Sei sulla pagina 1di 3

Approfondimenti a cura del Prof.

Leonardo Maiorca
3.1 Quali argomenti emergono nella storia della pedagogia ?
Pedagogia: disciplina che studia l’educazione; l’etimo è:“condurre” (= agere) il fanciullo (= pàis).
La famiglia provvedeva alla paideia, cioè all’educazione del pàis (puer), e lo Stato preparava il giovane alla
vita militare (calos cai agatos. bellezza e virtù morale andrèia). Il pedagogo curava la cultura letteraria,
quella retorica e quella storica, finalizzate alla sapienza, alla saggezza e alla religiosità (eusèbeia, pietas).
Modelli pedagogici in Grecia furono: la iniziatico-sacerdotale (pitagorici); il maieutico (Socrate); - il retorico
(dei sofisti); - il platonico (in Leggi); a Roma, elementi di pedagogia sono in: M.P. Catone (Libri ad Marcum
filium, II sec. a.C.), M.T. Cicerone (De oratore, I sec. a.C.) fautore degli studia humanitatis, M.F.
Quintiliano (De istitutione oratoria, I sec.).
La Chiesa educava alle virtù “teologali” (fede, speranza e carità) e alle virtù “cardinali” (sapienza saggezza,
fortezza e temperanza) e formava i clerices (diritto, medicina, filosofia, teologia) subordinando il sapere
profano a quello teologico (Reductio artium ad theologiam). Si imparava da apprendisti, paggi, baccellieri
nelle università, oblati nei monastero, novizi presso i vescovadi. Le maggiori opere nel Medioevo sono: il De
Magistro (di Agostino e Tommaso; V e XIII secolo) e il Didascalion, Ugo di San Vittore (XII sec.).
Orientamenti pedagogici sono nel Quattrocento (Paolo Vergerio, Nicolò Cusano, L. Battista Alberti.
Nel Cinquecento: Erasmo da Rotterdam (De pueris statim ac Iiberaliter instituendis, 1510), Thomas Moro,
Baldassarre Castiglione (Il corteggiano, 1528); Michel de Montaigne (Saggi, 1580).
La pedagogia illuminista era orientata a ritenere la natura umana incline al bene. Secondo Jean-Jacques
Rousseau, l’educazione è opera delle inclinazioni naturali e l’istruzione è riconducibile all’esperienza stessa
dei fanciulli; i precettori devono preservare gli educandi dall’azione corruttrice della società (Emilio, 1762).
I. Kant è stato fautore del giusto equilibrio tra autorità del pedagogo e autodisciplina dell’allievo; le fonti
dell’apprendimento sono: la sensazione e l’intelletto del mondo fenomenico; l’immaginazione, correlata al
gusto del bello; la ragione, che apre ai principi dell’etica.
La istruzione pubblica è coessenziale alla democrazia parlamentare, e insieme sono cresciute alimentandosi
reciprocamente; é l’istruzione pubblica a rendere effettiva la democrazia (lo insegnava Condorcet, e fu la
Convenzione nazionale a sancire, con la Costituzione dell’Anno I, il diritto dei cittadini alla istruzione e il
dovere della Repubblica di apprestare un idoneo servizio pubblico).
Giovanni Enrico Pestalozzi, autore, tra altri scritti, di Leonardo e Geltrude (1781), e di Come Geltrude
istruisce i suoi figli (1801), ha attuato nella sua scuola di Yverdon, una pedagogia finalizzata al riscatto
socio-culturale dei ceti popolari. La fase iniziale dell’educazione è opera dalla famiglia (“educazione del
cuore”); segue l’educazione e nella quale hanno rilevanza: - l’intuizione delle forme (connessa all’esercizio
del disegno e all’apprendimento della geometria); - l’intuizione dei numeri legata all’aritmetica; -
l’intuizione dei nomi (connessa all’apprendimento del linguaggio; - l’attività concettuale.
Il dibattito pedagogico all’esordio del Regno d’Italia verteva sull’obbligo scolastico (fino all’età di 8 anni,
con frequenza gratuita e ulteriore biennio elementare non obbligatorio), e sull’insegnamento religioso.
All’epoca del ministro Gabrio Casati furono istituite le Scuole normali, triennali, per la formazione dei
maestri elementari, alle quali si accedeva dopo il ginnasio. L’insegnamento della Religione era obbligatorio
nelle primissime classi. L’educazione religiosa fu portata verso i giovani da Giovanni Bosco, fondatore delle
scuole salesiane, a Torin. Con la riforma voluta da Michele Coppino, nei primi due governi Depretis,
l’obbligo scolastico fu elevato di un anno; nelle classi di scuola elementare, quinquennale, l’insegnamento
religioso divenne facoltativo. Il ministro dell’Istruzione Vittorio Emanuele Orlando dispose: l’innalzamento,
al dodicesimo anno di età, dell’obbligo di istruzione elementare; l’istituzione dei Corsi popolari, con
funzione di avviamento professionale (classi “complementari”). Maria Montessori (la prima donna laureata
in medicina) ha creato le “case dei bambini” (Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all'educazione
infantile nelle Case dei Bambini, 1909).
Nella riforma scolastica ideata da Giovanni Gentile (1923) l’ordinamento elementare era quinquennale; - si
elevava l’obbligo scolastico ai 14 anni; - l’istruzione post-elementare era articolata in: Ginnasio-Liceo,
l’Istituto tecnico, l’Istituto magistrale (si concludevano con l’esame di Stato per l’accesso agli studi
universitari), e Scuola complementare triennale (di avviamento al lavoro, al commercio e all’agricoltura) che
non consentiva di proseguire negli studi. L’insegnamento religioso è impartito nell’istruzione elementare; nei
cicli successivi è sostituito con la formazione storico-critica, e attraverso lo studio della filosofia (riservato
agli studenti liceali). Secondo la concezione di Gentile, le regole didattiche sono inutili (la riforma scolastica
ha abolito lo studio della didattica negli Istituti magistrali); nell’atto educativo, educatore ed educando
realizzano l’«autoformazione spirituale» (Sommario di pedagogia come scienza filosofica, 1912).
Il Concordato Stato-Chiesa (1929) ha sancito l’ingresso dell’istruzione religiosa facoltativa in tutti gli
ordini e gradi scolastici. Nel gennaio 1939, Giuseppe Bottai, ha presentato al Gran Consiglio, la Carta della
scuola: istituiva la scuola materna, trasformava in scuola del lavoro la IV e V elementare, istituiva la scuola
artigiana, valorizzava il liceo scientifico.
Fin dall’immediato secondo dopoguerra si è combattuto l’analfabetismo: il ministro Gonella ha istituito la
Scuola popolare; negli anni Cinquanta sono stati istituiti i Centri di lettura; negli anni Sessanta, i Corsi
itineranti, i Corsi serali. Negli anni Settanta sono stati attivati, per iniziativa della Cassa per il Mezzogiorno,
i Centri culturali, e in alcune regioni, i Centri sociali d’educazione permanente (CSEP); successivamente,
sono stati attivati i Corsi di Richiamo e aggiornamento culturale di istruzione secondaria – CRACIS, e i
cc.dd. Corsi delle150 ore.

3.2 Come si attua la collaborazione educativa tra le componenti della comunità scolastica ?
Il D.P.R. 8 marzo 1999, n.275, esplicita il concetto di “partecipazione” di tutte le componenti; nel D.P.R. 24
giugno 1998, n.249 (modificato dal D.P.R. 21 novembre 2007, n. 235) è presente la locuzione “Patto di
corresponsabilità educativa” tra personale scolastico e famiglie degli studenti (il decreto stabilisce che gli
studenti e le famiglie hanno titolo a formulare richieste, realizzare iniziative autonome a scuola, dialogare
con i dirigenti scolastici e i docenti sulle scelte di programmazione e di definizione degli obiettivi didattici,
di valutazione scolastica, di scelta del materiale didattico, e sui criteri organizzativi della scuola). Gli studenti
e i loro genitori hanno facoltà di riunirsi in apposito locale scolastico, per discutere temi connessi alla
formazione culturale e civile degli studenti; questi possono chiedere, per massimo 4 assemblee svolte durante
l'orario delle lezioni, che il consiglio di istituito autorizzi la partecipazione di esperti di problemi sociali,
culturali, artistici e scientifici. Il comma 3, Legge 107/2015, stabilisce che la realizzazione del curricolo
deve tenere conto delle scelte degli studenti e famiglie, e al comma 7 che le scuole devono “sviluppare e
aumentare l'interazione con le famiglie”.
Il Sessantotto ha espresso forti istanze di partecipazione degli studenti alla gestione delle scuole; La Legge-
delega 30 luglio 1973, n.477, e ai suoi decreti attuativi, sono stati emanati in una fase politico-culturale in cui
occorreva modernizzare la Scuola e democratizzarne la gestione dando a tutte le componenti della comunità
scolastica e alle componenti culturali, amministrative, sindacali, economiche e sociali del territorio di
insediamento delle scuole, rappresentatività negli organi deliberativi e/o gestionali, consultivi e di proposta.
La democratizzazione del sistema scolastico è stata realizzata mediante la tripartizione di: - funzione di
indirizzo generale (attribuita al Consiglio di Circolo/Istituto); - funzione di gestione, impulso e proposta
(affidata al capo d’istituto); - funzione didattico-progettuale, confermata come prerogativa del Collegio dei
docenti e delle sue articolazioni (i dipartimenti e i consigli di classe).
Il D.P.R. 31 maggio 1974, n.416, uno dei decreti attuativi della Legge-delega 30 luglio 1973, n.477,
istituisce: Consiglio di interclasse e classe, Collegio dei docenti, Consiglio di Circolo/Istituto e Giunta
esecutiva, Consiglio di disciplina degli alunni, Comitato per la valutazione del servizio degli insegnanti. Le
attribuzioni di questi organi sono state modificate solo parzialmente, con il decreto, citato nell’all.A, D.Lgs.
16 aprile 1994, n. 297 (artt. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11) che é passibile di una modifica radicale, a breve, ai sensi
della delega a decretare, di cui all’art.181 Legge 13 luglio 2015, n.107.
Le forme di partecipazione di studenti e loro famiglie alle dinamiche educative, negli organi interni alle
scuole, sono stabilite, come detto, nel D.P.R. 416/1974 e nel D.lgs. n.297/1994, e nel D.P.R. 10 ottobre
1996, n.567, e succ. modific., per ciò che attiene a: Consulta Provinciale degli studenti; Forum Nazionale
delle Associazioni Studentesche maggiormente rappresentative; Consiglio Nazionale dei Presidenti delle
Consulte; Forum Nazionale dei Genitori della Scuola; Forum regionale dei genitori.
Il D.P.R. 31 maggio 1974, n.419, ha autorizzato quella di ricerca e innovazione metodologico-didattica di
programmi e orari d'insegnamento (art.2, c.d. Mini sperimentazione), e quella di progettazione e
realizzazione innovativa degli ordinamenti e delle strutture educative esistenti (art.3, c.d. Maxi
sperimentazione);entrambe sono state supportate da due istituzioni fondate contestualmente: gli IRRSAE e la
B.D.P. di Firenze.
3.3. Quali strumenti sono utili per instaurare una relazione educativa empatica ?
Secondo la Pedagogia fenomenologico-umanistica, l’insegnante deve possedere la capacità relazionale di
comunicare in modo diretto ed empatico facendosi carico delle difficoltà che sorgono nel rapporto educativo
e minimizzando ciò che lo ostacola. Il riferimento dei fautori della pedagogia non direttiva é Thomas
Gordon. In Insegnanti efficaci,1974, egli ha descritto quale dev’essere lo stile di comunicazione
appropriato: il “linguaggio del non potere”, che si manifesta con l’“ascolto attivo” (quello “passivo” è
l’ascoltare in silenzio che ingenera negli alunni incertezza circa apprezzamento del docente) incoraggiando
gli allievi a comunicare in modo diretto. L’insegnante che comunica nella forma del “messaggio io”
(“messaggio in prima persona”) consente allo studente di conoscere il grado di comprensione di cui fruisce.
Pertanto occorre evitare di dare ordini agli studenti, di esigere, minacciare, biasimare, blandire, comunicare
con messaggi equivoci e/o elusivi delle richieste degli studenti, disapprovare, criticare, ammonire, contestare,
indagare, prestare scarsa attenzione facendo digressioni, fare commenti sarcastici (gli studenti ne soffrono,
alla presenza dei compagni). A questi comportamenti inappropriati del docente, gli alunni corrispondono, di
solito, con la dissimulazione e l’ipocrita accondiscendenza finalizzata ad ottenere buoni voti. Lo stile
educativo empatico ha molti estimatori, tra gli insegnanti e i pedagogisti.
Segnaliamo alcuni sussidi per la didattica non direttiva. L’Educazione come discorso (1991), di Lucia
Lumbelli, riporta situazioni tipiche nelle classi: la “conferma come rispecchiamento”, che testimonia
l’interesse del docente per l’interlocutore; la correzione come aiuto all’alunno; la risposta al silenzio
dell’alunno; le circostanze che richiedono la fermezza dal docente. Nel libro L’arte dell’incoraggiamento
(1991), Herbert Franta e A. Rita Colasanti forniscono al docente strumenti con cui osservare il proprio stile
di ascolto e di insegnamento, la capacità di mantenere la disciplina con interventi preventivi, regolativi e
correttivi, lo stile relazionale, autoritario o autorevole, lo stile didattico, la capacità di controllare i fattori
ansiogeni e stressori favorendo l’autostima negli allievi. Di Pietro Meazzini citiamo: L’insegnante di qualità
(1989), e La conduzione della classe (1990); nel primo, Meazzini presenta: - quesiti rivolti agli alunni, in
tema di comunicazione non verbale; - un’esercitazione sullo stile di ascolto; - una scheda per
l’autovalutazione dell’ascolto empatico; - la presentazione di situazioni critiche, rispetto alle quali lo
studente valuta la capacità di ascolto empatico; - la simulazione dell’effetto prodotto dalle barriere alla
comunicazione; - un questionario sullo stile comunicativo dell’insegnante; - un questionario sul
comportamento del tipo di “doppio legame”; - un esercizio per stimolare la creatività degli alunni; - un
autotest per accertare la predisposizione del docente al burnout (seguono tecniche di gestione dello stress); -
una scheda per la registrazione di situazioni stressorie in classe; In La conduzione della classe, Meazzini
propone questionari nei quali flaggare in ordine di preferenza alcuni tra i comportamenti elencati (consueti in
ambiente scolastico, famigliare, sociale); presenta schede su: Customer satisfaction, difficoltà degli alunni a
parlare dinanzi ai compagni, dinamiche interne alla classe (livello di partecipazione alla lezione; spirito di
iniziativa, collaborazione alla circolazione delle idee, aiuto amicale, attitudine al lavoro in gruppo). Secondo
Felice Carugati e Patrizia Selleri (Psicologia sociale dell’educazione, 1996), lo stile di insegnamento
“comparativo-premiale”, contribuendo a suscitare comportamenti di tipo competitivo, conferisce agli allievi
diligenti ulteriore spinta ma costituisce motivo di frustrazione e di ansia, per quelli negligenti. In L’aiuto tra
solidarietà e inganno (2002), Ferdinando Montuschi descrive atteggiamenti rinunciatari di allievi, nelle
classi, che si sottraggono al dialogo didattico, e comportamenti, provocatori verso il docente, di alunni che si
impongono con prepotenza: sono fenomeni dovuti a difficoltà di inserimento nel gruppo-classe, e portano ad
ingaggiare seppur non intenzionalmente, un braccio di ferro col professore; questi eviterà di umiliare i
rinunciatari, e di consacrare i prepotenti nel ruolo di “oppositori all’autorità”.

Potrebbero piacerti anche