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Dal sito dell'AIRC

I tumori negli anziani


Una società come la nostra, che invecchia in maniera costante – più di una
persona su cinque oggi ha più di 65 anni e sarà una su tre nel 2050 - non può
permettersi di trascurare dal punto di vista medico e sociale gli anziani o limitarsi a
trattarli come dei "vecchi adulti". Servono, in tutti i settori, attenzioni particolari
che tengano conto delle caratteristiche delle persone in là con gli anni, per
garantire loro una buona qualità di vita.

Poiché il 64 per cento dei circa 365.000 nuovi casi di tumore che si registrano ogni
anno in Italia riguarda persone sopra i 65 anni, il cancro si potrebbe definire anche
una malattia della vecchiaia. Dopo i 65 anni il rischio di sviluppare una neoplasia è
infatti quaranta volte più alto che tra i 20 e i 44 anni e quattro volte superiore a
quello delle persone dai 45 ai 64 anni. La scoperta e la successiva terapia di un
tumore in un ultrasessantacinquenne pongono immediatamente problemi legati
all’età. L'anziano, spesso, è già colpito da altre patologie, non di rado croniche,
assume vari farmaci che possono interferire con le cure anticancro, e talvolta non
è in grado di intendere pienamente.

In fin dei conti oggi ci si stupirebbe se un bambino malato di cancro non fosse
affidato alle cure di un oncologo pediatrico; allo stesso modo un settantenne che
necessita di una terapia anticancro deve ricevere il trattamento da un oncologo
geriatra.

Un approccio multidisciplinare e personalizzato

L’oncologia geriatrica incontra anche ostacoli sociali e culturali poiché i malati con
più di 65 anni fino alla prima metà del secolo scorso non vivevano abbastanza a
lungo per trarre giovamento da una terapia antitumorale.

Con l’aumento dell’aspettativa di vita molti studi affidabili effettuati negli ultimi
anni hanno dimostrato che le cure funzionano anche in queste fasce di età e che
allungano la vita e ne migliorano la qualità. A patto, però che siano
opportunamente calibrate e che nel programma terapeutico vengano tenuti in
considerazione anche gli elementi che caratterizzano la salute e la malattia della
terza età, compresi quelli sociali, la condizione e la volontà della famiglia,
l'educazione del malato, i suoi sentimenti nei confronti della malattia e della cura.
Tutto ciò richiede un enorme impegno da parte dei medici coinvolti, che non
possono essere solo gli oncologi, o i geriatri esperti di tumori, ma devono essere
riuniti in gruppi multidisciplinari con fisioterapisti, specialisti della terapia del
dolore, infermieri, farmacisti, personale per l'assistenza domiciliare, nutrizionisti e
psicologi.

Un problema di ricerca

Fino a non molto tempo fa la cura di un anziano malato di cancro era empirica:
sulla base dell'esperienza personale, il medico adattava protocolli che erano stati
messi a punto in sperimentazioni cliniche con pazienti di altre fasce d’età, dato che
le persone sopra i 65 anni o quelle che avevano altre malattie oltre al cancro erano
escluse.

Questo approccio poteva avere varie conseguenze: terapie somministrate in dosi


sbagliate per eccesso o per difetto, interazioni con altri farmaci, tossicità
imprevista dovuta al funzionamento non ottimale del cuore, del metabolismo
epatico o renale, rinuncia ingiustificata a cure efficaci e così via. Nell'ultimo
decennio invece, sono partite le prime ricerche di base e le prime sperimentazioni
cliniche di protocolli di cura o di diagnosi dedicate a questi pazienti. Inoltre si
analizzano retrospettivamente dati provenienti da grandi archivi, dai quali si
possono trarre conclusioni valide a livello generale. Ciò ha avuto immediate
ricadute nella pratica medica di tutti i giorni, per cui oggi il paziente viene
inquadrato tenendo conto non solo della patologia oncologica, ma anche della sua
condizione generale.

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