicazione, è Vice Ispettore presso il Compartimento della Polizia Postale e
delle Comunicazioni di Trento e Responsabile dell’Ufficio Indagini Pedofilia.
“Mi prendo cura di me, mi prendo cura di te” è un capitolo dedicato a
coloro che soffrono di un Disturbo del Comportamento Alimentare e
ai loro cari ma che vuole anche mettere in luce l’importanza di
prendersi cura di Sé e degli altri. Questo tempo di quarantena, al
quale si fatica a dare un senso, può diventare un’occasione per
mettersi in ascolto dei propri bisogni e dei propri desideri, delle
proprie paure ma anche dei propri sogni e può trasformarsi in
un’opportunità, per riscoprirsi e prendersi cura di sé stessi. Questo è
il tempo per dedicarsi anche agli altri, ai propri cari e non solo.
Prendersi cura dell’altro, per quanto alle volte possa essere faticoso,
rappresenta un’esperienza preziosa, in grado di portare conforto e
gioia sia in chi riceve sia in chi offre aiuto. Piccoli gesti che
segnalano il proprio esserci e arricchiscono coloro che soffrono e
coloro che curano. Ecco che questo capitolo si trasforma in un invito
ad amarsi, nella duplice forma che può assumere questo verbo:
amare sé stessi e amare l’altro.

Elisa Bisagni
Psicologa con approccio cognitivo-comportamentale, specializzata nell’ambito dei
Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), con particolare attenzione al tema
della prevenzione nell’Era Digitale. Collabora con l’Ambulatorio ospedaliero per i
Disturbi del Comportamento Alimentare, adulti, dell’Azienda Usl di Piacenza.
È cultrice della materia “Psicologia Clinica” presso l’Università Cattolica di Brescia.

Il mio augurio per chi leggerà questo testo è quello di riscoprire il


piacere del tempo di una lettura, di un the caldo sul divano, di un
gioco da tavolo, di un profumo di famiglia. L’isolamento forzato può
crearci molti problemi, certo, ma può anche essere un’opportunità
incredibile o, meglio, dobbiamo farla diventare un’opportunità,
perché è così che possiamo vivere meglio, è così che possiamo
essere poi pronti alla ripresa! Il mio augurio è quello, anche in futuro,
di non scordarti i benefici che puoi avere nel trascorrere un po’ più
tempo in famiglia!

Michele Facci
Psicologo con approccio cognitivo-comportamentale, specializzato in infanzia e
adolescenza. Direttore sanitario di un’equipe di numerosi professionisti a Trento e
a Milano. Perito e Consulente Tecnico presso il Tribunale di Trento, è
Responsabile della Sezione Psicologia Giuridica e Psichiatria Forense
dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi (ACISF).
Introduzione

Ma quanto diverse siamo noi persone!


La mia professione di psicoterapeuta mi sta regalando l’onore di
stare vicina a tante e tante persone anche ora, pur rimanendo
lontani.
E che arcobaleno di reazioni, vissuti ed emozioni si stanno
sprigionando in ognuno di noi, pianeti straordinari…
Ho sempre sostenuto che il contatto reale, gli sguardi che si
intrecciano, i sorrisi che illuminano i nostri visi, le carezze amorevoli,
le mani che si tengono e si stringono, le lacrime asciugate con un
fazzoletto con i personaggini, eventualmente anche una caramella o
un cioccolatino condiviso, sono uno splendido regalo che la nostra
natura ci dà.
Il contatto gentile, caldo, ci fa sentire visti, considerati, rassicurati,
profondamente connessi alla nostra Natura e al mondo e al sicuro,
qualsiasi cosa stia accadendo.
E continuo a sostenerlo.
Una videochiamata, un messaggio, una foto o un video inviati e
ricevuti non sono la stessa cosa.
E continuo a pensare che più di due ore di attività a schermo del
tablet o dello smartphone aumentino davvero il senso di solitudine,
la tristezza da non contatto reale, la perdita di senso, soprattutto per
i più giovani, come le ricerche di Jean Twenge o gli scritti illuminati di
Manfred Spitzer ci indicano con chiarezza inappuntabile.
Ma dobbiamo sopravvivere a questo momento difficile.
E così, come le scimmiette di Harlow1 che nei suoi esperimenti
preferivano una madre di pellicciotta o, in seconda scelta, quella di
freddo metallo e provvista di latte piuttosto che l’assenza di contatto
che le avrebbe fatte cadere nella depressione anaclitica, loro,
rimaste sperimentalmente senza madre, anche noi stiamo cercando
di sopravvivere.
Credo che la cosa importante sia sapere che ci stiamo
accontentando in attesa di poter tornare in contatto vero, di sguardi,
sorrisi, pacche sulla spalla e abbracci forti forti, quelli in cui affidi il
tuo corpo al corpo dell’altro, con fiducia e tenerezza che si scalda del
colore dell’ossitocina, il neuro-ormone della Calma e dell’Amore.
In questo momento penso a tutti coloro che sono costretti nella
solitudine di casa loro, a volte perché sono responsabilmente lontani
dai loro cari, per proteggerli da un possibile contagio.
A coloro che sono soli e soffrono della distanza di una persona della
quale si stavano innamorando. A coloro che sono soli perché una
storia d’amore si è conclusa e i figli sono con l’altro genitore.
Penso a chi è solo ora perché è solo sempre.
Penso a chi si sente solo anche se è in casa con la propria famiglia.
A chi sente il macigno dell’ansia che ti toglie fiato, a chi si sente
dissolvere nel vuoto, a chi non sa più dove mettere le energie di
solito consacrate allo sport, che magari conteneva le ansie e la
vergogna per un corpo mai accettato.
E penso a chi è malato…
Penso alle coppie, a quelle felici, adombrate dal pensiero di
genitori lontani, deprivati dagli abbracci perché in casa di riposo,
affidati alle cure di altri e senza il calore dei familiari.
Penso alle coppie che non funzionano, e che non se lo erano ancora
dette, o a quelle che fanno finta che va tutto bene, cercando magari
lì un contatto veloce e nascosto con qualcuno che non c’è ma di cui
si sente tanta nostalgia, o a chi si rende conto ora che forse una
relazione extra coppia non è davvero la soluzione.
Penso a chi aspettava il giorno del matrimonio, bomboniere già
pronte, a chi si chiede perché al proprio defunto la vita stia negando
un ultimo saluto degno della sua esistenza.
Penso alle famiglie con figli piccoli, che magari debbono andare
al lavoro e non trovano la babysitter o debbono spiegare ai piccoli
che non si può andare dai nonni e non si può toccare l’amichetta
vicina di casa perché i mostriciattoli saltellano da una persona
all’altra, non perché non le piaci più. E a chi sta impazzendo a
gestire i compiti a casa o le lezioni online da proporre ai propri
studenti.
Penso alle famiglie con adolescenti che fino a poco tempo fa
litigavano per andare con gli amici o il fidanzato in giorni che
parevano essere di vacanza e che erano solo l’inizio della tempesta.
A quelli che non sanno più come regolare l’accesso ad internet
perché ora si va a Scuola via internet (ma saranno davvero solo lì?).
Penso a chi si sta affogando di videogiochi sparatutto cercando
di dimenticare la paura, a chi gioca d’azzardo sperando in una
fortuna che ti tolga dagli impicci di un’attività in pericolo, quando ti
sembra di non poter fare altro, e si ritrovano con il conto in rosso
ante tempo.
A chi cerca svago nei video e in maratone di telefilm e addormenta
la mente e si confonde, a chi cerca di riempire i vuoti con il cibo, a
chi si annebbia con l’alcool o le sostanze o la pornografia, o a chi è
in astinenza forzata senza aver avuto il tempo di cercare un aiuto
psicoterapeutico che lo sostenesse in questa sana, quanto difficile e
coraggiosa, impresa.
Penso alle preoccupazioni per l’economia, a chi teme per il
negozio, per la casa, per gli alimenti non dati. A chi sta perdendo il
lavoro stagionale e a chi sente la desolazione di un locale appena
rinnovato.
Penso a chi è terrorizzato dal futuro, a chi non riesce a staccarsi
dai bollettini continui e rimugina idee catastrofiche, magari
confondendo esperienze già vissute con ciò che potrà essere, o chi il
futuro, non riesce proprio a vederlo.
Così mi sono data il tempo di riflettere sul senso di ciò che avrei
potuto fare in questo tempo sospeso, scandito dalle sedute online,
dalle videochiamate con gli Amici e con i miei Genitori anziani, dai
germogli che vedo apparire e dai miei piccoli narcisi che stanno
sbocciando.
Le parole.
Le parole hanno potere evocativo e curativo.
Una seduta inizia con il pianto e il terrore e si conclude con il sorriso
che illumina lo spazio lasciato libero dai fantasmi perché diventato
luogo condiviso, sebbene virtuale e non certo caldo quanto la
presenza dei corpi.
Allora diamo spazio a queste parole!
Così ho condiviso questa idea con alcuni cari Amici che hanno
già scritto, quelli che sapevo avrebbero colto immediatamente il
senso che vorrei attribuire a questo tempo, rallentato, cui possiamo
decidere di mutare colore con la riflessione gentile, a volte concreta,
e sempre benaugurante.
E così potremo dare anche un aiutino a chi sta nelle nostre corsie ed
è tanto coraggioso…

Buona lettura!

Serena Valorzi

1 https://www.stateofmind.it/2016/04/attaccamento-esperimento-di-harlow/
Capitolo 1 - Soli in casa, oppure io e la mia Casa

di Serena Valorzi

Inizio così. La nostra casa non è una gabbia. Stiamo decidendo


di stare a casa. E’ una scelta consapevole, responsabile, tanto che
anche le Istituzioni la stanno incoraggiando.
Non siamo carcerati, siamo eroi che fanno un sacrificio per fermare
tutto questo.
E siamo fortunati perché non siamo in corsia, né all’ospedale, né al
supermercato, né al banco della farmacia (o almeno in questo
momento non siete lì, visto che ci state leggendo e lì non avete
neppure il tempo di respirare o andare a fare la pipì…).
E un tetto, noi, ce l’abbiamo. Perché ora la Casa può essere anche
protezione e calore.
Ma possiamo comunque essere ansiosi, irrequieti, annoiati,
soffocati. Allora, che si fa?
Intanto la paura è nostra amica. Ci sta facendo stare a distanza da
un pericolo reale.
E poi, è soltanto un’emozione, che possiamo accettare e modulare
con pensieri sani, propositivi e benauguranti.
Tutti, almeno a volte, cerchiamo di sopprimere le emozioni
negative, di distrarci, di fuggire in attività, a volte compulsive, che ci
distolgano dal sentire quell’emozione che non ci piace. E’ normale,
comprensibile, profondamente umano, ma non è detto sia la miglior
soluzione, a lungo termine.
Se critichiamo un’emozione (“non dovrei sentirmi così o colà) e
cerchiamo di sopprimerla con violenza, l’emozione si “sente”
sbattuta fuori dalla porta e sarà più aggressiva e prepotente al suo
rientro.
Allora accettiamo semplicemente che c’è, così diventerà più
morbida, e poi permettiamoci di lasciarne entrare anche di altre.
La nostalgia che segnala l’amore, la tristezza che racchiude la
nostra capacità di compassione per gli altri in questo momento di
difficoltà collettiva, la rabbia perché ciò che è bello ci è precluso,
l’ansia che è timore di perdere qualcosa o qualcuno che è
importante.
Lasciamo che ci siano queste emozioni così profondamente
significative, ora offuscate dalle altre, altrettanto umane ma più cupe,
e scegliamo di dare attenzione anche all’amore, al desiderio di
vivere e avere ciò che è importante per noi, alla grinta di immaginare
come poter fare per vivere domani ciò che oggi non si può.
Forse abbiamo un gattino o un cane furbacchione da coccolare la
cui pelliccia asciuga le lacrime, o un pesce, che è carino anche lui ,
anche se non chiacchiera molto. E se comincia a chiacchierare, è
meglio che chiamiamo qualcuno. Un amico, un’amica, un cugino, un
operatore volontario che dà la sua disponibilità, il ragazzo carino che
fa le consegne a domicilio per il supermercato, l’operatore del
gestore telefonico, il nostro psicoterapeuta.
Perché se siamo soli per molto tempo, il nostro cervello comincia ad
allucinare la presenza. E’ un trucchetto del nostro cervello sociale
che immagina presenza anche quando non c’è. Ma per la nostra
salute mentale, meglio parlare anche con qualcuno oltre a parlare
con noi stessi per ore, anche se cambiamo voce e ce la
raccontiamo!
In particolare, attenzione se iniziamo a parlare con il frigo, che è
piuttosto freddino, meglio il forno, più caldo, o la lavatrice, magari le
gira meglio!
Forse abbiamo anche un balconcino o almeno il davanzale di
una finestra, no?
Spero che le vendite di piantine e sementi siano, almeno loro, in
buona salute!
E certo, sintonizzarsi su un tempo e una velocità diversa ci fa bene.
Anche le piante si muovono, comunicano e crescono, solo, con più
pazienza, con velocità diverse dalle nostre… ce lo racconta con uno
stile ineguagliabile Stefano Mancuso, i cui libri possono tenerci
compagnia.
Il contatto con la Natura ci scalda, ci quieta, ci fa sentire connessi
con il mondo e qualcosa di più grande di noi… I Giapponesi fanno
Shinrin yoku2 ovvero il bagno nella foresta… ora nessuno di noi può
farlo davvero, nemmeno nel parco o sulle ciclabili, ma nessuno ci
impedisce di immaginare quanto sarebbe bello stare in un bosco, o
al parco, sentirne il profumo, i suoni saggi e calmanti. Oppure
guardare il nostro piccolo acero rosso, comprato lo scorso anno al
supermercato e che ora, nel suo vasetto, ci lascia immaginare che
diventerà albero… E poi ci sono un sacco di documentari
naturalistici e i pinguini, gli elefanti, le sule dai piedi blu e i bombati
sono carinissimi!
E se non ce l’abbiamo il balconcino su cui tenere in un vasetto
una promessa di albero, coltiviamo il desiderio di averne uno in
futuro, un balconcino intendo, perché magari non a tutti piace l’acero
rosso giapponese, così magari facciamo ripartire anche il settore
immobiliare, quando sarà tutto finito.
Si, il balconcino… ma i soldi? Certo che possono essere un
problema, tanto più ora, ma forse in questo momento stiamo anche
un pochino risparmiando e chissà che delle nuove abitudini non
possano farci ottenere qualcosa di più impegnativo poi: ciò che
avremo desiderato ora.
Oppure possiamo coltivare delle idee, una nuova versione,
declinazione, una nuova spinta per il nostro lavoro.
Proiettiamoci in quello che potremo fare quando questo tempo
sospeso sarà concluso!
Magari anche decidere di lavorare meno.
O utilizzare questo tempo per riflettere (no, non intendo rimuginare di
continuo sugli errori fatti o sui torti che pensiamo di aver subito) su
quale tipo di partner vorremmo al nostro fianco domani, su come
vorremo riaprire e con chi, la nostra vita di relazione dal vivo.
Possiamo pensare ai vecchi amici che non sentiamo da tanto,
scrivere una cosa carina, gioiosa, benaugurante, o sintonizzarci con
il dolore di chi è lontano e preoccupato, o forse, malato… E regalare
conforto.
Guardiamo i video che gli amici con figli ci inviano, se ci fanno
piacere o sentiamoci liberi anche di dire che preferiamo che non ce li
inviino, perché nel nostro animo si scatena il fatto che non abbiamo
figli, o non abbiamo potuti averne.
Abbiamo il diritto di sentire ciò che sentiamo e di esprimerlo, e i
nostri Amici avranno così la possibilità di risponderci che capiscono il
nostro dolore ma che i loro figli ci vogliono bene come fossimo i loro
zii e che loro stessi ci vogliono tanto bene!
Ecco, invece, i video di bambini sconosciuti, li possiamo anche
saltare, perché non pensano a noi, men che meno ci pensano come
zii, visto che non li conosciamo neppure. E poi, non vi sembra che
molti sembrano imbeccati da genitori che stanno crescendo narcisisti
in erba, coltivando la loro necessità di apparire genitori meravigliosi
illuminati dal numero di visualizzazioni?
Stesso vale per i video con le coppie che non conosciamo e che si
amano tanto (o almeno questo vogliono dimostrare al mondo
virtuale) e ci ricordano che siamo stati piantati, traditi, o abbiamo
perso l’amore per strada. Se sono coppie di Amici cari e
sinceramente interessati a noi, va bene: guardiamoli e rispondiamo!
Se i video invece vengono dai nostri figli affidati alle cure
dell’altro genitore, rispondiamo loro subito e scriviamo o diciamo
pure tante cose carine che rimangono nel cuore e che facciano loro
compagnia, o facciamo una bella videochiamata, magari
inquadrando anche le pagine di quel libretto che ci piace tanto
leggere insieme, dal vivo.
Rassicuriamoli che ci mancano tanto ma che saremo tutti coraggiosi
e stiamo facendo come le piante che quando a primavera c’è un
colpo di freddo fermano temporaneamente le gemme, per ripartire
quando il caldo torna.
E poi ricordiamo anche di ringraziare l’ex partner che ci consentendo
di rimanere in contatto con loro. Potremmo aver avuto anche dei
gravi conflitti ma ora è tempo di collaborare e di essere tutti più
gentili.
E poi, non rimaniamo incollati ai bollettini e cerchiamo di non
mantenere l’attenzione fissa a verificare i nostri stati interni, se
stiamo bene, alla ricerca di sintomi da controllare ossessivamente in
internet… (anche la Cyber-condria3, ipocondria aggravata dal web, è
in agguato!)
Angosciarsi di fronte a continui scenari apocalittici non servirà a far
diminuire i contagi, rimanere a casa sì. E allora cerchiamo di
rimanerci il meglio possibile!
Né tanto meno rimaniamo incollati ai video che cercano di
appioppare colpe a qualcuno, sempre alla ricerca di un capro
espiatorio. Perché se c’è un colpevole, c’è anche una vittima
impotente. E noi non vogliamo sentirci vittime impotenti, piuttosto
persone responsabili, connesse agli altri nostri simili che soffrono e
si tirano su le maniche per fare qualcosa di bello e non per puntare il
dito o prepararci a sferzare pugni. Vivere la paranoia ci spiazza, ci
spaventa, ci fa sentire drammaticamente soli e vulnerabili, essere
propositivi e coltivare la speranza ci scalda il cuore.
E anche coltivare la bellezza aiuta, ora che possiamo visitare
virtualmente i musei e la biblioteca dell’UNESCO. Sai che bello
entrare in un museo in cui gironzoli e “contempli” le opere da vicino
senza fare file!
Possiamo riordinare le foto di viaggi, immaginare escursioni
nuove.
La nostra capacità di immaginare, meditare, visualizzare altri luoghi
ci propone la possibilità di calmarci, di attivare una zona verde (si
direbbe in Compassion Focused Therapy) di stimolare il nostro
sistema nervoso parasimpatico che rallenta la nostra reattività, il
battito cardiaco, la frequenza respiratoria, e ci fa sentire meglio e ci
fa ragionare in modo più lucido, oltre a stimolare il nostro sistema
immunitario.
E mai come ora ne abbiamo bisogno…
Per questo i nostri colleghi psicologi e psicoterapeuti ci incoraggiano
a sorridere, perché il sorriso benevolo e dolce corrisponde alla zona
verde, al sistema nervoso parasimpatico attivato, alla calda e quieta
connessione con il Mondo. E forse per questo girano tanti video che
cercano di farci sorridere!
Cerchiamo di mantenere le nostre abitudini quotidiane, quelle
che danno regolarità e rassicurazione che almeno qualcosa è sotto il
nostro potere decisionale.
Non possiamo uscire, va bene, ma siamo liberi di farci la doccia, di
fare ordine in casa (sì, anche quel cassetto che teniamo sempre
chiuso perché temiamo che qualcosa ci salti addosso), di anticipare
le pulizie di primavera (avevate notato quante manate lasciamo sulle
porte bianche?), di farci la barba o la ceretta, di metterci il mascara,
provare quell’ombretto che non avevamo ancora aperto, farci la
french manicure, ché le prime volte sbavi un po’ il bianco e poi ti
accorgi che diventi sempre più brava!
Possiamo lavare, stirare tutti i vestiti invernali, trovare nuove
ricette (non avete ancora provato a fare i pancakes? e i macarons?
gli spazle con la farina integrale sono una bomba!)
Possiamo tirare fuori dal garage la cyclette o seguire un videocorso
di yoga o Tai-chi.
So che qualcuno sta imparando una lingua nuova, o rinverdendo i
ricordi di una lingua studiata da ragazzi.
Certo, le applicazioni per imparare le lingue non sono efficaci quanto
un insegnante madrelingua dal vivo, ma quello si potrà fare dopo,
intanto ci portiamo avanti, con attenzione a non imparare pronuncia
sbagliate (le App sono tante e non danno tutte gli stessi errori,
quindi: triangoliamo per ridurre gli errori!).
Andiamo a fare la spesa. Con le dovute attenzioni, certo, e
seguendo le regole, sempre rispettosi di chi lavora al supermercato
e chi è anziano e impaurito, ma facciamolo, per ricordarci com’è
stare tra i nostri simili, per sentire anche il dolore della distanza di un
metro da tutti e riprometterci di poter essere più affettuosi e
abbracciosi dopo.
Ci farà tanto bene abbracciarci appena potremmo farlo di nuovo!
E intanto, sorridiamo ai nostri simili, e se abbiamo la mascherina,
non lasciamo che la mascherina ci impedisca di dire una cosa
gentile, dare un incoraggiamento a chi sta lavorando lì per noi o a
chi, come noi, affronta questa situazione surreale e trasale nel
vedere che la farina è finita (che, però se non fosse finita, non avrei
provato gli spazle di farina integrale…)
È vero, in questo momento ci sono precluse tante possibilità…
E per molti di noi è difficile convivere con il senso di impotenza.
Allora propongo di dare a questa emozione una luce diversa…
Se ci sentiamo impotenti vuol solo dire che quella cosa lì, che
vorremmo fare ora, non la possiamo fare. Punto.
Ma possiamo fare un sacco di altre cose intanto!
In attesa che i nostri corpi siano liberi di correre, abbracciare,
toccare, sentire ciò che c’è fuori, possiamo liberare la nostra mente.
Permettiamoci di essere liberi di riflettere, di immaginare, progettare
e, soprattutto, di Desiderare.
E per chi pensa che desiderare porti sfiga e che dobbiamo rimanere
angosciati per scaramanzia, propongo che immaginare le cose
brutte future ti fa stare come se le stessi vivendo ora. Mentre al
momento siamo solo nella nostra Casa, al sicuro, eroi che compiono
un sacrificio, con i nostri gatti e cani, con le piantine che
germogliano, con le videochiamate e qualche video divertente e
tanto, tanto tempo per riposarci, leggere, riflettere, nutrirci di nuove
idee o ricordarci di esperienze belle che possiamo progettare di
rivivere domani.
E poi, avete notato? Non siamo mai davvero soli… Qualsiasi sia
la nostra età, qualsiasi sia il momento di vita che stiamo vivendo,
potremo sempre riconoscere nel nostro cuore una parte Piccola,
desiderosa di contatto, gentilezza e rispetto e altrettanto desiderosa
di regalare tenerezza agli altri.
A volte è un Bambino Solo e Vulnerabile, a volte è Arrabbiato, ma se
ce ne prendiamo cura potrà essere un Bambino Felice (Jeffrey
Young, il padre della Schema Therapy, insegna).
Per questo è importante che il nostro dialogo interno (tutti i pensieri
che ci accompagnano, le cose che ci diciamo) mantenga o assuma
un tono gentile, non critico, non punitivo, ma gentile e
incoraggiante… La nostra parte Piccola ascolta e si riconforta, come
un bambino vero che sente il tono di un adulto sano, stabile e
tenero.
Andrà tutto bene.
Ma non andrà tutto bene senza che facciamo qualcosa.
E allora promettiamoci piuttosto che faremo andare tutto bene e
possiamo iniziare ora, prendendoci davvero cura di noi e delle
persone che incrociamo al supermercato, in farmacia, ai controlli, o
scegliamo di “incontrare” in videocall.
2 https://it.wikipedia.org/wiki/Shinrin-yoku
3 https://it.wikipedia.org/wiki/Cybercondria
Capitolo 2 - Le Coppie

di Serena Valorzi

2.1 - Due Cuori e una Casa

Se siamo una coppia felicemente assortita e capace di


connessione, allora siamo proprio fortunati a poter vivere insieme
questo momento così difficile!
Intanto perché possiamo fare tutto ciò che abbiamo letto nella
sezione precedente anche da soli, per salvaguardare lo spazio di
solitudine ricercata che fa bene a tutti noi, a modico dosaggio, e il
nostro bisogno di autonomia. Non parlo della solitudine subìta e da
esclusione, quella fa male a tutti quanti (attiva la Corteccia Cingolata
Anteriore4 come se ci stessimo facendo male fisicamente); per
questo sarà molto importante avere l’attenzione di esplicitare al
proprio partner che in questo momento abbiamo bisogno di stare un
pochino da soli per poter tornare più felicemente in contatto fra poco,
e che la nostra distanza mentale non corrisponde per noi a un rifiuto
o un allontanamento punitivo.
Mi raccomando, non è una considerazione banale: se il o la nostra
partner ha un vissuto antico di trascuratezza o abbandono farà fatica
a tollerare il distacco, a meno che non glielo spieghiamo bene e lo
rassicuriamo sull’amore che proviamo, così evitiamo che stia male e
noi ci evitiamo un rimprovero o un litigio…
Teniamo pure le energie per altro!

- Va tutto bene, Tesoro, ho solo bisogno di stare un pochino solo (o


sola). Vuoi fare qualcosa da solo/a anche tu intanto?
Poi facciamo invece quell’altra cosa insieme? O magari, se ti va,
dopo ti racconto cos’ho letto di interessante.
Hai visto che bravo? Ho anche fatto il ragù tutto da solo :)
- Super! sei stato proprio bravo, grazie! Visto che di solito lo faccio io
è divertente fare cambio! Vuoi che ti insegni anche a stirare?
Poi mi fai vedere come faccio a fare il backup? Dai che ti racconto
cosa mi ha detto la mia amica al telefono!
- Si, dai! Intanto vieni qui che ci diamo un bel bacione e ci
scambiamo un po’ di ossitocina! Sei tanto bella! Sono proprio
fortunato ad averti qui con me…

E poi, possiamo condividere le preoccupazioni e i desideri per ciò


che vorremmo fare e vivere anche dopo!
L’ascolto attivo, l’apertura coraggiosa del nostro cuore all’altra
persona, lasciare che ci conforti e poterla comprendere, confortare e
incoraggiare…
Non è fantastico?
Lo sguardo amorevole, quello che ti permette di risentire ciò che
sentivamo così vivace all’inizio: la tenerezza, il rispetto, il calore
quieto, gli sguardi appassionati, i sorrisi non giudicanti, il desiderio di
stare insieme e in intimità, la sorpresa per questo essere umano così
speciale che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e che abbiamo la
fortuna che ci ami!
E poi, se ognuno di noi ha nel suo cuore una parte Piccola, vuol
dire che anche l’Altro ce l’ha! E allora parliamole con garbo e
gentilezza calorosa…
Credo che sappiate già come vivere bene questo momento.
Tante parole che mettano cornici alle emozioni, che chiariscano le
zone d’ombra che si creano comunque tra noi persone che si amano
ma che non sono uguali, ognuna portatrice del suo vissuto, della sua
storia, dei suoi pensieri.
In questo tempo opaco, una splendida occasione per riscoprire la
ricchezza di quel Pianeta che a volte, presi dal turbinio di cose da
fare fuori o dalla tendenza all’evasione sui social network,
dimentichiamo di avere la fortuna di avere al nostro fianco…
O forse la nostra creatura amata sta tirando fuori lati che non
avevamo conosciuto?
E magari non ci piace così tanto adesso e siamo tristi e arrabbiati? O
non sappiamo come arginare le sue paure e ci sentiamo impotenti,
rimproverati, sbagliati, inadeguati? Bench possiamo ricordarci che di
solito siamo felici insieme e che questo stato è solo temporaneo, è
bene riuscire ad arginarlo prima che provochi danni. Se è così
passiamo alla sezione successiva.
E appena abbiamo rimesso equilibrio piacevole e amorevole tra noi,
ricordiamoci vicendevolmente come siamo fortunati ad amarci e
quanto siamo stati bravi a nutrire la nostra coppia anche in questo
momento di difficoltà.

2.2 - Ci siamo persi…

In questo momento anche le coppie che di solito pensano o


manifestano di stare bene insieme possono trovarsi in difficoltà.
Magari ci accorgiamo di non aver mai trascorso tanto tempo
insieme!
Magari ci accorgiamo che tutte le attenzioni si sono spostate sul
lavoro, sui genitori anziani, sui figli piccoli o quelli che sono appena
andati a convivere, o sui nipotini che ora non possiamo abbracciare.
E così ci siamo dimenticati di nutrire la nostra Coppia.
Risultato… ci siamo distratti, allontanati e siamo diventati quasi degli
sconosciuti…
Eppure… sembra una brava persona, quindi possiamo approfittare
di questo momento per tentare questa nuova ri-conoscenza!
Se siamo stati felici un tempo, l’operazione non sarà complicata.
Perché, se siamo stati felici, probabilmente abbiamo scelto bene il
nostro partner.
Si, ho proprio scritto: scelto bene!
L’Amore è magia, ma anche la magia ha le sue regole di
funzionamento e ingredienti!
Perché se siamo nati e cresciuti in un ambiente che ci ha fatto
sentire amati, protetti, trattati con rispetto, ci ha consentito di capire
che ci sono regole e limiti e ci ha incoraggiato a metterci nei panni
dell’altro e anche a portare pazienza, abbiamo coltivato nel tempo la
profonda convinzione di essere amabili, degni di rispetto, liberi di
esprimere emozioni e desideri e la nostra umana vulnerabilità
aspettandoci anche conforto quando stiamo male e di poterci
ragionevolmente fidare degli altri.
Così, anche se agli inizi potremmo esserci imbattuti in qualche
persona poco capace di amarci, rispettare i nostri pensieri e stati
d’animo, di fidarsi di noi o che ha tradito la nostra fiducia, non
avremmo perso molto tempo e avremmo ripreso con fiducia la
ricerca della persona “giusta” per noi (giusta per noi, perché non
esistono persone “sbagliate”).
Per questo incoraggio spesso i genitori a badare di cercare con tutte
le energie di essere la miglior versione di loro stessi con i propri figli!
Il modo in cui trattiamo i nostri bambini e ragazzi stabilirà quale
partner sceglieranno… e se non vogliamo un genero o una nuora
deficienti nel modo di relazionarsi, tocca a noi in prima battuta
cercare di non esserlo!
Ma anche se abbiamo vissuto in un contesto che non ci ha regalato
la possibilità di vivere questa dimensione gioiosa e vitale, magari
abbiamo avuto modo di lavorare sul nostro “filtro di ricerca persone”
in psicoterapia, oppure abbiamo avuto davvero una gran botta di
fortuna e la persona giusta è arrivata come un fulmine a ciel sereno
apparendo ai nostri occhi come un’illuminazione dopo la tempesta
nonostante avessimo degli occhiali scuri distorcenti che ci facevano
vedere prima solo meravigliose sirene che si rivelavano, poi, mostri
spaventosi o amaramente deludenti.
Quindi, dicevo, se siamo stati felici, basterà ricordarsi come si
stava bene agli inizi, tornare con la mente agli episodi più significativi
e marcati di emozioni, a quanto ci siamo divertiti insieme!
Possiamo riguardare foto, dedicarci del tempo colmo di tenerezza e
desiderio, magari anche prendere carta e penna e scriverci una
letterina d’Amore.
Incredibile come l’amore rinverdisca non appena torniamo a dargli
spazio e ricordi…
O possiamo condividere, con fiducia che l’altro possa capire,
questo stato di estraneità manifestando dispiacere per il fatto che i
sentimenti si siano affievoliti, o possiamo chiederci vicendevolmente
cosa possa esserci successo, manifestando interesse per ciò che
l’altro pensa e sente.
Potremo anche comunicare con chiarezza che ci sono cose che non
capiamo o cose che ci infastidiscono e vorremmo che l’altro facesse
o non facesse, rendendoci disponibili ad accogliere anche le sue
richieste.
Ricordate quando siete andati a vivere insieme la prima volta? Ecco,
sarà come andare a vivere insieme di nuovo, con maggiore
consapevolezza e adultità.
So che qualcuno si invita anche a cena, si prepara quasi come
dovesse uscire (non sarà come il lavoro della parrucchiera e
dell’estetista, ma al supermercato ci sono anche le tinte), accende
qualche candelina profumata e tiene la luce soffusa…
Chissà che non possa riavviarsi anche un’intimità sopita dal tempo e
dal vortice delle attività ora sospese!

2.3 - La coppia litigiosa e/o emotivamente deprivante

Se siamo cresciuti in un contesto emotivamente deprivato, poco


caloroso e empatico, critico, con alte pretese prestazionali o
francamente punitivo (non dico che i genitori siano riprovevoli o
cattivi, hanno sicuramente fatto del loro meglio anche in funzione di
come sono stati cresciuti), potremmo aver nutrito fin da piccoli l’idea
di essere poco amabili, poco abbracciabili, criticabili e poco degni di
essere rispettati, o rispettate, o invisibili, e che sia dunque normale
che gli Altri si comportino di conseguenza.
In Schema Therapy si chiamano Schemi, cioè modi, strutture con cui
ognuno di noi, alla luce delle esperienze precoci, interpreta la realtà
e di cui si avvale per trovare spiegazioni, filtrare le percezioni e
l’attenzione e guidare le proprie reazioni.
Per dirla semplice: Ognuno di noi cerca e accetta l’amore che pensa
di meritare!
Se in base alle mie esperienze precoci ho capito che gli altri sono
generalmente gentili, comprensivi e amorevoli con me, accettanti,
capaci di darmi limiti per il mio bene o per il bene altrui (così ho
anche sviluppato delle buone doti di comprensione dell’Altro e
l’Empatia) e di darmi conforto, protezione e sicurezza e una certa
fiducia nelle mia capacità e grado di autonomia, allora svilupperò
una buona idea di me, degno di amore, rispetto, comprensione, abile
e forte (o per meglio dire resiliente).
Mi aspetterò allora che gli altri mi trattino così e cercherò persone
che siano in sintonia con questi contenuti. Non perderò tempo con
chi tenderebbe a trascurarmi, criticarmi sistematicamente, farmi
sentire non amabile o sbagliato/a. Semplicemente perché non sono
persone giuste per me perché sento e sono fortemente convinto/a di
meritare un amore caloroso, accettante, incoraggiante.
Se in base alle mie esperienze precoci ho capito invece che gli
altri possono lasciarmi, maltrattarmi, abusarmi, criticarmi, punirmi o
semplicemente non guardarmi, trascurarmi, pensarmi non capace e
non amabile o sbagliato/a, penserò che io sono lasciabile,
maltrattatile, criticabile, non amabile, incapace o invisibile e non
interessante, e magari anche che non posso chiedere aiuto e mi
devo arrangiare senza aspettarmi nulla che sia tenerezza e amore
incondizionato.
Quindi, quando cercherò un partner o una partner tenderò (per
quella che si definisce Alchimia degli Schemi) ad un utilizzare una
sorta di “filtro di ricerca persone” con le maglie molto strette che mi
faranno vedere e mi faranno sentire attratto/a da persone che
corrispondono in buona parte alla mia aspettativa (per questo le
persone amorevoli e calorose possono sembrare false, noiose o di
poco valore).
Non è bello, causa danni emotivi ulteriori, ma risponde ad un criterio
di familiarità.
Questo conosco, questo riconosco e questo cerco disperatamente
perché è l’unico tipo di Amore che conosco e credo di meritarmi.
Certo, il partner non sarà completamente rispondente allo
Schema che malfunziona: magari ha in sé un piccolo seme di novità
che potrebbe corrispondere ad una parte di speranza che le cose
possano essere diverse… perché in fondo, tutti coltiviamo la
speranza di poter essere amati, considerati e rispettati…
E questo ci fa dire che, anche se il vostro partner non si comporta in
modo proprio carinissimo, possiamo vedere se le cose possono
prendere un’altra via dando spazio a quel seme allora nuovo che la
nostra parte profondamente sana aveva intravisto!
Se avete la fortuna di aver ricevuto in regalo dai vostri genitori i
primi Schemi o ve li siete guadagnati nel tempo con il coraggio di
aprirvi a pianeti sconosciuti quanto morbidi e calorosi di esperienze
fortunate, significative e profondamente diverse da quanto avevate
vissuto prima, tutto a posto, perché rientrate nella prima o nella
seconda sezione.
Se invece vi riconoscete nei secondi Schemi (i miei colleghi di
Schema Therapy perdoneranno la mia sintesi estrema senza alcuna
velleità di precisione accademica) è possibile che abbiate scelto il
vostro o la vostra partner in ottemperanza ad un filtro ricerca
persona malfunzionante ma che abbiate anche visto o sentito
qualcosa di profondamente sano e curativo, il bagliore negli occhi,
un attenzione, una vicinanza: il seme meraviglioso, la promessa di
poter uscire dagli Schemi maladattivi, che non ha avuto però nel
tempo abbastanza forza per uscirne... e si sa, le erbacce crescono
veloci. Qui si tratta di opera di giardinaggio!
Dunque: se il o la vostra partner è critico, maltrattante, vessante,
vi tiene a distanza o non vi guarda, avete trovate il modo di stare
insieme che corrisponde esattamente al vostro Schema
disfunzionale. Badate bene: non è che l’altro sia cattivo o
distanziante intenzionalmente. Ha solo degli Schemi malfunzionanti
che sono perfetti in questo Alchimia dolorosa.
Ma questo significa anche che anche voi state facendo qualcosa in
ottemperanza ai suoi Schemi…
Allora abbiamo un sacco di spazio d’azione perché possiamo
cambiare il nostro atteggiamento anche subito!

Solo un esempio:

Partner 1.
Sono a casa e sto facendo i salti mortali per portare avanti lo smart
working, i ragazzi connessi alle lezioni online o il bimbo che vorrebbe
(giustamente) giocare e ridere, e tu sei lì, sul divano a far niente! I
ragazzi chiedono sempre a me e mi stanno addosso! Quando
inizierai a fare qualcosa con loro!
Possibile che non ti venga neppure in mente di aiutarmi! Devo
sempre fare tutto da sola! E tutti pretendono che io faccia tutto,
come sempre, nonostante tutte le preoccupazioni che sto vivendo,
senza neppure più andare a fare una passeggiata! Almeno prima
andavo al lavoro e vedevo i colleghi! E tu stavi fuori casa un sacco di
tempo! Ora sei qui e non ti prendi neppure cura di me! Mi dai i nervi
e non ti sopporto, così ti rispondo con rabbia e livore, o ti ignoro
completamente, risucchiata dai miei pensieri (siccome lo Schema
non mi permette di pensare che l’Altro potrà aiutarmi o prendersi
cura di me ora che sono in difficoltà, non ti chiedo niente perché non
mi aspetto nulla di buono e mi arrangio, come sempre).

Partner 2.
Sono a casa e non ho possibilità di uscire. Cerco di fare cose che mi
permettano di isolarmi perché sto tanto male quando sento di essere
criticato… Mi sento incapace, triste, inadeguato, sbagliato, i ragazzi
parlano con te e io sento quanto i nostri rapporti siano poco saldi…
E ogni volta che vedo il tuo viso, sento che non mi vuoi.
In condizioni diverse fuggirei. Al lavoro, alla slot-machine, in
palestra, al coro… O magari anche nelle braccia dell’amante (che
naturalmente ora sclera al telefono perché non ci possiamo vedere e
neppure lei capisce che sono qui a casa). Così ora faccio l’opossum,
cerco di muovermi il meno possibile per non essere visto e criticato.
Vedo che il pavimento sarebbe da passare, ma non va mai bene
come lo faccio e tu sei una furia appena cerco di fare qualcosa.
Figurarsi se mi avvicino per avere un contatto… Sei una belva e io
sto qui nell’angolo, come farei se ci fosse un leone nella mia gabbia,
perché ora non posso fuggire… fuori c’è il coronavirus o i controlli!
Ora provo a descrivere la soluzione alternativa, quella che verrebbe
più facile suggerirvi per chi ha avuto la fortuna (o bravura e coraggio
se da adulto) di strutturare i primi Schemi descritti:
Partner 1. Versione alternativa
Sto facendo la trottola, non ce la posso fare. Tu di solito sei molto
meno a casa e non sai bene come stare con i ragazzi. Che
splendida occasione per te e loro!
Di solito faccio quasi tutto io a casa, così non posso aspettarmi che
tu faccia come faccio e voglio io. Ma posso chiederti gentilmente se
dopo cena puoi occuparti tu della cucina o domani mattina se
preferisci, prima di colazione però, perché i piatti in giro mi danno i
nervi al mattino.
Fallo per me, per favore. Non è un problema se non hai la mia
stessa mente, la tua va benissimo per altre cose, in queste magari
non sei così capace. Ma puoi imparare! E io credo in te!
E sarà sufficiente che ci provi. Puoi regalarmi la possibilità di
cambiare il mio assetto mentale, puoi regalarmi la sensazione di
essere degna di cure e amore. Puoi chiedermi come mi sento e io
ascolterò come ti senti tu.
Ma devo dirtelo, e non in modo critico e duro, visto che mi ha
raccontato (o ho scoperto in terapia di coppia) quanto ti facessero
male le parole dure di tuo padre.
Tu non sei nella mia mente, nulla è scontato e tutto costruibile in una
cornice di parole.
Se ti ho scelto qualcosa di profondamente sano ho visto e sentito.
Vediamo dove è finito questo seme…
“Amore, sono distrutta (o distrutto) potresti aiutarmi a… prometto che
cercherò di non criticarti, in qualsiasi modo tu lo faccia.
E abbracciami, ho bisogno di conforto e pace, e di sentire che mi
vuoi bene…”
Partner 2 alternativo
Detesto stare così. Mi sento incapace, criticabile, non va mai bene
niente e non è mai abbastanza, non sono mai abbastanza. Come
quando ero ragazzo. Ora basta. Voglio utilizzare questo tempo per
riavvicinarmi ai ragazzi, non voglio più sentirmi ospite in casa,
costretto alla fuga.
Di fatto, ora non posso fuggire, sarà mica un segno del destino?!
E allora posso chiederti come stai, se posso esserti di aiuto e
quando mi dirai, infastidita, che non c’è niente e che ti arrangi, potrò
insistere che io desidero aiutarti e sentirmi parte di questa Famiglia.
Che ti amo e ti chiedo di non criticarmi ma di dirmi cosa vorresti che
io facessi. E se pensi che io sia un idiota a non vedere che c’è da
passare l’aspirapolvere, pensa che magari è vero, mio padre me lo
ha sempre detto. Forse per questo mi sento così in handicap ora,
perché nessuno mi ha detto che crede in me e ha bisogno di me. Ma
ne ho tanto bisogno e vorrei che lo facessi tu…
Altrimenti posso chiedere ai ragazzi cosa pensano che potrei fare
per la mamma, magari hanno qualche buona idea e io posso
riconnettermi con loro!
“Amore, mi dispiace vederti così sovraccarica, forse finora non me
ne sono reso conto, ma fai davvero tantissime cose!
Vorrei esserti di aiuto ma sono un po’ in difficoltàà. Sai, non è colpa
tua ma mi sento così triste e criticato per tutto… Mi sento un pesce
fuor d’acqua…
Forse anche tu ti senti abbandonata e costretta a dover fare tutto da
sola? Lascia che ti aiuti, per favore!
Cosa ne dite? Certo bisogna fare un bel salto coraggioso!
Magari dopo questo periodo potrete prendere in mano le cose tra voi
con più agio e quiete, magari pensare anche ad una terapia di
coppia (in terapia di coppia non ci si va solo quando si è ai ferri corti,
sarebbe bene viverla quando si hanno ancora sufficienti risorse
emotive e interesse e affetto per l’altro!).
Ma poiché questo è solo un manualetto di sopravvivenza allo stare a
casa, intanto potete provare così!
Se già provate a pensare che la Vostra persona non ve lo fa apposta
e che sta solo reagendo ai suoi Schemi e alle difficoltà contingenti,
potete risintonizzarvi con la tenerezza per voi stesse/i o per lei/lui!
E ciò non significa sottomettersi, solo gestire l’urgenza in modo
ragionevole e quieto, gentilmente e rispettosamente.
In effetti non ha un che di paradossale la descrizione dei partner 1 e
2? Notate i circoli viziosi?
Eppure, sono solo due persone che non si stanno capendo…
E le parole gentili, amorevoli e colme di buoni propositi possono
essere magiche! Vogliamo dar loro spazio?
Appena avrete reso il terreno più morbido, provate a rileggere le
due sezioni precedenti. Le cose carine da farsi insieme faranno bene
a tutti e potranno abbattere la tensione anche tra voi, lasciando più
spazio a quello di cui, all’inizio, vi eravate innamorati!

2.4 - La coppia violenta

Questa è la condizione peggiore.


Per voi, certo ma soprattutto per i vostri figli che vedono, subiscono,
piangono, si arrabbiano nel silenzio delle loro camerette o cercando
di mettersi tra voi.
No, questo non potete farlo.
Non potete far vivere a loro ciò che avete vissuto voi (perché temo
che lo abbiate già vissuto, vero?)
Quello che vedono è quello che accetteranno di vivere domani.
E voi, questo lo sapete perché state accettando di riviverlo ora.
Qui è tempo di darsi una calmata. Tutto in pausa.
Se vi sentite in pericolo, chiamate il 112. Mandate un messaggio.
Qui in Trentino è stata lanciata anche un’App che permette di
mandare un messaggio se avete paura di chiamare. E intanto
chiudetevi in una stanza.
No, l’altro non è cattivo/a e no, non è colpa vostra, e non siete
provocatori o provocatorie.
Ma avete delle difficoltà, delle ferite gravi nel cuore che chiedono la
responsabilità di fermarvi o farvi aiutare per fermarvi.
Non siete cattivi, ma avete bisogno di cure, di allenare
l’autocontrollo o di imparare a scegliere partner diversi perché se vi
alzate le mani o sputate veleno incandescente con le parole, fate
danno a voi, all’Altro e ai vostri Piccoli che non se lo meritano.
Se riuscite a contenervi, per favore, nutrite il pensiero che potreste
farvi aiutare per avere una vita diversa una volta fuori da tutto
questo.
La violenza è una dinamica e come tale potete interromperla, ma
avete il dovere in questo momento di fermarvi.
No, il vostro amore non lo salverà, anche se piange, vi ha fatto male,
ha fatto male a sé e ai Piccoli che vedono.
No, non è colpa vostra ma avete il potere e la responsabilità di
fermarvi.
Siate eroi che interrompono la catena.
Fatelo.

2.5 - La coppia fuori dalla coppia


È l’ora del distacco. Niente più incontri furtivi, gioiosi e accesi dal
desiderio proibito.

Qualche messaggio chiusi in bagno, con l’ansia di essere scoperti.


Le liti via messaggio, il blocco sui social network, le ricerche
spasmodiche, la gelosia, gli stati su WhatsApp e i post avvelenati
che sai si riferiscono a te. E tu che sei risentito/a, arrabbiato/a,
terrorizzato/a all’idea di perdere la tua oasi, ora che ti sembra di
stare nel deserto.
Il tuo angelo che sembrava così paziente e gentile si sta tramutando
in una belva.
Allora forse è il caso di chiederci, con tutta la comprensione per
l’Altro/a che sicuramente soffre tanto: ma cosa sto facendo?
Perché sto vivendo una vita doppia? Perché non riesco a cambiare
le sorti della mia prima coppia? Perché non faccio un tentativo per
salvarla o perché non prendo una sana decisione, seppur dolorosa,
di chiusura se veramente non c’è più nulla da fare?

Certo, se anche il tuo angelo si è tramutato in belva, c’è da


chiedersi se sia la persona giusta o se, di nuovo, richiami gli Schemi
maladattivi di cui parlavamo due sezioni sopra.
Se hai lasciato entrare un’altra persona nel tuo cuore, di certo con la
prima qualcosa che non andasse c’era, ma forse anche l’Altra/o non
è la soluzione giusta per te. Prendi il tempo di riflettere. Di sentire se
sei innamorato/a di lei/lui o se sei innamorato/a della situazione.
Perché se non vuoi abbastanza bene a te, nessuno andrà bene.
Prenditi cura di te e cerca di vivere questo momento come una
pausa che devi alla tua prima coppia, prima di operare una scelta
importante e coraggiosa. Certo puoi vincere o lasciare, ma
raddoppiare significa non essere fedele a te, ancora prima che alle
altre tue due persone. Prenditi il tempo per essere coraggiosa/o.

Oppure siete in due a soffrire della distanza ma continuate ad essere


gentili, pazienti, comprensivi e supportivi.
E quanto ti manca l’altra persona! E per quanto cerchi di fare o dire o
sentire qui, niente, senti che non c’è più motivo, o desiderio, o
possibilità di stare insieme felicemente. E pensi sempre all’altra
persona, che ti riempie, ti completa, ti fa sentire amato/a,
considerato/a, rispettato e in sintonia con il Mondo.
Può essere che se foste entrambi liberi la magia si spegnerebbe, ma
varrebbe la pena provare?
Se no, ti sei già risposto/a.
Se sì, anche.
Ma non lasciare che questa esperienza non lasci un segno positivo.
È difficile, dolorosa, triste, angosciante… fa’ in modo che sia
illuminante per te e decidi di non vivere più in questo stato lacerante
di sdoppiamento che è stata illusione di tregua e oasi. Coraggio!

E poi, indipendentemente dalla vostra situazione sentimentale…


Avete anche dei figli?
Ecco, allora guarda loro! Ne hanno diritto!
Te lo ricordi quanto li avete desiderati? O quando ti sei innamorata/o
di loro anche se non li avevate previsti?
Potresti anche separarti dal loro papà o dalla loro mamma, ma loro
saranno sempre legati a te. E dal modo in cui li guardi, dal modo in
cui parli loro o li abbracci, da come gli leggi le storie o giochi con
loro, dipenderà come saràà quel legame.
Ricordati anche che dal modo in cui ti vedono stare con l’altro
genitore, imparano, oggi, a stare, domani, nella loro coppia.
E sentire un genitore infelice può insegnare che stare in coppia è
così…
Direi che questo periodo di vita sarà piuttosto indaffarato e
faticoso, ma sono certa che la farai andare bene!

4 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14551436
Capitolo 3 - Bambini che vogliono correre e
ragazzi romantici

di Michele Facci

La cronaca e i social network sono ricchi, in questa contingente


emergenza sanitaria, di continue lamentele. Chi ritiene che il
governo si sia mosso male, chi si sente privato delle sue libertà
costituzionali, chi ritiene che sia tutto un complotto. La verità è molto
più semplice: l’uomo contemporaneo, l’uomo del Digitale,
dell’energia nucleare e dello sbarco sulla Luna, per la prima volta si
trova ad affrontare un fenomeno di una complessità tale per cui
nessun sistema politico, sanitario, giuridico o sociale era
sufficientemente preparato. Nessuno, nel mondo intero. Certo, è
sempre successo: le epidemie ci sono state raccontate da diversi
autori durante i secoli, ma leggere Manzoni non è certo come
guardare fuori dalla finestra e veder passare solo le ambulanze.
Sappiamo che le epidemie sono naturali, e fanno parte della storia
umana, ma ci eravamo dimenticati che non ne siamo immuni, che
non fanno parte solo del passato. La malattia Covid19 ci riporta con i
piedi per terra, a dover fare i conti con la realtà e con i nostri limiti
ma, forse, anche con quello che davvero conta nella vita: la vita
stessa.
Questa è la lezione: dobbiamo pensare un po’ anche alla nostra
vita, che significa alla nostra salute, ai nostri cari e perché no, anche
alla nostra casa. Il nostro nido insomma, un nido che forse la vita
frenetica che conducevamo - bruscamente interrotta - ci stava
facendo dimenticare. Ecco però che nel nido, ci sono anche i
cuccioli. Bambine, bambini, ragazzi e ragazze che forse non erano
proprio così abituati a un imperativo richiamo all’ordine e a un blocco
totale delle loro uscite. Molti giovani, sicuramente la maggioranza,
hanno colto con grande responsabilità le misure restrittive prese
dalle Autorità, mettendosi persino a disposizione per uscire a fare la
spesa per gli anziani presenti nel condominio, o più semplicemente
aiutando in casa la mamma e il papà. Molti altri invece hanno
lasciato le loro abitazioni al Nord, mossi dalla paura, in un vero e
proprio esodo di rientro al Sud, portando con sé anche il Corona
Virus (più precisamente il ceppo che ha generato la pandemia,
chiamato Sars-CoV-2).
Ci sono però anche casi molto più semplici, ma complessi:
convivere con un adolescente, 24 ore al giorno, potrebbe non essere
così facile per un genitore. Come nemmeno pare sia facile spiegare
a un bambino cosa sta succedendo o, comunque, impegnarlo tutto il
giorno, stravolgendo i suoi ritmi. Un’occasione dunque, quella di
tornare tutti al nido famigliare, ma occorre saperla gestire al meglio,
ecco dunque nelle prossime righe, qualche consiglio utile.
I bambini, iperstimolati oggi da una scuola sempre più avanzata,
da infiniti impegni sportivi e non che scandiscono la vita dei nostri
piccoli, potrebbero trovarsi da un lato felici, finalmente, di riposare un
po’, dall’altro un po’ spiazzati dallo sconvolgimento dei loro ritmi.
Potrebbe subentrare la noia, o ancora potrebbero esserci sentimenti
di impotenza o di paura. A prescindere da quale sia il disagio, ecco
un elenco di buone prassi che possiamo adottare con i nostri
bambini:

1. Organizziamo la giornata: impostiamo degli orari per i compiti,


per i pasti, per il riposo, per il gioco. Lo stare a casa non deve
essere sregolato e disorganizzato.

2. Ascoltiamo le emozioni dei bambini: non dobbiamo aver paura


delle paure dei bambini, parliamo con loro, rassicuriamoli sul fatto
che essere un po’ spaventati è normale, ma che è sufficiente
seguire i consigli degli esperti e stare a casa per essere al sicuro.

3. Spieghiamo cosa sta succedendo: è importante che i bambini


abbiano una spiegazione al perché devono stare a casa e perché
si è tutto messo in pausa. È possibile utilizzare anche delle
risorse pensate appositamente, come questo video realizzato da
Ogha: https://www.youtube.com/watch?v=ttfyyQGdZFg.

4. Giochiamo con i nostri cuccioli: il gioco è un momento


indispensabile, permette di educare, di sperimentare, di
condividere. I bambini saranno felici finalmente di poter giocare
più spesso con i loro familiari. Limitiamo l’utilizzo del computer e
degli strumenti digitali, favorendo giochi da tavolo o altri giochi
che prevedano l’interazione in famiglia. Se il bambino vuole
uscire per correre e per saltare, possiamo con un po’ di creatività
organizzare la casa per permettergli di fare un po’ di movimento
senza necessariamente dover uscire.

5. Facciamo cose insieme: possiamo cucinare con i bambini, fare


le pulizie assieme a loro, possiamo coinvolgerli nelle attività
domestiche. Sarà molto educativo, frenerà la noia, e permetterà
loro di comprendere al meglio i sacrifici che molti genitori fanno
tra lavoro e gestione della casa.

Gli adolescenti, soprattutto i più romantici, potrebbero cercare in


ogni modo di violare le regole pur di restare in contatto con il primo
amore, pur di rubare un bacio al sapore di adrenalina. Altri
potrebbero invece avere il tempo e l’occasione per perdersi ancora
di più nei meandri della rete internet, occupando la noia (o il senso di
impotenza?) con videogiochi online o con i più diversi social network
(sommersi, in questo periodo, di pericolosissime notizie false). Ecco
dunque tre consigli anche su come poter rapportarsi a loro:

1. Diamo obiettivi: non ha molto senso organizzare noi la giornata


(o la vita?) dei nostri ragazzi, molto più efficace responsabilizzarli
e dar loro la libertà di poter gestire al meglio il loro tempo. Certo,
possiamo dare degli obiettivi e delle regole: per esempio,
possiamo chiedere che ci aiutino a fare delle cose in casa, che
studino, che stiano al computer un certo limite di tempo e così
via. Non stressiamo però i nostri figli ogni volta che non li
vediamo studiare, non devono solo studiare, e magari hanno già
studiato, o hanno pianificato di studiare più tardi. Cerchiamo di
dar loro responsabilità. Questo li farà sentire più ascoltati, più
apprezzati anche nella loro – se pur ancora immatura – “adultità”.
Chiediamo anche a loro un segno di responsabilità nell’aiutarci a
gestire questa emergenza, a volte i giovani ci sanno stupire e
non sono tutti bamboccioni come talvolta crediamo.

2. Attenzione alla Rete: il gioco online o i social network


potrebbero assorbire molto tempo dei vostri ragazzi. D’altronde
nel mondo virtuale hanno sicuramente più controllo e libertà di
quella che possono avere – soprattutto in questo momento – nel
mondo concreto. Aiutiamoli però a riflettere su questo punto, e
magari invitiamoli a riflettere proprio su queste emozioni. Un
ottimo modo potrebbe essere quello di far loro riscoprire
alternative. Perché non provare a insegnare a cucinare una
buona torta a un giovane adolescente? O ancora non fare una
bella partita a un gioco da tavolo? Forniamo alternative divertenti
e credibili che possono integrarsi nella loro routine quotidiana.
Ora che sono obbligati a stare a casa, sarà molto più facile
attirare la loro attenzione con questo tipo di proposte.

3. Viva le emozioni: non banalizzate i giovani romantici,


probabilmente sono proprio quelle persone che sanno rendere il
mondo un posto meraviglioso. Non sgridateli quindi se
desiderano vedere i loro amori, non banalizzate questa richiesta,
non dite frasi come “siete giovani, potete anche vivere senza
vedervi per un po’” perché è assolutamente irrispettoso e
terribilmente sgradevole oltre che invalidante. Molto più efficace
mostrare comprensione ed empatia, ricordandoci magari all’età
dei nostri figli avremmo forse ragionato nello stesso modo. Più
utile, spiegare loro che anche se non ci fossero le regole fornite
dalle Autorità, lo stare a casa e non vedersi è un proprio un
grande gesto d’amore. Significa rispettarsi vicendevolmente,
evitare ulteriori contagi, stare al sicuro, per poi ritrovarsi ancora
più innamorati di prima, avendo affrontato e superato un
momento così difficile.
Capitolo 4 - I Nonni

di Serena Valorzi

Cari Nonni,
come non pensare a Voi…

In questo momento siamo lontani, perché abbiamo il terrore di


portarvi la malattia, voi che spesso già non state molto bene.
Oppure siete ammalati, a casa.
Siete soli e ci mancate, vi pensiamo e speriamo che stiate ben
attenti a tener botta in un momento in cui siamo tanto preoccupati (vi
siete fatti portare la spesa? state bevendo abbastanza? dormite
bene?).
Avete vissuto una vita piena e siete la nostra Storia. Non solo
perché avete vissuto prima di noi, non solo perché avete accumulato
esperienza e ci fate dono della Saggezza ma perché la vostra
Esistenza, la vostra Vita, ci ricorda che tutto passa!
E attraverso i vostri ricordi, capiamo tante cose di noi…
Sappiamo che avete fatto del vostro meglio, sempre.
Certo, a volte vi è venuto meglio, a volte un po’ peggio, ma avete
sempre contribuito a renderci le persone che siamo, con le nostre
zone di forza, di calma serena e con le nostre vulnerabilità e la
capacità di connessione (non dico via internet, ma con il senso del
Mondo).
E comunque, anche se avete forse fatto qualche errore, lo avete
fatto giusto per ricordarci che noi esseri umani ne facciamo, pur non
avendone intenzione.
Ci mancate. Anche a chi di noi non è riuscito (ancora) a
sviluppare una relazione con voi che sia ricca di parole, perché
sappiamo che dietro i vostri gesti, i vostri sguardi, i vostri sorrisi e
anche dietro alle espressioni a volte seriose, ci sono sentimenti
vivaci, di cui lo sguardo attento coglie il bagliore.
Avete vissuto il post guerra, siete stati coraggiosi, anche solo
perché ci avete messi al mondo, perché vi siete curati di noi e ci
volete bene.
Grazie tante a tutti Voi Nonni!
E poi, se ci state leggendo, allora siete proprio dei Grandi!
Perché anche se la tecnologia sembrava troppo complicata, avete
accettato qualche tempo fa che vi regalassimo un tablet, uno
smartphone, per stare in contatto con noi, figli e nipoti, o con i vostri
amici, magari non solo su WhatsApp ma anche con Facebook o con
Instagram.
E ora leggete un e-book! oppure vi abbiamo inviato uno screenshot
e state leggendo questa letterina che è tutta dedicata a Voi!
Se siete soli a casa, ricordate ai vostri nipoti di inviarvi anche la
schermata della parte dedicata a chi è da solo a casa.
Se avete la fortuna di essere in due, tenetevi compagnia, e siate
buoni e gentili tra voi!
Pensate che le vostre gentilezze reciproche portano il segno di
quello che vorremmo fare per voi, ora che non possiamo… e
comunque, ricordateci di inviarvi la schermata della sezione Coppie
a Casa!
Così magari trovate qualche cosa di diverso di cui parlare,
l’ossessione del coronavirus non vi terrà lontano dalla malattia, stare
a casa, disciplinatamente, come eroi alla vostra ennesima
esperienza difficile, si!
Sono certa che state già curando i fiorellini sul balconcino o sul
davanzale delle finestre, magari avete anche un piccolo giardino?
Fantastico! Speriamo che il sole regga, ché fa bene all’umore, e che
almeno possiate prendere un po’ d’aria (sembra che sia migliore a
quando siamo tutti a casa).

Oppure avete un gattino, o un cagnolino che portate fuori a fare i


bisognini (occhio a non cadere, mi raccomando! e fate ciao ciao con
la mano ai vostri vicini di casa con i quali magari siete anche riusciti
a mettervi d’accordo per uscire insieme, anche se a qualche metro di
distanza; state attenti, per favore, fatelo per noi!).
Mascherina, anche se sappiamo che faticate a respirare. Ce
l’avete? Altrimenti forse i vicini di casa carini ve ne avranno regalata
una! (se non siete nonni ma state comunque leggendo, pensate al
Nonno o alla Nonna che abitano vicino a voi!).
E se non ci avessero pensato, chiedete, per favore!
Chiedere aiuto adesso ci ricorderà che saper chiedere aiuto è una
gran bella trovata che la Natura ha inventato per farci vivere bene
assieme ai nostri simili…
E se lo sapete fare Voi, potremmo farlo anche noi!
Avete i gomitoli? Nonna, ne approfitteresti a farmi un golfino? o
una copertina?
Nonno, ricordi che mi hai promesso di portarmi a funghi nei tuoi
luoghi segreti? Non ne abbiamo mai avuto il tempo o forse ci
sembrava cosa di poco conto, ma ora che siamo lontani, ci sembra
importantissimo!
Chiamateci, anche quando sembra che ci stiamo dimenticando di
voi, perché non ci siamo dimenticati, ma le lezioni online dei ragazzi,
i compiti, il nostro lavoro in smart working ci hanno risucchiati…
Aiuto Nonni!
Ricordateci che siamo sempre stati bravi e che siete fieri di noi!
Anzi, se gli occhiali sono ancora buoni, e potete ancora scrivere di
vostro pugno, scriveteci…
Una letterina, un diario di questi giorni o delle vostre Vite intere, e
scriveteci di cosa avete provato quando siamo arrivati noi!
Perché anche se sembra scontato, scontato non lo è, come il
fatto che possiamo dirvi che vi vogliamo bene e ci mancate…
Magari adesso, via telefono o messaggio, riusciamo a farlo senza
che l’imbarazzo spezzi le nostre voci…
Tanti, tanti auguri, Cari Nonni, aspettiamo di poter stare a meno
di un metro di distanza per potervi abbracciare forte forte…
Capitolo 5 - La Lezione digitale del CoronaVirus

di Mauro Berti

5.1 - Mai più come prima?

Certo è che l’arrivo di questa nuova pestilenza ha davvero


cambiato la nostra vita toccando in modo profondo moltissimi
aspetti, come mai avremmo immaginato. Il cambiamento portato da
questo virus viene paragonato a quello che si è avuto con le grandi
Guerre Mondiali. Ovviamente, quando facciamo questo parallelo,
parliamo, per lo più, di cose studiate o raccontate perché oggi sono
davvero poche le persone, tutt’ora in vita, che hanno vissuto quegli
eventi in età della ragione.
Ecco, qui parte la mia prima riflessione, nella quale manifesto la
mia tristezza nel vedere, nuovamente, quelle medesime persone,
oggi anziane, che un tempo hanno vissuto gli eventi bellicosi, colpite
da questo nuovo nemico, questa volta perfettamente invisibile, che
sa leggere le debolezze del fisico e le sfrutta per vivere e propagarsi.
Queste persone, i vecchi, sono quelle che ci hanno permesso di
essere qui, di avere tutto quello che abbiamo, perché, loro, spesso,
hanno fatto una vita di rinunce. Sono quelli che in poche occasioni,
nel corso della loro vita, si sono presi il tempo per se stessi, perché
prima hanno incontrato la guerra e il dopo guerra, poi hanno
costruito le nostre famiglie e infine sono diventati i migliori babysitter
dei nostri figli. Quelle mani tremanti, che molti di loro hanno, non
sono solo artefici del nostro benessere, ma sono soprattutto piene di
storia, storie che spesso non sanno più nemmeno raccontare perché
non ne sono capaci o perché non trovano più nessun uditore
disposto a regalare loro del tempo o a prestare loro attenzione.
Noi, e i nostri figli, abbiamo altro da fare, abbiamo altri ritmi di vita, e
raramente sospendiamo il tempo per osservare, capire, rielaborare
l’eredità ricevuta, ciò che ci sta accadendo quotidianamente attorno,
o per pensare all’eredità che stiamo preparando per le generazioni
più giovani.
La mia generazione, e quelle dei giovani (Millennial e la
generazione Z), hanno impattato violentemente con le moderne
tecnologie digitali delle comunicazioni e, a causa di ciò, si è
verificata una forte e spaventosa accelerazione dei ritmi di vita,
provocando, innanzitutto, tra altri numerosi effetti, la perdita della
cognizione del tempo.
Ci avevano convinto, le aziende, soprattutto quelle tecnologiche, gli
informatici, la politica, che a utilizzare massicciamente il computer, lo
smartphone, i tablet e la Rete, avremmo recuperato molto tempo per
noi e per la nostra vita.
Penso, e credo di non sbagliare di molto, che poche persone, oggi,
siano davvero convinte che la tecnologia ci abbia regalato spazio e
tempo per assaporare quest’epoca.
Mi occupo da oltre vent’anni anche di questo: ho la fortuna di avere
un’attività lavorativa, le indagini telematiche, che mi permette di
abbinare questo tipo di esperienza alle ricerche e agli
approfondimenti che altri fanno e pubblicano, consentendomi di
acquisire conoscenze che mi fanno osservare con un occhio più
attento i cambiamenti che il mondo digitale ci ha imposto.
Improvvisamente è cambiato tutto.
Non mi permetto di affiancare questo tempo con quello della Grandi
Guerre, nonostante le vittime primarie predestinate appartengano
sempre alla medesima generazione, ma possiamo certamente dire
che mai, dalla fine della seconda Guerra Mondiale vi sia stata, nel
nostro paese, un’emergenza così grande, generalizzata (che ha
colpito tutti i settori) che ha imposto a tutti gli italiani, indipendente
dall’età, dal grado di ricchezza, di impiego o di condizione sociale,
cambiamenti così forti e generalizzati come è successo ora.
In realtà si parla, in questo momento (nel corso della stesura di
questo testo), di cambiamenti imposti a quasi tre miliardi di persone,
e questo dato numerico non può che crescere nel tempo, man mano
che questa nuova pestilenza si allarga, e va a colpire altre zone
abitate del nostro pianeta.
È cambiato tutto nello spazio di soli due mesi: i nostri riferimenti, il
tempo, le compagnie, il lavoro, la scuola, il rapporto con e tra le
persone (ci si guarda in modo strano mentre siamo nelle code ad
attendere i nostri turni), i confini degli appartamenti, il
sovrappopolamento delle case, la vivacità delle persone e dei figli, i
canali televisivi, la grandezza del divano, lo spessore delle pareti, e
moltissime situazioni, soggettive, che hanno forti ripercussioni su di
noi, sul nostro carattere e sulla capacità che abbiamo di assaporare
la vita.
Il mio specifico settore d’interesse, le moderne tecnologie digitali
delle comunicazioni, entrano a pieno titolo tra i cambiamenti, e
permettetemi, questi appaiono ai miei occhi, oggi, davvero
memorabili.
La tecnologia digitale è neutra e per questo, nonostante sia uno tra i
principali elementi che incidono sui nostri cambiamenti (vedasi per
approfondimenti libri quali Generazione Cloud, Cyberbullismo e
Cercami su Instagram scritti con Valorzi e Facci), non possiamo
addossarle la responsabilità delle nostre mutazioni di vita e
relazionali.
E fino a ieri abbiamo convissuto con un preciso paradosso; i giovani
fanno un uso smodato del mondo digitale (gioco e comunicazione) e
gli educatori, spesso poco interessati, lasciano che questi nuovi
babysitter tecnologici (per giovani, ma anche per adulti) facciano la
loro parte senza intervenire nel processo formativo.
Oggi improvvisamente è cambiato tutto!

5.2 - La scuola

Quante volte ci siamo detti che per tutti gli strumenti digitali che
abbiamo a disposizione negli Istituti d’Istruzione, per dotazione
personale o scolastica, come ad esempio computer, tablet,
smartphone, lavagne multimediali, connessioni alla Rete, server,
router, programmi didattici, motori di ricerca che permettono di
arrivare a risorse gratuite praticamente illimitate, l’utilizzo che se ne
fa appare quasi irrispettoso del nostro tempo.
Abbiamo a disposizione strumentazioni tecnologiche in grado di
abbattere i confini temporali (l’ora di lezione) e spaziali (l’aula) della
didattica ordinaria, per farne che cosa? Poco più di un PowerPoint.
Ricordo di aver fatto una particolare parafrasi durante un mio
intervento al convegno sulla scuola digitale organizzato nel 2012 da
Edizioni Centro Studi Erickson S.p.a. (La Scuola nell’era digitale),
che narrava di un extra terrestre, con più secoli di vita alle spalle,
venuto a visitare le nostre scuole e i nostri laboratori di ricerca due
volte negli ultimi 350/400 anni. Ho immaginato (e raccontato) quel
visitatore intergalattico intento a osservare una scuola e un
laboratorio di ricerca (ad esempio quello di Newton) del 1600; poi, a
distanza di secoli, torna, e visita un Istituto Scolastico attuale e un
laboratorio di ricerca moderno, ad esempio il CERN (Organizzazione
Europea per la Ricerca Nucleare) di Ginevra - Svizzera. Quando
entra nel laboratorio di Ginevra tutto appare nuovo, tecnologia,
macchine, modo di lavorare e modo di pensare, ma rientrando nel
mondo scolastico lo ricorda perfettamente. Qui, il cambiamento è
stato minimo in relazione ai laboratori, ma quella scuola prepara i
giovani a entrare anche in quel mondo della ricerca.
Quindi, da fuori, la scuola appare ferma, statica in relazione ai
cambiamenti tecnologici, ma frequentata da giovani che si nutrono
continuamente di software, app e connessioni.
Giovani che hanno, talvolta, relegato alla tecnologia la propria
socializzazione, la costruzione della rete amicale e certamente le ore
di svago che vengono vissute utilizzando giochi digitali che si vivono
attraverso la Rete.
Sì, in media, un giovane tra gli 11 e o 17 anni utilizza la tecnologia
per le tre funzioni citate circa sei ore al giorno.
D’altra parte, il mondo dei docenti, che sono ormai diventati, per
un svariata serie di motivi, gli educatori primari degli adolescenti,
sono poco avvezzi all’utilizzo della tecnologia in classe, nonostante
l’impegno delle aziende tecnologiche che ha fornito loro una serie di
strumenti (ambienti di lavoro e di condivisione di contenuti) di
prim’ordine.
In realtà bisogna riconoscere che una piccola parte dei docenti, da
tempo, ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo della didattica
digitale in quanto il Piano Nazionale Scuola digitale del 2015 dà le
prime indicazioni per introdurre l’Innovazione Digitale negli Istituti
Scolastici e per creare la figura dell’Animatore Digitale; quest’ultimo
rappresenta il primo tassello del rinnovamento scolastico e un nuovo
modo di pensare a una scuola anche digitale o tecnologica.
In Trentino, la mia zona d’origine (che vede il mondo scolastico
gestito a livello provinciale) questa nuova figura è stata creata nel
2017 con il Piano Provinciale per la Scuola Digitale ed è diventata
operativa a pieno titolo solo lo scorso anno. A questi insegnati è
stato, spesso, assegnato anche il compito di referente per il
Cyberbullismo previsto dalla Legge 71/2017.
Poi, improvvisamente, arriva il CoronaVirus!
Chiudono le scuole, si blocca la didattica, i ragazzi sono costretti a
casa in una sorta di provvedimento cautelare presso la propria
abitazione di residenza, e lì (nella propria abitazione) passano ore e
ore talvolta annoiandosi.
La tecnologia è un bel passatempo, ma certamente non si può
pensare di far lievitare ulteriormente le ore passate con uno schermo
in mano a giocare.
Nel frattempo, entrano in campo i docenti, indecisi, incerti, rallentati
(nel settore tecnologico) ma volenterosi, in un momento storico
disastroso, di assumersi con serietà tutte le responsabilità del caso.
C’è chi si arrangia, chi chiede aiuto all’amico e chi si serve delle
strutture informatiche messe in campo dal proprio provveditorato e
hanno inizio ore e ore di lezione digitali, svolte sì in classi che
potremmo definire virtuali, ma composte da giovani e docenti che si
conoscono davvero e che con impegno cercano di trarre il massimo
risultato da questa nuova esperienza.
Appare proprio strano trovare giovani, all’ora giusta, davanti alla
webcam non perché giocano o socializzano (attività che vanno di
certo per la maggiore) ma perché docenti coscienziosi lo vogliono e
si prestano a questa nuova, ma necessaria, scommessa.
Le fatiche che si incontrano fanno scoprire risorse che non si
pensava di avere.
Parlando con alcuni di loro si viene a conoscenza di uno strano
fenomeno, quasi carsico, che anima molti animatori digitali (docenti
più esperti tecnologicamente) e che li vede impegnati a organizzare
classi digitali, ma anche ad aiutare il collega, tramite WhatsApp, che
incontra delle difficoltà, o a fare delle video conferenze per la
formazione degli stessi colleghi.
I docenti cercano di organizzare aule digitali alla stregua di veri e
propri “eventi pubblici” online ristretti alla classe: più persone, gli
studenti, si ritrovano tramite la Rete e una piattaforma software,
contemporaneamente, e riproducono l’aula e i suoi componenti
permettendo la discussione delle lezioni. Il docente che dirige può
usare diversi strumenti online, mostrando slide, filmati,
confrontandosi in diretta con gli altri partecipanti, che possono a loro
volta scrivere o parlare.
Si leggono lettere sui giornali che spiegano come i docenti,
ripresi nella propria casa, appaiano più disponibili e più raggiungibili,
più uguali ai giovani, perché manifestano anche loro (i docenti) i
problemi che tutti hanno nelle proprie case; chi ha la stanza un po’ in
disordine, chi i figli piccoli che intervengono nelle dirette scolastiche,
e chi non riesce a configurare bene il proprio computer e si fa aiutare
dal proprio studente, che, magari, non è proprio il più bravo, ma in
quel momento, quest’ultimo, sentendosi utile, si sente anche stimato
e valorizzato.
In alcune lettere ci sono Dirigenti scolastici che piangono l’assenza
del caos dei propri alunni e altri che sono certi che questa nuova
fatica serva per ritornare, più avanti, più forti di prima.
Dall’altra parte ci sono studenti che manifestano il disagio di non
andare a scuola e di incontrare fisicamente i propri pari, e dicono
che mai avrebbero pensato che la scuola mancasse così tanto.
Mancano le relazioni sul piano di realtà, quelle fatte fuori da Internet,
proprio quelle che i giovani erano convinti, perché le avevano, non
servissero a nulla.
Quindi, troviamo ripensamenti interessanti che faranno (spero)
nascere riflessioni appropriate, sia ai docenti, nel modo in cui si può
vedere la tecnologia e il mondo digitale, sia ai giovani che hanno
sempre dato per scontate le relazioni fuori Internet e per questo non
sembravano capaci di gustarne le potenzialità.
Penso che i genitori ricevano, a loro volta, elementi importanti su
cui porre una riflessione, in seno, soprattutto, all’impegno personale
profuso dai docenti dei loro figli e che hanno potuto constatare sin
dai primi giorni della chiusura delle scuole, e per tutto il periodo di
questa strana emergenza.
Che sia l’avvio di una nuova alleanza Scuola - Famiglia, finalizzata a
cercate e create strategie performanti per promuovere nuovi e
appropriati modelli educativi? Dove rientri in campo la valorizzazione
del docente e della figura dell’educatore a discapito della
delegittimazione che spesso avviene alla presenza degli alunni?
É certamente presto per dirlo, ma oggi abbiamo di fronte davvero
una bella occasione.

5.3 - Il mondo dell’informazione

Certo è che parlare del mondo dell’informazione in generale


prima dell’arrivo del CoronaVirus provoca in me davvero irritazione e
fastidio. Voglio essere più chiaro; la fotografia che ho in mente,
generata dalle sensazioni percepite in questi ultimi lustri, è davvero
pallida, sbiadita, ed è composta da soggetti che primeggiano nelle
loro comunicazioni solo perché urlano più di altri, o perché sono più
tecnologicamente attrezzati o solo in virtù del fatto che hanno più like
e sono quindi maggiormente seguiti da un pubblico.
Bisogno ammettere che il tempo dell’informazione verticistica è
davvero finito; questo sistema di propagazione delle notizie partiva
da un fatto, da un esperto che lo commentava, da un giornalista che
lo proponeva (discuteva e l’approfondiva), da un’opinione pubblica
che ascoltava e rielaborava e che si faceva, infine, un’idea propria in
relazione a quell’argomento.
Mi spingo anche a dire che, è plausibile ritenere che per moltissimo
tempo il mondo giornalistico abbia utilizzato, in parte, questo potere
(anche se era possibile cambiare il canale della televisione o leggere
da un altro e diverso quotidiano) per scegliere e selezionare le
informazioni che riteneva più appropriate al suo pubblico e che poi,
con lo schema su rappresentato, ha divulgato a discapito di altre,
facendole giungere poi a tutti noi.
Con la comunicazione orizzontale, introdotta dalla Rete, questo
schema è completamente saltato e chiunque oggi è in grado di
proporre informazioni, notizie, approfondimenti che, in taluni casi, si
sono completamente destituiti del senso di veridicità.
Nascono così le Fake News, le notizie false.
In Rete circolano continuamente, ne sentiamo parlare in televisione
e sulla carta stampata, ma di ciò si tratta. Si tratta di informazioni che
in taluni casi sono completamente prive di fondamento e, in altre
circostanze, sono verosimili, ovvero hanno una sottostante reale e
sono leggermente modificate ad arte al fine di essere forvianti ma di
sembrare veritiere.
In questo strano tempo troviamo anche Influencer e Youtuber, seguiti
da milioni di utenti, che vengono ascoltati, indipendentemente dalla
loro competenza, più di scienziati o ricercatori che parlano in
relazione a studi ben supportati da test e riscontri.
L’utente di Internet si fida di più della Rete che del mondo
dell’informazione giornalistica, perché suppone che il proprio pari si
esprima quando conosce un fatto e lo ripubblichi se ne è certo.
Possiamo forse dire che abbiamo le informazioni che ci
meritiamo. D’altronde, se è vero che Internet non ci regala mai nulla,
perché le informazioni, raccolte faticosamente con il lavoro
giornalistico dovrebbero arrivare sui nostri schermi gratuitamente?
Quando succede, forse, dobbiamo porci delle domande?
Forse bisogna iniziare a chiederci qual è il luogo idoneo per trovare
le informazioni e iniziare a dare importanza, crescente, alle fonti che
nel tempo abbiamo riscontrato come autorevoli.
Certo è che un Forum, un Blog, un Social Network gestiti da perfetti
sconosciuti hanno bisogno di essere verificati più e più volte prima
che gli venga affidato il bollino di spacciatore di informazioni
affidabili.
Inoltre, potemmo fare un’ulteriore valutazione: quando siamo
davanti a una notizia che viene propagata tramite la Rete Internet si
ha a disposizione un Link (URL) che permette una piccola verifica
della fonte e questo è un dato che potrebbe anche aiutarci a
riconoscere l’eventuale bugia. Ma quanto le informazioni viaggiano,
come spesso accade negli ultimi anni, tramite WhatsApp con un
messaggio o un video che viene inoltrato di volta in volta
continuamente, verificare le fonti da dove parte quell’informazione è
per tutti praticamente impossibile.
Di certo c’è che, quella notizia arriva da uno dei miei contatti, e per
questo motivo, se non sono adeguatamente preparato a gestire
questo traffico informativo, sono portato a dar autorevolezza al mio
informatore. Vi è da dire anche che il mondo multimediale è davvero
molto efficace nella comunicazione, quindi, perché dubitare di un
video che comunica chiaramente un fatto?
Poi arriva il tempo del CoronaVirus.
Il problema, ora, diventa davvero serio. Qui la gente muore davvero
e, tutto questo, non sembra una finzione lontana, cinese. Nasce, tra
la gente, la necessità di avere informazioni vere, qualificate, certe,
fornite da persone o istituzioni che siano affidabili, autorevoli.
Tornano ad aumentare le vendite e gli abbonamenti dei giornali
cartacei o digitali, e questo succede perché vi è la necessità di
addomesticare la paura che ci avvolge e che ci fa sentire impotenti.
Abbiamo bisogno di sapere cosa dicono davvero gli esperti, che
conoscono almeno in parte la materia, perché preparati ad
analizzare questo genere di problema. Loro sanno leggere
correttamente i dati e, con l’aiuto dei matematici, interpretano i grafici
che via via si sviluppano attraverso i numeri (dei contagi, dei guariti,
dei testati e dei morti) e ci forniscono informazioni.
Apprezzo, nonostante ogni giorno sia un pugno nello stomaco, la
scelta della Protezione Civile Italiana di tenere una conferenza
quotidiana alle 18 del pomeriggio. Qui vengono forniti, seppur crudi, i
dati reali di ciò che sta accadendo in tutta la nostra Nazione, e ciò,
se stiamo ben attenti, ci mette parzialmente al riparo da voci
incontrollate che potrebbero, in un momento così delicato, seminare
panico, indirizzare gli animi delle persone e favorire la nascita di
focolai di ribellione.
Ripensate un attimo a tutti i video che circolano sulla piattaforma
di WhatsApp, realizzati all’intero delle strutture ospedaliere o in
contesti affini, che testimoniano sì l’impegno del personale sanitario,
ma anche, involontariamente (?), pubblicizzano fallimenti,
insuccessi, criticità e ogni altra informazione negativa, che tocca
fortemente la sensibilità delle persone, e che possono essere da
chiunque facilmente decontestualizzati e manipolati ad arte.
Che effetto possono avere queste informazioni su di noi, soggetti
che in larga parte non abbiamo chiavi interpretative di fenomeni
sanitari, e per giunta di cosi estrema ed eccezionale gravità? E
ancora, che valore può avere un filmato, che per quanto reale possa
essere, cattura una situazione estremamente parziale di un aspetto
certamente crudo e reale, ma che forse in campo medico si verifica,
a nostra insaputa, più e più volte? Naturalmente quel contenuto
impatta fortemente su di noi e sulla nostra stabilità, e l’effetto
destabilizzante che produce può essere amplificato per via
dall’assenza di parametri e filtri in grado di decodificare
quell’informazione, in modo tale da poterla archiviare e
contestualizzare correttamente.
In Rete stanno emergendo gruppi di persone che potremmo definire
negazioniste, volte a ridurre tutte le informazioni relative a questa
emergenza a un complotto ordito, a volte da un governo, in altre da
associazioni non meglio identificate. Queste tesi vanno a fomentare
focolai di protesta che, per altri motivi, legati più all’aspetto
economico, si stanno sviluppando nel nostro Paese. Queste sono
legate a disagi economici veri, reali, che devono affrontare
un’importante fetta di persone che non aveva attività lavorative
ufficiali e che oggi risulterebbero escluse dalle varie forme di
sostegno elaborate dal nostro Governo.

5.4 - Calo della delinquenza ordinaria e crescita di quella


telematica e delle violenze in casa.

Siamo tutti relegati in casa, obbligati a convivere in spazi ristretti


moltissime ore della nostra giornata e per quanto pesante possa
essere questa nuova situazione, ha portato con sé un particolare
effetto collaterale. I reati sono in netto calo.
Il report5 sui crimini elaborato dalla Direzione centrale della
Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza rileva
una impressionante, anche se comprensibile, contrazione dei crimini
quali: lo sfruttamento della prostituzione (-77%); le violenze sessuali
(-69%); i furti in genere (-67,4%); i furti in abitazione (-72,5%); i furti
con destrezza (-75,8%); le rapine in uffici postali (-73,7%); gli altri
generi di rapine (-54, 4%) e quelli collegati agli stupefacenti (-46%).
Il dato relativo ai maltrattamenti in famiglia, che registra
anch’esso una sensibile diminuzione (-43,6%), potrebbe non
rispecchiare appieno la fotografia esistente ed essere viziato, in
realtà, solamente dal calo delle denunce dei crimini. Gli esperti
indirizzano verso questa interpretazione della situazione, perché
ritengono che a fronte di un aumento sensibile delle ore di
convivenza non possa registrarsi un’inversione cosi netta del
fenomeno. A tal proposito vi sono alcuni Uffici Giudiziari (e la
Procura della Repubblica istituita presso il Tribunale di Trento è uno
di questi) che hanno rappresentato di spingere in modo particolare,
in caso di questo genere di delitto, al fine che l’assegnazione della
casa di residenza sia affidata sempre e comunque a favore della
vittima o del soggetto debole.
Viene registrato invece un incremento della criminalità
informatica, comprensibile per via dell’aumento delle ore di
connessione delle persone, agevolata proprio per la situazione cui
siamo tutti costretti a casa in uno stato di fragilità psicologica.
Tra le minacce più diffuse vi sono quelle che circolano via eMail,
come quella, ad esempio, inviata da un medico o con comunicazioni
urgenti relative allo stato di allerta del CoronaVirus: è facile essere
tratti in inganno anche se non si è degli sprovveduti, perché in questi
messaggi è possibile nascondere un insidioso malware. Tra i più
ingegnosi? La finta mappa di diffusione del Coronavirus: la eMail
proveniente da inesistenti centri medici che fornisce aggiornamenti
sulla diffusione del CoronaVirus invitando ad aprire un allegato
contenente un virus informatico di tipo RAT (un malware che
consente all’hacker di assumere il totale controllo del dispositivo
trasformandolo in uno zombie e usandolo da remoto per compiere
altri attacchi informatici).
La Polizia Postale ha ufficializzato che al momento sta lavorando
a una eMail di una fantomatica dott.ssa Penelope Marchetti esperta
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che con linguaggio
professionale e credibile invita i destinatari (potenziali vittime) ad
aprire un allegato contenente indicazioni per evitare il contagio da
Coronavirus, ma che, in realtà, cela un subdolo virus informatico
capace di carpire i nostri dati dai nostri dispositivi.

5.5 - Combattere con la tecnologia l’isolamento e il


distanziamento sociale.

Dal 10 marzo di quest’anno siamo tutti bloccati in casa, rispettosi


dei decreti emanati via via dal Presidente del Consiglio dei Ministri, e
le comunicazioni digitali sono letteralmente esplose. Tutti abbiamo
iniziato a forzare questo isolamento fisico mandandoci dei filmati,
carini, che hanno il compito di alleggerire la tensione in atto e di
aiutare a sdrammatizzare questo particolare e difficile momento.
Video carini e divertenti, a volte ironici e in altre occasioni sarcastici
o beffardi, hanno iniziato a girare, analogamente al CoronaVirus, in
maniera virale. Li abbiamo ricevuti da un amico, da un collega o
dell’amante e li abbiamo girati o inoltrati, al parente, alla fidanzata, al
figlio o ai gruppi di WhatsApp degli amici burloni che abbiamo
costruito in passato, prima che questo isolamento imposto ci
chiudesse tra le mura domestiche, amiche, ma talvolta difficili da
sopportare.
Siamo andati in Internet a cercare un filmato che avesse le
caratteristiche espressive idonee a rappresentare quel particolare
sentimento che, in quel momento, ci aveva pervaso, e che volevamo
comunicare alle persone a noi vicine.
Sì, filmati che hanno preso il posto delle parole, capaci di
rappresentare un concetto, un sentimento, in grado di comunicare
uno stato d’animo o solamente con la pretesa di far sorridere.
C’è chi ha preso gli strafalcioni di qualche amministratore locale, li
ha isolati (le gaffe) e decontestualizzati per aumentarne l’effetto, e
poi via, inoltrati nei vari social o nelle piattaforme di comunicazione
quali WhatsApp, Telegram e altre affini. Altri invece hanno preso i
cartoni animati, li hanno privati dell’audio e poi, con inventiva, hanno
rifatto i dialoghi inserendo parole e tematiche giuste per comunicare
un concetto, una situazione o un’ilarità.
Ci stanno facendo ridere e compagnia queste comunicazioni, ma ci
insegnano anche, parallelamente, a comprendere meglio gli
adolescenti e il loro mondo tecnologico, perché, loro, ormai da
tempo utilizzano l’universo multimediale per dialogare (tra loro), per
esprimersi, e per farsi riconoscere nel mondo.
E che dire delle video comunicazioni? Se potessero parlare i
server di WhatsApp, di Skype e delle altre piattaforme che
permettono le videochiamate si interrogherebbero certamente sulla
crescita esponenziale e improvvisa di videocomunicazioni che sono
obbligati a far passare tramite la loro tecnologia.
Noi adulti poco avvezzi (amo descrivermi come un ritardato digitale),
che mai in passato abbiamo utilizzato questo modo di comunicare, ci
siamo attaccati al tasto che lo permette e abbiamo iniziato a fare
dirette comunicativo con gli amici (ci sta), con i figli che vivono fuori
casa, che sono rimasti piacevolmente sorpresi, ma poi, in questo
turbine, sono entratati i nonni (che vivono anche loro in clausura
separati, per motivi di vita, dai loro affetti) e me li immagino, colpiti
che ciò si può fare con la tecnologia e commossi nel vedere le
prodezze dei nipotini.
Oggi una video chiamata non la risparmiamo a nessuno, nonostante
sia uno strumento invasivo, perché mostra le nostre case e noi come
siamo e non come vorremmo essere. Immagino l’arrivo
dell’ennesima video comunicazione: la moglie che chiede al marito
di non inquadrare quel lato della casa, nemmeno l’altro e soprattutto,
che non si permetta di girare verso di lei la videocamera, perché
stamane non ha avuto il tempo (?) non cura i capelli, o perché
indossa già il pigiama.

5.6 - Risorse in rete inaspettatamente raggiungibili con il


CoronaVirus.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani indica, tra gli altri


principi, che l’individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla
vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al
progresso scientifico e ai suoi benefici.
Non so se i numerosissimi musei italiani abbiano risposto, come
hanno fatto, mettendo on-line tutte le risorse disponibili, per via di
quanto sancito nella Dichiarazione Universale, ma io ne dubito, o se
invece la spinta è venuta con le iniziative #museichiusimuseiaperti e
#laculturanonsiferma delle quali sono anche promotori, ma questo
ha fatto sì che un numero impressionate delle nostre case di cultura
abbiano in poco tempo messo on-line e sui social realtà declinazioni
virtuali delle loro bellezze atte a promuovere i loro contenuti.
Tra i musei aperti ci sono la Pinacoteca di Brera, il Poldi Pezzoli
(#PoldiPezzoliStories), il Gam di Milano e Torino, la Triennale di
Milano (Decameron: storie in streaming), il museo Nazionale
Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci (#storieaportechiuse), la
Fondazione Musei Civici di Venezia, la Fondazione Accorsi, i Musei
Reali di Torino, XNL di Piacenza, il Museo di Palazzo Grimani,
Museo Palladio, il Complesso della Pilotta di Parma, Palazzo
Madama, il Museo Nazionale di Ravenna, la Galleria degli Uffizi, I
Musei Vaticani, La Galleria Borghese, il Museo di Capodimonte e
molti altri.
Nel corso della stesura di questo testo mi sono rilassato
riassaporando i musei vaticani a questo Link
http://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/collezioni/musei
/tour-virtuali-elenco.html.
Pensate che fortuna per gli studenti e per gli adulti di oggi, avere a
disposizione, tramite la Rete, queste e altre risorse per studiare la
cultura e l’arte del nostro pianeta, o solamente per passeggiare in
qualche città del mondo e assaporare la geometria o le costruzioni di
questi luoghi che, forse, mai avremmo la possibilità, altrimenti, di
vedere.

5 https://www.interno.gov.it/it/notizie/emergenza-coronavirus-ridotti-spostamenti-
netto-calo-i-reati
Capitolo 6 - Mi prendo cura di me, mi prendo cura
di te: come affrontare i Disturbi del
Comportamento Alimentare durante la
Quarantena

di Elisa Bisagni

In questo clima di notizie allarmanti e confuse il caos rischia di


travolgerci e sentiamo sempre più necessario trovare delle strategie
per ristabilire il controllo, quanto meno all’interno del nostro mondo
interiore. Questa è una situazione che mette a dura a prova
chiunque e che risveglia in tutti un forte senso d’impotenza. La
questione si complica ulteriormente per quelle persone più fragili che
hanno fatto del controllo sul cibo e sul proprio corpo la strategia
privilegiata per tentare di sedare il proprio dolore interno, psichico. È
il caso delle persone con Disturbo del Comportamento Alimentare
(DCA), un disturbo psicogeno, che nasce da una sofferenza
psicologica e si esprime attraverso un rapporto disfunzionale con
l’alimentazione e con il proprio corpo. I DCA6 più noti sono
Anoressia Nervosa (AN) e Bulimia Nervosa (BN). Nonostante alcune
differenze ciò che accomuna questi disturbi è il fatto che l’autostima
delle persone che ne soffrono sia strettamente correlata con il
proprio peso e con le proprie forme corporee. Il motivo per il quale
questi due aspetti vengono fortemente controllati risiede nel fatto che
da essi deriva il valore che la persona riesce ad attribuirsi. La
quarantena in casa può ostacolare alcune delle pratiche che queste
persone sono solite mettere in atto, aumentando, di conseguenza, lo
stress e le emozioni negative sperimentate.
Chi soffre di Anoressia tende a restringere, ovvero a alimentarsi
in maniera insufficiente rispetto alle proprie necessità. Questo
determina un sottopeso, ovvero un peso inferiore a quello ritenuto
adeguato per un corretto funzionamento dell’organismo e, quindi,
per la salute psico-fisica. Generalmente seguono diete ipocaloriche,
povere non solo da un punto di vista quantitativo ma anche
qualitativo, fino a veri e propri digiuni. Spesso a questi regimi
alimentari poveri viene associata un’intensa attività fisica, come
strategia per ridurre ulteriormente l’apporto calorico giornaliero.
L’isolamento (o la quarantena), vissuto in molti casi all’interno del
nucleo familiare, impedisce o quanto meno ostacola, gran parte di
queste pratiche. La presenza costante di altre figure rappresenta un
buon deterrente per la sotto-alimentazione e per l’iperattività ma può
indurre stress ed emozioni negative in coloro che si sentono
controllati. Questo può determinare tensioni all’interno dei rapporti e
discussioni, e può innescare un circolo vizioso che porta la persona
con DCA a ricercare nel controllo dell’alimentazione e del corpo, una
strategia per gestire la propria emotività.
Chi soffre di Bulimia sperimenta un vissuto molto simile a quello
di coloro che soffrono di Anoressia, non a caso, secondo alcuni
esperti, esse rappresentano le possibili variazioni dello stesso
Disturbo del Comportamento Alimentare7. Ciò che differenzia
maggiormente le persone bulimiche dai soggetti anoressici, sono le
abbuffate. Queste possono essere considerate episodi di sovra-
alimentazione nei quali la persona, in un breve lasso di tempo,
assume una grande quantità di cibo (superiore a quella che la
maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in
circostanze simili), sperimentando la spiacevole sensazione di
perdita di controllo. Ciò che più facilmente scatena le abbuffate sono
i periodi di restrizione alimentare, i momenti di stress e le emozioni
negative, che il soggetto tende a gestire proprio attraverso il cibo.
Questo discontrollo dell’impulso legato alla fame determina la ricerca
e l’ingestione di una quantità di cibo eccessiva, viene vissuto come
impossibile da arrestare e al suo termine porta con Sé intensi
sentimenti di vergogna. Quando l’episodio di fame incontrollata si
conclude il senso di colpa e la paura di ingrassare portano, i soggetti
bulimici, a mettere in atto una serie di comportamenti di compenso.
Le più frequenti strategie compensatorie sono: vomito auto-indotto,
abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica
eccessiva. Proprio la messa in atto di questi metodi rappresenta la
principale differenza tra la Bulimia e il Disturbo da Alimentazione
Incontrollata (Binge Eating Disorder), nel quale le abbuffate non
sono seguite da condotte compensatorie.
L’emergenza sanitaria legata al Coronavirus determina un clima
di preoccupazioni, incertezze ed emozioni negative e induce alti
livelli di stress, fattori di rischio per le abbuffate. La presenza di altre
persone all’interno della propria abitazione può rappresentare una
risorsa ma può anche alimentare vissuti faticosi poiché può
ostacolare la messa in atto di abbuffate e di comportamenti
compensatori, creando tensioni all’interno dell’ambiente familiare,
possibili trigger8 per episodi di alimentazione incontrollata. La
maggior disponibilità di cibo presente in dispensa in virtù della
necessità di fare, ad esempio, copiose scorte per ridurre al minimo le
uscite a fare la spesa, costituisce un ulteriore fattore di rischio per le
abbuffate. A complicare la situazione si segnalano anche la continua
diffusione di meme9 di questo tipo:
Prima e dopo la quarantena

Questo tipo di contenuto che associa la quarantena all’aumento


di peso viene vissuto in maniera leggera ed ironica da chi non soffre
di un DCA, mentre può diventare fonte di intensa preoccupazione
per chi presenta una fragilità su questo tema. Questo può portare a
vivere in maniera ancora più negativa la reclusione in casa, a
sperimentare alti livelli di stress ed emozioni faticose, che possono
portare a sentire sempre più forte la necessità di controllo sul cibo e
sul corpo. Possono quindi alimentare alcuni aspetti tipici della
patologia come la restrizione alimentare, l’iperattività e le strategie
compensatorie, che a loro volta possono indurre tensioni
nell’ambiente domestico, in un circolo vizioso difficile da arrestare.
In queste poche righe si è cercato di mettere in luce gli aspetti
principali del disturbo per poter suggerire consigli e strategie per
rispondere adeguatamente ai bisogni di coloro che soffrono di un
DCA e ai loro familiari. Soffrire di un Disturbo dell’Alimentazione
significa avere una patologia psichiatrica che non deve essere
banalizzata, considerata una moda o un capriccio di persone
superficiali interessate solo all’aspetto fisico. È un dolore profondo
che trova nel corpo il mezzo attraverso il quale esprimersi. Questo
comporta la necessità di affiancarsi a queste persone con la
consapevolezza della loro sofferenza e senza giudizi. Un compito
difficile, alle volte, soprattutto quando si è affettivamente legati ad
esse. Anche se certi comportamenti e certi pensieri sono difficili da
comprendere familiari, amici e partner di coloro che hanno un DCA
devono provare a porsi in una dimensione di ascolto che trasmetta al
proprio caro la possibilità di dialogo e confronto. Saper ascoltare le
cose “piccole” infonde fiducia nell’altro che, più facilmente, troverà il
modo di aprire le porte del proprio mondo interiore. In questo periodo
di quarantena le persone che vivono all’interno della stessa
abitazione sono portate a condividere maggiormente tempi e spazi e
ad essere più vicine fisicamente ma questo non si traduce, in
maniera automatica, in una presenza autentica. È importante
sfruttare questo momento per accorciare le distanze, per aprire
dialoghi, confronti e per fare attività insieme che possano
trasformarsi in opportunità per avvicinarsi e per dimostrare all’altro il
proprio “esserci”. È importante che i discorsi non si concentrino solo
sugli aspetti alimentari o sulla malattia, non farebbe altro che
produrre tensioni. Allo stesso tempo è importante aiutare le persone
a seguire il piano alimentare concordato e le diverse prescrizioni
terapeutiche fatte dai professionisti. Durante la quarantena la terapia
deve proseguire, trovando modalità differenti. Diventa, quindi, di
fondamentale importanza che i pazienti svolgano regolarmente i
colloqui con i professionisti che li hanno in carico: psicologi,
psichiatri, nutrizionisti, ecc. Nell’Era Digitale disponiamo di diverse
piattaforme e strumenti tecnologici che ci permettono di accorciare le
distanze e che, mai come ora, rappresentano preziosissime risorse.
Ecco, quindi, che il colloquio in presenza può essere sostituito dalla
videochiamata, tramite Skype, WhatsApp, Zoom, ecc. L’ulteriore
aspetto positivo delle piattaforme appena elencate è che danno la
possibilità di inserire più partecipanti, in questo modo è possibile fare
colloqui allargati sia includendo più membri dell’equipe curante (es.
psicologo e dietista), sia altri membri del contesto familiare. Questo
favorisce la sensazione sia nei pazienti che nei familiari di non
essere soli, abbandonati a loro stessi a gestire questo momento
faticoso. Permette di sentire che qualcuno, benché a distanza, si
prende cura di loro. Un lavoro, quello di coloro che curano, che non
si limita alle quattro pareti di un ambulatorio o di uno studio. Il
confronto con i professionisti e le loro indicazioni si rivelano
necessarie non solo per i pazienti ma anche per i familiari, che
possono sentirsi consigliati e sostenuti in questa nuova situazione
che, inevitabilmente, impone un adattamento per poter risultare
positiva. Grazie alle nuove tecnologie si può partecipare a diversi tipi
di gruppi nei quali la possibilità di confronto diminuisce il senso di
solitudine, d’incertezza, fatica, rabbia e paura. Esistono vari gruppi,
da quelli terapeutici a quelli di auto-mutuo-aiuto, sia per pazienti che
per familiari. La possibilità di parlare e di essere ascoltato e la
condivisione di difficoltà e soluzioni all’interno di un gruppo di
persone che possono comprendere il proprio vissuto rappresenta
una risorsa preziosa. Il dialogo e le parole in questo momento
diventano gli strumenti migliori per “esserci” e per riuscire a vedersi
al di là della malattia.
Un altro aspetto che aumenta la necessità di esercitare un
controllo sul proprio peso e sul proprio corpo è la percezione
d’impotenza che si sperimenta in questo periodo di emergenza. Il
clima d’incertezza e paura, le preoccupazioni per la propria salute e
per quella dei propri cari, i dubbi rispetto al futuro sono solo alcune
delle difficoltà che ciascuno di noi è portato ad affrontare. La chiave
sta proprio nella parola “affrontare” e non attendere in maniera
passiva che questo tempo passi. Il panico deriva dalla sensazione di
trovarsi di fronte ad un pericolo ma di non avere adeguate risorse
per fronteggiarlo. Diventa importante, quindi, recuperare un ruolo
attivo in questa situazione, per rinforzare il proprio senso di auto-
efficacia e non sentirsi in balia degli eventi, destinati a subire in
maniera passiva ciò che sta accadendo. Sentirsi utile e sentire di
poter dare il proprio contributo aumenta il senso di padronanza sulla
situazione e rinforza la percezione di essere parte di qualcosa di più
ampio. Non importa quanto grande sia il proprio contributo, ognuno
fa sulla base di quelle che sono le sue competenze, le sue risorse e
le sue possibilità. Azioni per gli altri che si trasformano anche in aiuto
per sé stessi. Chiamare o scrivere regolarmente a qualcuno che
sappiamo essere solo o in difficoltà, offrirci di fare le commissioni per
le persone più fragili, usare i canali social per promuovere messaggi
positivi o per diffondere notizie corrette e verificate, per contrastare
eventuali fake news, fare piccole donazioni in favore dell’emergenza
sanitaria (verificando accuratamente i destinatari), promuovere
attività di gruppo online (webinar, corsi di yoga, attività creative,
bricolage, ecc.), scrivere biglietti e lettere alle persone amate,
ringraziare, ecc.
Diventa fondamentale, quindi, ri-acquistare un ruolo attivo in
questa emergenza sanitaria ma anche nella propria vita.
Rappresenta la possibilità di sperimentare un senso di controllo
sano, allentando la necessità di esercitarlo sul corpo e
sull’alimentazione. Di grande utilità per non lasciarsi travolgere dal
caos emotivo si rivela l’organizzazione della propria giornata.
Mantenere la propria routine, pianificare attività, alternare momenti di
piacere e relax ad altri di doveri sono alcuni accorgimenti che danno
una struttura alla propria giornata e che permettono di percepire
un’ulteriore buona dose di controllo sugli eventi. Di vitale importanza
è anche dare un senso a tutto questo tempo libero, rendendolo di
qualità. Ecco, quindi, che questo periodo può trasformarsi
nell’opportunità di dedicarsi a tutte quelle cose che si rimandano e
cui ci si vorrebbe dedicare ma non si ha mai abbastanza tempo.
Leggere quel libro che è sul comodino da mesi, imparare una lingua
nuova, dipingere, creare quel nuovo progetto tenuto chiuso nel
“cassetto”, ascoltare quel webinar interessante di cui ti ha parlato la
collega settimane fa, contattare quel vecchio amico che non senti da
anni, ecc.
Individuare attività differenti e stimolanti rappresenta una valida
alternativa alle pratiche e ai pensieri che ruotano intorno al DCA.
Soprattutto per chi soffre di Bulimia o di Binge Eating Disorder avere
un vasto repertorio di attività piacevoli costituisce un valido
strumento per non cedere alle abbuffate, perché permette di
individuare più facilmente comportamenti alternativi ad esse. Questo
può diventare un tempo dove andare alla scoperta di sé stessi e
delle proprie risorse e allenarsi a gestire le proprie difficoltà. La
resilienza è proprio questa, la capacità di fronteggiare in maniera
positiva una difficoltà, riorganizzare la propria vita e trasformare
l’evento negativo in un’opportunità di crescita. Questo è il cambio di
prospettiva necessario per credere, in maniera profonda e autentica
che “andrà tutto bene”.

6 Nell’ultima versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali


(DSM 5) questa categoria prende il nome di “Disturbi della Nutrizione e
dell’Alimentazione”.
7 Ipotesi transdiagnostica (Fairburn, C.G., Cooper, Z., & Shafran, R. (2003).

Cognitive behaviour therapy for eating disorders: a “transdiag-nostic” theory and


treatment. Beahvoiur Research and Therapy 41, (5), 509-528.
8 “grilletti”, ovvero fattori scatenanti, che innescano una reazione.
9 Può essere un’immagine, una frase, un video, una foto che viene condiviso in

maniera virale sul web con l’obiettivo di produrre e diffondere un contenuto


divertente.
Capitolo 7 - Eccessi Comportamentali

di Serena Valorzi

Che periodo questo…


Se avete un problema di Abuso o Dipendenza Comportamentale
temo che stare a casa sia particolarmente complicato, per voi e per i
vostri familiari.
Certo, il modo in cui state affrontando questo periodo dipende molto
dalla fase che state vivendo con questo scomodo compagno che
sembra darvi sollievo ma che potrebbe rendervi (o già vi rende) in
realtà la vita molto più difficile di come potrebbe essere.

7.1 - Abuso temporaneo di tecnologia

Solitamente vivete una vita ricca di relazione e assaporate ogni


istante. Famiglia, Amici, Partner, Colleghi di lavoro, il gruppo delle
Mamme, i Compagni di calcetto, gli Amici della Palestra…
E solitamente siete anche soddisfatti del vostro lavoro, della vostra
attività.
Ma ora che siamo tutti a casa… Come si fa?
I gruppi di WhatsApp, le dirette su Instagram, le videochiamate
continue a tutte le ore, le ricerche di partner su Tinder, i siti
pornografici e i siti di acquisti online… Ecco apparire un nuovo
Regno (o sarà il mondo dei balocchi?)!
Se state vivendo questo periodo di reclusione con qualcuno al
vostro fianco, permettetemi di dire: metti via il cellulare e guarda chi
hai lì, vicino vicino a te!
Certo che i social network possono fare compagnia, ci permettono di
allucinare la presenza. Certo che le videochiamate sono importanti
in questo momento, almeno possiamo vederci!
Ma avete mai notato che quando si videochiama si tende a dare
spesso una sbirciata al riquadro in cui c’è la nostra immagine per
verificare come veniamo in video? Ma ve lo immaginate, durante una
normale conversazione, a cena o per un caffè, se avessimo tutti uno
specchietto in cui continuare a guardarci?
Già se guardiamo il viso dell’Altro, all’Altro sembra che stiamo
guadandogli il collo! Non è innaturale?
Comunque, avete ragione, la tecnologia ci consente di vederci,
perché non utilizzarla?
Sono d’accordo, ma il fatto che al supermercato possiamo comprarci
le caramelle gommose o la cioccolata non vuole dire che possiamo
mangiarne chili senza che ci faccia male!
Tenetevi d’occhio, magari è solo un momento, ma non permettete
alle videochiamate, ai video, ai post, alle gallerie e ai messaggi di
dare la sensazione ai vostri figli o al vostro partner di non contare
niente, altrimenti avrete la stessa sensazione quando vi sarete
stancati di guardare allo schermo del vostro smartphone e
cercherete il loro sguardo…
Se invece state vivendo da soli, rileggete la prima sezione.
La virtù sta sempre nel mezzo!

7.2 - Dipendenza conclamata

Guardatevi indietro, a prima che tutto ciò iniziasse.


Stavate giocando d’azzardo online o offline tanto da avere la mente
sempre lì, al momento in cui avreste potuto giocare di nuovo?
Tranquilli, il gioco non cambia, alla fine vince sempre il banco.
Oppure stavate lavorando di continuo e gli incontri con amici e
familiari vi sembravano insignificanti, con la mente che trotterellava
di continuo sul lavoro?
Oppure facevate di continuo acquisti online e offline per darvi la
sensazione fugace di essere belle o fantastici, o alla moda, o di
successo? Niente paura, la sensazione rimarrà fugace anche ora, e
si sgonfierà di netto lasciandovi l’amaro, e per voi, antico sapore
dell’inadeguatezza e del non valore, soprattutto quando verificherete
il vostro conto online.
Oppure già litigavate con tutti, (con il partner o con i genitori o i
fratelli) prima, perché non si riusciva a schiodarvi dalla console e
andavate male a scuola o al lavoro perché non sapevate più
concentrarvi su altro? Anche qui, tranquilli, la stessa sensazione di
sollievo dal peso di una vita in cui vi sembra di essere perdente vi
abbandona appena spegnete, e vi risucchierà sempre più
spingendovi a giocare di nuovo ancora di più, finché non vi
deciderete a smettere.
Lo stesso vale per i siti pornografici, solo che gli effetti sono diversi: i
videogiochi sparatutto diminuiscono l’attività della Corteccia
Prefrontale (deputata al controllo degli impulsi), sembrano
atrofizzare la capacità empatica e aumentare l’aggressività
(troverete molto interessanti gli scritti di Manfred Spitzer, che
leggerete facilmente; scrive a capitoli corti e la vostra capacità di
concentrazione, benché aggredita dagli sparatutto, potrà reggere),
mentre un abuso/dipendenza da pornografia vi deruba della capacità
di desiderare una persona vera e di avere rapporti dal vivo
soddisfacenti.
Non riuscivate ad uscire da un negozio senza aver speso
compulsivamente il vostro stipendio?
Oppure cercavate di continuo il partner perfetto o eravate
ossessionati dalla gelosia verso un vecchio/una vecchia partner?
Per chi si faceva le canne o sniffava cocaina, ora si apre una nuova
prospettiva e dovrebbe andare meglio: non si può più andare al
parco o dietro l’angolo di quel locale alla moda. Se lo facevate, in
questo caso, state facendo proprio tanta, tanta fatica… Segno di
quanto foste asserviti ad una sostanza; ve ne eravate mai accorti
così prepotentemente?
In bocca al lupo a voi e ai vostri cari perché sono tempi ancora più
duri per voi… Per i primi giorni, però, poi va meglio e la buona
notizia è che fra poco potrete riassaporare colori e nuove dimensioni
di vita.
Magari potreste prendervi un appuntamento al Serd, o
videochiamare una o uno psicoterapeuta che si occupa di
dipendenze, non dovete mica fare tutto da soli!
Molti colleghi stanno dando disponibilità e spesso il primo colloquio è
gratuito; trovate indicazioni sul sito del nostro Ordine.
Per chi invece ha tutto l’agio e la disponibilità di tempo, di giorno
come di notte, senza più la scocciatura del lavoro o della fidanzata
da andare a trovare (non sono ironica, chi soffre di una dipendenza
trova quasi tutto una scocciatura, a parte fare ciò per cui ha una
dipendenza), così come chi abusava o era dipendente da alcol o
tabacco, visto che la vendita di questi prodotti non si è fermata…
temo che in questi giorni stiate peggiorando.
Anche perché le pressioni, le preoccupazioni per oggi e per
domani, in questo momento si sommano al disagio che avete in
fondo al cuore e che avete cercato di auto-medicare con la vostra
dipendenza.
Vi sono sembrata un po’ troppo dura?
È probabile che lo sia, lo sono con la vostra Dipendenza,
sanguisuga che si traveste da sirena, che ora ha campo libero e vi
sta dissanguando della vostra dignità e della vostra profonda natura
umana.
Nella mia professione ho incontrato troppe persone che sono state
tanto male per poter essere indulgente ora.
E sappiamo quanto state male, sotto.
Ma so anche quanta gioia ritrovata potrete assaporare, una volta
deciso di smettere e di farvi aiutare per risolvere ciò che dentro vi fa
agitare, trasalire, disperare.
E dico bene, farvi aiutare, da chi volete, ma farvi aiutare, perché
avete già provato a fare tutto da soli ed è così che ci siete caduti. Le
dipendenze si nutrono di autonomia forzata e di incapacità di
chiedere e accogliere aiuto.
Concedetevi il tempo di leggete, ascoltare video di persone sagge
e/o che hanno smesso e smettete di raccontarvi con altri accoliti che
trovate in battaglia virtuale che questo è il solo modo in cui potete
sentirvi forti e vincenti o di successo. Perché non è vero.
Non dirò altro, so che in questo momento è molto difficile che vi
fermiate, a meno che il COVID-19, con il suo spettro di morte, non vi
stia facendo riflettere sulla vostra vita e su come vorreste viverla,
davvero, in futuro.
Se siete tra questi soggetti fortunati e coraggiosi, avete tutta la
nostra stima e avrete il nostro sostegno (chi come familiare, chi
come partner, genitore, figlio, figlia, o psicoterapeuta), per ora
virtuale, domani, anche dal vivo.
Meritate molto più di quanto pensate, e andrà tutto bene, se la
farete andare bene.
Coraggio!
Conclusioni

Periodo senz’altro complesso e impegnativo quello che stiamo


vivendo, ma possiamo farcela!
Riflettere su di noi, sulle nostre relazioni con gli altri, su quello che
stavamo facendo e vorremmo fare (o non fare più in futuro) è una
splendida base per una vita rinnovata, svecchiata, dai colori profondi
e densi di significato.
Speriamo di avervi tenuto compagnia in questo viaggio, con questi
nostri pensieri, e magari anche di aver contribuito un pochino alla
spinta che abita dentro tutti noi, quella che gli atleti sentono quando
sono ai blocchi di partenza, solo che, per fortuna, anche quando i
nostri corpi sono bloccati, le nostre menti possono comunque essere
liberate, creative, gioiose, entusiaste e coraggiose.
Speriamo bene, ma una cosa è certa, andrà tutto bene perché
faremo tutti del nostro meglio!
Indice

CARI AUGURI DA NOI AUTORI

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1 - SOLI IN CASA, OPPURE IO E LA MIA CASA

CAPITOLO 2 - LE COPPIE
2.1 - Due Cuori e una Casa

2.2 - Ci siamo persi…

2.3 - La coppia litigiosa e/o emotivamente deprivante

2.4 - La coppia violenta

2.5 - La coppia fuori dalla coppia

CAPITOLO 3 - BAMBINI CHE VOGLIONO CORRERE E RAGAZZI


ROMANTICI

CAPITOLO 4 - I NONNI

CAPITOLO 5 - LA LEZIONE DIGITALE DEL CORONAVIRUS


5.1 - Mai più come prima?

5.2 - La scuola

5.3 - Il mondo dell’informazione


5.4 - Calo della delinquenza ordinaria e crescita di quella telematica e delle
violenze in casa.

5.5 - Combattere con la tecnologia l’isolamento e il distanziamento sociale.

5.6 - Risorse in rete inaspettatamente raggiungibili con il CoronaVirus.

CAPITOLO 6 - MI PRENDO CURA DI ME, MI PRENDO CURA DI


TE: COME AFFRONTARE I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO
ALIMENTARE DURANTE LA QUARANTENA

CAPITOLO 7 - ECCESSI COMPORTAMENTALI

7.1 - Abuso temporaneo di tecnologia

7.2 - Dipendenza conclamata

CONCLUSIONI

INDICE

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