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In carcere nove su dieci non hanno un curriculum lavorativo, non sanno nemmeno cosa sia lavorare. Pi che una rieducazione, la nostra una educazione. Nessuna modifica nella vostra coop iniziale? Nei primi anni Novanta, con la nuova legge, la nostra cooperativa divenne "sociale", per l'inserimento lavorativo di fasce svantaggiate e deboli, disabili, tossicodipendenti, detenuti, alcolisti, invalidi, sensoriali, psichiatrici. Divento poi possibile anche il lavoro interno? Nel 2001 arriv la normativa per far ritornare appetibile il lavoro all'interno delle carceri. Padova del resto un pezzetto di storia, con i palloni di Vallesport, le bici Atala e via dicendo. Per le carceri furono abbandonate dalle imprese. A meta degli anni Ottanta c'era stato l'abbandono totale dell'attivit manifatturiera in carcere, per battaglie sindacali rivelatesi poi sbagliate. Le imprese fuggirono via, e fino al 2001 nelle carceri fu il deserto, e l'inedia pi totale. Un guaio? Quando non si fa nulla, il carcere e solo l'universit del crimine. Entrano ladruncoli, escono criminali professionisti. In realt, proprio oggi, quando si chiede pi sicurezza, il carcere, avendo perso il suo fine vero, sostanzialmente invece di produrre bene, produce male. Si chiede sicurezza, creiamo il contrario. Per di pi con costi elevatissimi. Tipo? Se un disabile psichiatrico gravissima costa alla collettivit 54 mila euro all'anno, un detenuto mediamente ne costa 100 mila. Quindi spendiamo miliardi di euro per farci del male. E allora cosa si deve fare? Vanno bene tante carceri, costruite bene, che diano dignit al "vivere minima", ma bisogna chiederci "qual e la funzione?". In realt se c' redenzione c' sicurezza, altrimenti no. Arrestare in fretta tutti coloro che commettono un reato, processarli subito, metterli in galera con una pena certa, sono solo enunciati ipocriti, se non si aggiunge a tutto ci anche il recupero. Si produce esattamente il contrario di quel che si vorrebbe. Solo pena, niente rieducazione? La filiera della sicurezza o si porta fino all'ultimo stadio, cio il recupero, oppure resta opera morta. E' un problema economico? No, falso. Bisogna vedere come si spendono i soldi che ci sono. Solo se si verifica che non bastano si pu dire che ne servono altri, come per qualsiasi altra attivit. Oggi la "redditivit" di un detenuto zero, ed invece potrebbe arrivare almeno a coprire il 50% dei suoi costi. Voi come cercate di intervenire? Noi abbiamo lavorato in primis per noi stessi, dovevamo mantenerci, pensare alle nostre famiglie, quindi abbiamo vissuto la nostra esperienza come un modo serio e bello per stare insieme, ma senza tirare in ballo buonismo o pietismo, nessuna fissa sui diritti umani, gli ultimi e via dicendo... . Ma come, e i carcerati, iI sociale? Nel fare bene il nostro lavoro, con noi poteva essere chiunque, detenuto, disabile o altri ancora. Questo abbiamo fatto: impresa sociale. E fummo anche molto combattuti. Da chi? Dal terzo settore, il "volontariato" organizzato, perch noi avevamo messo davanti al sociale la vicenda professionale, della qualit. Ci imputavano di fare impresa, quasi la distinzione fosse profit e non profit, quando invece evidente che anche un imprenditore profit pu fare carit. Come voi? Nel nostro caso abbiamo affrontato il lavoro in maniera imprenditorialmente seria e qualificata per dare un'opportunit a persone con handicap di varia natura. Non credo abbia senso parlare di profit e non profit: alla fine, chi aiuta di pi chi?. L'etica, comunque, resta ferrea nel dna della vostra coop? Certo, se un'impresa "normale" d 100 io devo dare 101, non 99. Siamo in gioco noi, in prima persona. Come cooperativa sociale siamo onlus di diritto, ma non bisogna confondere il tutto col no agli utili, no alla professionalit. Quindi, l'utile non peccato. Il problema semmai come fare profitto: la strada scelta per fare profitto all'origine della crisi di oggi. Il profitto una cosa buona se rispetta la natura dell'uomo e della collettivit, altrimenti.... Intanto pero crisi per tutti. Per noi la crisi un dato positivo: ha costretto a riflettere sul valore delle cose, su quel che si fa, sulle persone, sul recupero dell'essenziale, del buono.
Una cosa buona, si dice da pi parti, sarebbe la certezza della pena. La pena certa un non problema: in Italia la pena e gi certa, rispetto alle leggi che ci sono. Si pu discutere semmai su come impostato il sistema. Ma va tenuto presente che anche le misure alternative sono solo modi diversi di "pagare". Ma si intendono diversamente. E stato creato l'automatismo reato-carcere, cos che alla fine non si distingue tra omicidio e rissa, furto e sequestro, tutti allo stesso modo in carcere, anche se per tempi diversi. Qualsiasi altra modalit sembra una non punizione, ma non affatto cos. Si pensa alla pena "vera". In realt la vera pena non la si sconta in carcere, dove si sta nascosti in una cella, riparati dalla societ, addirittura vittime per i diritti calpestati, trasformati da chi dovrebbe risarcire la collettivit a chi dev'essere risarcito. E l'indulto? L'indulto, fatto per l'emergenza, non come segnale di speranza, paradossalmente comunque servito. Va detto che il detenuto prima esce meglio . Mi sembra un concetto discutibile. Faccio un esempio. Diciamo che ho un panno sporco e lo ficco in una lavatrice che per non il massimo della vita, per di pi senza nessun detersivo, e dove gi ci sono parecchi altri panni ancora pi sporchi. Il risultato sar che il mio panno non uscir bello ripulito, ma pi sporco di prima. Oggi insomma la scelta il male minore. C' pero il problema delle recidive. La prova del nove che l'indulto ha creato una recidiva inferiore di quella che si sarebbe registrata se i detenuti avessero scontate tutta la pena. Voi sareste quel detersivo? Su una popolazione carceraria attuale in Italia di 66 mila persone, solo 700 hanno un lavoro vero, secondo le regole del mercato, e di questi 100 sono qui a Padova. E tra costoro che lavorano che recidiva si registra? Fino al 2001 avevamo inserito carcerati solo al lavoro esterno, in misura alternativa. Dal 2001 in poi abbiamo iniziato il lavoro interno. E da allora fino al 2008 per chi aveva iniziato a lavorare dentro il carcere, poi in misura alternativa ed era arrivato cos a fine pena, la recidiva e scesa all'1%. Alberto Beggiolini