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Completamento del terzo atto di Luciano Berio

Stagione di Opera 2014 / 2015


Giacomo Puccini
Turandot
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Turandot
Stagione di Opera 2014 / 2015
Giacomo Puccini - Completamento del terzo atto di Luciano Berio
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Turandot
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri

Libretto di
Giuseppe Adami e Renato Simoni

Musica di
Giacomo Puccini

Completamento del terzo atto di


Luciano Berio

EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA


Turandot
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri

Libretto di
Giuseppe Adami e Renato Simoni

Musica di
Giacomo Puccini
Completamento del terzo atto di Luciano Berio

PERSONAGGI

La Principessa Turandot soprano


L’Imperatore Altoum tenore
Timur, Re tartaro spodestato basso
Il Principe Ignoto (Calaf), suo figlio tenore
Liù, giovine schiava soprano
Ping, gran cancelliere baritono
Pang, gran provveditore tenore
Pong, gran cuciniere tenore
Un Mandarino baritono
Prima ancella soprano
Seconda ancella mezzosoprano
Il Principino di Persia –
Il Carnefice [Il boia] –

Le guardie imperiali, i servi del boia, i ragazzi, i sacerdoti, i mandarini,


i dignitari, gli otto sapienti, le ancelle di Turandot, i soldati, i portabandiera,
i musici, le ombre dei morti, la folla

A Pechino, al tempo delle favole.

Prima esecuzione assoluta:


Milano, Teatro alla Scala, 25 aprile 1926

Prima esecuzione scenica dell’opera con il completamento del terzo atto di Luciano Berio:
Amsterdam, De Nederlandse Opera, 2002

Le parti in colore grigio non vengono eseguite nella presente edizione.

(Editore Casa Ricordi, Milano)


ATTO PRIMO La folla
Oh, crudeli! Pel cielo, fermi! O madre mia!
Le mura della grande Città violetta: la Città im-
Le guardie
periale. Gli spalti massicci chiudono quasi tutta
Indietro, cani!
la scena in semicerchio. Soltanto a destra il giro
è rotto da un gran loggiato tutto scolpito e in-
La folla
tagliato a mostri, a liocorni, a fenici, coi pilastri
Ah! i miei bimbi! Crudeli! O madre mia!
sorretti dal dorso di massicce tartarughe.
Crudeli! Per il cielo, fermi!...
Ai piedi del loggiato, sostenuto da due archi, è
un gong di sonorissimo bronzo. O madre mia!
Sugli spalti sono piantati i pali che reggono i te-
schi dei giustiziati. A sinistra e nel fondo, s’a- Le guardie
prono nelle mura tre gigantesche porte. Indietro, cani!
Quando si apre il velario siamo nell’ora più sfol-
gorante del tramonto. Pekino, che va digradan- Liù
do nelle lontananze, scintilla dorata. (disperatamente)
Il piazzale è pieno di una pittoresca folla cinese, Il mio vecchio è caduto!
immobile, che ascolta le parole di un mandari-
no. Dalla sommità dello spalto, dove gli fanno La folla
ala le guardie tartare rosse e nere, egli legge un Crudeli! Siate umani!
tragico decreto. Pel cielo, fermi! Crudeli!
Non fateci male!
Un mandarino
Popolo di Pekino! Le guardie
La legge è questa: Turandot, la Pura, Indietro, cani!
sposa sarà di chi, di sangue regio,
spieghi i tre enigmi ch’ella proporrà. Liù
Ma chi affronta il cimento e vinto resta, (girando intorno lo sguardo e supplicando)
porge alla scure la superba testa! Chi m’aiuta a sorreggerlo?
il mio vecchio è caduto... Pietà...
La folla
Ah! Ah! Il Principe
Padre!... Mio padre!...
Un mandarino
Il principe di Persia Le guardie
avversa ebbe fortuna: Indietro!
al sorger della luna,
per man del boia Il Principe
muoia! O padre, sì, ti ritrovo!
(Il mandarino si ritira e la folla rompe la sua im-
mobilità con crescente tumulto) La folla
Crudeli!
La folla
Muoia! Sì, muoia! Il Principe
Noi vogliamo il carnefice! Guardami! Non è sogno!
Presto, presto! Muoia, muoia,
al supplizio, muoia, muoia, La folla
presto, presto! Perché ci battete? ahimè!
Se non appari, noi ti sveglierem!
Pu-Tin-Pao! Pu-Tin-Pao! Pu-Tin-Pao! Liù
Alla reggia! alla reggia! alla reggia! Mio signore!
(Si slanciano verso la reggia)
La folla
Le guardie Pietà!...
(respingono la folla; nell’urto molti cadono)
Indietro, cani!... Il Principe
(Confuso vociare di gente impaurita. Urla. Pro- Padre! Ascoltami! Padre! Son io!...
teste. Invocazioni) E benedetto sia il dolor

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per questa gioia che ci dona un Dio Il Principe
pietoso! E perché
(La folla si agita mormorando a bassa voce. Le tanta angoscia hai diviso?
guardie reprimono e spingono indietro e in di-
sparte il popolo) La folla
(un gruppo, entrando)
Timur Gira la cote!
O mio figlio! tu! vivo?! (Entra un gruppo di servi del boia preceduto dai
portatori della cote per arrotare la grande scimi-
Il Principe tarra del boia)
(con terrore)
Taci! Liù
Chi usurpò la tua corona Perché un dì...
me cerca e te persegue!
Non c’è asilo per noi, padre, nel mondo! La folla
(un gruppo, entrando)
Timur Gira la cote!
T’ho cercato, mio figlio, e t’ho creduto
morto! Liù
... nella reggia, mi hai sorriso.
Il Principe
T’ho pianto, padre... e bacio queste La folla
mani sante! Gira la cote, gira, gira!...
Gira!...
Timur
O figlio ritrovato! I servi del boia
(selvaggi)
La folla Ungi, arrota, che la lama
Ecco i servi del boia! guizzi, sprizzi fuoco e sangue!
Muoia! Muoia!... Il lavoro mai non langue...
(Dodici servi del boia escono a due a due)
La folla
Timur Mai non langue...
Perduta la battaglia, vecchio re
senza regno e fuggente, I servi del boia
una voce sentii che mi diceva: ... dove regna Turandot!
“Vien con me, sarò tua guida...”
Era Liù! La folla
... dove regna Turandot!
Il Principe
Sia benedetta! I servi del boia
Ungi! Arrota!
Timur
Ed io cadevo affranto, I servi del boia e la folla
e m’asciugava il pianto, Fuoco e sangue!
mendicava per me!
La folla
Il Principe Dolci amanti, avanti, avanti!
Liù... chi sei? Dolci amanti!
Avanti, avanti!
Liù
(umilmente) I servi del boia
Nulla sono... una schiava, mio signore... Cogli uncini e coi coltelli!

La folla La folla
(interno) Noi siam pronti a ricamar
Gira la cote!... le vostre pelli!

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La folla nefice la spada affilata, la folla scruta il cielo
Dolci amanti, avanti, avanti! che a poco a poco si è oscurato)

I servi del boia La folla


... siam pronti a ricamar! Perché tarda la luna? Faccia pallida!
Mostrati in cielo! Presto! Vieni! Spunta!
La folla O testa mozza! O squallida!
Chi quel gong percuoterà Vieni! Spunta! Móstrati in cielo!
apparire la vedrà... O testa mozza! O esangue!
O esangue! o squallida! o taciturna!
I servi del boia e la folla O amante smunta
... apparire la vedrà, dei morti! O taciturna,
bianca al pari della giada, mostrati in cielo!
fredda come quella spada Come aspettano...
è la bella Turandot! O taciturna!
... il tuo funereo
La folla lume i cimiteri!
Dolci amanti, ... O esangue, squallida! O testa mozza!
Ecco laggiù un barlume!
I servi del boia e la folla Vieni presto, spunta!
... avanti, avanti! O testa mozza,
spunta!
La folla Vieni!
Quando rangola il gong, gongola il boia! O testa mozza, vieni!
Vano è l’amore se non c’è fortuna! Mostrati, o faccia pallida!
O esangue, pallida!
I servi del boia Vieni, o amante smunta
Quando rangola il gong, gongola il boia! dei morti!
Ungi, arrota! O amante
smunta dei morti!
La folla Vien, vieni, spunta!
Gli enigmi sono tre, la morte è una! (qui la luna splende)
Ungi, arrota! Gira, gira!... Ecco laggiù un barlume,
Gli enigmi sono tre, dilaga in cielo la sua luce smorta!
la morte è una! Pu-Tin-Pao!
La luna è sorta!
I servi del boia Pu-Tin-Pao!...
Quando rangola ecc.
Dolci amanti ecc. I ragazzi
(interni, avvicinandosi)
La folla Là, sui monti dell’est,
Gli enigmi ecc. la cicogna cantò.
Che la lama guizzi, Ma l’april non rifiorì,
sprizzi fuoco e sangue. ma la neve non sgelò.
Chi quel gong percuoterà? Dal deserto al mar non odi tu
(Ensemble) mille voci sospirar:
“Principessa, scendi a me!
I servi del boia Tutto fiorirà, tutto splenderà!”
Morte! morte!... Ah!
(L’oro degli sfondi s’è mutato in argento. Appa-
La folla re il corteo che conduce al patibolo il giovine
Ah, ah! ah, ah!... principe di Persia. Alla vista della vittima, che
procede pallido e trasognato, la ferocia della
I servi del boia e la folla folla si tramuta in pietà)
Il lavoro mai non langue
dove regna Turandot! ecc. La folla
(sghignazzando) O giovinetto! Grazia!...
Ah, ah! Com’è fermo il suo passo!
(Mentre i servi si allontanano per recare al car- Grazia!

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Come è dolce il suo volto! Il Principe
Ha negli occhi l’ebbrezza! O divina bellezza, o meraviglia!
Pietà! Io soffro, padre, soffro!
Come è fermo il suo passo!
Ha negli occhi la gioia! Timur
Pietà!... No! No! Stringiti a me!
Liù, parlagli tu! Qui salvezza non c’è!
Prendi nella tua mano la sua mano!
Il Principe
Ah! la grazia! Liù
Signore! Andiam lontano!
La folla
Pietà di lui! Timur
pietà!... La vita c’è laggiù!
Principessa!
... pietà di lui! Il Principe
Pietà! Quest’è la vita, padre!
Principessa! Grazia!...
Pietà di lui, pietà!... Timur
La vita c’è laggiù!
Il Principe
Il Principe
Ch’io ti veda e ch’io ti maledica!
Io soffro, padre, soffro!
La folla Timur
Principessa! Qui salvezza non c’è!
Pietà di lui! Principessa!...
(Il popolo, rivolto al loggiato dove apparirà Tu- Il Principe
randot) La vita, padre, è qui!
Pietà! ecc. Turandot! Turandot! Turandot!
La grazia, Principessa! ecc.
(Appare Turandot, come una visione. Un raggio Il Principe di Persia
di luna la investe. La folla si prostra. In piedi so- (interno)
no soltanto il Principe di Persia, il Principe e il Turandot!
boia gigantesco)
Principessa! La grazia!... La folla
(Turandot ha un gesto imperioso e definitivo. È Ah!
la condanna. Il corteo si muove)
Timur
Vuoi morire così?
Il Principe
(abbacinato dalla visione di Turandot) Il Principe
O divina bellezza, o meraviglia! O sogno!... Vincere, padre,
nella sua bellezza!
I sacerdoti bianchi del corteo
O gran Koung-tzè! Timur
Che lo spirito del morente (trattenendolo)
giunga fino a te! Vuoi finire così?
(Il corteo è uscito, lungo gli spalti. Ora nella pe-
nombra del piazzale deserto restano soli il prin- Il Principe
cipe, Timur e Liù. Il padre angosciosamente si Vincere
avvicina al figlio, lo richiama, lo scuote) gloriosamente nella sua bellezza!
(Si slancia verso il gong; le tre maschere gli
Timur sbarrano la strada)
Figlio, che fai?
Ping, Pong, Pang
Il Principe (circondando e trattenendo il principe)
Non senti? Il suo profumo Fermo, che fai? T’arresta!
è nell’aria, è nell’anima! Chi sei, che fai, che vuoi? Va’ via!
va’, la porta è questa
Timur della gran beccheria!
Ti perdi! Pazzo, va’ via!

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Ping Ping
Qui si strozza! Non vogliam più pazzi forestieri!

Pong, Pang Pong, Pang


Si trivella! O scappi, o il funeral per te s’appressa!

Ping Il Principe
Si sgozza! Lasciatemi passar!

Pong, Pang Pong, Pang


Si spella! Per una principessa!

Ping Pong
Si uncina e scapitozza! Peuh!

Pong, Pang Pang


Va’ via! Peuh!

Pong
Ping Che cos’è?
Si sega e si sbudella!
Pang
Pong, Pang Una femmina colla corona in testa!
Va’ via!
Pong
Ping E il manto colla frangia!
Sollecito, precipite, ...
Ping
Pong, Pang Ma se la spogli nuda, ...
Va’ via!
Pong
Ping, Pong, Pang ... è carne!
... al tuo paese torna...
Pang
Ping È carne cruda!
... in cerca d’uno stipite...
Ping
Pong, Pang ... è roba...
Che vuoi, chi sei?
Ping, Pong, Pang
Ping ... che non si mangia!
... per romperti le corna!
Il Principe
Pong, Pang (con impeto)
Va’ via, va’ via! Lasciatemi passare...

Ping, Pong, Pang Ping, Pong, Pang


Ma qui no!... (ridendo)
Pazzo, va’ via!... Ah, ah, ah! ah, ah, ah!

Il Principe Il Principe
(cercando aprirsi il varco) ... lasciatemi!
Lasciatemi passare!
Ping
Pong (con calma e dignità comica)
Qui tutti i cimiteri Lascia le donne!
sono occupati! O prendi cento spose,
ché, in fondo, la più sublime
Pang Turandot del mondo
Qui ha una faccia, due braccia,
bastano i pazzi indigeni! e due gambe, sì, belle, imperiali,

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sì, belle, sì, ma sempre quelle! Pang
Con cento mogli, o sciocco, Guardalo, Pong!
avrai gambe a ribocco!
Duecento braccia, e cento dolci petti... Pong
Guardalo, Ping!
Pong, Pang
Cento petti! Ping
Guardalo, Pang!
Ping
Pang
... sparsi per cento letti, ... È insordito!
Ping, Pong, Pang Pong
... per cento letti! Intontito!
(sghignazzando; trattenendo sempre il principe)
Ah, ah, ah!... Ping
Allucinato!
Il Principe
(con violenza) Timur
Lasciatemi passar! Più non li ascolta, ahimè!

Ping, Pong, Pang Ping, Pong, Pang


Pazzo, va’ via!... Su! Parliamogli in tre!
(Un gruppo di fanciulle si affaccia alla balaustra- (Le maschere si aggruppano intorno al principe
ta della loggia imperiale: protendono le mani in pose grottesche)
per far cessare lo schiamazzo) Pang
Notte senza lumicino, ...
Le ancelle di Turandot
Silenzio, olà! Laggiù chi parla? Pong
Silenzio!... ... gola nero d’un camino...
È l’ora
dolcissima del sonno. Ping
Silenzio! ... son più chiare degli enigmi di Turandot!
Il sonno sfiora gli occhi di Turandot.
Pang
Si profuma di lei l’oscurità!
Ferro, bronzo, muro, roccia, ...
Ping Pong
(con irritazione verso le ancelle) ... l’ostinata tua capoccia...
Via di là,
femmine ciarliere! Ping
... son men duri degli enigmi di Turandot!
Le ancelle di Turandot
Si profuma di lei l’oscurità! Pang
Dunque va’! Saluta tutti!
Pang
Via di là! Pong
Varca i monti, taglia i flutti!
Pong
Via di là! Ping
Sta’ alla larga dagli enigmi di Turandot!
Ping (Sugli spalti appariscono e scompariscono le
Via di là! ombre dei morti per Turandot)
(Le ancelle si ritirano)
Le ombre dei morti
Ping, Pong, Pang (misteriose, come da lontano)
Attenti al gong!... Non indugiare! Se chiami, appare
quella che estinti ci fa sognare.
Il Principe Fa’ ch’ella parli! Fa’ che l’udiamo!
Si profuma di lei l’oscurità! Io l’amo!...

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Il Principe Si spezza il cuor! Ahimè, quanto cammino
(con viva reazione) col tuo nome nell’anima,
No! No! Io solo l’amo! col nome tuo sulle labbra!
Ma se il tuo destino,
Ping, Pong, Pang doman, sarà deciso,
L’ami? Che cosa? Chi? noi morrem sulla strada dell’esilio!
Turandot? Ah! Ah! Ah!... Ei perderà suo figlio...
io l’ombra d’un sorriso!
Pong Liù non regge più!
O ragazzo demente! Ah, pietà!
(Si piega a terra, sfinita, singhiozzando)
Pang
Turandot non esiste! Il Principe
(avvicinandosi a Liù con commozione)
Ping
Non piangere, Liù!
Non esiste che il Niente,
Se in un lontano giorno io t’ho sorriso,
nel quale ti annulli!...
per quel sorriso, dolce mia fanciulla,
Pong, Pang m’ascolta: il tuo signore
Turandot non esiste! sarà, domani, forse solo al mondo...
Non lo lasciare, portalo via con te!
Ping
Turandot! come tutti quei citrulli Liù
tuoi pari! L’uomo! Il Dio! Noi morrem sulla strada dell’esilio!
Io!... I popoli!...
I sovrani!... Pu-Tin-Pao!... Timur
Non esiste che il Tao! Noi morrem!

Pang Il Principe
Tu ti annulli come quei citrulli, Dell’esilio addolcisci a lui le strade!
tuoi pari, tu ti annulli! Questo... questo, o mia povera Liù,
al tuo piccolo cuore che non cade
Pong chiede colui che non sorride più!
Come tutti quei citrulli tuoi pari,
non esiste Timur
che il Tao! (disperatamente)
Ah! per l’ultima volta!
Il Principe
(divincolandosi dalle maschere) Liù
A me il trionfo! Vinci il fascino orribile!
A me l’amore!
(Fa per slanciarsi verso il gong, ma il boia appa- (Le maschere, ch’erano appartate, si riavvicinano)
re in alto sul bastione colla testa mozza del
principe di Persia) Ping, Pong, Pang
La vita è così bella!
Ping, Pong, Pang
Stolto! Timur
Ecco l’amore! Abbi di me
Così la luna bacerà il tuo volto! pietà!
Timur
(con supplica disperata) Liù
O figlio, vuoi dunque ch’io solo Abbi di Liù
trascini pel mondo pietà!
la mia torturata vecchiezza?
Aiuto! Non c’è voce umana Ping, Pong, Pang
che muova il tuo cuore feroce? La vita è così bella!

Liù Timur
(avvicinandosi al principe, supplichevole, pian- Abbi di me pietà!
gente)
Signore, ascolta! Ah, signore, ascolta! Liù
Liù non regge più! Signore, pietà, abbi di Liù pietà!

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Ping, Pang, Pong Ogni senso è un martirio
Non perderti così! feroce!
Ogni fibra dell’anima ha una voce
Il Principe che grida:
Son io che domando pietà!
Nessuno più ascolto!... Timur
Tu passi su un povero cuore
Liù che sanguina invano per te!
Signore, pietà, pietà di Liù! Nessuno ha mai vinto, nessuno!
Su tutti la spada piombò!
Timur Mi getto ai tuoi piedi!
Non posso staccarmi da te! non voler la mia morte!
Ping Ping, Pang, Pong
(tentando con ogni sforzo di trascinarlo via) Il volto che vedi è illusione!
Afferralo, portalo via! La luce che splende è funesta!
Trattieni quel pazzo furente... Tu giochi la tua perdizione,
la testa, tu giochi la testa,
Pang, Pong la morte, c’è l’ombra del boia laggiù!
Portalo via! Tu corri alla rovina!
la vita non giocar!
Il Principe
Io vedo il suo fulgido volto! La vedo! Liù
Mi chiama! Essa è là! Ah! Pietà! Pietà di noi!
Il tuo perdono Se questo suo strazio non basta, signore,
chiede colui che non sorride più! noi siamo perduti! Con te!
Ah! fuggiamo, signore!...
Timur
Non voglio staccarmi da te! La folla
Pietà!... La fossa già
Mi getto ai tuoi piedi gemente! scaviam per te
Abbi pietà! che vuoi sfidar
Non voler la mia morte! l’amor!
Nel buio c’è segnato, ahimè,
Ping, Pang, Pong il tuo crudel destin!
Su, portalo via, quel pazzo!
Trattieni quel pazzo furente! Il Principe
Folle tu sei! La vita è bella! ... Turandot!
Liù Liù, Timur, Ping, Pong, Pang
Pietà! Signore, pietà... (disperatamente)
La morte!...
Ping
Su, un ultimo sforzo, La folla
portiamolo via! Ah!...
(Il principe batte i tre colpi al gong)
Ping, Pang, Pong
Portiamolo via! La folla
La fossa già ecc.
Il Principe
Lasciatemi: Ping, Pang, Pong
ho troppo sofferto! E lasciamolo andar!
(Il gong si illumina) Inutile è gridar
La gloria m’aspetta laggiù! in sanscrito, in cinese, in lingua mongola!
Forza umana non c’è Quando rangola il gong, la morte gongola!
che mi trattenga! Io seguo la mia sorte! (Fuggono sghignazzando)
(con ebbra violenza, svincolandosi) Ah, ah!...
Son tutto una febbre, (Il principe è rimasto estatico ai piedi del gong.
son tutto un delirio! Timur e Liù si stringono insieme, disperati.)

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ATTO SECONDO Pong
(c. s.)
I bonzi che cantano...
Quadro primo
Appare un padiglione formato da una vasta Pang
tenda tutta stranamente decorata da simboli- (c. s.)
che e fantastiche figure cinesi. La scena è in pri- I bonzi che gemono...
missimo piano ed ha tre aperture: una centrale
e due laterali. Pong, Pang
Ping fa capolino dal centro. E rivolgendosi prima E tutto quanto il resto,
a destra, poi a sinistra, chiama i compagni. Essi secondo vuole il rito...
entrano seguiti da tre servi che recano ciascuno
una lanterna rossa, una lanterna verde e una Pang
lanterna gialla, che poi depongono simmetrica- ... minuzioso...
mente in mezzo alla scena sopra un tavolo bas-
so, circondato da tre sgabelli. I servi quindi si riti- Pong
rano nel fondo, dove rimangono accovacciati. ... minuzioso...

Ping Pong, Pang


Olà, Pang! Olà, Pong! ... infinito!
(misteriosamente)
Poiché il funesto gong Ping
desta la reggia e desta la città, (tendendo alte le braccia)
siam pronti ad ogni evento: O China, o China,
se lo straniero vince, per le nozze, che or sussulti e trasecoli
e s’egli perde, pel seppellimento. inquieta,
come dormivi lieta,
Pong gonfia dei tuoi settantamila secoli!
(gaiamente)
Io preparo le nozze! Ping, Pong, Pang
Tutto andava secondo
Pang l’antichissima regola del mondo.
(cupamente)
Ed io le esequie! Pang
Poi nacque...
Pong
(c. s.) Pong
Le rosse lanterne di festa! Poi nacque...
Pang Ping
(c. s.) Poi nacque...
Le bianche lanterne di lutto!
Ping, Pong, Pang
Pong ... Turandot...
(c. s.)
Gli incensi e le offerte... Ping
E sono anni che le nostre feste
Pang si riducono a gioie come queste:
(c. s.)
Gli incensi e le offerte... Pong
... tre battute di gong...
Pong
(c. s.) Pang
Monete di carta dorate... ... tre indovinelli...
Il bel palanchino scarlatto!
Ping
Pang ... e giù teste!
(c. s.)
Thè, zucchero, noci moscate! Pong
Il feretro, grande, ben fatto! ... e giù teste!

14
Ping Pong
... e giù teste! Tornar laggiù!
(Siedono tutt’e tre presso il piccolo tavolo sul
quale i servi hanno deposto dei rotoli. E di ma- Ping
no in mano che enumerano, sfogliano or l’uno ... presso il mio laghetto blù!
or l’altro papiro)
Pang
Pang Tornar laggiù!
L’anno del topo furon sei.
Pong
Pong Tornar laggiù!
L’anno del cane furon otto.
Ping
... tutto cinto di bambù!...
Pang, Ping, Pong
Nell’anno in corso, Pong
il terribile anno della tigre, Ho foreste, presso Tsiang,
siamo già... che più belle non ce n’è,
(contano sulle dita) che non hanno ombra per me.
al tredicesimo… Ho foreste
che più belle non ce n’è!
Pong, Pang
... con quello che va sotto! Pang
Ho un giardino, presso Kiù,
Ping che lasciai per venir qui
Che lavoro!... e che non rivedrò,
non rivedrò mai più!...
Pang
Che lavoro!... Ping
... e potrei tornar laggiù
Pong presso il mio laghetto blù!
Che noia!... Tutto cinto di bambù!...
E stiam qui...
Ping, Pong, Pang
A che siamo mai ridotti? Pong
I ministri siam del boia! Stiam qui...
(con desolazione comica)
Pang
Ministri del boia!
Stiam qui...
(Il volto si rasserena e lo sguardo mira lontano
in sentimento nostalgico)
Ping
... a stillarci il cervel...
Ping
Ho una casa nell’Honan Ping, Pong, Pang
con il suo laghetto blù ... sui libri sacri!
tutto cinto di bambù.
E sto qui a dissiparmi la mia vita, Pong
a stillarmi il cervel sui libri sacri... E potrei tornare a Tsiang...
Pong, Pang Ping
(impressionati) E potrei tornar laggiù...
... sui libri sacri...
Pang
Ping E potrei tornare a Kiù...
(assentendo)
... sui libri sacri!... Ping
E potrei tornar laggiù... ... a godermi il lago blù...

Pang Pong
Tornar laggiù! Tsiang...

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Pang La folla
Kiù... (interno)
Ungi, arrota,
Ping che la lama
Honan... guizzi e sprizzi...
... tutto cinto di bambù!
Ping
Pong Il boia!
... e potrei tornare a Tsiang!
La folla
Pang ... che la lama
... e potrei tornare a Kiù! guizzi e sprizzi
(Rimangono immobili, in estasi. Si risollevano, e fuoco e sangue!
con gesto largo e sconfortato)
Pong
Ping E l’Indiano gemmato Sagarika,
O mondo... cogli orecchini come campanelli?
Amore chiese, fu decapitato!
Pong
Pang
O mondo...
Ed il Birmano?
Pang
Pong
O mondo... E il prence dei Kirghisi?
Ping, Pong, Pang
... pieno di pazzi innamorati! Pong, Pang
Uccisi! Uccisi!...
Pong
Ne abbiam... Ping
E il Tartaro dall’arco di sei cubiti...
Pang
Ne abbiam... La folla
Ungi, arrota,
Pong che la lama
... ne abbiam visti arrivar degli aspiranti! sprizzi sangue!

Ping Ping
O quanti! ... di ricche pelli cinto?

Pong La folla
O quanti! Dove regna Turandot...

Ping Pong
Ne abbiam visti ecc. Estinto!

Pang Pang
O quanti, quanti! Estinto!

Pong La folla
O quanti! ... il lavoro
mai non langue!
Ping
O mondo pieno Ping
di pazzi innamorati! E decapita...

Vi ricordate il principe Pang


regal di Samarcanda? Uccidi...
Fece la sua domanda,
e lei con quale gioia Ping
gli mandò il boia! Uccidi! Uccidi!... Ammazza!

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Pang Ping, Pong, Pang
... estingui! Uccidi! Estingui! Ammazza! Non v’è in China, per nostra fortuna,
donna più che rinneghi l’amor!
Pong Una sola ce n’era e quest’una
Ammazza!... che fu ghiaccio, ora è vampa ed ardor!
Principessa, il tuo impero si stende
La folla dal Tse-Kiang all’immenso Jang-Tsè!
Ungi, arrota,
che la lama Ping
sprizzi sangue! Ma là, dentro alle soffici tende,
c’è uno sposo che impera su te!
Ping, Pong, Pang (Pong e Pang cantano a bocca chiusa accompa-
Addio, amore! addio, razza! gnandolo)
Addio, stirpe divina!
Addio ecc. Ping, Pong, Pang
E finisce la China! Tu dei baci già senti l’aroma,
Addio, stirpe divina!... già sei doma, sei tutta languor!
(Ping rimane in piedi, quasi a dar più valore alla
sua invocazione) Pong, Pang
Gloria, gloria alla notte segreta
Ping che il prodigio ora vede compir!
(come un’invocazione)
O tigre! O tigre! Ping, Pang
Gloria, gloria...
Ping, Pang, Pong
O grande marescialla Pong
del cielo! Fa’ che giunga ... alla gialla coperta di seta...
la gran notte attesa,
la notte della resa!... Ping, Pang
... alla notte segreta...
Ping
Il talamo le voglio preparare! Pong
... testimonio dei dolci sospir!
Pong Nel giardin sussurran le cose
(con gesto evidente) e tintinnan campanule d’or...
Sprimaccerò per lei le molli piume! Si sospiran parole amorose...

Pang Ping
(come spargesse aromi) ... di rugiada s’imperlano i fior!
Io l’alcova le voglio profumare!
Ping, Pong, Pang
Ping Gloria, gloria al bel corpo discinto
Gli sposi guiderò reggendo il lume! che il mistero ignorato ora sa!
Gloria
Ping, Pong, Pang all’ebbrezza e all’amore che ha vinto,
Poi tutt’e tre in giardino e alla China la pace ridà!...
noi canterem... (Ma, dall’interno, il rumore della Reggia, che si
risveglia, richiama le tre maschere alla triste
Pong realtà. E allora Ping, balzando a terra, esclama:)
... canteremo d’amor fino al mattino...
Ping
Ping Noi si sogna e il palazzo già formicola
... così... di lanterne, di servi e di soldati!
Udite il gran tamburo
Pang del tempio verde! Già stridon le infinite
... così... ciabatte di Pekino!
(Ping in piedi sullo sgabello, gli altri due seduti
ai suoi piedi, rivolgendosi ad un immaginario Pong
loggiato) Udite trombe! altro che pace!

17
Pang (con fermezza)
Ha inizio Figlio del cielo! Io chiedo
la cerimonia! d’affrontar la prova!
Ping, Pong, Pang L’imperatore
Andiamo (quasi supplichevole)
a goderci l’ennesimo supplizio! Fa’ ch’io possa morir senza portare
(Se ne vanno mogi mogi) il peso della tua giovine vita!

Il Principe
Quadro secondo
(con maggior forza)
Appare il vasto piazzale della Reggia. Quasi al
centro è un’enorme scalèa di marmo che si per- Figlio del cielo! Io chiedo
de nella sommità fra gli archi traforati delle va- d’affrontar la prova!
ste terrazze imperiali. La scala è a tre vasti ripia-
ni. Numerosi servi collocano in ogni dove lan- L’imperatore
terne variopinte. La folla, a poco a poco, invade Non voler che s’empia ancor
la piazza. Arrivano i mandarini, con la veste di d’orror la Reggia, il mondo!
cerimonia azzurra e d’oro. Passano gli otto sa-
pienti, altissimi e pomposi. Sono vecchi, quasi Il Principe
uguali, enormi e massicci. Il loro gesto è lentissi- (con forza crescente)
mo e simultaneo. Hanno ciascuno tre rotoli di Figlio del cielo! Io chiedo
seta sigillati in mano. Sono i rotoli che conten- d’affrontar la prova!
gono la soluzione degli enigmi di Turandot.
L’imperatore
La folla (con ira, ma con grandiosità)
Gravi, enormi ed imponenti Straniero, ebbro di morte! E sia! Si compia
col mister dei chiusi enigmi il tuo destino!
già s’avanzano i sapienti... (La folla si alza. Un chiaro corteo di donne spar-
(Incensi cominciano a salire dai tripodi che sono
ge fiori sulla grande scala)
sulla sommità della scala. Le tre maschere si
fanno largo tra gli incensi; indossano, ora, l’abi-
to giallo di cerimonia) La folla
Ecco Ping. Ecco Pong. Ecco Pang. Diecimila anni al nostro imperatore!...
(Passano gli stendardi bianchi e gialli dell’impe- (Il Mandarino si presenta coll’editto. Fra il gene-
ratore tra le nuvole degli aromi. Passano gli rale silenzio, il Mandarino si avanza. Dice:)
stendardi di guerra. Lentamente l’incenso dira-
da. Sulla sommità della scala, seduto sul trono Il mandarino
d’avorio, apparisce l’imperatore Altoum. È tutto Popolo di Pekino!
bianco, antico, venerabile, ieratico. Pare un dio La legge è questa. Turandot, la Pura,
che apparisca di tra le nuvole) sposa sarà di chi, di sangue regio,
Diecimila anni al nostro imperatore! spieghi gli enigmi ch’ella proporrà.
(Tutta la folla si prosterna faccia a terra, in atti- Ma chi affronta il cimento e vinto resta,
tudine di grande rispetto. Il piazzale è avvolto in porga alla scure la superba testa!
una viva luce rossa. Il principe è ai piedi della
scala. Timur e Liù a sinistra, confusi tra la folla I ragazzi
ma bene in vista del pubblico) (interni)
Gloria a te! Dal deserto al mar
non odi mille voci sospirar:
L’imperatore
(con voce stanca da vecchio decrepito) Principessa, scendi a me!
Un giuramento atroce mi costringe Tutto splenderà!...
a tener fede al fosco patto. E il santo
scettro ch’io stringo, gronda La folla
di sangue! (accompagna a bocca chiusa)
Basta sangue! (Turandot va a collocarsi ai piedi del trono. Bel-
Giovine, va’! lissima, impassibile, è tutta una cosa d’oro.
Guarda con freddissimi occhi il principe. Solen-
Il Principe nemente dice:)

18
Turandot La folla
In questa Reggia, or son mill’anni e mille, Al principe straniero
un grido disperato risonò. offri la prova ardita,
E quel grido, traverso stirpe e stirpe o Turandot!...
qui nell’anima mia si rifugiò! (Squillano le trombe. Silenzio. Turandot procla-
Principessa Lo-u-Ling, ma il primo enigma)
ava dolce e serena che regnavi
nel tuo cupo silenzio in gioia pura, Turandot
e sfidasti inflessibile e sicura Straniero, ascolta! “Nella cupa notte
l’aspro dominio, oggi rivivi in me! vola un fantasma iridescente.
Sale e dispiega l’ale
La folla sulla nera infinita umanità!
(sommessamente) Tutto il mondo l’invoca
Fu quando il Re dei Tartari e tutto il mondo l’implora!
le sette sue bandiere dispiegò! Ma il fantasma sparisce coll’aurora
per rinascere nel cuore!
Turandot Ed ogni notte nasce
(come cosa lontana) ed ogni giorno muore!”
Pure nel tempo che ciascun ricorda,
fu sgomento e terrore e rombo d’armi! Il Principe
Il regno vinto!... Il regno vinto! Sì! Rinasce! Rinasce e in esultanza
E Lo-u-Ling, la mia ava, trascinata mi porta via con sé, Turandot: la speranza!
da un uomo, come te, straniero,
là nella notte atroce, I sapienti
dove si spense la sua fresca voce! (aprono ritmicamente il primo rotolo)
La speranza! La speranza! La speranza!
La folla
(c. s.) Turandot
Da secoli ella dorme (declamato, con ira)
nella sua tomba enorme! Sì! La speranza che delude sempre!
(Turandot scende alla metà della scala nervosa-
Turandot mente)
O Principi, che a lunghe carovane “Guizza al pari di fiamma, e non è fiamma!
d’ogni parte del mondo È talvolta delirio! È febbre
qui venite a gettar la vostra sorte, d’impeto e ardore!
io vendico su voi, quella purezza, L’inerzia lo tramuta in un languore!
quel grido e quella morte!... Se ti perdi o trapassi, si raffredda!
(con energia) Se sogni la conquista, avvampa!...
Mai nessun m’avrà!... Ha una voce che trepido tu ascolti,
L’orror di chi l’uccise e del tramonto il vivido baglior!”
vivo nel cuor mi sta!
No, no! Mai nessun m’avrà! L’imperatore
Ah, rinasce in me l’orgoglio Non perderti, straniero!
di tanta purità!
(e minacciosa al principe) La folla
Straniero! Non tentar la fortuna! È per la vita! Parla!
Gli enigmi sono tre, la morte è una!
Liù
Il Principe (supplice)
No! No! È per l’amore!
Gli enigmi sono tre, una è la vita!
Il Principe
Turandot Sì, principessa! Avvampa e insieme langue,
No, no! se tu mi guardi, nelle vene: il sangue!
Gli enigmi sono tre, la morte è una!
I sapienti
Il Principe (aprendo il secondo rotolo)
Gli enigmi sono tre, una è la vita! Il sangue! Il sangue! Il sangue!

19
La folla non guardarmi così!
Coraggio, scioglitore degli enigmi! Non sarò tua!
No, no, non sarò tua! Non voglio!
Turandot No, no, non sarò tua!
(additando la folla alle guardie)
Percuotete quei vili! L’imperatore
(Scende dalla scala. Si china sul principe che ca- (conferma solennemente)
de in ginocchio) È sacro il giuramento!
“Gelo che ti dà foco e dal tuo foco
più gelo prende! Candida ed oscura! La folla
Se libero ti vuol, ti fa più servo! È sacro il giuramento!
Se per servo t’accetta, ti fa Re!”
(Il principe non respira più. Turandot è su lui, Turandot
curva come sulla sua preda, e sogghigna) (con calore crescente)
Su, straniero! Ti sbianca la paura! No, non guardarmi così,
E ti senti perduto! Su, straniero, non sarò tua!
il gelo che dà foco, che cos’è?
La folla
Il Principe Ha vinto, principessa!
(balza in piedi; con forza, esclama:) Offrì per te la vita!
La mia vittoria ormai t’ha data a me!
Il mio foco ti sgela: Turandot! Turandot
Mai nessun m’avrà!
I sapienti
(aprendo il terzo rotolo) La folla
Turandot! Turandot! Turandot! Sia premio al suo ardimento!
Offrì per te la vita!
La folla È sacro il giuramento!
Turandot! Turandot!
Turandot
I ragazzi e la folla (con suprema ribellione, al principe)
Gloria, gloria, o vincitore! Mi vuoi nelle tue braccia a forza,
Ti sorrida la vita! Ti sorrida l’amor! riluttante, fremente?...

La folla La folla
Diecimila anni al nostro imperatore! È sacro il giuramento!...
Luce, Re di tutto il mondo!
Il Principe
Turandot No, no, principessa altera!
(che è risalita affannosamente presso il trono Ti voglio tutta ardente
dell’imperatore) d’amor!
Figlio del cielo! Padre augusto! No!
Non gettar tua figlia nelle braccia La folla
dello straniero! Coraggioso! Audace! O forte!

L’imperatore Il Principe
(solenne) (energico)
È sacro il giuramento! Tre enigmi m’hai proposto! e tre ne sciolsi!
Uno soltanto a te ne proporrò:
Turandot Il mio nome non sai! Dimmi il mio nome,
(con ribellione) prima dell’alba! e all’alba morirò!
No! Non dire! Tua figlia è sacra! (Turandot piega il capo, annuendo)
Non puoi donarmi a lui come una schiava.
Ah! No! Tua figlia è sacra! L’imperatore
Non puoi donarmi a lui come una schiava Il cielo voglia che col primo sole
morente di vergogna! mio figliolo tu sia!
(al principe, con ira) (La Corte si alza. Ondeggiano le bandiere. Il
Non guardarmi così! principe sale la scala, mentre l’inno imperiale ri-
Tu che irridi al mio orgoglio, prende solenne)

20
La folla ATTO TERZO
Ai tuoi piedi ci prostriam,
Luce, Re di tutto il mondo! Quadro primo
Per la tua saggezza,
Il giardino della reggia, vastissimo, tutto rialzi
per la tua bontà,
ondulati, cespugli e profili scuri di divinità in
ci doniamo a te,
bronzo, lievemente illuminate dal basso in alto
lieti in umiltà!
A te salga il nostro amor! dal riflesso degli incensieri. A destra sorge un
Diecimila anni al nostro imperatore! padiglione a cui si accede per cinque gradini, e
A te, erede di Hien-Wang, limitato da una tenda riccamente ricamata. Il
noi gridiam: padiglione è l’avancorpo d’uno dei palazzi della
Diecimila anni al grande imperatore! reggia, dal lato delle stanze di Turandot.
Alte, alte le bandiere! È notte. Dalle estreme lontananze giungono vo-
Gloria a te!... ci di araldi che girano l’immensa città intimando
il regale comando. Altre voci, vicine e lontane,
fanno eco.
Adagiato sui gradini del padiglione è il principe.
Nel grande silenzio notturno egli ascolta i ri-
chiami degli araldi, come se quasi più non vives-
se nella realtà.

Gli araldi
(lontano, a voce spiegata)
Così comanda Turandot:
“Questa notte nessun dorma in Pekino!”

La folla
(lontano, come un lamento)
Nessun dorma!...

Gli araldi
(più lontano)
“Pena la morte, il nome dell’Ignoto
sia rivelato prima del mattino!”

La folla
Pena la morte!...

Gli araldi
(ancora più lontano)
“Questa notte nessun dorma in Pekino!”

La folla
(più lontano)
Nessun dorma!...

Il Principe
Nessun dorma!... Tu pure, o principessa,
nella tua fredda stanza
guardi le stelle
che tremano d’amore e di speranza!
Ma il mio mistero è chiuso in me,
il nome mio nessun saprà!
No, no, sulla tua bocca lo dirò,
quando la luce splenderà!
Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
che ti fa mia!

Le donne
(interno; un po’ lontano)

21
Il nome suo nessun saprà... Ebbene, prendi!
E noi dovrem, ahimè, morir!... (Sospinge a’ piedi del principe un gruppo di
fanciulle bellissime, seminude, procaci)
Il Principe Guarda, son belle, fra lucenti veli!
(con anima)
Dilegua, o notte!... tramontate, stelle!... Pong, Pang
All’alba vincerò!... Corpi flessuosi...
(Strisciando fra i cespugli, le tre maschere sono
alla testa di una piccola folla di figure confuse Ping
nel buio della notte, che poi cresceranno sem- Tutte ebbrezze e promesse
pre più numerose) d’amplessi prodigiosi!
Ping
Le donne
(s’accosta al principe)
(circondando il principe)
Tu che guardi
le stelle, abbassa gli occhi... Ah, ah!...

Pong Il Principe
La nostra vita è... No! No!

Ping Pong, Pang


... abbassa gli occhi! Che vuoi?

Pong Ping, Pong, Pang


... in tuo potere! Ricchezze?
Tutti i tesori a te!...
Pang (Ad un cenno di Ping vengono portati canestri,
La nostra vita! cofani, sacchi, ricolmi d’oro e di gioielli)
Ping Ping
Udisti il bando? Rompon la notte nera...
Per le vie di Pekino ad ogni porta
batte la morte e grida: il nome! Pong
Fuochi azzurri!
Pong
Il nome!
Ping
Pong, Pang ... queste fulgide gemme!
Il nome!
Pang
Ping, Pong, Pang Verdi splendori!
O sangue!
Pong
Il Principe Pallidi giacinti!
Che volete da me?
Pang
Ping Le vampe rosse dei rubini!
Di’ tu che vuoi!
Ping
Pong Sono
Di’ tu che vuoi! gocciole d’astri!

Ping Pong, Pang


È l’amore che cerchi? Fuochi azzurri!

Pang Ping
Di’ tu che vuoi! Prendi! È tutto tuo!

Ping Pong, Pang


Di’ tu che vuoi! Vampe rosse!

22
Il Principe La folla
No! Nessuna ricchezza! No! (con ferocia minacciando il principe con pugna-
li)
Ping, Pong, Pang Non l’avrai!...
Vuoi la gloria? Morrai prima di noi! Tu, maledetto!
Noi ti farem fuggir... Morrai prima di noi, tu, spietato, crudele!
Parla, il nome!...
Pong, Pang
... e andrai lontano con le stelle verso Gli sgherri
imperi favolosi!... (interno, gridando)
Eccolo il nome! È qua...
La folla (Un gruppo di sgherri trascina il vecchio
Fuggi!... Timur e Liù, logori, pesti, affranti, sanguinanti)
Va’ lontano!...
Va’ lontano, La folla
e noi tutti ci salviam! Eccolo il nome! È qua!...

Il Principe Gli sgherri


(tendendo le braccia come ad invocazione) (più vicini)
Alba, vieni! Eccolo il nome! È qua!...
(con crescente minacciosa disperazione)
Quest’incubo dissolvi!... Il Principe
(si precipita gridando)
Ping Costor non sanno! Ignorano il mio nome!...
Straniero, tu non sai, tu non sai
di che cosa è capace la crudele, ... Ping
Sono il vecchio e la giovane
Ping, Pong, Pang che iersera parlavano con te!
Tu non sai...
Il Principe
Pong, Pang Lasciateli!
... quali orrendi martìri...
Ping
Ping Conoscono il segreto!
Tu non sai!... (agli sgherri)
Dove li avete colti?
Pong, Pang (correndo, volgendosi verso il padiglione)
... la China inventi.
Se tu rimani e non ci sveli... Gli sgherri
Mentre erravano là, presso le mura!
Pong, Pang, la folla
... il nome, siam perduti. Ping, Pong, Pang, la folla
Principessa!
Ping, la folla (Turandot appare. Tutti si prosternano a terra.
L’insonne non perdona! Solo Ping, avanzando con estrema umiltà, dice:)
(Ensemble)
Ping
Ping, Pong, Pang, la folla Principessa! Divina! Il nome dell’ignoto
Sarà martirio orrendo! sta chiuso in queste bocche silenti.
I ferri aguzzi! l’irte ruote! il caldo E abbiamo ferri per schiodar quei denti
morso delle tanaglie! e uncini abbiamo per strappar quel nome!
la morte a sorso a sorso!
Non farci morire!... Turandot
(piena d’imperio e d’ironia)
Il Principe Sei pallido, straniero!
(con suprema fermezza)
Inutili preghiere! Il Principe
Inutili minacce! (alteramente)
Crollasse il mondo, voglio Turandot! Il tuo sgomento

23
vede il pallor dell’alba sul mio volto! Liù
Costor non mi conoscono! (dolcemente)
La tua serva
Turandot chiede perdono, ma obbedir non può!
(come in sfida) (Uno sgherro le stringe i polsi)
Vedremo! Ah!
Su! Parla, vecchio!
Io voglio ch’egli parli! Timur
(Timur è riafferrato) Perché gridi?
Il nome!
Il Principe
Liù Lasciatela!...
(avanzando rapida verso Turandot)
Liù
Il nome che cercate
No... No... Non grido più! Non mi fan male!
io sola so.
No, nessun mi tocca,
La folla (agli sgherri)
La vita è salva, l’incubo svanì! stringete... ma chiudetemi la bocca
ch’ei non mi senta!
Il Principe (sfibrata)
Tu non sai nulla, schiava! Non resisto più!

Liù La folla
Io so il suo nome... (con voce soffocata)
m’è suprema delizia Parla! Il suo nome!
tenerlo segreto
Turandot
e possederlo io sola!
(agli sgherri)
La folla Sia lasciata!
Sia legata, sia straziata! (a Liù)
perché parli, perché muoia! Parla!

Il Principe Liù
(ponendosi avanti a Liù per proteggerla; minac- Piuttosto morrò!
cioso)
Sconterete le sue lagrime! Turandot
Sconterete i suoi tormenti! Chi pose tanta forza nel tuo cuore?

Turandot Liù
(violenta, alle guardie) (dolcissimo)
Tenetelo! Principessa, l’amore!...
(Riprende la sua attitudine ieratica. Il principe
viene legato ai piedi con una cordicella da uno Turandot
sgherro, che rimane a terra tenendo i capi della L’amore?...
corda, e due altri sgherri lo tengono fermo per
le braccia) Liù
(sollevando gli occhi pieni di tenerezza)
Liù Tanto amore, segreto, inconfessato,
Signor, non parlerò! grande così che questi strazi son
(Liù è tenuta inginocchiata a terra) dolcezze per me, perché ne faccio dono
al mio Signore...
Ping Perché, tacendo, io gli do il tuo amore...
Quel nome! Te gli do, principessa, e perdo tutto!
Persino l’impossibile speranza!...
Liù Legatemi! Straziatemi!
No! Tormenti e spasimi
date a me!
Ping Ah!... Come offerta
Quel nome! suprema del mio amore!

24
Turandot Il Principe
(violenta) Ah! tu sei morta,
Strappatele il segreto! o mia piccola Liù!
(Grande silenzio pieno di terrore)
Ping
(con forza) Timur
Chiamate Pu-Tin-Pao! (s’accosta barcollando; s’inginocchia)
Liù!... Liù!...
Il Principe sorgi!... sorgi!... È l’ora chiara
(scattando) d’ogni risveglio!
No, maledetto!... è l’alba, o mia Liù...
Apri gli occhi, colomba!...
La folla
Ping
(come un urlo)
(va verso il vecchio Timur)
Il boia!...
Àlzati, vecchio! È morta!
Ping Timur
Sia messa alla tortura! (come un urlo)
Ah! Delitto orrendo! L’espieremo tutti!
La folla L’anima offesa si vendicherà!
(selvaggiamente) (Con religiosa pietà il piccolo corpo viene solle-
Alla tortura! vato tra il rispetto profondo della folla)
Sì, il boia! Parli! Alla tortura!
(Appare il boia) La folla
Ombra dolente, non farci del male!
Liù Ombra sdegnosa, perdona!...
(disperatamente)
Più non resisto! Timur
Ho paura di me! Liù!... bontà! Liù! dolcezza!
(cercando d’aprirsi un varco tra la folla che la (Prende la piccola mano della morta)
serra) Oh! camminiamo insieme un’altra volta...
Lasciatemi passare!... così, colla tua man nella mia mano!
Dove vai ben so.
La folla Ed io ti seguirò
Parla!... per posare a te vicino
nella notte che non ha mattino.
Liù (Ping, Pong, Pang sul davanti della scena)
Sì, principessa, ascoltami!
Ping
Tu che di gel sei cinta, (con angosciosa pietà)
da tanta fiamma vinta, Ah! per la prima volta
l’amerai anche tu!... al veder la morte non sogghigno!
Prima di questa aurora
Pong
io chiudo stanca gli occhi,
Svegliato s’è qui dentro il vecchio ordigno,
perché Egli vinca ancora... il cuore, e mi tormenta!
Per non vederlo più!
Prima di questa aurora, Pang
io chiudo stanca gli occhi Quella fanciulla spenta
per non vederlo più! pesa sopra il mio cuor come un macigno!
(Prende di sorpresa un pugnale a un soldato e si (Il mesto corteo si avvia)
trafigge a morte. Gira intorno gli occhi perduti,
guarda il Principe con dolcezza suprema, va, La folla
barcollando, presso di lui e gli stramazza ai pie- (fuori di scena)
di, morta) Liù, bontà, perdona!...
(lontana)
La folla Liù, bontà, Liù, dolcezza,
Ah! Parla! Il nome! dormi, oblia!
Liù, poesia!

25
* (Tutti oramai sono usciti. Il principe e Turan- Il principe e Turandot si sciolgono dal loro
dot si avvicinano) intenso abbraccio)

Il Principe Voci femminili


Principessa, Principessa, Principessa! (interne)
Principessa di morte! Ah!...
Principessa di gelo!
Dal tuo tragico cielo! Il Principe
scendi giù sulla terra! (stringendo le mani di Turandot)
Ah! Solleva quel velo, Oh! Mio fiore mattutino... mio fiore. Ti respiro...
guarda, guarda, crudele, I seni tuoi di giglio…
quel purissimo sangue Ah! treman sul mio petto…
che fu sparso per te! Già ti sento
(le strappa il velo) mancare di dolcezza… tutta bianca
nel tuo manto d’argento…
Turandot
(con fermezza) Voci femminili
Che mai osi, straniero! È l’alba!... luce e vita!
Cosa umana non sono...
Son la figlia del cielo Turandot
libera e pura!... (smarrita)
Tu stringi il mio freddo velo, Come vincesti?
ma l’anima è lassù!
Il Principe
Il Principe Piangi?
La tua anima è in alto
ma il tuo corpo è vicino! Turandot
Con le mani brucianti È l’alba, è l’alba, è l’alba!
stringerò i lembi d’oro Turandot tramonta!
del tuo manto stellato!
Premerò su di te, I ragazzi
premerò la mia bocca. (interni)
L’alba luce e vita! Tutto è puro!
Turandot
Non profanarmi! Voci interne
L’alba luce e vita!
Il Principe
Ah! Sentirti viva! Il Principe
È l’alba! È l’alba!... E amor nasce col sole!
Turandot
Indietro!... Indietro!... I ragazzi e voci interne
Non profanarmi! Non profanarmi! (c. s.)
Tutto è puro!
Il Principe Tutto è santo!
Il gelo tuo è menzogna! Che dolcezza
nel tuo pianto!...
Principessa, che dolcezza
Turandot
nel tuo pianto!...
Indietro!... No!... mai nessun m’avrà!
Dell’Ava mia lo strazio Turandot
non si rinnoverà! Che nessun mi veda...
Ah! No. Non mi toccar, straniero!... (con dolce rassegnazione)
È un sacrilegio! La mia gloria è finita, finita!
Il Principe Il Principe
No!... Il bacio tuo mi dà l’Eternità! No, Principessa!
(Il Principe abbraccia il corpo di Turandot. La tua gloria risplende
nell’incanto
del primo bacio,
* Inizio del finale completato da Luciano Berio. del primo pianto!...

26
Turandot Calaf
Del primo pianto… sì… La mia gloria è il tuo amplesso!
Straniero, quando sei giunto, La mia vita è il tuo bacio!
c’era negli occhi tuoi
la superba certezza, Turandot
e per quella t’ho odiato, Odi le trombe!...
E per quella t’ho amato, È l’ora della prova!
tormentata e divisa.
Vincerti o esser vinta... Calaf
Son vinta Non la temo!
da questa febbre che mi vien da te!
Più grande vittoria non voler! Quadro secondo
Parti, straniero, L’esterno del palazzo Imperiale. Sopra un’alta
col tuo mistero! scala c’è l’Imperatore.

Il Principe La folla
Il mio mistero?... Non ne ho più!... Sei mia! Diecimila anni al nostro Imperatore!
Tu che tremi se ti sfioro,
tu che sbianchi se ti bacio, Turandot
puoi perdermi se vuoi! O Padre Augusto…
Il mio nome e la vita insiem ti dono: Ora conosco il nome dello straniero…
Io son Calaf figlio di Timur! Il suo nome è Amore! è Amore!

Turandot Calaf
(con entusiasmo) È Amore, è Amore, È Amore!...
So il tuo nome! So il tuo nome!...
La mia gloria risplende! A poco a poco buio totale.

27
Il soggetto
Claudio Toscani*

Atto primo

Le mura della grande Città Violetta.


Nella piazza di Pechino, in un tempo imprecisato, un mandarino ricorda alla fol-
la l’editto della crudele Turandot: la principessa sposerà solo colui che avrà sciol-
to i tre enigmi da lei proposti; ma in caso di fallimento il pretendente verrà mes-
so a morte. È questa la sorte dello sfortunato principe di Persia, che si prepara a
morire per mano del boia al sorgere della luna. La folla rumoreggia, eccitata
dall’imminente spettacolo; nella calca il vecchio Timur, accompagnato dalla gio-
vane schiava Liù, è gettato a terra. Il principe Calaf si precipita in suo aiuto e ri-
conosce in lui il padre, il re spodestato dei Tartari: entrambi, per fuggire l’odio
degli usurpatori, sono costretti a mantenere l’incognito. Calaf apprende da Ti-
mur la storia della sua fuga (“Perduta la battaglia, vecchio re senza regno”) e
chiede a Liù la ragione del suo aiuto disinteressato; questa gli risponde di aver
condiviso le sofferenze del vecchio re soltanto perché un giorno il principe Ca-
laf, nel suo palazzo, le aveva sorriso. I tre sono interrotti dalla folla, che reclama
impaziente l’esecuzione (“Ungi, arrota, che la lama guizzi”). La luna è apparsa;
preceduto dal canto di una schiera di ragazzi (“Là sui monti dell’est”) e da un
corteo di sacerdoti e grandi dignitari, il principe di Persia viene condotto al pati-
bolo. La folla si commuove al suo aspetto e chiede a gran voce la grazia; ma Tu-
randot, che fa una breve apparizione sul loggiato, conferma la condanna. La
bellezza della principessa colpisce vivamente Calaf (“Non senti? il suo profumo
nell’aria”), che decide, affascinato, di sottoporsi alla prova degli enigmi. Invano
Timur, poi Liù, quindi i tre ministri Ping, Pong e Pang tentano di dissuaderlo. Il
principe non cambia idea né alla descrizione delle nefandezze che si compiono
a corte (“Qui si strozza! si sgozza!”), né alle preghiere accorate di Liù (“Signore,
ascolta”), né alla vista della testa del principe di Persia decapitato: attratto dal
volto della principessa, Calaf annuncia pubblicamente la sua decisione colpendo
tre volte il gong e si avvia verso il suo destino.

Atto secondo

Quadro primo
Padiglione formato da una vasta tenda decorata da fantastiche figure cinesi.
Ping, Pong e Pang lamentano la decadenza della Cina, si abbandonano al ricor-
do dei tempi felici, quando la crudele principessa non era ancora nata, e rievo-
cano con nostalgia la loro vita tranquilla lontano dalla corte (“Ho una casa nel-
l’Honan”). Mentre a corte fervono i preparativi per la nuova prova degli enigmi,
i tre si augurano che Turandot scopra finalmente l’amore e che le teste cessino
di cadere: immaginano intanto di preparare l’alcova per la prima notte d’amore
della principessa (“O tigre, o tigre, o grande marescialla del cielo”). Una marcia
annuncia la cerimonia delle prove.

Quadro secondo
Piazzale della reggia.
La corte imperiale prende posto sulla scalinata al centro del piazzale della reggia.
Gli otto sapienti portano i rotoli con la soluzione degli enigmi; a poco a poco la fol-
la riempie la piazza. Il vecchio imperatore, stanco di veder scorrere il sangue, scon-

28
giura Calaf di rinunciare alla prova e di ritirarsi, ma invano: il principe è ben deciso.
Si avanza Turandot, guardando freddamente lo sconosciuto. Spiega le ragioni del-
la sua crudele condotta con la storia di una sua antenata, tradita da un conquista-
tore straniero che aveva saccheggiato la città e l’aveva condotta lontano, in esilio,
dov’era morta di dolore (“In questa reggia, or son mill’anni e mille”). Propone
quindi a Calaf i tre enigmi, che il principe scioglie uno dopo l’altro. Turandot non
vuole accettare la sconfitta e chiede al padre di non consegnarla allo straniero; ma
è lo stesso Calaf che dichiara, generosamente, di rinunciare alla sua vittoria. Propo-
ne a sua volta una prova a Turandot: se all’alba dell’indomani la principessa indovi-
nerà il suo nome, egli morrà, come se non avesse superato la prova degli enigmi.
La principessa acconsente, mentre tutti si augurano che lo straniero trionfi.

Atto terzo

Quadro primo
Giardino della reggia.
È notte. Le voci degli araldi annunciano gli ordini di Turandot: che nessuno dorma
a Pechino, pena la morte, sinché non sia stato scoperto il nome del principe sco-
nosciuto. Calaf attende, tranquillo e sicuro della vittoria, il sorgere del sole (“Nes-
sun dorma!”). Ping, Pong e Pang vengono a offrirgli, in cambio del suo nome, tut-
to ciò che un uomo può desiderare: bellissime fanciulle, ricchezze, gloria e libertà;
ma il principe non si lascia smuovere né dalle promesse né dalle minacce. Al suo
ultimo rifiuto, un gruppo di soldati introduce Timur e Liù, che si sospetta conosca-
no l’identità dello sconosciuto. Turandot ordina che Timur sia messo alla tortura,
ma Liù s’avanza e dichiara di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto.
Affronta Turandot (“Tu che di gel sei cinta”), non cede alla tortura e si suicida piut-
tosto che tradire il segreto dell’uomo che ama. La folla è impressionata dal sacrifi-
cio della fanciulla. Turandot e Calaf restano soli. Il principe le rimprovera la sua cru-
deltà, poi le lacera il velo, la prende tra le braccia con passione, la bacia, vince la
sua resistenza. Turandot piange tra le braccia del principe che le ha finalmente sve-
lato l’amore. È ormai l’alba: Calaf svela il suo nome alla principessa, mettendo la
propria sorte nelle sue mani. Suoni di tromba annunciano che la corte si riunisce.

Quadro secondo
Esterno del palazzo imperiale.
L’imperatore siede sul trono, circondato dalla corte e dal popolo che riempie la
piazza. In cima alla scalinata appare Turandot, che dichiara di conoscere il nome
dello sconosciuto: “Amore”.

* Claudio Toscani (1957) ha compiuto gli studi musicali e musicologici presso i conservatori di Par-
ma e di Milano e la Hochschule fur Musik und darstellende Kunst di Vienna, e ha conseguito il dot-
torato di ricerca in Musicologia presso l’Università di Bologna. Ha preso parte a numerosi convegni
musicologici internazionali e ha pubblicato saggi sulla storia del teatro d’opera italiano del Sette-
cento e dell’Ottocento. Ha curato, tra le altre, l’edizione critica dei Capuleti e i Montecchi di Bellini
e della Fille du régiment di Donizetti; è membro dei comitati scientifici per l’edizione delle opere di
Bellini, Pergolesi e Rossini. È direttore dell’Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Battista Per-
golesi. Ha fondato e dirige il Centro Studi Pergolesi. È docente di Storia del melodramma e di Filo-
logia musicale all’Università degli Studi di Milano.

29
Synopsis

Act I

The walls of the great Purple City.


In the main square of Peking, at an unspecified point in time, a mandarin re-
minds the crowd of the edict issued by the cruel Turandot. The princess will
marry only the man who can solve the three riddles put to him by her. If he
fails, however, the suitor shall be put to death. This fate already now awaits the
unfortunate prince of Persia, who is preparing to die at the hand of the execu-
tioner when the moon rises. Loud noises come from the crowd, excited by the
imminent spectacle of death. Jostled by the throng, the old Timur, accompa-
nied by the young slave girl Liù, is thrown to the ground. The prince Calaf rush-
es to his aid and recognizes his own father, the deposed king of the Tartars.
Both, to escape the hatred of the usurpers, are compelled to maintain their
incognito. Calaf learns from Timur the story of his escape (“Perduta la battaglia,
vecchio re senza regno”) and asks Liù the reason for her disinterested help. She
replies that she has shared the old king’s suffering only because one day the
prince Calaf in his palace has smiled at her. Their conversation is interrupted by
the crowd, who impatiently call for the execution to be carried out (“Ungi, arro-
ta, che la lama guizzi”). The moon has appeared. Preceded by the song of a
group of boys (“Là sui monti dell’est”) and by a procession of priests and high
dignitaries, the prince of Persia is led to the block. The crowd is deeply moved
by his appearance and loudly asks for him to be reprieved. But Turandot, who
makes a brief appearance on the loggia, confirms his execution. Calaf is struck
by the princess’s beauty (“Non senti? il suo profumo nell’aria”) and is indeed so
fascinated that he decides to submit to the ordeal of the riddles. In vain Timur,
and then Liù, followed by the three ministers Ping, Pong and Pang, attempt to
dissuade him. The prince refuses to change his mind, neither on hearing a de-
scription of the evil deeds committed at court (“Qui si strozza! si sgozza!”), nor
the heart-rending entreaties of Liù (“Signore, ascolta”), nor at the sight to the
decapitated prince of Persia’s head. Bewitched by the princess’s face, Calaf pub-
licly announces his decision by striking the gong three times, and goes off to
meet his fate.

Act II

Scene one
A pavillon formed by a vast tent, decorated with fantastic Chinese figures.
Ping, Pong and Pang lament the decadence of China. Abandoning themselves
to memories of happier times, when the cruel princess was not yet born, they
recall with nostalgia their peaceful lives far from the court (“Ho una casa nel-
l’Honan”). While the preparations for the new trial by riddles are in full swing at
court, the trio hopes that Turandot may at last discover love, and that heads
may cease to fall. Meanwhile they picture preparing the alcove for the princess’s
first night of love (“O tigre, o tigre, o grande marescialla del cielo”). A march
announces the ceremony of the riddles.

32
Scene two
Square in front of the palace.
The imperial court is seated on the flight of steps at the centre of the square in
front of the royal palace. The eight wise men carry scrolls bearing the solution to
the riddles. Little by little the crowd fills the square. The old emperor, tired of so
much bloodshed, beseeches Calaf to give up the trial and to with draw, but in
vain: the prince has made up his mind. Turandot advances, looking coldly at her
unknown suitor. She explains the reasons for her cruel conduct by telling the sto-
ry of one of her female ancestors, who was betrayed by a foreign conqueror
who had sacked the city and carried her far away into exile, where she died of
grief (“In questa reggia, or son mill’anni e mille”). She now puts the three riddles
to Calaf, which the prince solves one after the other. Turandot is not prepared to
accept defeat, so she asks her father not to hand her over to the foreigner. But it
is Calaf himself who generously declares he’s ready to forfeit his victory. In his
turn he proposes a test to Turandot: if by tomorrow’s dawn the princess can
guess his name, he shall die, as if he had not solved the riddles. The princess
consents, while everybody hopes that the foreigner will triumph.

Act III

Scene one
Garden of the palace.
It is night. The heralds’ voices announce Turandot’s orders: no one in Peking shall
sleep, on pain of death, until the name of the unknown prince has been discov-
ered. Calaf waits, calm and confident of victory, for the sun to rise (“Nessun dor-
ma!”). Ping, Pong and Pang come to offer him, in exchange for his name, every-
thing a man may desire: beautiful maidens, wealth, glory and freedom. But the
prince is untouched either by their promises or by their threats. Upon his final re-
fusal, a group of soldiers bring in Timur and Liù, who are suspected of knowing
the mysterious man’s identity. Turandot orders that Timur be tortured, but Liù
steps forward and declares that she is the only person who knows the name of
the unknown prince. She faces Turandot (“Tu che di gel sei cinta”), does not
yield under torture, and finally commits suicide rather than betray the secret of
the man she loves. The crowd is impressed by the girl’s sacrifice. Turandot and
Calaf remain alone. The prince reproaches her for her cruelty, then tears off her
veil and clasps her in his arms with passion, kisses her and breaks her resistance.
Turandot weeps in the arms of the prince who has at last tought her the meaning
of love to her. It is dawn by now. Calaf tells the princess his name and thus puts
his fate into her hands. Trumpet peals announce that the court is to assemble.

Scene two
Outside the imperial palace.
The emperor is seated on his throne, surrounded by the court and by the popu-
lace crowded into the square. At the top of the steps Turandot appears, declar-
ing that she has learnt the name of the unknown man: it is “Amore”.

(Traduzione di Rodney Stringer)

33
L’opera in breve
Claudio Toscani

Sino a Turandot Puccini si era sempre orientato, per le sue opere, verso soggetti
realistici e sentimentali, verso le azioni, gli ambienti, i caratteri dalla psicologia
ben definita tipici della tradizione melodrammatica italiana. Con Turandot am-
bientata in una Cina di fantasia “al tempo delle favole”, il compositore percor-
se invece tutt’altro cammino: scelse un soggetto fiabesco e delineò una prota-
gonista assai poco tradizionale, una figura simbolica, una principessa dall’orgo-
glio smisurato che soffoca in sé ogni sentimento umano. Fu dietro suggerimen-
to del giornalista Renato Simoni (esperto sinologo e autore di alcuni testi dram-
matici) che Puccini si orientò sulla fiaba teatrale omonima di Carlo Gozzi
(1762), che a sua volta s’era ispirato all’Histoire de Calaf et de la Princesse de la
Chine dell’orientalista Pétis de la Croix (1712). Si tratta di un soggetto che in
Oriente ha radici molto antiche; Puccini dovette sentirsene attratto sia per l’am-
bientazione esotica (l’orientalismo musicale europeo aveva toccato l’apice tra la
fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, ma la voga esotizzante era ancora
assai diffusa in Europa), sia per la possibilità di sfruttare i grandi effetti spetta-
colari, la gestualità cerimoniale e statica, il gusto del tableau e il formulario stili-
stico del grand opéra. La riduzione pratica della vicenda a libretto d’opera av-
venne per mano dello stesso Simoni, che ideò la trama, e di Giuseppe Adami,
che preparò i versi.
Puccini iniziò il lavoro nel 1920. Ci si mise subito d’impegno (considerava Tu-
randot, probabilmente, l’opera iniziale di una sua nuova fase creativa), benché
fosse subito chiaro che il nuovo tipo di lavoro avrebbe creato al compositore
parecchie difficoltà. Attraversando fasi alterne d’entusiasmo e di scoraggia-
mento, Puccini prolungò la gestazione di Turandot per un periodo molto più
lungo che per ogni altra sua opera. Le difficoltà erano create soprattutto da un
genere – quello fantastico-fiabesco – che era sostanzialmente estraneo alla tra-
dizione italiana del melodramma. Puccini avvertì, innanzitutto, la necessità di
reinterpretare il soggetto e le figure della fiaba di Gozzi. La protagonista, nella
vicenda originale, non è altro che una fanciulla capricciosa, mentre l’opera di
Puccini la trasforma in una figura tragica: l’algida e crudele principessa che ha
assunto su di sé una missione, una vendetta da compiere, ma anche la donna
che alla fine si trasforma, che grazie all’amore acquista la capacità di provare
sentimenti umani. Calaf, del pari, doveva acquisire spessore, doveva divenire un
eroe autentico e coerente perché fosse credibile la sfida che lancia alla princi-
pessa. Decisiva, poi, fu l’invenzione della figura di Liù (del tutto assente nella
fiaba originaria), che permise a Puccini di introdurre nell’opera il tema, alta-
mente patetico e così familiare al teatro pucciniano, del sacrificio per amore. La
fine tragica di Liù coincide con l’apice emozionale dell’opera, e rappresenta al
tempo stesso una decisiva svolta drammatica: è da questo punto in poi che Tu-
randot comincia a sciogliersi; è a questo punto che la folla, toccata dal supre-
mo sacrificio altruista della piccola schiava, volta le spalle alla principessa e la
consegna implicitamente al suo vincitore. È l’introduzione di una figura fragile
e commovente, parente stretta di Mimì e Butterfly, il mezzo grazie al quale Puc-

46
cini rende plausibile la vittoria dell’amore e dell’umanità sulla barbarie primitiva.
Il processo di umanizzazione della protagonista è chiarito in primo luogo dalla
musica, che mette in risalto tipiche contrapposizioni all’interno di atti e quadri.
La pluralità stilistica, infatti, è la cifra che distingue il linguaggio musicale di Tu-
randot. Puccini impiega, ad esempio, il tipico arsenale del generico esotismo
occidentale, da tempo acclimatato nell’opera europea; ma impiega anche un
idioma, un colore più specificamente “cinese”: si documenta e si procura alcu-
ne melodie cinesi autentiche (una di queste, “Fior di gelsomino”, è associata al
fascino incantatorio della principessa). Sono soprattutto le scene ironiche o
grottesche in cui compaiono i tre ministri Ping, Pong e Pang – che danno a
Puccini l’occasione di inserire nel dramma interludi comici, nello stile della
Commedia dell’arte – quelle in cui si fa più sfoggio di cineserie, autentiche o
reinventate in quello stile. Altrove, Puccini fa un uso libero di armonie dissonan-
ti: la crudeltà di Turandot, ad esempio, è resa da sonorità timbriche e armoni-
che aspre e taglienti. Ma non mancano ampi squarci ispirati dallo stile puccinia-
no più consueto, dal suo linguaggio diatonico e avvolgente, come non manca-
no alcuni dei momenti più tradizionali del melodramma italiano: lo slancio lirico
della preghiera di Liù nel primo Atto, l’aria di Calaf nel terzo.
La difficoltà maggiore, per Puccini, era rappresentata da un altro problema: co-
me raffigurare la metamorfosi della principessa, che da entità fredda e crudele,
da simbolo puro, si fa personaggio umano, dotato di sentimenti autentici? Per
evidenti ragioni di congruenza drammatica non era possibile far ricorso ai mezzi
e allo stile utilizzati nelle altre opere pucciniane, quando sulla scena agiscono le
umanissime eroine che ben conosciamo. Puccini pensava a una soluzione auda-
ce e innovativa: ma la composizione si incagliò proprio sull’ultimo duetto, l’epi-
sodio cruciale in cui la principessa è vinta e trasformata dall’amore. Il 29 novem-
bre 1924 la morte coglieva Puccini, senza concedergli il tempo di ultimare l’ope-
ra. Il compositore lasciava una partitura completa sino al corteo funebre che ac-
compagna il corpo senza vita di Liù, nel terzo Atto; da qui in poi aveva annota-
to, per l’ultimo episodio, solo appunti e idee frammentarie. Portò a termine la
partitura Franco Alfano, al quale il compito fu affidato – su suggerimento di Ar-
turo Toscanini – per la fama di ottimo orchestratore che aveva acquisito, soprat-
tutto con l’esotizzante Sakùntala. Ma il suo finale lascia un senso di insoddisfa-
zione: non tanto per lo sfavillante colorismo orchestrale (il suo stile non si armo-
nizza del tutto con quello di Puccini) quanto per il cambiamento troppo repenti-
no della protagonista (Alfano abbrevia eccessivamente il processo di umanizza-
zione di Turandot), oltre che per la caduta improvvisa della tensione che nell’o-
pera di Puccini aveva portato, in uno straordinario crescendo emozionale, al sui-
cidio di Liù. Fu anche per questo che il 26 aprile 1926 al Teatro alla Scala Tosca-
nini, dirigendo la prima di Turandot, non se la sentì di portare a termine l’esecu-
zione, interrompendola nel punto esatto in cui Puccini aveva arrestato la com-
posizione. Il recente finale di Luciano Berio (2001) propone una differente
drammaturgia musicale a conclusione dell'estremo capolavoro pucciniano.

47
La musica
Raffaele Mellace*

Benché impossibilitato a completare la partitura, Puccini realizza forse con


Turandot il progetto più compiuto del suo catalogo. Estremamente accurata
nei dettagli, efficacissima verso un pubblico planetario, l’opera accoglie sullo
sfondo della ritualità spettacolare della Corte di Pechino il tragico, il comico,
il lirismo d’inconfondibile conio pucciniano, in una struttura drammatica or-
ganizzata per contrasti di atmosfere, all’insegna d’un linguaggio musicale
fortemente connotato in senso esotico, il cui corredo motivico rimanda a
melodie cinesi puntuali (da un carillon del barone Fassini e da un libro di J.A.
van Aalst), ad altre originali ma di sapore cinese o basate su scale pentatoni-
che estranee alla tradizione colta occidentale.

Atto I
L’alzata di sipario è preceduta da un aspro gesto musicale (un dissonante
unisono orchestrale in fortissimo) d’ineludibili pregnanza e significato simbo-
lico: associato alla crudeltà di Turandot, il motivo per toni interi introduce e
accompagna la lettura dell’editto, a stabilire inequivocabilmente il clima di
terrore instaurato dalla principessa a Pechino, la cui couleur locale si materia-
lizza nell’accamparsi del timbro algido, penetrante ed esotico dello xilofono.
L’invenzione tematica inaugurale scatena la reazione feroce d’una folla asse-
tata di sangue, primo intervento corale che include, sul motivo “del ricon-
giungimento” di pasta sentimentale, lo squarcio intimistico dedicato ai per-
sonaggi “umani”, nel corso del quale Liù apostrofa Calaf con una melodia
pentatonica dall’orchestrazione delicata. All’introduzione segue un comples-
so formale che prepara con l’inanellarsi di cori contrastanti l’ingresso di Tu-
randot. Nel primo (“Ungi! Arrota! Che la lama”), introdotto da un efficace
crescendo e chiuso con la reiterazione inquietante del motivo della crudeltà,
folla e servi del boia inneggiano con ritmica perentorietà all’orgia di sangue.
Una svolta inopinata viene dal coro evocativo (gestualità trattenuta, armonia
e orchestrazione d’impressionistica rarefazione) con cui la folla si protende,
su uno statico Re maggiore, a invocare la luna, “taciturna”, “testa mozza”,
secondo quel simbolismo decadente noto ormai da un trentennio alla cultu-
ra europea. Come da un Altrove misterioso la terza voce collettiva, il coro di
voci bianche, intona dietro le quinte, col raffinato corteo di sassofoni, con-
tralti e coro a bocca chiusa (e la punteggiatura di arpa, celesta, Glockenspiel,
triangolo e timpani), la canzone “Là sui monti dell’Est” sul motivo cinese Mo
li hua (Fiore di gelsomino), cui spetta predisporre l’atmosfera arcana dell’ap-
parizione quasi metafisica di Turandot, al cui fascino ammaliatore (secondo
volto del personaggio) il motivo verrà associato. Il corteo funebre del Principe
di Persia, accompagnato dal lamento di tromba con sordina e viole, fa da
sfondo all’invocazione alla Principessa: un ostinato dalla tensione crescente
che innesca la contemplazione di Calaf, culminante nel motivo del fascino,
mentre quello della crudeltà segnala la fine del Principe di Persia. Entrano al-
lora in scena le Maschere, scortate da sei rumorose percussioni, su un vivace

50
tema cinese del carillon Fassini, in cui Puccini combina efficacemente pen-
tafonia e unisono. Quale episodio della scena dei ministri compaiono in un
lento atonale i fantasmi degli spasimanti defunti, materializzati su un rarefat-
to sfondo orchestrale (violini, viole e violoncelli con sordina, pizzicato ai con-
trabbassi, su cui si librano inquietanti acciaccature all’ottavino). Nella delicata
arietta di Liù (“Signore, ascolta!”) su tema pentatonico originale, Puccini
mostra la compiuta assimilazione dell’invenzione motivica esotica nel proprio
universo personale (sue l’esitazione sintattica, le originali giustapposizioni ar-
moniche, la strumentazione iridescente). Tanta effusività è amplificata dal
coinvolgimento di Calaf nella sua dolente prima aria (“Non piangere, Liù!”),
di Timur e della folla nel concertato sempre più complesso che chiude l’Atto,
non senza che il motivo del fascino risuoni quando Calaf avrà sferrato tre
colpi di gong, invocando per tre volte la principessa su altrettanti piani armo-
nici.

Atto II
Quadro I. Assai compatto, consiste in un’unica scena costruita sul susseguirsi
di melodie pentatoniche dall’orchestrazione nitida e argentina, e interpreta-
bile secondo la morfologia del melodramma ottocentesco: un tempo d’at-
tacco (Allegretto) che espone la situazione; un Andantino mosso che recluta
celesta, arpa e legni a evocare nostalgicamente l’idillio bucolico; un tempo di
mezzo (Andante mosso) a rievocare la serie delle esecuzioni; infine la stretta
(Allegretto moderato), voce delle speranze dei ministri, troncata dal risuona-
re dietro le quinte d’una marcia che progressivamente dilaga in orchestra
mentre la scena cambia.
Quadro II. In contrasto col I, è un organismo composito in cui strutture
drammatico-musicali assai differenziate si succedono serrate a contemperare
ritmo scenico e solennità cerimoniale. L’ambientazione cortigiana è affidata
nel complesso marcia-coro a un duplice motivo del carillon Fassini, il vivace
inno imperiale e la maestosa acclamazione all’Imperatore. Il dialogo tra que-
sti e Calaf (con la triplice richiesta d’essere ammesso agli enigmi), dal profilo
rigorosamente pentatonico, avviene in un’aura attonita in cui l’orchestra è ri-
dotta alla pulsazione di stenografiche annotazioni ritmico-coloristiche. Gli ar-
chi riprendono l’archetto ad accompagnare la ripresa, non priva di malinco-
nia, dell’acclamazione corale all’Imperatore, che incornicia questa scena d’a-
pertura. Prende così avvio la scena degli enigmi, aperta dalla ripresa di due
pagine note: la lettura dell’editto con cui l’opera s’era aperta, col motivo del-
la crudeltà, e il coro di voci bianche sul motivo del fascino, che introduce an-
che qui l’apparizione della principessa. Ritardata fino a metà opera, l’aria di
sortita di Turandot “In questa reggia, or son mill’anni e mille” è un racconto
in declamato molto lento percorso da tormentate inflessioni cromatiche,
punteggiato dai commenti del coro e scortato dal ritmo sordo d’una marcia
funebre, fino a un culmine (“quel grido e quella morte”) che attiva l’inaspet-

51
tato largamente, sfogo lirico in cui la principessa ribadisce con reiterati salti
di nona discendente l’indisponibilità all’amore. La proposta degli enigmi e il
loro scioglimento si compiono nei termini d’un aspro confronto tra i due
protagonisti, su uno sfondo orchestrale tanto discreto quanto inquietante, in
una dinamica di pieni e vuoti che alterna lo scontro ad alta tensione emotiva
tra i due solisti agli interventi, partecipi, concitati e tumultuosi, di coro e or-
chestra. Si apprezzi la dinamica tensione-distensione che si ripropone a ogni
enigma, con le risposte di Calaf che conferiscono chiarezza, stabilità armoni-
ca e maggior linearità melodica all’enunciazione tormentata dei tre enigmi,
accompagnati da un icastico motivo specifico costituito da tre accordi in for-
tissimo, due volte in re, la terza in mi minore). A coronare la scena, il motivo
del fascino di Turandot si trasferisce all’odiato pretendente, trasfigurato in
inno di vittoria di Calaf in un’intonazione solenne a organico pieno, seguita
dalla ripresa dell’acclamazione all’Imperatore. Turandot si rivolge al padre col
medesimo materiale motivico (nonché una variante di quello del ricongiungi-
mento), che ritorna a solenne sigillo dell’Atto nella grandiosa versione cora-
le, quando il principe ignoto avrà anticipato il motivo del suo nome che cam-
peggerà nella romanza dell’Atto III.

Atto III
Quadro I. L’apertura dell’Atto III rappresenta il progressivo materializzarsi dal-
l’oscurità della notte di una vita brulicante e inquieta, a cominciare dall’an-
damento da barcarola dell’orchestra che propone un tema incantatorio per
toni interi in armonizzazione bitonale, reso a un tempo febbrile e senza meta
dal tremolo degli archi e dal timbro di Glockenspiel e celesta. Questo Andan-
te mosso, misterioso introduce e accompagna gli otto tenori che annunciano
stentorei e all’unisono l’inflessibile volontà di Turandot, con l’eco del coro
fuori scena. Ben altra eco l’annuncio suscita in Calaf, che propone una delle
pagine più amate (e abusate) del repertorio (“Nessun dorma!”), profonda-
mente nutrita dell’humus notturno da cui prende forma (si notino la parteci-
pazione alla romanza del coro femminile dietro le quinte e il permanere del
timbro diafano della celesta). Il principe esordisce su un ostinato orchestrale
con l’eloquio prosastico della nota ribattuta (cinque re) reiterata all’ottava
più grave, con un’espressività contenuta, lontana da ogni slancio, riservato
invece alla svolta testuale “Ma il mio mistero è chiuso in me”, quando, com-
plice la modulazione da sol a re maggiore, si leva inopinatamente tutto l’in-
canto di un’invenzione melodica d’alto volo, il motivo legato al nome del
principe ignoto, che culmina con la “bocca” su cui Calaf prevede di cogliere
il proprio trionfo. Tale struttura musicale si ripropone per la seconda strofa
del testo, con la variante significativa che l’avvio della sezione lirica verrà de-
mandato, con efficace amplificazione, al coro fuori scena, prima che il teno-
re la coroni col triplice, squillante “Vincerò!”, su un grado sempre più alto
della scala (re, sol, la). La quiete lirica di questo avvio d’Atto è dissolta im-

52
provvisamente dal tumultuoso intervento dei tre ministri, che assediano Ca-
laf in un turbinio sempre più aggressivo di profferte, in cui spicca un vivace
motivo cinese di sapore popolareggiante. La folla amplifica l’aggressione ri-
pristinando il dinamismo febbrile dell’Atto I. Sul motivo del fascino di Turan-
dot quest’ultima ricompare, sfruttando il motivo del ricongiungimento per
preparare, non senza crudeltà, la tortura di Liù. La scena della schiava (l’ulti-
ma completata da Puccini) è interpretabile come forma quadripartita, con la
scena della tortura come tempo d’attacco rispetto all’aria (“Tanto amore, se-
greto, inconfessato”), un Lento in cui Liù affida i suoi sentimenti a una deli-
cata melodia pentatonica originale. La ripresa della tortura, accompagnata
dal feroce coro dei servi del boia esaltato dal persistente tritono fa diesis-do,
funge da tempo di mezzo (Allegro moderato) e conduce all’Andantino mos-
so “Tu che di gel sei cinta”, dall’orchestrazione affettuosa, estrema stazione
lirica di Liù (di Puccini stesso), che comprende in un’unica campata suicidio e
corteo funebre, sulla pulsazione inesorabile di un ostinato di sapore tragico
ancora più grandioso, che ha per estesa coda il cordoglio di Timur e il turba-
mento della folla. Inizia qui l’ultima sezione dell’opera, proposta nel presente
allestimento secondo la versione approntata da Luciano Berio nel 2001. Per
un’approfondita descrizione di questo finale si rimanda all’articolo di Marco
Uvietta e all’intervista al M° Riccardo Chailly, che ne eseguì la prima assoluta,
partecipando con l’autore alla redazione definitiva. Berio si è basato sulla
versione a stampa degli appunti di Puccini per le ultime due scene e, rispetto
ad Alfano, ha utilizzato un numero maggiore di appunti originali. Tiene inol-
tre conto degli appunti di strumentazione presenti negli abbozzi. Sempre ri-
spetto al finale di Alfano universalmente conosciuto, il libretto subisce qual-
che taglio, soprattutto del canto di Turandot, e qualche minima modifica.
Berio segue inoltre l’indicazione di Puccini di riprendere nell’ultima pagina il
linguaggio musicale del Tristano di Wagner. Drammaturgicamente viene am-
pliata la parte dell’abbraccio e del bacio con cui il Principe Ignoto conquista
definitivamente l’amore di Turandot. In questo lungo interludio strumentale
la musica di Puccini si unisce a frammenti difficilmente riconoscibili di Wa-
gner, Schönberg e Mahler oltre a musica dello stesso Berio, composta con
molto rispetto del linguaggio originale. Nel momento de “Il suo nome… è
Amore!” viene evitato qualsiasi tripudio, quasi per rispetto del corpo esani-
me di Liù, che deve restare in scena. Il finale estremo risulta così musical-
mente sospeso, anziché trionfalistico come nell’edizione di Alfano.

* Raffaele Mellace (1969) è professore associato di Musicologia e Storia della musica presso l’Uni-
versità di Genova e ha insegnato a lungo Storia della musica all’Università Cattolica di Brescia.
Esperto di musica vocale del Settecento, ha lavorato sul teatro musicale di ogni epoca. Si è occupa-
to di Hasse, Metastasio, Bach, Händel, Verdi, sui quali ha pubblicato saggi, libri e articoli di rilevan-
za internazionale.

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