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Congress
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1
ATTI

del

Primo Congresso Nazionale

di ingegneria navale e meccanica

ROMA, 11-12-13 Novembre 1911

(Promosso dal " Collegio degli ingegneri navali e meccanici


in Italia " - Genova, Via S. Agnese, 7).

GENOVA
TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO
Vico Mele, 7, int. 5
1911.

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ATTI

del

Primo Congresso Nazionale

di ingegneria navale e meccanica 1st Rome,1911.

ROMA, 11-12-13 Novembre 1911

(Promosso dal “ Collegio degli ingegneri navali e meccanici


in Italia " - Genova , Via S. Agnese, 7 ) .

GENOVA
TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO
Vico Mele, 7, int. 5
1911,
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- III

INDICE

Consiglio Direttico del Collegio .

Programma del Congresso .


Programma dei lavori VIII
«
Presidenza del Congresso XI

Adesioni XII

Enti aderenti al Congresso. » XVIII

XX
Telegrammi.

Memorie.

Sullo studio sperimentale della resistenza di carena.


Prof. ANGELO SCRIBANTI, Direttore della R. Scuola
• pag. 3
Navale Superiore in Genova

Sull' armamento principale e sulla difesa subacquea


29
delle navi da battaglia. On. ing. S. ORLANDO .
Il numero delle eliche nelle moderne naci da battaglia.
Ing. NINO PECORARO. Magg. del Genio Navale . 57

Il lavoro della casca per le esperienze coi modelli nel


R. Arsenale di Spezia dal 1889 al 1910. Inge-
gnere GIUSEPPE ROTA, Colonn. del Genio Nav. » 71

Le prescrizioni di collaudo dei materiali dei princi-


pali Registri di classificazione. Ing. Prof. LUIGI
GHIRARDI 89

Nota sul rapporto dell'altezza alla larghezza dello


scafo dei piroscafi da carico. Ing. ETTORE MEN-
GOLI, Professore della R. Scuola Navale Superiore
di Genova . 130

Caldaie a combustibile liquido. Ing. GIULIO FUMANTI,


Capitano del Genio Navale 145
- IV -

I motori a combustibile liquido nelle applicazioni ma-


rine. Ing. GUIDO FORNACA , Dirett. della F.I.A.T.
di Torino . 166

Nota sulla resistenza al moto dei sommergibili in im-


mersione. Ing. LEONARDO FRA , Capitano del
Genio Navale 198

Il combustibile liquido : Produzione, proprietà e appli


cazione alle caldaie marine. Ing. ODOARDO GIAN-
NELLI, Capitano del Genio Navale . 204

Alcune osservazioni sul macchinario propulsore delle


nari. Ing. EZIO MORIONDO , Professore della
R. Scuola Navale Superiore in Genova . 240

Note sui mezzi impiegati nei salvataggi delle navi da


guerra. Ing. EUGENIO DE VITO, Maggiore del
Genio Navale 277

L'artiglieria narale nel momento presente. Conte in-


gegnere ALESSANDRO PECORI GIRALDI, Direttore
dello Stabilimento Armstrong di Pozzuoli 322

La propulsione a getto. Ing. PIETRO BERTOGLIO , Te-


nente del Genio Navale 347

Bordo libero e robustezza di scafo. Prof ing. ANGELO


SCRIBANTI, Direttore della R. Scuola Navale Su-
periore in Genova 365

L'ingegnere navale e l'esercizio industriale della nare.


Ing. GASPARE BERNATI 375

Le riparazioni navali e gli apparecchi ossi-acetilenici.


Ingegnere GIUSEPPE LOJACONO, Direttore della
<< Thermos » italiana 394

Verbali .

Verbale della prima seduta pag. 449


Discorso dell'on. SALVATORE ORLANDO ivi

Discorso del comm . ALBERTO TONELLI, Assessore an-


ziano del Comune di Roma 453
Discorso di S. E. l'Ammiraglio PASQUALE LEONARDI
CATTOLICA, Ministro della Marina 454

Discorso dell' ing. CHARLES DE GRAVE SELLS , Rappre-


sentante della « Institution of Naval Architects »
di Londra . 454
Discussioni . 472
Verbale della seconda seduta 481
terza 520

quarta 541

quinta 583

I dirigibili e i velivoli come esploratori militari.


Memoria presentata dall'Ing. G. RABBENO, Capi-
tano del Genio Navale, durante l' ultima seduta
del Congresso 607
-- VI

Collegio degli Ingegneri navali e meccanici in Italia

CONSIGLIO DIRETTIVO

(Anno 1911 )

On . SALVATORE ORLANDO - Presidente

Cav. uff. CARLO DE MARINI - Vice-Presidente

Comm. ANGELO CARINI »

Cav. LUIGI BARBERIS Consigliere


Cav. FILIPPO BONFIGLIETTI

Prof. DOMENICO SILVIO CHIOZZA » Segretario


Prof. LUIGI GHIRARDI Cassiere
Cav. CESARE LAURENTI

Cav. prof. ETTORE MENGOLI


Prof. EZIO MORIONDO

Cav. prof. ANGELO SCRIBANII


-- VII

Programma del Congresso

Sabato 11 Novembre ore 10 - Inaugurazione del Congresso alla presenza


dəllə LL . EE . il Ministro della Marina , il Ministro
dell' istruzione, il Sottosegretario di stato per la
Marina, il Sindaco di Roma.
Seduta e discussione delle memorie.

Ore 15 Discussione delle memorie.

Domenica 12 novembre ore 9 - Seduta Discussione delle memorie.


"" ore 15 · Seduta - Discussione delle memorie.
11 ore 20 - Banchetto all'Hotel Excelsior

Lunedi 13 novembre - ore 9 Seduta - Discussione delle memorie -


Chiusura del Congresso.
31 Nel pomeriggio - Partenza per Napoll.

Martedi 14 novembre . Gita nel golfo a mezzo di una R. Nave gentil-


mente concessa da S. E. il Ministro della Marina ;
visita agli stabilimenti Armstrong di Pozzuoli e Ilva
di Bagnuoli . L'ora e il punto di ritrovo saranno indi
cati durante le sedute del Congresso .
Programma dei lavori

11 NOVEMBRE 1911 .

Ore 10 - Inaugurazione del Congresso - Elezione dell' Ufficio


di Presidenza.

Esposizione e discussione delle memorie :


1. - << SULLO STUDIO SPERIMENTALE DELLA RESISTENZA DI
CARENA ».
Ing. Prof. ANGELO SCRIBANTI , Direttore della
R. Scuola Navale Superiore di Genova.
2. << SULL' ARMAMENTO PRINCIPALE E SULLA DIFESA SOTTO-
MARINA DELLE NAVI DA BATTAGLIA » .
On. Comm. Ing. SALVATORE ORLANDO , Presidente
del Collegio degli Ingegneri navali e mec-
canici in Italia.

Ore 15 Esposizione e discussione delle memorie :

3. - << IL NUMERO DELLE ELICHE NELLE MODERNE NAVI DA


BATTAGLIA » .
Ing. Cav. NINO PECORARO, Maggiore del Genio
Navale.
4. - << IL LAVORO DELLA VASCA PER LE ESPERIENZE CON I
MODELLI NEL R. ARSENALE DI SPEZIA DAL 1889
AL 1910.
Ing. Comm . GIUSEPPE ROTA , Colonnello del
Genio Navale.
5. - << LE PRESCRIZIONI DI COLLAUDO DEI MATERIALI DEI
PRINCIPALI REGISTRI DI CLASSIFICAZIONE » .
Ing. Prof. LUIGI GHIRARDI.
6. << NOTA SUL RAPPORTO DELL'ALTEZZA ALLA LARGHEZZA
DELLO SCAFO DEI PIROSCAFI DA CARICO » .
Ing. Cav. ETTORE MENGOLI, Professore ordinario
della R. Scuola Navale Superiore di Genova.
IX

12 NOVEMBRE 1911 .

Orc 9 -- Esposizione e discussione delle memorie :

7. -- << CALDAIE A COMBUSTIBILE LIQUIDO ».


Ing. GIULIO FUMANTI , Capitano del Genio Navale.

8. - « I MOTORI A COMBUSTIONE DI PETROLIO NELLE APPLICA-


ZIONI DI MARINA » .
Ing. GUIDO FORNACA, Direttore della F.I.A.T.
di Torino.
9. -- « NOTA SULLA RESISTENZA AL MOTO DEI SOMMERG| BILI
IN IMMERSIONE ».
Ing. LEONARDO FEA, Capitano del Genio Navale.
10. - « IL COMBUSTIBILE LIQUIDO ».
Ing. ODOARDO GIANNELLI , Capitano del Genio
Navale.

Ore 15- Esposizione e discussione delle memorie :

11. - « ALCUNE OSSERVAZIONI SUL MACCHINARIO PROPULSORE-


DELLE NAVI » .
Ing. EZIO MORIONDO, Professore della R. Scuola
Navale Superiore in Genova.
12. - « MOTORI MARINI DIRETTAMENTE REVERSIBILI A COM
BUSTIONE INTERNA » .
Ing. PAOLO KIND, della Ditta « Ing. Paolo Kind
e C. » di Torino.
13. - IL SALVATAGGIO DELLA R. N. « SAN GIORGIO »
Ing . EUGENIO DE VITO, Magg, del Genio Navale.
14. - « L' ARTIGLIERIA NAVALE NEL MOMENTO PRESENTE » .

Conte Ingegnere ALESSANDRO PECORI GIRALDI,


Maggiore del Genio (Ris. ) , Direttore dello
Stabilimento Armstrong di Pozzuoli.
15. <<« SULLA STAZZATURA DELLE NAVI ».
Ing. PAOLO CAMINITI.
- X

13 NOVEMBRE 1911 .

Ore 9 Esposizione e discussione delle memorie :

16 . - << LA PROPULSIONE A GETTO ».


Ing. PIETRO BERTOGLIO, Ten. del Genio Navale.
17. - << BORDO LIBERO E ROBUSTEZZA DI SCAFO » .
Ing. Prof. ANGELO SCRIBANTI , Direttore della
R. Scuola Navale Superiore in Genova.
18. — « L'INGEGNERE NAVALE NELLA VITA INDUSTRIALE DELLA
NAVE ».
Ing. Cav. GASPARE BERNATI .
19. - « LE RIPARAZIONI NAVALI E GLI APPARECCHI OSSI-ACE-
TILENICI ».
Ing. GIUSEPPE LOJACONO, Direttore della Società
« Thermos » italiana.

Chiusura del Congresso.

Il presente programma dei lavori subì alcune leggere modificazioni


durante il Congresso (v . seconda parte del volume).
XI -

Presidenza del Congresso

Presidente Onorario

S. E. il Vice-Ammiraglio PASQUALE LEONARDI CATTOLICA


Ministro della Marina

Presidenti

On. Coinm. Ing. SALVATORE ORLANDO

On. GIOVANNI BETTOLO Vice-Ammiraglio


S. E. Comm. Ing. GIUSEPPE VALSECCHI

Comm . Ing. GIUSEPPE ORLANDO


Comm. Ing. NABOR SOLIANI
Cav. Ing. Prof. ANGELO SCRIBANTI

Segretario

Ing. DOMENICO SILVIO CHIOZZA


XII

A desioni

Hanno onorato il Congresso con la loro adesione le LL. EE .


il cav. Giovanni GIOLITTI Presidente del Consiglio dei Ministri ,
il vice-ammiraglio Pasquale LEONARDI CATTOLICA Ministro della.
Marina, il prof. Luigi CREDARO Ministro per la istruzione, l' av-
vocato Ettore SACCHI Ministro dei Lavori Pubblici, l'ing. Eugenio
BERGAMASCO Sottosegretario di Stato per la Marina, il Tenente
Generale Ernesto MIRABELLI Sottosegretario di Stato per la guerra,
l'avv. Antonio VICINI Sottosegretario di Stato per l'Istruzione,
l'on . Camillo CIMATI Sottosegretario di Stato per le Finanze ,
l'avv. Angelo PAVIA Sottosegretario di Stato per il Tesoro ;

i Senatori del Regno ammir. CANEVARO , ammir. GRENET,


ammir. CANDIANI, ten. gen. MARTINEZ , march. DEL CARRETTO ,
barone FRANCHETTI, comm . BRUNO ;

i Deputati al Parlamento ammir. BETTOLO, on. BOSELLI pre-


sidente del Cons. sup. della marina mercantile, on. ARRIVABENE ,
on. ARLOTTA , on . ANCONA, on. CASSUTO, on. DEL BALZO, onore-
vole DI PALMA, on. FIAMBERTI , on. FOSCARI, on. LEONARDI di
VILLACORTESE , on . MARCELLO, on. MONTÙ, on. SANJUST di TEULADA ;

gli ufficiali ammiragli e generali sigg, amm. AUBRY, coman-


dante in capo delle Forze navale, amm. ROCCA REY , capo di stato
maggiore della marina, amm. VIALE presidente del consiglio su-
periore di marina, ten. gen. del genio navale VALSECCHI presi-
dente del comitato per l'esame dei disegni delle navi, vice-am-
miraglio AVALLONE direttore generale di artiglieria e armamenti,
comm . Lorenzo BONAZZI, tenente generale ispettore generale
del Genio , i tenenti generali del genio navale nella riserva
SIGISMONDI e MICHELI , i maggiori generali del genio navale
FARUFFINI, FERRATI e GOFFI, il contr'ammiraglio nella riserva
ASTUTO, i maggiori generali del genio navale nella riserva BIGLIATI,
NAZARO e FRIGERIO ;
XIII

i sigg. comm. Ernest NATHAN, Sindaco di Roma, comm. Nino


RONCO presidente del Consorzio autonomo del Porto di Genova,
comm. Guglielmo MARCONI, comm. Riccardo BIANCHI direttore
generale delle Ferrovie dello Stato, comm. Carlo BRUNO, direttore
generale della Marina Mercantile.

Hanno partecipato al Congresso i sigg.:

ABELLÓ ing. Matteo - Sottotenente di vascello della R. Marina Spa-


gnuola.
ACCAME ing. Emanuele.
AGACINO ing. Ramon - Sottoten. di vascello della R. Marina Spagnuola.
ALBINI ing. Napoleone - Capitano del Genio Navale.
ALFONSI ing. cav. Oreste - Ten . Colonn . Genio Navale, Capo Ufficio
Tecnico R. Marina, Terni .
ÂNDOLCETTI ing. Flavio - Capitano Genio Navale.
ANGRISONI Ugo - Cap. Macchin . R. Marina.
ARENA ing. cav. Oreste - Professore del R. Istituto Nautico - Palermo.
ASPREA ing. Pietro - Cantiere Orlando, Livorno.

BAIOCCHI ing. Luigi · Castellammare Adriatico .


BARBANTI ing. Guido Capitano Genio Navale.
BARBÉ ing. Camilio -
BARBERIS ing. cav. Luigi -
BARONI ing. Edorminio - Prof. R. Istituto Nautico , Piano di Sorrento .
BARRICELLI ing. Domenico - Registro Nazionale Italiano, Genova ,
BASSI ing. Adolfo - Società già Balleydier - Genova.
BAUDI ing. Angelo - Genova.
BAULINO ing. Carlo - Capitano Genio Navale.
BENVENUTI ing. Enrico - Genova.
BERETTA ing. Ubaldo Genova.
BERNARDIS ing. cav. Curio - Maggiore Genio Navale .
BERNATI Ing. cav. Gaspare - Genova.
BERTOGLIO ing Pietro - Ten. del Genio Navale.
BETTINI ing. comm. Raffaele - Direttore Generale della Società Alti
forni, fonderie e acciaierie di Terni.
BIASOLI ing. Emilio - Stabilimento Ansaldo, Sestri Ponente.
BIGNAMI ing. Leopoldo - Capitano Genio Navale
BITTO ing Antonio - Società Salvataggi, Messina.
Bocci ing. Carlo - Capitano Genio Navale.
BOELLA ing. Marcello - Cap. Genio Navale
BOLOGNA ing. Edoardo - Genova.
BONETTI ing. Santo · Cantiere Orlando , Livorno.
BONFIGLIETTI ing. cav. Filippo - Maggiore Genio Navale.
BONIFACIO ing. Roberto - Cantiere Navale, Palermo.
BORDOLI ing. G. Guido - Genova.
BOSCH ing. Luigi - Cantiere Ansaldo, Sestriponente.
BOZZONI ing. cav. Gustavo Magg. Genio Navale.
BRESCIANI ing. Luigi - Ten. Genio Navale.
XIV

BRUNELLI ing. P. Enrico - Cap. Genio Navale.


BUFFA ing. Carlo - Cap. Genio Navale.
BUONGIORNO cav. Carlo, Ten. Colonn. Macch. R. Marina.
Brs cav. Giuseppe - Magg Macch. R. Marina.

CACIA ing. Domenico - Sealo d'alaggio, Palermo.


CALVI-PARISETTI ing. Giovanni Cap. Genio Navale.
CAMINITI ing Paolo - presso Cametti e Conti, Genova.
CAMPANELLA Cav. Tito - Dirett. Cantiere « Savoia » , Cornigliano ligure.
CARBONELLI dott. ing. C. Emilio - Profess. R. Scuola Navale Supe-
riore, Genova.
CARDILE ing. cav. Deodato - Ten. Colonn . Genio Navale.
CARINI comm . ing. Angelo - Colonu. Genio Navale, Capo dell'ufficio
tecnico R. Marina, Genova.
CARPI ing. comm. Agostino - Colonn. Genio Navale.
CARRERAS ing, cav. Alfredo - Magg. Genio Navale.
CASABONA ing Mario Camogli.
CATTANEO ing. Gioacchino - Genova.
CAVALLINI ing. Virginio - Cap. Genio Navale.
CERIO ing. Edvino - Roma.
CHIESA ing. Cecilio - Stabilim. Grondona, Pontedecimo.
CHIOZZA ing. Domenico Silvio - R. Scuola Nav. Sup., Genova.
CLAMPINI ing. Ugo - Sampierdarena.
CLANCIOLO ing. Giovanni - Cantiere Navale, Palermo.
• CIANNELLI ing. Nicola - Travaux du Port,, Oran - (Algeria)
CIURLO ing, cav. Marcello - Profess. R. Istituto Nautico , Genova.
CLAUSETTI cav. Enrico - Cap. Genio militare.
CONCAS ing. Gioacchino - Ten. di vascello della R. Marina Spagnola.
CORVETTO ing. Vincenzo Napoli.
-
COSTA ing. Cesare - Genova.
CURCI ing. Nicola - Cap. Genio Navale
CUZZANITI Mario Antonio - Ten . Macch. R. Marina.

DE AGUILAR ing. Giuseppe - Sottotenente di Vascello della R. Ma-


rina Spagnola.
DE BARROS ing . Eugenio Estanislau - Tenente di Vascello della Ma-
rina Portoghese.
DECKER Manfredo - Genova.
DEL BUONO ing. Ulisse - Roma.
DE LUTHS ing. cav. Edoardo - Ten Colonu , Genio Navale. R. N.
DE MARINI ing. cav. uff. Carlo Genova.
DE MEO ing. cav. Giovanni - Genova.
DEPANIS ing. Domenico - Cap. Genio Navale.
DE ROMANO ing. S. A. - Ispettore F. S.
D'ESPOSITO ing. Icilio - Cap. Genio Navale.
DE STRENS ing Enrico Milano.
DE VITO ing. cav. Eugenio Maggiore Genio Navale.
DONDONA ing. Filiberto - Cap. Genio Navale.
DUCOVICH ing. Emilio - Cantiere S. Marco Trieste.
DUODO ing. Arturo - Stab. Ansaldo, Sampierdarena .
ENRICO ing. MATTEO - Cantiere Odero - Sestriponente.
FALCONE ing. Silvestro - Cap. Genio Navale.
FARINA ing. Giusto Cap. Genio Navale.
FEA ing. Leonardo - «
XV

FERRERO DI VENTIMIGLIA ing. Eman. S.A.V.I.N.E.M - Venezia.


FERRETTI ing. cav. Ernesto - Ten. Colonnello Genio Navale.
FERRETTI ing. Pericle- Ten Genio Navale.
FESSIA ing. Feliciano - Capitano Genio Navale.
FORNACA ing. Guido - Direttore della F.I.A.T. di Torino.
FRONDONI ing. Uberto - Cap. Genio Navale.
FUMANTI ing, cav. Giulio - Maggiore Genio Navale.
FUSARINI ing. cav. Beniamino - Ten. Colonn. Genio Navale.

GALVANI Cav. Vittorio Maggiore Macch. R. Marina.


GARELLI ing. Fabio Pegli.
GARIBALDI ing. dott. Cesare Profess. R. Scuola Nav. Sup. , Genova.
GAZZANO Ing. Giacomo - Stab. Gazzano, S. Remo.
GHIRARDI ing. prof. Luigi - Genova.
GIACOMUZZI ing. Virgilio - Cantiere Odero, Sestriponente.
GIAMBRUNO ing. Francesco - Cantiere Navale, Palermo.
GIANNELLI ing. Odoardo - Capitano Genio Navale .
GIMELLI ing. Prospero - Genova.
GLEYESES ing. Mario - Capitano Genio Navale.
GOETA ing. prof. Eugenio - Preside R. Istituto Nautico, Camogli.
GOETA ing. Vincenzo - Capitano Genio Navale.
GRUTTER Francesco - Ten. Macch. R. Marina.
GUGLIELMINO ing. Pietro - Profess. R. Scuola Nav. Sup., Genova.
GULLINO ing. comm Arrigo - Capo servizio F. S. ( Navigazione),
GUSMANI ing. cav. Luigi - Magg. Genio Navale.

IGNARRA ing, cav. uff. Edoardo - Ten . Colonn. Genio Nav. Capo Uf-
ficio tecnico, Livorno.

JONA ing. Emanuele - Milano.

KIND ing. Paolo - Torino.

LAGATTOLLA ing. Nicola · Stab. Ansaldo, Genova.


LANZA ing. Domenico Cantiere Orlando, Livorno.
LARDERA ing. cav. Carlo Magg. Genio Navale.
LAURENTI cav. ing. Cesare - Dirett. del Cantiere « Fiat- San Giorgio »
Spezia.
LEONCINI Cav. Oreste - Ten. Colonn. Genio Milit.
LEONELLI Cav. Renato - Magg. Macch. R. Marina.
LIGNOLA Cav. ing. Raimondo - Ten . Colonn. Genio Navale.
LOJACONO ing. Giuseppe - Dirett. Società Thermos italiana Genova.
LOPRESTI ing. Stefano - Società Elettrotecnica, Palermo.

MALFATTI ing. comm. Vittorio Dirett. delle Officine Mecc. , Napoli.


MAMINI ing. cav. Adolfo - Magg. Genio Navale .
MANETTI Cav. Giuseppe Ten. di Vascello .
MARCELLINO ing. Sauti - Genova.
MARIANO cav. uff. Giuseppe - Colonn . Macch. R. Marina .
MARINI ing. Orazio - Genova.
MARTORELLI conte ing. Fiorenzo - Firenze .
MASSA ing. Carlo - Ispettore del « Germanischer Lloyd » , Genova.

MASSIMEO ing. Vito - Stabilim. Ansaldo (Delta), Cornigliano Ligure .


MENGOLI ing. Angelo - Ispettore Registro Naz. Ital., Genova.
XVI

MENGOLI ing. cav. Ettore Profess. R. Scuola Nav. Sup. - Genova .


MIBELLI ing. Fabio - Magg. Genio Navale.
MIGLIARDI ing. cav. Giuseppe - Savona.
MODUGNO ing. Francesco Capitano Genio Navale.
MONETA Comm . Giovanni - Coloun . Capo ufficio Genio Milit. Marina.
MONETTI ing. Luigi - Capitano Genio Navale .
MONTICELLI ing. Mario - Capitano Genio Navale .
MORIONDO ing. Ezio - Profess. R. Scuola Nav. Sup., Genova.
MOSCA ing. Michele · Ispettore Ferrovie dello Stato, Roma.
Musso ing. G. B. - Direttore Cantiere Muggiano, Spezia.
Muzio ing. Antonio - Ten. Genio Navale.

NICASTRO Agnello - Genova.


NOSSARDI ing, cav. Alfredo - Magg . Genio Navale.

OCHOA Nicola - Ten. di Vascello R. Marina Spaguola .


ORLANDO on. comm. ing. Salvatore, Livorno.
ORTALDA ing. Mario Ten. Genio Navale.

PADRONE ing. cav. Gennaro - Ten. Colonn . Genio Navale .


PADULA ing. Antonio Cap. Genio Navale
PALLINI ing. Giovanni - Cap. Genio Navale.
PANETTI ing. prof. Modesto - R. Politecnico di Torino.
PAOLI ing. Augusto Cap. Genio Navale.
PASQUALINI cav. ing. Luigi Direttore Officine « Galileo » , Firenze.
PECORARO cav . ing. Nino - Maggiore Genio Navale.
PECORI-GIRALDI Conte ing. Alessandro - Direttore Stab. Armstrong
Pozzuoli.
PEGAZZANO ing. Francesco Cap. Genio Navale.
PELLECCHIA ing. cav. Pietro - Magg. Genio Navale.
PERELLI ing. Guido Dirett. Prima Assoc. Italiana Utenti Caldaie
a Vapore, Milano.
PETRONILLA ing. Domenico - Bari.
PIAGGIO ing. Rocco - Genova.
PIERINI ing. cav. Alberto Magg. Genio Navale.
PIUMATTI ing. Claudio - Cap. Genio Navale .
POLESE Cav. Cesare Alfredo - Magg. Macch . R. Marina.
POLI ing. Rodolfo - Cantiere Navale, Chioggia.
PROFUMO ing. Dario - Genova.
PRUNERI ing. cav. Giorgio Ten. Colonu, Genio Navale.
-
PUGLIESE Umberto - Cap. Genio Navale.

QUARLERI ing. cav . Luigi - Dirett. Stab. Allestimento navi G. An-


saldo e C., Genova.
QUOJANI ing. Alberto - Cap. Genio Navale.

RABBENO ing. Giorgio - Cap. Genio Navale.


RAFFAELLI ing. Italo · Cap. Genio Navale.
RIMA ing. Salv. Em. - Genova.
RIPA DI MEANA ing. comm. Vittorio - Colonn. Genio Navale.
ROSSETTI ing. Raffaele - Cap. Genio Navale.
Rossi ing. Ferdinando Cantiere « Savoia » , Cornigliano Ligure.
ROTA ing. comm. Giuseppe Colonn. Genio Navale, Direttore delle
Costruzioni, Spezia.
- XVII

RUFFINI ing. cav. Enrico Direttore Cantiere « Pattison » , Napoli.


Russo ing. comm. Giacchino - Colonn . Genio Navale.
SAETTI ing. cav. Giovanni - Cap. Genio Navale.
SANGUINETI ing, cav. Vittorio - Senigallia.
SANTAGIUSTINA ing. Fabio Spezia.
SCHIAPPACASSE ing Lazaro - Profess. Istit. Nautico - Porto Maurizio .
SCRIBANTI ing. prof. Angelo - Direttore Scuola Nav. Sup., Genova.
SEGALA ing. Luigi Cantiere « Ansaldo » , Sestriponente.
SIGISMONDI ing. Carlo - Cap. Genio Navale.
SIMION Comm. Eruesto Cap.di Vascello .
SOLIANI comm. ing. Naborre - Dirett. Cantieri « Ansaldo » , Sestri- .
ponente.
SONCINI ing. C. A. · Cantieri marittimi e fluviali, Livorno.

TAGLIACOZZO ing. Dario - Ispettore Ferrovie dello Stato , Roma.


TIXI ing. Emanuele Genova.
TORRENTE ing. comm. Giuseppe - Cantiere Navale, Palermo.
TRAVERSO Cav. ing. Domenico - Ten. Colonn. Genio Navale.
TRUCCONE Cav. ing. Giulio - Officine Meccaniche, Napoli.

VIAN ing, cav. Giuseppe - Magg. Genio Navale.


VILLABRUNA ing. Francesco - Cap. Genio Navale .

ZAULI ing. cav. Antonio Cantieri Navali Riuniti · Genova.


ZAMARA ing. Fortunato - Genova.
XVIII

Enti aderenti al Congresso

Institution of Naral Architects di Londra , rappresentata dai


sigg. ing. Charles de GRAVE SELLS, ing. Nabor SOLIANI,
ing. Gioachino Russo.
R. Scuola Navale Superiore in Genora, rappresentata dal Diret-
tore ing. prof. Angelo SCRIBANTI.
R. Scuola Superiore Politecnica di Napoli , rappresentata dai
profess. ing. comm . Enrico FRIGERI , ing. Pietro Enrico
BRUNELLI, ing. Mario GLEIJESES.
R. Accademia Navale di Licorno, rappresentata dai sigg. uffi
ciali macchinista Renato LEONELLI, ing. Carlo BAULINO,
ing. Antonio PADULA.
Registro Nazionale Italiano, rappresentato dall' ing. prof. Angelo
SCRIBANTI.
Lega Narale Italiana, Presidenza Generale.
Collegio nazionale degli ingegneri ferroviari italiani, rappresen-
tato dal Vice-Presidente ing. LANINO.
Società degli ingegneri e degli architetti italiani di Roma.
Associazione amichevole fra gli ingegneri ex allievi della Scuola
di Torino rappresentata dal Presidente ing. comm. Oreste
LATTES .
Gio. Ansaldo Armstrong e C. - Genova.
N. Odero fu Alessandro e C. - Genova.
N. Odero e C. Genova.
Società Esercizio Bacini - Genova.
Fratelli Orlando e C. Livorno.
Società Nazionale delle Officine di Savigliano - Torino.
Officine e Cantieri Napolitani C. e T.T. Pattison - Napoli.
Ditta Franco Tosi - Legnano.
Società F.I.A. T. - Torino.
Società « Thermos » Genova.
Società generale italiana accumulatori elettrici - Milano.
Officine Galileo - Firenze.
XIX

Società italiana per conduttori elettrici isolati e prodotti affini -


Livorno.
Società anonima della Fonderia del Pignone - Firenze.
Navigazione Generale Italiana Genova - rappresentata dall'in-
gegnere Enrico Benvenuti .
La Veloce- Navigazione italiana a vapore, rappr. ing. E. BENVENUTI.
Italia - Società di navigazione a capore
Lloyd Italian - Società di navigazione
Società nazionale di servizi marittimi
- XX

Telegramma inviato a S. M. il Re in occasione dell'inizio


dei lavori del Congresso :

Sua Eccellenza BRUSATI

Primo Aiutante di Campo di Sua Maestà


« Ingegneri Navali Meccanici italiani riuniti prima volta
« Congresso pregano Vostra Eccellenza esprimere Sua Maestà loro
<< sentimenti devozione ed auguri » .
Presidente SALVATORE ORLANDO.

e pervenne in risposta il seguente telegramma :

Ing. SALVATORE ORLANDO

Presidente Congresso Ingegneri navali

« S. M. il Re esprime a V. S. e ai congressisti da Lei rap-


<< presentati cordiali grazie per i cortesi sentimenti che ha molto
« graditi » .
Ministro PASQUALINI .

Telegramma spedito dal Marchese di BRISTOL, Presidente


della << Institution of Naval Architects » di Londra, in occasione
dell'apertura dei lavori :

SALVATORE ORLANDO
ROMA.
<< Institution of Naval Architects sends bets wishes for success
<< of italian Congress »
BRISTOL President.

in risposta al quale si spedì il seguente :

MARQUIS of BRISTOL

President of « The Institution of Naval Architects »


LONDON

<< I have the great pleasure to express my deep feeling of


<< thanks for your kind telegram and to convey the hearly and
<<< unanimous votes of thanks of our assembly for the valuable
<< present ofthe whole serier of the Transactions of the Institution ».
SALVATORE ORLANDO President.
MEMORIE
Sullo studio sperimentale

della resistenza di carena

Prof. Ing. ANGELO SCRIBANTI .

Già in altri miei lavori ho avuto occasione di met-


§ 1.
tere in rilievo i vantaggi che sono inerenti a un particolare si-
stema di rappresentazione dei risultati, che, in materia di resi-
stenza di carena, si ottengono presso le vasche di sperimentazione .
Il sistema consiste in questo che, allorquando per un modello
di nave , messo a galleggiare in acqua dolce in modo da realizzare
una carena di noto volume e dislocamento d, si è ottenuta alla
vasca la serie dei valori della resistenza di carena rincontrata
in corrispondenza di una serie di valori della velocità di ri-
morchio , allora si conviene di definire il comportamento del
tipo di carena nei riguardi della sua resistenza al moto for-
mando un diagramma, il quale abbia ascisse e ordinate rispet-
tivamente di valore

r
x = y = d
d %

avvertendo che a individuare sommariamente il tipo della ca-


rena sperimentata giova assumere un coefficiente di forma, o me-
glio di lunghezza , di valore

=
d

dove 7 denota la lunghezza della carena sperimentata. Evidente-


mente la caratteristica fondamentale del sistema consiste in una
4 -

riduzione dei valori sperimentali all' unità di dislocamento, ese-


guendo tale riduzione mediante applicazione immediata della
nota legge di similitudine meccanica a tutto il complesso fe-
nomeno della resistenza di carena, indipendentemente, per ora ,
da correzioni di attrito.
Nelle mie precedenti applicazioni del sistema ho considerate
le lunghezze di carena espresse in decimetri, i volumi di carena
in decimetri cubi e i dislocamenti in chilogrammi , le velocità
di avanzamento in metri per secondo, le resistenze di carena in
grammi. Conserverò queste convenzioni circa le unità di misura
anche nelle applicazioni che intendo esporre in questo mio la-
voro, nel quale pertanto -indipendentemente da altri signifi-
cati che non sarebbe difficile di vedere insiti nelle quantità con-
siderate · il valore « uno » della quantità che si porta in ascissa
avrà il significato di un metro per secondo di velocità su una
carena di quel dato tipo e del dislocamento di un chilogrammo,
mentre il valore « uno » della quantità che si porta in ordinata
avrà il significato di un grammo di resistenza misurata in quella
stessa carena del dislocamento di un chilogrammo, e il valore
« uno » del coefficiente di lunghezza starebbe a indicare che per
quel tipo di carena il dislocamento di un chilogrammo è rea-
lizzato da una carena della lunghezza di un decimetro . Per es-
sere più chiaro dirò che l'associazione dei valori x, y, z significa
che per una carena del tipo considerato, ridotta al dislocamento
di un chilogrammo e alla conseguente lunghezza di z dem. , la
resistenza di carena ammonta a y grammi alla velocità di x m.
per sec . Evidentemente questo artifizio della riduzione all'unità
di dislocamento permette un immediato confronto fra i modi di
comportarsi dei tipi di carena rispetto alla resistenza al moto,
e ciò non solo perchè con l'artifizio proposto si vengono a con-
siderare resistenze di carene ridotte tutte a un comune disloca-
mento, ma anche perchè per carene del medesimo tipo, ma di
diversa grandezza (cioè caratterizzate da un medesimo coeffi-
ciente di forma) i valori di x e y rimangono permanentemente
associati, qualunque sia la grandezza della carena sulla quale
essi vengono computati. A questo riguardo può essere utile.
osservare che il numero y , denotante il rapporto tra la resistenza
5 -

e il dislocamento ossia peso del galleggiante, rappresenta altresì,


nelle nostre convenzioni circa la unità di misura, a quante mil-
lesime parti del dislocamento si ragguagli la resistenza di carena.

$ 2. - È mio proposito di presentare in questo scritto, sotto


§
forma grafica, una numerosa una numerosa serie di associazioni
dei valori x, y, quali ho potuto desumerli per i principali tipi
di carena usati nelle varie specie di naviglio, riducendo al dislo-
camento unità di un chilogrammo i risultati di moltissime
esperienze sulla resistenza di carena eseguite, sia presso la vasca
sperimentale italiana sia altrove, mediante modelli di disloca-
menti compresi fra un minimo di circa cinquanta e un mas-
sirno di circa cinquecento chilogrammi e tutti di lunghezza in
massima non molto differente dalla lunghezza tipica di circa
quattro metri. Richiamo l'attenzione sopra questa quasi unifor-
mità delle lunghezze dei modelli considerati, perchè essa è l'ele-
mento che autorizza a stabilire confronti di resistenza senza aver
prima introdotte correzioni di attrito.

§ 3. - Premessi questi richiami, che riguardano cose note,


ma dei quali mi pareva non potersi fare a meno per la chia-
rezza di queste pagine, riproduco da un mio precedente lavoro
la Tav. I, la quale contiene i diagrammi della resistenza per le
carene di pieno carico normale, ridotte al dislocamento di un
chilogrammo, dei principali tipi di piroscafi costituenti la gene-
ralità del naviglio mercantile ; il numero scritto accanto ad ogni
diagramma in questa tavola e nelle successive sino alla Tav.
XXIV incl. indica il coefficiente di lunghezza per il tipo di ca-
rena cui il diagramma si riferisce.
Il naviglio mercantile presenta una estesissima varietà di tipi
di piroscafi in dipendenza della varietà dei traffici e dei servizi
che questi sono chiamati ad esercitare, e si può dire che ai varii
tipi di piroscafi corrispondano altrettanti tipi di forma delle ca-
rene. Per gli scopi della mia presente analisi m'è parso che i
tipi di carena si possano ridurre a poche classi e cioè a quelli
che si trovano generalmente e di preferenza in uso nei piroscafi
essenzialmente da carico , in quelli da serrizio misto ossia pro-
---- 6

miscuamente da carico e da passeggeri, in quelli da oceano ossia


da passeggeri per navigazioni lunghe, in quelli da stretti ossia
da passeggeri per navigazioni brevi, e finalmente in quelli da
diporto i quali in un certo senso rientrano ancora nel naviglio
mercantile, mentre in un altro senso segnano la transizione fra
questo e il naviglio militare veloce.
Servendomi dei risultati sperimentali ottenuti sui modelli di
un gran numero di piroscafi progettati o costruiti dai cantieri
navali italiani nell'ultimo ventennio, dopo avere tutte ridotte al
dislocamento di un chilogrammo le carene dei singoli modelli ,
dai molti diagrammi così ottenuti per ciascuna delle classi dei
piroscafi sopra enumerate ho desunta giudiziosamente una curva,
che potesse valere come diagramma medio, tipico, della resistenza
per le carene delle forine proprie di quella classe di piroscafi .
L'insieme di questi diagrammi costituisce appunto la Tav. I,
la quale può essere considerata come la rappresentazione sinte-
tica di una gran quantità di elementi sperimentali in materia
di resistenza di carena per le carene di piroscafi. Rileverò che
le varie linee segnate sulla figura si presentano presso a poco
come divaricanti da un tronco comune, e rileverò anche che le
linee relative a classi di piroscafi che vengono prima nella sur-
riferita enumerazione di tipi, si innalzano più rapidamente e si
arrestano a valori delle velocità più bassi che non le linee re-
lative a classi che nella suddetta enumerazione vengono dopo . Li-
mitandoci ai casi estremi, osserviamo come la figura indichi chia-
ramente che con le forme di carena mediamente adottate per i
piroscafi da carico non sarebbe possibile, a parità di dislocamento,
raggiungere le velocità che si conseguono nei piroscafi da stretti
e da diporto, se non esponendosi a un aumento, praticamente inac-
cessibile, di resistenza di carena. Per altri scopi potrebbe forse es-
sere vantaggioso fare un apprezzamento numerico della forma
delle varie classi di carena qui contemplate caratterizzando le sin-
gole carene col valore del corrispondente coefficiente di finezza
totale, il quale in massima andrà dimindendo dalle classe inferiori
alle superiori, p . es. da circa 0,75 a circa 0,45 ; ma per gli scopi
della mia presente esposizione mi riesce preferibile far dipen-
dere l'apprezzamento numerico del tipo delle forme di carena
7

ragguagliandolo al corrispondente valore del coefficiente di lun-


ghezza. Emerge dalla figura che un progressivo aumento del
coefficiente di lunghezza dal valore medio di 5,5 per i piroscafi
da carico, a quello di 5,8 per i piroscafi da servizio misto , a
quello di 6,2 per i piroscafi da oceani, a 6,6 per quelli da stretti ,
a 7,0 per quelli da diporto, è accompagnato da un progressivo
miglioramento del modo di comportarsi della carena nei riguardi
della sua resistenza. Il che ci autorizza a concludere che, a pa-
rità di altre circostanze, volendo nel naviglio mercantile ottenere
degli scafi relativamente veloci, occorre rassegnarsi a farli rela-
tivamente lunghi, ciò che è conforme alla pratica dei cantieri.
Richiamo l'attenzione sopra questa conclusione, la quale si
troverà certamente e a più riprese confermata nella mia pre-
sente esposizione di dati sperimentali .
Incidentalmente osservo che , ridotti al dislocamento di un
chilogrammo, i piroscafi da carico, da passeggeri e da diporto
restano contraddistinti da velocità non superiori a 0,55 : 0,70 :
1,00 metri per secondo e da resistenze che si ragguagliano ri-
spettivamente a circa 7 : 10 : 20 millesimi del dislocamento. Va-
lori ben maggiori della velocità e della resistenza troveremo
realizzati in altre specie di naviglio.

§ 4. Abbandonando i tipi del naviglio mercantile vengo


a quelli del naviglio militare il quale presenta rispetto al primo ,
fra le altre differenze, anche questa , che esso spazia entro li-
miti assai più ristretti nel valore del coefficiente di finezza, ma
altresì entro limiti assai più ampii del coefficiente di lunghezza.
Tolto il naviglio torpediniero nel quale la finezza di carena può
scendere a 0,40 e meno e tolti alcuni casi, e non frequenti, di
naviglio corazzato nel quale quella finezza sale a 0,60 e più ,
a grandissima generalità del naviglio militare possiede coeffi-
cienti di finezza di carena oscillanti di ben poco intorno al va-
lore tipico di 0,50 ; insomma la finezza di carena non è elemento
il quale si presti a fondarvi, come sarebbe possibile nel naviglio
mercantile, una classificazione delle forme ùi carena nel naviglio
militare. Una classificazione può invece essere desunta dall'in-
dole del servizio militare cui i singoli tipi devono adempiere ;
per gli scopi della mia presente analisi mi giova distinguere la
classe delle corazzate propriamente dette, quella degli incrociatori,
quella del naviglio da esplorazione, quella del naviglio torpe-
diniero.

$ 5. Nel considerare le molte curve di resistenza per


carene ridotte al dislocamento di un chilogrammo, quali mi fu
dato desumerle dalle esperienze eseguite nella vasca spezzina
sopra molteplici modelli delle carene di corazzate prevalentemente
italiane, ma con inclusione di alcune francesi , germaniche, por-
toghesi, ottomane e altre, potei agevolmente riconoscere che le
forme di carena adottate in questo tipo di naviglio militare sono
andate soggette a una progressiva evoluzione durante il cin-
quantennio dacchè il naviglio corazzato è stato introdotto e si
è sviluppato. La Tav. II individua le principali tappe di tale
evoluzione, dando le curve caratteristiche della resistenza per le
carene dei tipi che mediamente furono realizzati nelle varie ma-
rine dapprima nel decennio a cavallo dell'anno 1870 , indi negli
anni circostanti all'85 , indi intorno al '95 e infine verso il 1905,
sino a che non cominciò la concezione delle attuali grandissime
navi da battaglia, che la tavola non contempla.
L'ispezione della Tav. II dà luogo a insegnamenti di varia
specie. Essa indica anzi tutto che le forme di carena si sono
venute evolvendo in modo da permettere alle corazzate di en-
trare in un campo di velocità via via più esteso senza perciò
incontrare resistenze maggiori, anzi la tavola mostra chiaramente
che per le forme primitive , con l'andamento ripidissimo della
della curva di resistenza cui danno luogo , sarebbero riuscite
inaccessibili le velocità cui effettivamente si pervenne con le
forme più recenti. Tanto nei tipi primitivi quanto nei recenti e
negli intermedi la resistenza, cui per il dislocamento di un chilo-
grammo si trovano esposte le carene, si ragguaglia a meno di
15 millesimi del dislocamento, ossia l'intensità dello sforzo da
far compiere alle motrici è rimasto sensibilmente immutato; ma
a parità di sforzo l'evoluzione delle forme ha permesso alle
corazzate di diventare relativamente più veloci , e di passare da
una velocità , nel senso suespresso , di meno che 0,70 m/sec. a
una di più che 0,90 m sec. Ora si nota che i coefficienti di lun-
ghezza caratteristici di ognuna delle forme di carena conside-
rate come tipiche per le varie tappe, hanno subito un progres-
sivo crescendo da 5,0 e meno, a 5,5 a 6,0 e persino a 7 , almeno
fino a che le navi da battaglia si contennero nei limiti di quelle
tredici, o poco più, mila tonnellate che per molti anni parvero
il dislocamento massimo competente alla nave da battaglia. La
Tav. II non si occupa delle grandissime corazzate di oggigiorno,
le quali col valore del loro coefficiente di lunghezza non superiore
a 6,0 sembrano accusare un regresso e un ritorno indietro nella
via della tendenza verso gli alti coefficienti di lunghezza ; ma il re-
gresso è pienamente giustificato dalle circostanze che le odierne.
dreadnoughts, velocissime e grandissime in misura assoluta , ove
vengano ridotte al dislocamento unità di un chilogrammo, re-
stano caratterizzate da valori della velocità di non oltre 0,50 m.
per secondo. Come chiaramente indica la tavola, le varie curve
di resistenza sembrano anche qui divaricare da un tronco co-
mune e , in corrispondenza delle velocità inferiori delle carene
ridotte al dislocamento unità , l'andamento della curva di resi-
stenza riesce sensibilmente indipendente dal coefficiente di lun-
ghezza. Anzi per essere precisi occorre avvertire che , se la chia-
rezza della rappresentazione tipografica avesse consentito di
prolungare più verso il basso le varie curve della Tavola. II ,
esse piuttostochè ramificate da un tronco comune si sarebbero
mostrate come mutuamente accavalcantisi nei loro tratti in-
feriori.

§ 6. - Dopo il naviglio corazzato propriamente detto , il


quale comprende nel suo seno tutta la gamma di tipi che va
dai primitivi guardacoste corazzati alle recenti navi da battaglia
con simultaneo continuo incremento tanto di grandezza quanto
di velocità, giova prendere in considerazione quella parte del
naviglio militare che comprende in se gli incrociatori. Sotto
l'aspetto tecnico e militare i principali tipi di incrociatori che
siano stati introdotti , si possono classificare nella categoria o
degli incrociatori corazzati, ovvero in quella degli incrociatori
protetti o infine in quella degli incrociatori torpedinieri, ognuna
- 10

delle quali risponde a particolari uffici guerreschi e caratteri-


stiche tecniche ; lo sviluppo delle tre categorie e delle corrispon-
denti forme di carena non avvenne con una successione crono-
logica ben definita , ma piuttosto con contemporaneità di adat-
tamento alle esigenze del tipo militare che alle varie marine
occorse realizzare per i multiformi bisogni del loro naviglio da
crociera.
Avendo formate, col solito artifizio della riduzione al dislo-
camento di un chilogrammo , le curve della resistenza per mol-
tissimi tipi sperimentati alla vasca di Spezia, e avendole tutte
sovrapposte su unà comune tavola, dovetti riconoscere essere cosa
alquanto malagevole il formare per ognuna delle categorie testè
enumerate una curva che possa verameute dirsi tipica per quella
categoria, poichè per ognuna di tali categorie le forme di ca-
rena effettivamente adottate variano entro un certo campo in
modo di dar luogo piuttosto a una zona tipica che a una linea
tipica. Con gli elementi da me posseduti ho formata la Tav. III,
la quale deve essere interpretata nel senso che curve tipiche
per gli incrociatori corazzati possono essere tutte quelle com-
prese entro la zona limitata dalla prima e seconda fra le linee
segnate in figura, curve tipiche di resistenza per gli incrocia-
tori protetti quelle entro la zona limitata dalla seconda e terza,
curve tipiche di resistenza per gli incrociatori torpedinieri quelle
entro la zona limitata dalla terza e quarta. Come rilevasi dalle
indicazioni annesse alla tavola, i coefficienti di lunghezza oscil-
lano da 5,5 a 6,0 nelle forme da incrociatori corazzati , da 6,0
a 7,0 in quelle da incrociatori protetti, da 7,0 a 8,0 in quelle
da incrociatori torpedinieri ; i valori delle velocità massime per
le carene ridotte al dislocamento di un chilogrammo salgono
fino a poco meno di 0,90 , a 1,00, a oltre 1,10 m. per. sec. rispet-
tivamente per i tre tipi considerati , e corrispondentemente le resi-
stenze di carena si ragguagliano ai 15 ai 20 ai 25 millesimi
del dislocamento . Mi interessa notare che anche le linee della
Tav. III manifestano una evidente tendenza a accavalcarsi nelle
loro parti inferiori, pure presentando nel loro insieme l'aspetto
generale di linee ramificantisi da un tronco comune .
-- 11 -
-

§ 7. - La Tav. IV considera le curve di resistenza per le


carene, ridotte all'unità di dislocamento, di alcuni tipi del na-
viglio di esplorazione, che dapprima ebbero origine come una
forma speciale di avvisi-torpedinieri, indi sotto quella di navi da
crociera e scoperta abbastanza rapide e infine si svilupparono
nella forma odierna di esploratori velocissimi ossia scouts. La
Tav. IV, nel formare la quale necessità tipografiche hanno im-
posto che si riducessero le scale del disegno rispetto alle scale
usate nelle tavole precedenti, indica che i tipi da esplorazione
della prima categoria, ridotti al dislocamento di un chilogrammo,
raggiungono velocità di oltre 1,15 m/ sec . , quelli della seconda
si av vicinano a velocità di oltre 1,25 , quelli della terza vanno
a velocità di oltre 1,40 m. per sec. dando luogo a resistenze che
si ragguagliano pei primi a circa 30 , pei secondi a circa 35 ,
per i terzi a oltre 40 millesimi del dislocamento, con coefficienti
di lunghezza che salgono da circa 8,0 a 8,4 e indi a 8,9. L'an-
damento delle varie curve conferma le deduzioni già fatte sulle
precedenti tavole circa la evidente benefica influenza di un au-
mento del coefficiente di lunghezza sul modo di comportarsi ri-
spetto alla resistenza di carena, e circa la tendenza delle curve
a intersecarsi mutuamente nelle parti inferiori del loro decorso .
La Tav. IV contiene altresì due linee tracciate a tratto più
sottile e perfettamente distinte dalle altre linee tipiche di resi-
stenza sulle quali si è finora ragionato. Esse rappresentano con
le loro ordinate la resistenza di onda per le carene contrassegnate
dagli indicati valori del coefficiente di lunghezza e ridotte , s'in-
tende, al dislocamento di un chilogrammo. Esse mettono in
miglior evidenza il benefico influsso di un aumento del coeffi
ciente di lunghezza alle velocità elevate, come pure mettono in
miglior evidenza la tendenza delle curve tipiche di resistenza
d'onda a intersecarsi a velocità basse , oltrechè mettono in ri-
lievo la tortuosità di andamento della legge di variazione della
resistenza, tortuosità che forse poteva apparire meno evidente
all'osservatore delle sole curve tipiche di resistenza totale , seb-
bene in realtà fosse accusata dal fatto stesso della intersecazione
delle linee fra loro. Una volta per tutte avverto che queste os-
servazioni circa la resistenza d'onda potrebbero essere ripetute
12

a proposito di ogni altra tavola successiva, nella quale oltre a


linee in tratto grosso, rappresentanti resistenze totali, compari-
scano linee in tratto sottile rappresentanti resistenze d'onda.

§ 8. Le Tav. Ve VI si riferiscono al nariglio torpediniero


e precisamente la prima alle torpediniere e la seconda alle con-
trotorpediniere, che io qui distinguo per mera comodità di cata-
logazione e non perchè io possa indicare un criterio di netta di
stinzione fra le due classi , se non sia il criterio del possesso
di una grandezza e di velocità assoluta sensibilmente più alte
nelle seconde che nelle prime.
Per questa specie di naviglio ho avuto a disposizione una
quantità assai grande di materiale sperimentale dei cui risul-
tati una parte , previa riduzione al dislocamento di un chilo-
grammo, si trova riportata sulle Tav. V e VI. Il fascio delle
linee superiori ossia a tratto grosso della Tav. V rappresenta le
curve tipiche di resistenza per varie classi di torpediniere nella
successiva evoluzione che queste specie di navi piccole e celeri
sono venute compiendo , da quelle primitive per servizi essen-
zialmente costieri a quelle posteriori per servizi d'alto mare e
di squadra. Il complesso delle linee permette di rinnovare an-
cora nua volta le precedenti deduzioni circa il fatto che le varie
linee divaricherebbero da un tronco sensibilmente comune per
i valori inferiori della velocita, e manifesterebbero nei riguardi
della resistenza un comportamento tanto più favorevole quanto
più diventa alto il coefficiente di lunghezza , il quale di fatto,
nelle varie linee della figura, vediamo gradualmente salire da
circa 7,5 a oltre 9,0 con costante diminuzione della resistenza
a una velocità assegnata , purchè alta. Nella media delle tor-
pediniere' , escluse le primitive di limitata velocità , la velocità
massima della carena ridotta al dislocamento di un chilogrammo
sale fino a 1,50 m . per secondo e la resistenza totale di carena
vi si ragguaglia a 50 e più millesimi del dislocamento : a
Tav. VII ho riprodotta una curva che ritengo possa conside-
rarsi come tipica per le torpediniere quali si ebbero nell'ultima
fase della voga di questa specie di navi militari , prima che
fossero soppiantate dalle controtorpediniere ; la curva indica che
13

vi si è giunti, per il dislocamento di un chilogrammo, a velocità


di 1,80 m. p. sec e a resistenze pari a oltre i 70 millesimi del
dislocamento.
La Tav. VI contiene alcune, forse le più caratteristiche, delle
molte curve di resistenza che potei desumere dai dati sperimen-
tali relativi a molti modelli di controtorpediniere, tutti caratte-
rizzati da valori del coefficiente di lunghezza compresi fra 9 e
10, come sempre avviene in questa specie di naviglio. La curva
superiore del fascio, segnata a tratto grosso , si riferisce a una
carena del tipo ordinario detto talvolta parallelepipedo, la curva
inferiore a una carena del tipo speciale detto talvolta tetraedrico;
la differenza delle ordinate fra le due linee misurerebbe per-
tanto il benefizio che in fatto di resistenza è complessivamente
dovuto tanto al più alto valore del coefficiente di lunghezza
quanto al pregio della forma tetraedrica di fronte alla paralle-
lepipeda. Ognuna delle due curve intermedie non rispecchia ri-
sultati sperimentali ottenuti su un determinato modello, ma la
media dei risultati ottenuti sopra otto modelli quanto alle curve
superiore, sopra altri dieci quanto alla inferiore. Ora queste due
curve praticamente coincidono fra loro e con la linea intermedia
fra le altre due estreme prima considerate: il che, congiunto
con la considerazione che le venti carene qui contemplate erano
state studiate da persone diverse, in tempi diversi, con criteri
distinti per ciò che riguarda i coefficienti di larghezza , di im-
mersione, di finezza e le caratteristiche dell'avviamento delle
linee di carena, ci permette di arguire che, una volta fissate le
ideo intorno alla scelta approssimativa di un coefficiente di lun-
ghezza adatto alla velocità da conseguire, non dobbiamo spe-
rare molto benefizio da ritocchi sulle altre caratteristiche della
forma. Per la chiarezza avverto che le linee del fascio superiore
della Tav. VI, le quali per necessità tipografiche dovettero arre-
starsi al lembo in alto della figura , continuano poi, sebbene in
altra scala, alla Tav. XXIV. Dalla quale, e dalla Tav. VIII, che
qui si allega allo scopo di presentare nella sua interezza o quasi
una curva tipica di resistenza per la classe delle controporpe-
diniere recenti, si rileva che dalle carene di controtorpediniere
si pretende che , ridotte al dislocamento di un chilogrammo ,
14 -

raggiungano velocità di 2,00 m . per sec incontrando resistenze


pari ai 100 millesimi del dislocamento.

-
$ 9. Con le controtorpediniere si potrebbe ritenere esau-
rita la serie dei tipi del naviglio militare, se recentemente non
si fosse fatto luogo alla introduzione di lance automobili come
suscettibili di destinazione a servizi militari . Le Tav. IX e X,
nelle quali necessità tipografiche hanno ancora una volta obbli-
gato a impiccolire le scale del disegno, contengono nelle loro
linee a tratto grosso le curve di resistenza per le carene, ridotte
a un chilogrammo di dislocamento, di lance automobili carat-
terizzate da un coefficiente di lunghezza di 6,6 per l' una, di
7,0 per l'altra ; anche per questo specialissimo tipo di naviglio
si manifesta la benefica influenza di un incremento del coeffi
ciente di lunghezza, tanto da farci arguire che, se i costruttori
di naviglio automobile non si sono spinti oltre nell'assegnazione
del coefficiente di lunghezza, ciò devono aver fatto per preoccu-
pazioni dipendenti da stabilità , robustezza, facilità di governo o
altro ma non da considerazioni facienti capo alla resistenza di
carena. In ogni modo la Tav. X ci permette di rilevare che le
lance automobili , così come esistono in alcuni loro tipi abba-
stanza pregiati, raggiungono velocità le quali, fatta la riduzione
all'unità di dislocamento, salgono a oltre 2,50 m. per sec e in-
contrano resistenze che si ragguagliano a oltre 140 millesimi
del dislocamento.

$ 10. - Vorrei analogamente essere in grado di dare qualche


curva tipica di resistenza di carena per un ultima classe di na-
viglio, il nariglio da canottaggio, il quale , sebbene estraneo al
naviglio militare, chiude molto bene la serie delle varie specie
di naviglio che mi interessava considerare, e conferma le conclu-
sioni che ho dedotte circa il benefico effetto di un alto coeffi-
ciente di lunghezza alle velocità alte. Nel naviglio da canot-
taggio i valori assoluti delle velocità che si raggiungono non
sono molto alti anzi sono a dirittura esigui in confronto di
quelli cui si arriva nel naviglio automobile, ma contemporanea-
mente la piccolezza della mole è tale che, fatta la riduzione al
--- 15 ―

dislocamento di un chilogrammo, la velocità vi si ragguaglia


a valori che salgono da 1,50 a 2,50 m. per sec . secondo che si
tratta di imbarcazioni a molti o a pochi o pochissimi vogatori .
Orbene io non sono in possesso di elementi sperimentali circa
la resistenza di carena incontrata da questa specie di imbarca-
zioni , nè posso quindi indicare a quanti millesimi del disloca-
mento essa vi si ragguagli, ma non posso a meno di notare
che il coefficiente di lunghezza vi ha valori sempre assai ele-
vati e precisamente da 12 a 15 nella categoria yole e suoi de-
rivati ( canoe ecc. ) , da 15 a 20 nella categoria outriggers e de-
rivati (skiff ecc. ). Evidentemente i canottieri hanno saputo in-
travedere il benefizio insito nell'impiego di scafi a forti coeffi-
cienti di lunghezza allo scopo di ottenere dall'erogazione della
forza muscolare, di cui il corpo umano è capace, la massima
velocità del canotto, ed è per questo che , antivenendo il navi-
glio forpediniero e sorpassando di gran lunga quello automobile,
hanno adottato scafi decisamente affusolati , anzi tanto più af-
fusolati quanto minore è il numero di vogatori, ossia la sor-
gente di forza, che intendono sistemarvi. Del resto , per avere
una conferma dell'utilità di aumentare il coefficiente di lun-
ghezza col crescere delle esigenze in velocità, non occorre nem-
meno riferirsi al naviglio da canottaggio, ma basta considerare
i varii tipi dei palischermi che sogliono essere dati in dotazione
alle navi da guerra. Avendo computato il coefficiente di lun-
ghezza per i vari tipi di palischermi, supposti al completo di
attrezzatura e armamento come quando corrono in regata, ho
riconosciuto che per i battelli esso varia da 6,0 a 6,5 dai pic-
coli ai grandi, per le barche da 6,5 a 7,0 , per le lance da 7 a
7,5 e infine per le baleniere da 7,5 a 9,0.

$ 11. - A questo punto mi sembra utile raccogliere in una


figura unica le curve di resistenza per le carene , ridotte a un
chilogrammo di dislocamento , dei tipi principali che ho avuto
occasione di considerare per il naviglio militare. Tale riunione
è stata fatta nella Tav. XI, la quale rappresenta per il naviglio
militare quella sintesi , che la Tav. I rappresentava per il navi-
glio mercantile. Con lieve variazione rispetto a quanto è fatto
16 -

nelle tavole relative alle singole classi, la Tav. sintetica XI ccon-


tiene una curva di resistenza tipica per le corazzate costiere,
una per le navi da battaglia propriamente dette , una per le
navi da crociera maggiori, una per le navi da crociera minori,
una per quelle da esplorazione, una per quelle da servizio tor
pediniero. Lascio all'osservatore la cura di compiere col pensiero
la sintesi che la figura permette ; mi limiterò a notare essere
caratteristico il fatto che, come ad ognuno dei tipi militari con-
siderati corrisponde un proprio ufficio , così ad ognuno di essi
corrisponde una curva tipica di resistenza di carena dipendente
dalla forma e principalmente dal coefficiente di lunghezza. Os-
serverò pure, forse ripetendo in parte cose già dette , che vera-
mente le singole curve riescono caratteristiche per ciascuno dei
tipi , non solo perchè ognuna di esse penetra in una parte del
reticolato del disegno nettamente distinta da quelle occupate
dalle altre, (dimostrando che a meno di sottostare a resistenze
fortissime e praticamente insormontabili coi mezzi di cui può
disporsi a bordo, sarebbe impossibile con le forme delle classi in-
feriori raggiungere le velocità proprie delle classi superiori), ma
anche perchè, inversamente, le linee delle classi superiori , ten--
dendo a tagliare verso il basso e a sormontare le linee delle
classi inferiori, mostrano che sarebbe dannoso valersi delle forme
sottili proprie delle classi superiori per applicarle a navi , cui per
la grandezza e la velocità da realizzare riescono più adatte le
forme piene proprie delle classi inferiori. Insomma la figura con-
ferma, se pur ce ne fosse bisogno, la comune nozione secondo la
quale le forme di carena di una controtorpediniera male si adat-
terebbero anche indipendentemente da ogni altra considera-
zione, che non dipenda dalla resistenza al moto - a una nave
da battaglia, sia pure velocissima.

§ 12. - Credo che di utilissimo complemento, anzi chiari-


mento , alle cose fin qui esposte potranno riuscire le Tav . XII
e XIII nelle quali ho raccolte le curve di resistenza per le ca-
rene di pieno carico normale, si intende ridotte al dislocamento
di un chilogrammo, per la generalità del naviglio da battaglia
e da crociera onde fu, od è tuttora, costituita la marina regia
- 17 -

italiana ; nella Tav. XII i singoli tipi sono individuati mediante


il rispettivo coefficiente di lunghezza, nella Tav. XIII lo sono
senza altro mediante il nome di uno dei gruppi di navi cui le
singole curve si riferiscono. Sono stato indotto a formare questo
coacervo principalmente dalla considerazione che nella marina
italiana, assai più che in altre marine militari , è sempre stata
poco netta la distinzione fra corazzate e incrociatori, poichè i
reggitori della marina nostra, per considerazioni alle quali il
tempo e l'imitazione delle altre nazioni hanno resa piena giu-
stizia, anche quando dicevano di fare delle corazzate , avevano

però in mira navi nelle quali non mancassero, e talora prevales-


sero, le qualità degli incrociatori : onde era legittimo in me il
dubbio che, rispetto alla marina nostra, questa promiscuità ren-
desse ingiustificata la separazione da me fatta alle precedenti
Tav. II e III. Avrei desiderate di formare le Tav. XII e XIII se-
gnando in esse per intero le linee di resistenza proprie delle va-
rie nostre navi , ma la opportunità di evitare che una zona delle
figure venisse convertita in una macchia inintelligibile di linee
sovrapposte e accavalcantisi mi ha costretto , oltre che a limi-
tare il numero delle linee rispetto al materiale di cui avrei po-
tuto disporre , anche a segnare soltanto le porzioni superiori
delle singole linee.
La Tav. XII col modo di succedersi dei coefficienti di lun-
ghezza in essa segnati conferma le conclusioni già tratte circa
la crescente benefica influenza di un alto valore di tale coeffi-
ciente per la velocità maggiori che una nave è chiamata a con-
seguire ; la tavola presenterebbe un caso di eccezione nella sua
parte centrale relativamente a una nave per la quale si è in-
certi se ascriverla alle corazzate o agli incrociatori, l'eccezione
è però spiegata da singolarità di forma. Anche qui l'influsso
benefico di un alto valore del coefficiente di lunghezza, alle ve-
locità albe, è più efficacemente messo in chiaro dalle curve
della sola resistenza d'onda segnate a tratto fine nella parte in-
feriore della figura .

$ 13. - Portando l'attenzione sulla Tav. XIII , che reca indica-


zioni nominative di navi , si osserverà che alla successione dei nomi
18 -

Ancona, Affondatore, Duilio, Italia, Saintbon, Sardegna, Gari-


baldi, Brin, Vittorio Emanuele, Pisa. la quale rappresenta la
successione cronologica dei tipi onde fu via via composto il na-
viglio militare maggiore della nostra marina, corrisponde altresì
una successione di curve di resistenza via via più favorevoli .
Questa è una constatazione veramente confortante, come quella
che ci mostra che nel dar corpo a nuove concezioni di navi da
battaglia i progettatori hanno sempre avuta la cura e la sagacia
di migliorare le carene rispetto alle carene precedentemente rea-
lizzate ; se non nei primi tipi, nei quali il miglioramento pro-
gressivo non può ascriversi che a felice intuizione e a geniale
spirito di osservazione, certamente nelle fasi ulteriori il successo
fu dovuto al sussidio, alla sicura guida che la vasca sperimen-
tale ha offerto ai progettatori. Ma non per questo dobbiamo
meno rallegrarci con loro e col paese per il felice risultato , non
solo perchè l'economia di resistenza al moto soddisfa il giusto
orgoglio di noi ingegneri navali, ma anche perchè essa si river-
bera in incremento della potenza militare delle navi .
La successione dei nomi Fieramosca, Marco Polo, Calabria,
Lombardia, Piemonte, Partenope, Tripoli, Agordat, Quarto indi-
vidua, se non esattamente la successione cronologica dei tipi
che hanno costituito l'insieme del nostro naviglio da crociera
nelle sue varie esplicazioni di diversa mole e velocità, tutta la
gamma dei tipi che furono adottati nella nostra marina dai
primitivi agli attuali. Le varie curve della figura si succedono
e si inseguono in modo da confermare ancora una volta che
per ogni singolo tipo furono scelte carene felicemente adatte alla
velocità e alla grandezza di nave che si trattava di realizzare ,
essendovi un evidente miglioramento nel passare, sulla figura,
da una nave alla consecutiva.
A bella posta nella figura fu segnata, in punteggiata, la
linea tipica per le controtorpediniere, spingendone il tracciamento
sino a valori bassi della velocità, e ciò allo scopo di confermare
ancora una volta in modo indubbio che i tipi di carena del
naviglio sottile, adatti più di ogni altro alle velocità alte, non
potrebbero utilmente sostituire i tipi di carena proprii del na-
viglio ordinario nelle velocità che a questo competono.
- 19 -

La Tav. XIII , che si apre con la linea relativa a un tipo che


fu uno dei primissimi entrati a formare il primo nucleo del
naviglio matallico dell' appena costituito regno d'Italia, e si
chiude con la linea relativa a un esploratore varato in questo
anno cinquantesimo dalla formazione della nostra unità nazio-
nale, assume agli occhi dell'architetto navale il significato di
documento del progresso da noi pazientemente perseguito e fe-
licemente ottenuto in materia di carene del naviglio militare
durante il cinquantennio della nostra esistenza in forma di na-
zione. Le indicazioni della tavola possono per noi italiani essere
oggetto di soddisfazione, e perciò mi è parso che valesse la pena
di presentarle agli ingegneri navali italiani appunto in questa
occasione nella quale, riunendosi per la prima volta a congresso
generale , essi partecipano alla celebrazione dei fasti di un pe-
riodo di vita nazionale, al cui progresso anche i cultori dell'in-
gegneria navale hanno concorso.

a ne
$ 14. — Sarebbe erroneo il credere che una fortunat evoluzio
dei tipi di carena si sia prodotta soltanto presso di noi : essa è stata
generale , anche perchè in parte essa dipende dalla natura delle
cose e dalla necessità di soddisfare ai bisogni via via mutevoli
e crescenti delle nuove concezioni di navi militari . Essendo ve-
nuto a conoscenza dei risultati sperimentali ottenuti su diversi
modelli di navi della marina militare francese , ho formato con
o
essi, previa riduzione al dislocamento di un chilogramm , il
complesso delle linee riportate a Tav . XIV , nella quale il gruppo
inferiore si riferisce a tipi varii di corazzate, dalle primitive a
quelle che furono per molti anni il tipo quasi costante della
corazzata di squadra in quella marina e infine a quelle che si
riferiscono a un tipo pregiato di grande incrociatore corazzato ;
evidemente anche là il progressivo crescere del coefficiente di
lunghezza da circa 4 a oltre 6 accompagna un progressivo mi-
glioramento del modo di comportarsi rispetto alla resistenza di
carena. Analoga conclusione dovremmo trarre esservando le linee
del gruppo superiore , che riguardano navi da crociera , da esplo-
razione , da servizio torpediniero . Si potrebbe osservare che , seb-
bene il carattere generale dell'insieme di linee della Tav . XIV
20 -

concordi con quello della Tav. XIII, la continuità della succes-


sione fra le varie linee non vi è egualmente bene soddisfatta ;
io credo che ciò resti sufficientemente spiegato dalla circostanza
che, mentre gli elementi sperimentali che han servito di base
alla formazione della Tav. XIII erano dedotti da carene tutte
non molto differenti fra loro per dislocamento e per lunghezza,
i modelli sui quali furono ricavati gli elementi sperimentali, coi
quali fu composta la Tav. XIV, avevano dislocamenti compresi
fra un minimo di meno che cinquanta e un massimo di più
che cinquemila chilogrammi , di guisa che sarebbe occorso di sot-
toporre i risultati sperimentali a una correzione d'attrito, prima
di passare alla riduzione al dislocamento unità.

§ 15. A differenza delle precedenti le Tavole dalla XV


alla XVIII incl. contengono soltanto curve di resistenza d'onda,
sempre ridotte al dislocamento di un chilo e rappresentano ri-
sultati di indagini fatte a scopo puramente speculativo sopra
serie di carene derivate successivamente l'una dall'altra per af-
finità o altrimenti. La Tav. XV riproduce, nel particolare si-
stema di riduzione al dislocamento unità qui adottato, i classici
risultati sperimentali ottenuti in una delle vasche inglesi da
R. E. Froude, sui quali fu architettata la odierna teoria del-
l'andamento oscillatorio della resistenza d'onda al variare della
velocità ; le Tav. XVI - XVIII riproducono, pure in questo sistema,
i risultati più recentemente ottenuti nella vasca americana da
W. Taylor sperimentando sopra varie serie di carene di deter-
minete finezze longitudinali ( 4 ) , ma succedentisi fra loro, in
ciascuna serie, per affinità (parent forms) in modo da realizzare
coefficienti di lunghezza successivamente crescenti. Io non starò
a discutere minutamente gli insegnamenti che le singole tavole
possono dare ; mi limiterò a rilevare che tutte mettono bene in
evidenza la natura tortuosa della legge della resistenza d'onda,
mostrando che la maggior tortuosità o meglio ingobbatura si
manifesta nei dintorni del valore di circa un metro per secondo
della velocità delle carene ridotte al dislocamento di un chilo,
cioè si manifesta in corrispondenza del valore che rappresenta
le massime esigenze di velocità della generalità del naviglio,
21 -

escluso quello torpediniero. Senza pensiero di irriverenza verso


lo sperimentatore osserverò ancora a proposito della Tav. XV
che la ingobbatura assai pronunziata con la quale terminano le
tre linee superiori, ove venga messa a confronto con l'anda-
mento, tortuoso si ma meglio avviate, della linea inferiore otte-
nuta mediante elementi sperimentali spinti più oltre, sembra
diventare meno plausibile e fa nascere il dubbio che vi possa
essere stata imperfezione di sperimentazione presso il limite delle
attitudini dell'apparecchio sperimentale.
Comunque, tutti i fasci di linee delle tav. XV- XVIII met-
tono in luce limpida il benefizio che a parità di altre condi-
zioni accompagna un aumento del coefficiente di lunghezza per
quanto ha riguardo alla resistenza d'onda, che, come è ben
noto, alle alte velocità è il principale assorbente della resistenza
totale di carena ; esse inducono l'osservatore nella convinzione
che, ove diventasse necessario far invadere a qualche elemento
del naviglio, ridotto all'unità di dislocamento, campi di velocità
più estesi di quelli sinora occupati dal naviglio torpediniero, si
potrebbe ragionevolmente sperare di ottener l'intento saggiando
dei tipi di carena caratterizzati da valori del coefficiente di lun-
ghezza come 12 ed eventualmente oltre .
Io noto ancora che le linee delle Tav. XV-XVIII tuttochè
formate con elementi dedotti a scopo di studio speculativo, non
considerano valori, nè dei coefficienti di lunghezza, nè delle ve-
locità delle carene ridotte al dislocamento unità , i quali non
siano contemplati anche nell' insieme delle curve riportate alle
Tav. I - XIII e desunte da esperienze condotte a seopo immedia-
tamente professionale presso la vasca italiana ; anzi presso di
questa si è giunti a velocità, intese nel consueto senso, di 2,50
m. per sec. mentre le tavole in questiono non giungono a quella
di 2,0 m . per sec. Questa constatazione mi porge l'occasione
per esprimere a riguardo delle vasche sperimentali una mia opi-
nione, ed è che troppo sovente esse abbiano ritenuto la loro fun-
zione circoscritta al fare la misura della resistenza di modelli
determinati, per i quali veniva loro domandata l'indicazione nu-
merica della potenza motrice da stabilire a bordo della corrispon-
dente nave, e troppo poche volte esse siano assurte alla funzione
22

di stabilimenti scientifici , nei quali l'indagine di un determi-


nato fenomeno fisico è, per il momento , fine a sè medesima e
senza rapporti con le applicazioni immediate che i risultati della
indagine possono avere. Dico « per il momento », poichè è evi-
dente che , essendo continua la aspirazione dell' uomo a volere
che ogni ramo d'industria dia prodotti più perfetti , un tipo di
nave, che oggi potrebbe parere rispondente alle aspirazioni di
un visionario, potrà domani rispondere ai bisogni della marina.
La vasca sperimentale avrà per suo conto adempiuto lodevol-
mente al suo ufficio se, in attesa che la opportunità di quel tipo
giunga a maturazione, essa avrà frattanto preparati gli elementi
occorrenti a studiarlo, magari per affrettarne l'avvento, senza
che ad esso occorra giungere per lenta e successiva evoluzione
di tipi intermedi.
Per quanto riguarda la generalità del naviglio da commercio
e da guerra nel senso e con le caratteristiche che comunemente
gli si attribuiscono, la nostra vasca, come ogni altra che abbia
un lungo periodo di operosa esistenza , ha omai raccolto tanta
copia di materiale sperimentale, che il rinnovare esperienze sopra
modelli di tipo comune, o che non si discostino in modo essen-
ziale da quelli già sperimentati, è da considerare come opera
vana, perfettamente sostituibile con l'interpolazione fra i risul-
tati dei tipi precedentemente sperimentati , come è opera non
proficua il saggiare piccoli ritocchi di forma e di caratteristiche,
ritocchi per i cui effetti non si ha l'affidamento che siano d'in-
tensità superiore al grado di approssimazione che il metodo e
gli apparecchi della vasca consentono. Io sono di avviso che
omai la nostra vasca dovrebbe rinunziare a improntare l'azione
sua a un carattere industriale e darsi di preferenza allo studio
sistematico di alterazioni profonde introdotte nei tipi odierni .
Credo che ultimamente vi sia stato un inizio di questo indi-
rizzo, meno industriale, meno professionale, ma certo più fecondo,
e sia stato messo allo studio l'effetto di sostanziali mutazioni
nella forma delle sezioni trasversali delle carene. Se a me fosse
lecito di indicare un punto del programma da seguire nel nuovo
indirizzo, farei il voto che venissero saggiate carene contraddi-
stinte da un coefficiente di lunghezza di oltre 10, convinto come ·
- 23

sono che se ne otterrebbero risultati di resistenza assai soddisfa-


centi e tali da compensare le altre difficoltà inerenti a una
estrema sottigliezza della carena. E farei pure il voto che ve-
nisse esplorato il modo di comportarsi delle carene, ridotte al
dislocamento unità , a velocità assai più alte di quelle finora
considerate .

o
§ 16. - Le Tav. da XIX a XXIII incl . mi hanno servit per rap-
presen ta re , prev ia la cons ue ta ridu zi on e al disl oc am en to unità , i
risult ati sperim en ta li relati vi a alcuni specia gallli eg gi an ti , per

i quali nei libri non si trovano facilmen te risultati di esperienze


nelle condizioni della vasca o altre equivalenti . La Tav. XIX ,
che ho formata mediante elementi pubblicati da uno scrittore
giapponese , dà la linea di resistenza per una carena contratta
nte
longitudinalme sino a costituire un corpo avente presso a poco
lo stesso coefficien te di lunghezza che appartiene alla parte im-
mersa del corpo di un'oca natante : la tavola viene qui ripor-
tata non soltanto a titolo di curiosità , ma anche perchè , conte-
nendo essa elementi di resistenza relativi a carene caratterizzate
da un bassissimo valore del coefficiente di lunghezza ( 2,4 vera-
mente basso in confronto del minimo di 4,2 da me incontrato
nelle carene di navi di ogni specie ) serve bene a fissare le idee
sopra l'evidente danno che si avrebbe , se per una ipotesi , si
volessero fare i cargoboats o i guardacoste anche più tozzi di
quello che già sono.
La Tav. XX dà la curva di resistenza per un barcone da
canali, piuttosto corto e assai pieno come indicano il suo coef-
ficiente di lunghezza 5,5 e il suo coefficiente di finezza totale
di carena 0,95. Sgraziatamente gli elementi sperimentali (che
ricavo da una memoria del colonn. Rota ) sono assai limitati e
non vanno oltre , per la carena ridotta al dislocamento di un
chilo, alla velocità di 0,40 m . per sec. che è la velocità per la
quale, giusta la Tav. I, cominciano le nostre curve di resistenza
relative ai piroscafi da carico. Si riconosce facilmente che il bar-
cone pienissimo incontra, a quella velocità , una resistenza doppia
di quella del piroscafo pieno. Del resto la Tav. XX riesce inte-
ressante anche perchè contiene le curve di resistenza del barcone
24 -

mobile nelle acque limitate di un canale, avvertendo che nota-


zioni come 2iX41 indicano che il canale ha profondità eguale
a due volte l'immersione del barcone e larghezza eguale a quattro
volte la larghezza dello stesso . Le linee della tavola indicano
quanto sinistramente la limitazione delle acque influisca sulla resi-
stenza del canale alle velocità ivi considerate, anche se non elevate.
La Tav. XXI si riferisce a una chiatta fluviale meno tozza
del precedente barcone, come è indicato dai valori 7,8 del suo
coefficiente di lunghezza e 0,82 del suo coefficiente di finezza.
La linea di resistenza è interessante in quanto che vi si spinge
fino a un valore sensibilmente alto della velocità per la carena
ridotta al dislocamento di un chilo.
La Tav. XXII , che giusta l'intestazione si riferisce a una
lancia a vapore di coefficiente di lunghezza 5,5 e di finezza di
carena 0,47, contiene una linea (che si prolunga in un ulteriore
tratto anche a Tav. XXIII) la quale può essere ritenuta come
tipica per i piccoli rimorchiatori portuali. La ritengo assai inte-
ressante e istruttiva sia per la tortuosità sia per la ripidezza
del suo andamento ; è formata mediante elementi sperimentali
ottenuti nella vasca italiana.
La Tav. XXIII non offre alcun elemento nuovo e non fa che
riprodurre, raccolti su un comune reticolato , i tratti superiori
di alcune fra le linee di resistenza già considerate come relative
al naviglio minore . Ancora una volta vi riesce limpidamente
delineata l'efficacia dei successivi aumenti del coefficiente di
lunghezza.

§ 17. Nelle rimanenti tavole dalla XXIV alla XXXVII sono


segnate linee di resistenza, sempre per carene ridotte al disloca-
mento di un chilogrammo, le quali presentano caratteri diversi
da quelli delle linee contenute nelle tavole precedenti , o per
meglio dire sono disegnate linee di resistenza che accentuano
in modo spiccatissimo il carattere di tortuosità già adombrato
in qualcuna delle tavole precedenti. Tutte queste ulteriori ta-
vole contengono linee di resistenza formate mediante elementi
sperimentali ottenuti su modelli di carena sperimentati in acque
non perfettamenee libere ma soggette a qualche limitazione, che
25 -

è limitazione di profondità per tutte le tavole eccetto che per


la Tav. XXVII per la quale la limitazione è in larghezza. I
numeri segnati accanto alle singole linee non denotano più va-
lori del coefficiente di lunghezza, ma bensì valori del coefficiente
di profondità dell' acqua, intendendosi qui per tale il valore del
rapporto della effettiva profondità d'acqua al di sotto dei pelo
liquido al valore d'a , ossia al lato di un cubo avente lo stesso
volume che la carena sperimentata.
Queste tavole non offrono indicazioni di dati sperimentali i
quali non siano già stati pubblicati altrove ; il loro pregio può
consistere nel fatto di presentare raccolto e coordinato un mate-
riale che si trova altrimenti sparso nelle varie fonti della lette-
ratura tecnica, e di presentarlo sotto forma suscettibile di imme-
diati confronti, appunto per il fatto che ogni cosa vi si trova
ridotta al dislocamento unità . L'intera serie delle tavole relative
a risultati ottenuti su carene mosse in acque limitate può op
portunamente essere divisa in due gruppi.
Ascriverò a un primo gruppo le tavole dalla XXIV alla

alla XXXIII incl. le quali contengono la rappresentazione di


elementi ottenuti in esperienze su modelli in vasche nelle quali
con strutture temporanee fu artificiosamente rialzato il fondo
in modo da provocare una limitazione di profondità ; esse ripro-
ducono , trasformati e coordinati secondo il particolare sistema
cui è inspirato tutto il mio presente lavoro , i risultati ottenuti
in diverse condizioni di luoghi e di modi dall'italiano Rota,
dal tedesco Schütte, dall' austriaco Popper, dagli inglesi Denny
e Yarrow e dall' americano Taylor sperimentando in casca sopra
modelli di carena, che vanno dal dislocamento di circa 65 chi
logrammi usato dal nostro Rota sino a quello di 450 adottato
dal Taylor e sino a velocità che, avuto riguardo alla riduzione
al dislocamento unità, in niun caso ha superati i 2,0 m. per
sec. Tutti questi sperimentatori hanno operato almeno negli
esperimenti che qui mi interessa considerare sopra modelli
di carene appartenenti al naviglio torpediniero, come è indicato
dagli alti valori del coefficiente di lunghezza , e sono giunti a
risultati concordi. E precisamente concordi in questo, che tutti
hanno sperimentalmente stabilito che quanto minore è il coeffi-
- 26 -

ciente di limitazione della profondità tanto più rapidamente, al


crescere della velocità, la curva della resistenza in acqua limi-
tata devia della curva di resistenza in acqua libera, però tale
deviazione in aumento non è indefinita , ma anzi dopo un flesso
talvolta con una vera regressione, si converte in deviazione per
diminuzione , pure tanto più pronunziata quanto minore è il
coefficiente di limitazione della profondità. Vi è dunque, e cer
tamente, una vera inversione negli effetti di una limitazione di
profondità allorchè si passa dalle velocità minori alle velocità
maggiori. Anche considerate nelle loro indicazioni numeriche le
curve di resistenza in profondità limitate ottenute mediante ri-
duzione al dislocamento unità delle carene usate dai diversi spe-
rimentatori, offrono risultati, se non esattamente concordi , almeno
abbastanza bene comparabili fra loro.
Un secondo gruppo di fasci di curve di resistenza per carene
mosse in profondità limitata, e pure ridotte al dislocamento di
un chilo , è offerto dalle Tav. XXXIV a XXXVII formate me-
diante elementi rilevati in prove in mare su navi in vera gran-
dezza portate a navigare in bassi fondi o lungo spiagge sottili.
Anche per questo gruppo di tavole i dati di osservazione appar-
tengono a navi del naviglio torpediniero andandosi dalle 100
tonn. circa del danese Rasmussen , alle 400 del tedesco Paulus,
alle 800 e più dell' inglese Watt. Queste curve ricavate da dati
di osservazione su navi in vera grandezza confermano integral-
mente col loro andamento le conclusioni tratte dai dati di espe-
rimentazione alla vasca circa la costante esistenza di un feno-
meno di inversione negli effetti di una limitazione di profondità
d'acqua. Numericamente danno indicazioni non troppo discordi
dalla media delle indicazioni del precedente gruppo, nè sarebbe
ragionevole pretendere che dessero indicazioni più concordi dap-
poichè per formarle è stato necessario che la valutazione della
resistenza fosse desunta dalla misura della potenza motrice in-
dicata mediante apprezzamento del valore del coefficiente propul-
sivo totale. Anzi nel formare le curve della Tav. XXXVII si in-
trodussero nei computi senz'altro i valori misurati della po-
tenza motrice sull'asse senza alcun tentativo di conversione in
potenza motrice effettiva, come erasi fatto per le altre tavole.
27 -

Ciò basta a spiegare come in queste tavole le curve di resistenza


occupino, più assai che nelle altre, la parte alta del reticolato.

§ 18. - Le limitazioni di larghezza e di profondità delle


acque non sono le sole cause che valgano a determinare una
accentuazione della tortuosità nell' andamento delle linee di re-
sistenza di carena , tortuosità della quale primi e ben manifesti
indizi si riscontrano anche nelle curve di resistenza in acqua
libera specialmente nei tipi di carena che , ridotti al disloca-
mento di un chilo , sono chiamati a velocità di circa od oltre
un metro per secondo. Un'altra condizione di cose nella quale si ac-
centuano le tortuosità è offerta nei sommergibili nella navigazione
a fior d'acqua : la Tav. XXXVIII ne offre un esempio dedotto
da risultati di esperienze alla vasca sulla carena di un sommer-
gibile, che fu sperimentata tanto in stato di completa sommer-
sione quanto nelle condizioni di navigazione in superficie con
piccola riserva di galleggiabilità.

(*) Una gran parte del materiale sperimentale, che ha servito alla
preparazione di questa Nota , è tratto dagli annali dell' officiua per espe-
rienze di architettura navale del regio arsenale militare marittimo di
Spezia ; mi corre obbligo di esprimere la mia riconoscenza al Ministero
della Marina per avermi consentito di valermi del materiale in essi
annali raccolto .
(* ) Nelle tavole annesse i numeri indicati con Le hanno il significato
del coefficiente di lunghezza considerato nel testo di questa Nota ; i
numeri indicati con N. e I hauno il significato di due analoghi coeffi-
cienti di larghezza e di immersione .
Tav. I.

25
4

13
2

0
20
‫و‬ Pirosafi
s 8
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Tav. II.

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lli

1
ote

10
ri

10
to
ia

12
oc
cr
in

7 X
6 o ri i
at at
5 ci i 9
ro ar 5
mc pr
4

3
2

10
3 5 ·8 1.9.
4. 9.
Tav. IV.

50

Naviglio
40

ut
Sa 20

порго
Sco
во
Explorazione

30 30

20 20

10 10

the •2 1.6
Taviglio
torpediniero
40 20
Corpediniere to
30 30
20 20
5
4
3
2
10
2
24 ‫او‬
Tav. V.
Tav. VI.

150

40Naviglio 40

to 3x
ot 9
a
di
Xorpediniero

çai
dtiip
di
me

i
liv
ia
ed
di
ut
Contro- torpediniere 30

98

86
-
20
20

10.
10

9.
Tav. VII.

90

80

Corpediniera

70 L.C = 8,90
N = 0,93
10, 26

_60

50

40

30

20

10
ང་

to
F
1
Tav. VIII .

90 20

80 86

Contro torpediniera


70 L₂ = 9,80
N. 0,92
1.0.27

60 60

50 50

40 40

.30 30

20 20

10 Jo

O
1-2 棒 +8
Tav. IX.

240
Lancia

150 automobile

L= 6,65
120
N = 1,04

110 I = 0,38

100

90

80

60

50

40

30

20

6390
Tav. X.

Lancia

₤130 automobile

120 L₁ = 7,05
N₁ = 1,27

110 = 0,30

100

90

80

-10

60

50

40

30

20

68202
Tav. XI.

90 90

Cipi principali

del
80 80

Naviglio militare

70

is
din
लागत
100

60 या 60
one

50 30
rari
exaplor

40 40
d

30 30
attaglia

20 20
costa

10 10

02
Tav. XII.

68 18
8.4
86
Naviglio da battaglia

63
20 e da crociera 20
19
9

7
della R. Marina Italiana

5.
18 8
7

6
5
4

3
2
1
10
10
9
89 8
700

9.8
31
4
2
5.

3
2
1
2
6 .8 9 10 1
6
Tav. XIII.

Agordat

rdia
Lomba
20 20
Naviglio

ба S
battaglia
>

n
Wo
da crociera 6
5
Polo co

za
della RMarina Italiana 4
Mar
a

Pisa

en
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3
Co
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2
a

1
Jar

10 10
9
Lio

8
O
Garoba ator

>
Chalis ts
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fon
Acl o

ys 6
In

BBe

3
2
2

11
0
2 3 9 10
14 1.5 8 ༡
9.
Tav. XIV.

125
4

e
mb
1
Vipi diversi della

ta
20

Bo
Mi
19

82

9
Marina militare francese
8
7
6 8. 6
5

98
4
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3
ya
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e

2
42
Oc
B

et

1
in

10 10
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9
9
r

8 8
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g
s

7
d
6
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6
E
r
i
8
u
5

9
C

5
4
3

1 2
1
a 4 5 1.6 1.7 18 1.9 10 1 21
Tav. XV.

40 di 40
Esperienze
R. E.Froude

36

20

6.8

to

·6 8 10 -2 6 ·8 20
Tav . XVI.

50
ང་


དཁ1

8
40 40

30 30
y = 0,56
7
9.8

20 20
9
09
ऋद्र

10 to
18
16
5
4
3
12
10 •2 10 ·2 .4
Tav. XVII.

[ 2.

30 30
y= 0,64

98

20
--༥༤
ནི་
གཝ་
ལུ་
ཁ་

10 10
2
18
{Y
6
4
3
2
Fo 8 Z% 4 6
Tav. XVIII .

40

4 = 0.68

30
J

20
10

10

10 0.2 0.4 0.6 0.8 10 1.2 14 16 20


Tav. XIX.

50 50
8
16
5
4
3
2
40
2
unaratto

6
5 XL = ~ 2,4
4
nt

13
di
co

un


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30 30
so
o

2
8
7
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6
5
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4
dell
Mo
Bodelle

20 201
9
8
6
5
4
3
2
1
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9
18
Z
16
5
4
13
2
·8 .

Tav. XX.

23 25

31
Barcone da canali ย

no
4 = 0,95 1
20 20
9

S
L = 5.26 8
N = 0,88
Ne 7
I = 0,23 6
5
4

2 a
1
2ii le

10 10
a
can

21x41
In

9
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8
a
ri

1
be
o
11.
a"c

li

3
2
1
10
2

5 8 10
Tav. XXI.

50

Chiatta fluviale

40 4: 0,82 40

Le=7,35
N :1,00
1 = 0,17

30 30

20 20

10 +101

13
12

-4
&
to 2 1.6 ·8 Lo
Tav. XXII

30

Sanciaa vapore

40 4 =0,47 40

L = 5,45
N = 0,97
L = 0,40

30 30
གཡ

20 20

10 10

13
12
10 |Չ 2 ·6 8 20
Tav. XXIII.

le

199
tomobi
-u
a
a ncia

iglio
90 Nav 90

au a
i
Xorpediniero Lanc

e minore

80 ed
1ST

media
08
sapore

70

P
Con

R
60
60

Isa
२० 2 12
Tav. XXIV.

Rota

d.66 kg
Kg
80

L -9,31
750
N = 1,02
16=0,24
70

60

3.10

50

225

40

150

30

075

20

10

+8 10 2
: +24 1.8
‫‪་‬יד‬ ‫ז‬
Tav. XXV.

90

Denny

80
L. 8,80
N. 0.85
1.-
70

370
295
50 295

40

1,50
015
30

20

10

9102
Tav. XXVI.

Schütte

d.65 Kg

L₁ = 8,65
Nc = 0,98
I. - 0,26
F70

(in acque strelle

F60

-50

-40

14,20
30
555!!!
395

20

10

620
XXVII.

₤20 Schütte

d- 65 kg
£80

Le = 8,65
Ne = 0,98
Ic = 0,26
70

(in acque basse);

F60

50

7.901

-40

2.65

30

20

090

10
TTTL
Tav. XXVIII.

Sopper
d.65 Kg
=80
4c = 7,40
N = 1,16
Ic 0,26

8,00
50

16

40

SA
967

10 +2 to
Tav. XXIX.

90

Sopper

d= 86 Kg
-80
Lc=8,55
N =1,30
I₁ = 0,22
70

60

50

€40

725

30

145

20

10

0 2 4 6 8 20
078 46
1
Tav. XXX.

90

Topper

d= 99 Kg
80
L = 8,20
Nc= 1,25
Ic = 0,20
70

60

50

€ 40

69

30

141

20

10

* 6 8 10 2
Tav. XXXI.

20 Dumbarton

d = 124 Kg

·80 L₁ = 7,33
Nc = 0,99
Ic = 0,16

1160

40 9.76

34

20

70

810 2 #
Tav. XXXII.

20Harold

Jarrow
80
Le= 8,15
Nc= 0,85
Ic = 0,32

E60

50
325

2.75
E40
160

30 070

6 19 20
Tav. XXXIII.

€90

Caylor
d= 450 kg

₤80

Lε= 4,95
Nc = 0,90
70 I = 0,34

60

50

40

30 08.
456

06
20

10
Tav. XXXIV.

90Rasmussen
D= 105 t

£80
L.- 9.05
Nr. 0,92
L=
F70

-60

-50

3,30
2.45
F40
125
#

015
-30

120

40

-12
Tav. XXXV.

90Rasmussen

D = 132 t

80
Le 8,68
Nc = 0,94
Ic =
70

60

50

40
0,9.
23
3.0
30
13

20

30
Tav. XXXVI.

20Saulus

De400 t

80

L₁ = 8,70
Nc = 0,95
Ic = 0,31

£60

50

40

-30
205
QE82

40

10
Tav. XXXVII.

06:

Sh . Watt

80D = 836 °

L.- 8.80
N = 0,95
1.: 0,26
70

60

800

180.175
50

07

30

20

OF

6 810 8
Tav. XXXVIII.

90

Sommergibile
80
L= ~ 6,00

60

50

40
A

30

10

2
4.
P
T
Sull'armamento principale e sulla difesa subacquea
delle navi da battaglia

ING. SALVATORE ORLANDO

I.

Armamento principale

L'impianto delle artiglierie sopra una nave da guerra si fa


dipendere generalmente dai criteri tattici , che si intendono adottare.
La formazione prestabilita delle squadre, la posizione delle
navi e le loro rotte di fronte al nemico , nel momento dell'azione ,
determinano quale debba essere la sistemazione da adottarsi per
le artiglierie , onde possa ottenersi la loro massima utilizzazione . E
la nave cosi progettata resta legata a quelle determinate direttive ,
per le quali il suo armamento è stato studiato .
Se non che , i criteri tattici sono differenti a seconda delle varie
scuole, o mutano col variare delle direttive politiche o in seguito
ad avvenimenti guerreschi e alle deduzioni che, a ragione o a torto ,
si traggono da essi, e mutano anche a seconda delle vedute per-
sonali di chi, in determinati periodi costruttivi , è destinato al co-
mando della flotta in caso di guerra .
Norme sicure, direttive durevoli non si hanno mai , e assai
istruttive a questo riguardo sono le seguenti parole, che l'Ammi-
Motoki, Kondo, Ispettore
Giappone
raglio
nel Generale delle costruzioni navali
pronunziò al Congresso Internazionale degli Inge-

gneri navali
learneddel Luglio scorso a Londra : « No new lessons have
< been by the war to revolutionise the art of naval con-
struction
< . The Dreadnought is but the logical outcome of the
progress of naval construction and that type would have been
arrived
< at, sooner of later , even if the war had never taken
" plac
e. »
30 -

Parole , che dimostrano la tendenza a far prevalere i criteri


tecnico-navali ai concetti tattici , nello studio dei progetti .
Presso di noi prevale generalmente la tendenza opposta ed
alle direttive tattiche gli ingegneri del Genio navale e quelli del-
le industrie private conformano i loro studi ed i loro progetti .
Ed allora per l ' alternarsi della prevalenza delle varie scuole ,
si è veduto, in periodi di tempo non lunghi, passare dalle navi
a impianti sullo stesso ponte, con un solo impianto per ogni set-
tore estremo , a quelle a tiro sovrapposto con due impianti per ogni
estremità, per poi tornare, come nei recenti programmi ministe-
riali , nuovamente alla primitiva sistemazione , dando una grande
prevalenza al fuoco laterale ed una minima a quello estremo.

Criteri di ingegneria navale.

Di fronte al continuo evolversi del pensiero tattico , senza che


mai nessun fatto venga a dar la sanzione del successo a nessuna
delle scuole contendentisi , quale via dovrà seguire l'ingegnere na-
vale nell'atto d'iniziare il suo studio , egli che pur deve abbracciare,
nella sua concezione tecnica , l'intero organismo della nave e quindi
anche l'armamento ?
Evidentemente egli dovrà proporsi di far si che, coll'armamento
predisposto nel suo progetto, sia possibile di seguire qualsiasi scuola
che, avesse, in avvenire, a prevalere.
È naturale che il fuoco laterale, il tiro classico, debba sempre
predominare onde la nave possa opporre le maggiori offese là dove
presenta il maggior bersaglio, e perciò ogni impianto , che costa
oggi quanto un'intera nave costava un tempo , deve potersi utiliz-
zare tanto sopra un fianco quanto sull'altro , ma soddisfatta una
tale condizione , occorre pure che il maggior numero di pezzi possa
agire anche per chiglia nelle rapide azioni di caccia o di ritirata .
E cioè il diagramma rappresentante i settori battuti dai varii
impianti nelle diverse direzioni , pur dimostrando la prevalenza del
tiro laterale , deve essere tale da presentare caratteri di una rela-
tiva uniformità , in modo da evitare che, accanto ad ampi settori
laterali di massima intensità di fuoco , ve ne siano altri estremi
di intensità assolutamente deficiente .
- 31

In sostanza , lo studio dell'ingegnere navale deve mirare ad


ottenere la massima efficienza delle artiglierie in tutte le direzioni ,
onde la nave non resti legata a nessuna speciale scuola di tattica .

Disposizioni ad impianti sullo stesso ponte.

Questi concetti applicati allo studio di una nave che, seguendo


criteri che tendono a prevalere, dovesse essere munita solo di
quattro impianti , sia a due , sia a tre pezzi ciascuno ( ciò non varia
le condizioni del problema), conducono all'abbandono delle seguenti
disposizioni di armamento :
(A) Tav . I. Disposizione con quattro impianti collocati sullo
stesso ponte in posizione simmetrica, due nel piano diametrale e due
sui lati.
(B) Tav. II . - Disposizione con quattro impianti sullo stesso
ponte , di cui due nel piano diametrale e due sui lati in posizioni
alternate .
(C) Tav. III. - Disposizione con quattro impianti sullo stesso
ponte, tutti collocati nel piano diametrale .
Queste sistemazioni di armamento , aventi gli impianti collo-
cati tutti sullo stesso ponte, non possono rispondere ai criteri sopra
indicati della utilizzazione di tutti gli impianti su ambedue i lati
e del maggior numero di essi nelle direzioni estreme , per ragioni
ovvie.
Infatti , è evidente che le posizioni relative degli impianti stessi
e delle soprastrutture , che non possono completamente sopprimersi ,
per necessità marinare imprescindibili e per quelle dell'armamento
secondario, tendono a moltiplicare gli angoli morti diminuendo i
settori utili di ciascun impianto . Per ciò , quando si voglia far pre-
valere il tiro laterale, ciò non può ottenersi che a scapito del tiro
per chiglia e viceversa, ma mai si può ottenere il massimo fuoco
laterale unito ad un efficace ed intenso fuoco estremo .
I bozzetti (A) ( B ) ( C) dimostrano ciò assai chiaramente . In-
fatti i tipi (A) (B) che dispongono di tre impianti per chiglia e di
due, per ciascuno dei settori estremi , hanno, il primo, i settori la-
terali forniti di soli tre impianti ed il secondo di quattro bensì ,
ma con ampiezza ridotta , al massimo , a poco più di 90° . Il tipo (C)
invece , che ha settori laterali , con tutti gli impianti , di 130° , non
32 -

ha che un impianto solo per ogni estremità e , questo avariato, ha


il relativo settore di 50° assolutamente muto .
É vero che con navi molto lunghe può teoricamente giungersi
ad ottenere , col tipo (C), settori di massima intensità laterale di
140° riducendo quelli di minima a 40° , ma è da osservarsi che ,
in tal caso , oltre la necessità di aumentare eccessivamente le lun-
ghezze dello scafo, per distanziare i vari impianti, una simile si-
stemazione di armamento obbliga a tenere il ponte assolutamente
rasato .
Le lunghe e molteplici traiettorie dei pezzi , a breve distanza
dal ponte stesso, rendono impossibile qualsiasi anche minima so-
prastruttura o ingombro su di esso , tanto per scopi di armamento
secondario quanto per installazioni marinare come imbarcazioni o
relative morse, boccaportelli , prese d'aria ecc .
La vicinanza , del resto , delle traiettorie al ponte e agli altri
impianti rende i diagrammi di questi tipi di armamento puramente
teorici . È noto infatti che nei tipi Dreadnought il tiro di poppa ,
cogli impianti laterali, non può eseguirsi che con un angolo di
almeno 5 o 6° dal piano diametrale e che nei tipi Neptune, Hercules
ecc. , per ragioni analoghe anche i settori massimi laterali sono al
disotto dei 94° che sono stati indicati nel bozzetto (B) , ampiezza
questa, possibile forse solamente in navi ad un solo fumaiolo .
Per queste ragioni, i tipi di armamento ( A ) ( B) (C) non rag-
giungono gli scopi che deve proporsi un ingegnere navale, e che
sono stati sopra enunciati .

Impianti a tiro sovrapposto.

È invece evidente che le sistemazioni , che più rispondono a


tali scopi , sono quelle che accolgono il concetto del tiro sovrap-
posto con quattro impianti , poichè ciascuno di questi non ha che
un solo angolo morto .
Per gli stessi motivi , l'aggiunta di impianti centrali , come nei
tipi inglesi Orion o nell'italiano Cavour, si discosta dal criterio
della massima utilizzazione delle artiglierie pei due angoli morti ,
uno verso prora ed uno verso poppa, che vengono a ridurre il
campo di tiro degl'impianti stessi .
Seguendo sempre quest'ordine d' idee è per ciò preferibile vo-
33

lendosi aumentare il valore bellico della nave, di aumentare il ca-


libro dei pezzi , piuttosto che il numero degli impianti oltre i quattro.
Con quattro impianti, due a due sovrapposti , ognuno di essi
ha un solo angolo morto ed un solo ininterrotto ampio settore di
fuoco . Se le due torri sono molto vicine, l'angolo morto di quelle
inferiori, causato dalla torre sopra elevata, può raggiungere i 70°
per armamento doppio da m/m 343 .
Tale angolo morto va, via via, riducendosi coll'aumentare della
distanza degli assi delle due torri vicine .
La necessità però di mantenere la bocca dei pezzi sovrapposti
in posizione da non danneggiare la torre sottostante, portando la
fiammata il più possibilmente fuori della detta torre, limita tale
allontanamento in un campo strettissimo .
Sostanzialmente è a ritenersi che per impianti doppi da m /m 343
e 45 calibri , sovrapposti, l'angolo morto di quello inferiore debba
essere di 60° e alquanto maggiore se l'armamento è triplo .
Considerando, per semplicità di studio , solo l'armamento doppio
si ha che, quando si adotti il tiro sovrapposto , i settori laterali di mas-
sima intensità di fuoco , cioè coll'impiego di tutti i pezzi , non pos-
sono superare i 120° (che è appunto l'ampiezza del settore battuto
contemporaneamente dagli impianti inferiori) , qualunque sia la po-
sizione assegnata alle torri , ma per contro si hanno sempre due
impianti, e possono aversene anche tre, utili nel tiro per chiglia.
È da osservarsi anche che le traiettorie dei pezzi centrali , nel
caso di tiro sovrapposto, passando a circa m. 5,00 al disopra del
ponte e m. 2,60 al disopra delle soprastrutture centrali , sono in
condizioni assolutamente pratiche ed efficienti , mentre ciò non av-
viene coi tipi ad impianti sullo stesso ponte che, come si è detto ,
oltre rendere impossibile qualsiasi soprastruttura , hanno traiettorie
da m . 1,20 a m. 1,50 al disopra del ponte stesso .
Per ciò , mentre debbono ritenersi come semplicemente teorici
i settori massimi dei tipi (A) ( B) ( C) , specialmente quelli eventuali
di 140° del tipo (C) , possono accettarsi come pratici quelli relativi
agli altri tipi .

Varie disposizioni di impianti a tiro sovrapposto.

Esaminando ora partitamente le sistemazioni di armamento a


tiro sovrapposto , con quattro soli impianti, si vede che esse possono
esplicarsi nei tre seguenti modi :
34

(D) Tav. IV . Sistemazioni con quattro torri sovrapposte ,


collocate tutte nel piano diametrale della nave .
(E) Tav. V. Idem con quattro torri sovrapposte delle quali,
quelle inferiori nel piano diametrale , e quelle superiori alternate a
destra e sinistra con torri ravvicinate .
(F) Tav . VI . - Idem con quattro torri sistemate come le
precedenti , ma distanziate sino ad ottenere l'angolo morto della
torre inferiore di 60°
(G) Tav. VII e Tav. XI . Idem con quattro torri so-
vrapposte in due gruppi in posizione alternata a destra e sinistra .
I bozzetti annessi illustrano queste quattro diverse sistemazioni ,
la prima delle quali è quella classica del tipo Michigan, mentre le
altre tre, cogli spostamenti laterali delle torri , tendono a rendere
maggiormente intenso il fuoco per chiglia e nei settori estremi.

Confronti fra le varie sistemazioni.

I due gruppi ( A) ( B) ( C ) e (D ) ( E ) ( F ) (G ) che rappresen-


tano, il primo le sistemazioni con impianti sullo stesso ponte , ed
il secondo quelle a tiro sovrapposto, colla scorta dei bozzetti an-
nessi e relativi diagrammi dei settori di fuoco , possono essere esa-
minati dal punto di vista della maggiore o minore uniformità di
fuoco in tutte le direzioni , con la quale si raggiunge lo scopo di
non legare la nave , in modo assoluto , a nessuna delle scuole tat-
tiche del momento .
Uno dei modi più semplici e sintetici per giudicare della
migliore applicazione di questo criterio è quello di determinare
gli angoli morti di ciascun pezzo e farne la somma per ciascun
tipo di armamento ; quello che darà la cifra minore, sarà evi-
dentemente quello nel quale le varie bocche da fuoco saranno
meglio utilizzate .
Ora le somme totali degli angoli morti per ciascuno dei tipi
appartenenti ai due gruppi sopra indicati sono le seguenti :
GRUPPO I.º - Armamento sullo stesso ponte

(A) 460

(B) 332
(C) 300
35

GRUPPO II.º Armamento a tiro sovrapposto .

(D) 220
(E ) 202
(F) 180
(G) 180

Dal raffronto di queste cifre appare subito la superiorità del


secondo gruppo sul primo , perchè assai minore è per esso la somma
degli angoli morti.
Dall'esame anche delle cifre astratte indicanti le somme degli
angoli di fuoco di ciascun impianto, da un lato e dall'altro del piano
diametrale, si hanno anche elementi di confronto .

GRUPPO I.º - Armamento sullo stesso ponte .

(A) 490
(B) 460
(C) 554

GRUPPO II.º - Armamento a tiro sovrapposto .

(D) 610
(E) = 619
(F ) 630
(G) = 630

In linea generale dunque, il secondo gruppo predomina sul primo


anche per la migliore utilizzazione complessiva dei vari impianti
nel fuoco laterale .
Se poi vuole unirsi al criterio dell ' ampiezza totale dei vari set-
tori utili anche quello dell'intensità di fuoco negli stessi , basta esami-
nare i diagrammi uniti ai bozzetti e moltiplicare l'ampiezza , in
gradi , di ogni settore per il numero dei pezzi , che agiscono nello
stesso, facendone le somme per ciascun tipo, per ottenere cosi delle
cifre astratte di confronto .
Si avrà :

GRUPPO I.º --- Armamento sullo stesso ponte.


300

(A) = 1960
(B) 2216
(C) 2280
36

GRUPPO II.º Armamento a tiro sovrapposto .

( D) 2440
(E) 2476
(F) 2514
(G) 2520

Dal che risulta sempre che le navi del secondo gruppo hanno
campi di grande intensità di fuoco complessivamente maggiori di
quelle del primo gruppo.
Per ciò che riguarda poi esclusivamente il tiro dritto per chi-
glia, la superiorità dei tipi di armamento ( D) (E) ( F) (G) su quelli
del primo gruppo non richiede dimostrazioni .
Come si è già visto, solo un impianto può, in queste ultime
navi , far praticamente fuoco in tale direzione, mentre le navi ad
armamento sovrapposto dispongono di due o di tre impianti agenti
nello stesso senso .
In queste condizioni , è evidente che alle navi tipo (A) ( B ) (C) ,
specie a quelle del tipo C, non converrebbe dar caccia o ritirarsi pre-
sentando la prora o la poppa , ciò che eventualmente può costituire
la via più breve per raggiungere il nemico o per entrare nella zona
di protezione di un porto di rifugio , poichè esse non potrebbero
opporre al fuoco intenso dell'avversario , che il fuoco di un solo
impianto e si troverebbero perciò in uno stato di inferiorità .
Navi di questo tipo , combattendo con nemico provveduto di
tiro sovrapposto, si trovano dunque sempre nella necessità di ma-
novrare in modo da rilevarlo per un angolo, dal piano diametrale ,
non inferiore alla metà dell'angolo morto dell'impianto immediata-
mente adiacente a quello estremo , e cioè da 6 a 25° , onde poter
far fuoco almeno con due impianti . Invece le navi del secondo tipo ,
specialmente quelle che presentano al fuoco estremo tre impianti ,
non hanno la necessità assoluta di modificare le proprie rotte ed
avranno quindi sempre il vantaggio di una grande libertà di manovra.
Evidentemente quanto più ampio sarà il settore laterale di
massima intensità di fuoco , nelle navi a impianti sullo stesso ponte,
meno duramente si farà sentire questa necessità, alla quale però
esse dovranno pur sempre sottostare .
E per ciò , poichè il settore massimo laterale aumenta coll'au-
mentare della lunghezza , come conseguenza, si andrebbe a navi ec-
cessivamente lunghe, difficilmente manovrabili, che presenterebbero
- 37 -

un grande bersaglio e darebbero luogo ad una spesa di costruzione


molto elevata.
Questa costante necessità di dover rilevare il nemico per un
angolo qualsiasi dal proprio piano diametrale pone le navi del
tipo ( A ) (B ) ( C ) in condizione di dover spiegare ciò , che i com-
petenti chiamano una tattica avvolgente, seguendo le norme della
relativa scuola, la quale però richiede sempre un gran vantag-
gio di velocità sul nemico, senza di che , questi può facilmente sot-
trarvisi .
Infatti è evidente che se si considera la velocità della nave, la
cui rotta fa un angolo qualsiasi con quella del nemico, ridotta al
suo valore relativo ad una direzione parallela a questa, la velocità
stessa deve considerarsi diminuita in ragione del coseno di un tale
angolo.
Una nave, per esempio del tipo (C) , che dovrà rilevare l'av-
versario per almeno 25 dal piano diametrale per utilizzare le sue
artiglierie, avrá una velocità V' , nel senso parallelo al nemico di
velocità V , data da

V = cos 25° × V = 0,90 V

ciò che darebbe un vantaggio, per navi di 25 nodi di velocità , di


nodi 2,5 alla nave che, armata con tiro sovrapposto , non ha la
propria rotta legata in modo assoluto all' armamento e potrebbe
quindi facilmente sfuggire al nemico , se in ritirata , o sopraggiun-
gere sullo stesso , se in caccia .
In sostanza, all'infuori di qualsiasi disquisizione di tattica , non
può convenire ad un ingegnere navale un armamento che impedi-
sce, durante l'azione, la completa utilizzazione della massima ve-
locità raggiungibile dalla nave colla potenza da lui assegnata al-
l'apparato motore, sottoponendo la nave stessa a necessità di rotte
curve o sinuose, che le impedirebbero durante il combattimento la
realizzazione di questo semplice eppure importante obbiettivo , rag-
giungere il punto prefisso, nel più breve tempo e per la via più
breve .
Le due considerazioni , adunque, di massima utilizzazione delle
artiglierie e massima utilizzazione dell'apparato motore conducono
ngualmente allo stesso risultato di dover, cioè, preferire le navi a
tiro sovrapposto a quelle con impianti sullo stesso ponte , direttiva
38

che lo scrivente ha sostenuto e cercato di dimostrare, come la mi-


gliore per la nostra marina, sino dal 1907 .
Stabilita dunque la superiorità dell'armamento a tiro sovrap-
posto, con quattro torri, resta a vedere quali dei quattro tipi in- 1
dicati dai bozzetti ( D ) (E) ( F ) (G) meglio convenga al fine che si
deve proporre l'ingegnere navale .
Dall'esame degli indici numerici di raffronto sovra esposti , 2
appare subito la superiorità dei tipi ( E) ( F) ( G) sul tipo ( D) , per
il fatto che essi , potendo utilizzare tre impianti nel tiro per chiglia,
hanno in quel senso 3/4 della potenzialità totale dell'armamento ,
mentre il tipo (D) non ha che la metà .
Esaminando la capacità di fuoco estremo per settori invece che
esclusivamente per chiglia si rileva che i settori battuti solamente
da due impianti hanno le seguenti ampiezze per i diversi tipi :

(D) 50°
(E) 19°
(F) 180
(G) 30°

per ciò, sotto questo punto di vista , i tipi ( E) ( F) con impianti


bassi disposti nel piano diametrale e quelli alti alternati a dritta
e sinistra, dovrebbero essere ritenuti i migliori .
E da considerarsi anche che, in una nave così armata, l'ava-
ria di una delle torri che la inutilizzasse, lascerebbe sempre ben
munita la relativa estremità, i cui settori sarebbero sempre bat-
tuti da due impianti , ed ancorché ambedue le torri di uno stesso
gruppo venissero annullate, l'estremità sulla quale fossero collocate
potrebbe sempre far fuoco per mezzo degli impianti dell'estremità
opposta, meno un piccolo settore di 18 ° e 19° . Una tale nave
potrebbe dunque spiegare efficacissime azioni di caccia o di riti-
rata presentando al nemico la prora o la poppa .
In tale posizione, essa offrirebbe alle artiglierie ed ai siluri un
bersaglio molto minore, mentre la sua difesa di corazze presente-
rebbe un angolo molto acuto al fuoco del nemico .
È ben vero che la lunghezza della nave disposta nel piano
della traiettoria del proiettile, potrebbe esporla a qualche maggior
pericolo, ma tale pericolo è compensato dal fatto della maggior
difficoltà, per l'aggiustamento della mira , di determinare la sua ve-
locità in tali condizioni di rotta .
39

Quindi, navi armate secondo il tipo (F) possono, con presso-


ché uguale efficacia di fuoco , adottare la teoria della tattica avvol-
gente o quella dell'Ammiraglio Fournier, poiché esse, ad eccezione
di un settore di 18 , hanno in qualunque direzione la disponibilità
di non
meno dei 34 delle proprie artiglierie .
Per ciò che riguarda i settori di massima intensità di fuoco
laterale, comprendenti cioè l'azione di tutti i pezzi , i vari tipi con
armamento sovrapposto si presentano nelle seguenti condizioni :

(D ) 120°
(E ) 98°
(F) 108°
(G) 120°

mentre tali settori sarebbero maggiori nei tipi (D) ( F ) ( G) , se l'angolo


morto degli impianti inferiori potesse portarsi al di sotto dei 60° .
In conclusione può dirsi , che i due tipi (D) e ( G) che
hanno settori di 120° sono meglio adatti a seguire i concetti della
tattica avvolgente, ma poichè il tipo (G) presenta tre impianti al
tiro per chiglia, contro due del tipo ( D) , deve ritenersi superiore
al primo .
I tipi (E) e ( F) o meglio il tipo ( F) , che pure avendo settori
laterali di massima intensità di 108° e quindi di poco inferiore agli
altri , ha tuttavia grande intensità di fuoco nei settori estremi , è
quello che più di tutti realizza il criterio pratico di inge-
gneria navale , che è stato sopra enunciato .

Tipo di nave a due soli impianti .

Volendo oltrepassare i limiti delle presenti note , relative a


navi a quattro impianti , può rilevarsi che una grande utilizzazione
delle artiglierie si ottiene anche con impianti sullo stesso ponte,
purchè questi siano limitati a due . Ognuno di essi avrebbe un solo
angolo morto prodotto dall'ingombro dei fumaioli , albero , torrette
ecc . , e settori di massima intensità di fuoco di 150° e di 145° ,
rispettivamente , se le torri sono collocate sul piano diametrale o
spostate diagonalmente per curare il fuoco estremo . Si è così con-
dotti alla soluzione Brin ( tipo Italia , Lepanto), derivata evidente-
mente da criteri tecnici , che riduce al minimo gli impianti , ma
aumenta i loro campi di tiro e permette l'adozione dei massimi
calibri e della massima velocità della nave col minimo spostamento .
II .

Difesa subacquea

È ormai generalmente riconosciuta la necessità di prendere


nella maggiore considerazione la difesa sottomarina , nello studio
delle nuove navi da battaglia . Le esperienze eseguite su vecchie
navi e gli ammonimenti che ci vengono dalla guerra Russo - Giap-
ponese portano ormai a far ritenere l'esplosione sottomarina quale il
più grave dei pericoli di una guerra navale, contro cui occorre
premunirsi più efficacemente di quanto si sia fatto finora.
I sistemi sino ad ora impiegati, consistenti principalmente nelle
carene triple o in una leggera corazzatura del fasciame esterno
ed altri , che qui è inutile menzionare, si sono dimostrati all'atto
pratico della guerra o dell'esperienze eseguite, inefficaci , per la
insufficiente resistenza delle pareti opposte all'esplosione sotto-
marina.
La rapida riduzione della pressione , che si verifica a distanze
anche brevi dal centro delle esplosioni , mentre ha fatto riconoscere
inefficace il rinforzo del fasciame esterno ha condotto a concentrare
J
tale difesa in paratie interne longitudinali corazzate, allontanandole ,
il più che fosse possibile, dal fianco della nave .
È ritenuto generalmente che una paratia longitudinale coraz
zata per offrire una certa garanzia di sicurezza nella difesa sotto-
marina debba distare non meno di m . 5 dal fasciame esterno, men-
tre altre divisioni stagne longitudinali debbono essere interposte
tra essa ed il fianco della nave, allo scopo di attutire gli effetti fi-
nali della esplosione.
Tuttavia, anche con tali provvedimenti, la difesa contro attac-
chi subacquei , costituita da paratie trasversali e longitudinali , non
può dare una garanzia assoluta, perchè le paratie stesse , a causa
della loro grande altezza , non sono in condizione di potere pratica-
mente resistere al grave cimento di una esplosione sottomarina .
41

Data la grande pressione, che è causata da tale esplosione,


nessun rinforzo si è , in pratica , dimostrato sufficiente a far resistere
ad essa pareti verticali di un'altezza corrispondente all'immersione
della nave aumentata di oltre un metro per la sopraelevazione del
ponte corazzato sul piano di galleggiamento .
In ogni caso , le deformazioni consequenziali di un'eventuale.
grande pressione esterna sopra una cosi vasta superficie sarebbero
probabilmente tali da determinare strappamenti nei punti di unione
delle paratie col ponte corazzato e col doppio fondo, dando così
luogo a vie d'acqua, e la nave , con parecchi compartimenti la-
terali invasi e qualcuno anche dei centrali , può raggiungere con-
dizioni di instabilità da comprometterne la sicurezza .
È quindi necessario studiare sistemazioni di difesa che non
siano esclusivamente basate su divisioni stagne verticali .
In sostanza , dato il caso di uno squarcio prodotto sul fianco
della nave dallo scoppio di un siluro , i requisiti , per la protezione
sottomarina della nave , da richiedersi , dovrebbero essere i seguenti :
1º . -- I volumi dei compartimenti laterali invasi dovrebbero
essere ridotti al minimo , mentre la distanza della paratia longitu-
dinale corazzata dal fasciame esterno dovrebbe essere la maggiore
possibile .
2º. In caso d'invasione completa di qualche compartimento
laterale, o d'invasione di compartimenti centrali , per la rottura della
paratia corazzata , l'acqua penetrata sino al livello del galleggiamento ,
non dovrebbe potere assumere movimenti trasversali importanti .
3º. Le paratie trasversali o longitudinali dirette a smorzare
o resistere all'esplosione dovrebbero avere la minore altezza possibile
per poter offrire la massima resistenza .
Questi scopi non si possono raggiungere con ponti corazzati a
sezione trapezoidale del tipo generalmente usato .

Forma attuale del ponte di protezione.

La forma attuale del ponte di protezione , collocato tutto al


disopra del galleggiamento , salvo i due lati inclinati a murata, è
dovuta principalmente alla necessità di allogarvi sotto macchine
alternative e caldaie cilindriche , ed ebbe per criterio fondamentale
la difesa di navi non corazzate .
42

Essa è vantaggiosa nel caso d'invasione di acqua proveniente


dalla zona di galleggiamento, perchè limita il volume dei locali in-
vasi e mantiene alla sezione di galleggiamento sufficienti dimensioni
trasversali per assicurare la stabilità della nave .
Prevalse con essa il concetto che le offese sottomarine fossero
eventualità meno probabili , la nave considerandosi protetta dal gal-
leggiamento alla chiglia.
L'azione utile degli attuali ponti di protezione anche per ciò
che riguarda navi corazzate , è dunque limitata contro le offese
dovute alle artiglierie , mentre nel caso di un attacco sottomarino
essi non danno luogo a nessuna limitazione della quantità di acqua
che invade la nave , nè danno luogo ad alcuna riserva di stabilità .
Non solo, ma poichè il ponte di protezione è quasi tutto disposto
al disopra del galleggiamento, l'acqua penetrata anche solo nei
compartimenti tra la paratia laterale corazzata e la murata avrá la
possibilità di spostarsi dando luogo , nei movimenti di rullio , ad
effetti dannosi alla sicurezza delle paratie stagne ed anche alla sta-
bilità della nave. Peggiore poi diverrebbe la condizione di stabilità,
quando l'acqua penetrasse anche nei compartimenti centrali, perchè
essa costituirebbe un peso mobile nell' interno della nave mentre
se, per effetto di una larga falla , potesse considerarsi come mare ,
darebbe luogo ad elementi negativi nel calcolo del momento d'iner-
zia della sezione di galleggiamento della nave , con conseguente
riduzione dell'altezza metacentrica .
La perdita per rovesciamento della Morosini , della Victory e
delle navi russe colpite al di sotto della fascia corazzata, a Tsushima ,
rendono evidente questo punto debole delle moderne navi da battaglia.

Resistenza dei ponti corazzati alle esplosioni sottomarine.

È noto che l'azione più viva delle esplosioni sottomarine si


fa risentire nel senso orizzontale e dall'alto in basso , mentre mi-
nore è l'effetto dal basso in alto . È per questa ragione che negli
esperimenti eseguiti, anche di recente, i ponti corazzati hanno re-
sistito ad esplosioni sottomarine che pur distruggevano larga-
mente le paratie longitudinali e trasversali collocate al disotto dei
ponti stessi .
43

Perchè dunque non impiegare questo ponte come mezzo di


difesa sottomarina , mentre la corazzatura laterale ed anche una
compartimentazione stagna retrostante può provvedere alle offese
del cannone ?
È poichè contro la esplosione sottomarina, il mezzo che si è
dimostrato il più resistente è il ponte corazzato , appare logico e
naturale l'impiego di tale parte della nave , come difesa contro
questa, che è certamente la più temibile offesa .
Tale scopo può ottenersi abbassando questo ponte nelle sue
parti laterali , poichè si raggiungono, in tal modo , i requisiti già
enunciati di grande riduzione dell'altezza delle paratie stagne e dei
volumi di stiva eventualmente invasi , costituendo in sostanza una
carena di emergenza capace di una efficace difesa delle condizioni
di galleggiabilità e di stabilità della nave .

Disposizione generale del ponte di protezione.

Si premette che tutti i dati e risultati di calcoli , che saranno


in seguito citati , si riferiscono ad un sommario studio di nave da
battaglia dello spostamento di 21000 tonnellate e delle seguenti
dimensioni generali :
Lunghezza fra le P. P .. M. 156,28
« al galleggiamento 165,28
Larghezza massima fuori corazza 27,80
Immersione . 7.95
Dislocamento della carena fuori fasciame Tonn . 21000
Altezza del centro di carena dalla linea di co-
struzione • M. 4,50
Altezza metacentrica >> 7,00
Di questo studio è annesso il bozzetto esterno generale en indica-
zione sommaria delle divisioni stagne (Tav. X) .
Colla disposizione che si propone in questo progetto sommario,
il ponte corazzato viene tutto abbassato , salvo la parte centrale , che
è conveniente mantenere al disopra del galleggiamento per di-
sporvi tutti gli sbocchi dei compartimenti inferiori (Tav. VIII ,
Fig . 1.a ) .
Evidentemente si potrebbe mantenere molto più bassa anche
la linea centrale del detto ponte; in tal caso però occorrerebbe
munire di protezione tutte le mastre dei boccaporti, aperture per
44

passaggio dei condotti del fumo e dell'aria, elevatori ed altro , ciò


che sarebbe assai malagevole e che si evita elevando la parte cen-
trale .
La parte bassa corrisponde necessariamente al limite inferiore
della fascia corazzata ed è disposta in piano senza alcun bolzone .
A prora , al di fuori dei depositi delle munizioni , questo piano
corazzato si estende da una murata all'altra della nave ; a poppa
esso si abbassa alquanto e costituisce la difesa inferiore dei mec-
canismi relativi alla manovra dei timoni e del tubo di lancio . La
parte elevata protetta invece si prolunga a prora fino alla traversa
corazzata mentre a poppa va sino all ' estremità della nave e costi-
tuisce la difesa superiore delle parti sopra indicate.
Le dimensioni trasversali di questa parte elevata devono ri-
dursi, il più possibile, compatibilmente con le varie installazioni re-
lative alle macchine , alle caldaie ed altro.
Evidentemente un'influenza su queste dimensioni è esercitata
dall'immersione, in ragione inversa del suo valore .

Migliori condizioni di resistenza delle paratie longitudinali


nelle navi a ponte corazzato basso.

Dallo studio intrapreso per concretare le presenti considera-


zioni , l'altezza maggiore delle pareti piane (depurate della parte
curva di raccordo col ponte corazzato) risulta di m. 4,50 al mezzo
e di m . 2,70 a poppavia, mentre tali altezze , adottando il ponte
corazzato rialzato sarebbero rispettivamente di m . 7,45 e 5,65 sem-
pre dal disopra del fasciame interno del doppio fondo .
In tali condizioni , se si suppone che una esplosione subacquea
sottoponga la paratia laterale ad una pressione uniformemente di-
stribuita, i momenti di flessione a cui verrebbero cimentati i mon-
tanti, nelle sezioni che possono considerarsi di incastro , risultereb-
bero proporzionali al quadrato delle loro lunghezze libere , mentre
le freccie di incurvamento sarebbero proporzionali alla quarta po-
tenza .
Perciò , se si applicano le dimensioni sopra citate , si ha che,
nel caso della nave a ponte corazzato basso , il cimento dei mon-
tanti , in caso di esplosione sottomarina, sarebbe minore di quello
45 -

1
della nave a ponte alto nel rapporto di per le parti centrali e
2,74
1
di per le parti adiacenti alle macchine , mentre le freccie di
4,38
1 1
incurvamento avrebbero rispettivamente i rapporti di e
7,5 19,17
Vi è quindi presumibilmente da sperare di poter costituire una
paratia laterale, raccordata in alto col ponte corazzato , capace di
resistere agli effetti che una esplosione sottomarina , che avvenga
ad una distanza non minore di m . 5 da essa, può farle risentire
attraverso le tre pareti interposte , fasciame esterno , fasciame in-
terno, paratie del carbonile ed eventualmente la massa di carbone
depositata nello stesso .
In ogni caso, le deformazioni alla paratia laterale avranno
certo una grande limitazione in confronto di ciò , che avverrebbe
nel caso del ponte corazzato rialzato , onde può con sicurezza
presumersi che , nella peggiore delle ipotesi , il danno sarà limi-
tato e non potrà probabilmente mai essere invaso più di uno dei
grandi compartimenti centrali . Ma anche in questo caso, dagli
esperimenti eseguiti , potendo ritenersi certa la resistenza del ponte
corazzato, esso verrebbe a costituire pur sempre, così come si pro-
pone di disporlo, una grande riserva di spostamento e di stabilità,
ciò che non ha luogo affatto colla forma usuale del detto ponte .
La disposizione orizzontale dello stesso rappresenta inoltre un
efficace rinforzo al fasciame esterno contro le pressioni orizzontali ,
mentre permette di unire il ponte stesso alla paratia laterale co-
razzata con un raccordo di raggio sufficiente formando così , colle
due lamiere soprapposte (quantunque di grossezze differenti) , una
struttura unica , capace di una certa elasticità e suscettibile di de-
formarsi senza dar luogo a vie d'acqua.
Si ha, in tal modo , come si è detto , una carena di emergenza della
nave.

Economia di peso.

Si osserva anche che lo sviluppo della sezione trasversale del


ponte corazzato abbassato restando pressochè lo stesso di quello del
ponte rialzato , il suo peso non varia, mentre si consegue una grande
46 --

economia nella paratia longitudinale corazzata, che nello studio ese-


guito, raggiunge circa 190 tonn.

Migliori condizioni di resistenza delle paratie trasversali.

Le paratie trasversali vengono anch ' esse, per la loro minore


altezza , ad essere assai più resistenti che non nel caso del ponte
rialzato , specie quelle comprese fra la paratia corazzata ed il fianco
della nave, dimodochè, ammesso anche che la esplosione di un si-
luro possa distruggerne diverse, il numero di queste sarà sempre
minore che nell'altro caso e quindi minore il numero dei compar-
timenti laterali invasi.

Minor volume dei compartimenti laterali allagati.

Ma ritenendo pure che la nave venga squarciata per la lun-


ghezza di 20 m. , e tre compartimenti laterali consecutivi vengano
invasi e cioè quelli compresi tra le ordinate 63 e 81 dello studio
eseguito, la differenza di volume dell'acqua imbarcata nei due casi
è la seguente :
Volume col ponte corazzato basso compreso il doppio fondo mc . 472
Idem col ponte corazzato alto » 658
E così per ciò che riguarda stabilità, si osserva che l'acqua che in-
vade i compartimenti laterali essendo racchiusa in uno spazio li-
mitato al disotto del galleggiamento in una nave a ponte basso non
altera, salvo la lieve variazione di immersione , le condizioni dello
stesso per ciò che ha relazione coll'altezza metacentrica, e può per-
ciò considerarsi come un peso aggiunto sopra un lato della nave ,
che determina una coppia opposta a quella di stabilità .

Eventuali inclinazioni della nave a ponte basso


per allagamento di compartimenti laterali.

Da un calcolo sommario relativo all'altezza del centro di gra-


vità della nave resulta che l'altezza del metacentro latitudinale sul
centro di gravità totale della nave, secondo il bozzetto proposto , è
di poco superiore ai m. 2.
47

Tale altezza che apparirebbe alquanto forte è dovuta alla po-


sizione bassa del ponte corazzato e relativa paratia corazzata sot-
tostante, nonchè al limitato spostamento in confronto dell'area del
galleggiamento . Essa potrebbe essere eventualmente di alquanto
ridotta, disponendo pesi di carbone o altro nella zona cellulare al
disopra del ponte corazzato, ma si osserva che nelle navi da bat-
taglia moderne , che hanno una altezza di bordo molto limitata in
confronto della larghezza, un forte valore della coppia di stabilità
iniziale deve logicamente essere adottato .
Ciò del resto è anche necessario per provvedere ad una con-
grua riserva di stabilità nel caso di allagamento delle zone di gal-
leggiamento indifese di prora e di poppa .
Ritenuto, per brevità di calcoli , che tale altezza si mantenga
costante per inclinazioni fino a 10° si avrebbe che l'angolo , che la
nave assumerebbe nel caso di uno, due o tre compartimenti late-
rali allagati sarebbe dato dalla seguente tabella :
Compartimenti allagati Inclinazioni
dalla 63 alla 68 2º
dalla 63 alla 75 5º
dalla 63 alla 81 70
Quindi con tre compartimenti laterali invasi , per lungo squarcio
esterno e della paratia longitudinale , o per rottura delle divisioni
trasversali, la nave s'inclinerebbe di circa 7º.

Maggiori inclinazioni della nave a ponte alto.

In ben diverse condizioni verrebbe invece a trovarsi la nave


qualora il suo ponte corazzato fosse del tipo rialzato .
In tal caso, l'acqua penetrata nell'interno si livella al piano
di galleggiamento, e potendosi considerare come mare, le dimen-
sioni trasversali del galleggiamento stesso vengono menomate di
tutta la parte compresa tra la superficie interna della parte inclinata
del ponte corazzato e la paratia laterale corazzata . Da ciò , una di-
minuzione di altezza metacentrica che non si aveva nel caso prece-
dente .
Tuttavia, ammesso che l'altezza metacentrica resti invariata
per il fatto che la nave inclinandosi , i compartimenti laterali pos-
sono riempirsi completamente, il volume di tre compartimenti la-
48

terali allagati raggiungendo in questo caso mc . 658 (tonn . 675) la


banda che la nave assumerebbe non sarebbe minore di 10º , ciò
che porterebbe il bordo superiore della corazza assai vicino al gal-
leggiamento , mentre verrebbe scoperto, dal lato opposto, il fianco.
indifeso della nave come si rileva dallo schizzo ( Tav . VIII , fig . 2) .

Inclinazioni con compartimenti laterali e centrali allagati.

Le considerazioni fin qui fatte partono dal supposto che la pa-


ratia longitudinale corazzata non venga distrutta dall'esplosione sot-
tomarina o per lo meno, quantunque danneggiata, resti stagna.
Si è già rilevato che difficilmente potrebbero resistere paratie
laterali di grande altezza , quali quelle di navi a ponte corazzato
rialzato e le esperienze eseguite hanno dimostrato la verità di tale
asserzione .
Col ponte corazzato basso si è invece veduto quanto più robuste
possono riuscire le paratie corazzate longitudinali , per la loro mi-
nore altezza e per la forma di unione col ponte corazzato, dimo-
dochè è a ritenersi che esse possono probabilmente resistere ad un
attacco sottomarino .
Ma anche ammessa l'ipotesi ( che appare audace) che le para-
tie in ambedue i casi cedano ugualmente e vengano perciò di-
strutte o fortemente danneggiate le tre paratie verticali, che limi-
tano il compartimento laterale corrispondente al punto dell'esplosione,
e solo resistano i ponti corazzati e si abbia quindi l'invasione di
uno dei compartimenti centrali di caldaie, quello compreso , per
esempio , tra le ordinate 70 e 75, oltre i tre compartimenti laterali , le
condizioni delle navi nei due casi cioè col ponte alto e col ponte
basso , dimostrerebbero sempre i vantaggi risultanti dalla adozione
del ponte di protezione basso.
Intanto la quantità di acqua che penetra nell'interno a parità
di lunghezza dei locali invasi è minore nella nave a ponte basso e ,
quello che più importa, non vengono sostanzialmente peggiorate le
condizioni di stabilità .
Infatti , se si considera l'acqua penetrata nel compartimento
centrale come un peso mobile aggiunto a bordo della nave, avente
già una inclinazione di 7° , dovuta all'allagamento dei tre compar-
timenti laterali , si scorge subito che per la forma speciale della se-
49 -

zione del locale il centro di gravità del volume di acqua penetrato


non può allontanarsi di molto dal piano diametrale .
Tale distanza anzi può praticamente ridursi a zero quando sia
ridotta al minimo la larghezza della parte piana centrale del ponte
corazzato . Ciò dipende naturalmente dalle necessità di ingombro
delle installazioni interne dell'apparato motore e di altro .
Nello studio eseguito , si è molto limitata l'immersione e per-
ció la sezione risultante del ponte corazzato è quella indicata
nella Tav. VIII, Fig. 1a
Dato l'allagamento del compartimento centrale di caldaie nelle
condizioni sopra citate il centro di gravità del volume d'acqua pe-
netrato nella nave inclinata di 7° risulterebbe distante dal piano
diametrale di m. 0,21 , ciò che da luogo ad un momento negativo
di valore minimo capace di aumentare la inclinazione solo di 0° , 15′ .
Ma se la nave avesse una immersione maggiore di quella di
m. 7,95 , come avviene generalmente, o fossero meno ingombranti
le installazioni interne , queste potrebbero, con più facilità , essere
collocate nei locali di stiva più alti e si potrebbe allora assegnare
al ponte corazzato la disposizione indicata dalla Tav. IX, Fig. 1a , per
la quale lo spostamento del centro di gravità delle masse liquide pe-
netrate nei compartimenti centrali della nave inclinata diventerebbe
praticamente trascurabile.
In tal caso, l'acqua penetrata in detti compartimenti non da-
rebbe sostanzialmente luogo a coppie negative , qualunque fosse l'in
clinazione della nave ed il numero dei locali invasi , nè produrrebbe
perciò aumento di inclinazione oltre quello dovuto all'allagamento
dei compartimenti laterali .
Ciò non avviene per la nave a ponte corazzato alto , nella quale
l'acqua che penetra nei compartimenti centrali viene ad assumere,
almeno sino a determinate inclinazioni , un volume a sezione tra-
pezoidale, il cui centro di gravità può spostarsi sempre più verso
il lato inclinato coll'aumentare della banda della nave producendo
quindi un aumento dell'inclinazione stessa .
Tuttociò considerando solo le condizioni di equilibrio statico
della nave, mentre a ben più gravi conclusioni si giungerebbe
considerando un moto oscillatorio periodico della nave . Esso fa-
rebbe assumere alla massa liquida dei compartimenti centrali con
ponte alto un movimento di traslazione periodico, che in compar-
timenti di grande larghezza , come quelli delle moderne navi , darebbe
luogo a forze vive , per le quali non solo il loro centro di gravità
- 50

oltrepasserebbe la posizione di equilibrio statico , ma si svilupperebbero


forze d'inerzia orizzontali che influirebbero dannosamente sugli an-
goli di inclinazione della nave, mentre ciò non potrebbe avvenire
colla nave a ponte basso, come è chiaramente dimostrato dalla
Tav. IX, Fig. 1
Ad uguali deduzioni in favore dei ponti corazzati bassi si
giungerebbe quando si volesse considerare il caso di avarie di tale
entità e di aperture nello scafo di tale grandezza , da dover far ri-
tenere l'acqua penetrata nell'interno della nave, come mare.
In tal caso, il piano di galleggiamento che si formerebbe al-
l'interno darebbe luogo a rettangoli , il cui momento d'inerzia do-
vrebbe sottrarsi al momento d'inerzia totale del galleggiamento
della nave, e poichè tali momenti sono proporzionali al cubo della
dimensione trasversale dei rettangoli stessi, ne risulta evidente il
vantaggio per il tipo a ponte basso nella conservazione della sta-
bilità della nave.
L'inclinazione che la nave assumerebbe nel caso d'invasione
d'acqua di tre compartimenti laterali e di uno o due piccoli , of
di un grande equivalente, centrali , sarebbe di 7° , se provveduta di
ponte corazzato basso, e di circa 11 ° , se avesse invece ponte coraz-
zato alto , e resulterebbe anche di circa 12 , quando si tenesse
conto della diminuzione del braccio di stabilità , causata dalla po-
sizione più elevata del ponte corazzato (Tav . IX) . La differenza ,
è grande .
Essa intanto è sufficiente per mettere sotto il livello del gal-
leggiamento il bordo superiore delle corazze dando luogo a nuova
introduzione di acqua nella nave se , come probabilmente avverrebbe
in combattimento , le parti alte fossero già danneggiate dalle arti-
glierie, mentre dal lato opposto resta scoperta la carena indifesa .
Si noti che , nel bozzetto studiato, i compartimenti di caldaie
furono stabiliti di assai limitata lunghezza perchè non comprendono
che un solo ordine di caldaie, mentre a resultati più gravi si giun-
gerebbe quando si trattasse di navi aventi bracci di stabilità infe-
riori ai due metri , come generalmente si verifica , e compartimenti
disposti per due ordini di caldaie od anche tre come nei tipi Nep-
tune, pei quali una lunghezza di m. 17 è appena sufficiente.
Uguali considerazioni potrebbero farsi pel caso di comparti-
menti di macchine, allagati . Un ben noto autore inglese dà i se-
guenti dati per nave da battaglia con compartimenti allagati :
51

Inclinazione con un compartimento di murata , attiguo alle


macchine, allagato . • 5º
Idem collo stesso compartimento allagato oltre l'annesso
carbonile (senza carbone ) . 10°
Idem coi detti due compartimenti allagati oltre il pros-
simo compartimento di macchine 189
Ora, quando si riflette che nei movimenti periodici di rollio ,
durante i quali entrano in gioco le forze vive delle masse in mo-
vimento, tali angoli , rispondenti alle condizioni di equilibrio sta-
tico della nave, come si è detto , vengono oltrepassati , mentre in
molte delle moderne navi con inclinazioni di 20° , il trincarino del
ponte sfiora l'acqua , non si può a meno di riconoscere che , di fronte
ad un attacco sottomarino , la più grave preoccupazione che deve
aversi è quella relativa alla stabilità della nave.

Sistemi di compensazione proposti.

Onde evitare i pericoli e gli inconvenienti determinati dallo


sbandamento della nave si può, riunire i compartimenti laterali ,
due a due, in modo che invaso il compartimento di un lato si
riempia contemporaneamente quello del lato opposto .
Questo sistema può naturalmente adottarsi tanto nel caso del
ponte alto, come in quello del ponte basso , con tanto maggior van-
taggio , in questo ultimo caso, per la molto minore ampiezza dei
locali occupati .
È evidente che accolto il concetto di evitare l'inclinazione
della nave colla introduzione automatica di acqua dalla parte , che
verrebbe ad emergere si raddoppia la quantità di acqua che in-
vade la nave nel caso di avarie esterne .
Da ciò resulta dunque una maggiore necessità di ridurre il
volume dei compartimenti inferiori , e quindi si vede sempre più
l'utilità di abbassare il ponte corazzato .
Considerando sempre il caso di uno squarcio laterale di m . 20
dovuto all'esplosione di un siluro, pur supponendo che la paratia
laterale abbia resistito, la quantità di acqua che invaderebbe la
nave a compartimenti comunicanti sarebbe nei due casi :

Col ponte corazzato alto Mc . 1316


basso » 944
52

Ma al vantaggio della minore quantità di acqua introdotta nella


nave avente ponte corazzato basso deve aggiungersi quello risul-
tante dal fatto che , in questo caso, l'acqua introdotta può conside-
rarsi come un peso fisso aggiunto a bordo, mentre nell'altro caso
i locali occupati non potendosi completamente riempire, vengono
a costituire due vasi comunicanti, nei quali l'acqua può spostarsi,
con conseguenze molto dannose per la stabilità della nave .
E quand' anche con speciali chiusure si dividessero i due com-
partimenti comunicanti allagati , quello corrispondente al fianco
squarciato potrebbe vuotarsi nei movimenti di rollio della nave,
mentre l'altro restando costantemente pieno , si andrebbe incontro
all ' inconveniente che la nave tenderebbe ad inclinarsi sul lato non
offeso . Questo non può avvenire invece nelle navi a ponte basso,
poichè anche con oscillazioni di 7° o 8° i compartimenti allagati re-
sterebbero sempre completamente al disotto del galleggiamento.
E queste considerazioni assumono carattere di maggior gra
vità quando si consideri anche il solo compartimento centrale 70-75
allagato . In questo caso , l'acqua penetrata nell'interno della nave a
ponte alto oltrepassa la cifra rispettabile di 2100 tonnellate, e quello
che più importa ed è più da temere, è che questa importante massa
d'acqua, sia per le comunicazioni automatiche, sia per le avarie
delle paratie laterali , sia in ogni modo per l'ampiezza trasversale
dei locali invasi, è libera di spostarsi da un lato all'altro
Certo, abolite e per giuste ragioni , le paratie longitudinali cen-
trali (che pur dando luogo ad altri inconvenienti rappresentavano
un grande freno imposto alle masse liquide in movimento) , un
attento studio dovrebbe essere portato su questo punto , in vista
delle imponenti masse liquide, che possono spostarsi in ambienti
di grande larghezza o in locali comunicanti , molto distanti fra loro,
e questo , sia nei riguardi dell'azione statica di questi pesi mobili ,
sia per il conseguente sviluppo di forze di inerzia.
Questa preoccupazione è giustificata anche dalla considerazione
che in navi di bordo relativamente basso e di grande larghezza ,
come le moderne, la curva di stabilità raggiunge il suo massimo
intorno ai 20º e poi decresce per l'invasione dell'acqua sul ponte .
Quando trattasi invece di una nave a ponte corazzato basso è
dubbio se sia utile introdurre il sistema dei compartimenti comu-
nicanti , che in sostanza raddoppia la quantità di acqua che penetra
nella nave in caso di avaria .
E in quanto agli angoli che la nave assume avendo invaso
uno o più compartimenti laterali essi , come si è visto , vanno da
2º per un solo compartimento allagato sino a circa 7° per tre com-
partimenti allagati , mentre una inclinazione di poco differente si
ha nel caso che anche uno o due compartimenti centrali venissero
inondati .
Nessun movimento di acqua è possibile nei compartimenti la-
terali mentre in quelli centrali tale movimento è mantenuto in li-
miti molto ristretti data la forma del ponte di protezione e può,
come si è visto , anche essere annullato .
Gli schizzi annessi (Tav . IX, Fig . 1a e 2a ) dimostrano anche per
questo caso le differenti condizioni , nelle quali verrebbe a trovarsi la
nave provveduta di ponte di protezione alto o di ponte di prote-
zione basso.

Compartimentazione stagna della stiva.

In relazione alle considerazioni svolte, la compartimentazione


stagna di una nave da battaglia parrebbe utile fosse studiata sui
seguenti criteri :
1º.- La forma del ponte corazzato dovrebbe essere natural-
mente quella del tipo abbassato , come indicato nelle sezioni annesse,
con fasciame continuo fra il fondo del ponte stesso sui due lati e
le paratie verticali longitudinali di difesa .
20. Le divisioni stagne dovrebbero essere sempre assolute
e permanenti tra i vari compartimenti .
3º. - Le paratie centrali longitudinali abolite .
4º. Abolite le gallerie longitudinali per comunicazioni o tra-
sporti di munizioni .
5º. -
Le paratie longitudinali laterali di difesa collocate ad
una distanza mai minore di m . 5 dalla murata .
6º. Limite della capacità massima dei compartimenti cen-
trali me . 1000 .
7°. Allagamento dei vari compartimenti, indipendente .
Come conseguenza dei sopracitati criteri si ritiene non utile la
adozione di un triplo fondo, specie sotto le macchine e le caldaie,
poichè è evidente che il pericolo delle esplosioni sottomarine deve
principalmente attendersi lungo il fianco della nave. L'aggiunta di
un nuovo involucro interno ad una razionale distanza dal doppio
54 -

fondo normale obbligherebbe ad innalzare di altrettanto macchine ,


caldaie, ponte corazzato ecc. , con corrispondente aumento nell'altezza
totale della nave . Ciò porterebbe ad una diminuzione della stabilitá,
ad un aumento del bersaglio esterno , ad una minor difesa dello appa-
rato motore e ad un maggior peso generale della nave . Si ritiene
perciò miglior partito lasciare un solo doppio fondo ed adottare
anzi per questo una altezza limitata , che potrebbe fissarsi in m . 1,06.
Coll'abolizione delle paratie centrali longitudinali , le macchine
occorre sieno collocate in tre compartimenti formando conseguente-
mente tre gruppi indipendenti e da ciò la necessità di adottare
turbine ad impulso . Questa disposizione resulta anche vantaggiosa
per l'indipendenza raggiunta da ogni asse e per il miglior rendi-
mento che si avrà dai propulsori di maggior diametro .
Sempre come conseguenza dei criteri sopra esposti , le caldaie
sarebbero collocate in sei compartimenti formanti però tre gruppi
da servire ciascuno per un motore.
Ogni maggior suddivisione nuoce alla uniformità di condotta
fra i vari gruppi generatori, necessaria sempre per il buon rendi-
mento del motore , ma soprattutto per la prontezza di manovra nelle
rapide variazioni di andatura richieste da un'azione militare .
Ogni compartimento verrebbe fornito di un elevatore elettrico ,
oltrechè delle usuali scale di emergenza , mentre per semplificare i
servizi di comunicazione, la paratia divisionale di ciascun gruppo ,
composto di due camere di caldaie non dovrebbe avere attiguo nes-
sun carbonile , in modo che per mezzo di piccoli hublots , a chiu-
sura automatica, si potesse facilmente comunicare fra le due camere ,
nella maniera più semplice e sicura indipendentemente da qualunque
mezzo meccanico o elettrico .
In tal modo, essendo facili e sicure le comunicazioni fra le due
camere di caldaie costituenti un gruppo senza che sia menomata sostan-
zialmente la divisione stagna , se ne può unificare il servizio in modo da
assicurare una perfetta uniformità di azione nelle varie emergenze di
navigazione e di combattimento evitando il pericolo che una avaria
dei mezzi meccanici o elettrici di comunicazione, possa impedire
una rapida trasmissione di ordini da compartimento a comparti-
mento . Così , per assicurare una costante divisione stagna tra un
gruppo di caldaie e l'altro , i carbonili trasversali interposti dovrebbero
essere divisi da una paratia stagna longitudinale, in modo da fornire
due carbonili distinti, uno per il compartimento prodiero e l'altro
per il compartimento poppiero .
-- 55

Carbonili.

Il servizio del carbone verrebbe fatto dai carbonili longitudi-


nali in navigazione usuale , mentre in combattimento questi ver-
rebbero chiusi con saracinesche di robustezza adeguata allo spessore
delle paratie corazzate e verrebbero usati solamente i carbonili tra-
sversali e i depositi di olio combustibile .
La capacità dei carbonili per una nave di 21,000 tonn . , a cui
è stato fatto riferimento , sarebbe la seguente :
Carbonili trasversali 41-43 . Tonn . 170
56-58 . 200
«
68-70 . 240
80-81 . 120

Totale carbonili trasversali . Tonn . 730


Carbonili laterali sotto il ponte corazzato . Tonn . 1282
Totale generale. . Tonn . 2452
Capacitá totale dei depositi di olio com-
bustibile nel doppio fondo . . . Tonn . 590
Le altre divisioni stagne sarebbero costituite dalle paratie
trasversali collocate al disotto delle torri e dai vari copertini nei
punti , dove cessa il doppio fondo , e sotto i depositi delle munizioni ,
questi ultimi con leggera corazzatura .
Nessuno dei compartimenti stagni in tal tipo di nave raggiunge
il volume di 1000 mc . , i compartimenti maggiori essendo quelli
fra le 43 e 51 di 979 mc. e il compartimento centrale di macchina ,
che è circa 815 mc.

Zona Cellulare.

Tutta la zona del galleggiamento per una altezza di m . 2,50


dovrebbe essere a struttura cellulare tanto per la parte difesa dalla
corazza come per le estremità indifese. Queste ultime parti sono
utilizzate come deposito di carbone, a scopo anche di difesa tra il
ponte corazzato e la murata.
56

La zona cellulare retrostante alle corazze può essere costituita


da ambienti sufficientemente ampi utilizzabili per depositi e ser-
vizi di bordo . In tali locali potrebbero trovar posto anche mecca-
nismi ausiliari non essenziali , quali quelli relativi alla distillazione ,
impianti secondari di luce elettrica , panificazione, lavanderie, ecc . ,
sgombrando così il ponte di batteria ed i compartimenti di stiva.
Questa zona cellulare ottiene lo scopo di limitare le filtrazioni di
acqua che possono provenire dalla cintura corazzata in seguito a
danni arrecati dalle artiglierie ottenendo lo scopo identico , per il
quale i ponti corazzati rialzati sono destinati
TAV. I.

(A)
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TAV. II .

(B )
TAV . III .

(C )
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ro TAV. IV .

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ASTOR, LEN TILDEN FOUNDATIONS
EN FOUND Comp
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| il mp
FIG. 2

3 Comps Pater& allagati Ormi. 675


1 Grande compte centfe alfagato 22.14444

Totale Com 2119



TAV. X.

( F)

"1
Ear
ONIN
Il numero delle eliche nelle moderne navi da battaglia

Ing. NINO PECORARO , Maggiore del Genio Navale.

L'impiego, della turbina Parsons sulle grandi navi da bat-


taglia ha reso quasi generale, da alcuni anni a questa parte,
l'uso di quattro eliche per queste navi. La Marina Inglese, che
sino alle sue ultime « pre Dreadnought » non aveva abbando-
nato le eliche gemelle dimostrando di non voler seguire la ten-
denza già da tempo affermatasi in Francia ed in Germania in
favore delle navi a tre eliche, accettò invece senza esitare quattro
eliche pel «< Dreadnought » e per le navi successive dello stesso
tipo. Trattavasi, come è noto , di una soluzione imposta dalle
particolari caratteristiche della turbina Parsons e il non accet-
tarla avrebbe allora condotto a rinunziare all'impiego del nuovo
tipo di motore che, sotto tanti aspetti, appariva preferibile all'an-
tico. Nondimeno, per quanto adottata poi per altre numerose
navi da battaglia che seguirono il « Dreadnought » , questa so-
luzione non apparve e non appare meno artificiosa e non ha meno
il carattere di un ripiego. La potenza motrice, infatti, per quanto
ripartita fra quattro eliche, non è suddivisa generalmente che
in due soli gruppi indipendenti e l'aver quattro assi con quat-
tro eliche, in queste condizioni equivale, per ciò che riguarda
la riserva di potenza in caso di avarie, ad averne due sole .
Sotto questo aspetto nulla appare dunque mutato rispetto alle
navi con macchine alternative ed eliche gemelle. Ma la molte
plicità degli assi imposta dalla disposizione di turbine in serie
caratteristica del sistema Parsons, mentre non accresce il frazio-
namento della potenza motrice totale in complessi indipendenti ,
--- 58 -

frazionamento assai desiderabile nelle navi da guerra, nuoce (e

cercheremo di dimostrarlo in seguito ) al rendimento totale della


propulsione.
Oggidì, i diversi costruttori di turbine per propulsione na
vale dimostrano concordi la loro preferenza per un tipo di tur-
bina mista costituito da una parte nella quale il vapore agisce
per azione e da un'altra nella quale il vapore agisce prevalen-
temente per reazione ; lo stesso Parsons costruisce ora turbine
di questo tipo al quale appartengono, più o meno diverse nei
particolari, le più note turbine , dalle Curtis alle Brown Curtis,
dalle Zoelly alle A. E. G. , alle Bergmann, alle Tosi , etc. La
disposizione di turbine in serie, che pure trovasi su navi recen-
tissime, sembra destinata a non esser riprodotta e gli apparati
motori delle nuove navi saranno costituiti da turbine del tipo
ora accennato disposte sopra assi distinti . Sarà così meno vin-
colata alle esigenze del motore la questione del numero delle
eliche più conveniente per dette navi e meglio potrà essere ri-
solta, considerandola con maggior libertà d'esame, sotto i suoi
diversi aspetti, tenendo nel debito conto il peso, lo spazio occu-
pato dall'apparato motore, il suo frazionamento, gli andamenti
a velocità ridotte, nonchè l'efficienza dell' apparato propulsore.
Può dirsi, in altre parole, che il problema sia così ricondotto
negli stessi termini, o quasi, nei quali esso poteva presentarsi
allorchè il motore marino per eccellenza era quello alternativo.
L'aumento della potenza motrice nelle navi da battaglia, la
tendenza, giustificata sopratutto da ragioni di protezione, ad un
maggior frazionamento di questa potenza, fanno sì che il nu-
mero delle eliche nelle più moderne di queste navi non sia infe-
riore a tre. Dalle informazioni che si posseggono intorno alle
nuove grandi navi da battaglia in costruzione ed in progetto
presso le principali nazioni risulterebbe che, mentre nella ma-
rina Inglese si riprodurranno navi a quattro eliche, nella ma-
rina Germanica si ritornerà a quel sistema di propulsione a tre
eliche che, prima della parentesi delle navi a turbina su quattro
assi godeva tanto favore presso questa marina e presso quella
Francese. Convien, dunque, dire che a un tale sistema, che ebbe
sempre scarsi fautori in Inghilterra, si abbiano, in Germania, bent
59 -

fondati motivi per dar la preferenza. Questa diversa tendenza ma-


nifestatasi nella marina Inglese e in una delle più importanti
marine continentali nel preferire l'una o l'altra delle due soluzioni
possibili dello stesso problema, ci ha invogliati ad alcune rifles-
sioni sul problema stesso e ad alcune indagini intorno all'effi-
cienza relativa dei due sistemi di propulsione, indagini che ab-
biamo compiute valendoci di esperienze con modelli . È appunto
l'esposizione dei risultati di queste indagini che costituisce lo
scopo principale della presente Memoria.
È certamente un requisito di considerevole importanza per
una nave da guerra quello di poter sempre disporre di una ele-
vata frazione della potenza motrice totale in caso di avarie ; si
sarebbe perciò indotti ad accrescere anche più di quanto sin qui
si sia fatto, il numero delle unità indipendenti che costituiscono
l'apparato motore. Considerando soltanto l'eventualità di avarie
ai motori non dovute ad offese nemiche, si potrebbe osservare
che l'adozione dei turbomotori, col rendere queste avarie meno
probabili di quanto lo sieno nelle macchine alternative , con-
durrebbe, d'altra parte, a non accrescere quel numero oltre
l'usato. Ma la minaccia sempre più temibile del siluro impone
precisamente l'opposto talchè non può sorprendere il fatto che
sia piaciuto ad alcuni di concepire le navi da battaglia moderne
dotate di numerose turbine indipendenti giudiziosamente disse-
minate a bordo. A parte codeste concezioni ancor troppo lon-
tane dai limiti della pratica, è certo che l'impiego di tre o
quello di quattro motori indipendenti, disposti in locali separati,
rappresenta già una soddisfacente soluzione del problema.
Considerando le due disposizioni ora accennate sotto l'aspetto
della probabile riserva di potenza in seguito allo scoppio di un
siluro, può osservarsi ch'esse si presentano in condizioni forse
diverse da quelle che da un'esame superficiale potrebbero dedursi.
È assai probabile, infatti, che gli effetti dello scoppio di un
siluro si estendano a tale distanza verso l'intero di una nave
da inutilizzare, non soltanto una delle motrici laterali di un'im-
pianto a 4 eliche, ma anche quella centrale dallo stesso lato ;
meno probabile è invece che questi effetti possano giungere sino
a mettere fuori d'azione la motrice centrale di un impianto triplo,

*
- 60

evidentemente più lontana dal punto di esplosione. Nel primo


caso rimarrà disponibile una potenza minore che nel secondo,
non solo, ma sarà maggiore la potenza assorbita dalle eliche
inattive e quella che occorrerà per vincere la forza ritardatrice.
dovuta all'azione del timone che dovrà mettersi alla banda per
tener la nave alla via.
In quanto poi all'efficacia della protezione dalle offese delle
artiglierie, un impianto a tre eliche trovasi in condizioni tanto
buone quanto un impianto a quattro giacchè, contrariamente a
quanto potrabbe forse accadere con motrici alternative, le mag
giori dimensioni delle singole unità non impediranno che le
unità stesse possano restare ben protette, senza ricorrere al ri
piego di sopraelevazioni parziali , scarsamente efficaci, del ponte
corazzato.
A proposito delle navi a tre eliche si è talvolta accennato
a particolari difficoltà di sistemazione a bordo dipendenti dal
fatto che la linea d'asse centrale deve, in qualche caso, passare
al disotto degli impianti delle grandi artiglierie e dei depositi
delle munizioni poppieri ; si tratta però di difficoltà che possono
facilmente essere superate ed alle quali non è ragionevole dare
importanza eccessiva. Nè difficoltà s'incontrano, in una nave a
3 eliche, per una buona utilizzazione dello spazio destinato alle
motrici, pur tenendo nel conto dovuto la necessità di isolare i
locali delle motrici stesse con paratie trasversali e longitudinali
e di provvedere alle esigenze del bilanciamento in caso di alla-
gamento ; sotto questo riguardo, siero 3 o 4 le motrici, le cose
non mutano in modo notevole.
In quanto al peso dell'apparato motore, mentre usando 4 mo-
trici in luogo di 3 potrà forse realizzarsi una piccola economia
nel peso delle sole turbine, è certo che per l'accresciuto numero
dei macchinismi ausiliari, per la maggiore estensione delle tubo-
lature, per la maggior lunghezza complessiva degli assi , questa
economia si annullerà e si avrà, in definitiva, un aumento di peso.
L'ingombro in pianta è certo maggiore con 4 che con 3
unità e, in generale, è maggiore lo spazio occupato in lunghezza.
In favore della seconda sistemazione sta anche il vantaggio
della complicazione minore, vantaggio che non ha piccola im-
- 61 .-

portanza in ispecie nelle navi moderne nelle quali, in tutti i servizi


la complicazione si accresce in modo continuo ed allarmante.
Intorno alle qualità evolutive e manovriere osserveremo che
in una nave a quattro eliche , perchè possa raggiungersi un
sufficiente valore del momento di evoluzione , occorre l'impiego
di due timoni laterali; è soltanto con questi due timoni, disposti
in modo da trovarsi prossimamente nella scia dei propulsori ,
che possono conferirsi alle moderne lunghissime navi da batta-
glia buone qualità evolutive. Spesso però , per la difficoltà di
sistemare nella posizione che sarebbe la più conveniente i due
timoni, l'azione benefica della scia dei propulsori non può es-
sere risentita per intero dai timoni stessi. Questi timoni laterali,
poi, non soltanto richiedono un più complesso meccanismo di
manovra, ma sono meno solidamente assicurati allo scafo e mag-
giormente esposti di quelli centrali ad avarie. In una nave a
tre eliche, un timone disposto al centro trovasi nelle migliori
condizioni per risentire l'effetto della scia dell'elica centrale ep-
però la sua azione è , senza dubbio, molto efficace : la sua siste-
mazione è, inoltre, assai robusta, minori sono i pericoli di avarie
e più efficacemente può esserne protetto il meccanismo di ma-
novra. Sembra, dunque , che per quanto si riferisce alle qualità
evolutive, una nave a 3 eliche sia in condizioni almeno tanto
buone quanto una nave a 4 eliche pure avendo su questa al-
cuni vantaggi inerenti alla sistemazione del timone e del suo
meccanismo, d'importanza tutt'altro che trascurabile.
Dell'efficienza dei due sistemi di propulsione tratteremo, in-
fine, nelle pagine seguenti ; a questo argomento , al quale non
può negarsi notevole importanza, ci siamo proposti di dare piut-
tosto ampio sviluppo portando, come già dicemmo, in appoggio
alle nostre considerazioni , i risultati di ricerche sperimentali.
Non vogliamo omettere di fare osservare , a questo proposito ,
che l'argomento che ci interessa non è stato sinora trattato ,
per quanto ci consta, in maniera adeguata alla sua importanza
e che le discussioni, che si sono svolte al riguardo fra i tecnici.
hanno spesso risentito della preoccupazione di far trionfare l'uno
piuttosto che l'altro dei due principali sistemi di turbine che
si sono sinora conteso il campo nelle applicazioni navali .
62 -
-

Vi sono alcune considerazioni dettate dalla conoscenza dei


fenomeni ben noti relativi alla propulsione con eliche le quali ท
permettono di fissare a priori » di qual natura , se non di
quale entità, possano essere le variazioni nelle condizioni della
propulsione allorchè si passa dal considerare una stessa nave
munita di quattro e successivamente di tre eliche. Premettiamo
che è possibile raggiungere con le eliche considerate da sole,
come organi trasformatori del lavoro motore in lavoro di spinta,
la stessa efficienza sia ch'esse sieno destinate ad una nave a 4
che ad una nave a 3 eliche. Le differenze nei valori dell' effi-
cienza totale di propulsione nei due casi debbono quindi prin-
cipalmente ascriversi alle variazioni nelle reazioni mutue fra
propulsori e carena , in dipendenza della diversità della posizione
dei primi rispetto alla seconda, nonchè al diverso valore delle
resistenze addizionali dovute alle appendici della carena ( rin-
grossi, bracci , etc).
Quanto è già a nostra conoscenza intorno a gli effetti delle
cause ora accennate ci permette di prevedere che, con la dispo
sizione degli assi e delle eliche che è conseguenza di quella
delle motrici, in una nave a quattro eliche si dovra probabil-
mente avere, rispetto ad una nave a tre eliche :

a) un aumento nella resistenza addizionale dovuta alle


appendici della carena ;

b) una meno buona utilizzazione della corrente scia. In


una nave a 4 eliche, le eliche centrali trovansi, infatti , per l'utiliz
zazione della scia, in condizioni tanto favorevoli quanto lo sareb-
bero quelle di una nave a 2 sole eliche; le eliche laterali , invece,
troppo discoste dal mezzo, sono a questo riguardo in condizioni
di manifesta inferiorità . Il complesso delle 4 eliche dovrebbe ,
dunque, utilizzare la scia meno di quanto lo possano le eliche
gemelle e meno ancora di quanto la utilizzerebbe il complesso
dei propulsori di una nave a 3 eliche giacchè in questa, mentre
le eliche laterali non sono in condizioni diverse da quelle di
una nave con eliche gemelle, quella centrale trovasi in posizione
eccezionalmente favorevole per trarre dalla corrente scia il mag-
gior guadagno ;
63 -

c) una variazione nell'aumento di resistenza della carena


dovuto all'azione perturbatrice dei propulsori, ossia in ciò che
suole chiamarsi « deduzione di spinta », e che si traduce in
una variazione nel « rendimento della carena » . In una nave
a 3 eliche un aumento di resistenza notevole deve certo esser
prodotto dall'elica centrale, ma in una nave a 4 le due eliche
laterali, necessariamente assai vicine allo scafo, debbono eserci-
tare nello stesso senso un'azione non meno nociva. Poichè é
assai probabile che, d'altra parte, l'effetto dovuto alle altre due
eliche, nei due casi in esame, sia pressocchè lo stesso, si può
dedurne che, in quanto si riferisce all'entità dell'azione pertur
batrice dei propulsori , il complesso di 4 eliche vale probabil-
mente quello di 3.
Sussisterebbero, dunque, in favore della propulsione con 3
eliche, le conclusioni a ) e b) . Vedremo in seguito se ed in quanto
queste conclusioni sono confermate dai risultati delle ricerche
sperimentali delle quali ci accingiamo ora a far cenno.
Presso la Vasca Froude del R. Arsenale della Spezia ven-
nero sottoposti alle consuete esperienze di rimorchio e di propul-
sione i modelli di due grandi navi da battaglia A e B del dislo-
camento di circa 25.000 T. e della velocità di 25 nodi. Per cia-
scuna delle navi rappresentate dai modelli vennero studiate due
diverse disposizioni di apparati motori e precisamente : una co-
stituita da 4 ed una da 3 turbine indipendenti agenti su 4 e
su 3 eliche rispettivamente. Le proporzioni assegnate ai motori
(di uno stesso tipo ) nei due casi distinti, erano tali da assicu-
rare ch'essi avrebbero avuto praticamente lo stesso rendimento
epperò avrebbero richiesto la stessa quantità di vapore per unità
di potenza su gli assi.
In base alla potenza effettiva dedotta dalle esperienze ed al
numero di giri fissato in relazione al tipo di turbina prescelto,
vennero calcolate le dimensioni principali dei propulsori delle
due navi . Lo studio della posizione delle eliche e della forma
ed estensione dei ringrossi per gli assi fu, naturalmente, com-
piuto avendo riguardo alla disposizione delle motrici, alle forme
della carena a poppa, alle dimensioni dei propulsori , come suol
farsi allorchè si studia un progetto anche sommario di nave.
- 64 -

Le tavole I , II , III , IV rappresentano appunto le disposizioni


delle eliche adottate per le due navi e riprodotte nei modelli.
Le carene delle navi A e B hanno le seguenti dimensioni d
principali :
Nave A Nave B
Lunghezza fra le perpendicolari mt. 192.00 189.00
Larghezza massima 28.40 27.40
Immersione media 8.40 8.50
Dislocamento • · T. 24500 24:00

Le esperienze di rimorchio compiute prima coi modelli nudi


e quindi coi modelli muniti dei ringrossi per gli alberi porta
eliche permisero di determinare , oltre i consueti valori delle

F. C. E. quelli del «< coefficiente d'influenza delle appen-


"1
dici »; questi ultimi sono riportati nel diagramma della Tav. VI.
I modelli delle eliche vennero dapprima sperimentati isolati
e successivamente accoppiati ai modelli di carena . Le dimen-
sioni delle eliche delle navi sono riportate nelle Fav. I. II. III. IV.
In quanto al tipo, esso è quello usato per grandi navi a tur-
bine; per le esperienze con tre eliche venne impiegato il tipo x
e per quelle con quattro il tipo y che dal precedente differisce
pochissimo ; entrambi sono a 3 pale ed a passo assolutamente
uniforme.
Come è ormai pratica costante presso la vasca Froude del
R. Arsenale della Spezia , ciascun modello d'elica venne speri-
mentato isolato a tre diverse velocità di avanzo ; il confronto
dei valori delle spinte e delle forze di rotazione alle diverse ve-
locità ed a pari regresso, provò, con una nuova conferma della
applicabilità della legge di similitudine, come le efficienze alle
tre velocità differissero di quantità quasi trascurabili. Fu quindi
tracciata , per ciascun tipo d'elica , una linea dell' «< efficienza
media tipica » in funzione dei valori dei coefficienti di regresso
le due linee sono riprodotte nella Tav. V, e può dedursi dal
loro esame che l'efficienza delle eliche y, adottate nel caso della
propulsione con 4 eliche , è soltanto di poco inferiore a quella
delle eliche prescelte per la propulsione tripla; questa leggera
P
inferiorità può ascriversi alla riduzione del rapporto conse-
D
65 --

guente all'adozione di un più elevato numero di giri per le


turbine.
Le esperienze di propulsione con carena ed eliche accoppiate,
sia nel caso di 3 che in quello di 4 eliche, vennero compiute
per quattro valori della velocità compresi fra 10 e 25 nodi per
la nave. È principalmente dai risultati di queste esperienze che
noi abbiamo tratto gli elementi necessari pel calcolo dell' effi-
cienza totale nei due casi ; crediamo utile, prima di esporre
questi risultati e ciò che se ne è dedotto, rammentare alcune
nozioni fondamentali intorno a detta efficienza.
Riferendoci al caso dei modelli, noi assumiamo come valore
dell'efficienza totale di propulsione il rapporto della resistenza 7
della carena nuda al rimorchio , alla forza di rotazione ƒ occor-
rente per ottenere dalle eliche la spinta necessaria per vincere la
resistenza alla propulsione della carena munita delle necessarie
2'
appendici ; noi poniamo, cioè, E =
f
Rammentiamo che questo valore di E si suole considerare
come il prodotto di alcune efficienze parziali e precisamente di :
j rapporto della resistenza al rimorchio della carena nuda
"'1
alla resistenza della carena munita di appendici o « coefficiente
d'influenza delle appendici » . Il valore di questo coefficiente dà
una misura dell'azione che l'aggiunta delle appendici di carena
occorrenti per realizzare un dato sistema propulsivo esercita sul-
l'efficienza totale.

7'1
S rapporto della resistenza al rimorchio , della carena mu-

nita di appendici alla spinta s che le eliche debbono esercitare


perchè si abbia la propulsione alla velocità alla quale 7, corri-
sponde. Questo rapporto o « coefficiente di deduzione della
spinta » dà una misura dell'azione perturbatrice esercitata dai
propulsori sulla resistenza della carena.
S
e efficienza delle eliche in presenza della carena, corri-
f
spondente al punto di propulsione. Il valore di questa efficienza
può ricavarsi dalle stesse esperienze con modelli di carena ed
- 66

eliche accoppiati ; allorchè però, come nel caso attuale, si disponga


della curva del rendimento delle eliche isolate determinata in
seguito a numerose esperienze, è preferibile calcolare il valore
di e moltiplicando l'efficienza delle eliche isolate e, pel « coef-
v
ficiente scia » dedotto dal confronto delle spinte delle eliche
01
isolate con le spinte delle stesse eliche in presenza della carena.
A questo sistema , che riduce al minimo gli effetti degli errori
di osservazione, ci siamo appunto attenuti come a quello che,
dato il carattere comparativo degli esperimenti, pareva da pre-
ferirsi.
L'efficienza totale di propulsione E è data dal prodotto :

X Xe = E

Nelle pagine che seguono illustreremo le caratteristiche che,


secondo i risultati delle esperienze compiute sui modelli, diffe-
renzierebbero la propulsione con 3 da quella con 4 eliche in
quanto si riferisce ai singoli fattori dell'efficienza totale e por-
remo in rilievo alcune particolarità interessanti relative a cia-
scuno dei due sistemi.
Influenza delle appendici. Nella Tav. VI sono riportate,
per la nave A e per quella B, tanto nel caso dell'impiego di 3
che in quello di 4 eliche, le curve dei valori del coefficieute
1'
d'influenza delle appendici. L'esame di queste curve pone in
"1
evidenza come, nel caso di 3 eliche, i valori di detto coefficiente
sieno sensibilmente maggiori che nel caso di 4 ; la differenza,
alla velocità di 25 nodi, è dell'8 , circa per la nave A e del
5 % per la nave B.
Questo risultato era facile a prevedersi e lo hanno confer
mato altre esperienze delle quali , per brevità, non riportiamo
qui i risultati numerici . Vogliamo solo aggiungere che queste
esperienze hanno anche provato che la differenza in favore delle
3 eliche si accentua allorchè, in luogo di adottare ringrossi rac-
cordati allo scafo per gli alberi porta eliche, si sorreggano que-
sti assi con bracci angolati applicati allo scafo in vicinanza dei
propulsori .
67 ---

Utilizzazione della corrente scia. La determinazione dei


r
valori del « coefficiente scia » è stata compiuta con procedi-

menti ben noti e che perciò non è qui il caso di rammentare.


Questa determinazione venne fatta separatamente per l'elica o
per le eliche centrali e per quelle laterali ed infine pel complesso
dei due sistemi. Nelle Tav. VII ed VIII sono rappresentati , per
v
la nave A e per quella B, i valori di per le eliche centrali di-
Οι
stinti da quelli per le laterali. Si noti come per le prime i
<< coefficiente scia » sia sempre maggiore che per le seconde e
come sia notevolmente maggiore per l'elica centrale del sistema
a 3 eliche paragonata alle eliche centrali del sistema a 4. Anche
questo risultato , che gli esperimenti hanno messo in evidenza,
non giunge inaspettato poichè, essendo noto come la velocità
della scia concomitante vada degradando dal mezzo ai lati della
carena, è facile dedurne che meno bene debbano le eliche uti-
lizzare questa scia quanto più esse sono lontane del piano lon-
gitudinale.
Questo diverso grado di utilizzazione della corrente scia può
porsi in evidenza sotto altra forma, ponendo cioè a confronto
le spinte prodotte dalle eliche centrali con quelle prodotte dalle
laterali allorchè agiscono accoppiate alla carena. È ciò che si è
fatto nelle Tav. IX e X nelle quali, per la nave A e per quella
B separatamente, sono tracciate le linee delle spinte in funzione
del numero dei giri riferite al caso delle navi al vero, tanto
per le eliche laterali che per quelle centrali. L'esame di quelle
linee mostra che l'elica centrale nel sistema a 3 cliche dà , a
pari giri, una spinta notevolmente superiore a quella di una
elica laterale ; lo stesso accade, ma in misura minore, per le
eliche centrali rispetto alle laterali nel sistema a quattro eliche.
I valori del « coefficiente scia » totale, calcolato cioè pel
complesso delle 3 o delle 4 eliche, sono riportati nella Tav. XI.
Questi valori risultano naturalmente maggiori nel caso delle 3
eliche ; la differenza è del 5 % circa alla velocità di 25 nodi
per la nave A e del 7 circa per la nave B. Per questa nave
v
i valori di ' nel caso delle tre eliche sono sensibilmente mag-
Οι
68 -

giori di quelli ottenuti per la nave A; di ciò può dare in


gran parte ragione il fatto che le forme poppiere della carena B
sono assai più piene di quelle della carena A come può rilevarsi
dall'esame della Tav. I bis. nella quale sono tracciati gli ele-
menti delle forme delle due carene.
-
Aumento di resistenza dovuto ai propulsori. Influiscono sul
valore di questo aumento il numero, le dimensioni , le disposi-
zioni delle eliche e la velocità angolare delle eliche stesse. I

valori del coefficiente « deduzione spinta >> che a questo au-


S
mento sono inversamente proporzionali, possono rilevarsi dai
r,
grafici della Tav. XI. Risulta dalle esperienze che i valori di S

decrescono, col crescere della velocità, più rapidamente nel caso


delle 3 eliche che nell'altro delle 4 ; per la nave A con 4 eliche
questi valori superano quelli corrispondenti per la stessa nave
con 3 eliche dalla velocità di 13 nodi circa in sopra, ma la dif-
ferenza va gradatamente riducendosi con la velocità sino ad es-
sere quasi trascurabile alla velocità di 26 nodi. Lo stesso accade
per la nave B, senonchè, per questa, la velocità alla quale si
manifestano maggiori valori di con le 4 eliche è di circa 16
S
nodi. Per entrambe le navi, poi , la differenza della quale si è
ora detto raggiunge appena, alle velocità più elevate il 2-3 .
È chiaro che le condizioni di leggera inferiorità nelle quali tro-
vasi, sotto l'aspetto considerato, il sistema a 3 eliche debbano
attribuirsi alla notevole azione perturbatrice dell'elica centrale.
Efficienza totale di propulsione. - Riassumendo ciò che si è
esposto sin qui noi potremo dire che le esperienze compiute con
i modelli di navi A e B hanno confermato che, col sistema di
propulsione a 3 eliche si ottiene, rispetto a quello a 4:
a) un maggior valore del « coefficiente d'influenza delle

9 per la minore resistenza addizionale dovuta alle
appendici >>

appendici dei propulsori ;


b) una migliore utilizzazione della corrente scia ed una
efficienza alquanto maggiore dei propulsori isolati ; in complesso,
una maggiore efficienza dei propulsori agenti con la carena ;
- 69

c) un minor valore del « coefficiente di deduzione spinta >>

Questa riduzione nel valore di S , è però contenuta entro


limiti assai piccoli e la riduzione che ne risente l'efficienza to-
tale E non è tale da compensare l'accrescimento di detta effi-
cienza dovuto alla migliore utilizzazione della scia ; in altre
parole, il << rendimento della carena » che è il prodotto

X si conserva, nel caso delle 3 eliche, sempre sensibilmente


01
superiore a quello che si raggiunge con 4 eliche.
Dopo ciò che si è ora detto si comprende come, in definitiva ,
i valori della efficienza totale di propulsione E dedotti dalle
esperienze con i modelli, valori che possono ritenersi prossima-
FCE
mente proporzionali al rapporto FCA risultino, per le navi at

3 eliche, superiori a quelli che si ottengono per quelle a 4. Le


linee dei valori di E tracciate nella Tav. XII permettono di
rendersi conto dell'entità della differenza la quale, pur essendo
più sensibile alle basse ed alle medie velocità , ascende pur sempre,
per la velocità di 25 nodi , al 12 % per la nave A ed al 8 %
per quella B.
Si potrebbe chiedere se le conclusioni da noi tratte dai ri-
sultati degli esperimenti con due soli modelli di navi possano
estendersi alla generalità dei casi . Premesso che altre esperienze
delle quali non siamo ancora in grado di dare i risultati defi
nitivi fanno già prevedere che quelle conclusioni saranno , per
altri modelli, pienamente confermate, noi non esitiamo ad affer-
mare che non ci sembra sussistano valide ragioni perchè esse
non debbano generalizzarsi . Potrebbero, ancora, elevarsi dei dubbi
intorno all'estensibilità dei risultati ottenuti alle navi al vero ;
osserveremo però, a questo proposito, che giacchè non intendiamo
assumere come assoluti i valori ottenuti dalle esperienze ma in-
tendiamo valerci di essi soltanto come elementi di confronto ,
quei dubbi non ci sembrano giustificati, tanto più se si consi-
dera che le differenze fra i valori che debbono paragonarsi sono
di un ordine di grandezza ben superiore a quello dei possibili
errori istrumentali e di osservazione. Ed, infine, poichè manca
-- 70 -

a noi sino ad oggi la possibilità di istituire confronti fra i due


sistemi di propulsione basandoci sui risultati di accurate prove
in mare, sembra che ben maggiore considerazione debba accor-
darsi alle esperienze con modelli che non ad opinioni tratte ta-
lora da modi singolari e molto discutibili di considerare il pro-
blema della propulsione.
Per le considerazioni che precedono noi riteniamo che, in
seguito ai risultati delle esperienze compiute, un altro valido
argomento possa portarsi in favore delle navi a tre eliche ag
giungendo per esse, ai vantaggi di vario genere sommariamente
enunciati in principio di questo scritto, anche quello di una
maggiore efficienza propulsiva dalla quale può derivare, nel peso,
nello spazio occupato dall'apparato motore, nel consumo di com-
bustibile a gli andamenti ridotti, un'economia tutt'altro che
trascurabile . Ci sembra perciò di poter concludere, terminando
questo breve studio, che la disposizione più conveniente della
potenza motrice nelle grandi e veloci navi da battaglia moderne,
sia appunto quella di tre unità indipendenti con tre eliche.
NAVE A
SISTEMAZIONE
DELLE
QUATTROELICHEy

as
4
1: 80LA
SCA

5.95
14 12

. 0-5 43.704
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3.7 15.00
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---13.00
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ELEMEN
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DELLE PALI
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AL

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MOZZO
DEL 0,768
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GEOMETRICO 3,360
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SUPERFICIE PROIETTATA
TOTALES 5,87
ISVILUPPATA
ELICA
UNA
DI 6,71
DI
TOTALE
FRAZIONE
PASSO 0,577

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CLICHE

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ELEMENTI
PRINCIPALI
DELLE CLICHE
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,0
: 465
=
RAPPORTO
AL

METRO
{ m 4.094
a DIAMETROMASSIMO
MOZZo
DEL 5,840
P PASS
GEOMOETRICO 3,875
ន SUPERFI
TOTALE
!! CIE PROIETTATA
m 7,95
G VIL
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UNA CA ATA 9,03
f FRAZIONE
TOTALE
DI
PASSO 0,631

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QUATTRO
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RAPPORTO
AL 0
= ,913

D MASSIMO . 3,833
DI AMETRO m
MO
DELZZ O 0,800
GEOMET
PASSO RICO 3,500
SUPERFI 6,37

TOTALE CIE PROIETTATA
{
ISVILUPPATA
ELICA
UNA
DI 7,28
FRAZIONE
TOTALE
DI ?
PASSO ༠,5

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Tav
B
NAVE
DEL LE TRE ELICHEx
SISTEMAZIONE
4
:1 80
SC ALA

B
A

-6.30
5.95--

5.95-
2· 0- 0-4-5 7.50--
|---
4.00
-5.2
。....

ELEMENTI
PRINCIPALI ELIC E
DELLHE
: TO 0
=
2
: ,9465
RAPPOR
AL

D 4
.m,264
DIAM
{ ETRO MASSIMO
d MOZZO
DEL 0,882

5.20
PASSO
GEOMETRICO " 4,037
PROI LE 2
8,63
SUPE m
TOTAETTA
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DI SVILUPPATA
19 9,79
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FRAZIONE
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B

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CON
100
100

EFFICIENZA
NUMERO
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14
12
10 18 20 22
24
26 10
18
16
14
12 20
12 24
26

30
VELOCITA
IN HODI VELOCITA
IN
MODI
Tav
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I
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COEFFICIEN
QURELLE LATERALI
EL CE E
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ELICHE
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1,000

0,900

VALORI
0,800
16
10
14
12
18 20 22 24 26 18
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16
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10 22 24 26

24

22
IN
VELOCITA
HODI VELOCITA
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VALORI

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12
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24

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VIII
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18
VELOCITA
IM MODI VELOCITA HODI
IH

Tav
.XII
W

A
Il lavoro della vasca per le esperienze coi modelli

nel R. Arsenale di Spezia dal 1889 al 1910

Ing. Comm . GIUSEPPE ROTA, Colonnello del Genio Navale.

1 ). Per rispondere ad un gentile invito dell'illustre Presi-


dente del Collegio degli Ingegneri Navali e Meccanici in Italia
ho raccolto , in queste brevi note , i punti salienti dell'opera
compiuta dalla Vasca per le esperienze coi modelli esistente nel
R. Arsenale di Spezia , onde mettere in evidenza il contributo
che essa ha arrecato al progresso delle ricerche sperimentali del-
l'Architettura Navale.

2). - La Vasca di Spezia, dovuta all'iniziativa feconda di


Benedetto Brin , sormontate le non poche difficoltà del primo
esercizio , iniziò il suo regolare servizio nel 1889. Essa fu la
prima dell'ormai numerosa serie delle vasche che si sono suc-
cedute nel continente europeo . In ordine cronologico segui quella
dell'Ammiragliato , esistente a Gosport e della Ditta Denny di
Dumbarton . A quell'epoca essa era dotata dei soli apparecchi
per le ricerche sperimentali sulla resistenza delle carene, ma già
si apriva vasto il suo campo d'azione , per la raccolta di dati
intorno a quell'argomento e relativi a navi che già si trova-
vano in servizio. Furono subito compiute investigazioni per ot-
tenere utili elementi di confronto sopra carene di svariati tipi
già esistenti . Gradatamente e resasi evidente l'utilità del suo
concorso nello studio dei progetti delle navi , ad essa si ricorse ,
con grande vantaggio , pei numerosi lavori in corso presso il
Ministero e così dal 1891 in poi i progetti di tutte le nostre
navi da guerra godettero del valido sussidio della vasca di
72 ---

Spezia per la determinazione delle forme più convenienti da adot-


tare , per la determinazione della resistenza al moto onde pre-
sumere l'ammontare della potenza in cavalli necessaria ad im-
primere una data velocità e per altri problemi di Ingegneria
Navale.

3). Fin dal primo inizio dei lavori si mise a partito l'im
portante metodo di analisi dei dati sperimentali per lo studio
delle carene, ideato da R. E. Froude, sotto il titolo delle « Costanti ».
Si trattava di permettere l'immediato confronto fra le diverse
sagome sperimentate, indipendentemente dalla grandezza e dal-
l'unità di misura adottate.
In base a quel metodo in luogo della velocità (v) e della
resistenza (r) incontrata dal modello, ( resistenza d'onda , esclusa
cioè la parte dovuta all'attrito ) , si considerano le funzioni
v
K=
do 3,5792 e C = v² d s 78,05 ; ( d = dislocamento in
dm³ , v = velocità in m. per sec. , R = resistenza in Kg).
La linea dei valori (K, C) sostituisce quella usuale dei va-
lori (v, r ) ed essa è applicabile a qualunque grandezza assoluta
voglia considerarsi simile alla sagoma sperimentale, e riferendosi,
pel caso voluto alle relazioni :

KD'% C V³ D23
V= FCE
0,5847 426,3

è facile trasformare i valori di Ke C in quelli V = velocità


in nodi all'ora e FCE = potenza in cav. eff. , occorrente pel
caso di una nave avente dislocamento D in tonnellate e che si
muova alla velocità V.
Messa sotto questa forma la resistenza al moto riesce molto
istruttivo il confronto delle varie sagome.

Valga il seguente esempio : (V. tabella a pag. 5).


Questo piccolo saggio di dati relativi alla resistenza al moto
esclusa l'influenza dell'attrito) può facilmente far comprendere
quanto progresso si sia realizzato col trascorrere degli anni
nelle forme delle carene delle navi , per renderle sempre più
- 73 --

efficienti, sempre più adatte allo scopo al quale esse son chia-
mate in ragione della loro grandezza e delle loro qualità belliche.

Valori Valori di C

di K Castelfid . Duilio Italia Sardegna B. Brin Piemonte Tripoli

1,20 ,202 ,210 ,105 .165 ,134


1.40 ,275 ,240 155 185 ,165
1,60 ,354 ,280 ,220 ,210 ,193 ,120
1,80 ,525 ,340 ,285 ,260 ,224 ,087
2,00 ,805 ,535 360 ,320 ,265 ,110 ,082

2,20 1,035 ,510 ,375 ,322 , 145 ,100

2,40 ,580 ,390 , 167 ,135

2,60 ,730 ,465 , 187 ,180

2,80 ,785 ,535 ,220 ,210

3,00 ,283 ,235


3,20 ,395 ,265

3,40 ,587 ,355

3,60 ,515

4). - Un'altro metodo di rapprentazione dei Risultati delle


esperienze con le carene e che è ormai d'uso corrente nella nostra
marina, è quello che si basa sull'impiego delle coordinate : re-
sistenza (e per essa della sua funzione potenza in cav. eff. ) e
velocità , in unità logaritmiche. Ideato dal Denholm Joung, tale
metodo fu completato alla Vasca e reso d'uso pratico , coll'ag-
giunta della correzione d' attrito » pur essa compiuta grafica-
mente. Da ciò ne è derivato il ben noto « quadro calcolatore » ,
piano quotato in unità logaritmiche e sul quale facendo assu-
mere varie posizioni al diagramma (FCE, V) tracciato su carta
trasparente, si ottengono, per diretta lettura, i valori delle FCE
quale sia la grandezza alla quale si considera la sagoma che si
studia. Un tale metodo riesce d'incomparabile valore nello studio
preliminare dei progetti, potendo avere direttamente e in pochi
- 74 -

minuti, le caratteristiche di diverse carene sulle quali si rivolge


l'attenzione. Nel corpo del Genio Navale non àvvi nessuno che
non abbia famigliarità con tale rapido sistema di ricerca.

5). - Prima di passare ad altro argomento accenno breve


mente, all'organizzazione esistente fin dal 1889 per le esperienze
coi modelli delle navi : oltre alla determinazione della resistenza
durante il rimorchio vi sono mezzi atti al rilievo dell'assetto
longitudinale assunto dalla carena durante il moto alle varie
velocità , vi sono mezzi per rilievo a mezzo di fotografia del
profilo dell' onda che si forma sui fianchi del modello. Tale me-
todo è affatto originale e per primo fu adottato a Spezia nel
1889. È cosa assai piana del resto : si tratta di contrassegnare
sui fianchi del modello le tracce di varii piani paralleli al gal-
leggiamento in corrispondenza di varii piani trasversali . Un'ap-
parecchio fotografico collocato sul carrello che rimorchia il mo-
dello rileva le immersioni del modello stesso e quindi il profilo
dell'ondulazione conformatasi lungo i fianchi di esso. A mezzo
della stima della posizione dell' acqua relativamente ai segni di
cui sopra si giunge alla rappresentazione del regolare tracciato
geometrico dell' onda.
Aggiungo che più volte si ebbe occasione di verificare la
perfetta coincidenza di tale profilo con quello rilevato nelle prove
in mare delle navi prima esperimentate col modello alla vasca .

6). - Oltre alla rappresentazione degli elementi relativi alla


carena in forma, anzi con elementi indipendenti dalla grandezza
e dalle unità di misura, si usa, presso la vasca di Spezia , di
rappresentare in modo analogo, anche gli elementi geometrici
delle carene, ossia i profili delle sezioni orizzontali (due di so-
lito : quello della sezione di galleggiamento e della sezione a
metà dell'immersione) , della sezione maestra e la linea che in-
dica in qual modo è distribuito il dislocamento da prora a poppa.
Le dimensioni ; lineariari sono indicate coi valori dei corri-
S
spondenti rapporti : d's le aree con quello di d23 (l indica i va-

lori delle dimensioni lineari , s quelli superficiali , dil disloca-


75

mento). È chiaro che diagrammi di tal fatta sono di uso como-


dissimo e diretto per avere gli elementi similari per la deter-
minazione dei valori l' , s' nel caso di grandezze distinte di dislo-
camento d'.

7). Una serie di esperienze del tutto originali si eseguì


nel periodo 1899-1900 studiando la resistenza di una carena col
cambiare le dimensioni nel verso della lunghezza o della lar-
ghezza o della profondità , lasciando in ogni caso le altre due
dimensioni invariate.
Le deduzioni alle quali si pervenne furono :
1. L'aumento o la diminuzione della larghezza o della
immersione (bene inteso di tutte le dimensioni che si trovano
nel verso della larghezza o dell' immersione) produce un aumento
o una diminuzione quantitativa nella potenza in cav. eff. neces-
saria per assicurare alla nave la stessa velocità.
2.⁰ Con una stessa variazione nel dislocamento , otte-
nuta come ho detto, si può verificare che la differenza prodotta
nella FCE è più grande quando le dimensioni che variano si
trovano nel verso della larghezza, relativamente a quella che si
può ottenere nel caso di variazione nel verso dell'immersione .
3.º - La parte della FCE che dipende dall'attrito è la
stessa , sia che l'aumento nel dislocamento dipenda dalla lar-
ghezza o dall'immersione (a pari aumento di dislocamento).
0
4. L'aumento nel verso della lunghezza produce in mas-
sima una notevole diminuzione nella resistenza per formazione
di onde e d'altra parte un aumento nella resistenza di attrito.
5.º - Ogni carena derivata cambiando le dimensioni nel
verso della lunghezza, ha una velocità particolare per la quale
l'aumento o la diminuzione del dislocamento (entro limiti ordi-
nari) non produce alla stessa velocità una variazione di potenza
praticamente notevole. La lunghezza oella carena è legata a
questa velocità, in modo approssimativo dalla relazione : ᏤᏞ
VI
(0 veloc. in nodi, L lunghezza in piedi).
6.º Come corollario : modificando le dimensioni latitu-
dinali ed osservando la condizione che la variazione del dislo-
camento non oltrepassi limiti ordinari, per assicurare alla nave
- 76 -

la stessa velocità occorre prevedere un ' aumento percentuale di


FCE circa eguale a quello che si produce nel dislocamento.
Cambiando quella delle profondità l'aumento di FCE è del 6 %
su 10 % di aumento di dislocamento. Infine aumentando la lun-
ghezza, se si avrà FCE leggermente aumentata sia
che D aumenti o diminuisca. Se v , è maggiore di allora si
avrà diminuzione di potenza per aumento di dislocamento e se
v, è minore di v aumento di potenza con aumento di disloca-
mento.

-
8) Altre interessanti esperienze furono fatte variando le
dimensioni nel verso trasversale e cioè alterando il rapporto fra
larghezza ed immersione, rimanendo però inalterata l'area delle
diverse sezioni trasversali. Le prove si eseguirono tra limiti as-
sai estesi di tale rapporto : da 1,677 a 6,704 ; la lunghezza ri-
maneva costante. Le deduzioni si poterono così riassumere : nel-
l'infinita serie di forme che si possono derivare da una data
forma di carena, cambiando le scale delle sezioni trasversali,
alla condizione che le aree rimangano le stesse, vi è un certo
rapporto per tali scale, prossimo a quello che corrisponde alla
minima superficie bagnata, pel quale non vi è sensibile varia-
zione nel valore della resistenza e quindi della FCE alterando
in più od in meno il detto rapporto in limiti modesti. Di que-
sta particolarità è possibile servirsi per introdurre eventuali cam-
biamenti nel valore del detto rapporto quando sia richiesto da
condizioni costruttive senza alterare il valore della FCE.

9) ―― Pure a mezzo di modelli si iniziarono, fin dal 1889 ,


prove di rollio per studiare la influenza della posizione, della
configurazione ed in generale della presenza delle chiglie late-
rali impiegate per moderare le oscillazioni delle navi. Si co-
strusse un oscillografo a cannocchiale tipo Bertin, con apparec-
chio automatico registratore delle ampiezze delle oscillazioni e
corredato della indicazione del tempo. Una striscia di carta svol-
gentesi al disotto delle punte registratrici dava la linea continua
delle oscillazioni compiute dal modello e permetteva quindi di
determinare il grado di estinzione delle successive ampiezze del
rollio.
- 77

Il modello, naturalmente, veniva attrezzato in modo ade-


guato alla bisogna, così da corrispondere in similitudine alla
nave oltre che pel dislocamento, come valore assoluto, anche
per la posizione relativa del suo centro di gravità e pel valore
del momento d'inerzia ; in tal modo la durata delle oscillazioni
della nave che si considerava, in rapporto a quella del modello,
T D
soddisfaceva alla nota eguaglianza : = • (T, t rappre-
t (d) ·
sentando la durata delle oscillazioni e Dedi dislocamenti ,
rispettivamente per la nave e pel modello.
Le linee di estinzione del rollio ottenute con modelli si sono
confrontate con le analoghe ricavate in mare, facendo rollare
navi simili ed in simili condizioni d'assetto di peso e se ne è
Osservata la perfetta coincidenza.

10) - Acquistato nel 1891 l'apparecchio per eseguire le


prove con i modelli delle eliche, la vasca restò corredata di un
complesso armonico di mezzi per poter intraprendere ricerche
interessantissime sulla propulsione, sia studiando l'efficenza as-
soluta delle eliche di vario tipo, sia studiando quelle relativa al
loro impiego su di una determinata carena. Si ebbero quindi
prove di eliche considerate isolatamente e prove di eliche ac
coppiate alle carene.
Numerose difficoltà si ebbero, dapprima, per l'esercizio del
l'apparecchio e per la preparazione dei modelli delle eliche, ma
ben presto esse furono brillantemente superate ed oggi può af
fermarsi che la confezione di tali modelli è organizzata in modo
così razionale da raggiungere una precisione di esecuzione dav-
vero eccezionale.
Raccolti i dati caratteristici ; spinta, sforzo di rotazione ap-
plicato sull'asse, No delle rivoluzioni compiute dall'elica e ve-
locità di avanzo lineare dell'elica, si trattava di coordinarli in
modo da permetterne, a similitudine di quanto era fatto con le
carene, l'impiego al caso di una determinata grandezza. Per
tale obbietto si seguì il metodo suggerito da R. E. Froude e
che potrebbe anche denominarsi delle « Costanti » . Di vero, in
luogo di considerare i valori : n ed s, no di giri e spinta delle
78

nd
eliche o dell'elica , si registrano quelli di : N == eS= 29
v d² v²
nelle quali de rappresentano, rispettivamente il diametro del-
l'elica e la velocità d'avanzo lineare. La curva di efficenza con-
serva, praticamente, la stessa configurazione sia nel caso del
modello sia in quello corrispondente ad una grandezza qualsi-
voglia ; base del riferimento : i regressi delle eliche.
La sensibilità degli apparecchi dinamometrici che sono a
disposizione per siffatte esperienze, dà sicura garanzia dell'esat-
tezza delle deduzioni che si possono trarre dallo impiego dei
grafici rappresentanti le caratteristiche delle varie eliche ed è
facile immaginare quanta utilità ne nossa trarre l'ingegnere
dalla raccolta dei dati : N ed S, come sopra indicati , per eliche
di vario tipo, di vario passo, funzionanti a differenti regressi ,
essendo noto, in ogni caso, il grado di efficenza relativo ; dico
relativo poichè, per quanta cura si apponga nello spogliare i
dati sperimentalí dalla influenza di errori istrumentali, è assai
difficile che il valore dell'efficienza dell'elica data da un suo
modello, sia eguale a quello da realizzarsi al vero . Molti coeffi-
cienti entrano in campo per opporsi a questo fatto, ma resta
peraltro oggidì la possibilità di giudicare, per confronto, della
bontà di un'elica rispetto ad un'altra. Tuttavia molta attenzione
è ora rivolta per perfezionare i metodi di correzione e non si
tarderà a giungere al desiderato scopo.
In ogni modo si può essere, praticamente, sicuri che la re-
lazione fra gli elementi ; v, ned s (velocità, n.º di giri e spinta )
ottenuti dalle esperienze con i modelli, mercè il sistema di cor-
rezione in uso presso la Vasca, potrà generare quella fra gli ele
menti: V, Ned S corrispondenti all'elica di grandezza deter-
minata.

11) Presso la Vasca si sono fatte interessanti esperienze


per verificare, per cosí dire, l'attendibilità della legge di simi-
litudine ed all'uopo si sono preparati ed esperimentati modelli
di eliche di grandezza varia, ma perfettamente simili . Le linee
delle spinte e del n.º delle rivoluzioni tracciate col metodo delle
<< Costanti » e riferite al regresso preso come ascisse, con la
---- 79

loro pratica eguaglianza, hanno perfettamente corrisposto allo


assunto.

12) ― Particolare studio venne rivolto nel 1896 sul valore


del passo dell'elica . È noto che se l'elica fosse una superficie
ideale sottile , non soggetta ad attriti e funzionante in un li-
quido perfetto , per una determinata velocità di avanzo lineare
sarebbe necessario imprimerle un certo numero di giri al mi-
nuto , por far si che nessuna spinta utile (spinta assoluta --resi-
stenza dell'elica ) , sia realizzata . A questa particolare andatura
l'avanzo lineare per giro d'elica è eguale al passo misurato sul-
l'elica stessa.
Nelle reali condizioni di un'elica, si osserva però che la su-
perficie attiva dell'elica, cioè la « faccia propellente » , assieme
al « dorso » incontrano resistenze di natura diversa che alte-
rano lo stato di cose sopra accennate. Havvi egualmente un'an-
datura, per la quale non risulta spinta utile ; il passo vero del-
l'elica, corrisponderà, per l'appunto, in quelle condizioni , all'a-
vanzo per giro d'elica. A questo particolare valore del passo
venne attribuita la denominazione di passo effettivo e per via
esperimentale si è verificato che tale valore è sempre eguale,
quale che sia velocità di avanzo dell'elica, esso è quindi il vero
passo dell'elica. In base a questa nuova e razionale nozione del
passo, cadono tutte le deduzioni che si fecero per determinare
il regresso delle eliche, basate, come è consuetudine , sulla mi-

sura del passo fatta a metà delle pale, o risultante dalla media
dei valori di esso dal mozzo alle estremità. Questo speciale modo
di considerare il passo dell'elica che fu trovato presso la nostra
vasca nel 1896, lo abbiamo visto accettato e riprodotto nello
studio fatto dal R. E. Froude nel 1908 , nel quale, a proposito
di esperienze con le eliche, egli considera come base dei suoi
tracciati precisamente il passo eguale all' avanzo per rivoluzione.
all'andatura corrispondente alla spinta zero .

13) - Interessanti esperienze vennero eseguite per ricono-


scere quale influenza abbia la profondità delle eliche sull'effetto
di esse .
80

Si trovò che :

1.0 a pari accrescimento d'immersione l'aumento di


spinta è tanto maggiore quanto maggiore è il N.º dei giri ,
2. - che la spinta diviene praticamente costante per uno
stesso N.° di giri, a partire da una profondità limite per quanto
la profondità aumenti,
3.º — che all'efficienza nuoce , sebbene in misura limitata,
l'essere le pale non interamente immerse,
4.0 -- che col propulsore tutto immerso l'efficienza au-
menta sensibilmente con l'aumento delle immersioni,
5.º - che a partire da una certa immersione della punta
delle pale, può ritenersi che aumentando ulteriormente l'immer-
sione, l'efficienza si mantenga costante.

14) - Per avere un'idea dell'importanza che la grossezza


delle pale ha sulla efficienza dell'elica si è compiuto nel 1904
uno studio particolare provando eliche di eguale conformazione
nella loro superficie attiva, ma con dorsi corrispondenti alle va-
rie grossezze delle pale. Naturalmente il passo effettivo delle
eliche, così costruite, risultò di valore decrescente col decrescere
della grossezza, così pure una diminuzione sensibile si osservò
nell'efficenza aumentando la grossezza, ed in cifra tonda si os-
servò una diminuzione di rendimento dell'11 % per l'aumento
del 30 %0 nella grossezza. Queste cifre, da sole, provano quanta
importanza abbia il proporzionamento della grossezza delle pa-
le, essendo indispensabile non oltrepassare quel limite minino
che è richiesto dalla resistenza organica delle pale stese.

15) ― Le prove con i modelli delle eliche dimostrarono tutta


la loro utilità ed aprirono il campo a nuove ed importantissime
ricerche, mercè le esperienze accoppiate ai modelli della carena.
È ben noto che a mezzo di grafica interpolazione dei risul-
tati di esperienze di rimorchio di un modello di carena, al quale
faccia seguito il propulsatore funzionante ad ogni singola corsa
(fatta ad eguale velocità) a differente n° di giri , si riesce a de-
terminare quale sia l'andatura che corrisponde alla propulsione
reale, ovvero quale sia il numero dei giri dell'elica che realizza
- 81 -

una spinta uguale alla resistenza incontrata del modello. Sor-


volo sulle molteplici correzioni in uso presso la nostra Vasca
per rendere i risultati delle prove con i modelli di carene ed
eliche praticamente rispondenti alle reali condizioni. Si giunge,
di fatto, a determinare, con la maggior desiderabile esattezza,
quale sia la funzione : Velocità della nave e N.º dei giri dell'e-
lica e quali siano gli elementi di confronto della efficienza pre-
sentata dai vari propulsori : efficenza propria, rapporto fra la
resistenza al moto della carena (senza elica) e la spinta neces-
saria alla propulsione, rapporto fra la velocità della nave e la
velocità relativa dell' elica rispetto all'acqua circostante ecc. In
tal modo si riesce a risolvere razionalmente il problema della
propulsione della nave ed a confrontare, con dati positivi, eliche
di forme e caratteristiche diverse, oltre a risolvere gli innume-
revoli casi che in pratica si presentano circa la posizione delle
eliche rispetto allo scafo, circa la conformazione speciale della
poppa ecc. ecc.
Tutta questa materia è ormai trattata senza alcuna diffi-
coltà nella nostra Vasca e quanta utilità si tragga da tali studi
è facile immaginare , solo che si volga il pensiero alle incer-
tezze ed alle difficoltà che si avevano in passato , quando non
si godevano di tali eccellenti mezzi di studio e di ricerca .

-
16) Gli apparecchi dinamometrici della Vasca hanno per-
messo di studiare la questione del verso della rotazione delle
eliche gemelle, ossia se sia conveniente che dette eliche girino
in dentro come suol dirsi, oppure in fuori. Si è dimostrato che
in massima , dal punto di vista della propulsione della nave, è
praticamente indifferente che esse girino in un verso o nell'altro
purchè siano collocate molto a poppa e siano discoste dallo scafo .
Quando però siano disposte alquanto verso prora da quella po-
sizione, vi è perdita di efficenza se ruotano verso dentro. È da
notare che tale questione del verso della rotazione delle eliche, sorse
con l'intendimento di soddisfare esigenze costruttive delle macchi-
ne alternative per eliche gemelle , volendo cioè disporre gli organi
governo delle macchine nelle parti più prossime al piano dia-
metrale longitudinale della nave e così , facendo girare le eliche
82

in dentro, le guide dei pattini , nella marcia avanti e le corri-


spondenti colonne di sostegno, sarebbero state collocate verso
murata , lasciando libero lo spazio al centro per una piatta-
forma di comando unica per le due macchine. Una tale dispo
sizione del verso di rotazione delle eliche ha, per altro , incon-
venienti dal punto di vista della manovrabilità della nave e
dopo qualche rara applicazione non ha avuto più seguito. In
ogni modo le esperienze con i modelli alla Vasca hanno contri-
buito molto efficacemente allo studio della questione.

17) -- Con la prima comparsa delle turbine si riteneva, che,


frazionando la superficie propellente necessaria, sopra diverse
eliche calettate lungo l'asse motore, vi sarebbe stato vantaggio
di rendimento. L'argomento fu studiato sperimentalmente presso
la nostra vasca nel 1897 e venne provato che la disposizione
non era affatto da seguire, poichè avevasi una perdita di rendi-
mento fino al 10 %.
E che questa deduzione fosse nel vero, lo prova il fatto che
disposizioni propulsive ad eliche multiple sullo stesso asse, ossia
giranti nello stesso senso ed inserite sullo stesso albero motore
non sono state più riprodotte.

18) -Pe contro eliche dopp


r ie agenti coassialmente , ma
funzionant una in un verso e l'altra in verso opposto , traendo
i
il moto da due alberi motori distinti , si sono dimostrate assai
convenient , offrendo un guadagno di efficienza , stimato del
i
15 ÷ 20 %.
Esperienze di tal genere vennero da poco tempo intraprese
a mezzo di apposito apparecchio , costrutto presso la Vasca ed
hanno confermato in massima le deduzioni che si trassero presso
il Cantiere di Castellamare in esperienze di eliche coassiali
agenti in verso opposto e sistemate sopra una barca a vapore ,
in confronto con quanto si otteneva con un' elica ordinaria. In
queste ulime prove, per l'appunto, si osservò esservi un guada-
gno di efficienza circa del 20 % rispetto alla propulsione con
elica semplice.
83

19) - Presso la Vasca venne messo in azione, or sono due


anni, un apparecchio per la prova di quattro eliche mosse da
assi distinti, da collocarsi in posizioni analoghe a quelle adot-
tate negli impianti marini con turbine. Questo speciale appa-
recchio che presentava gravissime difficoltà, fu costrutto, in mo-
do veramente ammirevole , dalla piccola officina di precisione
annessa alla Vasca , ed ess › ha permesso l'esecuzione di espe-
rienze interessantissime sulla propulsione a quattro assi. Quelle
finora di maggior rilievo consistettero nella determinazione del
diverso grado di efficienza delle eliche più distanti dal piano
longitudinale rispetto a quelle più prossime e se ne potè trarre
la deduzione che la propulsione a quattro assi è meno efficiente
di quella a due. Mediante le disposizioni istrumentali dell' ap-
parecchio, è stato infatti , possibile separare i dati propulsivi
delle eliche centrali da quelli delle laterali e se ne è dedotto
che l'efficienza delle prime, cioè di quelle centrali, giunge, col
crescere della velocità, ad essere del 2017 % in più dell'ef-
ficienza delle prime , cioè di quelle laterali. Ciò trova ragione
nel fatto che oltre al minor rendimento proprio delle eliche ,
una perdita supplettiva si ha nel coefficiente scia. I valori di
detto coefficiente scia, considerato separatamente per le due cop-
pie di eliche laterali e centrali sono sensibilmente diversi per
le due coppie di eliche, quello relativo alle eliche centrali of
frendo un beneficio del 7 ad 8 % rispetto a quello delle eliche
laterali. Questi dati provano come la disposizione a quattro assi
sia poco conveniente dal punto di vista del rendimento delle
eliche. Se ragioni di indole varia non impongano di ricorrervi
sarebbe da proscrivere a bordo delle navi, il sistema di propul-
sione a quattro assi dal punto di vista del rendimento della
propulsione.

20) Prima di finire questo breve cenno sulle esperienze


fatte con i modelli delle eliche, è degna di nota la prova ese-
guita alla Vasca per verificare se il sistema indiretto adottato
nelle esperienze con i modelli delle carene , accoppiate a quelli
delle eliche , sia realmente attendibile. É noto che mentre il mo
dello di nave è rimorchiato con l'ordinario apparecchio dinamo
84 .-

metrico di trazione, le eliche sono tenute in moto da un sepa-


rato apparecchio e nessuna connessione havvi fra carena ed eli-
che. Queste sono tenute costantemente alla distanza voluta dalle
carena ; tuttavia si valutano separatamente i dati del loro fun-
zionamento; è quindi nota l'influenza reciproca che si manifesta
fra eliche e carena e si osserva cioè che la resistenza della ca-
rena, pel fatto della presenza delle eliche, è aumentata a quanto
osservavasi col rimorchio della carena sola ; per contro le eliche
godono del beneficio della « corrente » prodotta col moto della
nave. Regolato il numero dei giri delle eliche , si giunge a
quell'assetto pel quale la spinta di questo eguaglia la resistenza
aumentata come sopra ho detto. A questo punto il modello della
carena sarebbe tenuto in moto, indipendentemente dai legami e
dai rimorchi , qualora idealmente le eliche fossero connesse al
modello di carena medesimo. Per provare che ciò corrisponde
alla realtà, venne sistemato nello interno del modello un piccolo
motore elettrico, capace di far agire l'asse alla cui estremità si
collocò l'elica. Rimorchiato il modello della nave, come di con-
sueto, se ne registrava la resistenza , nel contempo si faceva
crescere, per ogni corsa , il numero dei giri dell'elica e questa
produceva la sua spinta trasmettendola direttamente alla carena
Per ogni corsa si constatava che la resistenza al moto , accu-
sata dal dinamometro di trazione , andava decrescendo a misura
che la spinta cresceva e si giunse al punto che tale resistenza
al rimorchio era nulla, essa restava cioè controbilanciata dalla
spinta prodotta dall'elica e che si trasmetteva direttamente alla
carena. Quella speciale andatura delle eliche corrispondeva , pre-
cisamente, a quella per la quale si realizzava la spinta osser-
vata nella precedente prova ed occorrente alla propulsione ideale
del modello . Con ciò si ebbe la conferma della bontà del metodo
indiretto seguito nelle ordinarie prove.

21) La Vasca di Spezia può ascrivere ad onore l'avere


eseguite prove sistematiche sopra modelli di vario tipo per de-
terminare l'influenza che esercita al moto la profondità dell'acqua .
Queste prove vennero effettuate nel 1898. Ciascun tipo di ca-
rena, fu esperimentato modificando il fondo della Vasca in guisa
85 -

da realizzare l'altezza d'acqua che si desiderava avere al disotto


della carena stessa . A tal fine si disponeva di un solido tavo-
lato di legno collocato ad altezza determinata per un buon
tratto della vasca. Cinque furono i tipi di carene esperimentate
a varie profondità d'acqua ed i risultati delle consuete prove
di rimorchio dettero i mezzi di eseguire interessantissimi con-
fronti pel caso di navi similari .
Sino a quell'epoca non si dava grande importanza alla pro-
fondità delle acque nelle quali si eseguivano prove di velocità
delle navi e difatti le basi per la misura della velocità erano
poco profonde ; a Spezia m. 19 , a Cherbourg e Brest da 15 a
18, alla Stokes Bay m. 18.
Ben diverse avrebbero dovuto essere tali profondità per non
risentire il danno della limitata altezza dell'acqua al disotto
della carena. Come ho detto, lo studio completo della questione
si è avuto alla Vasca di Spezia nel 1898 e venne reso pubblico
nel 1900. Furono concretate tabelle e grafici in base ai quali
è possibile prevedere la profondità occorrente per non risentire
l'influenza del fondo, nel caso di navi di dislocamento a forma
varia.
Per es. per navi di 12000 tonn. sarebbe necessaria la pro-
fondità di m. 75 alla velocità di 20 nodi ; la stessa profondità
sarebbe bastevole per navi di 8000 tonn. a 23 nodi , per navi di
6000 a 26 nodi , per navi di 3000 a 28 ecc.
Molti altri esperimentatori seguirono la via tracciata ed i
risultati furono ovunque armonici.
Una delle osservazioni più caratteristiche fu tratta dalle espe-
rienze di modelli di navi sottili, trascinate a velocità elevata ed
ed in acque basse. Per un primo tratto la curva delle resistenze
si svolge al disopra di quella ottenuta con altezza d'acqua gran-
dissima ; ad una certa velocità l'incremento della resistenza non
è più così accentuato ; aumentando ancora la velocità si osserva
che la resistenza diviene inferiore a quella rilevata in acque
profonde, per restarne alle velocità successive sempre al disotto.
Per navi di forme ordinarie e muoventisi a velocità nor-
mali per quanto elevate, come avviene per ogni classe di navi
propriamente dette, si nota, sempre, che la profondità minima
86 ----

occorrente per non risentire l'influenza del fondo , cresce col


crescere della velocità.
Per le navi sottili invece, quali le torpediniere e le caccia-
torpodiniere, la profondità minima come sopra, presenta eguale .
caratteristica fino ad una certa velocità poi decresce rapidamente
col crescere della velocità , per rimanere costante alle velocità
ulteriormente superiori.
Questa proprietà , dedotta dalle esperienze con i modelli di
torpediniere nella vasca di Spezia nel 1898 , trovò piena con-
ferma in altre eseguite al vero con naviglio sottile della Marina
Brittannica nel 1905. Difatti interessantissimi confronti furono
instituiti da Mr. Sidney Barnaby e riportati in una lettura fatta
alla Greenock Phylosophical Society fra elementi ricavati da espe-
rienze eseguite coi modelli nella vasca di Spezia con quelli
tratti da prove in mare di torpediniere e cacciatorpediniere in-
glesi e la eccezionale coincidenza dei dati relativi fu messa in
evidenza in modo assai lusinghiero per la nostra vasca.
Lo studio della resistenza incontrata da carene di vario tipo
in differenti profondità di acqua ha permesso di fare altresì
un'analisi sull'influenza che la finezza della nave a pari dislo-
camento esercita sul valore della minima profondità necessaria.
Si è trovato che una diminuzione della finezza richiede una
profondità maggiore con incremento sempre più accentuato col
decrescere della finezza stessa. In sostanza una nave di forme
più fini può navigare in acque meno profonde rispetto ad altra
di eguale dislocamento, ma di forme più piene.

-
22) Nel 1900 vennero pure eseguite prove di rimorchio
di galleggianti (chalands) per navigazione interna , facendoli
muovere in un simulacro di canale. Il fondo della vasca si era,
all'uopo, alzato a mezzo di adeguato tavolato, come nelle prove
precedenti. Le sponde del canale erano rappresentate da pareti
piane, le quali potevano tenersi verticali (canale a sezione ret-
tangolare) od inclinate (canale a sezione trapezoidale ) . La distanza
fra i punti di attacco delle sponde, sul piano che rappresentava
il fondo , era variabile. Si ebbe così agio di esperimentare pro-
fili di canale di varia immersione, di varia larghezza delle spon-
-- 87 -

de, computata alla base ed alla superficie e quindi di varia in-


clinazione delle sponde stesse.
Uno speciale metodo grafico per la raccolta dei vari elementi
esperimentali, venne, in quell'occasione, esposto e difatti si trat-
tava di coordinare i valori geometrici caratteristici della sezione
del canale : larghezza, profondità ed inclinazione delle sponde
con i dati di resistenza di una nota carena di chaland e mercè
tale metodo fu possibile eseguire vari confronti con prove fatte
nei canali francesi dal ben noto Sig. De Mas , ma si dedusse
come non si possa applicare rigorosamente la legge di simili-
tudine alle esperienze con i modelli di chalands trascinati in si-
mulacri di canali, pel fatto che nessun modo razionale havvi per
mettere la natura delle sponde e del fondo del modello di ca-
nale, in condizioni , per cosi dire corrispondenti a quelle che si
hanno, o si potrebbero avere, al vero ..
In ogni modo le ricerche con i modelli di chalands trasci-
nati in simulacri di canali danno preziosi elementi di confronto
per giudicare delle più convenienti dimensioni da assegnare agli
chalands stessi ed ai canali . Su quest'ultimo tema, difatti , dalle
prove eseguite alla Vasca di Spezia si dedusse, ben chiaro, che
a parità di area di sezione retta del canale, sia da preferire la
forma trapezoidale, come quella che, a confronto della forma
rettangolare, fa realizzare una minore resistenza al moto dello
chaland.

23) Prima di chiudere questa rapida rassegna e dalla


quale appare manifesto quanta mole di lavoro si sia accumu-
lato presso la nostra Vasca, con evidente vantaggio della ma-
rina, accennerò che, con maggior lena, si va ora svolgendo l'o-
pera di essa intraprendendo altre e nuovissime ricerche sull'ef
ficacia dei timoni.
Appositi apparecchi sono in corso di preparazione ed essi
formeranno degna corona a quelli già in esercizio da anni .
Tutto un ramo nuovo di studi esperimentali sarà fra non
molto sviluppato sulla influenza della posizione del timone, sulla
estensione della sua superficie, sugli sforzi da applicarsi alla
barra per mantenerlo ad un angolo voluto, sulle curve di evo-
luzione a varia velocità ed a differenti angoli di banda, ecc.
E tutto ciò senza rallentare il progresso delle ricerche per sempre
migliori carene, per sempre migliori eliche ecc.

24) - Dell' utilità grandissima della nostra vasca ne hanno


avuto prova in vasta misura tutti i principali Cantieri privati ,
facendovi esperimentare le carene di numerosissimi piroscafi,
molti dei quali poi costrutti.
Anche Società di navigazione estere fecero esperimentare loro
modelli, per confronto con risultati ottenuti con delle esperienze
in Vasche estere.
Molti governi esteri vi ricorsero pure :
nel 1893 quello germanico, facendo esperimentare carene delle
navi << Preussen » ed altre in istudio.
nel 1895 quello Austro-ungarico facendovi esperimentare varie
sagome di carene per incrociatore e vari tipi di eliche.
nel 1895 stesso anche il governo Portoghese fece esperimentare
sagome di carene che servirono poi per la costruzione
dell' « Adamastor » .
nel 1898 nuovamente il governo Austro-Ungarico vi ricorse per
esperienze di altre importanti sagome di carene.
nel 1899 il governo ottomano con le sagome dell'incrociatore
<< Assar-i-Tewfick » .
nel 1900 nuovamente il governo Germanico con tipi di carene
per studio.
ed ancora quello Austro -Ungarico con altri tipi di ca-
rene.
nel 1907 quello Portoghese per sue cannoniere.

25) - Dopo questa, forzatamente, breve rassegna può ben


affermarsi che raramente una spesa di primo impianto per mac-
chinari che ammonto a poco più di 150.000 lire, ha avuto un
così grande rendimento . E si può esser lieti pel modo ordinato ,
tenace e proficuo col quale, in ogni epoca, dall'impianto fino
ad oggi e sonvi buoni auspici anche pel futuro, la vasca abbia
assolto il suo compito , affermandosi degnamente in confronto
delle similari istituzioni scientifiche man mano entrate in servizio.
Le prescrizioni di collaudo dei materiali

dei principali Registri di classificazione

Ing. Prof. LUIGI GHIRARDI

L'incessante applicazione dell'indagine scientifica allo sviluppo


dei nuovi prodotti metallurgici e le crescenti necessità della tec-
nica moderna, costantemente intenta a nuovi ardimenti costrut-
tivi ed a più grandiosi trionfi, hanno fatto talmente progredire
in questi ultimi anni lo studio delle proprietà meccaniche e tec-
nologiche dei materiali da costruzione, che ormai i risultati con-
seguiti su tale argomento ampiamente discussi e vagliati in
numerosi congressi , hanno assunto un vero carattere di gene-
ralizzazione internazionale e come tali tendono a essere legal-
mente riconosciuti dalle varie nazioni, sia come prescrizioni ge-
nerali di sicurezza di opere pubbliche e private, sia quali norme
uniformi di contratti o capitolati d'appalto.
Il carattere e la generalizzazione internazionale di tali studi
sono particolarmente dimostrati e fatti seguire dall'Associazione
Internazionale per la prova dei materiali da costruzione costi-
tuitası ufficialmente al Congresso di Zurigo nel 1895 e raffor
zatasi in pochi anni per l'adesione delle principali autorità tec-
niche ed industriali dei paesi più progrediti ; tantochè al Vº Con-
gresso di tale Associazione , tenutosi in Copenaghen nel Settem-
bre del 1909, ben settecento tra membri e delegati dei vari go-
- 90

verni presero parte alle discussioni ed il numero totale dei soci


a quell'epoca sorpassava già i duemila.
Lavorano concordemente a tale grandiosa istituzione inter-
nazionale altre benemerite associazioni nazionali costituitesi
presso le nazioni più importanti; cito ad esempio la British En-
gineering Standards Committee , The American Society for te-
sting Materials , la Deutscher Verbant Fur die Materialprufun-
gen der Technik ; l'Associazione Italiana di studi sui Materiali
da Costruzione.
Il risultato industriale e legale, a cui stanno per approdare
gli sforzi uniti dell'Associazione Internazionale e delle varie as-
sociazioni nazionali , è chiaramente espresso nei rapporti della
sottocommissione I sulle « prescrizioni internazionali per la for-
nitura del ferro e dell' acciaio » presentati da R. Rieppel ; nel
rapporto della Commissione 24 presieduta da M. Howe, « Sopra
una nomenclatura uniforme per il ferro e l'acciaio » e infine
nella relazione di W. Exner sulla legislazione internazionale
delle prove tecniche .
Questi interessanti rapporti che riassumono un lavoro di lun-
ghi anni di progresso e di studio, furono oggetto di particolare
attenzione al Congresso di Copenaghen e sebbene la realizzazione
dei vasto programma abbracciato nei rapporti sopra enunciati ,
non sia ancora compiuta , si è potuta constatare però l'esistenza
di prescrizioni nazionali unificate in vari paesi che costituiscono
il controllo e la base commerciale di forniture governative e di
grandi amministrazioni pubbliche. Sopratutto, dal confronto dei
quaderni d'oneri preparati da comitati tecnici indipendenti , è
stato sommamente confortante il notare che essi vennero mo-
dellati sulle traccie segnate dai congressi dell' Associazione In-
ternazionale , onde è lecito sperare che i rapporti ufficiali delle
commissioni, formati dall'Associazione Internazionale per la pra-
tica attuazione del programma industriale sopra riferito, saranno
completati con prescrizioni internazionali sugli altri prodotti
metallurgici , secondo le proposte del Martens , e l'unificazione.
definitiva di esse verrà sanzionata nel prossimo congresso in-
detto pel 1912 a Washington e New York.
I registri di classificazione essendo costituiti presso le prin-
- 91 -
-

cipali nazioni come veri istituti privati o con limitata ingerenza


ufficiale, si mantennero pressoche fuori dell'influenza armoniz-
zatrice dell' Associazione Internazionale. Ne si nota ancora in
essi la tendenza a stabilire prove normali uniformate alle di-
sposizioni suggerite dall' Associazione suddetta per il collaudo
dei materiali di costruzione navale ; il che sarebbe intanto un
lodevole inizio di un possibile accordo , veramente desiderabile ,
ed utilissimo in istituti che regolano interessi internazionali già
per natura stessa delle costruzioni ad essi fiduciosamente affidate
dagli armatori, per conseguire quella classificazione che dovrebbe
essere universalmente riconosciuta e valutata egualmente come
espressione del valore commerciale della nave.
Nei regolamenti dei registri di classificazione si riscontra
tuttavia una buona parte di quella lamentata tendenza conser-
vatrice propria alle organizzazioni marittime ; particolarmente
in quella parte che disciplina le norme di recezione dei mate-
riali è evidente la continuità tradizionale.
Una prova assai notevole di questa retrività è fornita dal-
l'esame dei successivi regolamenti dei vari registri e particolar-
mente del Lloyd's, nei quali intorno alle prescrizioni di collaudo
vennero mantenuti , salvo poche recenti varianti per la più pre-
cisa definizione delle barrette di prova, gli stessi metodi e nor-
me durante 25 anni decorsi dall' introduzione delle prime pre-
scrizioni di collaudo stabilite intorno al 1885.
Di proposito ho voluto ricordare il regolamento del Lloyd's
Register essendo esso notoriamente uno dei migliori e comun-
que il più accreditato e seguito. Nell'intento di porre in rilievo
in modo succinto ed appariscente le numerose divergenze tra
gli elementi di prova, i metodi di saggio e i valori dedotti da
essi , che ancora sussistono nei principali registri di classifica-
zione sia direttamente in rapporto tra loro che alle prescrizioni
suggerite dall' Associazione Internazionale e dall' Associazione
Italiana; ho raccolto nelle annesse tavole I, II, III, IV e V, le
dimensioni delle provette normali e relativi elementi di misura ,
portando poscia a confronto i valori desunti dai regolamenti di
classificazione per le prove comunemente imposte dai vari regi-
92

stri per lamiere e profilati di acciaio, barre per chiodi e tiranti,


pezzi fusi di acciaio e pezzi fucinati.
Il raggruppamento portato dalle tavole dimostrative venne
fatto sotto le denominazioni comunemente seguite di prove mec-
caniche e di prove tecnologiche, essendo le prime genericamente
assunte come valutazione delle proprietà meccaniche dei mate-
riali quali resistenza, elasticità, tenacità, fragilità e durezza; le
seconde comunemente intese a saggiare le proprietà tecnologi-
che e di lavorabilità a caldo e a freddo, quali malleabilità, dut-
tilità, saldabilità, fucinazione.
Il mio esame comparativo è limitato soltanto alle prescri
zioni per l'acciaio dolce o ferro omogenco, essendo questo il ma-
teriale largamente impiegato nelle costruzioni navali , trascu-
rando le prove sul ferro, sia per il suo ridottissimo impiego in
marina , sia per il poco valore che tali prove presentano su di
un materiale tanto poco omogeneo ed influenzato dalle impurità
intermolecolari che largamente alterano il risultato dei saggi .
Non è possibile estenderci alla comparazione di norme sopra
gli altri numerosi prodotti metallurgici quali la ghisa, il bron-
zo e il rame, che pur dovrebbero essere oggetto di speciali pre-
scrizioni di collaudo in relazione alla loro importanza ed a
quanto è stato fatto nei regolamenti delle varie marine militari
e delle amministrazioni pubbliche, perchè solo il « Bureau Ve-
ritas » ha norme regolamentari in proposito.

Nell'intraprendere, sulla scorta delle tabelle riassuntive e dei


dati di confronto che accompagnano il presente studio, una va-
lutazione scientifico -industriale delle norme e condizioni regola-
mentari dei vari registri coll'intento di precisare i concetti ge-
nerali suesposti sulle deficienze attuali e sull'utilità di unifica-
zione di esse in base ai suggerimenti della Associazione Inter-
nazionale e dell' Associazione Italiana è necessario anzitutto ri-
cordare le numerose influenze che possono infirmare i risultati
delle prove di collaudazione. I Regolamenti dei principali regi
stri limitano le prove di accettazione dell' acciaio per costru-
zioni navali alle consuete prove meccaniche di trazione ; alle
prove tecnologiche di piegamento a freddo e di piegamento do-
- 93 -

po tempera ; a prove di rincalcamento ed infine a prove di ca-


duta seguite qualche volta da esplorazioni con martellamento
o trapanazione su pezzi finiti.
Sopra tale enumerazione e compendio di prove vi è suffi-
ciente concordanza fra i vari registri ; soltanto il « Bureau Veri-
tas » sotto l'influsso dei membri francesi dell' Associazione In-
ternazionale ha modernamente accolte e sancite prove dinami-
che all'urto sopra barrette intere dalle quali è possibile dedurre
una buona misura della fragilità particolarmente interessante
dopochè gli studi di Charpy , Barba , Frémont , Le Chatelier
segnalarono numerose rotture che avvengono in pratica e sono
dovute alla poca attitudine del metallo a resistere agli sforzi
dinamici bruschi, quantunque esso abbia soddisfatto alle prove
ordinarie di trazione.
Entrando nell'esame delle prove a tensione apparisce che
due soltanto sono gli elementi posti in valore e richiesti nei
regolamenti di tutti i registri e cioè : la resistenza unitaria mas-
sima e l'allungamento percentuale di rottura ; trascurando così
altri elementi per cui la prova di trazione potrebbe dirsi scien-
tificamente completa e rigorosa, vale a dire il limite di elasti-
cità , il limite di proporzionalità , il modulo di elasticità e la
contrazione.
Le prescrizioni internazionali si attengono per l'uso cor-
rente alla prova cosidetta semplice e per speditezza di opera-
zioni e sufficiente approssimazione industriale si concede di tra-
scurare il limite di elasticità e di proporzionalità unitamente al
modulo di elasticità i quali sempre dovrebbero essere misurati
in una prova completa.
La prova di tensione nei registri può quindi considerarsi
come una prova abbreviata ; e che ciò sia in misura troppo ac-
centuata è dimostrato dall' impiego di barrette per la maggior
parte non ben definite , nè come forma nè come dimensioni , le
quali se possono prestarsi a risparmio di tempo e di spesa , parti-
colarmente interessanti il fornitore del materiale , corrispondono
ben poco all'aspettativa dell'ingegnere che dai risultati di esse
voglia desumere un' attendibile sicurezza sulla qualità v luta
del metallo.
94 -

Il valore quindi della prova di trazione, com'è attualmente


regolata nei registri , oltre essere scientificamente inferiore a
quelle delle prescrizioni internazionali e dell' Associazione Ita-
liana è grandemente influenzata dagli errori risultanti da pro-
vette poco adatte allo scopo .
I lunghi e coscienziosi studi di Barba, Bauschinger, Martens
misero sperimentalmente in evidenza che la resistenza alla tra-
zione cresce col diminuire dell'area della sezione trasversale e
della lunghezza della barretta di prova ; che l'allungamento di
rottura è più grande per lo stesso materiale con provette cilin-
driche che con provette a sezione rettangolare ed aumenta col-
l'aumentare dell'area della sezione. Infine su entrambi gli
elementi della prova a trazione ha sensibile influenza la durata
di essa tanto da arrivare a differenze del 0,5 per cento quando
si aumenti la durata di prova da 10 minuti a due ore e mezza
come ebbe a dimostrare il Prof. Guidi. Inoltre sia la lunghezza
del tratto primastico che la forma delle estremità della barretta
alterano il risultato della prova di tensione.
Fra tutti questi fattori d'influenza, deve essere tenuto in
gran conto , anche in prove commerciali di duttilità del mate-
riale, quello importantissimo della grandezza della sezione sull'al-
lungamento percentuale per il rapporto che deve legare la lun-
ghezza di misura all'area della sezione.
L'osservazione ha provato che la percentuale di allungamento
è differente per una data lunghezza di misura , in barrette di
differente sezione trasversale. Soltanto tenendo presente la legge
generale di similitudine di Barba o delle resistenze proporzio-
nali secondo Kich e cioè : « provette geometricamente simili dello
stesso metallo subiscono in condizioni identiche deformazioni geo-
metriche simili sotto tensioni uguali » si possono confrontare al-
lungamenti misurati su barrette simili di uno stesso metallo
poichè unicamente su di esse si avranno allungamenti unitari
identici sotto uguali tensioni.
In altri termini , per barrette cilindriche ricavate da uno stesso
materiale, la percentuale di allungamento è costante se il rap-
rapporto tra la lunghezza utile o di misura che dir si voglia e
il diametro è costante, ed in barrette piatte, se il rapporto della
95 -

lunghezza di misura alla radice quadrata della sezione è co-


stante.
Questa costante di similitudine ha valori diversi nelle presci-
zioni delle varie associazioni ; le barrette normali dell' Associa-
zione Internazionale e dell' Associazione Italiana riportate nella
7
tavola I, sono definite con valori di essa 11,3 ; donde
VA
la regola di proporzionamento :
1 = 10 Diametri per barrette cilindriche e : l = 11,3 V A per
quelle piatte.
Le provette normali generalmente preferite sono quelle con
diametri di 10 o 20 mm. con relativa lunghezza di misura ri-
spettivamente di 100 o 200 mm. Particolarmente per i laminati
le norme generali di prova dell'Associazione Italiana consigliano
la provetta piatta di 30 mm . di larghezza con 10 mm. di spes-
sore variando proporzionalmente tutte le dimensioni per spessori
di laminati tra 10 e 5 mm. e di ridurre ancora la larghezza
di 30 mm. a quel dato valore che risulterà conservando inva-
riata la sezione trasversale, quando si impieghino barrette nor-
mali ricavate da laminati di spessore superiore ai 10 mm . , ciò
per restare entro i limiti della legge di similitudine. Per spes-
sori inferiori ai 5 mm. non ha grande influenza la deviazione
dalla legge di similitudine che si ha nell'adottare per comodità
una larghezza costante di mm. 5 .
A tali suggerimenti si sono particolarmente uniformati in
Italia il Ministero dei Lavori Pubblici, le varie amministrazioni
governative , i laboratori sperimentali annessi ai principali
Politecnici e la Commissione per l'accettazione dei materiali fer-
rosi per ponti, fabbricati e scafi di navi , nominata in seno alla
Associazione Italiana per redigere sulla scorta dell'Associazione
Internazionale norme unificate e scientificamente rigorose per
l'accettazione dell'acciaio per costruzioni navali .
Le proposte di tale Commissione , redatte in uno schema
molto succinto ed accurato, riducono sostanzialmente le barrette
normali a due sole , dalle quali si possono dedurre provette si-
mili ed esattamente confrontabili pur conservando nella barretta
--- 96 -

piatta anche la superficie e lo spessore del laminato come gene-


ralmente in pratica è preferito.
A mio giudizio le proposte della Commissione dovrebbero
esser tenute in gran conto nella compilazione del nuovo rego-
lamento del Registro Nazionale Italiano, costituendo esse un in-
sieme armonico e semplice per quanto concerne lo sviluppo dei
metodi di prova comunemente richiesti al materiale per scafi.
L'unico elemento la cui determinazione potrebbe trovare prati-
che difficoltà è quello della misura del carico di snervamento,
essendo difficile apprezzare senza l'impiego di un diagramma
di deformazione o di delicati apparecchi micrometrici l'inizio
del periodo plastico del materiale, che, come giustamente osser-
va il Prof. Panetti, avrebbe tuttavia una meritevole importanza
pratica limitando esso il periodo entro il quale il materiale non
presenterebbe deformazioni apparenti quando nelle costruzioni fos-
se sollecitato a carichi unitari che effettivamente non dovrebbero
esser mai raggiunti. Lo stesso non può dirsi però per le proposte
della Commissione per l'accettazione dei materiali per caldaie ,
tubazioni relative ed accessori , formate eziandio in seno all'As-
sociazione Italiana ; poichè essa ha accolto senz'altro le istruzioni
della R. Marina non accorgendosi che in esse manca ancora la
scientifica definizione di barrette normali.
Dopo queste necessarie premesse e dopo aver colto l'oppor-
tunità di mettere in evidenza le buone regole dell'Associazione
Italiana sul materiale per scafi , è utile riprendere la constata-
zione dimostrativa della mancanza di una sistemazione scienti-
fica delle provette tipiche dei vari registri, la quale non per-
mette di comparare tra loro i risultati e dare ad essi una defi-
nita interpretazione. Portando l'osservazione alle tavole II, III,
IV e V nelle quali sono raggruppate le numerose provette di
collaudo dei principali registri di classificazione è reso palese
l'inutile e confusionario numero di barrette tuttavia conservate
per istinto consuetudinario ; poichè basterebbe a scopo pratico ri-
durle a due sole, modellate in conformità delle prescrizioni in-
ternazionali su esposte . È notevole ancora l'indeterminatezza
nelle dimensioni delle teste delle barrette , il disaccordo nelle
dimensioni di esse anche per saggi di una stessa categoria di
- 97 ―

prodotti siderurgici e infine la non osservanza della legge di


similitudine in buona parte delle provette. Ad avvalorare quanto
ho esposto passiamo in breve rassegna le provette specificate per
le varie categorie, cioè per lamiere, profilati , per barre, chiodi e
tiranti, per pezzi fusi e pezzi fucinati.
Per i laminati il Lloyd's Register, la British Corporation e,
per conseguenza, il Registro Nazionale Italiano ( ¹ ) prescrivono tre
barrette che sono in verità meglio definite che in altri registri,
non essendo tuttavia in rapporto di similitudine fra loro e ben
definite nelle teste.

Ad esempio per rapporti di similitudine di barrette ricavate


da lamiere di 0,375 " ( 9,5 m/m ) e di 0,875 " (22,2 m m) di spes-
sore si avrebbero rispettivamente i due valori della lunghezza

di misura 7 = 9,2 VA ed 1 = 7,2 VA mentre effettivamente


per speditezza di prova è conservata per tutte le barrette la lun-
ghezza di misura di 8" = 203,2 m 'm. Con tali proporzioni delle
barrette adottate, le lamiere di spessore maggiore vengono ad
essere più favorite nell'allungamento percentuale risultante dalla
prova di trazione. Alla loro volta tanto il Bureau Veritas che il
Germanischer Lloyd riferiscono, senza molti scrupoli , gli allun-
gamenti su di una uguale lunghezza di misura fissata in 200 m/m ,
su barrette di larghezza ben diversa, che non tengono alcun conto
della legge di similitudine e di un proporzionamento qualsivo-
glia delle teste.
Il risultato di questo stato di cose è l'errore risultante nella
misura degli allungamenti e l'impossibilità di porre a confronto
rigoroso la tenacità e la duttilità delle lamiere e dei profilati
che hanno parte nella robustezza dello scafo e nella costruzione
delle caldaie .

(1) Il lettore non appartenente all'ambiente tecnico navale non sia


sorpreso della frase « per conseguenza » ; è noto difatti ai tecnici di
ingegneria meccanico-navale che il Regolamento di classificazione del
Registro Nazionale Italiano è la traduzione quasi letterale di quello
della British Corporation .
Nota dell'A.
98

Passando alle altre categorie del materiale contemplato nei


registri si vede crescere maggiormente la indeterminatezza e l'er-
rore di misura. Nel gruppo di barrette per chiodi, barre tonde
e tiranti il Lloyd's Register lascia libertà di misura su due
barrette con teste arbitrarie e di più le proporzioni
di otto e
quattro diametri fissate come lunghezza di misura di esse cor-

rispondono ad 79 VA ed 14,5 VA ; poichè ad esempio,


π d² e perciò dV 4A
8 d, ricordando che è A = =
per 7: 4 12

= 1,13 VĀ , si deduce :

1 == 8 × 1,13 |
VA☎ = 9V

Non risulta con ciò paragonabile per barrette ricavate dallo


stesso materiale il valore dell' allungamento. Esperimenti fatti
in proposito e riportati dal Wnwin dimostrano che mediamente
l'allungamento percentuale su quattro diametri risulta una volta
ed 1/4 quello ricavato dalla lunghezza di misura di otto dia-
metri.
Non sono perciò perfettamente giustificati i valori di allun-
gamento segnati dal Lloyd's del 25 %0 per otto diametri e di
30 % per quattro diametri .
Tanto il Bureau Veritas che il Germanischer Lloyd's hanno
per i chiodi dello scafo identiche barrette che non corrispondono
alla legge di similitudine e sono anche indefinite nelle teste.
Esse fissano uguale lunghezza di misura ma non si curano
del rapporto costante che sempre deve aversi tra la lunghezza
di misura e il diametro . È poi abbastanza curioso , su tale ar-
gomento, notare come il Bureau Veritas mentre sente il bisogno
di prescrivere due barrette distinte una per i chiodi dello scafo
e l'altra per quelli delle caldaie, lascia poi arbitrario per quelli
delle caldaie l'assumere indifferentemente o la lunghezza di mi-
sura di 100 m/ m o quella di 200 m/m ; non curandosi meno-
mamente dei risultati ben diversi che anche sopra un unico
diametro uniforme per tutta una chiodatura si avrebbero per
l'allungamento misurato su 100 m/m od invece su 200 m/m
07
e prescrive così un unico allungamento del 25 %
99 -

La British Corporation in fatto di barrette per chiodi è al-


quanto più accurata poichè, anche lasciando libertà di col-
laudare, come il Lloyd's Register, su due distinte barrette por-
tanti ciascuna una lunghezza utile di 8 e 3 , diametri rispet-
tivamente , tuttavia stabilisce l'area della sezione trasversale
delle provette ad di pollice quadrato ossia 162 m/m quadrati ,
dando con ciò una misura del diametro colla quale è possibile
avere un'idea della lunghezza di riferimento o di misura che
dir si voglia.
Nel complesso vediamo però che anche per questa categoria
non possiamo formarci un'idea di cosa valgano, al confronto tra
loro, gli allungamenti e quindi la duttilità del materiale per
chiodature impiegato secondo i diversi registri .
Per i pezzi fusi e fucinati il Lloyd's Register prescrive tre
barrette di differente diametro e varia lunghezza utile . Esiste
però fra le tre barrette un papporto di similitudine, assendo per
esse approssimativamente : 74 A. Con ciò pur adottando
a volontà una qualsiasi di dette provette la percentuale di al-
lungamento è praticamente costante.
La British Corporation porta invece una sola barretta non
ben precisata in quanto a dimensioni, mentre sarebbe necessario
non lasciare libertà di usare nella prova provette troppo corte,
essendo in esse particolarmente sentita, in senso erroneo, l'in
fluenza delle teste.
Il Bureau Veritas, quantunque abbia anch'esso una barretta
non troppo ben definita, tuttavia si è più preoccupato della
British dell'influenza delle teste su barrette corte ed ha stabi-
lito il tipo di 13,8 m/m di diametro e 100 m m di lunghezza
utile, per cui : 78,16 V A. Con tale valore vediamo però
che non è possibile confrontare gli allungamenti e quindi la
duttilità dei materiali fusi o fucinati con quelli ad esempio del
Lloyd's ; poichè come si è visto nelle regole del Lloyd's :
1 = 4VA.
Il Germanischer Lloyd's lascia a sua volta piena libertà
di saggiare per pezzi fusi e fucinati su ben quattro barrette ,
nel proporzionamento delle quali si vede una certa intenzione

7A
5548
100

di attenersi alle provette normali dell' Associazione Internazio-


nale, col fissare le lunghezze utili di 50 m/m ; 100 mm ; 150
m/m ; 200 m/m ; e le corrispondenti misure del tratto cilindrico
in 60 - 120 - 170 - 220 mm , non tenendo poi alcun conto
della legge di similitudine e relativa applicazione che doman-
derebbe per le dette barrette diametri rispettivamente di 5 -
10 15 20 m/m. Infatti il Regolamento del Registro suddetto
senza alcuna plausibile giustificazione prescrive diametro uguale
o maggiore di 20 m/m.
Anche per questo gruppo vediamo ripetersi errori grossolani
nelle specificazioni dei vari regolamenti di classificazione e li-
bertà di misura che si traducono in un vero servizio a piaci
mento offerto al fornitore del materiale , il quale potrà sempre
corrispondere con facilità alle norme di collaudo del materiale
navale.
A buon diritto quindi si deve deplorare questo stato d'in-
certezza, di confusione e d'imperfezione nelle prescrizioni delle
barrette dei varii registri , ponendo mente che tutto ciò si tra-
duce nel grave danno di non poter precisare e comparare il
valore della prova di tensione la quale è ancora al presente la
prova capitale a cui i registri si attengono quale misura della
bontà del materiale. Questo danno riesce praticamente evidente
nella considerazione che spesse volte un dato materiale deve ri-
spondere alle esigenze di classificazione di due distinti registri
sotto i quali il bastimento può essere costrutto e che infine
una parte del materiale per scafi essendo ordinato in paesi di-
versi in cui vigono norme di collaudo così disparate è ben dif-
ficile intendersi sulle caratteristiche a cui un dato materiale
deve rispondere come lavorazione e come impiego.
Unicamente al fine pratico di poter vedere in modo rapido.
e sufficientemente approssimato se esiste , fra tanta incertezza
di apprezzamento, almeno qualche punto comune che possa
servir di base ad una possibile e conveniente unificazione di
valori e di metodi di prova nei varii registri di classificazione,
mi sono servito dei dati di resistenza unitaria alla rottura e di
allungamento percentuale alla trazione raccolti sulle prescrizio-
ni di collaudo dei principali istituti di classificazione , compi-
101 --

lando le due tavole di confronto VI e VII servendomi poi dei


valori in esse riuniti per tracciare i diagrammi delle tavole
VIII e IX e porre graficamente in evidenza il campo di col-
laudo di ciascun registro limitandomi , per non incorrere in er-
rori troppo gravi provenienti dalle imperfezioni e diversità grandi
tra le barrette di prova, a prendere in considerazione le sole
categorie di materiale che più si prestano al confronto dei ri-
sultati per avere barrette di prova non troppo dissimili nei rego-
lamenti di classificazione presi in esame.
D'altra parte tali categorie , e cioè lamiere e profilati per
scafi e per caldaie che sono appunto i materiali considerati nelle
tavole VIII e IX, hanno importanza prevalente nelle costruzioni
navali e meccaniche ed è sommamente giovevole considerare se
almeno per questi materiali è possibile una prima intesa in
seguito al riscontro dell'esistenza di valori comuni a tutti i
registri.
Partendo dalla constatazione che nei registri prevale l'uso
di definire tra due valori limiti tanto la resistenza unitaria di
rottura che l'allungamento percentuale alla trazione richiesto per
un dato materiale acciocchè possa essere collaudato , ho trac-
ciato i diagrammi delle tavole VIII e IX portando in corrispon-
denza dei due anzidetti limiti, entro cui può variare la resisten
za, i relativi allungamenti percentuali minimi, misurando i primi
sull'asse delle ordinate i secondi su quello delle ascisse .
Notando ancora che si possono ammettere all'accettazione, in
corrispondenza di ogni valore della resistenza, grandezze linear-
menti crescenti dell'allungamento tutte soddisfacenti al collaudo
perchè sempre entro gli estremi regolamentari , risulta per
ogni valore della resistenza, soddisfacente al collaudo, una serie
di valori lineari di allungamento pure collaudabili.
Siccome poi la misura della resistenza richiesta da un dato
materiale, come sopra si è detto , è precisata tra un valore mas-
simo ed uno minimo sancito dalle tabelle di ogni singolo registro ,
risulta ancora come ammissibile una collaudazione linearmente
crescente della resistenza restando con ciò sempre entro gli ob-
blighi del col laudo. Si viene così a definire una zona rettan-
golare per ciascun registro , limitata entro un diagramma con
- 102

lati rettilinei sia nel senso della resistenza che in quello dell'al-
lungamento, come chiaramente apparisce dalla Tav. VIII.
All'intento di porre in confronto le grandezze dei campi di
collaudo dei varii registri con quello che spetta all'Associazione
Italiana in base ai valori della resistenza e dell' allungamento
di rottura prescritto per ferro omogeneo per scafi di navi si è
pure segnato tale campo di collaudo ricordando che detta As-
sociazione stabilisce per lamiere e profilati di acciaio :
Resistenza non minore di 40 Kg. per m/in quadrato e non
maggiore di 47 Kg.
Allungamento di rottura dal 16 al 20 0 % almeno.
Nella tav. IX per semplicità di rappresentazione e per chia-
rezza non vennero segnate le zone rettangolari indicanti i campi
di collaudo delle lamiere per caldaie, perchè ovviamente l'area
di dette zone può essere egualmente rappresentata dalla corri-
spondente diagonale.
Dalla considerazione che soltanto valori minimi delle carat-
teristiche del materiale compresi in ogni zona, possono essere
ammessi alla collaudazione dei vari istituti, ho desunto la de-
nominazione di campo di collaudo quale designazione dell'esten-
sione abbracciata dai valori diversi imposti con concetti eviden-
temente assai diversi da ciascun comitato tecnico che ha pre-
sieduto alla formazione delle norme di collaudo.
È opportuno osservare come i vari campi di collaudo forni-
scono il coefficiente di qualità minimo ammissibile per le cate-
gorie di materiale navale considerato, sia che si voglia assumere
come caratteristica della bontà e della qualità del metallo tanto
la misura che di essa ci fornisce il coefficiente di Wöhler, quanto
quello di Tetmajer o quello di Dormus. Inoltre la valutazione
della loro area ci indica il maggiore o minor grado di libera-
lità concesso nella fornitura di un materiale impiegato conforme

NOTA. - Nella Tav. VIII e IX figurano per il « Lloyd Register >>


e per la «< British Corporation » degli allungamenti differenti da quelli
prescritti nei relativi Regolamenti avendosi a scopo di paragone trasfor-
mato quelli prescritti a misurarsi su 203mm . (8 pollici) a quelli che
approssimativamente sarebbero richiesti per una lunghezza di 200 mm.
-- 103 -

le norme dei differenti istituti di classificazione o dell' Associa-


zione Internazionale.
Apparisce così che il Lloyd's Register, la British Corporation
e il Registro Nazionale Italiano si mostrano praticamente più
severi nell'accettazione del materiale per scafi mentre che con-
temporaneamente tendono a prescrivere l'impiego di acciaio di
più alta resistenza che non sia quello prescritto dal Bureau Ve-
ritas , dal Germanischer Lloyd's e dall ' Associazione Italiana .
Questo particolare rilievo dimostra che i registri inglesi si at-
tengono nella specificazione del materiale ad una qualità di
metallo più resistente e più dura per assecondare il mercato si-
derurgico che in prevalenza fornisce in Inghilterra del ferro
omogeneo ottenuto col forno Martin Siemens acido mentrechè
da noi prevale ormai sul mercato la produzione al forno basico
il quale indubbiamente fornisce metallo più adatto per dolcezza
alle varie lavorazioni a cui sono assoggettate le lamiere e gli
angolari impiegati nella costruzione degli scafi.
In quanto al diagramma che fornisce i campi di collaudo
delle diverse specie di lamiere impiegate nella costruzione delle
caldaie si nota che il Llody's Register , la British Corporation.
e il Registro Nazionale Italiano, pur mantenendosi sempre entro
limiti più ristretti degli altri registri stabiliscono l'impiego del
materiale di una resistenza pressochè concordante con quelli del
Bureau Veritas e del Germanischer Lloyd's e quindi si vede
giustamente valutata da tutti i registri la necessità d'impiegare
per caldaie materiale di particolare dolcezza.
Ancora si vede che i registri inglesi nel prescrivere un'u-
nico valore come misura dell' allungamento e quindi della dut-
tilità del materiale per caldaie, seguono il lodevole concetto di
definire univocamente una certa qualità del materiale come più
adatto per duttilità sia per lamiere d'involucro che per lamiere
esposte al fuoco o da esser flangiate mentre tolgono quella
indeterminatezza che dalla tavola IX si rileva per il Bureau Ve-
ritas ed il Germanischer Lloyd's.

La gamma più estesa del materiale per caldaie può essere


riscontrata dall'andamento del diagramma relativo al Bureau
- 104 -

Veritas perchè esso offre valori più alti e più bassi delle carat-
teristiche del metallo desunte da prove di trazione.
L'utilità dei diagrammi segnati nella tavola VIII e IX con
particolare referimento alla ricerca di valori comuni ai diversi
campi di collaudo dei registri tra loro è dimostrata dall ' evi-
denza di una zona comune del materiale per scafi compresa tra
44,1 kg. e 49 kg, per m/m quadrato per quanto concerne la
resistenza e tra il 16 e circa il 20 % per quanto concerne l'al-
lungamento. Si potrebbero portare tali valori a 44 e 47 kg. con
20 % di allungamento qualificando con ciò un'acciaio dolce
compreso eziandio entro il campo di accettazione dell'associa-
zione Italiana.
L'intesa per il materiale da impiegarsi nell'involucro delle
caldaie potrebbe conseguirsi col prescrivere la resistenza tra i
40 e 45 kg. l'allungamento minimo del 21 ; per lamiere da
flangiarsi o da impiegarsi in parti esposte al fuoco un buon va-
lore medio potrebbe essere stabilito fra i 38 e 42 kg. e l'allun-
gamento minimo del 23 almeno, tenendo conto delle tendenze
dei registri e dell' Associazione Italiana e precisando utilmente
entro un campo più ristretto e definito un ottimo ferro omo-
geneo per generatori di vapore.
La limitazione del campo di collaudo risultante dall'adozione
dei valori medi e comuni testè definiti sarebbe particolarmente
utile all'ingegnere, al costruttore ed all'arinatore e quindi alle.
persone che più hanno attinenza ed interesse allo svolgimento
delle funzioni assegnate ai registri di classificazione sia entro i
limiti della fiducia privata che entro l'ambito più vasto ed uf-
ficiale della pubblica fede.
È ovvia infatti la maggior sicurezza di progetto e di esecu-
zione che deriva all'ingegnere ed al costruttore nel poter fare
sicuro assegnamento su del materiale più strettamente caratte
rizzato da dati numerici qualificanti la sua resistenza e duttilità
non troppo discosti tra loro come appunto sopra si è proposto ;
ed è del pari ovvio la maggior sicurezza risultante contem-
poraneamente all'armatore nell' avere la nave costrutta o ripa-
rata con una qualità di metallo non troppo diversa tanto in
patria che all'estero.
- 105

Non può sfuggire l'importanza tecnica che il metallo sia


pure controllato e definito da valori accertati di resistenza e d'al-
lungamento anche nelle riparazioni, le quali molte volte interes-
sano un vasto campo della struttura della nave. Non vi é ra-
gione difatti perchè non si debba cercare di ripristinare per quanto
possibile un coefficiente di sicurezza della struttura non troppo
discosto da quello che si aveva alla costruzione della nave stessa ;
tanto più che molte parti logorate dall'uso richiedono di essere
rinforzate con materiale corrispondente a buone caratteristiche di
resistenza. Sarebbe quindi una buona iniziativa per un registro
di classificazione lo stabilire nel suo regolamento dei controlli
di prova anche per il materiale impiegato in grandi riparazioni,
mentrecchè su tal punto attualmente i registri non hanno dispo-
sizioni in materia e le riparazioni navali sono poco accurate
per quanto concerne la qualità del metallo impiegato.
Le proposte quindi da me accennate non dovrebbero trovare
ostacolo alla loro applicazione altro che da parte del fornitore e
dell'industria siderurgica alla quale non può negarsi certamente
una qualche elasticità di collaudo, poichè in dipendenza della
complessità e difficoltà dei trattamenti siderugici non è possibile
ottenere anche da una stessa colata un metallo di uniforme qua-
lità e di proprietà meccaniche costanti, particolarmente sopra
queste ultime avendo grande influenza la laminazione.
Ricordiamo a tale proposito che sovente la laminazione delle
lamiere è continuata quando la temperatura è discesa sotto al
calor rosso ; specialmente le lamiere sottili , le quali possono per
radiazione perdere maggior calore che le lamiere di più alto
spessore e quindi di più grande massa, presentano l'effetto di
quello che gl'inglesi chiamano « cold rolling ». Ancora le la-
miere piccole richiedono maggior tempo per essere laminate e
la pressione dei cilindri del laminatoio si fa più sentire nel di-
sturbare la struttura molecolare di esse che non nel caso di
lamiere di spessore più elevato ; cosicchè, per uno stesso mate-
riale, le lamiere di spessore inferiore presentano sempre una re-
sistenza unitaria alla trazione più grande di quelle di spessore
più alto perdendo però di duttilità. Ad esempio una lamiera di
8 m/m è comunemente più resistente, in una prova alla trazione
- 106 -

da Kg. 1 a Kg. 1 , per m m quadrato, in confronto di una


lamiera di 20 mm ma la sua duttilità risulta minore perchè
fornisce un'allungamento percentuale inferiore del 3 al 4 % di
quello offerto dalla provetta ricavata dalla lamiera di 20 mm.
Su questi fatti ho voluto particolarmente soffermarmi per
spiegare come pur essendo sotto qualche aspetto giustificate le
prescrizioni del Lloyd's che richiedono un'allungamento del 16 " ,
per lamiere di spessore inferiore a m/m 9¹ e del 20 % per
quelle di spessore superiore , sia da ritenersi però che tale diffe-
renziazione si possa trascurare imponendo maggior cura nella
laminazione ed usando nella prova barrette che soddisfino inte-
ramente alla legge di similitudine ; concludendo che coll'atte-
nersi , come sopra si è fatto, alla prescrizione di un unico allun-
gamento del 30 , indubbiamente non si può incorrere in er-
rore notevole avendo in compenso quella più chiara e precisa
definizione della qualità del materiale che è molto giovevole
per gli scopi navali. Ad ogni modo volendo operare colla mas-
sima esattezza si potrà ammettere la ricottura delle lamiere più
sottili . Ancora dalla valutazione suesposta delle possibili in-
fluenze della laminazione in quanto a resistenza unitaria, risul-
tando la loro pratica inclusion entro i limiti di variazione della
resistenza proposti, sarà tolta anche l'obiezione del fornitore che
di proposito ho voluto oppormi ; inquantochè dalle considerazioni
testè svolte si vedono conservati all'industria siderurgica dei li-
miti attualmente accettabili in specie dopo che i progressi con-
seguiti nei mezzi di dosamento chimico e di indagine metallo-
grafica sempre più sensibili ed accurati permettono senza diffi-
coltà la fornitura dell'acciaio dolce entro limiti di collaudo della
resistenza più ristretti di quelli finora usati , fissati su antichi
sistemi di lavorazione e di controllo.
Dopo aver esaminato le prove meccaniche portate dai vari
registri e posti in rilievo i difetti particolarmente accentuati del-
l'applicazione della prova di trazione a cui finora essi hanno
data eccessiva importanza nella identificazione e classificazione
dell'acciaio per costruzioni navali, è necessario per completare il
presente studio passare all'esame delle prove tecnologiche san-
cite dai registri di classificazione a compararle nel loro aspetto
- 107

scientifico ed industriale, sia come metodo generale di ricerca


della qualità del metallo sia nella via sperimentale finora se-
guita.
Ricordiamo anzitutto che la prova di piegamento a freddo
dopo tempera è prova di valore pratico indiscutibile e come
tale largamente adottata nei registri che la considerano come
il più alto esponente delle prove tecnologiche .
Anch'essa però, perchè fornisca dei risultati ben definiti e
comparabili, deve soddisfare alle norme suggerite dalla mecca-
nica sperimentale per quanto concerne modalità di prova e per
l'esatta definizione delle provette conforme alla legge di simili-
tudine, anche in tal caso necessariamente applicabile. Nella prova
di piegamento la duttilità del metallo è misurata da quella
delle fibre estreme più cimentate alla trazione in conseguenza
della flessione del saggio ed abbastanza bene misurata in modo
appariscente dalla formazione di screpolature superficiali quando
il materiale non sia di sufficiente dolcezza . I concetti fonda-
mentali che devono guidarci nella valutazione degli elementi
dedotti dalla prova di piegamento sono che l'angolo di piega-
mento non porge direttamente la sollecitazione a cui è assog-
gettato il metallo durante la prova, ma soltanto il rapporto fra
lo spessore della provetta e il raggio di curvatura della fibra
neutra o mediana può fornirci il coefficiente di qualità del me-
S
tallo : = " trasformato dal Tetmajer secondo la scala di
2p
S
qualità da lui proposta nell' altro 100 € = 50 in cui sè lo
P
spessore del saggio, il raggio di curvatura della fibra neutra
di esso quando sia inflesso per un'angolo qualsiasi di piegamento ;
e questo allo scopo di ottenere per il coefficiente di qualità va-
lori sempre interi compresi fra il 0 ed il 100 e quindi in mi-
sura comparabile cogli altri coefficienti di qualità desunti dalla
prova di trazione.
Il valore dell'angolo di piegamento contribuisce soltanto a
definire la prova in riguardo alla grandezza del tratto di bar-
retta sottoposta a flessione e può quindi servire a palesare l'e-
terogeneità del materiale sulla superficie del saggio, poichè
-- 108 .

essa verrà come estensione più o meno interessata nel curva-


mento a seconda della maggiore o minore grandezza dell'angolo
definito per la prova ; e quanto più grande sarà la lunghezza
della barretta che subisce la deformazione, altrettanto risulterà
più facile mettere in evidenza i possibili difetti del materiale
generalmente valutati sull'osservazione delle lesioni superficiali
o screpolature apparenti nel piegamento della barretta .
Nella pratica corrente al raggio di curvatura della fibra neutra
è sostituito per comodità di prova quello assunto dallo spigolo
interno della provetta. Quantunque con ciò venga alterato il
concetto fondamentate della prova di piegamento come misura
della duttilità del metallo, la quale dovrebbe essere logicamente
valutata sull'allungamento subito dalle fibre della faccia esterna
della barretta inflessa cimentate alla trazione , tuttavia tale uso
è seguito tanto dall'Associazione Italiana che dai Registri i
S
quali forniscono valori del rapporto sempre inferiore all'unità

col precisare per 7 (raggio di curvatura delle fibre del lato in-
terno della provetta lavoranti alla compressione) valori registrati
nelle varie prescrizioni di collaudo e cioè : r = 1,5 s oppure r = 2s
od anche = diametro.
Con ciò è evidente il dissenso delle varie norme in uso
dalle buone regole tecniche e dalla valutazione del coefficiente.
di qualità stabilito dal Tetmajer.
L'Associazione Italiana però mentre si è allontanata al pari
dei Registri dal giusto concetto della prova di piegamento am-
mettendo la misura del raggio di curvatura dello spigolo interno
della provetta o del diametro della fibra su cui è prescritto il
piegamento, anzichè del raggio di curvatura della fibra neutra,
ha però conservato nelle sue norme un'evidente superiorità ed
omogeneità di concetto prescrivendo sempre per le diverse cate-
gorie del materiale (lamiere, chiodi, pezzi fusi e pezzi fucinati)
valori ben definiti degli elementi di prova e cioè angoli di pie-
gamento e raggio di curvatura in funzione sempre dello spes-
sore o del diametro del saggio. Tutti i registri considerati, ad
eccezione del Germanischer Lloyd's, abbandonano addirittura
per certe prove di piegamento i veri fondamenti scientifici del-
109

l'esperienza e si accontentano di prescrivere per il raggio di


curvatura una misura arbitraria in mm. senza curarsi del rap
S S
porto che abbiamo visto sostituito per comodità a quello P

il quale soltanto potrebbe fornire un plausibile valore del coef-


ficiente di qualità del materiale.
Tal fatto si può riscontrare nelle tavole allegate portanti
l'osservazione sui valori di dati dal Lloyd's Register, dal Bureau
Veritas, dalla British Corporation e dal Registro Nazionale Ita-
liano, per la prova di piegamento stabilita per pezzi fusi e per
pezzi fucinati . Inoltre l'Associazione Italiana non si discosta
dalla legge di similitudine che, abbiamo già osservato, devesi se-
guire nella esecuzione della prova di piegamento poichè ha vo-
luto definire nelle sue proposte un costante valore : 1 = 4 s della
lunghezza della barretta in funzione dello spessore. I registri al
contrario cadono tutti nella stessa noncuranza della legge di
similitudine meccanica già lamentata per le prescrizioni concer-
nenti la prova di trazione e non esigono sempre un rapporto di
similitudine fra le dimensioni delle provette delle esperienze di
piegamento. Ad esempio per i laminati, i Registri di classifica-
zione , all'atento di conservare alla barretta di prova lo spes-
sore del materiale da cui è ricavata, prescrivono soltanto la lun-
ghezza della provetta che è di 38,1 m m per registri inglesi e
50 m m per il Bureau Veritas ed il Germanischer Lloyd's e
con ciò è evidente che le prove da ciascun di essi precisate non
vengono effettuate su barrette simili , non esistendo infatti alcun
rapporto fra la lunghezza e lo spessore e nessuna uniformità di
grandezza fra le provette dei diversi regolamenti.
Non è possibile giustificare la conservazione di un tale si-
stema di prove poichè osserviamo che anche adottando la regola
di proporzionamento : 48 dell'Associazione Italiana è conser-
vato lo spessore originale del laminato ed insieme l'osservanza
della legge di similitudine meccanica fra le barrette. Sarebbe
quindi opportuno che i registri si attenessero a questa via di
proporzionamento . Per pezzi fusi e pezzi fucinati gli istituti di
classificazione definiscono barrette disparate fra loro nelle dimen-
sioni , ma univocamente definite per ciascun registro sia come
- 110 -

spessore sia come larghezza ; cosicchè la prova di piegamento per


tali categorie di materiali può già dirsi corretta nei riguardi
della similitudine meccanica e quindi sarebbe facile adottare per
le altre categorie gli stessi concetti. Però il rapporto di simili-
tudine fra le barrette dei vari registri è differente sarebbe quindi
veramente utile adottare disposizioni uniformi al riguardo e ve-
nire così all'unificazione eziandio della prova di piegamento
conferendo a detta prova quella correttezza scientifica che attual-
mente devesi ancor lamentare.
Passando dopo ciò ad esaminare il valore in sè della prova
di piegamento come efficacia di metodo di classificazione tecno
logica del materiale nel doppio aspetto di piegamento a freddo
e piegamento dopo tempera, crederei utile allo scopo di sempli-
ficare e rendere meno dispendioso il collaudo del materiale na-
vale abbandonare la prova di piegamento dopo tempera non
avendo essa un giusto significato scientifico e d'altra parte es-
sendo praticamente più facile a soddisfare a maggiore piega-
mento al collaudo che non quella a freddo la quale ultima ha
eziandio il maggior pregio di essere eseguita direttamente sul
materiale nello stato in cui verrà effettivamente utilizzato. A
tale proposito osserviamo che nell'operazione della ter pera, e più
propriamente nel caso del ferro omogeneo per scafi e caldaie,
l'effetto del brusco raffreddamento fatto subire alla provetta
dopo il riscaldo tra i 700° e gli 800° ( rosso ciliegia nascente e
rosso ciliegia chiaro) crea artificialmente uno stato dell ' assetto
molecolare del metallo che porta ad esperimentare in condizioni
tutte particolari e fuori di quella stretta correlazione di omoge-
neità di struttura che deve sempre sussistere onde avere dati
attendibili fra il campione collaudato ed il materiale da for-
nirsi.
Mancando tale correlazione viene a mancare di conseguenza
lo scopo pratico della prova. A rigore di termini è poi improprio
parlare di tempera del ferro omogeneo per scafi e particolar-
mente per caldaie dal momento che il tenore in carbonio di
esso è generalmente sotto il 0,20 % ossia sotto quel tenore per-
centuale di carbonio per cui è generalmente ammesso non esi-
stere tempera. Tutto al più in tali circostanze l'esperienza della
- 111

tempera potrà indurre nel saggio una certa durezza superficiale


la quale potrà piuttosto tradursi in una interpretazione erronea
della prova di piegamento pel fatto che tale durezza risulterà
quasi sempre non omogeneamente ripartita sulla superficie del
saggio; e quindi si potranno rivelare nell'esperienza delle sfaldature
superficiali appariscenti in punti nei quali l'effetto del repentino
raffreddamento si sarà fatto più sentire. Non vi è dubbio che
queste lesioni superficiali potrebbero erroneamente essere inter-
pretate come prova della cattiva qualità del metallo mentre ef-
fettivamente saranno dipendenti dal modo d'immersione della
provetta nell'acqua, dal possibile ineguale riscaldamento della
provetta e successivo raffreddamento.
E perciò alla deficienza comunemente lamentata dell'esecu-
zione abituale e speditiva della prova generale al piegamento
fatta piuttosto con mezzi manuali che coi mezzi meccanici
suggeriti ad esempio dall'Associazione Italiana, la quale con-
siglia il piegamento mediante uno strettoio e adattando la pro-
vetta ad uno stampo cilindrico calibrato con raggio di curva-
tura nel voluto rapporto collo spessore del saggio, si aggiunge
un'altra causa di errore di collaudo derivante nel caso speciale
della prova di piegamento dopo tempera dal modo tutto perso-
nale di condurre l'operazione .
È prevedibile infatti che l'operazione della cosidetta tempera
del ferro omogeneo risulterà influenzata dal diverso apprezza-
mento della temperatura tanto del metallo che del bagno di
tempera a seconda dei mezzi di controllo del collaudatore oltrechè
dalle cause dell' ineguale effetto superficiale del rapido raffred-
damento subito dal metallo. Ancora se la prova di piegamento
a freddo può razionalmente servire a dimostrare la capacità del
materiale alla flangiatura a freddo e contribuire così ad ovviare
le numerose rotture delle lamiere sotto lo sforzo più esteso della
pressa idraulica, la prova di tempera non può ragguagliarci su
tal fatto perchè sebbene la leggiera perdita di duttilità avvenuta
per rapido raffreddamento può ostacolare l'inflessione della bar-
retta d'altra parte contribuisce a facilitarla in causa della eli-
minazione per suo mezzo della durezza proveniente dalla lami-
nazione o dal taglio ; invero tutti i collaudatori ammettono che la
- 112 -

prova al piegamento dopo tempera riesce appunto a causa di tale


fatto e per il ferro omogeneo anche con raggio di curvatura mi-
nore di una volta e mezzo lo spessore della barretta e generalmente
sino al combacio dei lembi. La diminuzione di duttilità valutata
sull'allungamento percentuale di una prova a trazione dopo tem-
pera al calor rosso di una barretta di acciaio dolce ordinario per
scafi non supera il 5 %,0 e poichè questo deprezzamento nume-
rico della duttilità e dolcezza del metallo non può ricavarsi da
una prova di piegamento si può anche per tale ragione abban-
donare questa prova anche sotto l'aspetto della duttilità del ma-
teriale la quale al contrario sembrerebbe favorita dalla maggior
facilità di piegare a blocco senza apparenti screpolature una bar-
retta temperata che non una barretta allo stato naturale. Il
Sig. Simonet ingegnere principale della marina francese preco-
nizzava sino dal 1902 , in una pregevole memoria sui metodi di
saggio dei pezzi d'acciaio pubblicata nel Memorial du Génie
Marittime, la soppressione della prova di piegamento dopo tem-
pera; ma poichè i registri di classificazione hanno continuato a
dare immeritata importanza a questo metodo di saggio ho cre-
duto opportuno valutarla sotto l'aspetto tecnologico nell'intento
di richiamare particolarmente l'attenzione del Registro Nazionale
Italiano sui fatti accennati, esprimendo il voto che in una pros-
sima e desiderata riforma del suo regolamento si venga all'ab-
bandono di una prova che complica senza alcun vantaggio la
collaudazione del materiale navale .
L'Associazione Italiana nelle proposte della Commissione per
il tema << Accettazione dei materiali ferrosi per ponti , fabbri-
cati e scafi di navi » mantiene in vigore la prova di tempera
per lamiere, i profilati e i chiodi mentre bandisce quella di pie-
gamento a freddo. Osserveremo che queste proposte sono parti-
colarmente discutibili dal momento che se la Commissione trova
conveniente attenersi alla prova di tempera nella recezione del
ferro omogeneo, per il quale tempera propriamente parlando non
esiste o per lo meno ha poca superficiale influenza di durezza ,
a maggior ragione essa dovevasi preoccupare di prescrivere il
piegamento dopo tempera per l'acciaio ad alta resistenza il quale
per il suo più alto tenore in carbonio ed in manganese (car-
- 113 -

bonio circa 0,30 ; manganese circa 0,08 ° ) effettivamente as-


sume una certa tempera nella lavorazione ; e quindi nella rece-
zione di tale particolare acciaio per scafi può giustamente con-
venire la prova di piegamento dopo tempera invece di quella di
piegamento a freddo consigliata dall'Associazione Italiana.
Altre prove tecnologiche che particolarmente l'Associazione
Italiana prescrive per i laminati e che i registri non richiedono
sono quelle di prova alla foratura al calore rosso e di allarga-
mento del foro a caldo con spina conica. Indubbiamente tali
prove potrebbero essere accolte nei registri come mezzo supplet-
tivo di collaudo della lavorabilità a caldo del materiale ma la-
sciati al criterio del collaudatore, perchè si complicherebbero e
si renderebbero più dispendiose le prove attuali senza ottenere
grande beneficio pratico di qualificazione del materiale navale
pel fatto che la lavorazione che si vorrebbe controllare è effet-
tuata per la maggior parte a freddo sotto il punzone o sotto il
trapano.
Per quanto concerne la prova di ricalcamento alla tempera-
tura di fucinazione del ferro omogeneo prescritta dall' Associa-
zione Italiana e dai registri per i chiodi, si riscontrano notevoli
divergenze di concetto, poichè l'esecuzione dell'operazione è vo-
luta da alcuni a caldo da altri a freddo ; da qualche regola-
mento si prescrive di saggiare sul chiodo finito, da altri infine.
sulle barre per chiodi . La più semplice fra le varie norme con-
sigliate, e a mio modo di vedere la più razionale, è quella del
Lloyd's Register che richiede l'appiattimento a caldo della testa.
del chiodo sino a portarne il diametro a due volte e mezza il
diametro del gambo . È evidente infatti la facilità con cui il
martellamento della testa può essere eseguito mentrecchè la de-
formazione del gambo, per schiacciamento a caldo fino a ridurne
l'altezza prescritta di due diametri ad un terzo soltanto di quella.
primitiva, come ad esempio è stabilito dall'Associazione Italiana,
richiede particolarmente per grossi chiodi l'impiego di un ma-
glio celere o della pressa.
Maggiori difficoltà risulterebbero nell'esecuzione della prova
di ricalcamento secondo le norme del Bureau Veritas le quali
vogliono l'esecuzione dell' esperienza mediante la deformazione a
― 114

freddo del gambo riducendone l'altezza da due diametri ad un


diametro soltanto . Quando si ponga mente che nella ribaditura
dei chiodi la massima deformazione plastica del metallo è per
la maggior parte nel senso dell' appiattimento della parte supe-
riore del gambo e la fase critica di lavorazione al calor azzurro
(circa 300°), nella quale si ha una forte perdita della malleabi-
lità dell'acciaio, è sopportata unicamente dalla testa , riesce evi-
dente che la prova prescritta dal Lloyd's è conforme al diretto
impiego del materiale. Si aggiunga che esperimentare sul chiodo
finito e particolarmente sulla testa ha il vantaggio di mettere
in rilievo molte lesioni del materiale che particolarmente si ma-
nifestano nello stampo della testa del chiodo, spesso appariscenti
come sfaldature anche ad esame superficiale della testa special-
mente nei chiodi colla testa a calotta sferica in cui l'orlo infe-
riore risulta alquanto appiattito dalla matrice incrudito dalla
lavorazione e facile a screpolarsi nel raffreddamento susseguente
alla formazione della testa per il poco spessore del materiale
intorno all'orlo.
Oltre le prove meccaniche e tecnologiche brevemente esami-
nate, i registri di classificazione hanno finora incluso nel col-
laudo dei pezzi fusi di acciaio la prova di caduta sui pezzi
finiti, all'intento di saggiare la fragilità all'urto o alle vibra-
zioni di parti importanti della struttura quali i dritti, i sostegni
dei bracci delle eliche, piastre di fondazione di macchine, aste
del timone ecc. e all'intento anche di mettere in evidenza le lesioni
intermolecolari eventualmente prodottesi nell'ineguale raffredda-
mento dei pezzi fusi nelle parti più sottili di raccordo dell'in-
sieme. Per pezzi di fusione complicata da ringrossi sporgenti e
nervature raccordanti parti sottili sagomate sul fusto principale
la prova è preferibilmente eseguita con caduta per rotazione
dell'ampiezza angolare di 45° su terreno battuto. Per quelli in-
vece di struttura meno complessa e meno soggetta a deformarsi
nell'urto contro il terreno, è generalmente consigliata la prova
del pezzo lasciandolo cadere da una altezza variabile da due metri
(minimo prescritto dal Germanischer Lloyd's) a metri 4,65
(massimo stabilito dal Lloyd's Register per le ancore di acciaio
fuso), facendoli battere contro il terreno od una piattaforma di
- 115 -

ferro o acciaio come ad esempio è prescritto dal Bureau Veritas.


Quest'ultimo istituto di classificazione, ad onor del vero, ha però
abbandonata pelle sue recenti prescrizioni la prova di caduta
per pezzi fusi di acciaio eccetto che per le ancore, sostituendolo
molto opportunamente con un saggio di flessione per urto di
una mazza di 18 Kg . di peso cadente da altezze crescenti di 5
a 5 centimetri a partire dalla quota di un metro sino a rag-
giungere quella di 1,50 metri sopra una barretta appoggiata su
due supporti distanti 160 m m . Per la prova delle ancore di
acciaio fuso il Bureau Veritas non ha saputo staccarsi dall'espe-
rienza di caduta seguita da tutti gli altri registri principali,
ad eccezione del Germanischer Lloyd's, forse nella considerazione
che le deformazioni sono meno a temersi e meno importanti per
questi pezzi di semplice struttura ; ci sembra però che anche
per le ancore questo mezzo di prova potrebbe essere abbandonato
e sostituito con quello adottato dal Germanischer Lloyd's che
molto giudiziosamente prova le ancore con una marra incastrata
nel terreno assoggetandola ad uno sforzo di trazione mediante
una potente macchina di prova , di guisa che l'esperienza sull'an-
cora è conforme al lavoro che dovrà sostenere in servizio .
L'Associazione Italiana, attribuendo anch'essa poco valore pra-
tico e molti inconvenienti alla prova di caduta , lascia libertà circa
il suo impiego per il collaudo dei pezzi di acciaio fuso. A dimo-
strare il poco valore pratico della prova basterà considerare che
a esempio nella caduta di un pezzo fuso da un'inclinazione di
45º sul terreno i vari punti si muovono con velocità diverse
ruotando intorno al punto d'appoggio sul terreno, e quindi l'in-
tensità dell'urto nelle varie sezioni diminuisce necessariamente
dalla sezione estrema in alto a quella di appoggio e rotazione
sul terreno, ed il pezzo è così soggetto a deformarsi mentre ri-
sulterà inegualmente controllato con una sollecitazione massima
all'estremità superiore ed un cimento nullo nel punto di rota-
zione. La prova di caduta orizzontalmente da una certa altezza
sopra il terreno di prova è sotto il riguardo della distribuzione
della sollecitazione dell'urto assai più razionale, ma osserviamo
che, mentre può a sua volta dar luogo a sensibili deformazioni
del pezzo finito che si vuol collaudare, non raggiunge intera-
- 116 -

mente l'intento di distribuire uniformemente l'urto ricevuto dal


pezzo nel toccare il terreno perchè le parti sporgenti riceveranno
prima delle altre e colla massima intensità la percussione smor-
zando così grandemente l'effetto della caduta sopra le altre parti.
Nè a questi inconvenienti si può ovviare interamente collo sca-
vare buche nel terreno in corrispondenza delle parti più in ri-
lievo; cosicchè tutto sommato è consigliabile seguire altra via
di collaudo della fragilità con mezzi più semplici ed insieme
maggiormente esplicativi e scientificamente rigorosi, tanto più
nella considerazione che modernamente la ricerca della fragilità
dei pezzi di acciaio particolarmente agli sforzi dinamici si è ge-
neralizzata sopra prove fatte su barrette intere o su barrette in-
tagliate anzicchè su pezzi finiti. Si è già visto a tal proposito
come lodevolmente il Burea Veritas abbia primo fra i registri
di classificazione accolto nel suo regolamento la prova all'urto
dei pezzi fusi mediante barretta intera inflessa sotto una serie
di colpi di intensità crescente di una mazza di 18 Kg.; allo
stato presente delle cognizioni della tecnica sperimentale sul
comportamento dei metalli in opera e particolarmente delle la-
miere e degli assi che entrano in costruzioni navali e mecca-
niche , nelle quali una rottura può provocare gravi accidenti alle.
persone, essendo ormai dimostrato che i saggi di resistenza, dut-
tilità ecc. dovrebbero esser fatti mediante deformazioni dinamiche,
sarebbe opportuno estendere nella prescrizione dei registri la ri-
cerca della fragilità dell'acciaio mediante prove dinamiche su bar-
rette intagliate al fine di collaudare particolarmente le lamiere
delle caldaie ed eziandio gli assi dell'elica i quali sono fonti co-
stanti di improvvise rotture in mare e temibili avarie e sinistri
per le cose e le persone.
Tale via di ricerche venne indicata e praticamente seguita
dal Sig. M. Cuisinier ispettore del Bureau Veritas, mediante e-
sperienze fatte al Creusot con provette ricavate dai pezzi fusi
del timone dei piroscafi « Concordia » , « Colonia » , « Campana «
e « Corrientes » costrutti per la Compagnia dei Chargeurs Reunis;
le esperienze sono esposte in una pregiata memoria sulla resi-
stenza dell'acciaio pubblicata nel Bullettin de l'Association Tec-
nique Maritime nel 1890 in cui l'autore mette in evidenza i
117 -

particolari vantaggi e le utili indicazioni che per tal mezzo si


potevano ottenere nello scoprire la misura della fragilità dell'ac
ciaio.
Al presente particolarmente per l'opera e il consiglio di va-
lenti tecnici sperimentatori quali Charpy, Le Châtelier, Fremont,
Mesnager, ecc. l'Associazione Internazionale per le prove di ma-
teriali, in vari congressi e particolarmente in quello di Cope-
naghen nel settembre 1909 esaminata ed apprezzata l'uti
lità di formulare delle prescrizioni su tale materia uniformate.
agli studi pubblicati in proposito e la necessità di stabilire
anche per dette prove un'intesa comune, ha dopo lunga discus-
sione adottata la seguente risoluzione : Il saggio di flessione per
urto sopra barrette intagliate permette di determinare il lavoro
specifico di rottura o resistenza rapportato al centimetro qua-
drato della sezione non intagliata (ossia della sezione restante
al fondo dell'intaglio) . Le barrette tagliate nei pezzi avranno
come dimensioni 30 × 30 × 160. Esse saranno intagliate per
una altezza di 15 m /m, il fondo dell'intaglio ha la forma di un
cilindro di 2 m /m di raggio. Per i prodotti laminati quali le
lamiere, le barrette avranno spessore uguale a quello della la-
miera di cui pure si conserveranno le faccie di laminazione e
la larghezza di 30 mm . Esse saranno intagliate sopra un'al·
tezza di 15 m m. L'intaglio perpendicolare alle faccie di lami-
nazione è a fondo cilindrico di 2 m /m di raggio. Per i pezzi
non permettenti l'impiego di barrette di 30 X 30 di sezione le
barrette avranno le dimensioni 10 10 e saranno intagliate per
un'altezza di 5 m/m. Le barrette saranno provate per flessione
e riceveranno a loro mezzo sulla faccia opposta all'intaglio l'urto
di una mazza terminata da un coltello presentante una curva-
tura di 2 m/m di raggio, le barrette riposeranno sopra due col-
telli distanti 120 m /m per il tipo delle barrette più grandi e per
40 mm per i tipi più piccoli.
La rottura della barretta dovrà esser effettuata sotto un sol
colpo mediante l'uso di un apparecchio permettente la misura
del lavoro assorbito nella rottura della barretta.
Abbiamo voluto ricordare queste prescrizioni della Associa-
zione Internazionale nella speranza di vederle introdotte nei
- 118 -

registri, particolarmente per il collaudo degli assi dell' elica,


poichè le rotture accidentali diverranno meno frequenti quando
si avrà cura di impiegare dei metalli che avranno forniti dei
buoni risultati al saggio di flessione sopra barrette intagliate ;
tale è pure la conclusione alla quale è arrivato il Sig. Pierrard
ingegnere capo delle costruzioni navali della marina belga.
La marina francese, che ha adottato fin dal 1893 la prova
su barrette intagliate per la recezione dei pezzi di macchina e
degli assi di elica, in particolare sembra esser stata molto soddi-
sfatta come lo fecero rilevare al congresso di Budapest il
Sig. Charpy direttore delte Forges Saint Jaques nel quaderno
d'oneri della marina francese per il collaudo degli assi della co-
razzata Valdeck Rousseau, prescrivendo tre barrette a sezione
quadrata di 30 m/m di lato saggiate all'urto di una mazza
di 18 Kg . di peso cadente dall'altezza di 1 metro, essendo le
barrette appoggiate su due coltelli distanti 160 m/m. Il collaudo
doveva essere accettato quando le barrette avessero sopportato
senza rompersi almeno 6 colpi di mazza e dopo il 5º colpo do-
vevano formare un'angolo di almeno 147 °. Nell'intento di adot-
tare una decisione uniforme sarebbe consigliabile che i registri
adottassero le prescrizioni sopradette dell'Associazione Interna-
zionale, la quale nel formularle ha avuto l'intenzione di armo-
nizzare dette prove e tagliar corto alle divergenze di opinioni
che attualmente vediamo ancora dibattute per quanto concerne
la sezione della barretta , la forma dell'intaglio e le altre moda-
lità di un metodo di prova tanto discusso ma ormai sufficiente-
mente accreditato presso numerose amministrazioni pubbliche e
private nel collaudo dell'acciaio.
A complemento del presente studio e come riassunto e con-
clusione dell'esame critico svolto nelle pagine precedenti al fine
di richiamare l'attenzione degli ingegneri navali sulla necessità
di modernizzare, semplificare e sistemare con prescrizioni inter-
nazionali uniformi, le regole di collaudo finora seguite pel ma-
teriale navale ; reputo conveniente prospettare un nuovo schema
di prove che a mio giudizio, meglio dell'attuale, si presterebbe
al conseguimento della desiderata intesa fra i vari Istituti di
- 119

classificazione e ad una economica e speditiva semplificazione


della recezione del materiale, accompagnata da una più estesa
e moderna ricerca della qualità del metallo .
Tenendo presenti le attuali, notevoli divergenze, le tendenze
conservatrici e l'indirizzo, direi quasi individuale dei regola-
menti di classificazione, e presumibile ritenere che difficilmente
si potrà realizzare una concorde sistemazione delle norme di
collaudo basata essenzialmente sulla prova di trazione, poichè
essa ha il difetto di richiedere la conservazione delle barrette di
prova, le quali costituiscono appunto l'elemento maggiormente
discusso e controverso dell'esperimentazione del materiale. È evi-
dente che potendosi sostituire alla prova di trazione un mezzo
corrispondente di valutazione delle proprietà meccaniche senza
l'impiego di provette, avremo coll'introduzione di esso, portato
una grande semplificazione ed eliminato ogni presente dissenso
sulla definizione degli elementi di prova, iniziando così una via
di riforma per la quale sarà più facile concordemente avviarsi
senza il bagaglio d'inveterate abitudini e preconcetti. Quando
inoltre si pensi che il metodo classico di selezione del materiale
mediante la prova a trazione non è esente da capitali difetti ,
presenta poca garanzia nell' esame dell' omogeneità del metallo
e non può fornire alcun dato attendibile sulla fragilità dell'ac
ciaio ; sarebbe illogico rimpiangerne- la sostituzione con un me-
todo più completo, meno costoso e più generalizzabile e moderno .
E molti sono infatti gli studiosi ed i pratici che da lungo
tempo autorevolmente si espressero contro il valore sperimentale
della prova di trazione ; è sufficiente ricordare : Martens, Fremont,
Charpy. Tolmer, Barba , perchè l'alto valore del loro sereno giu-
dizio possa convincerci in proposito e consigliarci l'abbandono
di un mezzo di collaudo incerto e dispendioso.
Limitandomi , per brevità, a riportare l'opinione di qualcuno
dei suddetti scienziati è notevole ad esempio il seguente brano
di una memoria pubblicata del Tolmer, sulla « Rerue générale
des chemins de fer » :
« Il grande successo del metodo di prova alla trazione sta
« senza dubbio nel fatto che esso si può definire esattamente in
<< un capitolato e al fatto che ciascun saggio fornisce risultati
- 120

<< numerici precisi. Ciò non di meno tale precisione non è che
« apparente, poichè i risultati dati da diverse provette ricavate
<< da uno stesso pezzo, presentano spesso delle differenze notevoli ;
<< di più il metodo è lungo e costoso ed ancora ha l'ultimo in-
<< conveniente, ben grave , che diversi acciai danno alla prova di
trazione, dei risultati conformi alle esigenze delle specificazioni
<< più severe e con tutto ciò non offrono alcuna sicurezza nel
<< loro impiego ».
Con particolare riferimento agli acciai impiegati nelle costru-
zioni navali , l'Ing. Barba, capo delle officine del Creusot ed au-
torità universalmente riconosciuta in materia di prove dei ma-
teriali , in una sua memoria « Sur l'emploi dans les construc-
tions d'acier di haute limite d'élasticité ». Bulletin de l'Association
Teenique Maritime 1895, testualmente scriveva : « Tra le prove
abituali, la prova di trazione richiama a prima vista l'atten-
zione, ma essa sembra non presentare, dal punto di vista spe-
ciale dell' omogeneità, delle garanzie sufficienti e io consiglierei
di abbandonarla come prova di collaudo, come è già avvenuto
nei nuovi capitolati della Marina, per i pezzi di macchina » .
Indubbiamente, poi, non può negarsi che il metodo di prova
alla trazione risulti sommamente dispendioso nei collaudi navali .
Il metodo di prova alla trazione ha poi ancora a suo svan-
taggio il forte dispendio di materiale e di lavorazione richie-
sto dall'impiego delle provette e delle spese di primo impianto
e di esercizio delle sensibili macchine di prova moderne assai
costose . Tutto sommato si può calcolare infatti che in media il
saggio di una barretta importa la spesa di circa L.it. 15 a ca-
rico del fornitore del materiale e quando si rifletta che ad esem-
pio nella costruzione di un ordinario piroscafo da carico di una
portata maneggevole (handy size, nel traffico marittimo odierno)
ossia sulle 6.000 tonnellate , è necessario impiegare press' apoco
2500 tonnellate di materiale , si vede che attenendoci alla'col-
laudazione prescritta dai Registri in lotti di 25 tonnellate , la
spesa totale di collaudo per le sole prove a trazione ammonta
a L.it. 1500 almeno e potrà salire anche a L.it. 2.000 compreso
gli onorari dei periti collaudatori e la necessità di dover collau-
dare molto materiale in lotti anche minori delle 25 tonnellate
121

mediamente assunte a base del nostro calcolo. Tale cifra som-


maria si riflette su di un sopraprezzo medio di costo della ton-
nellata di acciaio di L. 0.80 , cosicchè assumendo un valore
unico di mercato delle lamiere , angolari , ecc. in L. 200 per
tonnellata si giunge alla constatazione che l'impiego della prova
di trazione nel collaudo del materiale navale porta il notevole
aggravio di circa il 4. 00 sul costo della tonnellata dell'acciaio
per scafi e potrà anche raggiungere il 1 1. 0 in costruzioni di
2 0
grande mole.
Già da vari anni molti tecnici preoccupati del forte dispen-
dio richiesto dalle prove alla trazione, tentarono di introdurre
nell'uso altri sistemi praticamente equivalenti , ma più pronti
e meno costosi e di più facile generalizzazione. Tra questi tec-
nici ricordiamo , per la sua alta competenza scientifica e indu-
striale, il Fremont, il quale, sin dal 1897, in una nota all ' Ac-
cademia delle Scienze di Francia presentava un nuovo metodo
per la ricerca industriale della tenacità , duttilità , fragilità ed
omogeneità mediante una prova speditiva d'officina eseguita col
piegamento di una barretta di 20 x 10 x 8 mm. posta su due
appoggi semi-cilindrici dentro la matrice di una ordinaria pun-
zonatrice e piegata per compressione d'un punzone a coltello
sostituito al punzone comune della macchina utensile suddetta ,
effettuando così il piegamento alla macchina per eliminare l'in-
fluenza personale dell'operatore , che sempre si traduce in un
errore di prova, osservando l'andamento della rottura del cam-
pione con esattezza mediante l'impiego d' un apparecchio regi-
stratore che forniva un diagramma di piegamento.
Questo metodo venne completato e discusso nel 1900 al « Con
grès national des métodes d'essays des materiaux » ma non
ebbe grande accoglienza nell'industria , e così pure non trovò
successo il metodo suggerito dall'Ingegnere Baclé che alla pro-
va a trazione sostituiva una prova di punzonamento e la mi-
sura del lavoro di deformazione era ottenuta da un diagramma
correlativo.
Ebbe invece un buon successo scientifico ed industriale il si-
stema di prova ideato dal Brinnell Ingegnere Capo delle Forges
et Aciériés di Fagersta (Svezia), esposto per la prima volta a
-- 122 -

Stoccolma nel 1900 davanti alla Società degli ingegneri svedesi


e notorio ormai a tutti i tecnici sotto il nome di prove d'im-
pronta colla sfera o prove di durezza.
Le innumerevoli discussioni e memorie tecniche che segui-
rono tale metodo nel suo sviluppo e gli ottimi risultati ottenuti
in collaudi di prodotti siderurgici , hanno così bene vagliato e
generalizzato il suo impiego presso grandi acciaierie e ammini-
strazioni pubbliche da crederci ampiamente giustificati dal pro-
pugnarne l'adozione per il materiale navale in sostituzione della
prova di trazione, tanto più dopo il recente impiego ufficiale fatto
in Italia per il collaudo di rotaie e parti di macchine da parte
delle ferrovie dello Stato .
Ricordiamo brevemente che questo metodo consiste nel com-
primere contro il metallo da saggiare e con una nota pressione
comunemente 3000 kg. per i materiali ferrosi , una sfera di ac-
ciaio temperato di determinato diametro, generalmente 10 mm
o 5 m m. Vien prodotta così nel metallo assoggettato alle prove,
un'impronta che ha la forma di calotta sferica la cui superficie
A si calcola in funzione del diametro D della sfera che l'ha
prodotta mediante la relazione : A Dh se si misura me-
diante un apparecchio Martens la profondità dell' impronta
lasciata, oppure mediante la formula :

D — V D' -
— d²
A 2

se, invece della profondità dell'impronta si ricorre alla misura-


zione al microscopio del diametro d dell'impronta stessa.
Chiamando poscia P la pressione in kg. esercitata sopra la
biglia e detta A la superficie in m m quadrati della calotta sfe--
rica assunta come forma dell' impressione , lasciata , il rapporto
Р
= II dà l'indice di durezza o coefficiente di durezza di
A
Brinell.
Tale numero esprimente la durezza può servire a qualificare
e differenziare i singoli materiali fra loro e l'omogeneità dello
stesso metallo in punti diversi; ma la maggiore utilizzazione
- 123

pratica che da tale metodo si può trarre stà nella dimostra-


zione sperimentale, fatta dal Brinell e confermata dagli altri e-
sperimentatori quali Dillner , il Benedick, Meyer, Charpy ecc. ,
che esiste una relazione fra la resistenza unitaria di rottura alla
trazione ed il carico unitario H sotto il quale l'impronta è pro-
dotta ; che abbiamo visto esser stato assunto come numero espri-
mente la durezza. Ir. altri termini, indicando con R la resi-
stenza del metallo alla trazione, la relazione praticamente esi-
stente, entro limiti abbastanza estesi, particolarmente per gli ac-
ciai, fra la durezza e la resistenza unitaria di rottura alla tra-
R
zione è la seguente : - K, in cui il valore di K varia sensi-
H
bilmente da metallo a metallo, ma quantunque non assoluta-
mente costante ed influenzato dal tenore in carbonio, subisce
poca variazione per gli acciai dolci ordinari. Ricordiamo a tale
proposito che vari sperimentatori hanno dato come valore del
rapporto K desunto con esperienze d'impronta colla sfera di
10 m/ m di diametro sopra ferro omogeneo i seguenti numeri :
Brinell trovò K = 0,346 ; Charpy trovò K = 0,336 ; Brinell e
Dillner (congresso di Bruxelles 1906) hanno trovato invece cifre
varianti fra 0,324 e 0,362 ossia K = 0,324 come minimo corri-
spondente alla cifra di durezza H > 175 e K = 0,362 come
massimo corrispondente a durezza H < 175.
In un recente studio del Sig. Grard presentato alla riunione
dei membri francesi e belgi dell'Associazione Internazionale
sono dati i vari coefficienti di proporzionalità K corrispondenti
a differenti qualità di acciaio divisi come segue :

Acciai extra dolci per i quali


R varia da 34 a 40 Kg. valore di H< 120
Acciai dolci e semi dolci
120
40 » 55 » H
« 160
160
Acciai semi duri 55 » 65 » H
< 180
Acciai duri 65 » 75 » H > 180
124

ed i coefficienti di proporzionalità K corrispondenti alle diverse


qualità sopra enunciate sarebbero

Acciai extra dolci K 0,360


Acciai dolci e semi dolci K 0,355
Acciai semi duri K = 0,353
Acciai duri . K - 0,349

Tali valori corrispondono a prove di durezza fatte perpendico-


larmente al senso della laminazione e poca alterazione subiscono
detti valori per impronte fatte paralellamente al senso della la-
minazione ; cosicchè per una applicazione pratica agli acciai im-
piegati in marina si potrebbe mediamente assumere K = 0,360
per gli acciai dolci impiegati nella costruzione delle caldaie e
K = 0,350 per quelli usati nella costruzione degli scafi .
Il detto Sig. Grard , passando ancora ad una accurata valu-
tazione degli errori che possono risultare dal calcolare la super-
ficie della calotta sferica dell'impressione mediante l'altezza o
mediante il diametro, ha trovato risultati press' a poco concor-
danti per l'indice di durezza e, comparando altresì i vantaggi
dell'impiego di un metodo o dell'altro che sarebbe qui lungo
ripetere, trovò che, i due errori generalmente commessi, cioè
di esagerare la profondità dell'impronta quando si proceda al
calcolo della superficie dell'impronta mediante l'altezza, o par
tendo invece da un diametro falsato in seguito alle deformazioni
della biglia sotto pressione, quando si proceda al calcolo della
superficie mediante la misura del diametro dell' impronta stessa,
si è condotti a scegliere come più comodo e più esatto il se-
condo metodo.
Inoltre in una determinazione sperimentale delle cause che
possono esercitare la loro influenza sul valore del numero espri-
mente la durezza il sig. Grard ha studiato l'influenza della
velocità con cui è esercitata la pressione per produrre l'impronta,
quella della durata della pressione, l'influenza del senso in cui
l'impronta è fatta in rapporto alla direzione della laminazione
e l'influenza infine della scelta del diametro dell'impronta sot-
toposta a misura, ed è pervenuto alla importante conclusione
che l'errore massimo in valore assoluto che può esser commesso
- 125 -

sopra il numero esprimente la durezza è sempre inferiore a 5


unità Brinell ; vale a dire che indicando con Vil numero di
durezza corrispondente ad un acciaio qualunque, sarà N ± 5
la possibile variazione dovuta agli errori sperimentali sopra
l'indice di durezza. Ancora : due numeri di durezza relativi a due
impronte eseguite sopra un'acciaio perfettamente omogeneo non
dovranno differire di più di 10 unità , le differenze superiori a
10 dovranno essere attribuite ad una variazione dei costituenti
del metallo e quindi è notevole osservare che mediante questa
differenziazione è possibile determinare la omogeneità d'un me-
tallo unitamente alla valutazione della sua resistenza massima
unitaria alla trazione.
Dopo ciò osserviamo che pur ammettendo possibili errori di
misura di più o meno 5 unità Brinell nella valutazione della
durezza conformemente a quanto sopra suesposto, ben si vede
che tale errore non può ostacolare l'applicazione del metodo
Brinell alla collaudazione degli acciai impiegati in marina per-
chè l'errore massimo ammissibile cade entro i limiti di varia-
zione della resistenza o campi di collaudo ammessi dai vari re-
gistri nella collaudazione della resistenza col metodo ordinario.
Partendo infatti dai limiti ammessi dal Lloyd's Register, il
quale come si è visto ha campi di collaudo più severi degli altri
istituti di classificazione ricordiamo che il valore della resistenza
dell'acciaio per scafi può variare fra 44,1 e 52 Kg. per m/m
quadrato ; e perciò, siccome i valori medi del numero di du-
rezza per questa classe d'acciaio cadranno sperimentalmente tra
130 e 150, volendo ritenere anche possibile un errore di — 5
unità Brinell nell' accertamento della durezza , si scorge che in
correlazione al valore K assunto in precedenza come adatto agli
acciai per scafi si avrebbe l'acciaio sopradetto caratterizzato col
metodo Brinell, entro i campi di collaudo :

R = 45,50 Kg. per H = 130


43,75 125
oppure
R = 52,50 per H = 150
50,75 145
126 -

valori questi abbastanza prossimi a quelli forniti dalle caratte-


ristiche delle prove a trazione.
Più chiaramente ancora poichè il coefficiente K assunto per
gli acciai per scafi sarebbe espresso da valore medio 0,350 si
vede che un'errore massimo di 5 unità Brinell nella valuta-
zione della resistenza con questo metodo porterebbe una varia-
zione di circa Kg. 1,75 per m/m quadrato nella valutazione della
resistenza corrispondente alla trazione e che un' errore che di 10
unità Brinell, porterebbe una differenza di Kg. 3,50 ; ossia i pos-
sibili errori di valutazione della resistenza cadrebbero sempre
nei campi di collaudo comunemente ammessi nella pratica na-
vale e quindi le prove di durezza potrebbero efficacemente so-
stituire la prova a trazione con sufficiente accuratezza.
I vantaggi che d'altra parte si conseguirebbero coll' adozione
del metodo Brinell nel collaudo dei materiali per usi navali si
possono riassumere in semplificazione e speditezza di prova con
conseguente economia nelle spese di collaudo, possibilità di con-
trollare l'omogeneità di un materiale e la resistenza in vari
punti, ed inoltre il saggio di pezzi finiti in cui non è possibile
prelevare barrette di trazione.
Tutto ciò operando sul saggio con mezzi meccanici maneg
gevoli, di facile taratura, manutenzione e controllo , semplici
nella loro costruzione e per ciò economicamente vantaggiosi in
confronto alle dispendiose macchine di prova ordinarie. Nella
tavola X è riportato lo schizzo di uno di questi semplici ap-
parecchi di prova per esperienze di durezza col metodo Brinell,
costrutto dalla Société Française de Constructions Mécaniques
e largamente adottato nelle officine francesi per la sua praticità ,
robustezza e basso prezzo di acquisto. La detta Società fornisce
due distinti apparecchi costruiti sotto la direzione del Le Cha-
telier ; un tipo portabile come quello riprodotto nella figura
della tavola X per impronte con sfere di 5 m/m di diametro
sotto 750 kg. di pressione e l'altro fisso da usarsi con sfere di
10 m/m e della pressione di 3000 kg.
L'esame della figura dimostra chiaramente la disposizione
dell'apparecchio portatile il quale a nostro giudizio utilmente
si adatterebbe ai collaudi navali per i quali più specialmente
127

interessa avere un'apparecchio che permetta di esaminare sul


luogo pezzi finiti di grande mole senza doverne effettuare il tra-
sporto sotto l'istrumento di prova. Osserviamo infatti che il mo-
dello portatile per esperienze di durezza è a tale intento confor-
mato in modo da facilitare saggi sia su pezzi meccanici in
corso di fucinazione che sopra parti di struttura finite .
Essenzialmente tale strumento consiste in una pressa a vite
con manubrio azionante la vite e la piastra di strettoio H mu-
nita di denti per impedire la rotazione dell' apparecchio durante
la manovra a mano della chiusura della vite contro il saggio.
Il pezzo di cui vuolsi saggiare la durezza o il campione di
prova vien posto entro l'incavo esistente fra la piastra a denti
la biglia di 5 m/m annicchiata sulla base a scatola G dell'ap-
parecchio la quale è conformata appunto in tal modo per poter
contenere una serie di rondelle elastiche Belleville che fanno
l'ufficio di una molla di rezione tarata a 750 kg. di pressione.
In tal modo stringendo gradatamente la vite e con essa la pia-
stra H contro il saggio, la sfera penetrerà nel metallo fino a
quando la pressione esercitata dalla pressa non sorpassi la tara-
tura di 750 kg. delle rondelle Belleville, poichè a tal limite la
molla Belleville verrà compressa e la biglia retrocederà sotto lo
sforzo. Prodotta così l'impronta, se ne misura il diametro me-
diante un regolo semicilindrico di vetro come quello indicato
sotto il grafico della tavola X, il quale regolo porta sopra la
faccia piana due linee convergenti di cui una graduata, ed ap-
plicando la faccia piana di esso sopra l'impronta in modo che
l'immagine cada entro i due lati dell'angolo formanti la gra-
duazione del regolo, si legge direttamente il diametro d dell'im-
pronta lasciata , e la lettura così fatta in decimi di m m viene
riportata sulla scala delle ordinate del diagramma indicato nella
tavola X , in corrispondenza dell'ascissa letta sul grafico al-
l'incontro della linea diagonale caratteristica del diagramma
coll' ordinata rispondente alla lettura si ottiene prontamente la
resistenza alla trazione del metallo saggiato.
Si potrebbe obbiettare che il metodo Brinell, pur permettendo
di valutare in modo sufficientemente esatto la resistenza alla
trazione di una data specie di materiale ben caraterizzato da un
-- 128 -

numero sperimentale di durezza , non dà alcun ragguaglio sopra


la duttilità del materiale in sostituzione della misura che di
essa comunemente si ottiene dall'allungamento percentuale de-
dotto da una prova industriale a trazione. Osserviamo però che
sotto tale riguardo la prova Brinell per il materiale navale po-
trebbe essere completata misurando, nella prova di piegamento
a freddo prescritta dai registri, l'allungamento percentuale otte-
nuto sopra il saggio piegato a blocco. A tal uopo occorre sol-
tanto segnare sopra la faccia esterna della barretta da assogget
tarsi al piegamento due punti di riferimento alla distanza di
100 o 200 m/m in modo da definire una usuale lunghezza di
misura a cui riferire l'allungamento percentuale conseguente al
piegamento a blocco della provetta. La misura dell' allungamento
percentuale verrà prontamente eseguita disponendo un sottile
filo di piombo sul contorno della faccia esterna incurvata del
saggio e ciò approffittando dell'estrema malleabilità e plasticità
del filo di piombo il quale potrà cingere esattamente il contorno
della fibra esterna entro i punti di riferimento previamente sta-
biliti. Raddrizzando poscia il filo di piombo intaccato in corri-
spondenza dei punti di riferimento segnati esso ci fornirà la
lunghezza lineare dello sviluppo della fibra esterna incurvata di
piegamento e comparando tale sviluppo, nell ' ordinario modo,
colla distanza primitiva della lunghezza di misura si avrà
un'allungamento percentuale che come quello ottenuto nella
prova a trazione potrà fornirci una misura sufficiente della mal-
leabilità e duttilità del metallo .
Vari piegamenti da me eseguiti su diverse barrette di ac-
ciaio nel laboratorio di meccanica applicata della R. Scuola Na-
vale Superiore di Genova fornirono una buona misura della dut-
tilità comparabile a quella desunta dalla prova di trazione e la
misura mi parve accettabilissima per il comportamento uniforme
osservato nell'esperienza con barrette uguali ricavate da mate-
riale di una stessa colata.
Valutati così i vantaggi che l'impiego dei nuovi metodi di
prova potrebbero portare sia nell'unificazione dei collaudi dei
materiali navali che nell'esecuzione economica e speditiva delle
prove con sufficiente accuratezza e maggiore ampiezza di rag-
·

1
tari della resis

trendenti alungamen

campi di collaudo

aciaio per scafe second

tre de Associazione

2 13 14 15 16 17

lunga
menti % minim
TAV . VIII .

agramma dei valori limiti della resistenza unitaria alla tra-


01
zione e corrispondenti allungamenti 0 minimi di rottura

determinanti i campi di collaudo delle lamiere ordinarie e

profilati di acciaio per scafi secondo le prescrizioni dei prin-

cipali Registri e dell' Associazione Italiana.


57
lim

50
)
(
P

69
Resistenza

orp e
.C iiter
87
rottura

Re d
lB.a g

R.N .
y

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8
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97

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27

n
io
at
87

ci
so
As
87
17
07
39
38

12 13 14 15 18 19 20 21 22 23
*

Allungamenti minimi di rottura .(Amen)


TAV. IX .

Diagramma dei valori limiti della resistenza unitaria alla tra-


01
zione e corrispondenti allungamenti 0 minimi di rottura

determinanti i campi di collaudo delle lamiere crainarie e


profilati di acciaio per caldaie secondo le prescrizioni dei prin-
cipali Registri e dell
' Associazione Italiana.
55
M B.V. Limite estremo Involucro
54

53
B.V.-G..Valorieccezionali Involucro
32

52

GL Limite ord Involucero


51
SL.R.O
50 BCB. Limite ord Involucro
Involucro
-B.CRNI

19
L.R

B.V.Limite Fandi &Fronti


48
G.. Involucro
G.L. Lim est Fondi
47
BY.Lin Fronti, Fornec .
Forniece
46
14.R.B.CR.NIX
45
Cas Fuoco+
x
44

44
In
lucro

B.
vo
lu
G

43
cr
L.

o
Invo
A.I.

42
.

GL. Limite ord Fondi


41 Fronti,Forni, CasseFuoco
B.V. (A.[-Limit formi etc.
x
40 B.V Fondi eFrontali
39

39
B.V.FornieCasseFuoco
30

38

37
JA.I formi
36 G.L. Invol , Fondi
Fronti, Forni
35 CasseFuoco

34
18 19
26

20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

1
APP

POR

PER

LA

PRO

DI

DUR

DEI

MET

COL

costr
Soci

COSTRE
- 129 --

guagli qualitativi e discusse le possibili obiezioni che potrebbero


essere avanzate sull'argomento, speriamo di veder accolte le
nostre proposte in una desiderabile riforma del regolamento del
Registro Nazionale Italiano e delle varie norme di collaudo della
R. Marina le quali eziandio si mostrano arretrato e discordi dalla
unificazione propugnata.
Nota sul rapporto dell'altezza alla larghezza

dello scafo dei piroscafi da carico (' )

Ing. Cav . ETTORE MENGOLI , Professore ordinario della R. Scuola


Navale Superiore di Genova.

§ 1. In questa nota le dimensioni principali dello seafo


(cioè la lunghezza fra le facce esterne dei dritti di prora e di
poppa, la larghezza massima fuori ossatura, l'altezza della retta
del baglio maestro del ponte superiore sopra la faccia superiore
della chiglia) saranno denotate rispettivamente con L, 1, h, il
coefficiente di finezza della carena relativo al parallelepipedo e
all'immersione massima i sarà denotato con 4, alcune grandezze
costanti saranno denotate con K₁ , K , K¸ ....

§ 2. L'Autore di questa nota , basandosi sopra una for-


mola empirica del signor J. Johnson , ha dimostrato (*) che il
o
peso complessiv delle parti di metallo dello scafo di un piro-
seafo mercantile del tipo ordinario , costruito secondo le regole
del Lloyd's Register e avente la lunghezza , la finezza e il vo-
lum dati , è minimo allorchè il rapporto di had le hanno
enti
i valori corrispond sottonotati :

h
per = 0,50 , 0,593 ,

h
9 == 0,60 , 0,577 ,

h
f = 0,70 , = 0,560 ,

h
= 0,80 , = 0,544 .
l

(') Questa nota non fu, come doveva essere, presentata al Congresso,
perchè non fu terminata nel tempo debito .
(2) V. Rivista Marittima, fascicolo di febbraio 1903 .
131

La formola empirica del Johnson è fondata sul regolamento


del Lloyd's Register abrogato da circa due anni, secondo il quale
il numero trasversale si otteneva sommando insieme la metà di
7, lo sviluppo della mezza ordinata maestra e l'altezza della
sommità del baglio maestro sopra la faccia superiore della chi-
glia, e il numero longitudinale (number plating) si otteneva mol-
tiplicando il numero trasversale per la lunghezza dello scafo fra
le facce interne dei dritti di prora e di poppa.
Secondo il vigente regolamento del Lloyd's Register il nu-
mero trasversale si ottiene sommando con h, e il numer
longitudinale si ottiene moltiplicando L per ( l + h ); e siccome
le dimensioni delle parti di uno seafo dipendevano e dipendono
dai numeri suddetti, sarà utile di cercare nuovamente il valore
del rapporto di had per il quale sia minimo il peso comples-
sivo delle parti di metallo dello scafo di un piroscafo mercantile
del tipo ordinario costruito secondo il vigente regolamento del
Lloyd's Register e avente la lunghezza, la finezza e il volume
dati.
Se non che l'Autore di questa nota non ha ora il sussidio
di una formola analoga a quella del Johnson basata sul nuovo
regolamento del Lloyd's Register ; e per questo la ricerca sarà
alquanto laboriosa, e per renderla più breve essa sarà ristretta
ad un piroscafo da carico con un solo ponte fasciato soltanto di
lamiera. E poichè (come risulterà in seguito ) il valore suddetto
del rapporto di had 7 dipende ancora dalla grandezza di Le
da quella del prodotto 7h, per questo saranno considerati tre
scati  19,  , Â, aventi rispettivamente le caratteristiche sotto-
notate :

lunghezza L) 320 360 400 piedi,


prodotto h) 1242 1421 1696 piedi quadrati,
rapporto L: 1) 7 - 7,7.

§ 3. Siccome la lunghezza, il volume e la finezza dello


scafo sono dati e debbono essere considerati invariabili , trascu-
rando la piccola variazione del volume correlativa all'insellatura,
132

il prodotto 7h per uno seafo dato dovrà essere ritenuto costante,


mentre si fa variare il rapporto di had 7. Per questo , ponendo

lh = c = costante,
ed
h
=m
7
sarà

C
1= " h=
√ =Vom ⋅

§ 4. Le dimensioni delle parti di uno scafo date nelle


Tarole del Lloyd's Register sono funzioni non continue delle va-
viabili dalle quali esse dipendono, e per questo se le Tarole
fossero tradotte in grafici, si otterrebbero delle linee a scalini.
Si immagini sostituita ognuna delle linee a scalini con una li-
nea continua, la quale si scosti dalla prima il meno possibile,
e si considerino le dimensioni delle parti degli scafi quali risul-
tano dalle linee continue, anzichè dalle linee a scalini anzidette ;
codesta sostituzione è necessaria per potere studiare analitica-
mente la questione. Siccome in questa nota occorrerà ricorrere
soltanto ad un breve tratto delle linee continue suddette ( il tratto
relativo all'intervallo tra lo scafo A, e lo scafo 4 ), qualunque
sia la curvatura di esse, il breve tratto anzidetto potrà essere
supposto rettilineo ; e se è l'ascissa (numero longitudinale, lun-
ghezza del baglio maestro, ecc) e y è l'ordinata (grossezza del
fasciame esterno, area della sezione trasversale del baglio mae-
stro, ecc. ) di un punto qualunque di una di tali linee continue,
si potrà scrivere

y = a + b x,

nella quale a e b sono costanti che si possono determinare con


l'aiuto delle Tavole.
Nelle considerazioni e nei calcoli seguenti i numeri longitu-
dinale e trasversale del Lloyd's Register relativi agli scafi com-
presi fra 4, e A,3 varieranno circa da 23000 a 35000 e da 72 a
86 rispettivamente.
133 -

§ 5. Peso del fasciame esterno. Supposto quindi un piro-


scafo da carico del tipo ordinario , con un solo ponte fasciato
soltanto di lamiera e con l'insellatura normale delle Tarole del
freeboard, se si denota con S
′ l'area della superficie dello scafo
fuori ossatura fino al ponte, e si suppone = 0,80 , si può scri-
vere, con approssimazione sufficiente ,

S = L (0,80 1+ 1,844 h + 0,007 Z) .

La parte di S relativa all' insellatura è 0,007 L.


La grossezza media g. dell'intero fasciame fino al ponte, nei
limiti compresi fra lo scafo 4, e lo scafo A , dedotta dalle Ta-
role 17 e 18, è data approssimativamente da

L (1 + h)
= 40+ 1560

nella quale L, 1, h sono espresse in piedi e ё espressa in

centesimi di pollice. Siccome la grossezza della cinta e quella


del corso inferiore alla cinta dipendono anche dal rapporto di
Lad h, l'ultima formola è stata ottenuta supponendo L com-
presa fra 12h e 13h : nel § 15 sarà discusso l'effetto di questa
supposizione , il quale effetto sarà in ogni caso piccolo e po-
trebbe essere trascurato.
Poichè la superficie complessiva delle lamiere del fasciame
esterno fino al ponte si ottiene moltiplicando S per un numero
maggiore dell' unità, chiamando P, il peso del fasciame esterno
suddetto, sarà

P₁ = K,1 L (0.80 7 + 1,844 h + 0,007 L) g,. ,

e, con sostituzioni facili,

32
C V m + 73,76 V m

+ 0,28 L
P₁ = K, L 0,0005128 (1)
+ Le + 0,0016948 + 0,001182 m
m
1
+0,000004487 ZV c + V m
ገበ
134

Come si vede, P, consta di quattro termini , dei quali sol-


tanto tre dipendono da m : il primo dei termini suddetti è mi-
nimo allorchè
32
m = = 0,434 ;
73,76
il terzo è minimo allorchè

= !!! 0,0005128
= 0,658 ;
V 0,001182

il quarto è minimo allorchè

M=

e ha poca importanza relativamente agli termini. Per questo il


valore di per il quale P, è minimo sarà compreso fra 0,434
o 0,658 , qualunque siano Le c ; e con calcoli semplici e molto
lunghi si deduce :

nello scafo 4, il minimo di P, si ottiene allorchè m = 0,525 ,


A2 » P₁ m = 0,530 ,
As » P. m = 0,545 .

Inoltre, i valori di P, corrispondenti ad alcuni valori di m ,


dedotti dalla relazione (1) , sono

m = 0,525-0,530-0,545-0,55 -0,60 - 0,65 -0,70


scato 4, ) P = 1,00 - - 1,000264 -1,00240-1,0057 1,0133 ;
» A )P₁ = 1,00 - - 1,000170-1,00200 - 1,0044 - 1,0122 ;
» A3) P₁ = > - 1,00 1.000012 1,00146-1,0043-1,0110 .

Il peso del fasciame esterno è la parte più grande del peso


complessivo delle parti di metallo di uno scafo ; ma per risol-
vere il problema enunciato devesi tener conto eziandio del peso
delle altre parti, e per questo è d'uopo indagare come varii il
peso di queste parti allorchè si fa variare m in più e in meno
(in questa ricerca basta la prima di codeste due variazioni ) in-
torno al valore per il quale P, è minimo.

§ 6. Peso del fasciame del ponte. Per le cose dette nel § 3 ,


mentre varia m l'area della superficie del ponte sarà proporzio-
135

nale al prodotto Ll. La grossezza media g, del fasciame del


ponte compresi i trincarini, nei limiti fra lo scafo 4, e lo seafo
4,, dedotta dalla Tacola 18, è data approssimativamente da

Ľ ( l + h)
92 - 22,5 +
1700

nella quale formola L, 1, h sono espresse in piedi e g, è espressa


in centesimi di pollice.
Siccome la larghezza e la grossezza dei trincarini e la gros-
sezza del fasciame del ponte dipendono anche dal rapporto di
Lad h, nello stabilire l'ultima formola è stato supposto Z com-
presa fra 12 h e 13 h : nel § 15 sarà discusso l'effetto di questa
supposizione.
Chiamando P,2 il peso del fasciame del ponte compresi
trincarini, si potrà scrivere
P₂ =
K, L 1 g₂ ;
la quale, con sostituzioni facili, diventa

P, - K,24 L 22,5 Ve +
Vm

Le 1
1700 m + (2)

In conseguenza di questa relazione le variazioni relative di P


em sono le seguenti :
m== 0,525 - 0,530 - 0,545 -0,55 -0,60 -0,65 -0,70 ;
scafo 4 ) P = 1,00 - 0,976 - 0,930 - 0,891 - 0,856 ;
scafo A ) P₁2 = - 1,00 - 0,978 -0,931 - 0,892 - 0,861 ;
scafo A ) P = 1,00 -0,995 - 0,947 -0,907 - 0,871 .
$ 7. Peso del fasciame del doppio fondo. Col sussidio
della Tavola 8, e con ragionamento identico a quello fatto nel
paragrafo precedente , si deduce che il peso P,3 del fasciame
(piattaforma ) del doppio fondo, supposto del tipo ordinario con
madiera alto ad ogni costola, può essere espresso da

Ps =
P₁ - K,3 L
LIJs
1 Is3 ;
- 136

9 è la grossezza media del fasciame del doppio fondo , e dalla


Tavola 8 si deduce, con approssimazione sufficiente,

L (l + h)
= 30 +
3000

nella quale formula L, 1, h sono espresse in piedi eg , è espressa


in centesimi di pollice.
Con sostituzioni facili si ottiene

1
P3 = K, L
P₁ 30 V c
m

LC 1
+ (3 )
3000 m

In conseguenza di questa relazione le variazioni relative di P、


em sono le seguenti:

m = 0,525 -- 0,530 - 0,545 -- 0,55 -- 0,60 -- 0,65 0,70 ;


scafo 4 ) P3 1,00 --0,977 0,933 -0,895 - 0,861 ;
scafo 4.2 ) P3 - -- 1,00 -- 0,980 0,934 0,897 -- 0,863;
scafo 4 ) P -- 1,00 -0,995 - 0,949 - 0,910 -- 0,975.

§ 8. - Peso delle coste e delle rovescie nel doppio fondo.


Secondo le indicazioni delle Tarole 2 e 3 la distanza d delle
coste, nei limiti compresi fra lo scafo 4, e lo scafo 4 , è data
approssimativamente dalla formola

l + h
d = 12,25 +
6

nella quale 7 ed h sono espresse in piedi e d è espressa in pol-


lici ; per questo il numero totale delle coste e delle rovescie
nel doppio fondo sarà proporzionale al quoziente di L a d.
Secondo le indicazioni della Tacola 8 l'area della sezione

1}
--- 137

trasversale di codeste verghe angolate è espressa approssimati-


vamente da

u₁ = 1,7 +0,00003 L (1 + h) ,

nella quale formola L, 1, h sono espresse in piedi e u in pol-


lici quadrati.
La lunghezza media delle verghe angolate predette è pro-
porzionale ad 7.
Chiamando P, il peso delle coste e delle rovescie nel doppio
fondo, si potrà scrivere

P₁ = K us
d I

e, con sostituzioni facili ,

1
1,7V + 0,00003 Lc (
Vm +1)
P₁ = K, L (4)
1
Vc
12,25 + + Vm )
6 Vm

In conseguenza di questa relazione le variazioni relative di


Pem sono le seguenti :

m0,525-0,530 -0,545-0,550 0,60 0,65 0,70 ;


scafo 4, ) P₁4 = 1,00 -- 0,978 -- 0,937 -0,903 - 0,872 ;
scafo A ) P₁ = - 1,00 -- 0,983-0,943-0,908 -0,883 ;
scafo A ) P = - 1,000--0,996-0,955 - 0,919 -0.887 .

-
§ 9. Peso dei madieri nel doppio fondo. La lunghezza
media dei madieri sarà proporzionale ad 7 , il numero totale dei
madieri sarà proporzionale al quoziente di La d , e, secondo le
Tavole 8 e 9, l'area u , della sezione trasversale media dei ma-
dieri, nei limiti già definiti , può essere espressa da

u7,430,00023 L (l + h) ,
138

nella quale L, 1, h denotano piedi e , denota pollici quadrati .


Chiamando P,5 il peso dei madieri suddetti , sarà
L
Ks d
P₁ = Klu 59

e, con facili sostituzioni ,

+0,00023 Lc
7,43 Ve
Vm m + 1)
P = K, L (5)
1
Vc
12,25 + + Vm )
6 m

In conseguenza di questa relazione le variazioni relative di


Pem sono le seguenti :
m0.525-0,530 -- 0,545 - 0,55 -- 0,60 0,65 0,70 ;
-- -- 0,979 -- 0,938 -0,902 -0,870 ;
scafo A 1, ) P = 1,00
scafo A ) P = -- 1,00 -- 0,9810,940 -0,904-0,873 ;
scafo A ) P5 = -- 1.000,996-0,953 -0,916-0,833 .
--
$§ 10. Peso dei bagli del ponte. Siccome il ponte è fasciato
soltanto di lamiera, i bagli saranno considerati a tutte le costole.
La lunghezza media dei bagli sarà proporzionale ad 7, il nu-
mero totale dei bagli sarà proporzionale al quoziente di L a d.
L'area della sezione trasversale dei bagli, tra i limiti definiti ,
secondo le Tarole 11 e 13, è data approssimativamente dalla
formola

Wc = - 4,40 + 0,211 ,

nella quale e sono espresse rispettivamente in piedi e in


pollici quadrati.
Denotando con P,6 il peso complessivo dei bagli del ponte
esclusi i bracciuoli , si potrà scrivere

L
(— 4,40 + 0,21 1) ,
P₁6 = K d 1 (−

e, con facili sostituzioni,


1 1
4,40 Ve + 0,21
PK L Vm M
(6)
1
Ve
12,25 + + Vm
6 Vm

!
139

In conseguenza di questa relazione le variazioni relative di


Pem sono le seguenti :

m == 0,525 -- 0,530 -0,545 -0,55 -0,60 -0,65 -0,70 ;


scafo A₁ ) P = 1,00 -- - » -- 0,948 -- 0,845 - 0,755 - 0,679 ;
scafo A ) P = › -- 1,00 > -- 0,953 -0,851 -0,767 -0,700 ;
scafo A ) P = > -- 1,00 0,990 -- 0,890 -0,799 - 0,728.

§ 11. Peso delle lamiere delle paratie stagne. Per le cose


dette nel § 3 l'area della superficie delle paratie stagne si con-
serverà pressochè costante mentre si fa variare il rapporto di
h ad l. Secondo le indicazioni della Tavola 10 la grossezza
media g, delle lamiere delle paratie stagne è funzione del pun-
tale al ponte superiore misurato dalla piattaforma del doppio
fondo, il quale puntale può essere considerato , fra i limiti de-
finiti, proporzionale ad h; per questo si può scrivere

9. = 21 + 0,4 h ,

nella quale formola heg, sono espresse rispettivamente in


piedi e in centesimi di pollice. Denotando con P, il peso delle
lamiere delle paratie stagne, sarà

P₁ = K, 1hg, K, cg,,

e, con facili sostituzioni,

P₁ = K, c (21 + 0,4 V V (7)

In conseguenza di questa relazione le variazioni relative di


P, em sono le seguenti :

m0,525-0,530 -0,545-0,55 -- 0,60 -0,65 -0,70 ;


scafo A₁1 ) P₁ = 1,00 -- -- 1,008--1,022 - 1,036 - 1,050 ;
scafo A ) P₁ = - 1,00 -- -- 1,009 1,024 - 1,039 - 1,053 ;
«
scafo A ) P; = - 1,00 - 1,002 1,018 - 1,033 - 1,049 .
--
§ 12. Peso dei rinforzi delle paratie stagne. Si supporrà
che le paratie stagne sieno armate soltanto con rinforzi verticali
(montanti). Poichè la distanza dei montanti è costante (trenta
pollici), il numero totale dei montanti sarà proporzionale ad l.
- 140

Nello scafo che si considera (con un solo ponte) la lunghezza


media dei montanti sarà proporzionale circa ad h , e per questo
la lunghezza complessiva di tutti i montanti sarà proporzionale
circa al prodotto lh , ossia sarà pressochè costante ; il peso
complessivo dei montanti, escluse le squadrette di collegamento
delle estremità, sarà quindi proporzionale all'area della sezione
trasversale dei montanti stessi . Secondo la Tarola 10 (conside-
rando p . es. i rinforzi di verghe a canale oppure le lamiere
flangiate), l'area u , della sezione trasversale dei rinforzi stessi ,
fra i limiti già definiti, varia in ragione diretta composta del
puntale al ponte superiore e del puntale di stiva misurati dalla
piattaforma del doppio fondo ; e perciò nello scafo considerato
(con un solo ponte) si può ammettere, con sufficiente approssi-
mazione , che u, varii proporzionalmente al quadrato di h , e ,
con l'aiuto della Tavola 10, si può scrivere:

Ug = 1 +0,011 h² ,
nella quale formola heu, sono espresse rispettivamente in piedi
e in pollici quadrati .
Denotando con P,8 il peso dei rinforzi suddetti , escluse le
squadrette di collegamento delle estremità, sarà

PK8 lhu, K, c ( -1 + 0,011 h ) ,

e, con facili sostituzioni ,

8
PK,8 c (-1 +0,011 cm). (8)
In conseguenza di questa relazione le variazioni relative di
Pem sono le seguenti :

m0,525-0,530 -0,545 - 0,55 0,60 -0,65 -0,70 ;


scafo A, ) P = 1,00 -- -- 1,055 -- 1,166 - 1,276 1,386 ;
scafo A ) P8 = -- 1,00 -- 1,043 -- 1,150 - 1,257 - 1,364 ;
scafo A₁ ) Pg = - 1,00 -- 1,010 1,112 - 1,213 - 1,315 .
§ 13. Peso delle costole delle murate. Esaminando la Ta-
vola 3 (p . es. la parte di essa relativa alle verghe a canale sem-
plici e alle verghe a canale rinforzate con cantoniera rovescia) ,
si deduce che per piccole variazioni del numero trasversale e
dell'altezza di stira misurata della piattaforma del doppio fondo
l'area della sezione trasversale delle costole varia in ragione di-

!
141

retta composta di queste due grandezze ; e siccome nello scafo


considerato (con un solo ponte) l'altezza di stiva è una frazione
pressochè costante di h, ne consegue che l'area predetta varierà
approssimativamente secondo la funzione ( + hh. E denotando
con u, l'area suddetta , si può porre, con sufficiente approssima-
zione e tra i limiti definiti ,
- 2,12 0,00534 (l + h) h ,
nella quale formola 7, h sono espresse in piedi e u。 è espressa
in pollici quadrati.
E poichè la lunghezza media delle costole è proporzionale
circa ad he il numero totale di esse è proporzionale al quo-
ziente di La d , denotando con P, il peso complessivo delle
costole delle murate, escluse le squadrette di collegamento delle
estremità, sarà
L
K。
Po = K₂u, h,
d 9
e, con sostituzioni facili ,

Vē Vin – 2,12 + 0,00534 c (1 + m){


P₁9 = K, L (9)
1
Ve
12,25 +
6 V m + √m )
In conseguenza di questa relazione le variazioni relative di
P,9 em sono le seguenti :
m = 0,525 - 0,530 0,545 - 0,55 -- 0,60 -0,65 -0,70 ;
scafo A₁1 ) P, - 1,00 - 1,049 1.147 - 1,246 - 1,343 ;
scafo A ) P = -- 1,00 -- - 1,038 -- 1,133 - 1,233 - 1,333 ;
«
scafo A ) P₁ = -- 1,00 - 1,010 1,101 1,194 - 1,286.

§ 14. Considerando gli scafi 4 ,, A,, A, costruiti col rap-


porto m eguale rispettivamente a 0,525-0,530-0,545, e rappresen-
tando con 100 il peso P,1 (supposto le lamiere con i lembi lon-
gitudinali a scannello e le giunture trasversali a sovrapposizione),
gli altri pesi hanno i valori sottonotati :

P P₂|P3
P₂ P3 P4 P5 P P P P P

Scafo A,; == 0,525 100 28,0 20,0 10,3 22,4 18,0 10,3 6,4 30,0 245,4
» A; m = 0,530 100 28,2 20,9 10,0 21,6 18,7 9,5 6,7 34,8 250,4
» Am = 0,545 100 30,4 20,8 10,0 22,4 20,0 9,5 8,3 42,0 263,4
142 -

In questa tabella P è la somma dei pesi P,1 + P, + ... + P,.

$ 15. - Coi numeri contenuti nella tabella del paragrafo


precedente e con quelli dedotti dalle relazioni ( 1 ) , (2 ) , .... ( 9)
si ottiene la tabella seguente, la quale contiene i valori relativi
di P corrispondenti ai valori di m già considerati.

m=0,525 m = 0,530mm = 0,545 m = 0,55 m = 0,60 m 0,65 m = 0,70

scafo A, 245,4 >>> 244,565 243,211 242,731 243,185


» A: 250,4 249,624 248,487 248.493 251,840
» A3 263,4 263,333 262,514 262,649 263,880

Costruendo tre linee aventi per coordinate dei diversi punti


i valori corrispondenti di me P, si deduce da queste linee che
Pè minimo allorchè

nello scafo A ,, m = m₁ = 0,650,


nello scafo A,, m = m₂ = 0,625,
nello scafo A , m = m₂ = 0,620.

Ne consegue che le dimensioni principali L , 1, he i rap-


porti di queste degli scafi A,, A,, 4, soddisfacienti alla condi-
zione del minimo valore di P sarebbero :

L L
scafo 4 ) 320 × 43,71 × 28,41 piedi ; h = 11,26 ; — = 7,32 ;

L L
- 12,08 ; =7,55 ;
scafo A ) 360 × 47,68 × 29,80 piedi ; h ī
L L
scafo A ) 400 × 52,31 × 32,43 piedi ; h = 12,33 ; 7 = 7,74 .

Dall'ultima tabella e dalle linee traccia te con l'aiuto di essa


i deducono le variazioni di P relative ad m ; così :
nello scafo A,, facendo variare m da 0,65 a 0,70 e a 0,60, P
varia rispettivamente di 0,00187 e 0,002 ;
nello scafo A,, facendo variare m da 0,625 a 0,65 e a 0,60,
P varia di circa 0,0008 ;
nello scafo A,, facendo variare m da 0,62 a 0,65 e a 0,60 ,
P varia rispettivamente di 0,0008 e 0,00024.
- 143

I valori m₁ , my , my , sono stati ottenuti (v . § 5 e 6) sup-


ponendo L compresa fra 12 h e 13 h ; per m²2 e mz il risultato
concorda con la supposizione ; per m , la rirerca ha dato Z com-
presa fra 11 h e 12 h ; e per questo nello scafo 4, dovrebbero
essere leggermente diminuiti i pesi P,1 e P,, la qual cosa con-
durrebbe ad un valore di m , leggermente più grande di quello
trovato, cioè 0,65.

§ 16. ―- Nella ricerca che ha condotto ai valori m¸ , m2 , m z ,


è stato tenuto conto soltanto dei pesi P₁ , P. , • P99 e
sono stati trascurati i pesi di altre parti dello scafo, cioè : dei
puntelli e dei bracciuoli dei bagli , delle squadrette delle co-
stole delle murate e di quelle dei montanti delle paratie stagne,
dalla parte della poppa a poppavia della perpendicolare addietro,
dei correnti delle murate, dei paramezzali centrale e laterali ,
delle marginali del doppio fondo, dei dritti di prora e di poppa ,
della parte della cinta al di sopra della linea del ponte supe-
riore , dei casseri ecc. Or bene, sul peso delle prime cinque di
codeste parti influiscono poco le variazioni di m , ma il peso
delle altre parti dipende anche da m ; infatti, esse sono regolate
dal numero longitudinale L ( l + h) o dal numero trasversale
l + h , i quali numeri (poichè L è costante e il prodotto h
è costante) divengono minimi allorchè h = 1, ossia allorchè
m = 1.
Ne consegue che, siccome P varia pochissimo allorchè si fa
variare m di poco intorno ad m₁ , m. , ed m3, il valore di m
al quale corrisponderà il minimo peso complessivo di tutte le
parti di metallo dello scafo sarà, per gli scafi A,, A2 , A3 , un
poco più grande di m₁ , m, ed m¸.

§ 17. La condizione del minimo peso dello scafo è senza


dubb io impo ante , ma vi sono nel piroscafo altre condizioni non
rt
meno o più importanti del peso dello scafo . Infatti , la stabilità
deve essere nei limiti riconosciuti giusti dalla pratica ; l'immer-
sione può essere vincolata a non superare un valore dato ; l'area
e
della superficie della carena , (superficie bagnata ) è convenient .
che sia la più piccola possibile ; ecc . Riguardo all' ultima di
queste condizioni giova fare osservare che , siccome nei piroscafl
144

che si muovono a piccola velocità la resistenza al moto è dovuta


principalmente all'attrito dell' acqua ed è quindi proporzionale
all'area della superficie bagnata, quanto più piccola sarà l'area
della superficie bagnata, altrettanto più piccola dovrà essere la
potenza della macchina motrice principale. In un piroscafo da
carico del tipo ordinario, avente la lunghezza e il volume della
carena dati o determinati a priori e il coefficiente di finezza
della carena = 0,80 , l'area della superficie bagnata della ca-
rena è minima allorchè il rapporto dell' immersione alla lar-
ghezza è circa 0,444. (1)
Per questo, nello studiare un piroscafo si soddisferanno le
condizioni fondamentali , e si cercherà di avvicinarsi il più che
sia possibile alle altre, le quali , per ragioni diverse, rendono il
piroscafo più conveniente.

( ) V. Rivista Marittima, fascicolo citato .


Caldaie a combustibile liquido

Ing . GIULIO FUMANTI , Cap . del Genio Navale.

L'impiego del combustibile liquido nelle caldaie , sia della


Marina da guerra e sia della Marina Mercantile , si va sempre
estendendo ed affermando per i notevoli vantaggi rispetto al
carbon fossile : e senza dubbio si sarebbe ancora più generaliz-
zato se non si opponessero ragioni economiche e speciali dif
ficoltà di approvvigionamento.
I giacimenti petroliferi sono sparsi su tutta la superficie ter-
restre i più grandi che forniscono totalmente i mercati del
mondo, sono quelli della Pensilvania negli Stati Uniti e quelli
di Bakou nell'Asia Minore. Sopra una produzione mondiale di
circa 60 milioni di barili , della capacità di 150 litri gli Stati
Uniti figurano per 40 milioni di barili e l'Asia Minore con 16
milioni di barili.
Il petrolio greggio è un liquido vischioso, di colore bruno
e nerastro, con l'odore caratteristico del bitume.
I combustibili liquidi generalmente adoperati sono i residui
della distillazione spinta a 300° circa : come è noto i prodotti
della distillazione frazionata del petrolio greggio sono :
1) Olii leggieri, che distillano sotto 150°.
2) Olii medii e illuminanti, che distillano fra 150º e 300°
3) Olii pesanti che, distillano sopra 300".
4) Vasellina.
5) Paraffina.
Si possono adoperare per la combustione anche quei petrolii
greggi (Texas e California) privi di frazioni leggiere ; hanno
però l'inconveniente di contenere molto zolfo.
- 146

La densità dei petroli adoperati per la combustione liquida


è variabile fra 0,88 e 0,94 ; il potere calorifero varia da 10500
a 11000 calorie.
Il punto d'infiammazione è di 150 ° circa.
L
Paragone economico fra il combustibile liquido
e il carbon fossile.

Il potere calorifero di un buon combustibile fossile oscilla


fra 7500 e 8000 calorie ; perciò la nafta ha un potere calorifero
superiore del 30 100 a quella di un buon carbone fossile.
È da aggiungere che nelle caldaie marine il carbone non è
completamente bruciato ; e perciò , tenendo conto delle perdite.
per incompleta combustione, si può ritenere che il potere vapo-
rizzante del petrolio e del carbone stanno nel rapporto di 15
a 10.
Dal punto di vista, puramente economico, si deve osservare
che le spese d'imbarco del combustibile liquido soño inferiori a
quelle per imbarco del combustibile solido ; e si può ritenere
che è conveniente adoperare il combustibilo liquido in quelle
località dove il suo costo è circa una volta e mezzo quello
del carbone. In conseguenza l'uso del combustibile liquido
si presenta senz'altro più economico nel golfo del Messico nelle
coste della California e nel Mar Nero, dove si trovano i gia-
cimenti petroliferi e dove è appunto verificata la suddetta con-
dizione limite nel rapporto dei prezzi del combustibile liquido
e solido.
Ma altre condizioni sono economicamente a favore dell' uso
del combustibile liquido.
Le spese d'impianto , salvo il costo dei brevetti , si equival-
!
gono nei due sistemi, poichè mentre nella combustione liquida
occorrono i polverizzatori , le tubazioni, le casse di distribuzione
e uno speciale macchinario nel sistema di polverizzazione mec-
canica ; nella combustione solida occorrono invece le graticole ,
i verricelli delle ceneri e gli eiettori delle ceneri ; gli accessori
per le carbonaie, come porte stagne, portelli d'imbarco del car
bone ecc. nonchè tutti gli utensili per il governo dei fuochi.

1
― 147 ---

Le spese di manutenzione sono assai inferiori per la combu-


stione liquida , perchè sono eliminate le forti spese per il fre-
quente ricambio delle graticole, dei buglioli per le ceneri e per
manutenzioni e riparazioni dei carbonili , che richiedono molte
spese e molta cura.
Le lamiere di sentina dei locali caldaie nella combustione
liquida sono meno sottoposte a corrosione e così pure le lamiere
dei depositi di nafta.
Nella combustione liquida sono da considerare nelle spese
di manutenzione soltanto quelle relative ai polverizzatori e ai
macchinari di polverizzazione , e una maggiore spesa per il
cambio del rivestimento refrattario , più soggetto a deteriorarsi
rispetto alle caldaie con combustibile solido.
Per le spese di esercizio la combustione liquida ha anche
un notevole vantaggio potendosi ridurre il personale destinato
alla condotta delle caldaie ed essendo eliminato il personale per
il trasporto del carbone delle carbonaie , poichè qualsiasi movi-
mento del combustibile è effettuato mediante le tubazioni e le
relative pompe di aspirazione dai varii depositi.

Vantaggi nella sistemazione e nella condotta


della combustione liquida.

La combustione liquida presenta inoltre i seguenti vantaggi


di sistemazione e di condotta :
1 ) Rapidità e facilità d'imbarco del combustibile ;
2 ) Riduzione dello spazio delle camere delle caldaie , non
essendo necessario di lasciare sulla fronte delle caldaie che lo
spazio occorrente per i meccanismi di combustione e per la ma-
novra dei polverizzatori, spazio notevolmente inferiore a quello
che conviene assegnare nelle caldaie a combustione solida per
il governo dei fuochi .
3) Combustione completa e assenza di fumo ;
4) Facilità di poter variare rapidamente l'andamento dei
fuochi ;
5) Facilità, in caso di bisogno, di poter spegnere istanta-
neamente una caldaia, chiudendo l'afflusso del petrolio.
- 148 -

6 ) Messa in pressione di una caldaia in brevissimo tempo.


7) Facilità di poter mantenere regolarmente una costante
attivazione delle caldaie, potendosi avere una costante ed auto-
matica alimentazioue di combustibile.
8) Facilità di condotta, diminuendo di molto la fatica del
personale destinato alle caldaie ; mentre nelle caldaie a carbone
è necessario nelle lunghe navigazioni, eseguire la metodica pu-
lizia dei forni , raccogliere e trasportare le ceneri.
9 ) Facilità di stivaggio potendosi con vantaggio destinare
a depositi di naftedine locali angusti , che male si adatterebbero
per carbone.
Tutti i vantaggi sopra enumerati hanno notevole importanza
per il naviglio mercantile ; ma sono preziosi per il naviglio da
guerra. L'assenza di fumo , la grande facilità di poter variare
di andamento e di mantenere una costante attivazione nelle
caldaie, sono il desideratum per la condotta delle caldaie di
navi da guerra .
Nelle fasi preparatorie al combattimento, dopo un lungo pe-
riodo di crociera e di navigazione, il personale per la tensione
nervosa è in condizioni di rendimento inferiore : e soltanto la
facilità di governo delle caldaie può permettere di mantenere
sempre al massimo valore l'efficienza della velocità .
Per le caldaie a combustibile liquido accade , al contrario
di quella a carbone, che il funzionamento migliora quanto più
la caldaia è accesa e dopo un certo tempo , allorchè tutte le
murature sono ben calde, per ottenere una stessa produzione di
vapore occorre ridurre il numero o la potenzialità dei polveriz-
zatori accesi.
A questi vantaggi è bene aggiungere quelli della riduzione
di peso o di spazio : a pari potenza evaporatoria , e perciò a pari
raggio di azione , col combustibile liquido si realizza un van-
taggio del 40 % in peso , cioè circa il 4 % del totale sposta-
mento per una nave corazzata , del 10 % per un destroyer , e
del 16 % per uno scout.
Riguardo allo spazio , mentre una tonnellata di carbone oc-
cupa me. 1.25 , una tonnellata di combustibile liquido occupa
mc. 1.08.
- 149 -

Inconvenienti della combustione liquida.

Il principale inconveniente consiste nei pericoli d'incendio :


per ovviarvi , i depositi di petrolio non sono sistemati nei locali
caldaie , ma in compartimenti esterni dai quali è aspirato me-
diante tubazioni.
Nei depositi si possono inoltre formare delle miscele di gas
esplosivo, allorchè essi sono parzialmente pieni e vuoti : speciale
cura deve essere presa nell'accedere in tali depositi , e sono state
applicate delle disposizioni con ventilazione forzata o con getto
di vapore per scacciare i gas infiammabili .
Altro pericolo d'incendio e di esplosione, si può avere dalle
perdite dei tubi che conducono il petrolio ai polverizzatori ; e
poichè il combustibile liquido prima di arrivare ai polverizza-
tori è riscaldato, i pericoli dell'incendio sono assai più temibili.
Perciò molta attenzione dovrà essere fatta nella manutenzione
delle anzidette tubazioni e occorrerà ripararle non appena si
manifesti una perdita : il pericolo è evidentemente maggiore in
quei sistemi di polverizzazione nei quali il petrolio è fortemente
compresso.
Un inconveniente si ha pure nella costruzione e nella distri-
buzione dei serbatoi. Trattandosi di un liquido occorre , per ra-
gioni di stabilità, di suddividere i compartimenti in casse di li-
mitato volume e sezione orizzontale : di più le chiodature sta-
gne delle casse debbono essere opportunamente studiate e bene
eseguite per la facilità con cui il petrolio passa attraverso le giunte.
Per le navi da guerra la distribuzione delle casse deve es-
sere fatta in modo che sia protetta : di solito sono utilizzati gli
scompartimenti del doppio fondo , oppure sono costruiti dei de-
positi nelle sentine, sempre in locali fuori caldaie. A questo ri-
guardo è stato osservato che nella combustione solida il carbone
è sistemato nelle carbonaie laterali, costituendo così una prote-
zione della nave : è però da rilevare che su tale protezione deve
farsi uno scarso affidamento , perchè il combattimento può avere
luogo con carbonaie in parte vuote ed è perciò che la effettiva
protezione della nave è conseguita con altri mezzi (corazze,
ponte corazzato , ecc. )
150 -

Bilancio dei vantaggi e degli inconvenienti per l'uso del pe-


trolio sulle navi da guerra.

Prendendo in esame tutti i vantaggi e gli inconvenienti so-


pra enumerati , apparisce chiaramente la superiorità della com-
bustione liquida rispetto a quella a carbone ; tanto più che gli
inconvenienti si possono senza difficoltà eliminare con una ra-
zionale distribuzione dei depositi e con l'adozione di speciali
norme per l'uso.
Allorchè si tratta di problema puramente economico, abbiamo
visto che vi è convenienza ad adoperare il combustibile liquido
tutte le volte che il suo costo è circa una volta e mezzo quello
del carbone.
Per la Marina da guerra, dove il lato economico ha im-
portanza secondaria e dove prevalgono i vantaggi di carattere
militare, si dovrebbe senza dubbio dare la preferenza alla com-
bustione liquida ; ma una grave circostanza ne ha impedita la
generalizzazione nell' impiego e precisamente la difficoltà della
provvista.
Il carbon fossile si trova depositato in tutti i porti del mondo ;
mentre i depositi commerciali di petrolio non si trovano che in
poche località.
Per tale motivo l'impiego esclusivo della combustione li-
quida deve essere limitato a quelle navi che sono destinate ad
operare non molto lontano dalle basi nazionali potendosi prov-
vedere al rifornimento di combustibile mediante la sistemazione
di depositi di nafta nelle varie basi.
Ne risulta subito la convenienza di adoperare la combustione
liquida nel naviglio silurante, nel quale si richiedono limitate.
quantità di combustibile e nel quale i vantaggi della combu-
stione liquida cioè riduzione di peso nel combustibile, riduzione
del personale, diminuizione della camera delle caldaie , facilità
nella variazione di attivazione ecc. sono assai sensibili, permet-
tendo di raggiungere un maggior grado di efficienza rispetto
alla combustione a carbone.
Per gli altri tipi di navi da guerra, allo scopo di conseguire
i vantaggi della combustione liquida , parecchi anni fa fu pro-
151 --

posto il sistema della combustione mista , che ora sta incon-


trando gran favore presso tutte le marine : con tale sistema le
caldaie sono disposte per bruciare contemporaneamente carbone
e nafta.
Secondo un' altro sistema una porzione delle caldaie è capace
di bruciare soltanto nafta, e un' altra parte è capace di bruciare
carbone.

Al primo sistema si faceva l'appunto che le caldaie a com-


bustione mista non potevano realizzare un alto grado di rendi-
mento, che per ogni compartimento caldaie si doveva sistemare
l'impianto per la polverizzazione e che non si realizzava la
riduzione del personale fuochista.
Fu perciò studiato il secondo sistema che incontrò favore
presso alcune marine estere ; così nell' apparato evaporatore di
una nave da battaglia, composto di tre compartimenti di dodici
caldaie quello centrale era con combustione liquida e gli altri
due con combustione solida.
Ma questo secondo sistema presenta il grave inconveniente,
che, venendo a mancare il rifornimento del combustibile liquido ,
resterebbero inutilizzate tutte le caldaie dotate di tale combu
stione, inconveniente gravissimo per una nave da guerra.
Sembra perciò migliore il primo sistema nel quale il com-
bustibile liquido deve essere considerato come di riserva, e da
adoperarsi soltanto durante l'azione guerresca.
Circa i depositi di naftetine per la Marina da guerra presso
tutte le Marine sono stati fatti importanti studi in proposito :
nella Marina Inglese sono stati costruiti i grandiosi depositi
di Plimouth con 30000 Tonn., di Portsmouth di 30000 Tonn. ,
di Port Victoria (mersey) di 20000 Tonn. Anche la nostra Ma-
rina sta ingrandendo i depositi di naftetine costruendo nuovi
serbatoi a Gaeta, Messina, Brindisi ecc.
Ma evidentemente sarebbe desiderabile che nei principali
Porti mercantili sorgessero dei grandi depositi di nafta ; e
l'azione dei varii Governi interessati dovrebbe essere quella di
favorire l'impiego del naftetine nelle navi mercantili e la con-
seguente costruzione di grandi serbatoi , in modo da facilitare
l'approvvigionamento e il mercato del petrolio.
- 152

Sistemi per la polverizzazione del petrolio.

Furono dapprima studiati i bruleurs per la combustione del


petrolio : ma presto furono lasciati in disparte per essere sosti-
tuiti dai polverizzatori che permettono di poter bruciare rego-
larmente il petrolio, anche in gran quantità.
In tutti i polverizzatori il combustibile liquido è finamente
polverizzato in modo da bruciare le piccole particelle di nafta ,
determinando un intimo miscuglio con l'aria comburente. Qua-
lunque sistema che non realizzi in massima questo principio
non sarebbe adatto per bruciare regolarmente il petrolio.
I sistemi possono essere divisi in due grandi categorie ; la
prima comprende quegli apparecchi nei quali la polverizzazione
è ottenuta con un getto di vapore o di aria : la seconda com-
prende quegli apparecchi nei quali il combustibile liquido è
sottoposto ad una forte pressione e si polverizza uscendo da un
sottile fore, sistema conosciuto col nome di combustione meccanica.
Nei primi apparecchi la fiamma del petrolio è a cono e a
ventaglio, secondo la disposizione dei fori dell' iniettore ; negli
altri la fiamma è a cono.
Tra i primi sono noti gli apparecchi Dunder Kaufmann ; The
W. N. Best Oil Burner, Hayes, Gundel- Tucker, Rusden an Eeles,
Lassoe-Lowekin, quest'ultimo largamente usato su navi del com-
mercio degli Stati Uniti (vedi disegno).
Tra i secondi sono noti gli apparecchi Koerting e Thornycroft;
quest'ultimo è stato adottato nel nostro recente naviglio silu-
rante e nei tre scouts Quarto, Nino Bixio e Marsala.
Appartiene alla prima categoria il polverizzatore studiato
circa 15 anni fa dal Generale del Genio Navale Cuniberti , a cui
si debbono i primi ed importanti studi della combustione liquida
applicati nella nostra Marina e di cui sarà dettato nel seguito.
Nei polverizzatori della prima categoria la pressione del va-
pore è di circa 60-90 libbre . Il combustibile liquido è pure com-
presso ; in alcuni a 10 libbre (polverizzatori W. N. Best e Hayes) ,
a 75 libbre nel polverizzatore Lassoe- Lovekin . In altri polveriz-
zatori il combustibile liquido esce per gravità; tra questi pol-
verizzatori deve annoverarsi quello « Cuniberti » .
— 153

Tasos joconfere
ginated mil

Polverizzatore
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«-P
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If organelb
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S
brandos The

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un ofia Bal
dunlashand
- 154 --

Nei primi tipi , con petrolio leggermente compresso , occorre


una pompa speciale per la compressione. Nei secondi tipi basta
sistemare il più alto possibile, rispetto alle batterie di polveriz-
zatori, il serbatoio di servizio del naftetine : in questi tipi non
occorre perciò alcun macchinario, raggiungendo così una siste-
mazione semplicissima.
Nei polverizzatori che funzionano ad aria, questa può essere
compressa a 20 libbre (polverizzatore Gundell-Tucker) ; oppure
può essere usata dell'aria a debole pressione, circa 2 libbre.
In quelli che funzionano a 20 , e più libbre, l'aria è com-
pressa mediante speciali compressori d'aria ; nei secondi è usato
un ventilatore del tipo rotativo Root o Green .
Vi sono dei polverizzatori che sono studiati per funzionare
con aria compressa o vapore ; tra questi è da annoverare il pol-
verizzatore Lassoe-Lovekin, nel quale il naftetine è compresso a
75 libbre, e la pressione del vapore o dell'aria è di circa 60
libbre.
Nei polverizzatori della 2.a categoria, il petrolio è esclusiva-
mente polverizzato sotto una pressione che varia da 100 a 250
libbre ; vi sono perciò delle speciali pompe per lo scopo anzidetto.
Crediamo opportuno di illustrare con disegno il polverizza-
tore Thornycroft appartenente a tale categoria. In questi polve-
rizzatori è dato al combustibile liquido un movimento rotatorio
mediante una spirale ; nel tipo Koerting l'apertura del polveriz-
zatore è ottenuto mediante una valvoletta conica (spillo) , men-
tre nel tipo Thornycroft la graduale apertura è ottenuta con
una spirale conica, che spostandosi varia la sezione di passaggio
del combustibile liquido e quindi la potenzialità del polveriz-
zatore.
In questi tipi di polverizzatori occorre avere nel locale delle
caldaie una pressione di aria di 100-125 m /m in colonna d'acqua :
ciascun polverizzatore si trova al centro di un cono d'aria , la
quale entrando con una certa velocità determina un intimo
mescolamento delle particelle del petrolio con l'aria comburente.
Le dimensioni e la disposizione di tale cono sono il risultato di
una serie di esperienze ; nella Torpediniera d'alto mare << Calipso
provveduta di polverizzatore Thornycroft, si constatò che appor-
155

tando una piccola modifica all'imbocco del cono nella caldaia,


allo scopo di fissare degli anelli di guardia alla muratura re-
frattaria, il polverizzatore non funzionava più regolarmente.

nosognosi , poll
Filtro
milf

a hagen 12

Nafta

Polverizzatore Thornycroft .

I polverizzatori a vapore o ad aria possono sviluppare una


potenza variabile da 100 a 300 HP.; col sistema Cuniberti cia-
scun polverizzatore sviluppa una potenza di 40-50 HP . I Polve-
rizzatori meccanici sviluppano invece una potenza massima di
300 HP. riducibile fino a 100 HP circa ; ed è a ritenere che non
si possono costruire polverizzatori per potenze minori; dovendosi
altrimenti ridurre ad una dimensione troppo piccola, e poco pra
tica per le possibili ostruzioni, il foro di uscita della nafta.

Precauzione da adottare nello studio

di un impianto a combustione a naftetine.

Affinchè la combustione avvenga regolarmente occorre tener


presente quattro condizioni principali :
1. Riscaldamento della nafta.
156

2.º Filtramento della nafta.


3. Proporzionamento dell'aria, e distribuzione dei condotti
d'aria.
4. Passaggio dei prodotti della combustione.
Riscaldamento della nafta. - È necessario per dare la op-
portuna fluidità al liquido, molto denso a temperatura ordinaria.
Nei polverizzatori meccanici la nafta è riscaldata da 90 a 125
gradi centigradi : nei polverizzatori a vapore o ad aria basta
riscaldare la nafta fino a 60° gradi centigradi.
-
Filtramento della nafta. La nafta prima di arrivare ai
polverizzatori, deve essere filtrata per evitare la facile ostruzione
dei piccoli fori di uscita : ovviamente è assai più necessario nei
polverizzatori meccanici.
Nelle sistemazioni originali Thornycroft vi è un doppio filtro
principale, uno in funzione e l'altro di rispetto : allorchè è sporco
quello in funzione, mediante un by-pass, la nafta attraversa
l'altro filtro di rispetto : ciascun polverizzatore è poi munito di
uno speciale filtro, che deve essere pulito a brevi e regolari turni .
Nelle sistemazioni con polverizzatori a vapore o ad aria vi
è un filtro prima della pompa di alimentazione ed un altro
filtro dopo il riscaldatore.
I filtri sono del tipo a rete metallica, di ottone e a maglia
finissima.
Proporzionamento dell'aria. La combustione a naftetine
richiede per Kg. una maggiore quantità d'aria rispetto al carbon
fossile.
Le composizioni centesimali del carbone e della nafta in
media possono ritenersi come segue :

Carbonio 0,90
Carbon fossile Idrogeno 0,05
Ossigeno 0,05

Carbonio 0,85
Nafta Idrogeno 0,14
Ossigeno 0,01
157

I pesi di aria, teorici, per bruciare un kg. di carbone o di


nafta sono rispettivamente :

Kg. 11,29; Kg. 14,68

I pesi pratici sono il doppio per il carbone , e un po ' meno


di due volte per la nafta.
L'aria deve essere opportunatamente inviata nella caldaia ;
in massima deve avviluppare il polverizzatore in modo da faci-
litare la polverizzazione.
La quantità d'aria deve essere quella necessaria, non più e
non meno ; è quistione di pratica , regolare la quantità di aria
sufficiente per produrre una buona polverizzazione, caratterizzata
dall'assenza di fumo all'uscita dei prodotti della combustione
dal fumaiuolo. Il colore chiaro brillante della fiamma del pol-
verizzatore è indizio sicuro della buona combustione ; e serve
appunto di norma al fuochista per regolare la combustione.
Nella sistemazione Thornycroft, ciascun polverizzatore ha delle
portelle speciali per l'aria e un cono d'aria ; allorchè si mette
in funzione un polverizzatore , si debbono aprire le portelle re-
lative, situate nel fronte della caldaia ; tali porte hanno un sem-
plice dispositivo automatico che ne regola l'apertura . La siste-
mazione Thornycroft è specialmente appropriata per le caldaie
della Marina da guerra che possono essere sottoposte ad una
differente andatura.
Negli altri sistemi di polverizzazione, a vapore o ad aria,
si regola la quantità d'aria modificando la velocità del venti-
latore quindi la pressione d'aria nel locale.

Passaggio dei prodotti della combustione.

La fiamma del polverizzatore si estende per notevole lun-


ghezza : vi è quindi opportunità di avere le caldaie piuttosto
lunghe in modo che i prodotti della combustione possono se-
guire un cammino regolare e senza brusche deviazioni.
La combustione a naftetine del resto è stata applicata con
buon risultato sia nei tipi di caldaie cilindriche o locomotiva ,
sia nelle caldaie a tubi d'acqua. In queste è necessario stabi
- 158

lire opportuni diaframmi e di studiare la disposizione dei tubi


in modo che i prodotti della combustione abbiano , dopo aver
attraversato tutto il fascio tubolare , un regolare richiamo al
fumaiuolo.
Nel R. Arsenale di Napoli furono recentemente trasformate
le caldaie, tipo Thornycroft, delle torpediniere d'altomare « P. »
(Pallade, Pegaso, Procione, Perseo) funzionanti a carbone per
adattarle a combustibile liquido col polverizzatore Cuniberti. Le
prime prove furono eseguite con la torpediniera Pallade e molti
esperimenti furono eseguiti per apportare le migliorie suggerite
dalla pratica, I principali miglioramenti riguardano precisa-
mente il riscaldamento del petrolio (per cui fu studiato uno
speciale riscaldatore), l'applicazione di opportuni filtri , la mo-
difica dei condotti per il passaggio dell' aria, l'applicazione di
schermi speciali con una nuova disposizione di tubi. Tutti gli
inconvenienti furono eliminati e si ottenne per le quattro Tor-
pediniere una regolare combustione, riducendo di molto il con-
sumo del combustibile e del vapore per la polverizzazione rispetto
ai risultati ottenuti nelle prove primitive.
Fu poi eseguita una lunga serie di prove comparative con
la torpediniera Clinene fornita di polverizzatori Thornycroft : in
tali prove furono messi in evidenza i pregi dei due sistemi.

Confronto dei due sistemi di polverizzazione.

I vari impianti eseguiti hanno confermato che la polveriz-


zazione con getto di vapore si effettua più regolarmente ; poichè
il vapore riscalda la nafta all' uscita del polverizzatore e facilita
la miscela del naftetine con l'aria comburante .
I polverizzatori ad aria hanno dato un risultato meno buono :
sembra che l'aria all' uscita espandendosi determini un raffred-
damento della nafta e una combustione meno perfetta.
Con i polverizzatori meccanici la combustione avviene rego-
larmente, ma a volte si verifica che qualche goccia di petrolio
cade nella platea e resta incombusta ; nell'insieme il consumo
di nafta per HP è superiore a quello della polverizzazione a
vapore.
159

L'obbiezione più forte da fare ai polverizzatori a vapore stá


nel consumo di vapore e quindi di acqua : si può ritenere che
il consumo di acqua è di kg. 0,4 per chilogrammo di nafta ; e
ammesso un potere vaporizzatore di kg. 12 di acqua , si ha
un consuno di circa il 3 % dell'acqua evaporata .
L'obbiezione ha senza dubbio capitale importanza per le
navi di piccolo spostamento e di grande sviluppo di forza, cioè
nelle torpediniere ; la maggiore riserva d'acqua e la necessità
di provvedere distillatori di maggior potenza rappresentano un
peso a detrimento del peso da assegnare all'apparato motore e
rappresentano una perdita nella velocità. Perciò mentre la pol-
verizzazione a vapore sarebbe consigliabile per minor consumo
di nafta, per facilità di condotta essendo escluso il macchinario
dei compressori ed accessori, per facilità di riparazione, ecc. nel
caso di naviglio leggero e velocissimo il sistema di polverizza-
zione meccanica ha preso il sopravvento.
Per grandi navi, dove il maggior peso dell'acqua e dei di-
stillatori, ha scarsa influenza sull'esponente di carico , la polve-
rizzazione a vapore o ad aria è largamente usata ; e i vapori
degli Stati Uniti e del Mar nero sono appunto dotati di tipi di
polverizzatori a vapore.
Le anzidette prove comparative fra i due sistemi hanno
messo in evidenza che col sistema di polverizzazione a vapore
la nave può mantenere , a ventilatori fermi, una velocità di 10
miglia con una combustione regolare senza fumo : ciò non si
realizza con la combustione meccanica.
Il vantaggio è importantissimo perchè, in caso di avaria ai
ventilatori , una nave fornita di polverizzazione a vapore non
sarebbe inutilizzata.
Alle prove notturne di visibilità i due sistemi si sono com-
portati egualmente bene , con un piccolo vantaggio a favore
della polverizzazione a vapore essendo eliminate le rare scintille
che si verificavano nol sistema meccanico.
Chiuderò questo breve cenno sulle prove comparative dei due
sistemi, col dare alcuni dati relativi alla facilità di manovra
della combustione liquida , dati che però rappresentano un estre-
mo limite e che furono conseguiti forzando al massimo le prove
- 160 -

stesse, ma che rappresentano la capacità dei sistemi in caso di


una azione guerresca.
Per la combustione meccanica si è constatato che dall'ordine
dell'accensione, la nave è pronta a muovere in minuti 27 ; e in
minuti 34, sempre dall'accensione, si trova alla massima forza.
In minuti 6 la nave può passare dalla velocità di crociera a
quella massima ; e per mettere in pressione una caldaia, l'altra
essendo accesa, occorrono minuti 11 .
Analoghi risultati si ottennero con la polverizzazione a va-
pore ; solo per la disposizione di accensione, mediante bacinelle
occorre un tempo maggiore per passare da caldaie tutte speate
a caldaie sotto vapore ; ma evidentemente questo particolare po-
trebbe essere migliorato adottando per l'accensione un piccolo
polverizzatore meccanico, alimentato da una pompetta mossa
a mano, come si usa nel sistema meccanico.
Anzi nell' Arsenale di Napoli furono eseguiti esperimenti di
tal genere con un piccolo polverizzatore espressamente costruito
ottenendo risultati soddisfacenti.

Applicazione della combustione a Nafta


nella Marina Mercantile.

Si è visto che la combustione liquida converrebbe in tutti


quei luoghi nei quali il prezzo della nafta è circa una volta e
mezzo il prezzo del carbon fossile : bisogna però tenere anche
in conto le forti spese per formare un deposito di combustibile
liquido dovendosi provvedere i serbatoi, le pompe, le tubazioni . ecc.
Specialmente per quest'ultima ragione la combustione liqui-
da non ha avuto applicazione commerciale altro che nei luoghi
dove si trovano giacimenti di petrolio e dove le industrie e i
commerci sono progrediti ; precisamente negli Stati Uniti e nel
!
Mar Nero.
Negli Stati Uniti esiste un'intera flotta di bastimenti dotati
di combustione liquida ; si tratta di bastimenti aventi anche
grandi dimensioni quali il Virginian , Mexican , Missourian ,
Columbian che spostano circa 18.000 tonnellate ; il polverizza-
tore più largamente usato è il Lassae Loveking che può fun-
- 161 -

zionare sia a vapore che ad aria, e che è capace di una poten-


za di 300 HP.
La combustione liquida è assai usata nelle navi mercantili
del Mar Nero , che adoperano nafta di Baku ; e sono in grado
di dare alcuni interessanti particolari sopra tre Piroscali Romania,
Imperatore Traiano e Principessa Maria.
Piroscafo Romania. Appartiene alla flotta dei Servizi Marit-
timi Rumeni ; esercita la linea regolare Costantinopoli - Alessan-
dria e viceversa.
È stato costruito nel Cantiere di S. Nazaire nel 1905: è do-
tato di due macchine a triplice espansione di 7200 HP e man-
tiene una velocità di circa 18 miglia.
L'apparato generatore si compone di 6 caldaie cilindriche a
ritorno di fiamina , con 3 forni Fox ciascuna. Ogni forno è at-
tivato da un polverizzatore : la pressione di regime è 180 libbre.
I forni sono molto grandi e circa 5 del forno costituiscono
la camera di combustione ; l'altro quinto forma un condotto
aria.
La fornace è limitata nella parte inferiore da una platea re-
frattaria nella quale sono praticate quattro aperture rettango-
lari due anteriormente e due posteriormente ; esse costituiscono
un passaggio diretto di aria dal locale caldaie alla fornace , la
sezione totale è di 1220 dell'area della platea : il passaggio d'a-
ria è regolabile mediante saracinesca posta sul telaio del forno.
Il forno è chiuso da un telaio a doppia fronte con muratu-
ra refrattaria , munito di fori di 5 cm. per l'entrata dell' aria
nella fornace.
Il muretto refrattario nella camera di combustione della cal-
daia è anche munito di molti fori che danno accesso all' aria
che circola sotto la platea.
Il processo di polverizzazione si effettua con vapore o con
aria compressa : più comunemente è usato il primo.
Una pompa Weir aspira la nafta e la manda nelle casse ali
mentatrici poste in alto sotto il ponte : da esse diramano le tu-
bazioni per i polverizzatori.
La nafta è riscaldata fino a 120° mediante serpentine di va-
pore; e và ai polverizzatori per semplice differenza di livello.
- 162 -

Le condotte dell' aria e del vapore si accordano all'apparec-


chio polverizzatore in modo che le loro valvole servono anche
per l'intercettazione, a seconda che si usa il vapore o l'aria.
Per il vapore di polverizzazione non esiste alcun apparec-
chio di riduzione di pressione : la riduzione si compie laminando
il vapore con l'apertura delle valvolette.

Ilpensa
si presenta
colla stessa
a forma del
Fascio tubolare
6 jeazob .

12xcarso

Nafta

Dapore

com
pre
Qria

Qri

ssa
a
refratta
Muratto
。。。。 O o O o O

rio

Platea
a

Piroscafo « Romania »

L'aria ha una pressione di kg. 3: e passa attraverso serpen-


tine sistemate nelle casse a fumo, dove si riscalda.
Il polverizzatore è di tipo semplicissimo, indicato nello schizzo
con getto a ventaglio .
L'accensione si compie con l'ausilio di una calderina a nafta ;
del resto in questi vapori vi è sempre una caldaia accesa.
apore
Nafta

Vapore

apore
– 163 .

Sez
XX
. ione

AWIAM .
Qria

Traiano
Imperatore
Piroscafo
164 --

Il consumo di nafta per polverizzatore e per ora è di kg. 200


e per caldaia kg. 600 : il co . imo per cavallo indicato è ora di
kg. 0.500 .
66
Piroscafo Imperatore Trio . È provveduto di due
macchine a triplice espansione della potenza complessiva di
7400 C. I. e di 5 caldaie a ritorno di fiamma con 4 forni cia-
scuna. Per ogni forno vi è un polverizzatore, di cui le schizzo
mostra la sistemazione .
La disposizione delle murature refrattarie e dei passaggi di
aria è all'incirca uguale a quella del P.fo Romania ; soltanto
all'imbocco della cassa a fuoco esiste una volta refrattaria, dove
si frange la fiamma del polverizzatore.
La polverizzazione si effettua con vapore esclusivamente : il
polverizzatore , a getto conico , si rassomiglia molto al tipo
Guyot e a quello Rusden and Eeles. É da notare che il con-
dotto di petrolio si trova al centro ed è avviluppato dalla ca-
mera di vapore, che riscalda così il petrolio.
Il petrolio è aspirato dai depositi mediante una pompa Weir ;
ed è mandato nelle casse di distribuzione poste sotto il ponte,
dove è riscaldato a 110 circa mediante serpentine di rame con
circolazione di vapore : per proprio peso il petrolio affluisce al
tubo collettore e ai polverizzatori.
Il consumo orario, con lo sviluppo di 6288 HP , è di 2800 Kg.
di petrolio, cioè Kg. 0,46 per cavallo indicato.
Per l'accensione è sistemata una calderina a legna, colla
quale si produce il vapore a 1 Kg. di pressione sufficiente per
iniziare la polverizzazione nelie caldaie principali.
Piroscafo Principessa Maria » . Fu costruito a Livorno
nel Cantiere Orlando nel 1896 , e fu trasformato a naftetine nel
1904. Il suo apparato motore consiste in due macchine a tri-
plice espansione della forza complessiva 4100 HP ; l'apparato
evaporatore si compone di 4 caldaie cilindriche a ritorno di
fiamma, con 4 forni Fox ciascuna.
Ciascun forno ha un polverizzatore a spatola, identico a quello
del P.fo Romania : il processo di polverizzazione si effettua a
vapore o ad aria.
- 165

L'aria alla pressione di 3 Kg. per cq. è fornita da un com-


pressore Brotherhood e passa attraverso serpentine poste entro
le casse a fumo dove si riscalda,
Il petrolio è riscaldato fino a 110 ° a mezzo delle solite ser-
pentine con circolazione di vapore, e affluisce ai polverizzatori
per proprio peso.

Applicazione della combustione liquida alle caldaie fisse.

I vantaggi della combustione liquida sono meno sensibili


per le caldaie terrestri : perciò l'uso della nafta si è limitato
soltanto nelle località , dove si trovano giacimenti petroliferi.
Poichè il consumo di acqua non ha alcuna influenza, il sistema
di polverizzazione più adottato è quello a vapore : come si è
dette innanzi negli Stati Uniti è largamente usato il polveriz
zatore Lassoe-Loveking.
Sono state fatte anche delle importanti applicazioni alle loco-
motive; ed è da prevedere che, aumentando l'importanza della
combustione liquida, un largo campo di applicazione è riservato
alle caldaie delle locomotive.
Anche nelle centrali elettriche è molto adatto il combustibile
liquido, per la facilità di variazione nell' andamento di attiva-
zione : nell' Arsenale di Napoli furono fatti degli esperimenti
installando una caldaia Schichau con polverizzatore Cuniberti.

Conclusione.

L'impiego del combustibile liquido nelle caldaie marine


presenta vantaggi notevolissimi, specialmente per la marina da
guerra, rispetto alla combustione a carbone.
La mia lunga e personale esperienza ha confermato e riba-
dita questa convinzione che è ormai generale. La principale
difficoltà nella sua larga estensione sta nella mancanza di grandi
depositi di rifornimenti : i Governi dovrebbero favorirne la costru-
zione nei principali porti mercantili e ridurre per quanto possi-
bile i dazi di entrata.
È da prevedere che ciò avverrà fra non molto , anche per
iniziativa privata , atteso lo sviluppo sempre più crescente dei
motori a combustione interna per impianti terrestri e marini.
come
I motori a combustibile liquido nelle applicazioni marine

Ing. GUIDO FORNACA, Direttore della F.I.A.T. di Torino.

Le applicazioni dei motori a combustibile liquido per la pro-


pulsione diretta delle navi costituiscono al giorno d'oggi un og-
getto di studio molto importante per tutte le Marine, e le rela-
lazioni circa la possibilità , l'importanza e la convenienza di
essi , ed il nuovo sistema di motori hanno già fatto oggetto di
discussione nei Congressi degli Ingegneri Navali e in molte ri-
viste tecniche.
Avendo avuto occasione di partecipare personalmente da vari
anni alle applicazioni più importanti dei motori a combustibile li-
quido eseguite nella Marina Italiana, e di essere per questo fatto
sufficientemente a conoscenza di quanto di più notevole è stato
fatto nelle Marine Estere, ho creduto che potesse essere argomento
di un certo interesse, per le discussioni del Congresso degli Inge-
gneri Navali e Meccanici in Roma, una comunicazione sulle ap-
plicazioni marine già eseguite dei motori a combustibile liquido ,
sullo stato attuale della questione, sulle condizioni tecniche che
regolano la costruzione dei nuovi motori, sulle speranze che sul-
l'avvenire di questi motori è possibile di avere.
Quando il motore a scoppio con funzionamento a benzina
dopo qualche anno di tentativi ebbe incominciato a dimostrare di
poter essere un motore industriale di funzionamento abbastanza
sicuro, l'applicazione marina più importante alla quale parve
più possibile di destinarlo , è stata la propulsione dei sommer-
gibili nella loro navigazione alla superficie.
La costruzione dei motori a benzina od a petrolio illumi-
nante per i sommergibili, date le conoscenze più limitate che
- 167

allora si avevano sulle esigenze di questi motori ed i mezzi


meno perfetti di cui si disponeva per ia loro lavorazione, dette
luogo a molte sorprese, ed il loro funzionamento a bordo costi-
tuiva uno dei lati più deboli dei sommergibili che ne impediva
le mirabili applicazioni .
L'esame accurato delle loro condizioni d'esercizio ha per-
messo in seguito di migliorarne notevolmente la costruzione ed
il funzionamento, e molti motori a benzina ed a petrolio collo-
cati su sommergibili da vari anni , hanno permesso di fare delle
navigazioni anche di lunga durata, senza alcun inconveniente ,
acquistandosi , causa la loro semplicità e sicurezza , la fiducia
del personale adibito a questo servizio pericoloso.
La potenza così raggiunta è stata prima di 300 Cav. ed in
ultimo fino a 500 Cav. per asse , moltiplicando il numero dei
cilindri, e liberando i motori di ogni accessorio superfluo, come
l'avviamento automatico e l'inversione di marcia ; essi rappre-
sentano probabilmente il limite della potenza massima che è
possibile di raggiungere col compromesso dal quale era nata la
loro costruzione, potenza che non sarebbe neanche ora prudente
di superare senza tornare a ricadere in incognite di cui non si
intravvede la soluzione.
Era ben evidente a tutti, ed in modo speciale ai costruttori
dei motori, che il tipo di motore a scoppio a benzina ed a pe-
trolio illuminante a quattro ed anche a due tempi, non poteva
costituire che un periodo di passaggio, in mancanza di una solu-
zione migliore , e che l'unico suo impiego per la propulsione
oltre alle barche non poteva essere che per i sommergibili, sui
quali , pur riconoscendosene gli svantaggi, il suo impiego si im-
poneva per altre ragioni. In questo stato di cose non era il caso
di parlare di applicazioni marine , rese impossibili sia per la
natura del combustibile, benzina o petrolio che esso si fosse, il suo
costo ed il pericolo del suo impiego, sia per la limitata potenza
dei motori di cui era possibile la costruzione, sia perchè , pur
essendo possibile di fare il tipo di motore direttamente rever-
sibile, esso riesciva talmente complicato, che non poteva essere
suscettibile di sicura applicazione pratica.
---- 168

Nè certamente potevano considerarsi come principio per la


soluzione delle applicazioni marine i tentativi fatti con motori
a gaz povero, non reversibili , difficilmente avviabili, coi gazo-
geni ridotti alle minime dimensioni per ridurne l'ingombro, ma
pur troppo peggiorando il funzionamento : quantunque essi siano
stati fatti anche da Ditte di primo ordine ed abbiano , come tutte
le prove, rappresentato un considerevole sforzo tecnico ed anche
economico, il loro risultato è stato completamente negativo, nè
io credo sarà possibile di ritornarvi.
Esisteva però già nell'industria da qualche anno , con cre-

scente successo negli impianti fissi , un motore funzionante se-


condo un ciclo nuovo, permettendo di utilizzare come combusti-
bile il petrolio, anche di qualità inferiore, quindi di minor prezzo
e di più sicuro impiego. Il motore a combustione a pressione
costante che l'idea geniale del Diesel aveva creato, dopo di avere
attraverso alle prove pratiche d'officina abbandonato la parte
troppo ideale del suo funzionamento, aveva fin dal 1898 inco-
minciato ad occupare il suo posto tra i motori industriali , e
dalla potenza primitiva di poche dierine di cavalli, migliorando
sempre in modo sensibile il suo rendimento, era già giunto nel
1905 alla potenza di parecchie centinaia di cavalli . Il motore
industriale era costruito ad 1 , 2 o 3 cilindri , con funzionamento
a quattro tempi, con un numero di giri massimo da 150 a 180
al l ' , con un peso per Cav-effettivo volante compreso, che dai
tipi piccoli ai tipi più grandi oscillava dai 400 ai 200 kg. per
cavallo, e nella sua forma di motore industriale a tutti nota ,
col suo sistema d'avviamento che obbliga a mettere il motore
in punto di partenza, presentava precisamente l'opposto di tutti
i requisiti richiesti per un motore marino.
Il motore a combustione a pressione costante conteneva però
nella natura stessa del ciclo secondo il quale esso lavora, e per
il suo modo di funzionare, gli elementi per diventare un motore
marino. Già nel 1906 all'Esposizione di Milano era esposto e
molto notato da tutti i tecnici un tipo Diesel costrutto dalla
Ditta F.lli Sulzer di Winterthur, di tipo marino a 4 cilindri ,
con funzionamento a due tempi, direttamente reversibile, della
potenza di 100 Cav. con 350 giri al 1 ', in seguito applicato
11
169

sopra un battello del lago di Zurigo, di cui i risultati vennero


pubblicati sopra molte Riviste.
Nel 1908 la Maschinen Fabrik Augsburg Nürnberg costruiva
e forniva , per i sottomarini francesi, motori della potenza di
300 Cav. a 400 giri, con funzionamento a 4 tempi, non rever-
sibili , con un peso di circa kg. 35 per Cav. i risultati di prova
d'officina dei quali vennero pure pubblicati su molti giornali
tecnici. Contemporaneamente o poco dopo, in Russia su vari
battelli destinati al trasporto della nafta venivano anche appli-
cati dei motori Diesel di tipo industriale, a marcia lenta, della
potenza da 100 a 200 Cav. con apparecchi d'avviamento e di
inversione di marcia meccanica, il funzionamento dei quali, a
quanto si è potuto sapere, è risultato soddisfacente.
Era già allora nel convincimento di molti studiosi della que-
stione la persuasione che questo tipo di motore fosse il più in-
dicato per le applicazioni marine, e cominciava tra i tecnici na-
vali la discussione s pra gli evidenti vantaggi che la sua ado-
zione sopra le navi avrebbe apportato, ma i costruttori ammae -
strati dall'esperienza, timorosi delle spese che lo studio di que-
sti motori avrebbe apportato, nella dubbia speranza delle loro
applicazioni future, si limitavano a timide esperienze di motori
di piccola potenza, che non potevano dare alcun risultato pratico.
La spinta decisiva per lo studio e la costruzione dei grandi
motori venne anche questa volta dall'applicazione dei Sommer-
gibili e dalla decisione di molte Marine militari di abolire sopra
di essi definitivamente i motori a benzina, esigendo dei motori
funzionanti a naftetine.
Fu tra le prime nell'anno 1909 la Marina Italiana per i mo-
tori di 300 HP dei suoi nuovi Sommergibili, e nello stesso anno
la Marina Tedesca, che chiamava a concorso le case più impor-
tanti costruttrici di motori, per presentare i progetti di motori
a combustione con funzionamento a naftetine della potenza di
850-1000 cav. Le condizioni imposte per la costruzione erano
all'incirca eguali : motori della potenza di 300 a 1000 Cav. con
funzionamento esclusivamente a nafta eguale a quella impiegata
nelle caldaie delle navi, avviabili e direttamente reversibili sotto
carico in un tempo non superiore ai 10-15 secondi, abolizione
170

del volante, numero dei giri da 450 a 500 al 1 ' , dimensioni li-
mitate per l'ingombro in lunghezza , altezza, larghezza, peso
massimo di 16-18 kg. per Cav-effettivo compresi tutti gli acces-
sori, garanzie di consumo di combustibile e di olio lubrificante
a pieno carico ed alle varie andature intermedie, prove d'offi-
cina al freno continuative per 24-48 e fino a 72 ore consecutive
a pieno carico, prima di montare i motori a bordo , ripetizione
delle stesse prove a bordo dopo il montaggio.
Il divario fra quanto si richiedeva e quanto si era fino al-
lora ottenuto era certamente notevolissimo : era d'altra parte evi-
dente che risolto il problema in queste sue condizioni special-
mente difficili di velocità e di peso, il motore a combustione
marino avrebbe presentato tutti i vantaggi del motore a vapore
collegati a quelli provenienti dalla natura stessa del suo funzio-
namento .
Il solo tipo di motore che sembrava poter dare i risultati
richiesti era il motore a combustione a pressione costante fun
zionante a due tempi , a cilindri multipli, e, per le condizioni
fissate di altezza minima e per altre considerazioni , precisa-
mente a 6 cilindri. Le difficoltà maggiori da superare consiste-
vano nell'ottenere che i motori potessero girare alla velocità di
450 e 500 giri con buon rendimento, cioè assicurando una per-
fetta combustione del combustibile, e nelle disposizioni da darsi
per ottenere il funzionamento del ciclo a due tempi, essendo
questa condizione collegata con quella della reversibilità di
marcia e con quella del peso.
Il ciclo ordinario dei motori Diesel a quattro tempi è noto
a tutti in una prima corsa discendente lo stantuffo aspira at-
traverso alle valvole d'aspirazione dell' aria pura che comprime
nella corsa ascendente successiva ad una pressione di circa 33-35
atmosfere, l'aria si riscalda in seguito alla compressione ad una
temperatura di circa 600 °. Quando lo stantuffo sta per arrivare
al limite della sua corsa superiore , ed un poco prima , si apre
la valvola del combustibile ed attraverso la sua apertura entra
trascinato da un getto d'aria ad una pressione di circa 45-50
atmosfere, il combustibile finamente polverizzato, che a contatto
dell'aria compressa a 600° si accende , producendo un aumento
171 -

di temperatura fino a 1500 - 2000° con un piccolo aumento di


pressione. La valvola del combustibile si chiude poco dopo che
lo stantuffo ha incominciato la sua terza corsa discendente ed
i gas bruciati si dilatano fino verso il limite della corsa infe-
riore, quando si aprono le valvole di scarico, attraverso le quali
i gaz combusti veng no espulsi durante la quarta corsa ascen-
dente. Meno noto è il ciclo a combustione a due tempi. Il pe-
riodo della combustione, cioè dell'introduzione del combustibile
e del suo accendimento rimane eguale come nel ciclo a 4 tempi
nella corsa discendente dello stantuffo i gaz bruciati si espan-
dono, finchè lo stantuffo scopre delle feritoie aperte nelle pareti
laterali del cilindro, dalle quali i gaz combusti in seguito alla
pressione residua sfuggono rapidamente abbassandosi circa alla
pressione atmosferica ; si aprono in quell'istante delle valvole
attraverso alle quali viene immessa dell' aria pura detta di la-
vaggio ad una piccola pressione che ha lo scopo di cacciare
completamente i gas combusti dal cilindro sostituendovisi. Lo
stantuffo risale nella sua corsa ascendente, ricopre le feritoie di
scarico , si chiudono circa allo stesso tempo le valvole d'intro-
duzione d'aria , e l'aria contenuta nel cilindro viene compressa
fino a 33-35 atmosfere al punto morto superiore , nel quale
ricomincia la combustione.
Si ha in questo modo una corsa motrice per ogni giro, con
un fenomeno più complesso che nel caso del ciclo a 4 tempi,
in cui si ha soltanto una forza motrice ogni due giri , e questa
è una delle ragioni principali per cui i motori a due tempi
sono di loro natura inferiori in peso ai motori a quattro tempi.
Per quanto la prima macchina industriale a gaz fosse a
due tempi e che importanti motori a gaz d'alto forno siano stati
in seguito costruiti, le cognizioni sulla termodinamica tecnica
e sulla meccanica dei motori a due tempi sono assai più scarse
che per i motori a 4 tempi. Sono recenti e durano tuttora fra le
più alte Autorità Tecniche le discussioni sulla convenienza o
meno dei due cicli, ed i motori a due tempi hanno formidabili
detrattori che negano loro ogni importanza ed ogni avvenire in
seguito agli svantaggi che vengono dalla loro complicazione ed
alla impossibilità o difficoltà di giudicare e regolare le fasi , il
- 172

cui modo di svolgersi caratterizza il motore a due tempi, cioè


lo scarico, la cacciata dei prodotti combusti e la carica del ci-
lindro, che avvengono quasi contemporaneamente in pochi cen-
tesimi di secondo.
Senza voler entrare in discussione teorica al riguardo, io
credo che se il ciclo a due tempi non è compatibile coi motori
a scoppio tanto più se funzionanti con miscele ricche , e se è
di dubbia convenienza per i motori a scoppio funzionanti con
miscele povere , come quelle dei gaz d'alto forno , è invece il
più adatto per i motori a combustione , per la condizione spe-
ciale di essi che l'espulsione dei gaz combusti e la successiva
ricarica del cilindro è fatta soltanto mediante aria pura , con-
venientemente compressa. Non si corre quindi per questo caso
speciale, come negli altri , il pericolo di mandare allo scarico ,
nel periodo di lavaggio, del combustibile non ancora adoperato
nè di bruciarlo senza profitto a contatto dei gaz combusti : si
tratta di una perdita per la maggiore quantità d'aria che bi-
sogna comprimere , che si può esattamente valutare . Se oggi
questa perdita non è ancora esattamente compensata dal van-
taggio negli altri rendimenti che il motore a due tempi ha
rispetto al motore a quattro tempi , Ae quindi ne deriva un con-
sumo leggermente maggiore di combustibile, la causa più che
in un difetto organico del motore sta nella mancanza d'espe-
rienza che si ha ancora riguardo a questo ciclo, mancanza che
obbliga i costruttori , a titolo prudenziale, ad esagerare nella
quantità dell'aria di lavaggio e nella pressione da darsi ad essa .
Esiste un altro vantaggio essenziale per il motore a 2 tempi,
specie per le applicazioni marine : la mancanza delle valvole di
scarico, di costruzione e conservazione così difficile, il che rende
più facilmente riuscibile la costruzione di cilindri di grande
potenza , la maggior semplicità che con questo tipo si ottiene
nei dispositivi di avviamento e di inversione di marcia ; il che
vuol dire rendere la manovra più sicura e più rapida .
Le incognite del funzionamento del ciclo a due tempi con-
sistevano nella disposizione da darsi alle pompe così dette di
lavaggio che comprimono l'aria destinata alla pulizia ed al
successivo riempimento del cilindro , nella pressione da darsi
-- 173

a quest'aria, nella durata del periodo di scarico e dell ' introdu-


zione d'aria , nella disposizione e nella sezione da darsi ai ca-
nali ed alle aperture o valvole che conducono quest'aria dentro
ai cilindri. Se si tiene conto che in un motore a due tempi
alla velocità di 500 giri al l' la durata dei varii periodi del
ciclo è approssimativamente soltanto di 40/1000 di 1" per la
fase di compressione, di 12, 1000 di 1" per l'introduzione di
combustibile, di 35,1000 di 1" per quella di espansione, di
33/1000 di 1 " per la fase di scarico e l'introduzione della nuova
carica di aria nel cilindro, si comprende quale importanza pos-
sono avere sopra il buon funzionamento del motore tutti gli
elementi dai quali le varie fasi dipendono.
Quanto ai fenomeni termodinamici e chimici che in questi
periodi brevissimi di tempo avvengono all'interno di un cilindro
di un motore a combustione, le incognite sono ancora maggiori .
La scienza, che teorica non ha ancora trovato il modo di determi-
nare le variazioni dei calori specifici dei gaz a pressione od a
volume costante che nei limiti molto bassi delle temperature
abituali, si trova ancora più nella difficoltà , e direi anche nel-
l'impossibilità, di fare una teoria esatta del modo con cui av-
viene la combustione , della temperatura e della pressione che
si ha all'atto dell'introduzione del combustibile , del modo di
propagarsi della combustione , della dilatazione dei gaz e del
loro scambio di calore con le pareti, della temperatura dell'aria
alla fine del periodo di compressione, secondo le varie tempe-
rature delle pareti che si hanno all'inizio della marcia ed a
funzionamento normale.
Ed ancora : quale sarebbe stata la temperatura media delle
pareti dei cilindri soggette a così rapide e notevoli variazioni
di temperatura e raffreddate esternamente da una circolazione
d'acqua, e quali le condizioni meccaniche di resistenza del ci-
lindro e del ciclo dello stantuffo che a contatto di un focolaio
a temperatura di circa 200 superiore a quella di fusione dei
metalli , dovevano allo stesso essere sottoposte ad una pressione
di 35 a 45 atmosfere ?
Le condizioni in cui avvengono i ricambi di calore fra le
pareti esterne ed interne dei cilindri non sono nemmeno oggi
- 174 -

ben conosciute , quantunque lo stesso problema siasi avuto da


vari anni per i motori a gaz ; un'esperienza , qualche volta anche
dolorosa, ha insegnato soltanto dei metodi pratici per valutarne
l'efficienza, metodi che però non danno ancora oggi il modo di
passare in modo sicuro da cilindri di piccolo diametro a cilindri
di grande diametro e quindi di spessori sempre più rilevanti,
per i quali aumentano anche le difficoltà delle fusioni e la pro-
babilità di avere tensioni interne che rendono più vivi i peri-
coli di deformazioni dovute a disuguaglianze di temperatura .
Altri problemi nuovi da risolvere per la costruzione di questi
motori erano l'avviamento, l'inversione di marcia da farsi istan-
taneamente in ogni posizione , e le disposizioni da darsi agli
stantuffi , alle bielle ed ai sopporti relativi in conseguenza delle
pressioni molto più elevate che si avevano su di essi , collegati
con una forte velocità angolare. Quantunque questi problemi
siano meno complessi dei precedenti e più facilmente assogget-
tabili a calcolo , essi costituivano poi nell'esercizio una delle
condizioni essenziali per il buon funzionamento e nella pratica
hanno dato luogo a svariate difficoltà.
L'avviamento dei motori a combustione deve, come è noto,
essere fatto mediante un mezzo esterno che è sempre l'aria com-
pressa; facendo funzionare durante i primi giri il motore come
un motore atmosferico, si produce successivamente nei varii ci-
lindri la prima compressione, e con l'introduzione e l'accensione
del combustibile le prime corse motrici. In un motore a 4 od
a 6 cilindri, dando all'introduzione dell'aria compressa per l'av-
viamento, che si fa durante il periodo corrispondente alla dila-
tazione, una durata conveniente fra i 90 e 70° uno dei cilindri
quando si mettono in azione le valvole d'avviamento, si troverà
sempre nel periodo d'introduzione, quindi l'avviamento ad aria è
sempre assicurato. Lo stesso sistema è , del resto, impiegato per i
motori a quattro tempi anche industriali , nei quali però , di-
sponendosi di un pesante volano, il motore viene messo in po-
sizione di partenza, e l'avviamento viene fatto introducendo
l'aria compressa in un solo cilindro, provvedendo il volante sotto
il primo impulso a fare compiere al motore alcuni giri, durante

i quali o nello stesso cilindro se è unico, o negli altri, avviene
― 175 ―

la combustione. Nei motori marini , sia per l'assenza completa


del volante, o per essere esso ridotto ad un limite minimo, sia
per potere avviare in ogni posizione , occorre immettere l'aria
compressa ad alta pressione in tutti i cilindri, e fare negli stessi
la prima combustione. Ora , sia per la dilatazione ed il conse-
guente raffreddamento dell'aria , sia per essere le pareti del ci-
lindro fredde , sia nei motori a due tempi per il fatto che le
pompe d'aria non funzionando ancora regolarmente nei primi
giri manca all'aria di introduzione quella leggera sovrapressione
che si ha in funzionamento normale, può darsi che la pressione
e quindi la temperatura dell' aria al termine del periodo della
compressione non sia sufficiente per produrre l'accensione del
combustibile , e quindi l'avviamento venga fallito. Il modo di
risolvere questa difficoltà è evidentemente di tutta importanza ,
perchè disponendosi negli impianti marini di una limitata prov-
vista di aria compressa, il motore potrebbe per questo solo fatto
riuscire inutilizzato.
Il problema della reversibilità dei motori è di sua natura es-
senzialmente meccanico : si tratta, per tutti gli organi del mo-
tore che comandano delle fasi le quali non risultano simme-
triche rispetto ai punti morti, di adottare dei dispositivi per cui ,
o disponendo di comandi doppi , o variando una sola serie di
essi di posizione rispetto all'albero motore, essi si vengano a
trovare in azione nei punti giusti delle fasi corrispondenti per
i due sensi di rotazione. Uno dei vantaggi essenziali dei motori
a due tempi, reversibili , è che in essi lo scarico dei gaz com-
busti essendo fatto attraverso feritoie aperte nel cilindro ed es-
sendo esse automaticamente rinchiuse dal movimento dello stan-
tuffo, non occorre per questo fare alcun comando speciale : gli
organi di cui devesi variare il comando sono quindi le valvole
d'introduzione dell'aria di lavaggio quando ne esistono, i polve-
rizzatori , le valvole di avviamento e le valvole delle pompe d'aria
di lavaggio quando non sono automatiche.
Se queste varianti nei comandi si potessero fare a motore
fermo e avendo un margine grande di tempo disponibile, esse
sarebbero molto semplici ; il doverle eseguire in un tempo non
superiore ai 10-15 secondi, ha richiesto uno studio speciale. Si
176

deve infatti in questo breve periodo di tempo arrestare il mo-


tore, fare entrare in azione i nuovi organi di comando, avviare
il motore ad aria compressa ed incominciare il funzionamento
normale a combustione. Per i motori reversibili marini entrando
pure in giuoco l'azione di trascinamento dell'elica che è tut
t'altro che trascurabile, l'ottenere questo risultato ha richiesto
dei dispositivi speciali, dei quali solamente la pratica potrà dire
la vera efficacia.
Difficoltà, od almeno novità meccaniche di altro genere, prc-
venivano dalla pressione massima di 40 o più atmosfere che si
ha all'interno dei cilindri all'istante della combustione, pressione
che per circostanze varie non ancora accennate, può aumentare
notevolmente. Già sul motore di 1000 Cav. a 6 cilindri a 450
giri la pressione sullo stantuffo supera le 40 tonn.; sul motore
di 1000 Cav. a 4 cilindri a 150 giri, essa sorpassa le 100 tonn.
ed aumentando la potenza dei motori anche con numero ele-
vato di giri si arriva facilmente a pressioni di 200-300 tonnel-
late, mentre l'obbligo imposto contemporaneamente di volume
e peso limitato, era ben lontano dal permettere di assegnare alle
parti destinate a sopportarle le dimensioni che ancora oggi si
considerano come limite per le stesse parti delle macchine a va-
pore le più perfezionate. Se quindi , come è ragionevole oggi
credere, la grandezza del coefficiente d'attrito cresce col crescere
della velocità, anche con l'impiego dei materiali ad alta resi-
stenza e con tutti i perfezionamenti di lavorazione che la tecnica
moderna oggi permette, era da temersi per questi motori a
grande velocità un rendimento organico molto basso e quindi
un consumo di combustibile notevolmente superiore a quello
dei motori a piccolo numero di giri .
Tali erano nelle loro linee generali le incognite di costruzione
dei motori marini reversibili a grande velocità, ed ho voluto
ricordarle nella forma e nell'ordine di difficoltà in cui esse dap-
prima si presentavano al costruttore, perchè partendo da esse
sarà più facile ai tecnici di dare un giudizio sulla bontà dei
procedimenti coi quali esse sono state risolte. L'obbligo per il
costruttore di progettare e costruire dei motori nuovi non già
asemplice titolo di esperienza d'officina, ma dietro ordinazioni
}
177 -

di terzi con consegna fissa e garanzie, tanto più se si tratta di


unità di una certa potenza corrispondenti ad impegni economici
sempre rilevanti, se può essere sfavorevole per l'individuo , costi-
tuisce, a mio giudizio, un elemento grande di successo per lo
sforzo e lo studio più costante che esso deve fare sotto lo stimolo
della responsabilità che glie ne incombe e per il desiderio della
riuscita finale, che costituisce per l'industria il solo elemento
di giudizio .
Le case costruttrici che si dedicarono dapprima alla costru-
zione di questi nuovi motori furono da una parte quelle già
specializzate da anni nella costruzione dei motori tipo Diesel
industriali, apportandovi le loro condizioni più approfondite nella
tecnica di questi motori , poco noti anche agli studiosi nei loro
dettagli, causa il riserbo in cui esse erano state tenute e la scar-
sità di pubblicazioni al riguardo ; e dall'altra alcune Case che
pur non avendo pratica speciale dei motori a combustione ave-
vano, rispetto alle prime, maggiori dati ed esperienza circa la
costruzione dei motori a scoppio a grande velocità.

La rivista << Schiffbau » di Berlino ha pubblicato ultima-
mente delle notizie con disegni schematici dei motori in costru-
zione presso le più importanti Ditte tedesche, Krupp, Maschi-
nenfabrik Augsburg-Nürnberg, Koerting ed ha pure pubblicato
un articolo sopra i motori marini Fiat, notizie dei quali ven-
nero pure pubblicate sulla Rivista Marittima Italiana dal Mag-
giore del Genio Navale Ingegnere Bernardis. Sopra i nuovi tipi
marini della Ditta Fratelli Sulzer che si sa essere in costruzione
avanzata, mancano, a quanto io mi sappia, notizie precise ; nelle
recenti pubblicazioni inglesi e francesi viene riferito di motori
che sarebbero in costruzione in Inghilterra ed in Francia, senza
l'indicazione di alcun dato preciso al riguardo : nulla si sa fino
ad ora di motori di questo genere costruiti in America.
I pochi elementi fin qui noti dei motori costruiti dalle varie
Case non permettono di classificarli e trattandosi al più di di-
segni schematici senza dati di prove e funzionamento , sarebbe
ancora più difficile di darne un giudizio. Però già fin d'ora si
sa che tutti i motori sono a combustione a due tempi , pur
avendo nella loro costruzione delle differenze molto notevoli.
178

Ho creduto per questa ragione di novità che a molti potesse


interessare di conoscere più dettagliatamente la costruzione di
questi motori, e le figure allegate a questo studio rappresentano
i motori marini Fiat nelle varie potenze già costruite di 100-
300-1000 Cav. sia nel tipo leggero a grande velocità che nel tipo
a piccola velocità.
La costruzione generale ed i dispositivi impiegati sono del
resto eguali nei due tipi. I motori in questione si contradistin-
guono per la posizione delle pompe d'aria e dei loro organi di
comando, per il sistema d'entrata d'aria nei cilindri ed il co-
mando delle valvole e dei polverizzatori , per il sistema d'avvia-
mento e di inversione.
Le pompe d'aria sono multiple, e cioè una per cilindro col-
locata sullo stesso asse del cilindro motore, con uno stantuffo a
2 gradi ; la parte superiore funziona da stantuffo motore , la in-
feriore da pompa d'aria. I cilindri delle pompe d'aria fanno parte
di una incastellatura che è sempre comune per ogni coppia di
cilindri che costituiscono come l'elemento tipo del motore ; due
gruppi formano il motore a 4 cilindri, 3 gruppi il motore a 6
cilindri, i due cilindri di ogni gruppo essendo calettati a 180º
tra di loro, ed i gruppi successivi a 90° od a 60° rispetto all'asse
del precedente, ottenendosi le condizioni più favorevoli per l'e-
quilibramento. Tutte le pompe d'aria dei vari cilindri lavorano
in parallelo a comprimere aria dentro un serbatoio costituito fra
le pareti esterne dei cilindri e la parete dell' incastellatura ; la
capacità di questo serbatoio essendo abbastanza grande, la pres-
sione in esso si mantiene praticamente costante.
Il comando dell'aspirazione e dello scarico di ogni gruppo
di due cilindri a 180° è fatto mediante un distributore speciale
a cassetto, unico per i due, e collocato a metà fra di essi con
una piccola sporgenza dell'incastellatura ; esso serve per l'aspi-
razione dall'esterno dell'aria e per mandarla dopo compressa al
serbatoio. La costruzione dell'incastellatura con questo sistema
viene alquanto complicata per la sezione dei canali che si in-
crociano ; esso però permette, con un mezzo semplice e sicuro,
di fare i comandi delle pompe d'aria per grandissimi motori ,
abolendo le valvole automatiche ordinariamente impiegate allo
- 179 -

stesso scopo, e causa di molti inconvenienti quando devono es-


sere numerose ed a grande velocità. Il movimento dei cassetti
distributori è ottenuto mediante un albero orizzontale di distri-
buzione, il quale deve essere opportunamente girato di caletta-
mento per la marcia avanti ed indietro.
L'incastellatura coi cilindri d'aria è assicurata ad un basa-
mento inferiore, o direttamente per i motori di minor potenza,
od a mezzo di colonne metalliche per rendere più facilmente
ispezionabili le parti interne, sul tipo delle macchine marine ;
il basamento porta l'albero a gomito con due sopporti per ogni
cilindro.
I cilindri motori applicati alla parte superiore della incastel-
latura, ed indipendenti l'uno dall'altro, hanno alla loro parte
superiore le valvole di introduzione dell'aria di lavaggio, il pol-
verizzatore, la valvola d'avviamento e diversi altri organi di
minor importanza. Nelle pareti dei cilindri, ad altezza conve-
niente, sono aperte le feritoie dello scarico : tutte le pareti sono
raffreddate mediante circolazione d'acqua di mare, che messa in
movimento da apposita pompa comandata dallo stesso motore,
dopo avere raffreddato il basamento in corrispondenza dei sop-
porti principali di banco, entra nei cilindri nella loro parte in-
feriore ed opportunamente guidata perchè circoli in modo eguale
in ogni parte, ne esce dalla parte superiore, raffreddando poi il
tubo di scarico provvisto a sua volta di una circolazione esterna.
I cilindri nei motori di tipo leggero per sommergibile portano
nel loro interno i canali che conducono l'aria di lavaggio dal
serbatoio inferiore alla loro parte superiore.
Il comando dei vari organi è fatto mediante un albero ver-
ticale che ricevendo il movimento dall'albero a gomito mediante
una coppia di ruote elicoidali fisse, lo trasmette all'albero oriz-
zontale inferiore che comanda i cassetti dei distributori d'aria
ed all'albero orizzontale superiore. Quest'albero è costituito in
realtà di due, uno esterno per il comando delle valvole di la-
vaggio e dei polverizzatori, l'altr ) interno per il comando delle
valvole d'avviamento, potendo questo secondo, solidale al primo
nel movimento rotatorio, ricevere rispetto ad esso, uno sposta-
mento longitudinale, prendendo tre posizioni differenti. Il co-
- 180

mando delle valvole di lavaggio e dei polverizzatori è fatto me


diante un unico eccentrico, approfittando della proprietà che le
mezzerie di queste due fasi possono essere diametralmente op-
poste e quindi comandabili con un movimento unico a leva ango-
lare utilizzando le due braccia della leva. Questa disposizione,
che favorisce la condizione di silenziosità dei motori, causa il
movimento più dolce che si può avere rispetto alle camme or-
dinarie, semplifica pure la manovra d'inversione.
Il comando delle leve d'introduzione d'aria per l'avviamento,
che entra in azione solo nei primi istanti di funzionamento del
motore come motore atmosferico , è fatto dall' alberino interno
mediante camme a doppio profilo d'azione opportunamente orien-
tate ed un profilo intermedio di riposo raccordato mediante su-
perficie inclinate. L'alberino di comando potendo prendere tre
posizioni longitudinali, esse precisamente corrispondono ad azio-
nare le valvole d'avviamento in marcia avanti, e marcia indietro,
ed a tenerle in arresto nel periodo di marcia normale. Lo stesso
albero longitudinale superiore comanda alla sua estremità la
pompa o le pompe del petrolio o nafta coll'apparecchio di rego-
lazione automatica ed a mano.
I due alberi orizzontali di distribuzione sono comandati dal-
l'albero verticale con una disposizione speciale che permette di
variare il loro calettamento rispetto all'albero a gomito del mo-
tore durante la marcia : questa disposizione consiste nel dare
all'albero verticale uno spostamento nel senso della sua lunghezza
per cui le ruote condotte elicoidali possono durante il moto ruo-
tarsi di un angolo in più od in meno rispetto alle conduttrici ;
regolando opportunamente lo spostamento verticale, i diametri
e l'inclinazione dei denti delle ruote elicoidali è possibile di ot-
tenere con un unico spostamento verticale i calettamenti conve-
nienti differenti fra di loro dei due alberi orizzontali di distri-
buzione. Sulla stessa incastellatura, comandato dall'albero a go-
mito principale, è collocato il compressore d'aria per l'avviamento
e la polverizzazione destinato a comprimere aria alla pressione
di 70-80 atmosfere, essendosi, fin da principio, previsto quello
che la pratica ha confermato, che crescendo il numero dei giri
e diminuendo di conseguenza la durata del periodo d'introdu-
181 -

zione di combustibile, occorreva poterlo iniettare nel cilindro


con una sovrapressione maggiore che nei tipi lenti . Esso può
essere del tipo a 2 o 3 compressioni con raffreddamento inter-
medio : per le sue dimensioni ed il numero dei giri per i motori
di grande potenza esso costituisce una delle parti per ora più
interessanti dei motori ed anche una di quelle meccanicamente
più difficili.
La lubrificazione di tutte le parti in moto è fatta mediante
olio sotto pressione messo in moto da apposita pompa a stan-
tuffo ; l'olio entra nei sopporti principali di banco e, passando
all'interno dell'albero a gomito, arriva nei sopporti di biella e
risalendo dentro un tubo assicurato ad essa va al pernone dello
stantuffo, ed ancora in una camera collocata sotto il cielo dello
stantuffo per raffreddarlo convenientemente ; quindi, opportuna-
mente guidato ricade nella parte inferiore del basamento, dove
è rimesso in circolazione. Per i grandi motori il raffreddamento
dello stantuffo è fatto invece mediante acqua. Una lubrificazione
supplementare a pompetta regolabile serve per i cilindri motori
ed il compressore .
Tutti i comandi del motore vengono fatti da un'unica leva
o volantino, e da una manetta supplementare che regola la
quantità di nafta che va ai cilindri : il motore può essere perciò
sorvegliato da un solo macchinista e le manovre riescono faci-
lissime e leggere essendo fatte con l'intermezzo dell'aria com-
pressa.
La leva di manovra che nella posizione di riposo sta al cen-
tro delle cassette dei comandi, spostata a destra, per esempio,
nel senso della marcia avanti, compie successivamente queste
varie operazioni : apre la valvola d'introduzione dell'aria com-
pressa d'avviamento alle tubazioni d'avviamento del motore, fa
spostare l'albero verticale e mette perciò la distribuzione nella
fase corrispondente al senso di marcia avanti, sposta l'alberino
che comanda le camme d'avviamento, e mette in azione il pro-
filo corrispondente alla stessa marcia : il motore si incammina,
apre l'aria compressa che va ai polverizzatori . Mettendo in que-
sto istante in azione la pompa a nafta, spostandone la manetta
di comando, il petrolio viene mandato ai cilindri, succede la
182 ---

prima combustione : riportando la leva principale in una posi


zione vicina alla mediana , il motore è regolarmente in marcja
e al macchinista non rimane che regolare la quantità della
nafta per regolare a volonta il numero dei giri.
Interrompendo l'arrivo della nafta portando la pompa nella
posizione di riposo, col quale movimento si regola anche in
modo speciale la posizione dei polverizzatori , il motore si arre-
sta in pochissimi giri ; spostando la leva di manovra in senso
contrario, si hanno gli stessi comandi per la marcia indietro,
sviluppandosi, nei due sensi di rotazione, l'identica potenza .
Quantunque queste disposizioni possano apparire alla descri-
zione come alquanto complicate per la quantità degli organi
che bisogna comandare, nella pratica esse hanno assunto una
forma molto semplice e raggruppata, e le operazioni di manovra
risultano talmente elementari , che possono essere eseguite da
qualunque macchinista anche senza pratica speciale . Condizione
essenziale per la buona riuscita, come appare anche dai disegni,
è la scelta di materiali convenienti ed una lavorazione mecca-
nica molto esatta. Per i materiali la metallurgia moderna offre
facilmente degli alberi a gomiti, delle bielle in acciaio al ni
ckel che fucinati ed opportunamente trattati danno una resi-
stenza superiore ai 100 kg. per m/m con un allungamento cor-
rispondente del 12-14 ; dei getti anche complicati di cilindri
e stantuffi in ghisa dura con resistenza alla trazione di almeno
18 kg. per m/m² e dei getti in acciaio fuso a spessori minimi
di 5-7 m/m anche per pezzi complicati come i basamenti di
questi motori. Quanto alle lavorazioni, il progresso continuo del
macchinario per la fabbricazione dei motori a scoppio di grande
velocità ha permesso di pretendere delle precisioni che non sa-
rebbe stato possibile prima di ottenere : la rettifica alla mola
degli alberi a gomito, dei cilindri, degli stantuffi, le maggiori
cognizioni sulla cementazione e tempera dei metalli, e la suc-
cessiva rettifica di tutte le parti soggette a lavoro, permettono
al costruttore di essere padrone dei giuochi fra le varie parti,
riducendo al minimo le tolleranze e migliorando per questo
fatto il rendimento organico,
183 -

Dico ora brevemente dei risultati delle prove.


Il primo tipo di motore reversibile provato, è stato il mo-
tore di 300 Cav. a 500 giri ; per esso erano previste delle prove
di collaudo in officina della durata complessiva di 40 ore tra
pieno carico, 2/3, e carico variabile. Occorrono, per l'esecuzione
di queste prove, dei freni speciali , ed il migliore oggi è il freno
dinamomentrico elettrico od il freno idraulico, che permettono
una misura diretta della potenza ai vari numeri di giri , senza
dovere tener conto di rendimenti variabili col carico, come suc-
cede caricando i motori con dinamo od alternatori ordinari.
Le prime prove diedero subito l'impressione che i motori
fossero indovinati nelle loro linee generali, essendosi facilmente
raggiunta la velocità di 500 giri : più lungo e difficile è stato
l'ottenere una combustione perfetta ed economica , senza fumo
allo scarico, con avviamento sicuro, ed una pronta reversibilità,
non che lo stabilire in modo preciso i giuochi da lasciarsi tra
cilindro e stantuffo, per le dilatazioni, i sistemi di tenuta per
le alte pressioni d'aria, nafta, ecc. Dopo qualche mese di prove
metodiche e pazienti, il primo motore di 300 HP veniva pre-
sentato al collaudo ufficiale della Marina Italiana, soddisfacendo
a tutte le condizioni molto severe imposte, ed acquistandosi su-
bito la fiducia dei competenti come motore che poteva corrispon-
dere a tutte le esigenze marine.
L'avviamento sia a freddo che a caldo e la reversibilità di
marcia in prove ripetute centinaia di volte consecutive, risultano
sempre pronte e sicure, con un tempo, per il solo avviamento
da 2 a 3 secondi, per l'inversione di marcia da 6 a 8 secondi,
passando da tutta marcia avanti a tutta marcia indietro : l'ar-
resto istantaneo di masse così grandi in movimento producen-
dosi dolcemente e senza colpi.
La regolarità di marcia è forse superiore a quella delle mac-
chine a vapore ; nelle prove di motori successivi è stato già pos-
sibile di funzionare fino a 10 ore consecutive con una variazione
massima di potenza non superiore a 5 Cav. ed una variazione
di giri non superiore a 4 giri, senza che il macchinista toccasse
alcuna parte del motore, e restando fino a 4-5 ore consecutive
- 184

senza che alcuno si avvicinasse al motore nè per lubrificare, nè


per altre ragioni. La regolazione del numero dei giri, quantun-
que non richiesta per i primi motori , si è pure potuta ottenere,
e già oggi si può garantire un numero di giri minimo che è
circa un quarto di quello massimo .
Le prove successive di altri motori dello stesso tipo e quelle
dei motori di 1000 Cav. sia a 350 giri che a 150 giri, molto
facilitate dall'esperienza prima acquistata, confermarono i primi
risultati : le conferma migliore ne venne dalle nuove prove fatte
dopo il montaggio dei motori a bordo, con le quali venne di-
mostrata la possibilità dell'avviamento dei motori con l'elica at
taccata, l'assenza di fumo allo scarico e la possibilità di fare
questo scarico sotto acqua abolendo i fumaiuoli, la regolarità
di marcia, l'assenza totale di vibrazioni, la buona abitabilità dei
locali macchire anche ridotti ai minimi termini come nei Som-
mergibili, Si può perciò oggi ritenere come definitivamente pro-
vata, per motori a combustione reversibili a grande ed a piccola
velocità, fino alla potenza di 1000 Cav. su 6 o 4 cilindri , la loro
attitudine ad essere motori marini, coi seguenti vantaggi rispetto
alle macchine a vapore, siano esse alternative che rotative : peso
ed ingombro molto limitato, consumo di combustibile ridotto
con corrispondente economia nelle spese di esercizio, raggio d'a-
zione delle navi aumentato in proporzione notevolissima , facilità
di ricarica del combustibile e della costruzione dei depositi , eco-
nomia del personale.
Il tipo di motore a combustione marino sarà probabilmente
sempre a 6 cilindri, sia per le condizioni d'altezza sempre limi-
tate sia per la maggiore regolarità di marcia ed uniformità
degli sforzi che permettono di abolire il volante o di ridurlo
in termini minimi.
Il peso dei nuovi motori a combustione oscilla nei tipi a
grande velocità da 17 a 19 kg. per Cav-effettivo compresi gli
accessori, escluso l'albero e l'elica : esso compete e vince di primo.
colpo i pesi più ridotti degli impianti a vapore con turbina.
fatti sulle controtorpediniere dopo molti anni di tentativi , avendo
le turbine un numero di giri di molto maggiore e quindi pro-
babilmente un rendimento d'elica minore,
185

Per i tipi a piccola velocità commerciali il peso oscilla da


40 a 60 kg. per Cav. con un'economia di circa 2/3 rispetto ai
pesi attuali. La questione dell'ingombro è forse più importante
del peso in molti casi, ed i vantaggi dell'abolizione delle cal-
daie sono troppo evidenti per doverli citare.
Il consumo di combustibile è risultato da prove ufficiali va-
riabile da 240 a 245 gr. per Cav. per i tipi di 300. Cav. e
gr. 220-230 per Cav. per il tipo di 1000 Cav. a grande velocità,
e gr. 215-220 per Cav. per il tipo di 1000 Cav. a piccola velocità ,
restando, il che è condizione favorevolissima, il consumo prati-
camente invariato riducendosi la potenza fino sotto la metà della
potenza massima con una riduzione nel numero dei giri corri
spondente alle ordinarie condizioni navali, e salendo al massimo
a gr. 280-300 per uno sviluppo di potenza eguale al quarto della
potenza massima. Il consumo di combustibile è quindi già oggi
di pochissimo superiore a quello dei più moderni motori a com-
bustione a 4 tempi, le conseguenze tanto temute del ciclo a due
tempi e della grande velocità sono state annullate dai disposi-
tivi adottati dalla pratica.
È sperabile, direi anzi è credibile, che questi consumi deb-
bano ancora diminuire e già si intravvede il modo di poterlo
fare.
I diagrammi di lavoro, malgrado la difficoltà di ricavarli
coi tipi usuali di indicatori, a causa della grande velocità, danno
modo di studiare nel loro modo di svolgersi le fasi che si pro-
ducono nel cilindro e di migliorarne le condizioni : anche igno-
rando, per le ragioni prima dette, l'intima essenza dei fenomeni
termodinamici e chimici basterà alla pratica di saperli regolare
per ricavarne risultati sempre migliori.
Il bilancio termico di questi motori riferito al tipo di 1000
Cav. a 450 giri si può stabilire come segue :
Rendimento termico effettivo o rendimento economico 29 %*
Rendimento indicato 43 %.
Rendimento organico 68 %.
I combustibili adoperati sono quelli comunemente chiamati
oli pesanti ricavati dal residuo della distillazione del petrolio
-- 186 -

greggio nella costituzione del quale entrano dal 40 al 60 °%


contengono i termini più elevati della serie degli idrocarburi
della nafta : carburi saturi metanici nei residui del petrolio d'A-
E
merica, saturi e ciclici nei petroli russi ; saturi etilenici e naf-
tenici nei petroli rumeni. I dati dei vari oli pesanti esaminati
e provati sui motori sono all'incirca :

Densità a 15º da 0.936 a 0,950


Temperatura d'infiammabilità dei gaz determinata con l'ap-
parecchio Martins-Pensky da 115 ° a 135 °.
Temperatura iniziale della distillazione da 240º a 258°.
Materie peciose e catramose precipitate con acido solforico a
66° Baumè dal 28 al 56 %.
Composizione chimica media Carbonio 87 0%
Idrogeno • 12 %
Ossig.- zolfo-azoto p. diff. 1 %
Potere calorifico per Kg. da 10450 a 10700 calorie .

Questi dati corrispondono in media a quelli delle nafte im-


piegate nelle caldaie di tutte le Marine ; i motori del resto ven-
nero già fatti funzionare con nafta tipo normale della Marina
Italiana, col cosidetto Admiralty Heavy Oil della Marina In-
glese e con altri tipi , senza notare alcuna variante nel funzio-
namento.
Il prezzo medio attuale in Italia degli olii pesanti è di circa
L. 60 - 70 la tonnellata, nei paesi d'origine è molto inferiore,
L. 15 20 la tonn. molte volte inferiore al prezzo del carbone.
I depositi di petrolio sono , come da molti studi pubblicati ,
tanto diffusi in tutti i Paesi , che non è da credere che la pos-
sibilità nuova del loro impiego ne possa fare aumentare in
modo sensibile i prezzi.
Il consumo di olio di lubrificazione , tanto rimproverato a
tutti i tipi di motori a scoppio ed a combustione, ha già potuto
essere ridotto in limiti abbastanza bassi e garantiti. Senza an-
cora potere competere con quello ridottissimo delle turbine a
vapore e delle grandi macchine alternative lente dei grandi
transatlantici che si assicura inferiore a 1/2 gr. per cav-ora si
187

può già ora garantire un consumo non superiore a 4 gr. per


cav-ora per i motori lenti , e di 8 - 10 gr. per cav-ora per i
motori a grande velocità.
I dati fin qui esposti di pesi e di consumi di questi motori
permettono ora di stabilire un bilancio economico dei loro van-
taggi rispetto alle motrici a vapore nelle installazioni marine ,
bilancio che varia naturalmente secondo la potenza dei motori,
l'impiego a cui sono destinati , il prezzo rispettivo del carbone
e dell'olio pesante nei vari paesi. Questo studio molto interes
sante per le sue conseguenze economiche è già stato fatto, ma
l'esporne i risultati porterebbe a considerazioni troppo lunghe.
Basterà il poter affermare, e questo risultato è già evidente dalle
premesse, che in ogni caso si avrebbe dall'impiego di questi
motori un'economia variabile dal 30 al 50 % che può salire
ad una percentuale annua più elevata, quando, come è giusto ,
si faccia entrare in conto anche l'economia del personale che
essi conducono naturalmente con sè. Viene a questo punto natu-
rale la domanda : quali saranno le applicazioni future dei motori
a combustione per la marina da guerra e la marina mercantile,
e quale il loro sviluppo ed il limite massimo di potenza rag-
giungibile ?
È sempre difficile il fare delle previsioni .
La Marina da guerra, a parte l'applicazione di questi mo-
tori sui sommergibili dove essa si impone per altre considera-
zioni, potrebbe già fin d'ora avere delle torpediniere tipo costiera
con la potenza di 2000 cav. su due assi , delle torpediniere d'alto
mare con la potenza di 3000 cav. e quattro assi . Il solo esame
dei progetti delle nuove costruzioni , rispetto alle attuali, mostra
in modo evidente i vantaggi che se ne avrebbero ; se poi anche
lasciando da parte le considerazioni economiche, si vuol riflet-
tere soltanto che a parità di peso di combustibile il raggio
d'azione di queste navi viene aumentato da 4 a 5 volte, sembra
che il loro valore guerresco ne debba essere di tanto migliorato
che la loro adozione non potrà essere che questione di tempo.
Molti servizi ausiliari , come la manovra del timone, degli ar-
gani a salpare, degli argani da tonneggio, dovranno essere ra-
dicalmente modificati con l'abolizione del vapore , ma la solu-
188

zione di questi dispositivi esiste già sia coll'impiego dell'energia


elettrica, sia con quello dell'aria compressa , che risolvono pure
in modo brillante i requisiti di queste manovre.
Sarà possibile di andare più avanti e di avere le grandi co-
razzate moderne senza fumaiuoli , azionate da motori a combu-
stione? Molti studi in proposito sono già stati fatti ed anche
pubblicati, ed i vantaggi che se ne avrebbero si possono rias-
sumere in questo : sopra una grande corazzata (superdreadnought)
prevista per la velocità di 25 miglia, a parità di armamento e di
personale combattente, il peso totale sarebbe ridotto di circa 3000
a 4000 tonnellate ; la potenza delle macchine di propulsione a
parità di velocità di 7000 a 9000 cavalli , il raggio di azione
aumentato almeno a 4 volte, il personale di macchina ridotto
di almeno 300 persone.
La soluzione di questo problema così importante nelle sue
conseguenze e che potrebbe costituire come una rivoluzione nelle
costruzioni navali è dipendente da quello della costruzione di
motori a combustione della potenza di 10000 a 12000 cavalli ,
che corrispondano alle condizioni fissate d'ingombro e peso per
poterne fare l'applicazione e che diano per il loro funzionamento
una sicurezza almeno eguale a quella delle odierne motrici a
vapore. Il passare di un solo colpo dai motori della potenza di
1000 cav. od anche da quelli di 3000 cav. di cui i risultati si
potranno già avere nell'anno venturo, ai motori della potenza
di 12000 cav. al massimo su 6 od 8 cilindri con una potenza
di almeno 2000 cav. per cilindro, potrà sembrare troppa ardi-
tezza : non basta in ogni caso , per arrivarvi , l'audacia del co-
struttore: troppe questioni d'ordine economico sono ad esso col-
legate : i mezzi di lavorazione e di prova ancora deficienti per
le esigenze di motori così grandi e che richiederebbero nuovi
impianti specializzati e costosi ed il rischio finanziario che ne
deriva nel caso di insuccesso, ritarderanno probabilmente la so
luzione del problema più di quanto non lo potrebbero fare le
sole difficoltà tecniche.
La marina mercantile, che più che la marina da guerra pro-
cede nel giudicare delle sue convenienze dalle considerazioni
economiche , dovrebbe trovare nell'applicazione dei nuovi mo-
- 189

tori dei vantaggi molto grandi , sia per l'economia propria di


combustibile, sia per l'economia della mano d'opera , la cui
provvista diventa sempre più difficile e costosa. Già i motori a
combustione di 1000 Cav. a lenta andatura applicati su due
assi, permetterebbero di risolvere in modo sicuro e senza impre-
visti il problema della propulsione di molte navi per trasporto di
merci e quelli di 3000-4000 Cav., che si potrebbero pure già co-
struire senza esitazioni ad andatura lenta con certezza di riuscita,
permetterebbero di affrontare il problema di quasi tutte le navi da
trasporto, salvo forse i grandi transatlantici . Queste applicazioni
potrebbero, per ragioni ovvie, avere il loro maggior sviluppo in
Italia per le condizioni della provvista dell'attuale combusti-
bile : esso invece, a quanto si legge , saranno per prime fatte
all'estero , e l'armatore italiano si deciderà forse a farlo solo
quando avrà visto ottenute da altri quelle condizioni economiche.
più favorevoli, che permetteranno di fargli una più attiva con-
correnza nei trasporti.
Ho esposto così nei suoi punti principali lo stato attuale.
della questione e della costruzione dei motori a combustione
nelle applicazioni della marina. Mi permetterò di aggiungere,
a titolo d'informazione, che la conoscenza dei risultati ottenuti
con questi motori , che ho prima ricordati, ha destato il più
vivo interesse di tutte le Marine Estere che hanno mandato dei
delegati per assistere di persona alle prove, e molti di essi , che
erano arrivati scettici , sono partiti convinti fautori della loro
possibilità e convenienza.
Già nell'anno venturo motori di questo tipo e di varia po-
tenza saranno funzionanti sopra navi di Marine Estere anche
di quelle che escludono sistematicamente nelle loro navi da
guerra i prodotti che non siano esclusivamente nazionali .
Questo risultato ottenuto fin dall'inizio è di buon augurio
per l'Industria Italiana , ed io voglio conchiudere queste mie
parole con un altro augurio :
Come già in altro campo le lotte audacemente combattute
e le vittorie conseguite dai motori a scoppio nelle competizioni
internazionali hanno aperto all'industria italiana la via di un'e-
sportazione meccanica fiorente e sempre crescente, e migliaia e
- 190

migliaia di motori in tutti paese del mondo sostengono l'af-


fermazione dell'industriosità e della bontà dell'opera di Italiani,
così anche in questo nuovo ramo delle applicazioni dei motori
a combustione alla marina, in cui oggi non siamo gli ultimi ,
sia possibile per l'opera indefessa e concorde di tutti di acqui-
stare e conservare il primato.
00
00

98
%
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OP
B
ab

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191 -


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(Motore
-1
).HP
giri
000
50
-
192-

S.T.E.N
TORINO

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2
Motore
).(1
giri
150
HP000
193 -

TORNO
S.T.C.N.

Gruppo elettrogeno con motore 2 C 173 (1000 HP).


-
194

TFIOARTIN
O

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PORIZO

giri
500
).HP
6
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(C00
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Motore
H
- 195 1

FIG
.
1

distributore
t
c .d
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motore
Schemaria
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empi
ombustione
un
di
196-

A'

+H
M

FIG 4

Schema dell' asse verticale


197 —

Β'

olav M oine Ish

S
A

Posted 201

a
a

FIG. 3
Extent

Schema della distribuzione,


Nota sulla resistenza al moto

dei sommergibili in immersione

Ing. LEONARDO FEA , Capitano del Genio Navale.

Due problemi - fra gli altri innumerevoli possono at-


tirare l'attenzione dei progettatori di sommergibili, quando si
tratta di deteriniare la potenza della motrice da mettere a
bordo, o anche solo di studiare il comportamento del battello
in immersione :
I) La variazione della resistenza al moto col variare della
profondità, alla quale si naviga ;
II) L'influsso che sopra la resistenza stessa possono avere
tutte le numerose appendici, che dovranno sporgere dalla carena
(periscopi, timoni di direzione, timoni di profondità, bracci delle
eliche, portelli, ancore, ecc .)
Per questo studio si è sperimentato presso la Vasca Froude,
! del R. Arsenale di Spezia, con un modello di sommergibile il
quale aveva le seguenti costanti delle forme :

Lunghezza
= 5,595
(Dislocamento) ' ls
Larghezza
- 0,527
(Dislocamento ) la
Area sezione
= 0,305.
(Dislocamento) :8

Si sono eseguite due serie di prove : con il modello nudo e


con il modello munito di tutte le appendici sopra ricordate ;
conviene rammentare che la costruzione di parti di allestimento
in piccola scala non può riuscire sempre matematicamente esatta
e che quindi l'approssimazione dei risultati ottenuti non può
--- 199 ----

essere altrettanto grande quanto quella dei risultati che si ot-


tengono con la carena nuda ; però essa può darei una idea suf
ficiente del fenomeno. Per passare dai risultati del modello a
quelli della nave al vero, si è ammesso che la resistenza di at-
trito, ossia il coefficiente di attrito, non varii con la profondità,
come è accettato comunemente ; e che la legge di similitudine
meccanica sia applicabile anche a tutte le resistenze di vortici ,
ecc. dovute alle diverse appendici, a parte le resistenze di attrito.
Notiamo infine che nel caso il modello senza appendici tutte
le piccole sporgenze della carena avviate con cera vergine, in
modo da averla perfettamente liscia: però la torretta era sempre
a posto e conservava la stessa forma.
Dovendo il modello essere tenuto immerso veniva assicurato
rigidamente con l'asse orizzontale, all'apparecchio di rimorchio
come si esperimenta di solito con questo tipo di navi ; in tal
modo il modello non può assumere l'assetto che prenderebbe in
mare sotto l'azione della spinta dell' elica, della resistenza del
mezzo in cui si muove e della reazione dei timoni ; però per
esperienze comparative questo sistema è sufficiente, tanto più
considerando che al vero il sommergibile nè si muove descri
vendo una traiettoria perfettamente piana, nè si mantiene col
suo asse orizzontale. Questo, senza contare le notevoli difficoltà
pratiche che si incontrerebbero per attuare un sistema di rimor-
chio che rispondesse alle qualità richieste.
Per ogni serie di prove, il modello è stato immerso a pro-
fondità diverse dentro i limiti comunemente tenuti dai sommer-
gibili in navigazione, fino alla massima di circa metri sette ,
misurati dall'asse longitudinale della nave dal livello del mare,
al vero. Nei grafici annessi sono riportati i valori delle potenze
al rimorchio, portando il dislocamento della nave a 500 Tonn.
per due immersioni diverse, contate dalla tuga, di metri 3,65
e 4,70 ; essi sono sufficienti per fare apprezzare i diversi feno-
meni che si presentano.
Nel primo si hanno le potenze totali, nel secondo si hanno,
separate, quelle relative alla resistenza di onda e quelle rela-
tive alla resistenza di attrito : siccome si è ammesso che que-
st'ultima non varii con la profondità, così la F. C. E.a è co-
stante, per lo stesso modello, alle diverse profondità.
200 —

Per quello che riguarda la variazione della resistenza con la


variazione della profondità, si osserva che , ad alte velocità , la
resistenza totale diminuisce con l'aumentare di questa , perchè
il disturbo superficiale diminuisce e quindi diminuisce la resi-
stenza di onda; e infatti questa diminuzione è più forte per il
modello fornito di appendici che non per l'altro. Queste dedu-
zioni potevano farsi anche a priori, ed erano già state speri-
mentalmente osservate anche da altri studiosi , tra i quali a
nostra conoscenza, Mr. Mason S. Chace, alla vasca di Washington
nelle sue ricerche intorno ai sottomarini ( ' ). Però a basse velo-
cità, ossia per tutto quel campo in cui il rapporto tra essa
la radice quadrata della lunghezza non è troppo alto , il feno-
meno è più complesso : fino alla velocità di circa nodi 10,40 ,
per il modello con appendici, e fino a quella di 12,80 per il
modello nudo, l'influenza della profondità è quasi trascurabile,
invece tra le velocità ricordate e quelle di nodi 15,90 e 15,20
rispettivamente per i due modelli , l'aumento della immersione
provoca un notevole aumento di resistenza. Tale differenza cam-
bia segno oltre le due velocità ricordate ; in questa tabella ri-
portiamo per il sommergibile con appendici le potenze assorbite
dalla resistenza di onda e le differenze dovute alla immersione:

Velocità F. C. E. Differenze

nodi imm. 3,65 imm . 4.70 ( 1 ) - (2)

(1) (2) (1 )

10 283 283 0,000


12 483 514 0,064
14 667 782 - 0,173
16 1329 1292 + 0,028
17 2019 1722 + 0,147

(1) « Submarines of battleship speed ». (Soc. of Naval Arch. and


Mar. Eng. N. Y. 1907). « Tank tests on models of submarines » (Inst.
of Naval Arch. · Londra 1911).
- 201

La causa di questo fenomeno, che potrebbe forse anche ri-


cordare quello che si incontra nelle ricerche della influenza
della immersione e dell'area della sezione maestra di una nave
sulla resistenza d'onda , come si scorge dai diagrammi relativi
ottenuti dal Taylor (1 ) e più oltre riportati , questo fenomeno
dicevamo , potrebbe trovare la sua ragione d'essere nel compor-
tamento che hanno i sommergibili nella loro resistenza al moto
in emersione. È notissimo che la resistenza al moto di tutte le
navi ha un andamento non solo crescente con l'aumento delle
velocità, ma anche oscillatorio: l'esponente a della curva

Resistenza f ( Vn)

passa per valori successivamente crescenti e decrescenti. Questo


fenomeno , che è funzione della lunghezza della nave , si pre-
senta molto accentuato per le navi corte e relativamente veloci
quali sono i sommergibili nelle navigazioni alla superficie , fe-
nomeno che è poi influenzato dalla presenza delle speciali so-
prastrutture dei sommergibili stessi ; in questo tipo di nave ac-
cade spesso che le curve della resistenza in funzione della ve-
locità abbiano a un certo punto una caduta , come quella che
presentano le curve deila resistenza delle navi in canali e in
acque basse, secondo le esperienze eseguite alla Vasca di Spezia
dal Col. Ing. Rota. Il Chace nelle sue relazioni porta alcuni
casi interessanti di questo fenomeno, come lo mostrano i dia-
grammi annessi, ricavati dalle memorie : opra ricordate. Quando
il sommergibile è ancora abbastanza vicino alla superficie (nel)
primo caso degli esperimenti di Spezia, i periscopi erano a fior
d'acqua) esso si deve comportare ancora molto similmente alla
sua navigazione alla superficie , quindi presenta un notevole.
abbassamento di quell ' esponente della formola precedente ;
nella navigazione a grande immersione invece il fenomeno è
molto attenuato, per quanto si presenti pur sempre, ma l'espo
nente non si mantiene più costante, in modo che le due curve,
resistenzaa differenti immersioni , si intrecciano. Oltre una

(1) Resistance and propulsion of Ships », 1910 , pag. 97 .


202 --

certa velocità questo fenomeno probabilmente non si produrrà


più, restando la resistenza a piccola immersione decisamente
superiore a quella a grande immersione. Data la diminuzione
della resistenza con l'aumento della immersione si dovrebbe
studiare la sua variazione in funzione di questa , ma essa si
presenta doppiamente variabile, sia alle diverse velocità sia alle
diverse profondità, come risulta da questa tabella che porta le
potenze per la resistenza di onda alle successive immersioni di
m. 3,50, 4,00 e 4,50, alle velocità di 16 e di 17 nodi (le im-
mersioni sempre contate dalla sopra struttura) per il modello
munito di appendici :

Velocità Imm . 3,50 Imm. 4,00 Imm. 4,50

nodi 16 FCE. 1384 FCE. 1280 FCE. 1278


17 2110 1848 1730

Non è quindi possibile trovare una formola generale di que-


sta variazione, solo si può dire che essa sarà rappresentata da
una curva asintotica all'asse delle ascisse, in un diagramma
dove queste rappresentino le profondità e le ordinate le FCE :
a grandissima profondità la resistenza sarà solo quella di attrito.
Considerando poi l'influenza delle appendici, naturalmente
essa è in modo essenziale funzione della loro forma e quindi noi
diamo qui solo un caso particolare di questo complesso feno-
meno : si vede dai diagrammi l'importanza enorme di esse, im-
portanza che non potrebbe mai essere sufficientemente studiata,
perchè i valori riportati non costituiscono un massimo (' ) . Per
rendere più evidente ancora l'influenza delle appendici, si sono
raccolte nella annessa tabella questi elementi ; potenze effettive
totali alle diverse velocità per la carena nuda e per quella con
appendici, perdita di velocità dovuta ad esse, aumento percen-
tuale da esse apportato nella potenza :

(1) Del resto basta pensare alla grandissima influenza che la forma
e il numero dei montanti e dei tiranti di un aeroplano hanno sulla
sua velocità, per vedere che quasi altrettanto accadrà in un sommergibile .
Tav. I.

ESPERIENZE VASCA DI SPEZIA - 1311

3000

65
.3. 500
senE
app d

Valori
. s
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delle
FCE
2000

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10 11 16 20 O
Velocita tn Nodi
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Tav. II.

ESPERIENZE VASCA DI SPEZIA

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1911

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m5
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10 14 15 10 18 19 20
Velocità in Nodi
Tav. III.

ESPERIEKTE DI MR TAYLOR

200.000

LUNGHEZZA DISLOCAM • LARGHEZZA IMMERSIONC


3 36 3200 39.72 13.59
4 64 99 37.15 12.71
5 56 5120 50.25 17.18
64 29 46.97 1607
RESIST ENZE

100.000
LIBB
.IN

10
12 15 18 21 24 27 30 52
VELOCITA' IN HODI.
་ ན
Tav. IV.

RESISTENZA
MODELLO
130

LIBBRE
DEL
IN
RESISTENZE DEL MODELLO DI 25
SOMMERGIBILE DI
Mr. MASON CHACE 1911
20

1 MODELLO IMMERSO10"Z
5

2 id. id. 26"

2 3 5
VELOCITA DEL MODELLO IN NODI
}
Tav. V.

2000

ESPERIENZE CON SOMMER


GIBILE IN EMERSIONE DI
Mr CHACE 1907

1500
H.
P.
E.

1000

500

100

10 14 12 13 14 15 16 17 18
9 VELOCITA IN NODI
203 --

Velocità HPE I HPE II Perdita Aumento


nodi (mod. nudo) (mod. app. ) nodi HPE %

8 131 208 0,8 56


10 250 396 1,50 58
2448

12 460 672 1,80 46


14 695 960 2,44 58
16 1056 1760 2,40 66
18 1875 3320 2,05 77

i dati si riferiscono ad una immersione di m. 3,65 ; la diminu-


zione della percentuale di aumento HPE per 12 nodi dipende
dal fenomeno di resistenza di onda già ricordato.
Questi dati non hanno bisogno di commenti : anche suppo-
nendo che l'esattezza dei risultati abbia potuto ossere diminuita
dalla non perfetta scala di alcune appendici per la loro picco-
lezza, e che l'applicazione della legge di similitudine a questo
fenomeno possa lasciare qualche dubbio, pure resta dimostrato
che le appendici aumentano in media, per le velocità comuni
dei sommergibili in immersione, almeno del 45 % la resistenza .

al moto. Se si pone mente alla enorme importanza che ha per


queste navi il peso dell' apparato motore destinato al moto sub-
acqueo si deduce che conviene per ogni tipo di sommergibile
studiare sistematicamente e sperimentalmente non solo le forme
dello scafo e della torretta , ma anche il numero e la forma più
adatta di appendici, visto che attualmente si tende, per neces-
sità di navigazione, ad aumentarle.
Il Combustibile liquido

Produzione, proprietà e applicazione alle caldaie marine

Ing. O. GIANNELLI , Capitano del Genio Navale.

I numerosi e indiscutibili vantaggi che il petrolio offre in


confronto del carbone come combustibile nelle caldaie delle navi
da guerra hanno molto contribuito ad estenderne notevolmente
l'impiego , e forse la sua completa sostituzione al carbone , che
già si è discussa in qualche marina, avrà luogo anche prima
che il motore a combustione interna di olii pesanti abbia rag-
giunto quel grado di perfezionamento necessario per prendere
il posto della motrice a vapore.
Avendo avuto occasione in questi ultimi tempi di occuparmi,
per ragioni di servizio, delle applicazioni del combustibile li-
quido alle caldaie marine e di assistere a numerose prove, credo
sia di qualche interesse che io riassuma qui brevemente quanto
è a mia conoscenza su questo argomento , per contribuire pos-
sibilmente all'incremento dell ' industria petrolifica in Italia , e
all'adozione su tutte le nostre navi da guerra dell'esclusiva com-
bustione liquida, che in un'azione navale può rappresentare un
fattore non trascurabile del successo.
Premetterò alcune notizie di indole generale , sulla produ-
zione e le caratteristiche del petrolio greggio , i cui residui di
distillazione costituiscono la massima parte dei combustibili
liquidi.
- 205 -

I. Produzione e caratteristiche del petrolio.

-
1. Stiluppo dell'industria petrolifera. Il petrolio , benchè
contenuto nei seno della terra , è conosciuto fin dalla più re-
mota antichità, a causa delle sue manifestazioni esteriori , come
emanazioni gassoze, sgorghi, ammassi bituminosi , laghi di pece,
che ne indicano la presenza in molte località petrolifere.
Tuttavia l'applicazione industriale del petrolio risale soltanto
alla seconda metà del secolo passato. L'attenzione del pubblico
vi fu richiamata la prima volta seriamente dal colonnello Drake
che avendo nell'anno 1858 a Titusville in Pensylvania scavato
un pozzo artesiano, trovò un'abbondantissima sorgente di petrolio
il quale dopo una purificazione molto semplice bruciava con
una luce smagliante.
Ben presto il nuovo prodotto ebbe una grande diffusione
per l'illuminazione pubblica e privata in tutta l'America del
Nord e molti capitali furono rivolti allo sfruttamento dei campi
petroliferi.
Quasi contemporaneamente l'industria prendeva piede anche
in Russia, le cui sorgenti di Baku sul Mar Caspio erano rino-
mate sin dall'antichità.
Per gli usi dell'illuminazione il petrolio naturale veniva di-
stillato per estrarre la parte più leggiera ; i residui venivano
considerati come una perdita.
Trovatosi in seguito il mezzo di utilizzare la parte più
pesante come combustibile nelle caldaie a vapore in luogo del
carbone, la richiestà andò ancora aumentando, nonostante il sor-
gere dell'illuminazione elettrica, e le ricerche di nuove sorgenti
si intensificarono sempre più.
La produzione subì un aumento notevolissimo al principio
di questo secolo per la scoperta di immensi giacimenti nell' A-
merica del Nord nello Stato del Texas.
Oltre che nell'America del Nord ed in Russia , sono stati
scoperti importanti giacimenti petroliferi anche in Romania ,
Gallizia, nelle Indie orientali olandesi (Borneo, Sumatra , Giava.)
nelle Indie orientali inglesi (Burma sul fiume Irawadi) in Giap-
pone, in Germania. Altri paesi stanno per diventare importanti
- 206

centri di produzione , come il Messico , il Perù , le Indie occi-


dentali , l'Assam, l'Africa.
Nella Tav. I. sono riportate le produzioni annuali delle
principali regioni dal 1870 al 1908.
La produzione mondiale attuale si aggira intorno ai 50 milioni
di tonnellate , in gran parte dovuta agli Stati Uniti d'America .
L'Italia sembra finora poco favorita da questo lato. Pozzi
petroliferi sono stati scavati nelle province di Parma e Piacenza ,
in quella di Chieti presso Tocco Casauria, in quella di Caserta
presso S. Giovanni Incarico ed in altre località , ma la produ-
zione raggiunge delle cifre assai limitate. Nel 1910 essa è stata
di circa 7000 tonn. di petrolio greggio quasi completamente
fornito dalle miniere della provincia di Piacenza . Non è però
escluso che in avvenire si possano scoprire altre sorgenti , che
mettano anche l'Italia in grado di emanciparsi dall'estero . Cer-
tamente le ricerche sono molto costose e difficilmente si trova
chi ne affronti le spese, senza la certezza di essere rimunerato.
Data l'importanza che il combustibile liquido va ora assu-
mendo per la marina da guerra, il Governo dovrebbe favorire
in tutti i modi la perforazione di nuovi pozzi , sia assegnando
dei premi per ogni metro di perforazione, sia proteggendo l'in-
dustria con dazi doganali, sia esentando da tasse e concedendo
speciali tariffe di trasporto. Con questi mezzi l'industria petro-
lifera ha potuto avere un grande sviluppo in molti altri Stati
e specialmente in Romania. Qualcosa è stato già fatto anche in
Italia, ma altri vantaggi si potrebbero concedere ancora .
- ·
2. Perforazione dei pozzi petroliferi. Per piccole profon-
fondità i pozzi petroliferi si scavano a mano, come i pozzi or-
dinari, ma per profond.tà un po ' grandi , come si richiede il più
delle volte, si impiega la perforazione meccanica, mediante uten-
sili speciali che ricevono moto alternativo o di rotazione da
macchine a vapore o a combustione.
Varii sono i sistemi di perforazione meccanica adottati : uno
dei più comuni è quello americano , nel quale l'utensile perfo-
rante riceve moto alternativo mediante un bilanciere.
Mano mano che la perforazione procede s'introducono nel
foro dei tubi di ferro.
- 207

.1
Fig Impianto
derrick
un
.di
208

Per ritirare ed introdurre gli utensili , estrarre i detriti e col-


locare i tubi si costruisce al disopra del pozzo un'incastellatura
metallica o di legno, che con parola inglese si usa
mente chiamare derrik (Fig. 1) . Il derrik porta alla sommità
una puleggia sulla quale si avvolge la corda che con l'aiuto
di un verricello serve per le operazioni di sollevamento.
Raggiunta la vena petrolifera il liquido sgorga di solito spon-
taneamente spinto dalla pressione interna dei gas che sempre
si sviluppano dalla sua massa e si accumulano nella parte su-
periore della cavità dove esso è contenuto. Se non effluisce na-
turalmente si estrae per mezzo di pompe o di speciali secchietti
a valvola o con altri sistemi che qui non è il caso di descrivere.
Il costo di perforazione varia con la natura del terreno; nelle
provincie di Parma e Piacenza si aggira tra le 200 e le 250
lire per metro corrente. Se si pensa che spesso si raggiungono
i 600 e 800 m. di profondità, si vede quanto costosa sia la ri-
cerca dei giacimenti petroliferi.
Quando in una località si è scoperta una sorgente , perfo-
rando il suolo nelle vicinanze si ha quasi la certezza di trovare
ancora petrolio ; è così che nelle regioni petrolifere il terreno è
tutto crivellato di pozzi.
La Fig. 2 rappresenta un gruppo di derrik nella regione del
Caucaso.
3. -- Caratteri esterni del petrolio. Il petrolio è un liquido
oleoso, di odore piuttosto piacevole di etere , salvo quando con-
tiene molto zolfo, nel qual caso assume un odore disgustoso. Il
colore varia da giallo-ambra, al verde, al rosso bruno, al bruno scuro
con iridescenze verdastre alla superficie, dette i fiori del petrolio.
Il peso specifico va da 0.75 ad 1 , ma in generale è com-
preso tra 0.85 e 0.95 ; è maggiore per i petroli che si trovano
più vicini alla crosta terrestre.
4. - Composizione. Il petrolio è un miscuglio di idrocar
buri , chimicamente rappresentati da una delle seguenti formule:
Cn H2n +2 paraffine Cn H2n- 6 benzine
Cn H2n olefine Cn H2n- 8
Cn H2n-2 Cn H2n- 10
Cn H2n-4 Cn H2n- 12
- 209

di Fig
EGruppo
aB.ibi
-derrick
ibat
.2presso
Baku
- 210

dove l'indice n può assumere diversi valori da uno in pci, dando


luogo ad una serie speciale di idrocarburi per ognuna delle for-
mule citate.
Di tutte le serie quelle che entrano nella maggiore propor-
zione nella costituzione dei petroli sono quelle delle paraffine,
delle olefine e delle benzine. La più importante è la prima che
incomincia col metano ( CH ) idrocarburo gassoso, costituente la
massima parte dei gas naturali , che sempre accompagnano i pe-
troli grezzi.
Oltre gli idrocarburi, entrano nella composizione dei petroli
anche l'azoto , l'ossigeno , lo zolfo, ma sono sempre in propor-
zioni molto piccole e considerati come impurità.
Quantitativamente il petrolio greggio contiene dall'84 all'87
per cento di carbonio e dal 12 a 15 % di idrogeno ; gli altri e-
lementi di rado arrivano complessivamente al 3 %.
5. - Potere calorifico. · A causa dell'alta percentuale di idro-
geno il valore del potere calorifico del petrolio è molto superiore a
quello dei migliori carboni fossili, potendo arrivare sino a 11500
calorie, mentre quello del carbone raramente sorpassa le 8000.
6. - Coeficiente di dilatazione. - É piuttosto elevato ed è mag-
giore per i petroli leggieri che per quelli più pesanti ; il suo va-
lore varia da 0,00065 a 0,00085, ciò che corrisponde ad un cam-
biamento di volume del 3,25 al 4,25 per cento per una varia-
zione di 50° nella temperatura.
Occorrerà dunque che i recipienti di petrolio abbiano un
margine per la dilatazione di circa il 4 per cento del loro vo-
lume.
7. ― Grado d'infiammabilità. - É questa una caratteristica
molto importante a conoscere, perchè da essa dipende il grado
di sicurezza con cui il combustibile può essere adoperato.
Impiegando una terminologia inglese molto comune si suole
distinguere il flash point ed il fire point. Il primo è il punto
d'accensione dei vapori, ossia quel grado di temperatura a cui
il combustibile dà luogo alla formazione di vapori infiamma-
bili ed esplosivi , se mescolati con l'aria ; il secondo è il grado
di temperatura necessario per l'accensione della massa liquida.
Il flash point, che è il più importante, ha un valore diverso
-- 211 -----

secondo che è determinato in vaso chiuso (closed test) o in vaso


aperto (open test). Quando si dice senz'altro flash point o punto
d'infiammabilità s'intende riferirsi a quello in vaso chiuso.
Il punto d'infiammabilità dei petroli greggi è in generale
molto basso (30° - 40°) e quindi essi non offrono sufficienti ga-
ranzie di sicurezza per essere utilizzati direttamente.
- -
8. Origine geologica del petrolio. Il problema della for-
mazione geologica del petrolio è stato oggetto di molte discus-
sioni ed ancora non ha avuto una soluzione soddisfacente.
La continua scoperta di sorgenti petrolifere in tutte le re-
gioni della terra, in tutti gli strati geologici, di qualunque na-
tura e di qualunque età, hanno messo in dubbio molte teorie
basate esclusivamente sulla natura geologica di alcune partico-
lari località petrolifere.
Tutte le teorie sulla formazione del petrolio si possono ri-
durre in ultima analisi a due : quella dell'origine organica,
e quella dell'origine inorganica.
Secondo la prima, che è quella più generalmente accettata ,
il petrolio sarebbe il risultato della fermentazione e della distil-
lazione delle sostanze organiche, accumulate in grandi ammassi
nel seno della terra.
Secondo la teoria inorganica , esso sarebbe invece dovuto alle
azioni chimiche svolgentisi a grandi profondità, dalle quali si
svilupperebbero idrocarburi gassosi, che si condenserebbero negli
strati prossimi alla crosta terrestre a temperatura più bassa.
Secondo questa teoria il processo di formazione dovrebbe essere
continuo e le sorgenti di petrolio dovrebbero essere inesauribili.
-
9. Depurazione e distillazione del petrolio greggio. - Quando
il petrolio sgorga dal seno della terra è quasi sempre accompa-
gnato da idrocarburi gassosi , da acqua salata e da terriccio. La
separazione dei vari elementi si ottiene facilmente per differenza
di densità.
I gas vengono raccolti in gassometri e impiegati per muo-
vere motori e per l'illuminazione.
Il petrolio, liberato dall'acqua e dal terriccio , prima di es-
sere messo in commercio , viene di solito sottoposto alla distil-
lazione per separare gli idrocarburi più leggieri da quelli più
-. 212

pesanti. Questa operazione si fa in grandi alambicchi a tempe


rature gradatamente crescenti. Gli idrocarburi che volatizzano
prima (da 0 a 130°) costituiscono la benzina del commercio ;
viene poi il petrolio d'illuminazione, (fra 150º e 300 ) ; quel che
resta costituisce il residuo della distillazione e viene messo in
commercio per essere utilizzato come combustibile liquido nelle
caldaie a vapore e nei motori a combustione interna. Si chiama
anche olio solare oppure nafta o naftetine da neft nome dato
nel Caucaso al petrolio greggio.
Oltre che dalla distillazione del petrolio si ottengono pro-
dotti analoghi , in quantità però limitata , anche dalla distilla-
zione dei catrami di carbon fossile, e degli schisti bituminosi .

II. Produzione e caratteristiche del naftetine.

1 . - Produzione. La quantità di residui che si ricava dai


petroli greggi varia dal 20 al 70 %; i petroli Russi e della
California danno specialmente alte percentuali di olii pesanti.
Attualmente la produzione mondiale di naftetine si può cal-
colare di circa 10 milioni di tonnellate, in gran parte provenienti
dagli Stati Uniti e dalla Russia.
I petroli italiani non dànno quantità apprezzabili di residui
essendo in massima parte costituiti di idrocarburi leggieri.
-
2. -- Caratteristiche del naftetine. Non differiscono molto
da quelle del petrolio greggio, salvo il punto d'infiammabilità
ed il peso specifico che sono naturalmente più elevati.
Nei collaudi i principali elementi da esaminare sono i seguenti :
a ) il peso specifico
b) il potere calorifico.
c) il grado d'infiammabilità
d) la viscosità
e) la quantità d'acqua e d'altre impurità
f) il grado di congelamento.
·
3. Peso specifico.compreso generalmente tra 0,88 e 0,95 ;
il naftetine russo è più denso di quello americano.
4. ―― Potere calorifico. - Si può ritenere una buona media
10.500 calorie.
Non bisogna misurare il potere calorifico del naftetine col
- 213

calorimetro Thompson , ordinariamente usato per i carboni, perchè


dà risultati poco attendibili , per il fatto che il petrolio misto
con sostanze assorbenti brucia lentamente, mentre è necessaria
una combustione molto rapida per avere una buona misura. L'ap-
parecchio calorimetrico più adatto per combustibili liquidi è la
bomba di Mahler.
5. - Grado d'infiammabilità. - Deve essere sufficientemente
elevato perchè il combustibile possa essere adoperato con sicu-
rezza, senza bisogno di eccessive precauzioni.
Nella Marina da guerra italiana è prescritto un punto d'in-
fiammabilità minimo (in vaso chiuso) di 115 °. Le specificazioni
dell'Ammiragliato inglese e della Marina Nord Americana ri-
chiedono 200° F. pari a circa 93° C. La marina mercantile
scende anche a 65° C. ma questo può essere considerato come
il limite minimo a cui si può arrivare senza pericolo di fre-
quenti disgrazie.
Nella nostra Marina militare, dove si richiedono punti d'in-
fiammabilità così elevati, il combustibile liquido offre lo stesso
grado di sicurezza del carbone, senza che si debbano prendere
speciali precauzioni nel suo impiego.
6. — Viscosità. - É importante a determinare per giudicare
della fluidità del liquido dagli apparecchi di combustione .
Essa è determinata dal numero di en. cubici che possono effluire
da un dato orifizio in un certo tempo oppure dal rapporto dei
tempi impiegati da una certa quantità di naftetine e da un ' e-
guale quantità di acqua ad effluire da un orifizio di sezione sta-
bilita (apparecchio Engler).
7. - Impurità. - L'impurità più importante a determinare
è l'acqua, perchè la sua presenza è molto dannosa alla combu-
stione. Generalmente però il naftetine non contiene quantità ap-
prezzabili d'acqua, perchè essa viene eliminata dalla distilla-
zione. Quando se ne trovano tracce essa proviene dai trasbordi
subiti dal liquido in casse non sufficientemente pulite.
Un ' impurità frequente è lo zolfo , dannoso alla buona conser-
vazione delle caldaie quando eccede un certo limite .
8. Grado di congelamento. Alcuni petroli contenenti molta
paraffina, come quelli americani, durante l'inverno non si pos
214 -

sono estrarre dai depositi , se prima non si riscaldano , perchè


congelano a temperature relativamente elevate. Ciò costituisce un
grave inconveniente per l'uso corrente ; perciò le specificazioni
stabiliscono di solito un grado massimo di congelamento, ordi-
nariamente 0º.

III. - Trasporto e deposito dei combustibili liquidi.

1. - Trasporto. · Il trasporto dai luoghi di produzione ai


centri di consumo veniva in principio effettuato per mezzo di
barili e di carri . Coll' aumentare del traffico si pensò di ser-
virsi di tubolature per il trasporto del petrolio greggio dai pozzi
alla riva del mare, dove furono erette le raffinerie. In America
vi sono oggidì parecchie centinaia di migliaia di tubolature tra
i campi petroliferi dell' interno e le rive dell ' oceano.
Dopo la distillazione ed il raffinamento i prodotti leggieri
vengono ordinariamente chiusi in recipienti di latta ed i residui
trasportati alla rinfusa in appositi carri o bastimenti cisterna.
Moltissime navi esclusivamente adibite al trasporto del pe
trolio solcano oggi tutti i mari del mondo. I Registri di clas-
sificazione hanno dettate norme speciali per la costruzione delle
navi petrolifere. Sono stati anche studiati dei tipi particolar-
mente adatti a questo traffico, come quello proposto dal Sig . Isher-
wood, a struttura prevalentemente longitudinale (') .
Un tipo di trasporto che si va facendo strada e che incon-
trerà senza dubbio molto favore è quello con motori a com-
bustione interna , utilizzanti lo stesso combustibile trasportato.
Una nave di questo genere è quanto di più semplice si possa
immaginare. Nella Fig. 3 è riportato lo schizzo di una cisterna
automotrice studiata per trasportare circa 800 tonn. di petrolio
! alla velocità di 9 miglia.
2. - Depositi. · La mancanza di depositi di naftetine in
tutte le parti del mondo ha ritardato molto la diffusione della
combustione liquida sulle navi. Ora questa difficoltà sta per
scomparire , perchè in tutte le principali piazze del mondo o

(1) Transactions of I. N. A. 1908, pag. 115.


Ponte
Comande

Pozzo
Catene
Depositi
Nafletine
Deposito

.MSez
.
DIMENSIONI
PRINCIPALI
Pp
le
fra
Lunghezza .m 46.00
ossatura
fuori
Larghezza
- 215-

9.00
mImmers
ccomplned
•.i:arico 3.50
Capacità
dei
depositi .800
mc
cinca

Pompa
=N00
2Poff
500 Depos
Nafte iti Alloggio Comandi
Deposito . line Pozze
cat
Dir eneggio
M.a ipa
Equ
Pompa
GOOG

.3
Fig · Cisterna
naftetine
per
automotrice
-216-

sono già istallati o si stanno istallando grandi depositi di naf-


tatine.
Il tipo di deposito preferito è quello metallico : un cilindro
verticale a corsi di lamiera orizzontali ed una copertura a cal-
lotta sferica. Questi serbatoi sono spesso appoggiati sul terreno,
. sopra un letto di sabbia ( fig. 4) . È la sistemazione più econo-
mica , ma se si vuole avere la possibilità di accedere sotto il
fondo per visite o riparazioni, allora bisogna ricorrere alla siste
mazione su muri e travature metalliche.
Nei porti militari dove è necessario difendere i serbatoi dalle
offese nemiche si era pensato di costruirli in cemento armato ,
interrati, ma poi vi si è dovuto rinunciare perché si è trovato
che il cemento è attaccato e disgregato dal petrolio.
Per limitare le dispersioni in caso di rottura e circoscrivere
gli incendi si possono circondare i serbatoi con degli argini in
modo da costituire intorno ad essi come delle grandi vasche.
Per facilitare il rifornimento delle navi è bene che i depositi
siano collocati in una posizione piuttosto elevata, in modo che
il liquido possa defluire naturalmente per le tubolature, anche
senza bisogno di pompe.

IV. -- Combustione.

Trascurando la piccola percentuale d' impurità , si può rite-


nere che il naftetine contenga in media l'86 per cento di car-
bonio ed il 14 per cento d'idrogeno.
La Chimica c' insegna che un Kg. di C per bruciare com-
2 × 16
pletamente richiede 12 = 2,66 Kg. di O per formare

Kg. 3,66 di CO, ed un Kg. di H ne richiede 8 di O per for-


mare 9 Kg. di H¸0.
Conseguentemente la completa combustione di un Kg. di
naftetine darà luogo ai seguenti prodotti :
Kg. 0,86 di C + Kg . 0,86 × 2,66 di 0 = hg. 3,15 di Co
0,14 » H + 0,14 X 8 1,26 » H₂O

1,00 » naftetine + Kg. 3,41 4,41 » gas


Poichè l'aria contiene il 23,15 % di ossigeno , la quantità
—€ 217 -

20-770 2-20
9

6060

Rm.7.00.

600-400

Fig. 4 . Serbatoio metallico per 1070 m³ di naftetine.


- 218 -

d'aria necessaria per la combustione di 1 Kg. di naftetine sarà :


3,41
X 100 14,75 Kg. circa di cui Kg. 11,34 di Az
23,15
In pratica la quantità d'aria necessaria è sempre superiore
a quella teorica, per la difficoltà di portare a contatto di ogni
molecola di combustibile la sua parte e non più di aria. Si può
ritenere che l'eccesso sia del 50 % in combustioni normali .
Quanto al calore svolto nella combustione si sa che 1 Kg.
di C dà luogo allo svolgimento di 8080 calorie e quella di 1 Kg.
di H allo svolgimento di 29004 calorie, supposto che l'acqua pro-
dotta si vaporizzi come avviene in un forno di caldaia. Conse-
guentemente il calore svolto da un kg. di naftetine sarà :

0,86 × 8080 +0,14 × 29004 = 10970

che non è altro che il potere calorifico.


La quantità teorica d'acqua a 100° che può essere evapo-
rata da un un kg. di naftetine che bruci completamente e senza
perdite di calore dovrebbe quindi essere
10970
= Kg. 20,500 circa
537

Ma una parte del calore svolto è sempre portato via dai pro-
dotti della combustione che escono caldi dal fumaiuolo . Per
ogni grado di temperatura si può ritenere che la perdita sia la
seguente, sempre riferendosi a 1 Kg. di combustibile :
peso potere calorif.
Anidride carbonica Kg. 3,15 × 0,197 = 0,62 calorie per 1 °
Vapore . » 1,26 × 0,500 = 0,63
Azoto . » 11,34 × 0,248 = 2,80
Aria in accesso • » 7,38 x 0,239 = 1,76

Totale calorie trasportate per ogni grado = 5,81


Se la temperatura alla base del fumaiuolo arriva a 400°,
come spesso avviene, il calore perduto è all'incirca.
(400 30) × 5,81 2150 calorie

ossia il 20 per cento, e corrispondentemente la quantità d'acqua


che può essere evaporata si riduce a 16,4 Kg. Di qui appare
evidente la necessità di mantenere la temperatura alla base del
219

fumaiuolo più lassa che sia possibile. Ciò può essere ottenuto
mediante un razionale percorso delle fiamme e con la perfetta
regolazione della combustione.
Contribuiscono ad abbassare il rendimento le impurità con-
tenute nel combustibile ; più dannosa di tutte è la presenza dell'ac-
qua specialmente quando è contenuta allo stato di emulsione. Tutte
le volte che si presenta una goccia d'acqua all'apparecchio di
combustione la fiamma si abbassa o si spenge ; di più l'acqua
passando nel forno si converte in vapore assorbendo calore.
Tutto sommato il potere evaporante di 1 Kg. di naftetine
raramente arriva a 15 Kg. d'acqua ; la combustione può rite-
nersi buona quando si riesce ad evaporare 14 Kg. di acqua.

V. Vari sistemi di combustione a naftetine.

1. - Sistemi primitivi. I primi tentativi per bruciare i


residui della distillazione del petrolio nelle caldaie a vapore
risalgono al 1862. Si cominciò a bruciarli mescolati con sostanze
assorbenti oppure in bacinelle o griglie scanalate ; ma i risul-
tati non furono troppo incorraggianti per l'eccessiva quantità
di fumo che si produceva e per l'irregolarità della combustione.
Il sistema delle griglie a canale che presenta l'attrattiva di
una grande semplicità e concede la facoltà di passare facilmente
dalla combustione a liquido a quella a carbone, è stato ripreso al
giorno d'oggi e perfezionato dal maggiore Macchinista nella
R. N. Gerolamo Conti. che ha fatto recentemente una serie di
esperienze sopra una torpediniera Schichau concessa dalla R. Ma-
rina. In questo sistema il naftetine scorre in una serie di griglie
scanalate con sezione longitudinale a sega e l'aria per la com-
bustione arriva dalla parte inferiore ed è costretta a lambire la
superficie del liquido da tanti diaframmi deviatori a forma di
T, interposti fra una griglia e l'altra (fig. 5).

Yanand
Unch
J

Fig. 5. - Griglie del sistema Conti.


220

I risultati degli esperimenti sono stati, a dir vero, alquanto


soddisfacenti per la regolarità della combustione, ma ne è ri-
sultato un troppo elevato consumo di combustibile. Forse il si-
stema, meglio studiato in tutti i particolari ed applicato a cal-
daie più adatte che non siano quelle del tipo locomotiva come
quella della torpediniera Schichau sulla quale sono stati fatti
gli esperimenti, potrà avere maggiori applicazioni.
Un altro mezzo di bruciar combustibile liquido, che fu ten-
tato in sul principio, fu quello della vaporizzazione del liquido
facendolo passare in una serie di tubi esposti alle fiamme prima
di arrivare ai becchi di efflusso. Ma si riscontrò che i tubi si
ostruivano troppo facilmente per i depositi di Coke che si for-
mavano nell'interno a causa della distillazione del petrolio .
Oggi tutti i sistemi in uso si fondano sul principio della
polverizzazione ossia sulla suddivisione del combustibile in mi-
nutissime particelle in modo da facilitare il più possibile la sua
unione con l'aria.
Gli apparecchi che realizzano questo principio si dicono pol-
verizzatori, e si possono dividere in tre categorie :
a) polverizzatori a vapore
b) ad aria compressa
c) a pressione.
2. - Polverizzatori a vapore. - Sono stati i primi ad essere
sperimentati con successo, specialmente applicati alle caldaie
delle locomotive nelle località petrolifere.
In questi apparecchi la polverizzazione è ottenuta per mezzo
di un getto violento di vapore, che investe tangenzialmente il
combustibile al momento dell'efflusso .
Molti di essi sono basati sul principio dell'iniettore Jiffart e
sono costituiti da due canali concentrici , uno per il petrolio e
l'altro per il vapore ; questo effluendo esercita l'aspirazione del
liquido, lo attrae nella sua corrente e lo disgrega. Di questo tipo
è il polverizzatore Lassöe Lowekin (Fig. 6 ), sistemato su molte
navi mercantili americane, il polverizzatore Hayes, quello Rusden
e Eeles, quello Holden e molti altri che si somigliano l'uno
con l'altro.
Qualche volta il getto di vapore esercita anche l'aspirazione
Vapore
. 221 -

Petrolio

- Polverizzatore
.6
Fig
àapore
vLåssõe
222 -

dell'aria necessaria alla combustione , come nel polverizzatore


Kermode (Fig. 7).

Vapore

Aria
Perrolio

Fig. 7. - Polverizzatore a vapore Kermode .

Altri polverizzatori a vapore sono basati sulla laminazione


piana del petrolio, come quello Cuniberti (Fig. 8) applicato su
molte navi e torpediniere della nostra marina da guerra. Simile
al Cuniberti è quello Ingram (Fig. 9) installato sulla corazzata
americana Delaware.
Caratteristica principale degli impianti con polverizzatori a
vapore è la completa assenza dei macchinari , se si eccettuano i
ventilatori per il tiraggio forzato, che sono indispensabili per
qualsiasi sistemazione a combustibile liquido. Alle basse anda-
ture però si può fare a meno anche dei ventilatori , sia perchè
il vapore produce esso stesso una specie di tiraggio, sia perchè
esso è un polverizzatore per eccellenza , poichè sembra che
oltre ad atomizzare il petrolio eserciti su di esso un'azione
dissociante.
Il vapore per la polverizzazione viene ridotto a 3 o 4 atmo-
sfere, per diminuire la velocità d'efflusso, e per renderlo più
asciutto.
— 223 -

VAPORE

PETROLIO

Fig. 8. - Polverizzatore a vapore Cuniberti


224

Il combustibile arriva agli apparecchi polverizzanti per sem-


plice differenza di livello.
Nonostante il pregio della grande semplicità e del perfetto
funzionamento, i polverizzatori a vapore sono oggidì quasi ab-
bandonati per le caldaie marine, perchè presentano il difetto
capitale di consumare troppo vapore, ciò che obbliga a portare
delle riserve d'acqua molto grandi o a sistemare a bordo dei
pesanti ed ingombranti evaporatori .

Vapore

Petrolio

Fig. 9. Polverizzatore à vapore Ingram.

Il consumo di acqua varia da kg. 0,2 a kg. , 1 per ogni kg.-


di naftetine bruciato, dai migliori ai peggiori polverizzatori . Quello
Cuniberti , secondo è stato più volte affermato , non dovrebbe
consumare più di kg. 0,2 di vapore , ma recenti ed accurate
esperienze a bordo ed a terra hanno messo in evidenza che
questa cifra è un po ' troppo ottimista : si può ritenere come
buona media un consumo di kg. 0,4 di acqua per ogni kg. di
combustibile.
3. — Polverizzatori ad aria compressa. Invece di usare
come agente polverizzante il vapore si può adoperare l'aria
-- 225

compressa a due o tre atmosfere ; si evita così la perdita di


acqua, ma occorre la sistemazione di un compressore. Mentre
si elimina una complicazione se ne introduce un'altra.
-
4. Polverizzatori a pressione. Dovendo ricorrere all ' im-
pianto di macchinari è preferibile adottare i polverizzatori a
pressione nei quali l'atonizzazione si ottiene col fare effluire il
combustibile sotto forte pressione imprimendogli presso l'u-
1
scita un movimento di rotazione.
I tipi più in uso sono quello Koerting-Schütte (Figg. 10-11 ) ,
sistemato su molti cacciatorpediniere americani e tedeschi , quello
Thornycroft (Fig. 12) applicato sui nostri cacciatorpediniere

Fig. 10 - Polverizzatore Koerting a semplice getto.

Fig. 11. Polverizzatore Koerting a doppio getto.


Jodi
226

boldo
VA

Dol
baldol

.12
Fig - Polverizzatore
.
Thornycroft
PIASTRINA
P.

P
227

1
.3
Fig Polverizzatore
Peabody
- 228 —

tipo Fuciliere », quello Peabody della Ditta Babcock e Wilcox


( Fig. 13 ) , quello Kermode ( Fig. 14) istallato su molte corazzate
inglesi , quello della ditta Wallsend ( Fig. 15) e molti altri simili.

Fig. 14. Polverizzatore a pressione Kermode .

Nel polverizzatore Koerting la rotazione del liquido è otte-


nuta facendolo girare, in prossimità dell'efflusso, tra l'impana-
tura di una vite. Nel Thornycroft la vite è conica e svitandosi
apre uno stretto passaggio elicoidale, lungo il quale scorre il
combustibile, di cui si può anche regolare l'efflusso senza stroz-
zare il forellino d'uscita.
Nel Peabody, nel Kermode e nel Wallsend il movimento ro-
tatorio è impresso facendo effluire il liquido per alcuni cana-
letti obliqui .
-- 229

Nel R. Arsenale di Spezia è stato recentemente studiato dal


capo tecnico Paolo Mejani un polverizzatore a pressione che ha
dato ottimi risultati . In esso il petrolio prima di uscire è co-

Fig. 15. Polverizzatore Wallsend.


stretto a girare in un canaletto a spirale scavato in una pia-
strina di acciaio (Fig. 16). Il tipo si presta anche per moltipli-
care i fori di efflusso in un medesimo apparecchio.

Fig. 16. - Piastrine del polverizzatore Mejani .

I polverizzatori a pressione sono quelli che oggi incontrano


il maggiore favore , perchè oltre ad eliminare l'inconveniente
230

della perdita d'acqua dolce, che presentano quelli a vapore, sono


al pari di questi di un funzionamento ottimo e di facile ma-
neggio.
VI. — Caldaie a naftetine.

1 . — Costruzione del forno. La parte del forno non limi-


tata da superficie riscaldanti deve essere rivestita di materiale
refrattario. Speciale cura si deve porre nell ' unire i mattoni re-
frattari ai rivestimenti esterni, perchè con la deformazione di
questi provocata dalle elevate temperature non si abbia a scom-
paginare tutta la muratura, come spesso avviene.
2. Sistemazione dei polverizzatori. Si collocano nella
parte anteriore delle caldaie in modi diversi a seconda del tipo
dell'apparecchio e della caldaia .
Una sistemazione molto usata per i polverizzatori a pres-
sione è quella rappresentata dalla Fig. 17. I polverizzatori si

IA
AR

Fig. 17. - Sistemazione di un polverizzatore Thornycroft.


collocano al centro di una serie di anelli di ferro di diametro
crescente, sistemati nell ' interno di una intercapedine (Tav. II)
- 231 ―

L'aria che affluisce nell'intercapedine attraverso apposite portelle


trova la via di sfuggita tra l'uno e l'altro anello e circonda di
una corrente il getto di petrolio polverizzato, si unisce ad esso
intimamente e l'infiamma. Il sistema della cassa d'aria comune
non è però troppo buono, perchè quando non tutti i polverizza-
tori sono in funzione, per i coni d'aria di quelli inattivi passa
egualmente aria che entra nel forno e disturba la combustione.
Migliore è la sistemazione adottata dal Koerting con i polve-
rizzatori tutti indipendenti . In una prova fatta si è trovato un
vantaggio del 10 % con polverizzatori indipendenti in confronto
di quelli a cassa d'aria comune.
Caratteristica è la sistemazione adottata dal Cuniberti per i
suoi polverizzatori a vapore. Egli partendo dal principio che per
un buon rendimento la camera di combustione dovrebbe essere
separata dal corpo della caldaia (1) ha coll cato i polverizzatori
sotto dei voltini refrattarii , che portano il luogo di formazione
delle fiamme fuori del forno propriamente detto (Tav. III) .
3. - Tipo di caldaia preferibile per la combustione a nafte-
tine. - Qualunque caldaia può essere adattata a bruciare com-
bustibile liquido, come ne dànno l'esempio le figg . 18, 19 , 20 e
le Tav. II e III.

Fig. 18. Caldaia cilindrica a combustibile liquido .

( ) V. Rivista Marittima, Maggio 1893 , pag. 220 : « La nafta e la


torpediniera 104 S dell'Ing. V. E. Cuniberti .
- 232-

488883

1. 9
Fig liquido
.a
W ilcox
ceombustibile
Babcock
Caldaia
-

A
233

Sono preferibili le caldaie che hanno ampiezza di forno, lungo


percorso delle fiamme, pareti non troppo grosse esposte al di-
retto contatto delle fiamme.
È specialmente importante un'ampia camera di combustione
poichè dalla sua ampiezza dipende la quantità di combustibile
che può essere bruciato . È come la griglia delle caldaie a car-
bone.

Fig. 20. Caldaia Whithe -Forster a combustibile liquido .

Anche la lunghezza del forno deve essere piuttosto grande


per permettere alle fiamme di stendersi senza sbattere contro la
parete opposta. Non essendovi limitazione di lunghezza imposta
dal caricamento del combustibile, come per quelle a carbone, le
caldaie a naftetine si potrebbero far lunghe quanto si vuole ; ma
c'è un limite imposto naturalmente dal non eccessivo prolun-
gamento delle fiamme e dalla opportunità di non concentrare
una potenza troppo grande in una sola unità , per i casi d'a-
234

varia. Si può ritenere un buon limite 4 metri di lunghezza di


forno .
4. - Proporzionamento delle caldaie a combustibile liquido.
Uno dei principali pregi delle caldaie a combustibile liquido
è la grande facilità con cui possono essere spinte a gradi molto
elevati di combustione. Si citano esempi di prove in cui si è ar-
rivati a sviluppare anche 8 cav. per m. q. di superficie di ri
scaldamento.
Per caldaie a tubi d'acqua , con ampia camera di combu-
stione, percorso razionale delle fiamme , buona polverizzazione,
si può contare su di un rendimento di 6 cav. per m. q. di su-
perficie di riscaldamento. Su questa base possono essere stabiliti
i calcoli di proporzionamento.

VII. - Impianti di bordo.

1. ― Depositi del combustibile. - É preferibile collocare i de-


positi sotto il pagliuolo delle caldaie, per evitare spandimenti ed
incendi del liquido in caso di avaria o di cattiva tenuta delle
pareti , specialmente in considerazione delle difficoltà di estin-
zione degli incendi di petrolio.
Molto adatti per i depositi di naftetine sono i doppi fondi e
tutti i locali inferiori altrimenti non utilizzabili ; il naftetine li
conserva anche in buono stato di manutenzione.
Speciale attenzione si deve porre nel proporzionare le tubo-
lature e i mezzi d'imbarco onde facilitare il rifornimento che è
della massima importanza specie per navi da guerra. Una si-
stemazione che permetterebbe un rapido rifornimento sarebbe
quella di costruire un gran tubo a sezione rettangolare lungo
tutto il bastimento, come quello per l'esaurimento delle grandi
masse d'acqua , con tante valvole per i varii compartimenti adi-
biti a depositi. Il deflusso potrebbe essere facilitato facendo sca-
ricare le pompe in ampie casse situate in posizione elevata nelle
quali il liquido si disponesse ad un alto battente. Queste casse
potrebbero poi servire anche per alimentare le caldaie.
-
2. Riscaldamento. - Il naftetine prima di mandarlo ai
polverizzatori è necessario riscaldarlo , perchè col riscaldamento
-- 235 -

diminuisce la viscosità ed aumenta la fluidità . Il riscaldamento


però non deve essere esagerato perchè portandolo a gradi troppo
elevati diminuisce la quantità di combustibile che può effluire
dai polverizzatori . Un buon limite è 60° 70° c.
Negli impianti con polverizzatori a vapore o ad aria il ri
scaldamento si fa per mezzo di serpentine di vapore in apposite
casse a livello libero dalle quali il liquido passa ai polveriz-
zatori per il proprio peso.
Con i polverizzatori a compressione i riscaldatori sono del
tipo usato per il riscaldamento dell'acqua d'alimento e sono in-
seriti tra la pompa di compressione ed i polverizzatori (Fig. 21) .
3. - Filtri. Tanto sull'aspirazione delle pompe dai depo-
siti che sulle mandate ai polverizzatori è opportuno sistemare
dei filtri di rete metallica per trattenere le impurità eventual-
mente contenute nel combustibile , le quali possono ostruire gli
apparecchi di polverizzazione.
I filtri usati sono di solito doppi, sistemati in modo che uno
possa essere sempre facilmente smontato, mentre l'altro resta in
funzione.
4. Tiraggio forzato. Perchè il combustibile liquido possa
bruciare bene è necessario che la polverizzazione avvenga in
una forte corrente di aria ; si usa a tal uopo il tiraggio forzato.
Una delle difficoltà principali della combustione a naftetine
è quella di regolare bene i ventilatori in modo da mandare la
giusta quantità d'aria ; un eccesso troppo grande di aria raf-
fredda il forno, una deficienza lascia il naftetine incombusto e
dà luogo a fumo.
Perchè la regolazione possa farsi più facilmente e perchè la
combustione si possa forzare molto senza eccessiva produzione di
fumo è condizione essenziale che i ventilatori siano potenti.
Con la polverizzazione a vapore, alle basse andature si può
andare anche senza ventilatori, senza far fumo ; ciò è assoluta-
mente impossibile con i polverizzatori a pressione.
VAPORE
RISCALDATORE

VALY
RID.NE
D. I

TERMOMETR

110
FILTRO
236 -

POMPA POMPA
NA DAIDEPOSITI
ASPIRAZ
FILTRO

.1
2Fig - caldaia
ana
di
Sistemazione
.acombustibile
liquido
237 --

VIII. Vantaggi del combustibile liquido .

I vantaggi del combustibile liquido, rispetto al carbone, spesso


enumerati nelle riviste , si possono riassumere nei seguenti, ri-
ferendosi specialmente alle caldaie marine:
1 ) Maggiore autonomia con una stessa quantità di combu-
stibile, per il maggiore potere calorifico del petrolio, in ragione
di circa il 30 %-
2) Guadagno nel peso lelle caldaie per il maggiore forza-
mento a cui possono essere sottoposte.
3) Guadagno di peso per la combustione assai più perfetta.
4) Facilità di rifornimento sia in porto che in mare aperto,
e possibilità di stivamento in tutti i locali meno accessibili .
5) Facilità di regolazione dei fuochi.
6) Alleggerrimento di tutto il servizio delle caldaie.
7) Diminuzione del personale necessario.
8 ) Eliminazione delle ceneri e del servizio relativo.
9) Assenza completa di fumo fino alle andature più elevate .
10 ) Facilità di mantenere lo andature elevate fino ad esau-
rimento del combustibile.
11 ) Miglior conservazione delle caldaie, per l'assenza di pol-
verino e per la eliminazione delle variazioni di temperatura do-
vute all'apertura dei forni per il caricamento.
12 ) Facilità e rapidità di passaggio da un'andatura ad un'al-
tra senza pericolo di ebollizioni.
Ognuno di questi vantaggi è di non lieve importanza per
le navi da guerra, per le quali è costante la ricerca di allegge
rimenti a vantaggio della velocità e della parte guerresca ed è
da tutti invocata la facilitazione di uno dei più pesanti servizi
di bordo.

IX. Presente e avvenire del combustibile liquido.

Le uniche serie opposizioni che si fanno all'adozione del com-


bustibile liquido sono il costo elevato e la difficoltà di approv-
vigionamento.
In Italia attualmente il naftetine viene a costare circa 55
lire la tonnellata, ossia quasi il doppio del carbone. Ma tenendo
― 238 -

conto del maggior potere calorifico , il sopraprezzo viene a ri


dursi del 30 ° 09 e se si tiene ancora calcolo delle minori spese
d'esercizio e di manutenzione la differenza si riduce ancora di più.
Tutto fa supporre che il prezzo del petrolio subirà presto dei
notevoli ribassi , per la continua scoperta di altre sorgenti e per
il moltiplicarsi e migliorare dei mezzi di trasporto e di estra-
zione, ma se anche dovesse restare un pò superiore a quello del
carbone, come attualmente, la differenza è esuberantemente com-
pensata da tutti i vantaggi sopra enumerati .
Quanto alle difficoltà di rifornimento esse scomparirebbero
appena si generalizzasse l'impiego del combustibile liquido.
É stato anche accennato allo svantaggio del petrolio in ri-
guardo alla protezione delle murate delle navi , ma ognuno sa
quanto sia problematica la difesa che a questo riguardo offre il
carbone.
In questi ultimi tempi molto si è discusso sulla convenienza
di adottare esclusivamente il combustibile liquido nelle navi da
guerra e molte autorità si sono espresse entusiasticamente al ri-
guardo. L'engineer-in-chief della Marina Nord Americana, ammi-
raglio Hutch J. C. così si esprimeva nell'agosto 1910 in una se-
duta del Collegio Navale di Newport.
<
«
< Our experience with liquid fuel , while limited , has been
sufficent to convince me thath, considered from an engineering
point of wiew, the expediency of its use to the exclusion of coal,
in battleships , is clearly indicated ..... I wish, gentlemen, to
place myself emphatically on record as advocating oil burning
battleships for our service ». (').
Per il naviglio silurante ed esploratore oramai non vi è più
discussione; la necessità assoluta che il naviglio leggiero ha di
raggiungere e mantenere le alte velocità , ha fatto sì che non
si costruiscano più di tali navi se non con caldaie a combusti-
bile liquido.
Per le navi da battaglia ha prevalso finora il concetto della
combustione mista, con caldaie che possano bruciare contempo-
raneamente carbone e petrolio , oppure con un certo numero di

(1) Journal of the American Society of Naval Engineer - Maggio 1911 .


VOL ME ★ 201
Tav . II.
a pressione)
1
"
239 --

caldaie a carbone e le altre a petrolio . Ma anche per le navi da


battaglia non tarderà molto a trionfare completamente l' uso e-
sclusivo del petrolio : il passaggio da un sistema all'altro avverrà
gradualmente , ma è inevitabile.
Chi abbia visto gli equipaggi affaticati per l'aspro lavoro
del rifornimento di carbone , e tutta una nave paralizzata per
più ore di seguito in questo servizio, chi conosce le fatiche dei
fuochistidestinati al governo dei forni ed al trasporto del car-
bone da una carbonaia all'altra, chi sappia le difficoltà di man-
tenere a lungo la pressione ad andature elevate con caldaie a
ed abbia una sola volta constatato il perfetto funzio-
namento di una caldaia a combustibile liquido, non può essere
che partigiano incondizionato di questo.
Le caldaie a combustibile liquido accoppiate con motori a tur-
bina costituiscono l'ideale dell'apparato motore per una nave
da guerra ; solo il motore a combustione interna è destinato a
prendere la prevalenza, quando esso abbia subito i necessari per-
fezionamenti per assicurare la manovrabilità e lo sviluppo di
grandi potenze.
Ma tanto in un caso che nell'altro il combustibile liquido è
destinato a trionfare.
ALCUNE OSSERVAZIONI

sul macchinario propulsore delle navi

Ing. EZIO MORIONDO .

L'ingegnere progettista del macchinario propulsore di una


nave si trova sovente innanzi a problemi così complessi e diffi-
cili per la cui soluzione gli occorre vasta e profonda dottrina
collegata a quel buon senso pratico che fa superare presto ed
elegantemente le difficoltà delle questioni . Mentre alcuni anni
addietro non sorgevano grandi dubbi circa la scelta delle mo-
trici adatte ad ogni tipo di bastimento ed i calcoli correvano
lisci, sicchè taluni si vantavano di progettare ad occhio le mac-
chine valendosi di quella pratica che costituiva ormai tutto il
loro patrimonio scientifico, oggi , grazie ai progressi meravigliosi
dell'arte del costrurre dovuti agli studi di provetti ingegneri
secondati da industriali intelligenti ed ardimentosi , scendono
sul campo della concorrenza commerciale macchine potenti di
forme sempre nuove i cui congegni si complicano e raggiun-
gono una delicatezza e precisione paragonabili a quelli dell'o
rologeria : la costruzione delle macchine diventa a mano a mano
meccanica fina. Ma che importa ! Gli ingegneri valorosi non
si sgomentano e gli operai intelligenti in breve comprendono
le loro macchine per la condotta sicura ed economica.
La motrice a vapore alternativa la cui storia rispecchia quella
dei progressi della tecnologia siderurgica e meccanica ha oggi
da competere colla turbina a vapore e, fra breve, con la mac-
china a combustione interna. Non intendiamo riportare qui la
consueta filza dei vantaggi e svantaggi di queste ultime mo-
trici a fronte della prima, però non possiamo fare a meno di
- 241

osservare che la realtà dei fatti dimostra che, per lo studio rigo-
roso dei fenomeni termo-meccanici, per l'esatta lavorazione delle
singole parti e coll'impiego della lubrificazione forzata, la mac-
china a vapore alternativa, quale motrice principale a bordo delle
navi, non è certamente seconda alla turbina.
È notevole il fatto che recentemente si è applicato alla mac-
china alternativa a vapore, con grande vantaggio del suo fun-
zionamento, il medesimo sistema di costruzione seguito nelle
grosse macchine a combustione interna a due tempi, a doppio
effetto, con lo scarico effettuantesi da finestre praticate nel mezzo
del cilindro , epperò con lo stantuffo lungo quanto la corsa di-
minuita dell'altezza delle finestre ora dette.
In tali macchine occorrono solo le valvole di ammissione che
si pongono, naturalmente, ai due estremi del cilindro ; esse pos-
sono costruirsi del tipo a sollevamento comandato da un sistema
di precisione. Lo scarico effettuantesi dal mezzo del cilindro,
durando solo pel tempo in cui lo stantuffo ne percorre due volte
l'altezza, limita molto la durata della comunicazione dell'interno
del cilindro con l'ambiente di scarico, per cui vengono ridotte
le perdite pel raffreddamento delle pareti , la temperatura delle
quali varia nella lunghezza delle generatrici del cilindro , avendo
un valore massimo nel tratto che corrisponde alla corsa di am-
missione ed un valore minimo in corrispondenza alle finestre di
scarico. Il vapore che rimane nel cilindro, quando lo stantuffo
chiude lo scarico, viene compresso aumentando la propria tem-
peratura poichè il valore di questa, per le pareti del cilindro ,
va crescendo dal mezzo verso gli estremi ; inoltre la temperatura
è certamente superiore a quella del vapore in compressione, così
la trasformazione termica può ritenersi avvenga sensibilmente
con legge adiabatica, e poichè breve è il tratto dello scarico
isobarico, così possiamo ancora praticamente ritenere che la com-
pressione sia completa riducendosi l'effetto dello spazio nocivo ;
questo fatto e quello delle perdite minime di calore, per cui il
nuovo vapore introdotto non subisce abbassamenti rilevanti della
sua energia, fanno si che, l'espansione avviene pure con legge
adiabatica aumentando il rendimento totale del ciclo di funzio-
namento.
- 242 --

Nella figura è la disposizione comunemente seguita per


queste macchine ; il vapore entra da 4 e va al disopra delle
valvole 1, in Sè lo scarico. Le valvole a sollevamento sono
comandate da eccentrico e sistemi di leve che fanno scorrere
l'asta a che determina l'alzata delle valvole col tramite delle
rullette che scontrano coi denti portati dagli anelli h soli-
dali colle asticciuole guidate b delle valvole.
Nella figura 2 è il diagramma d'indicatore di tale macchina
che possiamo dire a scarico centrale ; nella figura 3 è il dia-
gramma rankinizzato di una motrice a tripla espansione in cui
la linea di espansione teorica coincide con quella vera della
macchina a scarico centrale ; l'esame dei due tracciati fa risal-
tare i grandi pregi della motrice in questione. Pertanto rimane
stabilito che pel funzionamento termico, la macchina a scarico
centrale è migliore di quella ad espansione multipla e volendo
raggiungere le medesime condizioni di funzionamento meccanico
conseguite nell'ultima basterà frazionare la potenza totale in
un gruppo di tanti cilindri a scarico centrale identici fra loro,
quanti sono quelli della motrice equivalente ad espansione mul-
tipla.
Può sembrare a tutta prima che tale sistema costruttivo au-
menti la lunghezza della macchina nei tipi orizzontali e l'al-
tezza in quelli verticali, ma è facile constatare che questo incon-
veniente ha un esiguo valore : infatti in una macchina marina
verticale del tipo ordinario si potrà assumere per lunghezza di
corsa di stantuffo la sesta parte dell'altezza del locale disponi-
bile, mentre in quella a scarico centrale la corsa si ridurrà alla
settima parte, corrispondendo così a 6/7 ( = 0,857 ) della corsa
della macchina ordinaria. Essendo uguali le potenze e lo stesso
il numero dei giri, i diametri dei cilindri della motrice a sca-
rico centrale risulteranno pari a 1,081 (= 7/6) quelli dei ci-
lindri della macchina ordinaria, poichè i volumi generati nelle
corse di stantuffo debbono risultare equivalenti.
Di tali macchine si è in breve diffusa la costruzione per usi
diversi, così ne ritroviamo nelle strade ferrate, nelle locomobili,
e negli impianti di terra e di mare.
243

F
a S


V
10000
F

Fig. 1 .
- 244

È veramente degno di nota il fatto che un sistema costrut-


tivo seguito nel campo delle macchine a gas sia stato importato
in quello delle macchine a vapore. Le primissime motrici a gas
(Lenoir, Lebon, ecc. ) copiavano, nei particolari di molte parti,
le motrici a vapore del tempo , e quando sorsero gli ingegneri
specialisti, i quali con vivo amore studiarono il nuovo tipo di
macchina, la trasformarono in breve dandole un aspetto proprio,
ben distinto da quello delle macchine a vapore ; e dopo un cin-
quantennio dacchè la motrice a gas ha affermato il suo valore
Pl

Fig. 2 .
industriale, quella a vapore approfitta degli studi compiuti sulla
sua concorrente per avvantaggiarsi nel funzionamento e conti-
nuare nella lotta feconda. Risulta da ciò quale e quanta sia la
necessità di una dottrina vasta e nutrita poichè talvolta le so-
luzioni eleganti di problemi difficili vengono suggerite da tro-
vati caratteristici di altri rami più o meno affini della scienza.
Lo studio della sistemazione delle turbine a vapore o delle
macchine a combustione interna, quali motrici delle navi, è
intimamente collegato con quello dell'elica e presenta, in ge
nerale, non lieve difficoltà per determinare il complesso - mac-
china e propulsore - di massima efficacia. È noto che le mo-
trici ora dette hanno buon rendimento per un numero elevato
di giri ; all'infuori di tal regime il rendimento si abbassa in
modo molto sensibile.
245

È superfluo il ricordare quanti elementi dubbi bisogna af-


frontare nel progetto di un'elica destinata a ruotare rapidissi-
mamente, la sua efficacia può diminuire molto oltrepassando un
certo numero di giri, epperò il raggiungere le condizioni di
massimo rendimento della motrice viene ostacolato da quanto
si richiede pel massimo effetto del propulsore ; quindi necessita
accontentarsi di una via di mezzo che non sia troppo disastrosa
nè per l'uno nè per l'altro dei due elementi del complesso
macchina ed elica - Mentre di tale problema si può trovare .

Pi

Fig. 3 .
una soluzione abbastanza soddisfacente per le navi mercantili
ove è richiesta una andatura economica unica, quella cioè di
ordinaria navigazione, nelle navi militari invece il problema si
presenta più complesso a causa delle due andature ivi richieste :
quella di combattimento (a massima velocità) e quella di squadra
(a velocità ridotta).
Allo scopo di evitare le turbine di marcia indietro o fare
agire le turbine principali ed il propulsore nelle condizioni di
migliore rendimento, furono ideati vari sistemi di trasmissione
della potenza dall'asse della motrice a quello dell'elica ; furono
così proposte le trasmissioni elettriche, in cui le turbine sono
accoppiate direttamente agli alternatori compienti 1000 o 1200
giri, invianti la corrente ai motori calettati sugli assi delle eli-
- 246 --

che e ruotanti con quel numero di giri più conveniente pel pro-
pulsore. Con tale sistema è possibile variare l'andatura ed il
senso di marcia, mantenendo invariata la velocità rotatoria delle
turbine principali . Gli americani Melville e Mac - Alpine propo-
sero la trasmissione con ingranaggi elicoidali permettenti ridu-
zione di velocità di 1/20 nonchè l'inversione della marcia . È
notevole la prova eseguita dalla ditta Parsons col piroscafo da
carico << Vespasian » munito di riduttore ad ingranaggi che
effettuò un viaggio da Tyne a Malta dando ottimi risultati.
Ricorderemo ancora di sfuggita il trasmettitore di Föttinger
di cui diamo una sezione nella figura 4. Come è noto, tale
meccanismo consiste essenzialmente nella combinazione di una
pompa centrifuga calettata sull'asse della macchina, inviante
l'acqua con una certa energia nei canali di una turbina idrau-
lica calettata sull'asse dell'elica disgiunto quindi da quello della
macchina. In B C D F G sono rappresentate le sezioni con un
piano assiale dei canali della turbina idraulica , mentre AE
rappresentano i condotti della pompa centrifuga. I canali ABCD
appartengono alla marcia avanti mentre quelli EFG apparten-
gono alla marcia indietro. Le palette 4 della pompa centrifuga
cacciano l'acqua entro i condotti B della turbina idraulica pie-
gati in maniera da utilizzare l'energia della vena fluida. Da B
l'acqua passa in condotti C fissati all'involucro del trasmettitore
e destinati al piegamento della vena fluida che procede in una
seconda serie di condotti ricevitori D della turbina idraulica.
I condotti della pompa e della turbina si debbono studiare
in maniera che i numeri dei giri delle due parti stiano nel
rapporto voluto. Per la marcia indietro le palette E della pompa
centrifuga cacciano l'acqua dentro i condotti F fissati all' invo-
lucro del trasmettitore e destinati al piegamento della vena
fluida che viene diretta nella serie di condotti G della turbina
idraulica piegati in maniera da utilizzare l'energia della vena
scorrente in essi. I condotti Ee G della pompa e della tur-
bina si debbono studiare in modo che i numeri dei giri delle
due parti stiano nel rapporto voluto ed il senso di rotazione
sia discorde.
247
- -

fr

D
www

00

Fig. 4.
248 -

L'acqua è mantenuta in circolazione mediante una pompa


centrifuga, non rappresentata in figura, e derivante il suo movi-
mento dall'asse della motrice principale : la distribuzione del-
l'acqua è fatta mediante una valvola cilindrica rappresentata
in basso nella figura 4 ; per l'andatura in avanti l'acqua passa
nel trasmettitore attraverso la condotta PN nei soli canali AB
CD mentre quelli EFG rimangono vuoti ; per la marcia in-
dietro i condotti EFG sono alimentati da acqua per mezzo
della condottura Q0 rimanendo vuoti i condotti ABCD ; la
pompa alimentare supplisce alle perdite che vengono incanalate
verso le luci Ue V della valvola distributrice.
Apparisce chiaro dalla figura 4 che i condotti BDG sono
solidali fra loro e collegati con l'asse dell'elica mentre i con-
detti A ed E sono calettati sull'asse della motrice : il moto
della turbina è generato da quello della pompa.
Riguardo alle turbine a vapore si presenta il prob:ema della
scelta fra i due tipi a reazione e ad azione. È certo che il tipo
a reazione deve la sua fortuna all'ammirevole tenacia del Parsons,
alla potenzialità dei mezzi finanziarii coi quali fu lanciata nel
commercio ed all' encomiabile spirito nazionale inglese che so-
stenne con ardore il proprio prodotto . Pertanto dopo varii anni
che il tipo a reazione tenne vittoriosamente il primato fra i tur-
bomotori marini , vediamo che quello ad azione viene oggi in
onore ; ed è pure certo che se case di primissimo ordine e bene
oculate dei loro interessi sostengono la turbina ad azione, a ciò
sono giunte dopo serii e lunghi studii che le determinarono a
scendere sul campo colla convinzione di sostenere validamente
la concorrenza .
Per fissare le idee, consideriamo una grossa nave da bat-
taglia provvista di turbine a reazione ripartite su quattro assi
motori assorbenti ciascuno 12.000 cavalli. Nel locale macchine
lo spazio in proiezione orizzontale non è punto economizzato ,
infatti vi troveremo certamente due turbine principali ad alta
pressione, due altre principali a bassa pressione, una turbina di
crociera ad alta ed un'altra a bassa, quindi per la marcia in-
dietro, con tutta probabilità, due turbine ad alta pressione in
corpi separati e due a bassa che potranno avere corpi distinti
249

mure fare parte con quelli delle basse pressioni principali : in


totale vi saranno dieci turbine. Poichè colla massima potenza
per raggiungere velocità di 28 a 30 nodi , le eliche effettuano
fino a 600 giri al minuto, risulta evidente che non si potrà op-
porre alcuna grave obbiezione a chi proponesse di sostituire le
turbine a vapore con quattro motrici alternative a grande velo-
locità mantenendo quattro assi motori. Colla lubrificazione for-
zata e colla circolazione d'acqua si possono raggiungere od
anche oltrepassare 7 metri per velocità lineare degli stantuffi ,
epperò assumendo tale valore di m. 7 per le nostre motrici al-
ternative, riducendo il numero di giri a 300, la corsa degli stan-
tuffi risulterà di m . 0.70 ; se riteniamo 4 Kg/ cm. per pressione
media delle macchine monocilindriche equivalenti a quelle poli-
cilindriche in progetto, poichè ciascuna macchina deve svilup
pare 12.000 cavalli, ne risulta il valore di m. 2,04 pei diametri
di dette motrici monocilindriche , onde si potranno sistemare
quattro macchine a triplice espansione in quattro cilindri sdop-
piando le basse pressioni in cilindri del diametro di m . 1,57
( 2,04 1/2) che potranno funzionare ottimamente bilancian-
dovi le forze d'inerzia di primo ordine. L'altezza richiesta pel
locale di macchine si può ridurre a 6 volte la corsa degli stan-
tuffi, ovvero, nel caso preso in esame, a metri 4,2 ed è chiaro
che con tale valore, in una grossa nave, si può restare al di-
sotto del ponte corazzato : in conclusione, quattro macchine ve-
loci a stantuffo a tripla espansione possono sostiture dieci tur-
bine a reazione col vantaggio dell' elasticità di andatura , colla
inversione di marcia assicurata, pronta, efficace e di uguale po-
tenza come nell'andatura in avanti. Ma vi è di più . Pos-
siamo porre in luogo delle macchine a espansione multipla al-
trettante motrici a scarico centrale ciascuna delle quali sia
costituita da un gruppo di quattro cilindri identici per costru-
zione e funzionamento allo scopo di bilanciarvi le forze d'inerzia
e d'ottenere regolarità di coppia torcente. Nei tipi marini di
grande potenza sarebbe forse utile di sostituire alle valvole a
sollevamento altre valvole a stantuffo lasciando invariato il si-
stema di comando che ci garantisce dell'esattezza del funziona-
mento nei due sensi della marcia. Adottando per numero di
- 250 ---

giri il valore 350, mantenendo per velocità lineare di stantuffo


m. 7, la lunghezza della corsa risulta di m. 0,60 ; se la pres
sione media effettiva è di Kg'em. 4,5, ciascun cilindro di ogni
gruppo motore dovendo sviluppare 3000 cavalli, il diametro ri-
sulta di m. 1,05 mentre l'altezza richiesta pel locale delle mac-
chine rimane ancora di m. 4,2 ; in tal modo si avrà il van-
taggio del funzionamento economico a velocità ridotta. Le tur-
bine principali che agiscono in serie dopo quelle di crociera ,
non possono garantire di funzionare in regime economico : i
I
i condotti di vaporé proporzionati per l'efflusso del fluido in
condizioni bene definite per la massima potenza, non sono adatti
per l'efflusso in altri regimi, e tutti i dispositivi adottati per
evitare le turbine di crociera non sono riusciti a diminuire il
peso e l'ingombro del macchinario.
Le sistemazioni fatte su navi gemelle provviste le une di tur-
bine a reazione tipo Parsons e le altre di turbine ad azione tipo
Curtis non hanno ancora fornito dei risultati tali da potere de-
durre quale dei due tipi sia da preferirsi. La turbina ad azione
si presenta d'un aspetto che si potrebbe dire più scientifico, in
essa si scorge la possibilità di stabilirvi regimi diversi di fun-
zionamento in buone condizioni variandovi il numero dei salti
di pressione in servizio, nonchè il grado di parzializzazione di
ciascun salto a seconda della potenza richiesta, mantenenendovi
pressochè costante la pressione del vapore ammesso in macchina.
Uno degli ultimi dispositivi della turbina ad azione Schulz
ci ha suggerito una modificazione costruttiva che la renderebbe
atta non solo al buon funzionamento per diverse andature, bensì
pure alla inversone di marcia. Allo scopo abbiamo abbozzato
la disposizione posta in figura 5. Per ogni salto di pressione la
piastra otturatrice D porta delle finestre che adducono il vapore"
in una delle corone di canali utilizzatori dell' energia termica,
la corona esterna 4è destinata alla mareia avanti , mentre
quella interna Bè per la marcia indietro. Le diverse piastre
distributrici variano inoltre il grado di parzializzazione dei salti
di pressione nel modo caratteristico a tali turbine. Evidente-
mente, quando ai canali corrispondono aperture in D, ai ca-
nali B corrispondono chiusure in D e viceversa quando ai con-
- 251 -

wollen w
R

otom itish 1 oz Ist of hot

Fig. 5 .
- 252 -

dotti B corrispondono aperture , quelli 4 si troveranno chiusi


da D. Le piastre otturatrici sono trascinate al moto da corone
dentate C mediante pernotti P e mantenute aderenti alle corone
distributrici da molle ; dei rocchetti R imboccano e coman-
dano le corone dentate .C. "

Mentre i costruttori di turbine cercano di perfezionare i loro


impianti a bordo delle navi onde giungere a quel grado di per-
fezione a cui è arrivata la motrice alternativa, altri costruttori
pensano di scendere in lotta colle macchine a combustione in-
terna di grande potenza adatte alla propulsione delle grosse navi.
Il motore a combustione interna rende oggi ottimi servigi a
terra ed a bordo , si adatta ad usi diversi e molteplici , prende
forme quasi rudimentali per essere manovrato dalle mani incerte
dell'agricoltore , assume forme suelle e delicate per usi sportivi e
per l'aviazione, ed ha struttura robusta e talvolta imponente nelle
officine d'ogni genere. Sulle navi leggiere e veloci , militari e
sportive, si è affermato bene il motore a scoppio ad essenza che
presenta il vantaggio d'un peso molto ridotto per cavallo (da
8 a 12 kg. ) il che fa tollerare, dato lo scopo della nave , l'ele-
vato consumo di combustibile (fino a 300 grammi per cav. ora).
Per le grosse navi da guerra pare debbano rispondere meglio i
motori Diesel , Sabathé e derivati, mentre per le navi mercan-
tili sarà il caso di studiare gli impianti a gas povero.
È chiaro che l'eliminazione delle caldaie e fumaioli aumenta
l'efficienza guerresca della nave per cui appunto sui bastimenti
da battaglia si raccomandano i motori a petrolio ; ma per le
unità di grande potenza i gravi ostacoli che si elevano contro
il sicuro funzionamento sono costituiti dalle temperature elevate
e dalle forti pressioni raggiunte nei cilindri motori. Non è an-
cora molto che taluni asserivano in forma quasi assiomatica che
tale problema si sarebbe risolto allorquando si fosse giunti a
costruire dei cilindri capaci di svolgere 1000 cavalli : ma ciò
non basta, occorre giungere ai tremila cavalli per cilindro. La
soluzione bisognerà cercarla o nel campo siderurgico per ottenere
materiali atti a reggere alle temperature e pressioni raggiunte
nei cicli Diesel e Sabathé, oppure la si otterrà limitando le pres-
sk
sioni per diminuire le temperature, ma in tal caso i detti motori
253 -

perderebbero la caratteristica d'essere a combustione spontanea,


quindi si dovrebbe provvedere all'accensione o con un disposi-
tivo elettrico che lanciasse le scintille nel periodo d'introduzione
del combustibile, ovvero collocando nella camera di combustione
un pezzo metallico incandescente per dirigervi il getto di pe
trolio, così la grosse macchine a combustibile liquido si avvici
nerebbero a quelle a gas dando maggior garanzia di buon fun-
zionamento ; difatti è noto che nell'industria degli alti forni si
impiegano motori a gas capaci di svolgere duemila cavalli per
cilindro. Tali problemi non si possono risolvere col solo calcolo,
occorrono le esperienze di officina che pongano in chiaro tutti i
fatti del fenomeno.
Talvolta si è posta la questione del ciclo termico più conve-
niente da adottarsi nelle grosse macchine a combustione interna ;
è chiaro che non è d'uopo preoccuparsi d'ottenere un ciclo di
Carnot, infatti un ciclo termico qualunque compiuto da una
macchina si può immaginare diviso con tante adiabatiche che
si succedono a distanza infinitesima ; i vari cicli elementari che
risultano compresi fra due adiabatiche consecutive possono con-
siderarsi quali cicli di Carnot, potendo sostituire ai tratti di
linea del ciclo dato compresi fra due adiabatiche successive, al-
trettanti elementi di isotermiche passanti pei punti medi dei
tratti ora detti. Il rendimento di ciascun ciclo elementare può
assumere la forma tipica relativa al cielo di Carnot , ossia è
uguale all'unità diminuita del rapporto della temperatura del-
l'isotermica inferiore a quella dell'isotermica superiore. Poichè
i varii cicli elementari hanno isotermiche diverse i loro rendi-
menti son pure diversi. Quando si ha disponibile una certa
quantità di calore per essere utilizzata in una macchina, se sta
in noi di modificare le condizioni di temperatura entro i limiti
consentiti dal sistema costruttivo ricevitore ed utilizzatore del-
l'energia termica, dobbiamo fare in modo che i successivi ele-
menti di calore compiano le loro trasformazioni fra limiti di
temperatura più distanti possibili, senza preoccuparsi di ottenere
nel complesso un ciclo di Carnot, onde sarebbe un errore , se
allo scopo d'avere un tal cielo, s'avvicinassero i limiti di tem-
peratura di qualche ciclo elementare onde metterli d'accordo
---- 254

con quelli relativi ad altri cicli elementari non altrimenti allon Be compe
tanabili per condizioni speciali di fatto. lolo perg

Nelle macchine a vapore si può, con una certa facilità, di tosto che l'altro
sporre dei limiti di temperatura ; nel caso di funzionamento a
vapore saturo, poichè i vari elementi di calore nel periodo di
vaporizzazione sono trasmessi a temperatura costante e nel pe-
riodo di scarico sono tolti anche a temperatura costante, pos-
siamo concepire una motrice a vapore saturo che funzioni se-
condo un ciclo di Carnot, ciò che non si potrebbe più pensare
per una motrice a vapore surriscaldato, quando il sistema di
soprascaldamento è quello a pressione costante. Nelle macchine
a combustione interna è facile ottenere temperature elevate, ma
non è altrimenti facile abbassare il limite della temperatura di
scarico, epperò dato il modo speciale di funzionamento di tali
macchine, converrà prendere in esame altri elementi onde tro-
vare quale ciclo termico vi sia più conveniente.
Nel caso in cui il fluido evolvente sia un gas a cui si pos-
sano applicare le leggi dei gas perfetti, in base all'equazione
di elasticità di questi, si potrà esprimere il rendimento dei cicli
infinitesimi di Carnot mediante l'unità diminuita della potenza
Before Nary
(k - 1) esima del rapporto dei volumi dei punti medi delle iso-
Il cielo
termiche superiore ed inferiore ; detto rendimento si potrà anche
Saute vel
mettere uguale all'unità diminuita della potenza (1 --- 1k) esima
del rapporto delle pressioni dei punti medi delle isotermiche in-
feriore e superiore, essendo l'esponente caratteristico dell' adia-
batica.
È noto che il ciclo Otto (vedasi figura 6 ) composto, in via
teorica, di due adiabatiche 12 e 34 comprese fra due isometriche
23 e 41 è un ciclo di massimo rendimento fra i volumi che
caratterizzano le isometriche ora dette ; nel punto 4 il fluido
possiede ancora un'energia che va perduta completamente nel
salto da 4 ad 1 ; si può quindi pensare di usufruire tale energia
espandendo il gas fino al punto 5 sull'isobara del punto 1 : ot-
teniamo così un altro cielo 1235 il cui rendimento è maggiore
di quello di 1234; infatti in 1235 i varii cicli elementari, per
valori crescenti delle pressioni iniziali, si compiono fra limiti di * !] , <
201
volumi più distanziati.
- 255

Per compiere il cielo 1235 occorre un maggiore volume di


cilindro e per giudicare della convenienza di adottare l'uno piut-
tosto che l'altro dei due cieli, occorre esaminare se il maggior

Fig. 6.
lavoro dato dall'area 145 compensi il maggior costo dovuto al-
l'aumento di detto volume ; il cielo 1235 si trova realizzato nel
motore Sargent a quattro tempi.
Il cielo delle macchine a combustione sotto pressione co-
stante (vedasi figura 7 del tipo Brayton, Hargeaves, Brünler ecc .

Fig. 7.

consistente in due adiabatiche 12, 34 comprese fra due isobare


23, 41, soddisfa alla condizione di massimo rendimento fra le
pressioni che caratterizzano le dette isobaro.
256 -

È facile constatare che il ciclo Otto riesce di rendimento


superiore a quello di Braytou quando sono uguali i valori ter-
minali delle compressioni, mentre il ciclo Brayton risulta di ren-
dimento superiore a quello di Otto quando sono uguali le pres-
sioni iniziali delle espansioni .
Prescindendo dal fatto che le motrici Brayton ecc. non die-
dero risultati soddisfacenti, si deve tuttavia notare che in gene-
rale, dal punto di vista costruttivo, le macchine a combustione
sotto pressione costante si presentano migliori di quelle a scoppio,
poichè vi utilizzano meglio il materiale impiegato, il quale
giunge senza urti violenti a lavorare alla massima tensione per
un periodo di tempo ben più grande di quello richiesto per l'ac-
censione della miscela combustibile nelle macchine a scoppio.
Il ciclo Diesel (vedasi figura 8) , delimitato da due adiaba-
tiche 12 e 34 comprese fra l'isobara 23 e l'isometrica 41, si

93

Fig. 8.

può considerare come derivato dal ciclo Brayton rendendo in-


completa l'espansione.
Il ciclo misto Sabathé (vedasi figura 9), definito dalle adia-
batiche 12, 45 , dalle isometriche 23, 51 e dall' isobara 34, è ot-
tenuto dalla combinazione di un ciclo Otto con quello Diesel.
Probabilmente le macchine a combustione interna di grande
potenza per le grosse navi da guerra funzioneranno col cielo
misto a due tempi e a doppio effetto , la circolazione rapida
d'acqua fredda assicurerà il materiale dai riscaldamenti nocivi.
- 257 -

Oltre allo scappamento centrale si potrà aggiungere una val-


vola ausiliaria al fine di prolungare lo scarico al di là del li-

39

29

Fig. 9 .
mite che parrebbe consentito dall'altezza delle aperture nel
mezzo del cilindro onde diminuire la compressione e quindi
prolungare l'espansione ; con ciò il diagramma di funzionamento
Pl

Fig. 10.
risulterebbe del tipo rappresentato in figura 10 secondo 1234567
in cui il percorso 56761 rappresenta lo scarico effettuato dalle
aperture centrali.
- 258 ---

Dopo avere acceunato ad alcuni problemi relativi alle mo-


trici principali dei bastimenti passiamo a considerare l'elica pro-
pulsatrice che deve utilizzare la potenza sviluppata dalle mac-
chine.
Se pure sulle grandi navi si adottassero eliche a pale mo-
bili, girevoli su sè stesse onde variarne l'angolo d'incidenza,
per ottenere varie velocità del bastimento ed anche per invertire
il senso della marcia, il problema dell' impianto delle turbine
sulle navi da guerra, in speciale modo, e pure quello della si-
stemazione dei motori a combustione interna avrebbero sempli-
ficata la loro soluzione. Impiegando le turbine a reazione , su
ciascun asse motore si può frazionare la potenza massima in
varie turbine indipendenti di cui se ne terrebbe in servizio quel
numero richiesto per la potenza occorrente all'attuale regime
di velocità della nave. Le turbine dovrebbero essere calcolate
per lo stesso numero di giri che si manterrebbe costante per
qualsiasi andatura, poichè sarebbe possibile avere la costanza
di rotazione variando l'incidenza delle pale d'elica, ciò che si
otterrebbe girando queste dell'angolo occorrente. Impiegando le
turbine ad azione basterebbe collocare una sola turbina su cia-
seun asse motore, variando il grado di parzializzazione mante-
nendo costante il regime dei condotti serviti dal vapore. Infine
colle macchine a combustione interna, che esigono pure costanza
di regime pel loro funzionamento economico, si varierebbe la
potenza motrice col variare il numero dei cilindri in azione.
E' vero che coll'elica a pale mobili si verrebbe a complicare
leggermente la sistemazione degli apparati propellenti , però cre-
diamo che i vantaggi conseguiti dall' esatta regolazione dell'an-
datura dell'elica compenserebbero l'inconveniente accennato.
L'elica a pale mbili è da diversi anni applicata sugli au-
toscafi dando ottimi risultati, però il dispositivo meccanico vi è
così rudimentale da non potersi adattare alle grandi potenze.
Il buon successo conseguito pure con sistemi imperfetti dà affi-
damento che con mezzi perfezionati e razionali si ottenga un
ottimo risultato. Noi pensiamo che tale dispositivo sia degno di
studio da parte dei costruttori allo scopo di produrre un tipo
veramente pratico ; per dimostrare che il problema è suscettibile
259 -

di una soluzione rispondente alle esigenze della buona mecca-


nica, abbiamo abbozzato il progetto che riportiamo nelle annesse
figure ed allo scopo di fare risultare il massimo ingombro della }
sistemazione, abbiamo supposto che le macchine motrici fossero
turbine a reazione.
L'elica è formata di tre pale di bronzo girevoli in un mozzo
cavo il cui diametro è circa un terzo di quello del cerchio cir-

Fig. 11.

coscritto al propulsore ; essa è rappresentata in vista esterna


nella figura 11 ed in sezione nelle figure 12 e 13 ove, per sem-
plicità, si disegnò una sola pala A ; ciascuna pala è provveduta
260

di un disco di base e di un gambo cilindrico C munito di


un' appendice filettata D ( vedasi fig. 14).
Il gambo C s'infila in un bossolo di bronzo F rappresen-
tato in sezione nelle figure 12, 13 , 15. Nello spazio anulare fra
il bossolo F ed il gambo si pone una guarnizione a tenuta
d'acqua serrata dalla ghiera H (vedansi le figure 12, 13, 16) .

АН,

で 2

Fig. 12 .
La parte filettata del gambo si adatta nel mozzo di una ruota
dentata conica L di acciaio (figure 12, 13 , 17) ; per impedire
lo sfilamento delle parti si pongono tre chiavette che traversano
la filettatura, come risulta dalle figure indicate.
Il mozzo dell'elica è formato di due gusci emisferici di
bronzo M, N riuniti per le basi , rappresentati in sezione longi-
tudinale nelle figure 13 e 18 e in vista esterna nella figura 11 .
Il guscio M ha un lungo collare filettato internamente per l'u
- 261 --

Fig
.13
M
— 262 -

nione con l'albero portaelica P. Nel mozzo sono tre aperture


circolari per l'adattamento delle pale, in figura 18 se ne vedono
due, una superiore e l'altra in basso, omessa questa in figura
13 per semplicità, in figura 12 è il mozzo secondo il piano di
unione delle due parti. I due gusci si uniscono ai bossoli F
colle chiavarde b (figure 12, 13) ; in figura 15 sono indicati con

D
A

Fig 14 .
crocette centri dei fori in F per le chiavarde b. In corrispon-
denza dell'unione dei due gusci si pongono due lamine , una
di bronzo e l'altra di cauciù per impedire l'infiltrazione del-
l'acqua nell'interno del mozzo. Per evitare lo sfilamento del
mozzo dall'albero P sono poste tre biette che prendono tutta la
filettatura longitudinalmente come risulta dalla figura 13.
L'albero portaelica, come quello della macchina, e tutti gli
altri della linea, debbono essere cavi per il passaggio di altri
- 263 -

due alberi, Q cavo ed R massiccio interno a Q. Il centramento


di questi tre alberi è mantenuto da ghiere di bronzo che ne
permettono la rotazione indipendente. Le estremità di Qed R

Fig. 15 .
entro il mozzo portano calettate con bietta le rnote dentate co-
niche S , T d'acciaio, di uguale dentatura ( fig. 13) ingrananti
colle ruote L.
Il mozzo è provveduto di un cappello e di bronzo per l'av-
viamento dei filetti fluidi. L'anello di bronzo e quello di

Fig. 16 .
cauciù impediscono l'infiltrazione dell'acqua tra il mozzo e
l'albero P. L'attraversamento dell'albero P nel mozzo Z del
braccio di sostegno per le eliche laterali, o nel dritto di poppa
264 -

per l'elica centrale, è fatto nel modo comune col rivestimento


I di bronzo, le doghe Y di legno santo, la ghiera di bronzo K;

Fig. 17.
le stesse disposizioni per le eliche comuni sono adottate per la
difesa dell'albero portaelica all'esterno ed all'interno del basti-
miento.

M
+

Fig. 18.
In figura 13, a destra, è l'unione di due tronchi d'albero P
entro il tubo W di difesa, l'estremità di un tronco si allarga
a manicotto filettato internamente per ricevere l'altro tronco

3
22
'
R
-265-

"
C

.19
Fig
266

filettato esternamente alla sua estremità ; per impedire lo svi-


tarsi dei tronchi , si pongono tre biette come nell'unione del
mozzo con l'albero P; l'entrata dell'acqua in Pè impedita dal
premistoppa di bronzo con la guarnizione di cauciù U.
Allo stesso modo si effettuano le unioni dei tronchi degli alberi
Qed R. A proravia del cuscinetto reggispinta, l'albero motore
P aumenta il suo diametro per contenere il rotismo del movi-
mento delle pale dell'elica, diventando il pezzo cilindrico cavo
P d'acciaio (figura 19) che si riunisce a P con flangie e chia-
varde. In P' terminano gli alberi Q, R portanti alle estremità
calettate con bietta due ruote coniche dentate S' , T
' d'acciaio a
dentature uguali ingrananti nelle ruote coniche 1', 4" uguali
fra loro, provviste di lunghi mozzi su cui vengono calettate con
bietta le due ruote cilindriche dentate B , B' d'acciaio che in-
granano nelle denture C , C" d'acciaio scorrenti in guide di
bronzo D' , D" inchiavardate con P. Le figure 20, 21 , 22 , rap-
presentano le sezioni trasversali del cilindro P secondo i piaui


D'
E"
que

g"

P'

Fig. 20.
segnati rispettivamente colle traccie rr, yy, e della figura 19,
mentre questa rappresenta la sezione longitudinale del cilindro
P' Le ruote dentate A' , 4" sono falli su due permi p', p″ rive-
stiti di bronzo ed avvitati ad un'estremità in P′ poggiantesi
all'altra estremità nel supporto E di bronzo ( figure 19 , 21 ) .
- 267 —

L'albero si appoggia nel supporto E" di acciaio con bron-


zina e tenuto in posto dai perni " q" (figura 20 ), L'albero R

..8
d
..a

J
Fig. 21 .
appoggia sul supporto E" tenuto in posto con disposizione iden-
tica a quella di E" . Le dentiere C" C" sono unite fra loro dalla

..a

.a

Fig. 22.
traversa 7" con chiavarde (figure 19, 22 ) ; l'asse R'è unito con
filettatura al mozzo della traversa T", una bietta ne impedisce
lo sfilamento.
- 268 -

A regime stabilito tutti i meccanismi descritti ruotano con


l'asse motore P. Per variare la velocità del bastimento od il
senso della marcia, l'albero R' è dotato di movimento rettilineo
secondo il suo asse , trascinando le dentiere che fanno girare
in senso opposto le ruote B', B" epperò A', A" ; S' , T : che Co-
mandano le ruote I delle pale d'elica .
Nella figura 23 è la vista longitudinale del meccanismo di
comando dell'albero R' , in figura 24 è quella orizzontale, in
figura 25 la trasversale.
L'albero R' termina con anelli che girano nel cuscinetto
reggispinta " di bronzo) con tubatura per lubrificazione e raf-
freddamento ) scorrevole su guida G di ghisa e tenuto fermo
nel regime dall'albero a vite R" inchiavardato col cuscinetto e
giuocante nella madrevite P ' di acciaio munita di anelli ab-
bracciati dal cuscinetto reggispinta fisso H di bronzo. Il movi-
mento di Rè ottenuto con servomotore a vapore, a due ci-
lindri uguali ad ammissione e scarico totali, munito di valvola
differenziale. Il vapore si immette da D nella cassa della val-
vola D' , la luce è in comunicazione , mediante il tubo ď,
colle casse delle valvole distributrici , la luce I comunica, me-
diante il tubo d" , colle cavità medie interne agli specchi dei
due cilindri : lo scarico del vapore si effettua dal tubo u.
La ruota a maniglie è solidale con la ruota dentata grande
7, che ingrana colla piccola ruota 7 , solidale colla ruota grande
che ingrana colla ruota dentata piccola 7 nel cui mozzo è

1 calettato scorrevolmente con bietta l'asse che gira in una


ghiera di bronzo (senza scorrervi) porta dal braccio k. Il pezzo
Nè una madrevite dotata di due perni sporgenti lateralmente
abbracciati dalle estremità di due leve ad angolo f, f, d'acciaio
col fulero in O' portato dalle traverse t, ť d'acciaio fissate ai
sostegni del ruotismo ; in figura 23 la traversa è tolta. Nel
girare, la parte filettata dell'asse g trascina la madrevite N,
epperò le leve ƒƒ aprono una delle due luci l′ , 1″ giusto il mo-
vimento impresso a g. Sull'asse del motore sono calettate le
ruote dentate % 7 , la prima ingrana con 7 , il cui asse filettato
ggiuoca in una madrevite portata dal braccio h ; questa ma-
drevite trascina nel suo movimento di traslazione l'asse J nel
senso di annullare il movimento di .V" epperò dalla valvola D'" .
269

Р 'R

.28
Fig
n
ď
'
M

d
270

O 15
'
G
P '
H
'
F
R
·-
"
R
r
ЮЦОЦО
ΠΟΤ
.24
Fig
-
- 271

Lar, ingrana con la ruota dentata r, che forma un tutto


solidale colla madrevite F" ; ruotando la 7 , epperò , l'asse
a vite R" si sposta longitudinalmente trascinando nel senso vo-
luto il cuscinetto Fe quindi l'albero R' . Nella figura 25, per

'
G

Fig. 25.
semplicità, sono omessi tutti i manovellismi e biellismi del ser-
vomotore, le ruote dentate risultano dai soli circoli primitivi
segnati con tratto e punto.
Quantunque lo scopo dei disegni annessi sia unicamente
quello di mostrare l'insieme del dispositivo di un' elica a pale
— 272 -

mobili, tuttavia crediamo opportuno far notare che, al fine di


disegnare le varie parti nelle giuste proporzioni , si è conside-
rato un propulsore destinato ad una nave militare ipotetica in
cui la velocità massima di combattimento è di 30 nodi, mentre
l'andatura di squadra richiede solo una velocità di 16 nodi.
Così, a titolo informativo, aggiungiamo i seguenti dati del-
l'elica presa in esame : diametro del disco, uguale a m. 4 ; dia-
metro del mozzo, uguale a m. 1,3 ; area dello sviluppo delle tre
pale, uguale a m. 6,282 cioè il 50 % dell'area del disco. Il
numero dei giri al minuto primo fu assunto uguale a 220, ri
tenuto come quantità costante.
In figura 26 è la posizione della pala per la velocità in
avanti di 30 nodi ; in tal caso il passo medio risulta di m . 5 ;

Fig. 26.
l'avanzo di m . 4,209 donde un regresso del 16 %. Il numero
di cavalli assorbiti dal propulsore per la spinta risulta di 12170
mentre quelli realmente utilizzati per la spinta sono 7910 , con
un rendimento del 65 % .
I calcoli vennero eseguiti applicando i metodi R. E. Froude ,
Taylor, seguendo inoltre un sistema grafico che proponemmo in
uno studio pubblicato negli « Atti del Collegio degli Ingegneri
navali e meccanici in Italia » (vol. VII - anno 1909) .
- 273

Nella figura 27 è la posizione della pala per la velocità di


16 nodi in avanti , per essa il passo medio risulta di m. 2,5
0
mentre l'avanzo è di m. 2,245 onde un regresso dell' 11 763 i

Fig. 27.

i cavalli assorbiti per la spinta sono 2000 ; quelli utilizzati sono


invece 1200 per cui il rendimento del propulsore risulta del 60 %*
Nella figura 28 è la posizione della pala per la marcia in-
dietro di massima velocità ; nell' ipotesi che il propulsore assorba
tutti i 12170 cavalli disponibili per l'andatura di combattimento,
solo 5150 possono essere utilizzati per la spinta (secondo i cal-
coli fatti coi metodi indicati) , corrispondendovi una velocità di
26 nodi ; il passo medio risulta di m . 4,056 mentre l'avanzo è
di m. 3,648 , donde un regresso del 10 %.
Nella figura 29 è la posizione della pala per la marcia in-
dietro a velocità ridotta ; supponendo che il propulsore assorba
i 2000 cavalli disponibili nell' andatura di squadra , solo 390
cavalli possono essere utilizzati per la spinta , corrispondendovi
una velocità di 11 nodi ; il passo medio risulta di m. 1,609
mentre l'avanzo è di m . 1,543 da cui un regresso del 4 %.
Naturalmente le varie parti dell'elica si calcolano in base
alle massime sollecitazioni che si verificano nell' andatura a tutta
potenza tenendo conto inoltre delle vibrazioni che possono nascere
- 274 --

nel movimento, applicando all'uopo le relazioni di Wöhler ,


Launhart, Weyrauch , ecc.

Fig. 28.

Fig. 29.
In figura 30 è una disposizione di tali eliche per nave di
battaglia con 4 assi motori : le turbine A ad alta pressione (del
Fig
.3 0
8888
1-004
888

H 7
000
-

H
H 7
275

D
-
-

18881

1e9
H

60000 000
.
276

tipo Parsons), capaci ciascuna di dare i 2000 cavalli occorrenti


ad ogni propulsore per la minima velocità , scaricano il vapore
nelle turbine B a bassa pressione di ugual potenza delle A; le
B scaricano il vapore nei condensatori C. Le turbine D ad alta
pressione ciascuna capace di fornire 10170 cavalli (cioè 12170-
2000) scaricano il vapore nelle turbine a bassa pressione E, di
ugual potenza delle D; le E scaricano poi il vapore nei con-
densatori F; su ciascuna linea d'asse le due turbine si colle-
gano con opportuni accoppiatoi.
L'albero R passa attraverso le turbine, adatte guarnizioni
impediscono il passaggio attorno ad R. Con l'andatura di
squadra si potranno tenere le turbine A e B disgiunte da quelle
Ded Eepperò in riposo , guadagnando quanto si perderebbe
nel trascinarle a vuoto : le sole turbine A e B funzionano nel
regime di massimo rendimento. Il distacco sopra detto non ha
alcuna influenza sul movimento dell'asse R' il cui servomotore
è a proravia delle turbine D ed E. Nell' andatura di combatti-
mento anche le turbine D ed E entrano in funzione accoppian-
dosi con quelle A e B; la potenza totale sviluppata sarà allora
di 48680 cavalli.
Da quanto è sopra esposto risulta che è possibile una terza
andatura a regime di buon rendimento, che si ottiene facendo
funzionare le sole turbine Ce D accoppiate con quelle de B
giranti a vuoto.
Nel caso considerato la potenza di ciascun servomotore è di
circa 30 cavalli capaci di portare in 3 secondi le pale d'elica
dalla posizione di massima velocità in avanti a quella di mi-
nima indietro.

Prima della relazione dell' ing cav. EUGENIO DE VITO : « Note sni
mezzi impiegati nel salvataggio delle navi da guerra » , dovebbe essere
inserita quella dell' ing . PAOLO KIND : « Motori marini direttamene
reversibili a combustione interna ». Non è stato possibile alla Segreteria
di stampare la detta relazione per non effettuata consegna, da parte del-
l'Autore, del manoscritto relativo .
Note sui mezzi impiegati

nel salvataggio delle navi da guerra

Ing. EUGENIO DE VITO , Maggiore del Genio Navale .

$ 1. - Il problema del salvataggio delle grandi navi da


guerra incagliate o altrimenti danneggiate è un problema di
alta ingegneria che richiede mezzi possenti ed una speciale or-
ganizzazione , tanto che quando fu perduta la corazzata inglese
Montagu , si parlò in Inghilterra della opportunità che l'Ammi-
ragliato disponesse di un Corpo di salvataggio proprio , ed in
Francia l'ing. Dibos , in una seduta alla Società degli Ingegneri
Civili , mostrava la necessità che fossero create per la Francia
due stazioni di salvataggio , una nell'Atlantico ed una nel Me-
diterraneo .
Invero i mezzi che occorrono sono così possenti e i grandi
sinistri marittimi sono relativamente così rari che , se non si
temesse di entrare nel campo delle utopie , si potrebbe pensare
ad un accordo internazionale che assicurasse nei principali mari
importanti stazioni di salvataggio fortemente dotate ed organi-
camente costituite.

- Conviene anzitutto distinguere l'incaglio ordinario


§ 2.
da quello complicato per un esteso allagamento .
Nel primo caso, restando stagno il fasciame esterno, sia pur
deformato, o quanto meno restando immune il fasciame interno
l'allagamento è al più circoscritto a qualche cellula del doppio
fondo ed in tal caso alleggerita la nave adeguatamente , me-
diante sbarco di materiali, si può trarla fuori dalla secca sotto
lo sforzo di rimorchio di una nave possente ; si tratta allora di
278 --

manovre di forza e di rimorchio, cioè di manovre marinaresche


che richiedono molta oculatezza e perizia , ma non necessitano
di speciali mezzi. ⚫
Questi incidenti hanno luogo con una relativa frequenza e
sono risolti nel modo detto, dopo pochi giorni .
Si rammenta il caso della nostra corazzata Sardegna , che
tornando da Kiel, incagliava nel passo di Vegeance il 24 giugno
1895 e fu disincagliata quattro giorni dopo dalla corazzata
ke Umberto, previo lo sbarco di 1500 tonn. di materiali.
Si ricorda pure il caso dell'altra nostra corazzata A. Doria,
incagliatasi il 27 giugno 1901 sulla costa di Gallipoli , liberata
dalla Sicilia sette giorni dopo , previo lo sbarco di 1560 tonn.
di materiali.
Si cita anche per la sua originalità il disincaglio della co-
razzata olandese Hertog Hendrick (1) che sette giorni dopo l'in-
caglio, sbarcate 470 tonn. di peso , si liberò dalla secca coadiu-
vando lo sforzo di due navi ad essa gemelle , con lo sforzo di
rinculo del proprio pezzo prodiero da 154 , del quale tirò due
colpi per chiglia.

§ 3. Ma ben diverso è il caso quando gli scogli sven-


trano la carena ed aprono larghe vie d'acqua nei grandi locali
di stiva, giacchè allora il problema rientra in quello dei sal-
vataggi ed allora i mezzi si accostano a quelli che possono ser-
vire per le navi affondate .
Invero il gruppo più cospicuo di salvataggi fu quello com-
piuto dalla Marina Giapponese nel rimettere a galla le navi
russe Retrisan , Pobieda , Peresviet , Poltawa , Bayan , Pallada

(¹) Corazzata olandese Hertog Hendrick, di toun. 4000 , n . 16.5 , cav.


6000 , incagliatasi il mattino del 28 giugno 1905, su un banco di co-
rallo nella baia di Boni (Célébes), navigando a 10 nodi. Il 5 luglio 1905 ,
sbarcate 470 tonn. di materiali , fu estratta dalla secca sotto lo sforzo
di rimorchio delle due corazzate ad essa gemelle de Ruyter e Königin
Regentes esercitato su catene incappellate sulla torre poppiera da 254
della nave, mentre il pezzo da 254 prodiero tirava due colpi per chiglia ;
al secondo colpo la nave si liberò , mentre precedenti tentativi , senza
questo ausilio, erano falliti.
- 279 -

danneggiate ed incagliate dai Russi stessi a Port Arthur, il


Variag affondato a Chemulpo e la corazzata giapponese Mikasa
affondatasi per uno scoppio interno.
Il salvataggio delle navi russe a Port Arthur fu relativa-
mente facile, perchè erano affondate in bassi fondali ed avevano
lo scafo inferiormente intatto , i danni subacquei consistevano
per lo più in valvole Kingston aperte e in falle laterali dovute
a cariche di fulmicotone esplose dai Russi per rendere inservi-
bili queste navi. Talchè tamponando le falle a mezzo dei pa-
lombari, esaurendo l'acqua con pompe centrifughe ed allegge
rendo la nave con lo sbarco dei pesi si riusciva a rimetterle a
galla. Le pompe impiegate allo scopo erano assai potenti ; per
es. per il Peresviet la capacità totale delle pompe di esaurimento
era di 13.000 tonn. all'ora.
Sei mesi dopo il loro deliberato incaglio il Peresviet, il Pal-
lada, e il Bayan, erano a galla ; nove o dieci mesi dopo quella
data lo erano anche il Retrisan, il Pollana, e il Pobieda. (¹)
Collo stesso sistema fu rimessa a galla la corazzata Mikasă,
che aveva sul fianco sinistro verso poppa un largo squarcio
prodotto dall' esplosione della S. Barbara poppiera ; le pompe
centrifughe d'esaurimento avevano una portata oraria comples-
siva di 12.000 tonn.; undici mesi occorsero per rimettere la
nave a galla.
Ma il salvataggio che fa più onore alla Marina Giapponese
è quello del Variag per il quale i lavori furono diretti dal Ge-
nerale del Genio navale Arai, coadiuvato da quattro maggiori ,
due capitani e un tenente , impiegando 150 a 300 operai del-
l'Arsenale di Sasebo e 200 a 400 manovali coreani. Il Variag
era coricato sul fianco sinistro nel fondo fangoso, essendo sban-

( ¹) Navi russe affondate a Port Arthur il 1. ° gennaio 1905 : coraz-


zate Retvisan, Pobieda e Peresviet di 127000 tonn .; corazzata Poltawa
di 11000 tonn.; incrociatori corazzati Bayan di 7800 tonn. e Pallada
di 6800 tonn.
Incrociatore corazzato russo Variag, di 6500 tonn., affondato a Che-
mulpo il 9 febbraio 1904 .
Corazzata giapponese Mikasa, di 15200 tonn. , affondatasi a Sasebo
l'11 settembre 1905, in bassi fondali.
- 280

dato di 90º, in fondali che a bassa marea erano di 12 m. e ad


alta marea salivano a ben 22 m. Fu sgomberato il materiale
mobile , ricuperate le artiglierie , tagliati alberi e fumaiuoli a
pari dei ponti , e fu raddrizzata la nave scavando lateralmente
il letto di fango mediante un eiettore idraulico. Sul ponte di
coperta della nave raddrizzata fu costruito un enorme cassone
della capacità di 6000 m. c.; esso aveva per fondo il detto ponte,
era largo quanto la nave, si estendeva in lunghezza fra i due
ponti di comando prodiero e poppiero ed era alto colle sue mu-
rate m. 6.10 sul ponte di coperta. Questo cassone era di legno,
con robuste ordinate di travi fissate alla cinta della nave e con
fasciame di tavoloni di 10 cm . di grossezza ; nella sua costru-
zione furono impiegate 500 tonn. di legname. Tre pompe cen-
trifughe di 3600 tonn. all'ora ognuna , racchiuse entro tre ca-
sotti stagni di m. 3 × m. 3.65 × m. 4.25 con lunghe ma-
niche a vento stagne e capaci di contenere il personale di con-
dotta, furono piazzate sul ponte di coperta della nave , due a
prora sui boccaporti dei fumaiuoli ed una a poppa sul bocca-
porto delle macchine. Chiuso a bassa marea in modo stagno il
grande cassone e messe in moto le pompe si attese l'alta marea
col suo dislivello di 10 m.; il cassone e la nave emersero , lo
scafo affiorò al disopra dell'acqua e riparate provvisoriamente
le sue falle , fu rimorchiato a Sasebo.
Questo salvataggio durò circa 18 mesi , (20 febbraio 1904
8 agosto 1905 ) ed importò una spesa di L. 2.550.000 , esclusi i
ricuperi.

$ 4. Non è fuori luogo rammentare che il sistema im-


piegato con successo dai Giapponesi per il Variag, era stato
escogitato alcuni anni prima per il salvataggio della corazzata
russa Gangout (1 ) che dopo essersi incagliata con estese lacera-
zioni e completo . allagamento, era rotolata in fondali di 30 m.
Il governo russo aveva stipulato un contratto colla Società sve-

(1 ) Corazzata russa Gangout di 6600 tonn . , incagliata il 27 giugno


1897 : data di stipulazione del contratto dicembre 1897 (rubli 950,000) ;
inizio dei lavori settembre 1898 ; la nave fu raddrizzata nel 1899; si
lavorò fino a metà del 1900 .
G
" ANGOUT
,,
CORAZZATA RUSSA
- 281

Fig
.1
282

dese Neptun per il salvataggio di questa nave dietro un com-


penso di L. 2.500.000 . La nave fu raddrizzata con cavi tesi
dalla spinta di galleggianti opportunatamente disposti ; ma
dopo circa due anni di lavori, fu abbandonata.
Più fortunato fu invece il caso dell' altra corazzata russa
General Admiral Apraxine, (' ) che incagliatasi in condizioni
più favorevoli , fu salvata dalla detta compagnia svedese dopo
cinque mesi di lavoro, applicando sulle falle previamente im-
bottite alcuni coperchi di legno con guernizioni periferiche di
stoppa, fissate con braghe di cavo e tiranti, ed esaurendo l'acqua
mediante pompe , oltre che alleggerendo la nave con lo sbarco
di molti materiali.

$ 5. Per gli Stati Uniti è da rammentare il disincaglio


del piroscafo Bavarian (*) (anno 1906) ; si erano spese più di
L. 750.000 in tentativi infruttuosi durati parecchi mesi, quando
due giovani ingegneri americani , con personale specializzato
nelle fondazioni ad aria compressa, rimisero a galla la nave.
Furono chiuse a tenuta d'aria alcune stive sotto al ponte infe-
riore, rinforzato con puntali di legno, munendo di chiusura er-
metica i boccaporti mediante coperchi di lamiera , e l'acqua
venne espulsa con aria in pressione.
Nel locale delle macchine fu invece costruito un cassone di
legno di 200 mc. fra le due macchine , pure vuotato con aria
compressa e nel locale delle caldaie furono impiegati sacchi
d'aria e barili stagni convenientemente stivati. La nave fu ri-
messa a galla dodici mesi dopo l'incaglio , ma solo due mesi

(1) Corazzata russa General Admiral Apraxine di 4100 tonn . , inca-


gliato il 12 novembre 1899 presso l'isola Goetland, rimessa a galla il
26 aprile 1900.
(*) Piroscafo Bavarian di 12000 tonn. della « Allan Line », incagliato
la notte del 3 novembre 1905 sulla Wye Rock a 58 mg, da Québec
(Canada) : dopo molti tentativi infruttuosi che costarono L. 750.000, fu
disincagliato dalla « North Americans Wrecking Cy. » , espellendo l'acqua
dalle stive mediante aria compressa ; i lavori relativi vennero iniziati
il 7 settembre 1906 e la nave fu rimessa a galla il 16 novembre 1906.
Rimorchiata ad Indian Cove, presso Québec, la nave il 28 sett. 1907 si
spezzo in due.
B
“ AVARIAN
,TRANSATLANTICO
FO
PIROSCA
- 283

RARA
compressa
Aria Aria
compressa

Fig
.2.
.284

dopo che fu deciso l'uso dell'aria compressa. Disgraziatamente


la nave che era già stata rimorchiata in porto, si spezzò in due,
Per l'incrociatore nord-americano Yankee (1) incagliatosi al-
l'entrata della baia Buzzard , dopo molti tentativi fatti col me-
todo ordinario , fu infine esperimentato il sistema dell'aria com-
pressa introdotta in quattro grandi stive , rendendo ermetico il
ponte di corridoio , mentre però il locale delle caldaie e quello
delle macchine che non erano sede di falle dirette , venivano
vuotate col sistema ordinario delle pompe. Parecchi mesi dopo
l'incaglio e 45 giorni dopo iniziate le operazioni per il sistema
dell'aria compressa, la nave galleggiò e uscì dalla secca ad alta
marea ; ma mentre era rimorchiata con mare agitato un grave
incidente interruppe il funzionamento dei compressori e la nave
si sommerse in 20 m. d'acqua. La portata totale oraria dei com-
pressori era di me. 140 al primo. Le operazioni furono riprese
ma non ne conosco il risultato .
Nella figura i locali non tratteggiati erano quelli che veni-
vano esauriti ; delle due figure la 2.ª è relativa al piano di ri-
galleggiamento dopo che la nave si sommerse ; esaurendo con
aria compressa i locali non tratteggiati della 2a figura si rite-
neva di avere la spinta sufficiente al rigalleggiamento.
Un recentissimo ed importante tentativo di ricupero è quello
dell'incrocciatore corazzato nordamericano Maine, (*) affondatosi
all'Havana in 11 m. d'acqua in seguito ad una esplosione che lo

(1) Incrociatore ausiliario Yankee (U. S. A. ) di 6225 tonn, incagliato


l'autunno 1908 sulla Hen e Chikeus Reef all' entrata della baia di
Buzzard, con 4 stive allagate. Le operazioni con l'aria compressa co-
minciarono il 21 ottobre 1908 ; dopo 45 giorni la nave galleggiava.
Ma mentre era rimorchiata con mare agitato avvenne una collisione con
uno dei rimorchiatori affiancati ; la camera dei compressori risultò sfon-
data e allagata, mancò la pressione e la nave affondò in 20 m. circa
di acqua. Le operazioni furono riprese stabilendo di vuotare altri lo-
cali, al novembre 1909 erano ancora in corso .
(2) Incrociatore corazzato nord-americano Maine di tonn. 6682 , n. 17,4
affondato per un esplosione all' Havana nel 1898. Il Congresso ha votato
un credito di L. 1.500.000 per il ricupero da effettuarsi costruendo un
cofferdam in giro alla nave e vuotando l'acqua del bacino così formato ;
i lavori si sono svolti nel 1911 e sono tuttora in corso.
- 285 -

aveva lacerato in modo tale da rendere impossibile il rimetterlo


a galla.
È stato costruito intorno ad esso un cofferdam ellittico for-
mato da venti piloni cilindrici del diametro ' di m. 15 circa, con
" ANKEE

Stiva
Y
- MERICANO,

Shva

‫ހއޖ‬
NORD

9149
A

Fig
.3
INCROCIATORE

Stiva

pareti costuite da 150 palafitte metalliche lunghe 23 m. con

fitte da battipali ; il recinto cilindrico di ciascun pilone è riem-


pito di argilla ed altro materiale dragato dal fondo; fra l'uno
e l'altro di questi piloni (m. 0,30) la tenuta è assicurata da
una doppia parete di palafitte. I livello dell'acqua è a m. 10
286

sul fondo, ma la parte più bassa della nave è affondata nel


letto fangoso per altri 8 metri circa. Il progetto era di esaurire
tutta l'acqua racchiusa in questo grande bacino inettendo a secco
completamente la nave e di liberarla dal fango in cui è affon-
data. Ma abbassato il livello dell'acqua interno di m. 4,50 i
piloni hanno dato sintomi di debolezza e furono necessari alcuni
lavori di rinforzo. Tuttavia il sistema permise di porre a secco
buona parte della nave e di accertare le cause che ne produs-
sero la perdita.
Forse potrebbe essere esaminata l'applicazione di tale sistema
por il ricupero delle navi romane nel lago di Nemi.

§ 6. La corazzata inglese Sultan (') ; incagliata presso


Malta fu rimessa a galla da un impresa privata. Fu usato il
sistema di tamponare le falle con legno, tela, stoppa applican-
dovi sopra lamiere fissate con tiranti di ferro a vite ed esaurendo
l'acqua con pompe. Le rocce che impedivano l'accesso ad alcune
falle furono minate ; uno spostamento precedente della nave dal
suo letto, dovuto al mare agitato, aveva in massima rese più
accessibili le falle ai palombari . La nave fu considerevolmente
alleggerita con sbarco di pesi ; furono tentati anche, senza sue-
cesso, i sacchi d'aria. Il salvataggio ebbe luogo nove mesi dopo
l'incaglio ed il compenso, a forfait, all'impresa era di L. 1.250.000,
Riparata provvisoriamente la carena e rimorchiata in Inghilterra.
si ebbe la delusione di constatare che per la riparazione del solo
seafo occorrevano L. 2.800.000 , cui occorreva aggiungere la spesa
per l'apparato motore, talchè, data la vetustà della nave, non
vi fu invero molta convenienza nel ripararlo.

(1) Corazzata inglese Sultan di 9200 tonn. , varata nel 1871 , inca-
gliata il 6 marzo 1889 fra Malta e Gozo , avanti all' isola Comino. Al-
leggerita la nave e vinti 3 a 4 m. d' acqua nelle stive colle pompe delle
corazzate inglesi Alexandra e Temeraire e del piroscafo tedesco Berger
Wilhelm si tentò il disincaglio senza esito. Si continuò ad alleggerire
la nave e si tentarono senza successo i sacchi d' aria. Al 14 marzo il
tempo cattivo rimosse la nave dal suo letto di rocce P la spostò in
fondali alquanto più rilevanti , talchè ne affioravano solo le parti alte ,
L'Ammiragliato inglese affidò il salvataggio a forfait ad una impresa
privata, per L. 1 250.000 ; essa la rimise a galla il 23 dicembre 1889 .
- 287 --

La corazzata inglese Howe (' ), incagliata presso Ferrol, rimase


allagata e sbandata di ben 20º a sinistra. Sbarcati molti pesi
per circa 600 tonn. , fu affidato il salvataggio ad un'impresa
privata. Minate le rocce per liberare le falle di dritta, su queste
furono applicati robusti coperchi di legno su misura, montando
in posto ordinate di legno fissate con tiranti di ferro a vite e
inchiodando su queste ordinate un primo fasciame di tavoloni
di em. 10 ed un secondo fasciame di em. 7.5 con strisce di tela
interposta. Per raddrizzare la nave, sui boccaporti di alcuni lo-
cali furono applicati, a bassa marea, condotti di legno rettan-
golari stagni con murate più alte del livello di alta marea ed
esaurendo molti locali di un lato si ottenne il raddrizzamento
da 20 a 8º ; si cercò di far poggiare la nave nella nuova posi-
zione su grossi tacchi di legno duro, che però si schiacciarono
sotto il peso enorme. Si ebbe l'ingrata sorpresa di trovare sul
fianco sinistro, nella zona che poggiava, scoperta nel modo detto,
altre falle che si estendevano fino alla chiglia. Si sperava di po-
terle ostruire con pezzi di legno, sacchi di stoppa, piccoli pa-
glietti, ma tutto fu vano finchè non si ricorse ai teloni tura-
falle, dei quali ne furono applicati sette con un lavoro paziente
penosissimo. Si passavano negli interstizi fra la chiglia ed il
fondo delle aste di ferro, a guisa di aghi, cui seguivano cavi e
poi le catene di braga dei teloni e poi i teloni stessi.
Le pompe di esaurimento erano 10 della portata oraria com-
plessiva di tonn. 11600 ; alcune erano istallate a bordo, altre
stavano sui tre piroscafi di salvataggio.
Alando sull'ancora col proprio argano a salpare e con l'aiuto
di un rimorchiatore la nave percorse alcuni metri sulla secca ;
abbassandosi la marea si aprì una nuova via d'acqua che fu ri-
parata con un cassone. Infine dopo cinque mesi dal giorno del-
l'incaglio la nave fu rimessa a galla malgrado che fosse rimasta

(1) Corazzata inglese Howe di 10300 , entrata in servizio nel 1889 ,


incagliata il 2 novembre 1892, sulla secca Pereira, presso Ferrol . Ne
fn affidato il salvataggio ad una impresa privata che accorse con tre piro-
scafi (Hermes, Here, Belos). La nave fu rimessa a galla il 30 marzo 1893 ;
entrò in bacino a Ferrol il 17 aprile 1893 .
- 288

a bordo molta acqua, fino a: 3 m. sotto il ponte corazzato ; ma


l'immersione era di 10 m. e la nave non poteva entrare nel ba-
cino di Ferrol. Fu necessario applicare altre coperture composte
di tavole e tele da vela assicurate dai palombari al disopra delle
1
ostruzioni già fatte ; alcuni di questi nuovi riquadri in legno
erano di m . 10 × m. 7 ; assicurati alla nave venivano calafalati
in giro con paglietti e tela. Con queste chiusure l'acqua potè
essere esaurita fino a livello dei paglioli . ·
La corazzata inglese Montagu ('), incagliata sulle coste in-
glesi, fu oggetto di laboriose operazioni, dirette dall'ammiraglio
Wilson, coadiuvato dagli Assistent Constructor Mitchell e Wor-
timgton ; vi presero parte alcune navi della squadra coi loro
equipaggi, tre piroscafi della Liverpool Salvage Association e
numerose squadre di operai dell'Arsenale di Pembroke ; oltre ai
lavori eseguiti a terra negli Arsenali di Devonport, di Portsmouth
e di Pembroke.
Data la penetrazione delle rocce e l'inaccessibilità di molte
falle, non si pensò nemmeno alla possibilità di tamponarle e fu
stabilito di espellere l'acqua dai locali delle caldaie, dalle ca
mere delle macchine e dal locale dell'argano mediante aria com-
pressa, mentre che i compartimenti estremi dove esistevano uno
o più copertini stagni a differenti altezze potevano essere esau-
riti col sistema ordinario delle pompe fino al copertino più basso.
Siccome la parte prodiera della nave era assai avariata fu sta-
bilito di alleggerirla con lo sbarco di un corso di corazze di
murata e di applicare contro l'opera morta alcuni cassoni paral-
lelepipedi di spinta da inchiavardare allo scafo. Si doveva inoltre
alleggerire la nave sbarcando quanto peso era possibile.

( ') Corazzata inglese Montagu di 14000 tonn., n . 18,8 , cav. 18000 ,


entrata in servizio nel 1903 , del costo di L 26.400.000, incagliata alle
2 a. m. del 30 maggio 1906 , due ore prima della bassa marea , in una
densa nebbia, a S. O. dell' isola Lundy (Inghilterra). Nell' agosto 1906
si compirono alcuni infruttuosi tentativi di disincaglio. Il 6 agosto 1907,
cioè 14 mesi dopo l' incaglio , l'ammiragliato abbandonò la nave, dopo
però che erano state ricuperate artiglierie, corazze, caldaie, macchine.
Lo scafo fu venduto alla Sonth Wales Syndacate per una somma
blocco di poche decine di migliaia di lire. Le spese di salvataggio si
valutavano a quell' epoca di L. 2.500.000 .
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.4
Fig
290

Furono istallate a bordo 22 pompe centrifughe provvisorie


di grandezza scalare (da em. 30 a cm. 8 ) della portata oraria
complessiva di tonn. 8600, alimentate da apposite caldaie pure
sistemate a bordo ; queste pompe erano distribuite in modo da
aspirare direttamente nei grandi locali da esaurirsi con questo
sistema, mentre i piccoli cali adiacenti venivano in quelli sca-
ricati con fori di drenaggio.
L'Arsenale di Devonport provvide ai fasciami e coperchi di
chiusura ermetica dei boccaporti delle macchine e caldaie e delle
varie aperture del ponte di batteria che fu scelto come cielo a
tenuta d'aria, essendo il ponte di protezione raggiunto dall'acqua
ad alta marea ; squadre di operai dell' Arsenale di Pembroke
mettevano a posto le dette chiusure, che costituivano un lavoro
assai lungo e faticoso. Furono istallati a bordo 14 compressori
d'aria, alcuni a vapore, altri con motore a petrolio , per una por-
tata oraria complessiva di quasi 200 me. d'aria libera al primo :
alcuni di essi furono utilizzati anche per gli utensili pneuma-
tici che riuscirono utilissimi.
I cassoni parallelepipedi di spinta furono costruiti nell' Arse-
nale di Dewonport ; ne furono preparati 31 ( di m. 2,0 × m. 6,7 ×
m. 3,0 con pareti piane di mm. 4,5 rinforzate con montanti,
tiranti e diagonali ) e ne furono applicati 20 con una spinta
complessiva di tonn. 600 ; la loro applicazione in posto pure
riusci penosissima e dette luogo più volte ad avarie per reci-
sione delle chiavarde di attacco ; si riuscì alla fine a metterne
in posto uno al giorno. Questi cassoni assicuravano anche la
1 1 stabilità della nave.
Si riuscì con l'uso dell'aria compressa ad ottenere l'abbassa-
mento di 3 a 4 m. nel livello dell'acqua in macchine e caldaie
e di oltre m, 6,50 nel locale dell'argano ; le fughe d'aria veni
vano ostruite dallo interno mediante sego.
Tuttavia ripetuti tentativi di disincaglio non ebbero esito
sovratutto per lo stato del mare. Le onde facevano sobbalzare
lo scafo sugli scogli danneggiandolo sempre di più ed infine,
dopo quattordici mesi di strenui lavori, l'Ammiragliato decise
di abbandonarlo , avendo ricuperato quanto era possibile, e ven-
291

dendo a blocco la carcassa. A quell'epoca si valutavano le spese


di salvataggio a non meno di L. 2.500.000 .
Anche laboriose e interessanti furono le operazioni di ricu-
pero dell'incrociatore inglese di 5.900 tonn. Gladiator (') inve-
stito e affondato da un piroscafo nel Solent. Il Gladiator, con
uno squarcio a murata sotto la linea di galleggiamento, a dritta,
giaceva col fianco avariato sul fondo, sbandato di 93° ; mentre
il fianco sinistro a bassa marea emergeva. Il fondo era una
spiaggia sabbiosa, ma dura, a rapido declivio. Furono sgombe
rati i rottami e i materiali sfusi della nave, sbarcati molti pesi ,
fra cui le artiglierie, tagliati sott'acqua a mezzo di utensili
pneumatici fumaiuoli e manicavento a raso dei ponti , chiuden-
doli con coperchi stagni. Poi fu alata la nave per una decina
di metri verso la costa mediante organi di allaggio provvisoria-
mente impiantati a terra, per evitare il pericolo che lo seafo
potesse vararsi in acque profonde e per facilitare il lavoro ; per
l'alaggio fu convenientemente alleggerita la nave con l'applica
zione di due serbatoi cilindrici di spinta e pompando a oltranza
da tutti i compartimenti non sventrati mediante pompe su gal
leggianti. Poi la nave fu raddrizzata da 93º a 8° applicando al
lato dritto sommerso cinque serbatoi cilindrici della spinta com-
plessiva di tonn. 700 circa ; caricando l'aletta di rollio di sini-
stra con tonn. 200 di salmoni e alando due cavi incappellati
alle coffe dei due alberi , ai quali cavi veniva dato quartiere con
appositi scontri a tripode montati nella murata sinistra della
nave.
Raddrizzato lo scafo, il ponte di coperta al lato destro re-
stava sommerso ed allora sul detto ponte, fra i tre cofani delle
caldaie e l'osteriggio di macchina fu costruito un cofferdam o
recinto. Le pompe piazzate sul ponte delle imbarcazioni esauri-

(1) Incrociatore di 2.ª cl . inglese Gladiator di tonn. 5750 , n . 19, cav.


10000, varato nel 1896 , del costo di L. 700.000 investito nel pomeriggio
del 25 aprile 1908 dalla prora del piroscafo Saint Paul dell'American Line,
nel Solent, presso l'imbocco della rada di Portsmonth, Rimesso a galla
il 4 ottobre 1958, cioè più di cinque mesi dopo. Costo dei lavori di
salvataggio L. 1.764.000, senza i riçuperi .
— 292

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Fig. 5 .
---- 293 -

rono prima l'acqua del detto recinto fino al ponte di coperta e


poi vennero abbassate su questo ponte per esaurire i locali sot-
tostanti. Furono impiegate molte pompe centrifughe con motori
a petrolio, uno dei quali era di ben 44 cav.
La grande falla che sventrava i carbonili longitudinali non
fu chiusa, ma fu imbottita con paglia che sotto l'aspirazione
delle pompe dai locali confinanti veniva ad ostruire le vie d'acqua.
I serbatoi cilindrici di spinta erano ad aria compressa e ne
furono costruiti sette, dall'Arsenale di Portsmouth, di grandezza
variabile, per spinte nette da tonn. 100 a tonn. 200 circa l'uno ;
erano in lamiera, rinforzati con anelli di verga a canale e ri-
vestiti con doghe di legno : malgrado che fossero provati a 25
libbre per pollice quadrato davano luogo a qualche fuga.
I compressori d'aria erano a vapore, erano montati su gal-
leggianti ed avevano la portata oraria complessiva di me. 8,5.
La nave disincagliata ad alta marea sotto la spinta deri-
vante dallo alleggerimento dei pesi e di parte dell'acqua, nonchè
sotto la spinta esterna di cinque cilindri, che invero erano più
specialmente destinati a mantenerla dritta, fu rimorchiata a
Portsmouth. Ma siccome pescava 10 m. e non poteva entrare in
bacino, fu necessario costruire un altro cofferdam analogo a
quello descritto fra il ponte di batteria e quello di coperta, per
aumentare la spinta mantenendolo vuoto. La nave fu rimessa
a galla più di cinque mesi dopo l'investimento e il costo dei
lavori fu di L. 1.764.000 . Si ebbe però la delusione che esami-
nato lo stato di questo incrociatore, che aveva già 12 anni di
vita, fu venduto ad una casa olandese per L. 378.000 .
È ancor vivo il ricordo della perdita dell'incrociatore coraz-
zato inglese Bedford (' ), incagliatosi nel 1910 sulla costa co-
reana e che fu senz'altro abbandonato vendendone i rottami al
miglior offerente. Lo stato del mare non fu estraneo a tale
pronta decisione, ma è da ritenere non vi rimanesse estranea la
trista esperienza dei casi precedenti.

(¹ ) Incrociatore corazzato inglese Bedford di 9800 tonn . , n. 22,7,


cav. 22500, entrato in servizio nel 1903 , del costo di L. 18.000.000
incagliato il 21 agosto 1910 presso l'isola Quelpart (Corea) e senz'altro
abbandonato,
294 -

§ 7. L'incrociatore corazzato francese Sully (¹ ) di 10000


tonnellate era ancor nuovissimo quando si incagliò sulle coste
del Tonchino , con esteso allagamento dei locali prodieri, rima-
nendo poggiato sul fondo solo al centro per una trentina di metri.
Le operazioni di salvataggio furono dirette dall' Ammir. Bayle
e furono assai lunghe. Vi lavorarono le navi della squadra del-
l'Estremo Oriente coi loro equipaggi, vi concorsero i mezzi del-
l'Arsenale di Saigon e del porto di Haiphong e vi furono impe-
gnate successivamente due imprese private inglesi di Hong Kong,
colle quali trattò il detto Ammiraglio.
La prima tento il tamponamento delle falle con tamponi di
legno abete e l'esaurimento mediante pompe centrifughe prov
visorie alimentate da calderine, il tutto istallato a bordo ; es-
sendo le calderine insufficienti si dovette dar vapore colle cal-
daie poppiere della nave che fortunatamente erano in grado di
funzionare. Si dovevano impiegare i sacchi d'aria , ma causa il
loro cattivo stato, non furono utilizzati . Non riuscito il tentativo,
l'impresa abbandonò il lavoro.
Le condizioni della nave erano aggravate e lo scafo dava già
sintomi di debolezza, quando si presentò un secondo imprendi-
tore che propose di rimettere a galla la nave mediante un cas-

(1) Incrociatore corazzato francese Sully di 10000 tonnellate , n. 21 ,


cav. 20000 , del costo di L. 24.778.247, entrato in servizio nel 1903, in-
cagliato nel pomeriggio del 7 febbraio 1905, nella baia di Along costa
del Tonchino) all' entrata del passo Henriette, presso lo scoglio Canot,
mentre la nave , dopo eseguite alcune prove di lancio tornava all' or-
meggio de la Noix. I 21 febbraio l'Ammiraglio Bayle trattava col
sig. Jameson (Hong Kong Salvage Syndacate) pel salvataggio del Sully
in ragione di L. 2500 al giorno più un premio di L. 1.000.000 a nave
salvata. Il 28 febbraio furono iniziati i lavori al 27 marzo il sig. Jameson
li abbandonò vendendo il suo materiale all' Ammiraglio per L. 125000 .
Il 7 marzo l'Ammiraglio trattava col sig. Jack (casa Wills & Cie di
Hong Kong) in ragione di L. 280.000 per la costruzione del cassone di
un compenso di L. 1800 al giorno e infine di un premio di L. 1.000.000
a nave salvata.
Il 6 maggio fu varato il cassone di legno costruito dalla Hong Kong
Wampoa Co. a Kowlon.
Il 2 settembre 1905, dopo molti vani tentativi, un tifone spezzò ia
due il Sully,
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- 296

sone di legno di 4000 me. a guisa di bacino galleggiante che


doveva incassare esattamente la parte prodiera dello scafo per
restituire a questa la spinta che le mancava. Questo cassone fu
costruito in due mesi, in legno abete, ma era poco stagno e
molto instabile specie quando veniva allagato per metterlo in
posto e ciò a causa della mancanza di paratie interne. Tre volte
per questi difetti il cassone colò a picco e tre volte fu ricupe-
rato e per tale operazione erano necessari fino a 15 giorni ; ogni
volta occorreva ripararne il calafataggio e le sue condizioni di
tenuta peggioravano sempre.
Finalmente al 2 settembre uno di quei tifoni che ogni anno
a tale epoca investono le coste del Tonchino affondo definitiva-
mente il cassone e spezzò in due il Sully ponendo così termine
ad una situazione imbarazzante che si protraeva da sette mesi,
immobilizzando quasi tutta la squadra dell' Estremo Oriente , e
che aveva portato ad una spesa viva di soli compensi ad Im
prese private per circa L. 700.000 , senza resultato alcuno .
Nel 1907 la Marina Francese a pochi mesi di distanza ebbe
due altri incagli; il vecchio incrociatore Jan Bart ( ) da poco
rimesso a nuovo , incagliava sulle coste del Sahara , con tre
grandi vie d'acqua e poco dopo l'incrociatore corazzato Chanzy
(2) incagliava sulle coste cinesi con tre grandi locali prodieri
allagati. Entrambe queste navi furono abbandonate dopo ricu-
perati molti materiali.

§ 8. L'incrociatore corazzato S. Giorgio incagliò sulla


costa di Marechiaro il 12 agosto 1911 ; al momento dell'incaglio
spostava circa 10,450 tonn. con una immersione media di
m. 7,47 ; la nave si arrestò su una secca che misurava fondali
di m. 6,50 e in taluni punti di m. 5,80 .

(1) Incrociatore francese Jean Bart di tonn. 400 ) , varato nel 1889,
rimesso a nuovo nel 1906 , incagliato alle 7 di sera del 12 febbraio 1907
sulle coste del Sahara, fra l'isola Pedro e la punta Galhe presso il
Capo Barbas, insabbiandosi a poco a poco.
(2) Incrociatore corazzato francese Chanzy di 4800 tonn. entrato in
servizio nel 1906, incagliato il 21 maggio 1907 in Cina all' imboccatura
del Yang Tse Kiang : fu abbandonato,
297

Gli scogli di tufo schiacciarono il fasciame esterno laceran-


dolo in molte zone ; in varie parti rimase lacerato anche il fa-
sciame interno e pertanto l'acqua invase due terzi del doppio
fondo, e due grandi locali delle caldaie prodieri , i depositi delle
munizioni di prora ; da tutti questi locali potè infiltrarsi in
molti altri contigui, talchè quasi tutta la metà prodiera della
nave rimase allagata, imbarcando circa 4300 tonn . d'acqua che
aggiunte al peso proprio di cui sopra , formavano un totale di
di circa 15,750 tonn. La nave si affondò sino a coricarsi sulla
secca assumendo un assetto longitudinale, che rispetto all'assetto
originale prima dell' incaglio, presentava un approramento di
oltre cinque metri e sbandandosi di oltre sei gradi a dritta. In
queste condizioni la carena dava una spinta di circa 9600 tonn,
e pertanto la pressione sul fondo era di oltre 5100 tonn.
Nel caso che il mare fosse stato fortemente e prolungata-
mente agitato, precarie sarebbero state le condizioni della sta-
bilità per la notevole reazione del fondo e per il carico liquido ;
del pari sarebbero state precarie le condizioni della resistenza
organica , perchè la nave poggiava sulla secca soltanto nel
terzo centrale della sua lunghezza .
Fin dai primi giorni furono gettate le basi d'un programma
organico di lavori, costituito da una serie di mezzi da appli-
carsi e predisposti in guisa che ove uno di essi fallisse già ve
ne fosse pronto un altro di rimpiazzo.
Per salvare la nave non vi erano che quattro vie : allegge-
rirla nel peso proprio ; vuotarla d'acqua ; sollevarla con mezzi
di spinta ausiliari esterni ; aprirle un libero passaggio nella
secca ; e le quattro vie furono contemporaneamente affrontate e
battute con lena , iniziando subito lo sbarco dei grossi pesi ,
l'esaurimento dei locali, la preparazione e l'allestimento di gal-
eggianti e serbatoi subacquei da affiancare alla nave, la demo-
lizione mediante mine nelle sporgenze del fondo.
Furono sbarcate : le dotazioni d'artiglieria e relative torri
girevoli, munizioni , torri di comando , grigliati di protezione ,
alcune piastre di corazza.
Nei riguardi dell'esaurimento la nave era considerata divisa
in zone trasversali e per ciascuna di esse erano state sistemate
298

una o più pompe provvisorie, alcune elettriche, altre a vapore ,


alimentate prima da calderine imbarcate sulla nave , poi dalle
caldaie di poppa proprie della nave. I piccoli compartimenti ,
mediante fori di drenaggio, erano vuotati nei più grandi mu-
niti d'aspirazione diretta . I locali dei carbonili dopo vuotati fu-
rono riempiti di materie ingombranti (sughero , botti, bombole
ecc.) I locali soggetti a tale infiltrazione, e non a vie d'acqua
diretta, venivano vuotati col funzionamento periodico delle pompe :
le vie d'infiltrazione venivano ostruite dallo interno con cemento
cavicchi di legno , stoppa ecc.
Furono installate a bordo 13 pompe provvisorie che unita-
mente a quelle della nave davano una portata oraria comples-
siva nominale di 15.000 tonn. all'ora.
Ma i due locali delle caldaie furono ribelli ad ogni mezzo
di esaurimento, perchè erano in diretta comunicazione col mare
attraverso le falle.
Il tamponamento delle falle benchè condotto con grande pe-
rizia dal ben noto cav. Serra, non riusci perchè la zona in cui
la nave appoggiava sulla secca era sede di estese lacerazioni
inaccessibili.
Erano già stati predisposti fin dai primi giorni gli studi e
i cospicui lavori necessari per l'esaurimento ad aria compressa
dei due detti locali caldaie, considerando come cielo stagno il
ponte di protezione, istallando su questo le due campane d'e-
quilibrio e provvedendo all'esercizio di 5 compressori della por-
tata oraria complessiva nominale di circa 40 mc. Mentre si fa-
cevano gli ultimi preparativi per questo sistema, la nave fu di-
sincagliata e la prova di esso fu eseguita in bacino , rilevando
che ulteriori difficoltà avrebbero dovuto essere vinte per impe-
dire le fughe d'aria.
Quanto ai mezzi esterni di spinta furono attrezzati 6 bar-
coni da 180 tonn . furono costruiti 6 serbatoi cilindrici ad aria
compressa di 350 tonn. di spinta netta ognuno ; questi , uniti
ad 8 serbatoi analoghi , più piccoli , da 55 tonn. circa l'uno ,
esistenti, permettevano di disporre di una spinta totale massima
di 3440 tonn. di cui una parte doveva andare in azione intorno
alla nave ed una parte servire di rispetto per ogni evenienza.
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Al centro furono disposte due coppie di barconi da 150 tonn.


sotto 12 mensoline provvisorie in ferro robustissime applicate
alle murate con uno sbraccio di m . 8,50 ; questi barconi oltre
che dare una spinta assicuravano la stabilità della nave. Per
ciascuna delle due estremità fu applicata una coppia di grandi
serbatoi da 350 tonn. l'uno e negli spazi esterni residui furono
piazzati 7 serbatoi cilindrici più piccoli , da 55 tonn. l'uno ; a
poppa furono applicate le mancine disponibili capaci di uno
sforzo massimo complessivo di oltre 200 tonn . Si poteva quindi
disporre nella somma di una spinta esterna che avrebbe potuto
superare le 2500 tonn., se necessario.
Al mattino del 14 Settembre 1911 erano state sbarcate oltre
1800 tonn. di materiali e circa 1700 tonn. d'acqua.
Esercitando coi predetti mezzi una spinta che non fu in-
feriore a 1700 tonn . finalmente la nave galleggiò.
Al 15 Settembre 1911 la r. n. S. Giorgio veniva tratta fuori
dalla secca mediante la r. n. Sicilia, trentaquattro giorni dopo
l'incaglio, ed entrava in porto a Napoli.

§ 8. ____ Maggiori particolari tecnici si trovano nella estesa


Relazione Ufficiale, edita a cura del Ministero della Marina ; si
riportano qui alcune riproduzioni di fotografie che furono prese
durante il corso dei lavori , le quali permettono di formarsi
un'idea di come essi si svolsero.
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L'artiglieria navale

nel momento presente

Conte Comm . Ing. ALESSANDRO PECORI GIRALDI , Maggiore


del Genio ( Ris. ) Direttore dello Stab. Armstrong di Pozzuoli .

Invitato dall' Illustre vostro Presidente ad intrattenervi sulle


condizioni presenti dell'artiglieria navale accettai con gran pia-
cere e mi proposi di dare all'argomento tutto lo sviluppo che
esso merita, in specie nel periodo che attualmente attraversiamo
di grande attività nel rinnovamento delle flotte guerresche d'o-
gni paese. Senonchè fui talmente occupato nello scorso mese
che questi miei propositi rimasero, in parte, un pio desiderio
e fui obbligato a limitare questo mio scritto a quelle parti che
più specialmente interessano l'ingegneria navale. Ma il vostro
tempo è prezioso e spero quindi che di questa mia brevità non
vi dorrete.

Ab Jove principium. --- Comincio subito col soggetto più


importante, direi l'essenziale, di questa mia lettura : il cannone
per l'armamento principale delle navi da battaglia.
Sono ormai più di 16 anni, dal « Majestic » inglese, che il
cannone da 305 m/m. , prima lungo soltanto 35 calibri} e poi
successivamente aumentato a 40, a 45 ed a 50 calibri, domina
nelle squadre del mondo ; ed è inutile ricordare a Voi gli al-
lori conquistati da questa bocca a fuoco nella guerra russo-
giapponese colla quale si iniziò questo secolo XX che doveva
essere il secolo della pace. Ciò che occorre ora di sapere è se
questo 305 conservi al momento presente la potenza e la effi-
- 323

cacia necessaria, se possa cioè continuare ad armare le nuove


navi di linea. Ed il dubbio sorge spontaneo quando si consideri
che all'estero già furono allestite o sono in costruzione navi
con cannoni di calibro superiore.
Quali ragioni dal punto di vista tattico-tecnico militano in
favore di questo aumento di calibro dell'artiglieria principale ?
Quali i vantaggi che si presume potranno realizzarsi in un'a-
zione navale a distanza con cannoni di calibro maggiore del 305 ?
Il tiro d'un cannone moderno di calibro superiore al 305
può presentare i seguenti vantaggi sul tiro del 305 condotto
nelle stesse condizioni :
1) - valori notevolmente superiori delle energie residue
mercè il rilevante aumento nel peso del proietto ;
2) -- aumento della capacità interna del proietto e quindi
del peso dell'alto esplosivo condotto sul bersaglio a ogni colpo ;
3) - proietto che, pur avendo un'assai grande camera
per la carica di scoppio, possieda ancora una sufficiente attitu-
dine alla penetrazione in bersagli protetti.
Riguardo al primo dei suddetti vantaggi, cioè alla mag-
giore perforazione delle corazze dovuta all'aumento del calibro,
credo utile riportare qui di seguito le perforazioni in piastra
K. C. a tiro normale che si otterrebbero con vari cannoni , dal
305 fino al 406, e a distanze variabili da 4000 a 7000 metri .
Oltre questa distanza non credo che si possa pensare di fare un
tiro utile con proietti perforanti .

305-50 cal. 343-45 cal. 356-45 cal. 381-45 cal. 406-45 cal.
DISTANZE M. 1910 v. i. 823 ms. v. i 764 ms. V. i. 764 m. v. i. 764ms.
Pr. Kg. 445 Pr. Kg. 567 Pr. Kg . 718 | Pr. Kg. 885 | Pr. Kg. 1074

perforazione in piastra K. C. in c/m.

m. 4000 41,0 43,9 46,2 50,4 54,6


» 5000 37,7 41,4 43,9 48,1 52,2
» 6000 34,7 38,9 41,8 45,8 49,9
» 7000 32,0 36,5 39,7 43,7 47,8
- 324
1
È vero che, come ho detto, i suddetti dati di perforazione
devono intendersi a tiro normale, e ciò non può praticamente
ottenersi nel tiro di guerra per l'angolo di arrivo del proietto
nel punto d'impatto sulla piastra ed ancor più per la inclina-
zione del piano di tiro rispetto alla normale alla piastra mede-
sima. Ma dobbiamo tener presente che recenti numerosi esperi-
menti eseguiti con vari tipi di cappuccio dimostrarono che colle
migliori forme di questo, come ad esempio col cappuccio Firth,
si ottiene praticamente il raddrizzamento del proietto fino ad
un angolo d'incidenza sulla piastra di circa 35º, per cui le per-
forazioni entro tale limite debbono ritenersi quasi le stesse di
quelle sopra indicate. Non si hanno esperienze conclusive al di
là di tale incidenza ; ma è da ritenersi che accentuandosi l'au-
mento, la perforazione debba non solo diminuire, ma mancare
presto completamente. Nè a tal riguardo potrà l'aumento di
peso del proietto dovuto all'aumento del calibro aver notevole
influenza.
Ciò premesso, e considerato che le corazzate attualmente in
squadra o in costruzione nelle varie marine del mondo hanno
corazze di cintura con spessore non superiore a 30 centimetri,
spessore che è perforato dal 305 fino alle maggiori distanze,
sembra a me che per tale riguardo l'aumento del calibro non
sia giustificato.
La cosa cambia d'aspetto quando si consideri il tiro con
granate cariche di alto esplosivo il cui peso sale abitualmente
fino al 7,5 % del peso della granata pronta allo sparo. Come
si vede nella tabella precedente, il peso del proietto aumenta
notevolmente col crescere del calibro e nella stessa proporzione
aumenta quindi il peso della carica di scoppio ed aumentano i
suoi effetti distruttivi . Ma se si ricordano i disastrosi effetti di
singole granate cariche di alto esplosivo scoppiate a bordo delle
navi nella guerra russo-giapponese con qualità di carica la cui
potenza dilaniatrice era certamente inferiore di quella degli alti
esplosivi recentemente adottati, come il tritolo, e che la granata
da 305 ha ben Kg . 34 di tale esplosivo , si deve riconoscere che
possono ottenersi dei grandi effetti distruttivi anche con que-
st'ultima granata senza che sia necessario l'aumento del calibro.
325

Alcuni credono che questo aumento darebbe il vantaggio:


della facile adozione del proietto cosidetto unico ; ed è fuori dub-
bio che sia più facile disegnare con un calibro superiore al 305
che non con questo un proietto il quale, oltre a contenere una
grande carica interna, abbia pareti assai più robuste delle at-
tuali granate e quindi una sufficiente attitudine alla perfora-
zione delle corazze.
Gli attuali proietti perforanti hanno generalmente una ca-
rica interna che raggiunge il 2 " , del loro peso, ed un proietto
unico disegnato nelle suddette condizioni potrebbe aumentare il
1/ 1/ 0
peso di carica al 3 4 %, od anche al 3 2 % , ma non oltre.
Ne consegue che per portare sul bersaglio mediante un proietto
unico all'incirca gli stessi 34 Kg. di alto esplosivo della gra-
nata A. E. da 305 occorrerebbe il cannone da 406 m/m . Questa
osservazione vi renderà, o Signori , molto dubbiosi sulla conve-
nienza di questo proietto unico il quale per voler fare tutti
miracoli finirebbe, a mio avviso, per non farne alcuno .
Io credo che il cannone di grande calibro debba avere due
proietti distinti : la granata a grande camera di scoppio per
l'inizio del fuoco alle grandi distanze ed il danneggiamento
delle soprastrutture ed in generale delle parti più vulnerabili
delle navi, compresi i cieli delle torri corazzate i quali hanno
sulle navi moderne una estensione complessiva ragguardevole.
E l'avvallamento, se non il completo sconquasso, del cielo di
una torre corazzata potrà mettere fuori di combattimento i sot-
tostanti cannoni.
Avvicinate le distanze e venuta la necessità di colpi decisivi
alle parti vitali delle navi , verrà la volta del proietto perforante
costituito in modo che la sua massa possa tutta efficacemente
concorrere alla perforazione della corazza con la velocità residua
posseduta al momento dell'urto. Ed a tale scopo, io credo che
converrebbe, se necessario, anche rinunziare alla carica interna.
il cui peso, come dissi, non supera il 2 %, di quello del proietto.
Rimarrebbe infine da considerare se coll'aumento del calibro
possa aversi il vantaggio d'iniziare il combattimento a mag-
giori distanze e se si otterrebbe una maggiore radenza di traiet-
toria e quindi un maggior errore battuto. Senza entrare in det-
326

taglio su questo argomento posso assicurarvi che fino alle mas-


sime distanze pratiche del tiro navale l'aumento dell'errore
battuto sarebbe appena apprezzabile. Quanto alle maggiori di-
stanze cui possa iniziarsi il tiro, vi è ben noto che già il 305
permette di andare molto al di là della massima pratica di-
stanza cui ora ho accennato ed il cui valore, che a mio avviso
oscilla fra gli 8 ei 9 chilometri, è imposto dalle condizioni di
visibilità del bersaglio e dalle probabilità di colpire entro i li-
miti per un proficuo tiro di guerra.
Per concludere quindi circa la questione del calibro, credo
che dal punto di vista , che è pur l'essenziale, della esecuzione
e degli effetti del tiro, un potente cannone da 305 di 45 a 50
calibri con proietto da 425 a 450 Kg. possa ancora costituire
l'armamento principale delle navi di linea del prossimo futuro.
Ragioni di ordine differente, specialmente relative al progetto
della nave, possono consigliare però l'aumento del calibro ; ed
è ciò che vedremo fra poco quando parlerò della disposizione
degli impianti sulla nave.

**

Ma prima di passare a tale argomento voglio ancora accen-:


nare alcune questioni che possono specialmente interessarvi.
Una di esse è quella della lunghezza in calibri del cannone.
Scopo essenziale dell'aumento di tale lunghezza è quello di-
realizzare una maggior velocità iniziale mercè il maggior per-
corso del proietto nell'anima. Ma un'altra ragione, pure di in-
dole balistica, consiglia questa maggior lunghezza del cannone,
quella di ottenere una determinata energia iniziale con un minor
peso di carica. Per fissare le idee su questo punto importantis-
simo dello studio balistico di un cannone credo conveniente di
accennarvi che per due armi entrambe, ad esempio, del calibro
di 406 m/m. ma della lunghezza di 40 e 45 calibri rispettiva.
mente, ammesso di voler conseguire una data energia iniziale,
a parità del peso del proietto e del valore della pressione, si è
calcolato che mentre nel cannone lungo 40 calibri sarebbe ne-
--- 327 -

cessario d'impiegare una carica del peso di circa 251 kg. , col
cannone lungo 45 calibri la medesima energia alla bocca si ot-
tiene con un peso di carica di soltanto 208 kg. circa . Trattasi
adunque di una riduzione di ben il 18 % sul peso dell'esplo-
sivo propellente ; e ciò chiaramente dimostra la maggior utiliz
zazione della forza espansiva dei gaz della carica con un can-
none di maggior lunghezza in calibri. Riferendomi all'annesso
diagramma in cui ho riportato per il suddetto cannone da
406 m/m. le due curve delle pressioni dei gaz delle due ca-
riche sopra considerate, e nella ipotesi delle lunghezze in calibri
di 40 e 45 calibri osserverete che colla lunghezza di 45 calibri
si riduce sensibilmente la lunghezza e quindi il volume della
camera, ottenendosi così anche un aumento del percorso del
proietto in culatta ; la forte diminuzione nel peso condurrà
poi ad un prezioso vantaggio sotto il punto di vista del con-
sumo della rigatura dell' arma, dappoichè la carica di minor
peso , sviluppando meno calore, le erosioni sicuramente si ac-
centueranno con minore rapidità.
Infine, rileverete dal diagramma che col cannone di 406 m/m.
lungo 45 calibri la pressione dei gaz in volata risulta sensibil
mente inferiore a quella del cannone lungo 40 calibri, beninteso
a parità di energia iniziale , e ciò non potrà che tradursi in
in una maggiore precisione di tiro, poichè l'esperienza ha lar-
gamente dimostrato che questa aumenta col diminuire della
pressione dei gas alla bocca.
Un'altra questione assai importante per gl'ingegneri navali
è quella del peso dei grossi cannoni ; ed a molti di Voi sarà
accaduto di sentir giudicare del valore di due bocche a fuoco
dello stesso calibro e della stessa energia iniziale col confronto
del loro peso. È inutile dire a ingegneri che per due cannoni
in quelle condizioni e che siano disegnati da artiglieri rispet-
tabili e costruiti con ottimi materiali, il confronto del peso non
può che indicare puramente e semplicemente la differenza del
coefficiente di sicurezza adottato per l'uno e per l'altro. E
siccome il valore di questo coefficiente deve essere rilevante per
una bocca a fuoco, specialmente ora che si usano esplosivi di
proiezione non più così costanti e sicuri come le vecchie pol-
- 328

veri, è evidente che tale coefficiente possa sensibilmente variarsi


e con esso quindi il peso del cannone.
Per conseguire un alleggerimento dell' arma, piuttosto che
toccare il coefficiente di sicurezza , o meglio ancora, per otte-
nere , con un dafo peso dell'arma un aumento di tale coeffi
ciente, è molto opportuna la parziale cerchiatura del cannone
con nastro d'acciaio il quale ha un limite di elasticità molto
superiore a quello dell'acciaio fucinato in elementi tubolari .
Comunque, è bene ricordare che il minor peso di una bocca a
fuoco di data energia iniziale dà origine ad un aumento del-
l'energia di rinculo e quindi alla necessità di rinforzare l'af
fusto e le strutture sottostanti ; e ciò che si è guadaguato da
una parte , si perde dall'altra.

Venenão ora alla installazione dei grossi cannoni a bordo , la


prima questione che si presenta è quella del genere d'impianto,
se esso cioè debba essere singolo, doppio o triplo.
Che l'impianto a 2 cannoni convenga in massima più di
quello ad un cannone per la forte economia di spazio e di peso
è cosa universalmente riconosciuta ; perciò gli impianti singoli
non sono adottati che quando, come sul nostro tipo Vittorio
Emanuele, ciò sia consigliato da speciali esigenze.
Passando dagli impianti doppi ai tripli, la economia di peso
realizzata non è più tanto rilevante ; ed infatti , se in un im-
pianto doppio da 305 il peso per cannone , tutto compreso , ri-
sulta di poco inferiore a 250 tonn. tale peso nell' impianto triplo
discende soltanto a 230 tonn . circa. È però sempre una diffe-
renza apprezzabile , dato il forte numero di cannoni che costi-
tuiscono l'armamento della nave. Ma più del peso è rilevante
il guadagno di spazio e quindi la maggior facilità di siste-
mare un dato numero di grossi cannoni sulla nave.
Fra gli altri vantaggi presentati da una torre tripla in con-
fronto di una doppia può indicarsi quello della maggior massa
per resistere all' urto di un proietto che colpisca la casamatta
e non arrivi a perforarla . Dall' altro lato è innegabile che un
-329

colpo fortunato contro una torre tripla può mettere fuori ser-
vizio tre cannoni, ed è pure innegabile che la stessa casamatta,
la stessa camera di manovra raccolgono un numero di mecca-
nismi e di personale pel maneggio dei medesimi assai mag-
giore che in una torre doppia ; e data la ristrettezza dello spazio,
ciò può generare all' atto del combattimento confusione ed errori .
Non mancano quindi ragioni per consigliare sia l'impianto
doppio che il triplo ; ma esse non sono tali da dare una assoluta
preferenza all' uno o all'altro . La scelta dovrà quindi dipendere
caso per caso dagli elementi che gli ingegneri navali si saranno
imposti nel compilare il progetto della nave e dai risultati cui
vorranno giungere. Ciò che a me come artigliere preme è di
dichiararvi che gli impianti tripli sono studiati e costruiti in
modo da funzionare perfettamente bene quanto i doppi, e di dis-
sipare quindi qualsiasi preoccupazione in proposito dalla vostra
mente.
Intendo di riferirmi al funzionamento intrinseco dell'im-
pianto triplo ; poichè per quanto ha tratto alla sua maggiore o
minore convenienza nei riguardi della regolazione ed accuratezza
del tiro è cosa su cui è forse prematuro pronunziarsi e che sarà
prossimamente determinata dalla esperienza.
Comunque sia l'impianto, per uno , due o tre cannoni , lo
scopo che si deve raggiungere nel progettarlo è quello di prov-
vedere i mezzi per poter eseguire il tiro con rapidità e preci-
sione , e provvedendovi avendo di mira queste caratteristiche :
risparmio di peso, robustezza e semplicità. Molta importanza ha
a tale riguardo la scelta del tipo di caricamento : se ad angolo
fisso oppure a qualsiasi angolo di elevazione. Questo secondo si-
stema è stato molto in voga in questi ultimi anni , fino da
quando si volle che il puntatore mantenesse continuamente la
linea di mira sul bersaglio anche durante il caricamento del
pezzo ; e senza dubbio questo sistema appare preferibile all'altro
dal punto di vista della esecuzione del puntamento. Ma esso è
ottenuto con pregiudizio delle tre caratteristiche cui ho di sopra
accennato. Infatti , se si considera , ad esempio, un impianto
triplo da 305 ad angolo di caricamento variabile , il diametro
interno della barbetta risulta di m. 9.600 , mentre si riduce a
330

m. 8.990 col caricamento ad angolo fisso ; e questa differenza


ha importanza notevole sia nei riguardi della leggerezza , che
in relazione allo spazio.
Inoltre col caricamento ad angolo fisso il paiuolo della piat-
taforma ha i vani per le culle dei cannoni molto più limitati
e contribuisce quindi assai più alla robustenza dell'impianto
poichè forma insieme alla piattaforma una struttura molto ri-
gida che sorregge la casamatta e ne aumenta la resistenza nel
caso in cui essa sia colpita . Quanto al guadagno in semplicità
"
col caricamento fisso, esso è conseguito non solo col minor nu-
mero di congegni , ma anche colla disposizione interna della
casamatta sul cui paiuolo l'armamento del pezzo puỏ mano-
vrare più facilmente ed essere più facilmente vigilato dall' Uf
ficiale in Comando della torre.
Tutti questi notevoli vantaggi però potrebbero non giusti-
ficare l'adozione del caricamento ad angolo fisso quando vera-
mente la punteria non potesse eseguirsi in modo soddisfacente.
Ma le esperienze recentemente eseguite a bordo delle coraz
zate brasiliane Minas Geraes e Sao Paulo nelle quali gli im·
pianti da 305 costruiti dalla Casa Armstrong hanno il carica-
mento ad angolo fisso di 5º, hanno dimostrato che con tali im-
pianti si può eseguire un tiro tauto rapido ed accurato quanto
con impianto a caricamento variabile. E la rapidità fu dimo-
strata dall'esecuzione di 3 caricamenti in 77 secondi. Quanto
alla esecuzione della punteria , i vari congegni sono sistemati
in modo da mantenere costantemente il puntamento in direzione
anche durante il caricamento, cosicchè appena eseguito questo
non resta al puntatore che rettificare la punteria in elevazione
e far fuoco . E ciò non riesce difficile nella generalità dei casi,
cioè quando le distanze di combattimento sono minori di 7500
metri , poichè l'angolo di caricamento di 5º corrisponde alle
distanze medie di combattimento alle quali il bersaglio, con un
cannocchiale di campo moderato, difficilmente sarà perduto di
vista dai puntatori in elevazione.
Vi ho già detto che gli organi di manovra degli impianti
debbono presentare requisiti di massima sicurezza, robustezza e
semplicità. Or è appunto per raggiungere un tale scopo che
331 —

oramai per consenso quasi generale è adottata la manovra idrau-


lica piuttosto che la elettrica . Non v' ha dubbio , ed è a Voi
ben noto, che la manovra elettrica fu nei più recenti impianti
molto perfezionata o coll'ausilio di trasformatori di tensione o
con quello di giunti universali di trasmissione del movimento;
ma d'altra parte il macchinario idraulico dei grandi impianti
di artiglieria è giunto in questi ultimi tempi ad un tale grado
di perfezione e di efficienza, pur conservando i suoi antichi re-
quisiti di semplicità e di facilità di manovra , che lo rendono
assolutamente preferibile. Ed anche riguardo alla rapidità d'im-
piego con la energia idraulica i risultati ora ottenuti sono lar-
gamente rispondenti alle moderne esigenze di un tiro rapido
con grossi cannoni : basti il dirvi che con gli impianti che ab
biamo ora in costruzione a Pozzuoli per le nuove navi tipo
« Giulio Cesare » è garantita la celerità di tiro di un colpo
ogni 40", puntando su bersaglio. Riguardo al movimento oriz
zontale degli impianti esso può compiersi con la massima ve-
locità di un giro al minuto diminuendo in modo regolare e
continuo con pieno controllo del puntatore , fino alla velocità
(quasi impercettibile ) di un giro in 24h. E giacchè vi parlo
dei meccanismi di manovra delle torri, permettemi di spezzare
una lancia contro la tendenza ad aumentare i meccanismi ausiliari
od accessori, col risultato d'ingombrare sempre più spazi che sono
necessariamente angusti , e di rendere quindi meno facile la
manovra dei meccanismi stessi all'atto del combattimento . Ogni
cura, a mio avviso, deve essere messa nello studio e nella di-
sposizione dei meccanismi di esercizio normale acciocchè essi
siano, non solo robusti e sicuri , ma anche efficacemente pro-
tetti. Ottenuto ciò, non voglio dire che i meccanismi ausiliari
possano essere assolutamente esclusi, ma certo limitati alle ma-
novre più importanti.
Capisco ad esempio, che il brandeggio di una torre debba
poter ottenersi indipendentemente dalla manovra normale idrau-
lica ; ma non capisco la convenienza dell'adozione di due siste-
mi di brandeggio ausiliari uno elettrico ed uno a mano, come
si è fatto in alcuni impianti. Così pure comprendo la necessità
di un sistema ausiliario per il rifornimento delle munizioni ;
20
mi quando, come si prati a generalmente, ua discreto numero
di proiettili di riserva è stivato nella casamatta e nella camera
di manovra, basterà che il rifornimento ausiliario dai depositi
ai detti locali sia limitato alle cariche le quali per ovvie ragioni
di sicurezza, devono rimanere nei depositi fino al momento del
loro impiego.
La necessità della robustezza e sicurezza di tutti gli organi
che costituiscono un impianto d'artiglieria mi conduce a dirvi
due parole sul peso e sulle dimensioni dell' impianto stesso.
Parlo ad ingegneri navali e comprendo perfettamente che il
vostro desiderio è di avere peso e dimensioni limitati il più
possibile ; ma io vi devo rivolgere una preghiera a nome degli
artiglieri , quella di non insistere troppo nelle vostre domande
giacchè oramai siamo giunti a limiti sotto ai quali la più ele-
mentare prudenza consiglia di non discendere. Il materiale di
artiglieria può, intempestivamente e per cause del tutto impre-
vedibili, venir sottoposto ad un tormento assai superiore al nor-
male ; ed è per conseguenza evidente che per avere l'assoluta
garanzia del suo ottimo funzionamento anche in circostanze
anormali d'impiego , è necessario che gli sia mantenuto quel
largo margine di sicurezza » che in molte circostanze ebbe a
dimostrare tutta la sua opportunità.
E ciò anche a prescindere dalla considerazione , secondaria.
rispetto a quella ora esposta ma pur sempre di qualche impor-
tanza, che tutti i meccanismi di cui gl' impianti di artiglieria
si compongono debbono presentare una notevole robustezza onde
possano essere manovrati ripetutamente e senza riguardi dal
personale destinato , e conservarsi a lungo in perfetto stato di
funzionamento.
Per le dimensioni poi assegnate al di d'oggi alle installa-
zioni d'artiglieria , è del pari molto conveniente ch'esse non
vengano ancora ridotte, poichè anche disponendo del materiale
il più perfezionato ed ingegnoso , se gli uomini addetti alle
varie manovre non hanno sufficiente spazio per la esecuzione
delle delicate operazioni che sono loro affidate , vi impiegano
maggior tempo , si stancano presto e commettono con più pro-
3 3 1

babilità degli errori , tutto ciò andando evidentemente a grave


detrimento della efficacia ed intensità di fuoco.
Disponiamo quindi per la sicura e facile manovra, senza di-
menticare però che sul buon resultato di qualsiasi manovra eser-
cita grande influenza l'elemento umano.
Voglio dire che un impianto moderno manovrato dai nostri
svelti ed intelligenti marinai sotto il comando di un capo abile
ed autorevole che li abbia ben istruiti a compiere le singole
manovre e sappia ben tenerli al loro posto durante l'azione, fun-
zionerà sempre egregiamente. Quando invece manchi l'abile di-
rezione o il prestigio del comando, qualsiasi semplificazione nel
numero di cannoni e nei meccanismi non varrà ad ottenere il
buon funzionamento dell' impianto e ad assicurare buoni resul-
tati del tiro.

E vengo infine all'argomento che ha più diretta attinenza


coll'ingegneria navale , quello della disposizione dei grandi im-
pianti d'artiglieria sulle navi di linea , limitandomi ben inteso
a quanto si riferisce alla esecuzione ed efficacia del tiro e la-
sciando ad altri il trattare con maggior competenza tutto quanto
ha relazione colla costruzione della nave.
Finchè i grossi cannoni furono in numero molto limitato ,
da 2 a 4, fu presto determinata per universale consenso, la di-
sposizione più conveniente, quella di una torre a prora e l'altra
a poppa ; ma colla costruzione della prima Dreadnought col-
l'aumento cioè del numero dei grossi cannoni , il problema
divenne importante e difficile. Se si vuole, ed è indiscutibilmente
di grande utilità, che tutti i grossi cannoni possano far fuoco,
e per un largo settore, su ambedue i fianchi della nave, la di-
sposizione da preferirsi sarà quella cosidetta a torri longitudinali
cioè a dire con tutti gli impianti sul piano longitudinale me-
diano della Nave. Ma se gli impianti sono numerosi, questa di-
sposizione ha il grave inconveniente di richiedere una conside-
revole lunghezza della Nave ; da ciò la opportunità delle torri
sovrapposte tipo Michigan, la cui adozione ha anche il van-
334 -

taggio di aumentare considerevolmente la intensità di fuoco


nei settori di prora e di poppa pur conservando la totalità dei
cannoni su ambedue i fianchi della Nave.
L'adozione di queste torri sovrapposte fu alquanto contra-
stata nei primi tempi poichè si temeva che le vampe di volata
e le concussioni da queste prodotte nel tiro dei cannoni degli
impianti sopra elevati ( nei settori di estrema caccia ed estrema
ritirata) avrebbero potuto seriamente danneggiare il personale
contenuto nelle torri sottostanti , e forse anche i meccanismi più
delicati di queste. Ma dopo le esaurienti esperienze di tiro re-
centemente eseguite in Inghilterra con la corazzata brasiliana
<< Minas Geraes » è stato ampiamente dimostrato che se la po-
sizione relativa dei due impianti è tale da far si che le volate
di quello superiore siano molto prossime al piano verticale con-
dotto per il canto anteriore del cielo dell'impianto inferiore , e
se le garitte di punteria della torre più bassa dispongono di
una robusta chiusura a vetro , il tiro dei cannoni più alti non
può recare alcun danno, nè al personale , nè al materiale del
sottostante impianto, anche quando esso venga eseguito in estre-
ma caccia od in estrema ritirata.
7
Eliminati questi dubbi la disposizione a torri sovrapposte è
oramai quasi generalmente preferita per le due coppie di torri
estreme, mentre la incertezza rimane ancora nelle torri centrali
le quali , se in numero di due, potranno forse per il complesso
delle esigenze costruttive della nave , essere più facilmente col-
locate sui fianchi, come nel tipo inglese Neptune o nell' argen-
tino Riradaria. Ma con questa sistemazione , il settore di tiro
di ciascuna delle due torri centrali sul banco opposto risulta ne-
cessariamente molto limitato ; ed è perciò che gli artiglieri deb-
bono raccomandare agli ingegneri navali di fare ogni loro sforzo
per mantenere la sistemazione a torri longitudinali, nell'intento
di giungere ad un settore di massima offesa su ciascun fianco
non inferiore a 125 o 130 gradi .
Comprendo che un settore di tale ampiezza richieda che la
costruzione di tutte le strutture al disopra del piano di coperta
sia molto limitata , ed interamente subordinata al movimento
orizzontale degli impianti di artiglieria ; ma bisogna pur ricor

1
335

dare che la ragione di essere della grande nave di linea riposa


nel suo armamento principale. E senza addentrarmi in conside-
razioni di tattica navale , voglio però osservare che la forma-
zione durante l'azione di più navi riunite le quali abbiano set-
tori di massima offesa molto estesi potrà mantenersi con grande
facilità nella posizione meno vulnerabile senza diminuire la mas-
sima intensità di fuoco.
Venendo ora al numero dei grossi cannoni costituenti l'ar-
mamento principale di una nave di linea, debbo ritornare sulla
questione del calibro ed indicarvi in cifre approssimative i pesi
per bocca a fuoco, della installazione completa (cannone , im-
pianto, parti fisse alla nave e munizionamento di 120 colpi per
pezzo) con cannoni di vario calibro ed impianti che considero
tutti doppi per facilità di paragone.

Peso per bocca a fuoco , col cannone da 305 - Tonn. 325


343 395
356 475

Ne consegue che volendo adottare un armamento principale


di 10 cannoni , occorre di riserbare a tale armamento il peso
complessivo di circa 3250, 3950 e 4750 tonnellate rispettivamente
E siccome la percentuale di dislocamento riserbata all' arma-
mento completo di una nave di linea non potrà al massimo
superare il 20 %, e di questo almeno il 2 % dovrà essere adi-
bito all'armamento secondario , ne risulta che per mettere in
batteria 10 grossi cannoni su 5 impianti occorrerà , in cifra ro-
tonda un dislocamento della nave di tonn. 18000 , 22000 e 26500
rispettivamente pei calibri 305 , 343 e 356. E se non si vorrà
superare ad esempio, il dislocamento di 22000 tonnellate, il nu-
mero dei grossi cannoni sarà di 12-305, o 10-343, o 8-356.
Queste cifre sono abbastanza eloquenti da loro stesse per
mettere in serio dubbio la convenienza dell'aumento del calibro
oltre il 305 mm . Dissi già che un potente 305 è ancora al caso
di combattere con piena efficacia contro le navi più moderne ;
ma certo non voglio sostenere che un 343 od anche meglio un
356 non siano preferibili ad un 305 poichè, in grazia del mag-
giore peso del proietto, saranno assai maggiori gli effetti di-
336 -

struttivi di ciascun colpo che giunga sul bersaglio. Ma la que-


stione sta in questo se il vantaggio suddetto sia tale da giu-
stificare il forte aumento del dislocamento quando si voglia
conservare lo stesso numero di grossi cannoni , o la riduzione
del numero dei cannoni quando si voglia rimanere ad un dato
dislocamento.
In appoggio a questa seconda soluzione si può anche osser-
vare che una ottima disposizione degli impianti sulla nave è
più facile ad ottenersi quando il numero degli impianti sia più
limitato ; come pure che è più facile una buona condotta del
fuoco di 8 cannoni da 356 che non di 12 cannoni da 305. E
quando invece si scelga la soluzione dell'aumento del disloca-
mento conservando lo stesso numero di grossi cannoni , si avrà
il vantaggio di poter aumentare entro certi limiti gli spessori
delle corazze e di avere una nave cui la offesa di un singolo
colpo di cannone o scoppio di un siluro o di una mina subac-
quea rechi minor pregiudizio .
Malgrado tutte queste considerazioni, mi sentirei molto dub-
bioso se dovessi consigliare dal punto di vista puramente tec-
nico il passaggio al calibro di 343 m/m o di 356 m/m ; non
parlo di calibri maggiori , la cui adozione non è ancora seria-
mente considerata. Ma contro questa opinione sta il fatto che
il 343 è già adottato in Inghilterra ed è in via d adozione in
Giappone, mentre il 356 è adottato negli Stati Uniti d'America
ed è allo studio in Germania.
E la esperienza del passato ci dimostra che questo aumento
del calibro sarà presto seguito dalle altre marine, seguito non
tanto per desiderio d'imitazione, quanto perchè nel preparare
il materiale guerresco occorre di tenere gran conto dell'elemento
morale. Ed io comprendo che l'equipaggio di una nave è più
impressionato della potenza individuale del cannone che non del
maggiore o minor numero di cannoni a bordo ; si sentirà quindi
più sicuro, più fiducioso nella vittoria se avrà cannoni più po-
tenti di quelli del nemico, od almeno non a loro inferiori.
Si vada quindi pure innanzi col calibro ; ma in tal caso si
vada risolutamente fino al 356 onde assicurarci una stabilità di
calibro per un discreto periodo di anni.
337 -

Come ultima questione sulla quale desideravo d'intrattenervi


concedetemi ch' io vi parli brevemente dell'armamento secondario
ed antisilurante per le navi da battaglia.
Qui non troviamo nella scelta del calibro quell ' universale
consenso che per l'armamento principale ha accompagnato il
305 durante più di tre lustri ; e ciò è dipeso dal fatto che non
furono, nè sono tuttavia concordi le vedute in merito all'impiego
tattico di queste artiglierie. Difatti vi è chi pensa che l'arma-
mento secondario di una nave di linea oltre ad esplicare la sua
offesa contro il naviglio sottile a piccola distanza debba anche
essere utilmente impiegato nel tiro contro navi a media distanza
(4000-6000 metri ) in ausilio al fuoco dell' armamento princi-
pale. Altri invece ritiene che le distanze a cui si svolgerebbe
un combattimento fra due squadre moderne sarebbero con tutta
probabilità alquanto superiori a quella limite per un tiro pro-
ficuo di bocche a fuoco secondarie anche se il loro calibro fosse
di 152 m/m o più, e che, per conseguenza, i cannoni di calibro
minore delle grandi navi debbano impiegarsi in massima e salvo
rarissime eccezioni contro naviglio sottile.
Naturalmente i primi sono decisamente favorevoli ad un can-
none di medio calibro ( 152 m'm od anche superiore), mentre i
secondi sono disposti a rinunziare al medio calibro ed adottare
un semplice armamento antisilurante con cannoni di piccolo ca-
libro 76 m/m ÷-100 m/m ) .
Infine vi sono delle navi modernissime la cui artiglieria se-
condaria consta di cannoni ad alta potenza balistica del calibro
di attorno i 120 m/m , i quali mentre hanno un eccesso di ener-
gia in relazione alla natura del bersaglio ed alle distanze a cui
potrà svolgersi un combattimento contro navi leggiere, posseg-
gono però scarsa efficacia di fuoco in un tiro contro navi coraz-
zate a distanze superiori a 3 o 4 chilometri.
In questa differenza di vedute non vi nascondo che, a mio
parere, la via di mezzo è quella meno preferibile, e che nem-
meno convenga di limitare l'armamento minore di una nave
da battaglia al calibro che basta contro le siluranti, poichè con
tale criterio sarebbe anche superfluo di andare oltre il 76 m/m.
Sono persuaso invece della assoluta convenienza di ritornare al
- 338

cannone da 152 la cui straordinaria fortuna dipese essenzial-


mente da questo, che è il massimo calibro che permetta un
proietto facilmente maneggiabile a nano anche dai serventi
meno robusti ; è quindi la bocca a fuoco più potente che possa
montarsi su affusti a tiro rapido di semplice e facile maneggio.
Un buon cannone da 152 sarà utilissimo contro il naviglio sot-
tile (esploratori, cacciatorpediniere, ecc. ) alle massime distanze
cui esso potrà impegnarsi e contro le grandi navi a distanze
inferiori di circa 6 chilometri ; mentre sarà riservata al calibro
da 76 l'offesa contro il naviglio torpediniero nel tiro più rav-
vicinato.
Pertanto, lo studio balistico delle due bocche a fuoco do-
vrebbe procedere coi seguenti criteri di massima . Il cannone da
152 m /m, costituente l'armamento secondario propriamente detto,
dovrà essere ad alta potenza balistica ; ma questa più che de-
rivare da una elevata velocità iniziale, dovrebbe ottenersi con
un rilevante peso del proietto, il massimo peso possibile compa-
tibilmente con i rimanenti dati di caricamento imposti dal pro-
getto dell'arma.
L'utilità del proietto pesante subito apparirà dalla conside-
razione che una maggior`massa di esso conferirà una maggior
velocità residua alle massime distanze utili d'impiego del can-
none; ed inoltre che un maggior peso permetterà al proietto
(granata A. E. ) di disporre di una più grande capacità interna
per la carica di scoppio ad alto esplosivo. Adunque moderata
velocità iniziale e rilevante peso del proietto debbono essere i
requisiti principali della bocca a fuoco uniti alla massima lun-
ghezza in calibri , consentita dalla condizione di rigidità longi-
tudinale dell'arma, onde poter utilizzare il maggior numero
d'espansioni dei gaz della carica, e poter ridurre il peso di que-
sta allo scopo che non debbano accentuarsi le erosioni del tubo-
anima.
Il cannone antisilurante (del calibro da 76 m/m o da 100 m,'m)
è invece opportuno che sia a velocità iniziale molto alta , ma
ció deve realizzarsi non impiegando un eccessivo peso di carica,
bensì usando un proietto di peso limitato. Questo cannone, che
dovrà esplicare la sua offesa contro seafi sottili ed a brevi di-
339

stanze, dovrà nel suo tiro avere un grande « errore battuto à


tiro corto » , e per ciò occorre disporre di una altissima velocità¸
mentre non ha grande importanza la massa del proietto (gra-
nata ad alto esplosivo) anche perchè questo sarà destinato a scop-
piare all'urto contro lamiere o piastre di limitato spessore e
quindi ad esplicare il suo effetto non intero ma frazionato. Così
facendo si potrà avere un'arma ad altissima velocità iniziale
ma sufficientemente economica, perchè il peso di carica sarà
mantenuto in limiti ristretti, e la vita della rigatura dell'arma
sarà notevolmente aumentata in rispetto a quella degli attuali
moderni cannoni da 76 m m di 50 calibri. E riguardo a questo
cannone antisilurante da 76 mm voglio aggiungere che non
ritengo nè conveniente nè pratica l'applicazione di un mecca-
nismo di culotta semi-automatico, di cui numerosi modelli sono
comparsi in questi ultimi anni.
A parte la inopportunità di adottare per un cannone di pie-
colo calibro, le cui principali caratteristiche debbono essere la
semplicità e la praticità di manovra, un otturatore molto com-
plicato, pesante e di non facile manutenzione e riparazione, sta
il fatto che è inutile di applicare alla culatta di una data arma
dispositivi tali da poterne eseguire il caricamento in un tempo
minore di quello che necessariamente si richiede per puntare e
sparare l'arma medesima. Ora un cannone da 76 mm provvi-
sto dell'ordinario congegno di chiusura a movimento unico può
caricarsi nel tempo che è necessario per la punteria e lo sparo
(specie se il proietto è leggiero come da me proposto) : perciò
esso risponde pienamente alle esigenze del tiro rapidissimo.
Riguardo alla disposizione di questo armamento secondario
su una grande nave di linea, io credo che i cannoni da 152,
supponiamoli in numero di 12, dovrebbero essere sistemati in
torri corazzate binate, e queste venir disposte tre per ciascun
fianco della nave, in opportuna posizione onde offrire ampissimi
settori di tiro. Questo tipo di installazione mi pare il più adat-
tato, quando si tenga conto delle moderne esigenze di costru-
zione delle navi da battaglia ; ed inoltre ben si presta anche
dal lato militare, dappoichè le torri presentano un limitato ber-
saglio, permettono estesi settori di offesa e posseggono al di
- 340

d'oggi i richiesti requisiti di praticità e di rapidità di manovra,


purchè però le loro dimensioni non vengano ridotte oltre limiti
tali da rendere troppo angusto ed incomodo lo spazio lasciato
libero per i serventi ivi addetti.
In questi impianti binati da 152, la manovra dei cannoni
e delle relative munizioni potrà essere effettuata esclusiva-
mente a mano con sufficiente rapidità , ma per il brandeggio
dell'impianto occorrerà normalmente una manovra meccanica
per poter raggiungere una velocità di rotazione tale che per-
metta di eseguire la punteria continua sui bersagli più ve-
loci con rotta di controbordo e normale al piano di tiro.
Ed anche per questi impianti credo preferibile la manovra
idraulica mediante lo stesso tipo di motore rotativo perfezionato
cui già accennammo , ma s'intende di dimensioni molto più
piccole. Questo macchinario idraulico, del resto di ben poca en-
tità, non richederà l'adozione di alcuna apposita pompa, giacchè
si potrà usufruire di parte della energia idraulica erogata dalle
grandi pompe già esistenti a bordo per il servizio dell'arma-
mento principale .
Infine per quanto si riferisce ai cannoni da 76 m/m. desti-
nati alla difesa antisilurante ravvicinata, essi dovranno venire
opportunatamente disposti sui ponti superiori della nave in ma-
niera che il loro tiro sia uniformemente distribuito sui fianchi
e nei settori estremi di caccia e ritirata. E poichè buona parte
di tali armi dovranno ricevere una sistemazione, ponendole in
batteria dopo il tramonto per l'offesa notturna e conservandole
in luogo protetto durante la giornata, sì da non essere danneg-
giate nel tiro fra navi a distanza, è ovvio che i relativi affusti
per possedere grande facilità di impiego e di trasporto , anche
in condizioni di piattaforma non perfettamente stabile, dovranno
essere ridotti alla più semplice espressione, e che nel loro studio.
si dovrà porre la massima cura, per ridurne le dimensioni ed
il peso nei limiti più ristretti, compatibilmente con quel suffi-
ciente margine di sicurezza che è sempre consigliabile di non
diminuire.
Sulla stazzatura delle navi

Ing. LUIGI BARBERIS , Cap. del Genio Navale.

Il collega Caminiti si era proposto di trattare in questo


primo nostro Congresso la questione della stazzatura delle navi :
ma non potè presentare la sua memoria per cause del tutto
indipendenti dalla sua volontà . Sembrandomi un vero peccato
che, fino dal primo dei nostri Congressi, non si elevasse una
voce che mettesse bene in chiaro il pensiero dei tecnici italiani
sopra gli attuali sistemi di stazzatura ho pensato di esporvi
alcune brevissime considerazioni.
In nessun ramo della tecnica navale, e forse in ben pochi
della tecnica civile, siamo costretti ad accettare un sistema così
irrazionale, così involuto , così poco preciso , come quello usato
attualmente per la stazzatura delle navi .
Molti inglesi aggiungono che è un sistema iniquo : e di
questo farò anche un breve cenno.
Il sistema Moorsom parte dal concetto che il rendimento
economico di una nave sia proporzionale alla sua capacità in-
terna, come se le tariffe per il trasporto delle merci fossero le
stesse per tutti i generi di mercanzia e fossero commisurati a
metri cubi anzichè a tonnellate di peso.
Ora questo non è ragionevole - io non faccio che tradurre
parola per parola quanto dichiarò per iscritto Sir William White
il 24 maggio 1906, quando presentò la sua relazione di mino-
ranza alla Tonnage Committee. Le tasse dovrebbero essere com-
misurate alle spese che il governo o i consorzi portuali deb-
bono sostenere per offrire un comodo specchio d'acqua alle navi.
Lo stato che deve costruire e mantenere , supponiamo , 130
metri di banchina, dovrebbe far pagare la stessa somma a tutti
i piroscafi lunghi 130 metri che vi si attraccano di fianco . In-
vece può darsi benissimo ---- ed è cosa di tutti i giorni - che
342

di due piroscati di dimensioni esterne identiche uno paghi una


tassa d'ancoraggio doppia dell'altro: un cargoboat di 130 metri
di lunghezza può stazzare 10.000 tonn. e pagare 14.500 lire
di tassa d'ancoraggio e un transatlantico da passeggieri di
identica lunghezza stazza solo 5000 tonnellate e paga esatta-
mente la metà.
È giusto questo ?
Nei diagrammi presentati alla Tonnage Committee vi sono
alcuni esempi veramente caratteristici di questa sperequazione.
Restando nel campo dei cargoboats , un piroscafo che com-
mercia in minerale di ferro molto pesante, avrà doppi fondi al-
tissimi , non avrà shelter deck , esagererà le dimensioni delle
macchine e delle caldaie e potrà a parità assoluta di di-
mensioni esterne, di potenza di macchina, di costo della nave
stazzare la metà di un piroscafo che commerci , a mo ' d'e-
sempio in mercanzie generali .
Coll'attuale sistema di stazzatura si dà un vantaggio , per
nulla giustificato, a chi trasporta merci pesanti .
Ma non solo l'attuale sistema di stazzatura è irrazionale ,
ma coll'andare dei tempi è divenuto talmente aggrovigliato e
complicato che occorre addirittura una specializzazione per poter
affermare di capirne qualcosa.
Basti citare - tra mille l'esempio delle prescrizioni per
i locali della calderina ausiliaria e di quelle per gli spazi
d'aria e luce entro le soprastrutture.
Il nou plus ultra della chinoiserie si trova però nel Memo-
randum del 1909 della Compagnia di Suez per la definizione
degli spazi chiusi e degli spazii aperti sopra coperta.
L'esame delle figure allegate a quel Memorandum conduce
a riflessioni ben scoraggianti sui risultati a cui può portare il
fiscalismo alleato allo scolasticismo.
Questa complicazione del tutto ingiustificata - nelle re-
gole di stazzatura porta come conseguenza il terzo grave difetto
dell'attuale sistema e cioè l'indeterminatezza dei risultati.
Non esagero.
Alla Tonnage Committee questa poca precisione dei risultati
fu affermata da numerosi testimonii. Del resto, a ogni piè so-
343

spinto , nelle Instructions inglesi è scritto che il perito deve


misurare razionalmente, equamente , con giudizio ecc. Sembra
di leggere le prescrizioni « ad arbitrio dell'esecutore » delle grida
spagnuole del Manzoni.
La più convincente prova del resto è data dal fatto che mi-
surata una stessa nave due volte da due differenti periti si
hanno sempre risultati differenti.
Il piroscafo Penahrt misurato sempre col sistema inglese
stazza 1959 tonnellate nette in Inghilterra, 2119 in Italia, 2130
in Olanda . E fra queste nazioni c'è la convenzione di ricono-
scimento dei certificati di stazza.
Più d'uno dei congressisti ricorderà il caso dell' « Orseolo »
e del « Caboto » che misurati in Italia col sistema inglese pochi
mesi dopo l'approvazione della legge del 25 dicembre 1905,
avevano una stazza differente del 10。 da quella misurata due
o tre mesi prima in Inghilterra.
E questa indeterminatezza dei risultati è più che naturale
a chi conosce anche solo in parte i meccanismi della stazzatura.
E qui entro nella critica fatta da alcuni ingegneri navali na-
turalmente scozzesi all'Institution of Naval Architets qualche
anno fa. Essi dicono che l'attuale sistema di stazzatura è iniquo
perchè incita gli armatori a commettere delle soperchierie.
Dando un giudizioso titolo ai locali in cui non si può stivar
merce ; chiamando per esempio deposito del nostromo il gavone o
alloggio di un ufficiale ipotetico qualche camerino ; diminuendo
le larghezze o le profondità in corrispondenza dei punti di di-
visione per la stazza ; ma sopratutto tagliando qualche cerniera
alle aperture in fondo delle soprastrutture si possono , ingan-
nando i periti stazzatori, risparmiare notevoli percentuali sulla
stazza delle navi. Se questo appunto , però, che si fa al sistema
Moorson non è abbastanza sostenibile, perchè qualsiasi legge
del mondo a rigore incita gli uomini a eluderla ingannando il
prossimo, non si può disconoscere che , da un punto di vista
tecnico navale, l'attuale sistema di stazzatura è iniquo sul serio.
Con minuziose disposizioni si fa praticamente obbligo ai co-
struttori e agli armatori di praticare nei ponti superiori e nelle
murate degli squarci che sono in assoluta contraddizione con
344

ogni buona regola di architettura navale. L'attuale sistema dà


proprio, come dicono gli inglesi , un premium alla unseamarthness.
Di quanti naufragi , e di quante vittime umane è responsabile
il fiscalismo del sistema Moorson !
Quando si vede che candidamente si parla nei testi di co-
struzione navale dei tonnage openings, aperture praticate nell'o-
pera morta esclusivamente allo sccpo di eludere la legge sulla
stazza, si debbono fare ben amare riflessioni sulla naturalezza
con la quale l'uomo ama ingannare e farsi ingannare.
Ho parlato molto male del sistema Moorson e non ho fatto
d'altra parte che portare in questa assemblea un'eco delle cri-
tiche che in tutte le assemblee similari hanno fatto i tecnici
navali all'estero.
Ma debbo parimenti far notare che se è proprio un fatto che
il sistema Moorson è ben lontano dall'essere soddisfacente , è al-
altresì vero che è cosa ben difficile sostituirgliene un altro.
Proposte ne sono state fatte a dozzine. Da quelli che si con-
tentano applicare sempre la regola abbreviata che è già oggi le-
gale, ma che nessuno adopera, perchè dà un aumento del 5 al
al 10 % nei risultati , a quelli che, con una riforma radicale,
vorrebbero che si tornasse puramente e semplicemente alla vec-
chia semplicissima formola LXIX p, vi sono una quantità
di persone che hanno escogitato sistemi più o meno semplici ,
più o meno razionali.
Ma alla maggior parte di essi si possono applicare buona
parte delle critiche fatte al sistema Moorson e poi per abban-
donare il sistema inglese di stazzatura vi sono delle difficoltà
di un altro ordine di gran lunga più gravi : tanto che si può
affermare che sono per ora adirittura insormontabili. Ed esse
sono quelle relative ai riconoscimenti dei certificati. Sono poche
le questioni in cui si sia riusciti ad ottenere convenzioni inter-
nazionali più complete. Ma sono occorse decine e decine di anni
perchè tutti gli Stati si mettessero d'accordo ed è inutile dissi-
mularsi che se sarebbe cosa difficile, data l'immensità o la com-
plessità degli interessi coinvolti addivenire ad una riforma ra-
dicale del sistema di stazzatura in un solo Stato, una tale ri-
forma è da ritenersi pressochè impossibile quando essa dovrebbe
- 345

toccare un istituzione oramai internazionale. La sola Inghilterra,


se mai , potrebbe farsi promotrice di una tale iniziativa. Ma è
chiaro per chi studia le condizioni e l'ambiente di quella Ma-
rina mercantile, e per chi considera lo spirito di conservatorismo
che caratterizza quella nazione che ben poco c'è da sperare.
Che cosa resta pertanto da far a noi tecnici ?
Due cose : da un lato affermare chiaramente e nettamente
la nostra opinione : e cioè che da un punto di vista tecnico l'at-
tuale sistema di stazzatura vale ben poco e che lo dobbiamo
semplicemente subire come una necessità, dall'altro cercare di
precisare i particolari di questo sistema di stazzatura in modo
da renderlo per quanto possibile meno impreciso e meno irra-
zionale.
Ma vi è un particolare puramente di forma relativa-
mente al quale potremmo prender qualche maggior iniziativa.
Tutti voi sapete che è per una pura combinazione etimologica
una combinazione veramente malaugurata che l'unità di mi-
sura della capacità interna delle navi porta lo stesso nome del-
l'unità di misura dei dislocamenti . Ci confondiamo noi tecnici :
figurarsi i profani ! Un cargoboat di 5200 tonn. di dislocamento
a pieno carico , ha un deadweight di 3600 tonn. , una stazza lorda
di 2000 tonn., una stazza netta di 1200 tonn. È possibile che
ci si raccapezzi chi non ha continua famigliarità con le navi
mercantili ?
Visto che abbiamo una così comoda unità di misura per i
volumi che è il metro cubo, visto che sui certificati di stazza
è stabilito che sia scritta la stazza tanto in metri cubi quanto
quella in tonnellate, che cosa costerebbe alle nostre autorità ma-
rinare di stabilire che la tassa d'ancoraggio sia di lire 0,51 al
me. anzichè di lire 1,45 alla tonnellata ? e che cosa costerebbe
a dare le statistiche in metri cubi anzichè in tonnellate di
stazza, come fa già l'Olanda, la quale in fin dei conti ha meno
ragioni di essere fautrice del sistema metrico decimale di quello
che possa avere l'Italia, la Francia, la Germania ?
È questa una riforma così modesta e così razionale, e che
non toccherebbe assolutamente alcun interesse, che almeno in
questo noi tecnici potremmo essere ascoltati,
- 346 -

Di una seconda riforma potrebbe forse questo Congresso farsi


il promotore. Ma non mi nascondo che forse essa non racco-
glierà l'unanimità dei suffragi .
La stazzatura ha per le navi lo stesso significato che ha il
il catasto per i terreni . Ora si sognerebbe mai il Governo di
lasciare che le misurazioni catastali fossero tutte fatte dai liberi
professionisti pagati dai padroni stessi delle terre che misurano ?
In tutti gli Stati esteri , per quanto so , certo in Inghilterra, in
Francia, in Germania, i periti stazzatori formano un corpo di
funzionari dello Stato, perfettamente indipendente dagli arma-
tori e dai costruttori . Questi, se vogliono, possono nominare dei
tecnici per assistere in contraddittorio alle loro operazioni. Ma
è mai possibile , che,malgrado il giuramento, il perito stazzatore,
in quell'infinità di incertezze , di dubbii , di sfumature che sono
la caratteristica dell'attuale sistema di stazzatura agisca contro
gli interessi dell' armatore che lo paga ? E quale armatore si
servirà più di un perito stazzatore il quale non si approfitti delle
infinite occasioni che gli si presentano di interpretare il rego
lamento in suo favore ?
Per i servizi tecnici che interessano esclusivamente la marina
mercantile e oltre alla stazzatura ve ne è un mucchio di
altri - sarebbe cosa veramente conveniente aver un piccolo
nucleo (nucleo che potrebbe credo essere piccolissimo, forse di
di 4 o 5 in tutto ) di ingegneri navali direttamente aggregati
all' Ispettorato delle Capitanerie di Porto sia per avere dei veri
specialisti in materia, con immenso beneficio del servizio, sia
sopratutto per sopprimere quell'infinità di ingranaggi che bisogna
mettere ora in movimento per avere disponibile un ingegnere
del genio navale, il quale naturalmente potrà essere distolto per
i servigi della marina mercantile solo in tanto in quanto sia li-
bero dal suo servizio per la marina militare che andrà per lui
sempre messo in prima linea.
Col voto che si addivenga infine a inoculare un poco di tec-
nicismo negli organi che compongono la gran macchina dello
Stato che regola e feconda la Marina mercantile chiudo queste
mie parole.
LA PROPULSIONE A GETTO

ར ༡༧འ ༡ 、

Ing. PIERO BERTOGLIO , Ten . del Genio Navale .

§ 1. ― L'egemonia dell'elica propulsatrice nella navigazione,


che ormai data da circa mezzo secolo , rende titubante chi vo-
glia esaminare un qualsiasi altro sistema atto a muovere le navi
in mare, ma i modernissimi studi su questo propulsore (*) hanno
statato molti concetti errati, e chiarito in modo luminoso il suo
funzionamento avvolto prima in un fitto velo quasi misterioso .
Tali rette nozioni convincono di leggieri che fra la propulsione
ad elica e quella a getto esiste stretta parentela, tanto che ap-
pare strano come nella pratica applicazione esse occupino due
posti così infinitamente lontani. Ambidue i sistemi infatti rea-
lizzano una spinta in quanto creano una corrente fluida nel
verso opposto a quello del moto della carena, in ambo i casi la
cedevolezza del mezzo fa sì che esso, spostandosi, assorba lavoro
cosicchè nell' un sistema e nell' altro il rendimento meccanico
non potrà mai superare un certo assegnabile valor massimo. È
noto del resto che, se un sistema fisico in moto è costretto a
vincoli determinati , esso procede con tanta maggior efficienza
quanto minori sono gli spostamenti dei vincoli stessi. L'espe-
rienza quotidiana del camminare su terreno più o meno com-
patto cioè meno o più soggetto a cedere sotto il piede ne dà
una prova intuitiva : chè il disgusto avvertito passando p . es. da
un sodo ciottolato ad una spiaggia arenosa è dovuto precisamente
a questa, diminuzione di rendimento.

(*) V. « Teoria sintetica dell' elica propulsatrice » di G. RABBENO :


Rivista Marittima, Gennaio 1910 .
348

Trascurata la pochissima viscosità , l'acqua non resiste che


coll'inerzia della sua massa e il punto d'appoggio da essa for-
nito è ottenuto colla spesa di un lavoro. È questo un sacrifizio
di potenza imposto dalla natura analogo a quello che avviene
nelle macchine termiche durante la trasformazione del calore in
lavoro.
È d'uopo pertanto svestirsi di ogni idea preconcetta nell'in-
traprendere lo studio della propulsione a getto per indagarne
le sue proprietà generali , le sue affinità col sistema ad elica e
le caratteristiche peculiari proprie, che è quando noi ci propo-
niamo di fare.
L'idea di un tale propulsore sottomarino non è affatto re-
cente. Il Fletcher nel suo libro « Steam-Ships » narra di una
proposta fatta nel 1730 in Inghilterra dal dottor John Allen,
che conteneva il principio di questo sistema di propulsione. Co-
stui intuì che era possibile muovere un bastimento coll'introdurvi
acqua dalla prua, ed espellerla con mezzi adatti dalla poppa ;
ma non consta che l'applicazione di tale sistema sia giunta a
qualche utile risultato. Nè maggior fortuna ebbe il tentativo di
James Rumsey nel 1787, il quale guidato forse da falsi con-
cotti spingeva con una pompa l'acqua innanzi al battello e
la deviava poscia costringendola a passare sotto la chiglia per
uscire infine a poppa. Dopo questi primi tentativi altre espe-
rienze furono eseguite in Svezia, in Inghilterra e da ultimo an-
che in America ; certo è però che finora tale sistema non è stato
reso pratico e, per quanto conti in suo favore numerosi e im-
portanti vantaggi, non ha mai potuto competere con l'elica, es-
sendo il suo uso limitato , al dire di autori inglesi , a qualche
barca di salvataggio e a galleggianti per pompe da incendio.
La prorogativa di avere tutti gli organi interni alla nave ,
facilmente accessibili e meglio controllabili è molto interessante
per la marina da guerra, perchè essa favorisce l'invulnerabilità
della nave rendendola meno soggetta ad essere danneggiata dal-
l'esterno ; agevola il traffico nei porti ove spesso le eliche dei
piccoli e grandi scafi si impigliano in cavi , sfondano Larche ,
urtano calate e moli, danneggiando sempre se stesse e l'oggetto
avvicinato. Questa minore suscettibilità all'avaria va congiunta
- 349 -

poi coll' eliminazione di quelle appendici di carena che sono


conseguenza dell'esistenza delle eliche, come ringrossi, bracci di
sostegno degli assi, ecc. , le quali, come si sa, costituiscono una
resistenza addizionale non indifferente, raggiungendo perfino il
12 % della resistenza complessiva incontrata dalla carena.
Col sistema a getto l'insieme dello scafo e del suo propul-
sore riesce più compatto e forse più armonico, infatti quest' ul-
timo non si può pensare agente se non in quanto fa parte del
primo : esso non è solo un congegno applicato alla nave per
produrne il trasferimento, ma bensì una disposizione insita nella
carena e che interessa molto profondamente la sua struttura. A
conforto di queste asserzioni si osservi che mentre è possibile
istituire esperienze separate su carene e su eliche, non è affatto
concessa una scissione analoga nel caso del getto, ove occorrerà
esperimentare sempre sul sistema carena- propulsore.
L'intima connessione dei due elementi apparirà più chiara
quando si ragionerà del rendimento totale. Occorre subito avver-
tire che, a differenza di quanto s'è sempre fatto finora sui pochi
scafi dotati a scopo sperimentale di propulsore idraulico, riter-
remo : che l'apparato sia costituito da un conveniente numero
di condotte rettilinee disposte simmetricamente lungo i fianchi
della nave presso le due murate nella regione del ginocchio, le
cui intersezioni col fasciame esterno formino le bocche d'entrata
e d'uscita dell'acqua ; che tali condotte siano costituite da anelli
cilindrici di lamiera d'acciaio della massima lunghezza con sal-
datura longitudinale, tutti del medesimo diametro e uniti fra
loro per mezzo di flangie e chiavarde con interposizione di una
rotella di piombo ; che di più alla superficie interna sia ade-
rente una camicia di metallo Muntz ottenuta con anelli saldati
trasversalmente e longitudinalmente in tal guisa da presentare
una superficie assolutamente continua e speculare. In corrispon-
denza dei locali che l'architetto navale avrà destinato all'appa-
rato motore si disporranno le opportune diramazioni dolcemente
raccordate conducenti alla batteria di pompe centrifughe nel
modo indicato dallo schizzo dimostrativo della fig. 1 .
Il quale fa pure vedere come col semplice maneggio di due
coppie di saracinesche e senza nè arrestare nè invertire il moto
- 350

delle macchine si ha l'inversione della corrente e quindi l'in-


versione di marcia.
Siffatta o analoga sistemazione della condotta non fu mai
-
per quanto mi consta — adottata nè mai i progettatori cerca-
rono qualche artifizio per diminuire l'attrito causato dalla ru-
videzza della superficie interna dei condotti.
La disposizione comune era quella di aprire in corrispondenza
del locale macchine una o due prese nel fondo dello scafo col-
legate direttamente colla macchina idraulica, da questa parti

Fig. 1 .

vano due tubi che conducevano l'acqua agli ugelli fissati ester-
namente a murata, e questi ultimi potevano, mediante ribalta-
mento, dirigere il getto verso la prora o verso la poppa ed erano
per lo più disposti all'altezza del galleggiamento carico . Se si
pensa poi che l'imperfezione delle pompe e il conseguente loro
pessimo rendimento si associava a questa irrazionale struttura
dell'apparato, non meraviglia che i risultati siano stati sempre
pochissimo incoraggianti.
Mi propongo di far vedere come, coll'impiego simultaneo
della disposizione descritta , e delle moderne ottime pompe cen-
trifughe, sia possibile prevedere dei rendimenti propulsivi uguali
e forse maggiori a quelli ottenuti coll' elica.

§ 2. - Dopo il dotto studio sulla teoria del propulsore a


getto presentato dal ministro Benedetto Brin all'Institution of
Naval Architects nel 1871 non si sa aggiungere nulla di so-
stanzialmente nuovo sull'argomento, tanto che le poche pagine
ad esso dedicate dal White nel suo <« Manual of Naval Archi-
tecture » del 1894 e dal Biles nel secondo volume del suo testo
351

<< The Design and Construction of ships » del 1911 parrebbero


riassunti con rare variazioni della citata memoria del Brin .
Senonchè questa teoria è plasmata sullo schema di apparato
propulsore allora ideato e non è più soddisfacente pel nostro caso.
Nell'analisi che segue sono applicati però i principi fonda-
mentali che informavano il procedimento dell' illustre ingegnere
italiano, riducendosi l'innovazione a tener conto dell'attrito nella
condotta, a cercare le condizioni di massimo rendimento, a stu-
diare un plausibile processo di formazione del coefficiente di
propulsione, e da ultimo a determinare le caratteristiche di fun-
zionamento delle macchine idrauliche.
Poniamo :
C = velocità di avanzamento della nave,
A area complessiva di tutte le sezioni delle condotte,
D = diametro interno di ciascuna condotta,
V = velocità dell'acqua, internamente ai tubi , relativa
alla nave,
V
x=
t
G = peso in tonnellate di 1 metro cubo d'acqua marina,
g = accelerazione di gravità,
Rresistenza incontrata dalla carena, non quando è ri-
morchiata alla velocità , ma quando il moto della
medesima viene accompagnato dai fenomeni della
propulsione.
Coll'applicazione della legge meccanica dell'eguaglianza fra
l'impulso e la quantità di moto, avvertito che la spinta propul-
siva deve essere in ogni istante - per l'equilibrio - eguale
e contraria alla resistenza R si può scrivere immediatamente :

G
R = A V ( V — v) (1)
g

Ciascuno dei getti produrrà un'aliquota di questa spinta totale


che sarà espressa da

GD²
"= I (I — r) (2)
9 4
--- 352 -

o, se si vuole, anche da

r = 0,0422 · x (x) - 1) v D² (3)

over risulta espresso in tonnellate se è in nodi e D in metri.


Il lavoro utile fornito da questo elemento dell'apparato di
propulsione sarà pertanto

G 元D
'?=
1 V ( V — v) r
g 4

Detto ora Le il lavoro totale effettivamente compiuto dalla


macchina idraulica connessa con quel tubo, e I la perdita di
carico dovuta all'attrito lungo tutta la condotta, pel principio
delle forze vive avremo subito :

πD² 1 GπD²
Le G V. Y = ' (I
V '—- c)²
4 2 g 4

Dalla quale, sostituendo il valore di 7 per mezzo della (2 ) ,


si ricava:

GD
Le = V ( V² — v² + 2g Y) (4)
2g 4

Segue che il rendimento proprio del propulsore realizzato con


questo sistema sarà espresso da

ro 2v (V - v)
e=
Le Vr² + 2g Y

Se si fa Io si ottiene il valore di e dato dal Brin e ri-


prodotto in tutte le trattazioni posteriori.
Ritenuto di poter esprimere Y, come si fa comunemente in
idraulica, mediante la formola :

L TD L
Y= K = K 172 (5)
D 4 16 D

ove L rappresenta la lunghezza della condotta e Kè un coeffi-


- 353 -

ciente variabile con De determinabile sperimentalmente, l'e-


spressione del rendimento assume la forma :

2 v2 (x - 1)
e= =
L -1 π2 L
v² (x² -
- 1) + g K K
D 2 ( -1) + g 16 Dr 1

e ponendo per comodità

π2 L
9 16 K D
// = c (6 )

avremo infine :
1
x +1 (7)
2
+ C
r-

Il parametro C dipende unicamente dagli attributi fisici della


superficie interna del tubo e delle sue dimensioni ed ha un va-
lore noto e costante per ogni elemento. Vediamo di determinare
ora quale sia il valore più conveniente da attribuire al rap-
porto ; cerchiamo in altre parole il rendimento massimo che
indicheremo con E. L'efficienza sarà massima quando l'espres-
sione

x+1 x*
+ C
2 X- 1

sarà minima, ossia quando sarà

2 x (x -- 1) -
— x²
+C = 0
2 (x - 1)*

od anche , risolvendo rispetto a ,

x =1 +
1
1+ (8)
V 2C
354 -

pel quale valore si ha

1
E = 1-

1+ (9)
レ 20

Questi risultati, che racchiudono le caratteristiche essenziali del


propulsore a getto, sono fonte di utili discussioni .
Dalla ( 9) si rileva come per ogni determinato tubo esista un
valore del rendimento che non può essere superato, raggiungi-
bile solo realizzando un rapporto dato dalla (8) e legato alla
relativa efficienza dalla relazione semplice

+ E= 2

nello specchio che segue sono dati per 20 valori di E i rispet-


tivi valori di re di C

Tabella I

L L
E ( E C
D D

1 1 0,50 0,167 1,50 29,13


0,95 0,002 1,05 0,348 0,45 0,217 1,55 37,82
0,90 0,006 1,10 1,046 0,40 0.281 1,60 49,00
0,85 0,012 1,15 2,093 0,35 0,366 1,65 63,75
0,80 0,021 1,20 3,660 0,30 0,480 1,70 83,70
0,75 0,034 1,25 5,93 0,25 0,642 1,75 111,90
0,70 0,049 1,30 8,54 0,20 0,890 | 1,80 155,00
0,65 0,070 1,35 12,20 0,15. 1,303 1,85 227.30
0,60 0,095 1,40 16,56 0,10 2,134 1,90 372,00
0,55 0,127 1,45 22,14 0,05 4,630 1,95 806,50

Per vedere attorno a quali valori oscilia il massimo rendi-


mento conseguibile col nostro sistema occorre a questo punto
355

analizzare il campo di variabilità del parametro C. Abbiamo


posto :

L L
C =9 16 K =€6,05 K 12 ( 10)
D D

L
Esaminiamo separatamente i due fattori Ae D

Il coefficiente K si potrebbe ricavare dalle esperienze fatte


dagli idraulici qualora queste fossero state condotte nelle condi-
zioni in cui presumibilmente si troveranno le nostre tubazioni :
ora, come è noto, il Darcy esperimentò con tubi di diametro
non superiore ai 50 em. e con velocità medie non superiori a
6 m ., e questi limiti sono evidentemente troppo bassi perchè
si possano prendere in considerazione i suoi risultati ; il Levy
si è spinto, è vero , fino a diametri grandissimi , prossimi a 3 m. ,
ma con velocità sempre molto basse e, quel che più importa,
servendosi di tubi di ghisa in servizio corrente, cioè con incro-
stazioni. I valori di K ricavati dai risultati delle esperienze di
Levy sono riportati nel seguente specchietto estratto dal corso
di Idraulica Pratica di Scipione Cappa.

Tabella II

D Ꮶ D K D K

0,70 0,00278 0,95 0,00252 1,20 0,00233

0,75 0.00272 1.00 0,00248 1,25 0,002295

0,80 0,00266 1,05 0,00244 1,30 0,00226

0.85 0,00261 1,10 0,00240 1,35 0,00223

0,90 0,00256 1,15 0,002365 1,40 0,00220

È duopo far notare però, che valori di questo coefficiente


applicabili nel problema in questione non si possono desumere
356

che da esperienze istituite appositamente, le quali potrebbero


anche indicare quale metallo o quale lega sarebbe la più indi-
cata a costituire quella camicia interna che noi abbiamo sup-
posto di metallo Muntz.
È presumibile che in queste condizioni si verificherebbero
dei valori di K molto più piccoli dei citati ; basta pensare al
fatto notato dal Darcy, che passando da tubi con depositi a tubi
nuovi si aveva già una riduzione del 50 per cento ; per cui una
ulteriore notevole diminuzione è prevedibile passando dalla su-
perficie greggia della ghisa fusa alla superficie levigatissima
della camicia riportata.
Dati molto attendibili per quanto ancora approssimati per
eccesso si potrebbero ricavare indirettamente col seguente ragio-
namento, che, trasportando la questione dai tubi alle lastre
piane, ci permette di sfruttare esperienze più recenti e forse più
esatte.
E' noto che la resistenza d'attrito di una lastra piana, come
del resto anche quella di una carena , si può mettere sotto la
forma :

RafS Vn

ove, convenuto di attribuire all' esponente a il valore 2, di espri-


mere S in m² e l' in m , al sec. , risulta Ra in chilogrammi
adottando per f i valori medi sperimentali riportati nei testi di
Architettura Navale e cioè :

Stagnola : f = 0,14
Zinco e Rame : ƒ = 0,15
Ferro dipinto : f = 0,19
Sabbia fina : f = 0,42

Ora se rappresenta la perdita di carico, espressa in metri


d'acqua, lungo tutta la condotta, sarà

π D²
G. V. Y
4
- 357 -

la potenza totale in tonnellate-metri al secondo assorbita dall'at-


trito e per conseguenza

1000 π D²
G I. Y ( 11)
πDL 4

la potenza in Kgm. al sec. assorbita da ciascun metro quadrato


della superficie interna.
D'altra parte dalla

RafS V
si ottiene subito in

Ra
=ƒ V²
S

la resistenza d'attrito in Kg. per m. di superficie di contatto ,


per cui sarà :
f 173 ( 12)

la potenza in Kgm. al sec. assorbita da ogni m di superficie .


Supponendo il diametro del tubo abbastanza grande da per-
mettere di assimilare il fenomeno del trascinamento relativo
delle scorze cilindriche liquide aderenti al tubo col trascinamento
relativo delle falde acquee aderenti alla lastra piana si potranno
eguagliare le espressioni ( 11) e ( 12 ) :

1000 π D²
G I. Y= fVa
πDL

e sostituendo Y per mezzo della (5), e semplificando :

1000 G K=ƒ

da cui infine :

64
K= 32 (13)
1026f0,006 ƒ

Si ha buon gioco in questo artifizio in quanto , possedendo il


valore di ƒ relativo alla sabbia fina, che dà una ruvidezza plausi-
358

bilmente assimilabile a quella delle incrostazioni dell'acqua dolce,


si può ricavare un valore di K controllabile. Accordo perfetto esi-
ste infatti tra il valore sperimentale medio che appare dalla
tabella II (tenuto conto come si è convenuto dei soli grandi
diametri , e il valore calcolato colla ( 13) per questo caso, quale
risulta nel seguente quadro :
1
Stagnola : K = 0,000885
Zinco o Rame : K = 0,000949
Ferro dipinto : K = 0,001011
Sabbia fina : K = 0,002237

Corroborata in tal guisa l'attendibilità di questi risultati,


assumiamo come base delle nostri ulteriori indagini il secondo
valore registrato sopra.
Supposto dunque
K = 0,000949
la ( 10) ci fornisce
L
C = 0,00574
D

Per mezzo di questa relazione furono calcolate le colonne


L
intestate nella tabella I dalle quali apprendiamo, supposto
D
per semplicità D = 1 m. , quali sono le massime lunghezze
che può avere la tubazione per realizzare i corrispondenti rendi-
menti E del getto. Si ricordi però che, mentre le tre prime co-
lonne rappresentano terne di valori esenti da qualsiasi ipotesi
particolare ed applicabili in ogni caso, in quest'ultima è impli-
cita la supposizione di

K - 0,000949

e quindi essa non è che illustrativa.


Volendo passare dalla speculazione teorica all'applicazione
pratica occorrerebbe determinare volta per volta sperimentalmente
il valore di K, il quale potrà variare sia variando la sostanza
costituente la camicia, sia variando i procedimenti tecnologici
impiegati per la sistemazione della medesima .
359

Fin qui realmente il sistema di propulsione non appare pro-


mettere un rendimento molto elevato perchè è chiaro che per
passare dall'efficienza propria del getto E all' efficienza totale
di propulsione occorre introdurre un altro fattore : voglio dire il
rendimento meccanico del complesso della macchina idraulica e
della sua motrice, il quale per giunta - era sino a pochi
anni fa assai basso causa l'imperfezione delle pompe centrifughe.
Ingannati da questa constatazione troppo superficiale gli au-
tori tutti può lamentando la mancata opportunità di introdurre
nella costruzione e nella navigazione le semplificazioni ei van-
taggi inerenti al sistema che sono specialmente preziosi dal punto
di vista militare, hanno confinato il campo di applicabilità della
propulsione a getto alle barche dei pompieri e ai battelli di sal-
vamento. Occorre però assurgere a una concezione più esatta
del rendimento propulsivo e non dimenticare la stretta relazione
già notata che lega il propulsore e la carena .
E' nota l'influenza benefica che esercita sull'elica la presenza
della carena e di essa si tiene conto nei progetti di nave ; que-
sto fatto però si può interpretare ancora nel senso che l'aggiunta
del propulsore esterno accresca la resistenza all'avanzamento, non
essendovi motivo alcuno per ascrivere, nel formare ciò che im-
propriamente si chiamano i rendimenti del propulsore e della ca-
rena, il risucchio all'elica che ne è la causa o alla carena che ,
ne risente l'effetto, e neppure essendovi ragione di addebitare
la scia concomitante la nave alla carena che ne è la cagione o
all'elica che ne raccoglie l'effetto.
Per togliere ogni ambiguità di linguaggio e rendere possi-
bili confronti di propulsori diversi esigenti ciascuno particolari
sistemazioni di scafo, è duopo ricorrere al coefficiente propulsivo,
riferendoci alla curva delle potenze effettive ricavate con espe-
rienze di rimorchio alla vasca operate su modelli di carena spo-
gli di qualsiasi appendice relativa al propulsore, e a quella delle
potenze indicate ricavata dai diagrammi termici dei cilindri of
dalle indicazioni dei torsiometri previa correzione in quest'ul-
timo caso per tener conto del rendimento meccanico della mo-
trice. Di queste due curve la prima è indipendente dal sistema
di propulsione ed è perciò la stessa sia che noi immaginiamo
-- 360

la nave vera provvista di elica o di apparato idraulico, la se-


conda è determinabile volta per volta, o sperimentalmente se si
tratta di prove su navi costruite, o teoricamente se si tratta di
progetti.
Ora, indicato con e il rendimento meccanico complessivo
del sistema motore-pompa impiegato a creare il getto, il pro-
dotto Ee, è ben lungi dal rappresentare l'efficienza propulsiva
del sistema perchè finora noi ci siamo riferiti alla spinta effettiva-
mente realizzata nella propulsione e non già alla resistenza che
alla medesima velocità incontrerebbe la carena nuda rimorchiata,
cioè noi abbiamo sostituito alla prima curva di poc'anzi un'altra
curca diversa da quella a cagione dell'influenza del propulsore
sulla carena. Immaturo sarebbe dunque il confronto di Ee, col
rendimento propulsivo sotto il quale lavorano gli apparati ad
elica, che modernamente varia da 0,45 a 0,60 a seconda della
velocità, delle forme della nave e della qualità del motore ; anzi
è impossibile giungere per via teorica a formare un'espressione
che si possa paragonare con questi numeri perchè è impossibile
per via teorica procurarci la curva delle potenze effettive nel
senso suindicato ; e del resto ciò non meraviglia perchè allo stesso
modo dopo aver determinata l'efficienza dell'elica è altrettanto
impossibile con argomentazioni teoriche giungere all'efficienza
propulsiva totale.
Volendo però avere un'idea preventiva ed approssimata del
valore economico del sistema propulsivo a getto si può correg
gere il valore Eeo alla stessa guisa che dall' analogo prodotto
delle due efficienze, quella propria dell'elica e quella della mo-
trice, si può giungere per approssimazione al rendimento totale.
A tal uopo basterà valutare approssimativamente il rapporto fra
! la spinta necessaria pel moto della carena senza propulsore e
quella sufficiente durante la propulsione vera ; perchè è evidente
che quest'ultima è minore della prima poichè la depressione
creata nella regione prodiera della nave in grazia dell'aspira-
zione delle pompe si risolve in una diminuzione di resistenza.
Questo fenomeno è analogo al risucchio dell'elica colla differenza
che in tal caso, verificandosi la depressione nella regione pop-
piera, si ottiene l'effetto opposto cioè un aumento di resistenza.
361 _

In una parola possiamo dire che il sistema di propulsione a


getto trasportando il risucchio a proravia della nave lo rende
utilizzabile interamente.
Si suole ritenere che nei bastimenti ad elica l'aumento di
resistenza dovuto al risucchio possa raggiungere il 13 % della
resistenza vera, cioè al rimorchio, e negli scafi a forme piene
anche il 13,7 %0 come si deduce dagli elementi in proposito
forniti dal prof. Scribanti nel suo testo di Architettura Navale;
è lecito dunque ammettere che altrettanto grande sia la dimi-
nuzione di resistenza, addotta dallo stesso fenomeno nella pro-
pulsione a getto cioè sia :
Resistenza al rimorchio Resistenza durante la propulsione
= 0,137 Resistenza al rimorchio
da cui :

Resistenza al rimorchio
= 1,16
Resistenza durante la propulsione

E questo è il rapporto cercato ; sicchè un'espressione plausi-


bile del rendimento totale propulsivo 7 sarà :

= 1,16 E co

e, se si vuole scindere il fattore e nei suoi due elementi : em


efficienza della motrice, ep efficienza della pompa, risulterà :

n = 1,16 E ep em

Il Biles, forse più attendibile perchè più recente , nella sua


citata opera pubblicata quest'anno, ritiene che l'incremento di
resistenza imputabile al risucchio nel caso della propulsione con
eliche possa variare da 0,15 a 0,25 della resistenza che la nave
incontrerebbe nel rimorchio ; quindi secondo questi dati il coeffi-
ciente numerico che appare nell'espressione di varierebbe da

1,177 1,332

Stimando che questi risultati, i quali rispecchiano le condi-


zioni attuali delle indagini sperimentali , siano i più prossimi
al vero riterremo definitivamente

η = (1,177 ÷ 1,332) E ep e
n ( 14)
- 362 -

Abbiamo così formato sinteticamente il coefficiente propulsivo


totale competente al sistema idraulico studiato ed ora siamo in
grado di paragonarlo ai noti coefficienti di propulsione realizzati
colle eliche. (*)
Seguendo ancora il detto autore inglese ammetteremo che al
punto odierno dei progressi dell' industria meccanica sia ammis-
sibile mediamente un rendimento organico della motrice.

em = 0,88

Quanto poi al rendimento della pompa, riferendoci ai tipi


più perfezionati di centrifughe disegnati e costruiti dalla Wor-
thington Pump Company, assumeremo

Op = 0,80

valore che la stessa ditta garantisce nel caso di grandi portate


e basse elevazioni, che, come vedremo in seguito, sono appunto
le nostre condizioni.
Con queste ipotesi la (14) diventa :

= (1,177-1,332) 0,80 0,88 E


ossia :
= (0,830,94) E

Ritenuto per semplicità

1 = 0,9 E

dalla tabella I si ricava che, nelle condizioni allora assunte, il


coefficiente di propulsione relativo al getto è superiore o infe-
riore a quello relativo alle eliche ― ritenuto 0,50 - secondochè
si verifica
L
22
D

(*) Il White nel suo « Manual of Naval Architecture » del 1896 cita
valori disparatissimi dell'aumento di resistenza dovuto al risucchio de-
terminati da vari autori, concludendo che pei bastimenti ad una sola
elica tale aumento può variare dal 20 al 40 % dalle forme fine alle
piene.
- 363

§ 3. - Le caratteristiche della pompa centrifuga o della bat-


teria di pompe connesse con una condotta sono facilmente cal-
colabili mediante la (4) che per mezzo della (5) si può anche
scrivere :

Gπ D² π L
Le = V 【 V² — v² + 2g K V²
2g 4 16 )

la quale esprime la potenza effettiva della pompa. Semplificando


e tenendo presente la (6) ricaviamo per l'applicazione numerica :

L = 0,0742 x [x² (2 C + 1) − 1 ] D² v³

ove Le risulterà espresso in cavalli se esprimeremo v in nodi e


D in metri. La portata Q in volume della condotta in esame
sarà evidentemente:

V
Q ==D² v

e quindi la prevalenza p risulta :

Le
p
QG
ossia
pe
p = 2g [x² (2 C + 1) − 1]

per il calcolo numerico abbiamo

Q = 0,404 x v D²
p = 0,01345 v² [ x² (2 C + 1) − 1]

nelle quali per v in nodi e D in m. risulta Q espresso in mc.


al sec. e p. in m.
Per farsi un concetto dell'ordine di grandezza di Q e di p
assumiamo p. es.
D = 1m ., v = 20 nodi , x = 1,45 a cui corrisponde C = 0,127
(tabella I) otteniamo :

Q = 11,70 mc. al sec.


p = 8,80 m.
- 364

e se si calcolano gli altri elementi si vede che la potenza effet-


tiva della pompa sarebbe :

Le =
x 1412 cavalli

e la potenza indicata presumibile della motrice.

Li = 2000 cavalli

il coefficiente propulsivo sarebbe

n = 0,50

purchè la tubazione non fosse più lunga di metri 22,14 , cioè

L < 22,14 m.

Importerebbe ancora istituire un calcolo circa il peso dell'ap-


parato propulsore per unità di potenza indicata, come pure in-
teressante sarebbe indagare le condizioni di funzionamento per
ciò che riguarda l'inversione di marcia, cioè determinare il pe-
riodo di tempo minimo concesso per la manovra delle saracinesche
affinchè la sovrapressione idrodinamica generata dal graduale
arresto della colonna d'acqua scorrente nei tubi non ecceda il
limite massimo assunto come base del calcolo di robustezza
della condotta stessa ; ma questi argomenti, come altri relativi
alla sistemazione generale, alle bocche d'entrata e d'uscita at-
traverso il fasciame esterno ecc. ecc. , ed al modo di condurre le
eventuali esperienze alla vasca saranno sviluppati in altra me-
moria. Per ora mi preme di aver mostrato che se è vero che
l'efficienza del propulsore a getto considerato a sè è inferiore
quasi sempre a quella dell'elica, esso permette tuttavia, quando
venga attuato colle modalità descritte, di realizzare coefficienti
propulsivi che possono rivaleggiare e superare quelli spettanti
alle eliche, restando inoltre in favore del primo sistema i van-
taggi altrove enumerati.
BORDO LIBERO E ROBUSTEZZA DI SCAFO

Prof. Ing. ANGELO SCRIBANTI .

§ 1. Allorchè la vetustà e la naturale usura degli scafi


metallici hanno prodotto in essi un indebolimento per assotti-
gliamento degli elementi della struttura , i Registri di classifi-
cazione sogliono abbassare la classe dei bastimenti, regolandola
in base alla diminuzione subita dall'area complessiva della se-
zione resistente dello scafo : così per esempio il testè defunto
Registro Italiano assegnava la classe

1,00 4 quando la sezione resistente complessiva fosse quella


regolamentare
0,90 A fosse ridotta del 5 % sulla
regolamentare
0,80 A fosse ridotta del 10 %, sulla
regolamentare.

Talvolta all'abbassamento della classe viene fatto corrispon-


dere un contemporaneo aumento di bordo libero, inteso a me-
glio guarentire le condizioni di sicura navigabilità nei rapporti
con la robustezza della struttura. Interesserebbe stabilire una
relazione di corrispondenza fra la diminuzione della resistenza

Le questioni relative al bordo libero delle navi da commercio non


hanno sinora attratta in modo notevole l'attenzione dei tecnici nel no-
stro paese. Ora però che il Ministro della Marina ha saggiamente or-
dinato lo studio di provvedimenti intesi a rendere obbligatoria anche
per le navi italiane la assegnazione di una linea di massima immer-
sione, è probabile che l'argomento diventi di attualità nella nostra
industria navale. Allora la questione particolare trattata nella presente
Nota potrà forse essere considerata come non priva di interesse .
- 366

di struttura e l'aumento di bordo libero, subordinatamente alla


condizione che resti inalterata l'intensità della sollecitazione negli
elementi più cimentati della struttura.

§ 2. - Non sembra che possa stabilirsi una tale legge di


corrispondenza con carattere generale di applicabilità ad ogni
caso, poichè è possibile che vi siano condizioni di carico nelle
quali una diminuzione di immersione potrebbe più nuocere che
giovare al cimento della struttura. Conviene invece distinguere
due casi, secondochè nelle ordinarie condizioni di carico lo scafo
manifesta una tendenza all'insellatura ovvero all'inarcamento, o ,
anche senza presentare un visibile principio di alcuna di queste
forme di deformazione, si trova più sollecitato nelle condizioni
che tendono a determinare insellatura (per es. sulla gola del- 1
l'onda convenzionale), ovvero in quelle che tendono a determi- 1
nare inarcamento ( per es. sulla cresta dell'onda) .
Affinchè un aumento di bordo libero, ossia una diminuzione
di immersione media, riesca efficace nei riguardi della solleci-
tazione di struttura, occorrerà che essa diminuzione venga rea-
lizzata in modo diverso nei due casi. E cioè, affinchè essa di-
minuzione concorra in un caso ad attenuare la tendenza all'in-
sellatura, bisognerà che essa sia ottenuta mediante l'omissione
di una parte dell'ordinario carico nella parte centrale dello scafo;
affinchè concorra nell'altro caso ad attenuare la tendenza all'i-
narcamento, bisognerà che quella diminuzione di pescare medio
sia ottenuta con l'astenersi dall'imbarcare nelle parti estreme
dello scafo una porzione dell' ordinario carico. Tutto ciò è intui-
tivo, ma la cosa è anche suscettibile di ricevere una veste ana-
"
litica e di essere sottoposta a calcolo.

§ 3. Abbiasi pertanto uno scafo, il quale nelle condizioni


originarie della sua struttura possiede un certo modulo di resi-

stenza e, nelle condizioni normali di carico definite dal gal-

leggiamento corrispondente alla immersione media i di pieno


carico, è sollecitato sulla sezione maestra da un certo momento
flettente M. Chiamata la intensità unitaria della sollecitazione
367 -

del materiale per flessione, sussiste la nota relazione di equi-


librio

I
= M.

Se il modulo di resistenza della sezione trasversale resistente


dello scafo viene a subire, per una ragione qualsiasi, una varia-
I
zione A la sollecitazione del materiale resterà, ciò malgrado,
2 9
immutata quando le azioni flettenti esterne subiscano contem-
poraneamente una variazione AM tale che risulti

I
σ A - ΔΜ
.
2

Combinando le due relazioni semplici ora scritte, noi tro-


viamo la
AM ΔΙΣ
-
M 1/2

che ci servirà come relazione fondamentale in questo studio .


Ora una variazione del normale momento flettente noi la
provochiamo con l'omettere l'imbarco di una certa parte AP del
normale carico e col determinare la corrispondente variazione
Ai della normale immersione media : ne segue che la relazione
fondamentale, ove in essa si esprima AM in funzione di Ai,
fornisce la cercata relazione di corrispondenza fra la occorrente
diminuzione di immersione e la sopravvenuta diminuzione del
grado di robustezza dello scafo.

§ 4. - Per l'applicazione pratica dobbiamo distinguere, come


si è più sopra accennato, due casi e precisamente :
a) Il caso dello scafo che nelle ordinarie condizioni di
pieno carico tende all' insellatura e nel quale la diminuzione Ai
di pescare medio è ottenuta mediante il non imbarco di un
peso AP nella regione centrale dello scafo ; per gli scopi della
presente trattazione diremo mediante il non imbarco di un
- 368 -

peso AP nel centro di galleggiamento ». Considerando che questa


operazione toglie alla carena normale nei dintorni del galleg
giamento di pieno carico uno strato parallelo di grossezza Ai,
si intuisce facilmente come la variazione di momento flettente
provocato da detta operazione sulla sezione trasversale di scafo
passante per il centro di galleggiamento valga

a
AM = AP 12/1 h

dove con 4 indichiamo l'area dell'intero galleggiamento e con


a , h l'area e l'ascissa baricentrica della porzione di galleggia-
mento che giace da una banda, per es . a prua, della suddetta
sezione trasversale. Ma poichè è

AP = ω Α Δί
sarà altresì

h=
a h
\M = ® A si A Ai ah

donde, mediante la relazione fondamentale, otteniamo la

M ΔΙΣ
Ai =
wah 1/2

la quale risolve, per il caso considerato, la questione proposta.

b) Il caso dello scafo che nelle ordinarie condizioni di pieno


carico tende all'inarcamento e nel quale la diminuzione Ai di
pescare medio viene realizzata mediante il non imbarco di un
peso AP suddiviso fra la regione di prua e la regione di poppa ;
per gli scopi di questa trattazione analitica noi, mettendoci
nella più sfavorevole delle ipotesi , diremo « mediante il non im-
barco di un peso ▲P frazionato in due porzioni

1,
AP / AP
L L

rispettivamente sulla perpend. ac. e sulla perpend. add. » essendo


7₁ , l2, le porzioni prodiera e poppiera nelle quali il centro dí
369

l
Caso del' insellatura

- -

- - 12-

↓ Δί

1
L

Caso dell'inarcamento
- 370

galleggiamento divide l'intera lunghezza L del galleggiamento.


Ferme restando le precedenti notazioni, si vede facilmente come
la diminuzione di momento d'inarcamento che è provocata da
detto non imbarco sopra la sezione trasversale di scafo conte-
nente il centro di galleggiamento, vale

AM AP Ն, ― SP 1/4h

ossia

74241 ah ahi
AM = AP - = w Ai A -
L A L AS

ciò che, tenendo conto della fondamentale, dà luogo alla rela-


zione

M ΔΙ
Ai =
A 1:
(1) -
L 1½ 4 — a n'}

la quale risolve in termini generali la questione proposta rela-


tivamente al secondo caso considerato.
Un semplice sguardo alla figura schematica qui allegata, la
quale mette in chiaro il giuoco del mancato peso e delle man-
cate spinte nella porzione prodiera del galleggiamento rispetto
alla sezione per il centro di questo, rende evidenti le deduzioni
ora stabilite.

t $ 5. - Le formole risolventi testè ottenute si possono sem-


plificare sotto varii aspetti, osservando quanto segue :
1. Se si trattasse di un galleggiante a galleggiamento ret
tangolare si avrebbe

1 1 1
a= A = L h L

e conseguentemente

1 A
ah = AL - a h - AL =
8 L 4 4 − . ^ = (4
£ 1 − } ) A L = ! AL
371

donde si vede che, tuttochè algebricamente distinte, le due for-


mole si confondono in un solo risultato numerico tanto per il
caso dell' insellatura quanto per quello dell'inarcamento. Questa
deduzione può, se non con rigore, almeno in via di approssima-
zione, essere estesa ai galleggiamenti di qualsiasi forma ordi-
naria, sostituendo alle formole risolventi per i due casi una for-
mola unica del tipo

I
MA z
=
AM= ponendovi Q
( = 8 ÷ 12
AL Iz
(1)
Q

come valore medio valevole per la generalità dei bastimenti da


carico e da commercio.

2. Il massimo momento flettente, a cui uno scafo può tro-


varsi esposto, si ha l'abitudine di ragguagliarlo al prodotto del
dislocamento D di pieno carico per la lunghezza dello scafo,
mediante una relazione della forma

DL
M=
K

dove è un fattore numerico al quale si attribuiscono media-


mente valori tipici come 2535 per il bastimento sull'onda
convenzionale e valori tipici come 80 120 per il bastimento
in acqua calma .

3.º Quando la diminuzione di robustezza dello scafo deriva


da un generale e uniforme assottigliamento dei suoi elementi di
struttura (come avviene nel caso di vetustà della costruzione) ,
cioè deriva da alterazione delle sole grossezze con conservazione
delle dimensioni verticali e della posizione dei singoli elementi,
allora i moduli di resistenza dello scafo deperito e dello scafo
originario stanno fra loro semplicemente come la sezione resi-
stente residua S - AS sta alla sezione resistente originaria S :

in questo caso, il quale è appunto quello che interessa i Registri


di classificazione, si potrà dunque porre

AI2 AS
=
12 S
372

dove il valore del rapporto è appunto il numero che guida gli


istituti di classificazione nell' abbassamento delle classi .

-
§ 6. Tenuto conto di queste osservazioni, la relazione de-
terminatrice della diminuzione di pescare (o dell'aumento di
bordo libero ) da associare a una certa diminuzione del grado di
robustezza dello scafo, diventa

ᎠᏞ
K AS
Δί
AL S
(1)
Q

e, introducendo successivamente la nozione del volume l' di ca-


rena e del coefficiente di finezza verticale 7 della carena, ambi
rispondenti alle relazioni,

D -= w V V = %. A i

si trasforma nell'altra

Q AS Ai AS
Ai == xi ossia =a
S S

se con designiamo un fattore numerico unico che sostituisce


Q
il complesso 7 di altri fattori. Per la generalità dei bastimenti
Κ
da commercio galleggianti in acqua calma potendosi ritenere
come medii i valori

Q = 8 ÷ 12 K80 120 % = 0,80

segue che si deve assumere il valore

2 = 0,08

come un buon valore medio.


373

§ 7. La nostra indagine ci porterebbe pertanto a conclu-


dere che per gli scafi metallici delle classi ridotte

0,90 A 0,80 A

per le quali è rispettivamente

AS AS
= 0,05 = 0,10
S S

dovrebbe risultare

Si = 0,004 i Ai = 9,008 i

o in altri termini gli scafi di classe abbassata dovrebbero rice-


vere su quelli di classe integra un aumento di bordo libero
eguale a circa tante volte

quattro otto

millimetri quanti metri sono contenuti nella immersione media


del bastimento, secondo che si tratta di abbassamento alla se-
conda o alla terza classe.

§ 8. --- Interessa notare che queste conclusioni trovano una


conferma, quasi rigorosa, nelle norme del regolamento inglese

CLASSE
0,90 A 0,80 A

Ai Ai
L II

i = H- f f = si i

m m m ma ከ TIL
E

514,42 0,72 3,70 0,013 0,0035 0,025 0,0067


61 5,02 0,88 4,14 0,013 0,0031 0,032 0,0077
69 5,62 1,04 4,58 0,019 0,0041 0,038 0,0083
76 6,261,22 5,04 0,019 0,0038 0,045 0,0089
84 7.00 1,46 5,54 0,025 0,0045 0,051 0,0092
92 7,62 1,69 5,93 0,032 0,0054 0,064 0,0108

0,0041 0,0083
374

su bordo libero. Infatti questo, per gli scafi che hanno un coef-
ficiente di finezza ℗ = 0,76 ( il quale può essere considerato
come il valor medio normale della finezza di scafo nei basti-
menti da commercio) stabilisce la corrispondenza che risulta
dall'annessa tabella fra la lunghezza L, l'altezza H di scafo, il
bordo libero normale ƒ per gli scafi di classe intera , la corre-
lativa immersione media di carena i e gli incrementi Af (= Ai)
di bordo libero dovuti agli abbassamenti di classe
Come emerge dalla tabella, i valori medii dei coefficienti di
incremento Ai/i coincidono quasi esattamente coi risultati nu-
merici della nostra indagine.
L'INGEGNERE NAVALE

e l'esercizio industriale della nave

Ing. GASPARE BERNATI

Lo sviluppo cui è andata soggetta l'industria navale e mec-


canica all'estero ed in Italia , e per conseguenza la crescente
importanza del grado dell' Ingegnere Navale e Meccanico sopra
gli altri gradi della Marina Mercantile ;
l'incremento che a questa importanza danno le creazioni
di nuove navi e di nuovi motori e le quotidiane richieste del-
l'opera dell ' Ingegnere Navale in specifiche quistioni riguar-
danti la vita industriale ed economica della nave ;
l'occasione della commemorazione del cinquantenario d'I-
talia in cui tutti i rami dell'attività professionale ed industriale
italiana hanno riassunto il passato per studiare e proporre a
vantaggio del progresso e del miglioramento dell'avvenire ;
mi hanno indotto ad accogliere con slancio e con fede la
opportunità di un 1.º Congresso di Ingegneria navale e mec-
canica in Italia promosso dal nostro Collegio , ed al quale
tutti siamo riconoscenti, per raccogliere nella presente memoria
alcuni dati di fatto che si verificano nei libero esercizio profes-
sionale, e dedurre da essi alcune proposte , allo scopo di maggior
mente consolidare e di disciplinare l'intervento dell' Ingegnere
Navale nelle quistioni tecnico-economiche dell'esercizio indu-
striale di una nave.

Nella vita industriale di una nave, sia essa a vapore od a


vela, in legno od in ferro ed acciaio, esistono delle pratiche di
carattere tecnico -economico, che oltre alla loro importanza in-
trinseca anche a sensi delle disposizioni del vigente codice per
- 376

la Marina Mercantile, delle proposte di modificazioni deliberate


dalla Commissione Reale e del testo di contromodificazioni pro-
posto dal nostro Collegio in sua assemblea generale straordinaria
del giorno 8 Gennaio 1910 , debbono essere rivendicate esclusi
vamente alla competenza dell'Ingegnere Navale e Meccanico.
Un centro di queste pratiche risiede nella assicurazione della
nave e delle cose in essa imbarcate.
Le pratiche stesse si manifestano allorquando la nave, o le
cose caricate, hanno sofferto, per sè sole, anche volontariamente,
per il bene e per la salvezza comune, dei danni, od hanno incon-
trate delle spese.

In entrambi i casi , le quistioni sono composte amichevol-


mente a mezzo di RR. Liquidatori che, in via consultiva, si av-
valgono indifferentemente dell'opera d'Ingegneri , di Capitani o
di Macchinisti . Questi, colla descrizione e valutazione dei danni
e delle necessarie riparazioni per mettere la nave nel pristino
stato di valore ed esercizio, danno i limiti necessari alle riparti-
zioni delle contribuzioni , od alle amichevoli transazioni .
Il fatto che, per studi e per competenza acquistata dalla
pratica professionale ;
chi esamina ed accerta il danno in base ai rapporti dei
capitani o dei macchinisti, è l'ingegnere ;
chi apprezza e chi valuta il danno venale ed il danno eco-
nomico della nave, è l'ingegnere ;
chi formula gli estremi per una transazione o per le ri-
partizioni delle contribuzioni è sempre l'ingegnere ;
dimostrano che all'ingegnere deve darsi il diritto di esclu-
sività per queste pratiche.
In generale la stima di un danno ad uno scafo, attrezzi o
macchina è, pei rapporti di diritto dell'armatore verso il suo
assicuratore, imperniata in una quistione di studio tecnico d'or-
dine superiore a quello di una semplice e normale riparazione.
Infatti questa stima non può essere limitata alla semplice
condizione delle parti danneggiate, ma colla scorta della descri-
zione dei fatti successi dev'essere estesa al modo di riparare
senza per nulla diminuire la forma, la disposizione , la conti-
nuità ed il valore delle parti danneggiate e delle parti che,
377 -

anche non danneggiate, debbano toccarsi ; e ciò per rispetto a


tutti i diritti acquisiti che queste nel loro primitivo stato rap-
presentano per il loro proprietario .
Egli è quindi che, premettendo un voto di fiducia a che que-
sto Congresso si faccia interprete della convenienza che nello
studio e nella costruzione della nave si renda obbligatorio l'in-
tervento di un ingegnere per conto dell ' armatore in contraddi-
torio dell'Ingegnere del costruttore e di quello del Registro di
classificazione.
Colla presente memoria e colla guida della esperienza pro-
fessionale cercherò di far vedere la giustizia che dovrebbe essere
fatta nel riconoscere solo all' Ingegnere Navale la competenza
tecnica di trattare e determinare , nel vantaggio reciproco , gli
interessi tecnici degli armatori e degli assicuratori marittimi nei
molteplici casi di conflitto fra essi per l'applicazione delle norme
generali delle polizze o delle altre disposizioni che disciplinano
queste controversie.
E cercherò pure di richiamar l'attenzione sul fatto che al-
l'Ing. Navale dovrebbe essere riconosciuta la competenza tecnica
per trattare e definire quale solo arbitro amichevole compositore
le quistioni di diritto tecnico economico fra armatore ed assi-
ratore.
E se questo potrà risultar chiaro non dubito che il Congresso
non proponga qualche riforma che per la relativamente facile at-
tuazione pratica e per il suo concetto di utilità allo sviluppo
economico della industria dell'armatore venga adottata con vero
utile alla vita industriale della nave , ed alla professionale del-
l'Ing. Navale e Meccanico.

Allorquando una nave , od il relativo carico , soffrono un


dauno, nel qual caso la fiducia del Registro di Classificazione
cessa, gli accertamenti che occorre si facciano sono :
Il valore dei danni e la loro causa , estensione , forma e di-
sposizione, avuto il debito riguardo :
ad eventuali danni preesistenti ;
a danni per vizio proprio ;
a danni di vetustà o mancanza ;
378

a danni di manutenzione;
e se vi sono state delle operazioni o dei fatti di salvezza
comune occorre si accerti e si valuti , con le distinzioni di cui
precedentemente :
I danni prodottisi nel fatto primo e determinante lo « status
necessitatis » dell'atto della salvezza comune ;
i danni derivati in seguito alla deliberazione della salvezza
comune medesima ;
il valore che, a salvezza compiuta può attribuirsi alla nave.
Non v'ha certamente dubbio che in quanto si riguarda a
danni della nave , degli attrezzi e delle macchine od ausiliari ,
chi debba fare gli accertamenti e le valutazioni sia l'Ingegnere
Navale. La considerazione però che i danni del carico sono di-
pendenti dalla nave e dai suoi danni ed avvenimenti fa dedurre
che anche nei successivi accertamenti da essere fatti dai singoli
periti per le singole merci dovrebbe aver luogo l'intervento
dell'Ingegnere Navale, il quale, avendo studiato il danno prin-
cipale, può alla stregua di esso illuminare il perito della merce
sulla casuale di ciò che di male vi si lamenta.
Così per esempio se il carico di un piroscafo ha sofferto del
bagnamento per acqua di mare in una stiva che ha dovuto a-
prirsi con mare agitato allo scopo di fissare meglio il carico
stesso, non potrà sostenersi che altro bagnamento d'acqua sa-
lata incontrisi o nella stiva adiacente o tanto meno in una
stiva all'altra estremità della nave. E se detto bagnamento
esiste è il tecnico che dovrà dire alla stregua delle condizioni
della manutenzione o degli effetti possibili di manovre , sforzi
od altro sulla nave quale ne è la causa per classificare o respin-
gere, come convenga, quel tal danno che in lire verrà stimato
dallo specialista del carico medesimo.
-
Nell'avaria particolare. Si fissi subito la considerazione
sul fatto che le polizze di sicurtà per corpo , macchine od at-
trezzi di navi in generale stabiliscono delle franchigie e delle
riduzioni dal vecchio al nuovo per la liquidazione dei danni e ,
per esempio, sui corpi e macchine di piroscafi in ferro del va-
lore accertato dei danni sofferti si deducono le seguenti fran-
chigie :
- 379

Per pir.fi da 1 a 5 anni, il 2 % per scafo; il 2 % per macchine


da 6 a 10 anni il 3 % » il 4 %
da 11 a 15 anni il 4 % 1' 8 %
da 16 a 20 anni il 6 % il 12 %
oltre i 20 anni il 10 % il 16 %

Queste sono calcolate sul valore dello scafo o della macchina


convenuto in polizza. Si deducono poi ancora le seguenti ridu-
zioni dal vecchio al nuovo , applicate sull' ammontare comples-
sivo delle spese, comprese quelle per locazione di apparati , gri-
glie , pontoni o bacini come se la riparazione fosse aggiudicata
a cottimo :

Dai 3 ai 5 anni il 5 % per scafo 5 % per macchina


Dai 6 ai 10 anni l' 8% 1000
Da 11 ai 15 anni il 10 % 15 %
Dai 16 a 20 anni il 16 % 20 %
Oltre i 20 anni il 20 % 30 %

Ciò vuol dire per esempio :


1. Uno scafo di 15 anni , e del valore in polizza di 200.000
lire, se avrà un danno valutato per 19.000 lire dovrà essere fal-
cidiato di :
4 % su 200.000 lire 8000 lire per franchigia
10 % su 10.000 lire 1000 lire per riduz . dal vecchio al nuovo
ossia verrà liquidato in lire 1000.
2. Se un apparato motore di 5 anni e del valore accettato
in polizza di L. 250.000 ha sofferto un danno di 15.000 lire
per caso fortuito , all'armatore verranno liquidate lire 9250 per
effetto delle riduzioni di :

Lire 5.000 = 2 % di 250.000 lire per franchigia

« 750 = 5 % di 15.000 lire per riduzione dal vecchio al


nuovo.

Riduzioni dello stesso genere si hanno per i velieri in ferro


e per quelli in legno. Questi numeri dicono chiaramente che :
380

L'armatore di fronte ad un dato danno ha tutto l'interesse


di approfittare di tutte le condizioni tecniche conseguenti dal
danno e dalla relatica svariata forma di ripararlo per elevare il
valore del danno stesso, costringendo l'assicuratore o a pagar più
forte o a transigere per una somma determinata e libera da ogni
riduzione di cui sopra.

E per citare dei casi pratici :


Un piroscafo urta colla prua una banchina e piega o rompe
il dritto.
Questa piegatura potrebbe rettificarsi e la rottura potrebbe
saldarsi col sistema ossi-acetilenico lasciando tecnicamente il tutto
nelle identiche condizioni precedenti. D'altra parte questa ripara-
zione non raggiungendo, probabilmente , la somma delle fran-
chigie e delle riduzioni dal vecchio al nuovo , l'armatore , che
può legalmente pretenderlo, vuole un nuovo dritto portando su-
bito a fortissima la spesa diretta e cagionando una spesa molto
forte e indiretta per la permanenza in bacino e per tutti gli altri
lavori ed operazioni conseguenti .
È certo che l'armatore nel 1. ° caso avrebbe speso di sua
tasca quanto l'assicuratore aveva economizzato per le franchigie
e per le riduzioni dal vecchio al nuovo ; nel 2.º caso avrà speso
la stessa somma, causando un'altra spesa certo non minore alla
sicurtà.
In questo caso però ancora, mentre l'armatore avrà una
perdita di tempo e perciò avrà interesse alla transazione , la
Compagnia assicuratrice spenderà una somma che potrà ridurre
solo con una transazione.
Ed in casi identici si trova la quistione :
1.º per un piroscafo andato ad infrangersi in un pontile,
contro palizzate in ferro o sulla costa e che abbia avuto rotto
il calcagnolo di poppa e varie ossature sotto il tubo dell'elice ;
2.º per ossature rotte che si potrebbero riunire a mezzo di
contropezze;
3. per madieri piegati e che si potrebbero tagliare , spia-
nare e rinforzare con apposite contropezze ;
4, per lamiere deformate che si potrebbero spianare da
posto o in officina ;
381 -

5. per bagli , ossature o lamiere , deformate dal fuoco e


inagrite dall'azione repentina dell'acqua d'estinzione ;
6. per forni deformati e raddrizzabili ;
7.º per parti di macchine consumate o rotte e riparabili a
regola d'arte, come ad esempio nervature di cilindri in seguito
ad eccessivi sforzi di macchina per levarsi da un incaglio ;
8.° per attrezzi danneggiati ma utilizzabili, ecc. ecc .; perchè
al minimo di spesa per il ricondizionamento all'uso secondo le
regole d'arte e l'economia , si contrappone sempre il massimo
che l'armatore ha il diritto di esigere, domandando che sia messa
nelle condizioni di resistenza o di lavorazione iniziali quella
parte ch'è stata danneggiata e sulla quale si reclama l'intervento
dell'assicuratore , sapendo che quest'ultimo ha già dalla sua le
franchigie e le riduzioni dal vecchio al nuovo.
Ora, se si può anche ammettere che le franchigie garanti-
scano all'assicuratore di pagare sempre entro il limite del suo
obbligo, è necessario di tener presente quanto segue per le ri
duzioni dal vecchio al nuovo :
-
1. Esse applicate alle spese dei pontoni, locazione di ap-
parati , bacini , ecc. costituiscono un'ingiustizia a carico del-
l'armatore poichè in nulla s'è arrischiata la nave con queste
spese.
2.º Esse sono ingiuste quando rappresentano una dedu-
zione a parti ricondizionate ma non rinnovate , come possono
essere le lamiere spianate e rimesse in posto, le ossature tagliate
riaddrizzate e riunite con contropezze angolari, i forni rialzati,
aste di stantuffo raddrizzate e non rinnovate, ecc. Tenendo anche
presente che effettivamente una nave dopo una riparazione co-
munemente eseguita non rappresenta più a stretto rigore lo
stesso valore di prima e tanto meno il maggior valore che con
la istituzione delle riduzioni dal vecchio al nuovo si vuole im-
plicitamente aminettere , il tecnico dovrà dire ( salvo ed impre-
giudicato quanto si possa riferire a vizio proprio od a man-
canza di manutenzione):
quali sono e quanto valgono le opere complete a termini
dei diritti delle parti ;
quanto può essere il tempo perduto in entrambi i casi ;
382 I

quali potrebbero essere i termini equi per una transazione.


Cito tre esempi per fissare le idee :
1. - In un incendio e nelle conseguenti operazioni d'estin-
zione l'azione del fuoco e dell'acqua sulle lamiere , sui bagli ,
sulle ossature ecc. infuocate ha determinato un vero e proprio
indebolimento delle condizioni resistenti delle parti perchè le ha
rese agre e meno atte alla riparazione ed il riddrizzamento o
spianamento dei pezzi genera uno spostamento nei fori per le
chiodature perimetrali ed un indebolimento delle chiodature me-
desime.
2. - La macchina di un piroscafo incagliato ha lavorato
per molto tempo a scosse ed a tutto vapore , alternativamente
avanti e indietro per tentare il disincaglio. Nella sua visita si
è trovato che una nervatura interna fra il corpo di un cilindro
e la cassa della valvola rispettiva era rotta.
3.º - L'alberatura d'un veliero fu forzata per sfuggire ad
una tempesta ed un albero di gabbia s'è rotto trasportando in
coperta il sovrastante velaccio. Se in questi tre casi si considera
la differenza del lavoro e della conseguente spesa per ripristi-
nare a rigor di diritto le lamiere , i bagli o le ossature , il ci-
lindro e relative parti ad esso collegate e dipendenti , le mano-
vre fisse e correnti e l'alberatura e velatura con il lavoro eco-
nomico sia per quantità e disposizione di materiali ad impie-
garsi sia per tempo occorrente, si vedrà subito che le operazioni
di cui trattasi sono del tutto proprie e di competenza dell'inge-
gnere navale e meccanico perchè, oltre al concetto economico e
di diritto, entrano nell'ordine di lavori di prima costruzione. E
questo in pratica dovrebbe anche essere richiesto per la man-
canza assoluta d'autorità che esercitano nelle avarie gli Inge-
gneri Ispettori dei Registri di Classificazione.
Essi per non entrare nel campo degli interessi altrui, si met-
tono in disparte, e non intervengono d'autorità a dettare quali
sono i lavori definitivi di ogni singolo caso , avuto riguardo
all'età , al grado di servizio e manutenzione della nave , ed al
valore della nave, lasciando impregiudicata qualunque quistione
d'indennizzo per maggiori opere a cui l'armatore potrebbe avere
diritto. Con questo si dà luogo al fatto che i periti (raramente
- 383 -

soli ingegneri) giudichino e preventivino in ordine a lavori sui


quali gli Ispettori dei registri non hanno detto la loro defini-
tiva esigenza. È quindi logico che i registri di classificazione
dovrebbero trovare di maggior loro fiducia la trattativa e la di-
sposizione delle riparazioni fatta da soli Ingegneri Navali e Mec-
canici ossia da professionisti di pari grado coi loro ispettori. Se
i registri avessero autorità e decidessero prontamente sul da farsi
si otterrebbero i seguenti vantaggi :
1.º per l'armatore, la minor perdita di tempo possibile ;
2. per l'assicuratore, e specialmente se si è in bacino, la
minor spesa di diritti e di giornate d'operai mantenuti a render
poco per l'attesa delle decisioni sul da farsi ;
3. si limiterebbe la quistione tecnico-legale al dippiù della
regola d'arte pura e semplice ed economica fino a quanto tec-
nicamente ed economicamente spetta di diritto all'armatore e
all'assicuratore.
Ora, dato che i Registri di classificazione pur essendo l'espo-
nente unico di garanzia e fiducia reciproca fra nave e relativi
interessati , non esplicano tecnicamente la parte che dovrebbero
esplicare, e dato che praticamente rimettono ad altri la disaminat
dei lavori in rapporto con :
a) le varianti di valore che a seconda delle riparazioni su-
biscono le navi ;
b) le varianti probabili alle parti della nave se riparata
economicamente ;
c) le eventualità di futuri nuovi sinistri ; e dato inoltre
che in Italia quando un capitano od un macchinista vengono
licenziati da una compagnia o messi in pensione dalla R. Marina
per anzianità di servizio, sono ammessi in nome ed omaggio
alla pratica quali periti anche fuori del campo che sempre hanno
esercitato, credo, colla convinzione formatami dal come si sono
svolte le molteplici mansioni affidatemi, che si debba ottenere
per l'interesse e per la rapidità della soluzione come per la uni-
formità di grado tecnico coi periti ispettori del Registro , che le
quistioni di cui precedentemente siano devolute ad uno o più
ingegneri colle mansioni di arbitri amichevoli compositori. Quando
poi le pratiche dovessero correre le vie legali, le varie perizie
- 384 -

tecniche dovrebbero dal Tribunale essere messe esclusivamente


allo studio di ingegneri navali allo scopo di formulare pel giu-
dice una relazione di fatto uniforme e riassuntiva, per la conse-
guente applicazione delle conclusioni di diritto. Ma purtroppo in
generale nei Tribunali ciò che succede con palese e provato sca-
pito della sollecitudine è quanto segue :
La parte o le parti presentano istanza al Presidente del Tri-
bunale per la nomina di perito tecnico per risolvere un deter-
minato quesito consono all'interesse di chi domanda. Il Presi-
dente, se molte volte nomina degli Ingegneri , molte volte nomina
altri professionisti , e sulle relazioni fatte si fondano gli avvocati
per le loro conclusioni al Tribunale. Con esse e coi << docu-
menti » allegati viene emessa una sentenza che il più delle
volte non concilia i vari interessi perchè elaborata su relazioni
tecniche non comprese, per la mancanza di competenza tecnica
da parte di chi giudica ; si protrae lo scioglimento delle contro-
versie per successivi appelli e con altrettante spese, cumuli d'in-
teressi e perdita di tempo che consigliano quasi sempre di´ ad-
divenire in seguito a transazioni alle quali non si era addive-
nuti prima.
Nell' avaria generale. - Allorquando , poi, trattasi di un'a-
varia che per pericolo imminente , per sacrificio deliberato of
per risultato utile ottenuto deve essere classificata come avaria
generale o comune , la quistione tecnica è ancora più complessa
perchè, per quanto ho già detto, devonsi ripartire i danni in :
a) danni dell'avvenimento diretto ;
b) danni delle operazioni di salvezza comune ;
e poi devesi valutare la nave in avaria per poter stabilire
la contribuzione che le spetta nella liquidazione che devesi fare.
Effettivamente, ed a priori, si capisce che per stabilire se vi
era il pericolo imminente e se vi fu il sacrificio deliberato con
un utile comune, od in altri termini, se questo sacrificio e que-
sto utile hanno avuta la loro sede in un vero status necessitatis,
è impossibile di avvalersi d'altro che delle relazioni scritte dai
capitani a giornale nautico e di quelle da essi deposte con giu-
ramento nanti le cancellerie dei Tribunali.
E ciò è ovvio perchè chi naviga è il Capitano . E ciò fa
385 -

parere anche ovvio che dal giudizio su rapporti nautici dei ca-
pitani si debba escludere l' Ingegnere Navale.
Ora senza voler certamente pretendere che l'Ingegnere Na-
vale, per avere quanto il suo grado gli conferisce, voglia esclu-
dere altri professionisti dal diritto di esercitare la loro profes-
sione, considerando che nelle relazioni dei capitani si enume-
rano in generale delle manovre e delle specificate operazioni
uecessarie a determinati scopi, credo che l'interpretazione loro
possa essere di competenza dell' Ingegnere, perchè :
a) Dalle descrizioni delle manovre di tonneggio , rimor-
chio o sciavoga per levarsi da un'incaglio , delle manovre di
pompe o d'allagamento per salvarsi da un incendio, delle ma-
novre di macchina o di vele per sfuggire da un pericolo di tem-
pesta o di fortunale, delle manovre di timone e macchina per
evitare i maggiori danni in un abbordaggio , etc. nulla havvi
di superiore che non entri nello studio e nella pratica dell' in-
gegnere navale ;
b) dalla forma, ubicazione e caratteristiche del danno al fa-
sciame esterno ed all'ossatura della nave incagliata ; dai danni
che si possono riscontrare nelle pompe o nella nave dopo un
incendio ; dal genere di danni che si hanno in una macchina
o meccanismo ausiliario (timone , mulinello , verricelli, etc. ) si
debbono controllare i fatti descritti dal capitano per poter dare
al liquidatore le valutazioni ripartite di ciò che dipese dal caso
fortuito e di ciò che dipese dalla forza maggiore.
Dato quindi che l'interpretazione delle descrizioni dei capi-
tani, agli effetti dello accertamento e stima di danni , sono su-
bordinate ai rilievi tecnici dell' Ingegnere, mi pare ovvio che si
debba dare a quest' Ingegnere il diritto di essere esso l'arbitro
delle operazioni tecniche di perizia, col diritto di associarsi dei
capitani quando si presentino quistioni nautiche esorbitanti la
sua competenza.
Mi riferisco ad un esempio :
Un piroscafo norvegese di 3277 tonn. lorde carica a Mobile
139025 piedi cubi di legname sotto coperta e 57438 piedi cubi
di legname sopra coperta , e, per quanto con permesso del Capitano
di Porto di portare l'immersione a 23 piedi , inizia il viaggio
- 386 -

con 22 piedi e 10 pollici e con uno sbandamento a sinistra


da 7 ad 8 gradi.
I doppi fondi sono vuoti eccetto uno e mezzo . Percorse ap-
pena 35 braccia, il piroscafo resta incagliato e, da 7 od 8 gradi ,
si sbanda fino a 18 gradi. Scaricati circa 80 travi di legno della
copertata, il piroscafo bruscamente si riaddrizza e inclina a dritta.
Per forza d'inerzia va in mare un ' altra porzione di copertata
e, da se, il piroscafo si rialza, ricade a sinistra sbarcando allo
stesso modo altro carico, finchè trovata la sua stabilità di peso
ritorna nella posizione d'equilibrio e galleggiante. In questi
spostamenti di carico s'è rotto l'albero di trinchetto e relative
manovre fisse , si sono danneggiati i bordi etc.
In queste condizioni di cose e con un rapporto del Capitano
che non dice che quanto ho esposto è necessario al liquidatore
per la tutela di tutti gli interessi convergenti sulla nave e sul
carico occorre di accertare bene se per caso il piroscafo non
avesse avuto una copertata troppo grossa e se essa non sia
stata la ragione dell ' investimento , del gettito di legname e dei
fatti conseguenti da esso. Questa indagine non può certamente
essere eseguita che :
a) Coll'esame delle presumibili condizioni di stabilità a
caricazione finita con un peso a sotto coperta , un peso y sopra
coperta e una sola sezione di doppio fondo piena per metà ;
b) Coll'esame della possibilità pel piroscafo di prendere le
varie inclinazioni prese anche nel caso che un corpo morto
ignoto e sporgente sul fondo regolare avesse trattenuta ad un
dato momento la carena ed alla stregua delle varianti avvenute
nel carico di coperta per gli sbarchi succedutisi .
Tutto questo che va studiato a base di problemi di teoria
della nave è certo di competenza dell' Ingegnere navale. Alla
stessa maniera si può analizzare lo studio fatto e da farsi nelle
svariatissime forme di avvenimenti successi , e la conclusione
pratica a cui certamente si arriva sarebbe quella che l'inter-
pretazione dei rapporti nautici dei capitani e dei rapporti dei
macchinisti si deve ritenere di competenza dell'Ingegnere Navale
e Meccanico.
Per quanto riguarda l' accertamento e la valutazione della
- 387

parte di danno del caso fortuito, oltre a doversi ripetere quanto


ho già detto, si deve tener conto ancora di quanto le determi-
nate operazioni di salvezza comune hanno peggiorato il danno
del caso fortuito medesimo. Infatti per una nave incagliata può
aversi bisogno di usare della dinamite per la demolizione di scogli.
Dato che questa produca lacerazioni si dovrà valutare a carico
delle aperazioni di salvataggio e non del danno del caso for-
tuito dell'investimento il maggior danno costituito dalle lacera-
zioni stesse.
Quanto alla valutazione dei danni dipendenti dalle operazioni
di salvezza comune, gli stessi concetti già svolti prevalgono, per-
chè, tanto le condizioni generali della polizza italiana, quanto le
condizioni della regola XIII.ma d'York e Anversa stabiliscono
delle franchigie o delle deduzioni speciali dalle quali l'arma-
tore deve difendersi, come già esposto, ed in forza delle quali
occorre (se non si vogliono creare liti legali) di transigere ami-
chevolmente le relative valutazioni.
Tutto questo essendo solo ed evidentemente tecnico, e di com-
petenza dell'ingegnere, ne viene che la relativa soluzione dovrebbe
spettare esclusivamente a uno o più ingegneri e non a capitani
e macchinisti, o capitani macchinisti ed ingegneri messi in con-
tradditorio. E questo è dimostrato necessario oltrechè da quanto
già detto anche dal fatto che si stabilirebbe uniformità di com-
petenza per le discussioni inevitabili in chi accerta e stima.
Un dato importante nella regolazione dell'avaria comune è
la valutazione della nave. Essa , per polizza, deve comprendere tutti
gli accessori, specialmente vettovaglie per l'equipaggio, anticipa-
zioni per armamento, provvista di carbone ed ogni spesa per la
spedizione. La valutazione poi è rifatta all'atto di un'avaria, te-
nendo conto dei danni sofferti direttamente ed indirettamente fino
all'arrivo nel porto di destino.
A parte che, tenuto conto dei danni, queste due valutazioni
debbono coincidere, ossia la valutazione in avaria deve risultare
quella della polizza ridotta di tutti i valori dei danni sofferti
compreso il valore della spesa per la riclassificazione, (giacchè
i coefficenti principali per stimare il valore d'una nave sono :
la portata in rapporto della stazza e della immersione ;
388

il consumo di carbone in rapporto alla velocità ed alla


portata ;
il grado di fiducia, lo stato generale di conservazione del
materiale, il tipo e finimento della nave d'ogni sua parte ;
il valore del mercato delle costruzioni simili a quella in
esame) ;
credo si debba ammettere senz'altro che essendo questi
dei dati tecnici, non sia il caso di dare ad altri il diritto della
competenza di stima se non all'ingegnere che ha già il privi-
legio di costruirla e che per quanto esposto dovrebbe avere il
privilegio di periziarla e di ripararla . Per le riparazioni aggiun-
gerò che, mentre non si può pretendere la presenza di un inge
gnere per picchettare delle stive, o per verificare e dar tiraggio
alle articolazioni di una macchina, credo fermamente che allorchè
trattasi di grandi riparazioni la presenza dell'ingegnere dovrebbe
essere richiesta e dal registro di classificazione e dall'autorità
marittima che deve permettere alla nave di esercitare i suoi traf-
fici. Infatti, anche in considerazione che in materia di ingegneria
civile un proprietario non può fare opere varianti la struttura di
un edificio se non v'è la garanzia della immediata sorveglianza e
responsabilità di un ingegnere, credo che trattandosi per es. di :
Rinnovazione parziale o riparazioni di parti di doppi fondi
sotto le caldaie, sotto le macchine o nelle stive ;
Riparazioni a nuovo di paratie stagne, di carbonili etc.;
Riparazioni importanti, parziali rinnovazioni di parti prin-
cipali delle macchine o degli ausiliari o delle caldaie ; etc. etc.
dovrebbe essere per legge obbligatorio che un ingegnere all'in-
fuori di quello del Registro e di quello degli stabilimenti di ri-
parazione si assumesse la responsabilità e la direzione dei lavori .
Intanto, mentre si raggiungerebbe maggior garanzia per
la riparazione, si eviterebbe il dualismo seguente nella funzione
del registro :
1. Nel caso dell'accertamento di riparazioni in seguito ad
una determinata avaria l'Ingegnere del Registro si mantiene in
disparte non credendo sia sua mansione d'intervenire nel con-
flitto d'ordine tecnico-economico fra gli interessati ;
2. Nel caso dei lavori di grande manutenzione l'Ingegnere
389 -

del Registro interviene quale arbitro e consiglia all' armatore i


lavori a farsi sbarrando un grande campo d'azione agli Inge-
gneri liberi professionisti ed un importante coefficiente di fiducia
sulla nave per parte degli assicuratori.
Tutto questo non porterebbe incaglio o maggiori oneri all'ar-
matore, anzi la spesa per la retribuzione di Ingegneri che risol-
vano quali arbitri le quistioni tecniche e che assistano colla
loro responsabilità la nave nella grande manutenzione sarà lar-
gamente compensata dai seguenti ed indiscutibili vantaggi :
a) la più pronta messa in linea della nave ;
b) un equo e liquido compenso pel sacrificio che l'armatore
avrà fatto dei suoi maggiori diritti a scapito del valore della
nave e degli imprevisti;
c) la più sollecita , chiara e sicura valutazione e riparti
zione dei danni pel liquidatore ;
d) la facilità ad ottenere minori premi per la sicurtà della
nave.
La stessa soluzione favorirà gli assicuratori e quindi li com-
penserà delle retribuzioni pel loro arbitro, perchè :
a) avranno speso meno ;
b) non saranno caduti nell' incognita importantissima di
lavori extra per imprevisti ed imprevedibili all'atto delle perizie;
c) nelle contribuzioni di avarie generali avranno maggior
semplicità e chiarezza pei valori contribuenti.

Per la grande riparazione della nave basterebbe che il Re-


gistro fosse ridotto ad un ufficio tecnico di controllo e di alta
direzione senza pretese di gravi diritti di classificazione ed alla
dipendenza delle capitanerie di porto nelle quali non resterebbe
che da riunire l'ufficio periti in un unico ufficio denominato
per esempio Ufficio Registro di Classificazione. Oltre a tutti i
vantaggi precedenti si avrebbe anche quello che tutte indistin-
tamente le navi avrebbero un grado riconosciuto di manuten-
zione e di fiducia.
Quanto all'intervento dell' ingegnere navale nella stima dei
danni alle merci imbarcate su una nave che ha subito un' a-
390

varia, esso mi pare utile, non solo per quanto ho detto inciden-
talmente, ma anche perchè:
Non è la nave, in generale , che segue le sorti del carico ,
ma è questo che segue le sorti di quella ; e so quella ha sof-
ferto, per esempio, un incendio nel gavone di prua ch'è stato
allagato senza che la paratia di collisione perda una goccia
d'acqua e senza che la coperta abbia dei danni o delle man-
canze di manutenzione, e senza che i boccaporti e gli ombrinali
abbiano avute aperture o danni, non si potrà ammettere che il
grano caricato nelle stive abbia sofferto per bagnamento d'acqua
di mare. L'ingegnere navale colla sua pratica ed autorità pro-
fessionale dirà se per salvare la nave si è danneggiato il grano
ed in qualunque altro caso salverà al carico il pericolo di una
errata contribuzione e salverà alla nave una errata contribuzione
al danno del carico che può anche essere stato imbarcato ava-
riato.
Se in un piroscafo si ha avuto incendio di carbone nelle
carbonaie e da queste il fuoco si è propagato alle stive e corridoi
di prua contenenti copra, e per lo spegnimento s'è dovuto al-
lagare la nave ed affondarla in un conveniente bassofondo, non
si potrà dire che il carico di poppa ha sofferto per il fuoco. Sarà
solo l'Ingegnere che saprà dire fin dove il fuoco ha avuto ef
fetto e quindi sarà solo l'Ingegnere che sarà competente a deli-
mitare il danno del caso fortuito (fuoco ) da quello di salvezza
comune (acqua) e infatti , la visita alla vera estensione del
danno del fuoco ed alle condizioni di manutenzione della nave,
nei rapporti specialmente alla possibilità pel fumo e pei vapori
della copra di passare dalle stive di prua a quelle di poppa ,
potrà far variare i termini delle perizie fatte dagli esperti delle
varie classi di carico ossia potrà far variare i termini per le
contribuzioni d'avaria.
Ritenuto quindi : 1. ° che la nave , ed i suoi adattamenti
nel rapporto col danno principale e col danno derivato o di sal-
vezza comune : 2.º che la nave nel rapporto del suo stato, della
sua età e della sua manutenzione coi singoli danni alle merci
(salvo quanto le merci possono aver subito prima dell'imbarco)
rappresenta la priorità sulla causa del danno, è logico e giusto
- 391 -

che chi perizia il danno e lo stato generale della nave sovrain-


tenda, nell' interesse generale, anche alla constatazione, almeno,
delle cause dei danni delle merci imbarcate .
Tutto questo quando si considerino le vie amichevoli in uso
per il componimento delle avarie. Se è poi il caso che si vada
davanti ai Tribunali , allora dovrebbe essere ancor più necessaria
la cooperazione degli ingegneri navali, poichè :
Se, su richiesta delle parti essi intervengono (notisi bene che
nella maggior parte dei casi i Tribunali nominano per periti
dei Capitani, dei macchinisti o dei semplici costruttori navali e
che nonostante tutti gli sforzi del nostro Collegio non s'e potuto
ottenere il dovuto riordinamento degli albi degli Ingegneri pe-
riti con la depurazione dei nomi di persone che non sono Inge-
gneri Navali e che continuano a spacciarsi per tati), le loro re-
lazioni in mezzo alle conclusioni avverse e di diritto dei legali
non sono comprese dai giudici e si hanno delle sentenze che
danno luogo ad appelli e controversie giuridiche che, a parte
il fatto di provocare spese non indifferenti, danno luogo a for-
tissime perdite di tempo ed a complicazioni d'interessi. Tutte
queste lungaggini e spese potrebbero essere completamente evi-
tate se in via consultiva un Ingegnere Navale e Meccanico fosse
destinato col giudice relatore allo studio delle relazioni tecniche
delle parti in causa per chiarire e trattare le cause e gli effetti
pei quali il giudice deve sentenziare.
Molto lavoro e molta perdita di tempo, e quindi molto van-
taggio, si arrecherebbe così alle parti allorquando , anzichè alle
vie dirette ed immediate della conciliazione , si preferissero le
vie legali.
Un piroscafo viene investito da un altro sulla bocca del porto.
Si procede da ambe le parti a perizie tecniche e nautiche , en-
trambe corredate da fotografie e disegni . Sulle ragioni di cia-
scuna parte si presentano e si sostengono delle conclusioni di di-
ritto. Una sentenza è emessa che dimostra come non si siano esa-
minate le fotografie, nè si sieno intese le opposte relazioni tecniche.
Si appella, si fanno altre relazioni impugnanti le false e con-
traddittorie disposizioni tecniche della sentenza e tuttavia da un
anno non si è potuto, per ragioni varie, andare nanti la Corte
392

d'Appello con pregiudizio grave. Certo è che se la sentenza


fosse stata basata su delle conclusioni tecniche rilevate dall'e-
same scrupoloso delle perizie fatte per ordine del Tribunale da
ciascuna delle parti , la sentenza avrebbe avuto maggior auto-
rità e se anche non avèsse risolto senza creare appello , questo
avrebbe potuto richiedere meno lavoro preparatorio e quindi
minore quantità di tempo alla discussione della nuova causa.
Concludendo : vista l'importanza del lavoro tecnico da ese-
guirsi nel caso che una nave soffra danni per sè o per la sal-
vezza delle cose in essa imbarcate :
considerata l'importanza tecnica che assumono le grandi
riparazioni d'avaria e di manutenzione delle navi ;
considerata l'astensione dei Registri a dettare le riparazioni
pel mantenimento della classe d'una nave avariata, finchè non sieno
pacificate le quistioni controverse economiche sui danni ; consi-
derato l'intervento dei periti del registro quali altrettanti liberi
professionisti consulenti nel caso delle grandi riparazioni a scafi
e macchine ;
considerata la mancanza di direttiva o autorità tecnica
nella costituzione dei Tribunali per quistioni tecnico- navali ;
considerata la disciplina che governa il funzionamento
professionale delle altre categorie di ingegneri ;
considerato che l'economia e le rapidità da ottenersi nel
disbrigo delle quistioni tecnico-legali riguardanti le navi appor-
terebbe un notevolissimo vantaggio agli armatori ed agli assi-
curatori ed in generale al benessere della marina ;
io propongo a questo onorevole Congresso che si voti :
1. Il Registro di classificazione sia fuso con tutti gli altri
uffici della marina mercantile e presso tutte le capitanerie di
porto sia istituito un ufficio « Registro di classificazione » nel
quale solo degli Ingegneri Navali e Meccanici controllino, alla
stregua di norme fisse e delle buone regole d'arte, le costruzioni ,
la grande riparazione e la manutenzione delle navi.
2.º I progetti, le modificazioni e le grandi riparazioni delle
navi sieno esclusive per gli Ingegneri liberi professionisti che
colla loro firma ed in forza di regolare patente del R. Governo,
- 393 ---

devono assumere la responsabilità del loro operato, tale e quale


come tutti gli altri ingegneri .
3. Nelle controversie fra armatori ed assicuratori sieno rico-
nosciuti gli Ingegneri Navali e Meccanici quali esclusivi compe-
tenti per le trattative e conclusioni amichevoli delle avarie par-
ticolari e dei danni a nave ed attrezzi nelle avarie generali, re-
stando essi Ingegneri anche i direttori delle operazioni di perizia
dei carichi.
4. Per le controversie tecniche dinnanzi ai tribunali, previa
regolarizzazione degli Albi degli Ingegneri Navali, sia chiamato
a turno un Ingegnere Navale e Meccanico per coadiuvare i giu-
dici in quanto riguarda lo studio complessivo e risultante delle
relazioni tecniche presentate dai periti nominati su richiesta delle
parti.
Quale completamento, certamente utile per tutti, dal lato
pratico ed economico, della prima di queste proposte ritengo, che
si dovrebbero unificare tutti i Registri di Classificazione esistenti
stabilendo regole uniche che, come quella della stazza, si do-
vrebbero far osservare dall' apposito ufficio dianzi proposto presso
le Capitanerie di Porto.
E perciò propongo (e faccio voti che l'attuale congresso dia
incarico al Collegio degli Ingegneri Navali e Meccanici per le
opportune pratiche) che si promuova una conferenza internazio-
nale fra tutti i Registri di classificazione per addivenire alla
formazione d'un Registro di classificazione unico con regole
uniche e determinate da verificarsi e modificarsi a periodi fissi
ed in conferenze tecniche fra appositi Ingegneri delegati dai
rispettivi Ministeri della Marina e da funzionare come funziona
l'istituto della stazza presso gli uffici delle singole autorità ma-
rittime.
Le riparazioni navali

e gli apparecchi ossi - acetilenici

Ing. GIUSEPPE LOJACONO , Direttore della Società 66 Thermos ,,


italiana.

Sono noti ormai i varii processi di saldatura autogena e il


funzionamento degli apparecchi impiegati.
È anche noto che gli apparecchi ossi -acetilenici e le salda-
ture autogene con essi ottenute superano , sia economicamente,
sia per bontà di risultati tecnici, tutti gli altri apparecchi costrutti
e tutti i successi ottenuti con l'applicazione degli altri metodi .
Perciò non accennerò nè alla costruzione, nè all'impiego degli
apparecchi ossidrici, così come non parlerò delle saldature elet-
triche, di quelle ottenute con l'alluminotermia e dell' applica-
cazione degli apparecchi al gas d'acqua.
Della speciale costruzione degli apparecchi ossi acetilenici e
della grande varietà di tipi finora lanciati in commercio molto
è stato detto e scritto in conferenze e su autorevolissime riviste.
La « Revue de la Soudure Autogène » , che da tre anni si
! pubblica a Parigi e che è diretta da competentissimi acetilenisti
e dai più noti in materia di saldature autogene ossi - acetileniche
ha poi esposto mano a mano e nel modo il più completo sia
la costruzione dei vari tipi , notificandone volta per volta i pregi
speciali o i difetti, sia gli svariatissimi possibili impieghi di
essi ei risultati ottenuti.
La stessa Rivista ha anche pubblicato importantissimi arti-
coli in merito alle norme di sicurezza da seguire negli impianti
ossi-acetilenici e ai metodi più razionali per l'istruzione degli
operai.
Ha inoltre riportato degli studi assai pregevoli ed esaurienti
sull'impiego delle materie prime, sui risultati di prove eseguite
- 395

su barrette costituite di parti saldate, e su analisi micrografiche


fatte sul metallo che si ottiene colla saldatura.
Molto si è pure detto e scritto sull'impiego delle saldature
nelle nuove costruzioni e attualmente all' Esposizione di Torino
si possono ammirare degli importanti lavori , dei recipienti di
dimensioni è forme svariatissime costituiti completamente di
parti saldate con gli apparecchi ossi- acetilenici.
Pertanto io mi limiterò a trattare solo l'impiego di questi
apparecchi nelle riparazioni navali, ad esporre i criteri ed i prin-
cipii a cui più specialmente si devono i brillanti successi otte-
nuti ed infine ad illustrare alcune fra le più importanti ripa-
razioni eseguite a caldaie e a parti vitali di scafi.

Demolizioni rapide.

Un bastimento che abbia investito in bassi fondi o abbia


avuto collisione con altro, secondo l'entità e la specie dell'urto
avrà subito delle avarie più o meno gravi allo scafo : in genere
tali avarie interessano la carena e quindi per la riparazione è
necessaria l'immissione del bastimento in bacino.
In tal caso la durata della riparazione diventa un fattore
importantissimo giacchè la permanenza in bacino è assai co-
stosa, si escogitano quindi tutti i mezzi atti a sollecitare il la-
voro pur garantendone il risultato.
S'inizia la riparazione col rimuovere tutte le parti avariate
e cioè lamiere lacerate e contorte, ordinate e madieri deformati
o lesionati ecc.; ebbene con l'impiego degli apparecchi ossi-ace-
tilenici si possono schiodare in tempo brevissimo lamiere di fa-
sciame, madieri , ordinate : si possono abbattere con grande fa-
cilità le parti aggrovigliate dall'urto praticando opportuni tagli
con gli apparecchi adatti.
Acceso un ordinario chalumeau si punta il dardo della fiamma
sulla testa del chiodo e dopo pochi istanti , quando la testa è
già incandescente, si spegne lasciando però aperto il getto del-
l'ossigeno si sa che un pezzo di ferro rovente investito da una
corrente di ossigeno brucia facilmente. così la testa del chiodo,
prima esa incandescente, sotto l'azione dell' essigeno si brucia
396 ---

in pochi secondi e il metallo che la costituisce cola sotto forma


di scorie.
Con tale sistema un operaio può bruciare in media 500 teste
di chiodi in 10 ore. L'espulsione dei gambi dai fori delle lamiere
si effettua poi con un ordinario punzone urtato a colpi di mazza.
In una recente importantissima riparazione eseguita a Ge-
nova alla carena di un grande piroscafo si bruciarono 26.300
chiodi delle cuciture delle lamiere di fasciame, di quelle d'at-
tacco dei madieri alle ordinate e alle intercostali in soli 4 giorni
e adoperando solo 8 fiamme.
Si costituirono due squadre di operai, ciascuna composta di
bruciatori, 4 aiuti e due gazometristi, delle quali una lavorava
di giorno, l'altra di notte.
Il consumo di ossigeno per 100 chiodi rimossi risultò di litri 3.500
» carburo di calcio » » kg. 6.000
per modo che, dato il costo attuale di tali materie ed il prezzo
della mano d'opera , tenuto conto anche che il lavoro notturno
è retribuito agli operai , nel porto di Genova, con una mercede
doppia di quella ordinaria , la bruciatura di 100 chiodi costò
L.it. 21.
Si può subito notare che il costo della bruciatura di un
chiodo è notevolmente superiore alla spesa occorrente per la ri-
mozione ottenuta col sistema ordinario ed è anche un po ' più
forte di quella necessaria per la trapanatura elettrica o pneu-
matica, ma se si tien conto della grande differenza di tempo
impiegato, che si risolve infine in rilevante vantaggio economico
e se si pensa che non tutti , anzi gran parte, degli stabilimenti
di riparazione sono sprovvisti degli impianti necessari per la
trapanatura elettrica o pneumatica mentre con pochissima spesa,
in breve tempo ed in ogni luogo, si può completare un potente
impianto ossi-acetilenico, allora la superiorità di questo nuovo
sistema si mostra evidentissima.
Del resto poi il fatto che oggi esso è il mezzo quasi gene-
ralmente adottato , sia in Genova che in altri porti , prova la
sua convenienza.
Nello schizzo schematico della fig. 1 è segnato l'impianto
eseguito per la riparazione sopra accennata.
397
- -

a.
200
100

G.
%
| ស

a.

Fig . 1 .
398

Appena il bastimento fu chiuso in bacino s'iniziò l'impianto


che completato durante il prosciugamento permise di comin-
ciare la bruciatura dei chiodi appena il bastimento fu a secco
cioè 3 ore e mezza dopo l'entrata.
In Ge G sono rappresentati i gazogeni che, posti a metà
lunghezza del bacino, alimentavano una conduttura principale
a , a dalla quale partivano delle diramazioni b , b che si pie-
gavano sull'orlo del bacino e ne giungevano fino alla platea.

FEM

2
b.

a.
2

Б.

Fig. 2.
Ogni diramazione era biforcata all'estremità per modo da
poter alimentare due fiamme ed i termini delle forcine erano a
loro volta munite di rubinetti.
Il lavoro si iniziò da prua con tutte le otto fiamme le quali
si spostavano verso poppa, mano mano che si compieva la bru-
ciatura dei chiodi, attaccandosi volta a volta alle diramazioni
adiacenti poppiere , cioè senza la necessità di modificare l'im-
pianto.
- 399 —

Le bottiglie cariche di ossigeno venivano trasportate presso


i bruciatori dai propri aiuti i quali erano incaricati anche di
regolare le valvole di riduzione applicate sulle bottiglie stesse e
sorvegliare il buon funzionamento delle valvole idrauliche di
sicurezza che sono collegate con i rubinetti delle forcine.
In molti altri casi, quando l'avaria era limitata a prua l'im-
pianto si è fatto come è accennato nella fig. 2.
Le condutture principali e le diramazioni si compongono
con tubi in ferro collegati fra loro con raccordi a vite guarniti
di canapa.

Fig. 3. Demolizione delle parti avariate della carena del P.fo « Jupiter »
eseguita dalla Società « Thermos » in Palermo .

Ogni chalumeau è unito invece alla bottiglia d'ossigeno ed


alla valvola idraulica di sicurezza mediante tubi di gomma
lunghi ciascuno circa 10 metri.
Spesse volte quando l'avaria subita dal bastimento si limita
a parti non interessanti la carena , la riparazione si eseguisce
tenendolo galleggiante e allora l' impianto per la demolizione
rapida delle parti avariate si stabilisce sul bordo stesso.
Piccoli speciali gazogeni si prestano benissimo allo scopo
giacchè mentre sono facilmente trasportabili si possono posare
con poco ingombro , e senza alcun pericolo , in un punto qua-
- 400

lunque della coperta ; intanto possono alimentare ognuno 5


fiamme.
Importanti demolizioni eseguite con gli apparecchi ossi - ace-
tilenici sono rappresentati nelle fig. 3, 4, 5 e 6.

720320

Fig. 4. Prua del P.fo « Manoussis » . Demolizione eseguita dalla Società


<< Thermos » in Genova,

Come il bruciamento dei chiodi è anche , anzi più , conve-


niente il taglio rapido delle lamiere perchè oltre al vantaggio
della grande brevità del tempo si ottiene anche una ragguar-
devole diminuzione nel costo rispetto agli altri sistemi.
— 401 —

Così si tagliano le ordinate contorte, le lamiere madiere ac-


cartocciate ecc.

Un esempio che mostra evidentemente la superiorità nelle


riparazioni navali del taglio ossi- acetilenico rispetto ad ogni
altro sistema è illustrato dalla fig. 7.

Fig. 5. - Il P.fo « Therapia » in bacino. La demolizione della prua ava-


riata fu eseguita dalla Società « Thermos » in Genova.
Un transatlantico in una collisione avuta con altro piroscafo
aveva subito una rilevante avaria alla prua. Il piroscafo era
quasi al termine del suo viaggio e pochissimi giorni lo separa-
vano dal suo porto d'armamento. Tanti interessi consigliavano
— 402 —

quindi gli armatori a riparare solo provvisoriamente il basti-


mento nel porto dove era avvenuto l'urto.
Ma per tale riparazione s' imponeva assolutamente la rimo-
zione del pezzo avariato di prua e adottando i sistemi ordinari
si prevedeva che sarebbero occorsi almeno 3 giorni.

Fig. 6. · Piroscafo « Srgj ». Demolizione eseguita in Genova dalla Società


<< Thermos ».

Si propose il taglio ossi - acetilenico e , adoperando 2 soli ap-


parecchi da taglio, e tagliando trincarini , cantoniere , gole , la
miere di fasciame e ruota di prua, si staccò completamente la
prora sospendendola poi tutta al gancio di un pontone in sole
7 ore.
-- 403 —

Si noti che in detto tempo è compreso anche quello impie-


gato per preparare l'impianto .
Nell'operazione s'impiegarono due operai, due aiuti ed un
gazometrista.

Fig. 7. P.fo « Oranije ». La prua fu tagliata in sette ore e poi in un ol


blocco rimossa da apposito pontone.

L'uso di potenti chalumeaux è anche efficacissimo per otte


nere il raddrizzamento a posto di parti di scafo deformate, così
con l'impiego di due soli di essi in pochissimi minuti si può
arroventare fortemente e fin presso al color bianco una Zona

contorta di un dritto di prua, o di lamiera, o di ordinata e pro-


― 404 -

cedere quindi al raddrizzamento. Prima, ed anche tutt' ora, ta-


luni stabilimenti adoperavano le lanterne a benzina, ma quanto
tempo occorre per arrossare appena le lamiere pur impiegando
delle lanterne potentissime.

Gli apparecchi ossi -ecetilenici sono anche adoperati per la


demolizione delle navi radiate, ma con minore larghezza giacchè
in tal caso il fattore tempo essendo d'importanza minima cade
la convenienza economica.
In questo genere di demolizioni si usano quasi esclusiva-
mente gli apparecchi da taglio.
Un esempio di demolizione rapida si ha in un lavoro ese-
guito due anni or sono a Livorno.
Ad un piroscafo postale italiano si volevano sostituire alle
due vecchie caldaie cilindriche, bifronti ad 8 forni di cui era
provvisto, delle caldaie a tubi d'acqua tipo Babcok e Wilcocx,
ma quantunque il cofano del locale delle caldaie fosse di dimen-
sioni rilevanti pure non era possibile la rimozione di esse senza
prima abbattere gran parte della soprastruttura e del ponte di
coperta.
Si pensò allora di tagliare le caldaie, ciascuna in quattro
parti che si potessero agevolmente sollevare e senza ostacoli
uscirle dal cofano. Vi lavorarono per 6 giorni due soli operai,
2 aiuti ed un gazometrista.
L'impiego degli apparecchi ossi -acetilenici s'è mostrato anche
prezioso nella demolizione e rimozione di parti di caldaie dete-
riorate dall'uso. Il cambio dei forni, per esempio, si può ese-
guire con notevole rapidità, come in brevissimo tempo si pos
sono asportare parti importanti costituenti le casse-fuoco.
Recentemente alla caldaia di un grande piroscafo si cambia-
rono 8 forni : i vecchi furono rimossi in due giorni soli impie-
gando 4 operai, 2 aiuti ed un gazometrista. L'operazione venne
iniziata col bruciamento di tutti i chiodi d'attacco dei forni ai
frontali ed alle casse a fuoco, poi con tre tagli longitudinali si
divise ciascun forno in tre parti facilmente spostabili.
Occorre anche spesso, nelle riparazioni delle caldaie, cambiare
i tirantini di rinforzo degli schienali e dei fianchetti di casse a
- 405 -

fuoco. Ordinariamente si svitano i dadi, si taglia poi la parte


sporgente dei tiranti ed infine si trapana quella che è avvitata
nelle lamiere ; queste operazioni richiedono però un tempo no-
tevole ed in molti casi, data l'ubicazione delle caldaie, non è
nemmeno possibile adattare i trapani per forare le teste che
sono avvitate nei fondi o nelle lamiere di involucro .
Avvalendosi invece degli apparecchi ossi -acetilenici basta una
squadra composta di un operaio, un aiuto ed un gazometrista
per rimuovere da 30 a 40 tirantini in 10 ore, che se poi i ti-
ranti fossero sprovvisti di dado e semplicemente avvitati nelle
lamiere e poi ribaditi se ne potrebbero togliere , nello stesso
tempo, anche 45 o 55 a seconda della posizione.
E non è a temersi che i filetti dei fori delle lamiere pos-
sano essere intaccati , perchè un abile operatore brucia le teste
del tirante lasciando intatta presso la filettatura circa un milli-
metro di metallo che poi si leva facilmente con l'aiuto di un'un -
ghietta.
Per lavori di demolizione di lieve entità e urgenti si può
anche fare a meno d'impiantare i gazogeni e le varie condut-
ture dell'acetilene, perchè in tal caso si può vantaggiosamente
adoperare l'acetilene disciolto in acetone. Così con due bottiglie,
una carica di ossigeno l'altra di acetilene disciolto, e impiegando
due soli uomini si può soddisfare ogni richiesta per urgente
che sia.

La saldatura nelle riparazioni delle caldaie marine.

Per tutte le caldaie l'impiego della saldatura autogena pre-


senta due vantaggi di notevole importanza. In primo luogo
esso permette di restaurare le parti deteriorate senza dover ri-
correre alle solite pezze sovrapposte e a chiodi che presentano
il grave inconveniente di avere una difettosa tenuta specie nei
forni e nelle camere di combustione di caldaie che lavorano a
tirare forzato : per quanto accurata sia l'applicazione di queste
pezze esse finiscono quasi sempre col permettere delle fughe tal-
volta violente per cui si presenta la necessità di nuove ripara-
zioni.
- 406

In secondo luogo la saldatura permette delle riparazioni non


effettuabili con gli ordinari sistemi e così evita il ricambio di
parti importanti di caldaie, particolarmente i forni , ed in molti
casi il cambio stesso delle caldaie complete.
Le corrosioni e le lesioni che sovente si manifestano su certe
parti dei forni, quando sono estese su vaste zone, rendono spesso
il loro ricambio necessario, così questo ricambio s'impone quando,
in seguito a fughe, i lembi sono talmente deteriorati da non
permettere più alcun lavoro che ne assicuri la resistenza e spe-
cialmente la tenuta stagna.
Quando i fori per i tubi di una piastra tubiera sono forte-
mente logorati dalle continue fughe nessuna riparazione è pos-
sibile adattandosi ai mezzi soliti , e siccome il cambio di una
piastra tubiera obbliga ad una parziale demolizione della cal-
daia si preferisce in generale cambiare adirittura questa.
Avvalendosi della saldatura autogena, invece, con spesa mi-
nima ed in pochissimo tempo si può riparare ogni avaria di tal
genere.
Per le caldaie marine poi la saldatura autogena presenta un
interesse particolare che risulta evidente da tante considerazioni .
La fermata in porto di un piroscafo rappresenta sempre per
l'armatore una perdita giornaliera elevata giacchè oltre a tutte
le spese da sostenersi per il personale, le assicurazioni, ecc. , c'è
l'inutilizzazione di un capitale importante. La riparazione ese-
guita con la saldatura che è già, e in generale, più economica
di tutti gli altri sistemi permette, grazie alla sua rapidità d'e-
secuzione, di ridurre la permanenza in porto del piroscafo, e
non solo di qualche giorno ma spesse volte di parecchie setti-
mane.
La rapidità d'esecuzione della saldatura autogena permette
anche di profittare delle fermate le più brevi di una nave nel
porto per completare le riparazioni , mentre prima si era costretti
a rinviare costantemente queste riparazioni per non
alle esigenze dei servizii , e ne risultavano dei deterioramenti
sempre più gravi e più rapidi delle caldaie.
L'impiego giudizioso e frequente della saldatura può permet-
tere quindi di mantenere costantemente le caldaie in buono
407 -

stato giacchè basta che il piroscafo si fermi solo un giorno o


due nel porto perchè si possa procedere a lavori di relativa im-
portanza.
Il cambio delle caldaie a bordo di un piroscafo importa una
spesa considerevolissima data la necessità di demolire e poi ri-
costrurre tutte le parti soprastanti al locale delle caldaie ; e so-
vente questo cambio è dovuto non al fatto che le caldaie sono
totalmente inservibili , ma ad avarie localizzate a certe parti come
le piastre tubiere, parti d'involucro o di frontali , che possono
essere guaste in seguito a spaccature o a forti ed estese corro-
sioni, mentre tutte le altre parti delle caldaie sono ancora in
buono stato.
In simili casi la saldatura autogena permetterà di evitare
questa operazione tanto costosa o tutt'al più la ritarderà di pa-
recchi anni.
Questo fatto è poi particolarmente interessante quando s
tratta di un bastimento vecchio ; infatti lo scafo di un basti-
mento e le sue caldaie non si deteriorano mai corrispondente-
mente per modo che si rendano condannabili simultaneamente ;
prima dell'impiego della saldatura gli armatori si trovavano
quindi spesso nella condizione seguente : Essi avevano un ba-
stimento di cui lo scafo, ancora in assai buono stato, poteva
mediante qualche riparazione poco costosa fare ancora 4 o 5
anni di servizio, mentre le caldaie dovevano essere rimpiazzate ;
essi si trovavano dunque di fronte o alla condanna prematura
del piroscafo o ad una forte spesa per fornirlo di nuove caldaie
che poi erano evidentemente mal utilizzate poichè non dovevano
servire che per un periodo breve.
La saldatura sopprime queste difficoltà ; essa permette infatti,
e quasi sempre, mediante una riparazione generale d'un costo
moderato di prolungare di parecchi anni la vita delle caldaie e
di mantenerle in servizio fino alla condanna definitiva del piro-
scafo.
Ma le questioni di sicurezza hanno tale un'importanza quando
si tratta di caldaie che moltissimi, finora, hanno sempre rite-
nuto imprudente utilizzare la saldatura autogena per le loro ri-
parazioni, specialmente poi quando si trattava di saldarvi dei
- 408 -

pezzi di grandi dimensioni . D'altronde questa diffidenza era mo-


tivata perchè sovente delle saldature eseguite da operai inesperti,
e non confortati dalla direzione di tecnici competenti, si rup-
pero bruscamente in tutta la loro lunghezza, e questi accidenti
sono oggi ancora frequenti in quei paesi, fortunatamente pochi,
in cui le autorità non esigono che le saldature siano affidate
solo a Ditte di provata capacità.
Adoperando la saldatura autogena bisogna preoccuparsi sem-
pre delle contrazioni e quindi delle tensioni che si manifestano
nel raffreddamento delle saldature e si può affermare che il
buon risultato di ogni lavoro è dovuto quasi totalmente all'a-
verle sapute evitare.
Il sig. Prof. Le Chatelier in una sua pregevolissima memoria
dice :
<«< Ciò che rende particolarmente delicata la saldatura sulle
<«< caldaie è il fatto che si opera su parti che sono pressochè ri-
« gide e mal si prestano agli effetti della contrazione ; se per
<< esempio si salda un pezzo in un forno che è chiodato da una
parte al frontale e dall'altra sulla cassa a fuoco, quando la
« saldatura è finita e si raffredda si produce una contrazione
<< considerevole caratterizzata dal fatto che se la saldatura si
<< rompesse la lesione prodottasi avrebbe un'apertura di 2 a 3 m /m.
<< Perchè la saldatura possa resistere a questa contrazione
<< bisogna quindi che essa traversi completamente lo spessore
<< della lamiera senza che rimanga alcun cenno di fonditura
<
«< eppoi che il metallo impiegato sia di eccellente qualità e con-
« servi una malleabilità sufficiente alle diverse temperature che
<< traverserà successivamente . Si può intanto domandarsi se le
<< tensioni che sussistono nella saldatura dopo il raffreddamento
<< non costituiscono un pericolo ed una causa di debolezza : il
<< fatto che le saldature fanno prova di una buona tenuta in
<< servizio sembra indicare che queste tensioni non sono affatto
<< nocive e ci si può però render conto ; infatti quando la cal-

< daia sarà accesa, le dilatazioni che si produrranno avranno
<< per effetto di attenuare e anche di annullare queste tensioni
<< che sussistono nelle saldature, e si può ammettere con vero-
<< simiglianza che, quando la caldaia sarà ulteriormente raffred
- 409 -

<< data, queste tensioni, in seguito allo stato di equilibrio che


<< si sarà stabilito a caldo, non riprenderanno più l'importanza
<
«< che avevano al principio subito dopo aver completata la sal-
<< datura ; è anche probabile che dopo parecchie accensioni e
<< spegnimenti successivi non vi sussisterà più niente e che la
« saldatura si troverà da questo punto di vista , nelle stesse con-
<< dizioni che il metallo della lamiera » .
La teoria esposta dal prof. Le Chatelier fu molto discussa e
il sig. J. Reischle pubblicò in proposito nel 1908 un lungo ar-
ticolo sulla « Zeitschrift des Bayerischen Revisions-Vereins » .
In ogni modo si può subito obbiettare che se è ancora pos-
sibile ammettere tale teoria per le saldature eseguite nei forni
o in altre parti che dilatandosi attenuino l'effetto delle tensioni
fin quasi ad annullarle non si potrà mai adottarle per le salda-
ture eseguite in parti d'involucro o di frontali ovvero nelle sal-
dature eseguite su pezzi non appartenenti a caldaie e pur col-
legati rigidamente con altri.
Nel caso delle saldature degli involucri è evidente che le di-
latazioni che si manifestano durante l'accensione ed il funzio-
namento della caldaia producono degli sforzi che si sommano
alle tensioni formatesi nelle contrazioni della saldatura.
Dunque in ogni riparazione fatta con le saldature non solo
bisognava curare la scelta del materiale d'apporto, non solo bi-
sognava preoccuparsi dell'abilità dell'operatore ma occorreva prin-
cipalmente prevenire le contrazioni di raffreddamento con le con
seguenti tensioni : i pezzi da saldarsi bisognava contornarli con
speciali criterii .
E il successo dell'applicazione della saldatura autogena nelle
riparazioni era tutto basato sulla soluzione di questo problema
di capitale importanza .
Esso fu studiato e risolto dal sig. Gustavo de Vonderweid,
ora Direttore generale delle « Società Thermos » , il quale con
fede incrollabile e tenace costanza dedicò ogni suo sforzo per il
successo della saldatura autogena, ed oggi è, in ogni luogo,
noto come uno dei maestri più autorevoli.
Il sig. de Vonderweid contrariamente alle conclusioni del
sig. Le Chatelier, secondo le quali le tensioni di contrazione che
- 410 -

si verificano immancabilmente durante il raffreddamento succes-


sivo all'operazione della saldatura debbono riguardarsi solo in
quanto si deve cercare di ottenere la saldatura fatta meglio e
più resistente che sia possibile, sostenne il principio che si debba
anzitutto tenere conto delle tensioni, in considerazione della loro
azione ragguardevole, e precisamente nel senso di cercare di
evitare la loro manifestazione.
Ciò si può ottenere procedendo ad opportuni riscaldamenti ,
e quindi ad un sufficente allontanamento preventivo delle parti
da saldare, allontanamento che si deve cercare di conservare
anche durante l'operazione, per modo che i bordi della saldatura,
durante e dopo il raffreddamento, abbiano tendenza a premersi
vicendevolmente piuttosto che a staccarsi.
Come ciò possa verificarsi risulta facilmente da una semplice
esperienza. In un pezzo di lamiera ( fig. 8) sia praticata una
fenditura a che dalla metà circa della sua larghezza si pro-

a.

Fig. 8.

lunghi sino ad uno dei bordi ; l'estremità interna termini con


un foro . Se si scalda il pezzo di lamiera vicino al foro i bordi
della fenditura si allontanano considerevolmente, per contro la-
sciando tutto raffreddare essi si riavvicinano nuovamente.
Se questo metodo di riscaldamento s'impiegasse su una spac-
catura da saldarsi, fino ad una temperatura sufficiente perchè
durante il raffreddamento della saldatura nella zona da essa
compresa si abbiano a sviluppare pressioni in luogo di tensioni ,
si otterrebbe ogni sicurezza nel risultato del lavoro.
Molte, ripetute prove sono state fatte su una caldaia speri-
mentale per vedere se, nella generalità dei casi, i riscaldamenti
-411--

producevano le dilatazioni volute e spesso alla presenza di spe-


ciali commissioni tecniche, italiane ed estere, si è sperimentato
il metodo con ottimo risultato. La fig. 9 rappresenta una foto-
grafia presa durante l'esecuzione di alcune importanti esperienze
alla presenza di una commissione di ingegneri tedeschi .
L'applicazione di questo metodo è stata estesa dal sig. de
Vonderweid ad una lunga serie di casi svariatissimi, a saldature
nei forni, frontali, involucri, parti di casse a fuoco, ecc. e sempre

"

Fig. 9.

con ottimi risultati giacchè, quando si temeva che il riscalda-


mento non potesse procurare una dilatazione preventiva suffi-
ciente a compensare la contrazione di raffreddamento si aveva
sempre una buona prova saldando le parti non subito attraverso
tutto lo spessore ma per una parte minima di esso. Così se dopo
il raffreddamento una sezione ridottissima aveva potuto restare
intatta era segno che la dilatazione fornita era adeguata e a
più forte ragione si poteva quindi essere sicuri della resistenza
della completa saldatura.
- 412 -

In alcuni casi però nessun riscaldamento è sufficiente a pro-


curare un opportuno allontanamento delle parti a saldarsi.
Si abbia per esempio un pezzo di lamiera lesionato in a b
(fig. 10) e collegato in modo talmente rigido che nessun allun-
gamento sia permesso nel senso trasversale alla lesione, cioè
delle frecce.
Allora la riparazione si può eseguire così : si tagli un trian-
golo di lamiera ( a b c) , poi si proceda alla saldatura del lato a b;
nessuna tensione si avrà nel raffreddamento. Quando tutto è

Fig . 10 .

completamente raffreddato si scaldi il tratto bd: la fenditura


rimasta, bc, si aprirà certamente e di tanto da assicurare la
mancanza di tensioni durante e dopo il raffreddamento della
saldatura.
L'utilità dell'applicazione di pezzi con uno o due lati molto
obliqui si presenta poi specialmente nelle riparazioni degli in-
volucri delle caldaie, ed anzi è appunto dopo questa nostra pro-
posta che alcune autorità, che prima avevano impedito l'appli-
cazione di pezze saldate negli involucri, dopo non vi si oppo-
sero più.
Infatti un cilindro cavo sottoposto a pressione interna può
rompersi o secondo una generatrice oppure trasversalmente ;
ma è noto che mentre lo spessore necessario a resistere al com-
plesso delle forze che tendono a strapparlo longitudinalmente
deve essere t, quello necessario per resistere al secondo modo
- 413 -

di rottura è 1/2 t. Pertanto, nel caso della fig . 11 , per la salda-


tura del pezzo d'involucro D A B C noi incontriamo un tratto
trasversale AB che essendo il primo ad essere saldato, dato
che il pezzo è tutto libero, non sarà soggetto a tensione alcuna
in seguito alla contrazione di raffreddamento e inoltre, suppo-
sto pure che la saldatura garantisca una resistenza uguale solo
al 75 % di quella della lamiera laminata , noi nessuna debo-
lezza abbiamo data all'involucro nel tratto A B giacchè anche
diametrale
catdata
Traccia
piano
della
del

Fig. 11 .

una saldatura resistente solo il 50 % della lamiera sarebbe


sufficiente ; i tratti obliqui De BC si possono saldare prima
.
uno e poi l'altro, e naturalmente dopo che la saldatura dell'uno
sia completamente raffreddata, applicando i riscaldamenti come
pei caso della fig. 10 e poiché così operando anche in queste
due ultime saldature del pezzo non nasceranno tensioni di raf-
freddamento si può affermare che pure in quei due tratti l'in-
volucro non sarà indebolito giacchè man mano che si aumen-
tasse l'obliquità dei due tratti ci si avvicinerebbe al caso limite
favorevolissimo del tratto A B.
414 --

Durante tutta l'operazione di saldatura del pezzo DABC


tutti i chiodi della cucitura da esso compresa ed alcuni altri
adiacenti ai tratti DA e BC devono essere rimossi. Nella fig.11
i circoletti mostrano i fori per la chiodatura .
Dopo aver esposto il metodo ideato e sempre applicato dal
sig. de Vonderweid, al quale metodo si devono i notevoli suc-
cessi ottenuti in lavori d'importanza capitale e la grandezza di
una Società che prettamente italiana ha saputo affermarsi anche
all'Estero, fino al punto di ottenere quasi l'esclusività nell' ap-
plicazione delle saldature ossi-acetileniche alle riparazioni delle
caldaie marine, passo ad illustrare alcuni importanti lavori.

Riparazione dei forni .

I forni possono presentare delle corrosioni interne sia al di-


sopra del piano delle griglie sia nella parte bassa nel cenerario.
Le più frequenti e le più notevoli sono però quelle che si
producono sulla faccia della lamiera a contatto con l'acqua e
all'altezza del grigliato. Queste corrosioni possono trovarsi ri-
partite irregolarmente sulla superficie del forno, ma più spesso
esse si riscontrano su di una zona larga da 10 a 20 cm. ed
estesa per tutta la lunghezza del forno su entrambi i fianchi.
I forni presentano in tal caso una doppia linea di debolezza
tanto più pericolosa quanto queste corrosioni sono profonde.
Prima non si conosceva alcun mezzo atto a riparare queste
avarie e bisognava cambiare i forni ; la saldatura autogena per-
mette di evitare ciò perchè dopo un' accurata pulizia delle cor-
rosioni si possono colmare i vuoti riportandovi del metallo sal-
dato, tale riporto si fa poi in uno o più tempi secondo la pro
fondità delle corrosioni.
L'operazione non presenta di per sè alcuna difficoltà , però
è penosa per gli operai che sono costretti a lavorare in spazi
angusti.
Per la buona riuscita del lavoro occorre quindi oltre che
una pulizia delle corrosioni , eseguita con cura estrema , avere
un altro operaio da rimpiazzare il primo dopo circa 40 minuti
di saldatura.
415

Le lesioni costituiscono l'avaria la più frequente nei forni


delle caldaie marine ed esse si verificano sia nei forni lisci che
in quelli ondulati o rinforzati da nervature. Esse sono la con-
seguenza di ripetute deformazioni dovute alle dilatazioni e contra-
zioni successive risultanti dalle varie andature della combustione.

Fig. 12.
Le lesioni nei forni Fox e Morison si presentano general-
mente longitudinali ed interessanti solo un'onda, nei forni Purves
invece sono sempre trasversali e adiacenti alle nervature. In
tutti i casi queste spaccature si possono saldare in modo sod-
disfacente, ma per quanto ottima possa essere la saldatura ese-
guita ed anche se si sono completamente evitate le tensioni di
raffreddamento non è improbabile che, per le stesse cause prima.
accennate, si abbia dopo poco tempo una spaccatura proprio
nella stessa parte avanti saldata.
Per la riparazione delle spaccature l'esperienza ha dimostrato
essere conveniente il taglio di un pezzo comprendente tutta
- 416

la lesione e la conseguente applicazione , per saldatura a paro,


di un pezzo nuovo convenientemente sagomato e talmente con-
tornato da evitare, il più possibile, che le linee saldate coinci-
dano con quelle di probabile rottura. Vedere la fig. 12.
Nei forni di tutti i tipi si riscontrano delle frequenti spac
cature verticali AA (fig. 12) proprio sulla curva della rivolta :
la riparazione di esse mediante saldatura non presenta niente
di notevole, ma quando la spaccatura è stata già altre volte
protetta con una pezza sovrapposta a chiodi , la lamiera del
forno si trova forata necessariamente per il passaggio dei chiodi
che legano la pezza e per l'attacco del lembo con la piastra
tubiera, inoltre essa è spesso deteriorata dalle fughe che indub-
biamente subito si saranno manifestate dalla pezza di prote-
zione. La migliore riparazione in tal caso consiste nel tagliare
e rimuovere tutta la parte avariata e sostituirla con un pezzo
nuovo saldato.
Intanto, e prima di citare qualche esempio di saldatura di
grandi pezze nei forni , credo interessante esporre il risultato di
una bella esperienza eseguita tre anni or sono a Trieste nel
Cantiere del Lloyd Austriaco .
Essa affermò una volta di più la bontà del metodo di Von-
derweid.
Da due mezzi forni Fox si asportò un grande pezzo rettan-
golare (fig. 13 ) gli stessi pezzi furono in seguito rimessi a posto
e saldati uno sotto la direzione del sig. de Vonderweid, l'altro
da un abile operaio francese.
Entrambe le saldature, una volta ultimate , apparivano per-
fette ; ma mentre il mezzo forno riparato dal sig. de Vonder-
weid potè subire senza inconvenienti di sorta sia lo schiaccia-
mento completo sotto la pressa idraulica sia la piegatura fatta
intorno ad una linea saldata , l'altro mezzo forno sotto il solo
schiacciamento della pressa manifestò delle rotture nelle linee
saldate dall'operaio del sig. de Vonderweid.
La fig. 14 rappresenta uno dei forni delle caldaie del P.fo
<< Rio-Amazonas » riparato dalla Società Thermos 5 anni or
sono ed oggi ancora in ottimo stato dopo la riparazione. La
zona segnata in figura in seguito a forti corrosioni e ad alcune
417 -

Fig. 13 .

Fig. 14.
- 418 -

spaccature manifestatesi presso la nervatura , quando ancora non


si adoperava la saldatura autogena, si dovette proteggere con 1
una pezza sovrapposta a chiodi, ma la chiodatura sotto l'azione
diretta e viva del fuoco non tenne e tosto si manifestarono delle
fughe violente e numerose spaccature sui lembi della pezza
sovrapposta. Tre volte si cambiò la pezza ingrandendo ogni
volta la nuova , ma si ottenne sempre risultato negativo. Infine
l'armatore si persuase a tentare l'applicazione di una pezza
saldata a paro ; sulla figura le linee saldate sono indicate con
le lettere S. La riparazione fu eseguita in tre giorni e costò
L. 400 .
Spesso si sono riparati anche dei forni avallati fortemente :
si tagliarono e rimossero le parti avariate indi si saldarono a
paro i pezzi nuovi. I risultati sono stati sempre ottimi e molti
di questi forni sono ancora in opera.
Le chiodature dei forni , per le continue dilatazioni e con-
trazioni che essi subiscono, ne soffrono assai e dopo non molto
tempo d'esercizio si manifestano delle fughe che obbligano a
rifare il calatafaggio, ora ognuna di queste operazioni consuma
i lembi d'una quantità di circa 3 m/m per modo che dopo
vari successivi calatafaggi il lembo risulta completamente con-
sumato e l'operatore non può ripetere senza attaccare i chiodi ;
inoltre le fughe corrodono rapidamente le lamiere sottoposte.
Una volta, per riparare simili avarie si era obbligati a ri-
correre a pezzi di ricoprimento inchiodati , di forma complicata
e per i quali era quasi impossibile ottenere una tenuta dure-
vole.
La saldatura permette invece di colmare le corrosioni, ripor-
tando del metallo saldato , e di ripristinare benissimo i lembi
consumati ; quest'operazione rende dei servizi inapprezzabili alle
caldaie perchè tutte le caldaie dopo un certo tempo d'esercizio
hanno delle avarie di tal genere che sovente impongono il
cambio dei forni.
Quando si cambiano i forni se le flange d'attacco verso la
cassa-fuoco sono ancora in buono stato e di forma tale che non
riesce possibile, senza adeguate demolizioni , introdurre i nuovi
forni dalle corrispondenti aperture del frontale , si usa spesso
- 419

applicarne dei nuovi sprovvisti di rivolte e con l'estremità verso


la cassa a fuoco di diametro tale che si possano imboccare nella
vecchia flangia rimasta a posto ed opportunamente tagliata.
Generalmente la chiodatura fra la vecchia flangia ed il nuovo
forno si fa doppia ; ma avviene che per l'azione violenta del
fuoco, si arroventano i lembi del giunto e sovente si manife-
stano delle spaccature fra lembo e foro di chiodo dalle quali si
hanno delle fughe dannosissime che aggiunte alle perdite dei
chiodi della cucitura, che per le continue dilatazioni e con-
trazioni del forno si allenta , rendono subito necessaria l'ado-
zione di rimedii.
Una bella riparazione si può fare in tal caso con l'aiuto
della saldatura autogena, in poco tempo , con spesa minima e
e risultato ottimo e duraturo.
Un lavoro del genere, già con successo eseguito dalla So-
cietà Thermos è illustrato dalla Tav. I, fig. a b-c.
Nella fig. a le linee A Be D E F rappresentano i tagli
eseguiti per togliere il pezzo guasto di forno e la parte alta
della vecchia flangia; nella fig. bil pezzo A B C 1 G' in-
dica la nuova rivolta che é saldata al forno secondo le linee
A Be B'C' e inchiodata alla cassa a fuoco. Così si è elimi-
nato il giunto nella parte del forno sovrastante al piano di
griglia lasciando la chiodatura sola nel cenerario.
In seguito agli ottimi risultati avuti nel primo di questi
lavori eseguito tre anni or sono molti altri simili ne sono stati
eseguiti dopo e anzi , come dirò appresso , si ricorse a saldature
analoghe quando si volle modificare il tipo d'attacco dei forni
alle piastre tubiere.

Riparazione delle casse a fuoco.

Nelle casse a fuoco si riscontrano avarie analoghe a quelle


accennate pei forni . Le corrosioni si verificano quasi sempre
sulle superficie a contatto con l'acqua e costituiscono piuttosto
un deterioramento generale che localizzato.
Si noti intanto che tali corrosioni non possono essere brasate
dall'interno della caldaia, perciò nella generalità dei casi le ri-
- 420 -

parazioni si riducono all' applicazione per saldatura di grandi


pezzi in sostituzione di quelli deteriorati rimossi .
Un'importante riparazione di cassa-fuoco fu eseguita al P.fo
<< Spes » nel marzo del 1907. Uno degli schienali oltre ad es-
sere fortemente e generalmente corroso aveva anche diverse
spaccature fra foro e foro di tirantini. Il vecchio schienale venne
tagliato e rimosso ed il nuovo fu preparato in tre pezzi perchè
non era possibile introdurlo intero dal forno corrispondente. In-

Fig. 15. - P.fo « Lealtà ». Caldaia a doppia fronte. Riparazione del fianco
di cassa a fuoco.

trodotte le tre parti nella camera di combustione si saldarono


fra loro ed il complesso venne poi chiodato con il pozzetto , i
fianchi ed il cielo. L'operazione riuscì perfetta e fino ad oggi
nessun'altra riparazione ha ancora richiesto quello schienale.
Molte volte sono stati, dopo d'allora, eseguiti lavori simili
e l'ultimo si fece a Trieste , alcuni mesi or sono , per il P.fo
<< India » del Lloyd Austriaco.
Una bella riparazione eseguita nel fianco di cassa a fuoco
di una caldaia del P.fo « Lealtà » è in gran parte illustrata
dalla fig. 15.
— 421 —

Le piastre tubiere delle camere di combustione sono sovente


corrose dalle fughe che si manifestano all' innesto dei tubi e
talvolta tali corrosioni sono così forti da non permettere più la
tenuta dei tubi stessi ; questa avaria prima non era riparabile
con alcun procedimento e molte volte ha obbligato a delle ri-
parazioni costosissime e lunghe.
Con gli apparecchi ossi-acetilenici si riporta invece , senza
alcuna difficoltà, il metallo mancante ripristinando perfetta-
mente i fori.

Fig. 16. · P.fo « Cretic ».

Nel caso però in cui la piastra presentasse un gran numero


di fori corrosi e delle spaccature fra foro e foro allora è più
conveniente levare addirittura tutta la parte guasta e saldarvi
a posto un pezzo nuovo.
Un esempio di questi lavori si ha nella riparazione eseguita
l'anno scorso a quasi tutte le caldaie del P.fo « Cretic » . I
lembi delle piastre tubiere erano spaccati in più punti fra orlo
e foro di chiodo e inoltre tutti i fori bassi dei tubi erano for-
temente deteriorati dalle fughe di vapore. I pezzi guasti furono
tagliati nel modo indicato dalle fig. 16 e 17, a seconda che
l'avaria era più o meno estesa, ed i pezzi nuovi furono saldati
a paro e poi inchiodati con le flange dei forni . Dopo la salda-
- 422 —

tura e la chiodatura si barenarono i fori per la fila bassa den


tubi. La pressione di regime delle caldaie del « Cretic » è di
15 Kg. per cmq. e dopo la riparazione radicale dell'anno scorso
le piastre adesso funzionano ancora egregiamente.

Fig. 17. - P.fo « Cretic ».

Un altro bell'esempio di riparazione di casse a fuoco si ha


nel lavoro eseguito nel marzo del 1910 in Amburgo, dalla So-
cietà Thermos, ad una caldaia del transatlantico « Deutschland ».
Le caldaie principali di questo piroscafo sono bifronti a 8
forni dei quali i 4 centrali comunicano in una sola camera di
combustione. I due forni bassi di ciascuna fronte sono uniti fra
loro, dalla parte della cassa a fuoco, mediante la sovrapposizione
delle flange laterali volte verso il piano diametrale della caldaia
ed entrambe s'inchiodano all'unica piastra tubiera per modo che,
visto il complesso dell'interno della camera di combustione, la
piastra risulta sovrapposta alle flange dei forni. Nella zona in-
termedia, che è la più battuta dal fuoco, vi sono quindi tre
spessori e cioè la piastra tubiera e le flange dei due forni.
— 423 —

La fig. 18 mostra una parte della cassa a fuoco prima della


riparazione. Nella piastra tubiera si vedono dei tubi tappati,
delle pezze sovrapposte per coprire le spaccature prodottesi eppoi
il lembo della piastra tubiera saldato elettricamente con le flange
dei forni ; in basso nel mezzo della gola formata dall' unione
delle stesse due flange dei forni si nota un ingrossamento : è
tutto metallo riportato mediante la saldatura elettrica per sta-
gnare le fughe e coprire le spaccature.

Fig. 18. P.fo « Deutschland ». Una parte della cassa-fuoco prima della
riparazione.
Nella Tavola II.a è disegnata la cassa-fuoco originale.
Nella Tavola III.a è invece segnato il progetto presentato
dalla Società Thermos e, in seguito all'approvazione della Società
armatrice e delle Autorità, attuato da essa in breve tempo. Le
linee delle saldature sono segnate con tratti e due punti e indi-
cate con le lettere S.
Si tagliarono le parti guaste delle piastre, le rivolte dei forni
fin sotto il piano delle griglie e si rimosse anche tutto il poz-
zetto : il complesso dei pezzi guasti, tolti dalla cassa a fuoco e
poi rimontati in officina, si vede nella fig. 19.
- 424 —

Mentre si aggiustavano a posto tutti i lembi tagliati si pre-


paravano i nuovi pezzi di piastre tubiere, (che si fecero ciascuno
in due dato che interi non era possibile farli passare dal forno),
le nuove rivolte dei forni, (che si foggiarono in modo da po-

Fig. 19. · P.fo « Deutschland >>.

tersi saldare a paro con i forni stessi e sovrapporre, non più


poggiare contro le piastre tubiere) ed infine il nuovo cavallo
che, (preparato in due pezzi , fig. 20, saldati poi a posto) si fece
non più a generatrice rettilinea ma convenientemente gobbo
perchè meglio si prestasse a sopportare le dilatazioni e contra-
zioni dovute alla varia attività della combustione.
— 425--

Fig. 20.

Fig. 21.
- 426 -

Le fig. 21 e 21 bis rappresentano il lavoro ultimato e da


esse appare come furono eliminate le chiodature d'attacco delle
flange centrali dei forni fra loro e col cavallo e come mediante
le saldature si poterono anche evitare i tre spessori sovrapposti.

Fig. 21 bis

Dopo un anno da che fu messa in esercizio la caldaia, dato


il risultato sempre ottimo della riparazione, la Società Arma-
trice decise di far riparare anche le altre caldaie dello stesso
piroscafo, però siccome in esse le avarie si limitavano alle gole
centrali e a pochi fori di tubi , così con opportuni riporti di
- 427

metallo si aggiustarono i suddetti fori, poi si tagliarono le parti


guaste delle flange dei forni costituenti le gole ed infine si ap-
plicarono, mediante saldatura , le nuove gole preparate d'un sol
pezzo.
Nella Tavola IV è dettagliatamente disegnata la riparazione:
le linee SS rappresentano le saldature. Anche in questo caso
come si vede, sono stati eliminati i tre spessori e le chiodature
delle gole.
All'esecuzione di questi importanti lavori spesso assisterono
alcuni fra i più illustri tecnici tedeschi ed alle varie prove pre-
senziò anche il prof. Bach.
Le barrette saldate, che in quell' epoca furono strappate in
Amburgo, resistettero in media a Kg. 38,5 per m/m q.

Riparazione dei frontali e degli involucri.

In queste parti vitalissime delle caldaie si riscontrano, dopo


qualche tempo d'esercizio, delle corrosioni e talvolta anche delle
fenditure. Le corrosioni, sia interne che esterne, si trovano spe-
cialmente nelle parti basse e spesso sono così estese e profonde
da ridurre per grandi zone lo spessore utile delle lamiere a solo
2 o 3 m/m.
Le spaccature ordinariamente si manifestano fra orlo e foro
specie nei lembi delle lamiere di involucro , ma molte volte si
è dovuto riparare delle lesioni , lunghe più d'un metro, prodot-
tesi circonferenzialmente nei frontali presso le flange dove si
collegano con i forni.
Anche le perdite dei chiodi delle cuciture basse producono
dei gravi deterioramenti che in generale si verificano contem-
poraneamente ai lembi delle lamiere d'involucro e sul frontale.
Riparando tali avarie con l'applicazione di pezze sovrapposte
e chiodate non si ottiene un risultato perfetto e duraturo ed anzi
la cattiva tenuta di queste pezze è sempre causa di una mag-
giore estensione del guasto.
Quando il deterioramento si limita a corrosioni poco estese
o al consumo dei lembi della lamiera d'involucro dovuto ai ri-
petuti calatafaggi si procede alla saldatura allo stesso modo in-
- 428

dicato per la riparazione dei forni, ma se l'avaria è importante


conviene allora togliere addirittura i pezzi guasti per applicarvi
dei nuovi saldati.
Le fig. 22, 23, 24, 25, 27 , 28 , 29 , 30 , 31 , 32 , 33 , ne illu-
strano degli esempi importanti e di essi sono più particolar-
mente degni di nota quelli delle fig. 27 , 28, 29 , 30 , 31 , 32 , 33.
La fotografia riprodotta nella fig. 27 è stata presa sulla cal-
daia del P.fo « Elsa » dopo ultimata la demolizione di tutte le
parti avariate (frontale, parti di forni , schienale di cassa a fuoco
centrale, pezzo trapezoidale di fondo) e prima di adattare i
pezzi nuovi da saldarsi.
Tutta la riparazione fu completata in 25 giorni e la prepa-
razione dei pezzi nuovi e la loro saldatura a posto importò una
spesa di L.it. 7.500 .
I lavori mostrati nelle fig. 28, 29 e 30, 31 presentavano una
notevole difficoltà e cioè l'impossibilità , per insufficienza di
spazio, di ribadire i chiodi d'attacco del nuovo pezzo di frontale
con l'involucro : si sarebbe potuto ricorrere all'impiego di bolloni
ben guarniti, ma la tenuta di questi non si poteva garantire
per molto tempo perciò il problema si risolvette chiodando in
officina il nuovo pezzo di frontale con quello nuovo d'involucro
ed applicando a posto il complesso mediante la saldatura autogena.
Un bell'esempio poi di saldatura di pezza nel fondo è illu-
strato dalle figg. 32, 33.
Il contorno triangolare del pezzo guasto rimosso fu tracciato
secondo i criterii innanzi esposti e la saldatura si potè così ese-
guire facilmente ed in breve tempo : si noti che lo spessore
della lamiera era di 34 m/m e la pressione di regime della
caldaia 14 Kg. per emq.
Nella fig. 26 si è disegnata la riparazione eseguita alla parte
bassa dell'involucro della caldaia del Rimorchiatore « Lampo » ,
e precisamente presso la cucitura trasversale di collegamento
dei due grandi anelli componenti il fasciame.
La caldaia fu sbarcata, perchè non essendo assolutamente
accessibile la sua parte inferiore nessun lavoro si sarebbe potuto
eseguire mantenendola a posto, e si tagliarono due pezzi guasti
uno nell'anello sovrapposto ed uno in quello sottoposto.
429 1

Fig. 22. Riparazione eseguita a Trieste dalla Società « Thermos » . La


fotografia fulpresa appena ultimata la rimozione delle parti deterio-
rate della caldaia.

Fig. 23. La stessa caldaia dopo la riparazione,


1
-430-

Fig. 24. Riparazione eseguita dalla Thermos » in Palermo. Una cal-


daia del P.fo << Iniziativa » fotografata dopo la rimozione dei
forni vecchi e il taglio delle parti basse deteriorate del frontale
e dell'involucro.

Fig. 25. La caldaia del rimorchiatore << Leone » dopo la demolizione


delle parti avariate.
- 431 -

19

Fig. 26.
432

Invece, però, di preparare due pezzi nuovi e metterli in


opera applicandoli mediante saldatura si preparò solo quello da
adattarsi all'anello sovrapposto e si fece sagomato in modo che
potesse coprire tutta la mancanza dell' anello sottoposto e far
giunto intorno con i lembi della parte prima tagliata.
Così con la saldatura di una sola pezza si riparò la caldaia
con minor spesa, impiegando minor quantità di tempo ed assi-

Fig. 27. - Riparazione eseguita dalla « Thermos » in Savona. La foto-


grafia mostra la caldaia del P.fo « Elsa » dopo la rimozione di
tutti i pezzi deteriorati che poi si sostituirono con altri nuovi sal-
dati a paro.

curandone ancora più il risultato. La chiodatura trasversale in-


vece di mantenerla dritta come prima fu deviata secondo il
contorno dei lembi del pezzo.
Dato il piccolo angolo che le file inclinate dei chiodi face-
vano con la prima si lasciò anche in esse la doppia fila sicuri
di non avere, se non in parte piccolissima, contribuito all' inde-
bolimento di quella parte d'involucro.
433 1

Fig. 28. La caldaia del P.fo « Colombo » fotografata appena ultimata


la demolizione dei pezzi guasti.

Fig. 29. - La caldaia del P.fo « Colombo » dopo la riparazione.


434 -

Fig. 30. Caldaia destra del P.fo « Lorenzo ».

Fig. 31. La caldaia del « Lorenzo » dopo la riparazione,


1 4352-

Fig. 32. - P.fo « Principe di Piemonte ». Il fondo di una delle cal-


daie dopo il taglio di un grande pezzo guasto.

Fig. 33. P.fo « Principe di Piemonte ». La stessa caldaia dopo la


riparazione del fondo,
436

Riparazione di parti di scafo e saldatura di grossi pezzi.

Accennando all ' impiego degli apparecchi ossi-acetilenici nelle


demolizioni di parti avariate di scafo dissi anche della facilità
con la quale si potevano , mediante opportuni arroventamenti ,
raddrizzare in opera ordinate o parti deformate di lamiere.
Spesso però una lamiera per una deformazione anche ristretta,
ma talmente accentuata da non permettere un perfetto raddriz-
zamento, ovvero per una lesione, che pur interessa solo parti
assai vicine ai lembi, si dovrebbe sostituire con altra nuova ;
ma si può evitare tale spesa , con la corrispondente perdita di
tempo, tagliando la parte lesionata o deformata ed applicandovi
per saldatura il pezzo nuovo.
Conviene tagliare i pezzi in forma triangolare o di trapezio,
e per modo che un lato risulti sempre il lembo della lamiera,
perchè si possano seguire i processi atti ad eliminare le ten-
sioni di raffreddamento ; inoltre è bene evitare che una linea
saldata riesca, la lamiera in opera, trasversale al bastimento e
ciò perchè le rotture più probalili nelle lamiere di scafo, sotto-
poste agli sforzi cui ordinariamente sono soggette , avvengono
appunto in quel senso .
Fra le avarie che può subire un bastimento sono notevoli
quelle che si hanno nei telai di poppa. Spesso tali pezzi si rom
pono in seguito ad urti oppure in seguito ad altri ragguarde-
voli sforzi mal sopportati dal pezzo che, se di acciajo fuso, poteva
essere indebolito da soffiature interne. Non di rado si è verificata
infatti la rottura di telai di poppa in acciaio fuso, anche in piro-
scafi aventi pochissimi anni di vita , senza che il bastimento
avesse subìto investimenti di sorta ; e nei telai rotti che ho
avuto occasione di esaminare ho osservato che la parte lesionata
era sempre attraversata da soffiature interne molto estese.
(
Ora le rotture dei telai di poppa o anche le lesioni interes-
santi solo una parte della sezione del pezzo non sempre si pos-
sono riparare con l'applicazione di lapazze e sovente anzi s'im-
pone il cambio del telaio o di gran parte di esso se è composto.
- 437 -

La spesa occorrente per tale lavoro ed il tempo necessario


per l'esecuzione sono rilevanti e quando il telaio è di un sol
pezzo bisogna demolire gran parte della struttura di poppa per
poter porre in opera il nuovo.
Anche in questi casi la saldatura autogena, fatta mediante
gli apparecchi ossi- acetilenici, si presta per l'esecuzione di lavori
rapidissimi, economici e sicuri giacchè se l'operazione è ben di-
retta si può sal lare con successo anche pezzi di grandi dimensioni .
Una prima prova importante fu fatta a Genova nel gennaio
del 1909. Un pezzo di telaio di poppa in acciaio fuso, rotto come
si vede nella fig. 34, venne saldato e poi alla presenza di una
commissione di tecnici, italiani e stranieri, fu piegato a freddo

Fig. 34.

intorno alla zona saldata servendosi di una potente pompa. Si


raggiunse un piegamento elastico di 18° che poi si ridusse a
15° dopo aver scaricata la pompa. La fig. 35 mostra il pezzo di
telaio appena saldato e la fig. 36 il pezzo già piegato . Diresse
l'operazione il sig. de Vonderweid.
Ma prima ancora di questa prova ufficiale già erano stati
riparati, con gli apparecchi ossi- acetilenici, i telai di poppa rotti
di due piroscafi : quello dell ' « Jonio > a Genova nel 1906 e
quello dell' « Apscheron » a Trieste nal 1908. Questi lavori fu-
rono entrambe eseguiti dalla Società « Thermos » e per il primo
occorsero 3 giorni di tempo e L. 6000 di spesa, per il secondo
5 giorni e L. 8000.
- 438 —

Fig . 35.

Fig. 36.
- 439 ―

Da allora molti telai di poppa, rotti o semplicemente lesio-


nati, si sono riparati sempre con esito ottimo giacchè anche in
questi lavori si è costantemente cercato di evitare le tensioni
prodotte dalle contrazioni di raffreddamento.

XXI
XXI

Fig. 37. P.fo << Buda >>.

Si sono riparati con la saldatura anche bracci rotti di assi


porta-elica in piroscafi a due eliche .
Le figg. 37 e 38 e la Tavola V ne illustrano degli esempi.
Nella figura 37 si vedono le due rotture del telaio, una in
alto nel dritto del timone, l'altra in basso presso il raccordo
col dritto dell' elica. La preparazione delle parti e la saldatura
- 440

richiesero in tutto solo 6 giorni e oltre alla spesa occorrente


per i 6 giorni di permanenza in bacino la riparazione costò alla
Società Armatrice L. 7000. In un preventivo, presentato alla
Società, per il cambio del telaio si domandavano invece 20 giorni

Fig. 38. P.fo « Umbria ».


di tempo ; in tal caso dunque la sola spesa pel bacino risultava già
superiore a quella totale pagata per la riparazione con la saldatura.
Un esempio di saldatura di lesione non interessante tutta la
sezione del pezzo si ha nella riparazione eseguita al P.fo « Umbria >
fig. 38: per scoprire la parte avariata si tagliarono un pezzo di torello
e uno nella lamiera superiore che poi si risaldarono appena fu ripa-
rato il dritto. La fotografia fu presa prima di iniziare la saldatura.
- 441

Nella tavola Vè disegnato il complesso, in acciaio fuso, dei


sostegni degli assi porta-elica del P.fo « Principe di Piemonte ».
Le linee RR definiscono le rotture manifestatesi che in 5 giorni
furono opportunamente preparate e poi saldate.

Fig. 39. · P.fo « Espero ».


Una riparazione nel dritto del timone del P.fo << Espero »> ,
eseguita col bastimento galleggiante, è illustrata dalle fig. 39
e 40. Si applicò al dritto, per saldatura, una nuova femminella
in sostituzione di quella rotta e perduta in mare : nella prima
si vede come fu preparato il dritto, nella seconda l'esecuzione
del lavoro.
412

Che le saldature poi , se eseguite con giusti criterii , diano


dei risultati sempre più notevoli si riscontra dall'ottima prova
fatta dai lavori mostrati dalle figg. 41 , 42 e figg. 43, 44, le prime
due relative alla riparazione dell' asse dell'elica rotto di un ri-

20

Fig. 40. P.fo Espero ». Si esegue la saldatura della femminella .


morchiatore , le altre dell' albero a manovella del P.fo « San Ber-
nardino ». Questi assi furono riparati il secondo nel Dicembre
dell'anno scorso , il primo quattro mesi or sono. Entrambe da
allora sono in esercizio senza che nessun segno di debolezza si
sia manifestato nelle saldature.
- 443 —

Fig. 41

Fig. 42.
11 444 -

Fig. 43. P.fo « San Bernardino » . Albero a manovella spezzata

Fig. 44. Lo stesso dopo la saldatura.


445 ----

Oggi la saldatura autogena ossi - acetilenica è sulla via di


un rapidissimo progresso, lo dimostra ampiamente il fatto che
in pochi anni si è riusciti a saper eseguire dai lavori assai de-
licati e importanti sia per le riparazioni delle caldaie che per
quelle di parti di scafo, e rende già dei vantaggi incalcolabili
agli armatori.
Certo in un avvenire non lontano la saldatura autogena di-
verrà anche un mezzo principale per la costruzione delle cal-
daie ed i tecnici che dirigono le industrie che si sono specia-
lizzate nelle saldature studiano continuamente il problema.
Quest' avvenire però non è solo dipendente dall' attività in-
dustriale, su esso avrà una grande influenza l'oculatezza delle
autorità destinate alla sorveglianza delle costruzioni e ripara-
zioni navali ; queste autorità mentre con la loro esperienza do-
vrebbero aiutare ed assecondare quelle Ditte che han già dato
prove evidenti della propria capacità dovrebbero anche inesora-
bilmente impedire che lavori tanto delicati fossero eseguiti da
incapaci i quali con qualche insuccesso possono allarmare incep-
pando ogni progresso.
VERBALI
1. Congresso di Ingegneria Navale e Meccanica

I.a SEDUTA

Seduta antimeridiana dell'11 Novembre 1911

Presiede provvisoriamente l'ing. on . SALVATORE ORLANDO.

(La seduta comincia alle ore 10,5)

L'ing. DOMENICO SILVIO CHIOZZA, Segretario, dà lettura delle


adesioni pervenute al Congresso .

ORLANDO SALVATORE , Presidente. Prima di procedere alla


inaugurazione di questo Congresso , permettete che mandi una
parola di augurio vivissimo, nella odierna ricorrenza, al nostro
Re, sinceramente costituzionale , profondamente liberale , amato
dal popolo e dal paese intero , per la doppia ragione del suo
carattere e perchè in questo momento riassume le speranze del
Paese, come capo dell'armata e dell'esercito.
(Tutti i convenuti si alzano in piedi ed applaudono fragoro-
samente).

L'on. SALVATORE ORLANDO pronuncia quindi il seguente


discorso :

Eccellenze , Signori ,

A nome del Collegio degli Ingegneri Navali e Meccanici ,


promotore del presente Congresso Nazionale , debbo esprimere
pubblici ringraziamenti all' On. Presidente del Consiglio per
l'appoggio materiale e morale dato a questa nostra iniziativa ,
A 450 1

all'On . Ministro della Marina per l'ausilio efficace , per il con-


corso pecuniario, e per il valido impulso , al quale dobbiamo in
gran parte , la riuscita di questa nostra prima riunione , ed al
Ministro della Pubblica Istruzione, il cui consenso ha permesso
a valorosi insegnanti di potervi prendere parte.
Sono grato al Sindaco di Roma , alto rappresentante della
larga ospitalità, che la Capitale d'Italia dà, in quest'anno, alle
varie manifestazioni di tutte le attività del paese , per l'acco-
glienza cortese ai congressisti fatta.
Ringrazio gli uomini di Stato come l'on. Ammiraglio Bettolo,
le spiccate individualità che presiedono oggi ai varii rami del-
l'amministrazione militare e mercantile della Marina , quelle
delle Ferrovie, i membri del Senato, della Camera, gli alti fun-
zionari dello Stato , nonchè i rappresentanti delle industrie e
tutti i colleghi intervenuti. Un'espressione di gratitudine vada
anche alle Associazioni congeneri estere, le quali, in questa oc-
casione , ci hanno fatto pervenire i loro voti e augurii , ma in
modo speciale alla « Institution of Naval Architects di Londra »
la quale, aperta sempre agli studi ed alle pubblicazioni degli
ingegneri italiani , ha voluto in questa occasione fare atto di
fratellanza col Collegio italiano, sia facendosi rappresentare dai
Signori De Grave Sells , Soliani e Russo , sia offrendoci un
prezioso dono, quale è quello della raccolta completa di tutte
le sue pubblicazioni, dalla sua fondazione ad oggi.
Ringrazio la Società degli Ingegneri e Architetti per la ospi-
talità concessaci , e finalmente le Ditte che hanno concorso pe-
cuniariamente.
Opportunamente fu deciso dal Collegio degli Ingegneri Na-
vali e Meccanici di tenere questo primo Congresso Nazionale ,
in questo anno, sacro alla patria, poichè ben si può dire che le
prime navi in ferro e cioè la Sicilia e la Vedetta e le prime
macchine marine, quelle della Sicilia e del Conte Verde si co-
struissero alla Pila , alla Foce , ed a Sampierdarena , per inco-
raggiamento e per ordine diretto di quello stesso grande Uomo
di Stato che, mentre il 2 giugno 1860 rilevava in Parlamento
la necessità urgente per l'Italia di costruire navi in ferro, poco
dopo, cioè il 27 marzo 1861 , proclamava anche un'altra più
451 -

grande necessità per la nostra patria, quella cioè di aver Roma


per sua Capitale. (Applausi).
Da allora quanta via percorsa !
Da Torino a Firenze a Roma, Capitale oggi di una grande
Nazione, che guarda alto ai suoi destini e al di là dei mari.
Quanta via percorsa anche dalla tecnica navale !
Dai primi incerti tentativi di macchine e navi metalliche ,
costruite fra la sfiducia dei più , ai grandi apparati motori e
alle grandi navi mercantili e da guerra , quali quelle potenti
varate da poco , che si costruiscono ora non solo per il paese ,
ma anche per l'estero.
La storica maestria degli italiani nella costruzione di navi
in legno gradatamente si manifestò anche nelle costruzioni me-
talliche, per il rapido adattamento dei nostri tecnici, che primi
ebbero il merito di questa trasformazione , funzionarii alcuni,
quali Fasella , Mattei , Micheli , Borghi, Bigliati, Vigna, Pucci,
Brin, Masdea ed altri , e liberi professionisti o industriali quali
Westermann , Cravero, Odero , Bombrini, e mi sia concesso di
ricordare anche il nome di Orlando.
La costruzione delle navi in ferro e delle macchine che sorse
tra grandi difficoltà e con scarse risorse finanziarie , dispone
oggi di potenti mezzi di lavoro , non solo nei Cantieri dello
Stato, ma anche in quelli privati , e di larghe disponibilità per
l'avvenuta associazione di capitale ; ma sempre ed è questo un
punto caratteristico ed importante, una spiccata e costante origi-
nalità di idee fu dimostrata dai nostri tecnici anche quando
nomi italiani si alleavano , per necessità industriale, a grandi
nomi stranieri.
Le numerose comunicazioni presentate a questo Congresso ,
rivelano questa dote preclara della ingegneria italiana in tutte
le sue molteplici applicazioni navali , dall' elettricità alle arti-
glierie, dai motori a combustione interna a quelli a vapore , ai
propulsori, ai meccanismi ausiliarii ecc.
E perciò dobbiamo essere grati ai sigg. ingegneri Nino Pe-
coraro, Giuseppe Rota, Giulio Fumanti, Leonardo Fea, Edoardo
Giannelli, Eugenio De Vito, Luigi Barberis, Pietro Bertoglio, che
con le loro pubblicazioni dimostrano come il nostro Genio Navale
- 452

si mantenga studioso ed attivo nelle investigazioni scientifiche,


per le quali ormai avrà un campo di discussione nazionale, mentre i
contributi degli ingegneri Angelo Scribanti , Luigi Ghirardi ,
Guido Fornaca , Ezio Moriondo , Paolo Kind , Gaspare Bernati ,
Giuseppe Lojacono e Luigi Pasqualini chiaramente provano
l'alto valore della Scuola Italiana ed attestano anche che l'in-
dustria non è solo guadagno, ma anche studio.
Queste discussioni , che si svolgono in un'atmosfera serena ,
noi ci lusinghiamo possano riuscire non inutili al paese , sia
nel campo mercantile, sia in quello militare, nel quale il costo
elevato raggiunto oggi dalla moderna nave di battaglia rende
ormai conveniente non avvolgerne completamente la costruzione
nel manto del segreto.
Nessuna riunione più di questa adatta ad una discussione
nella quale tutto può esser detto senza nulla rivelare , mentre
criterii e direttive possono derivare , vagliati dagli attriti degli
opposti pareri', liberamente emessi senza preoccupazione di in-
teressi, nè riguardi disciplinari .
Poichè questo non è l'ambiente dell'industriale, nè del mili-
tare, ma è l'ambiente del tecnico, che ama e segue la sua pro-
fessione e cerca di promuoverne il progresso.
Epperò, giacchè gli On . Ministri della Marina e della Pub-
blica Istruzione ci onorano della Loro presenza, io mi permetto
ricordare loro due principali bisogni della ingegneria navale e
meccanica italiana : l'insegnamento superiore, che richiede mezzi
più larghi di quelli veramente ristretti sin'ora consentiti, onde
esso possa avviarsi a quell'assetto definitivo che è, da anni , ri-
chiesto e desiderato.
Occorre inoltre che la figura dell'Ingegnere navale e mecca-
nico , quale sorge da vecchi codici , sia ora delineata in corri-
spondenza dei nuovi bisogni ; specie per ciò che ha tratto con
la costruzione dell'apparato motore, non disciplinato affatto dalle
leggi attuali.
Chiudo mandando una parola di saluto ai nostri colleghi
ingegneri Barbè, Pallini, Rossetti , Villabruna , Depanis , Andol-
cetti ed ai nostri congeneri macchinisti, a cui è affidato ciò che
è vitale in questo momento, il buon funzionamento dei motori ,
― 453

lontani dal presente congresso perchè chiamati dal loro dovere


sulle navi della nostra Marina , tutte prodotto di concetto e di
lavoro italiano , che vigilano nel mare d' Africa che Sallustio
chiamò tempestoso e senza rifugio portando nella saldezza della
loro costruzione, oltre che nella efficace organizzazione direttiva ,
nel valore degli ufficiali e dei marinai , le speranze di ogni
cuore italiano per un più grande avvenire della patria. (Applausi
virissimi e prolungati).

Il Comm . ALBERTO TONELLI , Assessore anziano del Comune


di Roma , pronuncia il seguente discorso :

Con un sentimento misto di ammirazione e di gratitudine


l'Italia volge oggi a voi il pensiero o illustri rappresentanti di
una tecnica meravigliosa , che concorre potentemente ad accre-
scere coi facili scambi , la ricchezza e la prosperità dei popoli ,
ed è la più salda difesa della nostra Patria.
Della nostra Patria diletta che si protende colle sue incan-
tevoli coste alle carezze ed alle insidie del Mare.
È con giusto orgoglio che noi vediamo l'Italia occupare uno
dei primi posti in questo agone di sapienza tecnica, ed a Voi
o Signori , è dovuto il merito primo di questo giusto orgoglio
di cui si compiace la Patria.
Nessun momento più opportuno di questo per accrescere im-
portanza al vostro Congresso, perchè ora appunto l'Italia, nella
lotta per la civiltà, vede l'opera vostra vittoriosa nel cruento
cimento. Quelle imponenti unità che il genio vostro seppe creare
sfidanti superbe gli urti potenti delle sconvolte forze delle onde
tengono alto il nome d'Italia nei mari e sono , mercè la virtù
eroica e potente dei nostri fratelli , causa prima di gloriosi
trionfi.
Io sono lieto di portare a voi il saluto dell'amministrazione
comunale, e l'augurio che l'opera vostra si svolga sempre per
maggior gloria della Patria e rivolgo un pensiero di gratitu-
dine e di affetto a coloro che combattono e vincono, coi potenti
istrumenti da voi creati , nel nome d'Italia, le battaglie della
civiltà. (Vivi applausi).
- 454

S. E. l'Ammiraglio PASQUALE LEONARDI CATTOLICA, Ministro


della Marina , pronuncia il seguente discorso inaugurale :

Signori,

Questo che oggi inauguriamo è il primo dei Congressi degli


Ingegneri navali e meccanici italiani , mentre in Inghilterra
l'Institution of Naval Architects, che nei suoi volumi ha rias-
sunta tutta la storia recente della ingegneria navale, conta ormai
un cinquantennio di vita, ed in Francia , in Germania, negli
Stati Uniti le periodiche riunioni della classe suscitano già da
anni il più vivo interesse del pubblico.
Era tempo dunque che anche presso di noi, che fummo gli
antesignani e che vantiamo una tradizione gloriosa ed ininter-
rotta nelle ardue discipline delle costruzioni navali, si iniziasse
la serie di questi Congressi , dai quali dovranno uscire sempre
più rafforzate e coordinate tutte le forti e vivide energie italiane ,
che con tanta larghezza d'intelletto hanno contribuito, nell'epoca
recente, agli importanti progressi ottenuti.
A questi progressi non mi sarà possibile oggi accennare che
molto sommariamente, quasi di volo, perchè il grandioso svi-
luppo della industria delle costruzioni è fenomeno assai com-
plesso , che si collega intimamente a quello di altri importanti
rami della tecnica, essendo l'ingegneria navale forse la più ec-
cletica di tutte le ingegnerie, nella quale trovano, prima che
altrove, le loro pratiche applicazioni la maggior parte delle altre,
da quella dei motori a combustione a quella dei frigoriferi, da
quella della metallurgia, per la preparazione delle più perfette
corazze e dei cannoni rigati a quella della radiotelegrafia e dei
più delicati strumenti di precisione.
Quello che è certo si è che il progresso è stato rapido e gi-
gantesco ed ha avuto luogo nella marina militare come nella
marina mercantile , tanto vero che un confronto fra la più per-
fezionata nave da guerra costruita sessanta anni fa con un mo-
derno Dreadnought non è meno suggestivo di quello fra un
grande transatlantico di allora ed un Olimpic od un Titanic
odierno.
- 455

Per limitare il campo vastissimo ricorderò soltanto poche


cifre, dalle quali risulta tutto il lungo cammino rapidamente
percorso dal nostro paese negli ultimi cinquant'anni, attraverso
difficoltà non lievi e tappe successive, ognuna delle quali rap-
presenta un notevole passo in avanti.
La nostra marina mercantile contava nel 1862 solo 57 piro-
scafi quasi tutti di costruzione straniera e per un dislocamento
complessivo di tonnellate 10228, mentre dalle più recenti stati-
stiche, risulta che a tutto il 1909 ben 680 piroscafi battono ban-
diera italiana, con un dislocamento totale di oltre un milione di
tonnellate, delle quali circa 500 mila furono costruite in Italia.
La marina da guerra, alla costituzione del Regno d'Italia
non contava che 42 bastimenti a vapore, con un dislocamento
complessivo di 71.000 tonn. , mentre ora il nostro naviglio com-
battente novera 165 unità, con un dislocamento di 420,000 tonn.
La maggiore nave da battaglia della nostra flotta del 1861 ,
il vascello ad elica « Re Galintuomo » , era di tonnellate 3800 ,
ed il costo approssimativo di circa 3 milioni ; la potenza del-
l'apparato motore ne era di 450 cavalli nom. , la velocità sotto
vapore di appena 7 miglia all'ora.
Nel 1861 due sole nostre navi da battaglia, la « Terribile »
e la Formidabile », costruite in Francia, avevano lo scafo in
ferro, con corazze dello stesso metallo, dello spessore di appena
12 centimetri , ed una potenza di macchina di 400 cavalli no-
minali, che imprimevano la velocità di circa 10 nodi.
I più potenti cannoni esistenti allora erano quelli da 20 cen-
timetri, lunghi meno di tre metri, pesanti tonn. 5 circa ed a-
venti potenza balistica di 166 dinamodi.
Ora, dopo un cinquantennio, le maggiori navi da battaglia
della nostra marina tutte costruite in Italia, sono veri colossi
con dislocamento di più che 22.000 tonnellate, potenza propul-
satrice di 26.000 cav. asse, velocità di 22 e 23 miglia e costano
oltre 60 milioni ; le corazze che le proteggono sono in acciaio
cementato sistema Krupp, di grossezza di 25 e 30 centimetri ;
ed i maggiori cannoni che le armano, pesanti oltre 60 tonnel-
late e lunghi meglio che 14 metri, hanno la potenza balistica
di circa 16.000 dinamodi.
456 --

Per molti anni ancora dopo il 1860 , l'Italia fu tributaria


dell'estero per la costruzione delle navi in ferro prima, per la
fornitura degli acciai per gli scafi, delle macchine, delle arti-
glierie, delle corazze poi , ma in seguito le navi da guerra sono
state costruite in paese completamente, e gradualmente ci siamo
quasi del tutto emancipati dalla industria straniera per tutto il
materiale e gli apparecchi occorrenti.
In tal modo la nostra ingegneria navale propriamente detta
ha conquistato un degno posto d'onore e spesso le sue conce-
zioni, la sua genialità furono apprezzate ed imitate all'estero ,
mentre una industria affine a quella delle costruzioni, la metal-
lurgia, raggiungeva un grandioso sviluppo , superando le diffi-
coltà non lievi date dalla mancanza di carbon fossile.
La sola parte delle vostre discipline, mi sia consentito dirlo
con la abituale franchezza, che, pur progredendo, non ha pro-
ceduto di pari passo con le altre è l'ingegneria meccanica, nella
quale, salvo pochi tentativi isolati, noi ci siamo limitati a se-
guire da vicino quanto si faceva all'estero, senza creare tipi ori-
ginali, che gli stranieri venissero ad acquistare da noi o cer-
cassero d'imitare .
Le due più importanti riforme di questi ultimi anni (vere
rivoluzioni nella tecnica degli apparati motori ), e cioè quella
delle turbine a vapore e l'introduzione delle caldaie a tubi d'ac-
qua, furono accettate da noi solo dopo che le ebbero sperimen-
tate e adottate le marine estere : ed i tipi di queste caldaie,
di queste turbine sono tuttora tipi esteri.
Tuttavia, anche nella tecnica degli apparati motori l'Italia
ha avuto campo talvolta di distinguersi : e va citato, come esempio,
quello della combustione a nafta che la nostra marina da guerra
adotto parecchi anni prima delle altre, tanto che noi avevamo
già parecchie dozzine di torpediniere petroliere, quando persino
le marine dei paesi produttori di petrolio, ossia della Russia e
degli Stati Uniti , stavano ancora tormentandosi per trovare una
buona soluzione del problema ed i loro ingegneri venivano nel
nostro paese per compiere studii al riguardo.
Ora anche per la tecnica degli apparati motori si apre un
avvenire pieno di speranze con l'introduzione dei motori a com-
bustione interna.
-- 457 —

Invero, dopo la Francia, è il nostro paese quello che ha sa-


puto prendere per questo riguardo la miglior posizione : ne fanno
fede le 2.000 automobili che esportiamo annualmente , per un
valore di 20 a 30 milioni di lire, e il rapido sviluppo che da
noi ha potuto prendere l'aviazione militare.
Il perfezionare questo ramo nuovo della tecnica significa per
noi rivalerci della lentezza con cui estendemmo nel nostro Paese,
nella seconda metà del secolo passato, tutte le applicazioni della
macchina a vapore. Da noi vi sono già quattro o cinque grandi
case in grado di costruire motori a combustione interna di qua-
lunque potenza e di tipi del tutto originali. Ed è con vero
compiacimento che vedo che parecchie memorie riguardanti i
motori a combustione interna saranno lette e discusse in questo
Congresso : segno del vivo interesse pratico che essi suscitano.
nel nostro mondo tecnico navale, di cui si è reso oggi autore-
vole interprete l'onorevole Salvatore Orlando, già tanto beneme-
rito della vostra classe.

Signori,

Dal lavoro compiuto Voi dovete trarre gli auspici per l'av-
venire.
Agli ingegneri navali e meccanici è riservato un compito
della più grande importanza sia nel campo della economia na-
zionale, progettando e costruendo le navi mercantili che devono
spingersi rapide ed ardite nella lunga ed aspra via dei traffici
e dei commerci mondiali, sia nei riguardi della difesa del paese,
la quale da Voi attende i colossi che ne tengano alto e rispet
tato il nome.
È perciò che il paese seguirà con vivo interesse i Vostri la-
vori, i quali si iniziano nel momento in cui le navi che dalle
vostre mani uscirono, che sono l'opera vostra, solcano il mare
per la difesa del nostro nome, dei nostri interessi, apportatrici
di civiltà in regioni che già ci appartennero e che sono state
consacrate dal più grande eroismo e dal più generoso sangue
di nostra gente. (Applausi).
È con questi sentimenti, è con l'augurio vivissimo che Voi
possiate dare alla Patria navi sempre additate in tutto il mondo
-- 458

come le più belle e le più perfette, che io mi onoro di dichia-


rare aperto, nel nome Augusto di Sua Maestà il Re, il primo
Congresso nazionale degli Ingegneri Navali Italiani. (Applausi
vivissimi).

L'Ing. CHARLES DE GRAVE SELLS , rappresentante della << In-


stitution of Naval Architects » di Londra, pronuncia il seguente
discorso :

Eccellenze e Signori,

Egli è col massimo piacere che io vi porgo il saluto cor-


diale dell '« Institution of Naval Architects » , che , insieme ai
miei amici Colonnello Soliani e Colonnello Russo , sono dele-
gato a rappresentare, e per incarico del Presidente e del Con-
siglio di quella Institution debbo porgervi i migliori augurii
per il completo successo di questo Congresso.
Ed è anche coi più cordiali sentimenti che noi Inglesi ci
uniamo a voi nella celebrazione del giubileo dell'Unità Italiana
a questa celebrazione prendiamo tanto più viva parte noi che
abbiamo assistito con tanto intenso interesse al meraviglioso
progresso che l'Italia ha fatto in questi cinquant'anni , simpa-
tizzando come noi Inglesi simpatizziamo, così intieramente colle
vostre aspirazioni nazionali .
Per noi Ingegneri navali , questo è un anno affatto speciale.
Come la maggior parte di voi sa, in quest'anno noi in Inghil
terra abbiamo celebrato il giubileo del nostro Istituto di Inge-
gneri Navali , alla quale celebrazione noi fummo lieti di acco-
gliere rappresentanti Italiani , fra i quali il vostro Presidente ,
ed è questo il cinquantesimo anno dell'entrata in servizio della
prima corazzata di alto mare , che segnò il principio di una
nuova epoca nelle costruzioni navali.
Ma non è solo un messaggio di benevolenza che io vi porto
dall'Inghilterra ; più di questo è un messaggio di vero affetto.
Onde rendere più chiaramente il mio pensiero , sarà bene
che io spieghi a quelli di voi che non sono stati in Inghilterra
come colà l'educazione tenda a rendere più stretti i vincoli che
- 459

uniscono l'Inghilterra e l'Italia ; più stretti che non sia possi-


bile con qualsiasi altra nazione . Presso di noi l'educazione co-
mincia colla grammatica latina, e per certo io ho speso nello
studio della grammatica latina, venti volte il tempo che io spesi
nello studio dell' Inglese. Si studia la storia Romana prima del-
l'Inglese, cosicchè una delle prime cose che si impara è l'am
mirazione per gli antichi Romani , per il loro amore di patria,
per la loro civiltà, per il loro meraviglioso coraggio ed intrepi-
dità, onde avviene che Roma ed i Romani diventano tanto fa
migliari a noi come a qualunque alunno delle scuole di Roma
moderna.
Ma i vincoli speciali che ci uniscono a questo bel paese non
finiscono qui. Quando uno di noi sente vocazione per una delle
belle arti, la pittura, la musica o l'archittettura , è all'Italia che
egli viene a chiedere ' ispirazione ; a quella pura sorgente di
vera arte che qui soltanto si trova.
E quando in età più avanzata egli può permettersi uno
svago, non vi è paese del mondo cui si volga più prontamente
il suo pensiero che all'Italia , sia che egli voglia godere la vista
di scene nuove o di tesori artistici ; e finalmente quando sul
tramonto della vita le nostre membra si indeboliscono e noi ci
sentiamo troppo deboli per resistere al rigore dell'inverno nel
nostro Paese, è all'Italia che noi veniamo per godere del suo
bel cielo, del suo sole, della sua aria deliziosa, che ritemprano
le nostre forze e ci prolungano l'esistenza.
Così è che fra l'Inghilterra e l'Italia esiste oggi , ed io fer-
mamente confido esisterà ed aumenterà in avvenire , una cor-
rente di simpatia, un vincolo d'affetto quale non esiste tra altre
due nazioni, e l'Istituto che noi qui rappresentiamo vuol darvi
qui oggi una piccola testimonianza del nostro affetto e dell'in-
teresse che esso prende allo sviluppo di questa giovane Società.
I membri dell'Institution of Naval Architects considerano gli
Atti del nostro Istituto come cosa di grande valore, perchè rap-
presentano la storia del progresso dell' Ingegneria e della Mec-
canica Navale durante gli ultimi 50 anni , ed io per incarico
del Presidente e del Consiglio dell'Istituto stesso, devo pregarvi
di accettare il dono della raccolta completa dei volumi di tali
460

Atti, colla fiducia che essi possano riescire di grande utilità ai


Membri di questo Collegio. (Applausi).
Come istituzione noi possiamo considerarci relativamente an-
tichi, ma presi separatamente ed individualmente come Inge-
gneri Navali dobbiamo considerarci ancora nel periodo dell'in-
fanzia dell'industria nostra in confronto di voi ; poichè noi sap-
piamo che i Romani erano già una potenza navale nelle loro
guerre coi Cartaginesi, duecento cinquantasei anni avanti Cristo
quando divenne una vera necessità per essi , di avere il dominio
dei mari . A quell ' epoca però essi non erano ancora esperti ar-
chitetti di navi , ed i loro scafi erano principalmente copie di
quelli dei Cartaginesi. Presto però essi conobbero i vantaggi
della potenza marittima ed i loro costruttori navali diventarono
col tempo i primi del mondo , cosicchè noi troviamo che nel-
l'anno trentuno prima di Cristo, Augusto sconfisse le flotte riu-
nite di Antonio e Cleopatra e che la sua vittoria fu dovuta
principalmente al tipo nuovo delle sue navi che erano molto
più maneggevoli che quelle dei suoi avversari .
Da quel tempo sono trascorsi quasi venti secoli e gli Inge-
gneri Italiani hanno ancora il primato per le navi da guerra .
Anche il più recente e più grande tipo di nave da guerra è
dovuto ad un Italiano, al vostro Generale Cuniberti .
Gli Ingegneri Navali Italiani furono anche sempre sosteni-
tori della grande velocità e riuscirono ad ottenerla.
Quale importante posizione tengano gli Ingegneri Navali è
dimostrato dagli avvenimenti di queste ultime settimane. Che
sarebbe stato dell'Italia se in tali circostanze essa non avesse
avuto flotta o ne avesse avuta una non completamente efficace?
Ma io sono lieto di avere contribuito a renderla a tale alto
grado di potenzialità , avendo speso a questo scopo diciotto dei
più belli anni della mia vita.
Non posso chiudere il mio dire senza portare un reverente
saluto a coloro che dopo avere portato il loro valido contributo
al progresso dell'Ingegneria Navale in Italia ci furono rapiti
da morte ; all' Ammiraglio Brin, a quell' uomo sagace e previ-
dente ed a cui devo la mia venuta in Italia , a Pucci , amabi-
lissimo, a Masdea il di cui genio ha arricchito anche marine
- 461 -

straniere ; ed altri i di cui nomi sono ricordati con onore e ri-


veriti fra noi Ingegneri Inglesi .
Ed ora , amici miei , siamo qui per celebrare il progresso
fatto dall'Italia negli ultimi cinquant'anni . È un progresso me-
raviglioso. Della sua vera grandezza, possono rendersi conto co-
loro, che, come me , vivono in mezzo a voi. L'Italia unita si
avanza ora nel pieno vigore della virilità a prendere il posto
che le spetta fra le grandi nazioni del mondo . Che cosa sta di-
nanzi a voi ed a noi ? L'avvenire è un libro chiuso , ma voi
continuerete la vostra marcia in avanti collo stesso indomito
coraggio , collo stesso genio potente dei tempi trascorsi , e voi
potete essere certi che , sia nel pacifico campo del commercio ,
sia nel più periglioso sentiero della guerra noi saremo sempre
al vostro fianco, applaudendo ai vostri conati, ed ove ne sorga
il bisogno saremo sempre con voi pronti a far fronte ad un ne-
mico comune. (Applausi vivissimi e prolungatissimi).

PRESIDENTE. Dobbiamo ora procedere alla nomina della


presidenza.

GHIRARDI . - Credo di interpretare il pensiero di tutti pro-


ponendo i nomi seguenti, ben conosciuti nel campo dell'industria
e della tecnica.
Propongo che, oltre all'illustre presidente del Collegio degli
ingegneri navali e meccanici, on . Salvatore Orlando, siano chia-
mati a far parte del Consiglio di Presidenza, l'on. ammiraglio
Bettolo, il generale Valsecchi e gli ingegneri Soliani, Scribanti e
Giuseppe Orlando. Naturalmente, poichè l'on. Ministro della ma-
rina ci onora del Suo alto appoggio, propongo che sia conser-
vata a lui la presidenza onoraria del Congresso.

La proposta dell'ing. Ghirardi è approvata ad unanimità.


(Applausi).

PRESIDENTE. - Prego l'on. Bettolo e gli altri testé nominati


di prendere pesto al banco della Presidenza.
462 -

Assume la Presidenza l'on . LEONARDI CATTOLICA, ministro


della marina.

PRESIDENTE . - Si può iniziare subito lo svolgimento dei


temi iscritti all'ordine del giorno.

DE MARINI. Essendo presenti molti ufficiali del Genio


navale, propongo l'inversione dell'ordine del giorno e che si di-
scuta in primo luogo la comuniazione dell'on . S. Orlando « Sull'ar-
mamento principale e sulla difesa sottomarina delle navi da
battaglia ».

ORLANDO SAlvatore. Per parte mia, se l'ing. Scribanti,


non si oppone, sono pronto a riferire.

PRESIDENTE. Poichè nessuno si oppone, invertendo l'ordine


del giorno si passa alla discussioné del contributo dell' ing. Sal-
vatore Orlando « Sull'armamento principale e sulla difesa sotto-
marina delle navi da battaglia ». Invito l'ing. Orlando a riferire.

ORLANDO SALVATORE, legge la sua comunicazione. (V. pag. 29).


Alle ragioni che ho addotto qui sulla necessità di abbas-
sare il ponte corazzato in tutte le parti dove si può, aggiungo
un'altra considerazione , quella relativa ai casi di invasione
dell'apparato motore. Evidentemente l'abolizione delle paratie
centrali , che pare oramai entrata nell'uso generale, porta alla
adozione di apparati motori su tre assi invece che su quattro.
Oltre alla conseguenza di avere l'indipendenza assoluta dei mo-
tori e un miglior rendimento , per il maggior diametro delle
eliche, si ha per queste anche una maggiore protezione.
Questa disposizione però non consente di fare camere di mac-
china di larghezza maggiore di 6 metri circa e per ciò tutti gli ap-
parecchi ausiliari , condensatori ecc. devono collocarsi, si può dire,
in fila. Da qui la necessità di avere locali di macchina non in-
feriori a 19 metri di lunghezza.
Ora nel caso di un attacco di siluro sul fianco della nave,
se noi riteniamo, almeno come sembra probabile, che tutte le
paratie che circondano il punto colpito (paratie di carbonili e
- 463 -

paratia corazzata longitudinale) che costituiscono i comparti-


mento corrispondente alla esplosione siano spezzate, si avrebbe
l'invasione degli altri due compartimenti laterali contigui e di
un compartimento di macchina , e si avrebbe così allagata tutta
questa sezione per 19 metri circa di lunghezza, il che darebbe
una invasione di acqua che, nel tipo di ponte alto, produrrebbe,
con un'altezza metacentrica di m . 1,80, uno sbandamento di
14° 30' che è già una inclinazione molto grave . E se teniamo
conto di navi che avessero un impianto di più e quindi altezze
metacentriche minori (forse di 1,50 o 1,70 ) molto probabilmente
questi 14° 30' andrebbero a 18°, molto vicini cioè all'inclinazione
indicata dagli autori inglesi come temibile.
E se tenete conto dell'affondamento che la nave assume col-
l'acqua introdotta (e non solo affondamento ma anche appoppa-
mento poichè questi locali poppieri verrebbero invasi da circa
1300 tonnellate di acqua) ed a questa già inclinata di 15º
sopravvenissero altre cause di sbandamento, come l'effetto del
timone od il mare agitato, credo che la sua posizione sarebbe
assai pericolosa data la limitata altezza di bordo.
Si sono proposti dei sistemi di compensazione, come l'alla-
gamento dei compartimenti del lato opposto a quello allagato,
ma io osservo che nel caso d'invasione di tre compartimenti la-
terali e tanto più poi se venisse invaso anche quello di mac-
china contiguo , non si può in tal caso pensare al raddoppia-
mento di una così grande quantità d'acqua.
Inoltre anche questi locali di allagamento se ti consideriamo
come allagabili in un tempo abbastanza lungo, con delle comu-
nicazioni cioè di sezione ridotta, ove la nave restasse a 15º o 16º
di inclinazione anche per pochi minuti, colle condizioni di mare
agitato o di altre cause perturbatrici concorrenti si potrebbe tro-
vare nell'eventualità di perdere la propria stabilità e rovesciarsi ,
come è accaduto nelle ultime esperienze ed anche nella guerra
russo giapponese, dove navi corazzate moderne colpite sotto il
ponte corazzato hanno finito per rovesciarsi.
Quindi mi pare anche problematico il successo dei sistemi
di compensazione perchè : o le comunicazioni sono ristrette e il
tempo che s'impiega per riempire il compartimento opposto è
--- 464 -

tanto lungo da dar tempo alla nave di rovesciarsi , oppure sono


rapide ed allora verremmo a fare così dei scompartimenti di stiva
immensi, ciò che è contrario a tutte le regole che si usano adesso
di riduzione di questi compartimenti.
Ritengo per ciò che, dato l'attuale stato di cose, per il quale
il pericolo maggiore è quello sottomarino la posizione del ponte
corazzato, che è il più resistente, contro questo genere di offese,
si dovrebbe assolutamente modificare.
Con questo ho finito, salvo a dare nuovi schiarimenti a chi
li desiderasse. (Applausi).

BETTOLO . (Tiri applausi) - Signori , la nave da battaglia ,


considerata con concetto meccanico , rappresenta una potenza
capace di produrre un determinato lavoro offensivo , che viene
commisurato all'armamento, alla difesa, alla mobilità della nave
stessa. L'armamento costituisce il requisito essenzialmente of
fensivo. La difesa mira a mantenerne integra l'efficienza e quindi
a prorogarne l'efficacia degli effetti . La mobilità consente d'im-
pegnare il combattimento nelle migliori condizioni di tempo e
di luogo e colle forme e le modalità più opportune. Sopra i
rapporti che cementano questa specie di trilogia di potenza ,
parlò sapientemente l'onorevole Salvatore Orlando , il quale sa
portare in tutte le quistioni che interessano la marina altret-
tanto amore quanto illuminata competenza. Consentite alla mia
matura esperienza di aggiungere qualche considerazione e,
poichè in una assemblea eletta di personalità tecniche come
questa, sarebbe superflua opera scolastica indugiarsi a ricordare
da quali criteri usciva l'organismo della moderna nave da bat-
taglia, che vuolsi individuare nel tipo Dreadnought, mi limiterò
a toccare solamente quegli argomenti che, nel campo della tec-
nica , sono ancora indefiniti e sui quali non è ancora generale
il consenso delle opini ni.
Armamento. È noto ed è generalmente ammesso che l'ar-
mamento della nuova nave da battaglia deve essere monoca-
libro, composto di un numero di cannoni di grande potenza ,
numero che conviene che sia il maggiore possibile , avuto ri-
guardo alle difficoltà delle interferenze e degli spostamenti ec-
:
465 -

cessivi , e perchè consenta di mantenere delle proba¦ilità di col-


pire ancora sufficientemente grandi, alle maggiori distanze di
combattimento, quando forse non si può fare più assegnamento
sull'efficace forza dei proiettili , ma si può fare assegnamento
sopra quelle cause di demoralizzazione ed anche di danni ma-
teriali ai quali accennerò or ora.
L'importanza di questo concetto fu ben compresa dalla ma-
rina nord-americana la quale ha cercato di allenare il proprio
personale a tiri per distanze di 14.000 metri e , nello scorso
agosto, si riferisce di una serie di tiri che si è cosi compiuta
dal Delawera contro il San Marcos , alla distanza di 16 mila
yards , distanza alla quale non si poteva certamente pensare a
perforare la corazza , ma disorganizzare fin da principio il ser-
vizio, per la regolarizzazione del tiro, giacchè in una nave per
quanto potente, guai se manca il cervello per poter mirare di-
ritto al bersaglio. Sotto questo riguardo la teorica e la pratica
ei forniscono insegnamenti grandi.
Si sa che, nella regolarizzazione del tiro, si mira di sovrap-
porre il centro della rosa di tiro sopra il centro del bersaglio.
Questo si ottiene con successive salve cercando di diminuire ciò
che si dice l'eccentricità, ossia la distanza fra i due centri. Ora
la diminuzione di questa eccentricità è funzione della densità
della rosa di tiro e, conseguentemente , è funzione del numero
dei pezzi che possono sparare simultaneamente. Quindi il nu-
mero , nell'armamento , ha un' importanza forse maggiore di
quella che si possa da principio apprezzare, ed è un'importanza
maggiore anche dell'ampiezza di quei settori nei quali è possi-
bile di concentrare il maggior numero di cannoni e dei quali
parleremo in seguito, cioè nei settori di fianco. Sotto questo ri-
guardo il cannone da 305 rappresenta un cannone che si ac-
concia molto ad un armamento numeroso, in quanto che ha un
peso relativamente moderato, senza contare che, in seguito alle
frequenti riproduzioni che ebbe , ha raggiunto un grandissimo
grado di perfezione , sia nel suo tracciato balistico sia nei par-
ticolari costitutivi del suo impianto e della sua costruzione.
Così vediamo che, fino a ieri, tutti i Dreadnoughts, persistettero
nell'applicazione del cannone da 305.
+

466 -
1
Ma bisogna però considerare che l'accentuato progresso nella
corazzatura sia per quanto si riferisce alla qualità , sia per i
concetti nuovi , circa la sua grossezza e la sua estensione (au-
mentando gli spessori delle corazze anche nelle parti che un
giorno si credeva che si potessero caraterizzare come vitali ,
mentre oggi si può ritenere che tutto l'interno della nave sia
vitale, ed estesa la superficie corazzata in modo da coprire e
proteggere tutte le parti della nave esposte al tiro) ha fatto cre-
dere e fondatamente ritenere che il 305 se deficiente di efficacia.
Si è cercato di aumentare questa efficacia , lavorando su tutti
quegli elementi balistici , densità di caricamento , qualità delle
polveri, massa di esplosione, aumento nel numero di espansioni,
allungando il cannone fino a 50 calibri e si è cercato di uti-
lizzare l'aumento dell' efficacia del cannone specie alle grandi
distanze di combattimento. Ma , come doveva avvenire , c'è
stato un punto di arresto, in quanto che vai sapete che le ero-
sioni che si manifestano nell' animo dei pezzi , sono dovute a
cause chimiche e meccaniche che , in gran parte , trovano la
loro origine dalle alte pressioni e dalle alte temperature. Quindi
il cannone da 305 , anche senza andare ai 50 calibri e mante-
nendogli tensioni uguali a quelle che sono in uso presso la nostra
marina , attorno ai 50 colpi comincia a deteriorarsi negli ele-
menti che influiscono sulla precisione del tiro e si può assicurare
che il cannone sia inservibile all'80 ° o al 100 ° colpo.
Da ciò la necessità di aumentare il calibro perchè , con un
un calibro maggiore , è possibile, mantenendo la pressione in-
terna minore, (necessitando una velocità iniziale inferiore) di
potere per tutto il tratto della traiettoria , avere delle energie
uguali , non solo , ma anche superiori a quelle che si possono
ottenere col cannone da 305.
E difatti a questa tendenza si sono associate , si può dire ,
oramai tutte le marine del mondo. Vediamo l'Inghilterra ar-
mare i suoi Orion con cannoni da 343 e studiare già il 356 ;
vediamo gli Stati Uniti tenere in progetto delle navi alle quali
saranno assegnati cannoni da 356. La Francia ha in istudio il
340 , la Germania il 350 e così via discorrendo. Per modo che
pare che da tutti sia accettato il principio della necessità del-
- 467 — >

l'aumento dei calibri , senza contare che , con questo aumento


si potrà ottenere un altro vantaggio , quello di aumentare la
potenza perforatrice della granata e la potenzialità di scoppio
della granata ad alto esplosivo.
Sotto questo punto di vista noi possiamo fare qualche con-
siderazione che torna favorevole all' aumento del calibro . Voi
sapete che i cannoni maggiori sono muniti di due specie di
proiettili , proiettile cosi detto palla o granata perforante che
ha l'attitudine speciale della perforazione e granata ad alto
esplosivo che è più particolarmente impiegata contro le opere
debolmente corazzate o non corazzate per portare lo sterminio
e l'incendio nell'interno della nave.
Ora non è necessario dimostrare quale inconveniente possa
sorgere da questa dualità di munizionamento , perchè come si
potrà prevedere col rapido mutamento della situazione dei ber-
sagli che si presenteranno attraverso le vicende del combatti-
mento, se convenga caricare la nostra artiglieria con l'uno o
con l'altro proiettile? E considerando lo stesso proiettile, potete
voi assicurare che al punto colpito sarebbe per avventura meglio
convenuta la granata perforante o quella ad alto esplosivo ? È
quindi logica la preoccupazione degli ingegneri e degli artiglieri
i quali, fino da 10 anni, si imposero il problema del proiettile
unico. Ma, purtroppo, col 305 questa soluzione non fu possibile
giacchè la necessità di ridurre la grossezza delle pareti nella
parte cilindrica del proietto , in modo da raggiungere una ca
pacità di scoppio sufficientemente grande, lo indeboliva talmente
che o si doveva sacrificare troppo alle esigenze della granata
ad alto esplosivo, o si doveva sacrificare troppo alle esigenze del
proiettile perforante , per modo che in ultima analisi si aveva
un proiettile nè perforante nè ad alto esplosivo.
Ora è evidente che, coll'aumento del calibro, si potrà ottenere
la soluzione del problema e questa è un' altra ragione per me
di particolare importanza, la quale induce ad aumentare il ca-
libro.
E passo alla questione che ha interessato l'egregio conferen-
ziere, l'amico Salvatore Orlando ; la disposizione delle artiglierie
nei rapporti coi campi di tiro.
:

- 468
1

L'on. Orlando lamenta una certa instabilità nei criteri tat-


tici che guidano il programma delle nostre costruzioni navali
in particolare. Egli dice :
<< Se non che, i criteri tattici sono differenti a seconda delle
« varie scuole , o inutano col variare delle direttive politiche o
<< in seguito ad avvenimenti guerreschi e alle deduzioni che, a
« ragione o a torto , si traggono da essi, e mutano anche a se-
< conda delle vedute personali di chi , in determinati periodi
<< costruttivi è destinato al comando della flotta in caso di guerra.
« Ed allora per l'alternarsi della prevalenza delle varie scuole
<< si è veduto , in periodi di tempo non lunghi , passare dalle
<< navi a impianti sullo stesso ponte, con un solo impianto per
<< ogni settore estremo, a quelle a tiro sovrapposto con due im-
pianti per ogni estremità , per poi tornare , come nei recenti
<< programmi ministeriali , nuovamente alla primitiva sistema-
<< zione, dando una grande prevalenza al fuoco laterale ed una
<< minima a quello estremo ».
Ma è proprio vero, on. Orlando, che tra coloro i quali hanno
presieduto alla manifestazione di questi criteri tattici, vi sia
stata tanta instabilità ? Io non lo credo. Forse l'impressione la-
sciata nella mente dell'On. Orlando bisogna ricercarla in tempi
molto anteriori , allorchè le artiglierie non avevano raggiunto il
grado di precisione che si è potuto conseguire oggi ; allora giu-
stamente si sosteneva che l'azione risolutiva del combattimento
navale non poteva effettuarsi che difficilmente colle artiglierie,
ma vi erano due armi che potevano sortire tale effetto , il siluro
e lo sprono. E difatti, oltre i 1500 metri , si avevano pochissime
probabilità di colpire un bersaglio ordinario. Oggi invece (ed
io lo esposi in principio di queste mie poche parole) si tratta
di portare il tiro, con sufficiente probabilità di colpire, a 14 mila
metri , a 16 mila yards , quindi tutti i combattimenti saranno
evidentemente basati sul principio risolutivo delle artiglierie.
Sarà occasionale l'uso del siluro e l'urto, ma i modi e le forme
dell'azione navale debbono essere basati sopra la migliore uti
lizzazione dei cannoni di cui si dispone a bordo.
E quale è questa migliore utilizzazione? L'on. Orlando dice
a questo riguardo, siete incerti e, quindi, io procuro tale dispo
W
!

P
469

sizione che, se prevale la scuola dell'ammiraglio Bettolo o quella


dell'ammiraglio Cattolica (i quali possono essere molto concordi
ma possono anche non esserlo) ( si ride) voi abbiate sempre un
istrumento appropriato. È il problema delle medie.
Ma quando noi possiamo affermarci sopra disposizioni capaci
di dare il massimo rendimento , perchè dobbiamo accettare il
principio della media ? E che sia sicuro che il problema possa
risolversi concentrando i fuochi sui fianchi lo ebbe a riconoscere
lo stesso Salvatore Orlando ; ma egli vuole che non tutto sia
sacrificato a questo principio, ma che sia altrettanto sacrificato
per lo meno al tiro diretto di prora.
Ora brevemente vi dimostrerò che nel settore di massima of-
fesa laterale, ogni aumento di 5 gradi nella sua ampiezza equi-
vale presso a poco all'aumento di un miglio nella velocità rela-

tiva, cioè in quella velocità per la quale si può padroneggiare


la distanza rispetto al nemico. In altri termini il sacrificio di
5 gradi, vale il sacrificio di un miglio, rispetto all' avanzo che
può avere il nemico verso di voi , quando si voglia utilizzare
il settore di massima offesa sul fianco.
Supponiamo (veggasi la figura unita) per un momento due
navi, una armata potentemente da prua con 6 o 9 pezzi , come
nel progetto Orlando, l'altra che abbia tutti i pezzi ( sacrificando
pure un po ' di tiro di pror . ) tutti organizzati in modo da po-
tere essere concentrati per un ampio settore di massima offesa ,
120 o 130 gradi sul traverso. Le due navi hanno velocità uguali
e si trovano in principio alla distanza di 9 mila metri , contatto
balistico nel quale il fuoco può aprirsi con accentuata probabi-
lità di colpire.
La nave A la quale segue la tattica prediletta o , non pre-
diletta , per lo meno non ugualmente favorita come l'altra ,
dall'on. Orlando, volge la sua prua verso la nave B nemica, il
cui comandante seguace della teorica che io vado esponendo ,
ruota e cerca di mettere nel campo di tutte le sue artiglierie ,
la nave A. Ora la rotta della nave B sarà più o meno incli-
nata a seconda che il suo settore di massima offesa sarà più o
menɔ ampio. E che cosa vuol dire inclinare più o meno la rotta?
Vuol dire ritardare il momento in cui la nave A si può avvici
- 470 11

nare alla nave B, perchè se essa la inclina di pochi gradi di


più, impiega più tempo, mentre se si mette quasi normale l'in-
contro avverrà più rapidamente. Se supponete che la nave B,
rilevi la nave A a 120° gradi e la nave A rilevi la nave B
sempre di prua , ne viene che prima che la nave A arrivi a
stringere la distanza da 9 mila a 3 mila metri , cioè raggiunga
la distanza in cui si può usare il siluro, passa un'ora e 30 mi-
nuti e durante tutto questo tempo questa nave fa fuoco con 6
e 9 cannoni e l'altra con 12. Ora non vi pare che la superiorità
di 6 cannoni contro il nemico , cioè di due unità contro una ,
dia una tale prevalenza da generalizzare un criterio pratico
per la disposizione delle artiglierie ?
A me la cosa pare indiscutibile. Non escludo che si debba
anche armare la prora cercando di sopraelevare l'impianto del
centro sull'estremo, ma fino al limite di non compromettere so-
verchiamente il settore laterale di massima offesa giacchè il
sacrificio di questo è un sacrificio che urta contro la forma ti-
pica del combattimento navale.
Ed ora dovrei dire qualche cosa ancora ma il tempo stringe
(No! No! Parli! Parli ! ) Vorrei dire qualche cosa sopra l'arma
mento antisilurante , perchè anche qui vi sono divergenze di
idee.
La questione dell'armamento antisilurante deve essere posta
in relazione coll'obbiettivo che si può raggiungere e colle dif-
ficoltà che si debbono superare per conseguirlo. Negli attacchi
delle siluranti contro le navi maggiori si procederà sempre per
agguato in grandi masse e per insidie, quindi nella condizione
in cui questi speciali attacchi , queste insidie possono realizzarsi.
Probabilmente, anzi si può dire quasi con esclusione, l'attacco
delle torpediniere sarà svolto durante la notte , attraverso la
quale si hanno bersagli incerti, distanze difficilmente apprezza-
bili, mutamenti rapidissimi nelle stesse distanze quando per
combinazione si è riusciti una volta a fissarle. La prima Dread-
nought contro le siluranti era armata , come sapete , con can-
noni da 76 e questo concetto rivelava specialmente la preoccu-
pazione che quando si tratta di respingere un attacco che è
nelle condizioni di quello che ci può venire dalle torpediniere
471

bisogna avere la maggiore possibile intensità di fuoco e un


gran numero di cannoni che abbiano libero e largo campo
sopra l'orizzonte. A questa condizione debbono essere sacrificate
tutte le altre.
Ora c'è una tendenza , a comporre in tutto o in parte gli
armamenti antisiluranti , con cannoni da 152. Secondo il mio
modo di vedere non potrei associarmi a questa tendenza. Il can-
cannone da 152 ha certamente un'efficacia maggiore del 120 e
del 100 e tanto più del 76. Ma evidentemente a peso uguale
ne potete mettere meno a bordo. Ed ecco una prima inferiorità
rispetto all'obbiettivo da raggiungere. Non solo : avete maggiore
efficacia, ma è un'efficacia direi quasi sprecata rispetto all' at-
tacco delle siluranti. Ultimamente a Spezia bastò un colpo di
una granata da 76 per paralizzare assolutamente una torpedi-
piera. E' vero che le torpediniere non resteranno sempre delle
dimensioni attuali , ma avranno delle dimensioni sempre mag-
giori e quindi contro di esse si potrà usare il 100 o il 120, ma
andare al 152 sarebbe un'efficacia sprecata per respingere l'at
tacco delle torpediniere. Il 152 sarebbe certo più efficace per le
maggiori distanze, ma alle maggiori distanze, non avete ancora
scoperto le torpediniere, perchè è a tremila metri che potete ve-
dere il bersaglio, precisarlo ed individuarlo coi proiettori , ed a
tremila metri gli elementi balistici che sono favorevoli alla pro-
babilità di colpire sono pressochè uguali tanto per i cannoni
da 100 e da 120 che per quelli da 152. Non escludo che vi
siano ragioni per le quali si possa trovare un utile impiego dei
cannoni da 152 a bordo . Certo contro le navi non completamente
corazzate , che hanno il 40 o il 50 per cento di bersaglio non
corazzato, gli scouts e le altre navi colle quali potete venire a
contatto, il 152 vi potrà rendere dei preziosi servigi, ma quello
che tengo a dichiarare è che non deve per nulla essere resa
ibrida la soluzione che si riferisce alla difesa contro le siluranti ,
con la intrusione del cannone da 152. La difesa contro le silu-
ranti deve avere i suoi caratteri speciali e , se credete di mettere
un armamento da 152 , deve essere messo con criteri del tutto
diversi da quelli per i quali si stabiliscono le difese antisiluranti.
- 472 -

Adesso dovrei parlarvi della difesa e della mobilità ma sic-


come è tardi permetettemi se mai di annoiarvi in altro mo-
mento. (Vivissimi applausi).
Signori, vorrei che questi criteri che in maniera così disa-
dorna vi ho esposto , trovassero qualche favoa: nel programma
delle nostre navi da battaglia , in quel programma che fu lo
spirito dell' originaria geniale concezione di Luigi De Saint Bon e
di Benedetto Brin tutto quel programma che io ho proposto e che
le elette menti dei nostri ingegneri sapranno incarnare nelle
possenti unità della nostra flotta rinnovata dal progresso. A farla
temuta in pace e gloriosa in guerra penserà il marinaio ita-
liano. (Benissimo)
Ce ne affidano lo spirito e l'opera di coloro che , nell'ora in
cui parliamo , sul mare e sulla costa della conquista africana ,
hanno saputo tenere alto il nome sacro d'Italia a fianco del
nostro valoroso esercito, cementando nel sangue sacri vincoli di
solidarietà fraterna. Sotto questo auspicio , e, sono sicuro , sotto
i fattori di potenza ai quali abbiamo accennato, possiamo bene
auspicare alla grandezza della patria nostra. (Applausi vivissimi
-
e prolungati. Moltissimi congressisti vanno a congratularsi col-
l'oratore).
Il Ministro Leonardi Cattolica si allontana dall' aula.

Assume la Presidenza l'on. BETTOLO.

ORLANDO GIUSEPPE. Non sono preparato, ma poichè l'ar


gomento, che l'on. Bettolo con la sua alta competenza, ha così
maestrevolmente toccato, è della più grande importanza per noi
ingegneri navali, ai quali è affidato lo studio delle navi, dap
poichè Egli con nuovo spirito aperto e liberale ha dischiusa
questa alcova, della quale finora non era consentito l'accesso a
noi borghesi, voglia consentire a me, nella mia modesta compe-
tenza di seguirne l'esempio esprimendo in questa pubblica di-
scussione qualche mia osservazione, intorno ai concetti da Lui
esposti .
Il nostro illustre Presidente Amm. Bettolo vorrà perdonarmi
se io dissento da lui su qualche punto della sua dotta esposi-
zione relativamente all'armamento militare della nave moderna.
- 473 -

Sorvolo, per ora , su quanto il Presidente del nostro Collegio


Ing. Salvatore Orlando ha esposto circa le varie disposizioni del
ponte protetto. Credo, anche io, che qualche modificazione possa
farsi anche senza seguire interamente il suo concetto , che si
avvicina a quello francese ; credo che si potrebbe rendere cellu-
lare una parte dei compartimenti al disotto del ponte protetto,
ottenendo la stessa efficacia da lui prospettata, senza tuttavia
esprimere alcuna fiducia sulla efficacia della corazzatura interna.
Credo piuttosto che un sistema di paratie longitudinali interne,
elastiche, possa rispondere maggiormente allo scopo della difesa
subacquea. Egualmente io ritengo che all'atto pratico non poche
difficoltà si opporrebbero alla pratica sistemazione delle arti-
glierie maggiori come da lui consigliata.
Sono invece con lui d'accordo che cccorra aumentare effica-
cemente il tiro di caccia e di ritirata, ma ritengo che difficil-
mente, date le forme della nave, potrebbero sistemarsi sui lati
artiglierie superiori ai 12 pollici e ad ogni modo la linea del
fuoco dovrebbe essere maggiormente allontanata dalle sovrastrut-
ture e dai camini nella lunga sua traiettoria sopra la nave.
Ed ora passando a quanto ha così brillantemente esposto il
nostro illustre Presidente io sono perfettamente d'accordo che il
cannone da 12 pollici è oramai perfetto per le tante riprodu-
zioni che hanno successivamente suggerite le varie modificazioni.
Alcune di esse, intese a trarre la maggiore intensità di fuoco
da questo cannone, ci hanno condotto ad un allungamento ec-
cessivo dell'anima sì da renderlo alquanto flessibile e deforma-
bile, mentre il conseguente aumento della carica e del peso del
proietto, ha bensì procurato il desiderato aumento di forza viva
del proietto, ma a detrimento della durata dell'arma.
Significanti esperienze furono eseguite l'anno scorso in In-
ghilterra fra cannoni di 12 e 13 , pollici e di 45 calibri, il
primo con velocità e peso di proietto corrispondenti alle attuali
esigenze ed il secondo con peso di proietto proporzionatamente
maggiore ma con velocità ridotta pur avendosi una energia alla
bocca del 25 % superiore.
Ebbene, col cannone da 12" dopo 40 colpi le erosioni del
tubo interno erano tali da far perdere al proietto oltre 60 metri
- 474 —

di velocità al secondo, il quale inconveniente andavasi, con cre


scente rapporto, aumentando finchè al 100° colpo l'arma era
fuori servizio. A questo aveva già accennato il nostro illustre
Presidente on. Bettòlo. Ma aggiungo che nelle dette esperienze
comparative risultò il vantaggio incontestabile del cannone da
13 , pollici che dopo 80 colpi , del 25 % più efficienti di quelli
del 12", aveva perduto solamente 10 metri di velocità del proietto.
mantenendo praticamente elevata tale velocità anche dopo il
60° colpo, costatandosi solamente leggere erosioni nell'anima del
pezzo.
Le erosioni sono molto probabilmente dovute al peso del
proietto rispetto al calibro, alla pressione dei gas ed alla velo-
cità del proietto e conseguente attrito della sua cintura. Ad
ogni modo i risultati pratici di tali esperienze rendono chiara.
la necessità di passare almeno, dal 12 pollici al calibro 13 1 ;
ossia dal 305 /m al 343 " m seppure non si vuole arrivare al
cannone da 14 pollici (m/m 356 ) adottato già da tre navi inglesi.
La Turchia che ha una delle due navi già in costruzione,
ed alla quale erano stati destinati cannoni da 12 pollici, due
mesi fa ha deliberato di adottare il cannone 13 , pollici . Noi
non abbiamo niente di tutto ciò, neanche in progetto, mentre
l'Inghilterra ha già 13 navi con cannoni da 13 " e la Ger-
mania due in costruzione con cannoni da 14".
Queste cose sono oramai note a tutti ed io credo che sia
utile che queste discussioni, che sono così interessanti, si fac-
ciano pubblicamente fra i competenti e senza tanti misteri , per
chè ciò farà decidere coloro da cui dipende una adozione che
ormai si impone.

PRESIDENTE. — Tanto più che non è nemmeno esatto che


tutto ciò non sia in progetto. (Si ride).

ORLANDO GIUSEPPE. Sulla carta lo so. E l'on . Bettòlo sa


che ho da tempo presentati anch'io dei progetti . Ma aver vo-
lumi di progetti non significa che ancora sia stato ritenuto con-
veniente, anzi necessario, di attuarli -oo di prendere una de-
cisa direttiva in proposito.
-- 475 ---

Dunque secondo me il cannone da 12 pollici col suo proietto


è efficacissimo quando si
dotato di oltre 900 m. di velocità,
tratti di perforare corazze. Ma io credo che con i concetti mo-
derni ciò non sia la più pratica esplicazione dell'offesa, mentre
che col tipo di proietto perforante ed esplodente ad ampia ca-
mera interna e coi moderni esplodenti la maggiore offesa alla
nave nemica derivi dalla maggiore quantità di alto esplodente
che si può lanciare contro i suoi fianchi , con effetti così terri-
ficanti e demoralizzanti da decidere delle sorti dell'attacco con
poche salve di colpi.
Credo quindi indispensabile l'aumento del calibro, al doppio
scopo di permettere di lanciare la maggior quantità di alto
esplosivo, con la maggiore durata efficace dell'arma.
Nella guerra navale moderna, data la rapidità con la quale
potrà svolgersi, è facile comprendere non essere agevole cosa il
ricambio dei cannoni dopo il 40° o 60° colpo. Salvo pochi pezzi
di rispetto a disposizione occorrerà ricorrere al ritubamento dei
cannoni logorati , operazione che richiede un tempo relativamente
lungo in un Arsenale ben protetto obbligando intanto la nave
ad una penosa inattività.
E passiamo ad un altro punto sul quale, con la franchezza
consentitami dal nostro illustre Presidente Amm. Bettolo, dirò
che non sono d'accordo con lui.
Intendo riferirmi a quanto riflette l'adozione del cannone da
152 nelle navi maggiori - Io, l'on. Bettolo lo sa, ho costante-
mente da oltre un anno e mezzo , propugnata la resurrezione di
questa maneggevole e potente bocca da fuoco.
Il compianto comandante Ronca , nella sua alta competenza,
mi aveva in ciò incoraggiato ed io proposi in varii miei pro-
getti un armamento secondario costituito da cannoni da 152 m/m,
arma pratica perchè è frutto di una lunga esperienza e perchè
ha un proiettile ottimo che pel suo peso di 45-55 Kg. si ma-
neggia ancora a braccia ; e le braccia, voi lo sapete, sono ancora
la migliore macchina, non soggetta a guasti e che facilmente.
si può sostituire. È nota d'altra parte la rapidità e la precisione
del tiro dei 152 mm. Ora io non dico che questo cannone debba
essere adoperato esclusivamente come antisilurante , ma è un
— 476 1

cannone che, dopo iniziata la problematica battaglia a 10 mila


metri, potrà efficacemente entrare in azione unitamente ai ca-
libri maggiori. L'incertezza del tiro a 10 mila metri, per la fo-
schia dell'atmosfera, farà decidere chi ha fiducia nella propria
nave a ravvicinare la distanza se pure non sarà avvicinato dal
nemico ed allora a 7000 metri le batterie dei 152 porteranno la
loro efficace opera contro le sovrastrutture. Il tipo unico dei
proietti da 152 preconizzato dall'Amm . Bettolo e dall'Amm . Aval-
lone è già praticamente e con successo fabbricato dalla nostra
maggior acciaieria e sarà , ne ho fiducia, presto efficacemente
impiegato.
E così mentre i gruppi di cannoni da 152 concentrati a prua
ed a poppa potranno ausiliare efficacemente quelli di maggior
calibro, potranno molto meglio che i cannoni da 120 sostituire
qualche impianto di grande calibro che per effetto di avaria,
VIST

anche leggera, restasse paralizzato nella sua azione.


E nello stesso tempo le batterie da 152 saranno sempre
pronte anche a respingere un attacco di siluranti.
y.y

Non intendo con ciò che debbasi abolire le artiglierie di ca-


libro inferiore con libero campo visivo e di grande maneggiabilità.
Con l'adozione del 152 evidentemente si può fare a meno
del 120 e si può scendere, come antisilurante, al cannone da
4 pollici ( 102 m/ m) ed anche al 76 m/m ma è indispensabile
che queste artiglierie, sprovviste di scudi, possano essere tenute
sotto protezione fino a quando non debbano entrare in azione.
Senza di ciò la nave che avrà sopportato l'attacco delle
grandi e mediane artiglierie nemiche si troverebbe con le arti-
glierie antisiluranti, che per necessità di posizione sono spro-
tette, addirittura inutilizzate.
È da diversi anni e per iniziativa dell'Amm. Mirabello che
si sta esperimentando in modo più pronto e più pratico per
mettere sotto protezione questi cannoni minori e per portarli in
posizione di combattimento al momento opportuno.
Il Comandante Cagni ha già raggiunto, con la sua compe-
tenza e con la sua tenacia, quanto praticamente poteva conse-
guirsi, ma tuttavia data la necessità di smontamento e rimon-
tamento dei congegni di mira ciò non può ancora rispondere
477

alle imperiose necessità dell'azione di combattimento. Occorre


poter compiere l'operazione prontamente senza alcun'altra prepa-
razione od aggiustamento per modo che in pochissimi minuti
tutti i pezzi antisiluranti possano essere posti in posizione per
entrare immediatamente in azione.
Io ho fiducia che questo importante problema sia oramai ri-
solto e che possa prontamente essere esperimentato.
Riassumendo confido che l'illustre Amm. Bettòlo, vorrà ac-
cordarmi venia se per la libera discussione da Lui consentita
ed iniziata, io ho potuto, senza preoccupazioni, esporre i miei
convincimenti formulando l'augurio che sia alfine prossimo l'av-
vento di un calibro alquanto maggiore del 305 sulle nostre
maggiori navi e che il probo e fidato cannone da 152, riconsa-
crato, possa tornarvi a far sentire la sua voce a maggiore gloria
della nostra valorosa marina.

PRESIDENTE. Debbo una risposta al cortese oratore che


mi ha mosso queste obbiezioni. Egli mi domanda di ribattezzare
il cannone da 152. Io particolarmente per le simpatie che ad
esso ci legano l'ho oramai battezzato. Ma non solo mi piace di
poterlo tranquillare sotto il riguardo che ci troviamo quasi com-
pletamente d'accordo nel riprendere il calibro di 152. Ho detto
che il 152 è un cannone che può trovare utile impiego nelle
vicende della guerra marittima. Egli ha voluto indicare qualche
caso speciale che io per la fretta forse non ho indicato. Ma ba-
date che per l'impiego antisilurante non solo ci vogliono delle
condizioni speciali ma anche il cannone a scomparsa e quindi
egli è andato al di là di me ed io ho raccolto questa sua idea.
Ma per l'amor di Dio non facciamo in modo che la voluttà che
si può sentire per l'impiego del 152 , ci faccia dimenticare che
c'è una minaccia ben più forte di quella che può scongiurare il 152,
ed è la minaccia dell' insidia. E con questo non aggiungo altro.

ROTA. - Dati i mezzi offensivi a distanza di cui dispongono


oggidì le navi da guerra, a me sembra che necessiti premunirsi
nel miglior modo contro i danni che possono arrecare le arti-
glierie, e perciò : corazzatura delle murate, e mezzi adeguati
- 478 .

all'interno per attenuare principalmente gli effetti dell'irruzione


dell'acqua, traverso le breccie prodotte eventualmente allo esterno.
Per quanto ha tratto alla seconda parte, il sistema proposto
dall' on. Orlando , a mio avviso, non pare preferibile a quello
usuale caratterizzato dal ponte protetto obliquo. Considerato il
caso di una breccia al galleggiamento, la massa d'acqua che
potrà penetrare all'interno, sarà assai minore se havvi un ponte
protetto con superficie inclinata sui fianchi, e quel che più
monta, la stabilità della nave subirà, in quella ipotesi, assai
meno danno per la poca estensione della superficie libera dell'ac
qua entrata.
Su tale proposito sono perfettamente d'accordo con l'ing. So-
liani nel ritenere assai conveniente l'adozione del ponte coraz-
zato con superficie laterale obliqua estesa più che possibile in
altezza. Ciò premesso parmi, che pur preoccupandosi degli effetti
dovuti all'azione dei siluri, non debbansi trascurare quelli dovuti
agli effetti dei proiettili , come ha detto l'on Bettolo. (approva-
zioni).

SOLIANI. - L'egregio colonnello Rota mi ha nominato e


mentre avrei fatto volentieri a meno di parlare, sento l'obbligo
di difendere l'idea che egli ha propugnato. Secondo me il ponte
corazzato basso sostenuto dall'on. Orlando ha il difetto di ren-
dere la stabilità della nave molto precaria in combattimento. Il
nostro presidente Ammiraglio Bettòlo ha dimostrato, ed in que-
sto credo che egli sia di una competenza altissima, che nei
combattimenti moderni l'arma che avrà la preponderanza e de-
terminerà l'azione decisiva è l'artiglieria. Perciò ci dobbiamo
preoccupare principalmente degli effetti delle artiglierie a parare
i quali il ponte corazzato all'antica appare più favorevole di
quello proposto dall' on. Orlando.
Il colonnello Rota ha accennato alla mia idea di prolungare
il ponte corazzato più in alto di quanto si usa finora al fine di
una maggiore difesa contro le grosse granate a grande quantità
di esplosivo, giacchè ove arrivino a scoppiare nell'interno della
nave, vi producono effetti disastrosi. Nelle navi odierne i fu-
maiuoli i boccaporti delle macchine etc. fra ponte corazzato e
- 479

coperta sono protette soltanto da sottili involucri di lamiera che


verrebbero squarciati e distrutti dalla esplosione lasciando libero
adito ai gaz deleterii di invadere le camere delle macchine e
delle caldaie. Con il ponte corazzato alto si ha il vantaggio, di
farlo concorrere alla protezione di queste parti vulnerabili interne.
Una delle ragioni addotte dall'ing. Orlando in favore del
ponte corazzato basso è quella di diminuire l'altezza delle pa-
ratie protettrici subacquee per renderle più robuste, ma ciò si
può conseguire anche con altri mezzi, senza abbassare il ponte.
L'on . Orlando ha fatto giustamente notare che, in caso di
allagamento, una corazzata moderna prende una inclinazione
impressionante. Anche con soli 10 ° di inclinazione, una nave
non può fare più uso nè delle artiglierie, nè delle caldaie , ed
è per limitarla che egli vorrebbe basso il ponte corazzato. Ma
a me pare che principio più sano sia quello di evitarla addirit-
tura e mantenere la nave sempre diritta. Poco importa che la
nave immerga maggiormente purché resti dritta il che si ottiene.
facendo in modo che l'allagamento sia sempre simmetrico a de-
stra e a sinistra rispetto al piano diametrale della nave.
Circa il bilanciamento molti opinano che si debbano evitare
le paratie longitudinali ; ma se queste occorrono per le carbonaie.
laterali bisognerà sempre ricorrere ai condotti di bilanciamento
ed allora si potranno applicare anche paratie longitudinali me-
diane se ciò torna opportuno. I condotti sono possibili anche
nelle camere delle macchine. (Interruzione dell'on. Orlando).
Nelle navi moderne a turbine le camere delle macchine sono
molto lunghe talchè vi è la possibilità di applicare i condotti
di comunicazione.
La potenza degli esplosivi è talmente grande che non c'è
paratia che resista. Ammettendo pure che resista , si produr-
ranno in essa tali fenditure da non essere più stagna e allora
tanto fa che non ci sia. Io credo che nel caso della « Mo-
rosini » , l'insuccesso della protezione subacquea sia dipeso da
questo, che le paratie abbiano resistito secondo i calcoli, ma che
si siano prodotte in esse fenditure che abbiano cagionato l'alla-
gamento successivo dei compartimenti che avrebbero dovuto re-
stare immuni.
- 480 —

PRESIDENTE. — L'argomento è talmente importante che credo


necessario rimandare la seduta al pomeriggio. Prego coloro che
desiderano interloquire di iscriversi presso il Segretario.

La seduta termina alle ore 12,5.


481

II. a SEDUTA.

Seduta pomeridiana dell' 11 Novembre 1911.

Presidenza di S. E. BETTOLO.

(La seduta comincia alle ore 15)

BETTOLO, Presidente Credo opportuno di raccomandare a


quelli che dovranno intervenire nella discussione , di attenersi a
quelle discipline che sono state opportunamente stabilite dal
Presidente del Collegio degli ingegneri navali e meccanici, che
cioè oltre i dieci minuti non si debba parlare , perchè altrimenti
i numerosi temi da svolgersi non potrebbero esserlo, con danno
di altre questioni interessantissime .
Altra raccomandazione sarebbe quella di essere piuttosto
parchi nell'esposizione di quei principii, che non dirò che siano
segreti , ma che appartengono al patrimonio di tutti quegli
eletti ingegni che hanno avuto rapporti con la marina e che
sono a conoscenza appunto per ragioni di ufficio . Sono , ripeto,
non dirò dei segreti , ma degli studi che è bene di tenere riser-
vati fino a che non sono di dominio pubblico , e si riferiscono
per la maggior parte a dispositivi per la difesa della carena.
Qui vi si è accennato nelle ore antimeridiane, ma bisogna nel-
l'accennarvi essere molto superficiali , perché addentrare ed ap
profondire la questione potrebbe non essere del tutto opportuno.
Quindi mi affido al loro patriottismo. Hanno tante cose da
dire che sono interessantissime, senza bisogno di entrare in par-
ticolari di ordine assolutamente riservato e che loro conoscono
non tanto per gli studi con i quali hanno famigliarità, ma per
i contatti che hanno potuto avere con l'amministrazione della
Marina.
Ho detto questo perchè tutti siamo animati più da senti-
menti di patriottismo che dal desiderio di far sentire la propria
voce nella questione e tutti sentiamo il dovere di essere parchi
482

nell' esporre idee che possono interessare la difesa nazionale e


che allo stato delle cose non sono ancora conosciute al di fuori
della nostra marina militare.

CHIOZZA, Segretario. - Da lettura delle seguenti adesioni :


(Legge : Ministro Sacchi, Sottosegretario di Stato Cimati , Nino
Ronco , Presidente del Consorzio portuale di Genova , Società
degli ingegneri tedeschi , Registro Nazionale , Società Nazionale
dei Servizi Marittimi ).

ORLANDO SALVATORE. Comunico che il Presidente del-


l' << Institution of Naval Architects » di Londra ha mandato un
telegramma di auguri per il Congresso.
Propongo di autorizzarmi a rispondere con un telegramma
di ringraziamento, in quanto la Società degli Architetti navali
inglesi è stata larghissima di ospitalità nell' ultima riunione
nella capitale inglese , ed è sempre larga di ospitalità a tutti
gli ingegneri italiani che le fanno visita.
Per conseguenza , se l'assemblea lo crede , manderei un tele-
gramma di ringraziamento. (Applausi).

---
BETTOLO , presidente. Ed ora passiamo all'ordine del giorno
il quale reca il seguito della discussione sulla relazione dell'on.
Salvatore Orlando. Primo scritto è l'ingegner Laurenti, al quale
dò la parola .

LAURENTI. ― Questa mattina l'illustre nostro presidente, con


la competenza e chiarezza che tutti gli conosciamo , ha detto
che la vita della nave da battaglia dipende dal cannone, e che
perciò tutto al cannone bisogna sacrificare.
Questo è vero, e tutti dobbiamo convenirne ; soltanto mi pare
che qualche cosa bisogni sacrificare anche alle armi subacquee
perchè non è detto che se la parte risolutiva del combattimento
possa in massima essere il cannone, può anche il siluro o una
mina compromettere la vita di una nave.
Perciò mi pare convenga richiamare l'attenzione anche sulla
difesa della carena dalle armi subacquee.
- 483

Che cosa si è fatto finora? Doppio, triplo, quadruplo fascia-


me, dove vuoto, dove pieno di carbone. A me sembra che questo
non basti per assicurare la difesa subacquea della nave, perchè
da tutti gli esperimenti fatti in queste condizioni si è visto che
una testa di siluro scoppiata in contatto della carena compro-
mette assolutamente tutti i fasciami. Ora io ritengo che senza
alterare la struttura della nave si possa profittare della struttura
stessa per difenderla in questo modo : i compartimenti che a-
desso restano vuoti , o pieni di carbone, potrebbero essere inizial-
mente allagati, ed in continuo contatto col mare. Allora, quando
una mina od un siluro vanno a scoppiare in contatto del fa-
sciame, certamente la reazione che oppone tutto questo sistema
diventa, se non un sistema rigido, un sistema elastico che chia-
ma in sollecitazione tutti i fasciami.
Ora quando un esplosivo trova dietro sè il vuoto, certamente
dilania la carena, ma quando trovasse dell'acqua, che trasmet-
tesse questa pressione a degli altri fasciami , quando tenendo
aperti i Kingstons si potesse diminuire l'effetto del colpo d'a-
riete , prima di tutto avremmo la massa che col suo leggero
movimento assorbirebbe una certa quantità di energia che an-
drebbé a detrimento di quella distruttiva dell' esplosivo , e poi ,
chiamando in sollecitazione tutte le altre strutture , opporrebbe
una resistenza massima, in modo che tutte queste strutture ser-
virebbero realmente a qualche cosa.
Io mi figuro questo fatto : se noi abbiamo una corazza di
25 centimetri , sappiamo che resiste agli esplosivi abbastanza
bene ; invece se suddividiamo questa corazza in venticinque la-
miere di un centimetro di spessore ciascuna e le mettiamo ad
una certa distanza , la stessa quantità di esplosivo fatta scop-
piare a contatto della prima lamiera, le rompe tutte. E ricordo
un esperimento fatto con un pontone che doveva servire di
studio per una nave a triplo fondo , che poi non ha avuto più
esito ; ed era studiato a questo modo : il primo e secondo com-
partimento erano vuoti , il terzo era pieno di catene. Fatta scop-
piare una testa di siluro di 100 chilogrammi , il primo scom-
partimento fu sfondato , ed anche il secondo , ma il terzo resi-
stette. Ritengo che abbia resistito appunto perchè la massa delle
— 484 —

catene era quella che trasmetteva lo sforzo dalla terza alla quarta
lamiera, e col leggero movimento di tutta questa massa assor-
biva una parte del dinamismo dell'acqua che entrava .
Quindi io ritengo che si possa profittare della struttura esi-
stente , allagando senz' altro al momento del combattimento il
primo compartimento ed il secondo tenendolo in contatto con-
tinuo col mare.
A questo concetto aveva accennato stamane anche il comm.
Soliani , e credo non sia fuor di luogo tenerlo in considerazione
e fare su di esso delle esperienze. (Applausi).

PECORI GIRALDI. - Il nostro illustre presidente avendo trat-


tato stamane magistralmente la questione dell'artiglieria navale,
credo che potrei, con la brevità da lui raccomandata, entrare
nel mio argomento, e, in omaggio alla brevità, pregherei anzi-
tutto il congresso di permettermi di dare per letta la mia con-
ferenza. (Il congresso approva). (V. pag. 322).
Ciò premesso, io debbo darvi due schiarimenti riguardo alla
questione del grosso calibro e del consumo delle armi .
La questione del consumo delle armi. È bene dire qualche
cosa su di essa. Come l'Inghilterra è giunta all'adozione del
343? L'Inghilterra, preoccupata del 305 sforzato con grosse ca-
riche, volle arrivare ad un cannone presso a poco della mede-
sima potenza, con un calibro più grosso, e mise per problema
di avere un'energia residua ad 8.000 metri presso a poco uguale
a quella del 305. Ne è venuto fuori un cannone molto econo
mico, ma che non è un cannone tipico. È un cannone che pesa
60 tonnellate, che permetterà forse 130, 140, 150 colpi, invece
di 80 o 100 , ma non può dirsi notevolmente più potente del 305.
Non si è andati ad un calibro maggiore per ottenere un au-
mento di potenza ; è un surrogato del 305, più economico . Ecco
la ragione dell'attuale 343 inglese.
Ora io ho detto nella mia memoria che si andrà fatalmente
ad un aumento del calibro ; e dico fatalmente, perchè il nostro
presidente ci va con entusiasmo, ed io ci vado invece con ras-
segnazione. Ma come vi andremo ?
--- 485

Fino ad ora vi andremo con consumi moderati. L'on. Or-


lando diceva stamane che uno dei vantaggi del calibro mag-
giore è il minor consumo ; ma qui è bene chiarire. Con l'au-
mento del calibro aumenta il consumo, poichè questo è funzione
del peso della carica e della pressione. Ora se passiamo da un
305 forzato, ultra potente, ad un 343 o ad un 356 economico,
avremo certamente minor consumo ; ma siccome fatalmente il
calibro verrà sfruttato, perchè i costruttori saranno invitati a
sfruttarlo, dopo aver fatto un 356 come lo faremo, tra uno o
due anni ci si chiederà uno sfruttamento maggiore, ed avremo
un cannone che invece di fare 80 colpi come un 305 ultrapo-
tente , ne farà 50, ne farà 40 , perchè il consumo aumenta con
la carica, a parità di altre condizioni balistiche. E noi andremo
al 356 ed al 381 anche ; ma se non sarà moderata la richiesta dello
sfruttamento di questi calibri, addiverremo a consumi straordinari
salvo miglioramenti nella qualità, nella natura dell'esplosivo .
Riguardo al proiettile unico, devo confessare che non ne sono
molto partigiano. Io credo che se si vuole assolutamente il
proiettile unico, questo non può essere che la granata ad alto
esplosivo. Io credo che il proietto principale dei grossi cannoni
deve essere tale da permettere fino dalle maggiori distanze di
combattimento l'uso delle grandi camere di scoppio; e che la
granata perforante debba riserbarsi ai momenti ultimi della bat-
taglia quando le distanze sono molto ravvicinate. Secondo me
la proporzione fra questi due munizionamenti dovrebbe essere,
all'incirca 10 di granate ed 1/1, di proiettili perforanti. Perchè
la granata ad alto esplosivo è di effetto sicuro , mentre non può
dirsi altrettanto del proietto perforante tanto più con le corazze
attuali che sono continuamente migliorate. E non bisogna di-
menticare che il proietto perforante non deve perforare soltanto,
ma deve uscire dall'altra parte in perfetta condizione di scoppio.
Deve fare, permettetemi il paragone, come il clown che salta il
cerchio di carta e poi saluta il pubblico.
Questa è una difficoltà grande ; e se vogliamo che le pareti
del proiettile unico abbiano lo spessore necessario per ottenere
tutta la perforazione permessa dall'energia residua al momento
dell'urto, dovremo avere una camera di scoppio molto minore.
- 486 -

La distanza 14 chilometri alla quale ha accennato l'on . Bet-


tolo è un fatto incontestato. In America si sono fatti esperimenti
con un cannone di grosso calibro sparando fino ai 14 chilometri .
Ma questa grande distanza non è prerogativa dei calibri oltre
il 305 poichè debbo dire che il 305 arriva anche esso a 14 chi-
lometri, con un angolo di elevazione di appena 8° . E gli im-
pianti attuali delle nostre navi da battaglia permettono eleva-
zioni molto maggiori. Ma bisogna vedere come si può fare questo
tiro. Si potrà fare in specialissime condizioni ; ma, secondo me,
un tiro di combattimento, tiro diretto, oltre otto o nove chilo-
metri , nelle condizioni usuali non mi pare che sia da considerarsi.
E due parole ancora, per essere nei limiti di tempo, sull'ar
mamento secondario. Io sono in questo pienamente d'accordo
col nostro illustre presidente. Se si vuole un'arma che sia esclu-
sivamente contro il naviglio sottile, credo che sia perfettamente
inutile andare al 152 ; ma dico di più, è inutile secondo me
andare anche al 120. Questo calibro per me è assolutamente
troppo per una cosa, e troppo poco per un'altra. Anche a non
voler ammettere come risultato normale il caso citato dal pre-
sidente, di un colpo del 76 che ha messo fuori di combattimento
una torpediniera, si potrà andare fino a 100. Il 100 contro le silu-
ranti è pienamente efficace ; e non occorre un calibro maggiore.
Se poi si vuole una bocca da fuoco che possa inoltre alle
distanze medie di combattimento coadiuvare l'armamento prin-
cipale nell'opera distruttiva delle soprastrutture e delle parti
meno protette, il 152 è preferibile. Questo l'ho detto anche nella
memoria.
Riguardo alle sistemazioni da 76 credo che la soluzione adot-
tata da noi sia preferibile, perchè visto che l'attacco è quasi
sempre notturno, il ripiego escogitato e certamente buono. Certo,
se si potrà fare il 76 a scomparsa, che risolva la questione,
tanto meglio ; ma pel momento il problema non è risoluto. Mi
pare alquanto difficile fare una sistemazione del 76 così efficiente
come la vorremmo.
Pel rimanente delle questioni che ho pensato di svolgere in
questa breve memoria, rimango a disposizione del Congresso.
(Applausi).
― 487 --

Russo. Signor Presidente, signori . Quanto sia importante


la memoria dell'on. Orlando è dimostrato dall'ampia discussione
che si è svolta questa mattina e che continua a svolgersi ora.
E appunto merito principalissimo di queste memorie che si leg-
gono nei congressi è quello di suscitare delle discussioni e con-
seguentemente uno scambio di idee.
E la discussione si è svolta principalmente sulla disposizione
di armamento proposta dall'on. Orlando. Ma vi è un'altra parte
che a me è sembrata, stamane, nel leggere la relazione, di
grande importanza, ed è la primissima parte di questa memoria ,
la quale si riferisce al rapporto in cui debbono stare le fun-
zioni esercitate dagli ingegneri che disegnano le navi, rispetto
al contributo che debbono portare coloro che si occupano della
parte di studi che riflettono la tattica e la strategia ; il rapporto
delle funzioni dell'ufficiale combattente e dell'ingegnere nello
studio e nella preparazione dei progetti di navi .
Per quanto è a mia conoscenza, vi è stato un consenso ge-
nerale, tutte le volte che si è discusso di questo argomento, nel
senso che le due funzioni siano ben distinte, e che spetti agli
ammiragli il delineare quali sono i requisiti che si vogliono e
quali i dispositivi dell'armamento, ed il coordinamento fra i
varii coefficienti fondamentali del tipo della nave, che questo
sia e debba essere quello che deve essere stabilito dagli ammi-
ragli , da quelli cioè che sono chiamati a servirsi di questo com-
plesso strument ) che è la nuva da gi yra.
Ed in questo ordine di idee sono stati consenzienti, nelle di-
scussioni svoltesi presso l'Istituto degli architetti navali, i prin-
cipali ingegneri cui spettava la responsabilità del disegno delle
navi.

Certo non mancano esempi nella storia di ingegneri che ab-


biano creato il tipo di una nuova nave, come non mancano
esempi di comandanti che in base ad un concetto di armamento
abbiano creato un tipo di nave. Ma mi pare che la funzione
sia nettamente segnata, e che tale debba rimanere organica-
mente nei casi ordinari. Il genio non è prerogativa di nessun
corpo speciale, e chiunque può avere lampi di genio nella crea-
zione di tipi di navi, ma come norma le funzioni dovrebbero
488

rimanere distinte e non dovrebbe spettare all'ingegnere di sug-


gerire quale dovrebbe essere l'impiego dell'arma.
L'on. Orlando potrebbe dire : non ho creduto di suggerire
una tattica nuova, ma ho inteso solo di segnare , come diceva
il nostro illustre presidente, un tipo di sistemazione di arma-
mento che si presti alle variabili e mutevoli idee e concetti di
impiego tattico. Va bene, ma dico che questa è questione di
prudenza, di previggenza, di intuizione dell'impiego futuro, e
del cammino che segue il progresso sia nelle costruzioni che
nell'impiego delle navi, ma questa antiveggenza deve spettare
a ciascuno per la sua parte : all'ammiraglio che segue il cam-
mino dei progressi tattici, ed all'ingegnere che deve vedere dove
conduce la curva del progresso nell'insieme della nave e nella
sua sistemazione, e di tutto quello che se ne potrà ricavare nel-
l'avvenire. (Applausi).

ORLANDO SALVATORE . Due parole di risposta ai varii


oratori. Innanzi tutto debbo dire ch'io fui indotto a studiare
queste questioni relative all'armamento delle navi, perchè, nel-
l'eseguire progetti di macchine, mi persuasi della necessità del
coordinamento nello studio del motore, della nave e dell' arma-
mento.
Non è possibile fare un tutto che risponda a condizioni di
alta efficienza , quali si richiedono oggi , progettando la nave
indipendentemente dal suo apparato motore ; non è possibile
progettare un buon motore quando, per ragioni che non si co-
noscono, si è obbligati a interrompere il gruppo evaporatore con
depositi di munizioni o con locali di lancio, o si è obbligati a
spingere le motrici all'estrema poppa o disturbare le tubulature
con gallerie ed altri passaggi , obbligando il progettista a ri-
pieghi che risultano a danno del funzionamento del motore ;
mentre invece a soluzioni pratiche e razionali si giungerebbe
esaminando contemporaneamente le varie questioni relative alla
macchina, allo scafo ed all'armamento.
Ecco perchè mi sono indotto a studiare e discutere problemi
di artiglieria navale.
- 489

E senza tornare sulle ragioni già esposte nella mia comuni-


cazione , io credo dover insistere sul mio punto di vista in or
dine all'armamento principale, che è alquanto in contrasto con
le idee espresse con la sua alta competenza dall' Ammiraglio
Bettolo .
Ormai la tendenza di armare maggiormente i quartieri
estremi è divenuta quasi generale, poichè anche mantenendo la
linea centrale per gli impianti, il sistema che va generalizzan-
dosi, ed è anche adottato dall' Inghilterra, del tiro sovrapposto
rivela la necessità riconosciuta di rendere più offensive la prora
e la poppa. Una nave che abbia impianti singoli per i tiri e-
stremi sembra a me una spada senza punta ; e non dirò altro
su questo argomento.
In quanto alla questione se l'ingegnere debba avere una
maggior libertà di azione nel fare il progetto, essa fu discussa
in Inghilterra , nell'ultima riunione di Londra e mi sembra che
in quel paese la autonomia lasciata all' ingegnere sia molto
grande, come può persuadersi chiunque segua la procedura pro-
gettistica della Marina Inglese.
Questa indipendenza , se non assoluta , almeno relativa , ha
del resto tradizioni antiche.
Nessuno vorrà certo negare a Nelson un grande valore stra-
tegico e tattico, mentre è certo che quel grande Ammiraglio
non interloqui mai sui piani delle navi.
In Francia , da Luigi XII si può dire sino a Napoleone I ,
si sono avuti sempre gli stessi tipi di navi : vascelli , fregate e
corvette ed anzi sotto Luigi XIV si era giunti persino a fare
per i vari tipi delle tabelle regolamentari, e certo allora si
combattevano le battaglie navali più assai di quello che non
si faccia adesso.
Perciò credo che sulla necessità di lasciare maggior libertà
di azione all'ingegnere si cominci a formare presso di noi una
corrente favorevole, perchè solo così potranno ottenersi progetti
veramente organici , prodotto di una sola mente , risultato di
direttiva precisa e determinata.
Intorno alla disposizione degli impianti devo replicare a mio
fratello, ing. Giuseppe Orlando , che non pare del tutto favore-
--- 490

vole a quella da me proposta per il timore di eventuali incon-


venienti prodotti dalla collocazione laterale di alcuni dei detti
impianti. Dirò questo , che vi sono in molte navi inglesi del
tipo Dreadnought, anzi nella maggioranza di esse , impianti a
9 metri di distanza dal piano diametrale senza che ciò abbia
dato luogo ad inconvenienti e però non vedo quale preoccupa-
zione possa sorgere per spostamenti di soli metri 4.50 dal piano
diametrale, quali quelli da me proposti.
E lascio quest' argomento per venire all'altro relativo alla
difesa subacquea della nave. Prima di rispondere alle critiche
fatte alla disposizione da me proposta per il ponte corazzato ,
voglio ricordare come sorse la forma attuale di questo ponte.
Nelle prime navi corazzate si riteneva la parte al disotto
della linea di galleggiamento come assolutamenie invulnerabile.
Si corazzava il ponte al limite superiore delle corazze laterali
e si collocava un ponte parascheggie al loro limite inferiore ;
al disotto erano collocate le macchine, allora generalmente oriz
zontali.
Poi si penso di corazzare anche il ponte parascheggie for-
mando così uno zatterone corazzato , che si considerava capace
di salvaguardare la galleggiabilità e la stabilità della nave e
la sicurezza del suo apparato motore.
In seguito si passò dalle macchine orizzontali a quelle ver-
ticali , non solo , ma la potenza totale crebbe da mezzo cavallo
per tonnellata sino a due e più cavalli , dando luogo ad appa-
rati molto alti e ingombranti che non potevano più collocarsi
nei bassi locali di stiva delle navi di quei tipi. Da qui la ne-
cessità di dare al ponte corazzato inferiore una sezione a tra-
pezio alzando la parte centrale di quel tanto necessario alla
collocazione al disotto dello stesso delle macchine verticali. A
voi è noto che in molte delle nostre navi i coperchi dei cilindri
si trovano a tanto breve distanza dal ponte corazzato da essere
obbligati a togliere la parte lasciata appositamente smontabile
quando occorra eseguire lavori nei cilindri stessi .
Le parti inclinate a murata dei ponti corazzati si sono prov-
vedute di una difesa più robusta , tanto che vi fu un periodo
nel quale si credette per navi minori eliminare la corazza sui
491

fianchi affidando la difesa della nave ai lati inclinati del ponte


di cui si tratta, efficacemente corazzati, ritenendo che la forma
a trapezio fosse sufficiente anche a mantenere una sezione di
galleggiamento capace di assicurare la stabilità della nave.
Questa è l'origine e lo scopo dei ponti corazzati , come essi
sono ora disposti.
La critica che gli ingegneri Rota e Soliani fanno alla pro-
posta che ho avanzato è questa : Voi , essi dicono, col sistema
enunciato non difendete la stabilità della nave contro le offese
delle artiglierie.
A questa obiezione io posso rispondere che quando una nave
ha la zona di galleggiamento efficacemente protetta, per esem-
pio da una corazza di 13 pollici , come io ho suggerito, con l'ag-
giunta di una compartimentazione cellulare retrostante , si può
ritenere che la galleggiabilità e la stabilità della nave siano
sufficientemente garantite contro i tiri delle artiglierie, che pos-
sono colpire al disopra della linea di galleggiamento.
Invece, le vie d'acqua che potessero manifestarsi al disotto
del ponte trapezoidale stesso, per effetto di un attacco sotto-
marino o in conseguenza di un proiettile esplodente , che col-
pisca la nave inclinata , al disotto della fascia corazzata , fareb-
bero immediatamente sorgere quelle condizioni , per le quali
può essere, come ho dimostrato e come si è verificato coi fatti,
seriamente compromessa la stabilità della nave.
Che il pericolo maggiore sia quest'ultimo mi pare di averlo
anche dimostrato e mi pare che risulti evidente anche dalla
guerra dell'estremo oriente ; tanto che sono del mio parere due
eminenti ingegneri, uno russo ed uno giapponese.
L'ing. russo sig. Gulaff, che nel 1908 lesse a Londra una
sua comunicazione sopra un tipo di nave di grande larghezza
e di ponte corazzato basso, disse che il grande pericolo, il vero
pericolo della nave è l'attacco sottomarino ed il tipo proposto
da lui mirava ad impedire il rovesciamento della nave stessa .
Il Giapponese ing. Motoki Kondo di cui lessi le parole questa
mattina, dopo aver detto che la guerra non ha insegnato nulla
ai Giapponesi, e che ai Dreadnought si sarebbe arrivati lo stesso
per la naturale evoluzione delle cose, aggiunge che però un
492

punto è stato forzatamente imposto al pensiero di tutti e spe-


cialmente degli architetti navali ed è il pericolo che proviene
dagli attacchi sottomarini .
Perciò, per me è evidente che, assicurata la difesa contro il
cannone, almeno nei limiti del possibile con corazzatura esterna
e sistema cellulare interno, si debba oggi preoccuparci dell'attacco
subacqueo per la cui difesa si è fatto sin ora pressochè niente .
Siamo rimasti al ponte corazzato alto della forma determi-
nata dall'altezza delle macchine e si è aggiunto solo una pa-
ratia laterale corazzata, sulla cui resistenza e sulla cui efficacia
nulla possiamo dire, perchè esperimenti sicuri finora non ne sono
stati fatti.
Se si deve stare all'opinione generale si deve ritenere che
anche questa paratia corazzata, dato lo scoppio di un siluro sul
fianco del bastimento, verrebbe distrutta o almeno fortemente
danneggiata. E poichè l'esplosione sviluppa enormi pressioni
nelle sue immediate vicinanze, pressioni che vanno rapidamente
diminuendo coll'allontanarsi da quel punto, ne viene che l'even-
tualità della rottura della paratia longitudinale sarà tanto più
probabile, quanto più questa sarà vicina al fasciame esterno.
Questo è certo, che allo stato delle cose, oggi, noi non pos-
siamo ritenere come provata la garanzia di sicurezza offertaci
da questo mezzo di difesa, mentre abbiamo elementi, che ci af-
fidano sulla resistenza dei ponti corazzati.
La mia proposta mira a questo, in sostanza : opporre i ponti
corazzati alle esplosioni sottomarine, diminuire il volume dei lo-
cali di stiva invasi, tanto nel caso che la paratia laterale resista,
quanto in quello che essa ceda.
Gli ingegneri Soliani e Laurenti hanno proposto di lasciare
tutti i compartimenti laterali pieni di acqua, nella previsione
di attacchi subacquei. Non discuto questa proposta, ma ritengo
in ogni modo che essa dovrebbe essere oggetto di seri esperi-
menti, per vedere se questa massa d'acqua, che si oppone al-
l'urto dell'esplosione non possa dar luogo ad una più diretta
ripercussione sulle pareti interne. Ed ancora aggiungo che que-
sto sistema aumenterebbe di diverse migliaia di tonnellate il
peso totale della nave con danno della sua velocità.
493

Tuttavia, qualora le proposte degli ingegneri Soliani e Lau-


renti fossero accolte, più evidente sorgerebbe la necessità di di-
minuire il volume dei compartimenti laterali da allagarsi e
quindi, poichè non può avvicinarsi alla murata la paratia late-
rale per non esporla maggiormente alla violenza di un'esplo-
sione esterna, ne segue che l'unico modo di raggiungere l'in-
tento enunciato è quello di abbassare il ponte corazzato.
Non voglio ripeter qui, in ordine alle questioni di stabilità,
cui ha accennato l'ing. Soliani, ciò che ho già detto nella mia
comunicazione intorno al fatto che avendo il ponte corazzato alto,
in caso di invasioni d'acqua di compartimenti interni , per esplo-
sione di siluro, si avrebbero in detti compartimenti masse di
acqua libera in comunicazione con l'esterno, che darebbero luogo
ad elementi negativi nel calcolo dell'altezza metacentrica e ad
effetti molto dannosi nel caso di oscillazioni della nave.
Con la forma da me proposta, oltre la riduzione del volume
dei compartimenti interni, le aree di galleggiamento interne ,
che nel calcolo costituiscono gli elementi negativi, vengono ri-
dotte moltissimo e potrebbero essere anche annullate , come ho
enunciato nella mia comunicazione. In questo caso, i comparti-
menti centrali invasi non darebbero luogo a coppie di stabilità
negative, quand'anche la nave si trovasse fortemente inclinata.
E forse di ciò l'ingegnere Soliani non ha tenuto conto nelle
osservazioni da lui fatte.
Nella mia memoria io ho considerato il caso di tre compar-
timenti laterali allagati e di uno centrale ed ho mostrato quanto
maggiore è l'inclinazione che la nave a ponte alto prende in
confronto di quella a ponte basso. Si trattava di compartimenti
centrali di caldaie, mentre a più gravi conclusioni si giunge
rebbe se si considerasse invaso, oltre i tre compartimenti laterali
allagati, anche uno dei lunghi compartimenti di macchina. In que-
sto caso, la nave a ponte corazzato alto si inclinerebbe di circa
18º, secondo quanto ho riferito nel mio studio, ciò che eviden-
temente sarebbe una posizione pericolosa anche se mantenuta
per breve tempo.
Parmi di non avere altro da rispondere agli egregi inge-
gneri che hanno interloquito su questa materia.
494 -

Poche parole debbo aggiungere anche come Presidente del


Collegio degli Ingegneri, in ordine alla raccomandazione fatta.
dall ' Ammiraglio Bettolo circa il segreto navale.
Io credo che in queste riunioni , tutti gli argomenti tecnici
possano essere toccati, senza che nessun segreto sia svelato .
La tecnica navale ha assunto ormai una così alta impor-
tanza, rappresenta per il paese un così grande interesse, che essa
non può più esser ristretta ad un limitato numero di tecnici.
Il campo dell'ingegneria navale è ormai molto vasto in Italia e,
come vi sono eminenti ingegneri navali militari, vi sono anche
buoni ingegneri navali borghesi . È evidente che questi non
possono essere esclusi da quella azione tecnica preventiva che
può avere una influenza sulle direttive delle nostre future co-
struzioni navali, ed è con queste discussioni amichevoli ed esclu-
sivamente tecniche, che il nostro Collegio crede dovere esplicare
la sua attività in tale senso.
All'estero, queste discussioni sono frequenti e si sono dimo-
strate utilissime nella formazione di una opinione pubblica, di-
ciamo così, navale, della quale i responsabili tengono il dovuto
conto. Ed è a questo che speriamo di giungere anche noi in
Italia.

FERRATI. --- Dirò due sole parole circa la complessa e deli-


cata questione della quale ha fatto cenno il colonnello Russo .
È mio parere che tanto il programma quanto lo studio del
progetto di una nave da battaglia non bebba essere fatto nè
esclusivamente da ammiragli nè esclusivamente da ingegneri.
È fuori dubbio che la compilazione di un programma orga-
nico di nave richiede il concorso di cognizioni e di esperienza
che sono nell'ambito esclusivo dell'ingegnere , nel mentre che
durante la compilazione del progetto può sorgere la opportunità
di variare alcune parti del programma stesso, o di risolvere
quesiti per i quali sarà molto efficace se non necessario il parere
dell'uomo di mare e del tattico.
Per queste considerazioni io credo che nella compilazione sia
del programma sia del progetto di nave da battaglia, tale quale
come nel suo allestimento, ci vuole il concorso anzi la perfetta
- 495 -

comunione di idee fra chi la disegna e la costruisce e chi dovrà


servirsene un giorno.

BETTOLO, Presidente. - Ed ora , nessuno chiedendo più la


parola, io in istile telegrafico farò un riassunto della discussione,
concretando, per quanto mi sia possibile, il pensiero navale che
nell'unanime consenso può essere scaturito da questa alta e pro-
ficua discussione.
Anzitutto a me pare di poter affermare che è generalmente.
stata riconosciuta la necessità, se volete fatale necessità, di ve-
nire all'aumento del calibro. E non solo per ragioni tecniche,
ma anche, aggiungerò, per ragioni di indole morale. In quanto
che io non so quale impressione potrebbe fare sopra le masse
che arditamente siano a combattere sulle nostre navi, il sapere
che i cannoni dell'avversario hanno una potenza superiore a
quello dei nostri cannoni.
Quindi in mezzo alle altre ragioni di indole materiale, se-
gnalo anche questa ragione di indole morale, per la quale è
necessario fatalmente di venire all'aumento dei calibri : perchè
tutti vi addivengono .
L'ing. Pecori ha fatto giustamente osservare che se si au-
menta il calibro, mantenendo la similitudine tra i varii elementi
caratteristici dell'arma, evidentemente quegli inconvenienti di
relativa limitata conservazione che noi abbiamo riscontrati nel
305 saranno altresì riscontrati nel calibro maggiore. Ma, se io
ho ben reso il mio pensiero, io non volevo già affermare che
nei 356 l'usura è inferiore che nei 305, io volevo dire che è
possibile avere una energia anche superiore al 305 con un ca-
libro maggiore, pur diminuendo la tensione e la temperatura
interna, e conseguentemente l'usura dell'arma. E per questo non
vi è dubbio.

PECORI GIRALDI . - Perfettamente.

BETTOLO, Presidente. Dunque, quando noi siamo in questo


ordine di idee concordi, mi pare che si possa affermare che
entro questi termini si debba addivenire all'aumento del calibro .
496 -

E dirò che l'aumento del calibro non è solamente utile per au-
mentare la capacità di scoppio della granata . Questa è una ra-
gione ; ma io ho anche un po ' più di fiducia di quella che ab-
bia mostrato l'ing. Pecori nella efficacia perforatrice della gra-
nata ; in quanto che, se noi abbiamo avuto l'esempio della bat-
taglia di Tsu- Schima, nella quale si può dire che non vi sia
stato cannone che sia riuscito a perforare le corazze, e questo
ha recato meraviglia a tutti , immediatamente la nostra mera-
viglia si è dissipata allorchè ulteriori notizie ci vennero a con-
fermare che i proiettili usati sia dai giapponesi che dai russi
erano proiettili di qualità inferiore.
Oggi invece, in seguito ai lodevoli sforzi fatti dai nostri fab-
bricanti di proiettili, possiamo dire che siamo giunti ad un
punto tale in cui tutta l'energia di cui è capace un cannone
può essere utilizzata dal suo proiettile.
Se voi avete un cannone capace di 20.000 dinamodi, ma il
cui proiettile all'urto si rompe dopo aver compiuto un lavoro
corrispondente a soli 10.000 dinamodi , è evidente che quasi
10.000 dinamodi della potenza del vostro cannone sono sciupati .
Ma quando potete assicurarvi che il proiettile potrà racco-
gliere ed utilizzare nel suo lavoro tutta l'energia di cui fu ani-
mato dal cannone, allora dobbiamo dire che si possono avere
degli effetti buoni anche dal cannone.
Con questo credo di aver anche confermato la mia idea circa
il proiettile unico . È questione di misura. Volete un proiettile
unico che abbia più pronunziati i caratteri della granata, e ne
volete uno che abbia caratteri più spiccati verso l'efficacia per-
foratrice ? fate pure l'uno e l'altro secondo i gusti, ma quando
siamo arrivati al calibro di 356, noi possiamo, con un proiettile
molto resistente e cioè dotato di alta resistenza perforatrice, avere
anche una carica di scoppio all'incirca di 22 chilogrammi, e
quando voi potete portare 22 chilogrammi di alto esplosivo nel-
l'interno della nave avversaria, francamente richiedere di più
sarebbe una barbarie, e credo che vi possiate contentare . ( Com-
menti animati).
In Francia, del resto, hanno fatto, come voi sapete, nume-
rose esperienze per venire al proiettile unico, ed ormai in Francia
- 497 -

è già una conquista fatta il munizionamento unico della ma-


rina militare. È questione solamente più di fissare se la carica
di scoppio sarà del 3 , del 4 o del 5 per cento del peso del
proiettile.
La difficoltà, mi diceva un insigne ufficiale di marina nel-
l'uscire stamani da quest'aula, e del quale voglio farvi il nome
a titolo d'onore , il comandante Simion , la difficoltà principale
del proiettile unico consiste nella spoletta.
Io lo sapevo, e sapevo anche che in Francia ed in Inghil-
terra si sono fatte numerose esperienze per trovare una spoletta
non troppo sensibile, in modo che scoppiasse incontrando una
resistenza elevata, e avesse un sufficiente ritardo ; ma , che non
fosse compromettente nel caso in cui il proietto urtasse contro
una lamiera o contro un bersaglio poco resistente.
Del resto questa è una questione sulla cui soluzione non
possiamo avere dubbi . I nostri valorosi ingegneri , sia nel campo
tecnico delle costruzioni navali, sia in quello dell'artiglieria,
hanno risoluti dei problemi ben più ardui e difficili di quello
che non presenti la risoluzione di una spoletta : mi ricordo che
quando balbettavo appena i primi elementi di balistica, avevo
già inventato una spoletta. Non è questa la cosa che ci deve
fare arrestare sulla via del progresso.
In quanto alla disposizione dell'artiglieria, in rapporto ai
campi di tiro, sulla quale si è soffermato il mio egregio amico
l'on. Orlando, io ammetto che il tiro di prora, e lo dissi , possa
essere utilizzato in circostanze occasionali, transitorie. Questo
tiro non si può escludere ; le vicende della guerra marittima ,
ed in ispecie del combattimento navale, sono così multiformi che
non si può escludere nulla. Anche il tiro di prora può avere la
sua utilità. Ma quando si parla del tio di prora, non si può
dire che questo occorre nella forma tipica del combattimento,
dell'azione navale.
Difatti, voi lo vedete, nella battaglia di Tsu Schima, l'insigne
ammiraglio Togo il 15 per cento della durata del tempo per ii
quale ha diretto il fuoco delle sue artiglierie contro il nemico
ha potuto usare i cannoni di prua, e con pochissima efficacia,
- 498 -

perchè nel movimento di rotazione la probabilità che ha il


proietto di colpire è ridotta quasi a zero, se non a zero del tutto.
(Interruzioni dell'on. Orlando Salvatore).
Mi piace l'interruzione, perchè così completerò la mia idea ,
sulla quale altrimenti avrei potuto lasciare dei dubbi.
L'avvolgimento è possibile qualunque sia la vostra velocità.
perchè l'avvolgimento vuol dire accettare il combattimento pre-
sentando il fianco invece della prua.
Supposto che abbiate minor velocità , il nemico che vi at-
tacca resterà minor tempo nella condizione di poter utilizzare
tre cannoni contro dodici.
Nell'esempio portato stamane, dimostravo graficamente che ad
uguale velocità, per diminuire le distanze da 9.000 a 3.000 metri
si impiegano un'ora e 38 minuti. Se la velocità è minore si
metterà solo un'ora , mezz'ora ; ma quando voi considerate che,
con la rapidità attuale di tiro anche dei più grossi cannoni ,
che fanno un colpo ogni 40 " e col massimo calibro ogni 50 ",
in mezz'ora si ha tale prevalenza di fuoco , che distruggete ,
specialmente con l'abilità sperimentata dei nostri puntatori, di-
struggete qualunque nave da battaglia vi si presenti davanti.
Del resto che all'armamento in linea di chiglia si dia molta
importanza , risulta dall'evoluzione fatta in Inghilterra. Nella
prima Dreadnought sapete che tutti i cannoni non erano nel
senso diametrale. Ma i tipi che vennero in seguito hanno co-
minciato ad accostarsi alla linea diametrale. I tipi Orion hanno
tutti i cannoni nel piano diametrale.

ORLANDO SALVATORE. Ma con torri sopraelevate.

BETTOLO, presidente. - Parliamo pure delle torri sopraelevate.


Queste, secondo il mio modo di vedere non sono tanto da
preferirsi per la ragione che si aumenta la capacità di fuoco
verso le estremità ; questo può essere un vantaggio , ma non è
così grande da giustificare questa disposizione. Queste torri sono
particolarmente consigliabili perchè, nel caso di avaria alle torri
estreme si hanno ancora dei cannoni di riserva in quella dire-
zione. Ecco perchè anch'io sono per le torri sopraelevate, benchè
499

non sia della opinione che il fuoco di prora o di poppa possa


avere molta efficacia .
E vengo all'ultimo argomento : la difesa della carena. A me
pare che il problema della difesa della carena abbia lasciato
molto scettico il mondo tecnico. Furono fatte delle esperienze
in iscala ridotta, si sono fatti anche molti studi pregevolissimi
ma tutti questi tentativi non sono valsi a dissipare lo scetti-
cismo che sulla materia ha invaso tutto il mondo tecnico . Ed
alla fine della storia si è concluso che il miglior sistema è
quello di fare in modo che lo scoppio contro la carena di una
nave abbia per effetto di fare invadere dall' acqua il minor vo-
lume possibile della carena stessa : e cioè che la porzione d'acqua
entrata nell'interno della carena, sia, in peso, una frazione molto
piccola , relativamente al dislocamento. E mi pare che qui ci
siamo arrestati.
Ma qualcuno ha voluto anche consigliare e suggerire dei
mezzi per rendere meno gravi gli effetti derivanti dal siluro .
Ora badate, che quando noi ci preoccupiamo del siluro, dimen-
tichiamo un pochino l'effetto della mina.
Nella campagna russo giapponese, ben undici unità da una
parte e dall' altra colarono a picco per effetto delle mine. Dei
siluri, dopo tentativi ripetuti centinaia di volte, qualcheduno è
arrivato perchè le reti non l'hanno fermato. Ma quelle che hanno
ferito a morte le navi sono state le mine.
Ora, dato questo, io non so se possono essere efficaci gli studi
di carena per la difesa contro gli scoppi subacquei , in modo
da scongiurare gli effetti che una mina può inferire ad una
nave.
Questi studi, però , non devono, naturalmente, essere soppressi
anzi, conviene incorraggiarli, è bene che la nostra mentalità e
tutti i nostri sforzi intellettuali si spingano per trovare il mezzo
di difenderci contro questo nemico occulto , contro questa insi-
dia , ma mi pare che sopratutto si dovrebbe studiare la causa
per cui gli effetti sono così tremendi . Perchè studiata la causa
e conosciutala, potremo meglio correre ai ripari .
Ora in generale , si pensa che gli effetti micidiali che sono
apportati dallo scoppio del siluro siano dovuti alla espansione
500

dei gaz che si svolgono nella esplosione stessa , nella detona-


zione dell'alto esplosivo contenuto nel siluro.
Invece io credo che si corra una via sbagliata. Credo che
gli effetti distruttivi dovuti allo scoppio di un siluro o di una
mina in genere , derivino dalla causa seguente. E notate che
nell'esporvi questa teoria, brevemente, non vi dico cosa mia. Vi
dirò i miei convincimenti , ma che nacquero da studi fatti da
altre persone.
L'acqua è pressocchè incompressibile. Quando noi facciamo.
scoppiare una carica nel seno dell'acqua, tutto attorno l'acqua
è spinta con gran forza. Ma siccome l'acqua è quasi incompres-
sibile, quella piccola riduzione del suo volume che si produce ,
richiede uno sforzo esageratamente alto. Da questo ne deriva
una reazione elastica, che dà una grande spinta ad una massa
d'acqua che va ad irrompere contro la carena, che è già ferita
a morte ed aperta per effetto dei gaz. I gas aprono i fianchi
della nave , ma quella forza che veramente distrugge le pareti
interne, a parer mio, è dovuta a quella massa d'acqua che per
la reazione della piccolissima compressibilità, della quasi incom-
pressibilità dell'acqua, con uno sforzo altissimo, si lancia contro
le pareti . Ed è il colpo di questa massa d'acqua che rompe
tutte le paratie che si potrebbero mettere. Ed infatti un nostro
comandante, il comandante Ginocchio , che partiva da questa
teoria , aveva studiato una specie di frangi onde , affinchè l'ir-
ruenza di questa massa d'acqua andasse ad urtarlo prima di
arrivare alle paratie stagne. In seguito il Vickers adottava lo
stesso principio, però invece di mettere ferri ad angolo, piuttosto
pesanti, metteva dei cavi tesi.
Ora mi pare che la via sulla quale possiamo situare le no-
stre esperienze sia appunto quella di questo principio propugnato
dal nostro Ginocchio e dal Vickers.
Del resto, fino a che non si è risoluto questo difficilissimo
problema, mi associo per intanto ai criteri esposti dall ' On. Or-
lando : che conviene preoccuparci, e preoccuparsi molto della di-
fesa della carena, contro le mine e contro i siluri.
E giacchè parlo della protezione vorrei dire ancora una pa-
rola ed avrò finito. Nella difesa bisogna considerare anche le
501

diminuzioni della probabilità di colpire una nave abbassando


l'altezza di bordo. Se voi prendete un bersaglio lungo 130 m .
ed alto 10 metri, e lo supponete alla distanza di 6000 metri, e
supponete che la probabilità di colpire sia del 20 per cento, ab-
bassando di soli 60 centimetri l'altezza di 10 metri , riducete
del 5 per cento la probabilità di colpire.
Ora se questa riduzione del 5 per cento nella probabilità di
colpire volete tradurla in una vera efficacia difensiva , potete
trovare a quanti centimetri di corazza equivale questa probabi-
lità della riduzione di colpire. Perchè dire che il 5 per cento
di più dei proiettili venga a colpire è lo stesso che aumentare
lo spessore della corazza fino alla misura tale da tenere fuori
il 5 per cento di più dei colpi . Ed è costante l'equipollenza
tra la riduzione dell'altezza e l'aumento dello spessore della co-
razza. Questo mi pare un modo pratico e tangibile di rappre-
sentare il vantaggio che vi è nella riduzione del freeboard , e
quindi nello abbassare l'altezza della carena mi associo piena-
mente ai criterii espressi dall'On. Orlando.
E con questo ho finito. Debbo ringraziare tutti i membri
che hanno autorevolmente e con parola sobria , serena ed ele-
gante preso parte a questa discussione , dalla quale mi ripro-
metto la creazione di un pensiero navale che non sia solo chiuso
nell'ambiente militare, ma che possa diffondersi anche nell'am-
biente civile tecnico , acciocchè i risultati possano essere sempre più
fecondi per la grandezza della nostra marina (Applausi vivissimi).

BETTOLO, presidente Ed ora apro la discussione sull'altro


tema : Studio sperimentale della resistenza di carena sul quale
ha la parola per primo il presentatore della memoria, profes-
sore Scribanti.

SCRIBANTI . - Prima ancora di cominciare l'esposizione delle


cose che avrò l'onore di presentare ai colleghi qui convenuti ,
dirò che ho la certezza preventiva di fare una esposizione molto
arida. Una volta dicevano : semel abbas, semper abbas ; in gene-
rale si potrebbe dire : fate parlare un professore, rimarrà sempre
- 502

un professore, e se è professore di materie essenzialmente tec-


niche, resterà di solito un espositore arido delle cose , e difficil
mente potrà sottrarre la sua mentalità all'abitudine della clas-
sificazione e dell'analisi puramente obbiettiva , e senza saperla
circondare di quelle frangie che col sussidio dell'arte servono a
rendere piacevoli le cose che meno lo sono per loro natura.
Promessa questa dichiarazione, io dirò che chi fa professione
di occuparsi di studi sopra la resistenza delle carene , general-
mente si trova in possesso , sotto forma di tavole numeriche e
di quadri grafici , di certi elementi i quali gli dicono che per
una carena di un certo tipo , di una certa sagoma, di una certa
grandezza, è stato accertato in qualche modo che in corrispon-
denza di una certa velocità, la resistenza incontrata è stata una
certa tale.
Disgraziatamente le grandezze delle carene per le quali l'o-
peratore possiede i valori della velocità e della resistenza, sono
grandezze che variano senza legge alcuna da una carena al-
l'altra, quindi i dati primitivi che l'operatore possiede non sono
immediatamente confrontabili tra di loro.
Io ho creduto di fare opera utile a qualcuno della classe
degli ingegneri raccogliendo un numero molto esteso di risul-
tati sperimentali sopra la resistenza di carena e riducendoli, col
sussidio di una nota legge meccanica , che non ricorderò quale
sia, ad un comune valore del dislocamento.
Cioè, tutti i valori sperimentali lordi sono trasformati nella
mia esposizione in modo come se, invece di essere desunti sopra
carene di dislocamento variabilissimo, fossero desunte sopra ca-
rene di un dislocamento fisso , che ho creduto assumere in un
valore molto semplice : 1 chilogrammo.
E per definire il tipo delle carene, tutte di un chilogrammo
di dislocamento che io considererò, invece che considerare altri
numeri che avrebbero forse potuto servirmi ugualmente bene ,
ho creduto utile di considerare un certo coefficiente di forma e
precisamente il coefficiente di lunghezza , ossia il numero che
sta ad indicare di quanti decimetri è lunga la carena del dislo-
camento di un chilogrammo che considererò.
503 -

Io mi permetto dunque in sostanza di presentarvi in forma


grafica una numerosa serie di valori, quali ho potuto desumerli
per i principali tipi di carena usati nelle varie specie di na-
viglio, riducendo tutto allo spostamento di un chilogrammo, da
tutti i numerosissimi esperimenti isolati , sia presso la vasca
italiana, sia altrove, mediante modelli da un minimo di 50 chi-
logrammi, ad un massimo di 500, con una lunghezza media di
circa 4 metri. Tutti i modelli di cui mi sono servito per trarre
gli elementi , erano tutti di lunghezza non molto distante dal
valore tipico comune di 4 metri, questo fatto costituisce un ele-
mento che mi autorizza a stabilire dei confronti di resistenza,
senza fare alcuna correzione, alla quale mi basta di avere accen-
nato, senza nemmeno dire quelle che siano.
Premessi questi richiami , che sono molto noti nella classe
degli ingegneri , ma dei quali non avrei potuto fare a meno
per la chiarezza dell'esposizione che sto per fare, presenterò a
voi il complesso delle tavole che formano la parte sostanziale
del mio lavoro (Ved. pag. 3) .
(La fine del discorso del prof. Scribanti è accolta da vivis-
simi applausi).

ROTA. - La memoria presentata dal prof. Scribanti ha ecce-


zionale valore. Essa si presta ad una ricca messe di elementi
interessantissimi per l'ingegneria Navale , e perciò dobbiamo
essergli grati, per l'importante lavoro presentato al Congresso.
Moltissime sono le deduzioni che possono trarsi dalla pre-
ziosa raccolta ; principalmente è caratteristica quella che ap-
pare osservando le figure che rappresentano le resistenze al moto
dei vari tipi ridotti all'unità di dislocamento , e cioè che , per
ciascuna classe di navi havvi una linea inviluppo delle curve
singole , e sulla quale , per così dire, si potrebbe tracciare la
graduazione del valore che assume il fattore « lunghezza » , la
ascissa di ciascun punto, indicando la velocità limite oltre la
quale la sagoma , che corrisponde al valore singolare di quel
fattore, non risulta più adatta allo scopo, richiedendo una resi-
stenza più elevata rispetto ad altra sagoma, che si distingue per
avere più alto il detto fattore « lunghezza ».
504 -

Quantunque condensati in poche tavole, i diagrammi che il


Prof. Scribanti ci ha mostrato , sono il frutto di un lungo e
paziente lavoro di analisi, quale la sua speciale competenza po-
teva solo condurre a fine (applausi).

GHIRARDI. Dall'insieme di curve presentate mi pare avere


osservato che l'insieme delle variazioni più caratteristiche sia
dato da variazioni di forma, e non dai progressi dell' elica , e
questo per avere osservato il divario grande delle ultime curve
per torpediniere e navi veloci . Il massimo progresso nella forma
si è trovato più nelle navi torpediniere e nelle automobili, che non
sulle altri navi , perchè nelle navi da battaglia abbiano curve
ravvicinate, anche negli anni di sviluppo più recenti .
Quindi mi pare che questa esposizione fatta dal prof. Seri-
banti porti anche a giudicare che lo sviluppo grande che si ha
nel guadagno della resistenza delle navi , sia dovuto più allo
sviluppo della forma che a quella delle eliche.
In questo la memoria del comandante Pecoraro ci illuminerà
maggiormente, ed intanto io vorrei domandare al prof. Scribanti
se la mia opinione sia esatta.

SCRIBANTI. Io debbo dichiarare subito che tutto lo studio,


tutto il materiale sperimentale che mi è servito per redigere le
tavole che ho presentate e quelle altre che formano parte della
memoria stampata, è un materiale sperimentale che astrae dal-
l'influenza dell' elica sul fenomeno della propulsione ; io mi sono
occupato della resistenza della carena al rimorchio, non alla pro-
pulsione.
Questo altro studio potrebbe essere fatto forse con criterii
analoghi , ma richiederebbe un nuovo incominciamento dello
studio e mi duole di dover aggiungere che non credo sarebbero
a disposizione dello studioso dei materiali sperimentali che nem-
meno lontanamente si possono paragonare alla quantità che lo
studioso può avere a disposizione per quanto riguarda la resi-
stenza della carena.
Il prof. Ghirardi domanda la mia opinione sulla influenza
che sul valore della resistenza incontrata dalle navi in servizio
- 505 -

possa aver avuto l'elica, in confronto della influenza benefica


ottenuta nel miglioramento della forma di carena.
Come espressione di una opinione mia, senza suffragarla con
riserva di materiali sperimentali, io posso dire che mentre il
miglioramento della forma di carena può aver condotto, a pa-
rità di dislocamento e di velocità (e le figure che ho presentato
lo dimostrano ) a dei miglioramenti talvolta del 50 % e talvolta
anche più, i miglioramenti che possono essere stati introdotti
durante sessanta anni nelle eliche navali avranno potuto rag-
guagliarsi nel valore finale a un 5 , un 6 , un 7 , al massimo un
0
10 0 dalle primitive alle più recenti e migliori. E dicendo il
10 , credo di dire più della realtà delle cose.
Signor Presidente, io ho commesso una dimenticanza nella
mia esposizione precedente. Era in me il desiderio di esprimere
un vivo ringraziamento verso il Ministero della Marina per
avermi consentito di servirmi del materiale sperimentale raccolto
alla vasca di Spezia, allo scopo di formare una memoria da
presentare ad un'assemblea di indole tecnica scientifica. Questo
desiderio ho però dimenticato di esporre, onde desidero che la
dichiarazione dei miei sensi di riconoscenza avvenga ora con que-
ste parole che ho creduto di dover aggiungere . (Applausi).

BETTOLO, presidente. - Sono le 5 e mezza ed altri doveri


mi chiamano fuori di quest'aula, per cui vi lascio per ora, co-
dendo la presidenza al generale Valseccchi. (Applausi).

Assume la Presidenza S. E. il Generale VALSECCHI.

LAURENTI. Ho chiesto la parola, non per dimostrare l'im-


portanza ormai riconosciuta di questa memoria , perchè tutti
siamo convinti della grande importanza di questi studi speri-
mentali della vasca, ma per rammentare con dolore a tutti gli
ingegneri che sono qui che quelli che sono fuori dalla Regia
Marina non possono usufruire dell'abbondantissimo ed eccellen-
tissimo pane della scienza che dagli studi della vasca si ricava ,
e perciò io vorrei invitare i colleghi a formulare un voto da
presentarsi al Ministero della Marina affinchè tutti gli studi che
506

non rivestono carattere riservato per la Regia Marina, possano


essere riassunti periodicamente in una pubblicazione che possa
andare fra le mani di tutti gli ingegneri navali , affinchè pos-
sano averne lumi per altri studi , e per trarne fuori quelle con-
seguenze che potrebbero per avventura sfuggire agli ingegneri
della Marina, mentre potrebbero formare oggetto di indagini
di altri studiosi, dando così luogo a studi preziosissimi e che
potranno essere valevoli per tutti. (Applausi).

RABBENO. In merito a quanto il prof. Scribanti ha risposto


al prof. Ghirardi , mi permetto di osservare che era quasi inutile
invocare una possibile influenza del miglioramento delle eliche,
perchè il rendimento delle eliche , da cinquanta anni a questa
parte si è mantenuto presso a poco costante, e si è mantenuto
così perchè di poco può variare.
Non ripeterò quanto ho già detto altre volte , ma siccome
le eliche hanno un rendimento massimo teorico analogo a quello
delle macchine a vapore , così anche uno studio che fosse ripe-
tuto con gli stessi criterii, ma tenendo conto dell'influenza del-
l'elica non potrebbe portare a risultati diversi da quelli a cui
ha portato lo studio sulle carene nude .
Questo per eliminare il dubbio che potrebbe sorgere, che ri-
facendo lo studio si potesse venire a risultati diversi. (Applausi).

VALSECCHI , presidente. - Nessun altri chiedendo la parola


sulla relazione Scribanti , nè dovendosi su di essa venire a con-
clusioni, passiamo alla memoria del maggiore Nino Pecoraro :
« Il numero dello eliche nelle moderne navi da battaglia » .

PECORARO. Per amore di brevità mi limiterò a riassu-


mere soltanto la mia memoria. Leggerò per esteso soltanto le
prime pagine che contengono come una introduzione , poi ac-
cennerò brevemente alla storia di esperimenti fatti presso la
vasca della Spezia intorno all'argomento che forma oggetto della
relazione stessa, ed infine riassumerò le conclusioni che costi-
tuiscono la parte più interessante. (Legge la relazione. Applausi)
(V. pag. 57).
- 507 -

GOFFI. - Sarò molto breve perchè debbo solo associarmi


all'ing. Pecoraro , il quale è fautore della divisione in tre unità,
anzichè in quattro ; e credo che , sempre quando il diametro
delle turbine , quella di B. P. in particolare , non ecceda deter-
minati limiti , sia conveniente ripartire l'apparato propulsatore
in tre gruppi di turbine di potenze eguali , ciascuno provvisto
di turbina di marcia indietro , e disposti in altrettanti lo-
cali affatto separati ed indipendenti fra loro ; magari impie-
gando due gruppi per ciascun asse nei casi in cui le potenze
richiedono turbine che occupano lo spazio di circa 5 metri
in diametro , spazio che ritengo necessario per la ripartizione
in tre unità eguali degli apparati propulsatori di 50.000 ca-
valli-asse .
In ordine alle turbine, certo che ritengo che la migliore di-
sposizione sia quella del sistema misto, di avere gruppi di due
turbine : ma ad azione per le alte pressioni , che ritengo più
economica per gli andamenti ridotti di quella a reazione , e la
seconda turbina a reazione.
In quanto poi al funzionamento di queste due turbine , ho
sentito anche parlare che per lo spazio che occupano e che ri-
chiedono per lo smontamento dei rispettivi motori , bisogna avere
dei meccanismi ausiliari uno di seguito all'altro , e , se non
sbaglio, ho anche sentito dire che qualcuno potrebbe essere si-
stemato nei locali attigui.
Io ritengo che tutti i macchinismi ausiliari dovrebbero essere
nello stesso locale della propria motrice, perchè ci sono delle
funzioni, come quella del condensatore, che hanno bisogno di
un'unica sorveglianza e dirigenza e non si possono mettere in
altri locali.

FERRATI . Desidero esprimere all'ingegnere maggiore Pe-


coraro i più vivi ringraziamenti a nome mio e di varii colleghi
per la interessantissima memoria.
Io non dubito che i corpi tecnici competenti ne terranno
debito conto in modo che la nostra Marina Militare ne possa
presto trarre pratico profitto.
508 -

ORLANDO SALVATORE. — L'ing. Ferrati mi ha preceduto, ma


come uno dei rappresentanti qui della ingegneria borghese debbo
esprimere anch'io i nostri ringraziamenti all'ing. Pecoraro che
con la sua alta competenza ha voluto rendere manifesti i risultati
di questi studi , alle cui conclusioni mi associo pienamente.
Io credo che negli apparati motori a turbina occorra ridurre
il numero delle eliche per aumentarne l'efficienza. Quanto più
l'elica è piccola , tanto meno efficiente sarà , specie se la nave
deve fronteggiare del mare di prora o del vento, e nel caso di
manovra l'azione delle eliche piccole è troppo lenta e non ri-
spondente ai bisogni di navi militari . Ed arriverei al punto di
dire che per navi piccole, quando si vada sotto alle 10.000 ton-
nellate, ridurrei ancora il numero delle eliche e andrei addirit-
tura a due.
Nella marina americana abbiamo il North Dakota con due
grandi eliche di 2,50, e se consideriamo le quattro elichette delle
nostre navi c'è da dubitare molto sulla facilità di manovra che
potremo ottenere .
Per grandi navi non eccederei il numero di tre, ma a tur-
bine assolutamente indipendenti, senza nessun tubo di comuni-
cazione tra due turbine, che quando si debbono mettere in azione
non vi sia bisogno di lunghi preventivi riscaldamenti ; quindi
bisogna dare una grande parte alle turbine ad azione ed a quelle
miste ad azione e reazione montate sullo stesso asse.
Quindi, ripeto i ringraziamenti miei , e credo della generalità
degli ingegneri presenti, per l'interessante memoria dell'ing. Pe-
coraro, che meriterebbe di essere studiata assai lungamente (Ap
plausi).

RABBENO. Mi pare che valga la pena di far rilevare una


fortunata coincidenza di queste esperienze con quelle relative
alla resistenza di carena.
Gli ultimi studi hanno provato che il miglior rapporto tra
larghezza ed immersione di una nave è 3. In questo caso si
può dunque dividere il rettangolo circoscritto alla sezione mae-
stra immersa della nave in tre quadrati, ognuno dei quali per-
mette l'uso di una elica, avente il massimo diametro compati-
- 509

bile con la pescagione della carena. E siccome così si assicura


il massimo coefficiente di rendimento possibile all' elica, questa
coincidenza è altamente confortevole, perchè permette di asso-
ciare, dividendo la potenza motrice su tre assi, il miglior pro-
porzionamento dello scafo col miglior proporzionamento del pro-
pulsore.

SOLIANI. Mi associo innanzi tutto agli altri oratori nel-


l'apprezzare altamente la memoria dell'ing. Pecoraro, che sola-
mente oggi ho avuto l'onore di conoscere personalmente, ma
che ho sempre considerato da lontano come uno dei più valenti
della nostra marina . E dico che egli abbia reso un servizio emi-
nente a tutta l'ingegneria navale con la sua bella memoria.
Soltanto desidero mettere in maggior rilievo una difficoltà
accennata anche da lui e che parmi si abbia con le tre eliche
in relazione all'impianto delle artiglierie poppiere. Il quale im-
pianto invece di passare con il suo tubo elevatore fra gli assi
delle eliche, deve restare necessariamente al di sopra dell'asse
dell'elica centrale, obbligando a tener più alti i depositi delle
munizioni che vengono così a trovarsi alla lor parte superiore
al di sopra del galleggiamento.
Il valente ingegnere conte Pecori Giraldi qui presente che
conosce tutti i segreti delle artiglierie potrà dire fino a qual
punto il mio dubbio ha valore.

LAURENTI. - Credo che ad ovviare l'obiezione fatta dall'ing .


Soliani potrebbe valere l'adozione dell'apparecchio Melville di
riduzione meccanica del numero dei giri . Certo che adottando
questo apparecchio , con i pignoni sopra, l'asse dell'elica sarebbe
portato più in basso e si potrebbe ovviare a questo inconve-
niente. Da una pubblicazione comparsa sull' Engineering par
rebbe che l'apparecchio avrebbe dato buoni risultati , e potrebbe
essere adottato riducendo il numero dei giri non solo per l'elica
centrale affinchè l'asse ne potesse passare sotto gli impianti
delle artiglierie, ma anche per le eliche laterali , per aumentarne
l'efficienza .
510 -

PECORARO. - Rispondendo alle obbiezioni mosse dal Sig. Ge-


nerale Goffi, farò notare che il diametro delle turbine di un im-
pianto triplo di 50.000 cav. non supera m. 4,30 e credo che
turbine di queste dimensioni possano facilmente allogarsi nei
locali riservati alle motrici nelle moderne grandi navi da bat-
taglia di più che 23.000 tonn. di dislocamento.
In quanto, poi , alla obbiezione fatta dall'ingegner Soliani,
relativa alla difficoltà che si incontrerebbe per far passare al
disotto dell'impianto di artiglieria centrale poppiero l'asse della
motrice centrale in una nave a tre eliche, osserverò che io ho
posto bene in rilievo, nella mia relazione, questa difficoltà ag-
giungendo, però, ch'essa mi pareva facilmente sormontabile.
L'ingegner Soliani e l'ingegner Pecori vorranno ammettere al-
meno, che tale difficoltà possà superarsi ; s'essi dubitano, poi,
della possibilità di superarla « facilmente » , io non esiterò a
modificare la mia opinione sopprimendo anche, se occorre, quel
<< facilmente » dalla mia relazione. (Si ride).

PECORI GIRALDI . - Allora mi associo anch'io. (llarità) .

PECORARO. - Vi sono, del resto, parecchie navi tedesche che,


pure avendo gli impianti di artiglieria centrali, hanno tre eliche.
Per queste navi il problema sarà stato quindi, e certo lodevol-
mente, risolto.
Terminando questa mia breve replica, esprimo al Sig. Gene-
rale Ferrati, al Comm. Soliani ed al Comm. Orlando vivi rin-
graziamenti per le loro gentili e lusinghiere parole.

VALSECCHI , Presidente. - Ed ora passiamo alla memoria


del Colonnello Rota : « Il lavoro della Vasca per le esperienze
coi modelli nel Regio Arsenale della Spezia dal 1889 al 1910 ».
(V. pag. 71 ) .

ROTA. Non intratterrò l'assemblea più di 5 minuti !


L'ora è tarda e del resto sarebbe fuori di proposito una let-
tura della rassegna che feci nella nota che è davanti al Con-
gresso, per illustrare il lavoro compiuto presso la Vasca di Spezia
dal 1889, ossia dall'epoca del suo impianto.
- 511 -

Desidero però rinnovare qui i sentimenti di gratitudine verso


l'Ammiragliato Inglese per la liberalità con la quale permise
alla nostra marina di riprodurre gli apparecchi delicatissimi che
si devono all'ingegno di Sir. William Froude e con i quali si
possono effettuare ricerche del più alto interesse per l'ingegneria
Navale. Oltre alla piena facoltà di riprodurre tali apparecchi
per uso della nostra Vasca, la Marina Inglese ci fu molto larga
di assistenza nei periodi che precedettero l'esercizio della Vasca
stessa e ciò prova ancora una volta con quanta simpatia quella
nazione amica segua i progressi della nostra marina.
Presso la nostra Vasca si sono eseguite esperienze con carene
di ogni tipo ed anche studi speciali per esaminare l'influenza
delle alterazioni introdotte nelle tre dimensioni principali di una
stessa sagoma di carena.
Altre ricerche analoghe, dirette da determinati obiettivi , sono
tuttora in corso.
Si eseguono, in modo corrente, esperienze con modelli delle
eliche onde determinarne gli elementi più convenienti pei pro-
getti, ed una bellissima manifestazione di ricerche di tal genere
si è avuta oggi con l'interessante memoria del Maggiore Pe-
coraro.
Non istarò a ripetere quanto si è fatto per lo studio speri-
mentale del rollio delle navi a mezzo dei modelli , dirò solo che
particolari esperienze sono ora in corso, riprendendo in esame
il sistema dello impiego dell'acqua quale mezzo efficace per fre-
nare l'ampiezza delle oscillazioni.
Il sistema, come è noto, ebbe origine in Inghilterra, e da
noi se ne fece tempo addietro un tentativo di applicazione sulla
Castelfidardo, ma che però non ebbe seguito.
Estese ricerche furono fatte per la determinazione dell'in-
fluenza della profondità dell'acqua sulla resistenza al moto, di
navi di forme svariatissime, ed i risultati ai quali si pervenne
allora dettero luogo a molte applicazioni, confermandosene sempre
la perfetta attendibilità.
Mi limiterò a ricordare che M. Sidney Barnaby ha tenuto in
gran conto questo speciale lavoro della nostra Vasca, facendone
impiego in un importante studio sulla resistenza al moto di
- 512 --

navi sottili in acque poco profonde, dimostrando la eccezionale


coincidenza delle deduzioni tratte dalle nostre esperienze, con
quelle ricavate dalle prove in mare eseguite in corrispondenti
condizioni.
Altre speciali ricerche si eseguirono per obbiettivi interessanti
la navigazione interna, esaminando l'influenza della forma delle
sezioni dei canali e studiando fino a quale punto sia possibile
applicare anche a questo ramo di ricerche la legge di similitu
dine meccanica.
Ma troppo lunga sarebbe, sia pure, una semplice enumera-
zione degli studi fatti e di quelli che occupano oggidì la nostra
Vasca ; dirò tuttavia che un nuovo campo di ricerche sta per
essere esplorato ed esso tratta dei mezzi pel governo delle navi.
Si investigheranno con speciali apparecchi tutti gli elementi
dai quali dipendono le qualità giratorie delle navi e special-
mente si faranno ricerche intorno alle caratteristiche dei timoni :
superficie, forma di esso, centro di pressione, momento necessa-
rio per tenere il timone alla banda. E questi nuovi studi che
ora vanno ad intraprendersi, saranno, ne sono certo, un'altra
affermazione dell'utilità estrema del ramo esperimentale dell'ar-
chitettura navale, basato com'è sulla legge di similitudine che
il sommo Newton volle dettare (applausi).

LAURENTI. Tutti gli ingegneri navali italiani ed esteri


debbono essere grati in sommo grodo al colonnello Rota per la
genialità dei suoi studi. Possiamo considerarlo come il vero crea-
tore di tutta la serie numerosa di elevatissimi studi sperimen-
tali, parte pubblicati, parte disgraziatamente, ripeto, non ancora
noti, che ha prodotti la nostra Vasca.
Tutta una preziosissima messe di questi studi sono rappre-
sentati da quel libro « La Vasca » che corre nelle mani di tutti
noi e che in molte circostanze della nostra professione ci è di
grande ausilio per i suoi dati sperimentali , ed io vorrei proporre
un voto a tutti i colleghi, un voto di plauso per la grandissima
opera del nostro colonnello Rota. (Applausi unanimi, virissimi
e prolungati).
- 513 -

ROTA. - Ringrazio cordialmente l'ing. Laurenti per le espres-


sioni gentili rivolte al mio indirizzo ; io non fo che aggiungere
qualche pietra all'edificio grandissimo che gli altri hanno co-
struito. (Applausi).

SOLIANI. - Desidero associarmi al ringraziamento rivolto


dal colonnello Rota alla Marina inglese, che specialmente in ciò
che riflette la vasca Froude ci ha dato prove di una cordialità
esemplare.
Nel 1887 fui inviato in Inghilterra per raccogliere dati rela-
tivi alla Vasca Froude , ed ebbi subito dall'Ammiragliato Inglese
il permesso di andarla a visitare. Il signor Froude mi accolse
come un allievo e mi forni tutti i dati che potevano interessare
non solo la buona riuscita dell'impianto, ma anche l'economia
di spesa e tutte le avvertenze per rendere efficace l'esercizio della
vasca e accurate le esperienze mettendo a mia cognizione tutti
i difetti che aveva verificati nella sua vasca , e che si proponeva
di eliminare.
Non si potevano fare le cose più liberalmente e cordialmente
di così , e sebbene l'Ammiragliato ed il Signor Froude siano
stati ringraziati, tale ringraziamento non venne fatto in formal
pubblica, mai pubblicamente è stato riconosciuto questo cortese
servizio che la marina inglese ha reso alla nostra, ed io sono
lieto che l'egregio colonnello Rota mi abbia offerto questa ocea
sione di confermare le cortesie che ci furono usate. (Applausi).

IGNARRA. Io mi associo di cuore alle dimostrazioni fatte


ai nostri colleghi Rota, Pecoraro, Scribanti, veri benemeriti del-
l'Ingegneria Navale per i loro importanti studi di Architettura
Navale. Ma desidero ricordare anche il Colonnello Ruggieri Ago-
stino, il quale per ragioni di salute ha dovuto, da breve tempo,
lasciare il servizio. Egli fece pregevoli studi sulle esperienze alla
vasca Froude di Spezia, iniziò la preparazione dei modellini
delle eliche e le relative prove, tradusse varie memorie di Froude
per generalizzarne la conoscenza fra gli ingegneri navali ita-
liani. Vada quindi anche a lui il nostro saluto plaudente, con
il dispiacere che egli abbia dovuto lasciare il servizio attivo
- 514 -

quando, con la sua viva intelligenza e con la costanza in ogni


studio dimostrata, avrebbe potuto rendere ancora segnalati ser-
vizi al Genio Navale. (Vivi applausi).

ORLANDO SALVATORE. - Anche io a nome degli ingegneri


ringrazio il colonnello Rota pel suo lavoro. Ed aggiungo una
preghiera ; che anche nell'interesse degli ingegneri privati, questi
studi e le relative comunicazioni, che si fanno oggi nelle pub-
blicazioni segrete della Marina, siano rese pubbliche.
Una volta noi vedevamo stampati i lavori del Rota , e del
l'ing. Pecoraro, e di altri addetti alla vasca , in pubblicazioni
che andavano per le mani di tutti. Ora non più.
Orbene, queste questioni di resistenza della carena ed altre
non dovrebbero rimanere segrete , e se venissero pubblicate po-
trebbero riuscire di grande utilità a tutti gli ingegneri navali
italiani.
In Inghilterra , sotto questo punto di vista , si è fatto un
gran passo, con la istituzione della National Tank, di cui tutti
potranno disporre ritraendone utili elementi.
Ed aggiungo un'ultima raccomandazione : sarebbe utile che
coloro che sono addetti alla vasca portassero la loro attenzione
su due studi un po ' messi in disparte che sotto la loro esperta
direzione possono essere eseguiti anche fuori della vasca. Uno
è quello della cavitazione delle eliche ; la ragione cioè per cui
le eliche piccole e rapide hanno un rendimento minore delle
grandi e lente. Nelle riunioni inglesi abbiamo visto a questo
riguardo delle bellissime fotografie e degli studi bellissimi e
pieni di interesse per tutti coloro che si applicano alla costru-
zione delle macchine, e poichè questo studio della cavitazione
delle eliche non è stato molto sviluppato qui da noi, faccio voti
che ad esso si rivolga ora l'attenzione dei tecnici .
Vi è poi un secondo punto ed è quello della teoria delle
casse antirollio. La teoria enunciata dal Frahm è che il periodo
di oscillazione della nave in mare ondoso segue con un 14 di
ritardo dell'intero percorso il periodo totale di andata e ritorno
dell'onda, e che l'acqua della cassa segue a sua volta un altro
ritardo di 1/4 del totale periodo : quello della nave pare non
- 515

sia vero, in modo assoluto ; questo studio sarebbe anche utile


perchè questa innovazione porterebbe un grande vantaggio tanto
nei bastimenti da guerra, quanto nei bastimenti mercantili.

ROTA. Questa seconda parte forma precisamente oggetto


di studi che ancora sono in corso.

PECORARO. Circa la cavitazione, rammenterò che vi sono


difficoltà grandissime per poter riprodurre questo fenomeno nelle
esperienze coi modelli , poichè è necessario ricorrere a procedi-
menti sperimentali che non sono di facile applicazione ; occor-
rono vasche speciali nelle quali sia possibile produrre una de-
pressione, o altrimenti, operare nell'acqua a temperatura elevata
e ciò non abbiamo il modo di fare alla vasca. D'altra parte ,
anche se il modo vi fosse, mancherebbe forse il tempo il quale,
per necessità di cose, è dedicato principalmente allo svolgimento
dell'ordinario lavoro di interesse immediato, sì che poco ne ri-
mane per le indagini di carattere generale speculativo. Va poi
notato che le ricerche compiute sinora intorno alla cavitazione
operando su modelli, non escluse quelle del Frahm e del Taylor
hanno condotto a conclusioni di ben modesta importanza per
la pratica e non sarebbe forse abbastanza giustificato l'atten-
dere da ricerche di tal natura risultati d'importanza molto
maggiore .

SCRIBANTI. Il nostro presidente si è fatto interprete dei


desideri comunemente sentiti dalla classe degli ingegneri navali
non appartenenti alla Regia marina , desiderio che è sentito ge-
neralmente anche dai cantieri navali privati, cioè la possibilità
di poter ricorrere più efficacemente e più facilmente all'aiuto
della vasca che lo Stato mantiene ed esercita per suo conto nel-
l'Arsenale di Spezia.
Io non posso che associarmi a questo desiderio ; però, avendo
partecipato all'esercizio di quello istituto esperimentale, sono per-
fettamente in grado di rendermi ragione delle difficoltà che,
anche contro il desiderio dei reggitori della Marina, si oppon-
gono ora, e si potranno opporre in seguito, perchè questo isti-
-- 516

tuto di sperimentazione venga con larghezza messo a servizio


dei privati cantieri. E credo che, per quanta buona volontà ci si
possa mettere dai reggitori della marina in genere e dai pro-
posti all'esercizio della vasca, queste difficoltà potranno difficil-
mente essere eliminate.
Debbo aggiungere che in seno al Consiglio , Direttivo della
Scuola Navale di Genova vi è stata persona che ha ventilato
l'idea di costituire una vasca sperimentale presso quella Scuola
col sussidio delle amministrazioni locali, non potendosi fare as-
segnamento sul concorso dello Stato, e ricorrendo all'uopo par-
ticolarmente al concorso, che si è dimostrato già non impossi-
bile ad ottenere, delle grandi ditte industriali navali.
Ed io credo che un istituto sperimentale colà costituito, li-
bero dalle esigenze quotidiane del servizio della Marina militare,
sarebbe molto meglio in grado di soddisfare alle esigenze dei
privati ed al desiderio dell'on. Orlando e dell'ing. Laurenti, che
io pienamente condivido.
Io sarei molto lieto se il primo Congresso Nazionale di in-
gegneria navale d'Italia oggi adunato volesse tra le sue odierne
deliberazioni adottare anche quella di emettere un voto perchè
veramente la Scuola Navale di Genova diventi sede di una vasca,
che diventi vasca nazionale per la marina mercantile, a simili-
tudine di quella costituita a Spezia per la marina militare. (Ap-
plausi).

VALSECCHI , presidente. Domando al Congresso se la pro-


posta Scribanti è approvata.

GHIRARDI. - Ed io chiedo che sia approvata per acclama-


zione, tanto alto è l'interesse della proposta a vantaggio di tutta
la classe nostra.

LAURENTI. La mia precedente proposta per un voto del


congresso è completamente differente da quella del prof. Scribanti .
La mia proposta non era quella che lo Stato ponesse a di-
sposizione dei privati la sua vasca, perchè si sa bene che ha
troppo interesse di far prima gli studi suoi, e solo se avrà tempo
disponibile potrà concederla per studi privati.
517 -

Il mio scopo era invece di formulare un voto al ministero


della marina perchè gli studi interessantissimi fatti in quella
vasca non restino nel Genio navale, ma vengano resi di pub-
blica ragione.
Ora si entra in un altro campo : di avere una vasca che sia
alla portata di tutti e sempre ; ed allora si potrebbero formulare
.
due voti solenni : uno verso il Ministero della marina, con pre-
ghiera di mettere i risultati degli studi scientifici , che non in-
teressano la difesa nazionale, alla portata di tutti gli ingegneri
navali ; l'altro perchè venga istituita una vasca che sia alla por-
tata di tutti.
Questo secondo voto forse potrà restare per molto tempo allo
stato platonico, perchè l'ostacolo sarà quello finanziario, ma ciò
non toglie che per principio il Congresso non debba formularlo
e credo saremo tutti disposti ad approvare all'unanimità.

ROTA. Dal punto di vista finanziario non credo che le dif-


ficoltà siano grandi, e credo che potrebbero facilmente essere
superate. Il macchinario ei costò 150.000 franchi, ma oggi si
potrebbe avere per molto meno. Il fabbricato non può costare
molto, e credo che con 160 o 170.000 lire si potrebbe avere
adesso un laboratorio di questo genere.

SOLIANI. - Mi associo pienamente alla prima parte del voto


Laurenti, cioè che la marina sia più corrente a mettere a di-
sposizione degli ingegneri navali privati i risultati dei suoi
studi alla vasca. E credo che ciò si possa fare senza ledere i
diritti dello Stato per quanto riguarda la difesa. Ed oltre i ri-
sultati delle esperienze alla vasca Froude, potrebbero essere co-
municati anche quelli di tanti altri interessantissimi studi ed
esperimenti che si fanno nella marina. Per esempio ne accenno
uno, di cui ho potuto avere cognizione per intercessione del
ministero, e cioè lo studio importantissimo fatto da colleghi qui
presenti, dal generale Valsecchi , dal generale Ferrati e dal co-
lonnello Rota, sopra i vari delle navi. Esperienze sul coefficiente
di attrito del sego, sull'influenza della permanenza del peso sullo
scalo ecc., tutte cose utili a sapersi e che non mettono in peri-
518 -

colo la difesa nazionale. Eppure solo per l'antica amicizia che


mi lega alla marina mi sono stati comunicati i risultati di
queste esperienze, risultati dei quali mi sono poi servito pel
varo della Giulio Cesare » . E perchè non potrebbero andare
invece per le mani di tutti ? Adunque oltre i risultati dalle e-
sperienze alla vasca, converrebbe diffondere anche le altre risul
tanze sperimentali, rendendo così nazionale tutta quanta questa
ricchezza scientifica.
In quanto alla seconda parte temo che dal dire al fare ci
sia di mezzo il mare. In Inghilterra, dove ci sono tanti impor-
tanti cantieri, non sarebbero riusciti a costruire la nuova vasca
se non avessero trovato un mecenate, il signor Yarrow, che ne
ha fatto le spese regalando 20.000 sterline. E non basta perchè
adesso che hanno la vasca devono ancora trovare i danari per
géstirla. Questo succede in Inghilterra. Non è per farci piccini,
ma qualche maggiore difficoltà da noi la troveremo certo. Ad
ogni modo il voto possiamo esprimerlo e lo sottoscrivo volontieri.

ORLANDO SALVATORE . - Proporrei dunque questo voto :

<< Il Congresso degli Ingegneri Navali e Meccanici , convinto


<< della necessità che per il progresso della cultura professionale
<< Navale in Italia si possa fruire degli studi e dei risultati di
<< investigazioni sperimentali eseguite dalla R. Marina, nei Regi
<< Arsenali, ritiene utile che il Ministero consenta la pubblicità
« di quelle di carattere non assolutamente riservato ».

SCRIBANTI. - Ed io darei lettura dell'ordine del giorno che


propongo in ordine alla proposta che ho annunciato poco fa :

<< Il Congresso Nazionale d' Ingegneria Navale e Meccanica


fa voti perchè, col contributo di Amministrazioni pubbliche
<< e dell' Industria Navale, si addivenga presso la R. Scuola Na-
<< vale Superiore di Genova alla istituzione e all' esercizio di una
<< vasca di esperimentazione ad uso dei privati , e dà mandato
<< al prof. Scribanti di riferire nel prossimo Congresso sull'esito
« delle trattative che all' uopo saranno state avviate » .

L'assemblea approva all'unanimità i due ordini del giorno.


-- 519 --

VALSECCHI, presidente. La lettura dell'ing. Ghirardi, che


era stabilita per oggi sarà rimandata a domattina alle 9 .

ORLANDO SALVATORE. - Domani ci saranno delle comunica-


zioni importantissime da parte di ingegneri privati e della Ma-
rina sui motori a combustione interna, su motori cioè che si pro-
pongono come mezzo di propulsione dell'avvenire, per cui prego
i congressisti ad essere puntuali.
Comunico ai congressisti che S. E. il Ministro della Marina
ha molto gentilmente messo a disposizione dei congressisti una
regia nave a Napoli, per la nostra gita. Di più il senatore Del
Carretto, sindaco di Napoli, è venuto con grande gentilezza per-
sonalmente a Roma ad annunciarci che egli sarà molto lieto se
i congressisti che andranno a Napoli martedì volessero nella
sera di quel giorno gradire un ricevimento che egli offre in
loro onore al Municipio.
Comunico questo ed esprimo contemporaneamente i senti-
menti della maggiore gratitudine nostra al collega ingegnere
prima di tutto, ed al benemerito sindaco di Napoli , per la sua
espressa venuta qui e per la sua graditissima offerta. ( Applausi
vicissimi).

DEL CARRETTO. Ringrazio l'on. Orlando delle lusinghiere


parole rivoltemi, e sento di interpretare il pensiero della mia
città facendo auguri per il sempre maggiore incremento della
classe vostra. Io non compio che un dovere accogliendovi in
suo nome. (Applausi).

La seduta termina alle ore 18,30.


520 -

III. SEDUTA e

Seduta antimeridiana del 12 Novembre 1911.

Presiede l' ing. comm. SOLIANI

(La seduta comincia alle ore 9,10)

PRESIDENTE. Prima di continuare nelle svolgimento dei


temi, dò la parola all' ing. De Marini per una comunicazione,
sulla vita del Collegio degli ingegneri navali e meccanici in
Italia.

DE MARINI.

Egregi colleghi,

Voi non penserete ch'io presuma troppo di me se ritengo


che l'essere uno dei più anziani membri del nostro Collegio
sia qualità che mi conferisca titolo e forse dovere di esporre
una sommaria rassegna della vita di questo nostro Istituto nel
suo primo congresso in Roma nell'anno avventurato in cui la
patria ricorda una sua data memoranda .
Riassumo alcune date, alcuni nomi, modesto contributo per
chi avrà agio di meglio dire in tempi non lontani tutti i be-
nefizi che il nostro sodalizio avrà portato nel campo delle in-
dustrie navali e meccaniche.

Origini del Collegio. - Modeste furono le nostre origini. I


primi tentativi, allo scopo di riunire in una grande famiglia
gli ingegneri navali e meccanici sparsi nelle diverse provincie
del regno ed oltre i confini, furono fatti dai colleghi Torriani,
De Marini e Monteggia. Il 12 settembre 1895 potè costituirsi
un Comitato provvisorio sotto la presidenza dell' ing. Gioacchino
Cattaneo.
All'appello rivolto il 24 settembre 1895 ai laureati dalla
R. Scuola Navale Superiore di Genova ben 98 ingegneri rispo
521 -

sero plaudendo e fra questi tutti i professori della Scuola anzi-


detta, gli ufficiali del Genio Navale e i decani della professione
che occupavano e che alcuni ancora occupano le più importanti
cariche nelle direzioni degli Stabilimenti navali - meccanici e
siderurgici d'Italia.
Nella prima adunanza del 18 settembre 1895 fu solennemente
proclamata la costituzione del « Collegio degli ingegneri navali
e meccanici in Italia » .
Una Commissione composta degli ingegneri Cattaneo , Men-
goli, Manaira, De Marini, Monteggia ebbe l'incarico di compi-
lare lo Statuto ed il regolamento del Collegio.
Il dì 9 febbraio 1896 l'assemblea dei Soci approvò lo Sta-
tuto ed elesse il primo Consiglio, in altra assemblea straordi-
naria il 12 aprile 1896 veniva approvato il regolamento e nel
maggio di detto anno si inviava la prima circolare ai soci per
la pubblicazione degli atti.

Le presidence. I presidenti del Collegio si seguirono in


questo ordine :

1. -- Cattaneo Gioachino, 9 febbraio 1896.


2. Torriani Davide, 17 gennaio 1897 .
3. Schmidt Edmondo, 26 febbraio 1899.
4. Schmidt Edmondo, 30 dicembre 1900 .
reggenza Zauli Antonio, 23 marzo 1901 .
5. Bigliati Baldovino, 19 gennaio 1902.
6. Torriani Davide, 19 aprile 1903 .
7. Del Balzo Luigi, 18 ottobre 1903 .
8. - Orlando Salvatore, 5 giugno 1906.
9. - Scribanti Angelo, 26 luglio 1909.
10. Orlando Salvatore, 31 gennaio 1911 .

I morti. - Vada un mesto pensiero alla memoria dei con-


soci che più non sono , i compianti :
Gori Spiridione Perroni Agostino Petrini Luigi
Longhi Luigi ---- Micheli Pietro - Quarleri Umberto — Pren-
-
cipe Antonio Calletti Luigi - Manaira Giuseppe - Giun .
tini Fulton -- Panebianco Antonio - Bruzzo Giacomo
- 522 -

Bennati Luigi - Foti Giuseppe - Di Stefano Giacomo


Parascandolo Pierino Masdea Edoardo e Carlo Mirabello
(socio onorario).
Ad eccezione del prof. Longhi e del Senatore Masdea , tutti
gli altri sventuramente son morti in giovane età , ed alcuni di
morte violenta : l'ing. Prencipe precipita nella stiva di un pi
roscafo nell' esercizio della sua professione , i colleghi Foti , Di
Stefano e Parascandolo sono sepolti dalle macerie di Messina.

Gli Atti. - Il primo volume data dal 1896 , non è che


-
una introduzione agli Atti . Riporta i primi passi del Col-
legio, gli Statuti , l'elenco dei primi soci, i temi trattati da un
Consocio all' VIII Congresso degli ingegneri ed architetti che
nel settembre di quell'anno si tenne in Genova, registra di tal
congresso la discussione per la tutela degli interessi professio
nali e chiude con alcuni dati statistici sulle varie associazioni
degli ingegneri esistenti in Italia.
L'intervallo che va dal 1896 al 1900 segna un periodo di
stasi.
Negli anni 1900 e 1901 sotto la presidenza dell' ingegnere
Schmidt e la reggenza dell'ing. Zauli si el be il primo e vero pe-
riodo di attività . Venne costituito un comitato di redazione
composto dei professori Longhi , Scribanti e dell'ing. Zauli e per
tutto il citato biennio si pubblicò un periodico bimensile ove
son trattati interessanti argomenti da memorie originali dei
colleghi : Mengoli , Laurenti , Zauli , Wehemeyer, Pierrottet, Seri-
banti, De Marini, Bucci , Giacomuzzi, Brunelli, Girola, Bonetti
e Queirolo. Non mancò la collettiva partecipazione scientifica ai
varii Congressi : infatti il Collegio quale ente prese parte rap-
presentato dai migliori fra i suoi membri oltre che all' VIII
Congresso già accennato, al Congresso di architettura a Parigi
nel 1900 , a quello dell'Associazione elettrotecnica italiana nello
stesso anno, nonchè al primo congresso regionale ligure di in-
gneria, architettura e costruzione civile navale e meccanica te-
nutosi in Genova nel successivo anno 1901 .
Il nostro Collegio chiamato a consiglio più volte da pub-
bliche Amministrazioni, portò sempre contributo di note scien-
523 -

tifiche e pratiche di apprezzato valore. Passato l'anno 1901 le


pubblicazioni si tacquero fino al 1904 in cui videro la luce tre
soli fascicoli, dall'aprile all'agosto, che rispecchiavano l'orienta-
mento della nuova amministrazione. E il 1904 e il 1905 segnano
purtroppo un periodo di decadenza . L'indirizzo parve mutato,
parve perduta la mira dello sviluppo scientifico per intensificare
troppo quella dell'interesse professionale. Gli attacchi ad Enti
morali, a corpi scientifici , la partecipazione del Collegio come
Ente al 1.º Congresso del personale marittimo che parificava il
voto del personale ingegnere a quello del personale fuochisti e
camerieri di bordo, portarono ad una quasi dissoluzione del
nostro Sodalizio. Dal Collegio si allontarono tutti gli ingegneri
del Registro italiano , i colleghi del Genio navale e tanti con-
soci che coll'ingegno e colle opere illustravano l'ingegneria ita-
liana. Eppure questo trascorso periodo non fu infausto ; come
nella vita degli uomini talvolta meglio insegna il dolore che
non la gioia, così il Collegio dall'esodo dei suoi membri seppe
risorgere e bene risorgere.
Ma il ricostrurre non fu di lieve fatica. Occorreva anzitutto
un nome che avesse il prestigio di far dimenticare d'un tratto
tutto il passato e di ricondurre al Collegio tutti i suoi compo-
nenti . E il nome apparve subito in quello di Salvatore Orlando.
L'on. Orlando volle le conferenze e le discussioni in adu-
nanze dei Soci ed ottenne dal Ministero della Marina che la
pubblicazione dei nuovi Atti , si facesse sotto gli auspici della
pregiata Rivista Marittima » che divenne così l'organo uffi-
ciale del Collegio. Il Collegio mostrò a Sua Eccellenza il com-
pianto ammiraglio Carlo Mirabello la sua gratitudine col no-
minarlo suo primo Socio Onorario.
Ad un'era di feconda attività scientifica il Collegio accop-
piava l'estimazione in cui veniva ad essere tenuto nella vita
Sociale.
Durante il biennio della presidenza dell'on. Orlando, la pub-
blicazione degli Atti redatti sotto gli auspici della citata Rivi-
sta, comincia col gennaio del 1907 e va al dicembre del 1908 .
Son dodici fascicoli che raccolgono le comunicazioni del Colle-
gio ai Soci, le conferenze , le discussioni che ne seguirono e le
524 -

memorie che per il loro carattere non si prestavano ad una


pubblica esamina.
Le conferenze vennero tenute dai colleghi prof. Giuseppe
Belluzzo, Cesare Laurenti , Salvatore Orlando , cap. G. Arturo
Crocco della Brigata Specialisti del Genio militare , Luigi Ghi-
rardi e Giacomo Martorelli . Le memorie son dovute ad Angelo
Scribanti, Ettore Mengoli e Francesco Modugno.
Alla presidenza dell' on . Orlando successe quella del prof.
Scribanti.
Il prof. Scribanti degnissimo continuatore dell'opera dell'on.
Orlando, rinsaldo le basi del nostro Istituto , accrebbe notevol-
mente il numero dei soci e volse tutto il suo versatile ingegno
a curare l'incremento scientifico, le condizioni finanziarie in un
colla tutela della dignità professionale. Le pubblicazioni bime-
strali , con saggio intendimento vennero ridotte ad un volume ,
come . del resto si pratica fra le associazioni tecniche estere più
anziane di noi.
Il volume del 1909 contiene due conferenze seguite da di-
scussioni, la prima è di Francesco Modugno, la seconda di Giorgio
Rabbeno, entrambi capitani del nostro Genio navale.
Sonvi poi memorie dei colleghi Ezio Meriondo, Virgilio Ca-
saccia, Carlo De Marini e Angelo Scribanti.
Il secondo volume , anno 1910 , oltre alle consuete comuni-
cazioni ai soci contiene : il resoconto della discussione avvenuta
in seno al Collegio sulle « Proposte della Commissione Reale per
la riforma del Codice per la marina mercantile » nella parte
in cui verrebbero modificati i limiti attuali della competenza
tecnica assegnata agli ingegneri ed ai costruttori navali ; due
conferenze di Emilio Carbonelli , una di Modesto Panetti e me-
morie di Ettore Mengoli, Angelo Scribanti e Pietro Guglielmino
il verbale dell'assemblea del 13 dicembre 1910 sulla quistione
ampiamente discussa « se il Registro Nazionale Italiano corri-
sponda agli attuali bisogni della Marina Mercantile Italiana >
e la discussione e votazione di due ordini del giorno uno rela-
tivo alla costituzione dell ' ordine legale degli ingegneri » e
l'altro « al riordinamento dei corpi militari della Regia Marina.
- 525 -

Conclusione. Il Collegio ora è forte per numero e valore


dei soci. Questo lieto presente ci assicura un più radioso avvenire.
Se la nostra produzione scientifica non è ancor pari a quella
inglese, se lo sviluppo industriale del paese fu attardato dal
servilismo politico in un con quello intellettuale , la genialità
di nostra gente ci porterà ben presto ad occupare quel posto
verso cui ci sospinge il nostro glorioso passato.

SOLIANI , presidente. - Permettemi di dire una parola su


questo argomento e sulla bellissima esposizione fatta dal col-
lega De Marini della storia del nostro istituto .
Come avete udito, i principii della nostra associazione furono
tutt'altro che lieti. Ma dobbiamo guardare al buon successo ,
che è dovuto in principal modo a coloro che, in mezzo a tante
peripezie e senza perdersi mai di animo, hanno saputo condurre
innanzi le cose. Tutte le difficoltà sono dipese a mio avviso, da
uno sbaglio di strada. Malgrado l'attività , l'intelligenza e lo
zelo dimostrato da coloro che furono i capi di questo istituto ,
non si riuscì mai a far nulla di veramente solido ed efficace ,
perchè il concetto fondamentale era troppo angusto , perchè in
principio si fece questa associazione con criteri piuttosto pro-
fessionali che scientifici.
Si voleva fare un istituto per proteggere gli interessi degli
ingegneri turbati da pseudo professionisti. Ammetterete che non
valeva la pena di fare un'associazione per questo solo fine e che
occorreva tendere a mete più alte.
Più tardi si entrò in questa nuova via. Un altro errore fu
quello di volere la sede dell'Associazione a Genova che non è
un punto centrale d'Italia, nè un punto di richiamo di profes-
sionisti. Infine c'era il difetto fondamentale , al quale ha poi
magnificamente riparato il nostro attuale presidente, di leggere
le memorie saltuariamente. Si avvertivano i soci che la sera
tale , all'ora tale, in salita Sant' Agostino, sarebbe stata letta la
memoria di un socio. Ma chi volete che si scomodi per andare
a sentire una memoria sola ? Perciò malgrado l'intelligenza, lo
zelo e l'attività dimostrata dai predecessori dell' on. Salvatore
Orlando, non si riuscì mai a dare all'istituto un indirizzo fecondo.
- 526

Oggi grazie all'iniziativa dell'on. Orlando e del prof. Seri-


banti , si è venuti al concetto di fare congressi annuali e farli
a Roma, dove è possibile attirare nella nostra orbita la Regia
Marina e gli ufficiali del Genio Navale i quali , per larghezza
di mezzi e per comodità professionali, hanno modo di occuparsi
di molte ricerche scientifiche che i professionisti privati non
possono fare. Con la sede in Roma dove tutti convengono o per
la politica o per affari professionali o per diporto, è facile otte-
nere numeroso concorso di soci e ne è prova la bella riunione
del congresso attuale.
Debbo anzi confessare che, come prima riunione, non spe-
ravo riuscisse così bene, così splendido, come realmente è riu-
scito, in modo da far onore al nostro Paese, ed alla nostra isti-
tazione. Tuttociò è dovuto all'opera geniale, indefessa del nostro
presidente al quale io, sicuro d'interpretare il pensiero di tutta
l'Assemblea, tributo la nostra sincera gratitudine. (Applausi ri-
cissimi e prolungati).

ORLANDO SALVATORE . -Sono grato al collega Soliani delle


sue cortesi parole, ma debbo ricordare che il Consiglio direttivo
del collegio è composto di varie persone e vi sono alcuni che
hanno molto lavorato per questo Congresso. Noto fra i presenti
l'egregio segretario del Collegio ing. Chiozza, il prof. Seribanti
e tanti altri che hanno fatto tutto quanto era in loro, perchè
riuscisse bene questa nostra prima riunione.
In quanto alla sede di Roma la credo anch'io la più conve-
niente, ma il nostro Collegio non ha ancora nulta stabilito.

GHIRARDI. - Ho ascoltato con molta attenzione la lettura


del collega De Marini ed è noto l'altruismo grande da lui di-
mostrato perchè egli è stato sempre l'anima del nostro collegio
nei momenti in cui il collegio stava per cadere ed egli colla
sua energia di lavoratore e di ligure ha saputo tenere in piedi
quel piccolo nucleo di uomini che attorno al collegio vedevano
le sorti della nostra marina. (Applausi).
Inneggi, in questo momento , la mia modesta parola al trionfo
dell'opera sua consacrata a questo solenne Congresso , ai suoi sforzi
527

per dare sempre maggiore energia al Collegio, maggiore sviluppo


alla pratica delle costruzioni navali. Vada il nostro saluto al
collega De Marini : incito i colleghi a tributare onore alla sua
opera. (Applausi).

DE MARINI. Ringrazio il collega Ghirardi delle sue cor-


tesi parole, ma comprenderanno i colleghi che è stata la sua
semplicemente cortesia. (No ! No! Applausi).

PRESIDENTE. - Ed ora procedendo nella discussione delle


nostre memorie, viene quella iscritta al N. 6 del nostro ordine
del giorno, « Le prescrizioni di collaudo dei materiali dei prin-
cipali registri di classificazione » .
Invito il presentatore ing. Ghirardi a riferire.

GHIRARDI. Riassume la sua memoria ( V. pag. 89).

MORIONDO. Credo di interpretare il sentimento dell' As-


semblea, tributando un voto di ringraziamento al collega Ghi-
rardi per la bella esposizione da lui fatta. Questi studi sono di
alta importanza e meritano un serio incoraggiamento per rag-
giungere gli scopi che egli si propone. ( Applausi).

LAURENTI. L'argomento trattato in modo così brillante


dal collega Ghirardi è della massima importanza e interessa più
noi industriali che non gli ingegneri della marina, inquantochè
la marina ha delle norme proprie di collaudo, mentre noi ci
troviamo spesso alle prese con gravi difficoltà per la differenza
dei metodi che si adoperano. Sarebbe bene che la confusione
dei metodi cessasse. Si tratta alle volte di norme imposte dal-
l'armatore ed allora la responsabilità del costruttore è diminuita.
Alle volte si chiede il migliore materiale ed entra così in campo
la responsabilità dell'industriale. Quale di queste norme andare
a cercare per essere sicuri della riuscita ? Allora entra in campo
la fiducia delle diverse istituzioni e del modo come le istitu-
zioni sono rette. Quando invece ci fosse una regola internazio-
nale e costante e da tutti accettata in modo unico, per valutare
- 528

tutte le resistenze, allora si sarebbe più tranquilli. Credo perciò


che sarebbe utile trasformare in voto del collegio la proposta
fatta dal collega Ghirardi dell'unificazione internazionale di que-
ste norme e di incaricare la presidenza di trasmettere questo
voto agli enti competenti. (Approvazioni).

SCRIBANTI . Debbo fare una dichiarazione nella mia veste


di delegato del Registro Nazionale Italiano presso questo con
gresso. Dichiaro che sarà mia cura di sottoporre alla particolare
attenzione di quell'ente e specialmente del suo Comitato Tecnico ,
la bella, interessante ed esauriente relazione che il collega Ghi-
rardi ci ha presentato sull'argomento delle prove sulla resistenza
dei materiali . Io spero che il Comitato Tecnico di quella istitu-
zione vorrà portare su questa relazione tutta la sua attenzione,
e trarre da essa tutto il vantaggio che se ne potrà trarre. Mi
farò anche un dovere di interpretare il desiderio dell'Assemblea
quale è stato manifestato, in assentimento al voto espresso dal-
l'ing. Laurenti, perchè il Registro Nazionale Italiano si faccia,
in quanto è possibile, iniziatore di pratiche internazionali per
l'unificazione, non dico dei registri , perchè questo è impossibile
ed urterebbe contro difficoltà evidenti sopra le quali non è ne-
cessario di insistere, ma si faccia almeno iniziatore di una uni-
ficazione delle norme che questi Istituti seguono, e siccome credo
che le norme non potranno essere comuni in tutto il campo
delle regole che sono chiamate a determinare le costruzioni na-
vali, almeno siano comuni per ciò che si riferisce alla qualità
dei materiali che si impiegano nelle costruzioni navali e mee-
caniche. (Approvazioni rarissime).

SOLIANI, presidente. Sia permesso anche a me di aggiun-


gere una parola. Non posso non riconoscere l'utilità e la gran
importanza di tutti gli esperimenti e delle prove che si fanno
per assicurarsi della bontà dei materiali . Però credo che, per
quanto riguarda i materiali comuni, ci siano delle garanzie suf-
ficienti nella bontà dei prodotti raggiunta dai fabbricanti, i
quali adesso sono riusciti a produrre dei materiali di qualità
eccellente costante ed uniforme grazie ai metodi e mezzi di
529

fabbricazione moderni più perfetti . Si aggiunga poi che la prova


solenne dei materiali si fa in cantiere, dove essi vengono assog-
gettati a duri trattamenti di piegatura, di riscaldamento , ecc. ,
ai quali i materiali non buoni non resistono, così riesce facile
accertare la qualità dei materiali, scartare i materiali cattivi e
anche le fabbriche che li forniscono. Sono poi alquanto scettico
sulla opportunità di abbandonare la prova di caduta dei pezzi
di fusione. Il Ghirardi sostiene l'utilità di un altro metodo . Non
voglio metterne in dubbio la bontà ma un metodo non esclude
l'altro. Confesso che in questo campo sono un poco misoneista
e dico che a mio avviso la prova di caduta non deve essere ab-
bandonata perchè quantunque sia grossolana e direi brutale, e
forse in grazia di ciò , riesce a palesare difetti gravi che con i
metodi più scientifici di indagine rimangono occulti. Ricordo
di aver visto dei pezzi di acciaio, collaudati con tutta la solen-
nità tecnica, spezzarsi cadendo da un carro e lamiere e verghe
pure accuratamente collaudate con le prove di trazione etc.
frangersi similmente cadendo da poca altezza oppure spaccarsi
con l'abbassarsi della temperatura atmosferica. Quindi credo non
sia male che un po' di praticaccia entri in aiuto delle prove
scientifiche.
C'è poi un altro elemento al quale ha accennato l'ing. Lau-
renti ed è la buona fede dei collaudatori. Gli istituti di collau-
dazione , come tutte le cose umane, col tempo vanno soggetti a
degenerare onde viene talvolta a mancare la accuratezza dei
collaudi e la fiducia nei certificati di collaudo. Lo dico per espe-
rienza. Saranno eccezioni, ma bastano a render cauti nel giudi-
care il valore delle prove di collaudo.
Ho sentito parlare di prove di durezza. Io sono un dilettante
in queste cose, non ho la competenza di lor signori, ma mi do-
mando perchè non si parla mai di prove di compressione. L'ac-
ciaio di alta resistenza ha, rispetto all'acciaio dolce, una resi-
stenza alla tensione molto più grande, pur avendo la stessa dut-
tilità e perciò lo si giudica senz'altro superiore all'altro. Ma io
osservo che nelle formule per determinare la resistenza di un
solido alla compressione, c'entra al numeratore il modulo di ela-
sticità che è sensibilmente lo stesso per entrambi gli acciai. Se
530

le formole sono razionali ne viene di conseguenza che i due ac-


ciai hanno alla compressione la stessa resistenza. Perciò, in tutti
casi nei quali , come avviene per gli scafi, vi sono parti, strut-
ture, soggette a sforzi alterni di compressione e di trazione,
l'impiego dell'acciaio di alta resistenza non presenterebbe alcun
vantaggio.
Non sarebbe quindi inopportuno che si eseguissero anche
esperienze di compressione sopra barrett eguali fatte con i due
acciai per accertare se il dubbio che ho espresso ha fondamento.
Il prof. Ghirardi ha accennato ad un suo bellissimo istru-
mento per determinare l'elasticità dei metalli ed io credo di in-
terpretare il vostro pensiero augurando pieno successo alla sua
genialità e perchè il suo strumento possa effettivamente rendere
quei servigi che da esso egli si aspetta.
Circa il modo di tradurre in atto la proposta Ghirardi, credo
che gli ingegneri Scribanti e Laurenti abbiano ben definito quello
che si deve fare, ed il Collegio procurerà di tradurre in atto i
loro desideri. E per conchiudere mi associo al voto di plauso
al prof. Ghirardi per la sua dotta relazione. (Viri applausi).

PECORARO. - (Comunicazione fatta prevenire per iscritto .


L'adozione di norme generali di prova dei materiali usati
nelle costruzioni navali, rispondendenti alle deduzioni tratte dai
più moderni studii sull' argomento, sarebbe assai desiderabile
anche nella R. Marina la quale segue ora, nei collaudi , norme
diverse da quelle degli Istituti di classificazione e meno ancora
di queste d'accordo con quelle che l'Associazione internazionale
per gli studii sui materiali di costruzione, che è senza dubbio
la più alta competenza in materia, propose sin dal 1895 come
più razionali fra tutte. Un esempio, fra gli altri che potreb-
bero sciegliersi , basterà a porre in rilievo le discrepanze fra
queste norme a quelle in vigore nella R. Marina. L' Associa
zione Internazionale suddetta ha stabilito, come è noto, che il
tratto utile delle barrette da sottoporsi a prova di trazione debba
aver sempre una lunghezza scelta in un rapporto costante ( 11,3)
con la radice quadrata dell'area della sezione ; è alla condizione
della costanza di questo rapporto che si raggiunge l'altra della
531

similitudine geometrica delle barrette epperò si rendono parago-


nabili i valori degli allungamenti unitarii di rottura ottenuti
da barrette di uno stesso materiale. Nelle Istruzioni in vigore
nella R. Marina, invece , il valore del rapporto sopra indicato
varia, nel caso di collaudo di lamiere, da 40 a 6,67 col variare
della grossezza delle lamiere stesse ; ciò rende necessario fissare
valori dell' allungamento di rottura variabili con la grossezza
dei saggi e questa variazione è talora determinata in modo piut-
tosto grossolano.
Il grafico allegato (V. pag. 532) dimostra come varî, secondo le

norme di collaudo della R. Marina, il valore sul rapporto con la


V s
grossezza dei saggi e quali sieno le differenze , per le diverse
grossezze, fra il valore del rapporto suddetto risultante dall'ap-
plicazione di dette norme e quello fissato dall' Associazione per
gli studi sui materiali da costruzione.

PRESIDENTE . Vengono ora parecchie memorie riguardanti


tutte il combustibile liquido. Cominciamo dalla prima : Caldaie
a combustibile liquido.
Invito l'ing. Fumanti a esporre la sua memoria.
Siccome siamo un po' indietro nella discussione dei temi ,
prego il relatore di usare nelle loro esposizioni, la massima brevità.

FUMANTI, riassume la sua memoria. (V. pag. 145 ) . (Applausi).

PRESIDENTE. --- C'è un'altra memoria dell' ing. Giannelli

sullo stesso argomento. Credo quindi che prima di aprire la


discussione sulla interessantissima memoria dell' ing. Fumanti
sia opportuno, per fare una discussione unica, di sentire anche
quella dell'ing, Giannelli. ( Sì, Sì) .
Invito l'ing. Giannelli a riferire.

GIANNELLI riassume la sua memoria. (V. pag 204) . (Applausi)


400
38

30
28
26
24

= 1 un
22
20
18
46

4mm
- 532 -

costruzione
Regole
di
?
Int
Associazione
da
materiali
sui
studi


12
10

Rapporti
30
29
28
27
26
25
24
23
22
21
20
19
14
18
17
16
15
10
13
12
11
9
8
7
6
5
4
3
0
in
Spessore llim Gi
533 -

PRESIDENTE. - La discussione è aperta sopra queste due in-


teressanti memorie.

BUONGIORNO. - Dalla relazione risulterebbe che il polveriz-


zatore a compressione d'aria, adottato per le caldaie a combu-
stibile liquido delle moderne siluranti , offre , in confronto di
quello a vapore, rilevanti vantaggi, sia dal lato economico che
da quello guerresco, perchè è minore il consumo per cavallo -ora
ed in minor tempo si passa da macchina ferma a macchina pronta .
Perciò la sua adozione dovrebbe estendersi a tutte le caldaie
delle siluranti che funzionano a combustibile liquido.
Adottiamo pure il polverizzatore a compressione d'aria, ma
facciamo un tipo unico, così il personale di macchina, nel pas-
sare da una silurante all'altra, nelle camere di governo , si trova
come a casa propria, perchè conosce già gli apparecci da ma-
novrare.
È ovvio che qualunque apparecchio , anche il più semplice,
allora dà il suo massimo rendimento , quando è adoperato da
personale che nel lungo esercizio ha potuto acquistare la pratica
necessaria pel suo razionale maneggio.
Per le recenti grandi navi l'esperimentato polverizzatore a
vapore, vanto dell' ingegneria navale , perchè ideato dall' inge-
gnere Cuniberti, è stato sostituito col bruciatore a compressione.
L'esperienza dimostrerà se i vantaggi riconosciuti ai brucia-
tori a compressione, vantaggi che principalmente sono dovuti al
fatto che nell'unità di tempo permettono di bruciare tanto
naftetine da triplicare la produzione di vapore di una caldaia,
avranno tutta la loro sanzione nella pratica e durevole appli-
cazione.
Certo la sola eventualità che, possa manifestarsi una perdita
da uno dei giunti della tubolatura, che adduce la nafta dal com-
pressore al polverizzatore sotto la pressione di circa 30 kg. e
perciò riscaldato sino alla temperatura d' accensione, ed avere
così una proiezione nei locali chiusi di un liquido infiammabile
polverizzato, è di una tale importanza che merita di richiamare
l'attenzione dei tecnici .
534 -

GHIRARDI . Ho seguito con grande attenzione le due me-


morie. Siccome l'argomento è molto importante , specialmente
per la marina mercatile , io mi sono occupato di esperienze con
un sistema di griglie costruite dalla Società genovese della com-
bustione del carbone. Ci sono ancora delle imperfezioni. Ho visto
che non funzionavano bene , che la combustione non era per-
fetta , particolarmente per mancanza d'aria, cosicchè si aveva
una grande quantità di fumo. Vi erano dei momenti di calma
in cui il fumo era completamente liberato, ma poi ad un tratto,
per cause che non mi è riuscito di spiegare, veniva su una in-
tensa fumata.
Credo che ciò provenisse da mancanza di aria e da imperfetta
ventilazione.
Le esperienze sopra questo tipo di griglie fu fatto su navi
della regia marina e particolarmente su torpediniere. Ma , messi
in chiaro i difetti che io ho riscontrato , desidero portare l'at
tenzione del Congresso sopra questa idea di bruciare il combu-
stibile liquido, non con polverizzatori , ma con griglie che si
possano facilmente adattare al forno stesso. Nella marina mer-
cantile i polverizzatori hanno il grave difetto di non permettere,
date le difficoltà di smontaggio e montaggio degli apparecchi ,
la facile sostituzione , al combustibile liquido, di altro combusti-
bile, per cui un piroscafo può trovarsi senza combustibile. Perchè
i piroscafi mercantili viaggiano in tutto il mondo e , se hanno
finito le provviste e si trovano in paesi dove non vi siano ri-
fornimenti, come vanno avanti, se non possono sostituire la com-
bustione a carbone ? Perchè sono in condizioni ben diverse dalle
navi da guerra. Queste possono portare larghe provviste, ma il
bastimento da carico ha delle riserve molto limitate. Quindi
per ciò che riguarda il combustibile liquido da applicarsi alle
navi mercantili , bisogna , secondo me , tener presente la circo-
stanza della facilità di sostituire la griglia agli apparecchi per
la combustione di liquidi. Il tentativo fatto dalla Società ge-
novese, quantunque non abbia dato risultati pratici, ha un in-
tendimento il quale mi pare che non dovrebbe essere perduto
di vista, perchè deve corrispondere allo scopo di far giungere
il petrolio sopra tante piccole griglie canaliformi nelle quali il
535 -

petrolio possa bruciare alimentato dall'aria. Ho voluto ferinarmi


su questo punto perchè i tecnici possano nella loro competenza
studiare e risolvere questo grave problema. (Vice approvazioni) .

ORLANDO SALVATORE . - Per concludere qualche cosa pre-


senterò d'accordo con gli altri colleghi , un ordine del giorno.
Intanto mi permetto di portare qui alcuni dati di fatto. Ho
avuto occasione di studiare il progetto d'impianto per la com-
bustione liquida nelle caldaie del piroscafo commerciale Tebe
con spruzzatori Koerting. Questi apparecchi non richiedono l'im-
piego nè di getti d'aria nè di getti di vapore per ottenere la
polverizzazione.
Il petrolio, per giungere al foro di uscita , deve passare tra
le spire di una vite a tre filetti assumendo sotto la spinta di
tre atmosfere, un movimento rotatorio mentre, tanto per la esi-
guità dello spazio libero tra le spire della vite , quanto per la
strettezza dello spazio anulare esistente attorno al cono estremo
della spira, e per la forza centrifuga che si sviluppa, si polve-
rizza completamente ed entra nel forno a forma di imbuto, ac-
cendendosi al contatto di appositi anelli di terra refrattaria.
Questi sono disposti in modo da provocare una intima me-
scolanza dell'aria, che entra nel forno nel modo usuale col pe-
trolio dando luogo ad una combustione perfetta e quindi senza
fumo. Il tutto è facilmente smontabile in modo che si può pas-
sare in quattro ore di tempo dalla combustione a carbone a
quella a petrolio e viceversa.
Il petrolio depositato nei doppi fondi veniva mandato per
mezzo di una apposita pompa in due casse elevate capaci della
quantità necessaria per otto ore di navigazione a tutta forza, e
che venivano adoperate alternativamente onde dar tempo all'ac-
qua mescolata al petrolio di separarsi ed essere estratta dal fondo
del cassone inoperoso.
Passate otto ore, quando il petrolio era completamente se-
parato dall'acqua, allora veniva immesso nei riscaldatori che ne
elevano la temperatura a 90 gradi e quindi sotto la pressione
di tre atmosfere, veniva iniettato negli spruzzatori , passando at-
traverso dei filtri. L'unico inconveniente verificatosi fu questo
- 536

che i filtri si ostruivano per i depositi carboniosi che il petrolio


elevato a 90 gradi lasciava. Si dovette gradatamente aumen-
tare la pressione, ma si trovò che i filtri diventando sempre più
ostruiti ostacolavano la combustione.
Aboliti i filtri, l'uso di questi spruzzatori si dimostrò asso-
lutamente pratico e conveniente per le navi della marina mer-
cantile.
Furono fatti esperimenti di rendimento e si determinò la
quantità di acqua di alimentazione per chilogramma di petrolio.
che risultò di 14,5 per chilogramma di petrolio, mentre il con-
sumo di petrolio per cavallo ora fu di Kg. 0,45 . Confrontando
colla macchina gemella, quella del Memfi, perfettamente uguale
che agiva a carbone, gli esperimenti dimostrarono che il con-
sumo con combustione liquida era circa due terzi di quello che
si verificava con combustione a carbone. Una grande economia
nell'esercizio risiedeva poi nella grande riduzione del personale
necessario. Nè si produceva fumo a qualsiasi andatura.
Posso dunque dire che questi spruzzatori senza getti di aria
o di vapore, diedero dei risultati buonissimi. Vi erano dei ven-
tilatori ausiliari che davano aria all'ambiente nel modo solito.
La vera difficoltà fu incontrata nella mancanza di depositi
nei porti italiani . Il Tebe non poteva rifornirsi che ad Alessan-
dria d'Egitto, dimodochè non poteva muovere da Genova , ap-
pena giuntovi , neanche per andare a Savona per non consumare
la provvista pel ritorno . Tali apparecchi si dovettero perciò to-
gliere da bordo malgrado i buoni risultati raggiunti. Occorre
dunque che da questa riunione parta un voto perchè il governo
conceda facilitazioni per impianto di depositi di petrolio greggio
nei porti e questo anche in vista del progresso delle macchine
a combustione interna.

RIPA DI MEANA. - Dopo quanto ha detto l'on. Orlando sul


buon funzionamento dei polverizzatori vorrei aggiungere una
parola circa il concetto di bruciare il combustibile in massa cioè
senza prima suddividerlo in goccioline minutissime. I tentativi
in questo senso non potranno mai aver esito soddisfacente perchè
il combustibile invece di bruciare completamente si decompone
-- 537 ―

e lascia dei residui solidi che bruciano con difficoltà. Manca in


sostanza quell'intima miscela del combustibile con l'aria che è
indispensabile per una perfetta combustione. Esperimenti ai quali
ho assistito di forni disposti per bruciare il combustibile liquido
in massa mi hanno dimostrato che il sistema era radicalmente
difettoso. Ora che si hanno degli ottimi polverizzatori i quali
non consumano acqua dolce non mi pare che convenga rinun-
ciare ai vantaggi che derivano dal loro impiego, ostinandosi a
seguire una via che non può condurre a buoni risultati.

GHIRARDI. I dati portati dall' on. Orlando di 14,5 kg. di


acqua evaporata per un kg. di petrolio sono dati abbastanza
elevati e difficilmente si possono raggiungere in pratica, perchè
in Inghilterra si è ottenuto 14,7 . Io ho esperimentato quelle
caldaie munite di griglia in comparazione con un sistema
Koerting messo su una caldaia in parallelo di tipo Belleville
ed ho avuto dei risultati pressochè simili , perchè con un si-
stema ho avuto 12,5, coll' altro ho avuto 12,8. Abbiamo avuto
anche dei certificati. Premetto che non ho alcuna relazione
commerciale colla Società : sono stato chiamato soltanto come
consulente per vedere se questo sistema poteva applicarsi e
quindi non ho alcun interesse ad esagerare i dati. Io non
credo ai valori più alti portati dagli altri. E' impossibile però
avere quei risultati per il principio stesso della atomizzazione
del petrolio che brucia bene per l'aria che vi si immette
dentro. Non credo quindi che si possano avere vantaggi uguali
sull'economia del combustibile ma quello che io metto partico-
larmente in evidenza è di avere una griglia che si presti facil-
mente per la trasformazione da un sistema all'altro di combu-
stione. I polverizzatori non risolvono ancora il problema . Se ab-
biamo un sistema di polverizzazione, bisogna mettere la griglia
a carbone ; per far questo bisogna rompere il muretto di terra
refrattaria nell'interno e poi disporre l'altare di griglia e rifare
il muretto e tutte le altre riparazioni necessarie. Tutto questo
richiede del tempo ed una spesa non indifferente che sarebbe
vantaggioso di eliminare. Non perdiamo quindi di vista il sog -
getto principale. Non è l'economia di un chilogrammo più of
-- 538

meno di combustibile che deve spingerci ad adottare questo si-


stema, ma nelle navi mercantili sarà la facilità di passare da
un sistema all'altro.
Questo è il punto sul quale insisto e vorrei sentire l'opinione
dell'on. Orlando su questi casi particolari.

ORLANDO SALVATORE. - Se ben ricordo il tempo impiegato sul


Tecere per passare dal sistema a petrolio a quello della griglia,
fu di 7 o 8 ore. Si trattava di levare l'anello fatto in 4 pezzi
di terra coibente ed era cosa di un momento ; fatto questo non
c'era che da rimettere la griglia. Non mi pare che l'altare si
smontasse ; era questione di poche ore. Ripeto che credo che gli
spruzzatori meccanici , senza filtro nè niente, siano i più pratici .

SOLIANI , presidente. Parlando in termini volgari potrei


dire che, per fare un arrosto di lepre, ci vuole in primo luogo
una lepre.
Così per estendere in grande misura alla navigazione l'im-
piego del naftetine bisogna prima di tutto avere o esser sicuri di
avere il naftetine in grande quantità. Ciò dipende dalla vastità
dei depositi di nafta nelle viscere terrestri , non ancora ben nota.
Sembra che ce ne siano in tutte le parti del globo ma le sor-
genti note sono ancora molto limitate. Se fosse vera la teoria
del prof. Mendelieff che fa dipendere la genesi della nafta da
una combinazione dell'acqua di mare , penetrante attraverso i
crepacci della crosta terrestre, con il nucleo del nostro globo
costituito secondo lui da carburo di ferro, la nafta sarebbe un
prodotto in formazione naturale continua ed inesauribile e si
potrebbe avere fondata fiducia di trovarne ovunque .
In Italia non siamo ancora riusciti a malgrado che si siano
fatti pozzi profondi. In Russia i pozzi di nafta sono arrivati
alla profondità massima di 300 metri trovandola a profondità
anche molto minori.
A Piacenza si è arrivati a 800 metri senza ottenere sorgente
abbondante.
Per vedere le difficoltà inerenti all'impiego su vasta scala
del combustibile liquido, basta notare che, come da una delle
539

memorie lette, la produzione del naftetine è di 10 milioni di


tonnellate. Non so adesso con precisione quale sia la produzione.
del carbone, ma certo arriva a centinaia di milioni di tonnellate.
La produzione del naftetine basterebbe appena pel consumo del-
l'Italia.

VALSECCHI . Sono 38 milioni.

SOLIANI, presidente. - Anche 38 milioni sarebbero pochi.


Resta poi sempre la necessità di moltiplicare i depositi di
petrolio che ora sono limitati a poche località. Per la naviga-
zione mondiale, alla quale si dedicano le navi mercantili , bi-
sogna che i depositi di nafta sulle linee percorse dai vapori,
siano numerosi come quelli del carbone.
L'idea dell'ing. Ghirardi di usare la graticola Conti , che è
fatta in maniera da potersi utilizzare anche per la combustione
del carbone, presenta una difficoltà nel senso che uno dei van-
taggi della combustione liquida nelle navi mercantili quale è
quello di potere utilizzare per le merci tutto lo spazio che prima
era occupato dalle carbonaie andrebbe perduto.
Un altro difetto di questo sistema di combustione naturale
a graticola risiede a mio avviso nella mancanza di masse di
materiale refrattario nell'interno del forno che ne mantengano
elevata la temperatura assicurando una perfetta combustione
anche a malgrado delle inevitabili variazioni nella alimenta-
zione dell'aria e nella attività della caldaia. Tali masse refrat-
tarie sono usate nei sistemi a polverizzazione e assicurano la
perfetta volatilizzazione e combustione delle bollicine di naftetine
anche con variazioni estese nell'afflusso dell'aria comburente.
Ringrazio a nome di tutta l'assemblea i colleghi Fumanti
e Giannelli per le loro belle memorie che soltanto per la ri-
strettezza di tempo non hanno potuto essere svolte per intero,
come sarebbe stato nel desiderio di tutti. Ringrazio anche tutti
coloro che hanno creduto di interessarsi di questa importante
questione ed hanno preso parte alla discussione. Propongo un
voto di plauso agli egregi ingegneri. ( Vivi applausi).
- 540

PRESIDENTE . -- Per non perdere tempo proporrei di passare


subito alla discussione della memoria dell'ing. Fornaca : « I mo-
tori a combustione di petrolio nelle applicazioni di marina » .
Invito l'ing. Fornaca a riassumere la sua memoria.

FORNACA.Legge la sua memoria . (V. pag. 166) . (Applausi).

PRESIDENTE . L'accoglienza fatta alla memoria del Fornaca


dimostra la bellezza e la bontà della memoria che egli ha così
maestrevolmente e lucidamente esposto a noi. Adesso prima di di-
scuterla si dovrebbe procedere all'esposizione di un'altra memoria
dell'ing. Fumanti e di quella dell'ing. Kind. Ma stante l'ora
tarda, credo più opportuno rimandare la discussione alla seduta
pomeridiana.

La seduta termina alle ore 12,30.


-541

IV. SEDUTA

Seduta pomeridiana del 12 Novembre 1911.

Presidenza dell'Ing. GIUSEPPE ORLANDO.

(La seduta comincia alle ore 15,5)

CHIOZZA, segretario (Legge alcuni telegrammi di adesione) .

ORLANDO GIUSEPPE, presidente. La parola è all'ing. Mo-


riondo ; dopo udremo la lettura della memoria dell'ing. Kind
e così potremo poi cominciare la discussione sui motori a com-
bustione interna.

MORIONDO. -Nella memoria che presento a questa eletta


assemblea espongo alcune mie osservazioni sul macchinario pro-
pulsore delle navi riferendomi in modo speciale a quelle da bat-
taglia.
La motrice a vapore alternativa ha oggi da competere colla
turbina a vapore, e, fra breve, colla macchina a combustione
interna: non è detto però che essa debba soccombere presto da-
vanti le nuove concorrenti ; anzi io credo che possa sostenere
ancora a lungo la lotta.
Abbiamo visto recentemente applicato alla costruzione delle
macchine a vapore alternative un sistema originale per esse,
importato da un altro campo d'applicazione delle macchine ter-
miche e ciò per merito particolare del prof. Stumpf del Politec-
nico di Berlino. Nella macchina ideata dallo Stumpf che io
chiamo a scarico centrale non certo per ostilità al nome tedesco,
ma per usare un termine che penso rispecchi bene i caratteri
della motrice , sono due sole valvole per l'ammissione del va-
pore nel cilindro dalle due parti dello stantuffo, mentre lo sca-
rico si effettua da finestre praticate nel mezzo del cilindro come
nelle macchine a gas a due tempi, a doppio effetto .
- 542

Le prime macchine a gas del 1860-61 erano costruite sul mo-


dello di quelle a vapore, in seguito gli ingegneri specialisti che
si occuparono di queste motrici riuscirono in pochi anni a dare
una forma tipica diversa da quella delle macchine a vapore :
oggi, dopo cinquanta anni dacchè la macchina a gas si è af
fermata nella industria, rileviamo il fatto che ingegneri valenti
adattano alla motrice a vapore le forme caratteristiche di quella
a gas.
Non ho avuto la fortuna di vedere in azione macchine
Stumpf, però, se sono esatte le informazioni che si rilevano dalle
riviste tecniche, esse darebbero sulle ordinarie macchine alterna-
tive una notevole economia di vapore.
La motrice a scarico centrale è adatta tanto per piccole come
per grandi potenze, epperò può riuscire un'ottima macchina
marina.
Una motrice marina ad espansione multipla costruita sul
principio di ripartire la potenza in misura uguale nei varii ci-
lindri, può essere sostituita vantaggiosamente da una macchina
a scarico centrale dello stesso numero di cilindri lavoranti cia-
scuno a piena espansione e col grado d'introduzione proprio della
macchina monocilindrica equivalente a quella ad espansione
multipla in esame.
Il diagramma teorico di una motrice a scarico centrale com-
prende un'isobara d'introduzione, un'adiabatica di espansione ,
un'isometrica di scarico, un'adiabatica di compressione completa ,
per cui se il fluido che evolve nel cilindro è vapore saturo, pos-
siamo dire che questo ciclo s'avvicina dippiù a quello di Carnot
che non il ciclo delle ordinarie motrici senza compressione ov-
vero con compressioni molto limitate.
Circa il modo di compimento del ciclo reale notiamo che le
pareti del cilindro vengono in comunicazione con l'ambiente di
scarico per un tempo brevissimo il che diminuisce sensibilmente
la perdita di calore, inoltre dette pareti si possono ritenere a
temperatura degradante procedendo dagli estremi del cilindro
verso il mezzo, per cui nella fase di compressione il vapore ri-
masto nel cilindro, dopo che lo stantuffo ha chiuso le finestre di
scarico, si trova a contatto con pareti a temperature crescenti
- 543

nel senso stesso della compressione per cui può ritenersi che
questa avvenga in realtà con legge adiabatica. In conseguenza
di questi fatti il ciclo termico delle macchine a scarico centrale
risulta migliorato in confronto con quello delle ordinarie mac-
chine a vapore alternative.
Passo ora ad un altro argomento toccato nella mia memoria,
cioè le turbine a vapore .
È noto che un problema molto grave è quello di poter co-
strurre la turbina e l'elica in modo che il complesso propulsivo
possa funzionare con regime di buon rendimento : a questo scopo
si sono fatti varii studi onde determinare un trasmettitore della
potenza dalla motrice al propulsore per modo che queste due
parti possano funzionare ognuna secondo un regime proprio di
massimo rendimento, così ricorderò il trasmettitore idraulico del
Föttinger, il trasmettitore ad ingranaggi di Mac-Alpine-Melville.
Fra le turbine a vapore ne trovo una degna di particolare.
studio perchè suscettibile di una buona regolazione che la rende
atta a dare variazioni anche forti di potenza : tale è la turbina
tipo Schulz il cui dispositivo caratteristico mi ha suggerita la
modificazione che espongo nella mia memoria . Secondo la mia
proposta la turbina dovrebbe costruirsi coi condotti di vapore
raddoppiati in due serie di corone coassiali di cui l'esterna de-
stinata alla marcia avanti, quella interna adibita alla marcia
indietro.
Mentre i costruttori di macchine a vapore, sieno alternative
che a turbina, cercano di perfezionare i loro prodotti, i costrut-
tori di macchine a combustione interna studiano alla lor volta
il problema della sistemazione delle loro motrici a bordo delle
navi. Tale problema forse attende la sua soluzione dal campo
siderurgico che deve provvedere il materiale atto a reggere alle
elevate pressioni e temperature che si raggiungono nei motori
tipo Diesel e Sabathé, i soli che sembrano ora utilizzabili per
le grandi potenze. Si potrebbe anche studiare la combinazione
della macchina a scoppio (ciclo Otto) con quella a pressione co-
stante (ciclo Diesel) ottenendo una motrice a ciclo misto, iden-
tico nella forma, ma diverso nel modo di realizzazione , a quello
delle macchine Sabathé.
- 544 -

È noto che le motrici Diesel e Sabathé hanno accensione


spontanea poichè in esse la forte compressione dell'aria eleva la
temperatura ad un grado tale che il petrolio iniettato vi brucia
spontaneamente : se non si vogliono raggiungere (nei grossi ci-
lindri ) le 35 atmosfere che si realizzano nei motori Diesel e
tanto meno le 42 o 45 atmosfere che si hanno nei motori Sa-
bathé, bisogna evidentemente rinunciare alla accensione spon-
tanea. Ora, se dopo una compressione moderata colla quale si
raggiungono 8 o 10 atmosfere, iniettiamo una certa quantità di
petrolio nell'istante in cui lo stantuffo passa pel punto morto e
determiniamo con un metodo qualunque l'accensione del combu-
stibile, si potrà realizzare immediatamente, coll'aumento di pres
sione, una temperatura atta ad accendere una quantità di pe-
trolio (od olio pesante) che si introduce nel cilindro per quel
tratto di corsa di stantuffo che è necessario per sviluppare la
potenza voluta : si ottiene così un ciclo misto a pressione mo-
derata.
Dopo aver considerato brevemente le motrici principali, passo
al propulsore.
Si osserva che spesse volte i canotti automobili hanno l'elica
a pale reversibili, ovvero girevoli su se stesse al fine di variare
l'angolo d'incidenza per adattare il propulsore a diverse velocità
del canotto ed anche per invertire il senso della marcia mante-
nendo costanti il verso di rotazione ed il numero di giri della
macchina ; il sistema costruttivo adottato in tali canotti è in
generale molto primitivo, sono per lo più manovellismi di spinta
o ruotismi disposti in modo da non accontentare un cinematico
puro, il che porta a credere che con sistemi più perfezionati,
rispondenti alle esigenze della buona meccanica, le eliche a pale
girevoli possano applicarsi anche alle navi di gran potenza, spe-
cialmente militari, così nel caso di sistemazione di turbine a
vapore si eviterebbe la complicazione del macchinario di cro-
ciera e di marcia indietro.
Nella memoria che presento al congresso, per mostrare come
il problema sia suscettibile di una soluzione rispondente alle
buone regole della meccanica ho abozzato un progetto di mas-
sima di elica a pale mobili per nave di grande potenza : stimo
- 545

superfluo descrivere ora la sistemazione che propongo, mi limito


a dire che ho tenuto conto di tutti quegli elementi che dovevo
considerare affinchè le varie parti riuscissero atte a sopportare
bene gli sforzi a cui vengono cimentate e disposte secondo i
precetti della meccanica moderna.

KIND. ( * ) — Volentieri accettai l'invito dell'on. Orlando di dire


qualche cosa in merito ai motori marini a combustione interna
direttamente reversibili, specialmente perchè avrei avuto l'onore
di rivolgere la parola ad un'assemblea come questa, composta
di persone molto competenti. E tanto più volentieri ho aderito
in quanto che dedico da parecchi anni la mia attività indu-
striale e di ingegnere al problema dei motori marini del quale
ebbi la ventura di ottenere il primo successo nella sua soluzione.
Chiedo scusa a lor signori se non ho i mezzi adeguati per
illustrare questa breve relazione, ma il tempo non mi ha per-
messo di provvedere altrimenti. D'altronde sono grato a quelli
che mi hanno preceduto, specialmente all'ing. Fornaca, che ha
esposto in modo esauriente tutto quanto si può sapere oggi ri-
guardo a questa materia.
È opinione generale che l'applicazione dei motori a combu
stione interna a ciclo Diesel alle navi si imporrà tra poco tempo;
basta ricordare i vantaggi della combustione liquida per le cal-
daie, che può dare un'economia del 50 % sulla spesa di com-
bustibile per veder subito quali maggiori vantaggi si otterreb-
bero con questi motori : vantaggi economici , di sicurezza di eser-
cizio, e di eliminazione delle riparazioni alle caldaie.
Con un prezzo di combustibile di L. 2,70 al quintale, con un
consumo medio di 200 a 250 grammi per cavallo ora, il costo
di questo risulta di circa mezzo centesimo, onde si comprende
come necessariamente questi motori in un tempo anche non
molto lontano dovranno avere il sopravvento, purchè l'esercizio

(*) Con vivo rammarico la Segreteria ha dovuto omettere nel pre-


sente verbale la parte del resoconto stenografico riguardante la distri-
buzione ed inversione di marcia del motore Kind perchè l'autore non
ha più fatto pervenire alla Segreteria i disegni a cui detta parte si
riferiva.
- 546 -

ne sia sicuro e non dia luogo ad avarie maggiori di quelle di


una comune macchina a vapore.
È superfluo che parli di altri vantaggi e dei particolari del
funzionamento, perchè di ciò è già stato detto abbondantemente ;
io credo che forse possa interessare di più una esposizione di
alcuni dati sullo sviluppo di questi motori dai primi tentativi
ad ora.
Come tutti sanno , molto prima del 1902 il motore indu-
striale a quattro tempi era un problema già risolto : dap-
principio non si ebbero che applicazioni di poca importanza di
questi motori alla marina, con eliche reversibili , o con ingra-
naggi stellati , indi seguì il sistema Del Proposto, con gruppi elet-
trogeni, motori elettrici e trasmissioni elettriche.
Una soluzione abbastanza soddisfacente di questo sistema si
ebbe a Ginevra, ove la Società di navigazione del Lago Lemano
ha in servizio due piroscafi, uno provvisto di motrice ordinaria
a vapore di 100 cavalli, l'altro munito invece di un motore
Diesel da 40 cavalli : entrambi i piroscafi fanno lo stesso servizio ,
il secondo però con una spesa pari ad / di quella del primo .
Nel 1904 la Diesel Co. di Londra chiese alla Ditta Schulz
di costruire, per un battello da pesca, un motore da 80 cavalli
con dimensioni determinate, ristrettissime, per cui si dovette.
adottare il funzionamento in due tempi.
I primi esperimenti si fecero su di un motore a 4 tempi di
40 cavalli, nel quale le due valvole servivano entrambe per l'a-
spirazione. Bastò aggiungere una pompa a bassa pressione che
si potè far funzionare unitamente alla pompa di iniezione del
combustibile.
Questo motore di 210 mm . di alesaggio per 460 mm . di
corsa, ebbe 210 grammi di consumo di combustibile alla velo
cità normale di 200 giri.
Le difficoltà che si presentarono furono poche : si ridusse al
minimo il lavoro della pompa di lavaggio ampliando l'apertura
di passaggio dell'aria per portare il rendimento al massimo pos-
sibile.
Un'altra difficoltà incontrata nei motori a 4 tempi era quella
del riscaldamento del pistone, che si fu obbligati a raffreddare,
547 -

mentre nei due tempi si può andare, senza raffreddare il pistone,


alla velocità normale di 150 giri .
Dopo questa prima prova si passò all'applicazione definitiva
del motore : era ben facile cosa ridurre le dimensioni a 175 per
250.
Come funzionamento del ciclo Diesel, nessuna difficoltà si
presentò . Le difficoltà si mostrarono quando si volle l'inversione
diretta, come motore marino.
Mi ricordo che nella prima prova che condussi, non feci che
invertire l'albero di comando, ossia diedi contro-accensione, ed
ebbi come risultato 4 bielle storte. Sarebbe stata la soluzione
più semplice.
Questo inconveniente fu tolto scindendo l'inversione dall'av-
viamento, cioè producendo l'inversione della macchina con l'aria
compressa, e poi , quando il motore è a moto regolare , pas-
sando all'ammissione del combustibile dopo avere sospesa l'inie-
zione dell'aria; però fu difficile applicare questo sistema nel motore
in cui la velocità era molto ridotta. Si fecero delle valvole se-
miautomatiche, in modo da poter dare del combustibile anche
durante l'avviamento ; ma non si poteva ottenere la contromarcia ;
ad altro tentativo per produrla, nuovamente ebbi le bielle storte.
Un'altra difficoltà che si presentò fu questa : mentre si staccava
il combustibile, la pompa continuava ad alimentare l'iniettore,
onde fu necessario interrompere la portata della pompa del com-
bustibile tra l'interruzione del moto (dal comando « stop ! » )
fino a che la valvola del combustibile potè essere riaperta
nell'altro senso di marcia ; se non si faceva questo, dentro l'i-
niettore rimanevano 4, 5 o 6 cariche di combustibile che entra-
vano poi tutte insieme nei polverizzatori , dando luogo ad esplo-
sioni che raggiungevano 80 e più atmosfere .
Per la contro-marcia bastò far funzionare la valvola d'aria
continuamente come quella di una motrice a vapore, e fino dal
primo motore il tempo necessario per passare dalla piena marcia
avanti alla piena marcia addietro non superò mai i 4". Questo
motore fu presentato già nel 1906 a Milano, all'esposizione, e
vi interessò moltissimi ingegneri, dei quali alcuni sono qui pre-
senti.
548 -

Tale motore fu applicato su un vecchio scafo da passeggeri


in servizio sul Lago di Ginevra, vi furono fatte altre prove di
inversione e di manovre di servizio che mostrarono tutte come
tale sistemazione avesse tutte le qualità necessarie per rispon-
dere alle esigenze di una macchina marina. Dopo il 1906 tutte
le case costruttrici di motori Diesel si occuparono di tale pro-
blema.
Dirò ora di alcuni incidenti che avvennero durante le prove :
Volli spingere il motore, costruito per 375 giri, a ruotare a 750
o 700 giri : esplose una bottiglia di 100 litri di aria compressa,
ma i guasti prodotti non furono paragonabili, come gravità , a
quelli a cui può dar luogo l'esplosione di una caldaia a
pore. La causa di quella rottura la si deve al fatto che si aveva
una compressione molto rapida dell'aria per l'iniezione, senza
un raffreddamento adeguato. Vi influiva anche la scelta di un
olio non molto adatto per la lubrificazione, e l'essere la botti-
glia di un antico sistema, ossia a congiunzione, infatti la botti-
glia si ruppe in tre lembi nella parte inferiore.
Ma queste che allora erano difficoltà , oggi non lo sono più.
Oggi si sa che si deve raffreddare ben diversamente un mo-
tore ad alta velocità che uno a bassa velocità.
Ed ora prendo occasione da queste difficoltà da laboratorio
per dire di alcuni fatti che potrei tacere ma che invece espongo
poichè parlo ad ingegneri che possono apprezzare tutto col giusto
valore.
E voglio raccogliere le voci dei dissidenti in questa materia,
per venire a concludere quali debbano essere le opinioni che
meritano di prevalere per evitare nuovi insuccessi.
Mi permetterò in seguito di parlare brevemente del motore
che è oggetto della mia attività industriale mettendone in ri
lievo i punti caratteristici .
Toccherò poi in parte di problemi più importanti che si pre-
sentano ai tecnici specialisti e sui quali questi sono ancora in-
certi sulla risposta da dare.
Molti si domandano come mai, mentre nel 1906 si avevano
già questi risultati, detti motori non si siano sviluppati in modo
rapidissimo. Bisogna intanto notare che fino al 1907-908 esiste-
549 -

vano i brevetti Diesel, che facevano della costruzione di questi


motori privilegio di poche case, le quali sovraccariche di lavoro
per motori Diesel stazionari, non pensavano a collegarsi coi
cantieri navali.
Inoltre da questi motori si pretese subito il massimo che
potessero dare : cioè la massima leggerezza, il massimo numero
di giri, il minimo peso, la massima semplicità di esercizio ; si
tolsero infine tutti gli accessori che pure si erano mostrati utili
nelle lunghe prove eseguite da ingegneri sui primi motori . Si
pretende ora che con poche bottiglie e nessun impianto acces-
sorio il motore possa girare, e questo secondo me è un errore
gravissimo che fanno coloro che tengono a far acquistare fiducia
a tali motori.
Si volle poi usufruire del vantaggio del basso prezzo, per cui
un motore non doveva costare di più della macchina a vapore.
E invece non può costare di meno, perchè le Ditte che li fabbri
cano hanno una quantità di spese da ammortizzare e la lavo-
razione deve essere molto più precisa, ragioni queste che impe-
discono di produrre motori a basso prezzo, o che almeno impe-
discono di mettere quei gruppi accessori a cui accennai.
Ed ora mi permetto di dire alcune cose circa il motore di
cui mi occupo . Nel ciclo non vi è nessuna differenza : è un mo-
tore a due tempi con delle valvole di pulitura, di sbocco, una
pompa di lavaggio ; il compressore è sempre lo stesso ed i ci-
lindri sono quattro o sei ; per cui niente di speciale.
Invece le caratteristiche alle quali si è tenuto a dare il mag-
giore sviluppo sono non soltanto l'inversione dell'apertura delle
valvole di iniezione, ma anche una regolarizzazione di queste e
delle valvole di avviamento , il sistema per l'avviamento diffe-
rente dal normale, e la possibilità di sovraccarico.
Questi sono i principi che secondo me debbono guidare nella
costruzione di un motore marino.
La prima caratteristica è quella di regolare la durata della
iniezione poichè sappiamo che la durata di questa può essere
di 10 a 12 millesimi di secondo. Ciò va bene fino a che il mo-
tore gira a 400 giri, ma se il motore marino deve andare a
100 giri, a 150 giri, questa durata di iniezione è molto mag-
- 550 -

giore. Di qui la necessità, per avere un movimento lento rego-


lare, di ridurre anche la durata di iniezione secondo il carico e
la velocità del motore. Inoltre durante l'inversione e la messa
in moto è necessario aver sempre una forza maggiore della
massima normale del motore. Durante l'inversione anche la mas-
sima forza del motore sembra insufficiente.
Circa il funzionamento del motore , è quello tipico a due
tempi e non vi è bisogno che mi dilunghi .
L'accessibilità è un'altra importante questione da risolvere
in un motore marino. E qui fu preferito il sistema di non met-
tere il motore su di un carter chiuso di ghisa o di bronzo al
manganese , come molte case usano fare oggi per cui si è ob-
bligati a togliere gli stantuffi dai cilindri dalla parte superiore,
Invece ritenemmo che fosse utile, in molti casi, fare il cilindro
indipendente ed attaccare pure indipendente la camicia , fare
quindi la pulitura nella base del cilindro , in modo da potere
estrarre la camicia, il cilindro ed il pistone senza rimuovere
nessuna tubazione e nessuna parte del motore.
Questa è una necessità nel servizio marino , perchè il mac-
chinista si accinge a controllare la sua macchina, solo quando
tale lavoro riesce semplice.
Ed ora passerò in esame le caratteristiche di altre soluzioni .
La più semplice, fu quella non di invertire la valvola di la-
vaggio ed il combustibile, ma dare invece tanta preaccensione
al combustibile e fare quasi simmetrica l'aria di lavaggio.
Questa soluzione è molto semplice, ma non permette una com-
bustione a pressione costante.
Un'altra soluzione, che venne subito dopo, fu quella di girare
l'asse di comando delle valvole di un certo angolo ; in tal caso
è necessario un altro sistema di inversione per la valvola di
ammissione dell'aria compressa .
Un'altra soluzione è quella di avere tutte le camme doppie :
ossia in ciascuna coppia , una per il moto avanti ed una pel
moto indietro. Anche in questo caso abbiamo una differenza di
sistema di inversione tra la messa in moto e la combustione.
Un altro sistema sarebbe quello di avviare con i cilindri di
lavaggio : questo sistema può avere molti vantaggi , perchè si
- 551 -

può avviare con pochissima aria ed a bassa pressione , ma ha


l'inconveniente di essere più pesante, perchè bisognerebbe avere
pompe di lavaggio molto robuste che formerebbero come una
motrice ad aria compressa .
Dunque anche questi semplici sistemi dovranno venire col
tempo a regolare l'iniezione.
E vengo ai problemi principali, che rendono scettiche molte
persone che si occupano di questi motori : come si può avere
la marcia lenta ; come si possono effettuare due o tre giri sol-
tanto avanti o indietro ?
Nelle prove da me fatte nessuna difficoltà si è mai presen-
tata a questo riguardo. E qui faccio notare che anzitutto im-
porta la massa del volante, che per impianti mercantili e CO-
muni non deve essere di massa troppo diminuita onde permet-
tere di andare a lento numero di giri.
Inoltre la facilità di manovra dipende dalla massa della
nave ossia dal rapporto della massa della nave alla forza del
motore. Se la nave è leggera ed il motore è forte , la nave ai
primi giri sbalza avanti o indietro, e questo rende difficile la
manovra. Ma un volume di una certa dimensione elimina il
difetto dando ancora prontezza di manovra. Si possono far fare
al motore quando si vuole due o tre soli giri in avanti o indietro ,
anche se il numero dei giri è elevato con una rapidità di in-
versione di due o tre secondi.
Altro grave problema è il raggiungere potenze elevate. Un
breve esame può spiegare che cosa si può attendere . Normal-
mente siamo arrivati coi 4 tempi a 200 cavalli per cilindro a
150 giri. Prendiamo i due tempi , con 300 giri siamo a 800
cavalli , e con 6 cilindri siamo già a 5 mila cavalli , e questo
senza esorbitare menomamente dalle cilindrate che oggi si co-
noscono. Col doppio effetto si raddoppierà la potenza ; però bi-
sogna riferirsi allo spazio disponibile nelle navi : in quelle mer-
cantili esso non manca ed il doppio effetto vi potrà essere im-
piegato perchè non vi è limitazione di altezza ; nelle navi leg-
giere possiamo pure adottarlo ponendo motori a 300 o 350 giri
ed anche di più (torpediniere , cacciatorpediniere , ecc. ) e così
possiamo arrivare ai 10.000 cav. , con un alesaggio di 60 centim.
552 -

Nelle navi da guerra basse, in cui non si può pensare al


doppio effetto, arriveremo almeno a 8 cilindri e 400 cavalli , rea-
lizzando 3200 cavalli con 150 giri , andremo ai 250 giri (la
Marina ci obbligherà ad andarvi) e si arriva ai 6000 cavalli con
8 cilindri, che non hanno alesaggio maggiore di 600 millimetri.
In un cacciatorpediniere tipo Bersagliere , si potrà collocare
un motore di 10.000 cavalli con 8 cilindri di 500 millimetri di
diametro a 350 giri .
Si dirà che sono troppo ottimista , ma effettivamente non è
così ; poichè è certo che la Marina imporrà il peso minimo ,
così l'unica risorsa si avrà nell' aumento del numero dei giri.
Nessun concetto teorico vi si oppone , è questione di fare delle
esperienze, ed a furia di spese e di sacrifici vi si arriverà cer-
tamente.
Ora passo ai gruppi ausiliari : l'ing. Fornaca disse a propo-
sito di essi che era questione ormai risoluta o elettricamente o
ad aria compressa ; io dico che in tali applicazioni dobbiamo
dare il massimo valore all'aria compressa, poichè sino a quando
essa è a nostra disposizione, il motore Diesel potrà sempre girare.
Nelle prime prove non si avevano motori ausiliari a dispo-
sizione che dessero l'aria compressa. Pel motore da 80 cavalli
io non avevo che 6 bottiglie da 300 litri. Ma salvo quando sono
esplose, mai è mancata l'aria ; ed una volta che ho dovuto u-
scire con sei centimetri di ghiaccio ho comandato continuamente
macchina avanti e indietro per romperlo, e l'aria neppure quella
volta mi è mancata. Trecento litri sono già molti , ed un mac-
chinista abile può farvi tutte le inversioni che gli occorrono ;
ma se il macchinista teme che gli possa mancare l'aria , perde
la calma e la manovra falsa di qualche rubinetto può fermare
irrimediabilmente il motore col togliergli la riserva d'aria com-
pressa ; per ciò suggerisco a coloro che vorranno applicare
questi motori ad olio pesante di collocare pure un gruppo ausi-
liario compressore che, a misura che il motore cammina, dia
aria alle bottiglie. E negli impianti grandi vi dovrà essere sem-
pre un impianto ausiliario per provvedere l'aria per le manovre ;
ciò è specialmente necessario in un grande bastimento in cui
si devono fare tre o quattro colpi avanti o indietro anche per
553

centinaia di volte. Per un motore di 2.000 cavalli basterà un


gruppo ausiliario di 100 cavalli . Ma anche se non si volesse
andare a questo minimo, il gruppo ausiliario potrà avere una
1
potenza di ' ',3 ad , della potenza complessiva del gruppo motore.
Ed insisto su questo : chi ha avuto da fare con motori Diesel
sa che fino a quando si ha aria a disposizione si può far tutto.
Le difficolta del motore Diesel possono dipendere da qualche
valvola non bene smerigliata per cui il motore fa qualche giro,
poi si ferma : questo caso si è presentato molto di frequente in
principio ; allora dovevo smontare le valvole ed esaminarle. I mo-
tori direttamente reversibili sono pronti quanto una macchina
a vapore. Io ho visto tanti motori con le bielle storte che con
pochi giorni di riparazione erano di nuovo in ordine.
Anche negli impianti stazionari, non solo in quelli marini ,
non si dovrebbe spingere il motore ad alto numero di giri ;
manteniamo fra 150 e 300 il n. di giri, e saremo sicurissimi
di non aver cattive sorprese ; ma se vogliamo raddoppiare il nu-
mero dei giri le sorprese brutte non mancheranno : almeno fino
a che i fabbricanti non avranno trovato il modo di porvi rimedio .
Esprimo il voto che i cantieri navali si mettano dal punto
di vista di lasciare al nuovo motore tutte le risorse possibili , gli
chiedano solo quello che può dare, e non lo sovraccarichino se
non vogliono incorrere in insuccessi . Il Diesel può arrivare ad
un sovraccarico, per ora , del 20 , ed anche del 30 % ; ma fuma
e soffia da tutte le parti.
Poichè l'unione di una delle più importanti case d'Italia
con un cantiere navale ha prodotto ottimi risultati, così termino
esprimendo il voto che anche tutti gli altri cantieri italiani si
uniscano ai costruttori italiani specialisti di tali macchine. Io
sono persuaso che la potenza industriale e la fertilità dell' in-
gegno dei tecnici d'Italia porteranno in breve al miglior suc-
cesso. (Applausi).

ORLANDO GIUSEPPE, presidente. - Riassumo la importantis-


sima discussione avvenuta sui motori a combustione interna e
la riassumo con tanto maggior compiacimento in quanto che
dalle elaborate relazioni che abbiamo udite, un promettente
- 554 -

avvenire sembra assicurato a questi motori, per modo che, quan-


tunque fin qui scettico, io debbo convenire che dei grandi pro-
gressi sono stati fatti per la pratica applicazione di questi mo-
tori alla propulsione delle navi.
Il mio scetticismo era, ed è, basato sulla esatta conoscenza
delle esigenze cui deve corrispondere un motore marino, alle
quali corrisponde, con estesa elasticità , questo vecchio ma tenace
motore a vapore che non vuole così presto essere detronizzato.
Tuttavia convengo che una delle colpe mie, e di parecchi miei
colleghi , è quella di non aver creduto ai reali e rapidi progressi
dei motori a combustione interna per modo che abbiamo la-
sciato trascorrere qualche tempo senza seguire e studiare questo
nuovo astro che andava sorgendo.
Il valente Ing. Fornaca a cui dobbiamo, in Italia, il mag-
gior progresso in questo ramo d'ingegneria, ci ha stamane de-
scritto con smagliante parola tutta la storia dei suoi lavori e ci
ha fatta una chiara esposizione del funzionamento del motore
che sotto la sua direzione si fabbrica con crescente successo alla
Fiat a Torino.
Altri valenti colleghi sia della R. Marina che dell'industria
privata che liberi professionisti , ci hanno dottamente intratte-
nuti in questa nuova ed importante materia il cui campo d'ap-
plicazione si presenta così vasto che, certamente, vi sarà modo
che molte altre attività si vadano esplicando ed affermando an-
che competendo con l'estero.
Già i primi e significanti passi sono stati marcati per me-
rito della Fiat la quale, ed io potrei fornirne le prove, ha po-
tuto riuscire vittoriosa sulla concorrenza estera sia dal lato com-
merciale che da quello tecnico. Questa favorevole situazione che
io addito agli altri industriali nazionali, in questo ramo di pro-
duzione, è certamente in gran parte dovuta alla abilità ed allo
interessamento tecnico del nostro collega Ing. Fornaca che io
nuovamente ringrazio per la brillante sua esposizione. (Applausi).
E mi permetto di formulare un augurio, che cioè, la com-
petenza dei nostri colleghi, che abbiamo con tanto interesse a-
scoltati, ci porti in una prossima nostra riunione l'annuncio di
un pratico tentativo dell'applicazione della turbina a combustione
- 555

interna, problema difficile quant'altro mai, ma che risolto porte-


rebbe certamente la rivoluzione nella propulsione delle navi.
E principalmente si risolverebbe con tale tipo uno dei prin-
cipali inconvenienti che si riscontrano oggi coi motori a moto
alternato quello cioè della impossibilità di ridurre a limiti mi-
nimi il numero dei giri e quello delle grandi dimensioni dei
motori stessi . In effetto per quanto, in comparazione con i mo-
tori a vapore, si economizzi lo spazio destinato alle caldaie, tut-
tavia per grandi potenze si arriva a dimensioni di motrici di
gran lunga più ingombranti delle motrici a vapore e se si tien
conto dei servizi ausiliarii e specialmente di quello dell'aria
compressa si ritorna ad un ingombro totale poco inferiore at
quello degli apparati motori a vapore.
Le turbine a gas inoltre assicurerebbero quel maggior ren-
dimento da metterci dal lato dell'economia del funzionamento
in una situazione maggiormente rassicurante.
Poichè, per quanto coi risultati fin qui raggiunti, tenendo
conto dell'economia di personale, il motore alternato a combu-
stione possa trionfare sul vapore, tuttavia ove gli attuali prezzi
del naftetine o mazout dovessero aumentare il principale requi-
sito, quello della economia, potrebbe sparire.
La produzione ed il commercio di questo nuovo combustibile
è finora praticamente nelle mani di pochi enti che coalizzandosi
potrebbero far salire i prezzi attuali per modo da far sparire la
differenza di costo col carbone. È d'uopo perciò che si giunga
ad una decisiva e marcata economia tale che un aumento di
prezzo per quanto leggero non arresti la via ascendente della
nuova applicazione.
E prima di terminare il mio dire è doveroso che io ricordi
come i progressi conseguiti in Italia in questo ramo d'inge-
gneria siano specialmente dovuti allo incoraggiamento dato dalla
Regia Marina, che si è messa da tempo a fare essa stessa espe-
rienze pratiche che per essere molto costose non sarebbero, forse,
state fatte da alcun privato industriale.
Onde è che, mentre abbiamo il bene di vedere fra noi i
sommi dirigenti del Genio Militare Navale, dobbiamo formulare
l'augurio che la R. Marina prosegua ardita in questa via delle
- 556

esperienze per riuscire nel più breve termine ad avere la vittoria


su tutte le difficoltà pratiche che ancora ostacolano l'adozione
pratica di questo tipo di motori , specialmente nelle navi da
guerra.

RIPA DI MEANA. ― Siccome ho assistito e preso parte a tutta


l'evoluzione dei motori a combustione interna dei nostri som-
mergibili, ed ho visto con quale amore e genialità l'ing. For-
naca si è occupato di questa questione ed ha trasformato poco
alla volta questi motori fino ad arrivare ai motori attuali , così
desidero solamente dire che la sua opera passata dà pieno affi-
damento che il voto col quale si chiude la sua memoria sarà
presto adempiuto.

IGNARRA. - Sia data a me, per primo , la parola in questa


interessante discussione, non per speciale competenza sull'impor-
tante soggetto, ma perchè , avendo assistito ad una serie di
prove dei motori a combustione interna della Fiat di Torino ,
posso dirvene gli ottimi risultati .
Ascrivo invero a mia somma ventura l'avere avuta dal Mi-
nistero della Marina l'autorizzazione di presenziare alle prove
di una coppia di motori , destinati al sommergibile « Fisalia »
in costruzione nel cantiere Orlando a Livorno. Io vi sono an.
dato con animo scettico ; tuttociò che si diceva del sistema a
due tempi in motori a combustione interna , le difficoltà prati-
che nelle quali si dibattevano e si dibattono tutt'ora valenti
Stabilimenti esteri in queste costruzioni, mi faceva pensare che
avrei dovuto riconoscere di essere anche noi , in Italia , appena
all'inizio nelle costruzioni stesse , senza o con poche speranze
per l'avvenire. Invece a prove ultimate, posso qui dichiararlo.
formalmente , dovetti convenire dei passi giganti improvvisa-
mente da noi fatti ; trassi e conservo la convinzione che l'affer-
mazione di questi motori , per la navigazione in genere ed in
ispecie per le navi da guerra, non sia lontana , come credono
taluni , fra cui , se non erro , il Presidente dell'odierna nostra
seduta.
557

ORLANDO GIUSEPPE, Presidente. - Non ho detto lontana, ho


detto prossima.

IGNARRA. Tanto meglio. Vorrei con quanto vado a dirvi ,


egregi colleghi, trasfondere in voi la mia convinzione.
Non sono ancora due anni , verso il principio del 1909 , che
furono stabilite dal Ministero della Marina , di accordo con
l'ing. Innocenti le condizioni di prova dei motori a combustione
interna della potenza di 360 HP effettivi , per i sommergibili
tipo Laurenti, in costruzione per la R. Marina, condizioni assai
gravi ove si consideri quanto poco fino allora erasi ottenuto
da qualche Ditta estera.
Le prove e le condizioni stabilite erano le seguenti :
1.º - Prova a pieno carico , con sviluppo non inferiore a
300 HP effettivi , con 500 giri al minuto primo e con la possi
bilità di un sovracarico del 10 % per funzionamento intermittente .
Consumo di combustibile naftetine (mazout, residui di petrolio )
non superiore a 250 grammi per HP effettivo -ora, con una tol-
leranza del 10 % in più. Consumo dell'olio di lubrificazione non
superiore a 20 grammi per HP effettivo-ora. Durata della prova
12 ore ininterrotte .
2.9 Prova di resistenza a carico 2/3 del precedente
(200 HP) con giri circa 430 al minuto primo. Consumo di com-
bustibile e di olio lubrificante gli stessi della prova a pieno
carico. Durata della prova 24 ore consecutive , con facoltà alla
Ditta costruttrice di eseguirla subito dopo quella a pieno ca-
rico, di ore 12 , purchè senza interruzione , riducendone in tal
caso la durata a 12 ore solamente.
3.º - Prova di minimo andamento con carico 14 del
massimo (75 HP) con giri circa 315 al minuto primo. Durata
della prova ore due, con consumo non superiore a 300 grammi
per HP effettivo-ora.
4.º - Prova con contropressione idraulica , come al nu-
mero precedente, ma facendo arrivare lo scarico in un recipiente
avente una colonna di acqua, non minore di due metri di al-
tezza. Durata della prova mezz'ora. In queste condizioni la per-
558

dita di potenza non deve essere superiore al 5 % di quella


avuta con lo scarico libero.
Audace fu veramente il programma ; maggiormente audace,
bisogna convenirne, la Fiat di Torino, e per essa l'ing. Fornaca
nel proporsi, per desiderio dell'ing. Laurenti, lo studio e la co-
struzione di motori rispondenti a quel programma , coronando
con successo gli sforzi fatti per la riuscita sotto lo stimolo della
responsabilità.
Non vi ripeto le difficoltà che si presentarono alla soluzione
del grave problema, perchè vi furono già tratteggiate dall'ing.
Fornaca , ma mi limiterò a dimostrarvi come sia stato risolto
in modo completo.
Sono indicati nella tabella seguente i risultati medi delle
prove in officina dei due motori (dritta e sinistra ) del som-
mergibile « Fisalia » .

Prova Prova Prova Prova con


a pieno carico a 2 3 di carico a 14 di carico contropressione (¹ )

Dritta Sinistra Dritta Sinistra Dritta Sinist a Dritta Sinis ra

iisultati
fdista-
dritta
prova
rcenti
della
eseg

mot
Non

,ddel
uta
es-

i
So
Durata della prova ore 12 16 24 12 2 2 1
2
Numero dei giri. • N.º 462 460 380 385 250,4 265 246
206,5 231 78,2 83 78 sendo
stati
Potenza HP effettivi .. HP 330,3 331
Consumo nafta per HP-ora gr. 259,6 256,6 243,4 250 295,5 296
olio 18,9 16,5 14,1 15,1 16 16

( ') Altezza di contropressione m. 2,50.

Come vedesi dal quadro la potenza nella prova a pieno ca-


rico fu mantenuta per tutta la durata con il 10 % di sovra-
carico rispetto alla potenza contrattuale di 300 HP. Il consumo
di combustibile che secondo le prescrizioni contrattuali avrebbe
potuto raggiungere i 275 grammi , per HP effettivo ora , fu al
al disotto dei 265 nella prova a pieno carico e dei 250 in quella a
2.3 di carico ; nelle prove ad 1/4 di carico risultò inferiore ai 300
grammi prescritti. Il consumo di olio lubrificante si mantenne
sensibilmente minore dei 20 grammi in tutte le prove. Note
559

vole è pure il risultato della prova con contropressione di m. 2.50


d'altezza d'acqua, quando si consideri che nelle condizioni delle
installazioni di bordo lo scarico si effettua a circa 35 e m sotto
la linea del galleggiamento .
Oltre le prove contrattuali sopraindicate ne venne eseguita
un'altra per accertare la massima potenza conseguibile con i
motori. Durante un periodo di 15 minuti il carico fu fatto sa-
lire gradatamente fino ad un massimo di 410 a 415 HP effet-
tivi con 505 a 510 giri, ed il motore anche in queste condi-
zioni funzionò regolarmente senza vibrazioni . Venne pure pro-
vata con ottimo esito la inversione di marcia, i motori essendo
stati costruiti reversibili sebbene ciò non fosse richiesto nel con-
tratto ; il tempo impiegato per passare dalla marcia avanti a
quella indietro fu di pochi secondi, da 6 a 7. L'avviamento in
tutte le prove eseguite si mostrò sempre sicuro e pronto. All' i-
nizio delle prove, da freddo, l'avviamento viene fatto a petrolio
ma non se ne impiega che una piccolissima quantità, quel tanto
che è contenuto nella tubazione del combustibile dal rubinetto
a tre vie di commutazione ai polverizzatori , di modo che il
passaggio a combustione a nafta è quasi immediato. La com-
bustione fu sempre perfetta con assoluta assenza di fumo allo
scarico.
Per altri motori, in seguito collaudati, quelli ad esempio del
sommergibile « Argo » , i risultati delle prove furono anche mi-
gliori di quelli del « Fisalia » . La potenza della prova a pieno
carico fu di 347 HP effettivi, circa il 16 % maggiore di quella
contrattuale ; quella massima di 420 HP. I consumi di com-
bustibile e di olio lubrificante si mantennero nei limiti già
ottenuti per il motore del « Fisalia » con tendenza a diminuire.
Il funzionamento fu perfetto, ed è da notare che la Ditta non fece
che poche ore di prove preliminari dopo il montamento , come
è accennato nei verbali di collaudo.
Ciò che è veramente meraviglioso in questi motori è la re-
golarità di marcia. Ricordo che in una delle prove di quelli
del « Fisalia » la regolarità del funzionamento, quale risultava
al freno, era tale che la Commissione di collaudo ebbe per un
momento il pensiero che l'apparecchio di misurazione fosse in-
- 560 -

cantato per avaria o per altra ragione. Per accertarsi che ogni
cosa era nello stato regolare si fece variare l'andamento di una
diecina di giri, prima in più e poi in meno , ma per ognuno
dei nuovi andamenti la regolarità veniva ripresa con la mede-
sima esattezza . Nei motori dell'Argo in tutte le prove, anche in
quella a pieno carico, il fatto si manifestò così evidente da me-
ritare di essere segnalato dalla Commissione di collaudo ; ed io
vi prego di dare un'occhiata al diagramma per convincervi che
non sarebbe possibile ottenere una maggiore regolarità di marcia ;
le linee delle potenze effettive e del numero di giri sono rette
(Vedi Tavola). Riassumendo dunque per questo tipo di motore
si sono raggiunti tutti i voluti requisiti per potenza, consumi,
assenza di fumo allo scarico , regolarità di marcia , assenza di
vibrazioni , prontezza di avviamento sia a freddo che a caldo ,
prontezza d'inversione di marcia ', ed aggiungerò ancora come
peso ed ingombro elementi molto importanti per le navi da
guerra (il peso è fra i 16 ed i 17 Kg. per HP effettivo, escluso
l'albero e l'elica).
Due sole osservazioni io feci all' Ing. Fornaca , una relativa
al rumore l'altra al minimo andamento. Il rumore di questi
motori è veramente assai forte ; nella sala delle prove della
Fiat, molto ampia e con grandi porte, non era possibile inten-
dersi parlando a brevissima distanza. So che l'ing. Fornaca sta
studiando la maniera di diminuire, per quanto è possibile, l'in-
conveniente modificando opportunamente il sistema di distribu-
zione ed io son certo vi riuscirà. Circa il minimo andamento
ottenibile con questi motori , e che ha speciale importanza in
relazione alla manovra della nave , devo dire che già notevoli
progressi sono ottenuti negli ultimi motori , collaudati , dello
stesso tipo ; credo si possa fondare sopra un funzionamento re-
golare fino ad un numero di giri circa il terzo di quelli corri-
spondenti al pieno carico; ma è desiderabile che si discenda
ancora per avvicinarsi alle condizioni che si ottengono in questo
elemento dalla macchina a vapore.
Dal motore di 300 a 500 HP la Fiat è già passata a quello
di 1000 HP, che trovasi sotto prova ; e mi risulta che già sono
molto innanzi gli studi per quelli di alta potenza, da 10000 a
giri
400
380
36

26
Boc
80
260
6002+0
5502 20
Soo 200
450 180
40ch60
350 :01
300 .0
250 100
200 80
150 60
100 40
So 20

Ore 45
-- 561 -

12000 HP. Sarebbe molto interessante sapere , in questa nostra


riunione, qualche cosa di questi studi in ordine alle condizioni
varie cui deve soddisfare un motore di grande potenza per nave
da guerra.
Agli studi io faccio voti possano seguire presto, con successo,
esperienze sopra gruppi di cilindri per motori di tale impor-
tanza, se anche trattasi di esperienze costose , affinchè il pri-
mato in tale genere di costruzioni possa rimanere all' Italia ,
come si può vantare oggi per limitate potenze . Gli sforzi degli
ingegneri navali e meccanici devono mirare a tale fine , cor-
rispondendo così all'incitamento che S. E. il Ministro della Ma-
rina ci ha fatto nel discorso inaugurale di questa riunione.

LAURENTI. Una parola un tantino per fatto personale , e


specialmente sulla questione del programma delle prove.
Veramente quel programma l'ho stabilito io indipendente-
mente dalla Marina, la quale si era messa più al sicuro sotto
condizioni contrattuali che quantunque più semplici erano un
po ' più onerose, perchè aveva stabilito le stesse condizioni di
collaudo delle macchine a vapore dei cacciatorpediniere : 4 ore
a tutta forza e 6 ore a 23 a bordo .
• Si trattava invece di ricevere un motore a terra, e tutti sanno che
le condizioni di collaudo a terra sono differenti da quelle a bordo.
Io ne ho chieste 12 a terra, invece di 4 a tutta forza a
bordo e ne ho chiesto 24 a 2,3 invece di 6.
Ma vi erano anche altre facoltà. L'uso dell' olio combustibile.
Bisogna pensare che queste condizioni di prova furono stu-
diate tre anni e mezzo fa, e allora fu concesso che l'olio com-
bustibile fosse di densità non inferiore a 0,85 , e mettendo come
altra concessione che l'avviamento potesse essere fatto con pe-
trolio da illuminazione , pur raccomandando di usare lo stesso
olio che ora si brucia nelle caldaie.
Ebbene , questa raccomandazione io l'ho trasformata in ob-
bligo alle ditte che dovevano fornire i motori . Non era nem-
meno prescritto che il motore dovesse essere a 2 piuttosto che
a 4 tempi, e non era prescritta la reversibilità, perchè allora si
era dubitosi assai su questo punto .
- 562 -

Quindi si imponeva la questione della scelta del motore a 2 o


a 4 tempi, la questione dell'olio, e la questione della durata
delle prove.
I francesi a bordo dei sommergibili avevano già motori
a 4 tempi, che avevano principiato a dare dei risultati che al-
lora si credevano buoni , ma che il futuro ha dimostrati non
buoni, tanto che oggi quei sommergibili vanno in disarmo ap-
punto per i motori che non hanno dato buoni risultati.
Non vi erano allora dati precisi, però si poteva già intuire
che il motore a due tempi avrebbe avuto la prevalenza, e qui
mi piace di rendere onore all'ing. Kind che mi pare fosse allora
presso la Sulzer, che richiamò la nostra attenzione su quell' in-
teressante motore a due tempi che nel 1906 fu esposto a Mi-
lano e che interessò vivamente i tecnici, che prima non se ne
erano affatto interessati.
Per un motore di navigazione, pensando a tutti gli incon-
venienti che possono derivare dalle valvole di scarico, che sono
quelle sempre esposte al fuoco e quindi soggettissime a defor
marsi, un motore senza valvole di scarico si imponeva , quindi
il due tempi ; e per conseguenza io imposi senz'altro il motore
a due tempi.
E qui debbo dichiarare che non una sola Ditta si prestò a
sottoporsi a questo programma, così rigoroso, ed oltre la Fiat
vi si prestò anche la « Maschinen fabrik » di Norimberga, che
si accinsero tutte e due allo studio di un motore per olio com-
bustibile di 0,90 di densità, od anche di 0,96 col 25 % di ca-
trame, e con risultati completamente soddisfacenti.
Circa la reversibilità, anche quella fu messa per obbligo, in
seguito, e fu risolta più o meno brillantemente da una Ditta e
e brillantissimamente dall'altra.
In seguito a questi risultatati a terra ne veniva evidente
che sarebbero stati buoni anche a bordo , e questi risultati sı
sono già avuti , ed ora abbiamo già un sommergibile che na
viga con questi motori confermando pienamente i risultati otte-
nuti a terra.
Soltanto occorre pensare che il peso dichiarato questa mat-
tina dall'Ing. Fornaca è un peso a terra, e che forse a bordo
563 -

bisognerà aumentarlo almeno di un paio di chilogrammi per


cavallo. Questo per quei motori, per motori di maggior potenza
sarà anche meno.
Ma tutte le difficoltà incontrate sul principio ormai si sono
brillantemente superate : consumo del combustibile, qualità del
combustibile, consumo dell'olio .
Prima si era scettici sul numero dei giri di questi motori ,
perchè tutti avevano orrore del gran numero di giri, e non più
tardi dell'anno scorso abbiamo visto premiata una memoria in
cui era detto che i motori Diesel non potranno mai andare al
di sopra di 300 giri e vi era citato come un caso straordinario
un motore a 4 tempi di Langen e Wolff appunto con 300 giri .
Ora noi siamo arrivati già a 600 giri con un motore Fiat
da 100 cavalli ed a Norimberga ho potuto vedere un piccolo
motore, da 50 cavalli, ad 800 giri.
Quindi il numero dei giri non è una difficoltà, e questo ri-
voluziona tutte le idee che si avevano fino ad ora, specialmente
la famosa teoria del Witz sulla velocità di propagazione della
fiamma. Ora bisognerà ricominciare di nuovo questi studi e ri-
fare tutti i libri che si fondavano su quelle teorie.
E soltanto quando (ecco un campo vastissimo di studi nei
quali potrà spaziare il prof. Moriondo) questi principi saranno
completamente assodati dalla pratica, potremo avere nuovi lumi
che ci condurranno a perfezionare questo tipo di motore nel
quale io sono stato fra i primi ad aver fiducia, anche più di
quella che non vi abbiano avuto altri, fiducia però che le prove
hanno dimostrato che era ottimamente collocata. (Applausi).

DE ROMANO. Mi pare di aver notato che una parte degli


oratori abbia fissata la loro attenzione sopra tipi di macchine
a vapore alternative ed un'altra parte sopra motori pure alter-
nativi , ma a combustione interna, ed hanno sorvolato tutti su
di un tipo di macchina a vapore rotativa che ha dato e sta
dando ottimi risultati, sia nella marina da guerra sia in quella
mercantile. Voglio parlare della turbina a vapore. Moriondo ha
sorvolato...
564 -

Voci. - L'hanno obbligato a sorvolare !

DE ROMANO. ..... anche nella parte scritta sopra i vantaggi


di questa macchina rispetto alle macchine alternative. Ed io
desidero richiamare la attenzione specialmente degli armatori
sopra i vantaggi che presenta la turbina rispetto alla macchina
alternativa.
L'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato ha in esercizio
quattro piroscafi, due con motori alternativi e gli altri con tur-
bine tipo Parsons ed in diciotto mesi abbiamo potuto già rac
cogliere una discreta messe di dati di confronto, perchè questi
piroscafi sono tutti dello stesso tipo e della stessa potenza.
E possiamo senz'altro sfatare quel pregiudizio contro le tur-
bine a vapore che molti ancora hanno, e cioè che esse presen-
tino un consumo di vapore superiore a quello delle macchine
alternative. Dai dati del nostro esercizio ci risulta invece che
con i piroscafi a turbine abbiamo un risparmio nel consumo di
carbone. Non parlo poi del risparmio assolutamente enorme che
abbiamo avuto nelle spese di manutenzione . Nei diciotto mesi
di esercizio la spesa di manutenzione per le macchine a turbina
è stata nulla; non abbiamo dovuto eseguirvi alcuna riparazione,
non solo, ma aperte le turbine le abbiamo trovate in perfetto
stato. Solo nella turbina del Città di Palermo abbiamo trovato
nell'interno del tamburo del rotante qualche corrosione dovuta
ad ossidazione.
Un altro vantaggio enorme che abbiamo riscontrato nell'uso
delle turbine in confronto alle macchine alternative, è nel con-
sumo del lubrificante. Nelle alternative si consumano in media
15 chilogrammi di olio all' ora, alla velocità media di 20 miglia,
nelle macchine a turbina consumiamo invece appena 2 chilogr.
e mezzo di olio all'ora. Quando considerate che sono macchine
di 10 od 11.000 cavalli, voi vedete subito come questo consumo
sia insignificante .
Ed io ritengo che gli armatori , considerando questi due dati :
consumo di vapore inferiore, e prossimamente darò i dati esatti
di confronto raccolti a questo riguardo, e consumo di olio mi-
nore, dovrebbero prendere in seria considerazione la necessità di
- 565

adottare le macchine a turbine anziche quelle alternative ( 4p-


plausi).

GHIRARDI. - Molti colleghi hanno parlato di studi fatti


dalla Regia marina, che è il grande armatore verso cui tutti
gli ingegneri tendono.
Io parlo per la marina mercantile e dico che è in questa
che debbono essere particolarmente presi in considerazione i mo
tori a combustione interna, i quali potranno portare una vera
rivoluzione nello sviluppo della marina mercantile italiana.
In Francia si sono costruiti bastimenti di grandissima im-
portanza per la marina mercantile su questo principio, ed anzi
io mi ero proposto e ne avevo fatta promessa, di presentare una
memoria sopra questo argomento, ma non l'ho potuta presen-
tare perchè rivoltomi ai costruttori francesi non ho avuto tutti
quei dati che mi sarebbero stati necessari, giacchè essi hanno ap-
plicato questi motori come ausiliari della marina a vela, il che
ha una importanza grandissima. Ed i risultati da loro ottenuti
coi motori ad olio pesante mi hanno fatto intravvedere la pos-
sibilità di applicare anche noi i Diesel a questi velieri, quando
però fossero leggeri e poco costosi .
E siccome l'ing. Kind ha detto che i costruttori non pos-
sono per ragione di brevetti mettere a disposizione della marina
mercantile un motore economico, io mi permetto di incitare gli
ingegneri a fare un motore per la marina mercantile.
E dirò che l'applicazione del motore Diesel è anche cercata
con obiettivo molto più largo. So di armatori coraggiosi che
hanno rivolto domande a cantieri tedeschi, perchè gli altri non
potevano fornirglieli, di bastimenti con motori Diesel . E ne do-
mandavano 800.000 franchi dopo consegna. Questo incoraggia-
mento buono ci viene dall'estero ed io vorrei che ci venisse
anche da ditte nazionali. Ed io incito la Ditta Orlando (si ride)
a mettersi su questa via , appunto considerando che i nostri arma-
tori sono già disposti a comperare motori a combustione interna .
Naturalmente io non posso parlare che di marina mercantile,
ma a proposito di motori a combustione interna avrei qualche
altra cosa da dire. Gli altri Registri hanno già messo delle re-
566

gole su questi motori a combustione interna, e speriamo che


anche il Registro italiano si metta presto all'opera per dare delle
disposizioni anche riguardo a questi motori, mettendosi così alla
pari anche in questo dei Registri esteri . (Applausi).

BAULINO. - Desidero esporre alcune mie considerazioni sopra


il nuovo tipo di motore a vapore Stumpf di cui ha parlato il
Prof. Moriondo nella sua interessante memoria.
Questo nuovo motore ha destato, specialmente all'estero, molto
interesse presso i costruttori di macchine a vapore, perchè, a
giudicare dai vantaggi che esso presenta e dai risultati econo-
mici che l'inventore asserisce di avere già ottenuto , si direbbe
destinato a fare concorrenza alla macchina ad espansione mul-
tipla.
L'inventore della nuova macchina nelle sue comunicazioni
alla Schiffbautechnische Gesellschaft » disse che i risultati
economici alquanto soddisfacenti ottenuti si dovevano attribuire
in parte al ciclo che questa macchina realizza, ciclo che secondo
lui coinciderebbe con quello di Carnot, e in parte al movimento
speciale che la corrente di vapore assume nel cilindro, movi-
mento che egli ritiene utilissimo per combattere l'azione ter-
mica delle pareti. Anche il sig. Moriondo nel comunicare la sua
memoria ha accennato al vantaggio relativo al ciclo.
Sono d'accordo col sig. Moriondo sopra molti dei vantaggi
che offre la nuova macchina, ma per quanto riguarda quello
relativo al ciclo non divido le sue idee, perchè ritengo che il
ciclo secondo il quale essa funziona non sia diverso da quello
delle ordinarie macchine a vapore.
Quando si considera il ciclo di una macchina termica bisogna
prendere in considerazione non solo le trasformazioni che si com-
piono nel cilindro, ma anche quelle che si compiono nelle altre
parti della macchina e che servono a riportare il fluido operante
nello stato iniziale.
La figura considerata dal Sig. Stumpf e che il Sig. Moriondo
ha riportata nella sua memoria (v. fig. 1 ) rappresenta il dia-
gramma di funzionamento del vapore nel cilindro e assomiglia
molto, per la forma, ad un ciclo di Carnot, ma non può essere
- 567

assunta a rappresentare il ciclo della macchina perchè non con-


templa tutte le trasformazioni che il fluido operante subisce.
In questa macchina il fluido subisce una trasformazione a
pressione e a temperatura costante nella caldaia, una trasforma-
zione adiabatica nel cilindro, una trasformazione a pressione e
a temperatura costante nel condensatore, e infine, per l'azione
della pompa di alimento e poi della caldaia, subisce una tra-
sformazione di volume pressochè costante che lo riporta nello

P

Fig. 1 .

stato iniziale. Se si fa astrazione dalle perdite di energia dovute


alla struttura materiale della macchina, il ciclo di queste tra-
sformazioni può essere rappresentato dalla figura A B C D
(v. fig. 2) , che, come è noto, è quello secondo il quale funzio-
nano le ordinarie macchine a vapore sia a stantuffo che a tur-
bina.
Affinchè la macchina Stumpf realizzasse il cielo di Carnot
bisognerebbe che il fluido operante, dopo essersi dilatato nel ci-
lindro, si condensasse parzialmente nel condensatore, poi ritor-
nasse tutto nel cilindro ed ivi fosse sottoposto ad una compres-
sione adiabatica E A che lo riportasse nello stato iniziale. In
568 -

questo caso il ciclo sarebbe rappresentato dalla figura ABCE


e risulterebbe costituito da due isotermiche e due adiabatiche,
come appunto si richiede per un ciclo di Carnot.
La fase di compressione e da che figura nel diagramma
della fig. 1 non corrisponde alla trasformazione adiabatica EA
della fig. 2, perchè il fluido che vi prende parte non è quello
che ad ogni colpo di stantuffo entra nel cilindro e poi si sca-
rica nel condensatore, cioè il fluido, che fa lavoro. Questa fase,
come è noto, serve a combattere la perdita dovuta allo spazio

Fig. 2.

morto e a rendere più regolare il movimento della macchina,


e il fluido che vi prende parte si può considerare come un peso
di vapore che rimane costantemente nel cilindro ove subisce al-
ternativamente una compressione ed una espansione.
I buoni risultati economici che la nuova macchina ha dato
non si devono adunque attribuire al suo ciclo, ed io credo che
non si debbano neppure attribuire al movimento speciale che il
vapore assume nel cilindro e al quale l'inventore ha dato molta
importanza come mezzo per combattere l'azione termica delle
pareti. A mio giudizio, le ragioni dei buoni risultati ottenuti
569

sarebbero le seguenti. Giova tenere presente che i buoni risul-


tati che la macchina ad espansione multipla dà di fronte alla
antica monocilindrica sono dovuti all'elevato rapporto di espan-
sione che con essa si realizza, e al fatto che essa si presta bene
per combattere specialmente le perdite dovute all'azione termica
delle pareti e quelle dovute agli spazi morti, perdite che, come
è noto, sono rilevantissime nella macchina monocilindrica ordi-
naria funzionante fra limiti estesi di pressione.
Orbene, se con altri provvedimenti si riesce ad ottenere un
elevato rapporto di espansione e a ridurre le perdite orà accen-
nate, si potranno avere risultati economici egualmente soddisfa-
centi senza dovere ricorrere alla espansione multipla. Ciò si ot-
tiene appunto colla macchina Stumpf.
In questa macchina si fa largo impiego delle camicie di va-
pore e si usa il vapore surriscaldato, che sono, come è noto, due
mezzi efficacissimi per combattere l'azione termica delle pareti.
Inoltre, essa è munita di valvole a sede le quali, come è noto,
permettono di ridurre notevolmente la lunghezza dei canali che
portano il vapore nel cilindro, sicchè la superficie delle pareti a
contatto col vapore resta notevolmente ridotta, il che contribuisce
pure a far diminuire l'effetto delle pareti stesse. Per quanto ri-
guarda lo spazio morto si osservi che coll' impiego delle valvole
a sede esso risulta molto piccolo, di guisa che si può facilmente
combattere la perdita relativa nonostante che il cilindro funzioni
fra limiti molto estesi della pressione. Coll'impiego delle valvole
a sede si ha ancora un altro vantaggio, e cioè di potere realiz-
zare una rapida apertura e chiusura delle medesime il che per-
mette di ottenere dei periodi molto brevi di introduzione e con-
seguentemente degli elevati rapporti di espansione.
Devo ancora fare osservare che nella macchina Stumpf non
esistono le perdite dovute ai salti di pressione fra due cilindri
successivi che si lamentano nella macchina ad espansione mul-
tipla, sicchè sotto questo punto di vista esso si trova in condi-
zioni vantaggiose rispetto a quest'ultima.
Infine essa presenta, di fronte alla macchina ad espansione
multipla, i notevoli vantaggi di indole meccanica dei quali ha
fatto cenno il Sig. Moriondo.
-- 570 -
--

Concludendo, la nuova macchina rappresenta sotto diversi


riguardi, un perfezionamento della antica monocilindrica, e i
risultati economici soddisfacenti che ha dato devono a mio giu-
dizio , attribuirsi ai diversi miglioramenti nel funzionamento del
vapore che ho accennati, escludendo completamente la ragione
del ciclo. Se essa avesse realizzato effettivamente il ciclo di
Carnot avrebbe dato risultati ancora migliori , segnando un passo
veramente notevole nella via del progresso della macchina a va-
pore, e avrebbe trovato certamente fra i costruttori di macchine
una accoglienza molto più larga di quella che ha avuto finora.

MORIONDO. - Debbo all'ing. Baulino una risposta alla sua


importante osservazione sulla macchina Stumpf. Certamente non
è esatto l'asserto reciso del prof. Stumpf essere la sua macchina
realizzante un ciclo di Carnot, però a me sembra che nulla vieti
d'istituire il confronto fra il ciclo ideale, di questa motrice, com-
piuto dal peso totale di fluido evolvente nel cilindro (dato da
quello richiesto dalla caldaia per ogni corsa di stantuffo più
quello racchiuso nel cilindro nella fase di compressione ) con un
ciclo di Carnot percorso dallo stesso peso di vapore e poichè il
fluido racchiuso nella fase di compressione non è trascurabile,
così credo di potere giungere alla conclusione da me preceden-
temente esposta; trovo inoltre che i miglioramenti meccanici in-
trodotti in tale motrice influiscono beneficamente sul ciclo termico.

FORNACA. - Voglio solo ringraziare il presidente e tutti co-


loro che hanno voluto riconoscere un qualche pregio in quello
che io ho esposto. L'applauso che questa assemblea di tecnici
ha voluto dare alla mia relazione, e quello speciale del presi-
dente Comm. Orlando, sono il migliore incoraggiamento ed il
più autorevole appoggio che la mia modesta opera di costrut-
tore potesse sperare.
E questo applauso, più che all'opera del costruttore va al
tipo stesso di motore, di cui sono entusiasta e di cui sono ben
lieto che tutti abbiano riconosciuti i pregi.
In quanto alle domande rivoltemi, potrei rispondere al colon-
nello Ignarra che la sua osservazione relativa al rumore, è giu-
- 571

stissima. Era un difetto che avevano anche gli altri motori , e


che ora sono riusciti ad eliminare e che speriamo di poter eli-
minare anche noi.
In quanto al motore di 10 o 12.000 cavalli è ancora troppo
lontano dalla realtà per poter dare dei dati precisi, e se anche
li dessi potrebbe darsi che nuovi studi domani li cambiassero
completamente.
È una cosa di cui ci stiamo occupando, mi auguro di po-
terli dare, ma per ora domando venia se non mi è possibile
farlo.

ORLANDO GIUSEPPE, presidente. Per venire ad una conclu-


sione, perchè di fronte al Governo ed al Parlamento bisogna che
siano emessi dei voti , io proporrei un ordine del giorno, di cui
darò lettura.
Tutti abbiamo sentita la necessità di meglio sviluppare la com-
bustione liquida e la costruzione dei motori a combustione in-
terna, da cui deriva la necessità di favorire il commercio della
materia prima , del petrolio greggio e del naftetine , per cui
proporrei quest'ordine del giorno :

« Il Congresso, ritenuto che allo sviluppo della combustione


liquida nelle caldaie marine ed allo sviluppo dei motori a com-
<< bustione interna per la navigazione si oppone sopratutto la
<< mancanza di depositi di petrolio greggio o naftetine in Italia,
<< fa voti perchè con appositi provvedimenti legislativi ne sia
<< facilitato l'impianto nei principali porti del Regno » . (Appro-
vazioni e commenti).

Il Governo dovrebbe cioè studiare dei provvedimenti che val-


gano ad incoraggiare l'iniziativa privata a costruire dei centri
di rifornimento, senza disturbare la Marina.

ORLANDO SALVATORE . - Qualche cosa abbiamo già fatto,


perchè abbiamo messo il premio di costruzione per le macchine
a combustione interna, e nel codice si stanno appunto introdu -
cendo tutte le riforme che riguardano questo tipo motore. Poi
si è fatta la legge che incoraggia la perforazione dei pozzi di
-- 572 -

petrolio. Ma per fare dell'altro ci vogliono dei voti di consessi


così numerosi ed importanti come questo. Come ho detto prima,
per la perforazione dei pozzi si possono avere delle esenzioni da
tasse, ed altro.

ORLANDO GIUSEPPE , presidente . - Se non vi sono Osserva-


zioni in contrario, pongo ai voti la mia proposta. (Applausi).
É approvata.

SCRIBANTI. Io non parlo per partecipare alla discussione


tecnica sugli argomenti presentati a noi da Fornaca, Laurenti
e Kind e dai loro contraddittori , perchè sono argomenti che
riguardano una materia che se mi può interessare come qual-
siasi altro tecnico di costruzioni navali è però completamente
estranea alla mia competenza specifica. Ma parlo per dirvi che
ho ragione di esser lieto del caldo saluto che l'assemblea ha
voluto rivolgere al Moriondo ed alla sua esposizione. Forse non
tutti coloro che sono qui convenuti sanno che il Moriondo, che
da breve tempo reggeva per semplice incarico l'insegnamento
delle macchine termiche presso l'Istituto scientifico dal quale
esce la massima parte degli ingegneri navali italiani , è stato in
questi giorni, per concorde voto delle persone più autorevoli
nella materia della scienza termica, designato al Ministero della
pubblica istruzione per assumere con grado di professore ordi-
nario la cattedra di insegnamento che egli per ora reggeva
soltanto.
Questa designazione a lui è stata valsa da una quantità di
titoli scientifici che rappresentano la sua produzione e la sua
operosità di questi ultimi anni . Ora a quella serie di titoli se
ne è aggiunto uno nuovo con l'esposizione che ha fatto oggi ,
che ci dà pieno affidamento della estensione di coltura, della
originalità di concezione, e, lasciatemelo anche dire, dell'onestà
scientifica con la quale sarà divulgatore della scienza delle mac-
chine presso i nostri futuri ingegneri navali.
Ed il plauso che voi gli avete concesso, secondo me , ha anche
il significato di un suggello al voto concorde col quale la com-
missione lo designava all'attenzione del Ministero della pubblica
573 -

istruzione. E vorrei che mi permetteste anche di compiacermi


con me stesso ricordando di averlo qualche volta confortato nelle
dubbiezze ed averlo incoraggiato a sostenere quelle fatiche che
dovevano portarlo ad occupare la cattedra che tanto degnamente
era stata occupata per tanti anni dal Longhi . (Applausi).

ORLANDO GIUSEPPE, presidente. Ora ci sarebbe la memoria


sulla resistenza al moto dei sommergibili, del capitano Fea ;
prima però concedo di parlare all'ing. Pasqualini , che ha una
sua comunicazione che non porterà discussione, e che domani
non potrebbe essere dei nostri.

PASQUALINI. - Dopo dei lavori così poderosi come quelli


letti finora, vengo avanti a voi con un argomento piuttosto leg-
gero, ad ogni modo è forse l'unico punto di elettrotecnica che
sentirete, in mezzo a tanto parlare di scati , di motori , di cannoni .
Ed io voglio accennare, così per sommi capi, quale può es
sere l'impianto elettrico a bordo di una nave da guerra ; e vo
glio arrivare a questo considerando come via via gli impianti
di bordo si siano sempre adattati ai bisogni ed alle condizioni
del materiale.
Gli impianti elettrici delle navi da guerra subirono nello
svolgersi di un trentennio, delle radicali varianti sia nei con-
cetti informatori , sia nei dettagli di costruzione , e le varianti
furono dettate , non solo dal perfezionarsi del materiale , mat
anche e forse principalmente delle variate esigenze del servizio.
Quattro periodi distinti mi pare si possano stabilire in questo
sviluppo.
Quando furono fatte le prime applicazioni la lampada ad
incandescenza non era ancora sorta o per lo meno era ancora
un oggetto da studio che non trovavasi che nei laboratori e si
pagava quindici e venti volte il costo attuale ; l'illuminazione
interna delle Navi era fatta con fanali ad olio o a candele.
Alla dinamo quindi non si richiese altro che fornire l'ener-
gia elettrica necessaria per i proiettori in scoperta.
Dalla Francia vennero i primi gruppi elettrogeni a tale
scopo . Erano formati da motori a tre cilindri Broterwood col-
- 574

legati direttamente alla dinamo. Per le navi erano di tre gran-


dezze distinte con dei numeri che volevano esprimere , credo ,
l'intensità del fascio che si otteneva ; perciò a formare quei nu-
meri dovevano entrare anche le dimensioni e le distanze focali
degli specchi.
Erano gruppi cosi detti di : 200 , 600 e 1600 candele, che ali-
mentavano degli archi rispettivamente a 13 , 24, 48 Amp. e poichè
la tensione era di 60 , 65 volts , il gruppo di massima potenza
era di 30 Kw circa.
Dato lo scopo il tipo di Dinamo più conveniente era il tipo
in serie . Ed infatti dinamo in serie ci vennero di Francia col
nome di Gramme, che la R. Marina nelle riproduzioni, cambiò
giustamente in Pacinotti-Gramme.
Costruiti ora questi gruppi farebbero vergogna al più ine-
sperto dei costruttori, ma data la mancanza di qualunque teoria
e anche di pratica, essi rappresentavano allora il migliore por
tato dell'industria elettrotecnica Europea.
Quei gruppi erano anche chiamati monofoti perchè ogni pro-
iettore era alimentato da un gruppo speciale. Le navi come
l'Italia e la Lepanto avevano una dozzina di proiettori da 40 cm.
di diametro, dovevano avere altrettanti gruppi elettrogeneratori.
Ma intanto con l'Esposizione di Parigi 1881 la lampada ad
incandescenza entrava nel campo pratico. La sua forma diven-
tava possibile, il suo prezzo cessava di essere proibitivo. Vedia-
mo quindi nel 1892 finire il primo periodo caraterizzato dal-
l'uso esclusivo dei proiettori e cominciare i primi impianti di
illuminazione elettrica interna a bordo alle navi da guerra .
Le stesse dinamo che servivano per i proiettori venivano
impiegate ad alimentare 60 lampade ad incandescenza da 12
candele e poichè essendo le dinamo in serie il carico non po-
teva essere variato , le 60 lampade dovevano essere sempre ac-
cese ; se in qualche luogo poteva occorrere di spegnere la lampada,
si sostituiva una resistenza equivalente oppure si copriva con
una specie di sacco nero.
Ecco dunque la caratteristica di questo secondo periodo.
Tanti gruppi di dinamo Pacinotti -Gramme con motore Bro-
terwood ciascuno quanti erano i proiettori. Alcuni circuiti di
575

illuminazione interna ciascuno di 60 lampade che venivano in


dipendentemente alimentate dalla stessa dinamo ma che veni-
vano spente quando queste dovevano servire per i proiettori.
Gli impianti erano fatti molto alla buona , i conduttori iso-
lati con gomma in cassette di legno senza interruttori e senza
valvole.
Ben presto però la struttura sempre più complessa delle navi
moderne e la complicazione degli apparati motori hanno mostrato
la necessità di un illuminazione interna esente di pericoli, pronta
d'accensione, molto frazionata e molto estesa. Credo non sia te-
merario il dire che la Nave moderna fu possibile per l'esistenza
della luce a incandiscenza. I 240 fanali che formavano l'im-
pianto regolamentare della Duilio e Dandolo salivano ben presto
alle 1000 1200 lampadine della Sicilia e dell' Umberto ect.
L'illuminazione interna prese il sopravvento sui proiettori i
quali non seguirono allora col loro progresso il progresso delle
artiglierie e perciò perdettero fiducia e diminuirono sensibilmente
di numero. Non si poteva più pensare a spegnere l'illuminazione
interna quando dovevano accendersi i proiettori per cui le dinamo
dovettero provvedere contemporaneamente a questi e a quella.
Vennero allora abbandonati i motori a tre cilindri Broterwood
e sostituiti con motore a vapore verticale ; la potenza dei gruppi
elettrogeni da tre Kw. quale era quella dei complessi Pacinotti-
Gramme sali fino a 20 Kw. e la dotazione di una nave sali da
15-20 Kw. a 100 Kw.
L'impianto di una grossa Nave si può dire che era così co-
stituito.

Potenza della dinamo Kw. 100


per illuminazione int. 50-60
proiettori . 13-15
forza ventilatori e motori . 20-25

In questo terzo periodo caratterizzato dal predominio dell'il-


luminazione ad incandescenza dominante sugli altri servizi, la
potenza dei gruppi elettrogeni era piccola relativamente alla po-
tenza richiesta da vari apparecchi utenti e non essendosi ancora
introdotto l'accoppiamento in parallelo dei generatori era logica
576

l'adozione di dinamo compound che non risentissero l'accen-


sione o lo spegnimento di uno o più proiettori .
In quell'epoca venne anche molto migliorato tutto il mate-
riale d'impianti . Furono introdotti i cavi in piombo i tubi
Bergman i cavi armati.
Gli accessori assunsero le caratteristiche adatte agli usi di
bordo.
Il personale intanto aumentava la sua istruzione e gli uffi-
ciali specializzatisi nell'elettrotecnica si dedicarono con intelli-
gente amore agli impianti di bordo i quali andarono acquistando
sempre maggiore sicurezza di funzionamento e ispirando sempre
maggior fiducia nello stato maggiore.
Comincia allora il quarto periodo con le applicazioni elet-
triche alle funzioni più vitali fu esteso l'uso dei ventilatori
elettrici , fu aumentata la potenza dei proiettori ; motori elettrici
furono applicati agli elevatori , ai verricelli , alla manovra delle
torri, alla manovra del timone e allo sviluppo di questa appli-
cazione contribuì grandemente l'introduzione delle turbine a va-
pore che permisero di avere raccolto in piccolo spazio dei com-
plessi potenti di funzionamento sicuro e tranquillo senza urti.
La potenza della dinamo di una grande corazzata moderna
sali a ben 600 Kw. e di questa potenza la parte riservata alla
forza è ben otto volte quella destinata alla luce mentre nel terzo
periodo ne era appena la metà.
Gli impianti hanno quindi cambiato carattere ; non è più la
forza l'umile ancella della luce ma questa di quella ed è quindi
naturale che alla forza sopratutto debbano adattarsi gli impianti.
Il quesito quindi che si presenta oggi è questo : L'impianto
a due fili a corrente continua a 110 volts, è esso il più adatto ?
Per rispondere più facilmente si può trasformare il quesito
in quest'altro.
Se astrazion fatta dagli altri servizi si dovesse provvedere
alla distribuzione della sola forza motrice si penserebbe ad un
impianto a corrente continua a 110 volt ? Propenderei a credere
che quasi tutti oggi risponderebbero negativamente.
Pensate che la sezione massima dei conduttori la quale
quando il servizio luce raggiunse il suo massimo era di 170 m/m²
- 577 -

sali a 2000 mm² e più. E non è tanto il costo che deve preoc-
cupare ma l'ingombro di simili conduttori, le difficoltà di posa,
le difficili riparazioni e sostituzioni , l'ingombro degli accessori
ad essi proporzionati .
Credo che in Germania si vada introducendo o si pensi d'in-
trodurre il sistema a tre fili con la tensione di 2 × 110. La
questione è stata anche dibattuta in Italia con molta competenza.
Ma se si eliminano degli inconvenienti se ne introducono altri
e forse non meno gravi o, per lo meno, il problema non è ri-
solto in modo radicale.
Nella Marina Austriaca fu , credo sulla Maria Teresa, in-
trodotta, non so con quale risultato, la corrente alternata tri-
fase per i motori.
Il Signor Guido Castiglioni ne propugnava l'adozione nel
1903 ( Rirista Marittima, agosto settembre 1903, considerando)
che si sarebbe potuto ottenere :
a ) una maggiore semplicità nelle macchine generatrici ;
b) la soppressione dei collettori sia negli apparecchi gene-
ratori che in quelli ricevitori ;
e) maggiore elasticità nella tensione.
In un numero susseguente della stessa rivista il tenente Viani
combatte l'opinione del Sig. Castiglioni sopratutto per la diffi-
coltà di variare la velocità dei motori e propone, per diminuire
le sezioni dei conduttori, il sistema a tre fili corrente continua
(Rirista Marittima, dicembre 1903 ).
Anche l'Ingegner Laurenti combattè le idee del Castiglioni
(Rivista Marittima, marzo 1904) e anch'io a quell'epoca le avrei
combattute.
L'impiego dei motori con velocità variabile è l'argomento
principale anche per il Laurenti il quale per l'economia dei con-
duttori propugna gli impianti a 250 volt con due fili anzichè
con tre e trova che non ha importanza la soppressione dei col-
lettori.
Astrazione fatta per il momento dalle variazioni di velocità
dei motori io sono di avviso che dato il continuo aumento pre-
conizzato dallo stesso Laurenti (Rivista Marittima, dicembre 1901 )
delle applicazioni di trasporto di forza si impone un aumento
578

di tensione, rispetto a quella attualmente usata a 110 volt, ma


ritengo che sia più facile addivenire a questo aumento, dato
l'ambiente di bordo con la corrente alternata che con la continua.
Le difficoltà che si presentano ad aumento di tensione dipendono
sempre dalle difficoltà di ottenere e mantenero gli isolamenti ,
non già nella conduttura bensì nelle lampade, negli interruttori,
nelle valvole, nei commutatori nei reostati nei collettori ecc. in
genere in tutti quei punti che rappresentano delle soluzioni di
continuità nei conduttori . Ma non vi è altro che la corrente al-
ternata che permette di ridurre al minimo nella rete ad alta
tensione questi organi di cui l'isolamento è difficile, e ciò as-
sieme al vantaggio a mio avviso non lieve di sopprimere i col-
lettori nei ricevitori e nei generatori .
Io credo che rappresenterebbe un vero miglioramento, nella.
stabilità e sicurezza di funzionamento, un impianto costituito
nelle linee generali da turbo-alternatori trifasi alla tensione di
300 volt circa alimentanti direttamente i motori asincroni , e con
piccoli trasformatori a 50 volt per ogni singolo locale la luce
ad incandescenza con lampade metalliche.
Per i proiettori delle piccole convertitrici esafasi , una per
ciascun proiettore, risponderebbero benissimo e sarebbe più facile,
con un regolatore ad induzione comandato dalla stessa corrente
continua , rendere la convertitura a intensità costante. Così sa-
rebbero eliminate le resistenze compensatrici o volanti che ora
occorrono le quali rappresentano organi incomodi delicati perico-
losi dissipatori dell'energia. Il funzionamento dei proiettori av-
vantaggierebbe tanto che sarei quasi per dire che solo per que-
sto meriterebbe d'essere introdotta la corrente alternata.
Resta la difficoltà della variazione di velocità dei motori. Ma
realmente si può dire che per i grossi motori a corrente continua
il problema è risolto con mezzi semplici ? Chi conosce il sistema .
di comando delle artiglierie delle officine di Savigliano, quelle
per il comando del timone di Harwy, quelli a due motori con
differenziale di Siemens e Schuckert, nonchè i sistemi veramente
perfetti nel funzionamento dell'Ingegner Locarni, deve convenire
che le non piccole difficoltà furono felicemente sormontate, ma
con mezzi non molto semplici , in confronto ai quali si può pen-
579 -

sare all'applicazione della trasmissione universale Janney ai mo-


tori trifasi a velocità costante . Il modo graduale con cui si può
con questo apparecchio variare la velocità, vincendo dei momenti
resistenti in ragion contraria alla velocità stessa, da zero al mas-
simo, è veramente meravigliosa, quale non si può ottenere con
qualsiasi dispositivo elettrico ; e fa prevedere che esso, o qualche
cosa d'analogo, avrà in avvenire un sicuro successo.
Si potrà obbiettare che assorbe eira il 18 0 della potenza
massima, che non dà affidamento di lunga durata e che è co-
stoso. Al che però si può rispondere che in applicazioni quali
quelle delle Navi da guerra il rendimento ed il costo non hanno
importanza e che la durata, se pure può esser messa in dubbio,
ha un'importanza molto limitata in applicazioni intermittenti
quale quelle di cui si tratta.
Tuttavia giova osservare che tutti gli apparecchi nascono de-
licati e costosi, ma, se rispondono ad un bisogno, finiscono col
diventare robusti e economici. Quindi è da prevedere che o il
giunto Janney o qualche cosa da esso derivato distruggeranno
l'unica opposizione che si può fare all'applicazione della corrente
alternata a bordo alle navi da guerra.
E mi auguro di poter in un futuro congresso, parlarvi di
un quinto periodo nel quale la corrente alternata abbia ulterior-
mente favorito lo sviluppo del trasporto elettrico di forza arri-
vando fors'anche alla propulsione.

ORLANDO GIUSEPPE . presidente. Ringrazio l'ing. Pasqualini


da parte del congresso per la sua interessantissima e rivoluzio-
naria memoria, e credo anche io che se si potesse ottenere l'isola-
mento assoluto, la pratica attuazione di questi trasformatori per
ogni compartimento della nave sarebbe possibile, sempre però
che vi si possa applicare un riduttore di velocità, idraulico o
come che sia, perchè è certo che i motori a corrente alternata
non sono suscettibili di ampie variazioni di velocità.

LAURENTI. Chiamato personalmente in causa dal Prof. Pa-


squalini, credo di dover dire anche io due parole . Quello che
serissi oltre dieci anni fa debbo mantenerlo anche oggi , perchè
- 580 -

è stato confermato dalla esperienza. Gli impianti elettrici a bordo


acquistano ogni giorno più importanza, ed un'importanza anche
maggiore di quella che molti credano. Adesso si è arrivati ad-
dirittura a trasformare quasi tutto l'impianto di trasporto di
forza delle navi da battaglia per mezzo dell'elettricità. L'isola-
zione metteva una volta spavento ; io però non ho mai dispe-
rato che si potesse conseguirne una buona anche con tensioni
piuttosto elevate tanto che venti anni fa cominciai sul « Delfino »
a provare delle connessioni a 500 volts . Ne ebbi una delusione,
ma non per questo mi scoraggiai e nel 1900, cioè 11 anni fa
feci l'impianto del « Glauco » a 220 volts, e ancora esiste e pel
fatto dell'isolazione non ha mai dato luogo ad inconvenienti.
E se si considera la diversità tra l'impianto di un sottoma-
rino e quello di un grande bastimento da guerra si vede come
questo esempio abbia potuto condurre a seguirlo anche là dove
prima non si andava al di là degli 80 o dei 110 volts. E difatti
in qualche impianto dopo l'esperimento del Glauco si è arrivati,
qui e fuori, a 220 volts. Contro questo insorse tutto l'ambiente
elettrico marinaresco, tanto che vi fu una retrocessione sulla mia
idea, ed in altri impianti di sommergibili son dovuto andare a
110 volts, ma per me quell'esperimento prova che nei sommer-
gibili si può senza inconvenienti andare anche fino ai 220.
E se ci si arriva nei sommergibili, perchè non vi si dovrebbe
poter arrivare anche sulla nave da battaglia ?
Adesso entrano in competizione le correnti continue con quelle
alternate, ed è verissimo quello che ha detto il Prof. Pasqualini ;
la corrente alternata sarebbe sotto tutti gli aspetti preferibile,
anzi in questi ultimi tempi sembrerebbe anche più preferibile,
perchè vi è perfino un tipo di motore a corrente alternata che
agisce dentro l'acqua. Ma resta il grandissimo difetto della nes-
suna elasticità nel numero dei giri, difetto gravissimo che non
potrebbe fare adoperare questi motori nè per verricelli, nè per
ancore, nè per timoni, nè per niente a bordo. Questo difetto è
invece superato nella macchina a corrente continua in modo
brillante con taluni speciali dispositivi . Uno dei difetti è quello
accennato dal Prof. Pasqualini, degli inconvenienti dovuti agli
accessori, cioè reostati, cassette ecc. e specialmente ai reostati di
--- 581

comando. Ora per esempio col sistema Locarni anche questo in-
conveniente è tolto , e nella Dante Alighieri dove sono ap-
plicati questi motori anche pel timone, si sono avuti risultati
ottimi. Il Prof. Pasqualini adesso sposta la questione e la sposta
giudiziosamente coi riduttori meccanici. Ma entriamo in un
altro campo . Certo che la questione merita di essere presa in
considerazione, perchè finora le esperienze sono state fatte per
piccole potenze, e va benissimo, ma applicandola a delle potenze
rilevanti potrebbe succedere qualche cosa che ora non è possi-
bile prevedere. Vi è pure, oltre quel giunto, un altro giunto
idraulico di cui ha acquistato i brevetti la Fiat, che è allo studio ,
e forse potrà rendere anche esso ottimi servizi.
Ma, ripeto, spostata così la questione , si entra in un altro.
campo e per ora non possiamo dire se ciò sia preferibile almeno
dal lato del costo, ingombro e peso all'abbandono della corrente
continua.

PASQUALINI. — L'ing. Laurenti ha semplicemente manifestatal


la sua opinione quindi mi pare inutile una discussione ; io ho
voluto appunto spostare la questione. Poichè si presentano due
vie : o alzare il voltaggio della corrente continua, o andare a
quella alternata girando le difficoltà di cui si è parlato, perchè
persistere nel vecchio sistema? Non dico di abbandonarlo ma
studiamo anche l'altro campo che si presenta più ricco di appli-
cazioni per l'avvenire.

DEL BUONO. Riguardo alla osservazione che la corrente


trifase non si presta bene ad ottenere variazioni di velocità,
mi permetto di osservare che i motori trifasici consentono va-
riazioni di velocità dentro limiti che sono sufficienti per la
maggior parte delle macchine industriali.
Negli stabilimenti e negli impianti industriali, specialmente
ora che il trasporto a distanza dell'energia è cosi sviluppato, si
usa quasi esclusivamente la corrente trifase : tutte le macchine
operatrici vengono così comandate e la variazione di velocità si
fa con tutta facilità . Si hanno infatti gru, carrelli, trasbordatori ,
montacarichi, ecc. mossi da motori elettrici trifasi. Tale varia-
582

zione si ottiene in vari modi, e principalmente quando occor


rono limiti estesi , provvedendo i motori di opportuni reostati di
regolazione : nel caso invece in cui bastassero solo 2 o 3 scale
di velocità si ricorre alla commutazione dei poli .

ORLANDO GIUSEPPE, presidente. - L'ora è tarda e la espo-


sizione delle altre memorie è rimandata a domani .

La seduta termina alle ore 18,10.


--- 583 --

V. SEDUTA

Seduta antimeridiana del 13 Novembre 1911.

Presiede l'on . S. ORLANDO

(La seduta comincia alle ore 9,5)

PRESIDENTE. Poichè restano ancora molte comunicazioni


ed abbiamo anche qualche ordine del giorno da votare, in con-
siderazione del breve tempo che abbiamo a nostra disposizione,
prego i relatori di restringere il più possibile le loro memorie
e di dare per lette quelle già stampate, affinchè la discussione
possa procedere più spedita.
Intanto invito l'ing. Leonardo Fea a riferire sul tema : « Nota
sulla resistenza al moto dei sommergibili in immersione » . (Vedi
pag. 198).

FEA. - A me preme soltanto di osservare che la resistenza


del sommergibile varia a seconda dell'immersione e che sulla
resistenza hanno influsso le numerose appendici del sommergi-
bile le quali assorbono fino al 50 % della forza del sommergi-
bile stesso, facendo diminuire di parecchi nodi la velocità. II
sommergibile ha una forma in parte adatta al suo scopo, in
parte no e particolarmente le appendici si prestano pochissimo
alla navigazione in immersione. (Applausi).

LAURENTI. La memoria dell'ing. Fea desta grande inte-


resse per l'importanza grandissima che hanno assunto oggi que-
sto genere di siluranti. Le esperienze fatte in vasca hanno con-
fermato le osservazioni che si erano fatte in mare. Ricordo che
alla vasca di Spezia furono fatte delle esperienze col modello del
« Glauco » con immersioni gradatamente crescenti, fino alla
immersione massima e si verificò il fenomeno accennato dal Fea,
che, a misura che aumentava la immersione, aumentava la re-
sistenza fino ad una immersione corrispondente a quella in cui
584 --

la coperta era a fior d'acqua, oltre la quale si aveva una dimi-


nuzione di resistenza fino ad una certa profondità, raggiunta
la quale la resistenza restava costante anche per profondità mag-
giori. Anche le appendici esercitano una grande influenza, ma
d'altra parte questo tipo di navi ha bisogno, per i servizi a cui
è adibito, di queste appendici, anzi queste appendici sono nu-
merose appunto per la duplicità del servizio. Io ho riscontrato
negli esperimenti fatti nella Vasca Froude sopra un altro mo-
dello che presentai, che la sola presenza del periscopio aumenta
del 10 % la resistenza ed, in mare, i primi sommergibili ame-
ricani, diminuirono di un nodo la velocità subacquea in seguito
all'applicazione del periscopio e delle alette di rollio.
Questi studi dunque hanno un'importanza grandissima e sa-
ranno seguiti con simpatia da tutti i nostri colleghi i quali
vorranno insieme con me rendere omaggio al collega Fea che
li ha resi di pubblica ragione. (Applausi).

Russo. Una semplice domanda. Poichè è stato accennato


all'aumento della resistenza che si verifica coll'aumento della
profondità, non crede il Fea che sarebbe utile citare qualche
cifra in proposito?

FEA. Le variazioni non sono costanti . Il fenomeno è molto


complesso, vale a dire che, ad uguali aumenti di immersione,
si hanno variazioni differenti a seconda che la velocità è mag-
giore o minore. Perciò una legge generale di questo fenomeno
non si può dare. Posso soltanto accennare a questo che, ad una
forte velocità , per esempio di 17 miglia, la variazione di immer-
sione di un metro , da 3,75 a 4,70, porta una diminuzione del
14 % , mentre alla velocità di 12 miglia, la stessa differenza di
immersione porta la variazione soltanto del 6 %. L'unico fatto
generale è che per l'aumento della profondità, la resistenza di-
minuisce solo quando quella sia notevole.

PRESIDENTE. A nome degli intervenuti e del collegio,


ringrazio l'ing. Fea della sua comunicazione. (Applausi).
- 585 -

PRESIDENTE . Proseguendo nello svolgimento delle comu-


nicazioni, passiamo a quella dell'ing . Barberis, sulla stazzatura
delle navi.
Prego il cap. Barberis di esporre la sua memoria.

BARBERIS. Dirò brevi parole in sostituzione del collega


Caminiti, perchè sarebbe un vero peccato che si chiudesse que-
sto primo congresso, senza che fosse detta una parola sulla staz-
zatura delle navi, perchè non c'è alcun ramo della tecnica na-
vale, nel quale siamo costretti ad accettare un sistema così poco
preciso, come quello della stazzatura delle navi .
Legge la memoria . (V. pag. 341 ) . ( Applausi).

Assume la presidenza il prof. SCRIBANTI.

PRESIDENTE. Constato che il capitano Barberis ha messo


il dito sopra un punto molto imperfetto e debole della nostra
legislazione marittima e credo che abbia fatto opera meritoria
portando questo argomento dinanzi la nostra assemblea, perchè
questo fatto servirà probabilmente di richiamo alla direzione ge-
nerale della marina mercantile, anzi a tutto l'organismo dello
Stato, per indurlo a prendere quei provvedimenti che servano a
mettere meglio in carreggiata questo servizio.

GHIRARDI. Mi ha fatto molto piacere la memoria del col-


lega Barberis, anche sotto il punto di vista della marina mer-
cantile, come armatore. Ho avuto molte brighe per questa que-
stione ed oggi le cose procedono in modo così farraginoso, che
non si può arrivare ad una valutazione esatta internazionale,
non solo per la stazza, ma anche per altri rilievi. Per eliminare
questi inconvenienti, io già da due anni fa proponevo di adot-
tare una unità di misura molto più semplicemente applicabile
che non la stazza dedotta con dei volumi , vale a dire commi-
surando le fiscalità da cui deve essere gravato un bastimento
alla sua portata in peso morto, che può essere misurata esatta-
mente dal free board. Se la legge italiana si mettesse su questa
strada, potremmo avere una linea di carico abbastanza esatta,
- 586 -

dalla quale potremmo partire per misurare la capacità di carico


con cui un bastimente arriva in porto. L'armatore guadagna sul
carico ed è pagato sulla capacità del bastimento e quando ar-
riva in porto guadagna tanto per quanto sbarca : È razionale
che paghi per quanto guadagna e non che paghi anche su
quello che non guadagna. E questo gravame per le navi da ca-
rico è molto forte, perchè andiamo in Inghilterra in zavorra,
andiamo colla stiva vuota e paghiamo una tassa molto grave
di fanali ed altro ; fiscalismi che l'Inghilterra non ci risparmia.
Ma si dirà, come si può misurare bene questo peso col quale
un bastimento arriva nel porto ? Vi è oggi uno strumento che
è stato presentato due anni fa al Congresso di Londra , che ha
ottenuto l'approvazione di tutti, istrumento molto semplice , che
dà la misura del carico imbarcato e del carico quando il basti-
mento arriva. Questo sistema è stato accettato da molti paesi
esteri ed anche nel porto di Genova per la misura del carbone
e come misura legale. Mi pare quindi che si potrebbe benissimo
con questo strumento misurare esattamente il peso di un basti-
mento all'arrivo e tassarlo per quanto porta in quel momento.
Non vi sono difficoltà e mi pare che avendo questo mezzo molto
semplice, si potrebbe venire ad un'intesa molto utile per tutti.
In quanto alle osservazioni che il Barberis ha fatto riguardo
agli ingegneri delle capitanerie, che non possono condurre bene
le loro operazioni , perchè sono pagati dagli armatori....

BARBERIS. - Periti stazzatori in genere, che molte volte non


sono ingegneri.

GHIRARDI . Speriamo che per questo la nuova legge prov-


veda opportunamente.
e che perciò non fanno gli interessi del fisco, osservo
che noi periti siamo comandati, non dagli armatori , ma siamo
scelti dalle capitanerie di porto ed abbiamo un turno di servi-
zio come stabilisce un apposito regolamento. Non abbiamo quindi
alcuna dipendenza dall'armatore. E per venire all'idea del Barberis
di aggregare agli ufficiali di porto gli ingegneri che sono addetti
a servizi speciali , io chiederei molto di più e vorrei che, a fianco
- 587 -

dei periti del registro ci fosse anche un corpo di ingegneri che


costituisse un vero board of trade italiano che da noi manca as-
solutamente. E questo ufficio sarà tanto più ovvio e necessario
quando sarà approvata la nuova legge.

PRESIDENTE. Mi pare che si sia usciti un po dal tema.


Le osservazioni dell'ing. Ghirardi troveranno sede più opportuna,
quando si discuterà la memoria dell'ing. Bernati che tratta del-
l'esercizio industriale delle navi e contiene delle proposte desti-
nate allo scopo del quale parla il Ghirardi.

POLI. - La sostituzione della parola « metro cubo » a ton-


nellata sta bene, ma è difficile però sconvolgere d'un tratto una
denominazione che è mondiale. Io direi che dovremmo comin-
ciare a fare noi qualche cosa in proposito. Abbiamo in formazione
il regolamento per la navigazione interna. Ebbene questo rego-
lamento, appunto perchè è una cosa nuova, potrebbe parlare di
volumi e di metri cubi, cominciando a mutare qualche parola.
Credo quindi che il Congresso potrebbe fare un voto in questo
senso che nel regolamento della navigazione interna, che si sta
compilando al Ministero dei lavori pubblici, invece di parlare di
volume in tonnellate di stazza, si parlasse di volume in metri cubi .

PRESIDENTE . -- Se nessuno domanda di parlare su questo


punto specifico, domando all'assemblea se approva che si tra-
smetta alle autorità competenti il voto formulato dall'ing. Poli.

FERRATI. Approvando la proposta Poli , pregiudicheremmo


la proposta Barberis che è più radicale e che è già seguita da
altre nazioni e che non porterebbe inconvenienti nel campo fi-
nanziario ed industriale.

PRESIDENTE . - La proposta Barberis riguarda l'internazio-


nalità dell'unità di misura, mentre la proposta Poli è specifica
e si riferisce ad un punto in fieri della nostra legislazione. In-
somma è una questione de iure condendo, mentre la proposta
Barberis verrebbe ad alterare il ius conditum , il che è molto più
difficile ad ottenere.
588

FERRATI. Sta bene, ma noi non facciamo che esprimere


dei voti , perchè poi spetta al Parlamento di portare modifica-
zioni alle leggi .

BARBERIS. Il sistema esposto dal Ghirardi fu già proposto


altre volte : ed è seguito in Spagna. Ha anche esso degli incon-
venienti, ma certo è più razionale di quello di far pagare le
tasse in base alla capacità interna. Oggi , quando si dice che un
bastimento è di tante tonnellate, si cerca sempre di indovinare,
colla confusione che vi è, se si tratta di dead-weight, di stazza
lorda o di stazza netta. Se si suppone che si parli della portata
quasi sempre si incappa giusto. Ma il free board non è in uso
in tutte le nazioni , e perciò è molto difficile di ottenere un ac-
cordo internazionale. Il principale inconveniente del sistema Ghi-
rardi è questo che i bastimenti pagherebbero tanto per le merci
povere, quanto per le merci ricche e perciò le merci povere fa-
rebbero guadagnare molto meno all'armatore.
Ed ora permettetemi da fare due modestissime considerazioni
riguardo alla proposta di stabilire come unità ufficiale di mi-
sura per la stazza il metro cubo.
Il colonnello Rota mi osserva che i metri cubi sono già scritti
sui certificati di stazza. Naturalmente non faccio questione che
i metri cubi o le tonnellate siano scritti in carattere inglese o
in grassetto sopra i certificati. Io vorrei che nei documenti pub-
blici nelle statistiche della marina mercantile, nelle questioni
relative alle convenzioni e sopratutto in quelle riguardanti le
tasse di ancoraggio, si usasse sempre parlar di metri cubi e
non di tonnellate . Il prof. Scribanti non ha fatto obbiezioni tec-
niche, alla mia proposta : egli ha solo detto che, per venire at
questo, ci vorrà molto tempo. Questa obbiezione non mi fa ri-
muovere dalla mia idea. Noi tecnici , che sappiamo di che cosa
si tratta, che vediamo nitidamente che sarebbe una cosa molto
razionale adottare per unità di misura il metro cubo al posto
della tonnellata, possiamo in un Congresso come questo, anzi ab-
biamo il dovere di parlar chiaro. Se a suo tempo, i tecnici si
fossero spaventati di un'obbiezione analoga a quella ora fatta
dal prof. Scribanti, non avremo il sistema metrico decimale. Del
589 -

resto in Olanda la cosa è già fatta. Le statistiche olandesi di


marina mercantile danno tutte le misure in metri cubi, e quando
gli studiosi di statistica, vogliono fare confronti con altre na-
zioni non hanno che da dividere per 2,83 i dati olandesi . Se
pian piano noi italiani adotteremo questo sistema, probabilmente
col tempo saremo seguiti dalla Francia e dalla Germania e si
acquisterà un po' più di chiarezza nelle idee e nel linguaggio.

PRESIDENTE. Se me lo consentono i colleghi Arena e Ben-


venuti che sono iscritti, vorrei rispondere io all'ingegnere Bar-
beris. Se il sistema metrico decimale fosse divenuto internazio-
nale, non avrei nulla da obbiettare. Ma la massima parte del na-
viglio mercantile di tutto il mondo non si serve del sistema de-
cimale. La Germania, la Francia, la Spagna e molti Stati mi-
nori facilmente ci seguirebbero, ma certamente non riusciremmo
a farci seguire nè dall'Inghilterra, nè dagli Stati Uniti, nè dalla
Russia ed allora avremmo tolto un beneficio che già esiste negli
usi marittimi internazionali , nei quali c'è questo di buono che
aleuni numeri hanno un significato ugualmente comprensibile.
in tutte le parti del mondo. Uno di questi è la costante dell'am-
miragliato e un altro è la tonnellata di stazza che tutti sanno
essere il volume di un cubo di m. 1,41 di lato. Se consentiamo
che alcuni usino il metro cubo , i russi vorranno usare la loro
unità di misura, che non ricordo ora più quale sia, gli scandi-
navi vorranno usare la loro e così gli altri ed allora invece di
una semplificazione, quale sarebbe certamente desiderabile se il
sistema metrico decimale fosse adottato da tutti, ingenereremm o
una confusione tale che non ci comprenderemmo più.
Vorrei poi osservare all'ing. Ghirardi che nella sua proposta
di adottare come misura dell'attitudine rimunerativa dei basti-
menti la portata in peso che non la capacità in volume , egli
si è mostrato forse un poco unilaterale, come si mostrano tutti
coloro che, come lui, hanno la fortuna di esssere armatori e
specialmente armatori di navigli da carico. Il naviglio mercan-
tile non è costituito solamente da bastimenti (e in Italia, oserei
dire, nemmeno principalmente) da bastimenti mercantili da ca-
rico, ma da bastimenti di servizio misto e da passeggieri , per
- 590

i quali l'attitudine rimuneratrice è data da ben altri elementi


che non siano nè la sola portata in peso, nè la sola capacità in
volume, ma tra i due mali sarebbe meglio continuare a servirsi
della capacità interna dello scafo , non per altro che perchè è
più facile ad essere accertata. In ogni modo fino a che gli Stati
non si mettano d'accordo ed accettino un criterio di misura, in
relazione all'attitudine rimuneratrice, migliore e più adatto per
noi, è perfettamente inutile occuparsi della questione ed introdurre
delle novità che non avrebbero valore che in casa nostra. (Ap-
provazioni).

ARENA. ―― Nella mia qualità di perito stazzatore e di perito

delle Capitanerie di porto, sono molto grato all'ing . Barberis


che abbia sollevato questa importante questione , facendo delle
osservazioni giustissime. Ma la questione dei periti delle ca-
pitanerie di porto è molto complessa , e siccome non abbiamo
molto tempo disponibile, credo che sarebbe bene venga studiata
dal Collegio e rimessa ad altro Congresso. L'ing . Ghirardi ha
già detto che i periti stazzatori non sono più nominati dall'ar-
matore. Ed invero in base al R. Decreto 10 Marzo 1910 il pe-
rito stazzatore è designato volta per volta dal Capo del Com-
partimento o del Circondario marittimo. Ma debbo osservare che
il regolamento per la stazza è complicato in alcuni punti e non
privo di incertezze ; tanto è vero che dà luogo a interpretazioni
diverse fra i varii periti. Ritengo perciò necessario renderlo più
chiaro e più esplicito.

Entra nella sala S. E. LEONARDI CATTOLICA Ministro della


Marina al quale viene immediatamente ceduta la Presidenza.

BENVENUTI. - Avendo l' egregio ing. Scribanti , colla sua


alta competenza , esaurientemente trattato l'argomento che io
intendevo di svolgere, circa la poca praticità di adottare il si-
stema di riferire alla portata in peso morto il tonnellaggio dei
bastimenti , non ho nulla da aggiungere. Mi permetto soltanto
di osservare all'ing. Ghirardi che egli, in certo modo, colla sua
proposta , si rende , non il difensore , ma l'oppressore della ma-
591 -

rina mercantile da carico, inquantochè i vapori che trasportano


passeggeri , a parità di portata in peso morto utilizzano per
scopi commerciali uno spazio molto maggiore di quello che
non utilizzino i bastimenti da carico.

LAURENTI. - Il sistema della stazza lorda, del quale ha


parlato l'ing. Barberis , è meno peggio di quello che si creda.
La legge dei premi della marina mercantile dà un premio per
la stazza lorda, quindi il conflitto del quale il relatore ha par-
lato si svolge fra costruttore ed armatore, perchè il costruttore
ha interesse di gonfiare la stazza, mentre l'armatore ha l'inte-
resse opposto, perchè paga in base al numero delle tonnellate
di stazza. Difatti io , non armatore , ma chiamato come perito
per conto della marina posso dichiarare che quando si applica,
nel modo come stabilisce la nostra legge, la stazza Moorsom ,
conflitti non possono sorgere . Infatti che cosa aveva fatto il
costruttore? Aveva calcolato la stazza, integrando le sezioni .
Il planimetro non è ammesso dalla legge della stazza. L'altro
invece aveva misurato come stabiliva la legge , tenendosi forse
un po' scarso nelle misurazioni. Tutto dunque dipende dal modo
come è interpretata la legge, ma se i periti stazzatori, ripeto,
la interpretano bene, conflitti non possono sorgere perchè si
tratta soltanto di prendere delle misure in un dato modo, fare
dei calcoli semplicissimi ed ottenere un prodotto.
Convengo nell'unità di misura , ma date le gravi difficoltà
di ottenerla, credo che senza inconvenienti si possa adottare la
proposta Barberis.

GHIRARDI . Ha detto l'ing. Benvenuti che la mia propo-


sta opprimerebbe la marina per ciò che riguarda il trasporto
dei viaggiatori . Ma a me sembra che sia tutto il contrario
perchè se paragonassimo la stazza a quello che la nave porta e
pagassimo sopra la portata in peso misurata col polidrometro
i vapori dei passeggieri sarebbero avvantaggiati , perchè arrivano
molto leggieri . Quindi non pagherebbero sulla stazza lorda che
hanno a bordo , ma arrivando con un carico di merci leggere ,
sono avvantaggiati ancora pagando sul peso.
A 592

UNA VOCE. Anche troppo.

GHIRARDI. Spero quindi che il Benvenuti si vorrà ricredere.

BENVENUTI. - Ma il tonnellaggio non può essere una quan-


tità variabile viaggio per viaggio. Noi entriamo nel concetto di
dare un premio sul peso trasportato ed andiamo in un altro
ordine di idee. Il tonnellaggio risulta da un certificato che è
qualche cosa di internazionale e di immutabile. (Interruzioni).
Qui parliamo come ingegneri di quella che può essere la
misura migliore del tonnellaggio. Aggiungerò di più che ba-
stimenti da passeggieri e specialmente i grandi transatlantici
moderni di lusso, hanno grande volume sopra coperta e quindi
non hanno un rapporto molto alto del volume utilizzato ri-
spetto al peso morto trasportabile, e questi sono dei volumi an-
cora più redditizi .

ORLANDO SALVATORE. Io sono un po ' colpevole essendo


stato io il relatore dell'ultima legge, ma devo ricordare che col-
l'antica legge di stazza a causa delle differenze di misura sulla
stazza inglese, i nostri armatori che viaggiavano in Inghilterra
erano sottoposti a pagare, a sopportare nuove spese per farsi ri-
stazzare colà. L'unificazione della stazza porta un vantaggio agli
armatori ed un danno al Governo, specialmente per l'esclusione
del doppio fondo dal computo del tonnellaggio netto.
Oggi il primo passo si è fatto, perchè quello che necessitava
era di unificare il più che fosse stato possibile la misura della
stazza. È inutile fare delle proposte. Noi dobbiamo in questo
seguire l'Inghilterra e se non andremo d'accordo con questa
Nazione non credo che sia per noi conveniente fare cambiamenti
di carattere indipendente della nostra misura di stazza. Il me-
todo del peso reale non è possibile perchè tutti i bastimenti da
passeggieri, non del nord di Europa, soltanto, ma anche d'Italia
ritraggono gran parte, anzi la maggior parte dei loro guadagni
dai passeggieri, ed il passeggiero non fa peso. Ci sono dei ponti
che possono considerarsi vere stive e frattanto non stazzano
nulla . È impossibile perciò accettare la proposta Ghirardi .
- 593

La media della tonnellata di stazza di 2,83 è quella che


tiene conto di tutte queste diverse forme di carico, passeggieri ,
merci pesanti e merci leggere ed io dico che fino a che non ci
sia un'unificazione generale, che sola può venire da un Con-
gresso internazionale a noi non convenga mutare nulla ma con-
venga invece lasciare le cose come stanno.

MONTICELLI. - La questione della stazza è abbastanza im-


portante ed io ricordo di avere seguito una controversia tra pa-
recchi stazzatori, perchè le difficoltà di prendere delle misure
esatte, fanno sorgere gravi divergenze. Colla stazza vogliamo
arrivare in via indiretta a misurare la nave . Sarebbe molto più
semplice misurare la capacità interna, qualunque sia la nave e
solo in questo senso si potrebbe venire ad un voto da portarsi
avanti alle autorità.
In quanto a cambiare la misura di stazza , non mi pare
che abbia importanza , tanto più che la misura è determinata
dagli inglesi, i quali non hanno voluto accettare il sistema me-
trico per le altre misurazioni e non lo accetterebbero neanche
per questa. E poi mettersi sulla via di ottenere che la capacità
vera dei locali occupati dalle merci dia il volume dei trasporti
mi sembra un'iniziativa da potersi prendere.

SCRIBANTI . -- Io non potrei seguire l'ing. Monticelli nella


sua proposta ; a prima vista essa può avere qualche apparenza
ma esaminata attentamente, essa diventa illusoria. Che cosa si-
gnifica misurare la capacità vera degli spazi che possono ser-
vire alla collocazione delle merci ? Significa eseguire un' opera-
zione geometrica la quale , comunque la si esegua , può essere
condotta con molteplici mezzi , tutti aventi una diversa appros-
simazione. Bisognerebbe che la legge ed il regolamento sulla
stazza introducessero un metodo di misura e dicessero , per e-
sempio, che le carbonaie o le stive si misurano applicando una
certa regola geometrica circa la misurazione di un volume.
Ora che cosa fa la legge internazionale sulla stazza , ossia la
legge inglese ? Dà delle norme precise, molto ben definite, circa
la misurazione dei volumi . Può darsi che queste regole non
594-

siano tali da soddisfare il geometra, il rigore tecnico dell'inge-


gnere, ma hanno questo di buono o, almeno , lo avevano fino
a due anni fa , che erano precise e perfettamente identificate
nella loro portata. Era detto : il perito stazzatore deve essere
un puro e semplice istrumento ; andare a bordo , rilevare degli
elementi in questo dato modo, prenderli, moltiplicarli per certi
coefficienti, sommarli eseguire certe divisioni fino alla tale de-
cimale , ed il risultato delle sue operazioni sarà un numero che
si chiamerà tonnellaggio del bastimento. Il Monticelli vorrebbe
invece che il perito si ricordasse di essere non uno strumento
esecutore di quello che è prescritto, ma un vero e proprio geo-
metra nel senso più stretto della parola e prendesse le misure
più precise possibili . E così avremo un perito che si contenta
di applicare la regola dei trapezi , un altro che vorrà quella
delle parabole cubiche ed un altro che andrà più in su. Ma
tuttociò non servirebbe a nulla , entreremmo nel caos e , sotto
questo punto di vista, mi pare che la sua proposta non meriti
di essere adottata da parte della nostra assemblea. Deploro anzi
che nelle ultime modificazioni fatte ai regolamenti sulla stazza
sia stato per via traversa, alterato il carattere del perito stazza-
tore, introducendo un inciso che non esisteva nel vecchio rego-
lamento ; è l'inciso che dice, in sostanza , questo , che nei casi
dubbi , il perito stazzatore, dovrà fare quanto sta in lui, perchè
la misura riesca precisa il più possibile ; questo altera la legge
perchè sostituisce il criterio dello stazzatore alla legge.

MONTICELLI. - Noi adesso siamo costretti a fare delle mi-


sure difficilissime che danno luogo a contestazioni, specialmente
quando bisogna stabilire a qual tipo devono servire. La lun-
ghezza dei ponti, i fondali, i boccaporti sono quelli che, per due
o tre centimetri , volta per volta possono dare maggiormente
luogo a contestazioni. Il regolamento dà delle norme fisse, bene
prescritte per misurare i locali dove sono le merci che devono
essere trasportate.

SCRIBANTI . Le deduzioni riguardano in genere locali che


sono parallelepipedi o molto prossimi ad esserlo ed i locali , oc-
- 595 -

cupati dalle merci sono di forma tale che chiedono l'applica-


zione di regole più complesse .

IGNARRA. Desiderei spiegare il concetto del collega Monti-


celli che non mi pare sia stato interpetrato esattamente. Il fatto
di voler misurare bene i locali che contengono merci non mi
pare che fosse nel concetto dell'ing. Monticelli. Egli diceva : fate
astrazione della lunghezza e misurate la stazza mediante la
capacità dei locali che contengono merci. Questa capacità non
è detto che sia all' arbitrio dello stazzatore, ma si potrà deter
minaro mettendo nella legge e nel regolamento delle norme
precise (Commenti).

DE MARINI. Si parla di misurare esattamente i locali che


dovrel bero servire come stazza netta, e si trascura che abbiamo
bisogno anche di quella lorda ed allora la stazza lorda dove va ?
Certi diritti devono essere pagati sulla stazza lorda e non si
potrebbe adottare questo sistema. Dobbiamo cominciare dalla
stazza lorda e fare poi le deduzioni .

BARBERIS. -- Avevo detto che ritenevo utile che l'unità di


misura fosse il metro cubo ed in questo senso intendevo di
fare una proposta formale. Ma dopo la discussione avvenuta mi
astengo dal farla perchè qualora , come è certo , fosse respinta
da questa assemblea, la questione sarebbe pregiudicata.

LEONARDI CATTOLICA, presidente. Avendo l'ing. Barberis


ritirato la sua proposta e non essendovene altre , questo tema
s'intende esaurito.

LEONARDI CATTOLICA, presidente. - Passiamo ora alla me-


moria dell' ing . Maggiore De Vito sul Salvataggio della R. N.
San Giorgio.
Invito l'ing. De Vito a riferire.

DE VITO. Premetto che non faccio una conferenza scien-


tifica, ma una semplice comunicazione narrativa e descrittiva.
(Legge ed illustra la sua relazione). (V. pag. 277 ) .
- 596

ORLANDO SALVATORE . Abbiamo assistito a questa interes-


santissima comunicazione dell' ing. De Vito ed abbiamo visto
con grande stupore i danni prodotti dall'investimento sullo scoglio
di Marechiaro della nave San Giorgio. Questi danni così gravi
giustificano le difficoltà del salvataggio pel quale grande fu
l'ansia del paese intero e rendono maggiormente meritoria l'o-
pera, in primo luogo dell' on. Leonardi Cattolica il quale , di-
mentico della sua posizione politica, ha voluto assumere una
responsabilità che non era la sua, ben sapendo che, per riuscire
nelle cose, una sola via è da seguire, quella di andare di per-
sona e assumere delle responsabilità. Un mese di fatiche è stato
coronato dal migliore dei successi , e creda, on . Ministro, il paese
le sarà grato di avere conservato alla marina ed alla nostra di-
fesa marina questa bella nave, che in questi momenti special-
mente è preziosa. (Applausi).
Non rappresento qui il Parlamento, ma come unico deputato
in questa assemblea, credo di poter dire, anche a nome dei miei
colleghi, che ella ha ben meritato della patria, e dobbiamo ri-
cordare i suoi collaboratori, l'ing. Valsecchi capo del Genio na-
vale, il quale pure ha passato lunghe giornate a bordo di quella
nave, il colonnello Ferrati e l'ing. De Vito sempre presenti du-
rante il salvataggio; calcolando, studiando e provvedendo a tutti
i mezzi per riuscire nell'intento. Debbo anche tributare parole
di lode e segnalare alla gratitudine del paese gli ingegneri di
Castellammare e di Napoli, il Brunelli, il Glejeses, il direttore
dell'arsenale di Napoli e tutti gli altri appartenenti alla marina
navigante o ad altre categorie di cittadini che colla loro opera
e col loro consiglio hanno cooperato a questa ardua impresa.
Compiuto questo atto di dovere , sentito da tutti noi , rin-
grazio, ora a nome del Collegio, l'ing. De Vito, per la sua tanto
attesa e così attentamente ascoltata esposizione, e rivolgo all'On.
Ministro una preghiera. Non sappiamo che cosa avverrà di que-
sta relazione che a noi è stata prima comunicata ; io chiedo il
permesso di pubblicarla negli Atti del Collegio , almeno in
quella parte che può essere resa di pubblica ragione. Il Colle-
gio sarebbe ben lieto ed onorato di rendere pubblica questa co-
municazione che sarebbe accolta col più vivo interesse dal paese
- 597

e dai tecnici italiani. E termino, rinnovando i ringraziamenti


del Collegio e di tutti all'On. Ministro ed ai suoi collaboratori .
(Vicissimi applausi).

LEONARDI CATTOLICA , presidente. Ringrazio l'On. Orlando


delle parole molto lusinghiere e cortesi da lui rivolte alla mia
persona. Io ho fatto ben poco. Recandomi sul posto , ove era
avvenuto quel disastro così grande per la nostra marina , ho
creduto di non fare altro che il mio dovere. Ho ubbidito ad un
impulso professionale, all'impulso del marinaio , senza preoccu-
parmi di altro. E stando sul posto, ho vegliato , diretto i lavori
molto dall'alto ; perchè quelli che hanno realmente lavorato et
portato un efficace concorso, sono stati i miei collaboratori , tanto
nel campo dell'ingegneria navale, a cominciare dall'ing. gene-
rale Valsecchi fino all'ultimo tecnico , quanto nel campo mari-
naresco , comprendendo tutti , anche gli equipaggi delle altre
navi che sono stati sul posto fino al momento del disincaglio ,
comandanti e marinai, questi ultimi, senza sapere che, col pic-
colo loro lavoro individuale , contribuivano potentemente al ri
sultato finale.
In quanto al desiderio espresso dall' On . Orlando , non solo
non ho difficoltà a permettere che questo lavoro sia pubblicato
ma anzi desidero che sia reso pubblico , perchè sia meglio co-
nosciuta, anche fuori del campo strettamente militare , l'opera
di salvataggio compiuta, sia perchè è bene che il paese sappia
che cosa sappiamo fare, quando le necessità si impongono , sia
perchè anche all'estero sia conosciuta tutta l'importanza del la-
voro tecnico eseguito. (Applausi vivissimi e prolungati che si
ripetono allorchè il Ministro si allontana dalla sala).

Presidenza dell'On . SALVATORE ORLANDO.

PRESIDENTE. Restano ancora da discutere quattro comu-


nicazioni : « La propulsione a getto » , « Bordo libero e robu-
stezza di scafo » , « L'ingegnere navale nella vita industriale
della nave » e « Le riparazioni nacali e gli apparecchi ossi-ace-
tilenici » . Purtroppo , qalche deficenza si è manifestata in questa
598

prima riunione, abbiamo avuto un numero tale di comunica-


zioni, giunte anche, ma non per colpa nostra, con grandissimo
ritardo, che siamo arrivati all'ultimo momento del tempo asse-
gnato al nostro Congresso, mentre ancora ci resta molto da di-
scutere. Sono già le 11 e mezza. Anche arrivando al tocco, non
faremmo a tempo a terminare tutto. Nè possiamo tenere un'al-
tra seduta oggi, perchè alle 16 abbiamo il ricevimento al Co-
mune, e alle 19 e mezza c'è la partenza per Napoli . Quindi
con mio grande dispiacere sono costretto a chiedere agli egregi
relatori , presso i quali mi scuso, di avere la cortesia di non ri-
ferire, lasciando che le loro relazioni siano semplicemente stam-
pate nella pubblicazione degli Atti del Congresso . Aggiungo
che vi è un'altra comunicazione presentata in questo momento
dall'ing. Rabbeno, sui dirigibili e velivoli come esploratori mi-
litari , al quale avevamo fatta una mezza promessa di trovargli
un ritaglio di 10 minuti per la discussione. Anche questa sarà
pubblicata negli Atti del Collegio. Se vi è un'eccezione a fare
la farei per la comunicazione con proiezioni dell'ing. Lojacono.
Ma sempre a causa della ristrettezza del tempo propongo che
si facciano le sole proiezioni, concedendo al relatore soltanto di
dare alcune sommarie spiegazioni. Per conchiudere , quindi ,
poichè vedo che nessuno si oppone , resta stabilito che tutte le
altre memorie siano pubblicate nel resoconto , e che si proceda
ad una esposizione sommaria della memoria dell'ing. Lojacono.
(Interruzione dell'ing. Soliani).
Aggiungo, come anche il collega Soliani mi osserva , che se
qualcheduno avesse da fare delle osservazioni sulle memorie che
saranno pubblicate dovrà inviarle per iscritto alla direzione del
Collegio per essere anch'esse pubblicate come discussione avve-
nuta.

GHIRARDI. - Vorrei che dopo la relazione Lojacono si po-


tessero esprimere dei voti come risultato finale.

PRESIDENTE. Se l'egregio collega Ghirardi non mi avesse


preceduto avrei aggiunto che ho pregato i colleghi relatori di
non fare le loro comunicazioni, appunto per dare tempo al Con-
- 599 -

gresso di venire alle sue ultime deliberazioni conclusive di


questo Congresso e voti per i Congressi futuri .

(Vengono eseguite le proiezioni con rapide spiegazioni del-


l'ing. Lojacono sul sistema di saldature ossi-acetileniche). (Ap-
plausi).

PRESIDENTE. -Nessuno chiede di parlare ? (Pausa).


Allora non mi resta che ringraziare l'ing. Lojacono della
bellissima comunicazione, nella quale dimostra a quali risultati
veramente meravigliosi siamo giunti con questo sistema di sal-
dature ossi-acetileniche. Sono pienamente d'accordo col Lojacono
nella sua conclusione, che questo sistema sia veramente utile
per riparazioni di caldaie e di lamiere, ma io ritengo che sa-
rebbe azzardato di adoperarlo per grossi pezzi di acciaio, timo-
ni, assi ecc. , per i quali una saldatura mancata potrebbe por-
tare a gravissime conseguenze .
E con questo i nostri temi sono esauriti. (Applausi).
Ed ora, ringraziando di nuovo gli altri ingegneri che hanno
cortesemente consentito a non svolgere le loro memorie che sa-
ranno pubblicate insieme con le eventuali confutazioni ( che sa-
ranno però prima comunicate ai relatori stessi ) passiamo alla
trattazione di alcuni oggetti relativi al Collegio.

SOLIANI. Tutti sappiamo il solco profondo che il compianto


Benedetto Brin ha lasciato nell'ingegneria navale, tanto nel
campo dell'ingegneria pura, con la concezione geniale di nuovi
tipi di navi che segnarono il principio delle grandi Dreadnoughts
monocalibre, quanto nell'ingegneria industriale con l'impulso
da lui dato alla creazione di stabilimenti industriali che ci
hanno permesso di redimere l'industria navale italiana dalla sog-
gezione straniera. Basterebbe questo per renderlo meritevole della
nostra gratitudine. Ma in relazione al Collegio egli ha un altro
titolo di merito ed è il suo interessamento nei riguardi del col-
legio nostro.
Egli fu uno dei primi a sentire l'utilità e la necessità di
creare in Italia un istituto che mettesse la nostra marina al pari
- 600 -

di quella delle altre nazioni che hanno da tempo istituzioni si-


mili per promuovere il progresso dell'industria navale. Il mag-
giore macchinista signor Onetto mi ha esternato il gentile pen-
siero che il nome e la memoria di Benedetto Brin siano ricor
dati da noi prima di scioglierci ed io, con animo commosso, ho
immediatamente accettato di rendermi interprete della sua idea ,
convinto d'interpretare degnamente anche l'animo vostro ; e con
il pieno consenso del nostro Presidente mi onoro di proporre che
prima di separarci sia espresso un tributo di affetto alla memo-
ria del compianto Benedetto Brin. ( Vivi applausi).

PRESIDENTE. - Mi associo pienamente alle parole del col-


lega Soliani. Il nome di Benedetto Brin oramai è legato alla
storia. Chiunque ha vissuto nell'industria navale ricorda sempre
con grande venerazione questo nome. Egli fu il creatore, il genio
dell'industria navale e siderurgica italiana. Questo dobbiamo ri-
conoscere noi adesso come già lo ha riconosciuto il paese. Egli
fu l'iniziatore della nostra flotta. Egli come ha detto il collega
Soliani fu colui il quale 30 anni fa ideò il tipo Dreadnought.
Il Duilio, il Dandolo, l'Italia, la Lepanto, sono ancora là ed io ho
avuto occasione di dichiararlo ultimamente anche nelle ultime
riunioni inglesi di fronte a tutti i tecnici inglesi e lo hanno
riconosciuto gl'inglesi stessi per bocca dei loro tecnici, a ricor
dare sempre l'opera di Benedetto Brin. Era il momento in cui
la marina italiana, sotto il suo impulso ed anche sotto quello
del Saint Bon, ebbe con quelle navi tutto un nuovo avviamento,
per il quale la nostra marina si pose alla testa delle marine
europee. Credo che tutto il Collegio debba essere grato al pen-
siero del maggiore Onetto ricordando questo grande uomo che
tanto ha fatto per il nostro paese, per l'industria siderurgica e
per la nostra marina. ( Applausi).
Veniamo ora a trattare di alcuni interessi relativamente al
congresso.

LATTES. Io non sono iscritto al Collegio, ma approfitto di


questo momento per manifestare la mia riconoscenza per l'invito
di cui il presidente del collegio mi ha onorato. Questo invito
- 601 -

non è diretto alla mia persona, ma alla qualità che io rivesto


di presidente dell'associazione degli ex allievi della scuola di
Torino. Quest'onore è grandissimo perchè il congresso degli in-
gegneri navali dimostra di riconoscere in questa nuova associa-
zione una rilevante importanza. Ora l'associazione degli inge-
gneri del Valentino non è estranea a questa riunione in quanto
che molti di voi, presenti ed anche assenti, sono usciti da quella
scuola. Fra i presenti citerò il Meana, il Barberis, il Russo, lo
Scribanti e fra i più anziani il Cuniberti, cioè tutta una schiera
di giovani e vecchi ingegneri navali. A nome quindi dell'asso-
ciazione che rappresento, ringrazio dell'invito gentile tanto più
che ho assistito ad una serie di discussioni interessantissime e,
poichè l'associazione si è fatta promotrice del cinquantenario del
Valentino, per la quale occasione ha coniato una medaglia com-
memorativa , mi onoro di fare omaggio di una riproduzione di
questa medaglia al Collegio degli ingegneri navali consegnan-
dola al presidente del collegio stesso, come pegno della cordiale
solidarietà che lega tutti gl' ingegneri italiani. ( Virissimi ap-
plausi).

PRESIDENTE. - Ringrazio anche a nome dell'intero collegio


il comm. Lattes per il suo atto veramente gentile, col quale ha
voluto portare questo dono, che ha un doppio valore per noi ,
quello di rafforzare maggiormente i sentimenti di amicizia dei
colleghi ingegneri di tutti i rami, usciti dalla scuola del Va-
lentino e di farci ricordare che questo atto si compie in questo
anno sacro alla patria come ricordo della proclamazione di Roma
Capitale d'Italia, avvenuta appunto in quella città che è sede
di quella scuola .
Rinnovando quindi i miei ringraziamenti anche a nome di
tutto il collegio chiudo queste mie brevi parole. (Viri applausi).

FERRATI. Dirò due parole come socio e vorrei avere la


parola molto più facile ed adorna per poter esprimere quello che
sento nel cuore. Credo di essere interprete dei sentimenti di
molti di noi dicendo che dobbiamo essere molto debitori all'at-
tuale nostro Presidente del grado al quale è assurta in questi
602 -

giorni la nostra associazione. Io ho avuto recente occasione di


essere a Londra ad assistere al congresso inglese e posso assi-
curare che il nostro può stare alla pari con quello. Non avrei
mai immaginato che in Italia, in così poco tempo , il nostro
istituto potesse assumere l'importanza che sta per assumere e
questa importanza del presente congresso oltrechè a tutti i membri
della presidenza è dovuta particolarmente alla competenza ed
alla attività del nostro Presidente. Mi permetto quindi di pro-
porre un voto di plauso, quale veramente merita , al nostro be-
nemerito Presidente. ( Applausi vivissimi. Tutti i congressisti si
alzano in piedi,.

-
ORLANDO S. , presidente. Sono veramente grato all ' ing. Fer-
rati e all'assemblea degli applausi che mi hanno voluto tributare.
Però debbo dire che il merito della riuscita di questo Congresso
non è mio. Io non vi ho portato che quell' attacco alla professione
che tutti nutriamo. Ma voi ci avete portato lo studio, ci avete
portato delle comunicazioni così importanti che hanno innalzato
il livello di questa nostra riunione veramente ad un grado non
inferiore di quello del Congresso inglese. Non è quindi a me
che va l'applauso ma a voi del Genio Navale che avete sempre
studiato, ed alla industria privata che in questi ultimi anni ha
dimostrato anch'essa di studiare e di uscire da quello che per
il passato era un po' empirismo e adesso è invece studio e teoria.
A voi quindi la gratitudine nostra e di tutti i convenuti. Ri-
torco quindi l'applauso a tutti coloro che hanno presentato
delle comunicazioni , che hanno preso parte alla discussione , a
coloro, che, come spero , nelle future riunioni vorranno presen-
tarcene di nuove. ( Applausi).

GHIRARDI. w Associandomi a quanto ha detto il comm.


Lattes, circa l'Università di Torino e gli ingegneri usciti da
quella Scuola, sento il bisogno di mandare un saluto all' alma
madre di tutti che è la Scuola Navale che ci ha dato il batte-
simo , che sta nel cuore di tutti e alla quale tutti desideriamo
che assurga sempre a maggiore grandezza. Ed all'intento di
rendere questi studi di ingegneria navale veramente corrispon-
- 603 -

denti ai bisogni di una grande nazione che si avvia ad uno


sviluppo mercantile, che faccia l'Italia prosperosa nei traffici
marini, così propongo che il Congresso, facendo eco a quanto
ha detto il Presidente, voti il seguente ordine del giorno :

« Il Congresso, facendo eco a quanto ha affermato il Presi-


<< dente del Collegio degli ingegneri navali sulla necessità che
«< i Ministeri d'Istruzione e della Marina largheggino di mezzi
« a pro' dell'incremento dell'istruzione superiore navale, fa voti
« che non sia più oltre ritardata la adozione di una riforma
« degli istituti di Istruzione nautica , riforina che è stata og-
« getto degli studi di una apposita Commissione Reale » .

Mi sia permesso di esprimere un altro voto relativo al Re-


gistro Nazionale Italiano e cioè che :

« II Congresso Nazionale di Ingegneria Navale e Meccanica


<<
<
«< constatate le deficienze tecniche del Registro Nazionale Ita-
liano , sia riguardo al regolamento tecnico , sia riguardo al-
« l'organizzazione, fa voti che presto sia compilato un regola-
<
« mento particolarmente soddisfacente ai bisogni della nostra
<< marina mercantile e che tutto l'istituto sia messo in condi-
«
< zioni di poter funzionare con piena soddisfazione degli inte-
« ressi generali e senza alcuna tendenza particolare » .

PRESIDENTE . - Metto in discussione in primo luogo l'ordine


del giorno relativo all'insegnamento nautico e superiore in Ita-
lia del quale dò di nuovo lettura. (legge).

FERRATI. - Essendo stato capo dell'ufficio tecnico di Genova


per qualche anno, ho avuto frequenti occasioni di constatare lo
stato della Scuola Navale e ho dovuto convincermi che, come in
tutte le cose, la parte finanziaria anche là è capitale e credo
che sia della massima importanza che sia fatta al più presto
qualche legge (non so quello che precisamente occorra) per
darci maggiori fondi perchè questo insegnamento segni un con-
tinuo progresso e dia un'efficienza anche maggiore di quella a
cui l'hanno portata gli attuali reggitori degli istituti superiori
navali.
- 604 -

PRESIDENTE. - Nessun altro chiedendo di parlare metto in


votazione quest'ordine del giorno del quale già ho dato lettura.
Osservo che tutte le volte che si discusse il bilancio della
marina ho chiesto un aumento di stanziamento per la Scuola
Navale, che è di sole 10.000 lire, ma non sono mai riuscito ad
ottenere di più.
Il Ministero della Pubblica Istruzione stanzia a questo uopo
35000 lire, ma è sempre una somma molto limitata. Credo
quindi che un voto del Congresso possa essere utile a qualche
cosa.
(L'ordine del giorno è votato per acclamazione).
Viene ora in discussione l'altro ordine del giorno presentato
dal Ghirardi. (Legge).

SOLIANI. - A me pare che la proposta Ghirardi esorbiti un


po'. Non vi è stata nessuna comunicazione al Congresso sul Re-
gistro Italiano e perciò se l'ingegnere Ghirardi desidera un voto
su questo argomento, bisognerebbe che nel prossimo Congresso
presentasse un' apposita memoria. Le sue idee saranno giustis-
sime ed io, in gran parte, le approvo, ma un voto sarebbe pre-
maturo perchè stabilirebbe in certo modo a priori la manche-
volezza di questo istituto all'ordinamento del quale hanno con-
corso tutte le autorità della Marina a cominciare da S. E. il Mi-
nistro , da S. E. il Presidente del Consiglio Superiore della
Marina Mercantile e dal Direttore generale della Marina Mer-
cantile.
Prima di condannare quest' opera ci vuole una base di cri-
tica. Credo quindi che se l'ingegnere Ghirardi, che ne conosce
le manchevolezze, ne facesse oggetto di una sua memoria , in
quella si potrebbe formulare un voto ; sono perciò contrario al-
l'ordine del giorno.

GHIRARDI. Avrei sviluppato più ampiamente il tema se


avessi avuto il tempo e mi riservavo di parlare di quest'argo-
mento nella discussione della memoria dell'ing. Bernati che non
è stata più fatta. D'altra parte credo di aver messo in rilievo
certe piccole divergenze che esistono nel registro nazionale ita-
605

liano, nei collaudi . Vi sono molte manchevolezze ed il regola-


mento come è fatto oggi non è che la brutta copia di quello
della British Corporation. Mi auguro che si venga ad una ri-
forma perchè da due anni il Registro è in esercizio , il regola-
mento vige tal quale è tradotto malamente e come era nello stato
primitivo. Delle sue manchevolezze vorrei che si tenesse conto
per fare uno studio di sollecita riforma.

SOLIANI. Tutto quello che ella ing. Ghirardi dice è per-


fettamente giusto ed esatto ed è stato sentito prima di lei , da
tutti quanti hanno contribuito alla formazione del nuovo re-
gistro italiano.

GHIRARDI. - La ringrazio.

SOLIANI. Ed io sono stato uno di quelli che hanno com-


battuto per questa idea. Ma ci sono state altre circostanze d'in-
dole pratica e contingente che hanno obbligato ad accettare
il regolamento della British Corporation. E fummo tutti con-
cordi nel concetto di accettarlo soltanto in via provvisoria per
due anni per metterci in grado di iniziare subito la vita del
nuovo Registro. Fu ripeto questione di opportunità , ma tutti
siamo d'accordo nel suo pensiero che bisogna dare un carattere
essenzialmente italiano al registro nazionale , perchè , che sia
nazionale, che si chiami italiano, e sia fatto sulla falsa riga di
un registro forestiero, non è cosa da tollerarsi . (Virissimi ap-
plausi). Si deve rimediare a questa deficienza , ma è necessario
di dare tempo al tempo.

ORLANDO , presidente. Sono stato uno degli oppositori della


fucilazione del vecchio registro italiano, che doveva essere rifor-
mato ma non linciato come è stato fatto . Ma ora che il fatto
è compiuto ed abbiamo un registro, non dobbiamo far voti che
possono offenderne il progresso . Modifichiamolo ma non cerchiamo
di esautorarlo.
L'attuale registro italiano ha due bisogni , uno di rendersi
esclusivamente italiano, l'altro di rendersi non indipendente dai
-606-

tecnici dei cantieri che vi debbono entrare , ma indipendente-


mente dalla influenza dei tecnici dei cantieri perchè altrimenti
si sveglierebbe la diffidenza degli armatori . Questo nell'interesse
dei costruttori e del registro , e quindi se l'ingegnere Ghirardi
vorrà in una prossima riunione anche aggiungere qualche schia-
rimento o portare una comunicazione la quale venga ad un
pratico risultato, la discuteremo e la faremo votare.

GHIRARDI. - Ringrazio con tutto il cuore ed applaudo con


entusiasmo alle sante e nobili parole pronunciate da Soliani e
dall'On . presidente Orlando , il quale tanto si adopera perchè
la nostra marina sia portata a quell' altezza di cui è capace.
Dopo queste parole credo che l'azione del congresso sia inte-
grata in un pensiero unico che occorre venire ad una modifica-
zione del registro, e perciò ritiro il mio crdine del giorno.
(Bravo ! Applausi).

PRESIDENTE. - Avendo esaurite tutte le materie, ripetendo


il ringraziamento già fatto il giorno dell'apertura di questo
Congresso, alla Società degli ingegneri ed architetti che ci ha
favorito il locale, dichiaro chiuso il primo Congresso di inge-
gneria navale e meccanica. (Applausi vivissimi . Grida di Viva
il Presidente).

(La seduta termina alle ore 12,45).


I dirigibili e i velivoli come esploratori militari

(Comunicazione presentata dall'ing. G. RABBENO, Capitano del


a
Genio Narale, durante la 5. seduta del Congresso).

Le odierne battaglie africane ridestano interesse vivissimo


sulla aeronautica guerresca, e di nuovo si discute del velivolo
e del dirigibile come di due mezzi di esplorazione militare de-
stinati ad esercitare la loro missione in reciproca concorrenza .
Mi permettano gli egregi colleghi di osservare invece come
una speciale sistemazione già sperimentata dalla Luftverkehr-
gesellschaft di Berlino sul suo dirigibile « Parseval VI », per
scopi puramente commerciali, permetterebbe, se trasportata op-
portunamente nella aeronavigazione militare, di definire il campo
d'azione dei dirigibili e dei velivoli in guerra in modo da ma-
scherare i rispettivi inconvenienti, da esaltare i rispettivi pregi
e da renderli , per gli eserciti , due organi visivi complementari
anzichè antagonisti .
Il dirigibile « Parseval VI » , di medio dislocamento (7000 m³
circa) faceva, qualche mese fa, di giorno servizio pubblico di
trasporto passeggeri e di notte servizio passeggeri e réclames lu
minose. Per questo ultimo scopo, più particolarmente interes-
sante per noi, esso era stato dotato della più potente stazione
elettrica abbia finora, io credo, solcato l'atmosfera. Una dinamo
da 25 HP. , azionata dagli stessi motori di propulsione, dava cor
rente sufficiente per alimentare :
due proiettori doppi da 60 Amp. ciascuno che proiettavand
réclames luminose variabili sui due lati del ventre dell'aerostato ,
tappezzati di bianco su una conveniente estensione ;
un piccolo proiettore di via da 6 Amp.;
una gala luminosa intorno alla navicella, oltre alle lam-
padine di servizio per l'illuminazione interna. I due proiettori
- 608 -

grandi erano sospesi fuoribordo con sartie e buttafuori a circa


8 m. dal piano di simmetria.
Certo il dirigibile réclame della Luftverkehrgesellschaft non
potrebbe servire, così come è, a scopi guerreschi ; ma quale me-
raviglioso esploratore notturno esso potrebbe divenire, con lievis-
sime varianti ! Basta solo pensare di suddividere i 150 Amp. di-
sponibili a bordo fra un proiettore di scoperta da 100 Amp.,
tipo di corazzata , e un proiettore da segnali, di 50 Amp. , fun-
zionante senza disturbare l'altro ; come nel dirigibile tedesco , il
pallone stesso farebbe da schermo, opaco verso il nemico, visi-
bilissimo dal lato opposto, sul quale si possono far apparire agli
osservatori dal proprio campo non solo i soliti segnali luminosi,
ma perfino cifre, scritti e schizzi tracciati al momento su telaietti
di tela lucida. Ho fatto io stesso una navigazione notturna su
Berlino con quel dirigibile, e allora mi apparve evidente quale
debba essere la sola, la vera destinazione in guerra di simili
strumenti.
Come la torpediniera, fragile ma di buona vista, si riserba
per la notte, lasciando al sommergibile, miope ma protetto dalla
sua liquida corazza, l'attacco diurno, così il dirigibile, bersaglio
immenso e delicato, deve cedere al velivolo l'esplorazione sotto
il sole, col concorso di un segretario infallibile, che annota ogni
particolare con la velocità della luce : la macchina fotografica .
Invece il pallone, capace di sollevare da sè la sorgente luminosa
sufficiente al suo scopo ed eclissabile a volontà per eliminare di
colpo ogni sua traccia nelle tenebre, è meravigliosamente adatto
alla esplorazione notturna. Con questa divisione di lavoro non
solo l'impiego strategico di informatori, ma anche quello tattico
di granatieri del cielo, viene per entrambi i tipi grandemente
facilitato.
Non più rivali , dunque, ma cooperanti con alterna vicenda ,
dirigibili e velivoli siano nostre pupille vigilanti e fisse ininter-
rottamente sui campi nemici per tenerli insonni nella tema come
sarà insonne la minaccia.
Ho insistito per parlare non tanto per l'importanza di quanto
devo dire (una semplice e brevissima osservazione), quanto per
affermare sempre meglio il principio che nessuno più di noi
609 --

ingegneri navali e meccanici ha il diritto e il dovere e la pre-


parazione e la competenza per mettersi alla testa della nuova
scienza della navigazione aerea.
E tanto più doloroso mi sarebbe parso l'escludere l'argomento
che apre le porte dell'avvenire dal nostro 1.º Congresso, sedente
in questa Roma cui sembra i secoli abbiano a bella posta la-
sciato intorno una zona denudata, naturale e gigantesca ban-
china di un futuro porto aereo donde non le aquile delle antiche
invitte legioni ma legioni di nuove aquile invitte si irradieranno
di nuovo per destino verso le maggiori conquiste.

"

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