Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Campioni Barbera, Il Genio Tiranno
Campioni Barbera, Il Genio Tiranno
saggi
13
Il genio tiranno
Ragione e dominio
nell’ideologia dell’Ottocento:
Wagner, Nietzsche, Renan
Edizioni ETS
L
a filosofia di N ietzsche si colloca, nell’an alisi proposta in
questo volume, in un contesto di d iscu ssio n e che coinvol
ge Schopenhauer e Burckhardt, e, soprattutto, Wagner e
Renan. Il tragitto di Nietzsche viene seguito in relazione, innanzi
tutto, all’evoluzione teorica di Wagner e, in particolare, alla svolta
da «O pera e dram m a» alla m etafisica della m usica assoluta, inte
sa come «sogno vero» e p o ssib ilità di mitizzazione totale della
realtà. Inoltre si vede come, insieme al mito wagneriano, incentra
to intorno alla m agia tirannica del genio, Nietzsche smonti il mito
renaniano di un’aristocrazia scientifica, élite che sostiene un rigo
roso progetto signorile, costringendo i linguaggi sociali entro
un’oppressiva teleologia laica, segnata da una forte commistione
di positivism o e romanticismo. La filosofia nietzscheana acq u isi
sce, nel confronto, il valore di una radicale demitizzazione, che la
vora a sottrarre all’ideologia romantica il suo fondamento metafisi
co. Liberato dalle risoluzioni mitiche, il moderno si apre in e ssa al
riconoscim ento di una pluralità di forze che richiedono forma e
senso e che giungono ad esprim ersi in una forma non costrittiva.
E ssa raccoglie i vari sensi parziali e diviene una relazione di con
trari i quali, pur non tendendo alla conciliazione, non hanno valo
re reciprocam ente distruttivo. La «volontà di potenza» è attraver
sata nel profondo da questa intenzione liberatoria che Musil ha in
dicato per primo tra i lettori novecenteschi enunciando, attraverso
Nietzsche, una nozione di forma come sintesi di nuove possibilità.
ISBN 9 7 8 - 8 8 4 6 7 2 5 9 5 - 0
Mazzino Montinari
S andho B arbera (B ie lla 1 9 4 6 - P is a 2 0 0 9 ).
L aureato con N icola B ad alo n i, è stato un p ro
fondo c o n o scito re d e lla letteratu ra e d e lla fi
lo so fia te d e s c a . H a in se g n ato S to ria d e lla
le tte ratu ra ted esc a a ll'U n iv e rs ità di P isa .
G oethe, Sc h o p e n h a u e r e N ietzsch e son o stati
al cen tro d e lle s u a ric e rc h e su c u i, nel co rso
d egli an n i, h a dato a lle sta m p e p rezio si sag gi
e m on og rafie tra cui rico rd iam o i volum i
Goethe e il disordine. U na filo so fia d e ll'im m a
gin azion e (M arsilio 1990); ‘Il mondo come vo
lo n tà e ra p p re sen taz io n e ’. In troduzion e a l l a
le ttu ra (C a ro c c i 1 9 9 8 ); Une p h ilo so p h ie du
conflit. E tudes su r Sch open hauer (P U F 2 0 0 4 ).
P e r le E d iz io n i E T S h a c u ra to , n e lla c o lla n a
« N ie tz sc h e a n a », che ha fondato con C am p io
ni e Volpi, du e racco lte di sa g g i su lla fortuna
di N ie tzsc h e . N egli ultim i tem p i e ra p a rtic o
larm en te im pegn ato n elT im portan te progetto
Sch o p en h au er Sou rce m irato a m ettere a d is
p osizion e attrav erso Internet la più am p ia of
fe rta p o s s ib ile di fonti p e r lo stu d io d el p e n
siero e d e ll’opera d el filosofo ted esco.
G iu l ia n o C a m p io n i (P e sc ia 1 9 4 5 ). L au reato
con N icola B a d alo n i, ha in segn ato a ll’U n iver
sità di L e cc e e di P isa dove attualm ente è pro
fe sso re di S to ria d e lla filo s o fia . È cu rato re e
re sp o n sa b ile del com pletam en to e revision e
d e ll’ed izio n e ita lia n a C olli-M on tin ari d e lle
Opere e de\Y E p isto la rio di N ie tzsc h e e d e lla
nuova edizion e dei F ram m en ti p ostum i 1 8 6 9 -
1 8 8 9 in 21 voll. (A delph i). H a com piuto con
con tin u ità stu d i su lla filo so fia e su lla cu ltu ra
ted esch e e fran cesi dell’ Ottocento e del N ove
cento, con p articolare riferim ento a N ietzsch e
ed alla su a fortuna, m irando a illum inare gen e
si e sig n ific ato sto rico d elle categorie cen trali
del filo so fo ted esco , an ch e attraverso il com
p lesso rapporto con la cultura dell’epoca. Tra le
p u b b licazio n i recen ti; la cu ra d e lle Lettere d a
Torino di Friedrich N ietzsch e (A delphi, 2 0 0 8 )
e degli Scritti filo so fic i di E rn est Renan (Bom
p ia n i, 2 0 0 8 ); la m on ografia D er fran zö sisch e
Nietzsche (de G ruyter, 2 0 0 9 ) e Nietzsche. L a
m orale d e ll’eroe (Edizioni E T S , 2009).
nietzscheana
13
collana diretta da
Giuliano Campioni, Maria Cristina Fornari
fo n d ata da
Sandro Barbera, Giuliano Campioni e Franco Volpi
Sandro B arb era - G iuliano Cam pioni
Il genio tiranno
Ragione e dominio
nell’ideologia dell’Ottocento:
Wagner, Nietzsche, Renan
Prefazione di
Mazzino Montinari
Edizioni ETS
www.edizioniets.com
© Copyright 2010
EDIZIONI ETS
P iazza C arrara, 16-19,1-56126 P isa
info@ edizioniets.com
www.edizioniets.com
Distribuzione
PD E, Via Tevere 54,1-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]
ISBN 978-884672595-0
a Irene e Michele
I
1
Nota alla presente edizione
Giuliano Campioni
15 gennaio 2010
Avvertenza
Questo volume è uscito, nella sua prima edizione, nel 1983, nella
collana «Lavoro filosofico» (Franco Angeli, Milano).
Per gli scritti di Nietzsche abbiamo, fatto riferimento a Opere di
Friedrich Nietzsche, ed. it. condotta sul testo critico originale stabilito
da G. Colli e M. Montinari, Milano, edizioni Adelphi 1964 e sgg. e
aVi’Epistolario, a cura di G. Colli e M. Montinari, Milano, edizioni
Adelphi 1976 e sgg. Per quei frammenti di Nietzsche all’epoca non an
cora tradotti (indicati nel testo con la sigla N F seguita dall’anno relati
vo), il riferimento è all’edizione tedesca Werke. Kritische Gesamtausga
be herausgegeben von G. Colli und M. Montinari, Berlin, 1967 e sgg.
Ho ritenuto infatti opportuno, in questo caso e per i testi che allora
non avevano un’edizione italiana, mantenere la nostra traduzione. Le
sigle adoperate per indicare le singole opere di Nietzsche sono le stesse
usate nell’edizione critica:
AC l i Anticristo
BA Sull’avvenire delle nostre scuole
CV Cinque prefazioni
DD Ditirambi di Dioniso
DS David Strauss, l’uomo di fede e lo scrittore
DW La visione dionisiaca del mondo
EH Ecce homo
FW La gaia scienza
GD Il crepuscolo degli idoli
GM Genealogia della morale
GMD Il dramma musicale greco
GT La nascita della tragedia
HL Sull’utilità e il danno della storia per la vita
JGB A l di là del bene e del male
10 I l genio tiranno
M = Aurora
MA = Umano, troppo umano
NW = Nietzsche contra Wagner
PH G = La filosofia nell’epoca tragica i
SE = Schopenhauer come educatore
ST = Socrate e la tragedia
VM = Opinioni e sentenze diverse
WA = Il caso Wagner
WB = Richard Wagner a Bayreuth
WM = «Der Wille zur Macht»
WS = Il viandante e la sua ombra
Za = Così parlò Zarathustra
Un tema che Baudelaire accenna appena nei suoi diari, «mia eb
brezza nel ’48», è variato in tutti i modi nelle pagine che Wagner de
dica, nell’autobiografia, alle giornate rivoluzionarie di Dresda. Già
nella lettera del ’49 a Devrient l’osservatore «distaccato» della batta
glia guarda lo spettacolo dal campanile1: ma «spettacolo» e crescente
«eccitazione» definiscono nell’autobiografia lo stile della sua parteci
pazione alle giornate di Dresda. Il suono richiama una trasformazione
della sensibilità cromatica:
gran de, trab occan te piacere; sentii una im provvisa voglia di giocare con ciò
che fino ad allora m ’era p a rso così grave2*.
2 R. Wagner, La mia vita, a cura di M. Mila, Torino 1960, vol. I, pp. 482-483.
5 Ivi, pp. 484-485.
4 Gesammelte Schriften, X , p. 319.
Il genio e la città: Schopenhauer; Wagner, Nietzsche 15
5 Lettera a Uhlig (22 ottobre 1850) cit. in H. Mayer, Richard Wagner, trad. it. di B.
Bianchi, Milano 1967, p. 20. Sull’atteggianiento di Wagner verso Parigi vedi C. Cases, I
tedeschi e lo spirito francese, in Saggi e note di letteratura tedesca, Torino 1963, pp. 36 ss.
6 NW, p. 401. Ma cfr. anche FP 1888, pp. 197-198: «Schiller è tanto tedesco
quanto Wagner francese... L a cosa che oggi si vuol sentir dire meno di tutte è il debito
di gratitudine che Wagner ha verso la Francia, in qual misura egli stesso appartenga a
Parigi».
7 WA, p. 30. Cfr. anche p. 41: «Indubbiamente la cosa più sinistra resta lo sfacelo
dei nervi. Si attraversi di notte una città abbastanza grande: si sentirà ovunque stru
menti violentati con solenne furore - il tutto inframezzato da selvaggi ululati. Che sta
succedendo? - i giovani sono in adorazione di W agner...».
16 II genio tiranno
scrittori d’eccezione che, come Edgar Poe, hanno teso la loro macchina
nervosa fino a diventare allucinati, sorta di retori della vita torbida e già «ve
nata dall’asprezza della decomposizione» (Gautier). Dovunque balena ciò che
egli stesso, con espressione strana ma necessaria, chiama la «fosforescenza
della putrefazione», egli si sente attirato da un magnetismo invincibile11.
iti parte nel replicare. Profondo indebolimento della spontaneità... (FP 1887,
pp. 114-115).
Che la musica possa prescindere dalla parola, dal concetto - oh, come ne
trae vantaggio, questa astuta santarella, che riconduce, anzi seduce a tornare a
tutto quanto fu una volta creduto!... La nostra coscienza intellettuale non ha
bisogno di vergognarsi - perché ne resta fuori - quando un qualche antico
istinto beve, con labbra tremanti, da calici proibiti... (FP 1888, p. 30).
della sostituzione della velleità alla forza plasmatrice, del désir alla vo
lontà. La visione può sorgere, oltre che per sovrabbondanza di ener
gia nell’artista dionisiaco, ed è il caso di Zarathustra che Nietzsche ri
badisce in Ecce homo, anche come espediente reattivo contro il senti
mento del vuoto, come fuga per debolezza dal caos delle sensazioni
forti e disgreganti: «Dietro la contrapposizione tra classico e romanti
co non si nasconde la contrapposizione tra attivo e reattivo?... » (FP
1887, p. 56). Lo stesso atteggiamento anarchico, distruttore è visto da
Nietzsche come risposta immediata e subalterna allo stimolo esterno
di chi gli è sottomesso ed è incapace di signoreggiarlo: impotenza
quindi che produce il sogno di una natura originaria buona, che sta,
disponibile, al di là delle macchine complicate della civilizzazione.
Anche l’aspetto «istrionico» di Wagner, commediante e Cagliostro
che si adegua all’epoca dominandola con una sublimazione teatrale
della disgregazione, è agli occhi di Nietzsche - che raccoglie in questi
anni la critica corrosiva cominciata nei frammenti del ’74, dove Wa
gner è visto come fenomeno di cesarismo - politica decadente della cri
si, in cui l’ideale (il mito) non è presente come leva di cambiamento,
ma come conferma dell’esistente, poiché la sua autentica natura riba
disce e rafforza l’elemento estatico e di «ebbrezza» della sensibilità
decadente. Vi è in questi anni un’innegabile mossa autocritica di
Nietzsche che analizza e scompone ora, come prodotto del moderno,
della metropoli, quel momento estatico e produttore di miti rigene
ranti, che nel periodo giovanile della metafisica dell’artista era il mo
mento sorgivo di protesta e di rifiuto della corruzione civilizzatoria. Il
genio, che nella Nascita della tragedia ha una «patria metafisica» di
impronta schopenhaueriana e wagneriana, si dissolve ora nell’analisi
del commediante, che lo mostra come ricostituzione falsa e tirannica
della pienezza del soggetto. Anche l’analisi di Wagner come «comme
diante» e «attore» non dimentica la funzione rammemorativa assegna
ta alla musica: cosicché l 'ideologia non è ridotta da Nietzsche nei ter
mini della falsificazione consapevole (la teatralità, il «mettere in sce
na»). La sua critica dell’ideologia è radicale perché ricostruisce i mec
canismi materiali e gli stili di vita - la forma di vita metropolitana -
che generano il bisogno di mito, e nello stesso tempo perché delinea il
mito come costruzione deformante che però mantiene in sé un nucleo
non eliminabile di verità. Nell’istante in cui fa riverberare la seduzio
ne di un passato non risolto, ma soltanto rimosso, il mito dà forma e
consistenza alla nostalgia genuina per una vita sottratta alla miseria
22 II genio tiranno
del presente, in cui sta del resto la ragione del suo insorgere. Ma la fe
deltà al presente come ricchezza di prospettive virtuali e proprio nella
sua disgregazione, è il punto di vista da cui Nietzsche conduce la sua
critica a Wagner:
A noi sono concesse, come mai ancora a nessun uomo, prospettive in tutte
le direzioni, e da nessuna parte si vede la fine. Abbiamo, perciò, il vantaggio
di un sentimento di vastità immane; ma anche di immane vuoto: e l’inventiva
di ogni uomo superiore consiste, in questo secolo, nel venire a capo di tale
terribile sentimento del deserto (FP 1884 pp. 7-8).
burrasca! Io invece affondai nel fango e nelle paludi. Questo pantano circonda tutti i
superbi e solenni palazzi dell’arte ai quali noi poveri pazzi andiamo in pellegrinaggio
con tale fervore come se vi potessimo acquistare la salvezza dell’anima. Beato il facilone
che con una sola capriola ben riuscita riesce a valicare il pantano! Beato il ricco: il suo
buon destriere basta che senta un colpo degli speroni d ’oro e tosto lo porta dall’altra
parte. Guai invece all’entusiasta che, prendendo la palude per un prato fiorito, vi affon
da inesorabilmente in pasto ai rospi e alle rane».
16 Ivi, p. 110. Numerose sono le testimonianze, nelle lettere agli amici, della
profonda repulsione di Wagner verso Parigi la «grande fogna comune» e della sua no
stalgia per la campagna. La città comporta una necessaria degenerazione: « ... è super
fluo tutto quanto contengono le mura d’una città. Tutti noi che viviamo in una città sia
mo condannati al più miserabile dei suicidi» (lettera a Uhlig del 27 ottobre 1850). Nel
l ’autobiografia, di contro all’eccitazione che gli aveva procurato la pur «mostruosa»
Londra, città da conquistare, Wagner descrive il sentimento di immediata delusione e
impotenza verso Parigi: «.. .mi rammaricai molto, sulle prime, di non ricevere da questa
città la grandiosa impressione che Londra m ’aveva procurato. Tutto mi sembrava più
stretto, più soffocato; specialmente dei celebri boulevards io m ’ero immaginato cose co
lossali... dalle finestre guardavamo con crescente ansietà sull’immenso formicaio delle
strade, né io riuscivo più a capire cosa mai vi fossi venuto a cercare» (La mia vita, cit.,
pp. 225-226).
24 II genio tiranno
Già i monitori corazzati, contro cui la fiera e magnifica nave a vela non
può più nulla, ci offrono una spettrale e orribile immagine. Uomini obbedien
ti fino al silenzio, che però non hanno più l’aspetto di uomini, servono a que
sti mostri e non ne abbandoneranno neppure le spaventose caldaie. Ma come
tutto nella natura ha il suo contrario che lo distrugge, così anche l’artificialità
costruisce nel mare le torpedini, e dovunque dissemina dinamite e simili ordi
gni. Si potrebbe credere che tutto questo, insieme con l’arte, la scienza, il co
raggio e il punto d’onore, la vita e la proprietà, tutto salterà in aria per una di
strazione non calcolata (Ges. Schriften, X, p. 252).
Il colpo di frusta «nelle vie rumorose della città, che toglie alla vita
ogni quiete ed ogni intimità», espressione estrema di un tumulto che
enfatizza tutti i vizi della socialità, paralizza il pensiero interrompen
dolo e spezzettandolo, facendo perdere cioè l’elemento di totalità ed
unità che gli è essenziale:
come un esercito, se viene spezzato, cioè sciolto in piccoli gruppi, non è
più capace di agire; così anche un grande spirito non riesce a produrre più di
ciò che produce una mente comune, appena viene interrotto, disturbato, di
stratto; poiché la sua superiorità è condizionata dal fatto che egli concentra17
tutte le sue forze come uno specchio concavo concentra tutti i suoi raggi, su
un unico punto ed oggetto; ed appunto le interruzioni rumorose impediscono
di concentrarsi (pp. 1383-1384)18.
21 «L o Schopenhauer vivo non ha nulla a che fare con i metafisici. Egli è essen
zialmente un volterriano, il quarto libro gli è estraneo» (FP 1878, p. 277); cfr. anche
ivi, p. 300.
30 II genio tiranno
è immerso nel vortice e nel tumulto della vita, a cui per sua volontà appar
tiene: il suo intelletto è pieno delle cose e delle vicende della vita: ma egli non
si accorge di queste cose e della vita stessa, nel loro significato obiettivo; co
me il mercante nella Borsa di Amsterdam, intende perfettamente quello che
dice il suo vicino, ma non sente affatto il brusio di tutta la Borsa, simile al fra
gore del mare, di cui l’osservatore lontano si stupisce (Supplementi, p. 467).
Anzi conferma la pienezza del soggetto come «puro occhio del mon
do» libero da turbamenti, che si realizza assorbendo la totalità nella di
stanza della contemplazione22. La distanza fissa il mondo in una dimen
sione spettacolare, che garantisce in modo definitivo l’estraneità da esso
del genio, proteggendolo da ogni aggressione coinvolgente:
Egli si sobbarcherà come una specie di lavoro forzato, e nel modo più
sbrigativo possibile, quelli tra i godimenti di tale specie che gli sono imposti
dalla moda o dall’autorità (Parerga, p. 433).
morte. Poi, al momento dato, toma sulla scena e agisce e soffre come deve (Il
mondo, p. 109).
26 Lo stesso «vacuo nulla», alla fine del IV libro, non va ammantato «come fanno
gli Indiani, in miti e parole privi di senso, come sarebbero l’assorbimento in Brahma o
il Nirvana dei buddisti» (Il mondo, p. 512).
27 Proprio nel cuore della sua teoria della conoscenza, a proposito della distinzio
ne tra intuizione e concetto, Schopenhauer fa puntualmente scattare la metafora del da
naro: «Sotto questo rispetto il nostro intelletto somiglia ad una banca di cambio, che,
per essere solida, deve avere contanti in cassa, per potere, in caso di bisogno, scontare
tutte le sue polizze presentatele: le intuizioni sono i contanti, i concetti le cedole» (Sup
plementi, p. 88). Ma la metafora è frequentissima.
28 F. De Sanctis, Saggi critici, a cura di P. Arcari, Milano 1914, vol. I, p. 265.
29 II binocolo da teatro era stato consegnato all’ufficiale per poter meglio sparare
sulla «canaglia dietro la barricata». Così nella lettera a J. Frauenstädt del 2 marzo 1849
(A. Schopenhauer, Gesammelte Briefe, hrsgb. v. A. Hübscher, p. 234).
I l genio e la città: Schopenhauer, Wagner, Nietzsche 35
follia alle azioni popolari che attentano all’ordine diventerà poi uno
dei luoghi ricorrenti, e in modo addirittura straripante dopo la Comu
ne, negli esercizi della sociologia positivistica sulla «follia popolare»
come apice della «patologia sociale». Ma Tocqueville aveva già incri
nato anche le barriere protettive del soggetto savio, mettendo in que
stione la sicurezza con cui la ragione può identificarsi con l’opposto
della follia, da essa separata. Così, quando il repubblicano Trélat, con
la certezza che gli viene dall’essere «il medico meritevole che dirigeva
allora uno dei principali ospedali di folli di Parigi» dichiara tutti fuori
di ragione i suoi vecchi amici politici («tutti folli, signori, che dovreb
bero essere alla mia Salpetrière, e non qui») viene colpito da una dra
stica obbiezione: «Avrebbe sicuramente aggiunto se stesso alla lista, se
si fosse conosciuto così bene come conosceva i suoi vecchi amici»33.
Certamente in questi anni comincia ad annullarsi la distanza dalla
massa che garantiva il valore e l’autenticità del soggetto delimitato
nelle categorie sicure e immediatamente identificabili di una raziona
lità storicamente salda, perché legata ad una crescita di consapevolez
za. Il turbamento di una pratica ordinata e garantita ne rimescola il
rapporto con la teoria, mettendo radicalmente in discussione l’auto
noma certezza del suo riferimento.
Ci proponiamo, nei capitoli che seguono, di verificare alcuni esiti di
questa crisi, attraverso percorsi parziali, delimitati ma che ebbero una
risonanza eccezionale ed assolutamente privilegiata nelle ideologie di
fine secolo, e che si richiamano reciprocamente. «L a contraddizione
schopenhaueriana tra teoria e prassi è insostenibile»: di fronte all’«insi-
curezza dell’orizzonte della civiltà moderna» Nietzsche esprime un at
teggiamento di accentuato attivismo ed agonismo, cristallizzato intor
no alla giovanile metafisica dell’artista e cerca di utilizzare gli elementi
«inattuali» di Schopenhauer respingendone le sicurezze degli esiti me
tafisici. La «superstizione del genio» che all’ombra di Wagner gli appa
re nel primo periodo il necessario fondamento di una nuova civiltà,
verrà poi criticata come via d ’uscita privilegiata e immediata, ma illu
soria, dalla cattiva modernità. Schopenhauer aveva scritto che «il genio
arriva nel suo tempo, come una cometa nelle orbite dei pianeti, al cui
ordine semplice e ben regolato è estraneo il suo corso completamente
eccentrico» (Supplementi, p. 478). Questo era il suo destino: il rappor
to con la massa era di necessaria estraneazione, la sua opera era una
33 Ivi, p. 195.
Il genio e la città: Schopenhauer, Wagner, Nietzsche 37
35 Ci richiamiamo qui, come in tutto il corso di questo lavoro, allo stile di lettura
di M. Montinari presente oltre che negli apparati dell’edizione critica, nel suo recente
Nietzsche lesen, Berlin 1982.
36 L a deformazione wagneriana di Schopenhauer nel senso di una dimensione so
ciale della redenzione ha come premessa quella divaricazione di Kultur e Zivilisation
che è del tutto estranea a Schopenhauer, come abbiamo visto. Questo aspetto è colto
con esattezza da H .S. Chamberlain, Riccardo Wagner, trad. it. di G . Cogni, Milano
1947, pp. 242 ss.
2.
Il romanticismo e la macchina
1 Oltre ai vari luoghi nella Vie de Jésus, sul carattere «charmeur» di Gesù si veda
l’importante lettera del 28 agosto 1863 a Ernest Bersot: «Quanto al fascino di Gesù, è
ciò che lo ha principalmente distinto, molto più che la ragione o anche la grandezza»
(OC X, p. 385). Nietzsche negli appunti preparatori per Vanticristo, fra gli estratti da
Ma Religion di Tolstoj riporta la frase «un doux rêve du “charmant docteur” - Renan»
(FP 1887-88, p. 301). Le pagine di Tolstoj conducono una serrata polemica contro gli
storici delle religioni «gli Strauss, i Renan» che in questo modo riducono a ideale inat
tuale la carica rivoluzionaria del Cristo (Ma Religion, Paris 1885, p. 45).
40 II genio tiranno
Il doppio motivo del genio e della lotta tra ideale e mediocrità ma
terialistica sono al centro dell’apprezzamento di Wagner per Renan,
l’unico a salvarsi dalla indiscriminata e cieca avversione per la cultura
francese, intensificatasi dopo il 70:
2 Vie de Jésus, O C IV, p. 365. La critica a Strauss era già nettamente formulata in
questi termini da Renan nel 1849 in Les historiens critiques de Jésus (OC VII, pp. 136 ss.).
3 Cfr. Cahiers de jeunesse, O C IX, pp. 81, 86. Sull’importanza di Ozanam per Re
nan ha scritto pagine definitive George Sorel, Le système historique de Renan, Paris,
s.d. (ma 1906), pp. 230 ss. L a critica romantica al nivellement del mondo meccanizzato
era stata assunta da Renan, prima ancora che attraverso Michelet, grazie alla mediazio
ne dello scrittore bretone Emile Souvestre, autore del romanzo «utopico» Le monde tei
qu’il sera (assai apprezzato da Renan per la critica alla vita meccanizzata: cfr. ad es.
Cahiers de jeunesse, O C IX, p. 72) in cui l’industrialismo dei saintsimoniani assumeva i
contorni di un’utopia negativa e sfociava nella descrizione di uno spettrale stato futuro
in cui un governo dispotico usa la tecnica per annullare e opprimere la vita umana.
Il romanticismo e la macchina 41
Parigi rimane certo per il mondo un gran bazar, ma non dovremmo nem
meno dimenticare che fu un francese, Renan, a scrivere il libro migliore sulle
cose che ci interessano4.
queste idee. Egli risponde: “sono troppo presi dall’idea di progresso " , e prosegue
“Nietzsche avrebbe potuto averle”» (pp. 221-222). Su Renan cfr. anche ivi, p. 119.
10 E un altro aspetto di consonanza tra Wagner e Renan: «Spesso dichiara che il
regno di Dio è già cominciato, che ognuno lo porta dentro di sé e può, se è degno,
gioirne, che questo regno ciascuno lo crea silenziosamente attraverso la vera conversio
ne del cuore. Il regno di Dio non è allora che il bene, un ordine di cose migliore di
quello che esiste, il regno della giustizia che il fedele, secondo le sue possibilità deve
contribuire a fondare, o ancora la libertà dell’anima, qualcosa di analogo alla “libera
zione” buddistica, frutto del distacco» (Vie de Jésus, O C IV, p. 262). Il parallelo Cristo-
Budda, che non doveva certo dispiacere a Wagner che interpretava la figura di Cristo
con un atteggiamento fortemente schopenhaueriano, veniva a Renan da Pierre Leroux.
Nella voce Egalité dell’Encyclopédie nouvelle (che Renan legge nell’edizione separata
del 1848) Leroux interpretava Gesù come «Budda occidentale» distruttore delle caste e
propugnatore della dottrina dell’uguaglianza. Cfr. su questo J. Viard, George Sand et
Il romanticismo e la macchina 43
Taine... le Origines di Renan le ho appena prese in mano» (Briefe, Bd. VI, Basel-Stutt
gart, pp. 135-136). Sulla lettura di Renan da parte di Burckhardt si veda W. Kaegi, Ja
cob Burckhardt. Eine Biographie, Bd. V, Basel-Stuttgart 1973, p. 583, che insiste sul ben
maggiore apprezzamento dello storico svizzero per Taine.
20 J. Burckhardt, Sullo studio della storia, cit., p. 223.
21 J. Burckhardt, Lezioni sulla storia d’Europa, cit., p. 370.
Il romanticismo e la macchina 47
Nell’antichità, perciò, gli individui erano più liberi, poiché i loro fini erano
più vicini, più alla portata. L’uomo moderno per contro è sempre ostacolato
dall’infinità, come il veloce Achille nell’immagine di Zenone di Elea: l’infinità
lo trattiene ed egli non può neppure raggiungere la tartaruga (CV, p. 252).
22 Cfr. J. Burckhardt, Sullo studio della storia, cit., p. 229: «secondo Renan, dal
1840 si potè constatare chiaramente un generale crescente involgarimento».
48 II genio tiranno
3. ha «guerre savante»
25 J. Burckhardt, Briefe, cit., Bd. V, pp. 160-161 (26 aprile 1872). Su questi aspetti
dell’ideologia di Burckhardt, cfr. K. Lowith, Significato e fine della storia, trad. it. di F.
Tedeschi Negri, Milano 1965, pp. 44 ss.
Il romanticismo e la macchina 53
propria così della virtù feudale di devozione, in antitesi allo spirito ri
voluzionario francese.
Wagner contrappone ai «popoli romantici» accecati dalla rivolu
zione francese e che attendono dalla realizzazione della repubblica la
«felicità in terra», l’assenza di illusioni del popolo tedesco. Con la fi
gura dell’ufficiale prussiano che intende «il significato del sentimento
del dovere» quest’ultimo realizza una «comprensione più profonda»
del mondo29.
Le idee di Wagner non erano certo originali: si inserivano in un di
battito sulla vittoria prussiana come conseguenza della superiorità di
un ordine sociale solidamente gerarchizzato rispetto a una società per
petuamente ammalata di spirito rivoluzionario, che occuperà a lungo
intellettuali francesi e tedeschi30. L’esito della guerra e soprattutto la
Comune, alimentavano una discussione che, al di là delle argomenta
zioni patriottiche, militari, strettamente politico-diplomatiche, concer
neva trasformazioni profonde dei modelli di direzione sociale. In que
sto dibattito, Renan poteva vantare un diritto di primogenitura.
Nelle Questions contemporaines l’esito vittorioso della guerra mo
derna (in riferimento a Sadowa) diventa la pietra di paragone della vi
talità di un assetto sociale:
della società m oderna, com e dim ostra il paragone con gli «ou tillages
industrielles») dim ostra la capacità di direzione dell’élite scientifica,
m a dim ostra anche che il funzionam ento p resu p p o n e ingranaggi d o ci
li, la cui autoafferm azione egoistica è com pletam ente sacrificata alla
«fe d eltà» alla «fu n zio n e»32. M a il carattere di docilità e devozione è
tipico della società d i ancien régime:
Nel lungo Frammento di una forma ampliata della Nascita della tra
gedia l’antitesi tra sogno e vita desta è posta alla base della «nascita
del genio» come fenomeno fondamentale della vita ellenica:
Dopo quel che abbiamo notato sul significato preponderante del sogno
3.
L’illusione e la musica
Nel lungo frammento di una forma ampliata della Nascita della tra
gedia l’antitesi tra sogno e vita desta è posta alla base della «nascita
del genio» come fenomeno fondamentale della vita ellenica:
Dopo quel che abbiamo notato sul significato preponderante del sogno
58 II genio tiranno
per l’Uno originario, possiamo vedere tutta la vita desta del singolo uomo co
me una preparazione al suo sogno; ora dobbiamo aggiungere che l ’intera vita
di sogno di molti uomini è a sua volta la preparazione del genio (NF 1869-
1872, pp. 348-349).
1 Opera e dramma, trad. it. di L. Torchi, Torino, 1929, p. 325; d ’ora in poi cit. nel
testo come Opera e dramma.
60 II genio tiranno
Benché sia la fase in cui per l’opera d’arte è prevista una funzione
propulsiva per la rivoluzionaria necessità del cambiamento, fin da ora
essa realizza uno spazio sostitutivo dell’azione reale. A ciò cospirano la
richiesta di una «partecipazione attiva» dello spettatore alla formazio
ne del dramma, di un atteggiamento «volenteroso» di concentrazione
che distolga l’attenzione dalle «sensazioni della vita ordinaria» e so
prattutto il fatto che il dramma acquieta lo Streben individuale e rea
lizza il desiderio nel «miracolo» di una formata pienezza comunitaria.
Proprio nell’analogia tra opera d ’arte e miracolo è trasparente la
forte dimensione onirica che Wagner già ora assegna alla funzione del
dramma. Ne L'essenza del cristianesimo, Feuerbach aveva definito il
miracolo un’oggettivazione dell’onnipotenza del desiderio umano,
«realizzazione di un desiderio che oltrepassa i limiti della natura», e
ne aveva visto la corrispondenza al sentimento nel fatto che appaga i
desideri «senza sforzo, senza lavoro». La credibilità del miracolo è le
gata al suo linguaggio per immagini sensibili, che, escludendo l’inter
vento razionale, ne mascherano la contraddizione. Erano tutti ele
menti di caratterizzazione che Wagner trasferiva in Opera e dramma
per definire il miracolo dell’opera d ’arte. Soltanto l’esclusione dell’e
lemento sovrannaturale tipico del miracolo «ebraico-cattolico» lo di
stingue da questo. Nel miracolo di Wagner abbiamo quella sostituzio
ne del modo ottativo con la contemplazione appagante di «immagini»
che definisce la trasformazione del lavoro onirico, e nulla ne riprodu
ce la funzione meglio della definizione del sogno che Freud ci fa leg
gere in Über den Traum:
5 Lopera d’arte dell’avvenire, trad. it. A. Cozzi, Milano 1963, pp. 66-67 (d’ora in
poi cit., come Lopera d’arte). Sulla metafora del «mare infinito» in cui ondeggia il senti
mento liberato dal cristianesimo cfr. anche Una comunicazione ai miei amici (1851) in R.
Wagner, Gesammelte Schriften, IV, p. 291, dove è importante l’insistenza di Wagner sul
l’impossibilità del cristianesimo di produrre miti: il carattere «cristiano-romantico» del
Lohengrin è una «esteriorità casuale» e l’opera, come pure L’Olandese volante, di cui
Wagner dichiara la filiazione dal mito di Ulisse, è in realtà una ripresa del mito antico, in
cui l’inconscio del genere fissa il proprio desiderio in figure determinate ed appaganti.
6 Si tratta del linguaggio in cui Adorno ha denunciato la presunzione di una re
staurata parola dell’Essere: cfr. Th. W. Adorno, Versuch über Wagner, in Gesammelte
Schriften, 13, Frankfurt a.M. 1971, p. 56.
U illusione e la musica 63
Le ali potenti del genio di Mozart avevano in realtà lasciate intatte le forme
dell’opera: egli non aveva fatto che dirigere in queste forme il torrente di fuo
co della sua musica; ma esse erano tuttavia impotenti a contenere questo tor
rente, per modo che egli le infranse e si versò là dove allargarsi e scorrere
sempre più libero, finché noi lo troviamo potentemente ingrossato e diventa
to un mare immenso nelle sinfonie di Beethoven. Mentre la musica spiegava e
sviluppava la sua potenza smisurata nel campo delle specie strumentali pure,
quelle forme dell’opera restarono come muri arsi, come pareti nude e fredde
nel loro aspetto antico, aspettando il nuovo ospite che vi fissasse la sua fugge
vole dimora (Opera e dramma, p. 53).
me semplice cartilagine del suono della voce; era la parola necessaria, onnipo
tente, che tutto raccoglieva, ove la piena dei sentimenti che traboccavano dal
cuore poteva riversarsi intera, era il porto sicuro del viandante irrequieto, la
luce che irradia la notte del desiderio infinito, la parola che l’uomo del mon
do, redento, cacciò dal cuore dell’universo, e che Beethoven pose come una
corona ai culmini della sua creazione. « Gioia!» era questa parola, e per essa
così gridava agli uomini: «Abbracciatevi, o milioni di esseri! Sia il bacio dell’in
tero universo!» Questa parola sarà il linguaggio dell’opera d’arte dell’avvenire.
L’ultima sinfonia di Beethoven è la redenzione della musica dal suo ele
mento più peculiare verso l’arte universale. E il vangelo umano dell’arte del
l’avvenire. Dopo di essa non è più possibile alcun progresso, perché non può
seguirla immediatamente che l’opera più perfetta: il dramma universale, di cui
Beethoven ci ha fornito la chiave artistica (L’opera d’arte, pp. 80-81)7.
L’inno alla gioia nella nona sinfonia prefigura non solo l’opera
d ’arte dell’avvenire, ma anche la nuova comunità di uomini tragici de
gni di tale opera, la cui pienezza di vita sia capace di sopportare la po
tenza dell’espressione musicale, uomini di statura «tanto splendida
che i suoi ritmi melodici potessero trascinarli, ma non spezzarli» (L'o
pera d’arte, p. 79).
7 Così in Opera e dramma, p. 353: « ... questa melodia, tal quale essa appare, è
precisamente quella, che dalla immensa profondità della musica di Beethoven si spinse
alla sua superficie, per salutare, nella IX sinfonia, la luce chiara del giorno ... Solamen
te il verso del poeta era in grado di arrestarla a quella superficie, sulla quale essa, altri
menti, si sarebbe manifestata sol come una fuggevole apparizione, per risommergersi
rapidamente, senza questo sostegno, nella profondità del mare». Cfr. anche L’opera
d’arte, p. 66 e il Rapporto sull’esecuzione della «Nona sinfonia» di Beethoven a Dresda
nel 1846 col relativo programma, in Ricordi battaglie visioni, cit., pp. 194-195.
8 Cfr. E. Newmann, The life o f Richard Wagner, vol. IV, Cambridge U.P., 1979, p.
135, e soprattutto C. v. Westernhagen, Wagner, trad. it. di M. Montanari, Milano 1977,
pp. 230 ss.
L’illusione e la musica 65
greco, Nietzsche si muove ancora sulle orme della prima teoria wagne
riana dell’unità di musica e parola, e adducendone a modello «i nostri
canti popolari» scrive:
forine spettrali nel più remoto sfondo del mondo onirico interiore» (Spirito dell’utopia,
trad. it. di V. Bettolini e R. Coppellotti, Firenze 1980, p. 165). Ma l’opera di Bloch è in
comprensibile se non si vede la continua utilizzazione in chiave utopica di temi teorici
wagneriani (ripresi fin nelle analisi particolari) e soprattutto del Beethoven. La prefe
renza accordata da Bloch al Wagner «interiore» e visionario spiega la valorizzazione del
Tristano e del Parsifal nei confronti della «torbida ferinità» d Æ Anello.
13 Beethoven (1870), in Ricordi battaglie visioni, p. 267 (d’ora in poi cit. come
Beethoven). Ugualmente a proposito della Messa Solenne: «Le voci del canto vi sono
trattate esattamente come strumenti umani nel senso che Schopenhauer attribuiva loro
giustamente» (p. 269).
68 II genio tiranno
sonale (Parerga, p. 393). Nella Lettera a Heinrich von Stein, del gen
naio 1883, Wagner tornava ancora sullo Shakespeare veggente, dal cui
«sublime silenzio» prende le mosse «il dramma inteso alla nostra ma
niera», definendosi come terso riflesso della «silenziosa interiorità».
Qui la eliminazione della parola, nella sua dimensione descrittiva e
rumorosa, adeguata soltanto ad esprimere le Anschauungen equipara
te alle Meinungen, i punti di vista della pubblica opinione, linguaggio
delle apparenze del theatrum mundi, è drastica. Chi veramente «ve
de» non può parlare, ed unicamente il «silenzio veggente ... fa germi
nare la forza di rappresentare ciò che è stato visto» (Gesammelte Sch
riften, X, p. 319).
Ma è un aspetto che, strettamente connesso al Tristano e alla medi
tazione su Schopenhauer, compare almeno fin dal ’59. In una lettera
alla Wesendonck del 19 gennaio di quell’anno, il «chiaroveggente» si
sottrae alla follia nel silenzio; e alla stessa, il 21 dicembre 1861:
Ho l’occhio soltanto per distinguere il giorno dalla notte, la luce dall’oscu
rità. Per quanto riguarda i rapporti con l’esterno, è proprio la morte: io vedo
soltanto immagini interiori, e solo queste reclamano il suono14.
quando penso che queste figure, come Kundry, dovranno venire imbacuc
cate, mi vengono subito in mente le repellenti feste artistiche; dopo aver crea
to l’orchestra invisibile, vorrei scoprire anche il teatro invisibile!17
16 L. Spitzer, Harmonia del mondo. Storia semantica di un’idea, trad. it. di V. Poggi,
Bologna 1967, pp. 215-217, con il richiamo a Mann.
17 Die Tagebücher, vol. II, p. 181 (23 set. 1878). Nella sua lettura di Wagner, Mal
larmé aveva avanzato l’immagine di un teatro ideale, senza attori e senza scene, che vie
ne in tal modo a confondersi con il libro (cfr. G. Macchia, Baudelaire critico, Firenze
1939, p. 273). L’amico Andrea Zambrini ha richiamato la nostra attenzione sulla centra
lità di questo aspetto nei Commentari di Boulez alla messa in scena del Siegfried, dove
la richiesta di Wagner viene individuata in una eccedenza della immaginazione dello
spettatore rispetto alla «rappresentazione materiale»: «Riunire così nella stessa rappre
sentazione il teatro immaginario e la drammatizzazione visiva è uno dei problemi prin
cipali dell’opera, e più specificamente del dramma wagneriano... Più si va avanti nel
dramma, più la struttura musicale è serrata, densa; più essa si basa su una rigorosa or
ganizzazione dei motivi musicali, con l’esclusione, quasi, dei motivi secondari o aned
dotici, e più l’ equivalente scenico diventa difficile, perfino impossibile» (P. Boulez-P.
Chéreau, Commentaires sur «Mythologie et idéologie», Bayreuth 1977).
70 II genio tiranno
Sembrerà quasi che per una fulminea trasmigrazione delle anime questo
genio sia entrato in tutti quei corpi semi-animaleschi, e che ormai guardino
attraverso un unico occhio demonico... Se considerate ora nuovamente l’or
chestra sublimemente tumultuosa o intimamente lamentosa, se in ogni suo
muscolo indovinate un’agile tensione e in ogni suo gesto una necessità ritmi
ca, sentirete allora anche voi che cosa sia un’armonia prestabilita fra colui che
guida e coloro che sono guidati, e comprenderete che nell’ordinamento degli
spiriti tutto tende a costruire una siffatta organizzazione (BA, p. 206).
Del resto, il Parsifal stesso doveva solo alla fuga da questo mondo la sua
origine e la sua vita! Chi potrebbe per tutta una vita guardare con sensi aperti
e libero cuore a questo mondo di delitti e di rapine organizzate legalizzate
dalla menzogna, dall’inganno e dall’ipocrisia senza distogliersi da esso, a trat
ti, con disgusto pieno d’orrore? Dove va allora il suo sguardo? Il più delle
volte alla profondità della morte. Ma a chi per diversa vocazione è stato scelto
ed isolato dal destino, sembra invece che la più veritiera immagine del mondo
stesso sia Fammonimento della sua anima più intima, che gli profetizza la re
denzione. Dimenticare davanti a questa immagine, che è come un sogno vero,
questo mondo reale di menzogna, sembra essere allora la ricompensa della
LIillusione e la musica 73
sincerità piena di dolore con cui egli ha riconosciuto che questo mondo è pie
no di disperazione (Das Bühnenweihfestspiel, cit., p. 307).
26 In una lettera alla Wesendonck del 10 aprile 1859 si legge: «Fanciulla! Questo
Tristano diviene qualcosa di terrihile\ Questo ultimo atto! ! ! Temo che quest’opera sia
vietata - a meno che la cattiva rappresentazione non riduca il tutto ad una parodia - so
lo mediocri rappresentazioni possono salvarmi! Quelle completamente buone rende
ranno pazzo ruditorio... E di una tragicità tremenda che tutto travolge!» (Richard Wa
gner an Mathilde Wesendonck, cit., p. 123).
78 II genio tiranno
nuovo mondo luminoso dal cui terreno gli sbocciava la melodia umana tanto
cercata, divinamente dolce, pura e innocente Beethoven, pp. 266-267).
C’è una parte della notte in cui il solitario dirà: «ascolta, ora il tempo è ces
sato!». In tutte le veglie notturne, soprattutto quando ci si trova in insoliti
viaggi e camminate di notte, si prova uno strano sentimento di stupore riguar
do a questa parte della notte (intendo le ore tra l’una e le tre), una specie di
«troppo breve!» oppure «troppo lungo!», in breve l’impressione di un’anoma
lia nel tempo. Forse che in quelle ore noi, in quanto eccezionalmente svegli,
dobbiamo espiare il fatto di trovarci di solito durante tale periodo nel caos
temporale del mondo del sogno? Basta, dall’una alle tre di notte non abbiamo
più l’«orologio nel cervello». Mi sembra che proprio questo era espresso an
che dagli antichi con «intempestiva nocte» «èv àwpovuxrL» (Eschilo), quindi
«in quel punto della notte dove non esiste il tempo» (FP 1885-87, p. 166).
Abbiamo visto che nelle altre arti l’ispirazione della volontà a diventare in
teramente conoscenza può essere appagata solo in quanto persiste silenziosa
nel suo intimo: sembra che essa dal di fuori attenda una notizia liberatrice sul
proprio conto; se questa non le basta, si mette da sé in stato di chiaroveggen
za e così, oltre ogni limite di tempo e spazio, riconosce se stessa come princi
pio dell’universo. Ciò che essa vede in questo caso non è comunicabile in al
cuna lingua; come il sogno che facciamo nel sonno più profondo può essere
tradotto soltanto nel linguaggio di un secondo sogno allegorico, precedente
l’attimo del risveglio, può cioè segnare il passaggio alla coscienza desta, così la
volontà per la diretta immagine della visione di sé, crea un secondo organo di
comunicazione che, mentre con un lato è rivolto alla sua introspezione, con
l’altro tocca il mondo esterno riemergente al risveglio attraverso la diretta e
simpatica manifestazione del suono. La volontà chiama, e nella risposta si ri
conosce: cosi, la chiamata e la controchiamata diventano per essa un gioco
confortante e infine incantevole (Beethoven, pp. 237-238).
... la co sa p u ò con durre anche a una spiegazion e del con tagio del son n am
b u lism o in genere, com e p u re d ell’an aloga com un icazione di u n ’im m ediata
attività della secon d a vista, attraverso il con tatto reciproco delle perso n e che
p o sse gg o n o tale dote, e infine della trasm ission e, e quin di della com unione,
delle visioni in generale (Parerga, p. 338).
29 Ma proprio nella compassione rivolta alle esistenze più umili è visibile in Wa
gner quel meccanismo di potenza che Nietzsche ha più volte sottolineato nel sentimen
to di compassione. Così, ad esempio, in una lettera alla Wesendonck la pietà suscitata
dal grido dell’animale è ampliamento della propria personalità: «L a mia compassione fa
della sofferenza degli altri una verità. Quanto più è piccolo l’essere di cui provo com
passione, tanto più esteso e comprensivo è il campo della mia sensibilità - vi è qui quel
tratto del mio carattere, che agli altri può apparire come debolezza» (Richard Wagner
an Mathilde Wesendonck, cit., p. 52).
82 II genio tiranno
30 «E ssa ha un che di fuga da questo mondo, lo nega, non lo trasfigura [...] In tale
collocazione dell’arte sta la sua forza e la sua debolezza: è cosi difficile tornare poi in
dietro alla semplice vita. H miglioramento della realtà non è più lo scopo...» (NF 1874,
pp. 381-382).
31 II tentativo di annettere Wagner all’affermazione greca (il tema della Heiterkeit)
contro il buddismo schopenhaueriano e la superficialità ottimistica della civilizzazione
è sviluppato particolarmente nell’Abbozzo di dedica del febbraio 1871. L’alternativa tra
India e Grecia è intesa e chiarita come alternativa tra Schopenhauer e Wagner. Cfr. NF,
p. 367 ss.; e inoltre NF, p. 297: «Il mondo greco come l’unica e più profonda possibilità
di vita. Riviviamo il fenomeno che ci spinge o verso l’India o verso la Grecia. Questo è
il rapporto tra Schopenhauer e Wagner».
84 II genio tiranno
Sereno e sorridente egli si volge ora a guardare le finte immagini del mon
do, che un tempo sapevano scuotere e affliggere anche l’animo suo, ma ora
gli stanno innanzi indifferenti come i pezzi di una scacchiera a gioco finito, o
come al mattino i vestiti da maschera smessi e dispersi, le cui parvenze ci ave
vano stuzzicati ed eccitati la notte di carnevale. La vita e le sue forme ondeg
giano oramai davanti a lui come una fuggitiva visione, o come appare nel dor
miveglia un lieve sogno mattutino, attraverso il quale già traluce la realtà, e
che più non perviene ad illuderci: e appunto come questo sogno svaniscono,
senza un brusco passaggio (Il mondo, p. 486).
32 Cit. in H. Mayer, Richard Wagner, trad. it. B. Bianchi, Milano 1967, p. 223.
L’illusione e la musica 85
li tedeschi, nel maggior grado di istruzione delle truppe tedesche, nella più
scientifica condotta di guerra. Ma in qual senso potrebbe ancora pretendere
di aver vinto la «cultura» tedesca, se si volesse separare da essa l’istruzione te
desca? In nessuno: giacché le qualità morali di più severa disciplina e di più
severa obbedienza non hanno niente a che fare con la formazione, e distin
guevano per esempio gli eserciti macedoni di fronte agli eserciti greci, incom
parabilmente più coltivati (DS, pp. 170-171).
35 Cfr. la lettera a Gersdorff del 4 agosto ’69: «Inoltre ho conosciuto un uomo che
come nessun altro mi fa manifesta l’immagine di ciò che Schopenhauer chiama “il ge
nio” , e che è tutto compenetrato di quella filosofia meravigliosamente interiore... È do
minato da una così assoluta idealità... che accanto a lui mi sento come vicino al divino»
{Epistolario II, p. 34; cfr. anche pp. 13, 17).
88 II genio tiranno
questione: doveva essere così? A poco a poco il giovane sente il bisogno della
storia, per apprendere in che modo le cose hanno preso questo corso. Con
ciò tuttavia egli impara, che le cose possono anche andare diversamente. In
che misura l’uomo esercita un potere sulle cose? Questa è la domanda, in
ogni educazione. Ora, per mostrare come le cose possano seguire un corso
del tutto differente, si indichino come esempio i Greci. I Romani servono per
mostrare come le cose abbiano preso un certo corso (FP 1875, pp. 126-127).
In tale collocazione dell’arte sta la sua forza e la sua debolezza: è così diffi
cile ritornare da qui alla semplice vita!
Lo scopo non è più il miglioramento della realtà, ma l’annichilimento o il
lusione sul reale. La forza sta nel carattere settario: essa è estrema ed esige
90 II genio tiranno
5. L’illusione e la comunità
Quel desiderio stava dunque a tutti gli altri suoi desideri nello stesso rap
porto, in cui la specie sta all’individuo, ossia come una cosa infinita ad una fi
nita. L’appagamento invece risulta propriamente solo a vantaggio della specie
e non cade quindi nella coscienza dell’individuo, il quale qui, animato dalla
volontà della specie, serviva con ogni sacrificio ad uno scopo, che non era il
suo proprio (ivi, p. 659).
...N on vogliamo più vivere ed agire, dicono altri. E tuttavia agiscono, an
che il quietismo è un minimum d’azione; ed è indifferente se si vive molto o
poco. Agiamo quindi in piena autoaffermazione, dicono altri: serviamo il pro
cesso universale. La conoscenza che il singolo non può sottrarsi, ci trattiene
(NF, p. 105).
Ogni uomo, con tutta la sua attività, acquista una dignità solo in quanto
sia coscientemente o incoscientemente, uno strumento del genio; onde si può
dedurre senz’altro la conclusione etica che l’«uomo in sé», l’uomo in assoluto,
non possiede né dignità, né diritti, né doveri: solo come essere pienamente
determinato, al servizio di scopi ignoti, l’uomo può giustificare la propria esi
stenza (CV, p. 236).
100 II genio tiranno
Sul pathos della verità presenta il filosofo come figura doppia. Con
la metafisica il filosofo può potenziare il carattere narcotico dell’arte,
ma esiste anche, sullo sfondo, come possibilità minacciosa, il filosofo
che assume il peso della conoscenza come funzione nichilistica, che
mostra l’uomo sognante «sospeso, per così dire, sul dorso di una ti
gre». « “Lasciatelo stare” esclama l’arte. “Risvegliatelo” esclama il filo
sofo, nel pathos della verità. Ma egli stesso sprofonda, mentre crede di
scuotere il dormiente, in un magico sonno ancora più profondo - for
se egli sogna le “idee” oppure l’immortalità. L’arte è più potente della
conoscenza, poiché essa vuole la vita, mentre la conoscenza raggiunge
come suo fine ultimo soltanto - l’annientamento» (CV, p. 217). Que
sta seconda, minacciosa potenzialità del filosofo è presentata come
realizzata in Eraclito con l’immagine (cara anche a Schopenhauer) del
filosofo desto, antitetico all’artista-santo, privo di rapporto compas
sionevole con l’umanità:
Il suo agire non si rivolge mai ad un «pubblico», all’applauso delle masse
e al coro osannante dei contemporanei. Il percorrere la strada da soli rientra
nell’essenza del filosofo... Da lui non sgorga nessun sentimento strapotente
di commozione compassionevole, nessun desiderio di aiutare, risanare e sal
vare. Egli è un astro privo di atmosfera... Fra gli uomini Eraclito era, come
uomo, incredibile (PHG, pp. 304-305; cfr. CV, p. 213).
come l’uomo ancora oggi ragiona in sogno, così l’umanità ragionò anche
nella veglia per molti millenni: la prima causa che si presentava alla mente per
spiegare qualcosa che abbisognava di spiegazione, le bastava ed era ritenuta
verità... Nel sogno continua ad agire in noi questa antichissima parte di uma
nità, poiché essa è la base sulla quale si sviluppò e ancora si sviluppa in ogni
uomo la superiore ragione; il sogno ci riporta indietro in remoti stadi di ci
viltà umana e fornisce il mezzo per comprenderli meglio (ivi, p. 24).
si attribuisce loro [ai geni] una visione immediata dell’essenza del mondo,
come attraverso un buco nel mantello dell’apparenza, e si crede che grazie a
tale miracolosa, profetica visione, essi possano comunicare, senza la fatica e il
rigore della scienza, qualcosa di definitivo e di decisivo sull’uomo e sul mon
do (ivi, p. 131).
Con la fine delle vie privilegiate e del simplex sigillum veri, il filo
sofo si allontana dal mito dell’Ur, dall’apologià del primitivismo e dei
suoi stili di pensiero, ed esige uno sguardo desto adeguato alle «più se
104 II genio tiranno
vere esigenze di pensiero che vengono poste dalia più alta civiltà» (ivi,
p. 22). Il sogno viene ricondotto ai suoi termini di «riposo per il cer
vello» rispetto all’impegno agonale del giorno. La sfida evolutiva della
conoscenza è in primo piano in questo periodo: lo spirito libero cerca
di coniugare la «verità» con un tipo di esistenza alternativa a quella
inconscia della comunità primitiva:
Noi esigiamo che il bene dell’umanità costituisca il punto limite del domi
nio della ricerca della verità (non il pensiero-guida, ma quello che traccia de
terminati confini) (FP 1877, p. 447).
Forse che non si trova nella testa ciò che lega gli uomini: la comprensione
per l’utilità e lo svantaggio comuni, e nel cuore ciò che li divide: il cieco sce
gliere e brancolare nell’amore e nell’odio, la devozione per uno a spese di tut
ti e il disprezzo, da ciò derivante, dell’utilità generale? (VM, p. 77).
Sembra che nelle epoche passate si sia già prodotta sovente la stessa cosa
che oggi avviene sotto i nostri occhi e orecchi nello sviluppo della musica,
specialmente della musica drammatica: mentre in un primo tempo la musica,
senza danza e mimo (il linguaggio dei gesti) esplicanti, è vuoto rumore, l’orec
chio, attraverso una lunga abitudine a quella unione di musica e di movimen
to, viene educato ad interpretare immediatamente le figure musicali, e giunge
infine a un grado di rapida comprensione, in cui non ha più affatto bisogno
del movimento visibile per comprendere il musicista. Si parla allora di musica
assoluta, cioè di musica in cui tutto viene inteso simbolicamente senza altri
sussidi (MA, p. 149).
l’artista) c’è ora la volontà modesta di fare della commedia umana so
lo un episodio trascurabile sullo sfondo di vicissitudini cosmiche:
la goccia di vita che è nel mondo è senza importanza per il carattere totale
del mostruoso oceano di divenire e trapassare... Forse la formica nel bosco
immagina altrettanto fortemente di essere meta e scopo della esistenza nel bo
sco, come facciamo noi quando alla fine dell’umanità, nella nostra fantasia, ri
colleghiamo quasi involontariamente la fine della terra: anzi siamo ancora
modesti quando ci fermiamo a ciò e non organizziamo, per i funerali dell’ulti
mo uomo, un crepuscolo universale del mondo e degli dèi. Anche l’astrono
mo più spregiudicato quasi non può immaginare la terra senza vita altro che
come lo splendente e fluttuante tumulo dell’umanità (WS, p. 142).
4.
Il romanticismo e la scienza:
Nietzsche, Wagner, Renan
logo sia nelle lettere precedenti la venuta a Basilea sia nelle conferenze
Sull’avvenire delle nostre scuole. In una lettera a Deussen del ’68, il fi
lologo è legato a un ruolo produttivo limitato, e anche per i «nostri
massimi talenti filologici» vale la loro assimilazione a «operai» subor
dinati al genio filosofico che si identifica con il «datore di lavoro», co
lui che indica lo scopo e conosce la destinazione della cooperazione di
fabbrica (Epistolario I, pp. 622-623). La divisione del lavoro, legata al
trionfo degli specialismi e allo sviluppo unilaterale delle facoltà umane
è l’apice della moderna «barbarie» civilizzatoria, a cui Nietzsche con
trappone la schilleriana cultura come «unità di stile nella vita di un
popolo». La schiavitù si espande a tutta la società nel momento in cui
l’apice strumentale e limitato ha perso il riferimento e la subordinazio
ne al senso, tipica del mondo greco, in cui tutto è funzionale al genio
che realizza la coesione comunitaria. A differenza della visione para
digmatica del mondo greco in cui non domina una divisione meccani
co-artificiale del lavoro, ma ogni professionalità è legata spontanea
mente, per “istinto”, all’inconscio fondo vitale ed appare come fatum-,
nei frammenti postumi del 1869-70, ad es., si legge:
La schiavitù dei barbari (cioè la nostra).
Divisione del lavoro è principio della barbarie, dominio del meccanismo.
Nell’organismo non vi è alcuna parte separabile.
L’individualismo dell’epoca moderna e l’opposto nell’antichità. L’uomo
completamente isolato è troppo debole e viene preso nei lacci della schiavitù:
p. es. di una scienza, di un concetto, di un vizio (NF 1869-1870, p. 73).
1 Nietzsche mette in luce la forza dissolutrice della criticità di Socrate, nelle sue
peregrinazioni, verso l’esercizio istintivo delle varie attività nella polis. Nietzsche fa ve
dere inoltre come con Socrate ed Euripide trionfi il carattere borghese fino al suo do
minio completo con la commedia dell’intrigo: «L ’attimo e l’arguzia sono le sue divinità
supreme; predomina ora, almeno secondo i sentimenti, il quinto stato, quello dello
schiavo» (SGT, p. 30).
Il romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 111
3 R. Wagner, Loro del Reno, a cura di G. Manacorda, Firenze 1974, pp. 107-108
Sulla contrapposizione lavoro-arte è da confrontare il brano di Arte e rivoluzione (p. 314)
e la figura di Wieland il fabbro in Lopera d’arte dell’avvenire. Su questo ha scritto pagine
importanti F. Orlando, Proposte per una semantica del Leit-motiv nell’«Anello del Nibe-
lungo», «Nuova Rivista musicale italiana», anno IX, n. 2, apr.-giu. 1975, pp. 230-247.
Il romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 113
Credete a me: quando gli uomini devono lavorare e diventare utili nella
fabbrica della scienza prima di essere maturi, la scienza è in breve tanto rovi
nata quanto lo sono gli schiavi impiegati per troppo tempo in questa fabbrica.
Io deploro che sia ormai necessario servirsi del gergo dei padroni di schiavi e
dei datori di lavoro per designare quei rapporti che di per sé dovrebbero esse
re pensati liberi da utilità, sottratti alle miserie della vita; ma involontariamen
te vengono in bocca le parole «fabbrica», «mercato del lavoro», «offerta»,
«utilizzazione» - o comunque suonino i verbi ausiliari dell’egoismo - quando
si vuol descrivere la generazione di dotti più recente (HL, pp. 318-319).
5 Cfr. NF, 1872-73, p. 13, dove Wagner e Schopenhauer sono unificati nel tentati
vo di superare l’alessandrinismo.
6 Ibidem. Questo è l’aspetto che in Ecce homo Nietzsche vede al centro dell7»a/-
tuale sulla storia: «L a seconda Inattuale (1874) mette in luce quanto c’è di pericoloso,
di corrosivo e venefico per la vita nel nostro modo di praticare la scienza: la vita malata,
a causa di questo ingranaggio e meccanismo disumanizzato, a causa della “impersona
lità” del lavoratore, di questa falsa economia della “divisione del lavoro”. Si perde lo
scopo, ossia la civiltà - e il m ezzo, cioè la pratica scientifica m oderna, viene
Il romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 115
9 NF, 1873, pp. 243, 280. Quando il carattere eroico dello sperimentare verrà in
primo piano, troverà ancora espressione nel termine «vivisezione»; «L a vivisezione è
una prova : chi non la sopporta non è dei nostri (e di solito vi sono anche altri segni, per
esempio Zöllner)» (FP 1884, p. 78).
10 «Allo stesso modo che per un terremoto le città crollano, si spopolano e l’uomo
costruisce solo tremando e di nascosto la sua casa su un suolo vulcanico, così anche la
vita si abbatte su se stessa, diventando debole e scoraggiata, se il terremoto di idee che
la scienza provoca toglie all’uomo il fondamento di tutta la sua sicurezza e la sua pace,
la fede in ciò che perdura ed è eterno. Ma la vita deve dominare sulla conoscenza, sulla
scienza, oppure la conoscenza sulla vita?» (HL, pp. 351-352).
Il romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 117
scienza invece odia l’oblio, la morte del sapere, come pure cerca di eliminare
tutte le delimitazioni dell’orizzonte e getta l’uomo in quel mare infinito e illi
mitato di onde luminose, nel mare del divenire conosciuto (HL, p. 351).
11 BA, p. 129: la perdita del passo «naturale» causa dapprima, nel soldato che im
para a marciare, il terrore di aver disimparato addirittura a camminare, «poi all’improv
viso ci si accorge che i movimenti imparati ad arte si sono già trasformati in una nuova
abitudine e in una seconda natura, e che l’antica sicurezza e l’antica forza del passo ri
tornano ormai rinvigorite, e accompagnate persino da una certa grazia: ora si sa anche
quanto sia difficile camminare, e ci si può prender giuoco di chi nel camminare è un
rozzo empirico, oppure un dilettante che creda di muoversi elegantemente».
118 II genio tiranno
11 regno della metafisica, e con esso l’area della verità «assoluta», è stato
innegabilmente inserito in un’unica categoria insieme con la religione e la
poesia. Chi vuole conoscere qualcosa, si limita ora ad una conoscenza della
cui relatività egli stesso è consapevole, come per esempio tutti i famosi studio
si di scienze naturali. Per alcuni la metafisica appartiene dunque alla sfera dei
bisogni dell’anima, è essenzialmente edificazione. Per altro verso essa è arte,
quella cioè della poesia concettuale. Una cosa è certa però: la metafisica, sia
come religione che come arte, non ha nulla a che vedere con il cosiddetto
«vero o essere in sé» (Epistolario I, pp. 575-576).
12 Più tardi, Nietzsche interpreterà questi presunti istinti metafisici verso un ideale
saldo come «gli istinti di esseri angosciati, che sono ancora dominati dalla morale: essi
agognano un signore assoluto, qualcosa di amabile, che dica la verità - insomma questo
desiderio degli idealisti deriva, dal punto di vista morale-religioso, dalla mentalità degli
schiavi» (FP 1884, p. 82).
I l romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 119
Ogni specie di cultura - scrive Nietzsche - comincia con questo, che una
quantità di cose viene velata. Il progresso degli uomini è legato a questo na
scondimento, la vita in una sfera pura e nobile e il porre fine agli allettamenti
più comuni... Se noi utilizziamo i grandi individui come nostre stelle guida,
noi copriamo con un velo molto in loro, anzi noi nascondiamo tutte le circo
stanze e i casi che hanno reso possibile il loro sorgere, noi ce li isoliamo per
poterli venerare (NF 1872-73, p. 23).
15 F.A. Lange, Storia del materialismo, trad. it. di A. Treves, Milano 1932, vol. II,
p. 570.
120 II genio tiranno
14 Per questo aspetto, sul quale hanno richiamato l’attenzione illustri commentato-
ri ÔÆAvenir de la science (Michel Bréal, Léon Brunschvicg ecc.), cfr. almeno D. Paro
di, Ernest Renan et la philosophie contemporaine, «Revue de métaphysique et de mora
le», XXV I, 1919, pp. 41-66.
I l romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 121
ch’essi tagliavano, o tutt’al più la regione limitata dove essi la piazzavano. Si
mili a formiche, essi apportano ciascuno il proprio tributo individuale, rove
sciano qualche ostacolo, si incrociano senza posa, in apparenza in un disordi
ne completo e non facendo che intralciarsi l’un l’altro. E tuttavia succede che,
attraverso i lavori riuniti di tanti uomini, senza che vi sia stato un piano stabi
lito prima, una scienza si trova organizzata nelle sue belle proporzioni. Un ge
nio invisibile è stato l’architetto che presiedeva all’insieme e faceva concorre
re gli sforzi isolati verso una perfetta unità (OC III, p. 824).
una filosofia che presenta lo sviluppo della storia umana come esplici-
tazione di originari ed oscuri germi spontanei, che l’analisi non fa che
togliere dal primitivo inviluppo rispettandone però la destinazione. In
tal modo il «morcellement» analitico della vita è riconducibile ad un
disegno ideologico che ne garantisce la disponibilità alla nuova riap
propriazione sintetica. Nella prima versione dell’Origine du langage,
in cui il debito verso Cousin è ancor più evidente, è alla «psychologie
du spontanée» di Cousin che Renan affida la spiegazione dell’origine
e sviluppo del linguaggio. Essa offre una versione accettabile della tesi
bonaldiana del linguaggio come rivelazione divina, traducendola in
termini panteistici:
Il primo fatto psicologico racchiude implicitamente tutto ciò che è nel fat
to più avanzato. Questo non contiene nulla di più del fenomeno che per pri
mo rivelò l’uomo a se stesso. E forse successivamente che l’uomo ha conqui
stato le sue diverse facoltà? Chi oserebbe soltanto pensarlo? Ora noi siamo
autorizzati a stabilire una rigorosa analogia fra i fatti relativi allo sviluppo psi
cologico e i fatti relativi allo sviluppo del linguaggio. È altrettanto ridicolo
supporre che il linguaggio arrivi faticosamente alla conquista delle sue parti,
quanto che lo Spirito umano cerchi le sue facoltà le une dopo le altre. Tutto
ciò che è costituito come un tutto vivente, tutto ciò che è organizzato, è com
pleto fin dai primi istanti della sua esistenza. Non vi sono che le unità fittizie
e artificiali che risultino da somme e aggiunte successive17.
che è nel genio che si concentra l’identità autentica del popolo, la de
stinazione divina chiusa nella istintiva spontaneità creatrice al di là
della sua forma storica effettiva, che è solo un’alterazione della sua
natura profonda21. La «belle science» àÆAvenir, portata dai geni cui
sottostà la folla degli ouvriers scientifici, realizzazione dell’ideale in
cui si esplicita teleologicamente il disegno architettonico del “Dio na
scosto” nel gran corpo dell’umanità, è dunque tesa - in un modo che
resterà sempre caratteristico di Renan - tra aspirazione romantica a
una nuova totalità religiosa e aspirazione scientista a un’enciclopedia
come collaborazione armonica dei saperi speciali gestita da una casta
sacerdotale di savants-geni:
Son riuscito a far ben capire la possibilità di una filosofia scientifica, di una
filosofia che non sarebbe più una vana e vuota speculazione intorno ad ogget
ti privi di realtà, di una scienza che non sarebbe più secca, arida, esclusiva,
ma che, divenendo completa, diverrebbe religiosa e poetica? L a parola ci
manca per esprimere questo stato intellettuale, dove tutti gli elementi della
natura umana si riunirebbero in un’armonia superiore, e che, realizzato in un
essere um ano, costituirebbe l ’uom o perfetto. Io lo chiamo volentieri,
sintesi... (OC III, p. 968).
21 «Il popolo, nella sua idea più alta, si trova difficilmente nel popolo. Dovunque
guardi, non di lui si tratta, ma di una certa classe, di una certa forma parziale del popo
lo, alterata ed effimera. Nella sua verità, nella sua potenza più alta, non è presente altro
che nell’uomo di genio; in lui risiede la grande anima... Tutti si stupiscono al vedere le
masse inerti che vibrano al suo minimo cenno; il rombo dell’oceano che si tace davanti
a questa voce, l ’onda popolare trascinarsi ai suoi piedi... Ma perché meravigliarsi?
Questa voce, è la voce del popolo; in sé muto, esso parla in quell’uomo, e Dio con lui»
(Le peuple, cit., p. 187). Così ne UAvenir l’umanità non è l’umanità storica, ma il sup
porto materiale del nucleo divino che in essa si espande.
Il romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 125
22 22 set. 1845, in O C IX, p. 791. Sono termini che ripetono uno dei motivi cen
trali di De l’Allemagne. A Cousin e alla Staël Renan non deve solo l’iniziazione alla
Germania ma anche la permanenza di una griglia di giudizi guida, tra i quali spicca
quello sulla superiorità della morale kantiana (connaturale allo spirito e costumi tede
schi) su quella (francese e inglese) dell’«mteresse». Entro la polemica antiutilitaristica e
antiedonistica, la Stael inseriva poi quella divaricazione tra bonheur e perfectionnement
che sarà centrale nella strategia di Renan. Fin dal 1845, l’etica del dovere è vista da Re
nan come distintivo aristocratico del culto dell’ideale, che separa dal «volgo insipido»,
dal «disgustoso positivismo» del gran numero.
126 11 genio tiranno
23 È questo il tema principale dell’abbozzo del romanzo epistolare del 1848 Ernest
et Béatrix. H protagonista, seminarista tormentato da dubbi filosofici, soffre dell’impos
sibilità di realizzare un «ideale multiplo» che sviluppi tutto lo spettro degli elementi vi
tali, ed è soprattutto combattuto dall’antagonismo tra scienza e «dolci impressioni»;
l’opzione a favore della prima è sacrificio ascetico della vita sentimentale e sensibile
(OC IX, p. 1506). In un significativo frammento del ’45, pubblicato da Jean Pommier,
il tema della rinuncia è connesso a quello della scienza come vocazione sacerdotale se
gnata dalla castità. L a rinuncia al sensibile genera una anomalie che è un incanalamento
unidirezionale di energie funzionale allo sviluppo del tutto: «M a il bisogno dell’uma
nità, che esige che l’individuo sia esclusivo per essere lei completa, scusa tutto ciò»
(Travaux et jours d’un séminariste en vacance (Bretagne 1845), in Cahiers renaniens, n. 2,
A.-G. Nizet, Paris 1972, pp. 144-145). Ne L’Avenir la separazione sacerdotale del sa
vant dal mondano è ribadita di continuo e in modo caratteristico dove si nega che il
piacere dei dilettanti possa legittimamente inserirsi nell’universo scientifico. «Perché
essi si divertono, cercano il loro piacere, come l ’industriale cerca il suo profitto. Il pia
cere, essendo essenzialmente personale e interessato, non ha nulla di sacro, nulla di mo
rale» (OC III, pp. 827-828).
24 «Che cosa volete fare in questo mondo senza il sacrificio?... In quale secolo si
sono viste armate così grandi, tanti milioni di uomini, soffrire, morire, senza ribellarsi,
con dolcezza, in silenzio?» (Le peuple, cit., p. 228).
Il romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 127
tità perché possono sognarsi di negarla solo quelli per i quali non vi è nulla di
santo (OC III, p. 741).
25 Ivi, p. 793. In questo senso Renan valorizza il sogno aristotelico degli strumenti
che lavorano da soli senza intervento umano, trasferendo interamente alle macchine il
lavoro servile (ivi, p. 1046).
130 II genio tiranno
Le volontà divine sono oscure. Noi siamo uno dei milioni di fellah che la
vorano alle piramidi. La piramide è il risultato. L’opera è anonima, ma dura;
ognuno degli operai vive in essa. Non sarebbe affatto ingiusto esigere ciò che
esigono gli operai delle manifatture: essere associati all’opera dell’universo
tramite una partecipazione agli utili, per godere almeno qualcosa del risultato
del nostro lavoro. Ora, noi siamo ammessi ai lavori non ai dividendi, non sap
piamo nemmeno se ce ne sono, se il nostro salario è basso. Altri si mettereb
bero in sciopero; noi, andiamo lo stesso al lavoro.
28 OC III, p. 1031. «Se un giorno - scrive Renan - l’umanità avesse bisogno di es
sere governata al vecchio modo, di subire un codice alla Licurgo, ciò avverrebbe a
buon diritto... Sarebbe cosa comprensibile, dal momento che si attribuisce all’umanità
un fine oggettivo, cioè indipendente dal benessere individuale: la realizzazione del per
fetto, la grande deificazione. La subordinazione degli animali all’uomo, di un sesso al
l’altro, non turba nessuno, perché è opera della natura e dell’organizzazione fatale delle
cose».
Il romanticismo e la scienza: Nietzsche, Wagner, Renan 133
1. La società devota
1 «Gesù. Dostoevskij. Conosco solo uno psicologo che abbia vissuto nel mondo
in cui il cristianesimo è possibile, in cui un Cristo potrebbe nascere in ogni momento. E
questi è Dostoevskij. Egli ha indovinato Cristo: - ed è stato principalmente ciò che lo
ha istintivamente preservato dall’immaginarsi questo tipo con la volgarità di Renan... E
a Parigi si crede che Renan soffra di troppe finesses\... Ma si può sbagliare in modo più
grossolano, quando di Cristo, che era un idiota, si fa un genio? Quando di Cristo, che
rappresenta il contrario di un sentimento eroico, si fa un eroe?» (FP 1888, p. 199). Cfr.
AC, pp. 201 ss. In particolare il termine «impérieux», usato da Renan in Les Evangiles
(OC V, p. 86: cfr. il brano trascritto da Nietzsche in FP 1886-87, pp. 188-189) «da solo
già annulla il tipo» (p. 205). Una analisi puntuale del rapporto tra la storia renaniana
del cristianesimo (la cui presenza è avvertibile anche nello scritto di Tolstoj Ma religion)
sarebbe proficua - al di là del contrasto di fondo - per la definizione di particolari. B a
sti ricordare il già accennato tema dell’Himmelsreich, la centralità della categoria di
«ebionismo», la funzione e il significato del martirio: «D i fatto, si muore per delle opi
nioni, non per delle certezze; perché si crede, non perché si sa. L o scienziato che ha
scoperto un teorema non ha bisogno di morire per attestarne la verità. N e da la dimo
strazione e tanto basta... il martire non prova affatto la verità di una dottrina; prova
l’impressione che essa fa sulle anime, e questo è ciò che importa per il suo successo»
(L’Église chrétienne, O C V, p. 576; cfr. AC, pp. 239-240) etc. fino allo spunto della valo
rizzazione della superiorità ironica di Pilato: «Prendere sul serio un affare tra Ebrei - è
una cosa di cui non riesce a convincersi. Un ebreo di più o di meno - che importa?... Il
136 II genio tiranno
4 Va osservato che in una lettera a Doss del 1 marzo 1860 (cit. in R.-P. Colin, Scho
penhauer en France: un mythe naturaliste, Lyon 1979, p. 107) Schopenhauer dà un giudi
zio su Renan (riferendosi all’articolo La métaphysique et son avenir (1860), ripubblicato
in appendice ai Dialogues philosophiques e che ha al centro il rapporto tra specialismo
degli ouvriers filologi e generalità filosofiche) che anticipa quello di Nietzsche sul dilet
tantismo di Renan, incapace di pronunciare un sì o un no decisi (cfr. GD , p. 107).
5 JG B , p. 57. In questa pagina Nietzsche cita il passo dell 'Avenir religieux des so
ciétés modernes in cui si afferma che la religione è un prodotto dell’uomo normale (OC
I, p. 280), che aveva attirato anche l’attenzione di Burckhardt. Non si può dedurne una
lettura dell’opera da parte di Nietzsche, giacché l’intera citazione si trova anche in
Bourget, Essais, cit., pp. 78-79. Naturalmente Nietzsche utilizza gli elementi della ricca
analisi di Bourget senza condividerne l’adesione all’idealismo renaniano. Un solo esem
pio: la «raillerie» secondo Bourget fuori luogo con cui è stata raccolta l’equazione di
Renan Dio-Ideale (cit., p. 91) e l’identificazione erotica con la divinità, sintesi di bello,
bene, vero, è in Nietzsche pienamente giustificata: «Scherno contro gli idealisti, i quali
credono che “ verità” si trovi là dove essi si sentono “buoni” o “elevati”. Classico è il ca
so di Renan, citato da Bourget» (FP 1885, p. 395).
138 II genio tiranno
Noi viviamo nell’ombra di un’ombra. Di cosa si vivrà dopo di noi? ... Una
cosa sola è sicura, che l’umanità farà emergere da sé tutto quanto è necessario
in fatto di illusioni per adempiere i suoi doveri e compiere il suo destino. Fi
nora non è venuta meno al compito, e non vi verrà meno nell’avvenire7.
N elle pagine sulla “teod icea” Renan riprende l ’idea del grande im
broglione che gioca coi dadi truccati, usata d a G aliani com e argom en
to per sostenere un finalism o m achiavellico della natura contro il d e
term inism o m aterialistico:
il male sta nel rivoltarsi contro la natura, quando si è visto ch’essa ci ingan
na; ma sottomettiamoci. Il suo fine è buono; vogliamo ciò che essa vuole. La
virtù è un amen ostinato detto ai fini oscuri che la Provvidenza persegue at
traverso di noi8.
10 «Tutta la natura dimostra il disprezzo per l’individuo» (ivi, p. 72). 0 tema, già
presente nel giovane Renan, viene però da De l’Allemagne («la natura dispiega le sue
magnificenze spesso senza scopo, con un lusso che i partigiani dell’utilità chiamerebbe
ro prodigalità», IIIe partie, cap. IX) dove vale come argomento antiutilitaristico, per di
mostrare fondata l’esistenza dei comportamenti estetici e disinteressati.
11 Lo stesso darwinismo è accolto da Renan facendo della lotta per l’esistenza l’eli
sione reciproca dei fattori che ostacolano lo sviluppo delle potenzialità germinali, è
dunque piegato al preformismo, a una interpretazione finalistica dell’evoluzione. Cfr.
soprattutto Les sciences de la nature et les sciences historiques. Lettres a M. Berthelot
(1863) dove Renan espande in termini di cosmologia la sua teoria della marcia progres
siva (Dialogues, pp. 177 ss.),
12 Cfr. Averroès et l’Averroïsme (I ed. 1852), in O C III, pp. 117-118: «Una umanità
vivente e permanente, tale sembra dunque il senso della teoria averroistica dell’unità
dell’intelletto. L’immortalità dell’intelletto attivo non è altro che la rinascita eterna del
l’umanità e la perpetuità della civiltà. La ragione è costituita come qualcosa d’assoluto,
di indipendente dagli individui, come una parte integrante dell’universo; e l’umanità, la
quale non è altro che l’atto di una tale ragione, come un essere necessario ed eterno». È
in questa direzione che i Dialogues contrappongono la protesta di Schopenhauer al
punto di vista di Fichte che afferma «la rassegnazione, addirittura la riconoscenza, e l’a
more per lo scopo ignoto» (p. 41). Renan riprende qui il tema della Missione dell’uomo
in cui determinante è la garanzia di una volontà provvidenziale che sostiene e riassume
gli sforzi individuali. L’aspetto averroistico che la Staël sottolineava nella dottrina fich-
tiana dell’Io è assunto da Renan per una valorizzazione del sacerdozio scientifico legato
alla realizzazione del Dieu caché e al sacrificio ascetico dell’aspetto materiale che anima
lo scienziato, di una sanzione metafisica del corso del mondo verso la perfezione. Lo
scritto di Fichte è infatti animato dalla connessione di questi tre temi centrali: la vita
dell’infinito che si rivela all’occhio religioso e scioglie la consistenza della amorfa massa
materiale; la «missione» del dotto come strumento di un fine ignoto, legata all’etica del
dovere; il superamento di un andamento ciclico e ripetitivo del mondo in una rettilinea
tensione all’infinito.
142 II genio tiranno
13 FP 1888, p. 85. Per l’allusione al renaniano évangile des humbles cfr. M. Monti
nari, Kommentar zur KSA, KSA 14, p. 461.
I l caso Renan. «D ue antipodi» 143
di ghiaccio senza immaginare come questa sia sottile (OC III, p. 530).
L’origine della scienza: si faccia attenzione. Essa nasce non presso i preti e i
filosofi, suoi avversari naturali. Nasce presso i figli di artigiani e di uomini
d’affari di ogni sorta, presso gli avvocati, ecc.: gente per la quale l 'abilità di un
mestiere e i suoi presupposti si sono trasferiti a quei problemi e alla loro solu
zione (FP 1888, p. 36).
mento penoso con una rappresentazione di valore, per far sentire il dispiacere
come pregevole, dunque in senso superiore, come un piacere. In una formula:
« qualcosa di spiacevole come diventa piacevole?»... Che si facciano volentieri
le cose spiacevoli, tale è lo scopo degli ideali19.
19 FP 1887, p. 110. Cfr. anche: ivi, pp. 110-111: «K compito è quello di rendere
l’uomo utile il più possibile e avvicinarlo, fin dove si può, a una macchina infallibile; a
tal fine dev’essere fornito delle virtù di una macchina (deve imparare ad apprezzare gli
stati, in cui opera con l ’utilità di una macchina, come quelli di maggior pregio...) Una
tale esistenza ha bisogno forse più di ogni altra di una giustificazione e trasfigurazione
filosofica; i sentimenti di piacere devono essere svalutati da una qualche istanza infalli
bile come se fossero di rango inferiore; il «dovere in sé», forse addirittura il pathos della
venerazione per tutto quanto è spiacevole - e questa esigenza si esprime imperativa
mente, come al di là di ogni utilità, diletto, opportunità... L a forma di esistenza mac
chinale come suprema, rispettabilissima forma di esistenza, che adora se stessa. (Tipo:
Kant come fanatico del concetto formale “tu devi”)».
20 GM , p. 359. H termine «mandarino» è usato anche da Flaubert (il cui epistola
rio con la Sand è noto a Nietzsche: Paris, 1884, BN ) per esprimere il suo consenso con
le idee aristocratiche di Renan. Nella lettera a Renan in cui dichiarava di essere rimasto
Il caso Renan. «Due antipodi» 151
«edificato» alla lettura dei Dialogues (19-26 mar. 7 6 in Correspondance 1873-1876, pp.
297 ss.) Flaubert sottolinea il suo accordo sulla necessità del sacrificio. Anche in Flau
bert il tema del dévouement, che distingue il popolo non ancora corrotto dall’istruzio
ne, dal materialismo del borghese, è in primissimo piano (si pensi al personaggio di Fé
licité, il «demi-siècle de servitude» incorporato in Catherine-Nicaise-Elisabeth Leroux
ecc.). E tuttavia Flaubert rifiuta la trasposizione del « dévouement aveugle» che è «fana
tisme de l’homme pour l’homme» nella «idée abstraite et sèche du devoir» (cfr. lettera a
L. Colet, 27-28 febbraio 1853, Correspondance, III, p. 104, cit., in A. Cento, La «dottri
na» di Flaubert, Napoli 1967, che dedica all’argomento pagine assai penetranti).
21 Cfr. ad es. FP 1885-86, p. 76: «una nuova, enorme aristocrazia, edificata sulla
più dura autolegislazione, in cui sarà conferita una durata di millenni alla volontà di
violenti uomini filosofici e di tiranni artisti...».
152 11 genio tiranno
Prendiamo poi il piglio sorprendente con cui Hegel tagliò corto con tutte
le consuetudini e i vizi della logica, allorché osò insegnare che i concetti di
specie si sviluppano l’uno dall’altro-, con questa proposizione gli spiriti in Eu
ropa furono preformati per l’ultimo grande movimento scientifico: il darwini
smo, perché senza Hegel non ci sarebbe Darwin (FW, p. 227; ma cfr. anche
FP 1885, p. 121).
Questa lotta universale raggiunge la più chiara evidenza nel mondo ani
male, che ha per proprio nutrimento il mondo vegetale: ed in cui inoltre
ogni animale diventa preda e nutrimento di un altro; ossia deve cedere la
materia, in cui si rappresentava la sua idea, per la rappresentazione di una
idea diversa, potendo ogni animale conservar la propria esistenza solo col
sopprimerne costantemente un’altra. In tal modo la volontà di vivere divora
Il caso Renan. «Due antipodi» 155
25 Cfr. ad esempio Paul Rèe, Der Ursprung der moralischen Empfindungen, Chem
nitz, 1877, pp. 6, 9. Per Nietzsche la scomposizione genealogica non può trovare un
punto fermo in istinti originari. Questo è il limite delle genealogie «inglesi» (di cui Rèe
è un esponente), che ricostruiscono la storia della morale sulla base degli istinti di un
uomo attuale eternizzato: «D a mettere in testa: anche gli istinti sono divenuti; essi non
dimostrano niente per il soprasensibile, nemmeno per l’animale, nemmeno per il tipica
mente umano» (FP 1885, p. 123).
I l caso Renan. «D ue antipodi» 157
chiama «lotta interna». Nella lotta esterna, tra gli individui (la darwi
niana lotta per l’esistenza), si afferma l’organismo predisposto, quello
che dispone di ima forma individuale, vista come equilibrio dinamico
risultante dalle parti in lotta, che consente l’accumulo di un sovrappiù
di energia, un lusso che eccede la quantità di energia consumata nei
processi di conservazione e riproduzione, da spendere vittoriosamen
te contro gli altri organismi.
Ma ciò che interessa in particolare Nietzsche è il fatto che nel trac
ciare la natura dei fenomeni organici di «durata» e di crescita, Roux
insiste sul fatto che la capacità di assimilazione da parte dell’organi
smo è essenzialmente assimilazione del surplus («assimilano più di
quanto hanno bisogno»); l’organismo libera poi le forze eccedenti, al
le quali non può essere riconosciuto il carattere funzionale all’auto-
conservazione. Paragonando i processi organici alla combustione,
Roux distingueva così tra Leistung (impiego antiutilitario del lusso
energetico) e Funktion: «la produzione di luce è dunque una mera
prestazione (Leistung) della fiamma, o più esattamente della combu
stione, non è affatto una sua funzione (Funktion). Infatti non è affatto
utile, è una mera emissione inutile, così come lo è la produzione ter
mica troppo forte»29. I cardini delle pagine di Nietzsche svAAnti-
darwin (i noti, grandi frammenti dell’88) - la scomposizione della for
ma individuo; il prevalere sulla lotta per l’esistenza e sul condiziona
mento ambientale della lotta interna e della forza formatrice «enorme
potere creatore di forme dall’interno» - sono desunti da Roux così
come lo è, nel frammento 7 [44] del 1886-87,l’eliminazione del prin
cipio dell’utile a favore del «sentimento del di più, sentimento del di
venire più forte, prescindendo del tutto dall’utilità della lotta», che ri
manda alla tematica antiutilitaria di Roux. In questa dimensione,
Nietzsche riprende spesso per definire aspetti della sua teoria della
volontà di potenza, le osservazioni di Roux sull’assimilazione, ad
esempio nel frammento 14 [174] della primavera del 1888:
...il protoplasma allunga i suoi pseudopodi per cercare qualcosa che gli si
opponga, non per fame, ma per volontà di potenza. Poi fa il tentativo di vin
cerlo, di assimilarlo, di incorporarselo; ciò che si chiama nutrimento è solo un
fenomeno conseguente, un’applicazione particolare di quella volontà origina
ria di diventare più forte... Non si tratta assolutamente di riparare ad una per-
dita; solo tardi, in seguito alla divisione del lavoro, d o p o che la volontà d i p o
tenza h a im parato ad im b occare altre vie p e r sod d isfarsi, il b iso gn o di assim i
lazion e d ell’organ ism o viene ridotto alla fam e, al b iso gn o di sostituire e recu
perare il p e rd u to (F P 1888, p. 150).
re» nulla; una enorme molteplicità, che però è l’opposto del caos - tutto que
sto è stata la condizione preliminare, il lungo segreto lavoro e artificio del mio
istinto. Il suo alto patronato si è dimostrato tanto forte che non ho mai neppu
re presagito che cosa crescesse in me - e così tutte le mie capacità sono saltate
fuori un giorno all’improvviso, mature, nella loro massima perfezione. - Non
riesco a ricordare di essermi mai sforzato - nella mia vita non si rintracciano
segni di lotta, io sono l’opposto di una natura eroica (EH, p. 303).
Appendice
Robert Musil: una lettura
«inattuale» di Nietzsche
2 Diari, pp. 36-37. II tema dell’errore ecc. non è contenuto nell’aforisma 228 della
FW ma trova il suo sviluppo, nei termini adoperati da Musil, soprattutto negli aforismi
110 (Origine della conoscenza) e 111 (Origine del logico), oltreché nei frammenti postu
mi del periodo.
3 «L a scienza non fa altro che prolungare il processo che ha costituito l’essenza del
la specie, quello, cioè, di rendere endemica la fede in certe cose, e di espellere e far mori
re chi non ci crede. La raggiunta analogia della sensazione (per lo spazio, il sentimento
del tempo oppure il senso del grande e del piccolo) è diventata una condizione di esi
stenza della specie, ma non ha nulla a che fare con la verità» (FP 1881, pp. 362-363).
4 WM (= GA XVI), pp. 26-28. Cfr. FP 1888, pp. 72-73, 122-124.
Robert Musil: una lettura « inattuale» di Nietzsche 165
In Nietzsche gli anfibi sono assunti come gli animali simbolici del
l’esperimento poiché
mai si pretese di più dalle creature viventi che durante il formarsi della ter
raferma; esse dovettero allora, avvezze ed equipaggiate per la vita in mare,
mutare e stravolgere il loro corpo ed i loro costumi, e fare in tutto qualcosa di
diverso da quanto erano state abituate a fare fino ad allora; nessun mutamen
to è stato finora più memorabile sulla terra9.
rono assolutamente di sedere alla table d ’hôte, e, tranne una vecchia pia signora, con
vinta che D io non può farle del male, io ero l’unico uomo sereno fra larve» (Epistolario
1865-1900, cit., p. 258). Cfr. anche Za IV, p. 258.
9 FP 1888. Cfr. anche WM (= G A XVI), p. 102, ora in FP 1887, p. 298.
168 II genio tiranno
10 Ibidem , e USQ, p. 596: «era chiaro che la sua decisione duramente conquistata
di unirsi alla maggioranza umana era continuamente combattuta da un’aspirazione vio
lenta e repressa a una condizione fuor del comune». Nel Quaderno 3 dei Diari si legge:
«Egli il “Walter reale” confessa a Hugo che Tristano e il superuomo lo attiravano come
modello, - già allora», Diari, p. 168. Le aspirazioni di Walter al titanismo e al prome-
teismo sono un ennesimo richiamo parodistico al modello Goethe, ma il tutto è soste
nuto dalla decisa critica di Nietzsche al culto del genio romantico come esigenza della
debolezza.
11 Diari, pp. 42 ss. Anche la femminilità di Walter ha una corrispondenza tra l’al
tro con l ’ultimo Wagner foemininigeneris di Nietzsche. MoE, p. 217.
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 169
vece guardava le gambe di Walter, sopra le scarpe; eran rivestite di calze nere di
cotone e avevano la forma non bella di gambe flosce di ragazza (USQ, p. 209).
È sullo sfondo delle cantilene di Walter che Ulrich colloca il suo ri
fiuto della ripetizione e del «vecchio pregiudizio» deH’eternamente
umano.
«M a quando penso che cinquemila anni fa le donne scrivevano ai loro
amanti le stesse identiche lettere di oggi, non posso più leggere una di queste
lettere senza chiedermi se non bisognerebbe cambiare!» Clarisse si mostrò di
sposta al consenso. Walter invece sorrise come un fachiro deciso a non batter
ciglio mentre gli trafiggono le guance con uno spillone. «Questo vuol dire in
poche parole che tu fino a nuovo ordine ti rifiuti di essere uom o!» Egli com
mentò, «Pressappoco. Ammetterlo ha uno spiacevole sapore di dilettanti
sm o!» (USQ, pp. 206-207).
importa un fico che dalle sue scoperte venga fuori qualcosa di completo, di
umano, di perfetto o di checchessia. È una creatura piena di contraddizioni,
passiva e tuttavia straordinariamente energica! (USQ, p. 207).
13 «Sua Signoria il conte Leinsdorf ha fede nella forza educatrice della terra e dei
tempi, - egli spiegò gravemente. - Mi creda, questo è un effetto della proprietà terriera.
La terra semplifica, come l’acqua purifica. Io stesso l’ho sperimentato in ogni mio sog
giorno nel mio modestissimo podere. L a vera vita ci rende semplici - » (USQ, p. 312).
172 17 genio tiranno
In fin dei conti è un periodo storico che tramonta, no? «Sì, certo, - rispo
se Arnheim, - ma le semplici virtù, coraggio, cavalleria e autodisciplina, che
quella casta ha esemplarmente coltivato conserveranno sempre il loro pregio.
Il signore, in una parola! Anche nella vita degli affari ho imparato ad attribui
re un valore sempre più grande all’elemento signore!» «Allora il signore sa
rebbe in ultima analisi un equivalente della poesia?» - chiese Diotima soprap
pensiero. - «Lei ha detto una cosa meravigliosa! - esclamò il suo amico. —È il
segreto della vita gagliarda. Con la sola intelligenza non si può esser morali né
fare della politica. L’intelligenza non basta, i fatti decisivi si svolgono al di so
pra di essa. Gli uomini che han fatto grandi cose hanno tutti amato la musica,
la poesia, la forma, la disciplina, la religione e la cavalleria. Starei quasi per di
re che solo chi ama tutto ciò può aver fortuna! Perché sono i cosiddetti im
ponderabili che fanno il signore, l’uomo, e anche neH’ammirazione del popo
lo per l’attore se ne scopre ancora un oscuro vestigio»17.
17 USQ, pp. 312-313. Per altri elementi manniani di Amheim si veda ad es. USQ, p.
260 con il motivo della decadenza della «casa» e poco sopra il riferimento al contrasto tra
forza vitale del padre e decadere di essa nel figlio: «Io ho studiato economia politica e tut
te le scienze possibili e immaginabili; lui le ignora, e non ci si può assolutamente spiegare
come fa, ma certo è che non commette mai uno sbaglio. Questo è il segreto della vita
semplice, forte, nobile e sana!», dove la citazione goethiana, qui come altrove, ha un valo
re parodistico verso il Goethe di Mann. Il dilettantismo geniale di Amheim va letto anche
come ironia verso il virtuosismo di Mann nella riproduzione dei linguaggi tecnici e scien
tifici, soprattutto ne La montagna incantata. Un indiscutibile riferimento a Mann si legge
nel brano dove Amheim vede la «sintesi di rivoluzione e conservazione, potere e civiltà
borghese... ragionevole rischio e coerente sapere, e ancora più in fondo una figurazione
simbolica della democrazia che si stava preparando» nel «gran commerciante». Sulla
idealizzazione acritica di Mann per i «commercianti» cfr. Diari, p. 1207, dove ironicamen
te, contro Mann, Musil echeggia le teorie dell’ultimo Nietzsche sull’arte: «M a amore si
gnifica far belli!», cfr. WM (= G A XVI), pp. 230-234; FP 1887, pp. 195-197 e FP Estate
1887, pp. 309-311. L’accettazione di questa teoria nietzscheana si trova anche in Diari, p.
1025: «Cosi sono arrivato a pensare che tutto quel che si ama diventa bello nell’arte. La
bellezza non è proprio altro che l’espressione del fatto che qualcosa è stato amato».
18 PS, p. 989. Cfr. anche Diari, pp. 1942-1943 e Diari, p. 1064 sulla immoralità re
sa innocua a proposito di Hans Castorp.
174 II genio tiranno
19 Th. Mann, In onore di Nietzsche (1924), in Scritti minori, Milano 1958, p. 543.
20 Ìbidem . In termini analoghi, le Considerazioni di un im politico collocano il
Nietzsche «m oralista» come catalizzatore supremo della serie calvinismo-borghesia-
eroismo.
21 «L a cultura lega, la civilizzazione porta il dissolvimento... L a psicologia dunque
non agisce affatto come formatrice di cultura, bensì come processo di disgregazione e
di civilizzazione ad altissima potenza» (Th. Mann, Considerazioni di un impolitico, a cu
ra di M. Marianelli, Bari 1967, p. 147).
22 Sull’ironia intesa come «forma di lotta» e non come «gesto di superiorità» cfr.
l’intervista rilasciata a Oskar Maurus Fontana del ’26 (PS, p. 941; Diari, p. 1568). Cfr.
anche D iari, pp. 1382-1383.
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 175
Ancora oggi - scrive Musil - l’impronta preistorica del tabù sostiene la no
stra etica. Noi rendiamo stabili gli ideali come le idee platonico-pitagoriche
immobilizzandole e rendendole immodificabili, e se la realtà non le segue,
proprio in questo possiamo indicare il tratto caratterizzante dell’idealità: la
realtà non è altro che la loro realizzazione «impura». Ci sforziamo di adegua
re alla curva - difficilmente calcolabile - dell’esistenza il rigido poligono trac
ciato passando per i punti fissi della morale, spezzando ad ogni angolo del
poligono la retta dei nostri principi, senza riuscire mai, tuttavia, ad ottenere la
curva. Può darsi che la vita interiore abbia lo stesso bisogno di punti fissi di
riferimento che ha il pensiero; ma nella sua dimensione di ideale l’abbiamo
condotta ad un punto in cui non può più andare avanti: come tutti sanno,
ogni ideale costringe a tante limitazioni e ritrattazioni per approssimarsi alla
realtà, che non ne rimane più niente.
27 Die Nation als Ideal und als Wirklichkeit (1921), in PS, p. 1072. La plasmabilità
dell’uomo determinata dall’esperienza bellica è un tema dell’epoca: su altri versanti ba
sta pensare a Der Arbeiter di Jünger. In Musil ricorre spesso in questi anni, ad esempio
in Und Nationalismus. Internationalismus (1919-20): «L ’uomo non è buono per il solo
fatto che gli si tolgono i giochi del kaiserismo, del militarismo, del capitalismo ecc. E
neppure è cattivo: è una massa liquida che deve essere formata» (PS, p. 1348). Qui e
nei Diari, quando afferma a proposito dei socialisti «essi credono che l’uomo nuovo sia
un uomo vecchio da liberare» (Diari, p, 981) Musil riprende un’argomentazione di
Nietzsche che passa attraverso il confronto tra l’uomo buono per natura di Rousseau e
l’uomo cattivo di Voltaire per negare entrambi in nome del divenire delle forze plasti
che. Cfr. Diari, p. 1137 e per Nietzsche ad esempio WM (= G A XVI), pp. 195-196, ora
in FP 1884, p. 223: «Quanto son ridicoli per me i socialisti con il loro sciocco ottimi
smo delT“uomo buono” che è lì pronto ad aspettare, purché sia liquidato l’“ordina-
mento” passato e tutti gli “istinti naturali” siano liberati».
28 USQ, p. 460. Per Nietzsche cfr. ad es. WM (= GA XVI, pp. 34-35); ora in FP
1886-87, pp. 182-183: «...O ra leggiamo nelle cose disarmonie e problemi, perché pen
siamo solo nella forma della lingua - quindi crediamo alla “verità eterna” della “ragio
ne” (per esempio soggetto, predicato ecc.). Noi cessiamo di pensare se non vogliamo far
lo nella costrizione linguistica, giungiamo persino al dubbio di vedere qui una frontiera
come frontiera».
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 177
31
Questo aspetto decisivo di Loos è stato messo in luce da un nemico della filoso-
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 179
fia dell’autentico come Adorno (Funzionalismo oggi, 1966, in Parva Aesthetica, trad. it.
di E. Franchetti, Milano 1979).
32 USQ, p. 192; cfr. Diari, p. 981 e Diari, p. 555.
33 MoE, p. 1882. Centrale, per la comprensione del personaggio Ulrich, l’immagi-
ne del laboratorio che toglie alla realtà ogni rigidezza e ogni possibile teleologia ma che
presuppone anche la tensione continua del conoscere e dello sperimentare nella dire
zione dell’altro uomo. «Il paragone tra il mondo e un laboratorio aveva ridestato in lui
una vecchia immagine. Come un vasto locale d ’esperimenti, dove si provano i sistemi
migliori per essere uomo e se ne inventan di nuovi, egli, anni innanzi, si era sovente raf
figurato la vita, quale doveva piacergli. Che il laboratorio lavorasse un po’ a casaccio e
che mancassero i direttori e i teorici, quella era un’altra faccenda» (USQ, p. 144). L’im
magine ricorre in Nietzsche ed ha lo stesso senso: cfr. in questo volume p. 144.
180 II genio tiranno
Ed ecco che la tendenza generale della sua filosofia è identica alla mia: fare
dell’intelletto la passione più poderosa; poi io mi ritrovo ancora in cinque pun
ti capitali della sua dottrina; questo pensatore, il più abnorme e solitario che
sia esistito, è appunto il più vicino a me in queste cinque argomentazioni: egli
nega il libero arbitrio; la finalità; l’assetto morale del mondo; il disinteresse; il
male35.
34 Adolf Frisé trasforma il rimando a Musil a A l di là del bene e del male in un ri
mando generico alla Genealogia della morale aggiungendovi una barocca «ipotesi» co
municatagli da K. Schlechta (cfr. Tagebücher, hrsgb. v. A. Frisé, Reinbeck bei Hamburg
1976, Bd. II, p. 21, n. 120). Ma neH’aforisma 23 di JG B non c’è solo l’elogio di «Neid,
Absucht, Herrsucht» (JGB, KGW, p. 32, trad. it., p. 28) (in Musil «N eid, Absucht
ecc.», Tagebücher, cit., Bd. I, p. 24; Diari, p. 38), ma l ’intera argomentazione viene ri
prodotta con fedeltà da Musil. Nell’aforisma di Nietzsche viene sottolineato il coraggio
sperimentale dell’intelletto che si muove «verso lo sterminato regno... di pericolose co
noscenze», con la ricorrente metafora del navigatore avventuriero. Cfr. anche Tagebü
cher, Bd. I, p. 23 e l’aforisma 283 di FW, p. 163 dove Nietzsche saluta «tutti i segni di
un età virile e guerriera» un’età «che porta l’eroismo della conoscenza e nuove guerre
per amore delle idee e delle loro conseguenze».
35 Epistolario 1865-1900, cit., pp. 158-159. «L ’analisi e la vivisezione» delle passio
ni è legata da Nietzsche stesso a Spinoza ancora in JG B .
Robert Musil: una lettura «inattuale» d i Nietzsche 181
Problema: se l’uomo scientifico sia ancor più del filosofo un sintomo di de
cadenza - egli non è staccato come tutto , solo una parte di lui è assolutamente
dedita alla conoscenza, addestrata per un angolo e un’ottica - egli ha bisogno
qui di tutte le virtù di una forte razza e di salute - grande rigore, virilità, ac
cortezza. - Qui si potrebbe parlare di una ripartizione del lavoro e di un ad
destramento che sono molto vantaggiosi per la totalità e sono possibili solo là
dove c’è un altissimo grado di cultura. E più un sintomo di alta molteplicità
della cultura che della stanchezza di quest’ultima. L’erudito decadente è un
cattivo erudito. Mentre il filosofo della decadenza è stato considerato, almeno
finora, come il filosofo tipico38.
40 Th. Mann, La filosofia di Nietzsche, in Nobiltà dello spirito, Milano 1973, p. 825.
41 Diari, pp. 950-951. Cfr. USQ, pp. 105-106, dove ritorna l’esempio del cane col
bastone in bocca. Il capitolo presenta altri significativi riferimenti alle teorie gnoseolo
giche di Nietzsche: il carattere di apparente immediatezza dell 'ispirazione e dell’intui
zione, in realtà frutto di un’accumulazione e di un lungo lavoro inconscio («una specie
di colica di tutte le circonvoluzioni del cervello») che si traduce in qualcosa di comuni-
184 II genio tiranno
Gli esempi del cane col bastone in bocca e della cameriera sono uti
lizzati da Mach in Conoscenza ed errore per legare il comportamento
sperimentale anche a un ambito istintivo o irriflesso42. È una idea ri
corrente di Mach che esista uno sperimentare diffuso nella vita organi
ca, dai procedimenti istintivi di prova-errore nell’animale, all’«esperi-
mento mentale» che interessa anche il pensiero comune, sollecitato dai
paradossi a uscire daU’abitudinarietà fino all’esperimento metodico
(ma il cui successo resta legato al caso e comunque non dipende total
mente da una presunta onnipotenza del metodo precostituito) e raffi
nato della scienza. In conformità alla tesi secondo cui
il pensiero scientifico deriva dal pensiero comune del popolo. Così il pen
siero scientifico chiude la linea comune di evoluzione biologica che ha inizio
con le prime semplici manifestazioni vitali43.
cabile, esteriore, appartenente all 'essenza sociale «che congiunge il singolo individuo
con gli altri uomini e cose».
42 Per l ’esempio del cane con il bastone in bocca cfr. E. Mach, Conoscenza ed erro
re, trad. it. S. Barbera, Torino 1982, pp. 71-72, per quello della cameriera (ma riferito
ad una più complicata operazione) p. 181. Mach vede gli esordi dell’atteggiamento spe
rimentale ed inventivo nell’acquisizione corporea di un’abilità istintiva: «Una volta, co
stretto ad usare una mano sola, volevo tirare su la tenda e potevo farlo solo a più ripre
se a causa della lunghezza della tenda. Ma all’improvviso, senza averci riflettuto in mo
do consapevole e intenzionale, mi trovai in possesso di una procedura più comoda. La
mano si arrampicava un tratto lungo la corda afferrandola alternativamente tra il polli
ce e l’indice e tenendola ferma con le altre dita. Una volta raggiunta l’altezza massima
accessibile, tiravo la corda e ripetevo l ’operazione» (ivi, p. 181).
43 E. Mach, Conoscenza ed errore, cit., pp. 3-4.
44 Sull’origine servile dell’atteggiamento scientifico cfr. Conoscenza ed errore, cit.,
p. 87 : «Le scienze naturali debbono essere derivate dall’opera manuale come prodotti
accessori. Gran parte del carattere ingenuo, confuso e illusorio della scienza antica si
spiega con il disprezzo che il mondo antico nutriva per l’opera manuale e il lavoro cor
poreo in genere: gli schiavi che lavoravano, che osservavano la natura, vivevano rigoro
samente separati dai signori che speculavano dilettandosi nell’ozio, e che spesso cono
scevano la natura solo per sentito dire».
Robert Musil: una lettura «inattuale» d i Nietzsche 185
sia naturali sia artificiali. Nella sua versione del darwinismo, l’operare
scientifico costituisce un modello di accelerazione del passaggio dal
l’inconsapevole al consapevole (cioè ad un uso economico e potente,
senza sprechi, delle risorse energetiche dell’uomo), che è la caratteri
stica dominante dell’«evoluzione» della specie umana. La scienza è
diventata
il fattore biologicamente e culturalmente più propizio. Si è assunta il com
pito di sostituire all’adattamento inconsapevole, che procedeva a tastoni, un
adattamento più rapido, chiaramente consapevole e metodico (ivi, p. 456).
45 E. Mach, Lanalisi delle sensazioni e il rapporto tra fisico e psichico, trad. it. di L.
Sosio, Milano 1975, p. 54. Su questo aspetto del rapporto tra Mach e Nietzsche ha ri
chiamato l’attenzione N. Badaloni, Storia della filosofia e ideologia, in «Atti del X X V
Congresso nazionale di filosofia», Roma 1975, pp. 104 ss.
186 II genio tiranno
46 USQ, p. 837. Per una critica di Nietzsche alla pratica della scienza specialistica
«senza prospettive sconvolgenti, senza audacie, senza una sfida solitaria lanciata a tutti i
demoni e gli dèi... aspirazione alla conoscenza senza eroismo, come mestiere, utile im
piego delle forze dell’intelletto, e così via», cfr. F P 1881, p. 447.
47 USQ, pp. 1118-1119. In questo testo inedito, valorizzato da E. De Angelis, in
Robert Musil. Biografia e profilo critico, Torino 1982, p. 73, si legge: «L a morale del fisi
co e del matematico. Al modo in cui nella matematica si è capovolto tutto da cima a
fondo e nella fisica si richiede di negare delle concezioni divenute care, con la stessa
gioia si deve procedere nella morale. Questo è stato l’aspetto positivo di Nietzsche. Cer
tamente in matematica e fisica questo processo viene sanzionato post festum dal succes
so. In morale occorre in prima linea espungere il concetto di legge». Questo frammento,
richiamando il rovesciamento di principii operato dalle scienze matematiche e fisiche,
mette in luce l’aspetto di Umwertung della nuova «gaia scienza» («con la stessa gioia si
deve procedere nella morale») che ha alla base la distruzione del concetto di legge che
comporta un operare su astrazioni ed imporre quindi rigidamente il comando.
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 187
49 Cfr. ad es. l’aforisma 374 della FW II nostro nuovo «infinito». FW, pp. 253-254.
50 PS, p. 901. Confronta, già nel quaderno 4 dei Diari, la generalizzazione del te
ma: «C i sono delie verità ma non la verità. Posso benissimo asserire due cose del tutto
opposte e aver ragione in entrambi i casi. Le intuizioni non vanno confrontate fra loro
—ognuna è una vita a sé. Vedi Nietzsche. Che fiasco quando in lui si vuol trovare un si
stema al di fuori di quello dell’arbitrio spirituale dell’uomo saggio», Diari, p. 21. Va no
tata anche l’ostilità contro ogni tentativo di rinchiudere Nietzsche in un sistema.
51 FP 1888, p. 37 anche in WM (= GA, XVI), p. 260.
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 189
loro strano segreto: conoscere una nuova grandezza dell’uomo, una nuova strada non
ancora mai battuta per il suo innalzamento...» (JGB, p. 120). Cfr. anche G M , pp. 295-
296. Sul singolare testo giovanile di Musil cfr. l’analisi di Ferruccio Masini, La metafora
intellettuale in Robert Musil. (Osservazioni sul «Libro notturno» di Monsieur le Vivisec
teur), «Paragone» (giu. 1978), pp. 3-13.
53 Nella sua analisi dell’opposizione tra grottesco romantico e popolare Bachtin ha
fortemente valorizzato i temi del riso, dell’isolamento, della maschera, della notte e del
la follia nelle Nachtwachen von Bonaventura (testo probabilmente non ignoto a Nietz
sche). Il carattere saliente del grottesco romantico è, secondo Bachtin, il divenire
«estraneo» e spaventoso del mondo, verso cui il riso assume un valore liberatore ma
non più rigeneratore, come è invece nella cultura popolare, che con il riso «avvicina il
mondo all’uomo e gli fa prendere corpo» (M. Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura
popolare, trad. di M. Romano, Torino 1979, p. 46). Per i temi del Vivisecteur le indica
zioni di Bachtin sono essenziali. Si veda ad esempio l’inizio del terzo notturno di Bona
ventura: «In verità noi guardiani di notte e poeti, assai poco ci occupiamo dell’umano
daffare diurno; ognun sa che con la luce gli uomini si fanno altamente quotidiani, men
tre solo quando sognano valgono qualcosa» (/ Notturni di Bonaventura, trad. it. di F.
Filippini, Milano 1950, p. 23).
54 Nietzsche riecheggia qui da vicino la caratterizzazione di Bourget del nichilismo
di Flaubert. E il tema ritorna con frequenza. Ad esempio, nei testi poetici, la «verschn-
neite Seele» («anima coperta di neve»), e ancora «Versteck’, du Narr / Dein blutend
Herz in Eis und H ohn!» («nascondi, o pazzo, / il tuo cuore sanguinante nel ghiaccio e
nello scherno!») in Der Freigeist, dove ü motivo è dominante (VI, t. IV, pp. 142, 150).
Ma la metafora del ghiaccio ricorre nell’Ottocento ad indicare l’incrinatura tenacemen
te aperta anche nei momenti di massima efficacia ed espansione delle filosofie del pro
gresso. Per la cultura francese a cui Nietzsche fa riferimento si può menzionare, oltre a
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 191
Flaubert, una traccia continua che va dalla futura «âge glacée» di Le Peuple di Michelet,
alla notte eterna popolata dalla «procession funèbre» dei pianeti spenti, «cadavres sidé
raux» di Léternité par les astres di Blanqui, al ghiaccio come manifestazione fisica della
morte della civiltà in Renan, fino a quel curioso opuscolo di Gabriel Tarde (Fragments
d’histoire future, 1905) dove il progressivo raffreddarsi della crosta terrestre costringe
gli uomini a ricercare nellè viscere del pianeta il calore necessario alla sopravvivenza.
192 II genio tiranno
m oti d e ll’anim o anche assai triviali, sem plicem ente gioia per la
confortevole casa o sensualità nutrita da un vino cattivo» (Diari, p. 8).
Di contro, la pratica fredda del dotto che al microscopio analizza se
stesso, e che dopo aver posto dalla sua «prospettiva di internato» la
distanza dalla falsa, impossibile immediatezza, fa giustizia deU’ultimo
residuo romantico, cioè della vanità della «po sa», della consolazione
del poeta che ha scelto per sé il «bellissimo nome: M onsieur le Vivi
secteur» (D iari, p. 1). L’Umwertung del Vivisecteur dunque, è affidata
al binom io vivisezione-assassinio di ragazze e l ’analisi in direzione
sperimentale è connessa al tema zarathustriano della follia/veggenza e
a quello del grande criminale, cosicché M onsieur le Vivisecteur, con
tiene in sé l’alternativa Ulrich-Clarisse, le due «nature forti» che cer
cano una via d ’uscita.
«Lei guarda tutti sarcastico e tuttavia trasognato, come se volesse dire: Voi
siete dei preparati del tutto innocui ma nelle vostre latebre i nervi sono di ful
micotone. Guai se l’ampolla si rompe. Ma ciò può avvenire soltanto nella paz
zia. In mezzo alla folla, lei diventa un apostolo, un predicatore. L’investe un’e
stasi interiore, però senza lo sbavare e l’imperversare dello spirito degli esta
siati. Lei è un veggente. Quel che giace alla fine dello spirito, la parte di lei at
traverso la quale l’anima passa soltanto in folle volo quando l’alletta già la
pazzia che nell’attimo seguente tornerà a spegnere tutto - tutto questo lei lo
vede con occhio chiaro, sempre seguitando a sapere che 2 per 2 fa 4, e gode
impunemente del colossale senso di superiorità su tutti gli altri e sull’uomo
che finora lei era».
È la follia fredda e libera che qui viene evocata come capace di ve
dere, «con occhio chiaro», nuove possibilità e di allontanare dalle va
lutazioni gregarie, sulla via dell’altro uomo, una follia che pone in
consonanza con gli spiriti liberi che vivono nel crepuscolo, al tramon
to dei valori: «L ei sente la religione di chi non ha religione, il cordo
glio di coloro che già da lungo tempo hanno deposto ogni cordoglio,
l’arte di coloro che oggi sorridono quando sentono la parola arte -
quello di cui hanno bisogno i più raffinati cui già tutto è venuto a
n oia!» (Diari, p. 17).
Uno dei fili privilegiati per leggere l’evoluzione nell’interpretazione
musiliana di Nietzsche dal Vivisecteur all’Uomo senza qualità, è la pro
gressiva divaricazione dei due elementi - ma come il Vivisecteur anche
il protagonista de II Redentore avvolge nell’ambiguità del sogno l’azio
ne immoralistica che dissolve musicalmente la realtà («la bufera di una
Robert Musil: una lettura «inattuale» d i Nietzsche 193
55 USQ, p. 31. Su questo cfr. anche MoE, p. 1890: «Le personalità storiche sono
criminali: piani di Ulrich di diventare un Napoleone. Qui però criminale vuol dire so
prattutto: antifilisteo, non conformista».
56 Carteggio Nietzsche-Burckhardt, a cura di M. Montinari, Torino 1961, p. 42. Sul
la vicenda cfr. Note del traduttore, p. 137 e C.P. Janz, Nietzsche, Biographie, Bd. Ili, p.
29. Per il problema del delinquente in Nietzsche cfr. GD , pp. 145-147, FP 1887, pp.
126-129, 160-161, 165, Za, pp. 17-18.
194 11 genio tiranno
Il genio è condizionato dall’aria asciutta, dal cielo puro e questo vuol dire
metabolismo rapido, possibilità di attirarsi continuamente grandi, e anche
enormi, quantità di forza (EH, p. 290).
57 USQ, p. 1210: «Finché il “colore psichico” del mondo, come lo chiamava Cla
risse, restava fisso, anche l ’equilibrio del mondo aveva una certa stabilità. Questa stabi
lità inosservata poteva anche passare per qualcosa di sano e di ordinariamente indi
spensabile, così come anche il corpo non deve avere coscienza di tutti gli organi che
mantengono il suo equilibrio. Malsano è anche un equilibrio labile che si rovescia alla
prima occasione e precipita nella posizione inferiore. Tali sono i malati mentali, pensò
Robert Musil: una lettura «inattuale» d i Nietzsche 195
Clarisse, che ne aveva paura. Ma, più in alto di tutti, i conquistatori nell’ambito dell’u
manità sono quelli il cui equilibrio è altrettanto vulnerabile, ma pieno di forza, e che,
continuamente turbato, inventa sempre nuove forme di stabilità». Ancora una volta
Clarisse ripete da vicino un motivo nietzscheano: «Anche nel mondo umano i tipi supe
riori, i casi fortunati dell’evoluzione, periscono, nell’alternarsi di favore e sfavore, più
facilmente. Essi sono esposti a ogni sorta di decadenza: sono estremi, e perciò quasi essi
stessi già decadenti... il tipo superiore rappresenta una complessità incomparabilmente
maggiore, una maggior somma di elementi coordinati; perciò anche la disgregazione di
viene incomparabilmente più probabile. Il “genio” è la macchina più sublime che ci sia
- e quindi la più fragile», WM (= GA XVI, p. 148, ora in FP 1888, pp. 106-107). Per la
centralità del corpo nella figura di Clarisse cfr. ancora USQ, p. 427 dove c’è il richiamo
esplicito all’affermazione di Zarathustra: «corpo io sono in tutto e per tutto, e null’al-
tro; e anima non è altro che una parola per indicare qualcosa del corpo» (Za, p. 34).
196 II genio tiranno
eloquenza che diventa musica; fulmini scagliati verso tempi futuri ancora
non divinati. La più potente forza simbolica che ci sia stata finora è un povero
giochetto di fronte a questo ritorno del linguaggio alla natura della figurazio
ne (Bildlichkeit) (EH, p. 353).
una forza che annulla la resistenza della ragione, anzi fa apparire irragio
nevole e incomprensibile ogni altra cosa in cui fino allora viveva: messi fuori
di noi, nuotiamo in un elemento enigmatico e infuocato, non comprendiamo
più noi stessi, non riconosciamo le cose più note; non abbiamo più in mano
misure, tutto ciò che era conforme a legge, tutto d ò che era rigido, comincia
a muoversi, ogni cosa brilla con colori nuovi, ci parla con caratteri nuovi
(WB, p. 41)
59 «Sottolineava le parole da una a dieci volte, e una pagina così tracciata da lei as
somigliava qualche volta a un misterioso spartito musicale» (USQ, p. 1213).
60 II binomio ordine-morte, che anche ne La montagna incantata è determinante
198 II genio tiranno
Che cos’è questo se non arrampicarsi fuori dal nulla, tentando ogni volta
in una direzione diversa?... Che cos’è tutto ciò che facciamo se non la paura
nervosa di essere nulla... (USQ, p. 1206).
quel che passa in generale per grande musica egli lo vedeva come un ar
madio che racchiude tutti i contenuti dell’anima, ma dal quale sono stati tolti
tutti ì cassetti, sicché quel che c’è dentro appare in gran disordine, mentre le
pareti sono coperte di decorazioni delicate, solide e ben sfumate61.
nella fascinazione di Castorp per la paurosa simmetria esagonale dei cristalli di neve, ha
del resto numerosi riscontri in Nietzsche, dove la rigidezza dell’ordine si accompagna a
metafore funerarie e di gelo. Su questo essenziale aspetto della figura di Stumm ha
scritto Enrico de Angelis, nel già citato volume.
61 USQ, p. 1169. E cfr. anche Diari, p. 1467: «L o sviluppo dei tempi ci ha riportati al
rapporto sbagliato fra sentimento e intelletto. Perciò un personaggio come Klages rientra
nella medesima linea. Oppure vedi i professori della scuola medica classica viennese, che
nelle ore libere facevano musica. Musica: il sentimento mangiato a cucchiaiate».
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 199
Ormai era certa che avrebbe compiuto opere titaniche, quali non avrebbe
ancora saputo dire, ma intanto era soprattutto la musica che le dava quelle
sensazioni, e a quel tempo sperava che Walter sarebbe stato un genio ancor
più grande di Nietzsche; per non parlare di Ulrich, che era comparso più tar
di e le aveva soltanto donato, di Nietzsche, le opere complete (USQ, p. 138).
Sai che cosa dice Nietzsche? Voler sapere con certezza è una viltà, come
voler camminare sicuri. Da qualche parte bisogna cominciare a fare, non par
larne soltanto!62
62 USQ, p. 345. Nel Quaderno 4 dei Diari si trovano due citazioni dal Crepuscolo
degli idoli che unite chiariscono il riferimento di Clarisse: «Una volta per tutte, non vo
glio sapere molte cose. - La saggezza traccia dei limiti anche alla conoscenza» e «M et
tersi soltanto nelle situazioni in cui non è consentito possedere delle false virtù, in cui
anzi, come il funambolo su una corda, o si precipita o si sta su, oppure si abbandona
l’impresa». A entrambe Musil aveva poi aggiunto l’indicazione «Clarisse» (Diari, p. 49).
Si tratta in ogni caso di un tema ricorrente in Nietzsche: la necessaria “ignoranza” che
circonda l’azione del creatore.
200 II genio tiranno
Voi musicisti siete dei primitivi. Che sottile, inedita motivazione ci vorreb
be per giustificare un’esplosione di violenza subito dopo un silenzioso racco
glimento. E voi lo fate con cinque note! (USQ, p. 1171).
63 L’elemento dionisiaco è alluso dall’alcionismo dell’Isola dei sani, dal Sud di Claris
se pieno di forza e di luce, in cui «anche gli asini hanno una voce diversa! Non ragliano
i-a, ragliano Ja \» (variante inserita in USQ, p. 1199) (in contrapposizione al raglio dell’asi
no in Zarathustra, il cui «I-A » significa passiva accettazione dei valori costituiti).
Robert Musil: una lettura «inattuale» d i Nietzsche 201
67 USQ, p. 640, cfr. USQ, pp. 1537-1538 in cui Lindner (poi Meingast) afferma la
necessità del figlio come salvezza dall’eros borghese e Clarisse allora vuole un figlio da
lui, non da Walter.
68 MoE, pp. 1778-1779; cfr. anche USQ, p. 1197 e USQ, pp. 946-947.
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 203
E in genere tutta la musica è una cosa terribile! Che cos’è? Io non capisco.
Che cos’è la musica? E che cosa fa? E perché fa ciò che fa? Dicono che la
musica abbia per effetto di elevare l’anima... stupidaggini! Non è vero. Agi
sce, agisce tremendamente, e lo dico per me, ma niente affatto nel senso di
elevare l’anima: non ha per effetto né di elevare né di abbassare l’anima, ma
di esasperarla. Come dire? La musica mi costringe a dimenticarmi di me, del
la mia reale situazione, mi trasporta in qualcos’altro che non è il mio stato;
sotto l’influsso della musica mi par di sentire ciò che in realtà non sento, di
capire ciò che non capisco, di potere ciò che non posso. Me lo spiego, pen
sando che la musica ha lo stesso effetto dello sbadiglio, della risata: io non ho
sonno, ma sbadiglio vedendo gli altri che sbadigliano; non ho motivo di ride
re, ma rido sentendo che gli altri ridono73.
70 Nei Diari Musil ironizza su questa «metafìsica della musica» che permetterebbe
«una comprensione totale tra gli uomini» opponendo la comprensione che pur si dà
nel film muto. In un aforisma che ripete l’argomentazione dei Diari definisce Scho
penhauer, per questa ragione e riecheggiando Nietzsche, «questo grande, eccezionale
pessimista ottimista», Diari, p. 1228. Nella musicale Clarisse il tema della comprensio
ne dell’altro che si risolve nella schopenhaueriana compassione si ritrova più volte: cfr
USQ, pp. 688-689,1182-1183.
71 MoE, p. 1735.
72 L. Klages, Vom kosmogonische Eros, cit., p. 400.
73 L. Tolstoj, La sonata a Kreutzer, trad. it. di M. Visetti, Milano 1949, pp. 72-73.
Robert Musil: una lettura «inattuale» di Nietzsche 205
perdita del senso degli affetti comunicati, della loro matrice genetica,
insomma nell’immediatezza «ipnotica» della sua comunicazione. Per
ciò, pensa Posdnyscev, «In Cina la musica è un affare di stato: e così
dev’essere. Si può forse permettere che chiunque lo desideri ipnotizzi
una o più persone e poi ne faccia quel che vuole?»; e al limite dell’im
mediatezza rimane legata anche la grande provocazione di energia che
la m usica suscita, la nuova colorazione del m ondo e le «possibilità
nuove» che apre («sì, ecco com ’è: tutto diverso da come pensavo e vi
vevo prima, ecco com ’è»).
L a figura di Meingast, incantatore e profeta a cui si sottomettono
sia il piccolo uomo Walter per bisogno di fede sia l’immediatezza atti
vistica di Clarisse, svela quanto insidiosa e ambigua volontà di dom i
nio sia presente nell’atteggiamento musicale74. N el gruppo di capitoli
su Meingast a casa di Clarisse e Walter, decisivi per il destino di C la
risse, il filosofo, catalizzatore delle decisioni di lei, è veramente la
scimmia di Zarathustra, e i richiami sono allusivi di questa lettura.
Meingast è il «profeta» che fa uscire le sue sentenze dalla «caverna
d’om bra», dalla «buia dimora», e «quel messaggio che dai monti di
Zarathustra era calato nella vita familiare di Walter e Clarisse», è il
«salvatore», portatore di integrità e di interezza, capace di vivere l’i
dea, dalla semplicità ascetica ecc.75 Nel testo dell’Uomo senza qualità,
Meingast rafforza in Clarisse l’antitesi tra intelletto (mondo falsificato
e morto del Geist e della morale) e volontà e la conferma nell’idea che
«ciascuno può proporsi mete straordinarie mediante un’impresa vio
lenta e poi viene trascinato da esse» (USQ, p. 892). Nella congiunzio
ne liberazione-antiintellettualismo e nell’apologià della «buona poten
te follia», Meingast spiega infine a Clarisse che 1'Erlösung non è più
legata alla religione ma «deve essere suscitata da una fermissima vo
lontà e se è necessario anche dalla violenza» (USQ, p. 806).
Il concetto di «fermissima volontà» opposto alla comune volontà
umana, che compare in questo testo, è più ampiamente motivato nel
già citato progetto degli anni venti, dove Lindner (poi Meingast) (che
qui dà una sua interpretazione della politica «rivoluzionaria» e antide-
76 «Molto tempo prima dei dittatori la nostra epoca ha prodotto la venerazione spi
rituale dei dittatori. Vedi George. Poi anche Kraus e Freud, Adler e Jung. Aggiungici
Klages e Heidegger. L’elemento comune è certo un bisogno di dominio e di guida, del
l’essenza del Redentore. Ci sono anche tratti comuni nei duci? Per esempio saldi valori
nei quali tuttavia si possono intendere cose diverse» (Diari, pp. 1324-1325). Si noti che
tutti i nomi citati seguono, secondo Musil, una filosofia che innalza a principio dell’or
dinamento un elemento dell’immediatezza. L a stessa dinamica mentale sta alla base
dell’affermazione di Hider, immediatezza in sé caotica che si fa Führerprinzip'. «Hitler:
emozione diventata persona, emozione che parla. Eccita la volontà senza meta» (Diari,
p. 1068). Cfr. anche «Hitler, l’uomo del destino. Forse: l’uomo che aveva in sé il caos»
(Diari, p. 1483).
77 L’espressione, che concentra l’intenzione polemica della filosofia di Klages, si
trova in Geist und Seele (Sämtliche Werke, Bd. III, p. 59). Anche qui, centrale è per
Klages una lettura semplificatoria de La nascita della tragedia, con l’emergere del prin
cipio intellettualistico-socratico come dissoluzione della bella e immediata totalità co
munitaria. Sulla connessione stretta con temi nietzscheani si veda soprattutto Das Pro
blem des Sokrates (ivi, pp. 656 ss.): Socrate, nemico dell’istinto, valorizza lo spirito, la
ragione calcolante e il senso della Zweckmäßigkeit, vede l’intera natura sotto il profilo
dell’utile ecc.
208 II genio tiranno
Cominciai con un’ipotesi metafisica sul senso della musica, ma vi era alla
base un’esperienza psicologica di cui non sapevo dare alcuna spiegazione stori
ca sufficiente. Trasferire la musica nella sfera metafisica fu un atto di venera
zione e di gratitudine; in fondo tutti gli uomini religiosi hanno fatto così, fino
ra, con la loro esperienza interiore. Ma poi ci fu il rovescio della medaglia:
l’effetto innegabilmente dannoso e distruttivo di questa stessa musica venerata
su di me e con ciò anche la fine della venerazione religiosa per essa. In tal mo
do mi si aprirono anche gli occhi sul bisogno moderno di musica (che appare
nella storia contemporaneamente al crescente bisogno di narcotici) (FP 1885-
86, p. 105).
livello più basso81, una fissazione del caos che risponde al bisogno di
fede e all’ansia decisionistica dell’epoca.
L’individualismo del «Lontano dall’oggi»82 e l’interruzione forzata
della ricerca del nuovo ordine non costrittivo, è determinata dal pre
valere dei caotici ordinatori del caos, non da un atteggiamento teorico
di Musil.
A vverten za 9
2. Il romanticismo e la macchina 39
1. L a forza produttrice di miti. Wagner lettore di Renan 39
2. «Sentimento di autunno della civiltà» 45
3. La «guerre savante» 52
3 . I l illusione e la musica 57
1. Wagner: forma e rivoluzione 57
2. Il «sogno vero». L a filosofia della musica 64
3. Apollineo e dionisiaco: una fisiologia del mito 76
4. Wagner a Bayreuth. Burckhardt contra Wagner 82
5. L’illusione e la comunità 91
6. L a civiltà dello spirito libero 101
A p p en d ice:
R o b ert M u sil: una lettu ra « in attu ale » d i N ietzsch e 163
1. «M orale matematica» o la forma delle contraddizioni 163
2. L’incantatore sassone: musica e volontà di potenza 189
In dice d ei n om i 211
Finito di stampare nel mese di febbraio 2010
in Pisa dalle
EDIZIONI ETS
Piazza Carrara, 16-19,1-56126 Pisa
info@edizioniets.com
www.edizioniets.com