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CAPITOLO 2 La citta opulenta che entra di diritto nella storia 2.1 KATANE, COLONIA DI SOLDATI E POETI La nave dei greci calcidesi solca le acque diretta a nord. Hanno lasciato Na- xos (oggi Giardini Naxos) alle loro spalle, la prima colonia fondata in questa terra al centro del Mediterraneo nella ricerca di nuovi luoghi in cui espandersi. Il vulcano fa un po’ paura, man mano che ci si avvicina. Pid si avvicinano alla costa, pid si avvicinano al vulcano c alle rive nere ¢ frastagliate. Casa é lontana, ma questa terra abitata da divinitd di fuoco e di fiume, cosi fertile e tutta da popolare, forse ne affievolisce la mancanza. B il 729 a.C. Entrare in contatto con la popolazione locale, i siculi, richiede un dispendio di energie tutto sommato modesto: ’area della futura Katane é pressoché disa- bitata, fatta eccezione per pochi nuclei. I greci non si fermano li: nella stessa campagna di conquista si spingono verso l'entroterra, dove fondano Leontinoi (o Leontini, l’attuale Lentini). Ma chi é quel greco dalla fronte alta ¢ fiera che comanda la spedizione? Si chia- ma Evarco e i catanesi lo celebreranno come unico fondatore della loro cit- t&. Tucidide, perd, come anticipato (vedi cap. 1), non sari d’accordo con questa versione dei fatti: “Tucle ¢ i Calcidesi, mossisi da Nasso cinque anni dopo la fon- dazione di Siracusa e cacciati i siculi con una guerra, fondano Leontini e quindi Carania: gli stessi catanesi perd si dettero come fondatore Evarco”, raccontera, a proposito della Sicilia, nel V secolo a.C. Tucle, fondatore di Naxos nel 735 a.C., avrebbe combattuto nella piana di Catania contro i siculi, fondato Leontini e poi Katane. Resta oscuro il perché i catanesi scelgano infine Evarco come fondatore: le ragioni si sono perse nel tempo. Anzi, pid che di fondatore nel caso delle colonie greche @ il caso di parlare di ecista: non & soltanto colui che viene scelto come capo della spedizione di colonizzazione, ma é anche il responsabile della trasmissione degli usi civili ¢ religiosi greci. LA STORIA DI CATANIA Quello che & certo & che le zone scelte per essere abitate anche dagli indigeni, sono poi mantenute anche dai greci, che collocano il cuore della loro colo- nia proprio sulla collina di Montevergine, La cima della collina diventa ’a- cropoli di Katane; a pochissima distanza, agora (all’incirca nell’odierno cortile di San Pantaleone) e, ancora nei paraggi, un’opera la cui sto: delPincredibile: i teatro. ha CORTILE SAN PANTALEONE. Dopo esser staro l'agori della Catania greca, diventa il foro della (Catania romana: se ne pud ancora vedere uno scorcio, ma buona parte de sito ¢ andata smantellaca e perduta, Passando per Catania diversi secoli dopo, gia in epoca alto medievale, nei pressi di quella oggi nota come via Vittorio Emanuele si sarebbe notato un agglomerato di abitazioni rivolte verso il mare, disposte a semicerchio su pitt livelli, intorno a una piccola piazzetta. Uno strano assetto, per non parlare di quella via fatta di arcate, chiamata via Grotte, che taglia da parte a parte questo particolarissimo quartiere. Nelle fonti classiche, si fa riferimento all’esistenza di un teatro greco a Catania: quello in cui Alcibiade, nel 415 a.C., avrebbe tenuto un discorso all’assemblea civica riunita, per convincere i catanesi ad allearsi con Atene contro Siracusa. ‘Turtavia, la strurtura sopravvissuta al tempo sembra essere invece una struttura romana, anche se la posizione di questa (rivolta verso il mare, edificata alla base di una collina invece che in pianura come d’uso romano) tradisce qualcosa delle sue pid remote origini, Vengono allora in soccorso, in un secondo momento, i ritrovamenti archeologici: dei blocchi di pietra arenaria con lettete in greco, nonché i resti di un preesistente edificio teatrale a pianta rettangolare. E cosi che si scopre che il teatro romano sorge su quello che é stato il teatro greco, lo stesso del discorso pubblico di Alcibiade. Quello che si pud visitare opgi, accedendo da via Vittorio Emanuele, il frutto di sbancamenti avvenuti a pitt riprese per liberare il monumento: si pud ancora ve- dere come le case circostanti siano addossate alla struttura, in parte appoggiate su di essa, Per capimne la ragioni, dobbiamo spostare in avanti la lancetta del tempo. Dismessa gid nel VI-VII secolo, nelP Alto Medioevo la struttura viene utiliz- zata per ricavare delle abitazioni e non solo: basti pensare che in quel tempo ci si satebbe poi recati presso ’ex area dell’orchestra per acquistare il pranzo, riadattata questa a macelleria bovina. In epoca rinascimentale vengono anche aggiunte delle strade per attraversare questo insolito quartiere, come la via Grot- te, di cui oggi restano alcune arcate a memoria dell’antica strada. Si continua a costruire sul teatro anche dopo il terremoto del 1693. Sul finire dell’Ottocento, dopo lennesimo abbartimento, la Soprintendenza alle antichiti per Ia Sicilia orientale, allora sotto la direzione di Paolo Orsi (vedi cap. 1), avvia opera di esproprio e liberazione della struttura. Alcune fotografie degli anni ’30 del se- colo scorso mostrano, pers, il teatro ancora “invaso” dalle case: sari soltanto dagli anni ’50 che, a pitt riprese, inizicranno i lavori c le campagne di scavo che, gradualmente, lo hanno riportato alla condizione attuale. Oggi ospita anche PAntiquarium regionale del teatro romano e, specialmente d'estate, torna di tanto in tanto alla sua funzione originale: una cornice suggestiva per concerti € spettacoli, incastonata tra le abitazioni, nel cuore della citta. I greci calcidesi avviano a Catania un'opera di civilizzazione: la dotano di strut- ture, vi introducono il loro modello urbanistico ¢ i loro culti, Diventa cosi polo dattrazione anche per poeti, come Stesicoro (ancora ricordato nel nome di una piazza ¢ da un busto allinterno del Giardino Bellini) ¢ dal suo discepolo Ibico, ¢ culla di altri personaggi storici, come Caronda (VI secolo a.C.), disce- polo di Pitagora. Quest'ultimo @ un famoso storico ¢ giurista di Katane intorno alla sua figura sono fiorite leggende che si intrecciano alla storia e Jo rendono un personaggio memorabile: pare che le suc leggi siano particolar- mente severe e sono da lui stesso seguite con dedizione quasi religiosa al punto che — narra la leggenda — si sia tolto la vita per amore della legge. Il giurista, infatti, ha disposto che nessuno entri armato nei luoghi pubblici, pena la morte. Un giorno, perd, Caronda, in seguito a uno scontro armato, si precipita nell’a- gori a chiedere aiuto ai concittadini, pregandoli che lo seguano in battaglia. Dopo essersi accorto di avere il pugnale alla cintola (e quindi di aver contrav- venuto alla sua legge) con un colpo di pugnale si toglie la vita, rimanendo cosi esemplare fino all'ultimo dei suoi giorni. Da una parte l'agora, in cui si svolge la vita pubblica dei catanesi del tempo, dalfaltra la cited dei morti, la necropoli di Katane. E ancora l'archeologo Paolo Orsi a darci indicazioni sull’ubicazione esata della necropoli greca, rintracciandola nell’area circoscritta da via Enea, via Umberto I, via Caronda e il quartiere Cibali. Quando nel 1923 si scava per le fondamenta del Palazzo delle Poste, in via Etnea (ovvero l’asse stradale che taglia ¢ attraversa tutto il centro storico), vengono ritrovate 17 sepolture e altri edifici funebri del IV secolo a.C. In via Reclusorio del Lume, invece, viene scoperto un ipogeo 31 LA STORIA DI CATANIA contenente urne con i nomi dei defunti in latino ma scritti a caratteri greci. Viene rintracciata anche la sepoltura del gia citato poeta Stesicoro (630- 555 a.C.): si troverebbe, secondo uno studio del 1925 dell’archeologo Guido Libertini, in piazza Carlo Alberto, nascosta all’interno di un ex convento car- melitano, gia allora sede della caserma militare Lucchesi Palli. La scoperta desta grande entusiasmo, destinato tuttavia a spegnersi presto: rimangono dubbi sulla scoperta di Libertini, visto che 'ambiente & di epoca romana, ¢ quindi di un periodo successive. Ancora oggi, la sepoltura del poeta rimane un nodo irrisolto, anche se sembra essere certa la sua morte avvenuta a Catania nel VI secolo a.C. Catania rica di acqua, Catania ai picdi del vulcano, forata da grotte, vicina ai faraglioni: la fantasia dei greci inizia a tessere nuove trame all’interno del mito. Il pantheon greco si arricchisce di una nuova divinita, rappresentata tal- volta come un giovinetto munito di corna, talvolta come un toro androprosopo, ovvero con volto d’uomo, come testimoniano le monete che lo raffigurano nel V secolo a.C. E il dio Amenano, divinita fluviale legata al corso d’acqua mi- sterioso che attraversa la citta, cosi raffigurata ancora oggi nelle fontane di piazza del Duomo. Il vulcano diventa la fucina di Efesto, Etna @ il nome di una ninfa, le grotte accessi agli inferi (vedi cap. 1) e molto altro ancora. Il culto risente anche del periodo siracusano? nel 1959, in piazza San Francesco, viene rinvenuto un deposito di statuette votive, tra cui spicca Kore — 0 Persefone, o Proserpina ~ con la fiaccola. A conquistare Catania, tra il 476 e il 475 a.C., per con- to dei siracusani &, infatti, Gero- ne, sacerdote di Demetra ¢ Kore. Quella di Gerone (o Ierone) @ una vera e propria opera di sostituzio- tini, rimpiazzandoli in‘citta con 10.000 siracusani e coloni del DIO AMENANO. Il pantheon si arricchisce di una divinita locale, legata al misterioso fiume che scorre sotto la citti: il dio Amenano, raffigurato spesso come un giovinetto, presente anche sulle monete del tempo 32 Peloponneso. Katane cambia nome in Aitna, cittd abitata da mercenati ¢ terzo polo di un nuovo triangolo che ha come centro politico Siracusa e una zona, che si pud definire di detenzione, a Lentini. Catania viene rifondata: cambiano le raffigurazioni sulle monete, gli usi, il culto. Morto lapidato per ragioni oscure nel 466 a.C., il tiranno Gerone viene sepolto proprio ad Aitna, in una tomba di tutto rispetto. Dinomene, figlio di Gerone, diventa basiléus (re) di Aitna. Ma per poco tempo. Poco dopo, infatti, gli esuli calcidesi tornano a farsi avanti. Riconquistano cid che era stato loro tolto: sconfitti e cacciati i coloni di Gerone, ridanno il nome originario alla citt e cancellano le tracce del despota siracusano, distruggendone persino la tomba. Cultura, spiritualith, fermento, di stampo greco: utto questo, almeno, fino allarrivo dei romani, quando la citta conoscera un nuovo, e forse pitt alto, mo- mento di splendore. 2.2 LUOMO E LA NATURA CONTRO ROMA Nel 263 a.C., al tempo della Prima guerra punica, Catania viene conquistata dai romani, guidati dal console Manio Valerio Massimo Messalla. A quest ul- timo si lega un episodio singolare: il console rimane stupito nel vedere in citt un orologio solare, ignoto ai romani. Lo fa trasportare a Roma, ma li lo strumento non funziona. E infarti tarato per la posizione astronomica di Catania. Le rivolte contro la presenza romana sembrano venire da due diverse forze: Puomo stesso ¢ la natura, Nel caso del primo, meritano menzione due episodi in particolare. Ul primo, nel 135 a.C., nel corso della Prima guerra servile, La Sicilia vive un momento di crescita economica: la sua forza sono l'agricoltura, il grano, il vino. Ma per ogni latifondista che si articchisce, c’é un manipolo di schiavi che viene sfruttato e la manodopera sembra non bastare mai: continuano ad arrivare schia- vi dalle conquiste romane in Oriente. Tra questi, giunge nelle campagne ennesi Euno, un siriano carismatico ¢ capace di predire il futuro. In uno dei suoi vaticini, si vede destinato a diventare re. Motivato forse pitt di chiunque altro, organiza allora una rivolta, coinvolgendo nella sua personale battaglia altri 400 schiavi con i quali fa irruzione a Haenna, compiendo un massacro di nobili. La voce della strage ennese risveglia gli animi degli schiavi, a migliaia. Le campa- gne si svuotano di lavoratori, che accorrono dal profeta siriano. In poco tempo si forma un vero esercito di uomini che inizia a razziare le campagne ed elegge il suo re: Euno, che da allora in poi si fara chiamare Antioco. La profezia si é compiuta. 33 LA STORIA DI CATANIA A loro si unisce Cleone, con altri 14.000 uomini. Nessuno riuscira a domare la faria degli schiavi ribelli: inviati da Roma, si succedono i pretori Manlio, Len- tulo, Ipseo e il console Gaio Fulvio Flacco, ma senza sucesso, Nel 135 a.C., i ribelli arrivano a Catania: il terribile esercito, che di li a poco, secondo al- cune fonti, sarebbe arrivato a contare 200.000 uomini, travolge e conquista a citta. Dopo Catania é la volta di Tauromenium (Vodierna Taormina), che diviene una delle roccaforti degli schiavi. Dopo esser stati respinti nell’assalto a Messana (Messina, oggi), nel 132 a.C. & proprio a Taormina che vengono infi- ne assediati dal console Publio Rupilio. I ribelli resistono a lungo (arrivando a soffrire la fame al punto da darsi al cannibalismo), ma vengono infine traditi da Serapione, uno dei capi della rivolta, che consente ai romani di prendere la citta. E evento che segna la fine della guerra: gli schiavi ribelli vengono torturati ¢ uccisi, buttati git dal promontorio della loro Tauromenium. Euno, il re An- tioco, si intanto rifugiato ad Henna (Enna, oggi): & li che viene scovato poco dopo dal pretore Peperna, che in nome dei romani riprende possesso della citta. Antioco viene catturato ¢ imprigionato a Morgantina ('antica citti in provin- cia di Enna, a circa 70 chilometti da Catania), Cleone, il suo generale, ucciso. Quanto agli schiavi rimasti, la loro sorte si divide tra la morte e il ritorno alla condizione servile. La memoria di Euno il siriano resta a lungo intatta in citta, ¢ probabilmente a lui si ispirera Seleuro, autore del secondo memorabile episodio di rivolta. Nella sua Geografia, Strabone parla di lui come di un allevatore dallepico nome di “figlio dell’Etna”. Nel I secolo a.C. Seleuro si mette a capo di una banda armata con la quale inizia a razziare 'area pedemontana. Quest’altro indomito sobilla- tore di folle viene carturato e portato a Roma, dove finisce i suoi giorni in modo tanto atroce quanto spettacolare. Portato ad assistere a una lotta tra gladiatori, viene fatto salire su di un paleo costruito in modo da rappresentare PEtna. Il palco si apre ¢ Seleuro cade giit, direttamente in una gabbia contenente bestie feroci. Anche la forza naturale dell’Etna mette alla prova la caparbieta dei romani. Nel 122 a.C., il vulcano é in piena attivita ¢ la citta subisce, oltre alla pioggia di ceneri, gravi danni e crolli. Le attivita continuano anche nel 50, 44 e 36 a.C., ma per il vero e proprio disastro occorre attendere il 32 a.C., quando una cola- ta invade la citta ¢ le campagne etnee. [episodio é aggravato dalla guetra, dal momento che la zona é terreno di scontri tra Ottaviano ¢ Sesto Pompeo. La popolazione é stremata dalle calamita e dalle battaglie, ma la ripresa @ rapida: nonostante le campagne spopolate ¢ la poverti diffusa, let’ augustea sara “au- gusta” anche per il suolo catanese. Gia nel 21 a.C., Ottaviano Augusto la eleva al rango di colonia imperiale, vi in- sedia gruppi di veterani dell'esercito romano e cambia lo stile di vita della cited. Sfrurtando la sua caratteristica principale, ovvero la ricchezza di acque, Catania viene dotata di tantissime strurture termali di cui ancora oggi si conserva traccia in pitt parti della citta. Ma non solo: foro, teatro, anfiteatro, ippodromo, luoghi di culto, ville patrizie. Catania rispecchia perfettamente la descrizione che ne ave- va dato anni prima, nel 70 a.C., il filosofo Cicerone: “oppidum locuples, ho- nestum, copiosum” (“rica di terre, onorevole di costumi, abbondante di mes 2.3 LA CITTA DEL COLOSSEO NERO. Oggi sono diverse le rovine che consentono di ricostruire il suo volto romano: un volto grandioso. A testimoniare l'importanza della colonia basterebbe pen- sare che i suo anfiteatro — ancora adesso in parte visibile — era, per dimensione, inferiore soltanto al Colosseo di Roma, ¢ pensato per accogliere tra i 15.000 ¢ i 16.000 spettatori La vita dei catanesi-romani continua a svilupparsi nel perimetro naturale creato dal mare e dalla collina di Montevergine. Proprio qui, all’interno del mo- nastero, sono stati trovati i resti di una domus romana e varie costruzioni rivestite di marmi, mosaici e decorazioni, nonché le antiche strade dell’ epoca. E una zona residenziale altoloca- ta, come raccontano i resti di un balneum, visibili appena fuori il portone d’ingresso del mona- stero. Si trata, probabilmente, di una strutcura termale privata, appartenente a una casa patrizia di eta tardo imperiale. Pitt impo- nenti sono le terme che si trova- no nel cortile; poco resta, invece, delle terme dell’Ieria, rinvenute a brevissima distanza, amin {Tica BALNEUM. Di fronte al monastero dei benedertini si possono ammirare i resti di un balneune: uno dei tanti realizeatiin cited, grazie alla sua abbondanza di acque. LA STORIA DI CATANIA A poca distanza dalPattuale piazza Dante, si trova il foro, centro della vita cit- tadina, costruito molto probabilmente ricalcando Pagora greca. Qui ci si reca per una chiacchierata matcutina o per fare qualche compera, magari accompagnati da un servo. II foro & contornato da negozi ¢ da edifici adibiti a magazzini, di cui oggi timane molto poco da vedere in quelli che sono i suoi resti nel cortile di San Pantaleone. Lorenzo Bolano, studioso catanese vissuto tra il XVI ¢ il XVII secolo, suppone che dovesse far parte della struttura anche un altro complesso termale. Per risalire alla data di costruzione del foro, parte degli studi si affida al fatto che, nella poco distante piazza Mazzini, vi siano delle colonne in marmo che la tradizione vuole che provengano proprio da quest’ ultimo. Questa informazione porta a ritenere che non possa essere precedente al II secolo d.C., periodo in cui il marmo, assente nell isola, viene introdotto in Sicilia (anche se le colonne marmo- ree potrebbero essere subentrare in un secondo momento nella costruzione). Un altro fatto da tenere in considerazione sono le somiglianze del foro catanese ~ ¢ in particolar modo la suddivisione in negozi — con quello di Treviri, datato al | secolo d.C., che porta a pensare a una costruzione quanto meno contemporanea. Dopo aver mandato il servo a casa con la spesa, il catanese del tempo riprende la sua passeggiata in citta. Se volesse farsi un bagno termale, non avrebbe che Pimbarazzo della scelta. Potrebbe andare verso le terme Achillee 0 Achilliane, che sono con tutta probabilita le pitt grandi della citti. Un tempo erano note anche come “il bagno di Bacco”, per via delle decorazioni con stucchi a forma di putti e tralci di vite, e forse corredate da un’ara o un tempio dedicato al dio. Ancora oggi é possibile visitare una parte degli ambienti originari, la c costruzione tisalirebbe al III secolo d.C. Per accedervi e avere un assaggio del’ ampiezza ¢ della sontuosita che fu, bisogna scendere sotto al livello del- la strada: giacciono infatti sotto la piazza del Duomo. ‘TERME ] DELLINDIRIZZO. Leterme dell'Indirizz0 risalgono alla tarda ‘ec imperiale (HI-V secolo d.C.). Devono illoro nome alla Chiesa di Senta Maria dellIndirizzo, che sorgeva lt accanto. A vista sono invece i resti delle terme dell’ Indirizzo, in piazza Currd. Sono chia- mate cosi per il convento di Maria Santissima dell'Inditizzo, li sorto in seguito, ¢ che, inglobando la strurtura termale, I’ha preservata nel tempo; & poi stato demolito e al suo posto sorge oggi una scuola. I convento & anche protagonista di una leggenda: il viceré di Sicilia, Pietro Girone, nel 1610, viene salvato da una tempesta in mare da una luce votiva del convento che lo guida fino al porto. Delle terme, invece, si possono ammirare ancora il calidarium, il frigidarium, le fornaci e i canali per lapprovvigionamento € lo scarico delle acque. La Catania di eta imperiale fornisce molte opzioni anche sul versante dell'in- trattenimento. Gia nel I secolo, il teatro greco era stato restaurato ¢ abbellito, ma ¢ solo nel secolo successivo che, per volonta dell'imperatore Adriano, viene monumentalizzato. La bellezza ¢ limponenza della struttura, ricca di colonne, statue, fregi, bassorilievi, ¢ oggi in parte sparpagliata per la citcis un esempio ne & il primo ordine di colonne della facciata della Cattedrale di Sant’ Agata: quattro colonne in granito provenienti proprio dal teatro. Pits piccolo (1500 spettatori circa) ¢ appendice del teatro ¢ !Odeon, dove ci si reca per assistere a spettacoli musicali o di danza. Qui si svolgono anche le prove per gli spettacoli che vengono poi rappresentati al teatro. I resti dell’ippodromo ¢ della naumachia sono stati spazzati via dalla lava del 1669 (vedi cap. 5), ma si pud fare uno sforzo d’immaginazione. La se- conda, di cui resta memoria nel nome di una via, sorgeva nei pressi del castello Ursino. Si tratta di una struttura lunga circa 200 metri, dotata di una fossa sca- vata nell'argilla, che viene allagata artificialmente per meitere in scena battaglie navali ¢ giochi acquatici. Poco lontano, si trova l'ippodromo. Di questo non rimane che una testimonianza, ancora oggi visibile a tutti, ovvero uno dei due obelischi collocati alla partenza e allarrivo delle corse: & 'obelisco collocato sulla schiena dell’elefante di piazza Duomo. Infine, anche del ginnasio ~ una sorta di primordiale palestra dove i giovani si allenavano per gare e giochi ginnici— non rimane traccia. Il luogo pitt emblematico della grandezza della Catania romana é uno solo: Panfiteatro, ill Colosseo nero. “Siccome l’Anfiteatro é il testimonio pitt grande dell'antica Catanese grandezza, cosi fissi in esso il Forastiere i primi suoi sguar- di”: sono le parole del principe di Biscari, Ignazio Paternd Castello (vedi cap. 5), lo stesso che nel corso del XVIII secolo fa intraprendere le campagne di scavo per portare alla luce questo monumento di cui alcuni dubitavano persino Pesi- stenza. Nel giro di due anni vengono fuori un primo cortidoio ¢ quattro archi della galleria esterna, visitabili da via Colossco (conosciuta dal popolo come “Catania vecchia”). Bisogna perd attendere il Novecento affinché venga zlla luce la porzione visibile oggi lungo via Etnea, di fronte a piazza Stesicoro. 37 LA STORIA DI CATANIA ANFITEATRO. G Erecto nel II secolo ed ampliato nel IM, Vanfiteatro romano di Catania poreva 7 ee ny] contenere fino a 15,000 spettatori seduti = e ¢ altrertand in piedi con Pagglunea di , i apposite impalcature lignee. ee Hal Possiamo immaginare il misto di terrore € fierezza che doveva susci- tare la grande arena. Vadrenalina dei gladiatori sotto gli occhi di 15.000 spettatori, che potevano diventare il doppio con Paggiunta delle impalcature ligne per i posti in piedi. Un'enorme ellissi in pietra lavica, mattoni rossi e marmo, co- struita intorno a una grande arena, il cui diametro maggiore misura 70 metti ¢ il minore 50. Un'opera, Panfiteatro, da ascrivere al com- plesso delle grandi fabbriche a cui appartengono il Colosseo di Roma, |’Arena di Verona ¢ l'anfiteatro di Capua. Si curamente il pitt complesso strurturalmente e il pit grande degli anfiteatr sicliani. Eretto nel contesto delle costruzioni di epoca adrianea, la sua dimensione viene triplicata intorno al III secolo d.C. La storia di decadenza di questo prodigio inizia solo nel V secolo, quando il re ostrogoto Teodorico (vedi cap. 3) conce- de ai catanesi di utilizzare il monumento ormai abbandonato come cava per a costruzione di altri edifici. La spoliazione prosegue nei secoli: parti di anfite- atro confluiscono nel Duomo, parti forse anche nel castello Ursino. Un piano di messa in sicurezza dell’edificio, coevo alla costruzione delle mura della citta, viene realizzato nel 1550: vengono abbattuti il primo ¢ il secondo piano, e riempite di maceric le gallerie. Il terremoto (vedi cap. 5) da il colpo di grazia: definitivamente sepolto dalle macerie, viene riadattato a piazza d’armi, le gallerie diventano fonda- menta 0, peggio ancora, pozzi neti, per gli edifici da ricostruire dopo la calamita. Oggi, entrando dall’ingresso a due colonne con le epigrafi simboliche di Caron- da e Stesicoro, & possibile percorrere ¢ ammirare il tratto di anfiteatro portato alla luce dalle campagne di scavo del secolo scorso: la meta settentrionale dell’el- lissi, ovvero il corridoio esterno, il primo ordine della facciata, un tratto del corridoio interno, una porzione dell’arena. La testante parte & ancora nascosta sotto le vie Neve, Manzoni e Penninello. Un altro aspetto importante della vita di allora é il culto. Rispetto ad altre zone della Sicilia, i resti di templi romani scarseggiano a Catania, Si ha traccia di un tempio, per esempio, nel teatro. Una donna catanese di allora avrebbe potuto recarsi al tempio di Cerere, Cicerone racconta di questa restrizione di genere nelle sue Verrine. Citandolo: “Eravi in Catania un tempio di Cerere, dove la Dea era venerata come a Roma. Nell’intimo penetrale di esso conservavasi una statua antichissima, che gli uomini non solo non avevano mai veduto, ma che igno- ravano che vi fosse: dapoiché il tempio era solo servito dalle donne e vergini, che ne erano le sacerdotesse”. Grazie al ritrovamento di una statua, identificata come Cerere dallo studioso Bonaventura Portoghese nel 1847, si pud supporre la collocazione di tale tempio, la cui bellezza e imponenza oggi pud essere solo immaginata: nell’area corrispondente al Bastione degli Infetti, una fortificazione epoca medievale. A questo ritrovamento, si aggiunga che la zona in questione si trova in un punto allora lontano dalle attivita cittadine, e quindi in linea con la consuetudine di edificare templi a Cerere in luoghi periferici. eretta Si ritiene che la memoria dei festeggiamenti a Cerere sia rimasta nel tempo mutandosi da pagana in cristiana ¢ andando a confluire nelle celebrazioni della Madonna dell’Idria, di cui sorge una chiesetta antichissima proprio li vicino. Non ci sarebbe da stupirsene: é infatti comune che i luoghi individuati come sacri dai cittadini di una generazione lo rimangano per quelle a seguire, secolo dopo secolo. Ancora in tema con il culto, un’altra traccia riporta alle grotte di Barriera del Bosco, in periferia. In particolare, sulla cima del monte San Paolillo, dove si trovano i ruderi di un edificio di forma quadrata realizzato in blocchi di basalto: probabilmente un tempio del II-III secolo d.C. dedicato alla dea Leucotea, Ia dea dell’alba (come la quasi omonima timpa di Leucatia li vicino) MAUSEOLEO VILLA MODICA. Al numero 35di via | Regina Margherita si trova Villa Modica, nel cui giardino & custodico tun mausoleo a pianta circolare del diametro di citca LA STORIA DI CATANIA Nella stessa area vi 2 inoltre untimportante necropoli, mentre in citta i morti sono sepolti nella zona in cui oggi sorgono gli eleganti edifici di piazza Santa Maria di Gesit e viale Regina Margherita, ¢ in generale nell’area nord del centro storico attuale: sono diverse, infatt, le ville signorili che hanno inglobato o sono sorte accanto a ipogei e mausolei, come il mausoleo circolare di Villa Modica, al numero civico 35 del viale Regina Margherita. Questo, cosi come l’ipogeo quadrato di via Gaetano Sanfilippo, conferma la ricchezza della citta del tempo, tanto che i nuclei familiari pit: abbienti possiedono delle vere ¢ proprie tem- pple-tomb: delle tombe a tempio, simili a monumentali cappelle di famiglia. Infine, esiste un altro complesso sotterraneo, ma destinato a rimanere tale: la necropoli scoperta sotto l'attuale edificio della Rinascente, lungo via Etnea. 2.4 AGATA LA BUONA ‘Come ogni citta carica di storia, anche Catania é piena di “case matali”. Accanto al teatro greco-romano, per esempio, si trova la casa dove, nella notte tra 2 ¢ il 3 novembre 1801, & nato Vincenzo Bellini (vedi cap. 6), nel settecentesco Palazzo Gravina Cruyllas, in piazza San Francesco d’Assisi 3. La casa ¢ adesso un vero ¢ proprio tempio della musica: & diventata Museo belliniano, dove ri- percorrere la vita dell’artista, della famiglia ¢ lo spirito di un'epoca. Non troppo distante da qui, in via Sant’Anna 8, si trova quella che alcuni riten- gono essere la casa natale di Giovanni Verga. Anche questa oggi convertita in museo, preserva il mobilio dell’epoca nonché 'imponente libreria dell’autore: 2600 volumi circa. Ma tra queste C8 anche un’altra casa, solitamente fuori dai circuiti turistici, benché sia forse la pitt importante di tutte per i catanesi: la casa dove nasce Sant’Agata, patrona della citta. Una lapide in via Museo Biscari @ posta in corrispondenza dei resti di una villa ro- mana (inglobata poi dagli edifici i costruiti)tradizionalmente riconosciuta come la casa dove sarebbe nata la Santa. Alcune fonti perd sembrano contraddire questa cre~ denza popolare: esiste infatti una tradizione palermitana che rivendica la nascita di ‘Agata, mentre altre fonti ancora indicano Galermo, una localita a nord di Catania. Tuttavia, se si volesse intraprendere un ideale percorso sulle orme di Sant’Agata, & da via Museo Biscari che occorrerebbe partire: e quindi, dal quartiere Civita. Siamo nel IIT secolo d.C,, in un sontuoso palazzo abitato da una famiglia ricca edi stirpe illustre, e tra loro c’é una nuova arrivata: la chiamano Agata, che si- gnifica “la buona’, intuendo forse a prima vista 'indole della fanciulla che sara. 40 8 settembre 235, questa sarebbe la data di nascita della futura Santa. Se il giorno é stato probabilmente fatto coincidere per devozione con quello della nascita della Madonna, I'anno @ stato determinato per deduzione a partire dal- Ja data del martirio, che avverrebbe quando Agata ha 15 anni, anche se altre fonti gliene attribuiscono circa 21, facendo retrodatare il suo anno di nascita al 229/230 circa. Quello che sappiamo per certo é che la giovane Agata si consacra vergine a Dio, ¢ gid nelle prime raffigurazioni iconografiche le viene attribuito il velo rosso delle vergini consacrate. Intorno al 250-251, giunge a Catania Quinziano, proconsole di Roma, con ill compito di far rispettare Peditto dell’imperatore Decio: far abiurare i ca~ tanesi di fede cristiana. La famiglia di Agata fugge a Palermo, dove oggi Porta Sant’ Agata ricorda il pas- saggio della Santa. Dopo essere stati scovati, Agata e i congiunti vengono ricon- dotti a Catania. E in questa occasione che Quinziano incontra la giovane e se ne invaghisce: la affida cos alla cortigiana Afrodisia, perché possa convincerla ad abbandonare la fede cristiana e accettare le sue avances. . probabile che la donna sia una sacerdotessa di Venere o forse di Cerere, dedita alla prostituzione sacra, Si tratta di una pratica — di cui ancora oggi si discute la veridicita — che prevede rapporti sessuali e pratiche erotiche all’interno del rito, eseguite di nor- ma nel luogo del culto, e legata per esempio a specifici festeggiamenti come i Vinalia, Da Afrodisia — e magari allinterno del tempio citato nel paragrafo precedente — Agata pas- sa un mese, continuamente sotto posta a tentazioni alle quali, perd, non cede. Quinziano avvia cosi un proceso contro la fanciulla. Viene condotta in carcere — che al tempo dei romani é inteso pitt che altro come un luogo di deten- zione temporanea — dove subisce una violenza orribile: 'amputa- zione delle mammelle. LAPIDE VIA BISCARI~ CASA NATALE SANT’AGATA. Nelle fondamenta di una villa patrzia di ta imperiale, il popolo ha voluto vedere i resti della casa natale di Sant Agata. B segnalata da una lapide in via Biscar. at LA STORIA DI CATANIA La cella in cui Agata vive il martirio @ oggi inglobata in una chiesa, che dalla vicenda prende il nome: Sant’Agata al Carcere, nell’odierna piazza del Santo Carcere. La chiesa sorge su un'area di grande interesse storico per la sua strat cazione: conserva, infatti, parti della cinta muraria greca, strutture di et roma- na, e parti di quello che vert’ chiamato Bastione del Santo Carcere, del XV secolo. Custodisce, inoltre, diversi tesori. Come luogo sacto cristiano, nasce come cappella dedicata a San Pietro: agi grafia racconta infatti che, dopo il martirio, Sant’ Agata in carcere riceva visita proprio dal principe degli apostoli, che le sana le piaghe. La prima chiesa viene costruita solo nel XV secolo, per essere poi ampliara in seguito alla ricostruzione dopo il terremoto del 1693 (vedi cap. 5). Dell'antica struttura si conserva qualche traccia nel presbiterio, con crociera gotica: uno dei pochi esempi di questa corrente artistica in citta. Nel contesto della ricostruzione, Ia chiesa riceve il suo primo “tesoro”: nella nuova facciata viene innestato il portale della Cattedrale andata distrutta, unico esempio in tutta la Sicilia pugliese, realizzato in marmo bianco ¢ fittamente decorato con motivi floreali, animali e simbologie bibliche. romanico ‘Tra i tesori agatini ci sono le reliquie della cassa con cui i resti della Santa sono stati traslati da Costantinopoli ¢ una pietra con impressa un'orma. Il credo attribuisce tale impron- ta.a Sant’Agata: “E pitt facile che si rammollisca questa pietra, che non il mio cuore, alle tue blandi- zie”, urla la giovane a Quinziano, sbattendo con rabbia il piede ¢ lasciando la sua traccia alla vene- razione dei posteri. Da un ingresso posto a destra dell'altare si accede a quello che viene ritenuto il luogo di deten- zione della Santa. E una struttura Secondo la tradizione, in Sant Agata al Carcere venne imprigionata Agata prima del martirio, Nel 1762 viene dotata del portale gotico appartenuto al Duomo di Catania. di et& imperiale: vi si possono ammirare delle grandi nicchie che fanno pensare a una sepoltura o alla favissa di un tempio su podio, non a un carcere, E non & qui infatti che questo va immaginato: piuttosto, guardando con gli occhi dei contemporanei di Sant Agata, quello che si potrebbe vedere & un complesso di opere pubbliche che, prossime al teatro, crea un insieme di scenografica bellezza. Dopo la brurale amputazione, i supplizi per Agata non sono finiti. Da Sant’A- gata al Carcere, con appena due minuti di camminata lungo l'attuale via dei Cappuccini, si arriva alla chiesa di San Biagio in Sant’Agata alla Fornace, cono- sciuta anche come “’a furnacedda” (“piccola fornace”, appunto) o “a carcared- da”. Qui, come suggerisce il nome, Sant’Agata viene sottoposta al supplizio dei carboni ardenti, dopo il quale trovera la morte in cella. SAN BIAGIO. Secondo la tradizione, nel luogo in cui sorge la chiesa di San | Biagio, Agaca subi le torture con il fuoeo: & per questo che & ‘conosciuta anche come Sant’Agara alla fornace. Limpianto originale dell edificio, ricostruito dopo il terremoto del 1693 (vedi cap. 5) per volere del vescovo Andrea Riggio, risale al 1098. La facciata in stile neoclassico é di Antonino Battaglia e ricorda un tempio: due copie di colonne sostengono un timpano triangolare. E un’immagine che completa alla perfezio- ne quella, subito davanti, delle rovine dell’anfiteatro. Al suo interno, composto da una navata unica, si legge Viscrizione latina “Hie Vultata est Candentibus”, “Qui fu voltata sui carboni ardenti”. La reliquia della fornace & custodita in una teca dietro Paltare, Per venerare il corpo di Agata, i primissimi devoti devono incamminarsi verso piazza Carlo Alberto, la piazza della “fera o luni”, del mercato. Ma non trovano una piazza, bensi un’area dall'aspetto completamente diverso: delle 43 LA STORIA DI CATANIA grotte. Una di queste @ proprio il livello pitt basso dei tre che costituiscono la chiesa di San Gaetano, un piccolo edificio di grande importanza storica, che reca la memoria di quattro epoche differenti ¢ che oggi fa capolino tra le ban- carelle della fiera, Al tempo della morte di Sant’ Agata, la chiesa ¢ ancora una grotta spesso allagata da acque sotterrance ¢ dunque usata prima come cisterna, poi come sepolcreto paleocristiano: qui che viene deposta la Santa ¢ qui che vi riposa fino al 264. La grotta diventa una primitiva chiesa cristiana nel 262, forse la prima di Catania (a eccezione della perduta chiesa del Santo Spirito, volura dal primo vescovo della citta, San Berillo) ¢ sicuramente tra le prime intitolate a Maria di Nazareth. Essere dei cristiani in periodo di persecuzioni non é per nulla semplice. II cul- to viene professaro in luoghi reconditi e in gran segreto. Solo dopo il 313, con Feditto di Costantino, la grotta pud dotarsi di arredi come Valtare e un arco per Ticonostasi. Degli affreschi realizzati in questa fase non resta che qualche traccia, come i volti di una Madonna con Bambino. Nel tempo, il luego di culto diventa apogeo. Viene ristrutturato il pozzo per i battesimi, che avvengono per immer- sione e dopo il compimento del settimo anno di vita. Rimaneggiata con l'arrivo dei normanni (XI secolo), viene dimenticata, forse per un allagamento, fino al XVI secolo. La sua rinascita dura poco: viene dotata di rappresentazioni di gusto rinascimentale, per poi essere in parte distrutta dal terremoto del 1693 (vedi cap. 5). Per la successiva apertura bisognera attendere il 1801. Oggi si presenta su tre livelli: la chiesa a cui si accede dalla piazza, il livello medievale e Pipogeo romano. ‘Tra gli eventi di cuié stata testimone, vi é la visita che, secondo la tradizione, Santa Lucia fece al corpo di Sant’Agata. Santa Lucia, svenuta, ha qui una visione: ¢ la Santa caranese che le dice di perseverare nella sua fede. Un'altra leggenda, invece, si lega al recupero di epoca rinascimentale della chiesa: nel 1508 una donna, Be- nedetta Laudixi, sogna la Madonna con in braccio il Bambino che le da precise indicazioni su dove andare a scavare per liberarla dalle macerie che la stanno soffo- cando, Si inizia cosi a scavare nel punto indicato dalla donna e, miracolosamente, viene rinvenuto 'ambiente recante l'affresco della Madonna con Bambino. Ilcammino sulle orme di Agata, nonché dei suoi primi fedeli, sta per giungere al termine: dal piano di San Gaetano, si ripassa accanto alla fornace, al carcere, e si sale fino a Sant Agata la Vetere, la prima Cattedrale di Catania: lo restera per 770 anni, a partire dal 380, anno in cui vengono traslate le reliquie della Santa. E qui, infatti, che si trova la cassa di legno che le ospitera nei secoli a venire, nonché il suo primitivo sarcofago: una cassa marmorea di costruzione coeva al tempo del martirio della “santuzza”, che reca la riproduzione di una scena mitologica (la Cacia di Alessandro). Anche questa chiesa racconta del terrore dei primi cristiani nel professare la loro fede: dal suo interno si accede infatti ad ambienti sotterranei, ¢ in particolare a una cripta usata per sfuggire alle perse- cuzioni di epoca romana. Qui le reliquie resteranno fino al 1040, In quell’anno, con la Sicilia sotto la do- minazione saracena, imperatore bizantino Michele IV Paflagone manda il suo generale Giorgio Maniace alla riconquista dell’isola, Quest ultimo ben pensa di sottrarre a Catania le reliquie di Agata. Saranno cosi custodite per 86 anni a Costantinopoli (vedi cap. 3), probabilmente nella Cattedrale di Santa Sofia, prima di essere restituite alla citta in un momento di festa e commozione.

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