IL SISTEMA
TECNICO
La gabbia delle società contemporanee
Prefazione di
Jean-Luc Porquet
Jaca Book i
i
Titolo originale
Le Systèrne technicien
©2004
le cherche midi éditeur, Paris
©2009
Editoriale Jaca Book Spa, Milano
tutti i diritti riservati
Copertina e grafica
Ufficio Grafico Jaca Book
In copertina
Foto di John McGrail/Marka. In P.P. Poggio, C. Simoni,
Gli orizzonti del presente, Jaca Book, Milano 2002
Redazione e impaginazione
Gioanola Elisabetta, San Salvatore Monferrato (Al)
Stampa e confezione
Grafiche Flaminia, Foligno (Pg)
gennaio 2009
ISBN 978-88-16-40851-7
Parte prima
CHE COS’È LA TECNICA? 39
Capitolo primo
LA TECNICA IN QUANTO CONCETTO 41
Capitolo secondo
LA TECNICA COME AMBIENTE 55
Capitolo terzo
LA TECNICA COME FATTORE DETERMINANTE 75
Capitolo quarto
LA TECNICA COME SISTEMA 101
1. Idea generale 101
2. Qualificazione del sistema 109
3. Caratteri del sistema 136
4. L’assenza di «feed-back» 146
5
Indice
Parte seconda
I CARATTERI DEL FENOMENO TECNICO 151
Capitolo primo
L’AUTONOMIA 153
Capitolo secondo
L’UNITÀ 189
Capitolo terzo
L’UNIVERSALITÀ 205
Capitolo quarto
LA TOTALIZZAZIONE 241
Parte terza
I CARATTERI DEL PROGRESSO TECNICO 247
Capitolo primo
L’AUTOACCRESCIMENTO 251
Capitolo secondo
L’AUTOMATISMO 277
Capitolo terzo
IL PROGRESSO CAUSALE
E L’ASSENZA DI FINALITÀ 307
1. Finalità 308
2. Obiettivi 322
3. Scopi 325
Capitolo quarto
IL PROBLEMA DELL’ACCELERAZIONE 343
6
Prefazione
ELLUL L’AVEVA DETTO
di
Jean-Luc Porquet1
1 Autore di Jacques Ellul, l'homme que avait (presque) tout prévu, le Cherche-
Midi, Paris 2003 (tr. it. Jacques Ellul, l’uomo che aveva previsto (quasi) tutto, Jaca
Book, Milano 2008).
7
Jean-Luc Porquet
v? *
Sin dagli anni Cinquanta, Ellul si era posto la domanda: «Se Marx
fosse vivo oggi, quale sarebbe per lui l'elemento fondamentale della
società, il fattore determinante sul quale concentrare il proprio pen
siero?». La risposta era chiara ai suoi occhi: lo sviluppo della tecnica.
E tutta la sua opera socio-politica sarebbe scaturita da questa con
statazione.
Secondo Ellul, la tecnica è dunque il fattore determinante delia
società. Più della politica e dell’economia. Essa non è né buona né
cattiva, ma ambivalente. Si autoaccresce seguendo la propria logica.
Crea problemi che promette di risolvere grazie a nuove tecniche. Si
sviluppa senza alcun controllo democratico. E diventata una religio
ne che non sopporta di essere giudicata. Rinforza lo stato, che la rin
forza a sua volta. Esaurisce le risorse naturali. Uniforma le culture.
Uccide la cultura.
Ellul ha analizzato tutto ciò nel suo primo libro, La Technique ou
Lenjeu du siède, e nei seguenti, ciascuno dei quali esplora aspetti della
società tecnica. In Propagandes (1962), dimostra che le democrazie
moderne usano e abusano della propaganda, la quale di ritorno ne
mina le fondamenta. In seguito si occupa di come la tecnica privi
Fuomo politico del proprio potere (Ulllusion politique, 1965). Mostra
come essa sia all’origine di nuovi luoghi comuni che impregnano Fin
terà società {Exégèse des nouveaux lieux communs, 1966). Spiega come
la tecnica abbia riorganizzato le classi sociali: il borghese ha lasciato
il posto al tecnico {Metamorphose du bourgeois, 1967). Reagendo a
caldo agli avvenimenti del 68, afferma che il Maggio non è stata una
rivoluzione, dato che l’unica rivoluzione necessaria è quella che con-
Jean-Luc Porquet
to
Prefazione
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Jean-Luc Porquet
* *
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Prefazione
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Jean-Luc Porquet
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Introduzione
TECNICA E SOCIETÀ
1 Va da sé che, tra gli innumerevoli studi apparsi in questi ultimi anni per «de
finire» la nostra società, ho potuto considerare solo qualche esempio, scelto tra i
migliori, scartando deliberatamente gli studi pseudorealisti, di corte vedute e senza
alcun valore di presa di coscienza, come Défi américain o Le del et la Terre e i pam
phlet d’innocenza disarmante come Qui est aliène di Maurice Clavel.
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Introduzione
non corrisponda più alla realtà attuale. È evidente che la società occi
dentale nel xrx secolo fosse una società industriale, e Raymond Aron
ha ragione nel mostrare che, dal momento in cui l’industrializzazione
si sviluppa, è l’insieme dei rapporti sociali a venire intaccato, e che
l’industrializzazione conduce a un modello sociale che si riproduce,
in modo piuttosto simile, qualsiasi siano i tratti nazionali, i sistemi
politici e le differenze di partenza. Sottolineo che l’industrializza-
zione è caratterizzata dal moltiplicarsi delle macchine e da una certa
organizzazione della produzione: due fattori tecnici. Oggi l’indu
strializzazione, sempre considerevole, non ha più molto in comune
con quella del xix secolo, e soprattutto, è immersa in un insieme
di altri fenomeni tutti ugualmente importanti, che ha parzialmente
determinato ma che si sono slegati da essa e, acquistando volume, si
sono dotati di una forza di trasformazione che sfugge all’industria in
senso stretto. La società attuale è ancora industriale, ma questo non
è più l’aspetto essenziale2.
Non è necessario trattenersi a lungo sulla contrapposizione tra
sistema industriale e sistema tecnico. Ricorderò a questo proposito
due esempi di analisi. Quello di Seurat e quello di Richta.
L’influenza della sistematica tecnica che oppone il mondo in
dustriale alla nuova concezione è stata molto ben analizzata da Seu
rat3, e il suo esempio è estremamente significativo: in che cosa la vec
chia fabbrica è diversa dalla nuova? Nella prima si tratta di aggiunge
re valore a una materia prima attraverso operazioni svolte da famiglie
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Tecnica e società
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Introduzione
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Tecnica e società
sale degli uomini, che diviene una stretta necessità affinché il siste
ma tecnico si sviluppi. Ci si trova quindi in presenza di un insieme
totalmente diverso da tutto ciò finora esistito. Richta spiega (e credo
abbia per lo più ragione) che se la Tecnica ancora non riveste questo
ruolo è perché gli uomini (capitalisti come socialisti) non riescono a
superare il modello industriale della società, perché conservano ge
losamente industrialismo e produzione industriale come dominanti
dal punto di vista economico come da quello sociologico, e perché
mettono la tecnica al servizio di quel tipo di sviluppo, il che va con
tro la natura stessa della tecnica moderna. Essa diviene allora, ma
solo per questo motivo, più alienante. Perché la Tecnica, nota per il
suo aspetto di automatizzazione, chimizzazione, di economia ener
getica, di cibemetizzazione, di informatica, di invenzione biologica
e di produzione infinita di energia atomica, non ha più molto a che
vedere con l'antica meccanizzazione industriale. Ci troviamo in pre
senza di un'idea forte, di importanza decisiva. Vorrei tuttavia, per
non dovervi tornare più tardi, rivolgere qualche critica all'opera di
Richta (e della sua équipe). Mi sembra innanzitutto che non abbiano
completamente considerato il fatto che si tratti di un sistema e non
abbiano valutato le conseguenze che ciò implica. Sono stati guidati
da un umanismo molto simpatico e spontaneo, ma forse un po’ senti
mentale e poco rigoroso. Hanno dato eccessiva importanza all'aspet
to di automatizzazione della Tecnica, come se questa fosse la chiave
di tutto. Infine hanno dato prova di un grande idealismo credendo
alla positività della tecnica, a condizione che essa venga considerata
per se stessa (e non deformata) e che la si lasci libera: credono così
alla validità dell'applicazione delle tecniche pedagogiche per avviare
una nuova didattica in grado di formare l'uomo nuovo, «Fobiettivo
dell'educazione non è formare un certo tipo di uomo, ma un uomo
capace di formata in un modo o in un altro e di cambiare... l'inse
gnamento dovrà orientarsi verso la struttura dell'oggetto e basarsi • • m
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Introduzione
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Tecnica e società
Si definirebbe la società politica del xvn secolo postfeudale? O
quella del xix secolo postmonarchica? Il temine «società industria
le avanzata o sviluppata» non ha senso: sviluppata? Può solo voler
dire: rindustria si è ulteriormente sviluppata. La si considera quindi
ancora società industriale, ma più accentuata, o, siccome l’esperien
za storica mostra che è una tendenza fondamentale dell’industria
svilupparsi, ci si limita a dire «società industriale veramente indu
striale» «avanzata»? ma verso che cosa? Che cosa ha avanzato? A
che cosa ha condotto questo progresso? Quale nuova caratteristica è
apparsa? Questi aggettivi, non dicendoci nulla, sono perfettamente
inutili, non definiscono la nostra società e devono decisamente esse
re abbandonati.
D’altro canto bisogna sottolineare che Touraine5 stesso esita nel
dare una definizione, parlando, ad esempio, di «società programma
ta». Mi trovo molto più d’accordo con lui. In questo modo rientra
nell’orientamento generale di coloro i quali ritengono che la novi
tà della nostra società sia l’organizzazione. Sottolinea la differenza
tra l’epoca primaria (capitalista) dell’industrializzazione, e la nostra
epoca. ' Individua questa nuova società per la comparsa di nuove
«classi» sociali (tecnici, burocrati, razionalizzatori), il nuovo orien
tamento dell’impresa (non più fondata sul rapporto potere econo-
mico-lavoro produttivo, ma sull’organizzazione e i divertimenti):
queste tre caratteristiche riconducono infatti alla demoltiplicazione
e ai bisogni del sistema tecnico che trasforma, come Touraine dice
correttamente, le lotte sociali stesse, che diventano più tecniche e
non sfociano più in una presa di potere da parte del proletariato.
Touraine aggiunge come carattere essenziale della società postin
dustriale l’importanza del movimento studentesco, con la sua con
testazione profonda e la sua debolezza politica. Ritengo (come ho
provato a dimostrare nei miei studi sulla Rivoluzione) che questa
caratteristica sia episodica, contingente, e che Touraine si sia lascia
to influenzare dagli avvenimenti accaduti nel periodo in cui stava
scrivendo il proprio libro.
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Introduzione
7 Jonas non comprende chiaramente nulla a questo proposito, dal momento che
definisce ideologica l’attitudine che consiste nel cercare di determinare il conte-
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Introduzione
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Mi trovo in disaccordo con Friedmann quando parla di civiltà tecnica, dal mo
mento che non sono certo quanto lui che si tratti di civiltà. Egli fa derivare la propria
valutazione dalla concezione di Mauss di «aggregato complesso dei fatti di civiltà».
Oggi i fatti di civiltà sono l’organizzazione del lavoro, la produzione in grande scala,
i mass-media, il consumo e il turismo di massa, ecc., il che produce una civiltà tec
nica. Si veda G. Friedmann, Sept études sur l’homme et la technique, Gonthier, Paris
1966 (tr. it. L’uomo e la tecnica, etas Kompass, Milano 1968).
10 Henri Lefebvre, La vie quotidienne darts le Monde moderne, Gallimard, Paris
1968. L’intero saggio di H. Lefebvre, Position: Contre les Technocrates, Gonthier,
Paris 1967, è compromesso da una profonda confusione tra il Mito della Tecnocra
zia (il fatto che la gente immagini che la tecnica regni), la Tecnocrazia (il tentativo
di un gruppo di tecnici di esercitare il potere, Finfluenza effettiva dei tecnici di
livello politico, economico o amministrativo) e la conformizzazione della società ad
opera del fattore tecnico, fattore determinante. In nessun ragionamento, nessuna
discussione, riesce a districare i quattro elementi e passa costantemente da uno
all’altro, il che indebolisce decisamente le sue argomentazioni. Va da sé invece che
mi trovi interamente d accordo con Lefebvre per quanto riguarda la critica della
Tecnocrazia, quando questa si presenta come la convinzione di poter risolvere tutti
i problemi della società grazie a tecniche appropriate, il che è appannaggio della
destra e della sinistra politiche. Da questo punto di vista non c’era molta differenza
tra de Grulle, Marchais e Tixier Vignancour: Funificazione del pensiero politico è
d’altronde segno dell’importanza decisiva della tecnica. Lefebvre non si accorge che
11 mito tecnocratico oggetto della sua condanna altro non è che il riflesso del primato
(involontariamente riconosciuto) della Tecnica.
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Introduzione
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Tecnica e società
società!): tutto ciò è vero, ma fonda una conclusione generale sull’analisi parziale
di un oggetto particolarmente atto alla dimostrazione perseguita: ciò che manca è
il ricollocamento del sistema di oggetti nella totalità tecnica, comprendendone la
logica e superando i conflitti sociali (di cui modifica ogni aspetto) e i modi di produ
zione (subordinati a essa). Per quanto profondo e preciso nel metodo, lo studio di
Baudrillard giunge a conclusioni estremamente superficiali, valide solamente per la
cosiddetta società dei consumi.
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Introduzione
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quindi a causa della crescita tecnica della nostra civiltà che sarà così!
Al contrario, sarà il sistema tecnico a rischiare di produrre un tale
effetto. Credo tuttavia che sia molto pericoloso utilizzare questa vi
sione apocalittica; in effetti, è troppo facile provare attraverso fatti
che la nostra società non è meccanizzata, che da un lato essa è piena
di cortocircuiti, di grippaggi, di caos, ha ampi vuoti non tecnicizzati,
e che dall’altro l’uomo di questa società non è veramente meccaniz
zato al punto da essere solo un ingranaggio. Crozier ha ragione nel
ricordare l’importanza delle relazioni interpersonali nei sistemi più
burocratici. In realtà, non bisogna confondere sistema tecnico e società
tecnica. Il sistema esiste nel rigore, ma anche nella società, vivendo
al contempo in essa, di essa e innestato su di essa. Esiste una dualità
esattamente come tra la Natura e la Macchina - quest'ultima funziona
grazie a prodotti naturali’ ma non trasforma la natura in macchina.
Anche la società è un «prodotto naturale». A un certo livello cultura
e natura si intersecano, formando la società, in un insieme che diven
ta natura per luomo. In questo complesso si inserisce come un corpo
estraneo, invasivo e insostituibile, il sistema tecnico. Esso non fa della
società una macchina. Modella la società in funzione delle proprie ne
cessità, la utilizza come supporto, ne trasforma alcune strutture, ma
c’è sempre una componente imprevedibile, incoerente, irriducibile
nel corpo sociale. Una società è composta da più sistemi, da più tipi,
da più schemi, situati a diversi livelli. Dire che la Tecnica è il fattore
determinante di tale società, non significa che sia il solo! Ma la socie
tà è soprattutto fatta di uomini, e il sistema, nella propria astrazione,
sembra non tenerne conto. Solo con un passaggio al limite si potreb
be pretenderne l’identificazione, ma un tale passaggio non sarebbe
serio. Diremo quindi che la società tecnica è quella nella quale si è
instaurato un sistema tecnico, ma essa non è il sistema e tra i due esi
ste tensione. Non solo tensione, ma eventualmente disordine e con
flitto. Come la macchina provoca neU ambiente naturale scompiglio,
disordini, e mette in discussione F ambiente ecologico, così il sistema
tecnico provoca disordini, irrazionalità, incoerenza nella società e
mette in discussione F ambiente sociale. Se è sbagliato parlare della
società moderna come di una megamacchina, non bisogna tuttavia
dimenticare che alcuni desiderano ardentemente raggiungere questa
meta. Ci troviamo di fronte al dilemma perfettamente delineato da
Von Kleist (Le Théàtre de marionnettes)\ è l’alienazione assoluta che
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Introduzione
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Parte prima
CHE COS’È LA TECNICA?
Capitolo primo
LA TECNICA
IN QUANTO CONCETTO
Sin dai primi studi sulla Tecnica, ho usato questo termine senza
darne spiegazione, il che ha provocato numerosi malintesi. Mi sem
brava evidente che le tecniche utilizzate in tutti i possibili campi di
attività presentassero caratteri comuni tali da permettere la dedu
zione di un concetto generale. E risaputo: nessuno ha mai visto «il
cane», eppure tra uno spaniel, un boxer, un cocker, un danese, un
pechinese, un pincher, nonostante tutte le differenze, esistono tratti
comuni sufficienti a farci capire esattamente ciò che intendiamo con
la parola cane. Non mi addentrerò nella questione degli Universali.
Non asserirò resistenza di un'idea concreta in sé della Tecnica asso
luta in un qualsiasi Empireo. Ma ritengo di poter costruire scienti
ficamente un fenomeno a partire dai caratteri e dalle interrelazioni
esistenti tra i fenomeni comunemente chiamati tecniche considerati
nella nostra società, la prima in cui la Tecnica, divenuta dominante,
è un concetto. Alcuni oggi affermano che «la Tecnica» non esiste,
ma esistono solo delle tecniche. Questa affermazione si basa su un
realismo superficiale e su un Evidente mancanza di sistematizzazio
ne. La Tecnica in quanto concetto permette di comprendere un in
sieme di fenomeni che rimangono invisibili se ci si situa al livello
dell'evidenza percepibile delle tecniche. Il concetto, pure se indi
spensabile alla comprensione, non è così chiaro e semplice in sé, e
nemmeno implica resistenza di un sistema tecnico. Non riaffronte
remo il problema della definizione della Tecnica, ma esamineremo
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Che cos’è la tecnica?
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La tecnica in quanto concetto
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La tecnica in quanto concetto
4 Si veda l’eccellente critica di A. Sauvy nei confronti della mania dei Modelli,
Croissance zèro?, Calmann-Lévy, Paris 1973 (tr. it. Crescita zero?, Garzanti, Milano
1974).
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Non ci si pone alcuna domanda sugli ostacoli morali, psicologici
posti dall’uomo - né sulle difficoltà economiche poste dalla diffu
sione di tali imprese, né sulle lentezze politiche e sociologiche * • •
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La tecnica in quanto concetto
11 Charles Reich, Le Regain am èrica in, R. Laffont, Paris 1971 (ed. or. The green-
ing of America, Random House, New York 1970; tr. it. La nuova America, Rizzoli,
Milano 1972).
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Che cos’è la tecnica?
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Capitolo secondo
LA TECNICA COME AMBIENTE
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Che cos'è la tecnica?
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La tecnica come ambiente
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La tecnica come ambiente
raggiungiamo mai l’antica complessità dell’ambiente naturale (com
plessità che scopriamo sempre meglio passo a passo che la distrug
giamo!) perché la tecnica è semplificatrice. Rimane la questione di
sapere se tale complessità fosse necessaria alla vita umana. Ci torne
remo. Non si tratta di un’imitazione, di una riproduzione dell’am
biente naturale, ma di una vera e propria creazione di un nuovo am
biente, sebbene in un gran numero di casi siamo obbligati a rimpiaz
zare meccanismi naturali che si rivelano indispensabili: dobbiamo
così introdurre sempre più regolazioni esterne. Secondo una delle
leggi fondamentali dell’Ecologia si giunge alla stabilità attraverso
una complessità sempre crescente: complessità delle modificazioni e
degli scambi ambientali che permettono un adattamento diversifica
to. Sostituendo un meccanismo naturale complesso con uno tecnico
semplice, si rende l’ecosistema «più vulnerabile e meno capace di
adattarsi». Quanto descritto, soluzione dell’ambiente tecnico (e si
multaneamente condizione della sua espansione), vale per l’ambien
te naturale come per quello sociale (sostituzione delle relazioni com
plesse di una società tradizionale attraverso relazioni razionalizzate e
semplificate dalla burocrazia - nel senso tecnico e positivo del termi
ne); questo ambiente presenta così caratteri legati all’efficacia della
tecnica ma temibili, almeno nella misura in cui non conosciamo esat
tamente quali siano le complessità dell’ecosistema (ridotto al ruolo
di supporto) che sdamo distruggendo. Lo scopriremo dalle conse
guenze della loro scomparsa. Questo ambiente è chiaramente del
tutto artificiale (con ciò non intendo muovere una critica: il naturale
non possiede per me un valore eminente e normativo). Ogni fattore
di questo ambiente è nato non da una creazione combinatoria di un
insieme vivente, ma da una somma di processi, tutti isolabili e com
binati in modo tanto artificiale quanto sono stati creati - ogni fattore
può essere sottoposto a un controllo, a una misura, isolato dal resto
(dato che siamo noi a stabilire la connessione) e se ne può testare il
risultato. L’ambiente tecnico è caratterizzato dalla crescita dell’astra
zione e dei controlli. Chiaramente a queste condizioni l’ambiente
tecnico è poco favorevole alla spontaneità, alla creatività, e non può
conoscere i ritmi vitali (essenzialmente legati all’ambiente naturale)10,
come vedremo oltre. L’artificialità implica essenzialmente che solo
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Che cos e la tecnica?
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Capitolo terzo
LA TECNICA
COME FATTORE DETERMINANTE1
1 Corrisponde in modo piuttosto esatto a ciò che Habermas (Technik und Wis-
senschaft, cit.) chiama la «Preponderanza» in una società.
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4 Sebbene gli studi recenti abbiano messo in dubbio la crescita del potere dello
Stato centrale, disperso a vantaggio dei poteri periferici. Si veda ad esempio P. Gré-
mion, Le Pouvoir périphérique, Editions du Seuil , Paris 1976.
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ziario». Ciò appare come una deviazione di forze verso settori non
immediatamente utili, ad esempio, per l’umanità. Non si potrebbe,
anche in questo caso (come talvolta viene proposto), diminuire i ser
vizi nelle società avanzate e applicare tutte le forze alla produzione
utile? Anche questa opzione è impossibile. Perché una società per
svilupparsi richiede la creazione di tutto un insieme di organizza
zioni che permettano lo sviluppo delle tecniche. E impossibile «in
collare» semplicemente una certa potenza tecnica su una società
«naturale». Perché vi sia crescita delle tecniche di produzione, sono
necessarie reti di trasporti (i viveri spediti in India da diverse nazioni
giungono con molte difficoltà nelle zone colpite da carestia a causa
della mancanza di trasporti; l’eccellente raccolta del 1968 è parzial
mente andata perduta per questa ragione), di servizi organizzativi,
di sistemi di distribuzione ecc. Più il meccanismo di produzione è
ampio e perfezionato, più i servizi organizzativi diventano complessi
e numerosi. Sembrerebbe così che le risorse della società vengano
utilizzate in settori non produttivi, ma in realtà i settori produttivi
possono svilupparsi e perfezionarsi solo grazie alle e sulle fondamen
ta di tali organizzazioni, servizi, uffici che rappresentano una pura
spesa, non sono redditizi, ma senza i quali nulla potrebbe funziona
re. La diffusa creazione di servizi psicologici e lo studio dei problemi
lavorativi sotto questo aspetto potrebbero sembrare assurdi; in real
tà l’operaio non sarebbe più un produttorlee adattato alla propria
nuova apparecchiatura tecnica se non fosse inquadrato e sostenuto
da tali servizi. Saremmo addirittura tentati di affermare che oggi,
in una società tecnica, ogni progresso nel campo della produzione
(industriale o agricola industrializzata) può avvenire solo se vi è in
nanzitutto un'enorme organizzazione, di tipo amministrativo attivo,
che permette tale progresso e lo integra nell’insieme senza traumi.
Vorrei qui sostenere la doppia conseguenza derivante dalla ben nota
constatazione della crescita del settore terziario. Prima conseguenza:
l’interpretazione marxista definisce infrastruttura le forze produtti
ve, e tutto il resto (Stato, diritto, ecc.) sovrastruttura. Credo che nella
società tecnica le forze produttive non siano più infrastruttura, ma
sovrastruttura. Vale a dire che non possono svilupparsi, fare nuovi
progressi a meno che ci sia un’infrastruttura sociale organizzativa in
grado di effettuare le ricerche indispensabili a tale progresso e di ac
cogliere tale progresso nel corpo sociale. Il meccanismo di produzio-
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La tecnica come fattore determinante *
tra. Non c’è una misura comune. Ciò spiega ad esempio il fallimento
del «balzo industriale» cinese basato sugli altiforni dei villaggi. Le
differenze di natura tra i tipi sociali sono determinate dalla comples
sità crescente del fenomeno tecnico, che bisogna considerare come
un tutto, e non come pezzi scollegati utilizzabili indipendentemente.
Al di là di un certo livello di tecnicizzazione, si passa da una società
determinata da fattori naturali a una determinata da fattori tecnici,
in cui nasce una mutazione della struttura della società, dei bisogni e
degli atteggiamenti dell’uomo. E dunque impossibile ragionare sen
za tener conto di tale mutazione, come avviene quando si pretende di
risolvere il problema della sopravvivenza del surplus di popolazione
applicando la forza di produzione della tecnica moderna. La corri
spondenza è in realtà impossibile: non c’è parallelismo tra crescita
demografica e crescita di produttività di beni utili per la sopravvi
venza. Il problema è posto dalla specificità della crescita tecnica. La
tecnica appare come fattore determinante, non solo nei confronti dei
due termini considerati separatamente, ma nei confronti del proble
ma stesso, nella sua formulazione e in quanto problema nato da una
contraddizione. Non voglio con ciò dire che l’aiuto ai paesi sottosvi
luppati sia impossibile, ma deve essere impostato in modo diverso da
come viene fatto dalla politica.
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Ho scelto come esempi, in modo per nulla arbitrario, due dei fe
nomeni sociologici più consistenti e di considerevole ampiezza del
nostro tempo. Abbiamo constatato che questi fenomeni sono segnati,
nella struttura interna, da un insieme di contraddizioni fondamentali,
apparentemente difficili da spiegare. In entrambi i casi esiste tuttavia
un fattore che sembra giocare un ruolo importante sia nello sviluppo
del fatto stesso sia nella determinazione delle contraddizioni che lo
caratterizzano. Abbiamo individuato tale fattore nello sviluppo tecni
co, nei diversi settori di applicazione della tecnica. Chiaramente per
ogni fenomeno preso in esame ci sono altri elementi costitutivi, pro
babilmente importanti, per ciascuno di essi, quanto la tecnica. Questi
elementi però non sembrano in alcun caso in grado di spiegare le
contraddizioni del sistema. E soprattutto non ritroviamo gli stessi ele
menti nei vari sistemi, mentre in tutti troviamo il fattore tecnico.
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9 M. de Montmollin, Les Psychopitres, puf, Paris 1972 (tr, it. Gli psicoistrioni,
un’autocritica della psicologia industriale, Il Saggiatore, Milano 1976).
10 H. Hartung, Les Enfants de la promesse, Fayard, Paris 1972.
11 J. Gritti, Culture et Techniques de masse, Casterman, Tournai 1967 (tr. it. Cultura
e tecniche di massa, ave, Roma 1969).
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Capitolo quarto
LA TECNICA COME SISTEMA
1. Idea generale
1 Alla base di tutte le concezioni c’è L. Von Bertalanffy, Théorie générale des systè-
mes, Dunod, Paris 1973 (ed. or. General System Theory: foundations, development,
applications, Alien Lane, London 1968; tr. it. Teoria generale dei sistemi: fondamenti,
sviluppo, applicazioni, ili, Milano 1971).
101
Che cos’è la tecnica?
il tutto e la somma delle parti: «Il sistema è un insieme di relazioni
che aggiunge qualcosa alla somma dei diversi elementi. Perciò si può
parlare del principio dell’isomorfismo del sistema. Elementi molto
diversi possono avere leggi energetiche omologhe, in altre parole un
sistema è una totalità con le proprie leggi di composizione. Per que
sto motivo gli aggregati appaiono sempre subordinati». Egli ne desu
me la contestabile idea che il sistema evolva unicamente in funzione
della propria logica interna. Per Meadows (rapporto di Roma): «La
struttura di ogni sistema - cioè le numerose relazioni tra elemen
ti, che formano concatenazioni, in alcuni casi a effetto sfalsato nel
tempo - ha un’importanza, nell’evoluzione del sistema, equivalente a
quella della natura di ogni singolo elemento che lo compone...».
Infine la definizione di Parsons (due o più unità collegate in
modo che a un cambiamento di stato della prima segua un cambia
mento di stato di tutte le altre, che sarà seguito a propria volta da un
nuovo cambiamento della prima, costituiscono un sistema) che, pur
individuando un aspetto del sistema tecnico, rimane troppo vaga.
Ciò che nel pensiero di Parsons si applica bene al sistema tecnico è
l’idea che un sistema sia necessariamente integrato e integratore (o
una «organizzazione strutturale di interazione tra unità»). Ciò com
porta un modello, un equilibrio, un sistema di controllo2.
Personalmente prenderei in considerazione più caratteri: il siste
ma è un insieme di elementi in relazione gli uni con gli altri di modo
tale che ogni evoluzione di uno di essi provoca un’evoluzione dell’in
sieme e che ogni evoluzione dell’insieme si ripercuote sul singolo
elemento.
È chiaro quindi che non ci troviamo in presenza di oggetti isolati
ma di una rete di interrelazioni. E altrettanto evidente che i fattori
che compongono il sistema non sono di natura identica. Vi sono, ad
esempio, elementi quantitativi e altri che non lo sono. E certo, infine,
che la velocità del cambiamento non sia uguale per tutti i fattori - il
sistema ha il proprio processo e la propria velocità di cambiamento
specifici in rapporto alle parti. Così come comporta leggi partico
lari di sviluppo e di trasformazione. Il secondo carattere che vorrei
ricordare è che gli elementi che compongono il sistema presentano
2 T. Parsons, The Social System, Routledge &. Kegan, London 1951 (tr. it. Il sis
tema sociale, Edizioni di comunità, Milano 1965).
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La tecnica come sistema
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Che cos'è la tecnica?
3 Uno dei primi a presentare la Tecnica come sistema, senza tuttavia utilizzare
il termine, è stato B.B. Seligman, A most notorious victory, Free Press, New York
1966. Si veda anche l’introduzione di G. Weippert alla raccolta Technik im technis-
cben Zeitalter, Schilling, Dusseldorf 1965, che descrive la tecnica in quanto sistema
pur non rendendosi completamente conto del senso di tale constatazione - come
nel caso di Habermas. Generalmente sono i sociologi americani ad avvicinarsi mag
giormente alla comprensione della realtà del mondo tecnico, probabilmente perché
vi vivono! Anche A. Schon, Technology and Change: thè neiv Heraclitus, Delacorte
Press, New York 1963, intuisce questa realtà quando scrive quello che è il punto di
partenza di ogni riflessione attuale sul sistema tecnico, cioè che «[ innovazione tec
nica ci appartiene meno di quanto noi le apparteniamo». D’altra parte impiegando
il termine sistema non voglio ricollegarmi al pensiero strutturalista: ritengo che la
tecnica costituisca oggi un sistema come tempo fa si parlava di un sistema termico o
di forze. Non faccio alcun riferimento al Sistema, realtà assoluta, esistente in tutte le
organizzazioni sociali, in tutti i rapporti, ecc.
4 Richta considerava il modello determinista della società e dell’evoluzione legato
al regime industriale e riteneva che tutto cambiasse con la rivoluzione scientifica e
104
La tecnica come sistema
tV *
tecnica. In questa occasione accede all’idea di sistema: «La situazione cambia quan
do uno o più fattori (dell’industria) vengono sostituiti da una dinamica generale in
ciascuna delle numerose dimensioni delle forze produttive e nella rete di circos
tanze generali, appena la soggettività propria agli elementi diretti diventa il fattore
fondamentale da cui non si può prescindere, appena la semplice razionalità esterna
delle cose cede il posto a una razionalità superiore dei sistemi in sviluppo e muta
mento...». Egli conclude però che ciò implica la cooperazione creatrice dell’uomo,
cosa che mi sembra meno ovvia (op. cit., p. 290).
5 Richta fa notare, seguendo la linea di Simondon e Daumas, che il grado di svi
luppo della tecnica non viene distinto abbastanza chiaramente quando si considera
piattamente la macchina uno strumento perfezionato, l’automa una macchina perfe
zionata: la macchina non è uno strumento, è un meccanismo che dispone dei propri
strumenti, il che implica un capovolgimento di soggetto e oggetto. La macchina
usa l'uomo per farsi servire. Il sistema automatico non è più una macchina, ma
un aggregato o un processo di comandi che utilizzano le macchine: ce dunque un
nuovo livello di soggettività, l’automa ha tutt’altra importanza per l’uomo rispetto
alla macchina.
6 Non riporterò qui la lunga trattazione che gli ho dedicato, riguardante i fattori
che ne hanno favorito l’apparizione e le caratteristiche.
7 La lunga analisi di Habermas della nozione di Coscienza Tecnocratica è lo svi
luppo di ciò di cui mi sono occupato in La Technique ou lenjeu du siècle per spie
gare il passaggio dall’operazione tecnica al fenomeno tecnico. E ciò che Habermas
traduce filosoficamente quando parla dell’eliminazione della differenza tra pratica
(prassi) e tecnica. Cancellazione del desiderio di una comunicazione senza domina
zione dietro il volere di disporre tecnicamente delle cose.
K Chiaramente mi trovo in completo disaccordo con Habermas {La Technique
et la Science comme idéologie, cit.), che confonde tecnica e discorso tecnologico, e
che inoltre mi sembra totalmente superato quando vuole spiegare ciò che intende
con Tecnica! Il suo prefatore Ladmiral scrive: «Le tecnologie, o norme tecniche,
sono applicazioni del sapere empirico formalizzato dalle scienze sperimentali che
mettono in opera mezzi tecnici, in questo caso ogni oggetto materiale suscettibile
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Che cos’è la tecnica?
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La tecnica come sistema
9 Non credo che la struttura di un dato sistema permetta di interpretare gli al
tri sistemi. A caratterizzare ciascuno è la specificità della struttura, del carattere e
dell’ordinamento. Ritengo perciò che l’impiego del sistema linguistico per analiz
zare o spiegare gli altri sia un errore di metodo scientifico.
,u II disegno che qui perseguo è molto diverso dalle due linee indicate da J. Bau
drillard, Le Systèrne des ob/ets, Gallimard, Paris 1968 (tr. it. Il sistema degli oggetti,
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Che cos’è la tecnica?
Bompiani, Milano 1972). Egli studia da un lato «i processi attraverso i quali la gente
entra in relazione con gli oggetti tecnici», quale sia la sistematica delle condotte che
ne risultano. Dall’altro ritiene che si possa studiare la tecnologia tenendo conto solo
degli oggetti tecnici che formano un insieme suscettibile di essere studiato, come
un sistema linguistico attraverso un’analisi strutturale. Io mi colloco qui, invece, a
livello della società e in presenza di una tecnica fatta non solo di oggetti, ma anche
di metodi, di programmi, ecc., il cui sistema non può essere studiato al di fuori della
relazione, dell’inserimento nel gruppo sociale. Il fatto di aver trascurato questi due
aspetti rende lo studio di Baudrillard, per quanto fine e interessante, inutile. Egli
pretende di stabilire la relazione Uomo-Oggetto Tecnico senza collocare l’uomo
nell’universo tecnico. Gli attribuisce alcuni atteggiamenti, alcuni comportamenti la
cui spiegazione risiede nella globalità della tecnica, mentre egli colloca l’uomo sem
pre come soggetto. Inoltre la doppia influenza marxista e freudiana, non confessata,
non dichiarata, riduce notevolmente il valore del sistema di oggetti.
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La tecnica come sistema
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Che cos’è la tecnica?
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La tecnica come sistema
* -k *
Si veda ad esempio J.L. Le Moigne, Les Systèmes de décision dans ies organisa-
tions, puf, Paris 1974.
Ili
Che cos'è la tecnica?
14 B.B. Seligman, A most notorìous victory, cit., ha compiuto una sorta di analisi
delle principali argomentazioni diffuse negli Stati Uniti contro l’idea che la tecnica
sia divenuta autonoma. Ritiene che coloro che avanzano tali argomenti lo facciano
grazie a «una distorsione dei fatti, a una fondamentale ignoranza della nuova tec
nica, a concezioni semplicistiche e arcaiche...».
112
La tecnica come sistema
qui. Non voglio dire che la mia descrizione del sistema tecnico sia
scientifica e determinante, ma si tratta di un primo passo indispen
sabile, e senza di esso nulla può essere fatto per la comprensione del
nuovo universo nel quale l’uomo si trova.
Per di più, procedendo all’astrazione delle disfunzioni umane, as
sumo l’atteggiamento dello scienziato che enuncia «fermo restando
ogni altra cosa», quando si sa bene che una tale situazione non si
verificherà mai. E noto in chimica e fisica che l’analisi di un fenome
no suppone l’astrazione da una data condizione: si giunge a una leg
ge, ma nel momento in cui si vuole sperimentare, l’esperimento non
fornisce mai esattamente ciò che era stato previsto, perché i fattori
da cui si è fatta astrazione, non sono astratti in realtà. Ma se non si
procedesse in questo modo, non ci sarebbe scienza possibile. Per di
scernere il fenomeno, per riconoscerne le regolarità, bisogna privarlo
artificialmente delle variabili, delle alee, delle perturbazioni acciden
tali. Se ci si accorge che le variabili sono ugualmente sempre presenti
nella realtà, conviene reintegrarle e considerare, a partire dalla prima
analisi, le modificazioni che il fenomeno così subisce. Ciò che è ben
noto per le scienze cosiddette esatte deve essere applicato anche alle
scienze sociali. L’atteggiamento di Marx nei confronti dell’economia
politica mi sembra esemplare. Quelli che egli chiama economisti
(cioè i «classici», i liberali, i fondatori della scienza economica) ave
vano proceduto all’astrazione del fattore umano. Marx non afferma
che avessero torto e che la loro analisi dell’economia fosse inesatta. Al
contrario si serve di tale analisi considerando i risultati acquisiti dagli
economisti scientificamente esatti. In seguito dichiara tuttavia che è
impossibile prescindere dal fattore umano in campo economico e che
è necessario vedere cosa il suo reinserimento implichi. Inoltre trae
conclusioni relative alla realtà economica dal fatto che sia stato possi
bile studiarla scientificamente eliminando il fattore umano, e procede
a una critica dell’economia politica a partire dagli stessi dati fornitigli
dagli economisti classici; ma il loro passo iniziale era indispensabile.
Lo stesso vale per Weber e la burocrazia: lo studio delle disfunzioni e
l’analisi dei comportamenti degli impiegati è possibile solo a partire
dalla costruzione sistematica di Weber. Sarebbe errato affermare che
la burocrazia sia (esclusivamente) il sistema dimostrato da Weber.
Ma sarebbe altrettanto errato dire che sia (esclusivamente) un insie
me di rapporti umani, di pressioni, di interessi, ecc. Essi ricavano il
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'k * 'k
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17 J. Von Neumann, The General and Logicai Tbeory of Automata in thè World oj
Mathematics, iv, 1956.
18 Eccezion fatta per W. Skyvington, Machina Sapiens, Éditions du Seuil, Paris 1976.
19 N. Wiener, God and golem, Chapman & Hall, London 1964 (tr. it. Dio e Golem
s.p.a.y Boringhieri, Torino 1967); J. Von Neuman, op. àt.\ L. De Broglie, Machine à
calculer et pensée humainey 1953; Toa, Brain Computer, 1960; L. Couffignal, La Machine
à penser, Éditions de Minuit, Paris 1952; É. Delavenay, La Machine è traduire, puf, Paris
1963; ecc.
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La tecnica come sistema
20 Per la critica dei sedicenti risultati già raggiunti e delle previsioni si vedano R.
Vacca, Demain, le Moyen Àge, A. Michel, Paris 1973 (ed. or. li Medioevo, prossimo
venturo: la degradazione dei grandi sistemi, Mondadori, Milano 1971); G. Elgozy, Le
Désordinateur: lepérilinformatique, Calmann-Lévy, Paris 1972. Quest’ultimo risulta
panicolarmente interessante poiché l’autore toma su sue precedenti posizioni molto
più positive (espresse in Automation et Humanisme, Calmann-Lévy, Paris 1968). J.-
M. Font, J.-C. Quiniou, Les Ordinateurs, mythes et réalités, Gallimard, Paris 1968,
che analizzano magnificamente il mito del computer universale, robot pronto a tu
tto, creatore di musica e divertimenti, ecc.
21 Si veda l’eccellente studio del problema condotto da R. Escarpit, Tkéorie gé-
nérale de VInformation et de la communication, Hachette, Paris 1976 (tr. it. Teoria
dell'informazione e della comunicazione, Editori Riuniti, Roma 1979).
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Che cosè la tecnica?
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La tecnica come sistema
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Che cos’è la tecnica?
limitarsi alla mentalità del curioso che va alla fiera a vedere il nano o
la donna barbuta. Il computer non è un gadget per fare meglio e più
in fretta. I computer sono i fattori di correlazione del sistema tecnico.
Fino a oggi i grandi insiemi tecnici hanno avuto poche relazioni tra
di loro: venticinque anni fa non si poteva parlare di sistema tecnico
perché l’unica cosa percepibile era una crescita della Tecnica in tutti
i campi dell’attività umana, ma una crescita anarchica, poiché questi
campi erano ancora caratterizzati dalla divisione tradizionale delle
operazioni condotte dall’uomo, senza relazione tra loro. Sebbene si
cercassero mezzi tecnici per metterli in relazione, si poteva pensare
solo a un’organizzazione di tipo istituzionale, l’unica nota per creare
procedure e connessioni tra servizi diversi o settori separati di atti
vità. Si trattava quindi di un processo di inquadratura esterna e di
«incavigliatura» rigida che impediva ai sottosistemi tecnici di svilup
parsi gli uni in rapporto agli altri. Il processo informatico ha risolto
il problema: grazie al computer è apparsa una sorta di sistematica
interna dell’insieme tecnico, che si esprime attraverso e giocando a
livello dell’informazione. Attraverso l’informazione integrata totale
e reciproca, i sottosistemi tecnici possono simultaneamente costitu
irsi come tali e coordinarsi. Nessuna persona, nessun gruppo uma
no, nessuna costituzione avrebbe potuto farlo. Con l’avanzare della
tecnicizzazione i settori tecnici tendono a diventare indipendenti,
autonomi, incoerenti. Solo il computer può farvi fronte. Chiaramen
te non si tratta di un computer, ma di un insieme di computer che
agiscono in modo coordinato gli uni con gli altri in tutti i punti di
comunicazione del sistema. Tale insieme diventa il sottosistema di
connessioni tra i diversi sottosistemi tecnici. Senza abusare del pa
ragone, è come se fosse il sistema nervoso dell’insieme tecnico - a
condizione soprattutto di non effettuare alcun paragone con la costi
tuzione del sistema nervoso animale (ci sono tot cellule nel cervello
e tot elementi in una memoria, cosa totalmente stupida), o il suo
funzionamento: il paragone può essere fatto a livello delle funzioni.
Riveste il ruolo del sistema nervoso nell’ordine tecnico. Ogni altro
paragone è privo di interesse, è infantile peseudoconoscenza. L’uomo
è incompetente in presenza di una funzione così puramente tecnica.
Solo il più perfetto e potente apparecchio dal punto di vista tecnico
può farcela. Il computer riveste così un ruolo inaccessibile all’uomo!
Non c’è quindi concorrenza tra i due. L’idea del computer servo o
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Che cos e la tecnica?
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La tecnica come sistema
21 Ciò è stato messo in luce in particolare nel romanzo di Morris West, Harlequin,
Collins, London 1974 (tr. it. UArlecchìno, Mondadori, Milano 1975). Un cambia
mento di programma, in seguito eliminato, appare come una mancanza enorme in
un’azienda multinazionale, poiché comporta la probabile truffa da parte di uno dei
direttori. Si parla di cifre tanto elevate e affari tanto complessi da essere inimmagi
nabili. Nessuno potrebbe verificarli completamente: solo il computer. È allora che
il risultato fornito dal computer diventa reale, e considerato tale dall opinione pub
blica, anche se gli interessati affermano di non aver fatto nulla e che l’azienda è sana.
Ma nessuno può in effetti verificarlo • * *
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La tecnica come sistema
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Che cos è la tecnica?
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La tecnica come sistema
cui storia deve essere determinata e regolata dal sistema. Una volta
definite in dettaglio le funzioni di ogni sottosistema, bisogna ancora
definire la struttura (ad esempio i problemi di centralizzazione/de-
centralizzazione) e i controlli interni. E necessario quindi prendere
coscienza del fatto che il sistema tecnico non è astratto né teorico,
ma semplicemente la risultante della relazione tra molteplici sottosi
stemi, e che funziona solo nella misura in cui ogni sottosistema fun
ziona e la relazione tra sottosistemi è corretta. Quando si produce
un cortocircuito tra sottosistemi o un guasto in un sottosistema, si
blocca tutto l’insieme. E ciò che ha portato Vacca ad avanzare la
teoria della fragilità dei grandi insiemi tecnici.
Il secondo carattere è l’agilità. Ciò che abbiamo appena detto dà
una sensazione di grande rigidità, e gli imperativi sono di fatto sem
• V
pre piu numerosi e difficili. Sembra però che, nonostante le cose stia
no così a livello di sottosistema, l’insieme tenda in realtà a funzionare
in modo più agile, e che la forza e la stabilità della tecnica risiedano
proprio in questa adattabilità. E una contraddizione apparente, de
rivante da un diverso livello di analisi, che causa l’opposizione tra
le due interpretazioni. Indubbiamente Crozier ha ragione quando
sostiene (La Société bloquée) che Forganizzazione delle grandi orga
nizzazioni moderne non sembra avvenire in direzione oppressiva: «Il
miglioramento costante dei mezzi di previsione permette maggiore
tolleranza nelTapplicazione delle regole. L’organizzazione può fun
zionare con un minore grado di conformità. La conoscenza permette
di limitare la costrizione perché è possibile prevedere senza ricorrere
alla costrizione per assicurare la certezza dei pronostici...». Si po
trebbe dire che il sistema diventa più tollerante nei confronti dell’uo
mo nella misura in cui quest’ultimo è maggiormente adattato - più
l’uomo vi si conforma, minore è la necessità di costrizione da parte
del sistema. Il sistema tecnico produce meccanismi di conformiz-
zazione sempre più efficaci. E possibile una notevole indipendenza
quando l’azione dell’uomo non mette in gioco il sistema.
Quest’ultimo tende a divenire sempre più astratto, a istituirsi in
un secondo o terzo grado: di conseguenza i conformismi superfi
ciali possono scomparire - l’uomo sembra acquisire una maggiore
libertà: può ascoltare la musica che preferisce, vestirsi come vuole,
adottare credenze religiose e atteggiamenti morali completamen
te aberranti: tutto ciò non mette in questione alcunché alFinterno
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2y> A.A. Cournot, Considérations sur la marche des idées et des événements dans les
temps modemes, Hachette, Paris 1872.
i0 H. Adams, The Degradatton ofDemocratic Dogma, MacMillan, New York 1919.
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4. L’assenza di «feed-back»
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La tecnica come sistema
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Che cos e la tecnica?
33 L. Mumford, Le Mythe de la Macbine, Fayard, Paris 1973 (ed. or. The myth
of thè machine, Seker & Warburg, London 1967; tr. it. Il pentagono del potere, Il
Saggiatore, Milano 1973), giunge alfidea del sistema tecnico, ma lo intende in
realtà come prodotto dell’automazione, cosa che mi sembra inesatta. Al contrario
ne individua perfettamente il carattere rigido e autonomo: «Una volta instaurato il
controllo automatico, non ci si può rifiutare di accettarne le imposizioni né se ne
possono aggiungere di nuove, perché, in teoria, la macchina non permette a nessuno
di deviare i propri criteri perfetti... Una volta che il sistema diventa universale,
la principale debolezza risiede nel cuore deirautomazione. I suoi difensori, anche
quando ne riconoscono le mancanze, non vedono alcun modo per superarle se non
attraverso un’espansione deU’automazione e della cibernetica. Una volta creato, è il
sistema stesso a dare gli ordini...».
34 Kieff, in G.R. Urban (a cura di), Survivreau futur, Mercure de France, Paris 1972,
p. 51 (ed. or. Can we survive our future: a symposium, Bodley Head, London 1972).
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La tecnica come sistema
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Che cos’è la tecnica?
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Parte seconda
I CARATTERI
DEL FENOMENO TECNICO
Capitolo primo
L’AUTONOMIA
1 J. Habermas, Technik und Wissenschaft, cit., procede alla critica dell autonomia
a partire dall’opera di Schelsky, ma ha una veduta molto sommaria e semplice di ciò
che in realtà è l’autonomia della tecnica.
2 B.B. Seligman, A most notorious victory, cit.
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I caratteri del fenomeno tecnico
1 Ottobre 1963.
4 Ovviamente, quando dico che la tecnica «non ammette», «vuole», ecc., non la
personifico. Sfrutto semplicemente una scorciatoia retorica lecita. In realtà sono i
tecnici di ogni rango a esprimere tali giudizi e ad avere tale atteggiamento, ma sono
talmente imbevuti, impregnati di ideologia tecnica, talmente presi nel sistema che i
loro giudizi e i loro atteggiamenti ne sono diretta espressione: si possono riferire al
sistema stesso.
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L’autonomia
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* -k *
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L’autonomia
12 D. Furia, Techniques et Sociétés, A. Colin, Paris 1970, procede nella stessa dire
zione. Opinione opposta ha invece U.E.B. Matz, Die Freiheit der Wissenschaft in der
technischen Welt, in Politik und Wissenscha/ty Beck, Munchen 1971, che si occupa
però della libertà necessaria allo scienziato in relazione a uno Stato tecnicizzato.
13 J. Habermas, op. cit.
14 R. Lattès, Energie et démocratie, «Le Monde», aprile 1975.
159
I caratteri del fenomeno tecnico
ziato, esprime ingenuamente l’insieme delle idee che sorgono dal più
irreale idealismo. Non riprenderò in questa sede le critiche che ave
vo avanzato nei confronti di tali posizioni nell’articolo Propagande
et Démocratie[5. Mi limiterò a sottolinearne due aspetti particolari.
Lattès ritiene a ragione che per l'esercizio della Democrazia tutti i
cittadini debbano essere ben informati e giudicare con nozione di
causa. Affinché il dibattito parlamentare abbia senso i deputati de
vono essere formati e informati. Sul problema dell’energia pone sette
domande «lampanti», delle quali è necessario conoscere la risposta
per opinare validamente nel dibattito sull’energia. Ma non sembra
pensare per un istante che tale questione tanto importante sia solo
una tra decine. I rischi di una politica militare. Le società multinazio
nali. L’inflazione, cause e rimedi. Le possibilità e le modalità di aiuto
al terzo mondo, ecc. Il cittadino dovrebbe disporre di un dossier
completo, serio, particolareggiato, onesto su ciascuna di queste que
stioni. Possibile non rendersi conto dell’assurdità della situazione,
quando non c’è nemmeno il tempo di «tenersi al corrente»! Altra
osservazione: Lattès sembra credere che il cittadino correttamente
informato possa decidere, al di là delle reazioni viscerali e di timo
re, a riguardo del problema dell’energia nucleare. Il problema (ne
parlerò più ampiamente oltre) è che a caratterizzare la situazione è il
conflitto inestricabile tra le opinioni dei maggiori scienziati e tecnici.
Più il cittadino sarà informato, meno potrà schierarsi, poiché i pareri
sono completamente opposti. Lattès si culla nelle illusioni. Sicura
mente consolante! Esiste dunque una radicale impossibilità affinché
il cittadino decida. Ma anche l’uomo politico è spodestato (si veda
Llllusion politique)16.
Nonostante i progressi nella comprensione del problema «Sta
to Tecnico», è necessario sottolineare la frequente opinione degli
intellettuali: «Per risolvere i problemi e le difficoltà derivanti dalla
tecnica, è necessario statalizzare. E necessario affidare la gestione al
potere». E la tesi implicita di Closets, che tenta di provare che tutti i
pericoli e i danni della tecnica sono dovuti esclusivamente all’assenza
di direzione: è necessario elaborare una politica generale del pro
gresso, avere organismi pianificatori, riorganizzare, ecc. Tutto ciò,
160
Uautonomia
senza che egli lo dica espressamente, può essere fatto solo dal potere
politico. Come noto, è la stessa tesi di Galbraith.
Habermas17 conduce un’analisi superficiale della relazione tra tec
nica e politica, accontentandosi di argomenti come «rorientamento
del progresso tecnico dipende dagli investimenti pubblici», quindi
dalla politica. Sembra ignorare completamente decine di studi (tra i
quali quelli di Galbraith e i miei) che dimostrano la subordinazione
delle decisioni politiche agli imperativi tecnici. Si limita al desiderio
elementare di «riprendere in mano la tecnica», di «collocarla sotto il
controllo dell’opinione pubblica», «di reintegrarla all’interno del con
senso dei cittadini». Ahimè, la cosa è un po più complessa! Così come
quando contrappone lo schema tecnocratico a quello decisionista.
Per comprendere l’interazione dovrebbe leggere Sfez18. La sua
descrizione del «modello pragmatico» assomiglia a un voto religioso,
a un desiderio: il processo di scientificazione della politica per lui
auspicabile è un «bisognerebbe»... Ma la realtà della tecnicizzazione
della politica avviene in realtà secondo un altro modello! Habermas
pone il problema filosofico onestamente (il vero problema è sapere
se una volta raggiunto un certo livello di conoscenze suscettibili di
comportare date conseguenza, ci si accontenti di mettere tali cono
scenze a disposizione di coloro che sono impegnati in manipolazioni
tecniche, o se si preferisca che siano individui tra loro comunicanti a
riprenderne possesso nel proprio linguaggio), ma al di fuori di ogni
realtà. Leggendo tale testo, basta chiedersi: «Chi è quel Si che mette
la Tecnica a disposizione degli uni o degli altri? Chi esercita tale Vo
lontà’ suprema» (se si vuole)?
E Richta si unisce a Galbraith! Pensano che lo Stato, nel pro
muovere la Scienza, assuma la propria vera funzione di rappresentan
te dell’interesse generale. «Significativamente» scrive Richta, «lo Sta
to interviene più energicamente nei settori in cui la scienza si fa va
lere più attivamente in quanto forza produttiva per natura ostile alla
proprietà privata e che incessantemente abbatte i propri limiti...».
Lo Stato americano finanzia la ricerca di base al 65%, quello france
se al 64%... perché il profitto non è più in grado di far avanzare la
tecnica. Ma ciò significa dimenticare che lo Stato stesso è un agente
161
I caratteri del fenomeno tecnico
19 R Dumont, LUtopie ou la mori, Éditions du Seuil, Paris 1973 (tr. it. Lutopia o
la morte, Laterza, Roma 1974).
20 A. Sauvy, Les Quatre Roues de la Fortune, Flammarion, Paris 1968.
21 «The Ecologist», 1972.
22 M. Mintz, J.S. Cohen, America Ine.: who owns and operates in thè United States,
Pitman, London 1972 (tr. it. America Ine.: i padroni degli Stati Uniti, Editori Riuniti,
Roma 1973).
162
L5 autonomia
163
I caratteri del fenomeno tecnico
23 Sulla capacità dello Stato di rivestire il ruolo supposto si veda J. Ellul, La Tecb-
nique ou l'enjeu du siècle, il capitolo sullo Stato, Llllusion politique. Non ne ripren
derò in questa sede le dimostrazioni.
24 Al contrario, pur senza riprendere il problema, è almeno necessario ricordare
che il sistema tecnico nel quale lo Stato si trova necessariamente integrato dota il
potere politico di una potenza sconosciuta a qualsiasi altro potere. Ricordo, tuttavia,
che tale potenza assume l’aspetto dell’amministrazione (si veda Llllusion politique).
Ovviamente, grazie ai computer, è possibile l’integrazione di tutti i dati sociali, con
un’inimmaginabile possibilità di controllo totale sulla vita privata grazie al tratta
mento centralizzato di tutte le informazioni memorizzate e utilizzate.
25 Chiaramente ci troviamo qui davanti all’ambiguità del termine politico. Si tratta
di tutto ciò che concerne l’uomo in quanto animale sociale, o dell’attività speci
fica dello Stato e del personale del governo? Marcuse passa continuamente da una
164
L autonomia
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I caratteri del fenomeno tecnico
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L’autonomia
le -k *
167
I caratteri del fenomeno tecnico
29 Ciò si verifica stranamente presso uno dei più rigorosi e profondi pensatori
contemporanei, B. de Jouvenel, che continua ad affermare che è l’uomo a deci
dere e che la decisione globale viene presa a livello politico - la tecnica viene solo
in seguito. Eppure il suo ammirevole libro L'Arcadie, sedeis, Paris 1968, è la mi
gliore dimostrazione dell’autonomia del tecnico, della sua «autosufficienza». Tale
nozione corre lungo tutte le pagine del libro e compare costantemente, nonostante
ci si chieda se l’autore non abbia scritto tale libro «a più livelli», complementari ma
diversi e talvolta apparentemente opposti.
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L’autonomia
169
I caratteri del fenomeno tecnico
tecniche del xx secolo siano condizionate e favorite dal mercato che
stimola uno sviluppo industriale.
Daumas30 afferma tuttavia con forza l'autonomia della tecnica nei
confronti dell’industria, e sostiene (quella che è sempre stata la mia
posizione): «Non si tratta di negare che Tevoluzione delle tecniche
possa essere compresa solo se ricollocata nel proprio contesto stori
co, ma si può pensare che il compito originale della storia delle tecni
che consista nel mettere in evidenza la logica propria dell’evoluzione
delle tecniche. Ciò si realizza con una logica interna, fenomeno ben
distinto dalla logica di evoluzione della storia socio-economia. La
ricerca di tale logica interna dell’evoluzione tecnica è Tunica in grado
di liberare ‘la storia tecnica delle tecniche’ dal proprio carattere di
storia evenemenziale».
Mano a mano che si amplia, lo sviluppo tecnico si fa più comples
so, l’invenzione dipende da basi tecnologiche già acquisite (frutto di
applicazioni anteriori) e realizza elementi sempre più costosi: l’inven
zione tecnica viene così a dipendere anche dalle possibilità d'investi
mento economico. Si nota così un’influenza reciproca: da un lato la
crescita economica moderna dipende dalle applicazioni tecniche, in
tutti i campi31, dall'altro le possibilità di ricerca tecnica avanzata e di
applicazione delle tecniche dipendono dalTinfrastruttura economica
e dalle possibilità di mobilitazione delle risorse economiche32.
CEconomia può dunque bloccare lo sviluppo tecnico per man
canza di potenza, o impedire l’applicazione tecnica. Il programma
tecnico è condizionato da due serie di imperativi economici: dalla
redditività dell’investimento (nei paesi capitalisti) e dalla possibilità
di procurarsi i capitali necessari all’investimento (ovunque). Tutta-
170
L’autonomia
33 Richta sottolinea un’importante svolta nella scuola weberiana. Agli inizi, con
Weber, si affermava che «si può razionalizzare tecnicamente solo in funzione della
ragione commerciale», «la legge della ragione tecnica deve sempre piegarsi alla legge
della ragione economica». A partire dal 1960 si nota presso i weberiani (per esempio
Papalakas) una relativizzazione della razionalità economica, un rovesciamento del
rapporto tra capitale e tecnica; «La ragione economica deve adattarsi alla dura realtà
tecnica, la razionalità tecnica diventa la dimensione fondamentale che domina così il
principale focolaio di tensione sociale». R. Richta, op. cit.y p. 80.
171
I caratteri del fenomeno tecnico
4 B. Coriat, Science, technique et capitai, Éditions du Seuil, Paris 1976. Si veda an-
:he S. Rose, Lldeologie de et dans la Science, Éditions du Seuil, Paris 1977, opera di
tretta ortodossia marxista che cerca di provare che la scienza è ideologica - molto
lotta e molto deludente.
17?
L'autonomia
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I caratteri del fenomeno tecnico
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L’autonomia
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I caratteri del fenomeno tecnico
55 Due ottimi esempi di tale autonomia ci vengono dati, a partire da premesse di
verse, da Vahanian e da Orlans. G. Vahanian, La Mori de Dieu, Buchet-Chastel, Pa
ris 1962 (ed. or. The Death of God: thè culture of our post-cbristian era, Braziller, New
York 1961; tr. it. La morte di Dio: la cultura della nostra era postcristiana, Ubaldini,
Roma 1966) mostra come Vhow to do sia divenuto indipendente da ogni pensiero
cristiano e al contrario abbia invaso il cristianesimo subordinato all’efficacia. H.
Orlans, Toward thè year 2000, Daedalus, 1967, dimostra che «ogni sviluppo tecno
logico non è certo desiderabile, ma non si vede come impedire che venga realizzato
tutto ciò che è tecnicamente possibile».
i6 Si può far riferimento all eccellente analisi di questo tipo di illusioni condotta da
Seligman, op. cit., che afferma che l’aspetto tragico di queste illusioni è dovuto al fatto
che la tecnica possiede la propria forza, in grado di distruggere i disegni dell’uomo, di
determinarne le ideologie: come dimostra piuttosto approfonditamente, Pautonomia
della tecnica rende «almeno discutibile» Pautonomia dell’uomo.
176
Lautonomia
177
I caratteri del fenomeno tecnico
fare qualsiasi cosa. L’uomo fa ciò che la tecnica gli permette di fare,
e quindi ha iniziato a fare di tutto. Affermare che la morale non può
apportare alcun giudizio nei confronti delTinvenzione o dell'opera
zione tecnica porta in realtà ad affermare, senza volerlo, che ogni
azione dell’uomo sfugge ormai airetica: l’autonomia della tecnica
causa quindi la moralizzazione dell’uomo. La morale ormai non è
più relegata al proprio ambito, ma al nulla: appare agli occhi degli
scienziati e dei tecnici (insieme ai valori e a tutto ciò che può essere
definito umanista) come una questione totalmente privata, che non
ha nulla a che vedere con l’attività concreta (che può essere solo tec
nica) e che non riveste alcun interesse per quanto concerne gli aspetti
importanti della vita. Un esempio: nel 1961 il Ministero dell’Istruzio
ne aveva lanciato un’inchiesta tra gli studenti delle Grandes Ecoles
(scientifiche) e dei corsi preparatori a esse sull’insegnamento della
filosofia e della letteratura. Il risultato fu significativo: ogni valore
e significato della filosofia erano stati negati quasi all’unanimità.
Quanto all’insegnamento del francese, si faceva una distinzione: da
un lato, la letteratura non presentava alcun interesse, mentre dall’al
tro la conoscenza della lingua veniva considerata utile per imparare
a redigere le relazioni e a esplicitare gli esperimenti realizzati. Questo
è un buon esempio. U tecnico non vede che senso possa avere uno
studio filosofico o morale in rapporto al lavoro che conduce. Ovvia
mente ammette che gli specialisti di problemi morali, i filosofi, ecc.,
apportino valutazioni su tale lavoro, che emettano giudizi, ma ciò
non Io riguarda. E pura speculazione. I lavori riguardanti la filosofia,
la sociologia della tecnica (e comincia a spuntare la teologia della tec
nica) si moltiplicano, ma riscuotono interesse solo all’interno della
cerchia dei filosofi e degli umanisti: non trovano sbocco tra i tecnici,
che continuano a ignorare tali ricerche. Non si tratta semplicemente
del risultato di una specializzazione: i tecnici vivono in un mondo
tecnico ormai autonomo39.
Il fatto che la tecnica non tolleri alcun giudizio morale ci porta
al terzo aspetto: essa non accetta di essere bloccata da una ragione
morale. Va da sé che opporre giudizi di bene o di male a un’opera-
59 È necessario tuttavia sfumare tale affermazione a partire dal 1968. Alcuni scien
ziati (ma ancora nessun tecnico) hanno iniziato a porsi domande morali sulla legitti
mità del lavoro scientifico e sulle sue finalità, senza però alcun risultato.
178
Uautonomia
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I caratteri del fenomeno tecnico
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L’autonomia
★ 'k it
41 Si veda la lunga analisi sul contenuto di tale etica: J. Ellul, Le Vouloir et le faire>
voi. i, Labor et fides, Geneve 1964, cap. il.
42 Per quanto riguarda l’uomo, Mumford ha mostrato dettagliatamente e in modo
decisivo in quale modo e in che cosa le più avanzate invenzioni tecnologiche non ab
biano nulla a che vedere con il «compito storico centrale dell’uomo, quello di dive
nire umano». Se si considerano le piu recenti imprese tecniche, allunaggio, controllo
dei climi, immortalità artificiale, nulla ha la minima relazione con il progetto di
«divenire uomo». Tutto obbedisce alla logica interna del sistema.
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Lautonomia
* * *
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L’autonomia
Ve Vr Ve
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I caratteri del fenomeno tecnico
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L’autonomia
caduto perché «in nessun periodo precedente le forze produttive
avevano assunto tale forma indifferente al commercio degli individui
in quanto individui»49. E interessante sottolineare che, quando nel
1950 ho sostenuto la non neutralità della tecnica, sono stato attac
cato su due fronti: da un lato in funzione dell’ideologia illustrata da
Richta, secondo la quale l’uomo rimane padrone di utilizzare uno
strumento per il bene o per il male. La frase di Marx mostra chiara
mente l’origine di tale argomentazione. Dall’altro lato mi fu rimpro
verato da parte dei marxisti di distogliere l uomo dalla lotta politica,
di depoliticizzarlo centrando tutto sulla tecnica: ciò significa obbe
dire ancora all’ideologia di una neutralità della tecnica credendo che
se essa non è innocente è solo perché è in cattive mani (che biso
gna cambiare politicamente): ma anche questo è un antimarxismo.
Charbonneau’0 dimostra implacabilmente come la tecnica tenda a
divenire il proprio fine nascondendosi sotto l’idea di libertà. «Non
è neutra: lo sembra solo quando ci si impone automaticamente. Ciò
che scambiamo per neutralità della tecnica è la nostra neutralità nei
suoi confronti». Attualmente si sta verificando un capovolgimento a
questo proposito: si ammette che la tecnica non sia neutra. Ma con
un controsenso quando si intende ciò come fanno i marxisti: per i
marxisti la Scienza e la Tecnica non sono neutre perché esprimono i
rapporti di produzione capitalista. La Scienza è un’ideologia (quindi
non oggettiva) che riflette le idee della classe dominante, la tecnica è
uno strumento di dominazione di tale classe. Ritengo tutto ciò pro
fondamente inesatto. La Scienza e la Tecnica rimangono identiche in
un mondo socialista (compreso in Cina!) con i loro effetti e le loro
strutture, ed è semplicemente un abile raggiro idealista a persuaderci
del loro cambiamento di segno, comparabile alla credenza cristia
na in un Paradiso. Per me la non neutralità della Tecnica significa
che essa non è un oggetto inerte utilizzabile in qualsiasi modo e per
qualsiasi scopo da un uomo sovrano. La tecnica possiede in sé un
certo numero di conseguenze, rappresenta una certa struttura, certe
esigenze, comporta certe modificazioni dell’uomo e della società, che
si impongono che lo si voglia o meno. Procede autonomamente in
una certa direzione. Non dico che sia totalmente irrimediabile, ma
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1 caratteri del fenomeno tecnico
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Capitolo secondo
L’UNITÀ1
189
I caratteri del fenomeno tecnico
4 Jbid.
5 Si veda lo studio dettagliato di B.B. Seligman, The Programming of Minerva.
6 II sistema di interazioni delle tecniche le une sulle altre è chiamato Sinergismo
da A.J. Wiener & H. Kahn, UAn 2000, Robert Laffont, Paris 1968 (ed. or. Theyear
2000, Macmillan, New York, Collier-Macmillan, London, 1967; tr. it. L'anno 2000,
U Saggiatore, Milano 1968). Siccome tale termine è utilizzato per designare anche
altri fenomeni, non lo adotterò. Rimando tuttavia a tale opera per i numerosi esempi
di interazione delle più diverse tecniche e anche per F analisi del fattore di impreve
dibilità di evoluzione della tecnica che costituisce il Sinergismo.
7 Si veda lo straordinario studio di J J. Hublin, Les struciures gonflables, in Futuri-
bles, «Analyse et Prévision», 1970.
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L’unità
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I caratteri del fenomeno tecnico
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L’unità
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I caratteri del fenomeno tecnico
è interpretato, compreso, acquisito in termini di tecnica, dall’altro
tutto è modificato dalla semplice presenza delle tecniche: se si con
siderano la «crisi delle Chiese», l’aggiornamentoM, i cambiamenti
spirituali e liturgici, tutto ciò non accade per influenza diretta di una
data tecnica, ma perché ormai la vita religiosa ed ecclesiastica si situa
all’interno di un mondo tecnico. Il punto estremo è qui la sistema
tica ricerca delle trasformazioni teologiche implicate e lo sforzo per
applicare direttamente le tecniche: per esempio l’informatica, la lin
guistica, le dinamiche di gruppo, ecc. Ovviamente tali tentativi non
si spiegano con il genio inventivo degli autori, ma per il fatto che essi
sono talmente immersi nel sistema tecnico da non vedere più come
un’attività non tecnica sia concepibile. E necessario, infine, ricordare
che tale unicità gioca nel tempo. Le imprese tecniche sono avventure
di lunga durata. La tecnica non evolve per salti e variazioni: si per
petua. Intraprende un dato orientamento tecnico, implica una tale
messa in opera di capitali, di forze umane, di organizzazione, di altre
tecniche, di progetti che è impossibile sia bloccarli, sia intraprende
re un’altra via, sia tornare indietro. Come vedremo, gli effetti sono
cumulativi e gli orientamenti imperativi. Le apparecchiature che
influenzano la nostra vita o la qualità dell’ambiente hanno effetti a
lungo o a lunghissimo termine. Subiamo le conseguenze di decisioni
prese molto tempo fa e a riguardo delle quali non possiamo più fare
nulla. Ho tentato di mostrare dettagliatamente tutto ciò in L'Illusion
politique, come Kolm ha fatto in Economia Politica. L’unicità rende il
sistema concretamente (non ideologicamente, perché è sempre pos
sibile immaginare un’utopia di malleabilità delle tecniche!) rigido
e coerente. NelTadottare un orientamento tecnico, bisogna dunque
prevedere tali «impegni», considerare il benessere delle generazioni
future. Ma ciò non rientra nei piani !
* *k *
essere feconda per condurre (ciò che avevo già fatto in La Technique ou l’enjeu du
siècle) la critica della Tecnica.
14 In italiano nel testo originale.
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L’unità
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I caratteri del fenomeno tecnico
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L’unità
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I caratteri del fenomeno tecnico
Prendiamo qualche esempio. Oggi è tecnicamente facile forni
re al pubblico un’informazione corretta, «oggettiva», generale, im
mediata. Addirittura il difficile problema dell’onestà, della non
ingerenza di interessi politici o economici può essere tecnicamente
risolto. Va tutto bene, quindi. In realtà no.
Perché non ci si occupa dell’effettiva situazione, nel campo tecni
co, del ricettore e utilizzatore dell’informazione, cioè l’uomo infor
mato. Lo stile di vita creato dall’ambiente tecnico fa sì che egli non
possa essere correttamente informato; gli mancano la formazione
intellettuale, il tempo e il senso. Non è a causa di un difetto uma
no, ma a causa della condizione tecnica. Il problema della «buona
informazione» è ormai studiato a livello delle informazioni tecniche,
apparentemente le sole a poter essere effettivamente trattate: perché
bisogna distinguere l’informazione di tipo tecnico (riguardanti i dati)
e l’informazione generale del cittadino medio. La prima è invadente,
opprimente, ma si è creduto (e i non informati ancora lo credono!)
di poterla dominare grazie al computer: tutte le informazioni devono
solo essere inserite nel computer e grazie all’informatica si arriverà
ad avere il tutto. Al contrario, l’informazione «generale» deve essere
acquisita e conosciuta da ogni cittadino, altrimenti non può essergli
utile per la formazione di un giudizio. Ci si è resi tuttavia conto che la
conoscenza diretta umana è indispensabile anche per le informazioni
tecniche19: «La distribuzione e l’uso dell’informazione pongono un
problema tanto più sensibile mano a mano che le organizzazioni si
ingrandiscono e che le loro linee di struttura si aggrovigliano. Le
decisioni che interessano il sistema di circolazione dell’informazio
ne tecnica assumono in queste condizioni un effetto moltiplicato.
Dirigenti, esecutori, organizzatori sono ugualmente interessati dalla
regolazione di tale sistema». Abbiamo allora un interessante esempio
di unicità delle tecniche: affinché l’informazione passi e sia corretta-
mente utilizzata, è necessario un intervento di tipo psico-sociologico
per rendere un dato gruppo o una data persona adatti a ricevere
e utilizzare f informazione. Ingegneria, informatica, psicologia, ecc.
devono quindi cooperare per ottenere risultati positivi dall’insieme
delle tecniche d’informazione. Da un lato ci sono dunque blocchi
19 Barbichon & Ackemnann, La diffusion de Vinformai ioti tecbnique dans les orga-
nisatiom, «Analyse et prévision», 1968. Importante bibliografia.
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L’unità
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L’unità
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Capitolo terzo
L’UNIVERSALITÀ1
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I caratteri del fenomeno tecnico
mondo degli oggetti: non si oppone più una natura umana, benefi
ca, corrispondente airuomo, a macchine riconosciute come un male
necessario, accettabili giusto per la produzione. C’è ormai un’accet
tazione positiva e gioiosa, non solo mediante benefici materiali, ma
anche attraverso un consumo estetico della macchina: i valori estetici
della fabbrica, dei nuovi materiali, della pubblicità, dell’elettronica
comportano un accordo tra i mezzi di produzione e la nostra sen
sibilità. La creazione delfuniverso di oggetti non è quindi più solo
spontanea, ma volontaria e cosciente. All’antica appropriazione ma
nuale del mondo naturale si sostituisce un’appropriazione mentale,
attraverso il simbolo e l’immagine del mondo tecnico. L’arte è simul
taneamente testimone delTuniversalizzazione e mezzo di adattamen
to. Grazie a essa il «parco» degli oggetti si rinnova incessantemente
in direzione di una migliore sensibilizzazione e si estende fino alla
totalità dell’ambiente umano. Attraverso essa la tecnica non si ac
contenta più della propria giustificazione funzionale, ma si inoltra
nel mondo dell*estetica apparentemente gratuita. E il motivo per cui
il design ci pare molto più significativo in termini di universalismo
rispetto alle ricerche di punta, realmente gratuite dell’arte cinetica,
riflesso del tecnico per gli esteti ma non creazione di un nuovo uni
verso3. Non è solo l’ambiente totale, tutte le attività umane tendono a
essere oggetto di tecniche. Ogni attività è sottoposta a una riflessione
d’orientamento tecnico. Ogni attività è stata dotata di strumenti o
di «modi di fare» generati dalla tecnica. Non c’è praticamente alcun
settore esterno alla tecnica. Dai compiti più umili ai più elevati, tutto
è compreso nel processo tecnico. Esistono una tecnica di lettura (la
cosiddetta lettura rapida), una tecnica di masticazione, ogni sport
diventa sempre più tecnico, c’è una tecnica di animazione culturale,
una per condurre una riunione. Si potrebbe andare avanti all’infini
to, perché non si tratta solo del noto fatto che per ogni attività si mol
tiplicano le macchine che implicano un certo comportamento, ma è
l’attività stessa a divenire tecnicizzata: c’è unione tra la macchina e i
metodi per servirsene e la tecnicizzazione dei gesti, attività indipen
denti dalla macchina. Da un lato c’è «l’elettrodomestico», e dall’altro
il modo migliore di agire in una data circostanza per ottenere un
dato risultato. E la compenetrazione tra due processi che produce
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L'universalità
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I caratteri del fenomeno tecnico
5 Lavenir est-il à la machine à tout faire ou au prèt jeter, «Le Monde», novembre
1969.
6 In «Sciences et paix», 1973.
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L’universalità
7 Non è questo il luogo per l’analisi della libertà nella società tecnica, ma R. Aron,
Les Désillusions du progrès, ha posto il problema in modo valido mostrando sia le
discipline crescenti, l’influenza di un’opinione pubblica pesante, la manipolazione,
sia la filosofia della libertà, la possibilità di scelta prima inimmaginabile per un gran
numero di comportamenti accordata a un crescente numero di persone. Ci sarebbe
molto da dire su questa «libertà». La pillola permette di fare «qualsiasi cosa» senza
dover temere conseguenze, è quésta libertà? Permette di disporre del proprio cor
po, aumenta l’autodecisione, ma la soppressione di responsabilità è un bene? Per
ché non bisogna spiritualizzare e dire che poter scegliere senza obblighi, decidere
secondo il proprio gusto, il proprio desiderio è esattamente essere responsabile. Si
tratta semplicemente di una libertà in senso hegeliano, ossia una relazione negativa
con l’altro - che la pillola aumenti l’indipendenza della donna e la possibilità di
essere tanto irresponsabile delle proprie azioni quanto nemmeno l’uomo poteva in
passato esserlo, non mi sembra abbia nulla a che vedere con la libertà.
209
I caratteri del fenomeno tecnico *
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U universalità
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I caratteri del fenomeno tecnico
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Duniversalità
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I caratteri del fenomeno tecnico
Ma non esiste alcuna reazione? È nota l’osservazione general
mente ammessa che l’uomo moderno, utilizzando macchine o og
getti tecnici, manipoli in realtà simboli, che siano i simboli in realtà
ad attrarlo verso il consumo, e che l’importante in tale universo sia il
simbolo, e non l’oggetto in sé. In questo modo si tenta di rassicurarsi
integrando il fenomeno tecnico in universo tradizionale e ben noto.
In realtà non è così! Perché il simbolo nel sistema tecnico ha muta
to senso e valore per la semplice ragione che Toggetto simbolizzato
non è più come un tempo un oggetto simultaneamente sconosciuto
all'uomo e appartenente a un universo «naturale», nel quale tutto do
veva essere simbolizzato. L’oggetto del mondo tecnico è ormai dotato
di efficacia propria, dotato di potenza, atto a ottenere risultati, opera
delPuomo eppure sconosciuto: il simbolo non riveste più quindi nei
suoi confronti lo stesso ruolo di un tempo. E necessario quindi com
pletare quanto sopra detto10. Da un lato il potere di simbolizzazione
inerente all'uomo è escluso, dall'altro ogni consumo è simbolico. Il
sistema tecnico è un universo reale che si costituisce autonomamente
in sistema simbolico. Nei confronti della natura, l’universo simbolico
era un universo immaginario, un riflesso sovraordinato, totalmente
istituito dall uomo in rapporto all'universo naturale e grazie al quale
l uomo poteva distanziarsi, differenziarsi da tale realtà e allo stesso
tempo dominare il reale attraverso la mediazione del simbolico, che
attribuiva un senso al mondo peraltro indifferenziato. Nel sistema
tecnico non c’è più alcuna possibilità di simbolizzazione in questi
termini, innanzitutto perché il reale è prodotto dall’uomo, che non
prova più il sentimento di mistero e di estraneità e afferma sempre di
essere direttamente padrone. E poi perché se la simbolizzazione è un
processo di distanziamento, mentre il processo tecnico è al contrario
un meccanismo di integrazione dell’uomo. Infine perché ormai non
è più l’uomo a simbolizzare la natura, ma la tecnica a simbolizzare
zione, si definisce la totalità del prodotto o del servizio, che diventa così «normale».
Una lingua uniformata oltrepassa gli usi abituali: mira a tutti gli esseri umani e rende
servizi incomparabili. La standardizzazione è giustificata in questo discorso da tutto
ciò che giustifica la tecnica stessa ma che raramente è tanto chiaramente riconosciu
to: produce precisione, semplicità, efficacia, universalità. Impedisce il disordine. E
come finemente sottolinea il direttore, non è mai imposta da un ukase, ma si impo
ne autonomamente attraverso la propria evidenza, perché per applicarsi esige un
consensus omnium, ottenuto nella misura in cui gli uomini stessi sono uniformati!
10 Si veda p. 51.
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L’universalità
* ie iV
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I caratteri del fenomeno tecnico
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L’universalità
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I caratteri del fenomeno tecnico
a distruggere Tambiente naturale, ecc. Tali tendenze sono connaturate alla civiltà
industriale, e questo è il motivo per cui una nuova vita e nuovi rapporti umani non
possono essere durevolmente fondati su essa. In fin dei conti, l’industrializzazione
non è lo scopo della società socialista, ma una condizione preliminare, un punto di
partenza». Lhomme et la société dans la révolution technique, in «Analyse et Prévi-
sion», 1968. R. Richta ha lungamente esplicitato tutto ciò nel significativo libro, La
Civilisation au carréfoury Anthropos, Paris 1968, in cui dimostra che il socialismo
non fugge alle conseguenze della tecnica, e che con esso l’alienazione ha cambiato
forma ma non è scomparsa dal «corpo di civilizzazione industriale». Dimostra che
ciò prende le basi da Marx stesso: Marx non ha mai limitato il compito rivoluzio
nario alla soppressione dei rapporti di produzione capitalisti e dello sfruttamento
capitalista, ma la sua critica si basava sulla civiltà industriale, di cui il capitalismo era
solo il creatore, l’iniziatore. Come effetto essenziale sul socialismo, Richta mostra
che la crescita intensiva dovuta alla tecnica comporta un abbassamento del coeffi
ciente del capitale, il che permette di prevedere nel sistema capitalista la scomparsa
della contraddizione tra sviluppo della produzione e crescita dei consumi.
11 B. Charbonneau, op. cit.
16 A. Mitscherlich, Psychanalyse et urbanisme, Gallimard, Paris 1970.
17 D. Furia, Tecbniques et sodétés, cit.
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I caratteri del fenomeno tecnico
18 Giugno 1973.
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L’universalità
19 Gli effetti della tecnicizzazione in campo psicologico e familiare sono stati par
ticolarmente ben studiati da uno psichiatra svizzero, Medard Buss, Un psychiatre
en Inde, Fayard, Paris 1971. Il suo studio è una conferma e un approfondimento di
quanto da me scritto sulla questione nel 1950.
2 21
I caratteri del fenomeno tecnico
222
L’un iversali tà
loda immensamente.
Sicuramente ciò è indispensabile per condurre la guerra contro
il Sudafrica, ma dimostra solamente a che punto vi sia identità tra le
tecniche e tra i processi di sviluppo delle tecniche. Chiaramente lo
sviluppo delle tecniche (identiche a quelle occidentali) deve avvenire
sotto lo stimolo dello Stato, il quale deve mettere a disposizione tut
te le risorse per creare tecnici, ecc. Peraltro, gli «esperti» di questa
conferenza hanno riconosciuto che la tecnicizzazione comporta il
crollo religioso, Feliminazione dei riti, la trasformazione del pensiero
mitico in pensiero razionale, il che causa un vacuum psicologico e so
ciale. In particolare vi è la tendenza alla dominazione assoluta della
minoranza tecnica sul resto della popolazione. Il rapporto di Sar-
pung è estremamente pessimista sulla disintegrazione sociale a causa
della tecnicizzazione e constata un ritorno, di fronte al crollo sociale
e religioso, alle più primitive pratiche di magia come difesa. Sap
piamo già che Magia e Tecnica sono una buona combinazione. Gli
Africani percorrono le tappe più velocemente di noi ! Ma quali che
siano i pericoli, l’imperativo tecnico si impone: il rapporto di Aluko
analizza senza problemi le mutazioni sociali necessarie affinché lo
sviluppo tecnico sia possibile in Africa, in particolare la creazione
di una nuova ideologia, di self-reliance, nazionalista, razionalista e
socialista. Ma non sembra sospettare per un istante che tale ideolo
gia self-reliant sia in realtà l’adozione pura e semplice dell’ideologia
occidentale! Presenta, esattamente i «Valori» dell’ideologia tecnica
occidentale. Per affermare l’indipendenza e l’autonomia dell’Africa,
l africanizzazione della tecnica, è necessario adottare non solo gli og
getti e i processi tecnici, ma anche i valori e il contesto ideologico.
La raccomandazione finale della conferenza attesta a che punto sia
tutto il contesto sociale, ideologico, ecc., a dover essere sconvolto
per permettere lo sviluppo della Tecnica africana. Tutto ciò non ap
porta granché di nuovo se non la confusione di valori prodotta dalla
tecnicizzazione, l accettazione da parte degli Africani del prezzo più
pesante da pagare, l’illusione che l’Africa avrà accesso alla maggiore
età e all’indipendenza attraverso la tecnica.
Quanto alla passione tecnicizzante e all’ideoiogia del progresso
presso i popoli del terzo mondo, Brzezinski propone numerosi e va
lidi esempi: il fatto che gli studenti del terzo mondo si dirigano verso
223
I caratteri del fenomeno tecnico
gli Stati Uniti piuttosto che altrove, e con lo scopo di perseguire studi
tecnici22, o che ovunque si tenda a stabilire un agricoltura tecnicizzata
dipendente dalle invenzioni tecniche occidentali (la rivoluzione ver
de), o che presso le popolazioni in via di sviluppo l’alfabetizzazione
sia mirata a una più rapida adozione delle tecniche (rivoluzione sog
gettiva e culturale destinata alla tecnicizzazione!), con la coincidenza
tra la crescita delle comunicazioni, della formazione professionale,
dell'insegnamento tecnico e delle apparecchiature corrispondenti
(radio, tv, ecc.)23. Per tutti i paesi del terzo mondo fornisce cifre elo
quenti. Ha ragione nel sottolineare l’inadeguatezza dell’insegnamen
to letterario o giuridico e la tendenza degli studenti di questi paesi
ad adottare con le tecniche i modelli culturali occidentali - ciò che
viene formato, veicolato attraverso tale insegnamento è una totalità,
perché in realtà la Tecnica è divenuta totalità. Brzezinski rivela tratti
comuni a quasi tutti questi popoli: in particolare la tecnicizzazione
indiretta (attraverso la radio a transistor) delle masse contadine più
tradizionali. In realtà tutto poggia su una vera passione per la tecni
ca, un'ossessione presso tutti i popoli. In particolare tutti i dirigenti,
tutte le élites sono in grado di concepire un’unica via di civilizzazio
ne, una sola via di sviluppo, una sola via per «entrare nella Storia»,
quella della tecnica. Tentare di far loro comprendere che si stanno
avviando lungo una strada pericolosa, che la tecnicizzazione potreb
be essere un vicolo cieco e che dovrebbero cercare la loro specifica
via di sviluppo significa venire subito giudicati, dato che un discorso
del genere è colonialista e antiprogressista24.
La passione tecnica porta i popoli del terzo mondo a rifiutare
tutto ciò che può essere attualmente detto a riguardo deli inquina-
22 Si veda p. 53.
2Ì Si vedano pp. 63ss.
24 Non si può certamente condividere rottimismo di Ehsan Naraghi (consigliere
culturale delTUnesco) in L’Orient et la crise de l’Occidente Editions Entente, Paris
1977 (tr. it. L’Oriente e la crisi dell Occidente, Città Nuova, Roma 1979), che pensa
che i popoli asiatici e africani abbiano ancora un’ampia libertà di scelta nei confron
ti delle tecniche, di adattamento specifico delle tecniche e di mantenimento delle
culture originali. Tutto ciò si basa tuttavia su dichiarazioni di principi di assemblee
intemazionali, su considerazioni filosofiche, e dimostra una grande innocenza nei
confronti della realtà della Tecnica. Torna il Leitmotiv secondo il quale bisogna af
fermare il qualitativo orientale contro il quantitativo. Era già Torientamento di molti
intellettuali occidentali dopo il 1920.
224
Dunivers alita
mento, dei rischi della tecnica, degli squilibri ecologici, ecc. Tutto
ciò pare loro qualcosa volto a impedirgli lo sviluppo tecnico. Non
hanno alcuna consapevolezza delTuniversalità dei problemi e non
considerano altro che la propria volontà di avvantaggiarsi dello svi
luppo tecnico.
Il Brasile, orgoglioso dei propri spazi, delle proprie foreste, delle
riserve minerarie invita tutte le industrie a istallarsi nel proprio terri
torio, senza riserve. Come giustamente diceva Vanhecke25, il Brasile
dichiara: «Venite, inquinate da noi!». Tipico.
«Qui la tecnica non ha ancora il monopolio delle opere di civiliz
zazione ma la si chiama in modo feticista a inglobare tutte le realtà:
qui tutto viene misurato al chilometro di asfalto e al peso di cemento.
E gli intellettuali partecipano alla frenesia». Questa constatazione,
scrittami da un cooperante del Togo, può essere generalizzata. In
Costa d Avorio Simonnot26 constata l’unificazione attraverso la tec
nica. La lamiera ondulata ha sostituito la paglia: i nuovi villaggi sono
infinitamente tristi e brutti, ma «corrispondono ai desideri di chi ci
vive: la lamiera è più robusta e non ha bisogno di manutenzione».
Non hanno ancora fatto esperienza degli inconvenienti (perché non
si tratta certo di estetismo!), sbarramenti, produzione, messa al lavo
ro - e subito la creazione di un proletariato non per via dello sfrutta
mento, ma per la disintegrazione del tessuto sociale tradizionale.
Ovunque rinsegnamento è orientato alla tecnicizzazione. Il giudi
zio di Illich è praticamente colto da qualsiasi intellettuale occidentale,
ma perfettamente ignorato nel terzo mondo che obbedisce alla logica
del sistema: «va da sé» che Yalfabetizzazione sia un bene e che l’in
segnamento debba essere sviluppato secondo il modello occidentale.
E perfettamente errato e stupido pretendere ad esempio che non ci
fosse alcun insegnamento nei paesi musulmani: ma la differenza, che
è la sola giustificazione a questo nuovo insegnamento, è la necessità
di accedere alla tecnica. Da qui nascono le tendenze al rifiuto del
la cultura autoctona, le domande come quella riportata da Dejeux27:
«Se arabizziamo, possiamo ambire al progresso scientifico e tecnico?
225
I caratteri del fenomeno tecnico
Rifiuto del mondo dei narratori e dei poeti, distruzione di una cultura
lontana dall’efficacia: questi sono i temi della nuova arabizzazione!».
Non è questione di una sintesi né della creazione di una nuova cul
tura, nella migliore delle ipotesi si potrà avere una giustapposizione,
come in Giappone, tra un folklore che sopravvive nella vita privata e
la tecnologia, che permette di raggiungere l’universalismo sacrifican
do le peculiarità simboliche. La passione della tecnica comune a tutti
i popoli del terzo mondo si situa al di là delle ideologie delle forme
politiche dirigenti, e, ad esempio, del rifiuto dell’Occidente. La tec-
nicizzazione si trova nella lotta stessa contro FOccidente: è uno stato
mentale, un modo di organizzarsi, di collocare i problemi, ecc.
* * *
226
Uunivers alita
227
I caratteri del fenomeno tecnico
29 Jbid.
228
Uuniversalità
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I caratteri del fenomeno tecnico
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Uuniversalità
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I caratteri del fenomeno tecnico
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Lunivers alita
233
I caratteri del fenomeno tecnico
32 B. Charbonneau, op. cit.y dimostra come la Tecnica non possa fermarsi: «Bi
sognerà ricostruire artificialmente la totalità naturale spezzata dall intervento della
libertà deiruomo. Quando la potenza raggiunge la scala della terra, bisogna, pena la
vita, che la scienza penetri la moltitudine della cause e degli effetti che costituiscono
un mondo. Che la Tecnica e lo Stato sanciscano le proprie conclusioni con la forza
e la durata della potenza che assicurava la creazione».
33 II problema dello Spazio e della sua distruzione da parte della Tecnica è ottima
mente trattato da Charbonneau, seguendo la linea di Mumford. Ci compiacciamo
di una vittoria sullo spazio grazie alla Tecnica, dell’unificazione dei popoli oltre gli
oceani! In realtà ci addentriamo in un’epoca di «carestia di spazio», «della superficie
e del luogo». E ci rendiamo conto della vittoria, mostra Charbonneau, solo perché
lo spazio comincia a mancarci.
234
L’universalità
235
I caratteri del fenomeno tecnico
«V ic ie
236
L’universalità
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1 caratteri del fenomeno tecnico
238
L universalità
239
Capitolo quarto
LA TOTALIZZAZIONE
241
I caratteri del fenomeno tecnico
insieme che tende alla completezza. Tutto ciò viene rinforzato dalla
tendenza da parte delle operazioni tecniche a sommarsi: queste si
conservano e si accumulano senza mai perdersi. Quando una tecnica
scompare (dopo lo sviluppo della tecnica, chiaro!) viene rimpiaz
zata da un’altra dello stesso ordine, ma superiore. Nulla va perso
nella tecnica. Così la totalizzazione è semplicemente un’altra faccia
della specializzazione. L’affermazione costantemente ripetuta che
tra dieci, vent anni il sistema tecnico sarà «completo»1 e che tutto
funzionerà senza intervento dell’uomo fornisce l’immagine mag
giormente esemplificatrice. Anche Brzezinski cede a volte a questa
magia. Afferma ad esempio che i satelliti disporranno presto di una
potenza sufficiente a trasmettere direttamente le immagini ai recet
tori, senza l’intermediazione delle stazioni emittenti-riceventi: sarà
un passo importante in direzione della Totalizzazione. Si coglie da
queste «previsioni» a che punto Timmagine di una totalizzazione si
imponga all’uomo, corrispondendo a un desiderio tecnico profondo.
La tecnica ha progressivamente risolto un gran numero di problemi
che si ponevano all’uomo. Quando per la prima volta degli uomini
hanno camminato sulla Luna, ci fu una delirante esplosione di gioia
(sui giornali e in televisione) a proposito: «L’antico Sogno dell’uma
nità si è realizzato». Chiaramente, tutto il lento progresso scientifico
e tecnologico verso la creazione dei razzi, dei satelliti, delle tute non
aveva nulla a che vedere col poetico sogno di andare sulla Luna.
Ma l’uomo riceve la prodezza tecnica come un esaudimento. C’è un
desiderio ben più fondamentale per l’uomo che quello di camminare
sulla Luna, ed è il desiderio di Unità - ricondurre tutto all’Uno -,
di eliminare le eccezioni e le aberrazioni, riunire tutto in un insieme
armonioso, grande preoccupazione dei filosofi: ancora una volta è la
tecnica a realizzare ciò che l’uomo ha abbozzato intellettualmente.
L’Unità cessa di essere una costruzione metafisica, essendo ormai as
sicurata, data, nel sistema tecnico. L’Unità risiede in quella totalizza
zione. Ma l’uomo non ha ancora preso coscienza della relazione tra la
propria aspirazione alTUnità e la costituzione della tecnica in quanto
sistema Unitario - ancora non si rende conto che il sistema esiste in
quanto tale. Per dirla in altre parole, l’uomo non conduce la tecnica a
questo punto intenzionalmente. Non ha alcun piano in questo senso.
242
La totalizzazione
243
I caratteri del fenomeno tecnico
244
La totalizzazione
? È il motivo per cui mi rifiuto di presentare il mio pensiero sotto forma di teoria
e in modo sistematico. Creo un insieme dialettico aperto e non chiuso e mi guardo
bene dal presentare soluzioni d’insieme, risposte ai problemi, soluzioni teoriche per
l’avvenire: se Io facessi, contribuirei alla totalizzazione tecnica. Ma non farlo causa
un’insoddisfazione nel lettore e dà Timpressione che, rifiutandomi, sia ostile alla
Tecnica.
245
I caratteri del fenomeno tecnico
246
Parte terza
I CARATTERI
DEL PROGRESSO TECNICO
Chiaramente la definizione di progresso tecnico1 non può essere
limitata all'applicazione economica. «Per progresso tecnico inten
diamo tutte le innovazioni derivanti dall’applicazione della scienza
e della tecnica al progresso tecnico. Uoggetto di tali innovazioni è la
creazione di prodotti o servizi nuovi o il perfezionamento di quelli
esistenti, oppure Fincremento di efficacia delle operazioni economi
che, di solito con Fobiettivo di limitare i costi». Questa definizio
ne, apparentemente accettata da Beaune (la tecnologia moderna si
esprime secondo gli attributi enunciati in campo economico: autore
golazione, ecc. Ciò che la scienza pura considera scorie, le ricadute
economiche, divengono ora l’essenziale), è talmente frammentaria
e rende talmente poco conto dell’immenso ambito di applicazione
delle tecniche che non vi si può in realtà attenere. Evidentemente è
più facile quantificare un progresso tecnico in ambito economico che
altrove, ma il problema è sempre lo stesso: per giungere a una preci
sione «scientifica», si inizia con lo snaturare radicalmente l’oggetto di
studio. La valutazione economica rende conto di alcuni progressi, di
alcune tecniche, ma ritagliando arbitrariamente nelPuniversalità tec
nica ciò che è valutabile! Pessimo metodo scientifico. Quando parlo
di progresso tecnico mi riferisco all’insieme del fenomeno, e non mi
249
I caratteri del progresso tecnico
250
Capitolo primo
L’AUTOACCRESCIMENTO
251
I caratteri del progresso tecnico
così grazie allo sforzo di tutti1: le due cose sono in realtà identiche.
Inizialmente c’è stata Fassimilazione dell’uomo nel sistema tecnico,
il quale, certamente, si sviluppa solo grazie alle azioni delTuomo. Ma
queste ultime sono così precisamente provocate, determinate, defi
nite, chiamate, suscitate che nessuno vi sfugge e ogni attività di ogni
individuo vi è integrata. Il Tutto e la Persona si identificano. Poiché
tutti operano in questo senso, non è la piccola azione di ciascuno a
contare, ma l’anonimo prodotto che è la crescita tecnica. C’è autoac
crescimento perché la tecnica induce ciascuno ad agire nella propria
direzione, e il risultato è dato da una somma che nessuno ha coscien
temente, chiaramente voluto. Uuomo tra le due cose appare il fattore
necessario ma insieme strettamente necessitato.
L’idea che avevo pronunciato vent’anni fa, cioè che la Tecnica si svi
luppa secondo un processo che potevo definire di autoaccrescimento,
era stata considerata all’epoca un’«esagerazione mitica» e un «artifi
cio senza fondamento», ma è stata poi sempre più spesso ripresa, ac
cettata, dimostrata. Citerò qualche esempio. Diebold: «E come se il
progresso tecnico generasse se stesso. Non dobbiamo più attenderci
progresso tecnico da future scoperte scientifiche: è la Tecnica stessa
che provoca l’espansione in nuove scoperte e nuove dimensioni».
Mannheim2 mostra che la tecnica provoca da sé la pianificazione,
che questa ricopre ambiti sempre più estesi della nostra vita, e che
la pianificazione genera ed esige il progresso tecnico. «Senza pianifi
cazione non saremmo più in grado di avanzare, nemmeno in ambito
culturale. Non c’è da chiedersi se preferiamo una società pianificata
o meno: non c’è scelta». Simondon: «E quindi essenzialmente la sco
perta di sinergie funzionali a caratterizzare il progresso nello sviluppo
dell’oggetto tecnico. Bisogna allora chiedersi se la scoperta avvenga
in un colpo solo o in modo continuo. In quanto riorganizzazione di
strutture che intervengono nel funzionamento, essa avviene in modo
brusco, ma può comportare diverse tappe successive». Ancora una
volta la profondità di analisi di Simondon fa sì che ciò che scrive a
proposito delYoggetto tecnico possa essere esattamente detto della
! Fatto salvo per le popolazioni non integrate del terzo mondo, e deirirrisorio
numero di oppositori della tecnica presenti nella società tecnica.
2 K. Mannheim, Man and Society in an Age of Reconstruction, Routledge & Kegan
Paul, London 1940 (tr. it. Uomo e società in un*età di ricostruzione, Newton Comp-
ton Italiana, Roma 1972).
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L’autoaccrescimento
253
I caratteri del progresso tecnico
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L’autoaccrescimento
255
I caratteri del progresso tecnico
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L* autoaccrescimento
10 M. Daumas, Histoire des Tecbniqucs, op. cit> voi. I, p. x; E.F. Schumacher, Striali
is beautiful, Blond and Briggs, London 1973 (tr. it. Piccolo è bello: una tecnologia dal
volto umano, Moizzi, Milano 1977).
257
I caratteri del progresso tecnico
258
U autoaccrescimento
259
I caratteri del progresso tecnico
e necessario. Tutto ciò che doveva essere fatto era la ricerca della
via più sensata, la scelta di veicoli polivalenti, ecc. Tutte questioni
che si pongono unicamente in funzione di un autoaccrescimento del
sistema.
Massenet definisce perfettamente l’accrescimento tecnico self
conditioned, «Vogliamo», scrive, «queste mutazioni tecnologiche per
se stesse? Ovviamente no, a meno di invocare un inconscio colletti
vo. Ma vogliamo i loro effetti, misuriamo l’efficacia dei dispositivi so
ciali dal progresso quantitativo e forse domani qualitativo del nostro
livello di vita. Così il progresso tecnico, coscientemente assunto da
una minoranza di ricercatori, è collettivamente voluto unicamente in
modo implicito come mezzo obbligatorio del progresso vissuto. La
Tecnicità non è più avventura ma necessità»12.
Eppure, una delle condizioni delTautoaccrescimento, tuttavia as
solutamente non indispensabile, è Fintervento dello Stato. Questo,
evidente nell economia socialista, è meno sicuro in quella capitalista.
Nondimeno un certo impulso e coordinamento sono fattori non tra
scurabili, senza però credere che ciò reintroduca Felemento volon
taristico e decisionale nella crescita tecnica. La R&D è chiaramente
una presa di posizione volontaria e una decisione politica - a partire
da essa, si è creduto che lo Stato (sostituto delFuomo) dirigesse. In
realtà lo Stato è innanzitutto condizionato dalla Tecnica, e le decisio
ni riguardanti la R&D sono puramente e semplicemente provocate
dalla necessità tecnica. La crescita tecnica porta al punto in cui il
corpo sociale non può più fare a meno di istituire un organismo di
R&D. Uintervento dello Stato mi sembra quindi situato alYinterno
del fenomeno di autoaccrescimento (così come Finsegnamento tec
nico) e non come condizione iniziale. Esso diventa però condizione
per la continuazione delFautoaccrescimento.
Ciò pone il problema di fondo della R&D: la R&D è Finsieme di
attività che va dalla ricerca fondamentale alla messa a punto di nuo
vi metodi, procedimenti, prototipi in tutti i campi. Attualmente alla
classica R&D si aggiunge la formula T&E, Testing and Engineer
ing, prova ed elaborazione del prodotto da parte degli «ingegne
ri», in senso ampio. La R&D è compresa nell’insieme della politica
scientifica, che implica lo stabilimento di obiettivi, l’allocazione e
260
Uautoaccrescimento
261
I caratteri del progresso tecnico
tecnici. Ma ciò non interessa paesi come la Francia, in cui si collega
ancora R&D alla politica industriale (per esempio la dichiarazione
di Ortoli, dicembre 1969). La Scienza, il Sapere sono considerati
sempre più beni strumentali, mezzi15. Certamente c’è sempre la ri
cerca di base, ma non è al centro dell’interesse, sebbene teoricamen
te e intellettualmente dovrebbe essere così. In realtà sono la ricerca
applicata da una parte e lo sviluppo dall’altra a essere interessanti.
Sono essi che hanno condotto all’amalgama sistematica dei tre nel
la R&D - è anche ciò che spiega la crisi attuale dell’insieme. C’è
una messa in causa non solo del rendimento economico, ma anche
del significato (i ricercatori pongono la domanda: «Che cosa stiamo
facendo? A che cosa servirà?). Si ha dunque l’impressione che l’uo
mo rimanga padrone della situazione, che decida di intraprendere la
ricerca, che metta a disposizione i finanziamenti, e quando si pone
domande come quelle che ho menzionato, tutto si ferma: non c’è
quindi autoaccrescimento della Tecnica! Sbagliato: ho detto prima
che negli Stati Uniti la tecnica si orienta, senza arrestarsi, verso mezzi
di disinquinamento, di ricostituzione dell’ambiente, ecc. La difficol
tà qui è il cambiamento sociale che un tale riorientamento tecnico
implica. Ma la crescita tecnica dopo due o tre anni di esitazione non
è assolutamente rimessa in causa - direi il contrario: l’imperativo di
progresso tecnico, che proviene dall’autoaccrescimento, comporta il
riorientamento della R&D ed esige l’adattamento socio-economico.
Lungi dall’essere determinata, la crescita tecnica è f imperativo deter
minante - accecamento ineluttabile. Ciò è confermato, in Francia, da
interessanti dichiarazioni di J.P. Beraud14, riprese dal ministro dello
Sviluppo Industriale e Scientifico (luglio 1973): la ricerca non è ap
pannaggio di qualche specialista, «è una necessità permanente alla
quale tutti devono aprirsi. E un’attività aperta sul mondo esteriore,
sui bisogni quotidiani, individuali o collettivi. E necessario inserire
psicologicamente e socialmente i ricercatori15 nella società».
In realtà l’insieme di istituzioni, di stanziamenti, di organizzazioni
di R&D non è il fattore autonomo che determina il progresso tecni-
262
L’autoaccrescimento
263
I caratteri del progresso tecnico
■k Ve Ve
264
Uautoaccrescimento
265
I caratteri del progresso tecnico
progresso autonomo: resistenza di un insegnamento tecnologico. È
chiaro che se la tecnica tende intrinsecamente a crescere in questo
modo, ciò implica la partecipazione «scontata» da parte degli uo
mini. Vedremo più avanti come tutti gli uomini siano integrati nella
tecnica, ma per assicurare tale processo sono necessari dei tecnici.
Le professioni sono sempre più tecniche, per avere un mestiere bi
sogna conoscere una tecnica, ma questa necessità sofferta dall’uomo
provoca come effetto reciproco che più uomini sono formati dalla
tecnica, più partecipano allo sforzo. La formazione tecnica è non
solo formazione per svolgere un mestiere, ma, involontariamente,
formazione alla partecipazione della crescita tecnica non per trasmis
sione di conoscenza, ma per la delimitazione di un campo di interessi
e Finduzione di un’adesione incondizionata. A queste condizioni si
produce il fenomeno di autoaccrescimento grazie alla partecipazio
ne di tutti. Ogni invenzione tecnica provoca altre invenzioni in altri
campi. Non c’è interruzione. In una stessa civiltà il progresso tecnico
non è mai messo in discussione20. Il progresso è dello stesso ordine
della numerazione: non c e motivo di fermarsi a una cifra, a un livello
tecnico, c’è sempre la possibilità di aggiungere un numero. Si può
sempre aggiungere un perfezionamento che risulta dall’applicazione
della tecnica stessa. Chiaramente mi riferisco all’insieme del sistema
tecnico, e non a una tecnica particolare, che può essere bloccata per
un certo periodo. Le tecniche si chiamano una con l’altra.
Ciò può presentarsi sotto differenti aspetti, positivi e negativi. Da
un lato ogni tecnica apporta la propria pratica, la propria efficacia
al grande insieme, e attraverso F unicità del sistema contribuisce allo
sviluppo di tutte. Questo è Faspetto più evidente, ma sotto un altro
aspetto, una tecnica fa appello ad altre perché può avanzare solo se
alcuni noti problemi vengono risolti, se nuovi materiali, nuovi stru
menti vengono creati. C’è sollecitazione. La Tecnica pone un proble
ma positivo e la Tecnica vi risponde. Ovviamente quando dico che la
Tecnica «fa appello», «risponde» si tratta di un antropologismo che
può sembrare ingenuo ma che in realtà non lo è: perché se sono dei
266
C autoaccrescimento
21 G.A. W. Boehm, Des matériaux qui n existent pas, «Analyse et Prévision», 1968.
D. Gabor, Prévision technologique et responsabilità sodale, «Analyse et Prévision»,
1968.
267
I caratteri del progresso tecnico
la tecnica può risolvere e quelli nei confronti dei quali si rivela im
potente.
Il grande meccanismo di produzione delTautoaccrescimento è in
realtà la comparsa di problemi, pericoli e difficoltà. Si può spiega
re in modo semplice: ogni invenzione tecnica (collocandoci a livello
dell'operazione) provoca difficoltà o problemi, e ci si rende rapi
damente conto che solo una risposta tecnica è utile o efficace. La
tecnica si alimenta così attraverso i propri fallimenti. «11 progresso
è quindi un complesso di risoluzioni di problemi e di creazione di
problemi» (de Jouvenel). Formulato in questo modo è una banalità,
ma la novità è che per via dell'integrazione del sistema tecnico ogni
fallimento rischia di mettere tutto in causa: non è l uomo a porre i
problemi, questi gli vengono duramente posti dalla Tecnica stessa e
non si è liberi di rimandare la soluzione a domani: ogni volta è que
stione di «vita o di morte».
L’assenza di scelta nei confronti dei problemi è, propriamente
parlando, l'autoaccrescimento - quando una tecnica funziona, per
turba: bisogna rispondere. Il «bisogna» determina l'autoaccresci-
mento. La ragione d'essere di un numero sempre maggiore di tecni
che è rispondere alle difficoltà: «Gli imballaggi a perdere obbligano
a costruire inceneritori di rifiuti. La congestione del centro di Parigi
implica la costruzione di Sarcelles e autostrade. L'inquinamento ge
neralizzato obbliga i Giapponesi a comprare ossigeno e a bere acqua
minerale»22. Nessuno lo vuole, ma è così! La tecnica si genera non
solo attraverso pericolo o inquinamento: talvolta pone direttamente
a se stessa delle domande. Un bell'esempio ci è dato da ÉnigmcP: la
creazione di una macchina per la decifrazione di testi (militari) e la
progressiva messa a punto di tecniche di decifrazione attraverso la
comprensione della macchina stessa. Si tratta in fondo sempre del
dibattito tra «la corazza e il proiettile». Vediamo in questa infinita
concorrenza il processo di autoaccrescimento, perché ogni ostacolo
presentato dalla corazza è una provocazione indiscutibile per trovare
un proiettile più potente e viceversa. Non c'è alcuna «partecipazio
ne» umana: la deliberazione è annientata dall evidenza schiacciante
268
U autoaccrescimento
269
I caratteri del progresso tecnico
utilizzare metodi antichi di raccolta e discarica. Ed è la tecnica a cau
sare il problema, perché la maggiore crescita di rifiuti è dovuta agli
imballaggi perfezionati. Ma oltre all’impulso che la tecnica conferi
sce a se stessa attraverso sollecitazioni alle quali bisogna rispondere
e attraverso difficoltà che bisogna risolvere, altri fattori giocano nello
stesso senso.
Alcuni sono dovuti ai gruppi umani che vi partecipano. Ecco un
esempio concreto molto semplice che si verifica frequentemente: un
compito sembra necessario dal punto di vista economico, sociale,
ecc. Si mettono a punto tecniche per rispondervi, e necessariamen
te si costituisce un gruppo di professionisti per applicarle. In un
attimo l’obiettivo è raggiunto, ma il corpo di professionisti rimane,
e di licenziarli non se ne parla. Il nuovo parco attrezzi è istallato e
di non utilizzarlo non se ne parla. Si continua quindi a funziona
re applicando tecniche e attività di campi inutili a sviluppi super
flui: ad esempio, la costruzione di strade utili implica la Creazione
di amministrazioni, l’ingaggio di operai, l’uso di materiali sempre
più perfezionati, e quando la rete è sufficiente, si continuano a co
struire strade perché non si può fermare la macchina tecnica. Dal
lato opposto, intervengono elementi molto generali, nell’opinione
pubblica, nella vita politica, che si coniugano per produrre lo stesso
effetto. Buoni esempi di autoaccrescimento che si basano sull’evi
denza della necessità del progresso tecnico ci vengono proposti da
de Clósets: «Appena si apre una via di ricerca, decine di équipes vi
si riversano». Mostra come la concorrenza, tra nazioni o aziende,
comporta necessariamente una crescita tecnica che nessuno vuole
in quanto tale: questa crescita è la sola via per evidenziare la supe
riorità sugli individui e sui gruppi.
Per raggiungere questo punto, potrei rimandare all’ottimo stu
dio di Bela Gold25, che conferma interamente queste interpretazioni
sull’autoaccrescimento. Conduce un’analisi molto approfondita di
tutti i fattori che giocano in direzione della crescita tecnica e mani
festa sempre una sorta di scetticismo, mostrando che non si com
prende il sistema del progresso tecnologico fintanto che si tenta di
ricondurlo a decisioni chiare. Inoltre, per lui «i grandi progressi sono
270
L’autoaccrescimento
271
I caratteri del progresso tecnico
ormai agire nella realtà più comune, più bassa, e non in ciò che vi è
di superiore e particolare, perché le qualità che ia Tecnica richiede
per evolvere sono qualità scontate, di ordine tecnico, e non un’in
telligenza particolare». L’uomo non interviene in questa evoluzione
decisiva (della tecnica verso la propria costituzione in sistema e verso
la formazione progressiva del carattere di autoaccrescimento). Non
cerca di creare un sistema tecnico, non tende a un’autonomia della
tecnica. Si costituisce qui una sorta di spontaneità nuova, è qui che
si deve cercare il movimento specifico, indipendente della tecnica, e
non in una «rivolta dei robot», o in una «autonomia creatrice della
macchina». In questo senso si può parlare di una realtà della tecni
ca, con un proprio corpo - la propria entità particolare, la propria
vita, in qualche modo indipendente dalla nostra decisione. Perché
le nostre decisioni sono politiche, quindi senza presa sul fatto tecni
co, oppure sono microtecniche, e quindi si inseriscono nel generale
movimento di crescita. La specializzazione del tecnico è quindi un
fattore essenziale delTautoaccrescimento. Ma come sempre in questo
caso è simultaneamente fattore e conseguenza.
Ciascuno agisce nel proprio campo particolare, ciascuno fa pro
gredire il gesto, il piccolo arnese, il pezzo di macchina. Ogni questio
ne trattata, per quanto delicata, è sempre specifica.
Ognuno si dedica a trovare soluzioni a problemi molto precisi,
molto concreti, o a sviluppare un’efficacia in un ambito determinato:
nessuno ha una visione d’insieme, nessuno può veramente dirigere il
sistema tecnico, e il progresso scientifico e tecnico avviene per con
seguenza indiretta. La volontà di inventare, di innovare è inferiore
alla ricerca di un movimento generale nel quale ciascuno è preso.
C’è l’orientamento generale di questa civiltà, c’è P esercizio della fun
zione professionale, ci sono le possibilità offerte dalle nuove attrez
zature (materiali o mentali) che non si può fare a meno di utilizzare.
Per evidenza e per necessità il progresso tecnico si somma agli altri,
e il fenomeno sarà simile ovunque. I tecnici lavorano ovunque con le
stesse attrezzature, si scontrano con gli stessi problemi, obbediscono
agli stessi impulsi. Il progresso tecnico tende a realizzarsi ovunque
alPincirca allo stesso tempo. Ovviamente sto parlando di quei paesi
che hanno a disposizione un equipaggiamento tecnico sufficiente,
che hanno raggiunto un certo livello economico e che sono stati con
quistati dalla passione tecnica. A partire da queste basi le «scoperte»,
272
U autoaccrescimento
273
I caratteri del progresso tecnico
274
L’autoaccrescimento
* ie *
28 R.W. Prehoda, Designine thè future. The rote oftechnological farecasting, Chilton
Book, Philadelphia 1967.
29 Citazione da La Technique ou l’enjeu du siècley pp. 87-88.
275
I caratteri del progresso tecnico
L’autoaccrescimento dona alla Tecnica un aspetto di strana ari
dità. Essa è sempre simile a se stessa e a nient’altro. Qualsiasi sia il
campo al quale si applica, sia Tuomo o Dio, essa è la Tecnica e non
subisce alterazioni nel proprio modo di procedere, che è il suo esse
re e la sua essenza. Essa è il solo Luogo in cui forma ed essere sono
identici. E solo una forma, ma tutto vi si modella. Ed ecco che essa
assume caratteri propri che ne fanno un essere a parte. Un confine
ben preciso la contorna. C’è ciò che è tecnico e tutto il resto che
non lo è. Ciò che si addentra in questa forma si trova obbligato ad
adottarne i caratteri. Essa modifica ciò che la tocca, essendo essa
stessa insensibile alla contaminazione. Non esiste nulla in natura né
nella vita sociale o umana che possa essere paragonato a essa. Essere
ibrido ma non sterile, capace al contrario di autogenerarsi, la Tecnica
traccia i propri limiti e modella la propria immagine.
Quali che siano gli adattamenti che la natura o le circostanze
esigono da essa, la Tecnica rimane sempre esattamente identica, nei
propri caratteri e nel proprio percorso. La difficoltà sembra obbli
garla a diventare innanzitutto se stessa, e non altro. Tutto ciò che essa
assimila rinforza i suoi tratti. Non ci sono speranze di vederla trasfor
mata in un essere sottile e grazioso, perché non è Gabbano né Ariel,
ma ha saputo prendere Calibano e Ariel nei cerchi incondizionati del
suo metodo universale.
276
Capitolo secondo
L’AUTOMATISMO
277
I caratteri del progresso tecnico
278
L’automatismo
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I caratteri del progresso tecnico
280
L’automatismo
scelto in tutta libertà! Tutti gli ostacoli devono cedere davanti al pos
sibile tecnico. È il principio dell’automatismo.
Ciò risulta dall’autonomia della tecnica. In nome di che cosa l’uo
mo rinuncerebbe2? Ovviamente si può affermare che sia Tuomo a
decidere: ma la crescita tecnica gli ha fornito un’ideologia, una mora
le, una mistica, che determinano rigorosamente ed esclusivamente le
sue scelte in direzione di tale crescita. Qualsiasi cosa è meglio piutto
sto di non utilizzare ciò che è tecnicamente possibile. È noto il rischio
costituito per l’umanità dalla proliferazione di armi batteriologiche,
chimiche, nucleari, ma anche l’inquinamento generalizzato di aria e
acqua, l’uso domestico e agricolo di innumerevoli prodotti chimici (e
indubbiamente le ricerche sulle mutazione degli esseri viventi attra
verso interventi chimici). Ma non importa: bisogna innanzitutto uti
lizzare ciò che la Tecnica ci mette a disposizione. Il fattore determi
nante è la passione tecnica: tutto il resto è giustificazione o ideologia
per nascondere la realtà. In particolare la «necessità nazionale», la
«corsa agli armamenti», la «necessità di fare la rivoluzione» sono ide
ologie sovrapposte: non è vero che sia il Ministero della Difesa a spin
gere i ricercatori ad agire in questa direzione. Non è vero che il pro
gresso tecnico sia deviato dalla propria natura da fattori come questi:
è esattamente l’opposto. L’uomo obbedisce innanzitutto alla tecnica
e poi si dà giustificazioni ideologiche che gli permettono di avere da
un lato, agli occhi di tutti, una ragione passionalmente accessibile,
dall’altro, e soprattutto, di darsi un’apparenza di libertà (se mi getto
nel progresso tecnico è perché lo voglio, lavoro in questo senso, cre
do nella patria, o nel proletariato, ecc.). Ugualmente non è vero che
sia l’interesse volgarmente pecuniario, il gusto del profitto, a portare
i brutti capitalisti a usare la tecnica. Bisogna ricordare ancora una
volta che nei paesi socialisti l’uso della tecnica è identico e che anche
281
I caratteri del progresso tecnico
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L’automatismo
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I caratteri del progresso tecnico
Ovviamente questa configurazione prevista non è eterna né du
revole. Se si osserva il sistema tecnico per una cinquantina d’anni,
sembra che essa cambi circa ogni dieci anni. Vale a dire che ogni
dieci anni si genera una tecnica maggiore in rapporto alla quale tutte
le altre si organizzano. Ma l’orientamento non si verifica in funzione
dell’utilità o dell’interesse umano, né dei bisogni, né della ragione, né
del «bene». È una questione puramente interna al sistema tecnico,
che si decide per ragioni puramente tecniche5.
•k k k
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L/automatismo
6 P. 1, n. dicembre 1969.
7 Bisogna ricordare, a proposito di un ben noto romanzo, V. Dudincev, Non si
vive di solo pane, Centro Intemazionale del Libro, Firenze 1957, che Vevidenza del
progresso consistente nelTapplicare una macchina più recente per produrre dei tubi
fa scatenare la cattiveria del sistema e della burocrazia (sovietica) che vi si oppon
gono: la scelta non tecnica dell’uomo appare come un ostacolo al progresso che si
verifica per evidenza» i •
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k k k
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L‘automatismo
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I caratteri del progresso tecnico
11 Klein, LIrifluente des techniques de tran sport sur limplantation de lhabitat et des
équipements cornmerciaux, «Analyse et Prévision», 1968.
12 Si veda l’ottimo articolo di Balle, UOrdinateur, un frein aux réformes de structure
des entreprises, «Le Monde», settembre 1975.
15 J. Parent, La Concentration industrtelle, puf, Paris 1970, mostra come la concen
trazione risulti senza scelta né deliberazione, in modo automatico, dalla crescita
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L’automatismo
delle Tecniche: «Alcune Tecniche rendono impossibile l’esistenza delle piccole im
prese. I computer, d’altra parte, permettendo di trattare grandi volumi di informa
zioni, rendono possibile e necessaria la concentrazione».
N C. Freeman, Recherche et Développement en électronique, 1966.
15 M. Massenet, Du Changement technique à l éclatement social, «Analyse et Prévi-
sion», 1971, n. 4.
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L’automatismo
meno aperto, ha meno facoltà di apprendimento rispetto a quello
di trenta, si dà per scontato che venga pagato meno poiché meno
adattato alla nuova Tecnica - ciò si verifica già ampiamente. Come
si sa lo stipendio dei quadri (prototipo dell’uomo tecnicizzato) rag
giunge il massimo intorno ai trentacinque anni per poi diminuire
progressivamente. Negli Stati Uniti un quadro di cinquantacinque
anni è già meno pagato di uno di venticinque. Tutto ciò sembra
completamente normale: adattamento automatico alla necessità tec
nica. Ogni progresso tecnico mette a rischio disoccupazione spe
cialisti sempre più qualificati; un tempo il manovale era minacciato
dalla recessione economica ma manteneva la propria forza lavoro,
sempre pronta a servire. Oggi la squalifica dovuta alle invenzioni
tecniche di punta fa sì che coloro che possiedono la più alta forma
zione divengano bruscamente e totalmente inadatti. Nel 1948 l’in
venzione dei semiconduttori ha squalificato centinaia di migliaia di
radio-tecnici. Da ciò la scontata necessità di un permanente riciclo
dei più qualificati18. D’altra parte si cerca di rendere questo auto
matismo umanamente meno doloroso: tutto il sistema dell’enginee
ring e delle Scienze dell’Organizzazione consiste in realtà tecniche
di adattamento dell’individuo e dell’impresa alla crescita tecnica.
L’organizzazione analizza, determina, definisce i problemi. \1 engi
neering mette in opera nuovi mezzi forniti dalla psicologia, dalla psi
cosociologia, dalla fisiologia, dall’informatica, dall’ergonomia, ecc.,
per risolvere i problemi19: tutto ciò produce chiaramente un’uma-
nizzazione. Si giunge a rompere lisciamento dell’uomo in mezzo
alle macchine, a una migliore suddivisione nel tempo delle forze di
lavoro attraverso l’intermediazione dell’amministrazione della pro
duzione (metodo peri), ecc. Si vede tuttavia come tutto funzioni in
realtà «in circuito integrato»: ammesso il sistema tecnico, nuove tec
niche rendono possibile la migliore integrazione, con un equilibrio
buono e non doloroso dal punto di vista collettivo e individuale. E
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*
24 Bell analizza molto bene la reazione culturale nei confronti dell’efficacia: più
la società diverrà tecnica, più la cultura diverrà edonista, indulgente, diffidente nei
confronti dell’autorità, dell’organizzazione, della tecnica e dell’efficacia. Come si
può vedere gli intellettuali, per non entrare nella modalità di comportamento tecno
cratico, si impegnano nella modalità di comportamento apocalittico... come si può
verificare tra gli intellettuali francesi di sinistra. La descrizione di Bell mi sembra
meno convincente quando afferma la convinzione che questa opposizione possa
creare seri problemi. Credo, in effetti, che ciò possa causare problemi sociali, ma
nulla di profondo, né nulla che possa mettere in causa in sistema tecnico; D. Bell,
Tatuarci thè year 2000, American Academy of Arts and Sciences, Cambridge 1967.
25 L. Sfez, op. cit.
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27 R. Blauner, Alienation and Freedom. The factory Worker and bis Industry, Chi
cago University Press, Chicago 1964 (tr it. Alienazione e libertà, F. Angeli, Milano
1971); J. Dumazedier, Vers une civilisation du loisir?, Éditions du Seuil, Paris 1962;
G. Friedmann, La Puissance et la sagessef cit.; B. Charbonneau, Dimanche et Lundiy
Danoel, Paris 1966.
28 Ad esempio lo studio del credoc, Consommationy 1970.
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comportare la perdita di un dato sentimento, di una data capacità.
Attitudine, vitalità, ecc. Le tecniche erotiche fanno così certamente
sparire la relazione profonda e veridica dell’amore, la sua autenticità.
Ma dobbiamo, con Vahanian, considerare anche lo sviluppo oppo
sto: quando l’uomo moderno, a causa della vita in questa società,
perde tale forza profonda, questa fonte di vitalità, questa motivazio
ne e non sa più agire in virtù di questa ragione fondamentale, ragione
di azione e ragione di significato, quando è tanto atono da non avere
più presa sull’esterno, allora, automaticamente, nasce una tecnica
per permettere, malgrado tutto, l’azione indispensabile. Questa è
divenuta più efficace, e per questo motivo anche più semplice, non
esigendo quindi più grandi motivazioni, un giudizio così totale, uno
sforzo così pieno. L’uomo, grazie alla tecnica, può non solo fare cose
più difficili, ma può agire senza significato e rimanere perfettamen
te esterno alla propria azione. È ad esempio la nota differenza tra
uccidere con un coltello un nemico in carne e ossa e bombardare
una zona da dieci chilometri di altezza. Possiamo porre come una
sorta di regolarità permanente il fatto che quando l’uomo perde una
profonda ragione di agire, appare una tecnica che gli permette di
agire nello stesso ambito ma senza ragione. Il mezzo si è totalmente
sostituito al significato. Si verifica una scimmiottatura del più pro
fondo aspetto umano. Ciò è visibile in tutte le tecniche psicologiche:
quando non si è più in grado di impegnarsi in una relazione umana,
quando l’amicizia non abita più nel cuore dell’uomo, quando non
c’è più autenticità in un gruppo, vi si sostituiscono le tecniche di re
lazioni umane e la dinamica di gruppo, che dall’esterno imitano per
fettamente ciò che dovrebbe essere solo l’invenzione spontanea del
più profondo dell’anima. Dove automatismo e autoaccrescimento si
legano, diciamo che c’è un ambito del progresso tecnico. In effetti,
quando nell’uomo scompaiono queste realtà essenziali, quando ri
mangono solo ruoli sociali e comportamenti, si produce una sorta di
richiamo d’aria: una sorta di automatismo tecnico porta la ricerca in
questo campo. Non si può rimanere a lungo in questa situazione. E
indispensabile che si continui a fare ciò che era vissuto in preceden
za, quindi la Tecnica, oscuramente ma sicuramente, penetra questo
vuoto e ne aggiusta progressivamente i meccanismi senza che nessu
no l’abbia chiesto o voluto. C’è autoaccrescimento perché il sistema
tecnico si ingrandisce necessariamente nel vuoto lasciato dal ritiro
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Capitolo terzo
IL PROGRESSO CAUSALE
E LASSENZA DI FINALITÀ
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1. Finalità
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5 lbid.
6 L. Mumford, Le Mythe de la Machine, cit., voi il.
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Il progresso causale e l’assenza di finalità
che perciò realizza qualcosa di più saggio rispetto a ciò che esisteva
in precedenza7 !
L’atteggiamento comune consiste nel credere che l’uomo sia di
ventato più «saggio» a partire dal momento in cui si è impossessato
di tale potere! Il che è assurdo. Abbiamo d’altra parte dimostrato
che la crescita di potenza è sempre e necessariamente distruttrice
dei valori e della capacità di giudizio dell’uomo. Ad ogni modo, i
«Saggi» non saranno gli individui nella loro globalità, ai quali reste
rà il paradiso artificiale, ma i detentori dei mezzi di manipolazione
che stabiliranno il modello dell’uomo da creare. Questo può essere
solo un modello conforme e perfettamente adattato al sistema tecni
co. Quando questi scienziati, questi premi Nobel parlano (in modo
alquanto vago!) di «felicità» per l’uomo, questa viene intesa come
l’eliminazione del disaccordo tra l’uomo e il proprio ambiente, l’eli
minazione dei punti di rottura, dei confronti, dei conflitti, dato che
comunemente ancora oggi la felicità è identificata con questa fortu
nata concordanza. Ma l’ambiente è unicamente quello tecnico. Si
tratta di rendere l’uomo felice diminuendo la sua difficoltà nel vivere
in questo sistema, il quale, evidentemente, non è messo in questione
da nessuno, né dalla controcultura, né dagli hippy, né dalla brillan
te gioventù contestatrice e anticonsumista! Perché per metterlo in
questione bisogna innanzitutto concepirlo in quanto sistema. Non è
sostituendo il consumo di whisky capitalista con I’lsd, o rifiutando
il cinema di Hollywood a favore di quello underground che si cam
biano le cose! Non è l’esplosione sensualista a far tremare il sistema
in quanto tale!
Ma ecco che queste modalità di intervento lasciano l’ambito
del laboratorio per incontrare il pensiero di altri tecnici. Ecco un
esempio: l’architetto urbanista Yona Friedmann8. Per il momento
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I caratteri del progresso tecnico
po. Sembra certo che la presupposta finalità della tecnica non sia lo
sviluppo, perché innumerevoli tecniche sono continuamente appli
cate producendo chiaramente il contrario di questo risultato sperato.
Quando c’è coincidenza tra tecnica e sviluppo, è per caso; raramente
si tratta del frutto di una volontà di raggiungere tale scopo. Ma d'al
tro lato, se la tecnica produce crescita, non si può parlare di un fine.
La crescita non è la finalità della tecnica, ne è il risultato. La crescita
non è posta come ideale da raggiungere: essa appare come fenomeno
nella misura in cui il progresso tecnico la impone agli occhi di tutti.
Parlando di una finalità di crescita, semplicemente si confonde il fine
col mezzo11.
Incontriamo talvolta un'altra finalità proposta: la Scienza. Quan
do si discute sulla validità della tecnica, si mette la Scienza innanzi a
tutto. Bisogna però distinguere la pratica, l’utilizzo della tecnica e la
ricerca. Nel primo caso, pare evidente che il tecnico che utilizza la
propria tecnica non abbia alcun obiettivo del genere, non abbia mire
scientifiche. Può accadere, accidentalmente, che una pratica tecnica
indirizzi verso una scoperta scientifica, e più spesso che il tecnico
utilizzatore partecipi a ricerche scientifiche.
Ovviamente sappiamo anche, sempre meglio, che la scienza può
svilupparsi solo attraverso una considerevole infrastruttura tecnica.
Ma questa serve alla scienza solo accidentalmente: la tecnica si svi
luppa completamente al di fuori di questo progetto. Entriamo così
nella ricerca tecnica. Gli specialisti delle diverse scienze ripetono co
stantemente che, di solito, queste ricerche non hanno alcun interesse
scientifico.
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Il progresso causale e l’assenza di finalità
12 Shils, in G.R. Urban (a cura di), Survivre au futur, cit. Anche secondo lui gli uo
mini di scienza non obbediscono a finalità esplicite nel loro lavoro: «Sono motivati
dal piacere della ricerca e dalla gioia della scoperta; alcuni credono profondamente
al valore metafisico del tentativo di chiarire la natura dell’esistenza: tuttavia sono
rari coloro che lo confessano. Di solito affermano che i loro lavori apporteranno
vantaggi materiali all’umanità, mentre nei fatti si tratta per loro di giocare una
partita rischiosa e costosa, che a loro avviso la società deve finanziare. I rapporti
tra scienza e sviluppo economico sono oscuri», non c’è alcuna finalità economica
chiara e certa.
11 Gli storici della Scienza e della Tecnica odierni propongono analisi molto diverse
da quelle di una cinquantina d anni fa. Secondo R. Mousnier, Progrès scientifane et
technique au xvt siècle, Plon, Paris 1958, la scienza in quel periodo non era per nulla
la necessaria ispiratrice dei tecnici, così come la scienza non era una «risposta» ai
bisogni sociali. Sembra che nel xvi secolo Scienza e Tecnica procedessero in modo
indipendente. Le grandi invenzioni tecniche risultano da ricerche puramente prag
matiche e dall’utilizzo di mezzi a disposizione degli esperti, senza l intervento degli
scienziati (che non prevedevano le conseguenze tecniche di ciò che facevano). In
modo reciproco, le scoperte scientifiche hanno avuto risultati tecnici molto lenta
mente e grazie allo sviluppo di uno «spirito tecnico». È anche l’opinione di M. Dau-
mas, tìistoire générale des Techniques, voli. 1, III. Egli però constata come attualmente
ci sia interazione tra scienza e tecnica. Mostra dettagliatamente come, oggi, la tecnica
provochi lo sviluppo scientifico, e chiama «Tecnologia» la scienza che assicura la
doppia relazione reciproca tra scienza e tecnica: è una tecnica dotta o una scienza
della tecnica. Sono particolarmente felice di vedere confermate da questi due grandi
319
I caratteri del progresso tecnico
agli scienziati nuove domande scientifiche, alle quali si può rispon
dere solo attraverso nuovi mezzi tecnici. Ci troviamo così di fronte
a un condizionamento reciproco in cui l’obiettivo scientifico non è
primario. Sembra, al contrario, che da mezzo secolo a questa parte il
rapporto con la scienza si sia ribaltato: ormai non è più la tecnica a
essere subordinata, ma è essa stessa a legittimare la ricerca scientifica.
Tutte le proteste degli ultimi anni sulla debolezza dei mezzi accordati
alla ricerca scientifica in Francia hanno avuto al centro lo slogan «La
vera ricerca è sempre redditizia» (Chombart de Lauwe): se è neces
sario fare ricerca scientifica, è perché F avvenire tecnico poggia su di
essa. La contestazione poggia solo sulla valutazione della redditività
della ricerca: a breve termine, dicono l’uomo d’affari o il politico; a
medio termine, dice lo scienziato. Pur essendo questa diversa valuta
zione una «revisione completa della nozione di redditività», si vede
chiaramente che l’atteggiamento di base rimane lo stesso: la tecnica
giustifica la scienza.
Infine, si può dire che la tecnica debba essere orientata in fun
zione della grandezza o della sovranità nazionale? Ritroviamo qui il
problema della subordinazione a un obiettivo politico. Abbiamo già
visto come il politico stesso sia già modificato. Un esempio ci viene
dato dalla questione del Commissariato per l’Energia Atomica nel
1969-1970. Nel 1952, data d’inizio del primo piano quinquennale
per l’energia atomica, si era deciso, per motivi politici e in nome
dell’indipendenza nei confronti degli Stati Uniti, di scegliere una
«filiera» specificamente francese: «uranio naturale, grafite, gas car
bonico». A un certo punto ciò ha portato a un 'impasse, all’impos
sibilità di proseguire ricerche e realizzazioni. Nel 1969 il governo
fu obbligato a riconoscere l’errore. Fu la crisi del Commissariato,
la decisione di costruire solo centrali nucleari a uranio arricchito, di
tipo americano. Per quindici anni si è mantenuta, con costi elevati,
una politica antitecnica per motivi politici: primato del politico sul
tecnico che si conclude, normalmente, con un fallimento.
Non ci sono finalità possibili per la tecnica. Davanti a questa ras
segna di finalità generalmente ammesse14, bisogna concludere che,
storici le analisi che avevo effettuato nel 1950 e che sfociavano esattamente in questi
due risultati, contrariamente all’opinione dominante dell’epoca.
14 La totale vanità della volontà di subordinare la Tecnica a qualsiasi finalità
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2. Obiettivi
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3. Scopi
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22 Questa tesi, diffusa tra Topinione pubblica, è generalmente rifiutata dai socio
logi e dagli economisti, e addirittura da coloro che, come Bela Gold, L’Entreprise et
la genèse de linvention, cit., sono convinti che la Tecnica sia in definitiva sottomessa
all’economia.
23 È stimato che su cento sostanze chimiche studiate una sola porti a un prodotto
commercializzabile, e che un divario medio di cinque anni separi lo studio di un me
dicinale dalla sua messa sul mercato. Si capisce quindi la reticenza dei finanziatori!
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* ★ *
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31 Non si parla ormai di polvere lunare come fertilizzante? D'altro canto lascerei
da parte ammirevoli argomenti come quello che paragona la scoperta della Luna a
quella deU’America. E l’autore aggiunge: «Non ci voleva che l’America fosse scoper
ta?». Ma certo! Di fronte a tali argomentazioni si può dubitare della sopravvivenza
del minimo spirito critico!
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che verrà fatto, che non si è padroni di scegliere: la scelta è fatta in funzione di ciò
che è stato fatto fino al momento attuale, che costituisce la causa di ciò che non può
fare a meno di continuare a essere fatto!
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M Ovviamente so che questo tipo di spiegazione della religione oggi non è più
ammesso!
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Capitolo quarto
IL PROBLEMA DELL’ACCELERAZIONE
1 Si sa che ne esistono più tipi, dalla previsione alla prospettiva. La Previsione li
neare semplicista, semplice prolungamento delle tendenze registrate statisticamente
per estrapolazione negli anni precedenti. La previsione con modelli di correlazio
ne, con analisi di input e output (che si basa sempre su perequazioni statistiche),
i modelli analogici (in cui si pongono le grandi linee di una configurazione, forse
illusoria), i modelli congiunturali (in cui si stabiliscono correlazioni probabili tra
le osservazioni), tutto ciò si basa sulla convinzione che il domani sia condizionato
dallo ieri, ma ancora di più che il progresso di ieri provochi il progresso di domani.
La Prospettiva procede in modo diverso: si cercano i meccanismi esistenti, ma con
la convinzione che non produrranno necessariamente un futuro accettabile: si tratta
di procedere da un lato a valutazioni, giudizi, e di introdurre una volontà di cam
biamento nei confronti del problema, a livello di possibilità e auspicabilità. Si tratta
anche di valutare i processi di intervento. Giustamente è stato sottolineato che tutto
ciò era già noto a Marx: la previsione per quanto riguarda l’evoluzione del capita
lismo, la prospettiva per quanto concerne il divenire della rivoluzione: «Il pensiero
prospettivo rappresenta la sintesi tra diversi modi di procedere: ricerca dell’igno
to, interrogazioni della Storia per ritrovare le analogie strutturali vitali, valutazioni
delle tendenze politiche, sociali, economiche, ecologiche, analisi della solidità delle
credenze e delle istituzioni, ma anche la misura degli uomini la cui volontà e i cui
atteggiamenti esprimono le potenzialità di un’epoca»; A. Reszler, Marx et la pensée
prospective, 1975. A riguardo si veda l’eccezionale studio di R.V. Ayres, Technologi-
cal forecasting and long-range planning, McGraw-Hill, New York 1969.
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stesso modo quando si conosce la pluralità dei fattori tecnici che en
trano in gioco in una qualsiasi innovazione, ci si deve chiedere quale
sia veramente il punto di partenza. Sembra, infine, fondare i propri
calcoli in funzione di una filiazione diretta dalla ricerca scientifi
ca alf applicazione tecnica, processo del quale abbiamo dimostrato
Finesattezza. Non si può quindi trarre alcuna conclusione da questi
esempi e soprattutto non si possono fare estrapolazioni, come inve
ce fa Closets dichiarando che «ogni volta che si traccia una curva,
essa traduce la stessa accelerazione» (ma egli mischia consumo, pnl
e progresso tecnico). E evidente che ci sia accelerazione nei consu
mi (nei paesi tecnicizzati), ma ancora più evidente è Faccelerazione
del consumo di energia8: ma non se ne può direttamente dedurre
un'accelerazione del progresso tecnico. Allo stesso modo è certo
Fampliarsi del technological gap, Faccrescersi del divario tra i paesi
in cui ad esempio è ampiamente diffuso Fuso del computer e quelli
in cui non lo è, ma anche in questo caso non si possono trarre con
clusioni sulFaccelerazione del progresso tecnico: in effetti lo scarto
tecnologico può risultare sia da effetti qualitativi sia quantitativi,
o dall'arresto della crescita di alcuni paesi che inciampano in una
impossibilità (come ad esempio il computer, come mostra Elgozy,
o la debolezza dei salari nel terzo mondo...). Rorvik, nel proprio
idealismo astratto, pretende di dimostrare concretamente Faccele
razione a partire da elenchi di realizzazioni tecniche probabili. Tra
altri, prende in considerazione il celebre «modello Delphi» di Hel-
mer per la Rand Corporation. Egli considera che dal momento che
è possibile prevedere che nel 1975 si potranno realizzare macchine
per Finsegnamento complesse, e nel 1988 si potranno usare robot
per tutti i compiti materiali e alcune amministrazioni, tutto ciò sarà,
senza tener conto delle possibilità psico-politico-economiche di ac
cettazione. In altre parole, la sua dimostrazione dell'accelerazione
considera ancora una volta la tecnica in vitro, senza pensare per un
instante che si tratta di un ambiente che si inserisce in un altro am
biente. Non se ne può quindi concludere nulla per quanto riguarda
Faccelerazione del movimento.
* Si veda l’interessante numero speciale di «Le Monde» del luglio 1972 su UEner
gie en Europe.
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!(1 G.K. Chesterton, Le Napoléon de Notting Hill, Nouvelle Revue Frangaise, Paris
1912 (ed. or. The Napoléon of Notting Hill, 1904; tr. it. Il Napoleone di Notting HilL
Ed. Paoline, Milano 1959).
1 ! R.V. Ayres, Technologicalforecastirig and long-range planning, cit.
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* * ‘k
18 Tutti hanno visto la pubblicità di una marca di automobili che metteva in ridi
colo le grosse auto americane mostrando in modo caricaturale i disastri provocati da
uno di questi mostri in una stretta strada di paese: «L’Europa potrebbe fare lo stesso
errore dell’America». È un esempio piuttosto buono del riconoscimento che un
prodotto tecnico oltre al comfort, alla velocità, al sil