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ADEMPIMENTI

E PROCEDURE
Nei cantieri sono molteplici le attività e le situazioni che possono costituire una fonte di
SICUREZZA CANTIERI

M. GRANDI
innesco di incendi con conseguenze spesso devastanti.
Il presente volume è uno strumento pratico per gli addetti antincendio appartenenti alle
aziende del settore edile.
Oltre a soddisfare i contenuti previsti dal D.M. 10 marzo 1998 per la formazione degli
addetti, contiene diverse immagini esplicative ed esempi concreti relativi allo specifico
MARCO GRANDI
settore.

Manuale
Contenuti:
• definizioni e principi;

Manuale per addetti antincendio nei cantieri


• cause di incendio e principali effetti per l’uomo;
• i principali agenti estinguenti, campo di utilizzo e controindicazioni;
• normativa vigente applicabile alla sicurezza antincendio, procedura per effettuare la
valutazione del rischio incendio e esempi di classificazioni di rischio per i cantieri;
• tipologie di protezione antincendio;
per addetti antincendio
nei cantieri
• tipologie principali di estintori, procedure per la loro manutenzione e modalità d’uso
corrette;
• gestione di un’emergenza antincendio: proposta di un modello di piano di emergenza
adottabile in un cantiere edile;
• misure antincendio applicabili agli uffici presenti in cantiere e nella sede dell’azienda.

ISBN 978-88-217-3448-9
00117441

 19,00 I.V.A. INCLUSA

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ADEMPIMENTI
E PROCEDURE
SICUREZZA CANTIERI

MARCO GRANDI

Manuale
per addetti antincendio
nei cantieri

117441_frontespizio.indd 1 26-01-2011 11:16:06


PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

© 2011 Wolters Kluwer Italia S.r.l Strada I, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (MI)

ISBN: 978 88 217 3615 5

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sponsabilità per eventuali errori o inesattezze.
Introduzione

INTRODUZIONE
Tra i pericoli presenti nei cantieri temporanei e mobili, quelli generati dal
fuoco sono normalmente poco considerati.
In realtà sono molteplici le attività e le situazioni che possono costituire una
fonte di innesco per i cantieri: le operazioni di saldatura, l’uso di fiamme libere
per operazioni di impermeabilizzazione, gli impianti elettrici provvisori; ma an-
che la presenza di bracieri di fortuna per il riscaldamento dei lavoratori, i moz-
ziconi di sigaretta, gli atti vandalici, ecc., se non opportunamente controllati,
possono provocare incendi spesso devastanti.
Attualmente in Italia non vi sono norme di legge o codici di comportamen-
to specifici per la prevenzione incendi in cantiere ma, analizzando la normativa
vigente, si possono individuare molteplici adempimenti in carico a diversi sog-
getti della prevenzione nei cantieri, in particolare ai datori di lavoro, ai coordi-
natori per la sicurezza e, ovviamente, agli addetti antincendio.
Questo manuale è uno strumento pratico per gli addetti antincendio appar-
tenenti alle aziende del settore edile che, oltre a soddisfare i contenuti previsti
dal D.M. 10 marzo 1998 per la formazione di tali addetti, contiene diverse im-
magini esplicative ed esempi concreti relativi allo specifico settore.

LE CONSIDERAZIONI ESPOSTE SONO FRUTTO ESCLUSIVO DEL PENSIERO


DELL’AUTORE E NON HANNO CARATTERE IN ALCUN MODO IMPEGNATIVO PER
L’AMMINISTRAZIONE DI APPARTENENZA. NON SI ASSUME NESSUNA RESPONSABILITÀ PER
EVENTUALI DANNI SIA DIRETTI CHE INDIRETTI CAUSATI DALL’USO DEL PRESENTE TESTO.

VII
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

NOTA AUTORE
L’ing. Grandi Marco, Ispettore Tecnico presso la Direzione Provinciale del
Lavoro del Verbano Cusio Ossola e professionista di prevenzione incendi inse-
rito nell’elenco del Ministero degli Interni (Legge n. 818/1984), nel 2006 ha
conseguito il titolo di Master Universitario di II° livello in Ingegneria della Si-
curezza ed Analisi dei Rischi presso il Politecnico di Torino.
Si occupa, oltre che all’attività di vigilanza, di formazione e promozione in
materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, è referente della Commissione
Sicurezza dell’Ordine degli Ingegneri del VCO, membro della Commissione
prefettizia tecnica di vigilanza per le materie esplodenti e infiammabili, e autore
di diverse pubblicazioni in tema di safety.

VIII
Capitolo 1 – I principi della combustione

Capitolo 1
I PRINCIPI DELLA COMBUSTIONE

Sommario: 1. Il triangolo del fuoco. – 2. La combustione delle sostanze solide, liquide e gassose.
– 3. La classificazione dei fuochi. – 4. Le esplosioni. – Figure e Tabelle.

Abstract: Il capitolo illustra sinteticamente le definizioni e i concetti basilari che


un addetto antincendio dovrebbe conoscere: vengono spiegati i principi relativi
alla combustione delle sostanze solide, liquide e gassose e il fenomeno
dell’esplosione di gas e polveri.

1. Il triangolo del fuoco

Il fuoco è la manifestazione visibile di una reazione chimica di ossidazione


sufficientemente rapida (combustione) che avviene tra due sostanze diverse, il
combustibile e il comburente, accompagnata normalmente da sviluppo di calore
(per questo si dice che è esotermica), fiamma, gas di combustione a elevata
temperatura, fumo e luce.
Il combustibile è una sostanza solida, liquida o gassosa capace di bruciare
all’aria.
Il comburente è normalmente l’ossigeno dell’aria. Tuttavia possono verifi-
carsi incendi in ambienti più ricchi di ossigeno, oppure anche in assenza di aria,
quando le sostanze combustibili contengono nella loro molecola una sufficiente
quantità di ossigeno (è il caso, per esempio, degli esplosivi).
La combustione è un fenomeno che può avvenire solo in condizioni ben de-
finite, quando alla massa combustibile-comburente viene apportata una suffi-
ciente quantità di energia, l’innesco (per esempio un mozzicone di sigaretta, un
corto circuito, una scintilla, ecc.), raggiungendo così la temperatura di accen-
sione.
Per avere la combustione è quindi necessaria la presenza contemporanea di
tutti i tre fattori – combustibile, comburente e temperatura di accensione –, che
tradizionalmente vengono rappresentati graficamente come i lati di un triangolo
“chiuso”, chiamato “triangolo del fuoco” (v. Figura 1.1).
Il concetto di triangolo del fuoco è fondamentale per comprendere come
possa avvenire l’estinzione degli incendi: per spegnere un fuoco sarà sufficiente
“aprire” il suo triangolo, escludendo almeno uno dei lati che lo compongono.
Di questo si parlerà diffusamente nei capitoli successivi.

1
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

2. La combustione delle sostanze solide, liquide e gassose

La “temperatura di accensione” (o anche di autoaccensione) è la tempera-


tura minima alla quale un combustibile inizia spontaneamente a bruciare, in pre-
senza di ossigeno. Essa varia da un materiale all’altro e dipende dai seguenti fat-
tori:
• natura del materiale;
• massa, stato di aggregazione e pezzatura del materiale;
• presenza di umidità;
• presenza di impurità (polveri) che possono fungere da catalizzatori (accele-
ratori della reazione chimica).
A causa dei motivi suddetti, per i combustibili solidi la temperatura di ac-
censione non è esattamente determinabile, mentre è ben definita per i combusti-
bili liquidi e gassosi (v. Tabella 1.1).
La combustione delle sostanze solide può avvenire con fiamma o senza
fiamma (in questo caso si parla di combustione a brace).
La combustione con fiamma richiede il passaggio in fase aeriforme delle
sostanze incendiabili, mentre nella combustione con brace, che ha luogo in un
primo tempo insieme alla combustione con fiamma, l’ossigeno penetra
all’interno del combustibile attraverso fessurazioni, porosità o crepe già presen-
ti, o provocate dallo stesso calore di combustione.
A questo proposito, va sottolineato che gli addetti antincendio debbano por-
re particolare attenzione a questa seconda tipologia di combustione, poiché si
può trasformare in combustione con fiamma, qualora alla brace venga fornito un
nuovo apporto di ossigeno (è tipico all’aperto, e quindi frequente nei cantieri,
che una folata di vento immetta ossigeno a un cumulo di braci che sembravano
ormai in fase di spegnimento, e faccia ripartire pericolosamente le fiamme!).
Nei cantieri sono presenti molti materiali solidi combustibili:
• legname da costruzione o da casseratura, carta e cartone per gli imballaggi,
che possono prendere fuoco con facilità a fronte di una sorgente d’innesco;
• isolanti termici, costituiti principalmente in materiale plastico per copertu-
re, pareti, ecc., che in generale presentano un’elevata velocità di combu-
stione;
• guaine impermeabilizzanti, che vengono messe in opera con l’uso di fiam-
me libere;
• tubazioni plastiche, usate come adduzione e scarico per gli impianti idrici,
del metano, ecc., che sono pericolose quando sono stoccate in grande quan-
tità prima dell’uso;
• tessuti, cavi elettrici, ecc.
Sono invece da considerare solidi incombustibili il cemento da muratura o
la calce sodata.

2
Capitolo 1 – I principi della combustione

La combustione di sostanze liquide (infiammabili) presenta sempre svi-


luppo di fiamma, e avviene esclusivamente tra l’ossigeno dell’aria e la fase gas-
sosa (vapori) del liquido infiammabile. Affinché possa avvenire la combustione
dei liquidi, è necessario che essi raggiungano la temperatura di infiammabilità e
che la miscela vapori-aria abbia una composizione compresa nel campo di in-
fiammabilità.
La “temperatura (o punto) di infiammabilità” (in inglese flash point) è la
temperatura minima alla quale un combustibile (solido o liquido) emette vapori
combustibili in quantità sufficiente per formare con l’aria una miscela infiam-
mabile che possa dare inizio alla combustione in presenza di innesco (fiamma o
scintilla). Al di sotto di tale temperatura un combustibile solido o liquido non
può bruciare.
Risulta del tutto evidente che i liquidi con più bassi punti di infiammabilità
presentano maggiore pericolo, in quanto possono dare origine a incendio anche
a basse temperature. Particolarmente pericolosi sono i liquidi che hanno punto
di infiammabilità inferiore alla temperatura ambiente (v. Tabella 1.2).
Esempi di liquidi infiammabili che si possono trovare in cantiere sono:
• le vernici e i solventi, che contengono variabili percentuali di liquidi in-
fiammabili e sono pericolosi sia stoccati in deposito, sia durante l’uso;
• la benzina, che talvolta viene usata impropriamente per sgrassare utensili in
cantiere, ed è molto pericolosa, in quanto anche a temperature inferiori allo
0 °C potrà infiammarsi facilmente se innescata.
• il gasolio, gli oli e i lubrificanti, usati come carburante, nonché in svariate
attrezzature di lavoro, sono infiammabili, ma meno pericolosi della benzi-
na, poiché posseggono temperature di infiammabilità piuttosto elevate;
• le colle, gli antiruggine, alcuni disarmanti, detergenti, ecc.
I liquidi infiammabili sono classificati, secondo il D.M. 31 luglio 1934, in
tre categorie: A, B o C, in funzione della loro temperatura di infiammabilità, e
quindi i più pericolosi sono quelli di categoria A (v. Tabella 1.3).
Il “campo di infiammabilità” è l’intervallo compreso fra il limite di con-
centrazione (valore percentuale del rapporto combustibile-aria) minima (detto
“limite inferiore”) e il limite di concentrazione massima (detto “limite superio-
re“) entro il quale è possibile la combustione. Al di sotto del limite inferiore la
combustione non è possibile per carenza di combustibile, al di sopra del limite
superiore la combustione non è possibile per eccesso di combustibile o, più pro-
priamente, per carenza di comburente.
Le combustioni di sostanze gassose si comportano in maniera analoga ai
liquidi infiammabili, con la differenza che i gas, essendo allo stato aeriforme,
già alla temperatura ambiente si trovano nelle condizioni idonee alla combu-
stione, sempreché la percentuale di tali sostanze in aria sia compresa entro il
campo di infiammabilità, cioè tra il limite inferiore di infiammabilità e il limite

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Manuale per addetti antincendio nei cantieri

superiore di infiammabilità. Quindi ovviamente i gas infiammabili, non posse-


dendo una temperatura di infiammabilità, risultano più pericolosi dei liquidi in-
fiammabili.
Si può facilmente comprendere come un gas sia tanto più pericoloso quanto
più ampio sia il suo campo di infiammabilità. Infatti un gas si accende alla pre-
senza di un innesco quando si trova all’interno del campo di infiammabilità, e
quindi la probabilità di accensione sarà proporzionale alla dimensione di tale
campo.
Ne consegue che, tra i gas frequentemente presenti nei cantieri, il più peri-
coloso è senza dubbio l’acetilene, utilizzato nella saldatura ossi-acetilenica, in
quanto possiede un campo di infiammabilità molto ampio (compreso tra il 2,5 e
l’80% di combustibile in aria), ben più grande di altri gas infiammabili, come
per esempio il metano (avente un campo compreso tra il 5 al 15%), o il G.P.L.
usato come combustibile nelle fiamme libere (con campo all’incirca compreso
tra il 2 e il 10%) (v. Tabella 1.4).
Non possedendo i gas un volume e forma propria, vengono conservati e tra-
sportati in contenitori, come le “bottiglie” per il G.P.L. o le bombole per i gas
compressi.
Per capire quale sia il gas contenuto in una bombola, e quindi se sia più o
meno pericoloso, è sufficiente osservare il colore verniciato sull’ogiva della
bombola stessa, che permette una rapida identificazione del contenuto1.
Tali codici colore sono indicati nella norma tecnica UNI-EN 1089-3 come
segue:
• colore giallo per i gas tossici e/o corrosivi;
• colore rosso per i gas infiammabili;
• colore blu chiaro per i gas ossidanti;
• colore verde brillante per i gas inerti;
• altri colori identificativi per specifici gas (v. Tabella 1.5).

3. La classificazione dei fuochi

Si possono distinguere fuochi con caratteristiche diverse secondo i materiali


coinvolti. Secondo le recenti norme europee EN2 ed EN3, va adottata la seguen-
te classificazione (v. Figura 1.2):
• classe A: sono i fuochi da materiali solidi la cui combustione avviene con
formazione di brace incandescente, quali carta, legno, tessuti, pellami,
gomma, ecc.;

1
D.M. trasporti e navigazione 7 gennaio 1999 (Codificazione del colore per l’identificazione del-
le bombole per gas trasportabili).

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Capitolo 1 – I principi della combustione

• classe B: sono i fuochi da materiali liquidi infiammabili o solidi fusibili,


come alcool, benzine, oli minerali e altri idrocarburi, cere, grassi, ecc.;
• classe C: sono i fuochi da gas infiammabili quali idrogeno, acetilene, meta-
no, G.P.L., ecc.;
• classe D: sono i fuochi metallici, cioè di sostanze come l’alluminio, lo zin-
co, il magnesio, il sodio, il potassio, ecc.;
• ex classe E: sono i fuochi che coinvolgono apparecchiature elettriche sotto
tensione. Questa classificazione è stata sostituita dalle diciture “Non utiliz-
zare su apparecchiature elettriche sotto tensione”, e “Adatto all’uso su ap-
parecchiature elettriche sotto tensione fino a 1000 V ad una distanza di un
metro”;
• classe F: fuochi da oli e grassi vegetali o animali in apparecchi di cottura.

4. Le esplosioni

Un’esplosione è l’accensione di una miscela di materiale infiammabile in


aria (quindi una combustione), avente una velocità tanto elevata da provocare
una rapida espansione del volume o un aumento della pressione, a seconda che
l’azione avvenga o no in uno spazio confinato. Il termine comprende sia la
combustione rapidissima di gas infiammabili, sia quella delle polveri sospese
nell’aria.
In genere una combustione che avviene in uno spazio limitato, dove il calo-
re prodotto non può essere dissipato rapidamente, determina un aumento della
temperatura, della pressione e un conseguente aumento della velocità di reazio-
ne, che continua a produrre calore determinando così l’esplosione.
Quando il fronte di fiamma (la reazione di combustione che si propaga ver-
so la miscela infiammabile non ancora bruciata) ha una velocità minore di quel-
la del suono, l’esplosione è chiamata deflagrazione.
Quando la reazione procede con una velocità superiore a quella del suono
(velocità dell’ordine del chilometro al secondo), l’esplosione è detta detonazio-
ne.
Una tipologia di esplosione da tenere in considerazione nell’attività di can-
tiere è quella che si può generare nelle nubi di polvere, che normalmente pre-
sentano una zona di infiammabilità (detta anche di esplosività) più estesa rispet-
to ai gas e ai vapori, e pertanto può generare una più rapida propagazione della
fiamma: i materiali combustibili, se finemente suddivisi, quando si trovano in-
timamente e uniformemente miscelati con l’aria nel campo di esplosività, qualo-
ra innescati danno luogo a un’esplosione, che è in genere molto violenta.
Un altro esempio di prodotto talvolta presente in cantiere che può formare
miscele esplosive vapore/aria è la vernice spray.

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Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figure e Tabelle

Figura 1.1 – Il triangolo del fuoco

Figura 1.2 – La classificazione dei fuochi

Classi di fuoco

Ex classe di
fuoco E
Materiali Liquidi in- Fuochi da
che lascia- fiammabili materiali soli-
no braci Benzina di con parti
Legna Nafta Gas in- sotto tensio-
Carta e car- Petrolio fiammabili ne, è stato
Metalli
tone Alcool Metano sostituito dal-
Magnesio
Segatura Oli pesanti GPL le diciture:
Potassio Fuochi da
Trucioli Etere solfori- Cloro "Non utilizza-
Fosforo mezzi di cot-
Stoffa co Gas illumi- re su appa-
Sodio tura (oli e
Rifiuti Glicerina nante recchiature
Electron (Al – grassi ani-
Cere in- Vernici Acetilene elettriche sot-
Mg) mali o vege-
fiammabili Gomme Propano to tensione"
Carburi tali)
Carboni Resine Idrogeno "Adatto
Bitumi grassi Fenoli Cloruro di all’uso su ap-
Paglia Solfo metile parecchiature
Stracci Trementina elettriche sot-
Fuliggine Solidi lique- to tensione
Pelli fatti fino a 1000 V
ad una di-
stanza di un
metro"

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Capitolo 1 – I principi della combustione

Tabella 1.1 – Temperature di accensione di alcuni combustibili solidi

Temperatura
Combustibili di accensione (°C) –
Valori indicativi

Solidi
Abete (trucioli) 260
Carta (in ritagli) 230
Cotone idrofilo (in rotolo) 266
Cotone da imbottitura (in rotolo) 230
Cotone da lenzuolo (in rotolo) 238
Gomma sintetica (in pani) 294-310
Lana coperte (in rotolo) 205
Magnesio (in nastri) 540
Magnesio (fuso) 620
Nylon (in rotolo) 476
Seta naturale (in rotolo) 570
Liquidi
Acetone 535
Alcool etilico 423
Alcool metilico 464
Benzina 246
Etere etilico 180
Gasolio 330
Toluolo 480
Gassosi
Acetilene 300
Ammoniaca 661
Etano 515
Gas illuminante 560
Idrogeno 560
Metano 537
Ossido di carbonio 610
Propano 466

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Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Tabella 1.2 – Parametri caratteristici di alcuni combustibili liquidi

Campo di infiammabilità in
Temperatura di in- aria (%) – Valori indicativi
Liquido fiammabilità (°C) –
Valori indicativi
Limite Limite
inferiore superiore

Acetone –20 2 13

Alcool etilico 13 3,5 18

Alcool metilico 11 6 36

Benzina –20 1,4 4,8

Etere etilico –41,2 1 6

Gasolio 50-140 1,2 6

Toluolo 7,22 1 6

Vernice per legno 8 1,1 15

Solvente nafta carbone 46 1 7,5

Tabella 1.3 – Parametri caratteristici di alcuni combustibili liquidi

Temperatura di
Categoria Sostanze
infiammabilità (°C)

Acetone – alcool etilico – alcool metilico – benzina


A < 21 – benzolo – etere di petrolio – etere etilico – mi-
scele carburanti – petrolio greggio – toluolo

Acquaragia minerale – alcool butilico – anidride


B da 21 a 65 acetica – cloruro di benzile – kerosene – idrazina –
petrolio raffinato

Alcool benzilico – bitume di petrolio – glicerina –


C > 65 olio combustibile – oli minerali bianchi – gasolio (*)
- paraffina - vaselina
(*) Il gasolio è da considerarsi di categoria C, in seguito alla Circolare del Ministero degli interni
del 19 marzo 2009.

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Capitolo 1 – I principi della combustione

Tabella 1.4 – Campo di infiammabilità in aria di alcuni combustibili gassosi

Campo di infiammabilità in aria


Temperatura di (%) – Valori indicativi
Gas
infiammabilità (°C)
Limite
Limite inferiore
superiore
Acetilene – 2,5 80
Ammoniaca – 16 26,6
Etano – 3 12,5
Gas illuminante – 5,3 30
G.P.L. – 1,9 9,5
Idrogeno – 4 75
Metano – 5 15
Ossido di carbonio – 12,5 75
Propano – 2,1 9,5

Tabella 1.5 – Colorazione ogive bombole

Gas con colorazione Vecchia colorazione Nuova colorazione


individuale ogiva ogiva
Acetilene C2H2 Arancione Marrone rossiccio (*)
Ammoniaca NH3 Verde Giallo (*)
Argon Ar Amaranto Verde scuro (*)
Azoto N2 Nero Nero
Biossido di carbonio CO2 Grigio chiaro Grigio (*)
Cloro Cl2 Giallo Giallo
Elio He Marrone Marrone
Idrogeno H2 Rosso Rosso
Ossigeno O2 Bianco Bianco
Protossido d’azoto N2O Blu Blu
(*) Nuovo colore.

9
Capitolo 2 – Gli agenti chimici pericolosi presenti nei cantieri

Capitolo 2
GLI AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
PRESENTI NEI CANTIERI

Sommario: 1. L’uso delle schede di sicurezza per la prevenzione/protezione degli incendi. – 2.


L’etichettatura. – 3. Le frasi “R” ed “S”. – 4. La nuova classificazione ed etichettatura. – Figure e
Tabelle.

Abstract: Il capitolo spiega il significato dell’etichettatura, con i suoi simboli e le


sue sigle, e i contenuti delle schede di sicurezza delle sostanze pericolose, che
forniscono importantissime informazioni per la prevenzione e l’estinzione degli
incendi.

1. L’uso delle schede di sicurezza per la prevenzione/protezione degli


incendi

Di fronte a qualsiasi materiale, sostanza chimica o preparato che entra nel


cantiere, un addetto antincendio dovrebbe chiedersi se è pericoloso dal punto di
vista del rischio incendio/esplosione. Qualora si verificasse che il materiale ab-
bia facilità a generare un incendio, occorre individuare le modalità di utilizzo
più idonee a prevenirlo, i sistemi di estinzione più efficaci a spegnerlo, e ancora
se sia necessario avere in dotazione particolari dispositivi di protezione indivi-
duale per fronteggiarlo.
Tutte queste informazioni possono essere reperite nella scheda di sicurezza
del materiale, un documento informativo che il fabbricante deve fornire ai fini
della tutela della sicurezza e della salute degli utilizzatori. Tale documento
comprende sedici sezioni ben definite, che consentono di valutare i rischi della
sostanza, i sistemi per minimizzare i rischi e le misure per gestire una situazione
di emergenza.
Le schede di sicurezza si possono trovare nel Piano operativo di sicurezza
elaborato dall’impresa esecutrice che, secondo la normativa vigente (cfr. Alle-
gato V del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i.), deve contenere tutte le schede di
sicurezza delle sostanze pericolose.
Di seguito sono elencate le 16 sezioni che compongono una scheda di sicu-
rezza, delle quali vengono approfondite le 3, 5, 9 e 10, di maggior interesse per
l’addetto antincendio.
1. Elementi identificativi della sostanza o del preparato e della socie-
tà/impresa.
2. Composizione/informazione sugli ingredienti.

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Manuale per addetti antincendio nei cantieri

3. Indicazione dei pericoli. Sono indicati in modo chiaro e succinto i rischi più
importanti che presenta la sostanza o il preparato, in particolare i principali
rischi per la salute e per l’ambiente, compresi gli effetti dannosi più impor-
tanti per la salute dell’uomo e i sintomi che insorgono in seguito all’uso e al
cattivo uso ragionevolmente prevedibile.
4. Misure di pronto soccorso.
5. Misure antincendio. Sono indicati i mezzi di estinzione appropriati, e quelli
che non devono essere usati per ragioni di sicurezza, eventuali rischi fisici
di esposizione derivanti dalla sostanza o dal preparato stesso, dai prodotti di
combustione, dai gas prodotti, e infine l’equipaggiamento speciale di prote-
zione necessario agli addetti antincendio.
6. Misure in caso di fuoriuscita accidentale.
7. Manipolazione e stoccaggio.
8. Controllo dell’esposizione e protezione individuale.
9. Proprietà fisiche e chimiche. Questa voce comprende, ove applicabile, in-
formazioni tra cui stato fisico, odore, pH, punto/intervallo di ebollizione,
punto/intervallo di fusione, punto di infiammabilità, proprietà esplosive,
pressione di vapore, densità relativa, solubilità, ecc.
10. Stabilità e reattività. Questa voce riguarda la stabilità della sostanza o del
preparato chimico e la possibilità che si verifichino reazioni pericolose in
determinate circostanze.
11. Informazioni tossicologiche.
12. Informazioni ecologiche.
13. Considerazioni sullo smaltimento.
14. Informazioni sul trasporto.
15. Informazioni sulla regolamentazione.
16. Altre informazioni.
Per fornire qualche esempio di schede di sicurezza relative a sostanze fre-
quentemente presenti in cantiere, di seguito si riportano alcuni dei punti 3, 5, 9 e
10, estrapolati dalle schede di sicurezza della “vernice spart gialla normale”, del
“bitume modificato hard” e dell’“ancorante chimico (B)” (v. Figura 2.1).

2. L’etichettatura

Prima ancora di consultare le schede di sicurezza delle sostanze potenzial-


mente pericolose, già a prima vista è possibile avere un’indicazione di massima
circa la pericolosità di un prodotto chimico. Infatti la normativa vigente prevede
espressamente l’etichettatura delle sostanze pericolose, come rapida forma di
comunicazione tra il fabbricante dei prodotti chimici e l’utilizzatore.

12
Capitolo 2 – Gli agenti chimici pericolosi presenti nei cantieri

Per esempio, l’etichetta dell’alcool riporta la sua denominazione, il nome


del suo produttore, il pittogramma simboleggiante il pericolo principale, le frasi
di rischio “R” e i consigli di prudenza “S” (v. Figura 2.2).
I simboli di pericolo che deve considerare maggiormente l’addetto antin-
cendio sono quelli degli agenti chimici:
• esplosivi “E”: le sostanze e i preparati solidi, liquidi, pastosi o gelatinosi
che, anche senza l’azione dell’ossigeno atmosferico, possono provocare
una reazione esotermica con rapida formazione di gas e che, in determinate
condizioni di prova, detonano, deflagrano rapidamente o esplodono in se-
guito a riscaldamento in condizione di parziale contenimento;
• comburenti “O”: le sostanze e i preparati che, a contatto con altre sostan-
ze, soprattutto se infiammabili, provocano una forte reazione esotermica;
• estremamente infiammabili “F+”: le sostanze e i preparati liquidi con il
punto di infiammabilità estremamente basso e un punto di ebollizione basso
e le sostanze e i preparati gassosi che a temperatura e pressione ambiente si
infiammano a contatto con l’aria;
• facilmente infiammabili “F”: le sostanze e i preparati che, a contatto con
l’aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono subire
innalzamenti termici e da ultimo infiammarsi. Le sostanze e i preparati so-
lidi che possono facilmente infiammarsi dopo un breve contatto con una
sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche
dopo il distacco della sorgente di accensione. Le sostanze e i preparati li-
quidi il cui punto d’infiammabilità è molto basso. Le sostanze e i preparati
che, a contatto con l’acqua o l’aria umida, sprigionano gas estremamente
infiammabili in quantità pericolose;
• infiammabili: le sostanze e i preparati liquidi con un basso punto di in-
fiammabilità (v. Figura 2.3).

3. Le frasi “R” ed “S”

Sia sulla scheda di sicurezza sia nell’etichettatura di una sostanza chimica


sono riportate le cosiddette “frasi R”, e “frasi S”.
Le frasi di rischio “R” sono delle frasi di contenuto standard definite
dall’Unione Europea e indicanti i rischi particolari che derivano dal pericolo in-
sito nell’uso di una sostanza o di un preparato pericoloso.
I consigli di prudenza “S” sono delle frasi di contenuto standard definite
dall’Unione Europea e indicanti le norme di sicurezza da seguire nell’uso di una
sostanza o di un preparato pericoloso.
Le frasi “R” più significative per l’addetto antincendio sono quelle che
vanno dalla “R1” (relativa a sostanza esplosiva allo stato secco), alla R19 (so-

13
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

stanza che può formare perossidi esplosivi), la R30 (può divenire facilmente in-
fiammabile durante l’uso) e la R44 (rischio di esplosione per riscaldamento in
ambiente confinato) (v. Tabella 2.1).

4. La nuova classificazione ed etichettatura

Con l’entrata in vigore1 del cosiddetto regolamento CLP, acronimo inglese


per classification labelling and packaging (classificazione, etichettatura e im-
ballaggio), verranno modificati la classificazione dei pericoli delle sostanze,
l’etichettatura, le frasi di rischio e i consigli di prudenza.
Con il regolamento CLP, le classi di pericolo di tipo fisico passeranno dal-
le attuali 5 a 16 classi, ciascuna delle quali avrà nuovi pittogrammi (v. Figura
2.4).
Le indicazioni di pericolo e i consigli di prudenza avranno un codice al-
fanumerico unico, formato da una lettera e da tre numeri (v. Tabella 2.2):
• lettera H (indicazioni di pericolo) o P (consigli di prudenza);
• il primo numero indica il tipo di pericolo o di consiglio;
• i due numeri successivi corrispondono all’ordine sequenziale del pericolo o
del rischio.

1
Dal 1° dicembre 2010 sono in vigore le disposizioni transitorie relative a classificazione, eti-
chettatura e imballaggio.

14
Capitolo 2 – Gli agenti chimici pericolosi presenti nei cantieri

Figure e Tabelle

Figura 2.1 – Punti 3, 5, 9 e 10 di alcune schede di sicurezza

Scheda di sicurezza. VERNICE SPART, GIALLA NORMALE -2-


Revisione n. 8 del 04.10.2002

3. Indicazione dei pericoli


3.1. Classificazione della sostanza o del preparato.
Il preparato è classificato pericoloso ai sensi delle disposizioni di cui alle direttive
67/548/CEE e 1999/45/CE e successive modifiche ed adeguamenti. Il preparato pertanto
richiede una scheda dati di sicurezza conforme alle disposizioni della direttiva 91/155/CE
e successive modifiche. Eventuali informazioni aggiuntive riguardanti i rischi per la salute
e/o l’ambiente sono riportate alle se. 11 e 12 della presente scheda.

Simboli di pericolo: Xn- F N


Frasi R: R11
R20
R33
R40
R51/53
R61
R62

3.2. Identificazione dei pericoli


Il prodotto, in base alle sue caratteristiche chimico-fisiche, è da considerarsi facilmente
infiammabile (punto di infiammabilità inferiore a 21 °C).
NOCIVO PER INALAZIONE.
PERICOLO DI EFFETTI CUMULATIVI.
POSSIBILITÀ DI EFFETTI CANCEROGENI – PROVE INSUFFICIENTI.
TOSSICO PER GLI ORGANISMI ACQUATICI, PUÒ PROVOCARE A LUNGO TERMI-
NE EFFETTI NEGATIVI PER L’AMBIENTE ACQUATICO.
PUÒ DANNEGGIARE I BAMBINI NON ANCORAN NATI.
POSSIBILE RISCHIO DI RIDOTTA FERTILITÀ.
Il prodotto contiene piombo, pertanto non è da utilizzarsi su oggetti che possono essere
masticati o succhiati dai bambini. Il prodotto contiene sostanza/i sensibilizzante/i e per-
tanto può provocare reazione allergica.

5. Misure antincendio
Recipienti chiusi esposti al calore dell’incendio possono generare sovrapressione ed e-
splodere. Per informazioni relative a rischi per l’ambiente, la salute, la protezione delle
vie respiratorie, la ventilazione, i mezzi individuali di protezione, fare riferimento alle altre
sezioni di questa scheda.
Mezzi di estinzione. CO2, schiuma, polvere chimica per liquidi infiammabili. L’acqua può
non essere efficace per estinguere l’incendio, tuttavia dovrebbe essere usata per raf-
freddare i contenitori esposti alla fiamma e prevenire scoppi ed esplosioni. Per le perdite
e i versamenti che non si sono incendiati, l’acqua nebulizzata può essere usata per di-
sperdere i vapori infiammabili e proteggere le persone impegnate a fermare la perdita.

15
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Equipaggiamento: indossare un equipaggiamento completo con elmetto a visiera e pro-


tezione al collo, autorespiratore a pressione o domanda, giacca e pantaloni ignifughi,
con fasce intorno a braccia, gambe e vita.

9. Proprietà fisiche e chimiche

Stato fisico liquido


Colore giallo
Odore solvente
Punto ebollizione n.d.
Punto infiammabilità < 21 °C
Proprietà comburenti n.d.
Proprietà esplosive n.d.
Tensione di vapore n.d.
Solubilità insolubile in acqua, solubile in solventi organici
Viscosità n.d.
Densità rispetto aria n.d.
Peso specifico 20 °C 1.700 kg/l +/– 0,020
Residuo secco 59,09%
Percentuale elementi metallici 25,92%
Velocità di evaporazione n.d.
Coefficiente di ripartiz.
N-ottanolo/acqua n.d.

10. Stabilità e reattività


Il prodotto è stabile nelle normali condizioni di impiego e di stoccaggio. Per effetto del ca-
lore o in caso di incendio, si possono liberare ossidi di carbonio e vapori che possono
essere dannosi per la salute. I vapori possono formare miscele esplosive con l’aria. Il
solfocromato di piombo può dare reazioni esplosive con coloranti azoici (es. arancio di
nitroanilina). Forma miscele piroforiche con zolfo, esacianoferrato ferrico, ecc. A 850 °C
si decompone emettendo fumi tossici di ossidi di piombo. Il toluene presente è biodegra-
dabile in acqua e si degrada per effetto della luce solare. Il toluene reagisce con l’acido
solforico con sviluppo di calore. Il dicloropropano si decompone a contatto con fiamme o
superfici roventi dando vapori tossici di fosgene e corrosivi di acido cloridrico. Reagisce
con i metalli leggeri (alluminio, ecc.) con sviluppo di calore. L’acetone reagisce violente-
mente con cloroformio in ambiente basico con pericolo di incendio ed esplosione (rif.
Handling chaemicals safely)

16
Capitolo 2 – Gli agenti chimici pericolosi presenti nei cantieri

17
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

18
Capitolo 2 – Gli agenti chimici pericolosi presenti nei cantieri

Figura 2.2 – Esempio di etichettatura per alcool

Figura 2.3 – Simboli per sostanze comburenti (O), infiammabili (F+, F) ed e-


splosive (E)

19
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 2.4 – Pittogrammi e classi di pericolo

Tabella 2.1 – Frasi “R”

R FRASE

R1 Esplosivo allo stato secco.

R2 Rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgenti d'ignizione.

Elevato rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgenti d'igni-
R3
zione.

R4 Forma composti metallici esplosivi molto sensibili.

R5 Pericolo di esplosione per riscaldamento.

R6 Esplosivo a contatto o senza contatto con l'aria.

R7 Può provocare incendio.

R8 Può provocare l'accensione di materie combustibili.

R9 Esplosivo in miscela con materie combustibili.

R10 Infiammabile.

20
Capitolo 2 – Gli agenti chimici pericolosi presenti nei cantieri

R11 Facilmente infiammabile.

R12 Estremamente infiammabile.

R14 Reagisce violentemente con l'acqua.

R15 A contatto con l'acqua libera gas facilmente infiammabili.

R16 Pericolo di esplosione se mescolato con sostanze comburenti.

R17 Spontaneamente infiammabile all'aria.

R18 Durante l'uso può formare con aria miscele esplosive/infiammabili.

R19 Può formare perossidi esplosivi.

R20 Nocivo per inalazione.

R21 Nocivo a contatto con la pelle.

R22 Nocivo per ingestione.

R23 Tossico per inalazione.

R24 Tossico a contatto con la pelle.

R25 Tossico per ingestione.

R26 Molto tossico per inalazione.

R27 Molto tossico a contatto con la pelle.

R28 Molto tossico per ingestione.

R29 A contatto con l'acqua libera gas tossici.

R30 Può divenire facilmente infiammabile durante l'uso.

R31 A contatto con acidi libera gas tossico.

R32 A contatto con acidi libera gas molto tossico.

R33 Pericolo di effetti cumulativi.

R34 Provoca ustioni.

R35 Provoca gravi ustioni.

R36 Irritante per gli occhi.

R37 Irritante per le vie respiratorie.

21
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

R38 Irritante per la pelle.

R39 Pericolo di effetti irreversibili molto gravi.

R40 Possibilità di effetti irreversibili.

R41 Rischio di gravi lesioni oculari.

R42 Può provocare sensibilizzazione per inalazione.

R43 Può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle.

R44 Rischio di esplosione per riscaldamento in ambiente confinato.

R45 Può provocare il cancro.

R46 Può provocare alterazioni genetiche ereditarie.

R48 Pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata.

R49 Può provocare il cancro per inalazione.

R50 Altamente tossico per gli organismi acquatici.

R51 Tossico per gli organismi acquatici.

R52 Nocivo per gli organismi acquatici.

R53 Può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico.

R54 Tossico per la flora.

R55 Tossico per la fauna.

R56 Tossico per gli organismi del terreno.

R57 Tossico per le api.

R58 Può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente.

R59 Pericoloso per lo strato di ozono.

R60 Può ridurre la fertilità.

R61 Può danneggiare i bambini non ancora nati.

R62 Possibile rischio di ridotta fertilità.

R63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati.

R64 Possibile rischio per i bambini allattati al seno.

22
Capitolo 2 – Gli agenti chimici pericolosi presenti nei cantieri

R65 Nocivo: può causare danni ai polmoni in caso di ingestione.

R66 L'esposizione ripetuta può provocare secchezza e screpolature della pelle.

R67 L'inalazione dei vapori può provocare sonnolenza e vertigini.

R68 Possibilità di effetti irreversibili.

Tabella 2.2 – Indicazioni di pericolo e consigli di prudenza

Indicazioni di pericolo (H) Consigli di prudenza (P)

P1. Carattere generale


H2. Pericoli chimico-fisici P2. Prevenzione
H3. Pericoli per la salute P3. Reazione
H4. Pericoli per l’ambiente P4. Conservazione
P5. Smaltimento

23
Capitolo 3 – Cause e dinamiche degli incendi

Capitolo 3
CAUSE E DINAMICHE DEGLI INCENDI

Sommario: 1. Le principali cause degli incendi nei cantieri. – 2. La dinamica di un incendio. – Fi-
gure e Tabelle.

Abstract: Nel capitolo vengono descritte le cause che più frequentemente pro-
vocano un incendio nei cantieri: quella di tipo elettrico, termico, per la negligen-
za dei lavoratori, l’autocombustione e quella dolosa. Vengono poi illustrate le
quattro fasi di un incendio reale, dall’innesco fino alla sua estinzione.

1. Le principali cause degli incendi nei cantieri

L’innesco di un incendio può avvenire in modo diretto per mezzo di:


• una scintilla o un arco elettrico (cause elettriche);
• attrito/sfregamento di due materiali;
• una fiamma o un materiale incandescente;
• spontaneamente come risultato di un’azione chimica o catalitica.
L’ignizione può anche avvenire in modo indiretto, nel caso in cui si abbia
la trasmissione del calore da un ambiente dove è presente l’incendio a un altro.
Le principali cause elettriche di incendio sono:
• cortocircuito;
• sovraccarico;
• scariche elettrostatiche e atmosferiche;
• surriscaldamento dei cavi (da cause esterne);
• insufficiente raffreddamento delle apparecchiature elettriche;
• uso di lampade elettriche non idonee;
• isolamento imperfetto dei cavi, o degrado degli isolanti;
• collegamenti imperfetti, effettuati da persone non qualificate e non osser-
vando le norme di buona tecnica.
Nei cantieri è possibile l’innesco di un incendio di natura elettrica quando
si fa un uso scorretto delle prese a spina, si trascura lo stato di conservazione dei
cavi e delle prolunghe di alimentazione o non vi è un impianto elettrico “a rego-
la d’arte”, che va certificato da un elettricista abilitato.
Le cause termiche sono da attribuire principalmente a:
• scorretto uso di fiamme libere (per esempio quando si opera con il cannello
per operazioni di impermeabilizzazione con guaine bituminose) e di altri
apparecchi che generano calore (per esempio nelle lavorazioni di saldatura
o taglio) (v. Figura 3.1);

25
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

• scintille prodotte da attrezzature portatili (quali, per esempio, le mole a di-


sco) o da saldatura elettrica;
• utilizzo scorretto di impianti di riscaldamento portatili;
• limitata ventilazione di apparecchi di riscaldamento, motori, macchinari,
apparecchiature elettriche varie;
• anomalie causate da scarsa manutenzione o lubrificazione delle attrezzatu-
re.
La combustione spontanea o autocombustione avviene quando è sufficien-
te la temperatura ambientale affinché una sostanza combustibile si accenda; in
particolare si tratta di una reazione di ossidazione inizialmente lenta, con svi-
luppo e graduale accumulo di calore.
I fattori che influenzano l’autocombustione sono:
• la compattezza del materiale accatastato;
• la temperatura del locale di conservazione del materiale;
• la presenza di impurità (polveri) che possono fungere da catalizzatori;
• il volume del materiale accatastato.
Inoltre molti incendi sono causati dalla negligenza dei lavoratori per:
• l’innesco prodotto da una cicca di sigaretta o da un fiammifero gettati per
terra;
• l’inosservanza di regole basilari di prevenzione incendi, come l’utilizzo,
senza adeguate cautele, di bracieri di fortuna per il riscaldamento nelle sta-
gioni fredde;
• l’uso scorretto delle attrezzature.
Infine, la causa d’incendio forse più frequente nei cantieri è di natura dolo-
sa: le aree all’aperto, in particolare nelle zone di stoccaggio dei materiali, pos-
sono essere incendiate con relativa facilità da parte di malintenzionati.

2. La dinamica di un incendio

La dinamica di un incendio viene normalmente rappresentata in un dia-


gramma temperatura-tempo (v. Figura 3.2), che descrive qualitativamente
l’andamento della temperatura dal momento dell’innesco fino al completo spe-
gnimento dell’incendio, nella quale s’individuano quattro fasi:
• fase d’ignizione: in essa il processo di combustione è ancora instabile, e
dipende da diversi fattori, quali il tipo di combustibile e la sua geometria, la
ventilazione, la possibilità di propagazione della fiamma, ecc.;
• fase di propagazione: una volta stabilizzata la reazione di combustione, si
ha un rapido aumento dell’estensione dell’incendio, associato a un rapido
aumento della temperatura;

26
Capitolo 3 – Cause e dinamiche degli incendi

• fase dell’incendio generalizzato: quando la temperatura raggiunge il punto


critico, o flashover, vi è il coinvolgimento completo e contemporaneo di
tutto il materiale combustibile all’interno dello spazio. Questo particolare
momento è molto importante, in quanto rappresenta un gradino improvviso
nello sviluppo del fuoco, costituendo tra l’altro pericolo per le squadre e-
ventualmente impegnate nell’estinzione;
• fase di estinzione: il graduale esaurimento del combustibile determina la
riduzione del calore liberato dall’incendio, il quale diminuisce d’intensità,
con il conseguente decremento della temperatura, fino a giungere allo spe-
gnimento.

27
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figure e Tabelle

Figura 3.1 – Sorgente d’innesco per uso di fiamma ossidrica

Figura 3.2 – Dinamica di un incendio

28
Capitolo 4 – I prodotti della combustione

Capitolo 4
I PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE

Sommario: 1. Gas di combustione, fiamme, fumo e calore. – 2. I rischi per l’uomo in caso di in-
cendio. – Figure e Tabelle.

Abstract: Il capitolo descrive i principali effetti dell’incendio sull’uomo, partendo


dall’analisi dei prodotti della combustione: gas, fiamme, fumo e calore.

1. Gas di combustione, fiamme, fumo e calore

I prodotti della combustione liberati da un incendio sono principalmente di


quattro tipi: gas, fiamme, fumo e calore.
La produzione dei gas combusti dipende dal tipo di combustibile, dalla
percentuale di ossigeno presente e dalla temperatura raggiunta dall’incendio.
I principali gas liberati dalla combustione sono:
• ossido di carbonio (CO);
• anidride solforosa (SO2);
• acido cloridrico (HCl);
• acroleina (aldeide acrilica) (C3H4O);
• anidride carbonica (CO2);
• ammoniaca (NH3);
• biossido di azoto (NO2);
• fosgene (COCl2);
• diossido di zolfo (SO2);
• acido cianidrico (HCN).
Le fiamme sono l’effetto visibile conseguente alla combustione dei gas e
vapori sviluppati nell’incendio che emettono luce, il cui colore dipende dalla
temperatura raggiunta, e varia dal rosso vivo (a circa 500 °C) al bianco abba-
gliante (a circa 1500 °C).
Il fumo è una sospensione in aria di particelle solide (aerosol) e liquide (nebbie
o vapori condensati), quali particelle di carbonio, catrami, ecc. Le particelle so-
lide rendono il fumo di colore scuro, quelle liquide sono principalmente formate
da vapor d’acqua che condensando dà un colore bianco al fumo.
Il calore è la causa principale della propagazione degli incendi: realizza
l’aumento di temperatura di tutti i materiali e i corpi esposti, provocandone il
danneggiamento fino alla distruzione.

29
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

2. I rischi per l’uomo in caso di incendio

Il rischio maggiore negli incendi è dovuto all’inalazione dei gas di combu-


stione: nella stragrande maggioranza dei casi, la mortalità per incendio è dovuta
all’inalazione di questi gas che producono danni biologici per tossicità o per a-
sfissia (carenza di ossigeno) (v. Tabelle 4.1 e 4.2).
Gas nocivi prodotti della combustione di materiali frequentemente presenti
nei cantieri sono elencati di seguito.
• Monossido di carbonio (CO): è il più comune, in quanto è contenuto nella
maggior parte dei materiali combustibili. È particolarmente insidioso, poi-
ché si presenta come un gas inodore, incolore e insapore e quindi l’uomo
non è in grado di avvertirne la presenza nell’ambiente. Quando viene inala-
to, il gas si combina con il sangue formando la carbossiemoglobina, che al-
tera il meccanismo di trasporto dell’ossigeno ai tessuti da parte del sangue.
L’esposizione in ambienti contenenti l’1,3% di monossido di carbonio pro-
duce l’incoscienza quasi istantaneamente e determina la morte dopo pochi
minuti. La percentuale dello 0,15% per un’ora o dello 0,05% per tre ore
può risultare mortale. La percentuale dello 0,4% è fatale in meno di un’ora.
• Idrogeno solforato (H2S): si forma durante la combustione di sostanze
contenenti zolfo (gomma, materie plastiche, ecc.). È un gas incolore, di o-
dore pungente (caratteristico delle uova marce), irritante per le mucose e gli
occhi, altamente corrosivo. Per esposizioni di lunga durata e per concentra-
zioni superiori allo 0,1% provoca blocco respiratorio. Concentrazioni dello
0,15% sono mortali in pochi minuti.
• Acido cianidrico (HCN): si forma nella combustione o decomposizione
termica di materie plastiche, resine acriliche, poliammidiche, poliuretaniche
e del nylon. È un gas incolore dal caratteristico odore di mandorle amare.
Agisce molto velocemente e a parità di aria inalata ha un potere tossico di
circa 25 volte maggiore del monossido di carbonio (alla concentrazione
dello 0,3% è già considerato mortale); assorbito sia per via inalatoria che
per via cutanea, inibisce la respirazione a livello cellulare.
• Fosgene (COCl2): si forma nella combustione delle plastiche contenenti
cloro ed è estremamente tossico per l’uomo, che può subire il decesso a
percentuali molto basse.
• Acido cloridrico (HCl): è un prodotto della combustione derivante dalla
fusione di materiali plastici (contenenti cloruro di polivinile) e dall’odore
pungente. È tossico, provoca irritazioni alla pelle, alle vie respiratorie e
bruciore agli occhi.
Il fumo è il maggiore responsabile, con i gas tossici, della morte di persone
in un incendio: provoca una diminuzione del tenore di ossigeno nell’ambiente di
riferimento, con progressiva difficoltà di respirazione, collasso e morte. Inoltre,

30
Capitolo 4 – I prodotti della combustione

a causa del suo colore scuro, impedisce la visibilità, ostacolando l’intervento dei
soccorritori e la fuga delle persone.
Per avere un’idea dell’effetto della carenza di ossigeno nell’organismo, si
deve considerare che l’aria inspirata in condizioni normali contiene circa il 21%
di ossigeno (O2), quella espirata ha ancora il 16% di ossigeno e circa il 4% di
anidride carbonica (CO2). In un ambiente contenente una percentuale di ossige-
no compreso tra il 10% e il 15%, l’uomo riesce a malapena a rimanere coscien-
te, tra il 6% e il 10% può subire un collasso, al di sotto del 6% si prevede il suo
decesso per asfissia.
Quindi anche l’anidride carbonica, che non è tossica, può diventare letale
per asfissia, se respirata per qualche minuto a concentrazioni superiori al 10%.
Le fiamme e il calore possono provocare:
• danni alle persone: ustioni, disidratazione, blocco respiratorio, arresto car-
diaco, temperature insopportabili (ipertermia);
• danni alle strutture: degradazione generale, dilatazione termica, crollo.

31
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figure e Tabelle

Tabella 4.1 – Esempi di gas combusti tossici

Prodotti della combustione Prodotti della combustione


Sostanza
tossici molto tossici
CO – CO2 – HCl – Benzene – To-
PVC HCl – CO
luene

Poliammidi CO – CO2 – HCN HCN – CO

CO – CO2 – HCN – HCl (per i


Poliesteri HCN – CO
materiali clorurati)
Resine feno-
CO – CO2 – Fenolo e derivati CO – Fenolo
liche

Poliacrilici CO – CO2 – Metacrilato di metile CO – Metacrilato di metile

CO – CO2 – Toluene – Stirene –


Polistirene CO – Idrocarburi aromatici
Benzene – Idrocarburi aromatici
Legno e de-
CO – CO2 CO
rivati

Lana CO – CO2 – HCN CO – HCN

Tabella 4.2 – Effetti sull’uomo dell’inalazione di alcune sostanze

5 minuti 30 minuti
GAS
Inabilità Morte Inabilità Morte

CO [ppm] (*) 6000-8000 12.000–16.000 1400-1700 2500-4000

HCN [ppm] 150-200 250-400 90-120 170-230

HCl [ppm] – 12.000-15.000 – 2000-4000


(*) ppm: parti per milione

32
Capitolo 5 – Le sostanze estinguenti

Capitolo 5
LE SOSTANZE ESTINGUENTI

Sommario: 1. Azioni di separazione, soffocamento, raffreddamento, inibizione chimica.


– 2. L’acqua, la schiuma, le polveri chimiche, l’anidride carbonica e altri estinguenti “di fortuna”.

Abstract: Nel capitolo vengono analizzati i principali agenti estinguenti, il campo


di utilizzo e le controindicazioni.

1. Azioni di separazione, soffocamento, raffreddamento, inibizione


chimica

Per ottenere l’estinzione dell’incendio, occorre interrompere la reazione di


combustione, eliminando almeno uno dei tre fattori che formano il “triangolo
del fuoco”, indispensabili alla sua esistenza: combustione, comburente o tempe-
ratura superiore a quella di accensione del combustibile (cfr. Capitolo 1).
L’esclusione di uno dei tre fattori può avvenire tramite le seguenti azioni:
• separazione;
• soffocamento;
• raffreddamento;
• inibizione chimica o anticatalitica.
L’azione di separazione consiste nell’allontanamento del combustibile non
ancora incendiato da quello già interessato dal fuoco. Per ottenere questa sepa-
razione si possono impiegare ripari, barriere non infiammabili, forti getti
d’acqua oppure si può rimuovere con mezzi meccanici il combustibile non an-
cora incendiato.
L’azione di soffocamento corrisponde alla sottrazione del comburente
(l’ossigeno contenuto nell’aria) alla combustione, mediante applicazione di
mezzi incombustibili (coperte antifiamma) oppure sostituendo l’atmosfera pre-
sente (avente ossigeno) con gas inerti e privi di ossigeno, come l’anidride car-
bonica (CO2), l’azoto (N2), ecc.
L’azione di raffreddamento consiste nella riduzione della temperatura del
materiale combustibile al di sotto del valore di accensione. Il raffreddamento si
esercita applicando alla zona dell’incendio sostanze che riscaldandosi – e anche
trasformandosi – assorbono grandi quantità di energia, che viene di fatto sottrat-
ta alla reazione combustiva.
L’azione di inibizione chimica (o anticatalitica) prevede l’intervento sulla
reazione di combustione con speciali sostanze capaci di arrestare il processo di
combustione. Questa particolare caratteristica è posseduta dai composti aloge-

33
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

nati (Halon), che inibiscono la capacità di combinazione tra gli elementi del
combustibile (idrogeno, carbonio, ecc.) e l’ossigeno1.

2. L’acqua, la schiuma, le polveri chimiche, l’anidride carbonica e altri


estinguenti “di fortuna”

Le sostanze che permettono le azioni di estinzione descritte nel paragrafo


precedente sono:
• l’acqua;
• la schiuma;
• le polveri chimiche;
• l’anidride carbonica.
L’acqua è l’estinguente più diffuso e normalmente è facilmente disponibi-
le. Nei cantieri può essere reperibile dall’impianto idrico o contenuto in reci-
pienti di diverse forme.
La sua azione di spegnimento avviene per:
• raffreddamento, in quanto sottrae calore al fuoco nel processo di evapora-
zione;
• azione meccanica di separazione, tramite la pressione del getto pieno;
• riduzione della concentrazione di ossigeno e diluizione del combustibile.
È molto efficace su fuochi di classe A, mentre è da evitare su:
• apparecchiature elettriche in tensione (classe E), in quanto, essendo un
buon conduttore elettrico, può produrre una folgorazione sull’utilizzatore;
• metalli e polveri particolarmente reattive con l’acqua in modo esplosivo
(classe D);
• liquidi infiammabili (classe B) aventi densità minore dell’acqua;
• sostanze chimiche reattive in presenza di acqua come il fluoro, il cloro,
ecc.;
• prodotti e apparecchiature che potrebbero essere gravemente danneggiati.
La schiuma è costituita da una soluzione di acqua opportunamente areata e
da liquido schiumogeno (tensioattivo).
L’azione estinguente della schiuma si esplica per azione meccanica di sepa-
razione del combustibile dal comburente, di soffocamento e, in misura minore,
per raffreddamento (azione endogena).
Si può usare sui fuochi di classe A, ma l’ideale è su quelli di classe B (in-
cendi in recipienti, serbatoi aperti, ecc.). La tipica applicazione della schiuma è

1
Allo stato attuale, con il D.M. 3 ottobre 2001 l’Halon è escluso dall’uso corrente in quanto giu-
dicato responsabile di inquinamento e disturbo atmosferico (buco dell’ozono). Il divieto non si applica
nel settore aereo, militare e sulle piattaforme petrolifere.

34
Capitolo 5 – Le sostanze estinguenti

sulle benzine, in quanto, risultando più leggera della soluzione acquosa da cui
deriva e di tutti i liquidi combustibili, galleggia sulla loro superficie formando
una coltre continua impermeabile ai vapori, che separa il combustibile dal com-
burente.
La schiuma è normalmente sconsigliata su fuochi di classe D, e ovviamente
su quelli di classe E, in quanto contengono una certa percentuale di acqua che
conduce elettricità.
Le polveri chimiche sono costituite da particelle solide finemente suddivi-
se, quali il bicarbonato di sodio o di potassio, il solfato di ammonio, il cloruro di
potassio, ecc.
Le polveri producono principalmente gli effetti di soffocamento e raffred-
damento; si usano normalmente su materiali che non possono essere bagnati e
per estinguere apparecchiature in tensione, risultando normalmente dielettriche.
Si sconsiglia l’uso delle polveri su impianti elettronici delicati, in quanto le
particelle di fine granulometria potrebbero danneggiarne i componenti.
Le polveri possono essere:
• chimiche bivalenti (per fuochi di classe B e C);
• chimiche polivalenti (per fuochi di classe A, B e C);
• speciali o inerti (per fuochi di classe D).
L’anidride carbonica (CO2) esplica la sua azione estinguente principal-
mente per soffocamento, in quanto riduce la concentrazione dell’ossigeno
nell’aria passando dallo stato liquido a quello aeriforme e, in misura minore, per
raffreddamento.
La CO2 è indicata essenzialmente per fuochi di liquidi (classe B), di gas
(classe C) e, a causa della sua bassa conduttività, su apparecchiature elettriche
sotto tensione.
È controindicata su:
• materiali contenenti l’ossigeno necessario per la combustione (celluloide);
• fuochi di metalli (sodio, potassio, magnesio, zirconio, ecc.);
• apparecchiature e prodotti particolarmente sensibili alle brusche variazioni
di temperatura.
Nei cantieri edili, oltre agli estintori a polvere, a CO2 e agli idranti (cfr. Ca-
pitolo 8), è possibile, in casi di particolare urgenza, trovare estinguenti “di for-
tuna”, come:
• l’acqua, facilmente reperibile poiché usata in diverse fasi lavorative, effica-
ce sui fuochi di classe A;
• la sabbia, normalmente presente nei cantieri, utilizzabile per spegnere un
principio d’incendio agendo per soffocamento;
• teli o altri materiali aventi una discreta superficie, utilizzabili per soffocare
un piccolo incendio.

35
Capitolo 6 – La prevenzione incendi

Capitolo 6
LA PREVENZIONE INCENDI

Sommario: 1. Cenni alla normativa vigente riguardante la prevenzione incendi. – 2. La valutazio-


ne del rischio di incendio. – 3. Esempi di classificazione di rischio nei cantieri. – Figure e Tabelle.

Abstract: Nel capitolo viene illustrata la principale normativa vigente applicabile


alla sicurezza antincendio, all’interno della quale viene stabilito l’obbligo di effet-
tuare una valutazione del rischio incendio. Per questa valutazione è indicata
una procedura per effettuarla e alcuni esempi di classificazioni di rischio per i
cantieri.

1. Cenni alla normativa vigente riguardante la prevenzione incendi

La prevenzione incendi è una materia di rilevanza interdisciplinare nel cui


ambito vengono promossi, studiati, predisposti e sperimentati misure, provve-
dimenti, accorgimenti e modi di azione tesi a evitare, secondo le norme emanate
dagli organi competenti, l’insorgenza di un incendio e a limitarne le conseguen-
ze.
Attualmente in Italia non vi sono norme di legge o codici di comportamen-
to specifici per la prevenzione incendi in cantiere; analizzando la normativa vi-
gente, tuttavia, si possono individuare molteplici adempimenti in carico a diver-
si soggetti della prevenzione nei cantieri, in particolare ai datori di lavoro, ai
coordinatori per la sicurezza e, ovviamente, agli addetti antincendio.
I testi normativi di riferimento oggi in vigore sono il D.Lgs. 9 aprile 2008,
n. 81 e s.m.i., il D.M. 10 marzo 1998, il D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37 e il D.M.
16 febbraio 1982, dei quali si indicano di seguito le informazioni più interessan-
ti per un addetto antincendio.
D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.
Art. 15 (Misure generali di tutela)
“1. Le misure generali di tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori
nei luoghi di lavoro sono:
[…]
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta an-
tincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato...”.
Art. 18 (Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto)
“1. Il datore di lavoro, […] e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stes-
se attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
[…]

37
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle


misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori
in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, co-
munque, di gestione dell’emergenza;
[…]
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e
dell’evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e immedia-
to […]. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle dimen-
sioni dell’azienda o dell’unità produttiva, e al numero delle persone presenti”.
Art. 43 (Disposizioni generali)
“1. Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 18, comma 1, lettera t), il datore
di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia
di primo soccorso, salvataggio lotta antincendio e gestione dell’emergenza;
[…]
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave
ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché
i lavoratori, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato,
possano cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando imme-
diatamente il luogo di lavoro;
e) adotta i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di
pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre perso-
ne e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa
prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo
conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
e-bis) garantisce la presenza di mezzi di estinzione idonei alla classe di in-
cendio ed al livello di rischio presenti sul luogo di lavoro, tenendo anche conto
delle particolari condizioni in cui possono essere usati. L’obbligo si applica an-
che agli impianti di estinzione fissi, manuali o automatici, individuati in rela-
zione alla valutazione dei rischi”.
Il D.M. 10 marzo 1998, “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la
gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”, stabilisce i criteri per la valuta-
zione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro e indica le misure di prevenzio-
ne e di protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l’insorgenza di un
incendio e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi.
Il D.P.R. n. 37/1998, “Regolamento recante disciplina dei procedimenti di
prevenzione incendi”, stabilisce le procedure relative a (v. Figura 6.1):
• parere di conformità;
• certificato di prevenzione incendi (CPI);
• rinnovo CPI;

38
Capitolo 6 – La prevenzione incendi

• deroga;
• nulla osta provvisorio.
Il D.M. 16 febbraio 1982 riporta 97 attività soggette ai controlli di preven-
zione incendi dei Vigili del Fuoco, che quindi richiedono l’iter indicato nello
schema precedente. Anche nei cantieri edili possono essere presenti alcune atti-
vità soggette (v. Tabella 6.1).

2. La valutazione del rischio di incendio

La valutazione del rischio di incendio è un procedimento di valutazione


dei rischi che deriva dalla probabilità di raggiungimento del livello potenziale di
accadimento di un incendio e del verificarsi di conseguenze indesiderate provo-
cate dall’incendio sulle persone presenti.
Normalmente l’entità del rischio incendio è calcolata applicando la formu-
la:
R=FxM
dove:
• R: entità del rischio di incendio;
• F: probabilità di accadimento dell’incendio (o “frequenza”);
• M: gravità del danno conseguente all’incendio (o “magnitudo”).
Tale valutazione deve consentire al datore di lavoro di prendere i provve-
dimenti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza dei la-
voratori e delle altre persone presenti nel luogo di lavoro.
La valutazione dei rischi di incendio si articola nelle seguenti fasi:
a) individuazione di ogni pericolo di incendio (per esempio sostanze facilmen-
te combustibili e infiammabili, sorgenti di innesco, situazioni che possono
determinare la facile propagazione dell’incendio);
b) individuazione dei lavoratori e di altre persone presenti nel luogo di lavoro
esposte a rischi di incendio;
c) eliminazione o riduzione dei pericoli di incendio;
d) valutazione del rischio residuo di incendio;
e) verifica dell’adeguatezza delle misure di sicurezza esistenti, ovvero indivi-
duazione di eventuali ulteriori provvedimenti e misure necessarie a elimina-
re o ridurre i rischi residui di incendio.
I pericoli d’incendio derivano dalla presenza di:
• materiali combustibili e/o infiammabili. I materiali combustibili, se sono
in quantità limitata, correttamente manipolati e depositati in sicurezza, pos-
sono non costituire oggetto di particolare valutazione. Alcuni materiali pre-
senti nei luoghi di lavoro costituiscono pericolo potenziale, poiché sono fa-

39
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

cilmente combustibili o infiammabili o possono facilitare il rapido sviluppo


di un incendio;
• sorgenti di innesco. Nei luoghi di lavoro possono essere presenti anche
sorgenti di innesco e fonti di calore che costituiscono cause potenziali di
incendio o che possono favorire la propagazione di un incendio. Tali fonti,
in alcuni casi, possono essere di immediata identificazione, mentre, in altri
casi, possono essere conseguenza di difetti meccanici o elettrici;
Nelle situazioni in cui si verifica che nessuna persona sia particolarmente
esposta a rischio, in particolare per i piccoli luoghi di lavoro, occorre solamente
seguire i criteri generali finalizzati a garantire per chiunque un’adeguata sicu-
rezza antincendio. Occorre tuttavia considerare attentamente i casi in cui una o
più persone siano esposte a rischi particolari in caso di incendio, a causa della
loro specifica funzione o per il tipo di attività nel luogo di lavoro.
Per ciascun pericolo di incendio identificato, è necessario valutare se esso
possa essere eliminato, ridotto, sostituito con alternative più sicure oppure sepa-
rato o protetto dalle altre parti del luogo di lavoro, tenendo presenti il livello
globale di rischio per la vita delle persone e le esigenze per la corretta condu-
zione dell’attività.
Le attività svolte per eliminare o per lo meno ridurre al minimo il rischio
“R” sono di tipo:
• preventivo, per ridurre il fattore “F”;
• protettivo, per ridurre il fattore “M”.
Le misure preventive che permettono di ridurre la probabilità di accadi-
mento di un incendio comportano la diminuzione dei pericoli causati dalla pre-
senza di materiali e sostanze infiammabili e/o combustibili e dalle sorgenti di
calore.
Per ridurre i pericoli causati da materiali e sostanze infiammabili e/o com-
bustibili si possono adottare una o più delle seguenti azioni:
• rimozione o significativa riduzione dei materiali facilmente combustibili e
altamente infiammabili;
• sostituzione dei materiali pericolosi con altri meno pericolosi;
• immagazzinamento dei materiali infiammabili in ambienti adeguati e, dove
praticabile, conservazione della scorta per l’uso giornaliero in contenitori
appositi;
• miglioramento del controllo del luogo di lavoro e provvedimenti per l’eli-
minazione dei rifiuti e degli scarti.
Per ridurre i pericoli causati da sorgenti di calore si possono adottare uno o
più dei seguenti provvedimenti:
• rimozione delle sorgenti di calore non necessarie o loro sostituzione con al-
tre più sicure;

40
Capitolo 6 – La prevenzione incendi

• controllo dell’utilizzo dei generatori di calore e degli altri impian-


ti/attrezzature a rischio specifico, secondo le istruzioni dei costruttori e le
regole di buona tecnica (norme UNI);
• installazione e mantenimento in efficienza dei dispositivi di protezione;
• controllo della conformità degli impianti elettrici alla regola d’arte (rispon-
denti quindi alle norme tecniche CEI);
• controllo relativo alla corretta manutenzione di apparecchiature elettriche e
meccaniche;
• divieto dell’uso di fiamme libere nelle aree ad alto rischio.
Sulla base della valutazione dei rischi è possibile classificare il livello di ri-
schio di incendio dell’intero luogo di lavoro o di ogni parte di esso: tale livello
può essere basso, medio o elevato (v. Figura 6.2).

3. Esempi di classificazione di rischio nei cantieri

Per avere un’idea se l’attività in corso nel cantiere o nell’azienda sia classi-
ficabile a rischio di incendio basso, medio o elevato, si riportano di seguito al-
cuni esempi.
Rientrano nella categoria di attività a rischio basso quelle non classificabili
a rischio medio ed elevato e dove, in generale, sono presenti sostanze scarsa-
mente infiammabili, dove le condizioni di esercizio offrono scarsa possibilità di
sviluppo di focolai e dove non sussistono probabilità di propagazione delle
fiamme.
Si intendono a rischio medio di incendio i luoghi di lavoro, o parte di essi,
in cui sono presenti sostanze infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio
che possono favorire lo sviluppo di incendi, ma nei quali, in caso di incendio, la
probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata.
A titolo esemplificativo e non esaustivo rientrano nella categoria di attività
a rischio medio di incendio:
• i luoghi di lavoro compresi nell’allegato al D.M. 16 febbraio 1982 e nelle
tabelle A e B annesse al D.P.R. 26 maggio 1959, n. 689, con esclusione
delle attività considerate a rischio elevato;
• i cantieri temporanei e mobili dove si detengono e impiegano sostanze in-
fiammabili e si fa uso di fiamme libere, esclusi quelli interamente all’aper-
to.
Tra i luoghi di lavoro compresi nell’allegato al D.M. 16 febbraio 1982 e
nelle tabelle A e B annesse al D.P.R. n. 689/1959, e quindi soggetti alle visite e
ai controlli di prevenzione incendi, si possono citare:

41
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

• gli stabilimenti e gli impianti dove si producono, impiegano o detengono


vernici, inchiostri e lacche infiammabili e/o combustibili con quantitativi
globali in ciclo e/o in deposito superiori a 500 kg;
• i depositi di legnami da costruzione e da lavorazione, di legna da ardere, di
paglia, di fieno, di canne, di fascine, di carbone vegetale e minerale, di car-
bonella, di sughero e altri prodotti affini, esclusi i depositi all’aperto con di-
stanze di sicurezza esterne non inferiori a 100 m misurate secondo le dispo-
sizioni di cui al punto 2.1 del D.M. 30 novembre 1983: da 500 q.li;
• gli impianti per la produzione del calore alimentati a combustibile solido,
liquido o gassoso con potenzialità superiore a 100.000 kcal/h.
Sono infine da considerarsi attività a rischio elevato di incendio i luoghi di
lavoro o parte di essi in cui, per la presenza di sostanze altamente infiammabili
e/o per le condizioni locali e/o di esercizio, sussistono notevoli probabilità di
sviluppo di incendi e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propaga-
zione delle fiamme, oppure non è possibile la classificazione come luogo a ri-
schio di incendio basso o medio. Tali luoghi comprendono:
• aree dove i processi lavorativi comportano l’utilizzo di sostanze altamente
infiammabili (per esempio impianti di verniciatura), o di fiamme libere, o la
produzione di notevole calore in presenza di materiali combustibili;
• aree dove c’è deposito o manipolazione di sostanze chimiche che possono,
in determinate circostanze, produrre reazioni esotermiche, emanare gas o
vapori infiammabili o reagire con altre sostanze combustibili;
• aree dove c’è una notevole quantità di materiali combustibili facilmente in-
cendiabili;
• fabbriche e depositi di esplosivi;
• cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzio-
ne e riparazione di gallerie, caverne, pozzi e opere simili di lunghezza supe-
riore a 50 m;
• cantieri temporanei o mobili dove si impiegano esplosivi.
Nella Tabella 6.2 sono riportati esempi di aree di lavoro che presentano un
rischio d’incendio specifico nei cantieri.

42
Capitolo 6 – La prevenzione incendi

Figure e Tabelle

Figura 6.1 – Procedura per il rilascio del CPI

43
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 6.2 – Schema di valutazione rischio di incendio

44
Capitolo 6 – La prevenzione incendi

Tabella 6.1 – Esempi di attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco nei
cantieri

N. attività Descrizione attività

Officine e laboratori con saldatura e taglio dei metalli utilizzanti gas combu-
8
stibili e/o comburenti, con oltre cinque addetti
Stabilimenti e impianti ove si producono e/o impiegano liquidi infiammabili
12 (punto di infiammabilità a 65 °C) con quantitativi globali in ciclo e/o in deposi-
to superiore a 0,5 m3
Stabilimenti e impianti ove si producono e/o impiegano liquidi combustibili
13 con punto di infiammabilità da 65 °C a 125 °C, per quantitativi globali in ciclo
o in deposito superiori a 0,5 m3
Depositi di liquidi infiammabili e/o combustibili:
a) per uso industriale o artigianale, con capacità geometrica complessiva da
15 0,5 a 25 m3
b) per uso industriale o artigianale o agricolo o privato, con capacità geome-
trica complessiva superiore a 25 m3
Depositi e/o rivendite di oli lubrificanti, di oli diatermici e simili per capacità
17 3
superiore a 1 m
Impianti fissi di distribuzione di benzina, gasolio e miscele per autotrazione a
18
uso pubblico e privato con o senza stazione di servizio
Depositi e/o rivendite di vernici, inchiostri e lacche infiammabili e/o combu-
20
stibili con quantitativi oltre 500 kg
Officine o laboratori per la verniciatura con vernici infiammabili e/o combusti-
21
bili con oltre cinque addetti
Depositi di legnami da costruzione e da lavorazione, di legna da ardere, di
46 paglia, di fieno, di canne, di fascine, di carbone vegetale e minerale, di car-
bonella, di sughero e altri prodotti affini con oltre 500 q

58 Depositi di manufatti in plastica con oltre 50 q

Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endoter-


64
mici di potenza complessiva superiore a 25 kw
Impianti per la produzione del calore alimentati a combustibile solido, liquido
91
o gassoso con potenzialità superiore a 100.000 kcal/h

45
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Tabella 6.2 – Esempi di aree e lavorazioni a rischio specifico d’incendio nei


cantieri

Depositi e magazzini di combustibili solidi, liquidi (per esempio, gasolio con distributore
per il rifornimento dei veicoli) e gassosi (per esempio, bombole di acetilene e bottiglie di
G.P.L.)
Depositi di materiali esplosivi
Depositi di materiali solidi facilmente combustibili (pneumatici, guaine bituminose, isolan-
ti termici, tubazioni plastiche, ecc.)
Depositi di legname da costruzione, di finitura, materiali di finitura, di rivestimento, ecc.
Depositi di materiali di risulta (imballi in legno, in cartone, in materiale plastico, ritagli di
moquette, ecc.)
Falegnameria
Depositi di vernici e liquidi infiammabili in genere
Depositi di bitume
Gruppi elettrogeni
Locali chiusi ove vengono usati solventi e/o vernici
Lavorazioni effettuate in ambienti confinati con potenziale presenza di gas (cisterne,
pozzetti, ecc.)
Lavorazioni di saldatura e/o taglio ossiacetilenico, uso di fiamma ossidrica, saldatura e-
lettrica

46
Capitolo 7 – La protezione antincendio

Capitolo 7
LA PROTEZIONE ANTINCENDIO

Sommario: 1. Le protezioni passive. – 2. Le protezioni attive. – Figure e Tabelle.

Abstract: La protezione antincendio consiste nella dotazione di misure idonee al


contenimento dei danni prodotti da un incendio e può essere passiva (o statica)
oppure attiva. Nel capitolo vengono descritte queste due tipologie di protezione.

1. Le protezioni passive

Le protezioni passive sono le misure di protezione che non richiedono


l’attivazione di un operatore o di un impianto e sono costituite dall’insieme del-
le caratteristiche strutturali-funzionali degli ambienti a rischio di incendio, pre-
disposte a misura preventiva per la salvaguardia delle persone in caso di incen-
dio o per confinarne la propagazione.
La protezione passiva si persegue già in fase di progettazione:
• attraverso la riduzione del carico di incendio;
• scegliendo materiali dotati di particolari comportamenti al fuoco;
• attuando un’opportuna compartimentazione dei locali;
• prevedendo vie di esodo e luoghi sicuri per l’evacuazione e la successiva
raccolta del personale;
• rispettando le distanze di sicurezza per impedire la propagazione
dell’incendio verso altri luoghi.
Il “carico d’incendio” è il potenziale termico netto della totalità dei mate-
riali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi
della partecipazione alla combustione dei singoli materiali. Il carico di incendio
è espresso in MJ. Convenzionalmente, 1 MJ è assunto pari a 0,054 kg di legna
equivalente.
Il comportamento al fuoco è l’insieme delle trasformazioni fisiche e chi-
miche che subisce un materiale o un elemento da costruzione, sottoposto
all’azione del fuoco. Il comportamento al fuoco comprende:
• la reazione al fuoco dei materiali;
• la resistenza al fuoco delle strutture.
La “reazione al fuoco” dei materiali rappresenta il contributo che un mate-
riale può dare all’entità e alla propagazione dell’incendio. È il grado di parteci-
pazione di un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto.

47
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

In relazione a ciò, il D.M. 26 giugno 1984 ha definito per i materiali sei


classi di reazione al fuoco – 0, 1, 2, 3, 4, 5 – in base all’aumento della loro par-
tecipazione alla combustione. Quelli di classe 0 sono non combustibili.
Successivamente, per la necessità di recepire il sistema europeo di classifi-
cazione di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione, è stata prescritta la nuo-
va classificazione dai D.M. 15 maggio 2005 e D.M. 25 ottobre 2007 (v. Tabella
7.1).
La “resistenza al fuoco” delle strutture è una delle fondamentali strategie
di protezione da perseguire per garantire un adeguato livello di sicurezza della
costruzione in condizioni di incendio. Essa riguarda la capacità portante in caso
di incendio per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento
strutturale, nonché la capacità di compartimentazione rispetto all’incendio per
gli elementi di separazione sia strutturali, come muri e solai, sia non strutturali,
come porte e tramezzi. In termini numerici rappresenta l’intervallo di tempo,
espresso in minuti primi, durante il quale l’elemento costruttivo sottoposto a un
incendio mantiene i requisiti progettuali richiesti (v. Tabella 7.2).
I simboli più noti indicano:
• “R”: capacità portante, l’attitudine di un elemento da costruzione a con-
servare la resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco;
• “E”: tenuta, l’attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passa-
re né produrre, se sottoposto all’azione del fuoco su un lato, fiamme, vapori
o gas caldi sul lato non esposto;
• “I”: isolamento, l’attitudine di un elemento da costruzione a ridurre, entro
un dato limite, la trasmissione del calore.
Un esempio di caratteristiche “EI” per murature in blocchi di laterizio è ri-
portato nella Figura 7.1.
Il “compartimento antincendio” è la parte della costruzione organizzata
per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da
elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato in-
tervallo di tempo, la capacità di compartimentazione.
La compartimentazione dei locali a maggior rischio di incendio consente di
confinare l’incendio entro una zona limitata, ritardandone la propagazione. La
compartimentazione delle vie di esodo consente un’evacuazione in sicurezza dei
lavoratori (v. Figura 7.2).
Si definisce “luogo sicuro” un luogo nel quale le persone sono da conside-
rarsi al sicuro dagli effetti determinati dall’incendio o da altre situazioni di e-
mergenza.
Una “via di esodo” è un percorso senza ostacoli al deflusso che consente
alle persone che occupano una postazione di lavoro di raggiungere un luogo si-
curo.

48
Capitolo 7 – La protezione antincendio

Un’“uscita di emergenza” è un passaggio che immette in un luogo sicuro.


Per percorrere le vie di fuga e per conoscere obblighi, divieti e ubicazione
delle attrezzature di intervento viene normalmente utilizzata una segnaletica di
sicurezza, comprendente cartelli segnaletici dotati di specifiche caratteristiche
di forma, colorazione, pittogrammi ed eventualmente messaggi specifici (v. Fi-
gura 7.3).

2. Le protezioni attive

Le protezioni attive sono date dall’insieme degli impianti e delle attrezza-


ture antincendio. Sono predisposte al fine di rivelare, segnalare ed estinguere un
principio d’incendio.
Tali protezioni sono di fondamentale importanza in quanto il tempo di in-
tervento sull’incendio deve precedere la propagazione dello stesso, affinché non
venga raggiunto il flashover. Infatti, quando le temperature sono sufficiente-
mente basse, l’incendio non si è ancora esteso a tutto il sistema ed è possibile
intervenire efficacemente limitando i danni (v. Figura 7.4).
Sono esempi di protezione attiva:
• gli estintori;
• gli impianti di spegnimento, sia manuali che automatici;
• gli impianti elettrici di sicurezza;
• l’illuminazione di emergenza;
• i sistemi di rivelazione e segnalazione di incendio;
• i sistemi di evacuazione di fumo e calore;
• la formazione e l’addestramento del personale.
Un impianto fisso di estinzione è un impianto antincendio formato da un
insieme di sistemi di alimentazione, di valvole, di condutture e di erogatori per
proiettare o scaricare un idoneo agente estinguente su una zona d’incendio. La
sua attivazione e il suo funzionamento possono essere automatici o manuali.
Tale impianto può comprendere, idranti (a muro, a colonna soprasuolo op-
pure sottosuolo), naspi, sprinkler, ecc.
Una rete di idranti antincendio è un impianto manuale, formato da un si-
stema di tubazioni fisse in pressione per alimentazione idrica sulle quali sono
derivati uno o più idranti antincendio, che erogano acqua tramite rubinetti con
attacchi UNI 45 oppure UNI 70, manichette (tubazioni flessibili) e lance antin-
cendio (v. Figura 7.5).
La lancia antincendio è un dispositivo provvisto di un bocchello di sezio-
ne opportuna e di un attacco unificato. Può essere anche dotata di una valvola
che permette il getto pieno, il getto frazionato e la chiusura.

49
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Il naspo è un’attrezzatura antincendio costituita da una bobina mobile su


cui è avvolta una tubazione semirigida collegata a un’estremità, in modo per-
manente, con una rete di alimentazione idrica in pressione e terminante all’altra
estremità con una lancia erogatrice munita di valvola regolatrice e di chiusura
del getto (v. Figura 7.6).
Nell’impianto a sprinkler tutto l’impianto è riempito di acqua in pressio-
ne, che fuoriesce in caso di incendio attraverso testine erogatrici (sprinkler). Ta-
li testine sono normalmente chiuse da una piccola ampolla di cristallo contenen-
te del liquido colorato, ma sono tarate per rompersi, e quindi aprirsi, a una de-
terminata temperatura (v. Figura 7.7).
I rilevatori automatici d’incendio sono dei dispositivi destinati a rilevare,
segnalare e localizzare automaticamente un principio d’incendio, al fine di aller-
tare rapidamente le persone presenti. Si possono usare i rilevatori di fumo, così
come quelli termici o di radiazione: la soluzione migliore è una combinazione di
rilevatori (v. Figura 7.8). i rilevatori sono normalmente associati a una centrali-
na di controllo e segnalazione, a dispositivi dei allarme acustico e/o ottico e a
pulsanti per l’attivazione manuale dell’allarme.
L’impianto per l’illuminazione di sicurezza fornisce, in mancanza di e-
nergia elettrica, un’illuminazione sufficiente a permettere di evacuare in sicu-
rezza i luoghi di lavoro, e pertanto vengono illuminate le indicazioni delle porte
e delle uscite di sicurezza, i segnali indicanti le vie di esodo e tutte le parti che è
necessario percorrere per raggiungere un’uscita verso luoghi sicuri. È alimenta-
to da batterie in tampone o batterie di accumulatori con dispositivo per la ricari-
ca automatica, oppure da un gruppo elettrogeno.
Gli evacuatori di fumo e di calore (EFC) sono apparecchiature automati-
che destinate ad assicurare, in caso di incendio e a partire da un dato istante,
l’evacuazione dei fumi e dei gas caldi verso l’esterno di un locale, per mezzo di
aperture sulla sua copertura. L’applicazione di tali sistemi permette, in caso di
incendio, di agevolare l’esodo delle persone presenti e l’intervento dei soccorri-
tori, nonché di ritardare la fase del flashover (v. Figura 7.9).

50
Capitolo 7 – La protezione antincendio

Figure e Tabelle

Figura 7.1 – Esempio di caratteristiche “EI” per muratura in blocchi di laterizio

Figura 7.2 – Esempio di compartimentazione antincendio (in nero la suddivisio-


ne con materiali resistenti al fuoco)

51
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 7.3 – Cartelli della segnaletica di sicurezza di riferimento per gli addetti
antincendio

Cartelli di divieto: pittogramma nero su fondo bianco; bordo e banda rossi

Vietato fumare o
Vietato fumare
usare fiamme libere

Divieto di spegnere Divieto di accesso


con acqua alle persone non autorizzate

Cartelli di salvataggio: pittogramma bianco su fondo verde

Percorso/Uscita di emergenza

52
Capitolo 7 – La protezione antincendio

Direzione da seguire
(Segnali di informazione addizionali)

Telefono per salvataggio e pronto


Pronto soccorso
soccorso

Cartelli per le attrezzature antincendio: pittogramma bianco su fondo rosso

Telefono per gli interventi


Lancia antincendio Estintore
antincendio

Direzione da seguire
(Cartello da aggiungere ai precedenti)

53
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 7.4 – Effetti della protezione attiva

Figura 7.5 – Componenti di una rete di idranti

54
Capitolo 7 – La protezione antincendio

Figura 7.6 – Naspo

Figura 7.7 – Sprinkler

Figura 7.8 – Rilevatori d’incendio

55
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 7.9 – Evacuatori di fumo e calore

Senza evacuatore Con evacuatore

56
Capitolo 7 – La protezione antincendio

Tabella 7.1 – Corrispondenze tra classi di reazione al fuoco italiane ed europee

Classe europea
Classe
italiana Impiego a
Impiego a parete Impiego a soffitto
pavimento
(A2-s1,d0), (A2-s2,d0), (A2- (A2-s1,d0), (A2-
(A2FL-s1), (A2FL- s3,d0), (A2-s1,d1), (A2- s2,d0), (A2-s3,d0),
Classe 1 s2), (BFL-s1), (BFL- s2,d1), (A2-s3,d1), (A2-s1,d1), (A2-
s2) (B-s1,d0), (B-s2,d0), s2,d1), (A2-s3,d1),
(B-s1,d1), (B-s2,d1) (B-s1,d0), (B-s2,d0)
(A2-s1,d2), (A2-s2,d2), (A2-
s3,d2), (B-s3,d0),
(B-s3,d0), (B-s1,d1),
(B-s3,d1), (B-s1,d2),
Classe 2 (CFL-s1), (CFL-s2) (B-s2,d1), (B-s3,d1),
(B-s2,d2), (B-s3,d2),
(C-s1,d0), (C-s2,d0)
(C-s1,d0), (C-s2,d0),
(C-s1,d1), (C-s2,d1)
(C-s3,d0), (C-s3,d1),
(C-s1,d2), (C-s2,d2), (C-s3,d0) (C-s1,d1),
Classe 3 (DFL-s1), (DFL-s2) (C-s3,d2), (D-s1,d0), (C-s2,d1), (C-s3,d1),
(D-s2,d0), (D-s1,d1), (D-s1,d0), (D-s2,d0)
(D-s2,d1)

Tabella 7.2 – Simboli per la resistenza al fuoco

SIMBOLI

Continuità di corrente o capacità di


R Capacità portante P o PH
segnalazione
Resistenza all’incendio della fuliggi-
E Tenuta G
ne

I Isolamento K Capacità di protezione al fuoco

Durata della stabilità a temperatura


W Irraggiamento D
costante
Durata della stabilità lungo la curva
M Azione meccanica DH
standard tempo-temperatura
Dispositivo automatico di chiu- Funzionalità degli evacuatori moto-
C F
sura rizzati di fumo e calore
Funzionalità degli evacuatori natura-
S Tenuta al fumo B
li di fumo e calore
Le seguenti classificazioni sono espresse in minuti, a meno che non sia indicato altrimenti.

57
Capitolo 8 – Gli estintori

Capitolo 8
GLI ESTINTORI

Sommario: 1. Estintori portatili e carrellati. – 2. Manutenzione e controlli degli estintori. – 3. Uso


corretto degli estintori. – Figure e Tabelle.

Abstract: Il capitolo illustra le tipologie principali di estintori, le procedure per la


loro manutenzione e le modalità d’uso corrette.

1. Estintori portatili e carrellati

Gli estintori sono apparecchi mobili utilizzabili su un principio d’incendio,


contenenti un mezzo estinguente che può essere proiettato su un fuoco per effet-
to di una pressione interna. Ciascun estintore è costituito da un serbatoio conte-
nente l’agente estinguente, da una testa con impugnatura e da una lancia.
Si distinguono in:
• portatili;
• carrellati.
Gli estintori portatili sono concepiti per essere trasportati e utilizzati a
mano e hanno una massa minore o uguale a 20 kg. I più diffusi hanno come a-
gente estinguente la polvere o l’anidride carbonica, ma ne esistono anche a i-
drocarburi alogenati (halon), a schiuma, a base d’acqua e a clean agent (v. Figu-
ra 8.1).
Gli estintori carrellati sono montati su una struttura denominata telaio,
munita di ruote o carrelli, su cui è installato un recipiente a pressione, e sono
concepiti per essere trainati a mano. Hanno le stesse caratteristiche funzionali
degli estintori portatili, ma presentano una minore maneggevolezza a causa del
loro peso (possono avere una massa fino a 150 kg) e ingombro (v. Figura 8.2).
L’estintore a polvere è costituito da un involucro in lamiera d’acciaio,
pressurizzato con gas inerte o con aria deumidificata a circa 15 bar (pressione di
esercizio a 20 °C), contenente polvere chimica come estinguente. Normalmente
è dotato di un manometro per la lettura della pressione di carica contenuta (v.
Figura 8.3). Gli estintori contenenti polveri trivalenti permettono di estinguere
classi di incendio A, B, C, e quadri elettrici fino a 1000 V. L’estinzione per ma-
teriali di classe D (magnesio, alluminio, sodio, potassio, etc.) può avvenire solo
con polveri speciali.
L’estintore ad anidride carbonica (CO2) è costituito da un serbatoio rea-
lizzato in un unico corpo senza saldature, che può essere realizzato in acciaio di
buona levatura o in lega leggera. La particolarità del serbatoio è quella di resi-
stere all’elevata pressione che il gas sviluppa a vari stadi di temperature. In ge-

59
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

nere si distingue rispetto all’estintore a polvere per l’ogiva di colore grigio, ma


tale colorazione non è obbligatoria per norma.
L’estintore a CO2 è approvato per i focolai di classe B-C, e può estinguere
incendi di natura elettrica su apparecchiature sotto tensione fino a 1000 V, men-
tre non è adatto sui focolai di classe A; infatti, in virtù della proprietà insita nei
gas di evaporare, produrrebbe solo un abbassamento momentaneo della tempe-
ratura senza l’inibizione delle braci prodotte dall’incendio, per cui, dopo la sca-
rica, si verificherebbe il riaffiorare dell’incendio, soprattutto all’aperto, ove la
ventilazione è abbondante. Il dispositivo di scarica dell’estintore a CO2 è com-
posto da un tubo ad alta pressione collegato a un cono diffusore realizzato in
materiale sintetico PVC (resistente agli shock termici) con la presenza di
un’impugnatura, che evita all’operatore eventuali ustioni da freddo con la mano
scoperta. Infatti, la repentina fuoriuscita del gas dall’estintore e la conseguente
evaporazione provocano un brusco abbassamento della temperatura (–79 °C),
che rende le parti metalliche dell’estintore freddissime e pericolose (v. Figura
8.4).
L’estintore ad acqua (o idrico) è costituito da una bombola in lamiera
d’acciaio, trattata contro la corrosione, contenente acqua come agente estin-
guente. È pressurizzato permanentemente con un gas inerte oppure, al momento
dell’uso, attraverso la perforazione di una bambolina interna contenente anidri-
de carbonica.
L’estintore a schiuma è costituito da un serbatoio in lamiera d’acciaio,
trattato contro la corrosione, la cui carica è composta da liquido schiumogeno
diluito in acqua con una percentuale che va dal 3 al 10%.
Gli estintori a idrocarburi alogenati, la cui azione di estinzione consiste-
va nell’interporsi all’ossigeno nel naturale legame tra combustibile e comburen-
te nella reazione di combustione, sottraendo quindi ossigeno e rallentando il
processo di combustione (catalisi negativa) sino a ottenere l’estinzione, sono
ormai in disuso, in virtù delle leggi che hanno messo al bando le sostanze che,
immesse nell’atmosfera, producono effetti negativi sulla sicurezza ambientale,
quali buco dell’ozono, effetto serra, ecc.
La Tabella 8.1 riassume l’utilizzo dei diversi tipi di estintori.
Guardando l’etichetta apposta su un estintore si possono leggere molte in-
formazioni su di esso (v. Figura 8.5).
Un dato dell’etichetta è relativo ai focolari per il quale è stato omologato
l’estintore. Così, per esempio, “13A 89B C” significa che l’estintore è in grado
di spegnere un focolaio di prova di tipo A (solidi) formato da listelli di legno
avente altezza 560 mm, profondità 500 mm e larghezza circa 1300 mm (13 x
100 mm), in numero 5 per strato, e tutta la pila è composta da un totale di 14
strati (v. Figura 8.6). Inoltre può estinguere un focolaio di prova di tipo B (li-
quidi), realizzato in un recipiente cilindrico contenente una miscela combustibi-

60
Capitolo 8 – Gli estintori

le formata per 2/3 da eptano industriale e 1/3 da acqua, avente un volume di 89 l


(v. Figura 8.7).
Nell’etichetta vengono anche riportate le istruzioni e avvertenze per un cor-
retto utilizzo, il nome della società responsabile dell’apparecchio, il peso e al-
cuni pittogrammi che rappresentano i tipi di focolari estinguibili (tipo A, B, C,
etc.). Qualora l’estintore possa essere efficace per lo spegnimento di fuochi di
apparecchiature elettriche in tensione, tale caratteristica viene direttamente ri-
portata con una frase del tipo “Utilizzabile su apparecchi in tensione”.
Per stabilire il numero di estintori da installare sul luogo di lavoro, la
normativa stabilisce alcuni parametri precisamente definiti solo per alcune atti-
vità (quali scuole, locali di pubblico spettacolo, ecc.).
Nel caso dei cantieri, occorre valutare la quantità di estintori necessari, con-
siderando che essi devono essere immediatamente disponibili per il primo inter-
vento. Un criterio di massima prevede di averne almeno uno ogni 15 m di per-
corso circa, quindi la distanza tra gli estintori dovrebbe essere di circa 30 m.

2. Manutenzione e controlli degli estintori

Un estintore deve essere efficiente al momento del bisogno. Per garantire


questa condizione, è necessario che ogni estintore in dotazione sia sottoposto a
regolare manutenzione. La manutenzione prevede quattro aspetti:
• sorveglianza;
• controllo;
• revisione;
• collaudo.
La sorveglianza non necessita di un operatore qualificato (per esempio,
può essere effettuata anche da un addetto antincendio) e prende atto di aspetti
quali:
• la posizione dell’estintore;
• la segnalazione con apposito cartello;
• eventuali manomissioni;
• l’esistenza del cartellino della manutenzione.
La frequenza della sorveglianza non è stabilita, ma è buona norma effet-
tuarla spesso (richiede solo pochi secondi e nessuno strumento).
Il controllo necessita di un operatore qualificato, che esegue con frequenza
semestrale almeno:
• tutte le verifiche indicate nella sorveglianza;
• la pressurizzazione interna (per gli estintori a polvere) o la pesatura (CO2);
• data e firma il cartellino di manutenzione.

61
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

La revisione, che richiede l’opera di personale qualificato, prevede almeno:


• tutte le verifiche effettuate nel controllo;
• il controllo di tutte le parti dell’estintore al fine di ripristinare la sua perfetta
efficienza;
• l’effettuazione della ricarica completa dell’agente estinguente;
• l’esame interno dell’apparecchio per verificare lo stato di conservazione del
serbatoio;
• la sostituzione di tutti i dispositivi di sicurezza;
• la datazione e l’apposizione della firma sul cartellino di manutenzione.
La frequenza della revisione dipende dal tipo di estinguente: per l’estintore
a polvere 3 anni, per quello a CO2 5 anni, per quelli a idrocarburi alogenati 6
anni, per quelli ad acqua e a schiuma 18 mesi.
Il collaudo è un’attività che necessita di un operatore qualificato, il quale:
• verifica la stabilità del serbatoio o della bombola in quanto apparecchi a
pressione;
• data e firma il cartellino di manutenzione.
La frequenza del collaudo dipende dalla data di costruzione dello stesso.
Gli estintori che non sono soggetti a verifiche periodiche secondo quanto previ-
sto dalla direttiva “PED” 97/23/CE (D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 93) devono es-
sere collaudati ogni 12 anni mediante prova idraulica. Gli estintori costruiti pri-
ma della direttiva “PED” devono rispettare le scadenze indicate dalla legislazio-
ne in materia di gas compressi e liquefatti.
Il cartellino di manutenzione deve contenere i seguenti dati (v. Figura
8.8):
• numero di matricola o estremi identificativi dell’estintore;
• massa lorda dell’estintore;
• carica effettiva;
• tipo di operazione effettuata;
• data dell’intervento;
• riferimenti, firma o punzonatura del manutentore.

3. Uso corretto degli estintori

Prima di utilizzare un estintore occorre verificare:


• che l’estinguente contenuto sia compatibile e adatto alla classe d’incendio
da attaccare;
• l’effettiva pressione di carica attraverso il manometro, se presente;
• l’assenza di eventuali manomissioni su tubo, lancia, sigillo di sicurezza;
• l’eliminazione di eventuali principi di costipamento della polvere, scuoten-
do per un paio di volte l’estintore per eliminarli, qualora presenti.

62
Capitolo 8 – Gli estintori

Al termine di queste operazioni, che devono essere immediate, occorre to-


gliere la spina di sicurezza e intervenire sul principio d’incendio.
Per ottenere un risultato positivo nell’intervento di estinzione è necessario
tenere presenti le seguenti istruzioni:
• avvicinarsi all’incendio con attenzione, assumendo una posizione il più
bassa possibile per sfuggire all’azione nociva dei fumi, estinguendo nel ca-
so i focolai più vicini e poi attaccare il principale, dirigendo il getto verso la
base delle fiamme, con un movimento leggermente a ventaglio (v. Figura
8.9);
• non dirigere il getto controvento;
• in un incendio di liquidi infiammabili contenuti in recipienti aperti, si deve
fare in modo che il getto non causi la proiezione di liquido infiammato al di
fuori del recipiente con pericolo di ulteriore propagazione dell’incendio (v.
Figura 8.10);
• l’intervento contemporaneo di due estintori deve essere diretto nella stessa
direzione o al massimo formando un angolo di 90° (v. Figura 8.11);
• non si devono mai voltare le spalle a un incendio e, in presenza di vento,
occorre portarsi sopravvento rispetto al fuoco (v. Figura 8.12);
• il focolaio appena estinto non va mai abbandonato se non dopo un periodo
di tempo tale per cui il suo riaccendersi sia impossibile. Va verificata sem-
pre l’intera zona incendiata, smassando le ceneri e tutte le parti parzialmen-
te combuste, per verificare l’assoluta certezza che il fuoco sia spento e
quindi sia esclusa la possibilità di una riaccensione.
Nell’intervenire in un locale occupato da persone, occorre attenersi a quan-
to segue:
• far defluire gli occupanti il locale in ordine ma con tempestività, senza far
nascere panico nella gente;
• intervenire dirigendo l’estinguente alla base delle fiamme fino alla comple-
ta estinzione;
• se è stato utilizzato un estintore a polvere, una volta spento il principio
d’incendio è opportuno arieggiare il locale; oltre ai prodotti della combu-
stione, c’è anche la polvere estinguente, che, proprio perché sottilissima,
potrebbe essere inspirata dall’operatore insieme alle altre sostanze nocive.

63
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figure e Tabelle

Figura 8.1 – Estintori portatili a polvere e ad anidride carbonica

Figura 8.2 – Estintore carrellato

64
Capitolo 8 – Gli estintori

Figura 8.3 – Parti principali costituenti un estintore a polvere ABC

65
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 8.4 – Parti principali costituenti un estintore ad anidride carbonica (CO2)

Figura 8.5 – Esempio di etichettatura su un estintore portatile

66
Capitolo 8 – Gli estintori

Figura 8.6 – Focolaio di prova 13A

67
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 8.7 – Caratteristiche dei focolai di prova per liquidi infiammabili

Figura 8.8 – Esempio di cartellino di manutenzione dell’estintore

68
Capitolo 8 – Gli estintori

Figura 8.9 – Posizionamento dell’addetto rispetto all’incendio

Figura 8.10 – Spegnimento del liquido infiammabile

Figura 8.11 – Intervento contemporaneo di due estintori

69
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 8.12 – Posizionamento in caso di vento

Tabella 8.1 – Tabella riepilogativa dei focolari estinguibili con i vari tipi di
estintori

Materiale Polvere Acqua Schiuma CO2 Halon

Carta – legname – tessuto SÌ SÌ SÌ NO SÌ (*)

Benzina – combustibili liquidi SÌ NO SÌ SÌ SÌ

Gas SÌ SÌ (**) NO SÌ SÌ

Fuochi di metalli SÌ (***) NO NO NO NO

Fuochi di natura elettrica SÌ SÌ (****) SÌ (****) SÌ SÌ


(*) All’interno al riparo di correnti d’aria.
(**) Acqua con forte getto nebulizzato.
(***) Polveri speciali.
(****) Solo per estintori che hanno superato la prova dielettrica e che sono utilizzabili su
quadri elettrici fino a 1000 V.

70
Capitolo 9 – Gestione dell’emergenza antincendio

Capitolo 9
GESTIONE DELL’EMERGENZA ANTINCENDIO

Sommario: 1. Il piano di emergenza. – 2. Procedure di emergenza antincendio nei cantieri. – 3.


Dispositivi di protezione individuale per addetti antincendio. – Figure e Tabelle.

Abstract: Il capitolo spiega come organizzare adeguatamente la gestione di


un’emergenza antincendio, proponendo un modello di piano di emergenza a-
dottabile in un cantiere edile.

1. Il piano di emergenza

Si è già detto (cfr. Capitolo 7) come sia di significativa importanza interve-


nire rapidamente sul principio d’incendio, al fine di ridurne la propagazione e i
danni conseguenti. È pertanto fondamentale che in tutte le attività lavorative sia
prevista un’efficace organizzazione delle emergenze antincendio.
La normativa vigente, a questo proposito, prevede che il datore di lavoro (o
i dirigenti), in conseguenza della valutazione dei rischi d’incendio, debba:
• designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misu-
re di prevenzione incendi e lotta antincendio e di evacuazione dei luoghi di
lavoro in caso di pericolo grave e immediato e comunque di gestione
dell’emergenza, adeguatamente formati;
• adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di e-
mergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave,
immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolo-
sa. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle dimen-
sioni dell’azienda o dell’unità produttiva e al numero delle persone presen-
ti, garantendo l’esodo delle persone in sicurezza in caso di incendio e rea-
lizzando le misure atte a garantire l’attivazione dei sistemi di allarme e del-
le procedure di intervento, organizzando tra l’altro i necessari rapporti con i
Vigili del Fuoco;
• assicurare l’estinzione di un incendio e l’efficienza dei sistemi per la prote-
zione antincendio.
In particolare, dall’esito della valutazione dei rischi d’incendio, il datore di
lavoro adotta le necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso
di incendio, riportandole in un piano di emergenza.
Tale piano di emergenza deve essere basato su chiare istruzioni scritte e
deve includere:
• i doveri del personale di servizio incaricato di svolgere specifiche mansioni
con riferimento alla sicurezza antincendio, quali per esempio: telefonisti,

71
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

custodi, capi cantiere, addetti alla manutenzione, personale di sorveglianza,


ecc.;
• i doveri del personale cui sono affidate particolari responsabilità in caso di
incendio;
• i provvedimenti necessari per assicurare che tutto il personale sia informato
sulle procedure da attuare;
• le specifiche misure da porre in atto nei confronti dei lavoratori esposti a ri-
schi particolari;
• le specifiche misure per le aree a elevato rischio di incendio;
• le procedure per la chiamata dei Vigili del Fuoco, per informarli al loro ar-
rivo e per fornire la necessaria assistenza durante l’intervento.
Per i luoghi di lavoro di piccole dimensioni, il piano può limitarsi ad avvisi
scritti contenenti norme comportamentali, mentre per luoghi di lavoro ubicati
nello stesso edificio e ciascuno facente capo a titolari diversi, il piano deve esse-
re elaborato in collaborazione tra i vari datori di lavoro.
Infine, se i luoghi di lavoro hanno grandi dimensioni o sono complessi, il
piano deve includere anche una planimetria nella quale siano riportati tutti gli
elementi utili ai fini della gestione efficace dell’emergenza antincendio.

2. Procedure di emergenza antincendio nei cantieri

Nei cantieri temporanei e mobili, a causa della peculiarità del luogo di lavo-
ro e per la possibile compresenza di diverse imprese e di lavoratori autonomi,
gli adempimenti a carico del datore di lavoro vengono filtrati da quanto previsto
nei contratti con il committente e dalla pianificazione del coordinatore in fase di
progettazione.
L’eventuale organizzazione di tipo comune prevista per il servizio di ge-
stione delle emergenze, nonché i riferimenti telefonici delle strutture previste
sul territorio per la prevenzione incendi, sono inseriti dal coordinatore in fase di
progettazione all’interno del Piano di sicurezza e coordinamento, che risulta
vincolante per le imprese esecutrici e i lavoratori autonomi. Tale piano conterrà,
tra l’altro, almeno una planimetria sull’organizzazione del cantiere con i dettagli
relativi ai percorsi, agli accessi, ai presidi di emergenza e antincendio, ecc. (v.
Figura 9.1).
Il cantiere, fin dall’apertura, in funzione delle sue caratteristiche dimensio-
nali e dell’avanzamento della costruzione, deve essere dotato di mezzi per con-
trastare gli incendi in modo rapido ed efficiente, quali:
• un’organizzazione per sicurezza antincendio, comprendente i nominativi
degli addetti all’attuazione della lotta antincendio e all’evacuazione. Tali

72
Capitolo 9 – Gestione dell’emergenza antincendio

addetti antincendio dovranno avere in dotazione Dispositivi di protezione


individuale specifici, per fronteggiare in sicurezza il fuoco e i gas combusti;
• idonei dispositivi di allarme come telefoni, sirene, avvisatori acustici, cam-
pane, fischietti, clacson o sorgenti sonore attivate manualmente, ecc.;
• estintori portatili in numero sufficiente, posizionati in modo razionale, e se
necessario sistemi di spegnimento incendio collegati con la rete idrica (co-
me idranti o naspi), tutti periodicamente manutenuti;
• istruzioni scritte contenenti le procedure di emergenza affisse nei posti di
maggior frequentazione e consegnate a tutti gli addetti del cantiere;
• organizzazione di esercitazioni antincendio con il coinvolgimento del per-
sonale di cantiere, ed eventualmente dei Vigili del Fuoco territorialmente
competenti, che avranno comunque immediatamente disponibili tutte le in-
formazioni utili sul cantiere per operare efficacemente;
• sorveglianza del cantiere, adottando sia misure per la sicurezza del persona-
le durante l’orario di lavoro, sia un servizio di sorveglianza fuori orario, per
prevenire tra l’altro gli incendi dolosi;
• segnaletica chiara, installata in posizioni strategiche con l’indicazione delle
vie di accesso e di fuga, del posizionamento dei mezzi di protezione attiva,
dell’ubicazione dell’interruttore generale dell’alimentazione elettrica, delle
valvole di intercettazione delle adduzioni idriche, del gas e di altri fluidi
combustibili, del luogo di raccolta.
Di seguito viene presentato un esempio di procedura di emergenza antin-
cendio ed evacuazione, adottabile in un cantiere di medie dimensioni, corredata
da schede di dettaglio contenenti le azioni che ogni singola figura/gruppo di
persone dovrebbe intraprendere. Per emergenze di tipo più articolato, può essere
necessario realizzare differenti schede ed eventualmente anche sotto-schede
specifiche che entrano nel merito delle azioni da compiere, come ad esempio
quelle per la disattivazione di un impianto pericoloso o di determinate attrezza-
ture complesse.
La procedura è schematizzata nelle schede seguenti. La prima scheda, defi-
nita “Griglia operativa fasi/persone/compiti”, riporta la sintesi della procedura
di emergenza, mentre le altre tre schede, dette “Istruzioni operative”, riportano
le specifiche azioni che dovrebbe effettuare ciascuna figura/gruppo di persone
(v. Figura 9.2 e Tabelle 9.1, 9.2, 9.3, 9.4).

3. Dispositivi di protezione individuale per addetti antincendio

I dispositivi di protezione individuale (DPI) sono attrezzature destinate a


essere indossate e tenute dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o

73
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante l’attività,


nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
I DPI che devono indossare gli addetti antincendio, al fine di proteggerli da
calore, fiamme, gas combusti nocivi, traumi causati da urti vari, ecc., sono:
• indumenti protettivi ignifughi, per la protezione dalle fiamme e dal calore
del fuoco (v. Figura 9.3);
• elmetti con visiera, per la protezione da urti e ustioni (v. Figura 9.4);
• scarpe antinfortunistiche antistatiche, per proteggere i piedi da schiaccia-
mento e creare un isolamento elettrico contro la folgorazione (v. Figura
9.5);
• guanti antifiamma e dielettrici (per interventi su apparecchiature elettriche)
(v. Figura 9.6);
• apparecchi per la protezione delle vie respiratorie da gas tossici o per la ca-
renza di ossigeno.
Un apparecchio di protezione delle vie respiratorie (APVR) è un dispo-
sitivo atto a proteggere le vie respiratorie contro le atmosfere inquinate da con-
taminanti e/o nelle quali vi sia scarsa presenza di ossigeno e/o temperatura ele-
vata. Questi DPI, più brevemente indicati anche con il termine equivalente di
respiratori, si dividono nelle seguenti due fondamentali tipologie:
• dispositivi di protezione delle vie respiratorie non isolanti o respiratori a fil-
tro;
• dispositivi di protezione delle vie respiratorie isolanti o respiratori isolanti.
Un respiratore a filtro (v. Figura 9.7) è un apparecchio di protezione delle
vie respiratorie che le protegge in caso di atmosfera inquinata da contaminanti
(particelle, gas, vapori), depurando l’aria inspirata, che deve comunque contene-
re più del 17% di ossigeno ed essere a temperatura < 60 °C. Inoltre ha un potere
filtrante limitato a bassissime concentrazioni di sostanze inquinanti (al massimo
1% per i filtri di classe 3, percentuale difficilmente quantificabile in emergen-
za).
Ne consegue che l’uso delle maschere a filtro è consigliabile solo per in-
cendi che avvengono in ambienti aperti, quando si abbia la perfetta conoscenza
della tipologia di rilascio delle sostanze pericolose, che comunque sia di piccola
entità.
I respiratori a filtro costituiscono la categoria dei cosiddetti dispositivi non
isolanti, che non consentono di respirare indipendentemente dall’atmosfera cir-
costante perché non sono alimentati da una sorgente autonoma.
Un respiratore a filtro è costituito, fondamentalmente, da un filtro capace di
trattenere gli inquinanti e da un facciale di supporto allo stesso, che può avere
varia foggia. Prima di essere inspirata, l’aria passa attraverso il filtro, dove vie-
ne depurata.

74
Capitolo 9 – Gestione dell’emergenza antincendio

Per una corretta utilizzazione, i respiratori a filtro vanno selezionati in base


al tipo di protezione che assicurano. Quelli di comune fabbricazione si suddivi-
dono, da questo punto di vista, in tre categorie:
• respiratori a filtro contro le polveri;
• respiratori a filtro contro i gas e i vapori;
• respiratori a filtro combinati (antipolvere e antigas contemporaneamente).
All’interno di ciascuna di queste si operano poi, a seconda
dell’associazione filtro-facciale realizzata, ulteriori suddivisioni in diverse tipo-
logie (v. Tabella 9.5).
Un respiratore isolante (v. Figura 9.8) è un dispositivo di protezione indi-
viduale delle vie respiratorie che consente di respirare indipendentemente
dall’atmosfera circostante. Esso protegge dunque le vie respiratorie dal contatto
con l’atmosfera esterna irrespirabile fornendo ossigeno, o aria, da una sorgente
autonoma non inquinata.
Un respiratore isolante è costituito, fondamentalmente, da una sorgente non
inquinata di aria o di ossigeno e da un facciale a essa collegato, il quale può a-
vere varia foggia: per esempio una maschera intera, una semimaschera, un quar-
to di maschera, un boccaglio, un elmetto, un cappuccio, ecc.
I respiratori isolanti di comune fabbricazione si suddividono – a seconda
che la sorgente non inquinata di ossigeno o aria possa, o meno, spostarsi insie-
me all’utilizzatore del facciale – in due categorie:
• i respiratori isolanti autonomi, o autorespiratori;
• i respiratori isolanti non autonomi, o adduttori d’aria.
All’interno di ogni categoria si operano poi, in base all’associazione sor-
gente-facciale realizzata, ulteriori suddivisioni in tipologie fondamentali.
Gli autorespiratori devono il loro nome al fatto di essere dotati di una sor-
gente portatile di ossigeno o aria (normalmente una bombola), in grado cioè di
seguire senza limitazioni di percorso l’operatore che indossa il dispositivo. Le
sorgenti in dotazione ai dispositivi della seconda categoria, gli adduttori di aria,
non possiedono tale mobilità spaziale e l’operatore è quindi vincolato nella sua
operatività dalla lunghezza dell’appendice del respiratore (la tubazione
dell’aria).

75
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figure e Tabelle

Figura 9.1 – Planimetria relativa all’organizzazione del cantiere ai fini antin-


cendio

76
Capitolo 9 – Gestione dell’emergenza antincendio

Figura 9.2 – Flow chart di procedura di emergenza

Figura 9.3 – Indumenti protettivi ignifughi

Figura 9.4 – Elmetto con visiera

77
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figura 9.5 – Scarpe antinfortunistiche

Figura 9.6 – Guanti antifiamma e guanti dielettrici

Figura 9.7 – Respiratore a filtro

Figura 9.8 – Esempio di respiratore isolante – Autorespiratore

78
Capitolo 9 – Gestione dell’emergenza antincendio

Tabella 9.1 – Griglia operativa fasi/persone/compiti della procedura di emer-


genza antincendio ed evacuazione

Sintesi procedura di emergenza antincendio ed evacuazione (Griglia operativa


fasi/persone/compiti) – Cantiere ABC
Fase 1: Rileva-
Persona/ Fase 3: Estinzione incen-
zione principio Fase 2: Allarme
gruppo dio e/o evacuazione
d’incendio
In base al segnale di allar-
me ricevuto dal capo can-
Segnala imme-
tiere:
diatamente
a) se di tipo “locale” si al-
l’incendio al capo
lontana dalle fonti di perico-
cantiere, specifi-
lo
cando il luogo e
Qualsiasi b) se di tipo “generale” ef-
l’entità (dimen-
lavoratore fettua l’evacuazione verso il
sione e caratteri-
punto di raccolta (fuori
stiche) dello
dall’ingresso del cantiere)
stesso e se ci
c) non ritorna nel luogo
sono persone
dell’incendio o nel cantiere
coinvolte
finché il capo cantiere non
autorizzi il rientro
Sulla base delle informa-
zioni ricevute:
a) dà l’ordine di evacua-
zione “locale” o “genera-
le” tramite apposito al- a) Se sono intervenuti i Vi-
Capo can-
larme gili del Fuoco si mette a lo-
tiere (re-
b) se l’entità dell’incendio ro disposizione, fornendo al
sponsabile
è limitata ed esso può capo partenza le informa-
delle emer-
essere controllato con il zioni relative al cantiere
genze):
solo intervento degli ad- b) Coordina l’azione di spe-
Sig. XYZ
detti antincendio, dà loro gnimento degli addetti in-
istruzioni per lo spegni- terni e l’eventuale evacua-
Sostituto:
mento, altrimenti chiama zione del cantiere
Sig. HJK
il 115
c) se sono stati segnalati
feriti, contatta gli addetti
al primo soccorso e
chiama il 118
Addetti an- In base agli ordini ricevuti
tincendio: dal capo cantiere:
Sig. DEF a) tentano di spegnere il
Sig. GHI principio di incendio indos-
Sig. LMN sando gli appositi DPI
Sig. OPQ b) aiutano le operazioni di
Sig. RST evacuazione e contano le

79
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Sig. UVZ persone evacuate, segna-


lando eventuali dispersi
c) se necessario, sezionano
gli impianti elettrici e dei
fluidi pericolosi
d) collaborano con i Vigili
del Fuoco eventualmente
intervenuti

Tabella 9.2 – Istruzioni operative per “Lavoratore”

Procedura di emergenza antincendio ed evacuazione – Istruzioni operative

Scheda “Lavoratore”

• Nel caso in cui si rilevi o sospetti dell’esistenza di un principio di incendio (pre-


senza di fumo, odore di bruciato, presenza di fiamme), non lasciarsi prendere
dal panico e provvedere immediatamente a contattare il capo cantiere, comu-
nicando:
– il proprio nome;
– il punto preciso in cui si sta sviluppando l’incendio;
– l’entità dell’incendio (dimensione e materiale che sta bruciando);
– se sono coinvolte persone.
• Al segnale di evacuazione “locale” (segnale intermittente e comunicazione di-
retta di allontanamento da parte del capo cantiere) allontanarsi dal luogo del
pericolo. Ritornare nel luogo dell’incendio solo dopo che il capo cantiere ha
autorizzato il rientro.
• Al segnale di evacuazione “generale” (segnale continuo) dirigersi con la mas-
sima calma verso il luogo sicuro previsto per il raduno, percorrendo le vie di
esodo predisposte. Ritornare nel cantiere solo dopo che il capo cantiere ha
autorizzato il rientro.
• Non prendere iniziative personali e non coordinate dal capo cantiere o dagli
addetti antincendio.

80
Capitolo 9 – Gestione dell’emergenza antincendio

Tabella 9.3 – Istruzioni operative per “Addetto antincendio”

Procedura di emergenza antincendio ed evacuazione – Istruzioni operative

Scheda “Addetto antincendio”

• Appena ricevuto il segnale (tramite ricetrasmittente) dal capo cantiere, inter-


rompere qualunque attività in corso e prepararsi alla gestione dell’emergenza.
• Osservare le indicazioni impartite dal capo cantiere.
• Prima di affrontare un incendio, indossare gli appositi Dispositivi di protezione
individuale.
• Sezionare gli impianti elettrici e dei fluidi pericolosi, se presenti.
• Recarsi sul posto indicato dal capo cantiere e tentare di spegnere il principio
d’incendio utilizzando gli estintori o gli idranti.
• In caso di impossibilità di domare l'incendio, comunicarlo al capo cantiere e
portarsi a distanza di sicurezza.
• Favorire le operazioni di evacuazione ed effettuare la conta delle persone e-
vacuate.
• All'arrivo dei Vigili dei Fuoco, informarli e mettersi a loro disposizione.

Tabella 9.4 – Istruzioni operative per “Capo cantiere”

Procedura di emergenza antincendio ed evacuazione – Istruzioni operative


Scheda “Capo cantiere / Responsabile delle emergenze”
Chiedere a chi ha segnalato un principio d’incendio:
• il suo nominativo;
• il punto preciso in cui si sta sviluppando l’incendio;
• l’entità dell’incendio (dimensione e materiale che sta bruciando);
• se sono coinvolte persone.
In base all’entità dell’incendio, dare l’ordine di evacuazione “generale” (segnale conti-
nuo) o “locale” (segnale intermittente e comunicazione diretta al segnalante) tramite
apposito allarme.
Qualora si ritenga che l’incendio possa essere controllato con il solo intervento degli
addetti antincendio, (contattare gli addetti tramite ricetrasmittente) e dare loro istruzio-
ni per lo spegnimento; in caso contrario, chiamare il 115, comunicando:
• nome del chiamante e numero di telefono;
• entità dell’incendio (dimensione e materiale che sta bruciando);
• luogo dell'incidente: via, n. civico, città, e se possibile il percorso più breve
per raggiungerlo;
• eventuale presenza di feriti.
Se sono stati segnalati feriti o dispersi, contattare gli addetti al primo soccorso del
cantiere e chiamare il 118.
Coordinare l’azione di spegnimento degli addetti interni e l’eventuale evacuazione.
Se sono intervenuti i Vigili del Fuoco, mettersi a loro disposizione, fornendo al capo
partenza le informazioni relative al cantiere.

81
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Tabella 9.5 – Tipologie di respiratori a filtro

Tipo di respiratore
Caratteristiche
a filtro

Filtri antipolvere Tipo S, solo contro particellari solidi


(non proteggono
dai gas tossici) Tipo L, solo contro particellari liquidi

Tipo SL, contro particellari solidi e liquidi

Tipo A (banda marrone)


contro determinati gas e vapori di composti organici punto di ebol-
lizione > 65 °C
Tipo B (banda grigia)
contro determinati gas e vapori inorganici (con esclusione del CO)
Tipo CO (banda alluminio e con fascia nera)
contro l’ossido di carbonio
Tipo E (banda gialla)
contro l'anidride solforosa e altri gas e vapori acidi
Filtri antigas Tipo G (banda azzurra)
contro acido cianidrico
Tipo K (banda verde)
contro l'ammoniaca e derivati organici ammoniacali
Tipo L (banda giallo-rossa)
contro acido solfidrico (idrogeno solforato)
Tipo O (banda grigio-rossa)
contro idrogeno fosforato – idrogeno arsenicale

Tipo U (banda rossa con fascia bianca)

Speciali (NO-P3, Hg-P3, AX, SX)

Sono costituiti dall'abbinamento di un filtro antipolvere e di un filtro


Filtri combinati
antigas. La combinazione è realizzata in modo che l'aria attraversi
prima il filtro antipolvere
Filtri polivalenti Il colore delle bande è costituito dall'abbinamento dei colori relativi
o multipli ai singoli tipi, proteggendo da più gas nocivi

82
Capitolo 10 – Misure antincendio specifiche per gli uffici

Capitolo 10
MISURE ANTINCENDIO SPECIFICHE PER GLI UFFICI

Sommario: 1. Misure antincendio negli uffici. – Figure e Tabelle.

Abstract: Il capitolo descrive alcune misure antincendio applicabili agli uffici (sia
all’interno dei cantieri, sia nella sede della ditta), a integrazione di quelle illustra-
te nei capitoli precedenti.

1. Misure antincendio negli uffici

Sia gli uffici presenti nelle baracche di cantiere sia quelli della sede
dell’impresa devono essere progettati ai fini antincendio. Inoltre, anche in questi
luoghi di lavoro devono essere presenti uno o più addetti antincendio, pronti a
intervenire sul principio d’incendio.
Le modalità per effettuare la valutazione del rischio di incendio negli uffici
sono le stesse già illustrate nel Capitolo 6, tenendo conto della specificità di
questi ambienti di lavoro.
Oltre ai concetti già spiegati, che comunque rimangono validi, negli uffici
occorre tenere presenti ulteriori aspetti:
• le misure relative alle vie di uscita in caso di incendio;
• le misure per la rivelazione, l’allarme e lo spegnimento dell’incendio dedi-
cate;
• il piano di emergenza specifico.
Vengono di seguito definiti alcuni termini:
• affollamento: numero massimo ipotizzabile di lavoratori e di altre persone
presenti nel luogo di lavoro o in una determinata area dello stesso;
• percorso protetto: percorso caratterizzato da un’adeguata protezione con-
tro gli effetti di un incendio che può svilupparsi nella restante parte
dell’edificio. Esso può essere costituito da un corridoio protetto, da una sca-
la protetta o da una scala esterna;
• uscita di piano: uscita che consente alle persone di non essere ulteriormen-
te esposte al rischio diretto degli effetti di un incendio e che può configu-
rarsi come un’uscita che immette direttamente in un luogo sicuro, un’uscita
che immette in un percorso protetto attraverso il quale può essere raggiunta
l’uscita che immette in un luogo sicuro, oppure un’uscita che immette su
una scala esterna.

83
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Vengono di seguito riportate le regole generali valide per uffici aventi al


massimo 25 persone presenti. Per uffici ove sono previste più persone occorre
applicare regole più restrittive, come quelle previste nel D.M. 22 febbraio 2006.
Nello stabilire se le vie di uscita sono adeguate, occorre seguire i seguenti
criteri:
• ogni luogo di lavoro deve disporre di vie di uscita alternative, a eccezione
di quelli di piccole dimensioni o dei locali a rischio di incendio medio o
basso;
• ciascuna via di uscita deve essere indipendente dalle altre e distribuita in
modo che le persone possano ordinatamente allontanarsi da un incendio;
• dove è prevista più di una via di uscita, la lunghezza del percorso per rag-
giungere la più vicina uscita di piano non dovrebbe essere superiore ai va-
lori sotto riportati:
– 15÷30 m (tempo max. di evacuazione 1 minuto) per aree a rischio di in-
cendio elevato;
– 30÷45 m (tempo max. di evacuazione 3 minuti) per aree a rischio di in-
cendio medio;
– 45÷60 m (tempo max. di evacuazione 5 minuti) per aree a rischio di in-
cendio basso.
• le vie di uscita devono sempre condurre a un luogo sicuro;
• i percorsi di uscita in un’unica direzione devono essere evitati, per quanto
possibile;
• qualora non possano essere evitati, la distanza da percorrere fino a
un’uscita di piano, o fino al punto dove inizia la disponibilità di due o più
vie di uscita, non dovrebbe eccedere in generale i valori sotto indicati:
– 6÷15 m (tempo di percorrenza 30 secondi) per aree a rischio elevato;
– 9÷30 m (tempo di percorrenza 1 minuto) per aree a rischio medio;
– 12÷45 m (tempo di percorrenza 3 minuti) per aree a rischio basso.
• le vie di uscita devono essere di larghezza sufficiente in relazione al nume-
ro degli occupanti e tale larghezza va misurata nel punto più stretto del per-
corso;
• deve esistere la disponibilità di un numero sufficiente di uscite di adeguata
larghezza da ogni locale e piano dell’edificio;
• le scale devono normalmente essere protette dagli effetti di un incendio
tramite strutture resistenti al fuoco e porte resistenti al fuoco munite di di-
spositivo di autochiusura, a eccezione dei piccoli luoghi di lavoro a rischio
di incendio medio o basso, quando la distanza da un qualsiasi punto del
luogo di lavoro fino all’uscita su luogo sicuro non superi rispettivamente i
valori di 45 e 60 m (30 e 45 m nel caso di una sola uscita);
• le vie di uscita e le uscite di piano devono essere sempre disponibili per
l’uso e tenute libere da ostruzioni in ogni momento;

84
Capitolo 10 – Misure antincendio specifiche per gli uffici

• ogni porta sul percorso di uscita deve poter essere aperta facilmente e im-
mediatamente dalle persone in esodo;
• nella scelta della lunghezza dei percorsi riportati in precedenza, occorre at-
testarsi, a parità di rischio, verso i livelli più bassi nei casi in cui il luogo di
lavoro sia:
– aperto al pubblico;
– utilizzato prevalentemente da persone che necessitano di particolare as-
sistenza in caso di emergenza;
– utilizzato quale area di riposo;
– utilizzato quale area dove sono depositati e/o manipolati materiali in-
fiammabili;
• qualora il luogo di lavoro sia utilizzato principalmente da lavoratori e non
vi siano depositati e/o manipolati materiali infiammabili, a parità di livello
di rischio, possono essere adottate le distanze maggiori.
Per quanto riguarda il numero e la larghezza delle uscite di piano, in
molte situazioni è da ritenersi sufficiente disporre di una sola uscita, tranne nel
caso di un grande affollamento del piano (maggiore di 50 persone), di pericoli
di esplosione o specifici rischi di incendio nell’area interessata, oppure che la
lunghezza del percorso di uscita in un’unica direzione, per raggiungere l’uscita
di piano, in relazione al rischio di incendio, superi i valori stabiliti.
Quando una sola uscita di piano non è sufficiente, il numero delle uscite di-
pende dal numero delle persone presenti (affollamento) e dalla lunghezza dei
percorsi indicata precedentemente.
Per i luoghi a rischio di incendio medio o basso, la larghezza complessiva
delle uscite di piano deve essere non inferiore a:

in cui:
• “A” rappresenta il numero delle persone presenti al piano (affollamento);
• il valore 0,60 costituisce la larghezza (espressa in metri) sufficiente al tran-
sito di una persona (modulo unitario di passaggio);
• 50 indica il numero massimo delle persone che possono defluire attraverso
un modulo unitario di passaggio, tenendo conto del tempo di evacuazione.
Il valore del rapporto A/50, se non è intero, va arrotondato al valore intero
superiore. La larghezza delle uscite deve essere multipla di 0,60 m, con tolle-
ranza del 5%. La larghezza minima di un’uscita non può essere inferiore a 0,80
m (con tolleranza del 2%) e deve essere conteggiata come pari a un modulo uni-
tario di passaggio e pertanto sufficiente all’esodo di 50 persone nei luoghi di la-
voro a rischio di incendio medio o basso.

85
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Le vie di uscita e le uscite di piano devono essere chiaramente indicate tra-


mite segnaletica conforme alla vigente normativa.
Tutte le vie di uscita, inclusi anche i percorsi esterni, devono essere adegua-
tamente illuminate per consentire la loro percorribilità in sicurezza fino
all’uscita su luogo sicuro.
Nelle aree prive di illuminazione naturale o utilizzate in assenza di illumi-
nazione naturale, deve essere previsto un sistema di illuminazione di sicurezza
con inserimento automatico in caso di interruzione dell’alimentazione di rete.
I posti di lavoro all’interno dei locali in cui si esercita l’attività di costru-
zione, tenuto conto delle caratteristiche del cantiere e della valutazione dei ri-
schi, devono soddisfare le seguenti disposizioni di sicurezza antincendio:
• le porte di emergenza devono aprirsi verso l’esterno;
• le porte di emergenza non devono essere chiuse in modo tale da non poter
essere aperte facilmente e immediatamente da ogni persona che abbia biso-
gno di utilizzarle in caso di emergenza;
• le porte scorrevoli e le porte a bussola sono vietate come porte di emergen-
za;
• la posizione, il numero, i materiali impiegati e le dimensioni delle porte e
dei portoni sono determinati dalla natura e dall’uso dei locali;
• quando l’uso e l’attrezzatura dei locali lo richiedano per assicurare la prote-
zione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere messo
in evidenza.
Per quanto riguarda il sistema di allarme, nei luoghi di lavoro a rischio di
incendio basso o medio, tale sistema può essere semplice; per esempio, qualora
tutto il personale lavori nello stesso ambiente, un allarme dato a voce può essere
adeguato. In altre circostanze possono essere impiegati strumenti sonori ad a-
zionamento manuale, udibili in tutto il luogo di lavoro. Il percorso per poter
raggiungere una di tali attrezzature non deve essere superiore a 30 m.
Nei luoghi di lavoro di grandi dimensioni o complessi, il sistema di allarme
deve essere di tipo elettrico e deve essere udibile chiaramente in tutto il luogo di
lavoro o nelle parti in cui l’allarme è necessario. Nelle parti in cui il livello di
rumore può essere elevato, o nelle situazioni in cui il solo allarme acustico non
è sufficiente, devono essere installate, in aggiunta agli allarmi acustici, anche le
segnalazioni ottiche.
Il numero e la capacità estinguente degli estintori portatili devono rispon-
dere ai valori indicati nella Tabella 10.1, per quanto attiene gli incendi di classe
A e B e ai criteri di seguito indicati:
• il numero dei piani (non meno di un estintore per ciascun piano);
• la superficie in pianta;
• lo specifico pericolo di incendio (classe di incendio);

86
Capitolo 10 – Misure antincendio specifiche per gli uffici

• la distanza che una persona deve percorrere per utilizzare un estintore (non
superiore a 30 m).
Gli estintori portatili devono essere ubicati preferibilmente lungo le vie di
uscita, in prossimità delle uscite e fissati a muro.
Il piano di emergenza, obbligatorio per i luoghi di lavoro ove sono occu-
pati almeno dieci lavoratori, deve includere, oltre a quanto già indicato nel capi-
tolo precedente, le procedure per un’adeguata assistenza alle persone disabili
che utilizzano sedie a rotelle, a quelle con mobilità limitata e a quelle con visibi-
lità o udito limitati (lavoratori o eventuali persone del pubblico).
Va infine sottolineato che, all’interno delle strutture ove sono presenti gli
uffici, possono essere presenti attività soggette al controllo dei Vigili del Fuo-
co, comprese nell’elenco del D.M. 16 febbraio 1982 (cfr. Capitolo 6), quali:
• attività n. 43: depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici, nonché depo-
siti per la cernita della carta usata, di stracci di cascami e di fibre tessili per
l’industria della carta con quantitativi superiori a 50 q;
• attività n. 64: gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con
motori endotermici di potenza complessiva superiore a 25 kw;
• attività n. 82: centrali elettroniche per l’archiviazione e l’elaborazione di
dati con oltre venticinque addetti;
• attività n. 89: aziende e uffici nei quali siano occupati oltre 500 addetti;
• attività n. 91: impianti per la produzione del calore alimentati a combustibi-
le solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 100.000 kcal/h;
• attività n. 92: autorimesse private con più di nove autoveicoli, autorimesse
pubbliche, ricoveri di natanti, ricoveri di aeromobili;
• attività n. 94: edifici destinati a civile abitazione con altezza in gronda su-
periore a 24 m;
• attività n. 95: vani di ascensori e montacarichi in servizio privato, aventi
corsa sopra il piano terreno maggiore di 20 m, installati in edifici civili a-
venti altezza in gronda maggiore di 24 m e quelli installati in edifici indu-
striali di cui all’art. 9 del D.P.R. 29 maggio 1963, n. 1497.

87
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Figure e Tabelle

Tabella 10.1 – Superficie protetta da un estintore

Superficie protetta dall’estintore (in m2)


Tipo di estintore
Rischio basso Rischio medio Rischio alto

13 A – 89 B 100 – –

21 A – 113 B 150 100 –

34 A – 144 B 200 150 100

55 A – 233 B 250 200 200

88
APPENDICE DI DOCUMENTAZIONE

− Decreto ministeriale 10 marzo 1998

− Decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37

− Decreto ministeriale 16 febbraio 1982


D.M. 10 marzo 1998

D.M. 10 marzo 1998(1).


Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione
dell’emergenza nei luoghi di lavoro

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 7 aprile 1998, n. 81, S.O.

IL MINISTRO DELL’INTERNO
di concerto con
IL MINISTRO DEL LAVORO
E DELLA PREVIDENZA SOCIALE
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547;
Vista la legge 26 luglio 1965, n. 966;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;
Visto il decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242;
Vista la legge 30 novembre 1996, n. 609;
In attuazione di quanto disposto dall’art. 13 del citato decreto legislativo 19 set-
tembre 1994, n. 626;
Decreta:

1. Oggetto – Campo di applicazione.


1. Il presente decreto stabilisce, in attuazione al disposto dell’art. 13, comma 1,
del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 , i criteri per la valutazione dei
rischi di incendio nei luoghi di lavoro ed indica le misure di prevenzione e di
protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l’insorgenza di un incendio
e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi.
2. Il presente decreto si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro
come definiti dall’art. 30, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 19 settem-
bre 1994, n. 626 , come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n.
242 , di seguito denominato decreto legislativo n. 626 del 1994 .
3. Per le attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili di cui al decre-
to legislativo 14 agosto 1996, n. 494 , e per le attività industriali di cui all’art. 1
del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 , e succes-
sive modifiche, soggette all’obbligo della dichiarazione ovvero della notifica, ai
sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le disposizioni di cui al presente de-
creto si applicano limitatamente alle prescrizioni di cui agli articoli 6 e 7.

91
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

2. Valutazione dei rischi di incendio.


1. La valutazione dei rischi di incendio e le conseguenti misure di prevenzione e
protezione, costituiscono parte specifica del documento di cui all’art. 4, comma
2, del decreto legislativo n. 626 del 1994 .
2. Nel documento di cui al comma 1 sono altresì riportati i nominativi dei lavo-
ratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antin-
cendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di
cui all’art. 10, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del 1994 .
3. La valutazione dei rischi di incendio può essere effettuata in conformità ai
criteri di cui all’allegato I.
4. Nel documento di valutazione dei rischi il datore di lavoro valuta il livello di
rischio di incendio del luogo di lavoro e, se del caso, di singole parti del luogo
medesimo, classificando tale livello in una delle seguenti categorie, in confor-
mità ai criteri di cui all’allegato I:
a) livello di rischio elevato;
b) livello di rischio medio;
c) livello di rischio basso.

3. Misure preventive, protettive e precauzionali di esercizio.


1. All’esito della valutazione dei rischi di incendio, il datore di lavoro adotta le
misure finalizzate a:
a) ridurre la probabilità di insorgenza di un incendio secondo i criteri di cui
all’allegato II;
b) realizzare le vie e le uscite di emergenza previste dall’art. 13 del decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 , di seguito denominato de-
creto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955 , così come modificato
dall’art. 33 del decreto legislativo n. 626 del 1994 , per garantire l’esodo delle
persone in sicurezza in caso di incendio, in conformità ai requisiti di cui
all’allegato III;
c) realizzare le misure per una rapida segnalazione dell’incendio al fine di ga-
rantire l’attivazione dei sistemi di allarme e delle procedure di intervento, in
conformità ai criteri di cui all’allegato IV;
d) assicurare l’estinzione di un incendio in conformità ai criteri di cui al-
l’allegato V;
e) garantire l’efficienza dei sistemi di protezione antincendio secondo i criteri di
cui all’allegato VI;
f) fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di in-
cendio secondo i criteri di cui all’allegato VII.
2. Per le attività soggette al controllo da parte dei Comandi provinciali dei vigili
del fuoco ai sensi dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.
577 , le disposizioni del presente articolo si applicano limitatamente al comma
1, lettere a), e) ed f).

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D.M. 10 marzo 1998

4. Controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio.


1. Gli interventi di manutenzione ed i controlli sugli impianti e sulle attrezzature
di protezione antincendio sono effettuati nel rispetto delle disposizioni legislati-
ve e regolamentari vigenti, delle norme di buona tecnica emanate dagli organi-
smi di normalizzazione nazionali o europei o, in assenza di dette norme di buo-
na tecnica, delle istruzioni fornite dal fabbricante e/o dall’installatore.

5. Gestione dell’emergenza in caso di incendio.


1. All’esito della valutazione dei rischi d’incendio, il datore di lavoro adotta le
necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio ripor-
tandole in un piano di emergenza elaborato in conformità ai criteri di cui
all’allegato VIII.
2. Ad eccezione delle aziende di cui all’art. 3, comma 2, del presente decreto,
per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, il datore di la-
voro non è tenuto alla redazione del piano di emergenza, ferma restando
l’adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso
di incendio.

6. Designazione degli addetti al servizio antincendio.


1. All’esito della valutazione dei rischi d’incendio e sulla base del piano di e-
mergenza, qualora previsto, il datore di lavoro designa uno o più lavoratori inca-
ricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e
gestione delle emergenze, ai sensi dell’art. 4, comma 5, lettera a), del decreto
legislativo n. 626 del 1994 , o se stesso nei casi previsti dall’art. 10 del decreto
suddetto.
2. I lavoratori designati devono frequentare il corso di formazione di cui al suc-
cessivo art. 7.
3. I lavoratori designati ai sensi del comma 1, nei luoghi di lavoro ove si svol-
gono le attività riportate nell’allegato X, devono conseguire l’attestato di idonei-
tà tecnica di cui all’art. 3 della legge 28 novembre 1996, n. 609.
4. Fermo restando l’obbligo di cui al comma precedente, qualora il datore di la-
voro, su base volontaria, ritenga necessario che l’idoneità tecnica del personale
di cui al comma 1 sia comprovata da apposita attestazione, la stessa dovrà esse-
re acquisita secondo le procedure di cui all’art. 3 della legge 28 novembre 1996,
n. 609.

7. Formazione degli addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e


gestione dell’emergenza.
1. I datori di lavoro assicurano la formazione dei lavoratori addetti alla preven-
zione incendi, lotta antincendio e gestione dell’emergenza secondo quanto pre-
visto nell’allegato IX.

93
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

8. Disposizioni transitorie e finali.


1. Fatte salve le disposizioni dell’art. 31 del decreto legislativo n. 626 del 1994,
i luoghi di lavoro costruiti od utilizzati anteriormente alla data di entrata in vi-
gore del presente decreto, con esclusione di quelli di cui all’art. 1, comma 3, e
art. 3, comma 2, del presente decreto, devono essere adeguati alle prescrizioni
relative alle vie di uscita da utilizzare in caso di emergenza, di cui all’art. 3,
comma 1, lettera b), entro 2 anni dalla data di entrata in vigore del presente de-
creto.
2. Sono fatti salvi i corsi di formazione degli addetti alla prevenzione incendi,
lotta antincendio e gestione delle emergenze, ultimati entro la data di entrata in
vigore del presente decreto.

9. Entrata in vigore.
1. Il presente decreto entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Allegato I
LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE
DEI RISCHI DI INCENDIO NEI LUOGHI
DI LAVORO

1.1 – Generalità
Nel presente allegato sono stabiliti i criteri generali per procedere alla valuta-
zione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro. L’applicazione dei criteri ivi ri-
portati non preclude l’utilizzo di altre metodologie di consolidata validità.
1.2 – Definizioni
Ai fini del presente decreto si definisce:
– Pericolo di incendio: proprietà o qualità intrinseca di determinati materiali o
attrezzature, oppure di metodologie e pratiche di lavoro o di utilizzo di un am-
biente di lavoro, che presentano il potenziale di causare un incendio;
– Rischio di incendio: probabilità che sia raggiunto il livello potenziale di acca-
dimento di un incendio e che si verifichino conseguenze dell’incendio sulle per-
sone presenti;
– Valutazione dei rischi di incendio: procedimento di valutazione dei rischi di
incendio in un luogo di lavoro, derivante dalle circostanze del verificarsi di un
pericolo di incendio.
1.3 – Obiettivi della valutazione dei rischi di incendio
La valutazione dei rischi di incendio deve consentire al datore di lavoro di pren-
dere i provvedimenti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la si-
curezza dei lavoratori e delle altre persone presenti nel luogo di lavoro.
Questi provvedimenti comprendono:

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D.M. 10 marzo 1998

– la prevenzione dei rischi;


– l’informazione dei lavoratori e delle altre persone presenti;
– la formazione dei lavoratori;
– le misure tecnico–organizzative destinate a porre in atto i provvedimenti ne-
cessari.
La prevenzione dei rischi costituisce uno degli obiettivi primari della valutazio-
ne dei rischi. Nei casi in cui non è possibile eliminare i rischi, essi devono esse-
re diminuiti nella misura del possibile e devono essere tenuti sotto controllo i ri-
schi residui, tenendo conto delle misure generali di tutela di cui all’art. 3 del de-
creto legislativo n. 626 del 1994 .
La valutazione del rischio di incendio tiene conto:
a) del tipo di attività;
b) dei materiali immagazzinati e manipolati;
c) delle attrezzature presenti nel luogo di lavoro compresi gli arredi;
d) delle caratteristiche costruttive del luogo di lavoro compresi i materiali di ri-
vestimento;
e) delle dimensioni e dell’articolazione del luogo di lavoro;
f) del numero di persone presenti, siano esse lavoratori dipendenti che altre per-
sone, e della loro prontezza ad allontanarsi in caso di emergenza.
1.4 – Criteri per procedere alla valutazione dei rischi di incendio
La valutazione dei rischi di incendio si articola nelle seguenti fasi:
a) individuazione di ogni pericolo di incendio (p.e. sostanze facilmente combu-
stibili e infiammabili, sorgenti di innesco, situazioni che possono determinare la
facile propagazione dell’incendio);
b) individuazione dei lavoratori e di altre persone presenti nel luogo di lavoro
esposte a rischi di incendio;
c) eliminazione o riduzione dei pericoli di incendio;
d) valutazione del rischio residuo di incendio;
e) verifica della adeguatezza delle misure di sicurezza esistenti ovvero indivi-
duazione di eventuali ulteriori provvedimenti e misure necessarie ad eliminare o
ridurre i rischi residui di incendio.
1.4.1 – Identificazione dei pericoli di incendio
1.4.1.1 – Materiali combustibili e/o infiammabili
I materiali combustibili se sono in quantità limitata, correttamente manipolati e
depositati in sicurezza, possono non costituire oggetto di particolare valutazio-
ne.
Alcuni materiali presenti nei luoghi di lavoro costituiscono pericolo potenziale
poiché essi sono facilmente combustibili od infiammabili o possono facilitare il
rapido sviluppo di un incendio. A titolo esemplificativo essi sono:
– vernici e solventi infiammabili;
– adesivi infiammabili;
– gas infiammabili;

95
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

– grandi quantitativi di carta e materiali di imballaggio;


– materiali plastici, in particolare sotto forma di schiuma;
– grandi quantità di manufatti infiammabili;
– prodotti chimici che possono essere da soli infiammabili o che possono reagi-
re con altre sostanze provocando un incendio;
– prodotti derivati dalla lavorazione del petrolio;
– vaste superfici di pareti o solai rivestite con materiali facilmente combustibili.
1.4.1.2 – Sorgenti di innesco
Nei luoghi di lavoro possono essere presenti anche sorgenti di innesco e fonti di
calore che costituiscono cause potenziali di incendio o che possono favorire la
propagazione di un incendio. Tali fonti, in alcuni casi, possono essere di imme-
diata identificazione mentre, in altri casi, possono essere conseguenza di difetti
meccanici od elettrici. A titolo esemplificativo si citano:
– presenza di fiamme o scintille dovute a processi di lavoro, quali taglio, affila-
tura, saldatura;
– presenza di sorgenti di calore causate da attriti;
– presenza di macchine ed apparecchiature in cui si produce calore non installa-
te e utilizzate secondo le norme di buona tecnica;
– uso di fiamme libere;
– presenza di attrezzature elettriche non installate e utilizzate secondo le norme
di buona tecnica.
1.4.2 – Identificazione dei lavoratori e di altre persone presenti esposti a ri-
schio di incendio
Nelle situazioni in cui si verifica che nessuna persona sia particolarmente espo-
sta a rischio, in particolare per i piccoli luoghi di lavoro, occorre solamente se-
guire i criteri generali finalizzati a garantire per chiunque una adeguata sicurez-
za antincendio.
Occorre tuttavia considerare attentamente i casi in cui una o più persone siano
esposte a rischi particolari in caso di incendio, a causa della loro specifica fun-
zione o per il tipo di attività nel luogo di lavoro. A titolo di esempio si possono
citare i casi in cui:
– siano previste aree di riposo;
– sia presente pubblico occasionale in numero tale da determinare situazione di
affollamento;
– siano presenti persone la cui mobilità, udito o vista sia limitata;
– siano presenti persone che non hanno familiarità con i luoghi e con le relative
vie di esodo;
– siano presenti lavoratori in aree a rischio specifico di incendio;
– siano presenti persone che possono essere incapaci di reagire prontamente in
caso di incendio o possono essere particolarmente ignare del pericolo causato da
un incendio, poiché lavorano in aree isolate e le relative vie di esodo sono lun-
ghe e di non facile praticabilità.

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D.M. 10 marzo 1998

1.4.3 – Eliminazione o riduzione dei pericoli di incendio


Per ciascun pericolo di incendio identificato, è necessario valutare se esso possa
essere:
– eliminato;
– ridotto;
– sostituito con alternative più sicure;
– separato o protetto dalle altre parti del luogo di lavoro, tenendo presente il li-
vello globale di rischio per la vita delle persone e le esigenze per la corretta
conduzione dell’attività.
Occorre stabilire se tali provvedimenti, qualora non siano adempimenti di legge,
debbano essere realizzati immediatamente o possano far parte di un programma
da realizzare nel tempo.
1.4.3.1 – Criteri per ridurre i pericoli causati da materiali e sostanze infiamma-
bili e/o combustibili
I criteri possono comportare l’adozione di una o più delle seguenti misure:
– rimozione o significativa riduzione dei materiali facilmente combustibili ed
altamente infiammabili ad un quantitativo richiesto per la normale conduzione
dell’attività;
– sostituzione dei materiali pericolosi con altri meno pericolosi;
– immagazzinamento dei materiali infiammabili in locali realizzati con strutture
resistenti al fuoco, e, dove praticabile, conservazione della scorta per l’uso gior-
naliero in contenitori appositi;
– rimozione o sostituzione dei materiali di rivestimento che favoriscono la pro-
pagazione dell’incendio;
– riparazione dei rivestimenti degli arredi imbottiti in modo da evitare l’innesco
diretto dell’imbottitura;
– miglioramento del controllo del luogo di lavoro e provvedimenti per
l’eliminazione dei rifiuti e degli scarti.
1.4.3.2 – Misure per ridurre i pericoli causati da sorgenti di calore
Le misure possono comportare l’adozione di uno o più dei seguenti provvedi-
menti:
– rimozione delle sorgenti di calore non necessarie;
– sostituzione delle sorgenti di calore con altre più sicure;
– controllo dell’utilizzo dei generatori di calore secondo le istruzioni dei co-
struttori;
– schermaggio delle sorgenti di calore valutate pericolose tramite elementi resi-
stenti al fuoco;
– installazione e mantenimento in efficienza dei dispositivi di protezione;
– controllo della conformità degli impianti elettrici alle normative tecniche vi-
genti;
– controllo relativo alla corretta manutenzione di apparecchiature elettriche e
meccaniche;

97
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

– riparazione o sostituzione delle apparecchiature danneggiate;


– pulizia e riparazione dei condotti di ventilazione e canne fumarie;
– adozione, dove appropriato, di un sistema di permessi di lavoro da effettuarsi
a fiamma libera nei confronti di addetti alla manutenzione ed appaltatori;
– identificazione delle aree dove è proibito fumare e regolamentazione sul fumo
nelle altre aree;
– divieto dell’uso di fiamme libere nelle aree ad alto rischio.
1.4.4 – Classificazione del livello di rischio di incendio
Sulla base della valutazione dei rischi è possibile classificare il livello di rischio
di incendio dell’intero luogo di lavoro o di ogni parte di esso: tale livello può
essere basso, medio o elevato.
A) Luoghi di lavoro a rischio di incendio basso
Si intendono a rischio di incendio basso i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui
sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e di
esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di princìpi di incendio ed in cui,
in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi li-
mitata.
B) Luoghi di lavoro a rischio di incendio medio
Si intendono a rischio di incendio medio i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui
sono presenti sostanze infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio che
possono favorire lo sviluppo di incendi, ma nei quali, in caso di incendio, la
probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata. Si riportano in al-
legato IX, esempi di luoghi di lavoro a rischio di incendio medio.
C) Luoghi di lavoro a rischio di incendio elevato
Si intendono a rischio di incendio elevato i luoghi di lavoro o parte di essi, in
cui:
– per presenza di sostanze altamente infiammabili e/o per le condizioni locali
e/o di esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendi e nella fa-
se iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non
è possibile la classificazione come luogo a rischio di incendio basso o medio.
Tali luoghi comprendono:
– aree dove i processi lavorativi comportano l’utilizzo di sostanze altamente in-
fiammabili (p.e. impianti di verniciatura), o di fiamme libere, o la produzione di
notevole calore in presenza di materiali combustibili;
– aree dove c’è deposito o manipolazione di sostanze chimiche che possono, in
determinate circostanze, produrre reazioni esotermiche, emanare gas o vapori
infiammabili, o reagire con altre sostanze combustibili;
– aree dove vengono depositate o manipolate sostanze esplosive o altamente in-
fiammabili;
– aree dove c’è una notevole quantità di materiali combustibili che sono facil-
mente incendiabili;
– edifici interamente realizzati con strutture in legno.

98
D.M. 10 marzo 1998

Al fine di classificare un luogo di lavoro o una parte di esso come avente rischio
di incendio elevato occorre inoltre tenere presente che:
a) molti luoghi di lavoro si classificano della stessa categoria di rischio in ogni
parte. Ma una qualunque area a rischio elevato può elevare il livello di rischio
dell’intero luogo di lavoro, salvo che l’area interessata sia separata dal resto del
luogo attraverso elementi separanti resistenti al fuoco;
b) una categoria di rischio elevata può essere ridotta se il processo di lavoro è
gestito accuratamente e le vie di esodo sono protette contro l’incendio;
c) nei luoghi di lavoro grandi o complessi, è possibile ridurre il livello di rischio
attraverso misure di protezione attiva di tipo automatico quali impianti automa-
tici di spegnimento, impianti automatici di rivelazione incendi o impianti di e-
strazione fumi.
Vanno inoltre classificati come luoghi a rischio di incendio elevato quei locali
ove, indipendentemente dalla presenza di sostanze infiammabili e dalla facilità
di propagazione delle fiamme, l’affollamento degli ambienti, lo stato dei luoghi
o le limitazioni motorie delle persone presenti, rendono difficoltosa
l’evacuazione in caso di incendio.
Si riportano in allegato IX, esempi di luoghi di lavoro a rischio di incendio ele-
vato.
1.4.5 – Adeguatezza delle misure di sicurezza
Nelle attività soggette al controllo obbligatorio da parte dei Comandi provinciali
dei vigili del fuoco, che hanno attuato le misure previste dalla vigente normati-
va, in particolare per quanto attiene il comportamento al fuoco delle strutture e
dei materiali, compartimentazioni, vie di esodo, mezzi di spegnimento, sistemi
di rivelazione ed allarme, impianti tecnologici, è da ritenere che le misure attua-
te in conformità alle vigenti disposizioni siano adeguate. Per le restanti attività,
fermo restando l’obbligo di osservare le normative vigenti ad esse applicabili,
ciò potrà invece essere stabilito seguendo i criteri relativi alle misure di preven-
zione e protezione riportati nel presente allegato.
Qualora non sia possibile il pieno rispetto delle misure previste nel presente al-
legato, si dovrà provvedere ad altre misure di sicurezza compensative. In gene-
rale l’adozione di una o più delle seguenti misure possono essere considerate
compensative:
A) Vie di esodo
1) riduzione del percorso di esodo;
2) protezione delle vie di esodo;
3) realizzazione di ulteriori percorsi di esodo e di uscite;
4) installazione di ulteriore segnaletica;
5) potenziamento dell’illuminazione di emergenza;
6) messa in atto di misure specifiche per persone disabili;
7) incremento del personale addetto alla gestione dell’emergenza ed al-
l’attuazione delle misure per l’evacuazione;

99
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

8) limitazione dell’affollamento.
B) Mezzi ed impianti di spegnimento
1) realizzazione di ulteriori approntamenti, tenendo conto dei pericoli specifici;
2) installazione di impianti di spegnimento automatico.
C) Rivelazione ed allarme antincendio
1) installazione di un sistema di allarme più efficiente (p.e. sostituendo un al-
larme azionato manualmente con uno di tipo automatico);
2) riduzione della distanza tra i dispositivi di segnalazione manuale di incendio;
3) installazione di impianto automatico di rivelazione incendio;
4) miglioramento del tipo di allenamento in caso di incendio (p.e. con segnali
ottici in aggiunta a quelli sonori, con sistemi di diffusione messaggi tramite al-
toparlante, etc.);
5) nei piccoli luoghi di lavoro, risistemazione delle attività in modo che un
qualsiasi principio di incendio possa essere individuato immediatamente dalle
persone presenti.
D) Informazione e formazione
1) predisposizione di un programma di controllo e di regolare manutenzione dei
luoghi di lavoro;
2) emanazione di specifiche disposizioni per assicurare la necessaria informa-
zione sulla sicurezza antincendio agli appaltatori esterni ed al personale dei ser-
vizi di pulizia e manutenzione;
3) controllo che specifici corsi di aggiornamento siano forniti al personale che
usa materiali facilmente combustibili, sostanze infiammabili o sorgenti di calore
in aree ad elevato rischio di incendio;
4) realizzazione dell’addestramento antincendio per tutti i lavoratori.
1.5 – Redazione della valutazione dei rischi di incendio
Nella redazione della valutazione dei rischi deve essere indicato, in particolare:
– la data di effettuazione della valutazione;
– i pericoli identificati;
– i lavoratori ed altre persone a rischio particolare identificati;
– le conclusioni derivanti dalla valutazione.
1.6 – Revisione della valutazione dei rischi di incendio
La procedura di valutazione dei rischi di incendio richiede un aggiornamento in
relazione alla variazione dei fattori di rischio individuati.
Il luogo di lavoro deve essere tenuto continuamente sotto controllo per assicura-
re che le misure di sicurezza antincendio esistenti e la valutazione del rischio
siano affidabili.
La valutazione del rischio deve essere oggetto di revisione se c’è un significati-
vo cambiamento nell’attività, nei materiali utilizzati o depositati, o quando
l’edificio è oggetto di ristrutturazioni o ampliamenti.

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Allegato II
MISURE INTESE A RIDURRE LA PROBABILITÀ
DI INSORGENZA DEGLI INCENDI

2.1 – Generalità
All’esito della valutazione dei rischi devono essere adottate una o più tra le se-
guenti misure intese a ridurre la probabilità di insorgenza degli incendi:
A) Misure di tipo tecnico:
– realizzazione di impianti elettrici realizzati a regola d’arte;
– messa a terra di impianti, strutture e masse metalliche, al fine di evitare la
formazione di cariche elettrostatiche;
– realizzazione di impianti di protezione contro le scariche atmosferiche con-
formemente alle regole dell’arte;
– ventilazione degli ambienti in presenza di vapori, gas o polveri infiammabili;
– adozione di dispositivi di sicurezza.
B) Misure di tipo organizzativo-gestionale:
– rispetto dell’ordine e della pulizia;
– controlli sulle misure di sicurezza;
– predisposizione di un regolamento interno sulle misure di sicurezza da osser-
vare;
– informazione e formazione dei lavoratori.
Per adottare adeguate misure di sicurezza contro gli incendi, occorre conoscere
le cause ed i pericoli più comuni che possono determinare l’insorgenza di un in-
cendio e la sua propagazione.
2.2 – Cause e pericoli di incendio più comuni
A titolo esemplificativo si riportano le cause ed i pericoli di incendio più comu-
ni:
a) deposito di sostanze infiammabili o facilmente combustibili in luogo non i-
doneo o loro manipolazione senza le dovute cautele;
b) accumulo di rifiuti, carta od altro materiale combustibile che può essere in-
cendiato accidentalmente o deliberatamente;
c) negligenza relativamente all’uso di fiamme libere e di apparecchi generatori
di calore;
d) inadeguata pulizia delle aree di lavoro e scarsa manutenzione delle apparec-
chiature;
e) uso di impianti elettrici difettosi o non adeguatamente protetti;
f) riparazioni o modifiche di impianti elettrici effettuate da persone non qualifi-
cate;
g) presenza di apparecchiature elettriche sotto tensione anche quando non sono
utilizzate (salvo che siano progettate per essere permanentemente in servizio);
h) utilizzo non corretto di apparecchi di riscaldamento portatili;

101
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

i) ostruzione delle aperture di ventilazione di apparecchi di riscaldamento, mac-


chinari, apparecchiature elettriche e di ufficio;
j) presenza di fiamme libere in aree ove sono proibite, compreso il divieto di
fumo o il mancato utilizzo di portacenere;
k) negligenze di appaltatori o degli addetti alla manutenzione;
l) inadeguata formazione professionale del personale sull’uso di materiali od at-
trezzature pericolose ai fini antincendio.
Al fine di predisporre le necessarie misure per prevenire gli incendi, si riportano
di seguito alcuni degli aspetti su cui deve essere posta particolare attenzione:
– deposito ed utilizzo di materiali infiammabili e facilmente combustibili;
– utilizzo di fonti di calore;
– impianti ed apparecchi elettrici;
– presenza di fumatori;
– lavori di manutenzione e di ristrutturazione;
– rifiuti e scarti combustibili;
– aree non frequentate.
2.3 – Deposito ed utilizzo di materiali infiammabili e facilmente combustibili
Dove è possibile, occorre che il quantitativo dei materiali infiammabili o facil-
mente combustibili sia limitato a quello strettamente necessario per la normale
conduzione dell’attività e tenuto lontano dalle vie di esodo.
I quantitativi in eccedenza devono essere depositati in appositi locali od aree de-
stinate unicamente a tale scopo.
Le sostanze infiammabili, quando possibile, dovrebbero essere sostituite con al-
tre meno pericolose (per esempio adesivi a base minerale dovrebbero essere so-
stituiti con altri a base acquosa).
Il deposito di materiali infiammabili deve essere realizzato in luogo isolato o in
locale separato dal restante tramite strutture resistenti al fuoco e vani di comuni-
cazione muniti di porte resistenti al fuoco.
I lavoratori che manipolano sostanze infiammabili o chimiche pericolose devo-
no essere adeguatamente addestrati sulle misure di sicurezza da osservare.
I lavoratori devono essere anche a conoscenza delle proprietà delle sostanze e
delle circostanze che possono incrementare il rischio di incendio.
I materiali di pulizia, se combustibili, devono essere tenuti in appositi ripostigli
o locali.
2.4 – Utilizzo di fonti di calore
I generatori di calore devono essere utilizzati in conformità alle istruzioni dei
costruttori. Speciali accorgimenti necessitano quando la fonte di calore è utiliz-
zata per riscaldare sostanze infiammabili (p.e. l’impiego di oli e grassi in appa-
recchi di cottura).
I luoghi dove si effettuano lavori di saldatura o di taglio alla fiamma, devono
essere tenuti liberi da materiali combustibili ed è necessario tenere sotto control-
lo le eventuali scintille.

102
D.M. 10 marzo 1998

I condotti di aspirazione di cucine, forni, seghe, molatrici, devono essere tenuti


puliti per evitare l’accumulo di grassi o polveri.
I bruciatori dei generatori di calore devono essere utilizzati e mantenuti in effi-
cienza secondo le istruzioni del costruttore.
Ove prevista la valvola di intercettazione di emergenza del combustibile deve
essere oggetto di manutenzione e controlli regolari.
2.5 – Impianti ed attrezzature elettriche
I lavoratori devono riservare istruzioni sul corretto uso delle attrezzature e degli
impianti elettrici.
Nel caso debba provvedersi ad una alimentazione provvisoria di una apparec-
chiatura elettrica, il cavo elettrico deve avere la lunghezza strettamente necessa-
ria ed essere posizionato in modo da evitare possibili danneggiamenti.
Le riparazioni elettriche devono essere effettuate da personale competente e
qualificato.
I materiali facilmente combustibili ed infiammabili non devono essere ubicati in
prossimità di apparecchi di illuminazione, in particolare dove si effettuano tra-
vasi di liquidi.
2.6 – Apparecchi individuali o portatili di riscaldamento
Per quanto riguarda gli apparecchi di riscaldamento individuali o portatili, le
cause più comuni di incendio includono il mancato rispetto di misure precau-
zionali, quali ad esempio:
a) il mancato rispetto delle istruzioni di sicurezza quando si utilizzano o si sosti-
tuiscono i recipienti di g.p.l.;
b) il deposito di materiali combustibili sopra gli apparecchi di riscaldamento;
c) il posizionamento degli apparecchi portatili di riscaldamento vicino a mate-
riali combustibili;
d) le negligenze nelle operazioni di rifornimento degli apparecchi alimentati a
kerosene.
L’utilizzo di apparecchi di riscaldamento portatili deve avvenire previo control-
lo della loro efficienza, in particolare legata alla corretta alimentazione.
2.7 – Presenza di fumatori
Occorre identificare le aree dove il fumare può costituire pericolo di incendio e
disporne il divieto, in quanto la mancanza di disposizioni a riguardo è una delle
principali cause di incendi.
Nelle aree ove è consentito fumare, occorre mettere a disposizione portacenere
che dovranno essere svuotati regolarmente.
I portacenere non debbono essere svuotati in recipienti costituiti da materiali fa-
cilmente combustibili, né il loro contenuto deve essere accumulato con altri ri-
fiuti.
Non deve essere permesso di fumare nei depositi e nelle aree contenenti mate-
riali facilmente combustibili od infiammabili.
2.8 – Lavori di manutenzione e di ristrutturazione

103
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

A titolo esemplificativo si elencano alcune delle problematiche da prendere in


considerazione in relazione alla presenza di lavori di manutenzione e di ristrut-
turazione:
a) accumulo di materiali combustibili;
b) ostruzione delle vie di esodo;
c) bloccaggio in apertura delle porte resistenti al fuoco;
d) realizzazione di aperture su solai o murature resistenti al fuoco.
All’inizio della giornata lavorativa occorre assicurarsi che l’esodo delle persone
dal luogo di lavoro sia garantito. Alla fine della giornata lavorativa deve essere
effettuato un controllo per assicurarsi che le misure antincendio siano state po-
ste in essere e che le attrezzature di lavoro, sostanze infiammabili e combustibi-
li, siano messe al sicuro e che non sussistano condizioni per l’innesco di un in-
cendio.
Particolare attenzione deve essere prestata dove si effettuano lavori a caldo (sal-
datura od uso di fiamme libere). Il luogo ove si effettuano tali lavori a caldo de-
ve essere oggetto di preventivo sopralluogo per accertare che ogni materiale
combustibile sia stato rimosso o protetto contro calore e scintille. Occorre met-
tere a disposizione estintori portatili ed informare gli addetti al lavoro sul siste-
ma di allarme antincendio esistente. Ogni area dove è stato effettuato un lavoro
a caldo deve essere ispezionata dopo l’ultimazione dei lavori medesimi per assi-
curarsi che non ci siano materiali accesi o braci.
Le sostanze infiammabili devono essere depositate in luogo sicuro e ventilato. I
locali ove tali sostanze vengono utilizzate devono essere ventilati e tenuti liberi
da sorgenti di ignizione. Il fumo e l’uso di fiamme libere deve essere vietato
quando si impiegano tali prodotti.
Le bombole di gas, quando non sono utilizzate, non devono essere depositate
all’interno del luogo di lavoro.
Nei luoghi di lavoro dotati di impianti automatici di rivelazione incendi, occorre
prendere idonee precauzioni per evitare falsi allarmi durante i lavori di manu-
tenzione e ristrutturazione.
Al termine dei lavori il sistema di rivelazione ed allarme deve essere provato.
Particolari precauzioni vanno adottate nei lavori di manutenzione e risistema-
zione su impianti elettrici e di adduzione del gas combustibile.
2.9 – Rifiuti e scarti di lavorazione combustibili
I rifiuti non devono essere depositati, neanche in via temporanea, lungo le vie di
esodo (corridoi, scale, disimpegni) o dove possano entrare in contatto con sor-
genti di ignizione.
L’accumulo di scarti di lavorazione deve essere evitato ed ogni scarto o rifiuto
deve essere rimosso giornalmente e depositato in un’area idonea preferibilmente
fuori dell’edificio.
2.10 – Aree non frequentate

104
D.M. 10 marzo 1998

Le aree del luogo di lavoro che normalmente non sono frequentate da personale
(cantinati, locali deposito) ed ogni area dove un incendio potrebbe svilupparsi
senza poter essere individuato rapidamente, devono essere tenute libere da ma-
teriali combustibili non essenziali e devono essere adottate precauzioni per pro-
teggere tali aree contro l’accesso di persone non autorizzate.
2.11 – Mantenimento delle misure antincendio
I lavoratori addetti alla prevenzione incendi devono effettuare regolari controlli
sui luoghi di lavoro finalizzati ad accertare l’efficienza delle misure di sicurezza
antincendio.
In proposito è opportuno predisporre idonee liste di controllo.
Specifici controlli vanno effettuati al termine dell’orario di lavoro affinché il
luogo stesso sia lasciato in condizioni di sicurezza.
Tali operazioni, in via esemplificativa, possono essere le seguenti:
a) controllare che tutte le porte resistenti al fuoco siano chiuse, qualora ciò sia
previsto;
b) controllare che le apparecchiature elettriche, che non devono restare in servi-
zio, siano messe fuori tensione;
c) controllare che tutte le fiamme libere siano spente o lasciate in condizioni di
sicurezza;
d) controllare che tutti i rifiuti e gli scarti combustibili siano stati rimossi;
e) controllare che tutti i materiali infiammabili siano stati depositati in luoghi
sicuri.
I lavoratori devono segnalare agli addetti alla prevenzione incendi ogni situa-
zione di potenziale pericolo di cui vengano a conoscenza.

Allegato III
MISURE RELATIVE ALLE VIE DI USCITA
IN CASO DI INCENDIO

3.1 – Definizioni
Ai fini del presente decreto si definisce:
– Affollamento: numero massimo ipotizzabile di lavoratori e di altre persone
presenti nel luogo di lavoro o in una determinata area dello stesso;
– Luogo sicuro: luogo dove le persone possono ritenersi al sicuro dagli effetti di
un incendio;
– Percorso protetto: percorso caratterizzato da una adeguata protezione contro
gli effetti di un incendio che può svilupparsi nella restante parte dell’edificio.
Esso può essere costituito da un corridoio protetto, da una scala protetta o da
una scala esterna.

105
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

– Uscita di piano: uscita che consente alle persone di non essere ulteriormente
esposte al rischio diretto degli effetti di un incendio e che può configurarsi come
segue:
a) uscita che immette direttamente in un luogo sicuro;
b) uscita che immette in un percorso protetto attraverso il quale può essere rag-
giunta l’uscita che immette in un luogo sicuro;
c) uscita che immette su di una scala esterna.
– Via di uscita (da utilizzare in caso di emergenza): percorso senza ostacoli al
deflusso che consente agli occupanti un edificio o un locale di raggiungere un
luogo sicuro.
3.2 – Obiettivi
Ai fini del presente decreto, tenendo conto della probabile insorgenza di un in-
cendio, il sistema di vie di uscita deve garantire che le persone possano, senza
assistenza esterna, utilizzare in sicurezza un percorso senza ostacoli e chiara-
mente riconoscibile fino ad un luogo sicuro.
Nello stabilire se il sistema di vie di uscita sia soddisfacente, occorre tenere pre-
sente:
– il numero di persone presenti, la loro conoscenza del luogo di lavoro, la loro
capacità di muoversi senza assistenza;
– dove si trovano le persone quando un incendio accade;
– i pericoli di incendio presenti nel luogo di lavoro;
– il numero delle vie di uscita alternative disponibili.
3.3 – Criteri generali di sicurezza per le vie di uscita
Ai fini del presente decreto, nello stabilire se le vie di uscita sono adeguate, oc-
corre seguire i seguenti criteri:
a) ogni luogo di lavoro deve disporre di vie di uscita alternative, ad eccezione di
quelli di piccole dimensioni o dei locali a rischio di incendio medio o basso;
b) ciascuna via di uscita deve essere indipendente dalle altre e distribuita in mo-
do che le persone possano ordinatamente allontanarsi da un incendio;
c) dove è prevista più di una via di uscita, la lunghezza del percorso per rag-
giungere la più vicina uscita di piano non dovrebbe essere superiore ai valori
sottoriportati:
– da 15 a 30 metri (tempo max. di evacuazione 1 minuto) per aree a rischio di
incendio elevato;
– da 30 a 45 metri (tempo max. di evacuazione 3 minuti) per aree a rischio di
incendio medio;
– da 45 a 60 metri (tempo max. di evacuazione 5 minuti) per aree a rischio di
incendio basso;
d) le vie di uscita devono sempre condurre ad un luogo sicuro;
e) i percorsi di uscita in un’unica direzione devono essere evitati per quanto
possibile.

106
D.M. 10 marzo 1998

Qualora non possano essere evitati, la distanza da percorrere fino ad una uscita
di piano o fino al punto dove inizia la disponibilità di due o più vie di uscita,
non dovrebbe eccedere in generale i valori sottoriportati:
– da 6 a 15 metri (tempo di percorrenza 30 secondi) per aree a rischio elevato;
– da 9 a 30 metri (tempo di percorrenza 1 minuto) per aree a rischio medio;
– da 12 a 45 metri (tempo di percorrenza 3 minuti) per aree a rischio basso.
f) quando una via di uscita comprende una porzione del percorso unidirezionale,
la lunghezza totale del percorso non potrà superare i limiti imposti alla lettera
c);
g) le vie di uscita devono essere di larghezza sufficiente in relazione al numero
degli occupanti e tale larghezza va misurata nel punto più stretto del percorso;
h) deve esistere la disponibilità di un numero sufficiente di uscite di adeguata
larghezza da ogni locale e piano dell’edificio;
i) le scale devono normalmente essere protette dagli effetti di un incendio trami-
te strutture resistenti al fuoco e porte resistenti al fuoco munite di dispositivo di
autochiusura, ad eccezione dei piccoli luoghi di lavoro a rischio di incendio me-
dio o basso, quando la distanza da un qualsiasi punto del luogo di lavoro fino
all’uscita su luogo sicuro non superi rispettivamente i valori di 45 e 60 metri (30
e 45 metri nel caso di una sola uscita);
1) le vie di uscita e le uscite di piano devono essere sempre disponibili per l’uso
e tenute libere da ostruzioni in ogni momento;
m) ogni porta sul percorso di uscita deve poter essere aperta facilmente ed im-
mediatamente dalle persone in esodo.
3.4 – Scelta della lunghezza dei percorsi di esodo
Nella scelta della lunghezza dei percorsi riportati nelle lettere c) ed e) del punto
precedente, occorre attestarsi, a parità di rischio, verso i livelli più bassi nei casi
in cui il luogo di lavoro sia:
– frequentato da pubblico;
– utilizzato prevalentemente da persone che necessitano di particolare assistenza
in caso di emergenza;
– utilizzato quale area di riposo;
– utilizzato quale area dove sono depositati e/o manipolati materiali infiamma-
bili.
Qualora il luogo di lavoro sia utilizzato principalmente da lavoratori e non vi
sono depositati e/o manipolati materiali infiammabili, a parità di livello di ri-
schio, possono essere adottate le distanze maggiori.
3.5 – Numero e larghezza delle uscite di piano
In molte situazioni è da ritenersi sufficiente disporre di una sola uscita di piano.
Eccezioni a tale principio sussistono quando:
a) l’affollamento del piano è superiore a 50 persone;

107
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

b) nell’area interessata sussistono pericoli di esplosione o specifici rischi di in-


cendio e pertanto, indipendentemente dalle dimensioni dell’area o
dall’affollamento, occorre disporre di almeno due uscite;
c) la lunghezza del percorso di uscita, in un unica direzione, per raggiungere
l’uscita di piano, in relazione al rischio di incendio, supera i valori stabiliti al
punto 3.3 lettera e).
Quando una sola uscita di piano non è sufficiente, il numero delle uscite dipen-
de dal numero delle persone presenti (affollamento) e dalla lunghezza dei per-
corsi stabilita al punto 3.3, lettera c).
Per i luoghi a rischio di incendio medio o basso, la larghezza complessiva delle
uscite di piano deve essere non inferiore a:
A
L (metri) = ---- x 0,60
50
in cui:
– «A» rappresenta il numero delle persone presenti al piano (affollamento);
– il valore 0,60 costituisce la larghezza (espressa in metri) sufficiente al transito
di una persona (modulo unitario di passaggio);
– 50 indica il numero massimo delle persone che possono defluire attraverso un
modulo unitario di passaggio, tenendo conto del tempo di evacuazione.
Il valore del rapporto A/50, se non è intero, va arrotondato al valore intero supe-
riore.
La larghezza delle uscite deve essere multipla di 0,60 metri, con tolleranza dei
5%.
La larghezza minima di una uscita non può essere inferiore a 0,80 metri (con
tolleranza del 2%) e deve essere conteggiata pari ad un modulo unitario di pas-
saggio e pertanto sufficiente all’esodo di 50 persone nei luoghi di lavoro a ri-
schio di incendio medio o basso.
Esempio 1
Affollamento di piano = 75 persone.
Larghezza complessiva delle uscite = 2 moduli da 0,60 m.
Numero delle uscite di piano = 2 da 0,80 m cadauna raggiungibili con percorsi
di lunghezza non superiore a quella fissata al punto 3.3, lettera c).
Esempio 2
Affollamento di piano = 120 persone.
Larghezza complessiva delle uscite = 3 moduli da 0,60 m.
Numero delle uscite di piano = 1 da 1,20 m + 1 da 0,80 m raggiungibili con per-
corsi di lunghezza non superiore a quella fissata al punto 3.3, lettera c).
3.6 – Numero e larghezza delle scale
Il principio generale di disporre di vie di uscita alternative si applica anche alle
scale.

108
D.M. 10 marzo 1998

Possono essere serviti da una sola scala gli edifici, di altezza antincendi non su-
periore a 24 metri (così come definita dal D.M. 30 novembre 1983), adibiti a
luoghi di lavoro con rischio di incendio basso o medio, dove ogni singolo piano
può essere servito da una sola uscita.
Per tutti gli edifici che non ricadono nella fattispecie precedente, devono essere
disponibili due o più scale, fatte salve le deroghe previste dalla vigente normati-
va.
Calcolo della larghezza delle scale
A) Se le scale servono un solo piano al di sopra o al di sotto del piano terra, la
loro larghezza non deve essere inferiore a quella delle uscite del piano servito.
B) Se le scale servono più di un piano al di sopra o al di sotto del piano terra, la
larghezza della singola scala non deve essere inferiore a quella delle uscite di
piano che si immettono nella scala, mentre la larghezza complessiva è calcolata
in relazione all’affollamento previsto in due piani contigui con riferimento a
quelli aventi maggior affollamento.
Nel caso di edifici contenenti luoghi di lavoro a rischio di incendio basso o me-
dio, la larghezza complessiva delle scale è calcolata con la seguente formula:
A*
L (metri) = ---- x 0,60
50
in cui:
A* = affollamento previsto in due piani contigui, a partire dal 1° piano f.t., con
riferimento a quelli aventi maggior affollamento.
Esempio:
Edificio costituito da 5 piani al di sopra del piano terra:
Affollamento 1° piano = 60 persone
Affollamento 2° piano = 70 persone
Affollamento 3° piano = 70 persone
Affollamento 4° piano = 80 persone
Affollamento 5° piano = 90 persone
Ogni singolo piano è servito da 2 uscite di piano.
Massimo affollamento su due piani contigui = 170 persone.
Larghezza complessiva delle scale = (170/50) x 0,60 = 2,40 m.
Numero delle scale = 2 aventi larghezza unitaria di 1,20 m.
3.7 – Misure di sicurezza alternative
Se le misure di cui ai punti 3.3, 3.4, 3.5 e 3.6 non possono essere rispettate per
motivi architettonici o urbanistici, il rischio per le persone presenti, per quanto
attiene l’evacuazione del luogo di lavoro, può essere limitato mediante
l’adozione di uno o più dei seguenti accorgimenti, da considerarsi alternativi a
quelli dei punti 3.3, 3.4, 3.5 e 3.6 solo in presenza dei suddetti impedimenti ar-
chitettonici o urbanistici:

109
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

a) risistemazione del luogo di lavoro e/o della attività, così che le persone lavo-
rino il più vicino possibile alle uscite di piano ed i pericoli non possano interdire
il sicuro utilizzo delle vie di uscita;
b) riduzione del percorso totale delle vie di uscita;
c) realizzazione di ulteriori uscite di piano;
d) realizzazione di percorsi protetti addizionali o estensione dei percorsi protetti
esistenti;
e) installazione di un sistema automatico di rivelazione ed allarme incendio per
ridurre i tempi di evacuazione.
3.8 – Misure per limitare la propagazione dell’incendio nelle vie di uscita
A) Accorgimenti per la presenza di aperture su pareti e/o solai
Le aperture o il passaggio di condotte o tubazioni, su solai, pareti e soffitti, pos-
sono contribuire in maniera significativa alla rapida propagazione di fumo,
fiamme e calore e possono impedire il sicuro utilizzo delle vie di uscita. Misure
per limitare le conseguenze di cui sopra includono:
– provvedimenti finalizzati a contenere fiamme e fumo;
– installazione di serrande tagliafuoco sui condotti.
Tali provvedimenti sono particolarmente importanti quando le tubazioni attra-
versano muri o solai resistenti al fuoco.
B) Accorgimenti per i rivestimenti di pareti e/o solai
La velocità di propagazione di un incendio lungo le superfici delle pareti e dei
soffitti può influenzare notevolmente la sicurezza globale del luogo di lavoro ed
in particolare le possibilità di uscita per le persone. Qualora lungo le vie di usci-
ta siano presenti significative quantità di materiali di rivestimento che consento-
no una rapida propagazione dell’incendio, gli stessi devono essere rimossi o so-
stituiti con materiali che presentino un migliore comportamento al fuoco.
C) Segnaletica a pavimento
Nel caso in cui un percorso di esodo attraversi una vasta area di piano, il percor-
so stesso deve essere chiaramente definito attraverso idonea segnaletica a pavi-
mento.
D) Accorgimenti per le scale a servizio di piani interrati
Le scale a servizio di piani interrati devono essere oggetto di particolari accor-
gimenti in quanto possono essere invase dal fumo e dal calore nel caso si verifi-
chi un incendio nei locali serviti, ed inoltre occorre evitare la propagazione
dell’incendio, attraverso le scale, ai piani superiori.
Preferibilmente le scale che servono i piani fuori terra non dovrebbero estender-
si anche ai piani interrati e ciò è particolarmente importante se si tratta
dell’unica scala a servizio dell’edificio. Qualora una scala serva sia piani fuori
terra che interrati, questi devono essere separati rispetto al piano terra da porte
resistenti al fuoco.
E) Accorgimenti per le scale esterne

110
D.M. 10 marzo 1998

Dove è prevista una scala esterna, è necessario assicurarsi che l’utilizzo della
stessa, al momento dell’incendio, non sia impedito dalle fiamme, fumo e calore
che fuoriescono da porte, finestre, od altre aperture esistenti sulla parete esterna
su cui è ubicata la scala.
3.9 – Porte installate lungo le vie di uscita
Le porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite di pia-
no, devono aprirsi nel verso dell’esodo.
L’apertura nel verso dell’esodo non è richiesta quando possa determinare peri-
coli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l’adozione di accorgi-
menti atti a garantire condizioni di sicurezza equivalente.
In ogni caso l’apertura nel verso dell’esodo è obbligatoria quando:
a) l’area servita ha un affollamento superiore a 50 persone;
b) la porta e situata al piede o vicino al piede di una scala;
c) la porta serve un’area ad elevato rischio di incendio.
Tutte le porte resistenti al fuoco devono essere munite di dispositivo di auto-
chiusura.
Le porte in corrispondenza di locali adibiti a depositi possono essere non dotate
di dispositivo di autochiusura, purché siano tenute chiuse a chiave.
L’utilizzo di porte resistenti al fuoco installate lungo le vie di uscita e dotate di
dispositivo di autochiusura, può in alcune situazioni determinare difficoltà sia
per i lavoratori che per altre persone che normalmente devono circolare lungo
questi percorsi. In tali circostanze le suddette porte possono essere tenute in po-
sizione aperta, tramite appositi dispositivi elettromagnetici che ne consentano il
rilascio a seguito:
– dell’attivazione di rivelatori di fumo posti in vicinanza delle porte;
– dell’attivazione di un sistema di allarme incendio;
– di mancanza di alimentazione elettrica del sistema di allarme incendio;
– di un comando manuale.
3.10 – Sistemi di apertura delle porte
Il datore di lavoro o persona addetta, deve assicurarsi, all’inizio della giornata
lavorativa, che le porte in corrispondenza delle uscite di piano e quelle da utiliz-
zare lungo le vie di esodo non siano chiuse a chiave o, nel caso siano previsti
accorgimenti antintrusione, possano essere aperte facilmente ed immediatamen-
te dall’interno senza l’uso di chiavi.
Tutte le porte delle uscite che devono essere tenute chiuse durante l’orario di la-
voro, e per le quali è obbligatoria l’apertura nel verso dell’esodo, devono aprirsi
a semplice spinta dall’interno.
Nel caso siano adottati accorgimenti antintrusione, si possono prevedere idonei
e sicuri sistemi di apertura delle porte alternativi a quelli previsti nel presente
punto. In tale circostanza tutti i lavoratori devono essere a conoscenza del parti-
colare sistema di apertura ed essere capaci di utilizzarlo in caso di emergenza.
3.11 – Porte scorrevoli e porte girevoli

111
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Una porta scorrevole non deve essere utilizzata quale porta di una uscita di pia-
no. Tale tipo di porta può però essere utilizzata, se è del tipo ad azionamento au-
tomatico e può essere aperta nel verso dell’esodo a spinta con dispositivo oppor-
tunamente segnalato e restare in posizione di apertura in mancanza di alimenta-
zione elettrica.
Una porta girevole su asse verticale non può essere utilizzata in corrispondenza
di una uscita di piano. Qualora sia previsto un tale tipo di porta, occorre che nel-
le immediate vicinanze della stessa sia installata una porta apribile a spinta op-
portunamente segnalata.
3.12 – Segnaletica indicante le vie di uscita
Le vie di uscita e le uscite di piano devono essere chiaramente indicate tramite
segnaletica conforme alla vigente normativa.
3.13 – Illuminazione delle vie di uscita
Tutte le vie di uscita, inclusi anche i percorsi esterni, devono essere adeguata-
mente illuminati per consentire la loro percorribilità in sicurezza fino all’uscita
su luogo sicuro.
Nelle aree prive di illuminazione naturale od utilizzate in assenza di illumina-
zione naturale, deve essere previsto un sistema di illuminazione di sicurezza con
inserimento automatico in caso di interruzione dell’alimentazione di rete.
3.14 – Divieti da osservare lungo le vie di uscita
Lungo le vie di uscita occorre che sia vietata l’installazione di attrezzature che
possono costituire pericoli potenziali di incendio o ostruzione delle stesse.
Si riportano di seguito esempi di installazioni da vietare lungo le vie di uscita,
ed in particolare lungo i corridoi e le scale:
– apparecchi di riscaldamento portatili di ogni tipo;
– apparecchi di riscaldamento fissi alimentati direttamente da combustibili gas-
sosi, liquidi e solidi;
– apparecchi di cottura;
– depositi temporanei di arredi;
– sistema di illuminazione a fiamma libera;
– deposito di rifiuti.
Macchine di vendita e di giuoco, nonché fotocopiatrici possono essere installate
lungo le vie di uscita, purché non costituiscano rischio di incendio né ingombro
non consentito.

Allegato IV
MISURE PER LA RIVELAZIONE E L’ALLARME
IN CASO DI INCENDIO
4.1 – Obiettivo
L’obiettivo delle misure per la rivelazione degli incendi e l’allarme è di assicu-
rare che le persone presenti nel luogo di lavoro siano avvisate di un principio di

112
D.M. 10 marzo 1998

incendio prima che esso minacci la loro incolumità. L’allarme deve dare avvio
alla procedura per l’evacuazione del luogo di lavoro nonché l’attivazione delle
procedure d’intervento.
4.2 – Misure per i piccoli luoghi di lavoro
Nei piccoli luoghi di lavoro a rischio di incendio basso o medio, il sistema per
dare l’allarme può essere semplice. Per esempio, qualora tutto il personale lavo-
ri nello stesso ambiente, un allarme dato a voce può essere adeguato.
In altre circostanze possono essere impiegati strumenti sonori ad azionamento
manuale, udibili in tutto il luogo di lavoro. Il percorso per poter raggiungere una
di tali attrezzature non deve essere superiore a 30 m. Qualora tale sistema non
sia adeguato per il luogo di lavoro, occorre installare un sistema di allarme elet-
trico a comando manuale, realizzato secondo la normativa tecnica vigente.
I pulsanti per attivare gli allarmi elettrici o altri strumenti di allarme devono es-
sere chiaramente indicati affinché i lavoratori ed altre persone presenti possano
rapidamente individuarli. Il percorso massimo per attivare un dispositivo di al-
larme manuale non deve superare 30 m.
Normalmente i pulsanti di allarme devono essere posizionati negli stessi punti
su tutti i piani e vicini alle uscite di piano, così che possano essere utilizzati dal-
le persone durante l’esodo.
4.3 – Misure per i luoghi di lavoro di grandi dimensioni o complessi
Nei luoghi di lavoro di grandi dimensioni o complessi, il sistema di allarme de-
ve essere di tipo elettrico.
Il segnale di allarme deve essere udibile chiaramente in tutto il luogo di lavoro o
in quelle parti dove l’allarme è necessario.
In quelle parti dove il livello di rumore può essere elevato, o in quelle situazioni
dove il solo allarme acustico non è sufficiente, devono essere installati in ag-
giunta agli allarmi acustici anche segnalazioni ottiche. I segnali ottici non pos-
sono mai essere utilizzati come unico mezzo di allarme.
4.4 – Procedure di allarme
Normalmente le procedure di allarme sono ad unica fase, cioè, al suono
dell’allarme, prende il via l’evacuazione totale. Tuttavia in alcuni luoghi più
complessi risulta più appropriato un sistema di allarme a più fasi per consentire
l’evacuazione in due fasi o più fasi successive. Occorre prevedere opportuni ac-
corgimenti in luoghi dove c’è notevole presenza di pubblico.
A) Evacuazione in due fasi
Un sistema di allarme progettato per una evacuazione in due fasi, dà un allarme
di evacuazione con un segnale continuo nell’area interessata dall’incendio od in
prossimità di questa, mentre le altre aree dell’edificio sono interessate da un se-
gnale di allerta intermittente, che non deve essere inteso come un segnale di e-
vacuazione totale.

113
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Qualora la situazione diventi grave, il segnale intermittente deve essere cambia-


to in segnale di evacuazione (continuo), e solo in tale circostanza la restante par-
te dell’edificio è evacuata totalmente.
B) Evacuazione a fasi successive
Un sistema di allarme basato sull’evacuazione progressiva, deve prevedere un
segnale di evacuazione (continuo) nel piano di origine dell’incendio ed in quello
immediatamente sovrastante. Gli altri piani sono solo allertati con un apposito
segnale e messaggio tramite altoparlante.
Dopo che il piano interessato dall’incendio e quello sovrastante sono stati eva-
cuati, se necessario, il segnale di evacuazione sarà esteso agli altri piani, nor-
malmente quelli posti al di sopra del piano interessato dall’incendio ed i piani
cantinati, e si provvederà ad una evacuazione progressiva piano per piano.
In edifici alti (con altezza antincendio oltre 24 metri) l’evacuazione progressiva
non può essere attuata senza prevedere una adeguata compartimentazione, si-
stemi di spegnimento automatici, sorveglianza ai piani ed un centro di controllo.
C) Sistema di allarme in luoghi con notevole presenza di pubblico
Negli ambienti di lavoro con notevole presenza di pubblico si rende spesso ne-
cessario prevedere un allarme iniziale riservato ai lavoratori addetti alla gestione
dell’emergenza ed alla lotta antincendio, in modo che questi possano tempesti-
vamente mettere in atto le procedure pianificate di evacuazione e di primo in-
tervento. In tali circostanze, idonee precauzioni devono essere prese per
l’evacuazione totale.
Mentre un allarme sonoro è normalmente sufficiente, in particolari situazioni,
con presenza di notevole affollamento di pubblico, può essere previsto anche un
apposito messaggio pre-registrato, che viene attivato dal sistema di allarme an-
tincendio tramite altoparlanti. Tale messaggio deve annullare ogni altro mes-
saggio sonoro o musicale.
4.5 – Rivelazione automatica di incendio
Lo scopo della rivelazione automatica di un incendio è di allertare le persone
presenti in tempo utile per abbandonare l’area interessata dall’incendio finché la
situazione sia ancora relativamente sicura.
Nella gran parte dei luoghi di lavoro un sistema di rivelazione incendio a co-
mando manuale può essere sufficiente, tuttavia ci sono delle circostanze in cui
una rivelazione automatica di incendio è da ritenersi essenziale ai fini della sicu-
rezza delle persone.
Nei luoghi di lavoro costituiti da attività ricettive, l’installazione di impianti di
rivelazione automatica di incendio deve essere normalmente prevista. In altri
luoghi di lavoro dove il sistema di vie di esodo non rispetta le misure indicate
nel presente allegato, si può prevedere l’installazione di un sistema automatico
di rivelazione quale misura compensativa.

114
D.M. 10 marzo 1998

Un impianto automatico di rivelazione può essere previsto in aree non frequen-


tate ove un incendio potrebbe svilupparsi ed essere scoperto solo dopo che ha
interessato le vie di esodo.
Se un allarme viene attivato, sia tramite un impianto di rivelazione automatica
che un sistema a comando manuale, i due sistemi devono essere tra loro integra-
ti.
4.6 – Impiego dei sistemi di allarme come misure compensative
Qualora, a seguito della valutazione dei rischi, un pericolo importante non possa
essere eliminato o ridotto oppure le persone siano esposte a rischi particolari,
possono essere previste le seguenti misure compensative per quanto attiene gli
allarmi:
– installazione di un impianto di allarme elettrico in sostituzione di un allarme
di tipo manuale;
– installazione di ulteriori pulsanti di allarme in un impianto di allarme elettrico,
per ridurre la distanza reciproca tra i pulsanti;
– miglioramento dell’impianto di allarme elettrico, prevedendo un sistema di al-
toparlanti o allarmi luminosi;
– installazione di un impianto automatico di rivelazione ed allarme.

Allegato V
ATTREZZATURE ED IMPIANTI
DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI

5.1 – Classificazione degli incendi


Ai fini del presente decreto, gli incendi sono classificati come segue:
– incendi di classe A: incendi di materiali solidi, usualmente di natura organica,
che portano alla formazioni di braci;
– incendi di classe B: incendi di materiali liquidi o solidi liquefacibili, quali pe-
trolio, paraffina, vernici, oli, grassi, ecc.;
– incendi di classe C: incendi di gas;
– incendi di classe D: incendi di sostanze metalliche.
Incendi di classe A
L’acqua, la schiuma e la polvere sono le sostanze estinguenti più comunemente
utilizzate per tali incendi.
Le attrezzature utilizzanti gli estinguenti citati sono estintori, naspi, idranti, od
altri impianti di estinzione ad acqua.
Incendi di classe B
Per questo tipo di incendi gli estinguenti più comunemente utilizzati sono costi-
tuiti da schiuma, polvere e anidride carbonica.
Incendi di classe C

115
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

L’intervento principale contro tali incendi è quello di bloccare il flusso di gas


chiudendo la valvola di intercettazione o otturando la falla. A tale proposito si
richiama il fatto che esiste il rischio di esplosione se un incendio di gas viene e-
stinto prima di intercettare il flusso del gas.
Incendi di classe D
Nessuno degli estinguenti normalmente utilizzati per gli incendi di classe A e B
è idoneo per incendi di sostanze metalliche che bruciano (alluminio, magnesio,
potassio, sodio). In tali incendi occorre utilizzare delle polveri speciali ed opera-
re con personale particolarmente addestrato.
Incendi di impianti ed attrezzature elettriche sotto tensione
Gli estinguenti specifici per incendi di impianti elettrici sono costituiti da polve-
ri dielettriche e da anidride carbonica.
5.2 – Estintori portatili e carrellati
La scelta degli estintori portatili e carrellati deve essere determinata in funzione
della classe di incendio e del livello di rischio del luogo di lavoro.
Il numero e la capacità estinguente degli estintori portatili devono rispondere ai
valori indicati nella tabella I, per quanto attiene gli incendi di classe A e B ed ai
criteri di seguito indicati:
– il numero dei piani (non meno di un estintore a piano);
– la superficie in pianta;
– lo specifico pericolo di incendio (classe di incendio);
– la distanza che una persona deve percorrere per utilizzare un estintore (non
superiore a 30 m).
Per quanto attiene gli estintori carrellati, la scelta del loro tipo e numero deve
essere fatta in funzione della classe di incendio, livello di rischio e del personale
addetto al loro uso.

Tabella I
tipo di estintore superficie protetta da un estintore
rischio basso rischio medio rischio elevato
13 A – 89 B 100 m2 ––– –––
21 A – 113 B 150 m2 100 m2 –––
2
34 A – 144 B 200 m 150 m2 100 m2
2
55 A – 233 B 250 m 200 m2 200 m2

5.3 – Impianti fissi di spegnimento manuali ed automatici


In relazione alla valutazione dei rischi, ed in particolare quando esistono parti-
colari rischi di incendio che non possono essere rimossi o ridotti, in aggiunta a-
gli estintori occorre prevedere impianti di spegnimento fissi, manuali od auto-
matici.
In ogni caso, occorre prevedere l’installazione di estintori portatili per consenti-
re al personale di estinguere i princìpi di incendio.

116
D.M. 10 marzo 1998

L’impiego dei mezzi od impianti di spegnimento non deve comportare ritardi


per quanto concerne l’allarme e la chiamata dei vigili del fuoco né per quanto
attiene l’evacuazione da parte di coloro che non sono impegnati nelle operazioni
di spegnimento.
Impianti di spegnimento di tipo fisso (sprinkler o altri impianti automatici) pos-
sono essere previsti nei luoghi di lavoro di grandi dimensioni o complessi od a
protezione di aree ad elevato rischio di incendio.
La presenza di impianti automatici riduce la probabilità di un rapido sviluppo
dell’incendio e pertanto ha rilevanza nella valutazione del rischio globale.
Qualora coesistano un impianto di allarme ed uno automatico di spegnimento,
essi devono essere collegati tra di loro.
5.4 – Ubicazione delle attrezzature di spegnimento
Gli estintori portatili devono essere ubicati preferibilmente lungo le vie di usci-
ta, in prossimità delle uscite e fissati a muro.
Gli idranti ed i naspi antincendio devono essere ubicati in punti visibili ed ac-
cessibili lungo le vie di uscita, con esclusione delle scale. La loro distribuzione
deve consentire di raggiungere ogni punto della superficie protetta almeno con
il getto di una lancia.
In ogni caso, l’installazione di mezzi di spegnimento di tipo manuale deve esse-
re evidenziata con apposita segnaletica.

Allegato VI
CONTROLLI E MANUTENZIONE SULLE
MISURE DI PROTEZIONE ANTINCENDIO

6.1 – Generalità
Tutte le misure di protezione antincendio previste:
– per garantire il sicuro utilizzo delle vie di uscita;
– per l’estinzione degli incendi;
– per la rivelazione e l’allarme in caso di incendio;
– devono essere oggetto di sorveglianza, controlli periodici e mantenute in effi-
cienza.
6.2 – Definizioni
Ai fini del presente decreto si definisce:
– Sorveglianza: controllo visivo atto a verificare che le attrezzature e gli impian-
ti antincendio siano nelle normali condizioni operative, siano facilmente acces-
sibili e non presentino danni materiali accertabili tramite esame visivo. La sor-
veglianza può essere effettuata dal personale normalmente presente nelle aree
protette dopo aver ricevuto adeguate istruzioni.

117
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

– Controllo periodico: insieme di operazioni da effettuarsi con frequenza alme-


no semestrale, per verificare la completa e corretta funzionalità delle attrezzatu-
re e degli impianti.
– Manutenzione: operazione od intervento finalizzato a mantenere in efficienza
ed in buono stato le attrezzature e gli impianti.
– Manutenzione ordinaria: operazione che si attua in loco, con strumenti ed at-
trezzi di uso corrente. Essa si limita a riparazioni di lieve entità, abbisognevoli
unicamente di minuterie e comporta l’impiego di materiali di consumo di uso
corrente o la sostituzioni di parti di modesto valore espressamente previste.
– Manutenzione straordinaria: intervento di manutenzione che non può essere
eseguito in loco o che, pur essendo eseguita in loco, richiede mezzi di particola-
re importanza oppure attrezzature o strumentazioni particolari o che comporti
sostituzioni di intere parti di impianto o la completa revisione o sostituzione di
apparecchi per i quali non sia possibile o conveniente la riparazione.
6.3 – Vie di uscita
Tutte quelle parti del luogo di lavoro destinate a vie di uscita, quali passaggi,
corridoi, scale, devono essere sorvegliate periodicamente al fine di assicurare
che siano libere da ostruzioni e da pericoli che possano comprometterne il sicu-
ro utilizzo in caso di esodo.
Tutte le porte sulle vie di uscita devono essere regolarmente controllate per as-
sicurare che si aprano facilmente. Ogni difetto deve essere riparato il più presto
possibile ed ogni ostruzione deve essere immediatamente rimossa.
Particolare attenzione deve essere dedicata ai serramenti delle porte.
Tutte le porte resistenti al fuoco devono essere regolarmente controllate per as-
sicurarsi che non sussistano danneggiamenti e che chiudano regolarmente. Qua-
lora siano previsti dispositivi di autochiusura, il controllo deve assicurare che la
porta ruoti liberamente e che il dispositivo di autochiusura operi effettivamente.
Le porte munite di dispositivi di chiusura automatici devono essere controllate
periodicamente per assicurare che i dispositivi siano efficienti e che le porte si
chiudano perfettamente. Tali porte devono essere tenute libere da ostruzioni.
La segnaletica direzionale e delle uscite deve essere oggetto di sorveglianza per
assicurarne la visibilità in caso di emergenza.
Tutte le misure antincendio previste per migliorare la sicurezza delle vie di usci-
ta, quali per esempio gli impianti di evacuazione fumo, devono essere verificati
secondo le norme di buona tecnica e manutenzionati da persona competente.
6.4 – Attrezzature ed impianti di protezione antincendio
Il datore di lavoro è responsabile del mantenimento delle condizioni di efficien-
za delle attrezzature ed impianti di protezione antincendio.
Il datore di lavoro deve attuare la sorveglianza, il controllo e la manutenzione
delle attrezzature ed impianti di protezione antincendio in conformità a quanto
previsto dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti.

118
D.M. 10 marzo 1998

Scopo dell’attività di sorveglianza, controllo e manutenzione è quello di rilevare


e rimuovere qualunque causa, deficienza, danno od impedimento che possa pre-
giudicare il corretto funzionamento ed uso dei presìdi antincendio.
L’attività di controllo periodica e la manutenzione deve essere eseguita da per-
sonale competente e qualificato.

Allegato VII
INFORMAZIONE
E FORMAZIONE ANTINCENDIO

7.1 – Generalità
È obbligo del datore di lavoro fornire ai lavoratori una adeguata informazione e
formazione sui princìpi di base della prevenzione incendi e sulle azioni da attua-
re in presenza di un incendio.
7.2 – Informazione antincendio
Il datore di lavoro deve provvedere affinché ogni lavoratore riceva una adeguata
informazione su:
a) rischi di incendio legati all’attività svolta;
b) rischi di incendio legati alle specifiche mansioni svolte;
c) misure di prevenzione e di protezione incendi adottate nel luogo di lavoro
con particolare riferimento a:
– osservanza delle misure di prevenzione degli incendi e relativo corretto com-
portamento negli ambienti di lavoro;
– divieto di utilizzo degli ascensori per l’evacuazione in caso di incendio;
– importanza di tenere chiuse le porte resistenti al fuoco;
– modalità di apertura delle porte delle uscite;
d) ubicazione delle vie di uscita;
e) procedure da adottare in caso di incendio, ed in particolare:
– azioni da attuare in caso di incendio;
– azionamento dell’allarme;
– procedure da attuare all’attivazione dell’allarme e di evacuazione fino al pun-
to di raccolta in luogo sicuro;
– modalità di chiamata dei vigili del fuoco.
f) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di prevenzione in-
cendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze e pronto soccorso;
g) il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dell’azienda.
L’informazione deve essere basata sulla valutazione dei rischi, essere fornita ai
lavoratore all’atto dell’assunzione ed essere aggiornata nel caso in cui si verifi-
chi un mutamento della situazione del luogo di lavoro che comporti una varia-
zione della valutazione stessa.

119
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

L’informazione deve essere fornita in maniera tale che il personale possa ap-
prendere facilmente.
Adeguate informazioni devono essere fornite agli addetti alla manutenzione e
agli appaltatori per garantire che essi siano a conoscenza delle misure generali
di sicurezza antincendio nel luogo di lavoro, delle azioni da adottare in caso di
incendio e delle procedure di evacuazione.
Nei piccoli luoghi di lavoro l’informazione può limitarsi ad avvertimenti antin-
cendio riportati tramite apposita cartellonistica.
7.3 – Formazione antincendio
Tutti i lavoratori esposti a particolari rischi di incendio correlati al posto di lavo-
ro, quali per esempio gli addetti all’utilizzo di sostanze infiammabili o di attrez-
zature a fiamma libera, devono ricevere una specifica formazione antincendio.
Tutti i lavoratori che svolgono incarichi relativi alla prevenzione incendi, lotta
antincendio o gestione delle emergenze, devono ricevere una specifica forma-
zione antincendio i cui contenuti minimi sono riportati in allegato IX.
7.4 – Esercitazioni antincendio
Nei luoghi di lavoro ove, ai sensi dell’art. 5 del presente decreto, ricorre
l’obbligo della redazione del piano di emergenza connesso con la valutazione
dei rischi, i lavoratori devono partecipare ad esercitazioni antincendio, effettuate
almeno una volta l’anno, per mettere in pratica le procedure di esodo e di primo
intervento.
Nei luoghi di lavoro di piccole dimensioni, tale esercitazione deve semplice-
mente coinvolgere il personale nell’attuare quanto segue:
– percorrere le vie di uscita;
– identificare le porte resistenti al fuoco, ove esistenti;
– identificare la posizione dei dispositivi di allarme;
– identificare l’ubicazione delle attrezzature di spegnimento.
L’allarme dato per esercitazione non deve essere segnalato ai vigili del fuoco.
I lavoratori devono partecipare all’esercitazione e qualora ritenuto opportuno,
anche il pubblico. Tali esercitazioni non devono essere svolte quando siano pre-
senti notevoli affollamenti o persone anziane od inferme.
Devono essere esclusi dalle esercitazioni i lavoratori la cui presenza è essenziale
alla sicurezza del luogo di lavoro.
Nei luoghi di lavoro di grandi dimensioni, in genere, non dovrà essere messa in
atto un’evacuazione simultanea dell’intero luogo di lavoro. In tali situazioni
l’evacuazione da ogni specifica area del luogo di lavoro deve procedere fino ad
un punto che possa garantire a tutto il personale di individuare il percorso fino
ad un luogo sicuro.
Nei luoghi di lavoro di grandi dimensioni, occorre incaricare degli addetti, op-
portunamente informati, per controllare l’andamento dell’esercitazione e riferire
al datore di lavoro su eventuali carenze.
Una successiva esercitazione deve essere messa in atto non appena:

120
D.M. 10 marzo 1998

– una esercitazione abbia rivelato serie carenze e dopo che sono stati presi i ne-
cessari provvedimenti;
– si sia verificato un incremento del numero dei lavoratori;
– siano stati effettuati lavori che abbiano comportato modifiche alle vie di eso-
do.
Quando nello stesso edificio esistono più datori di lavoro l’amministratore con-
dominiale promuove la collaborazione tra di essi per la realizzazione delle eser-
citazioni antincendio.
7.5 – Informazione scritta sulle misure antincendio
L’informazione e le istruzioni antincendio possono essere fornite ai lavoratori
predisponendo avvisi scritti che riportino le azioni essenziali che devono essere
attuate in caso di allarme o di incendio. Tali istruzioni, cui possono essere ag-
giunte delle semplici planimetrie indicanti le vie di uscita, devono essere instal-
late in punti opportuni ed essere chiaramente visibili. Qualora ritenuto necessa-
rio, gli avvisi debbono essere riportati anche in lingue straniere.

Allegato VIII
PIANIFICAZIONE DELLE PROCEDURE
DA ATTUARE IN CASO DI INCENDIO

8.1 – Generalità
In tutti i luoghi di lavoro dove ricorra l’obbligo di cui all’art. 5 del presente de-
creto, deve essere predisposto e tenuto aggiornato un piano di emergenza, che
deve contenere nei dettagli:
a) le azioni che i lavoratori devono mettere in atto in caso di incendio;
b) le procedure per l’evacuazione del luogo di lavoro che devono essere attuate
dai lavoratori e dalle altre persone presenti;
c) le disposizioni per chiedere l’intervento dei vigili del fuoco e per fornire le
necessarie informazioni al loro arrivo;
d) specifiche misure per assistere le persone disabili.
Il piano di emergenza deve identificare un adeguato numero di persone incarica-
te di sovrintendere e controllare l’attuazione delle procedure previste.
8.2 – Contenuti del piano di emergenza
I fattori da tenere presenti nella compilazione del piano di emergenza e da in-
cludere nella stesura dello stesso sono:
– le caratteristiche dei luoghi con particolare riferimento alle vie di esodo;
– il sistema di rivelazione e di allarme incendio;
– il numero delle persone presenti e la loro ubicazione;
– i lavoratori esposti a rischi particolari;

121
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

– il numero di addetti all’attuazione ed al controllo del piano nonché al-


l’assistenza per l’evacuazione (addetti alla gestione delle emergenze, evacua-
zione, lotta antincendio, pronto soccorso);
– il livello di informazione e formazione fornito ai lavoratori.
Il piano di emergenza deve essere basato su chiare istruzioni scritte e deve in-
cludere:
a) i doveri del personale di servizio incaricato di svolgere specifiche mansioni
con riferimento alla sicurezza antincendio, quali per esempio: telefonisti, custo-
di, capi reparto, addetti alla manutenzione, personale di sorveglianza;
b) i doveri del personale cui sono affidate particolari responsabilità in caso di
incendio;
c) i provvedimenti necessari per assicurare che tutto il personale sia informato
sulle procedure da attuare;
d) le specifiche misure da porre in atto nei confronti dei lavoratori esposti a ri-
schi particolari;
e) le specifiche misure per le aree ad elevato rischio di incendio;
f) le procedure per la chiamata dei vigili del fuoco, per informarli al loro arrivo
e per fornire la necessaria assistenza durante l’intervento.
Per i luoghi di lavoro di piccole dimensioni il piano può limitarsi a degli avvisi
scritti contenenti norme comportamentali.
Per luoghi di lavoro, ubicati nello stesso edificio e ciascuno facente capo a tito-
lari diversi, il piano deve essere elaborato in collaborazione tra i vari datori di
lavoro.
Per i luoghi di lavoro di grandi dimensioni o complessi, il piano deve includere
anche una planimetria nella quale siano riportati:
– le caratteristiche distributive del luogo, con particolare riferimento alla desti-
nazione delle varie aree, alle vie di esodo ed alle compartimentazioni antincen-
dio;
– il tipo, numero ed ubicazione delle attrezzature ed impianti di estinzione;
– l’ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo;
– l’ubicazione dell’interruttore generale dell’alimentazione elettrica, delle val-
vole di intercettazione delle adduzioni idriche, del gas e di altri fluidi combusti-
bili.
8.3 – Assistenza alle persone disabili in caso di incendio
8.3.1 – Generalità
Il datore di lavoro deve individuare le necessità particolari dei lavoratori disabili
nelle fasi di pianificazione delle misure di sicurezza antincendio e delle proce-
dure di evacuazione del luogo di lavoro.
Occorre altresì considerare le altre persone disabili che possono avere accesso
nel luogo di lavoro. Al riguardo occorre anche tenere presente le persone anzia-
ne, le donne in stato di gravidanza, le persone con arti fratturati ed i bambini.

122
D.M. 10 marzo 1998

Qualora siano presenti lavoratori disabili, il piano di emergenza deve essere


predisposto tenendo conto delle loro invalidità.
8.3.2 – Assistenza alle persone che utilizzano sedie a rotelle ed a quelle con
mobilità ridotta
Nel predisporre il piano di emergenza, il datore di lavoro deve prevedere una
adeguata assistenza alle persone disabili che utilizzano sedie a rotelle ed a quel-
le con mobilità limitata.
Gli ascensori non devono essere utilizzati per l’esodo, salvo che siano stati ap-
positamente realizzati per tale scopo.
Quando non sono installate idonee misure per il superamento di barriere archi-
tettoniche eventualmente presenti oppure qualora il funzionamento di tali misu-
re non sia assicurato anche in caso di incendio, occorre che alcuni lavoratori, fi-
sicamente idonei, siano addestrati al trasporto delle persone disabili.
8.3.3 – Assistenza alle persone con visibilità o udito menomato o limitato
Il datore di lavoro deve assicurare che i lavoratori con visibilità limitata, siano
in grado di percorrere le vie di uscita.
In caso di evacuazione del luogo di lavoro, occorre che lavoratori, fisicamente
idonei ed appositamente incaricati, guidino le persone con visibilità menomata o
limitata.
Durante tutto il periodo dell’emergenza occorre che un lavoratore, appositamen-
te incaricato, assista le persone con visibilità menomata o limitata.
Nel caso di persone con udito limitato o menomato esiste la possibilità che non
sia percepito il segnale di allarme. In tali circostanze occorre che una persona
appositamente incaricata, allerti l’individuo menomato.
8.3.4 – Utilizzo di ascensori
Persone disabili possono utilizzare un ascensore solo se è un ascensore predi-
sposto per l’evacuazione o è un ascensore antincendio, ed inoltre tale impiego
deve avvenire solo sotto il controllo di personale pienamente a conoscenza delle
procedure di evacuazione.

Allegato IX
CONTENUTI MINIMI DEI CORSI DI FORMAZIONE PER
ADDETTI ALLA PREVENZIONE INCENDI, LOTTA ANTINCENDIO
E GESTIONE DELLE EMERGENZE, IN RELAZIONE AL
LIVELLO DI RISCHIO DELL’ATTIVITÀ

9.1 – Generalità
I contenuti minimi dei corsi di formazione per addetti alla prevenzione incendi,
lotta antincendio e gestione delle emergenze in caso di incendio, devono essere
correlati alla tipologia delle attività ed al livello di rischio di incendio delle stes-
se, nonché agli specifici compiti affidati ai lavoratori.

123
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Tenendo conto dei suddetti criteri, si riporta a titolo esemplificativo una elenca-
zione di attività inquadrabili nei livelli di rischio elevato, medio e basso nonché
i contenuti minimi e le durate dei corsi di formazione ad esse correlati.
I contenuti previsti nel presente allegato possono essere oggetto di adeguata in-
tegrazione in relazione a specifiche situazioni di rischio.
9.2 – Attività a rischio di incendio elevato
La classificazione di tali luoghi avviene secondo i criteri di cui all’allegato I al
presente decreto.
A titolo esemplificativo e non esaustivo si riporta un elenco di attività da consi-
derare ad elevato rischio di incendio:
a) industrie e depositi di cui agli articoli 4 e 6 del D.P.R. n. 175 del 1988 , e
successive modifiche ed integrazioni;
b) fabbriche e depositi di esplosivi;
c) centrali termoelettriche;
d) impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili;
e) impianti e laboratori nucleari;
f) depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a
20.000 m²;
g) attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore
a 10.000 m²;
h) scali aeroportuali, stazioni ferroviarie con superficie, al chiuso, aperta al pub-
blico, superiore a 5000 m2 e metropolitane (4);
i) alberghi con oltre 200 posti letto;
l) ospedali, case di cura e case di ricovero per anziani;
m) scuole di ogni ordine e grado con oltre 1000 persone presenti;
n) uffici con oltre 1000 dipendenti;
o) cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione
e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a
50 m;
p) cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi.
I corsi di formazione per gli addetti nelle sovrariportate attività devono essere
basati sui contenuti e durate riportate nel corso C.
9.3 – Attività a rischio di incendio medio
A titolo esemplificativo e non esaustivo rientrano in tale categoria di attività:
a) i luoghi di lavoro compresi nell’allegato al D.M. 16 febbraio 1982 e nelle ta-
belle A e B annesse al D.P.R. n. 689 del 1959 , con esclusione delle attività con-
siderate a rischio elevato;
b) i cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze in-
fiammabili e si fa uso di fiamme libere, esclusi quelli interamente all’aperto.
La formazione dei lavoratori addetti in tali attività deve essere basata sui conte-
nuti del corso B.
9.4 – Attività a rischio di incendio basso

124
D.M. 10 marzo 1998

Rientrano in tale categoria di attività quelle non classificabili a medio ed elevato


rischio e dove, in generale, sono presenti sostanze scarsamente infiammabili,
dove le condizioni di esercizio offrono scarsa possibilità di sviluppo di focolai e
ove non sussistono probabilità di propagazione delle fiamme.
La formazione dei lavoratori addetti in tali attività deve essere basata sui conte-
nuti del corso A.
9.5 – Contenuti dei corsi di formazione
Corso A: Corso per addetti i antincendio in attività a rischio di incendio basso
(durata 4 ore)
1) L’incendio e la prevenzione (1 Ora)
– Princìpi della combustione;
– prodotti della combustione;
– sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio;
– effetti dell’incendio sull’uomo;
– divieti e limitazioni di esercizio;
– misure comportamentali.
2) Protezione antincendio e procedure da adottare in caso di incendio (1 ora)
– Principali misure di protezione antincendio;
– evacuazione in caso di incendio;
– chiamata dei soccorsi.
3) Esercitazioni pratiche (2 Ore)
– Presa visione e chiarimenti sugli estintori portatili;
– istruzioni sull’uso degli estintori portatili effettuata o avvalendosi di sussidi
audiovisivi o tramite dimostrazione pratica.
Corso B: Corso per addetti antincendio in attività a rischio di incendio medio
(durata 8 ore).
1) L’incendio e la prevenzione incendi (2 ore)
– Princìpi sulla combustione e l’incendio;
– le sostanze estinguenti;
– triangolo della combustione;
– le principali cause di un incendio;
– rischi alle persone in caso di incendio;
– principali accorgimenti e misure per prevenire gli incendi.
2) Protezione antincendio e procedure da adottare in caso di incendio (3 ore)
– Le principali misure di protezione contro gli incendi;
– vie di esodo;
– procedure da adottare quando si scopre un incendio o in caso di allarme;
– procedure per l’evacuazione;
– rapporti con i vigili del fuoco;
– attrezzature ed impianti di estinzione;
– sistemi di allarme;
– segnaletica di sicurezza;

125
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

– illuminazione di emergenza.
3) Esercitazioni pratiche (3 ore)
– Presa visione e chiarimenti sui mezzi di estinzione più diffusi;
– presa visione e chiarimenti sulle attrezzature di protezione individuale;
– esercitazioni sull’uso degli estintori portatili e modalità di utilizzo di naspi e
idranti.
Corso C: Corso per addetti antincendio in attività a rischio di incendio elevato
(durata 16 ore)
1) L’incendio e la prevenzione incendi (4 ore)
– Princìpi sulla combustione;
– le principali cause di incendio in relazione allo specifico ambiente di lavoro;
– le sostanze estinguenti;
– i rischi alle persone ed all’ambiente;
– specifiche misure di prevenzione incendi;
– accorgimenti comportamentali per prevenire gli incendi;
– l’importanza del controllo degli ambienti di lavoro;
– l’importanza delle verifiche e delle manutenzioni sui presìdi antincendio.
2) La protezione antincendio (4 ore)
– Misure di protezione passiva;
– vie di esodo, compartimentazioni, distanziamenti;
– attrezzature ed impianti di estinzione;
– sistemi di allarme;
– segnaletica di sicurezza;
– impianti elettrici di sicurezza;
– illuminazione di sicurezza.
3) Procedure da adottare in caso di incendio (4 ore)
– Procedure da adottare quando si scopre un incendio;
– procedure da adottare in caso di allarme;
– modalità di evacuazione;
– modalità di chiamata dei servizi di soccorso;
– collaborazione con i vigili del fuoco in caso di intervento;
– esemplificazione di una situazione di emergenza e modalità procedurali-
operative.
4) Esercitazioni pratiche (4 ore)
– Presa visione e chiarimenti sulle principali attrezzature ed impianti di spegni-
mento;
– presa visione sulle attrezzature di protezione individuale (maschere, autopro-
tettore, tute, etc.);
– esercitazioni sull’uso delle attrezzature di spegnimento e di protezione indivi-
duale.

126
D.M. 10 marzo 1998

(4) Lettera così modificata dall’articolo unico, D.M. 8 settembre 1999 (Gazz.
Uff. 22 settembre 1999, n. 223).

Allegato X
LUOGHI DI LAVORO OVE SI SVOLGONO ATTIVITÀ
PREVISTE DALL’ARTICOLO 6, COMMA 3

Si riporta l’elenco dei luoghi di lavoro ove si svolgono attività per le quali, ai
sensi dell’articolo 6, comma 3, è previsto che i lavoratori incaricati
dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione
delle emergenze, conseguano l’attestato di idoneità tecnica di cui all’articolo 3
della legge 28 novembre 1996, n. 609:
a) industrie e depositi di cui agli articoli 4 e 6 del D.P.R. n. 175 del 1988 , e
successive modifiche ed integrazioni;
b) fabbriche e depositi di esplosivi;
c) centrali termoelettriche;
d) impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili;
e) impianti e laboratori nucleari;
f) depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a
10.000 m²;
g) attività commerciali e/o espositive con superficie aperta al pubblico superiore
a 5.000 m²;
h) aeroporti, stazioni ferroviarie con superficie, al chiuso, aperta al pubblico,
superiore a 5000 m2 e metropolitane ;
i) alberghi con oltre 100 posti letto;
l) ospedali, case di cura e case di ricovero per anziani;
m) scuole di ogni ordine e grado con oltre 300 persone presenti;
n) uffici con oltre 500 dipendenti;
o) locali di spettacolo e trattenimento con capienza superiore a 100 posti;
p) edifici pregevoli per arte e storia, sottoposti alla vigilanza dello Stato ai sensi
del R.D. 7 novembre 1942 n. 1564, adibiti a musei, gallerie, collezioni, bibliote-
che, archivi, con superficie aperta a pubblico superiore a 1000 m²;
q) cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione
e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a
50 m;
r) cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi.

127
D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37

D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37(1)


Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla
prevenzione incendi, a norma dell’articolo 20, comma 8,
della L. 15 marzo 1997, n. 59.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 marzo 1998, n. 57.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visto l’articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, allegato 1, n. 14;
Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 26 luglio 1965, n. 966, e successive modificazioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, e suc-
cessive modificazioni;
Vista la legge 7 dicembre 1984, n. 818, e successive modificazioni;
Visto il decreto 16 febbraio 1982 del Ministro dell’interno, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 98 del 9 aprile 1982;
Visto il decreto del Ministro dell’interno 8 marzo 1985, pubblicato nel supple-
mento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 22 aprile 1985;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riu-
nione del 5 agosto 1997;
Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli
atti normativi nell’adunanza del 1° dicembre 1997;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23
dicembre 1997;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la
funzione pubblica e gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell’interno;
Emana il seguente regolamento:

1. Oggetto del regolamento.


1. Il presente regolamento disciplina i procedimenti di controllo delle condizioni
di sicurezza per la prevenzione incendi attribuiti, in base alla vigente normativa,
alla competenza dei comandi provinciali dei vigili del fuoco, per le fasi relative
all’esame dei progetti, agli accertamenti sopralluogo, all’esercizio delle attività
soggette a controllo, all’approvazione delle deroghe alla normativa di conformi-
tà.
2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento gli adempimenti
previsti per il settore delle attività industriali a rischio di incidente rilevante

129
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

soggette alla disciplina della notifica ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica del 17 maggio 1988, n. 175, e successive modificazioni ed integra-
zioni.
3. Ai sensi del presente regolamento, il comando provinciale dei vigili del fuoco
è denominato «comando».
4. Nell’ambito di applicazione del presente regolamento rientrano tutte le attivi-
tà soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi di cui al decreto 16
febbraio 1982 del Ministro dell’interno, e successive modifiche ed integrazioni.
5. Al fine di garantire l’uniformità delle procedure nonché la trasparenza e la
speditezza dell’attività amministrativa, le modalità di presentazione delle do-
mande per l’avvio dei procedimenti oggetto del presente regolamento, il conte-
nuto delle stesse e la relativa documentazione da allegare sono disciplinate con
decreto del Ministro dell’interno di concerto il Ministro per la funzione pubbli-
ca. Con lo stesso decreto sono fissati criteri uniformi per lo svolgimento dei
servizi a pagamento resi da parte dei comandi(2).

(2) Per le modalità di cui al presente comma, vedi il D.M. 4 maggio 1998.

2. Parere di conformità.
1. Gli enti e i privati responsabili delle attività di cui al comma 4 dell’articolo 1
sono tenuti a richiedere al comando l’esame dei progetti di nuovi impianti o co-
struzioni o di modifiche di quelli esistenti(3).
2. Il comando esamina i progetti e si pronuncia sulla conformità degli stessi alla
normativa antincendio entro quarantacinque giorni(4) dalla data di presentazio-
ne. Qualora la complessità del progetto lo richieda, il predetto termine, previa
comunicazione all’interessato entro 15 giorni dalla data di presentazione del
progetto, è differito al novantesimo giorno. In caso di documentazione incom-
pleta od irregolare ovvero nel caso in cui il comando ritenga assolutamente indi-
spensabile richiedere al soggetto interessato l’integrazione della documentazio-
ne presentata, il termine è interrotto, per una sola volta, e riprende a decorrere
dalla data di ricevimento della documentazione integrativa richiesta. Ove il co-
mando non si esprima nei termini prescritti, il progetto si intende respinto(5).

(3) Comma così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 5 maggio 1998, n. 102.
(4) Per la riduzione del presente termine vedi il comma 8 dell’art. 6, D.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, come sostituito dal comma 1 dell’art. 5, D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modifi-
cazioni, dalla L. 22 maggio 2010, n. 73.
(5) Per la proroga del termine previsto dal presente comma, vedi l’art. 3, O.M. 15 giugno 1998, e
l’art. 23, comma 9, D.L. 1° luglio 2009, n. 78.

130
D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37

3. Rilascio del certificato di prevenzione incendi.


1. Completate le opere di cui al progetto approvato, gli enti e privati sono tenuti
a presentare al comando domanda di sopralluogo in conformità a quanto previ-
sto nel decreto di cui all’articolo 1, comma 5(6).
2. Entro novanta giorni dalla data di presentazione della domanda il comando
effettua il sopralluogo per accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla
normativa di prevenzione degli incendi nonché la sussistenza dei requisiti di si-
curezza antincendio richiesti. Tale termine può essere prorogato, per una sola
volta, di quarantacinque giorni, dandone motivata comunicazione
all’interessato.
3. Entro quindici giorni dalla data di effettuazione del sopralluogo viene rila-
sciato all’interessato, in caso di esito positivo, il certificato di prevenzione in-
cendi che costituisce, ai soli fini antincendio, il nulla osta all’esercizio
dell’attività.
4. Qualora venga riscontrata la mancanza dei requisiti di sicurezza richiesti, il
comando ne dà immediata comunicazione all’interessato ed alle autorità compe-
tenti ai fini dell’adozione dei relativi provvedimenti.
5. Fatto salvo quanto disposto dal comma 1, l’interessato, in attesa del sopral-
luogo, può presentare al comando una dichiarazione, corredata da certificazioni
di conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che
sono state rispettate le prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio e
si impegna al rispetto degli obblighi di cui all’articolo 5. Il comando rilascia
all’interessato contestuale ricevuta dell’avvenuta presentazione della dichiara-
zione che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria
all’esercizio dell’attività.
6. Al fine di evitare duplicazioni, nel rispetto del criterio di economicità, qualo-
ra il sopralluogo richiesto dall’interessato debba essere effettuato dal comando
nel corso di un procedimento di autorizzazione che preveda un atto deliberativo
propedeutico emesso da organi collegiali dei quali è chiamato a far parte il co-
mando stesso, il termine di cui al comma 2 non si applica dovendosi far riferi-
mento ai termini procedimentali ivi stabiliti.

(6) Comma così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 5 maggio 1998, n. 102.

4. Rinnovo del certificato di prevenzione incendi.


1. Ai fini del rinnovo del certificato di prevenzione incendi, gli interessati pre-
sentano al comando, in tempo utile e comunque prima della scadenza del certi-
ficato, apposita domanda conforme alle previsioni contenute nel decreto di cui
all’articolo 1, comma 5, corredata da una dichiarazione del responsabile
dell’attività, attestante che non è mutata la situazione riscontrata alla data del ri-
lascio del certificato stesso, e da una perizia giurata, comprovante l’efficienza

131
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

dei dispositivi, nonché dei sistemi e degli impianti antincendio. Il comando, sul-
la base della documentazione prodotta, provvede entro quindici giorni dalla data
di presentazione della domanda(7).

(7) Comma così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 5 maggio 1998, n. 102.

5. Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività.


1. Gli enti e i privati responsabili di attività soggette ai controlli di prevenzione
incendi hanno l’obbligo di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositi-
vi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effet-
tuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze
temporali che sono indicate dal comando nel certificato di prevenzione o all’atto
del rilascio della ricevuta a seguito della dichiarazione di cui all’articolo 3,
comma 5. Essi provvedono, in particolare, ad assicurare una adeguata informa-
zione e formazione del personale dipendente sui rischi di incendio connessi con
la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle pre-
cauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle procedure da
attuare in caso di incendio.
2. I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione, l’informazione e la
formazione del personale, che vengono effettuati, devono essere annotati in un
apposito registro a cura dei responsabili dell’attività. Tale registro deve essere
mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del
comando.
3. Ogni modifica delle strutture o degli impianti ovvero delle condizioni di eser-
cizio dell’attività, che comportano una alterazione delle preesistenti condizioni
di sicurezza antincendio, obbliga l’interessato ad avviare nuovamente le proce-
dure previste dagli articoli 2 e 3 del presente regolamento.

6. Procedimento di deroga.
1. Qualora gli insediamenti o gli impianti sottoposti a controllo di prevenzione
incendi e le attività in essi svolte presentino caratteristiche tali da non consentire
l’integrale osservanza della normativa vigente, gli interessati, secondo le moda-
lità stabilite dal decreto di cui all’articolo 1, comma 5, possono presentare al
comando domanda motivata per la deroga al rispetto delle condizioni prescrit-
te(8).
2. Il comando esamina la domanda e, con proprio motivato parere, la trasmette
entro trenta giorni dal ricevimento, all’ispettorato regionale dei vigili del fuoco.
L’ispettore regionale, sentito il comitato tecnico regionale di prevenzione in-
cendi, di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 lu-
glio 1982, n. 577, si pronuncia entro sessanta giorni dalla ricezione, dandone

132
D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37

contestuale comunicazione al comando ed al richiedente. L’ispettore regionale


dei vigili del fuoco trasmette ai competenti organi tecnici centrali del Corpo na-
zionale dei vigili del fuoco i dati inerenti alle deroghe esaminate per la costitu-
zione di una banca dati, da utilizzare per garantire i necessari indirizzi e
l’uniformità applicativa nei procedimenti di deroga.

(8) Comma così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 5 maggio 1998, n. 102.

7. Nulla osta provvisorio.


1. I soggetti che hanno ottenuto il nulla osta provvisorio per le attività sottopo-
ste ai controlli di prevenzione incendi ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 di-
cembre 1984, n. 818, sono tenuti all’osservanza delle misure più urgenti ed es-
senziali di prevenzione incendi indicate nel decreto 8 marzo 1985 del Ministro
dell’interno, nonché all’osservanza degli obblighi di cui all’articolo 5 del pre-
sente regolamento. Il nulla osta provvisorio consente l’esercizio dell’attività ai
soli fini antincendio, salvo l’adempimento agli obblighi previsti dalla normativa
in materia di prevenzione incendi, ivi compresi gli obblighi conseguenti alle
modifiche degli impianti e costruzioni esistenti nonché quelli previsti nei casi
richiamati all’articolo 4, comma secondo, della legge 26 luglio 1965, n. 966 ,
nei termini stabiliti dalle specifiche direttive emanate dal Ministero dell’interno
per singole attività o gruppi di attività di cui all’allegato al decreto 16 febbraio
1982 del Ministro dell’interno. Tali direttive, ove non già emanate, devono esse-
re adottate entro il 31 dicembre 2005(9).

(9) Comma corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 5 maggio 1998, n. 102 e poi così mo-
dificato dall’art. 13-sexies, D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, nel testo integrato dalla relativa legge di
conversione, dall’art. 9-bis, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, nel testo integrato dalla relativa legge di
conversione, e dall’art. 3, D.L. 9 novembre 2004, n. 266. In attuazione di quanto disposto dal pre-
sente comma vedi il D.M. 29 dicembre 2005.

8. Norme transitorie.
1. Alle domande presentate ai comandi prima della data di entrata in vigore del
presente regolamento, ai fini della acquisizione di pareri su progetti, di certifi-
cazioni di prevenzione incendi, di autorizzazioni in deroga e per le quali alla
stessa data non si sia ancora provveduto, si applica la disciplina del presente re-
golamento. In tali casi si intende per data di presentazione della domanda quella
dell’entrata in vigore dello stesso regolamento o quella di trasmissione di do-
cumentazione aggiuntiva, ove necessaria, richiesta dal comando.

133
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

9. Abrogazioni.
1. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogate le se-
guenti norme:
a) articoli 10, comma quinto; 11, comma primo, lettera d); 15, comma primo,
numero 5); 21 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.
577;
b) articoli 2, commi quinto, sesto, settimo, ottavo; e 4 della legge 7 dicembre
1984, n. 818.

10. Entrata in vigore.


1. Il presente regolamento entra in vigore il sessantesimo giorno successivo alla
data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

134
D.M. 16 febbraio 1982

D.M. 16 febbraio 1982(1).


Modificazioni del D.M. 27 settembre 1965,
concernente la determinazione delle attività soggette
alle visite di prevenzione incendi

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 aprile 1982, n. 98.

IL MINISTRO DELL’INTERNO
di concerto con
IL MINISTRO DELL’INDUSTRIA, DEL COMMERCIO E DELL’AR-
TIGIANATO
Visto l’art. 4 della legge 26 luglio 1965, n. 966;
Considerata la necessità di aggiornare e modificare il decreto interministe-
riale 27 settembre 1965, n. 1973, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278
dell’8 novembre 1965), contenente l’elenco dei depositi e industrie pericolosi
soggetti alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi;
Decreta:

I locali, le attività, i depositi, gli impianti e le industrie pericolose i cui pro-


getti sono soggetti all’esame e parere preventivo dei comandi provinciali dei vi-
gili del fuoco ed il cui esercizio è soggetto a visita e controllo ai fini del rilascio
del «Certificato di prevenzione incendi», nonché la periodicità delle visite suc-
cessive, sono determinati come dall’elenco allegato che, controfirmato dal Mi-
nistro dell’interno e dal Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, forma parte integrante del presente decreto.
I responsabili delle attività soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione
incendi di cui al presente decreto hanno l’obbligo di richiedere il rinnovo del
«Certificato di prevenzione incendi» quando vi sono modifiche di lavorazione o
di struttura, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e
quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi, e
ogniqualvolta vengano a mutare le condizioni di sicurezza precedentemente ac-
certate indipendentemente dalla data di scadenza dei certificati già rilasciati.
La scadenza dei «Certificati di prevenzione incendi» già rilasciati e validi
alla data di emanazione del presente decreto, dovrà intendersi modificata secon-
do i nuovi termini da questo previsti.
Agli stabilimenti ed impianti che comprendono, come parti integranti del
proprio ciclo produttivo, più attività singolarmente soggette al controllo da parte
dei comandi provinciali dei vigili del fuoco, dovrà essere rilasciato un unico
«Certificato di prevenzione incendi» relativo a tutto il complesso e con scaden-
za triennale».

135
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

Elenco dei depositi e industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli di


prevenzione incendi (art. 4 della legge 26 luglio 1965, n. 966)
Periodicità
Attività della visita
(in anni)
Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano gas combu-
1. stibili,gas comburenti (compressi, disciolti, liquefatti) con quantità 3
globali in ciclo o in deposito superiori a 50 Nmc/h
Impianti di compressione o di decompressione dei gas combustibili e
2. 6
comburenti con potenzialità superiore a 50 Nmc/h
Depositi e rivendite di gas combustibili in bombole:
a) compressi:
– per capacità complessiva da 0,75 a 2 mc 6
3. – per capacità complessiva superiore a 2 mc 3
b) disciolti o liquefatti (in bombole o bidoni):
– per quantitativi complessivi da 75 a 500 kg. 6
– per quantitativi complessivi superiori a 500 kg 3
Depositi di gas combustibili in serbatoi fissi:
a) compressi:
– per capacità complessiva da 0,75 a 2 mc 6
4. – per capacità complessiva superiore a 2 mc 3
b) disciolti o liquefatti:
– per capacità complessiva da 0,3 a 2 mc 6
– per capacità complessiva superiore a 2 mc 3
Depositi di gas comburenti in serbatoi fissi:
5. a) compressi per capacità complessiva superiore a 3 mc 6
b) liquefatti per capacità complessiva superiore a 2 mc 6
Reti di trasporto e distribuzione, di gas combustibili, compresi quelli
di origine petrolifera o chimica, con esclusione delle reti di distribu-
6. u.t.
zione cittadina e dei relativi impianti con pressione di esercizio non
superiore a 5 bar
7. Impianti di distribuzione di gas combustibili per autotrazione 6
Officine e laboratori con saldatura e taglio dei metalli utilizzanti gas
8. 6
combustibili e/o comburenti, con oltre 5 addetti
Impianti per il trattamento di prodotti ortofrutticoli e cereali utilizzanti
9. 6
gas combustibili
10. Impianti per l’idrogenazione di olii e grassi 6
Aziende per la seconda lavorazione del vetro con l’impiego di oltre
11. 6
15 becchi a gas
Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano liquidi in-
12. fiammabili (punto di infiammabilità a 650 C) con quantitativi globali in 3
ciclo e/o in deposito superiore a 0,5 mc
Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano liquidi com-
13. bustibili con punto di infiammabilità da 65 °C a 125 °C, per quantita- 3
tivi globali in ciclo o in deposito superiori a 0,5 mc
Stabilimenti ed impianti per la preparazione di olii lubrificanti, olii dia-
14. 6
termici e simili
Depositi di liquidi infiammabili e/o combustibili:
15.
a) per uso industriale o artigianale con capacità geometrica com-

136
D.M. 16 febbraio 1982

plessiva da 0,5 a 25 mc 6
b) per uso industriale o artigianale o agricolo o privato, per capacità
geometrica complessiva superiore a 25 mc(1) 3
Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili per uso
commerciale:
16.
– per capacità geometrica complessiva da 0,2 a 10 mc 6
– per capacità geometrica complessiva superiore a 10 mc 3
Depositi e/o rivendite di olii lubrificanti, di olii diatermici e simili per
17. 6
capacità superiore ad 1 mc
Impianti fissi di distribuzione di benzina, gasolio e miscele per auto-
18. 6
trazione ad uso pubblico e privato con o senza stazione di servizio
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono
19. vernici, inchiostri e lacche infiammabili e/o combustibili con quantita- 3
tivi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 500 kg
Depositi e/o rivendite di vernici, inchiostri e lacche infiammabili e/o
combustibili
20.
– con quantitativi da 500 a 1.000 kg 6
– con quantitativi superiori a 1.000 kg 3
Officine o laboratori per la verniciatura con vernici infiammabili e/o
21. 6
combustibili con oltre 5 addetti
Depositi e/o rivendite di alcoli a concentrazione superiore al 60% in
volume:
22.
– con capacità da 0,2 a 10 mc 6
– con capacità superiore a 10 mc 3
Stabilimenti di estrazione con solventi infiammabili e raffinazione di
23. olii e grassi vegetali ed animali, con quantitativi globali di solventi in 3
ciclo e/o in deposito superiori a 0,5 mc
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengano
sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecu-
24. zione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con 3
regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni ed
integrazioni, nonché perossidi organici
Esercizi di minuta vendita di sostanze esplodenti di cui ai decreti mi-
25. nisteriali 18 ottobre 1973 e 18 settembre 1975, e successive modifi- 6
cazioni ed integrazioni
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono
26. sostanze che possono dar luogo da sole a reazioni pericolose in 3
presenza o non di catalizzatori
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono ni-
27. trati di ammonio, di metalli alcalini e alcalino-terrosi, nitrato di piombo 3
e perossidi inorganici
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono
28. sostanze soggette all’accensione spontanea e/o sostanze che a con- 3
tatto con l’acqua sviluppano gas infiammabili
Stabilimenti ed impianti ove si produce acqua ossigenata con con-
29. 3
centrazione superiore al 60% di perossido di idrogeno
30. Fabbriche e depositi di fiammiferi 6
Stabilimenti ed impianti ove si produce, impiega e/o detiene fosforo
31. 3
e/o sesquisolfuro di fosforo
32. Stabilimenti ed impianti per la macinazione e la raffinazione dello zolfo 3

137
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

33. Depositi di zolfo con potenzialità superiore a 100 q.li 6


Stabilimenti ed impianti ove si produce, impiega o detiene magnesio,
34. 3
elektron e altre leghe ad alto tenore di magnesio
Mulini per cereali ed altre macinazioni con potenzialità giornaliera
35. 6
superiore a 200 q.li e relativi depositi
Impianti per l’essiccazione dei cereali e di vegetali in genere con de-
36. 6
positi di capacità superiore a 500 q.li di prodotto essiccato
37. Stabilimenti ove si producono surrogati del caffè 6
38. Zuccherifici e raffinerie dello zucchero 6
39. Pastifici con produzione giornaliera superiore a 500 q.li 6
40. Riserie con potenzialità giornaliera superiore a 100 q.li 6
Stabilimenti ed impianti ove si lavora e/o detiene foglia di tabacco
41. con processi di essicazione con oltre 100 addetti con quantitativi 6
globali in ciclo e/o in deposito a 500 q.li
Stabilimenti ed impianti per la produzione della carta e dei cartoni e
42. di allestimento di prodotti cartotecnici in genere con oltre 25 addetti 6
e/o con materiale in deposito o lavorazione superiore a 500 q.li
Depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici nonché depositi per la
43. cernita della carta usata, di stracci di cascami e di fibre tessili per 6
l’industria della carta con quantitativi superiori a 50 q.li
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano e/o detengono
carte fotografiche, calcografiche, eliografiche e cianografiche, pelli-
44. 6
cole cinematografiche; radiografiche e fotografiche di sicurezza con
materiale in deposito superiore a 100 q.li
Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano e detengono
45. pellicole cinematografiche e fotografiche con supporto infiammabile 3
per quantitativi superiori a 5 kg
Depositi di legnami da costruzione e da lavorazione, di legna da ar-
dere, di paglia, di fieno, di canne, di fascine, di carbone vegetale e
minerale, di carbonella, di sughero ed altri prodotti affini; esclusi i
depositi all’aperto con distanze di sicurezza esterne non inferiori a
46.
100 m misurate secondo le disposizioni di cui al punto 2.1 del decre-
to ministeriale 30 novembre 1983:
– da 500 a 1.000 q.li 6
– superiori a 1.000 q.li(2) 3
Stabilimenti e laboratori per la lavorazione del legno con materiale in
lavorazione e/o in deposito:
47.
– da 50 a 1.000 q.li 6
– oltre 1.000 q.li 3
Stabilimenti ed impianti ove si producono, lavorano e detengono fi-
bre tessili e tessuti naturali e artificiali, tele cerate, linoleum e altri
48. prodotti affini, con quantitativi:
– da 50 a 1.000 q.li 6
– oltre 1.000 q.li 3
Industrie dell’arredamento, dell’abbigliamento e della lavorazione
della pelle; calzaturifici:
49.
– da 25 a 75 addetti 6
– oltre 75 addetti 3
Stabilimenti ed impianti per la preparazione del crine vegetale, della
50. 6
trebbia e simili, lavorazione della paglia, dello sparto e simili, lavora-

138
D.M. 16 febbraio 1982

zione del sughero, con quantitativi in lavorazione o in deposito pari o


superiori a 50 q.li
51. Teatri di posa per le riprese cinematografiche e televisive 6
52. Stabilimenti per lo sviluppo e la stampa delle pellicole cinematografiche 6
53. Laboratori di attrezzerie e scenografie teatrali 6
Stabilimenti ed impianti per la produzione, lavorazione e rigenerazio-
54. 6
ne della gomma, con quantitativi superiori a 50 q.li
55. Depositi di prodotti della gomma, pneumatici e simili con oltre 100 q.li 6
Laboratori di vulcanizzazione di oggetti di gomma con più di 50 q.li in
56. 6
lavorazione o in deposito
Stabilimenti ed impianti per la produzione e lavorazione di materie
57. 3
plastiche con quantitativi superiori a 50 q.li
58. Depositi di manufatti in plastica con oltre 50 q.li 6
Stabilimenti ed impianti ove si producono e lavorano resine sinteti-
59. che e naturali, fitofarmaci, coloranti, organici e intermedi e prodotti 3
farmaceutici con l’impiego di solventi ed altri prodotti infiammabili
Depositi di concimi chimici a base di nitrati e fosfati e di fitofarmaci,
60. 6
con potenzialità globale superiore a 500 q.li
Stabilimenti ed impianti per la fabbricazione di cavi e conduttori elet-
61. 6
trici isolati
Depositi e rivendite di cavi elettrici isolati con quantitativi superiori a
62. 6
100 q.li
63. Centrali termoelettriche 3
Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori
64. 6
endotermici di potenza complessiva superiore a 25 kw
Stabilimenti ed impianti ove si producono lampade elettriche, lampa-
65. de a tubi luminescenti, pile ed accumulatori elettrici, valvole elettri- 6
che, ecc...
66. Stabilimenti siderurgici e stabilimenti per la produzione di altri metalli 3
Stabilimenti e impianti per la zincatura, ramatura e lavorazioni simila-
67. 3
ri comportanti la fusione di metalli o altre sostanze
68. Stabilimenti per la costruzione di aeromobili, automobili e motocicli 6
69. Cantieri navali con oltre cinque addetti 6
Stabilimenti per la costruzione e riparazione di materiale rotabile fer-
70. 6
roviario e tramviario con oltre cinque addetti
Stabilimenti per la costruzione di carrozzerie e rimorchi per autovei-
71. 6
coli con oltre cinque addetti
Officine per la riparazione di autoveicoli con capienza superiore a 9
72. autoveicoli; officine meccaniche per lavorazioni a freddo con oltre 6
venticinque addetti
Stabilimenti ed impianti ove si producono laterizi, maioliche, porcel-
73. 3
lane e simili con oltre venticinque addetti
74. Cementifici 3
Istituti, laboratori, stabilimenti e reparti in cui si effettuano, anche sal-
tuariamente, ricerche scientifiche o attività industriali per le quali si
impiegano isotopi radioattivi, apparecchi contenenti dette sostanze
75. 6
ed apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti (art. 13 della legge
31 dicembre 1962, n. 1860 e art. 102 del decreto del Presidente del-
la Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185)
76. Esercizi commerciali con detenzione di sostanze radioattive (capo IV 6

139
Manuale per addetti antincendio nei cantieri

del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185)


Autorimesse di ditte in possesso di autorizzazione permanente al
trasporto di materie fissili speciali e di materie radioattive (art. 5 della
77. 6
legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sostituito dall’art. 2 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1704)
Impianti di deposito delle materie nucleari, escluso il deposito in cor-
78. 6
so di spedizione
Impianti nei quali siano detenuti combustibili nucleari o prodotti o resi-
79. 6
dui radioattivi (art. 1, lettera b) della legge 31 dicembre 1962, n. 1860)
Impianti relativi all’impiego pacifico dell’energia nucleare ed attività
che comportano pericoli di radiazioni ionizzanti derivanti dal predetto
impiego:
– impianti nucleari;
80. – reattori nucleari, eccettuati quelli che facciano parte di un mezzo di 6
trasporto;
– impianti per la preparazione o fabbricazione delle materie nucleari;
– impianti per la separazione degli isotopi;
– impianti per il trattamento dei combustibili nucleari irradianti.
Stabilimenti per la produzione di sapone, di candele e di altri oggetti
di cera e di paraffina, di acidi grassi, di glicerina grezza quando non
81. 3
sia prodotta per idrolisi, di glicerina raffinata e distillata ed altri pro-
dotti affini
Centrali elettroniche per l’archiviazione e l’elaborazione di dati con
82. u.t.
oltre venticinque addetti
Locali di spettacolo e di trattenimento in genere con capienza supe-
83. 6
riore a 100 posti
84. Alberghi, pensioni, motels, dormitori e simili con oltre 25 posti-letto 6
Scuole di ogni ordine, grado e tipo, collegi, accademie e simili per ol-
85. 6
tre 100 persone presenti
86. Ospedali, case di cura e simili con oltre 25 posti-letto 6
Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all’ingrosso o al dettaglio
87. con superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva dei servizi e 6
depositi
Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda
88. 6
superiore a 1.000 mq
89. Aziende ed uffici nei quali siano occupati oltre 500 addetti u.t.
Edifici pregevoli per arte o storia e quelli destinati a contenere biblio-
teche, archivi, musei, gallerie, collezioni o comunque oggetti di inte-
90. u.t.
resse culturale sottoposti alla vigilanza dello Stato di cui al regio de-
creto 7 novembre 1942, n. 1564
Impianti per la produzione del calore alimentati a combustibile solido,
91. 6
liquido o gassoso con potenzialità superiore a 100.0000 Kcal/h
Autorimesse private con più di 9 autoveicoli, autorimesse pubbliche,
92. 6
ricovero natanti, ricovero aeromobili(3)
Tipografie, litografie, stampa in offset ed attività similari con oltre cin-
93. 6
que addetti
Edifici destinati a civile abitazione con altezza in gronda superiore a
94. u.t.
24 metri
Vani di ascensori e montacarichi in servizio privato, aventi corsa so-
95. u.t.
pra il piano terreno maggiore di 20 metri, installati in edifici civili a-

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D.M. 16 febbraio 1982

venti altezza in gronda maggiore di 24 metri e quelli installati in edifi-


ci industriali di cui all’art. 9 del decreto del Presidente della Repub-
blica maggio 1963, n. 1497
Piattaforme fisse e strutture fisse assimilabili di perforazione e/o pro-
96. duzione di idrocarburi di cui al decreto del Presidente della Repub- u.t.
blica 24 maggio 1979, n. 886
97. Oleodotti con diametro superiore a 100 mm u.t.
(1) Punto così sostituito dall’art. 1, D.M. 27 marzo 1985 (Gazz. Uff. 26 aprile 1985, n. 98).
(2) Punto così sostituito dall’art. 2, D.M. 27 marzo 1985 (Gazz. Uff. 26 aprile 1985, n. 98), come sostituito dall’art.
1, D.M. 30 ottobre 1986 (Gazz. Uff. 10 novembre 1986, n. 261).
(3) Vedi, anche, l’allegato A al D.M. 29 dicembre 2005.

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