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I VIII

PO
ILGAZZETTINO
Martedi 9 marzo 2010
dipendenti, detenuti, alcolisti, in-
validi, sensoriali, psichiatrici.
Divento poi possibile anche iI
lavoro interno?
Nel 2001 arrivo la normativa
per far ritornare appetibile il
lavoro all'interno delle carceri.
Padova del resto eun pezzetto di
storia, con i palloni di Vallesport,
Ie bici Atala e via dicendo.
Pero Ie carceri furono abban-
donate dalle imprese.
A meta degli anni Ottanta c'era
stato I'abbandono totale dell'atti-
vita manifatturiera in carcere,
per battaglie sindacali rivelatesi
poi sbagliate. Le imprese fuggiro-
no via, e fino al 2001 nelle carceri
fu il deserto, e l'inedia pili tota-
Ie.
Un guaio?
Quando non si fa nulla, il carce-
COOPGIOTTO
Nata vent'anni fa
con un gruppo
eli laureati "verdi"
In carcere nove su dieci non
hanno un curriculum lavorativo,
non sanno nemmeno cosa sia
lavorare. Pili che una rieducazio-
ne, la nostra euna educazione.
Nessuna modifica nella vo-
stra coop iniziale?
Nei primi anni Novanta, con la
nuova legge, la nostra cooperati-
va divenne "sociale", per l'inseri-
mento lavorativo di fasce svan-
taggiate e deboli, disabili, tossico-
n
LA RECIDIVA
Per chi lavora
dentro il carcere
.........................
escesa all'l%
DUE PALAZZI
Boscoletto
guida Ie
attivita della
coop nella
casa di
reclusione
zione, con un totale di 380 detenu-
ti formati.
Formati e avviati allavoro?
Sono stati selezionati per lavora-
re all'interno, poi all'esterno in
misure alternative: escono a lavo-
rare e rientrano per la notte.
Mai avuto spiacevoli
sorprese?
NeI2001, dopo dieci anni, abbia-
mo tirato una riga: tra tutte Ie
persone che con noi sono passate
al lavoro all'esterno, contaria-
mente alla media reale nazionale
della recidiva che s'attesta suI
90%, questi tornavano a delinque-
re con una media tra il 15 e il
18%. Avevamo dato 101'0 un'alter-
nativa.
Parliamo di gente senza altre
particolari capacita
professionali?
SUICIDI
Sintomi della crisi:
s'eperso Usenso della vita
dellavoro, della persona
LA CERTEZZA
Filiera sicurezza:
... 'senza ilreCuperD'
eopera marta
per cui concorremmo riguardava
il recupero dell' area verde, un
appalto per circa 30 milioni delle
vecchie lire, per noi una cifra.
Otteneste l'appalto?
L'amministrazione penitenzia-
ria tardava a dare l'esito della
gara. II tempo passava. A quel
punta lanciammo un'idea: in car-
cere vivevano 700 persone che
non facevano niente dalla matti-
na alIa sera. Possibile non riusci-
re farli lavorare?.
Una provocazione?
Che pero ebbe successo. La
gara d'appalto venne soppressa,
e noi organizzammo un corso di
giardinaggio per venti detenuti,
che part! nel '91. Oggi siamo
arrivati alIa diciannovesima edi-
e
Careen? Sono fabbriche
di m ~ ~ ore insicurezza
Un altro suicidio in carcere, gia il
secondo dall'inizio dell'anno.
Nicola Boscoletto, cosa
succede?
Potrei rispondere che e un pro-
blema "di quantita", ovvero che ci
sonG troppi detenuti in poco spa-
zio, il classico sovraffollamento,
a fronte di troppo pochi assisten-
ti, agenti, psichiatri e via dicen-
do.
Einvece?
Invece e anche un problema "di
qualita", della perdita di senso
del vivere e dellavorare.
Certo, in carcere quel senso e
merce rara...
In realta la crisi che c'e dentro
al carcere e la stessa che c'e
fuori, magari solo un po' accen-
tuata da depressioni e isolamen-
to. E la crisi attuale non e econo-
mica, rna e perdita del valore
della persona, del lavoro. Per
sentirsi in prigione non occorre
andare in carcere.
Ognuno ha la prigione che si
crea?
Basta guardare la facce della
gente illuned! mattina, per alcu-
ni gia la domenica pomeriggio,
gente intristita perche vive il
lavoro come una prigione, e pen-
sa di u ~ c i r e libera solo il venerd!
sera. E il senso di vivere e
lavorare che s'e perso.
Boscoletto, lei ha una laurea
in Scienze forestalL Com'e
finito in carcere?
L'idea nacque tra un gruppo di
amici. Avevamo vissuto negli an-
ni dell'universita una bella espe-
rienza, tutti insieme, sostanziata
anche dall'incontro con l'espe-
rienza di CI di don Giussani. E
avevamo visto quelli pili grandi
di noi iniziare un'avventura di
lavoro.
Quindi?
Noi stavamo fer finire gli studi
ed eravamo a bivio: bisognava
cominciare a concorrere a com-
petere, era matematico che il
gruppo di amici si sarebbe dissol-
to. Ed invece volevamo andare
avanti insieme.
E andaste dal notaio.
Nelluglio del 1986 ci trovammo
in nove davanti al notaio, dove
piantammo questo semino: una
cooperativa allora "normale", vo-
cata alIa gestione del verde. Era-
vamo tutti Iaureati in Agraria 0
Scienze Forestali.
Perche una cooperativa?
Perche metteva tutti noi sullo
stesso piano, senza scopi di lucro,
e teneva al centro I'aspetto socie-
tario inteso come risorsa uma-
na.
Bene. E dopo I'atto formale?
<,La cosa rimase COS! per quattro,
cinque anni. Nel1991 incrociam-
mo due grandi realta sociali, il
carcere e la disabilita. Parteci-
pammo alIa gara per il recupero
delle aree verdi del carcere nuo-
YO, il Due Palazzi, che era gia
finito da alcuni anni, rna rimane-
va sigillato sotto sequestro.
Come mai?
Era uno dei famosi "carceri
d'oro" dell'allora ministro Nico-
lazzi, di fatto in degrado totale,
proprio mentre si doveva organiz-
zare il trasloco dal vecchio carce-
re di piazza Castello. L'appalto
.d'.. AlfJertl) .BE!ggiol ini.
ILGAZZETTINO
Martedi 9 marzo 2010 PO IXI
ATTIVITA
Giardini, manichini,
call-center, biciclette,
e i famosi panettoni
MANICHIIII
Fu la prima
attivita interna
al carcere,
iniziata nel
2001: la
creazione di
manichini di
qualita per
I'alta moda, per
la maggior
parte esportati.
Un'attivita
abbandonata
recentemente
per la grave
crisi del settore
alta moda.
rissa, furto e sequestro, tutti allo
stesso modo in carcere, anche se
per tempi diversi. Qualsiasi altra
modalitll. sembra una non punizio-
ne, rna non eaffatto COS!.
Si pensa alia pena "vera".
In realtll. la vera pena non la si
sconta in carcere, dove si sta
nascosti in una cella, riparati
dalla societa, addirittura vittime
per i diritti calpestati, trasforma-
ti da chi dovrebbe risarcire la
collettivitll. a chi dev'essere risar-
cito.
E l'indulto?
L'indulto, fatto per l'emergen-
za, non come segnale di speran-
za, paradossalmente e comunque
servito. Va detto che il detenuto
prima esce meglio
Mi sembra un concetto discu-
tibile.
Faccio un esempio. Diciamo
che ho un panno sporco e 10 ficco
in una lavatrice che perc non eil
massimo della vita, per di pill
senza nessun detersivo, e dove
gia ci sono parecchi altri panni
ancora pill sporchi. 11 risultato
sara che il mio panno non uscirll.
bello ripulito, rna pill sporco di
prima. Oggi insomma la scelta e
il male minore.
C'e pero iI problema delle
recidive.
La prova del nove eche l'indul-
to ha creato una recidiva inferio-
re di quella che si sarebbe regi-
strata se i detenuti avessero scon-
tate tutta la pena.
Voi sareste quel detersivo?
Su una popolazione carceraria
LAFILOSOFIA
Se in cercere si lavora
si favorisce il recupero
ottenendo risparmi
CAll CENTER
II centralino al
Due Palazzi
lavora
soprattutto per
I'Azienda
ospedaliera.
Poi c'e la
confezione
delle bici
Esperia
parti, sarebbe la certezza del-
lapena.
La pena certa eun non proble-
ma: in Italia la pena e gill. certa,
rispetto aIle leggi che ci sono. Si
pUG discutere semmai su come e
impostato il sistema. Ma va tenu-
to presente che anche Ie misure
alternative sono solo modi diver-
si di "pagare".
Ma si intendono diversamen-
Je.
E stato creato l'automatismo
reato-carcere, COS! che alla fine
non si distingue tra omicidio e
Quindi, l'utile non e"peccato".
11 problema semmai e come
fare profitto: la strada scelta per
fare profitto e all'origine della
crisi di oggi. 11 profitto euna cosa
buona se rispetta la natura
dell'uomo e della collettivitll., al-
trimenti... .
Intanto pero ecrisi per tutti.
Per noi la crisi eun dato positi-
vo: ha costretto a riflettere suI
valore delle cose, su quel che si
fa, sulle persone, suI recupero
dell'essenziale, del buono.
Una cosa buona, si dice da piit
CRIMINEMASTER
..........................................................................
In galera ogni
...............................................................
dilettante diventa
"'pfOfessi'6nisfa
come si spendono i soldi che ci
sono. Solo se si verifica che non
bastano si puo dire che ne servo-
no altri, come per qualsiasi altra
attivita. Oggi la "redditivita" di
un detenuto e zero, ed invece
potrebbe arrivare almena a copri-
re il SO% dei suoi costi.
Voi come cercate di
intervenire?
Noi abbiamo lavorato in primis
per noi stessi, dovevamo mante-
nerci, pensare aIle nostre fami-
glie, quindi abbiamo vissuto la
nostra esperienza come un modo
serio e bello per stare insieme,
rna senza tirare in ballo buoni-
smo 0 pietismo, nessuna fissa sui
diritti umani, gli ultimi e via
dicendo... .
Ma come, e i carcerati, iI
sociale?
Nel fare bene il nostro lavoro,
con noi poteva essere chiunque,
detenuto, disabile 0 altri ancora.
Questo abbiamo fatto: impresa
sociale. E fummo anche molto
combattuti.
Dachi?
Dal terzo settore, il "volontaria-
to" organizzato, perche noi aveva-
rna messo davanti al sociale la
vicenda professionale, della qua-
lita. Ci imputavano di fare impre-
sa, quasi la distinzione fosse
profit e non profit, quando invece
e evidente che anche un impren-
ditore profit puo fare carita.
Comevoi?
Nel nostro caso abbiamo affron-
tato illavoro in maniera impren-
ditorialmente seria e qualificata
per dare un'opportunita a perso-
ne con handicap di varia natura.
Non credo abbia senso parlare di
profit e non profit: alIa fine, chi
aiuta di pill chi/.
L'etica, comunque, resta fer-
rna nel dna della vostra coop?
Certo, se un'impresa "normale"
da 100 io devo dare 101, non 99.
Siamo in gioco noi, in prima
persona. Come cooperativa socia-
Ie siamo onlus di diritto, rna non
bisogna confondere il tutto col no
agli utili, no alIa professionalita.
m
re e solo l'universita del crimine.
Entrano ladruncoli, escono crimi-
nali professionisti. In realta, pro-
prio oggi, quando si chiede pill
sicurezza, il carcere, avendo per-
so il suo fine vero, sostanzialmen-"
te invece di produrre bene, pro-
duce male. Si chiede sicurezza,
creiamo il contrario. Per di pill
can costi elevatissimi.
Tipo?
Se un disabile psichiatrico gra-
vissima costa alIa collettivita S4
mila euro all'anno, un detenuto
mediamente ne costa 100 mila.
Quindi spendiamo miliardi di
euro per farci del male.
E allora cosa si deve fare?
Vanna bene tante carceri, co-
struite bene, che diana dignita al
"vivere minima", rna bisogna chie-
derci "qual e la funzione?". In
realta se c'e redenzione c'e sicu-
rezza, altrimenti no. Arrestare in
fretta tutti colora che commetto-
no un reato, processarli subito,
metterli in galera can una pena
certa, sono solo enunciati ipocri-
ti, se non si aggiunge a tutto cio
anche il recupero. Si produce
esattamente il contrario di quel
che si vorrebbe.
Solo pena, niente
rieducazione?
La filiera della sicurezza a si
porta fino all'ultimo stadia, cioe
il recupero, oppure resta opera
marta.
Eun problema economico?
No, e falso. Bisogna vedere
DENTRO &FUORI
nconsorzio Rebus, un ponte con il mondo
A fianco, 0 sopra, la Giotto, nel 2004 e
sorto Rebus Consorzio di Cooperative
Sociali, per "rispondere in maniera pili
efficace alle esigenze di alcune coopera-
tive operanti nella Casa di reclusione di
Padova fin dal1991". Rebus (450 dipen-
denti, 150 di categorie svantaggiate, 100
detenuti, SO disabili) progetta e attua
strategie volte a consolidare e incremen-
tare Ie attivitll. delle consorziate in
carcere, nei confronti delle aziende
esterne e del mercato dellavoro.
Rebus associa tre cooperative: Giotto,
Work Crossing e Cusl, e ognuna gestisce
laboratori specifici per un totale di sei
poli lavora4.vi. Attualmente impiegano
100 detenuti all'interno, e 15 che godono
dell'articolo 21 per lavorare all'esterno,
pili altre sette persone che hanno finito
di scontare la pena.
Le attivita e i numeri del consorzio
Rebus. Biciclette Esperia: 30 dipenden-
ti. Valigeria Roncato, gioielleria e
bijoux Morellato e Infocert (chiavette
digitali per documenti e digitalizzazione
materiale cartaceo): 25 dipendenti. Car-
totecnica e ceramica: 3 dipendenti.
Call-center soprattutto per l'azienda
ospedaliera: 10 dipendenti, con 25 posta-
zioni per dare lavoro a oltre SO persone.
Ristorazione: 28 dipendenti.
ria: 12 dipendenti, i cui prodotti vengo-
no venduti all'esterno; orami celebre il
pluripremiato "panettone Giotto", segui-
to dalla stagionale "colomba".
Nel 2004 l'avvio di un nuovo progetto,
"Ristorazione Due Palazzi": la Giotto e
partner operativo nella gestione del
servizio, con selezione, formazione e
gestione del personale, che nella cucina
del carcere 7 giorni su 7 preparano i tre
pasti per i detenuti.
attua1e in Italia di 66 mila perso-
ne, solo 700 hanno un lavoro
vero, secondo Ie regole del mer-
cato, e di questi 100 sono qui a
Padova.
E tra costoro che lavorano
che recidiva si registra?
Fino al 2001 avevamo inserito
carcerati solo a1 lavoro esterno,
in misura alternativa. Dal 2001
in poi abbiamo iniziato il lavoro
interno. E da allora fino al 2008
per chi aveva iniziato a lavorare
dentro il carcere, poi in misura
alternativa ed era arrivato COS! a
fine pena, la recidiva e seesa
all'l%.
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