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Nicchie per una nuova scienza.

Scuole e corti nellItalia del Rinascimento


Pier Daniele Napolitani 23 aprile 2008

Indice
1 Origini 1.1 Spiegare la mutazione . . 1.2 Coevoluzione . . . . . . 1.2.1 Due enciclopedie 1.2.2 Nicchie . . . . . . 1.3 Questo contributo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 5 9 9 11 15 17 17 20 26 30 32 32 37 41 45

2 Una rivoluzione culturale 2.1 La matematica arabo-latina . . . . . . 2.2 Leonardo Pisano e le scuole dabaco . . 2.3 La matematica della cultura dellabaco 2.4 Fra scuole e corti . . . . . . . . . . . . 3 Archimede nelle corti: da Viterbo 3.1 Guglielmo e Iacopo . . . . . . . . 3.2 Ibridazione . . . . . . . . . . . . . 3.3 Commandino . . . . . . . . . . . 4 Verso una nuova scienza a . . .

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Urbino . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1
1.1

Origini
Spiegare la mutazione

La nostra scienza e la nostra societ`, che di scienza e teca nologia vive discende in linea diretta dalla grande muta` zione intellettuale che ebbe luogo nel XVII secolo. E da qui che nasce il nuovo universo newtoniano; ` in questo secolo e che prendono vita nuovi oggetti polinomi, curve, dierenziali che diventeranno le cellule della matematica che fonda quelluniverso. Questa rivoluzione scientica ` stata vae riamente spiegata dagli storici, ma c` un fattore che tende e ad accomunare molte di tali spiegazioni: una sottovalutazione sostanziale dei contributi che il periodo precedente il Rinascimento diede a tale mutazione. Capostipite e corifeo di questo atteggiamento fu Pierre Duhem (18611916), uno dei fondatori della storia della scienza moderna. Duhem, che fu forse il primo a individuare il contributo medievale alla scienza, non esit` a trovarvi la prova o documentale delle radici medievali della scienza moderna e a negare al Rinascimento qualsiasi valore:
Le pretese rivoluzioni intellettuali scriveva concludendo la prefazione alle Origines de la statique (1905) non sono state altro, nella maggior parte dei casi, che evoluzioni lente e lungamente preparate; i sedicenti rinascimenti reazioni spesso ingiuste e sterili1 .
Ltude des origines de la Statique nous a conduit ainsi ` une cone a clusion ; au fur et ` mesure que nous avons pouss nos recherches histoa e riques plus avant et en des directions plus varies, cette conclusion sest e impose ` notre esprit avec une force croissante ; aussi oserons nous la e a formuler dans sa pleine gnralit : La science mcanique et physique e e e e dont senorgueillissent ` bon droit les temps modernes dcoule, par une a e suite ininterrompue de perfectionnements ` peine sensibles, des doctrines a professes au sein des coles du moyen ge ; les prtendues rvolutions e e a e e intellectuelles nont t, le plus souvent, que des volutions lentes et ee e longuement prpares ; les soi-disant renaissances que des ractions e e e
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Le posizioni di Duhem furono riprese, sviluppate e temperate da Anneliese Maier, Ernst Moody, Marshall Clagett e in una certa misura anche da Alexandre Koyr. Non ` ovviamene e te questo il luogo per discutere un lone storiograco che ha attraversato tutto il Novecento; bisogna per` per lo meno aco cennare al fatto che, nelle sue estreme conseguenze, la visione medievalista delle origini della scienza moderna comporta una svalutazione profonda del contributo del Rinascimento: una sorta di parentesi fra un grande Medioevo che avrebbe individuato concetti quali il principio di inerzia o la quantit` a di moto e il grande Seicento di Galileo e Newton. Questa svalutazione degli aspetti scientici del Rinascimento trova, curiosamente, un suo corrispettivo fra molti storici del Rinascimento stesso, che sembrano ignorarli o, quantomeno, a collocarli in secondo piano rispetto ad altri. Per fare un solo esempio, nella sintesi che John Hale dipinge nelle oltre seicento pagine della Civilt` del Rinascimento in Europa 2 le a scienze, e in particolare quelle che oggi chiamiamo esatte, trovano ben poco posto. Scienziati e matematici come Vi`te (il e creatore dellalgebra moderna) sono del tutto ignorati: a mal fatica ` menzionato en passant il nome di Regiomontano, uno e dei personaggi chiave per intendere lumanesimo scientico e la rivoluzione generata dalle nuove tecnologie tipograche; in una decina di pagine si passano rapidamente in rassegna i contributi di Galileo insieme con quelli di personaggi di tuttaltro spessore e orientamenti quali Cardano o Robert Recorde. Ma anche dal punto di vista della storia della scienza ci sono aspetti del Rinascimento che non possono essere rifrquemment injustes et striles ; le respect de la tradition est une cone e dition essentielle du progr`s scientique. Les origines de la statique, e tome premier, Paris, Hermann, 1905, pp. iiiiv. 2 J.R. Hale, The Civilization of Europe in the Renaissance, London, Harper & Collins, 1993. Trad. it. La civilt` del Rinascimento in Europa: a 1450-1620, Milano, Mondadori, 1994.

dotti a meri episodi fra due grandi periodi. Per esempio, non si pu` non riconoscere che il fenomeno del recupero delo la cultura antica abbia pi` o meno profondamente segnato la u nascita della nuova scienza. Come pensare Copernico senza Tolomeo, Galileo senza Archimede, Descartes senza Apollonio e Pappo? In altre parole, non si pu` negare che il Rinascimeno to abbia almeno rappresentato un periodo di preparazione fondamentale. Anche questa intepretazione `, a nostro avviso, e troppo riduttiva: e tuttavia non mancano tesi che tendono a ridimensionarla ulteriormente. Per esempio, nel bello e fortunato libro di Lucio Russo, La rivoluzione dimenticata, viene proposta una rivalutazione complessiva della scienza ellenistica, rivalutazione pi` che opportuna e benvenuta. Tuttavia u essa tende a sconnare in un giudizio di svalutazione di ci` o che avvenne fra XVI e XVII secolo:
Non stupisce quindi che la scienza di Descartes, Keplero e Newton, nonostante la sua potenziale superiorit`, dovuta alla sua applicabilit` a una fenomenologia a a pi` vasta, fosse metodologicamente inferiore a quella u antica. Nelle opere della nascente scienza moderna i singoli contenuti recuperati dallantica scienza, o sviluppati sulla sua base, sono inquadrati in schemi generali estranei, tratti dalla teologia e dalla losoa naturale3 .

In questa prospettiva il Rinascimento diventa un semplice momento di passaggio di testimone, unepoca puramente passiva che si limita a consegnare i tesori antichi a un mondo moderno che sembra nascere ex antiquo dalla mente di alcuni grandi geni. Ma ` stato veramente cos` Queste concezioe ? ni (il Rinascimento come parentesi o il Rinascimento come passacarte) sembrano dimenticare che il recupero della
3 L. Russo, La rivoluzione dimenticata, Milano, Feltrinelli, 1996 (3a ampliata, 2003), p. ***.

cultura scientica antica e in special modo di quella matematica comport` un tremendo lavoro intellettuale, sia sul o piano strettamente ecdotico, sia su quello di reinterpretazione di un mondo di cui arrivavano, a distanza di secoli, solo pochi e sparsi relitti. Prendiamo il caso di Galileo, che ` un ottimo esempio. e Per Galileo la losoa naturale deve essere riscritta, in termini matematici. O meglio: geometrici, perch la nuova sica e che inizia avrebbe bisogno di una matematica che ancora non c` (il calcolo innitesimale); al tempo stesso, la matematica e che c` ` lerede di tradizioni complesse, ancora ben lontane e e dallessere unicate. Il nuovo approccio di Galileo alla losoa naturale ` allora assai dicilmente spiegabile in termini del e riduzionismo medievalista che abbiamo delineato qui sopra: la rivoluzione galileiana ` un fenomeno troppo complesso sul e piano dei contributi che vi conuiscono e delle sde formali e matematiche che si trova ad arontare perch si possa cae pirla riducendola, come Duhem, allevoluzione della sica dei calculatores del XIV secolo. Meno che mai, la nuova visione galileiana si potr` ricona durre alla pura e semplice riscoperta della scienza e della matematica ellenistiche. Anche ove si voglia accogliere la tesi delle Etudes galilennes per cui la nascita della nuova sica e si riassumerebbe nella ricezione dellopera di Archimede, essa merita alla luce dello stato attuale degli studi quantomeno una serie di distinguo. Di quale Archimede, infatti, si sta parlando? Quello del suo professore di losoa di Pisa, Francesco Buonamici che cita i Galleggianti e li discute nel suo De motu? Quello del suo amico e mentore Guidobaldo del Monte, campione del purismo archimedeo in meccanica e in geometria? O forse quello di Francesco Maurolico, che nellisolamento della Messina del primo Cinquecento cerca di reinventarsi lopera di Archimede e di collocarla in un paradigma che comprenda tutto lo scibile classico e medievale? 8

O lArchimede degli ingegneri e dei tecnici come Tartaglia, Giuseppe Ceredi, Giambattista Aleotti? Inoltre, la nascita delle nuove scienze non si riassume cos` semplicemente nella ricezione di Archimede. Quella con cui Galileo tenta di leggere il suo libro della Natura ` tutta o e quasi la matematica che il tardo Cinquecento eredita da un complesso intreccio di tradizioni precedenti: Archimede gli ` e utile almeno quanto Piero della Francesca e Guidobaldo dal Monte, senza i cui studi di prospettiva non avrebbe mai letto i monti della Luna nelle immagini che vedeva nel cannocchiale. E la situazione in cui si trova Galileo ` anche quella di e un Luca Valerio (1553-1618), che ` forse il primo a rompere e il paradigma greco, introducendo nel contesto delle problematiche classiche della geometria di misura (determinazione di volumi e di centri di gravit`) lo studio di classi di gua ` re generiche. E la situazione di partenza di Franois Vi`te c e nellinventare lalgebra simbolica, producendo una rivoluzione ontologica nella considerazione degli oggetti matematici e un approccio nuovo alla geometria. Insomma: dietro alla mutazione che, al passaggio fra XVI e XVII secolo, d` origine alla scienza moderna ci sono storie e a tradizioni che si intrecciano in modi molto vari e complessi. E queste storie e tradizioni rispecchiano a loro volta diversi ruoli sociali e culturali delle discipline matematiche. Un intreccio tuttaltro che chiarito nei suoi vari aspetti.

1.2
1.2.1

Coevoluzione
Due enciclopedie

Nel 1494, adi. 10 de nouembre, lo stampatore bresciano Paganino de Paganini niva di stampare unopera monumentale: la Summa de arithmetica proportioni et proportionalit` a di Luca Pacioli (1445/50c.1517). Le sue oltre trecento carte

in folio si presentano come unenciclopedia del sapere che, a partire dal Liber abaci di Leonardo Pisano (1202), si era venuto elaborando negli ambienti delle scuole dabaco; il luogo, cio`, in cui si formava, per usare una felice espressione di Carlo e Maccagni, lo strato culturale intermedio: mercanti in primo luogo, ma anche artisti, architetti e ingegneri, uomini darme. La Summa riprende cos` i temi tradizionali della matemati ca abachistica: la numerazione posizionale e i suoi algoritmi, la regola del tre e il calcolo delle proporzioni, lalgebra, luso della partita doppia, le regole della geometria pratica. Pochi anni dopo, nel dicembre del 1501, dai torchi della tipograa di Aldo Manuzio, usciva unaltra enciclopedia: il De expetendis et fugiendis rebus, opera postuma dellumanista piacentino Giorgio Valla (14471500). Di mole ancora pi` u impressionante della Summa (oltre seicento carte in folio), abbraccia tutti i campi del sapere. Dei suoi 49 libri, i primi diciotto trattano della matematica del quadrivio (aritmetica, musica, geometria e astronomia) mentre i rimanenti sono dedicati alla losoa naturale, alla medicina, alle humanae litterae, alleconomia e alla politica. Le fonti di questa enorme compilazione sono tutte classiche: Valla vi trasfuse lenorme erudizione che aveva accumulato in anni e anni di studio e insegnamento e di appassionate ricerche bibliole. Nel De expetendis per la prima volta trovano la via della stampa excerpta delle opere di Apollonio, Sereno, Erone (per non citare che alcuni dei nomi pi` famosi); citazioni del commento di u Eutocio ad Archimede; lunghi brani di Euclide tradotti direttamente da codici greci in aperta polemica con la vulgata euclidea medievale di Campano da Novara (1220/30c.1296). A prima vista queste due enciclopedie sembrano essere antitetiche: Pacioli si presenta come il campione delle tradizioni dellabaco; Valla di quelle tendenze umanistiche che non solo avevano accumulato nelle biblioteche di Venezia, Firenze, Roma e Urbino i tesori della scienza ellenistica, ma che avevano 10

prodotto, verso la met` del XV secolo la traduzione dellopea ra di Archimede. La Summa sembrerebbe quindi rivolgersi ai meccanici dello strato intermedio; il De expetendis ai dotti e a chi ` dedito alle arti liberali: due mondi separati. Sensae zione di separatezza e di polemica che pare confermarsi se si pensa che Pacioli, dopo la pubblicazione della nuova traduzione euclidea fatta da Bartolomeo Zamberti (Venezia 1505), vorr` rivendicare limportanza di quella di Campano ripuba blicandola nel 1509 arricchita di commenti e dimostrazioni alternative. Non si pu` negare che questi elementi di separazione siao no eettivamente presenti; ma, al tempo stesso, uno sguardo pi` attento dovrebbe indurci a una maggiore riessione. Per u esempio, Pacioli e Valla agiscono entrambi sulla scena della Venezia di ne Quattrocento; entrambi si rendono conto dellimportanza cruciale che ha assunto la stampa; entrambi concepiscono il progetto di organizzare le conoscenze della tradizione cui appartengono in un tutto organico e di sfruttare il nuovo mezzo di diusione del sapere per orire agli studiosi un testo in cui potessero ritrovare quanto prima era sparso e dicile se non impossibile da rinvenire. E Pacioli pu` poi dirsi davvero cos` estraneo al mondo dei dotti? o Lui, che era stato intimo di Leon Battista Alberti a Roma e aveva frequentato le corti di Urbino, Firenze e Milano? 1.2.2 Nicchie

Con una certa ipersemplicazione, possiamo dire che Pacioli si presenta come lerede della tradizione delle scuole e il De expetendis come un primo tentativo di cristallizzare lesplorazione delle fonti classiche che le corti del Quattrocento avevano condotto. A partire da Fibonacci e poi, soprattutto, nel corso del Trecento e del Quattrocento intorno alle scuole dabaco si svi11

luppa una cultura matematica diusa, che permea gli ambienti sociali pi` disparati e che arriver` a intrecciarsi con u a quella umanistica. Per converso, ` negli ambienti delle core ti da quella di Federico II a quelle del Cinquecento che si avvia il recupero e lassimilazione della matematica greca. Si tratta per` di un processo complesso, soggetto a molti alti o e bassi, dato che le attivit` culturali, artistiche e scientiche a di una corte dipendono da fattori assai poco stabili. Queste attivit` sono infatti legate alla presenza di un mecenate, a di grandi biblioteche la cui funzionalit` pu` essere garantita a o solo da istituzioni potenti o da ricchissimi privati. Per esempio, la Sicilia di Federico sarebbe scomparsa con la ne della Casa di Svevia. La corte papale di Viterbo fu, nella seconda met` del XIII secolo, un centro di cultura e di scienza di a prima grandezza, frequentato da personaggi come Guglielmo di Moerbeke, Campano da Novara, Ruggero Bacone, Witelo, John Pecham. Stagione che si sarebbe per` ben presto o chiusa, con il trasferimento del papato ad Avignone. Cos` gli entusiasmi di papa Niccol` V (1447-1455) verso le traduzioni o scientiche (Archimede, Tolomeo), troveranno scarso seguito fra i suoi immediati successori. Fra linizio del XIII secolo e la ne del XV assistiamo dunque a una sorta di coevoluzione fra le scuole dabaco e le corti, umanistiche e non. Le prime, diondendo una nuova cultura matematica che attraversa quasi tutti gli strati sociali, creano interesse e aspettative verso la matematica stessa e le sue applicazioni: basti pensare al ruolo degli artisti e allo svilupparsi della prospettiva teorica, della gnomonica, della meccanica, della scienza delle forticazioni. Questo processo, quando si creano le condizioni favorevoli, permette il coagularsi di importanti fondi scientici nelle grandi biblioteche, il formarsi di scuole e di circoli matematici, di avviare la traduzione e il recupero dei testi classici. E questo, a sua volta, stimola nuovi punti di vista, nuovi arrichimenti culturali, nuovi strumenti di 12

ricerca negli ambienti della cultura dellabaco. La Summa e il De expetendis non dovrebbero allora pi` u apparirci come prodotti di due mondi separati, mutuamente esclusivi. N soltanto (come il loro carattere enciclopedico e potrebbe indurre a credere) come un semplice punto di arrivo. Abbiamo gi` accennato al fatto che Pacioli e Valla sono a accomunati dalla comprensione dellimportanza della stampa come strumento di diusione del sapere. Il passaggio del secolo segna infatti una profonda dierenza qualitativa nellaccostarsi alla matematica. Laccumularsi di una massa critica di testi manoscritti nelle grandi biblioteche umanistiche e la diusione quasi capillare di unalfabetizzazione matematica si accoppiano con lavvento dellera della stampa. Nellarco di pochi decenni escono dai torchi: ledizione degli Elementi (Venezia, 1482) curata da Campano nel XIII secolo, presto seguita dalla nuova traduzione di tutte le opere di Euclide condotta da Bartolomeo Zamberti (Venezia, 1505); i primi testi archimedei pubblicati da Luca Gaurico (Venezia 1503), leditio princeps del testo greco di Euclide (Basilea, 1533), la traduzione di Memmo delle Coniche di Apollonio (Venezia, 1537), la traduzione italiana di Euclide e ledizione di varie opere di Archimede fatte da Tartaglia (entrambe Venezia 1543), leditio princeps di Archimede con testo greco e latino (Basilea, 1544). E si tratta di un elenco veramente sommario. Tutto questo sconvolge le tradizionali divisioni, accelera in maniera drammatica la coevoluzione di cui abbiamo qui sopra parlato. Abbiamo appena fatto il nome di Tartaglia come editore di Archimede. C` bisogno di ricordare che Niccol` Tare o taglia (1499/15001557) `, prima ancora che editore di testi, e uno dei pi` alti prodotti della cultura dellabaco? Proveniente u da ambienti poverissimi, quasi autodidatta, maestro dabaco nella Casa de Mercanti di Verona alla ne degli anni Venti del XVI secolo, negli anni Trenta riscopre da solo la regola di Scipione Dal Ferro per ottenere le radici di unequazione 13

di terzo grado in funzione dei coecienti; tenta di costruire un modello geometrico per la traiettoria dei proiettili (Nova scientia, 1537); traduce Euclide in volgare italiano lo stesso anno in cui pubblica la silloge di scritti archimedei (1543); propone di applicare le teorie archimedee sul galleggiamento al recupero delle navi aondate (La travagliata inventione, 1551). I suoi interlocutori sono s i bombardieri e i tecnici, ma anche personalit` come Giovan Battista Memmo, che nel a 1537 esegue una traduzione latina dei primi quattro libri delle Coniche di Apollonio o Diego Hurtado de Mendoza (1503 1575), ambasciatore di Carlo V, umanista, poeta e traduttore in spagnolo delle Questioni meccaniche aristoteliche. Al tempo stesso questa nuova matematica si apre una strada nelle universit`. Fino a tutto il Quattrocento (e per molti a decenni ancora) linsegnamento universitario si era limitato ai primi libri di Euclide e ai rudimenti di astronomia. Ma nel corso del Cinquecento la situazione comincia a cambiare. La meccanica si aerma non pi` come arte, ma come scienza u degna di essere insegnata. Accanto ad Aristotele e Platone comincia a far capolino nei corsi di losoa la matematica di Archimede e Pappo: basti qui ricordare il caso di Buonamici, o quello di Iacopo Mazzoni (1548-1598), amico di Galileo e Guidobaldo dal Monte che nei suoi testi quali il De triplici hominum vita (Cesena, 1576) o i In universam Platonis, et Aristotelis philosophiam praeludia (Venezia, 1597) non solo citava e commentava risultati della matematica pi` recente, u ma tentava anche di utilizzarli nella discussione di questioni di losoa naturale. Su queste nuove basi si andr` formando, nellarco di poa chi decenni, una comunit` scientica di tipo nuovo rispetto a a quelle del mondo antico, medievale e rinascimentale: la base culturale della rivoluzione galileiana e punto di partenza per le radicali innovazioni cartesiane nel campo della geometria.

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1.3

Questo contributo

Per intendere la novit` della scienza galileiana, per comprena dere il valore di rottura delle innovazioni di Descartes in algebra e in geometria, si devono dunque percorrere le dicolt` a e le complessit` di questa coevoluzione. Si tratta di uno stua dio che coinvolge non tanto e non solo la storia delle scienze. Ad esso si collegano infatti questioni storiograche come il concetto di Rinascimento, di storia economica (lo sviluppo dellItalia fra Duecento e Cinquecento), lintreccio fra la cultura umanistica e quella popolare e tecnica. Ci si potrebbe infatti porre uninterrogativo: in che senso tutto questo intrecciarsi di tradizioni e di contesti pu` dirsi o italiano? Si pu` parlare in qualche modo di scuola o scuoo le italiane? O si tratta di un riessi di movimenti culturali pi vasti, europei? A nostro avviso, i fenomeni che conducono u alla nascita delle scienze sico-matematiche moderne che abbiamo descritto sono profondamente legati alla realt` sociale a e culturale della penisola. La cultura dellabaco ` un prodotto profondamente legato e alla rivoluzione mercantile dei secoli XII-XIII e al ruolo che svolsero le repubbliche marinare italiane: Fibonacci, capostipite di tutta questa tradizione, ` veramente glio della sua e Pisa. I circoli scientici di Viterbo, che raccolgono il meglio degli studiosi europei della seconda met` del Duecento, sono a intimamente legati al Papato e si collocano allinterno di un panorama culturale che non pu` far astrazione da quello che o era stata la corte di Federico II, e dal contesto della lotta fra il papato e la casa di Svevia per il controllo dellItalia. N meno italiano ` lumanesimo civile che si sviluppa a e e Firenze e a Venezia nel corso del Quattrocento. Una temperie culturale che permette lo scambio di esperienze e attivit` a fra umanisti, tecnici, artisti. Non si pu` infatti intendere luo manesimo come una ricerca adorante e sterile del passato: ` e 15

piuttosto una lotta sia con la forma che con i contenuti della cultura classica, lotta che viene condotta in nome dei bisogni e delle sensibilit` politiche e sociali del tempo, con unenergia a e una visione nuove. Italiano ` cos` il fenomeno che permette e nel corso del Quattrocento di accumulare nelle biblioteche i tesori scientici del mondo classico: prodromo necessario alla riappropriazione deleredit` della matematica greca. a Per farla breve, lItalia che per pi` di due secoli fu quau si sovrana del mondo, manifest` un ruolo-guida anche nel o campo delle matematiche che diventano espressione della cultura rinascimentale che si sviluppava nelle corti e nelle repubbliche fra il XIII e il XVI secolo. La coscienza e la consapevolezza di questo ruolo ` espressa al meglio nella Scuola di e Atene: il capolavoro di Raaello presenta, sotto le spoglie dei loso e dei matematici antichi, gli artisti e gli intellettuali a lui contemporanei. La nuova Atene `, a tutti gli eetti, e lItalia. Chiarire no in fondo questa coevoluzione ` il problema e storiograco principale tuttoggi aperto, ove si voglia capire il fenomeno della nascita delle scienze matematiche moderne e dei loro legami con la societ` che le produsse: ed ` un coma e pito che va ben oltre le possibilit` di questo contributo. Ci a limiteremo, nelle prossime pagine, a disegnare i tratti principali della coevoluzione fra corti e scuole, fra cultura alta e cultura bassa. Per evitare di disperderci eccessivamente, useremo come lo conduttore la storia della tradizione dei testi di Archimede. Essa infatti si dipana in vario modo dal Medioevo lungo tutto il Rinascimento e oltre coinvolgendo pi` u o meno direttamente tutti i protagonisti delle scienze matematiche del Rinascimento e tutti gli ambienti culturali: corti, scuole, botteghe e universit`. a

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2
2.1

Una rivoluzione culturale


La matematica arabo-latina

Gi` nel mondo classico, lopera di Archimede non pare aver a avuto la notoriet` che oggi ci potremmo aspettare. Questo a scarso successo fu dovuto a molti fattori, fra cui il collocarsi di Archimede alla periferia dei grandi centri culturali ellenistici come Alessandria o Pergamo e la dicolt` intrinseca del a suo stile. Inoltre, la sua opera (almeno quella che ci ` pervee nuta) verte su temi di geometria di misura e di meccanica; e sembra che il main stream della matematica ellenistica si concentrasse piuttosto sulla geometria delle curve (o geometria di posizione). Se a questo si aggiunge la generale decadenza delle scienze matematiche a partire dallepoca imperiale, ` e facile capire come mai, nel VI secolo, il suo commentatore Eutocio dia segno di conoscere solo la Sfera e il cilindro, la Misura del cerchio e lEquilibrio dei piani. Per certo Eutocio, che pure si d` pena di cercare testi e manoscritti antichi, non a conosce la Quadratura della parabola e quasi sicuramente nemmeno le Spirali. In poche parole, alla ne del mondo antico, le opere pi` profonde di Archimede quali appunto le Spirali, i u Conoidi e sferoidi, il Metodo quelle che contenevano idee e intuizioni che sarebbero poi state allorigine della nascita della matematica moderna, sembra fossero andate completamente dimenticate. Alla vigilia della conquista araba della Siria e dellEgitto lo studio di Archimede nel mondo bizantino doveva dunque essere limitato essenzialmente a quelle opere di pi` immediato u interesse pratico: la Sfera e il cilindro che forniva la regola per il volume e la supercie della sfera; la Misura del cerchio 10 con la determinazione di come compreso fra 3 + 71 3 + 1 ; 7 lEquilibrio dei piani con la dimostrazione della legge della leva e il calcolo dei centri di gravit` del triangolo. a 17

Fu forse per questa ragione che nel mondo arabo furono note solo queste opere, anche se ci` non signica che i o matematici arabi non sviluppassero una loro matematica archimedea. Avevano ereditato gran parte della matematica del mondo greco, in particolare i primi sette libri delle Coniche di Apollonio (si noti che i libri V-VIII sono perduti nelloriginale greco) e questo permise loro di ottenere risultati stupefacenti nel campo di quelle che Roshdi Rashed chiama le matematiche innitesimali. A partire dai tre fratelli Muhammad, . Ahamad e al-Hasan, noti come i Ban Ms (i gli di Mos: u ua e . . Ms ibn Shkir) e Thbit ibn Qurra (IX secolo), poi con suo ua a a nipote Ibrhim ibn Sinn (X secolo) e poi con al-Khzin, ala a a Qh Ibn al-Samh e Ibn Hd (XI secolo), i matematici arabi u , u . svilupparono dimostrazioni di impressionante bellezza ed eleganza su temi quali la quadratura della parabola o lo studio di paraboloidi di rotazione. E allo sviluppo della matematica archimedea si dedic` anche uno dei pi grandi matematici o u arabi, Ibn al-Haytham, che divenne famoso nel mondo latino con il nome di Alhazen, la forma latinizzata del suo nome proprio, al-Hasan (XI secolo). La fama dei suoi lavori di ot. tica, di astronomia, di matematica travalic` ben presto i pur o ampi conni del mondo arabo, estendendosi ad Occidente e ad Oriente. Tuttavia, queste ricerche archimedee non riuscirono a penetrare in Occidente, e non diedero quindi un contributo perlomeno direttamente alla nascita della matematica moderna. La lista delle opere archimedee o di ispirazione archimedea che il Medioevo latino conobbe ` quindi piuttosto e breve. Praticamente lunico testo di Archimede che circol` in o latino no al XIII secolo fu la Misura del cerchio, che nella traduzione di Gerardo da Cremona (11471187) conobbe una notevole diusione. Le scienze matematiche devono molto allattivit` di Gerardo. Desideroso di poter leggere lAlmagesto a di Tolomeo si rec` a Toledo, dove impar` larabo e tradusse o o 18

da questa lingua (oltre allAlmagesto) qualcosa come novanta ` opere scientiche. E a lui che dobbiamo traduzioni di classici antichi come i testi di trigonometria sferica di Teodosio e Menelao, unimportante testo di Alhazen sugli specchi parabolici che divenne praticamente lunico veicolo di conoscenza sulle sezioni coniche per tutto il Medioevo, la traduzione dellAlgebra di al-Khwrizm a . Accanto al De mensura circuli Gerardo aveva tradotto anche unopera dei Ban Ms che si rifaceva ai risultati della u ua Sfera e il cilindro, testo noto sotto il titolo di Verba Filiorum o Liber geometriae. In esso erano contenute dimostrazioni originali dei Ban Mus riguardanti la quadratura del cerchio, u a la formula di Erone per larea del triangolo, risultati e formule relative alla supercie sferica, al volume della sfera, alla supercie e al volume del cono e altro ancora. Il testo della traduzione di Gerardo ` conservato da un discreto numero di e manoscritti e, come tra poco vedremo, inuenz` autori come o Ruggero Bacone, Giordano Nemorario (un prolico autore di importanti testi di geometria, aritmetica e statica del XIII secolo) e Leonardo Pisano. Analogo ai Verba liorum ` il Liber de curvis superciebus, e unopera attribuita a Iohannes de Tinemue, un matematico non ancora ben identicato, e probabilmente derivante da una tradizione tardo-antica o bizantina. Esso contiene i risultati del primo libro della Sfera e il cilindro, ma con dimostrazioni originali e seguendo una via diversa da quella di Archimede. Il testo latino di cui disponiamo, trasmessoci da una dozzina di manoscritti risale almeno allinizio del XIII secolo. Questa opera avrebbe avuto una certa inuenza almeno no alla prima met` del Cinquecento: ad essa si ispir` il giovane Frana o cesco Maurolico (14941575) per tentare negli anni Venti del XVI secolo una ricostruzione della Sfera e cilindro. Accanto a questi testi possiamo citare il Liber Archimenedis de ponderibus (un trattato pseudo-archimedeo risalente al 19

XIIXIII sec., in cui si mescolano materiali metrologici della tarda latinit` con altri di probabile origine araba) che si oca cupa di ci` che potremmo oggi chiamare determinazione del o peso specico di un miscuglio. Questo testo ebbe una enorme fortuna no a tutto il XVI secolo e oltre: inuenz` probao bilmente anche il giovane Galileo e fu stampato in traduzione italiana ancora nel 1644, insieme alla prima edizione a stampa della Bilancetta di Galileo.

2.2

Leonardo Pisano e le scuole dabaco

Il movimento intellettuale che porta al recupero dei testi di derivazione archimedea che abbiamo citato qui sopra ` lo stese so che, alla ne del XII secolo, ha ormai portato al recupero del testo degli Elementi di Euclide e di vari altri aspetti della cultura scientica ellenistica, soprattutto nella elaborazione che ne ha fatto il mondo islamico: lastronomia tolemaica, elementi sparsi di teoria delle coniche, elementi di statica (abbiamo citato qui sopra Giordano, le cui opere continueranno a essere lette no a tutto il XVI secolo), elementi di ottica. Alla corte normanna di Sicilia vengono tradotti direttamente dal greco lAlmagesto di Tolomeo e, probabilmente, anche i Data, lOttica e la Catottrica di Euclide. La corte siciliana sar` un faro di cultura, raggiungendo i a suoi massimi splendori nel secolo successivo durante il regno di Federico II. Splendori emeri, per`. La grande oritura o scientica della Sicilia normanno-sveva ci mette di fronte a un fenomeno ricorrente nella storia delle scienze matematiche: ` un po come quando uninverno eccezionalmente mite e fa germogliare le piante troppo precocemente esponendole poi al rischio di gelate distruttive. Allo stesso modo, questi circoli scientici che nascono intorno a una corte con risultati promettenti, vengono poi spazzati via da eventi politici e militari che, disperdendo quellorganizzazione statuale, impediscono a 20

quel patrimonio scientico di produrre frutto. Cos` era avve nuto della grande scienza alessandrina e alla Casa della Sapienza di Baghdad; cos` avviene alla corte di Federico stupor mundi e cos` accadr` alla corte dei Papi di Viterbo. a Ma, allinizio del XIII secolo, nellItalia delle repubbliche marinare, sta prendendo forma qualcosa di molto diverso. Il 1202 infatti `, per lOccidente latino, lanno di una rivoluzione e culturale di enorme portata. Leonardo Fibonacci pubblica un suo ponderoso trattato, il Liber abaci, destinato a inuire profondamente sulla societ` del suo tempo. a Il valore eccezionale dellopera di questo glio di un funzionario della Repubblica pisana non sta per` in risultati particoo larmente originali. Leonardo fu un matematico di genio, ma la sua originalit` risplende in altre sue opere, non nel Liber abaa ci, che si presenta piuttosto come una compilazione esauriente delle conoscenze elementari raggiunte dai matematici arabi un paio di secoli prima. Nel Liber abaci, cos` come nelle altre ope re di Leonardo (la Practica geometriae, il Liber quadratorum, il Flos e altre) si condensa e si rana gran parte del sapere matematico mediterraneo che era ltrato nel mondo latino nel ` corso del secolo precedente. E lo stesso Leonardo a narrare la genesi del suo lavoro in una pagina famosa del Prologo della sua opera. Mio padre racconta funzionario della dogana pisana nella citt` maghrebina di Bugia, mi volle portare con a s, e mi fece studiare labbacus. In poco tempo un bravissimo e maestro mi introdusse allarte delle nove gure indiane [le 9 cifre]; scienza che tanto mi piacque che me ne andai in giro in vari scali commerciali in Egitto, in Siria, in Grecia, in Sicilia e in Provenza per impararne pi che potessi. E quello che ho u imparato, e poi perfezionato con lo studio personale lo riporto nei quindici capitoli di questo libro. Il trattato ` molto vasto e pu` essere visto come diviso in e o quattro parti: la prima (i primi sette capitoli) insegna i fondamenti dellaritmetica (le cifre indiane, la notazione posi21

zionale, gli algoritmi di calcolo con numeri interi e frazioni). A questa seguono i capitoli di matematica per mercanti: cambi di monete, pesi e misure, acquisto e vendita di merci, baratti, societ` (capitoli 811). La terza parte contiene a problemi dilettevoli e curiosi: fra questi il famoso problema dei conigli, che d` luogo alla famosa successione di Fibonacci a (1, 2, 3, 5, 8, 13 . . . : capitolo 12). La quarta parte contiene tecniche e problemi pi complessi e astratti: dalla regola u della doppia falsa posizione (cap. 13) a estrazioni di radici quadrate e cubiche (cap.14); dalla teoria delle proporzioni geometriche allalgebra (cap. 15). Nessuno di questi argomenti va oltre le conoscenze della matematica araba di quel periodo: le resta anzi piuttosto indietro, attestandosi al livello delle conoscenze raggiunte dagli Arabi grosso modo al tempo di Ab Kmil (850930). In u a che senso, allora, il Liber abaci pu` essere pensato come una o rivoluzione culturale? Lelemento principale di risposta va cercato nel fatto che lintroduzione degli algoritmi di calcolo metteva a disposizione di una societ` in rapido sviluppo gli a strumenti di cui aveva bisogno. Ai nostri giorni i calcolatori elettronici e le reti informatiche sono stati al tempo stesso causa ed eetto dei mutamenti sociali e culturali che stiamo vivendo con la globalizzazione. In modo simile, il Liber abaci orendo anche a chi non poteva dedicarsi a studi profondi la possibilit` di eseguire calcoli su grandi numeri e arontare a i complessi problemi di cambi, societ`, interessi posti dallo a sviluppo della mercatura fu causa ed eetto di un profondo mutamento culturale. Il XII secolo era stato il secolo del risveglio dellOccidente. Londa alta della civilt` araba e islamica cominciava appena a a declinare, ma le Crociate e le imprese militari e commerciali delle repubbliche marinare, avevano dato al Mediterraneo una nuova centralit` nelle complesse relazioni fra il mondo laa tino, quello del Maghreb, il Vicino Oriente turco e lImpero 22

bizantino. Il commercio e lindustria dellOccidente ricevono in questo secolo un impulso decisivo. In tutto il Mediterraneo islamico e cristiano sorgono basi commerciali delle citt` marinare italiane, diventate essenziali per assicurare ria fornimenti e collegamenti. Anche se proprio in questo secolo il mondo islamico reagir` alloensiva delle crociate (il Saladino a riconquista Gerusalemme nel 1187, la dinastia berbera degli Almohadi d`, nel 1160, unit` politica al Maghreb fatto a a unico nella sua storia), il ruolo cruciale dei mercanti pisani, genovesi e veneziani non verr` mai messo veramente in a discussione. Alla societ` dellItalia di quel tempo si aprivano di ana no in anno, se non di giorno in giorno, orizzonti nuovi, quasi sconnati: pochi decenni dopo la pubblicazione del Liber abaci, Giovanni da Pian del Carpine prima, Marco Polo poi, avrebbero rivelato a un Occidente quasi incredulo le sterminate ricchezze e potenzialit` della Cina e dellEstremo Oriente. a Lo sviluppo della societ` del Duecento reclamava dei mezzi a matematici adeguati alla sua espansione. Il lettore pensi alle complicazioni che un mercante si trovava ad arontare: una moltitudine di sistemi di unit` di misura (quasi ogni citt` avea a va il suo), il problema del cambio delle monete, il problema di fondare e amministrare societ` abbastanza grandi e ricche per a reggere una concorrenza che ormai non era pi su scala regiou nale, ma spaziava dal commercio della lana inglese a quello delle pelli di capretto maghrebine, dal traco delle spezie allesportazione di canapa grezza, su scala mondiale. Le cifre che bisognava saper maneggiare non erano pi quelle dei conti u di piccole e modeste imprese familiari, agevolmente trattabili con un po di pratica; erano ormai in gioco cifre (e interessi) enormi. Leonardo, nelle sue peregrinazioni di studio nei vari fondachi commerciali di Egitto e di Provenza, di Barberia e di Siria, cap a fondo questa profonda necessit` del suo tempo: e, a 23

genialmente, riusc a trasferirla in unopera che, per comple tezza, per mole, per chiarezza di esposizione, sda le sue stesse fonti arabe e crea qualcosa di completamente nuovo. Per la prima volta, dopo la sua invenzione da parte dei Greci nel V secolo a.C., la matematica si compenetra nella societ`. Nel a 1202 nasce una societ` che pone alla base delle sue transazioni a un linguaggio, un metodo e un approccio matematici. Da questo punto di vista persino le parti pi astratte del u Liber abaci hanno un sapore profetico. Per esempio, le questiones aliebrae et almuchabalae, apparentemente assai lontane dai possibili interessi di un mercante (in eetti legate invece a problemi di calcolo degli interessi), si svilupperanno nel corso dei secoli successivi no a far diventare lalgebra il linguaggio-base di tutta la matematica. Ma tutte le grandi innovazioni richiedono qualche tempo prima di essere pienamente e generalmente accettate. Anche la sola introduzione del calcolo indiano non poteva non suscitare didenza da parte di chi, privo della necessaria condenza con le nuove tecniche, temeva di non riuscire a controllare quei giochi di prestigio a nove cifre4 . A questo si aggiunga che Il Liber abaci ` tuttaltro che un libro facile, divulgativo, e soprattutto se si pensa che si inseriva in un contesto di cultura matematica ancora estremamente arretrato e certo incapace di padroneggiare lenorme quantit` di metodi e problemi che a Leonardo vi proponeva. Si pone cos il problema della divul gazione: il testo di Fibonacci ne costitu` la base e linizio, ma non ne poteva essere il veicolo principale. Lo svilupparsi di reti commerciali sempre pi vaste, lespandersi delle diu mensioni delle imprese e le conseguenti esigenze di adeguare i sistemi di contabilit`, fecero s che le didenze iniziali si a
A Firenze, allinizio del XIV secolo viene vietato luso delle cifre arabe nei documenti legali se non accompagnato anche dallespressione dei numeri in lettere: testimonianza al tempo stesso della diusione del nuovo strumento e della didenza con cui viene ancora visto.
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andassero rilassando nel corso del Duecento: Fibonacci stesso nel 1241 fu incaricato dal Comune di Pisa di tenere corsi per i suoi funzionari. Nasce una gura nuova: quela del maestro dabaco. ` E interessante osservare che Leonardo era nato come matematico di corte: gran parte della sua produzione matematica ` collegata a esponenti di spicco della corte di Federico II5 e e a dispute tenute in presenza dellimperatore. La gura di Fibonacci riassume quindi entrambi gli aspetti di quello che sarebbe avvenuto nei decenni successivi: le convergenze parallele fra la matematica alta, che si si rif` a quella greca a e araba, e la matematica delle scuole dabaco. La creazione di queste scuole produsse unistituzione fondamentale per la storia dEuropa. La loro diusione, ancora esitante nel XIII secolo, divenne impetuosa nel corso del Trecento e del Quattrocento. Nella sola Firenze, tra lultimo ventennio del Duecento e il primo quarantennio del Cinquecento operarono a Firenze una settantina di abacisti, quasi tutti maestri dabaco, e si ha notizia di venti scuole dabaco. Verso la ne del Quattrocento, almeno il 25% dei ragazzi in qualche modo scolarizzati frequentava questo tipo di scuole; nella Venezia del Cinquecento la percentuale sale addirittura al 40%. Alla scuola dabaco si entrava circa allet` di dieci anni a e il corso durava circa due anni. Le scuole dabaco erano ovviamente frequentate da coloro che volevano dedicarsi alla
A Michele Scoto ` dedicato il Liber abaci ; la Practica geometriae a e un magister Domenico della corte imperiale; il Liber quadratorum allimperatore in persona; un trattato in forma di lettera ` indirizzato ad e magistrum Theodorum, philosophum domini imperatoris. Il Flos ` invece e dedicato al cardinale Ranieri Capocci, un personaggio chiave della politica papale di quegli anni e destinato a divenire uno dei pi` acerrimi nemici u di Federico. Si aggiunga che recentemente Menso Folkerts ha documentato luso da parte di Leonardo di fonti euclidee greco-latine derivanti dal lavoro di traduzione svolto alla corte siciliana [Folkerts 2004].
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mercatura ma anche da chi intendeva entrare nelle botteghe artigiane per diventare architetto, pittore o scultore. Erano per la maggior parte istituite e sovvenzionate dai Comuni, ` ma molte (a Firenze, per esempio) erano private. E in queste scuole che si formarono alcuni dei grandi nomi del nostro Rinascimento: Piero della Francesca, Machiavelli, Leonardo, Michelangelo (per non citare che i pi famosi fra quelli per u cui esiste una documentazione certa) provengono da questo ambiente culturale e alcuni di essi, come Piero e Leonardo, lo alimentarono attivamente.

2.3

La matematica della cultura dellabaco

Fra il XIII e il XVI secolo la scuola dabaco sar` la scuola a di quello strato culturale intermedio che ` al tempo stesso il e produttore e il fruitore principale della matematica abachi` stica. E lo strato culturale cui appartengono coloro che non sono illetterati, ma nemmeno ambiscono alle professioni liberali medicina, diritto, teologia. Sostanzialmente estranei alla cultura universitaria legata inscindibilmente al latino, sviluppano una cultura parallela, che potrebbe chiamarsi cultura dellabaco, dal nome delle scuole in cui si formano gli artigiani, gli artisti, i mercanti, i tecnici, gli uomini darme, gli stessi nobili. Che matematica vi si insegnava? Essenzialmente gli argomenti che abbiamo riassunto descrivendo il Liber Abaci, ma attraverso lo strumento del trattato o del libro dabaco. Warren van Egmond ne ha recensito un gran numero, e il Centro Studi della Matematica Medioevale dellUniversit` di a Siena ne ha pubblicato diversi; se ne conoscono attualmente circa trecento. Il libro dabaco diventa una sorta di prontuario di esercizi che serve al maestro per insegnare ai suoi scolari. La matematica della cultura dellabaco prende infatti una strada molto diversa da quella della matematica classi26

ca e anche (sia pur in misura minore, date le sue origini) da quella araba. La struttura assiomatico-deduttiva scompare quasi completamente, linsegnamento avviene per esposizione ripetuta a casi esemplari: il libro dabaco ne costituisce appunto una riserva che il maestro potr` avendone le capaa cit` ampliare. Lo scolaro, esercizio dopo esercizio, arriver` a a a poter trattare, oltre allaritmetica e ai suoi algoritmi quei problemi che ` destinato a incontrare quotidianamente nella e sua vita professionale: interessi, societ`, compagnie, baratti, a cambi di monete e di misure, problemi di geometria pratica (misure di campi, di capacit`, di distanze). a Per questultimo aspetto la fonte ultima dei trattati dabaco ` unaltra opera di Fibonacci, la Practica geometriae (circa e 1220). Si apre con una serie di denizioni di stile euclideo ed ` divisa in otto capitoli. Il II e il V trattano di come estrarre e radici quadrate e cubiche di numeri interi. Il I e il III arontano la misura di varie forme di terreni; il IV insegna a dividere un terreno in parti equivalenti; Il VI capitolo ` dedicato alla e ricerca di volumi. Nel VII capitolo si propongono metodi di tipo trigonometrico per misurare altezze e distanze di oggetti inaccessibili: le cosiddette misure a occhio, che costituiranno uno dei temi principali della geometria pratica per tutto il Rinascimento. Lultimo capitolo inne contiene una raccolta di questioni di carattere pi` teorico. u Le fonti del testo di Leonardo sono gli Elementi e una qualche versione araba o arabo-latina del trattato Sulla divisione delle gure di Euclide (perduto nelloriginale greco). Ma non solo: come ha dimostrato Marshall Clagett, la Practica geometriae ` uno dei pi` importanti tramiti di diusione e u delle conoscenze archimedee nel mondo della cultura dellabaco. La sua fonte principale sono i Verba liorum: Leonardo ripropone i risultati e rielabora le dimostrazioni della formula di Erone per larea del triangolo, del volume e della supercie della sfera e altro ancora. 27

Comunque in Leonardo resiste ancora limpianto dimostrativo della geometria greca, sia pur indebolito e abbondantemente modicato dalla mediazione della cultura matematica araba. Ma nella tradizione dei trattati dabaco esso andr` a ben presto quasi del tutto perduto e sostituito da una serie di regole e ricette pratiche. Alla vigilia di unaltra e profonda rivoluzione culturale, il Trattato dabaco di Piero della Francesca riprendendo, come ormai consacrato dalluso, i temi che abbiamo qui sopra delineato, si limiter` appunto ad enunciaa re, attraverso la dichiarazione di esempi su esempi, le regole per trattare i punti qui sopra accennati. Se il mondo, socialmente multiforme, che fa capo alla cultura delle scuole dabaco si dota in questo modo di una sua matematica, sembrerebbe per`, da quanto siamo venuti dio cendo, che la creazione di questa nuova matematica debba scontare una perdita secca, soprattutto nel campo della geometria. Il rigore espositivo del modello greco tende a dissolversi insieme con la struttura formale: il concetto di dimostrazione diventa quello di mostrare con esempi. Eppure ` e proprio negli ambienti delle scuole dabaco che si sviluppano i primi passi in avanti rispetto alle conoscenze classiche. Ci limiteremo a ricordare che ` in questo ambito che si ottengoe no risultati che vanno per la prima volta oltre quanto Greci e Arabi avevano fatto: lalgebra di Scipione del Ferro, Tartaglia, Cardano, Ludovico Ferrari e Bombelli riuscir` a ottenere a le regole per risolvere le equazioni di terzo e quarto grado in funzione dei loro coecienti. Si tratta di un successo ottenuto nel XVI secolo, ma preparato e costruito dal lavorio di generazioni e generazioni di maestri dabaco. ` E sempre nellambito della cultura dabaco che nascer` la a prospettiva teorica. Abbiamo gi` visto come la scuola daa baco fosse uno dei luoghi in cui avveniva la formazione degli artisti. Sar` Leon Battista Alberti il primo a cercare di fora nire una trattazione teorica della pratica prospettica nel De 28

Pictura (1435). Nonostante che Alberti sia ben noto come umanista, sembra dovere buona parte della sua formazione matematica alla cultura dellabaco. Il De Pictura infatti ha una struttura geometrica molto debole, legata pi alle proceu dure pratiche degli artisti che allo sviluppo di un discorso teorico. Ma, soprattutto, Alberti ` anche lautore dellEx Ludis e rerum mathematicarum, una raccolta di problemi di matematica pratica che sembrano da un lato fortemente risentire della sua formazione di architetto6 . Sar` comunque un esponente della cultura dellabaco ad a avviare il processo di trasformazione della pratica della prospettiva in discorso geometrico: Piero della Francesca. Piero ` il primo a fare un tentativo, sia pur nel linguaggio e con i e mezzi della matematica cui appartiene, di ottenere una sistemazione teorica della materia prospettica. Nel 1475 dedica a Federico di Montefeltro il De prospectiva pingendi, il primo trattato in cui siano esposti i fondamenti geometrici della prospettiva. Nellarontare questa problematica, Piero sembra essersi documentato a fondo e a aver studiato quanto pi u poteva delle tradizioni di ottica a lui disponibili, da Euclide a Pecham. Ma nellutilizzare le tradizioni medievali taglia via tutta una serie di questioni e di problemi sulla natura della luce, sui raggi visuali, sulla siologia della visione. Linteresse si concentra sulla matematizzazione dello spazio pittorico, per di pi con una forte accentuazione in senso aritmetico. Nella u trattazione del pavimento a mattonelle, per esempio, Piero
I problemi arontati riguardano la misurazione dellaltezza di una torre, della larghezza di un ume, o di una profondit`; la costruzione di a orologi solari; la misurazione di campi (qui Alberti cita esplicitamente Leonardo Pisano); la costruzione di livelle e di bilance; il disegno di piante e la misurazione di distanze anche molto grandi; la costruzione di contamiglia; il problema di determinare il saggio delloro in un miscuglio. Qui Alberti si ferma, promettendo a Meliaduso dEste, cui i Ludi sono dedicati, di spiegargli alloccorrenza le regole per misurare i volumi.
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cerca infatti di esporre in termini numerici le relazioni che le` gano le distanze fra gli oggetti e il punto di osservazione. E un tratto tipico della sua formazione abachistica, cos come tipicamente abachistica ` lorganizzazione del De prospectiva e pingendi : assenza di una struttura deduttiva formale, presentazione della materia attraverso problemi, dai pi semplici u ai pi complessi, in modo da introdurre gradualmente alle u tecniche della prospettiva.

2.4

Fra scuole e corti

Lesempio che abbiamo qui sopra tratteggiato della nascita della prospettiva ci permette di osservare pi` concretamente u alcuni aspetti della coevoluzione fra scuole e corti. Bisogna mettere in evidenza, in primo luogo, il fatto che la diffusione enorme delle scuole dabaco comporta la diusione di unalfabetizzazione matematica senza precedenti storici, unalfabetizzazione che attraversa tutte le classi sociali. La societ` mercantile dei comuni e delle repubbliche del XIII e XIV a secolo si evolver` in quella delle corti dei signori del XV e XVI a ` segnata da questa impronta culturale nuova. E cos` che si spie ga come lumanista Alberti che si richiama a fonti classiche come Vitruvio per il De re aedicatoria sia al tempo stesso glio di questa cultura dellabaco nel De pictura o nei Ludi mathematici. Certo, anche nei Ludi echeggiano temi e problematiche dovute alla sua formazione umanistica Vitruvio, Columella, Euclide e Archimede ma verso di essi si avverte limbarazzo e la dicolt` dellautore. Le regole per misurare a i corpi solidi sono dicili, dice, e teme di
non poterle dire se non come le dissono gli Antichi, e loro le dissono in modo che con fatica e cognizione di matematica e appena si comprendano.

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Come le dissono gli Antichi. Espressione che ci sembra alludere al modello formale della matematica greca: modello che a parere di Alberti ` a mal fatica comprensibile e che rinuncia e a divulgare. La traiettoria di Alberti si intreccia con quella di Piero, cresciuto nelle botteghe dabaco e in quelle degli artisti. Lincontro con la cultura alta delle corti umanistiche lo metter` in contatto con le fonti classiche che si vanno a riscoprendo in quegli anni; e la meditazione su quelle fonti gli permetter` di andare oltre la loro semplice riproposizione, a creando una disciplina geometrica nuova. Lallentamento delle rigidit` del modello della matemaa tica greca che a prima vista pu` parere un prezzo troppo o alto per i modesti risultati matematici che si riscontrano nei trattati dabaco ` invece un ingrediente cruciale di questa e rivoluzione culturale. Non solo facilita una diusione capillare di una cultura matematica; fornisce anche libert` di ricerca a e innovazione. Questa disinvolta apertura priva di scrupoli logico-formali verso il nuovo ` chiarissima nelle ricerche algee briche che si dipanano nel Trecento e nel Quattrocento intorno alle equazioni di grado superiore al secondo ed ` grazie a quee sto atteggiamento che si giunger` nel Cinquecento ai trion a della scuola algebrica italiana. Come abbiamo appena visto, tale atteggiamento ` anche e alla base della creazione della prospettiva geometrica. In questo caso, ci` che ci sembra di dover sottolineare ` come i fattori o e che stiamo delineando si concentrino anche nella rimeditazione delle fonti classiche e medievali che Piero utilizza. Si tratta di un fenomeno pi` generale: quando nel corso del Quattrou cento e del primo Cinquecento le corti umanistiche renderanno nuovamente disponibili i tesori della geometria greca, questi classici verranno letti e studiati con lo spirito nuovo della cultura dellabaco. Seguiremo ora il destino di questa ibridazione nel caso particolare, ma cruciale, del recupero della tradizione archimedea. 31

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3.1

Archimede nelle corti: da Viterbo a Urbino


Guglielmo e Iacopo

Si pu` dire che la storia della tradizione dei testi di Archimeo de nellOccidente latino cominci veramente nel 1269, quando Guglielmo di Moerbeke (1215 ca. 1286 ca.) traduce in latino quasi tutto il corpus archimedeo. Grande traduttore di opere losoche, Moerbeke oper` per vari anni presso la corte o papale di Viterbo. Fu proprio lo stimolo di questo ambiente attento alle cose matematiche che, probabilmente, port` o Moerbeke a rivolgere la sua attenzione ad Archimede. Secondo quanto sostiene Clagett, lautografo della sua traduzione ` oggi conservato nel manoscritto Ottob. Lat. 1850 della Bie blioteca Vaticana; lo designeremo nel seguito come codice O. Esso contiene la traduzione latina di quasi tutte le opere di Archimede oggi note e la traduzione del commento di Eutocio alla Sfera e il cilindro e allEquilibrio dei piani. La traduzione di Moerbeke assunse unimportanza inestimabile, per due motivi. In primo luogo, il suo stile, estremamente letterale e fedele al testo greco, permette di supplire almeno in parte alla perdita dei codici su cui Moerbeke aveva lavorato. Il secondo motivo ` che il testo greco dei Gallege gianti era presente in solo uno dei codici usati da Moerbeke e a quanto pare andato perduto dopo il 1311. Il lavoro di Moerbeke divenne cos` lunico testimone del testo dei Gal leggianti, no allinizio del XX secolo7 . Alla ne del 1269,
Come ` noto, il testo greco dei Galleggianti ` tr`dito solo dal codice e e a C, il palinsesto ritrovato da J.L. Heiberg nel 1906, poi di nuovo perduto e tornato disponibile solo recentemente. Questo manoscritto, che contiene anche altre opere di Archimede in particolare ` lunico testimone, e del Metodo, in cui Archimede spiega i suoi procedimenti euristici non sembra aver avuto alcuna inuenza sulla tradizione del testo nel corso
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dunque, praticamente tutta lopera di Archimede, con leccezione dellArenario e del Metodo, era disponibile in lingua latina. Ci si potrebbe quindi aspettare che Archimede sia stato ampiamente letto e studiato nel corso del Medioevo. Non fu cos . Non si conoscono copie medievali dellautografo moerbekiano, se si eccettua un manoscritto del XIV secolo che contiene il testo della traduzione delle Spirali: un forte indizio che la traduzione di Moerbeke rimase praticamente inutilizzata o quasi, no al Cinquecento. Vale la pena di soermarsi un attimo su questo silenzio. La matematica di Archimede poteva certo aver avuto successo alla corte di Viterbo, frequentata da personaggi come Campano (cui ` attribuita una e quadratura del cerchio) o Witelo. La Perspectiva di questo scienziato polacco (vera summa delle conoscenze ottiche del Medioevo latino) non solo ` dedicata allamico Guglielmo, vee ritatis amator, ma reca chiari segni di aver potuto disporre della traduzione che questi aveva fatto del commento di Eutocio. Lo stesso codice O reca annotazioni di una mano (probabilmente italiana), diversa da quella attribuita a Moerbeke, che testimoniano uno studio del testo forse gi` alla corte stesa 8 sa di Viterbo . Ma quel circolo di scienziati aveva ben poche probabilit` di sopravvivere agli eventi epocali che stavano per a sconvolgere la societ` del Duecento: il trasferimento del papaa to ad Avignone, la guerra dei Cento anni in Francia, la peste nera che falci` buona parte della popolazione europea. o
del Medioevo e del Rinascimento. 8 Vedi lo studio di Robert Wielockx, Quelques remarques codicologiques et pal`ographiques au sujet du Ms. Vaticano Ottob. Lat 1850, in e J. Brams e W. Vanhamel (a cura di), Guillaume de Moerbeke. Recueil dtudes ` loccasion du 700e anniversaire de sa mort, pp. 113133, e a Leuven University Press, Leuven, 1989. Segnaliamo questo volume anche perch contiene la panoramica pi` aggiornata su questo importante e u studioso.

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Ma, soprattutto, bisogna osservare che la matematica di Archimede e specialmente quella delle Spirali, dei Conoidi e sferoidi, della Quadratura della parabola ` dicile e pu` e o essere intesa solo attraverso una meditazione sullintero corpus della geometria greca: la teoria delle proporzioni euclidea, il XII libro degli Elementi, la conoscenza della teoria delle sezioni coniche. Gran parte di questi fondamenti mancavano ai matematici del XIV e XV secolo, e non solo a quelli che gravitavano intorno alla cultura dellabaco. Campano aveva equivocato la stessa denizione di proporzionalit` di Euclide e a la sua edizione degli Elementi diede spazio a gravi e grossolani fraintendimenti. Il XII libro era assai poco studiato e nel cursus degli studi universitari ci si fermava generalmente ai primi quattro libri, necessari per intendere i rudimenti dellastronomia. La teoria delle coniche (essenziale per la comprensione di molte opere di Archimede) era poi praticamente sconosciuta e se ne conoscevano a mal fatica alcuni elementi derivati dalla tradizione arabo-latina. Inoltre, gli interessi matematici alti si erano andati spostando pesantemente sul versante losoco: la losoa dei calculatores che cercavano di trasformare la teoria delle proporzioni euclidea in uno strumento per lo studio delle qualit` astratte (le formae). E la matematia ca archimedea era assai lontana dagli interessi dei loso di Oxford e Parigi. Bisogner` attendere il Quattrocento perch linteresse vera e so Archimede e la matematica antica cominci veramente a concretizzarsi come fenomeno culturale. Nella prima met` a del XV secolo due fenomeni vengono infatti a maturazione. Il primo ` la creazione delle grandi biblioteche umanistiche in e cui si accumulano i tesori della matematica greca. Riguardo a questo ci sembra da sottolineare il fatto che, date le condizioni dellItalia, questo crearsi di biblioteche ricche di testi scientici, il coagularsi di circoli di intellettuali che mettono al centro dei loro dibattiti la matematica antica e moderna 34

` un fatto diuso in molti centri della penisola, non pi` ape u pannaggio di una grande corte come quella svevo-normanna o quella papale della ne del Duecento. Firenze, Venezia, Urbino, Roma; in misura minore Milano, Napoli, Bologna, Padova e altre decine di citt`: lumanesimo vive ormai in tutta una a civilt` di repubbliche e principati. a Il secondo elemento ` rappresentato dallaermarsi di una e cultura matematica socialmente diusa, diusione sostenuta dal grande sviluppo delle scuole dabaco. Come abbiamo pi u volte sottolineato si tratta certo di una cultura molto sui generis, rispetto al modello formale della geometria greca o anche araba. Ma non ` questo il punto importante, come non lo ` e e lo pseudo-fatto, spesso citato, che fra il Liber abaci di Leonardo (1202) e la Summa di Luca Pacioli (1494), sembra non esser stata fatta alcuna scoperta di rilievo9 . Ci` che invece o conta ` il diondersi, trasversalmente a tutti gli strati sociae li cittadini, di una cultura matematica: fenomeno nuovo per lOccidente latino e che probabilmente non ha alcun riscontro nel mondo classico. Questa diusione diviene uno dei fattori fondamentali per il crearsi di condizioni favorevoli per un processo di riappropriazione della matematica classica. Torna a proposito citare qui il parallelo che Eugenio Ga10 rin istituisce fra il destino della traduzione archimedea e quello di unaltra traduzione di Moerbeke, la Poetica di Ari9 In eetti la tradizione dellabaco gener` matematici di rilievo: basti o citare i nomi di Antonio Mazzinghi (13501385) o di Maestro Benedetto da Firenze (14291479). Se linuenza di questi matematici fu minima o, in ogni caso, molto lenta a dipanarsi, ci` dipese in gran parte dalla o mancanza di un mezzo di diusione quale sarebbe stata la stampa. In questo senso, loperazione di Pacioli con la Summa (che allegramente saccheggia i risultati e i procedimenti dei suoi predecessori) permise alla cultura dellabaco del Quattrocento di diondersi e consolidarsi ben al di l` degli orizzonti delle singole botteghe e scuole dabaco. a 10 Il ritorno dei loso antichi, ristampa accresciuta del saggio Gli umanisti e la scienza, Napoli, Bibliopolis, 1994.

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stotele. Questopera non fu ignota al Medioevo: ma era letta e studiata la traduzione latina della parafrasi che ne aveva fatto Averro`, in cui era presentata come unopera che tratta e della comunicazione umana: logica, retorica e poetica. Era un testo che serviva a riempire uno dei capitoli dellenciclopedia del sapere medievale. Perch si tornasse al testo greco e bisogn` attendere il XVI secolo, ma alla base di questo ritoro no stavano interessi culturali assai diversi da quelli medievali: per esempio la discussione del rapporto fra conoscenza storica e conoscenza artistica. Il caso della Poetica ` da questo punto e di vista illuminante: la ripresa degli autori antichi nel loro originale greco o in una traduzione latina fedele a tale originale non fu la causa, ma piuttosto leetto di una trasformazione culturale, sociale e tecnica. Si stabilisce cos` un intreccio profondo fra la cultura uma nistica delle nuove corti quattrocentesche e quella degli artisti e dei tecnici che provengono dalla tradizione dellabaco; un intreccio che ha dietro di s tutta levoluzione della societ` dele a lItalia centro-settentrionale fra XIII e XV secolo. Nel campo delle matematiche questo intreccio dar` luogo a un procesa so di ibridazione culturale: processo indubbiamente lento e faticoso, almeno agli inizi, ma che ricever` unaccelerazione a impressionante dopo linvenzione e la diusione della stampa. Lo stesso successo della Summa di Pacioli e il parallelo successo del De expetendis di Giorgio Valla testimoniano di questa domanda e curiosit` nei confronti della matematica. a Da questo punto di vista il percorso seguito dalla tradizione archimedea ` veramente esemplare. Inizia con Nicola V, un e papa umanista, il creatore della Biblioteca Vaticana voleva farne la pi grande biblioteca di tutti i tempi. Verso il u 1449, Nicola ada a Iacopo di San Cassiano (o Iacobus Cremonensis, ca. 1415ca 1452) lincarico di tradurre Archimede. Iacopo era un umanista, allievo di Vittorino da Feltre e si pu` o ritenere che concludesse la sua traduzione verso il 1450. 36

La traduzione di Iacopo attir` subito molta attenzione nei o circoli umanistici, in particolare in quelli legati al cardinale Giovanni Bessarione, cui si deve lincontro fra Archimede e un giovane studioso tedesco, Regiomontano (Iohannes Mller, u 1436 1476). Venuto in Italia nel 146167 al seguito di Bessarione, Regiomontano ebbe modo di apprendere il greco e di usufruire dei codici che il cardinale andava raccogliendo. In particolare, verso il 1462, pot usufruire di una copia della e traduzione di Iacopo e di una copia del testo greco che Iacopo aveva utilizzato; su queste basi (e avvalendosi forse anche della traduzione di Moerbeke), Regiomontano corresse a fondo la traduzione di Iacopo, migliorandola in pi punti in modo deu cisivo. Intuendo le enormi potenzialit` della stampa, nel 1470 a progettava di mettere mano a unedizione archimedea nel contesto di un vasto programma di pubblicazioni scientiche che avrebbero dovuto diondere i tesori della matematica greca e le sue stesse scoperte. La morte lo colse prematuramente nel 1476, impedendogli di portare a termine il suo progetto; tuttavia le sue fatiche archimedee non sarebbero risultate vane: nel 1544 usciva a Basilea leditio princeps greco-latina delle opere di Archimede, basata sul lavoro che Regiomontano aveva compiuto.

3.2

Ibridazione

Non si deve pensare per` che lopera di Archimede destaso se interesse solo nei circoli umanistici, tuttaltro. Piero della Francesca fu tra i primi fruitori della traduzione di Iacopo. James Banker ha recentemente sostenuto che il codice 106 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, contenente la tradu` zione di Iacopo, sarebbe da attribuire alla mano di Piero11 . E
J. Banker A Manuscript of the Works of Archimedes in the Hand of Piero della Francesca, Burlington Magazine, 147 (2005) pp. 16569. Il codice ` stato riprodotto in facsimile (accompagnato da un volume e
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molto probabile che Piero lo abbia esemplato fra il 1557 e il 1558, mentre si trovava a Roma per lavorare alle Stanze Vaticane. In ogni caso, la stretta parentela di questo ms. con altri due codici (Urb. Lat. 261 della Vaticana circa 145758 e Nouv. Acquis. Lat. 7220 della Biblioth`que Nationale de e France) di Iacopo, legati alla gura di un amico e parente di Piero, Francesco Cereo del Borgo, lasciano pochi dubbi sulle frequentazioni archimedee di Piero. Piero utilizz` il suo stuo dio di Archimede per ottenere vari risultati, anche originali, esposti nel Libellus de quinque corporibus regularibus: spicca tra gli altri quello sul calcolo del volume e della supercie della volta a padiglione. Ma c` di pi`: se, come pare, il coe u dice della Riccardiana di Firenze gli deve essere attribuito, si pu` dimostrare che tent` di compiere un lavoro accurato, da o o umanista, utilizzando e confrontando pi di un esemplare. u Un interesse acuto verso il testo archimedeo nel mondo della cultura dellabaco non riguarda certo il solo Piero. Per citare un altro nome famoso, anche Leonardo da Vinci (amico e collaboratore di Pacioli) cerca attivamente manoscritti di Archimede; li trova; li studia, cerca di svilupparne i temi. Certo, a leggere le argomentazioni che Piero fornisce nei risultati archimedei del Libellus si rimane colpiti da quanto esse siano ancora lontane dallo stile della geometria greca. Cos come le dimostrazioni che Leonardo fa del centro di gravit` a del triangolo Codice Arundel sembrano del tutto ingenue paragonate a quelle di Archimede. Ma vorremmo sottolineare che uno dei primi segni di comprensione e di riappropriazione dei risultati archimedei la si trova proprio in due dei rappresentanti pi signicativi della cultura dellabaco: un chiaro u esempio del mescolarsi e intrecciarsi di tradizioni culturali. Uno dei manoscritti archimedei menzionati da Leonardo
di saggi) a cura di R. Manescalchi: LArchimede di Piero, Graca European Center of Fine Arts, Firenze, 2007.

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era nelle mani del vescovo di Padova, Pietro Barozzi. In esso erano contenute alcune delle traduzioni di Moerbeke, e sembra che fosse proprio questo (che viene oggi indicato col siglum M) a essere utilizzato da Luca Gaurico (14751558) astrologo, astronomo, ed editore di testi matematici e astronomici per la pubblicazione di un testo intitolato Tetragonismus che usc a Venezia nel 1503. In questopera era contenuto il testo della Misura del cerchio e della Quadratura della Parabola, copiati fedelmente da M con tutti i loro errori, oltre ad altri aggiuntivi da Gaurico e dallo stampatore. Con tutto ci`, il 1503 resta o lanno in cui appare a stampa per la prima volta un lavoro di Archimede. E sempre lo stesso codice M ` allorigine delledizione are chimedea di Tartaglia del 1543. Unavventura editoriale (in cui Tartaglia cercava di accreditarsi come traduttore o, comunque, come cultore di lingue classiche) destinata ad avere un peso notevole, dato che questa edizione rester` a lungo (a no al 1565) lunica a presentare il testo dei Galleggianti. E non era la prima volta che lautodidatta bresciano si accostava ad Archimede: nel 1531 era riuscito a procurarsi da un salsizaro di Verona una copia latina del primo libro della Sfera e il cilindro. Nel 1551, nei Ragionamenti intorno alla sua travagliata inventione avrebbe pubblicato una traduzione italiana del primo libro dei Galleggianti; nel 1557 sarebbe uscita, postuma, una sua parafrasi in volgare della Sfera e il cilindro nel terzo libro della quarta parte del General trattato di numeri e misure, una vera enciclopedia di geometria e aritmetica pratiche. Il caso di Tartaglia mostra quanto le varie tradizioni matematiche stessero ormai convergendo. Archimede ` ormai e entrato nel mondo dei tecnici e degli ingegneri: la matematica greca si fa spazio nella vita quotidiana del Cinquecento. Le tradizioni classiche e quella archimedea in particolare vengono recepite e vantate nei confronti degli ambienti pi dotti; u 39

dallaltro vengono riproposte come nuove inventioni diverse a quello strato culturale da cui Tartaglia proveniva, accostandole alle tradizioni, ai temi, agli interessi propri di quel mondo di tecnici e di mercanti. Pur nella brevit` degli accenni che abbiamo fatto a quea sti tre personaggi Piero, Leonardo e Tartaglia ci sembra che si possa cogliere la linea di sviluppo di questo processo di ibridazione culturale. Dai tentativi di Piero e Leonardo, di trasporre cio` i risultati archimedei nel linguaggio e nei moe di di espressione della matematica abachistica, si passa con Tartaglia a un tentativo di recupero del modello formale greco. Un tentativo ancora acerbo, dato che in Tartaglia pi` che u una vera fusione dellispirazione pratica e applicativa con il rigore dimostrativo della geometria classica si assiste ad una sorta di giustapposizione di schemi: laddove non riesce ad elaborare una dimostrazione soddisfacente supplisce con appelli alla commune scientia o allaccostamento di argomentazioni piuttosto eterogenee. Ma ormai un passo fondamentale ` e stato compiuto. Il testo di Archimede non ` pi` lettera morta, e u sta divenendo una fonte viva di ispirazione. Negli stessi anni in cui Gaurico e Tartaglia pubblicano i loro tentativi, Francesco Maurolico riesce a ricostruire quasi tutta lintera opera archimedea a partire da testi incompleti, se non decisamente frammentari. In particolare il suo De momentis aequalibus (elaborato fra il 1525 e il 1548 e ripreso nel 1565) rappresenta uno dei punti pi` alti raggiunti dalla mau tematica del primo Cinquecento. In questo testo assistiamo a una completa riappropriazione del modello formale della geometria greca: lelaborazione di una teoria dellequilibrio originale che integra temi cari alle tradizioni della meccanica medievale (quali la teoria della costruzione della stadera) con la formulazione di concetti matematici completamente nuovi quali quello di momento meccanico. Le meditazioni mauroliciane su Archimede conosceranno purtroppo una ben scarsa 40

circolazione per tutto il Cinquecento. Il merito di trasformare lo studio di Archimede in uno dei fondamenti di una nuova matematica e di una nuova meccanica sarebbe toccato a Federico Commandino.

3.3

Commandino

Leditio princeps di Basilea, nonostante i miglioramenti che Regiomontano aveva apportato alla traduzione di Iacopo, rimaneva un testo insoddisfacente, ancora da assimilare e recuperare; peggiore ancora era la situazione dei testi latini pubblicati da Gaurico e Tartaglia, infarciti di errori. Inoltre, come abbiamo gi` sottolineato, per intendere il testo di Archimede a occorreva un recupero pi` esteso (la teoria delle sezioni coniu che, per esempio) e al tempo stesso pi` profondo del corpus u della geometria antica. Inoltre, nel Cinquecento, di fronte al problema di testi spesso incomprensibili, manchevoli, mutili, si pone ormai la questione della loro integrazione in una nuova enciclopedia: ` laspirazione con cui nasce questo secolo si e ricordino Valla e Pacioli! Solo attraverso tale integrazione potranno chiarirsi le connessioni reciproche fra le varie teorie classiche che si andavano riscoprendo e confrontarle con i risultati nuovi come quelli ottenuti nel campo della prospettiva, dellalgebra, dellottica. Paul Lawrence Rose ha documentato ampiamente questa ansia di rinnovamento che risuona nelle corrispondenze e nelle prefazioni, gi` a partire dal XV secoa lo: la necessit` di una nuova instauratio, di una rinascita che a possa essere la base di un rinnovamento dellinsegnamento dellintero corpus delle discipline matematiche. La carriera scientica di Federico Commandino (Urbino, 15091575) si inquadra quasi completamente in questo programma. Al servizio dei duchi di Urbino (suo padre era stato architetto del duca) e dei Farnese vive in ambienti di ranata cultura umanistica, in cui conosce Marcello Cervini, car41

dinale bibliotecario della Vaticana. Questi, particolarmente interessato alla matematica greca, si rivolse a Commandino chiedendogli se poteva riuscire a cavare un senso da due testi presenti nel codice O di Moerbeke, che si trovava allora in suo possesso: le traduzioni dei Galleggianti e del De analemmate di Tolomeo. Il testo moerbekiano dei Galleggianti pone gravissime difcolt` di intepretazione, al punto che Tartaglia nel 1543 aveva a deciso di non pubblicarne il secondo libro. Commandino, messo di fronte a questa sda, si rese conto che aveva bisogno di uno studio dettagliato non solo dellintera opera di Archimede, ma anche di Apollonio. Si dedica cos alla ricerca di codici, simmerge nello studio; e nel 1558 pubblica a Venezia una nuova traduzione di molte opere archimedee, le Archimedis Opera non nulla. Un altro frutto degli studi che aveva intrapreso per restaurare i Galleggianti sar` ledizione dei primi quattro libri a delle Coniche, pubblicata a Bologna nel 1566: oltre al testo di Apollonio da lui commentato, Commandino forniva i lemmi di Pappo e il testo del De sectione coni e del De sectione cylindri di Sereno. Lanno prima aveva nalmente assolto il compito che Cervini gli aveva adato circa quindici anni prima: a Bologna era uscita la sua restaurazione della traduzione di Moerbeke dei Galleggianti, fatica giustamente considerata da Clagett uno dei momenti pi alti dellumanesimo matemau tico. Addirittura Commandino si spingeva a pubblicare, contestualmente alledizione dei Galleggianti, un intero libro, il Liber de centro gravitatis solidorum, per fornire al lettore una possibile dimostrazione del centro di gravit` del paraboloide, a che Archimede usava senza alcuna spiegazione12 .
Una simile via Commandino aveva seguito per laltro compito afdatogli da Cervini. Nel 1558, contestualmente alle Archimedis Opera non nulla, aveva pubblicato lopera di Tolomeo sul planisfero (Ptolemaei Planisphaerium, Iordani Planisphaerium, Federici Commandini
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Commandino rappresenta la tradizione umanistico-matematica al suo meglio: il suo approccio tende a rimanere strettamente lologico, ma riesce a produrre un nuovo livello di comprensione del testo. Lo si pu` vedere nel Liber de centro o gravitatis solidorum, una delle sue pochissime opere originali: ottiene s` risultati nuovi (il centro di gravit` della piramide e a del paraboloide, per esempio), ma il modello che viene fedelmente e quasi pedissequamente seguito ` quello dellEquilibrio e dei piani. Se questo elemento pu` rappresentare un limite, o non bisogna per` dimenticare altri fattori della sua personao lit` e della sua opera. In primo luogo, si dimentica troppo a spesso che Commandino non ` aatto chiuso ai risultati della e matematica sviluppata dalla cultura dlelabaco. Suo padre, architetto, proveniva da quegli ambienti culturali; e Federico stesso si interesser` vivacemente agli sviluppi della matematia ca abachistica e in particolare dellalgebra. Fin dal 1537 ` in e corrispondenza con Tommaso Leonardi, un algebrista di Fano con cui discute di problemi di estrazioni di radicali: unamicizia scientica che si svilupper` per almeno una ventina a danni. Di pi`: nel 1574 legge lAlgebra di Raphael Bombelli, u che rappresenta il punto pi` alto raggiunto dalla scuola alu 13 gebrica italiana . LAlgebra rappresentava una felice fusione fra la tradizione abachistica e la nuova matematica antica:
. . . commentarius, Venezia, 1558) e, nel 1562, il De analemmate, due testi che coinvolgevano la discussione della proiezione della sfera celeste su un piano e nei suoi commenti metteva in evidenza il legame fra questo tipo di problemi e quelli della prospettiva pittorica (Claudii Ptolomaei Liber de analemmate . . . Federici Commandini liber De horologiorum descriptione, Roma, 1562). 13 ` E appena il caso di ricordare che in questo testo si trova la prima esposizione di quelli che sarebbero poi stati chiamati numeri complessi, che Bombelli introduce nel tentativo di completare la trattazione delle equazioni di terzo e quarto grado sviluppata da Tartaglia, Cardano e Ferrari.

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Bombelli, venuto a conoscenza dellesistenza del testo greco dellAritmetica di Diofanto, aveva lavorato con Anton Maria Pazzi, lettore di matematica alla Sapienza di Roma, a tradurne parti importanti. Aveva poi inserito queste nuove conoscenze nel III libro della sua opera che, originariamente pensato come una raccolta di problemi pratici di tipico stile abachista, divenne una silloge di questioni di analisi diofantea. Questo connubio fra Bombelli e Diofanto segna una vera e propria svolta culturale: lalgebra non ` pi unarte (magari e u unars magna), acquista i suoi quarti di nobilt` classici, dia venta una disciplina matematica che pu` stare a anco della o geometria di Archimede e di Apollonio. Ovviamente Commandino cerc` di procurarsi una copia del lavoro di Pazzi e o Bombelli e di sostenere (ma senza successo) la pubblicazione di Diofanto. Siamo di fronte a uno sfaldarsi di steccati, alla nascita di qualcosa di nuovo: come nel caso della prospettiva (cfr. 2.3 e nota 12) la cultura delle scuole e quella delle corti si sposano per dare luogo a qualcosa di radicalmente nuovo14 .
Per quanto riguarda la prospettiva si tenga conto che sar` un allievo a di Commandino, Guidobaldo del Monte a individuare e a denire in modo matematicamente preciso il concetto di punto di fuga, codicandolo nei Perspectivae libri sex, unopera che contribu` anche a rendere rigorose le tecniche empiriche della scenograa teatrale, portando a compimento il cammino che era iniziato con Alberti e Piero della Francesca. Alla tesi che stiamo qui sostenendo, si potrebbe obiettare che, nel caso di Commandino, linteresse verso lopera di Bombelli potrebbe essere stato dettato pi` dallinteresse verso un autore classico da recuu perare che verso i prodotti della cultura abachistica. Ma non bisogna dimenticare che Commandino, a detta del suo biografo e allievo Bernardino Baldi, intendeva pubblicare la Practica geometriae di Fibonacci: una testimonianza abbastanza precisa dellorizzonte del suoi interessi matematici.
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Verso una nuova scienza

Questo processo di ibridazione culturale giunge alla sua maturit` nel terzo quarto del XVI secolo. Negli ultimi venticinque a anni del Cinquecento e poi, con impeto sempre maggiore e con innovazioni sempre pi` radicali, nel corso del Seicento andr` u a nascendo una nuova matematica. La scuola di Commandino, in particolare con Guidobaldo del Monte, dar` dei contributi fondamentali nel campo a della meccanica e della prospettiva. Linuenza del Mechanicorum liber (Pesaro, 1577) di Guidobaldo fu vasta e profonda, in particolare su Galileo che avrebbe trasformata lispirazione archimedea di questo testo in una visione completamente nuova della meccanica: non pi arte, ma scienza; non pi mezu u zo per ingannare la natura con lempiria delle macchine, ma campo in cui si dispiega tutta la potenza della modellizzazione geometrica (Le meccaniche, circa 1593). Il recupero e la riappropriazione della matematica archimedea comport` la creazione di un vero e proprio programma o di ricerca: la determinazione dei centri di gravit` delle gure a solide, problema la cui soluzione non si trovava nei testi di Archimede, ma che costituiva al tempo stesso una naturale estensione dei suoi risultati. A partire da Commandino vi si interesseranno in molti: il giovane Galileo, Cristoforo Clavio (il fondatore della scuola matematica gesuitica), Simon Stevin, Guidobaldo e altri ancora. Ma sar` un allievo di Clavio, a Luca Valerio (1553-1618) ad arontare e a risolvere questa tematica in modo tale da aprire una prospettiva di ricerca del tutto inedita: non pi` la ricerca di una soluzione solido per u solido, ma lo studio di classi di gure denite da determinate propriet`. Si trattava di una novit` rivoluzionaria: la matea a matica greca (come quella araba e abachistica) aveva sempre lavorato con gure specicate, denite da una procedura costruttiva. Qui invece le gure della geometria vengono denite 45

da propriet` astratte, esattamente le stesse che possono garana tire a priori la validit` di certi teoremi. I De centro gravitatis a solidorum libri tres (Roma, 1604) di Valerio rappresentano lantecedente immediato e, in un certo senso, necessario del metodo degli indivisibili di Bonaventura Cavalieri. Questo sviluppo nella concezione degli oggetti geometrici ebbe probabilmente uninuenza notevole anche in terreni apparentemente molto lontani da quello della geometria di misura. Infatti, proprio in questi stessi anni, la riappropriazione di altre tradizioni classiche, rivisitate alla luce di quanto di meglio aveva prodotto la matematica abachistica nel campo dellalgebra, avrebbe generato una mutazione decisiva nel linguaggio della geometria. Fu meditando su alcuni passi della Collezione matematica di Pappo e sullAritmetica di Diofanto che Franois Vi`te (15401603) arriv` a concepire la sua ars c e o analytica: unarte, appunto, che permettesse di risolvere tutti i problemi di geometria di posizione. Fino ad allora lalgebra si era occupata solo di equazioni a coecienti numerici e, nonostante i suoi recenti successi, restava uno strumento di dicile applicazione ai problemi geometrici che la riscoperta dellopera di Pappo aveva indicato allattenzione del mondo matematico di ne Cinquecento. Vi`te, creando il linguaggio dellalgebra simbolica, stabil allo e stesso tempo il metodo per poterla applicare alla geometria: il problema geometrico andr` letto in termini di unequazioa ne algebrica, la cui soluzione, opportunamente reinterpretata nel linguaggio della geometria, fornir` il procedimento per le a costruzioni. Lo strumento vietiano era pesante, goo. Ma si sarebbe presto sviluppato in modo fantastico. Nel 1637 usciva a Leida in Olanda il Discorso sul metodo di Ren Descartes. In e appendice, fra i Saggi del suo metodo, Descartes aveva collocato un testo matematico, condensato in poche pagine: La gomtrie. Da quelloperetta la matematica sarebbe uscita e e 46

completamente rivoluzionata. Lidea centrale, a posteriori, sembra quasi banale: alle curve denite da un procedimento costruttivo, Descartes sostituiva un nuovo oggetto, la curvaequazione. Come osserva Giusti in Ipotesi sulla natura degli oggetti matematici, per Descartes non si tratta tanto di risolvere un problema singolo, ma piuttosto di sviluppare un metodo generale che possa essere applicato alla soluzione di intere classi di problemi. E alla curva-equazione non solo si potevano applicare i metodi generali dellalgebra simbolica. Esse generavano un mondo innito, innitamente ricco di problemi: un intero mondo matematico, in cui ci si poteva sbizzarrire a cercare tangenti, massimi e minimi, a utilizzare le curve introdotte per risolvere problemi geometrici e algebrici. Siamo ormai lontanissimi dalla matematica greca e anche da quella del Rinascimento nelle sue varie coloriture. Vale tuttavia la pena di chiedersi: lesigenza fondamentale di Descartes, quella di trovare un metodo capace di risolvere intere classi di problemi, ` poi cos diversa dallispirazione di Valerio? Lie dea di contaminare tradizioni tanto diverse quali la geometria classica e lalgebra non ha forse le sue radici pi` profonde nei u modesti trattati dabaco delle scuole? Con la Gomtrie nasce la matematica moderna, su quee e sto non ci sono dubbi. Ma il suo corredo genetico ` senzale tro il prodotto di quei secoli di coevoluzione culturale che chiamiamo Rinascimento.

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Riferimenti bibliograci
Un testo che ore uno sguardo di insieme e una massa ancora insuperata di informazioni sul tema qui trattato ` Paul e Lawrence Rose, The Italian Renaissance of Mathematics, Gen`ve, Droz, 1976. Sulla matematica del Cinquecento e le e tradizioni classiche e medievali si trovano spunti interessanti in Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento, a cura di E. Giusti, Sansepolcro, Fondazione Piero della Francesca Peruzzi Editore, 1999. Sui rapporti fra tradizioni matematiche e scienza galileiana, si veda Medieval and Classical Traditions and the Renaissance of Physico-Mathematical Sciences in the 16th Century, a cura di P.D. Napolitani e Pierre Souffrin, Turnhout, Brepols, 2001. Sulla matematica e la cultura dellabaco si vedano i due volumi degli atti del convegno Leonardo Fibonacci. Matematica e societ` nel Mediterraneo nel secolo XIII, 2 voll.; Bollettia no di storia delle scienze matematiche 23/2 (2003) e 24/1 (2004); fra i molti importanti contributi, nel secondo volume ` contenuto il saggio di M. Folkerts sulle fonti euclidee di e Fibonacci: Leonardo Fibonaccis Knowledge of Euclids Elements and Other Mathematical Texts. Per una pi` agile, ma u esauriente presentazione Un ponte sul Mediterraneo: Leonardo Pisano, la scienza araba e la rinascita della matematica in Occidente a cura diE. Giusti, con la collaborazione di R. Petti, Firenze, Edizioni Polistampa, 2002. Sulla prospettiva e il mondo culturale di Piero della Francesca, si veda K. Andersen, The Geometry of an Art. The History of the Mathematical Theory of Perspective from Alberti to Monge, Springer, Berlin-Heidelberg-NewYork, 2007; J.V. Field, The Invention of Innity. Mathematics and Art in the Renaissance, Oxford University Press, 1997 e Piero della Francesca tra arte e scienza a cura di M. Dalai Emiliani e V. Curzi, Venezia, Marsilio, 1994. 48

Sullalgebra ci limitiamo a citare due contributi di E. Giusti particolarmente attinenti alle tematiche qui discusse: Algebra and Geometry in Bombelli and Vi`te, Bollettino di e Storia delle Scienze Matematiche, 12/2 (1992), 303328 e Lalgebra nel Trattato dabaco di Piero della Francesca; osservazioni e congetture, Bollettino di Storia delle Scienze Matematiche 11/1 (1991) pp. 55833. Nel terzo volume delle Archimedis opera omnia cum commentariis Eutocii, iterum edidit J.L. Heiberg, Teubner, Leipzig, 191015 (reprint Stuttgart, 1972) si trovano informazioni fondamentali riguardanti la tradizione e la critica del testo e di conseguenza del suo impatto sulla cultura umanistica. Il riferimento dobbligo per la storia del testo archimedeo nel Medioevo e nel Rinascimento ` Marshall Clagett, Archimedes e in the Middle Ages, vol. 1, University of Wisconsin Press, Madison Wisc., 1964; voll. 25, American Philosophical Society, Philadelphia, 197884. Su Moerbeke e gli ambienti scientici della corte di Viterbo non si pu` mancare laresco che ne ha o fatto Agostino Paravicini-Bagliani in Medicina e scienze della natura alla corte dei Papi nel Duecento, Centro italiano di studi sullAlto Medioevo, Spoleto, 1991. Su Commandino e la scuola di Urbino si pu` leggere (oltre o ai capitoli 9, 10 e 11 del The Italian Renaissance di Rose) il libro di Enrico Gamba e Vico Montebelli Le scienze a Urbino nel tardo Rinascimento, Quattro Venti, Urbino, 1988. Su Luca Valerio il lavoro pi` recente ` P.D. Napolitau e ni e K. Saito: Royal Road or Labyrinth? Luca Valerios De centro gravitatis solidorum and the Beginnings of Modern Mathematics, Bollettino di storia delle scienze matematiche, 24 (2004), pp. 67124.

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